LA CAPPELLA DI S. MICHELE ARCANGELO nel santuario Madonna dell’Ambro.
Secondo notizie accertate, la terza cappella di sinistra del nostro santuario, dedicata a S. Michele Arcangelo, è stata fondata ed abbellita da Livia Pavoni nel 1620 e dal pievano di Montefortino don Curio Pavoni: 1595 -1635. I lavori di ornato, come la decorosa tela di S. Michele sono attribuiti (come quelli delle cappelle di destra) al pittore e scultore ginesino Domenico Malpiedi (c.1595 -c.1651).
La decorazione con rilievi a stucco si svolge simmetrica lungo due fasce: una orna l’arco trionfale, l’altra la volta. Nella prima sono raffigurate grottesche [decorative] con testine alate; nella seconda, un occhio centrale con l’immagine di una colomba simbolo dello Spirito santo e due riquadrature laterali ornate da stucchi con evoluzioni di segmenti a riccio, fogliame accartocciato, festoni e rosette.
L’altare costituisce la parte più importante del vano di piccole dimensioni: cm. 580x292x114. La sua parte inferiore è una mensa in muratura ricoperta sul davanti da un pregevole paliotto di cuoio policromo (cm. 85×168) di ignoto autore del secolo XVII, lavorato con abilità e maestria: è un prodotto, probabilmente, dell’artigianato romano. Sullo sfondo giallognolo si incrociano motivi di ornato foliare e floreale, simili, ma non uguali, attorno ad un ovale in cui è ritratto “San Michele che incatena e trafigge il mostro infernale”. Ai lati stanno due fasce con tulipani. La decorazione è circoscritta da una cornice marmorizzata.
Ai lati della mensa, su plinti disadorni, si elevano due colonne marmorizzate con retrostanti pilastri, con capitelli e trabeazione corinzi, ornati con testine alate e serpentina con rosette. Il timpano è spezzato: al centro due putti alati sorreggono uno stemma gentilizio. La pala [dipinta ad olio a fronte dell’altare] è circoscritta da una cornice a stucco. Vi è raffigurato l’Arcangelo principe. Si nota il contrasto tra la ricchezza dell’ornato della parte superiore con la linearità dei plinti di tutta la parte inferiore che, in origine, dovevano anch’essi essere ornati con stucchi.
La tela, che funge da pala d’altare, è molto ammirata per la sua vivacità espressiva. Il fondo è nei toni del marrone e del giallo ocra. L’arcangelo è raffigurato ad ali spiegate, con elmo piumato in testa e rivestito di lorica verde, nell’atto di trafiggere con la spada Lucifero riverso sotto i suoi piedi, avvolto nelle spire di un serpente. Tutta la scena è dominata da un alone con svolazzo di toni del rosa antico. Il Malpiedi potrebbe aver realizzato l’opera nel 1634, descrivendoci una scena di grande effetto con linearità di disegno e ricchezza cromatica. Analogo episodio si può ammirare nella chiesa adiacente al cimitero di San Ginesio, per cui l’attribuzione in favore del Malpiedi diviene una certezza.
Lo stemma che sovrasta la trabeazione è a forma di scudo con cimiero piumato, ornato con segmenti a riccio, conchiglie e rosette. I simboli dell’arma sono collocati in doppio campo: in quello superiore brilla una stella a otto punte; in quello inferiore emergono tre barre trasverse. Molte parti delle linee in rilievo sono dorate a mecca. Il manufatto ha funzione decorativa e documenta la nobiltà della famiglia Pavoni, originaria di Amandola, ma residente a Montefortino nella prima metà del Seicento. E’ stata la benemerita fondatrice della cappella, con gli interventi di Livia e di don Curio nelle loro disposizioni testamentarie del 1632.
Sulla parete di sinistra è custodito il quadro del “Cristo Pantocratore” [Sovrano di ogni realtà]. Il Cristo è seduto in trono, indossa una veste che scende fino a coprire i piedi. Ha il capo aureolato, barba e capelli bipartiti e fluenti, sguardo ieratico, fisso nell’infinito. Sul ginocchio sinistro sorregge un libro aperto con la mano sinistra, con il testo sacro scritto in caratteri cirillici. Con la mano destra benedice all’uso dei monaci ortodossi. Il dipinto imita le icone degli ortodossi e può essere assegnato alla metà dell’Ottocento. L’autore è un ignoto pittore russo che ha eseguito l’opera ad olio su tavola di c. 123×59. E’ stato donato al Santuario dal cappuccino padre Daniele Luchetti di Mogliano che fu cappellano militare in Russia e in Corea e poi per un sessennio dal 1960 al 1965 è stato benemerito e stimato rettore del nostro Santuario Mariano.
= Nel periodico “Voce del Santuario Madonna dell’Ambro a. 1997 n. 38 pp. 10-11, p. Alfonso SCHIAROLI scriveva che sulla parete laterale a destra si poteva ammirare “ una tela che raffigura “Sant’Antonio abate”. Sullo sfondo panoramico domina un albero inclinato con folta chioma. Il santo vi è raffigurato con la destra benedicente e la sinistra al petto; sul mantello, sopra la spalla sinistra, spicca un “Tau” degli Antoniniani; un libro aperto sulle ginocchia; sandali ai piedi: La testa canuta è circondata da un alone luminoso. Altri segni iconografici sono il fuoco e il bastone viatorio con campanella. Il dipinto ritrae il santo anacoreta della Tebaide in atteggiamento pio e protettivo, molto familiare ai devoti dei secoli passati che lo invocavano come patrone degli animali domestici. Non se ne conosce l’autore che è da ritenersi un discreto pennello del secolo XVII. Dal 1995 questa tela è stata trasferita nella prima cappella di destra per fare posto al nuovo quadro del Sacro Cuore.
IL CUORE DI CRISTO AL CENTRO DEI SIBILLINI
Nell’estate del 1995 gli iscritti all’Apostolato della Preghiera delle Marche hanno tenuto una giornata di preghiera e di studio presso il Santuario dell’Ambro e, come dono e ricordo, hanno voluto lasciare un’artistica icona del cuore di Gesù. E’ una robusta e pesante tavola che è stata collocata, in grande evidenza, nella parte destra della cappella dedicata a san Michele Arcangelo. I turisti interessati e i pellegrini devoti si fermano ad ammirare la caratteristica icona. L’icona è stata realizzata e donata dalla reverenda Clarissa suor Maria Antonietta Carlorecchio di Fermo, residente a Matelica, che ha seguito le norme particolari nel dipingere le icone in uso nella Chiesa orientale slava, nei colori, nelle iscrizioni e nelle figurazioni che hanno significato di simboli spirituali; vi è dominante l’immagine di Gesù Cristo Figlio di Dio, con l’aureola di Signore del tempo e della storia. Il Cuore di Cristo è luminoso come l’Eucarestia. La figura maestosa e amabile è propria del glorioso Risorto e Vivente con le piaghe della crocefissione nelle mani e ei piedi. Attorno alla figura del Cristo si scorgono i due monti Sibillini: della Priora e del Castel Manardo che circondano il Santuario dell’Ambro. Verso i monti sta salendo un cavallaro, come facevano gli antichi devoti della Madonna dell’Ambro, rientrando dal pellegrinaggio, o avviandosi al lavoro tra i boschi della vallata. A sinistra è dipinta una famiglia che si consacra al Redentore e gli si affida con fede, speranza e carità. A destra sono raffigurati i vari popoli della terra nei profili ed acconciature di asiatici, africani, polinesiani, europei ed altri. Sono le diverse culture che desiderano l’unico Salvatore e tutti sono attratti dal Cuore che ha tanto amato ed ama gli uomini.