Ordinamenti del mare di Trani anno 1063 negli Statuti dei Fermani

STATUTI DEI COMUNI FERMANI: ORDINAMENTI E CONSUETUDINE DEL MARE PUBBLICATI PER MEZZO DEI CONSOLI DI TRANI (anno 1063) editi

Al nome dell’0nnipotente Iddio. Amen. Millesimo sexagesimotertio, prima indictione. Questi infrascritti ordinamenti, et ragione furono fatti, ordinati,  et provisti, et ancora deliberati per li nobili, et discretti huomini Messer Angelo de Bramo, M. Simone de Brado, et conte Nicola di Roggiero della Città di Trani eletti Consoli in arte del mare per li più sufficienti che si potesse trovare in questo golfo Adriatico.

Propongono, dicono, determinano, e diffiniscono questa infrascritta questione dell’arte del mare, la quale è cosiffatta: che se alcuna nave grande, ovvero piccola desse in terra per fortuna, et fosse spartita la poppa dalla proda, la mercantia che sta nella detta nave non sia tenuta a emendare la detta nave. Et se la detta nave non fosse spartita da poppa a proda, la mercantia che sta in essa sia tenuta ad emendare la detta nave. Et li marinari siano tenuti ad aspettare otto dì per scampare li suoi corredi. Et qualunque marinaro che si partisse innanzi il detto termine di otto dì della detta nave, sia tenuto a pagare d’ogni denaro del suo salario, de’ tre denari dieci.

Propongono ancora, dicono, et diffiniscono li predetti Consoli, che qualunque corredo si perdesse, non sia tenuto d’andare a varea: salvo che li detti corredi non fussero guasti, ovvero venduti per campare le persone, la mercantia, et ancho la nave, che se in questo caso fossero li detti corredi, siano tenuti d’andare a varea.

Propongono, dicono, et diffiniscono li detti Consoli, che se la marcantia della nave fusse robbata da Corsari, sia tenuta la detta mercantia robbata d’andare a varea. Et che se ne campassero di queste mercantie, che non fussero robbate, tutte quelle che campassero siano tenute di emendare quella che fusse robbata. Et che lo salario delli marinari non sia tenuto di emendare mercanzia veruna.

Propongono, dicono, et diffiniscono li predetti Consoli del mare, he se una barcha scoperta andarre in terra a sfasiarsi, et si sfasiasse, la mercantia non sia tenuta a emendare la barcha. Et si la barcha scoperta fusse in pelago in fortuna, et li marinari della detta barcha per questa fortuna gettassero in mare la mercantia per meglio scampare la mercantia, così perduta, deve andare a varea.

Propongono, dicono, et diffiniscono li predetti Consoli, che se una nave grande, overo piccola fusse noleggiata, e carcata, et si partisse del porto, et havesse fatta vela, et la detta nave per caso tornasse in porto, et se li mercanti ridomandassero la robba, et non volessero che la detta nave la portasse più oltra, il patrone della nave deve havere tutto il nolo convenuto, come che se l’havesse portata dove che li mercanti havessero voluto.

Propongono, dicono, et diffiniscono li predetti Consoli, che qualunque nave, ò grande, ò piccola fusse carcata in porto, et innanzi che la detta nave si partisse del porto li mercanti gli domandassero la lor mercantia, il patrone della nave gli deve rendere la mercantia, et esso patrone deve havere, et ricevere da’ mercanti il mezo del nolo convenuto.

Propongono ancora, dicono, et diffiniscono li detti Consoli, che se la detta nave fusse in porto per carcarsi, et li mercanti che l’havessero noleggiata, et promesso al patrone di dargli la mercantia, non la volessero poi dare, il patrone non gli può domandare altro che il quarto del nolo.

Propongono ancora, dicono, et dichiarano li sopradetti Consoli, che se un patrone di nave andasse in luoghi divetati, et ancora andasse in porto dove non dovesse andare: salvo che non fusse per fortuna, gabella, et  ogni altro danno, in questo camino, et altri luoghi divetati advenessero, che li marinari della detta nave vetassero al patrone, et il patrone non lo volesse fare, sia tenuto il patrone a pagare tutto questo danno,  et in caso che li marinari, et anco il patrone non conoscesse questo fatto, il danno tutto che advenesse  deve andare in varea.

Propongono, dicono, determinano, et diffiniscono li detti Consoli del mare, che veruno patrone possa lasciare  nessuno marinaro, altro che non fosse  per quattro cagioni,  et difetti di esso marinaro: primo per blasfemare Dio; la seconda per esser meschiarolo; la terza per essere ladro; la quarta per lussuria: et per queste quattro cose il patrone possa lasciare il marinaro, et condurlo in terra ferma, et fare le ragioni loro in terra ferma.

Propongono, et diffiniscono li detti Consoli del mare, che se un marinaro si partisse con la nave dalla sua terra, et si amalasse, esso deve havere tutta la sua parte.

Propongono et diffiniscono li predetti Consoli, che se un marinaro si conducesse, over partisse con la nave da casa sua, esso non si può partire, ne lasciare l’armaria della detta nave: salvo che per tre cagioni, et cose: la prima è, se esso fusse fatto patrone d’un’altra nave; la seconda se fusse fatto nocchiero; la terza è, se in quello presente viaggio havesse fatto voto di andare a San Giacomo, al Santo Sepolcro, ò a Roma, et per queste tre cose ha cagione legitima di partirsi, et deve essere licenziato senz’altro interesse, ò danno refare.

Propongono ancora, dicono, et diffiniscono li predetti Consoli del mare, che qualunque patrone menasse marinari a parte in nave grande, ovvero piccola, et se ,o detto marinaro si volesse partire, gli deve lasciare la metà di quello che dovesse havere, overo della parte sua.

Propongono, dicono e diffiniscono li detti Consoli del mare, che qualunque nave facesse vela della sua terra che noi gli togliamo libertà, che, non debba calare vie collare, ne tenere sosta, ne mollare sosta senza licentia del nocchiero. Et la nave stando in porto, il nocchiero non possa trare la nave del porto senza licentia del patrone.

Proponemo, dicemo, et sententiamo noi Consoli predetti, che qualunque patrone che menasse scrivano, esso debba essere giurato del suo commune, et esser buono, et leale. Et questo detto patrone non possa fare scrivere nessuna cosa, che habbia con nessuno mercante, che non sia il mercante presente, overo altro testimonio. E’l simil caso, et termine sia con li detti marinari, et se altro, overo il contrario facesse, et scrivesse, che quello suo quaterno, overo libro non sia tenuto a nulla ragione, ne ad esso si debba dare fede alcuna. Et se questo scrivano ricevesse mercantia dalli mercanti, et gli mancasse,  sia tenuto esso scrivano a emendarla: et il detto quaterno deve essere coperto  di carta pecudina.

Propongono, dicono, et diffiniscono li detti Consoli del mare, che qualunque patrone che havesse alcuna mercantia in nave, et gli bisognasse scaricare, o in porto, overo in spiaggia, come la detta robba ha dato in barcha,  il detto patrone subito ipso facto e scapolo, et libero della detta robba, e mercantia così discaricata, et sia tenuta a emendarla essa barcha: salvo, che non la perdesse per fortuna di mare, overo de’ corsari: et in questi doi casi non sia tenuta.

Propongono, dicono, et diffiniscono li detti Consoli del mare, che qualunque mercante,  overo altro huomo desse mercantia a qualche suo fattore, overo ad altra persona,  che gli la vendesse, senza veruno testimonio dell’assegna, se si deve credere al detto fattore, et che volesse andare dritto alla ragione di Signoria, esso abbia doi testimoni diritti, e leali, et a costoro debbia essere creduto, et dato piena fede.

Propongono, dicono, et diffiniscono questi savij Consoli del mare, che qualunque huomo, che trovasse robba in mare che andasse a torno, gli sia lecito a torla, et  assignarla alla Corte, et darla per scritto fra ‘l terzo dì doppo che l’ha trovata, et tolta; et di queta robba così ricoverata ne debbia havere la metà trovandosi il patrone d’essa. Et questa tal robba debba stare in mano della Corte trenta dì continovi: et se in capo di trenta dì il patrone non ci apparira, o altra legittima persona per lui, la robba debbia essere di colui che l’ha trovata.

Propongono, dicono, et diffiniscono li Consoli antedetti, che qualunque persona che trova robba sott’acqua, debbiano essere le doi parti di quello che la trova, et il terzio debbia essere del patrone di essa robba di robbe che habbia segnale.

Propongono ancora, et dichiarano, che qualunque persona trovasse robba che havesse segnale, che nessuno la debbia toccare sotto pena di tre volte tanto quanto che fusse estimata cotal mercantia che fusse così trovata, et più in arbitrio della detta ragione, che si trovasse nella detta Terra.

Proppongono, et dichiarano li detti Consoli del mare, che qualunque nave facesse alcuna varea, si deve cavare fuera il terzo per li corredi; perché li corredi non sono tenuti d’andare a varea, e non deveno  essere mandati se si perdessero, et così versa vice li corredi non deveno emendare l’altra mercantia.

Propongono, dicono, et diffiniscono li detti Consoli del mare, che qualunque persona che trovasse oro, argento, o perle,  o altre cose sottili, et di valore, et non l’assignasse al patrone, overo al nocchiero, o al scrivano, et intervenisse che si queste cose, et d’altre si devesse fare varea, o per corsari, o per fortuna del mare, le predette cose non si deveno emendare, et se le dette cose si perdessero, deveno andare a varea.

Propongono, dicono, et diffiniscono li predetti Consoli del mare, che se alcun patrone di nave portasse robba, o mercantia,  non la possa trare fuor di nave senza licentia del patrone della mercantia. Et se esso la cavasse fuora senza licenza, et la mercantia si perdesse, il detto patrone della nave la debbia emendare.

Propongono, dicono, et diffiniscono li savij Consoli del mare, che se alcuno mercante noleggiasse alcuna nave grande, overo piccola, et non ci fusse nominato il patto di scarcare, ne di spacciare la nave, ne per l’una parte, ne per l’altra: però noi Consoli sententiamo, che la nave essendo al carcatoro non la deve aspettare si non otto dì di tempo di bonazza, et debbia havere pagato il suo nolo. Et se li detti mercatanti non volessero spacciare la nave, che la nave sia a risico delli mercanti; et debbia havere la detta nave di salario quello che terminaranno li Consoli che saranno in quelle parti.

Propongono, dicono, et diffiniscono li detti Consoli del mare, che se un patrone havesse carcata la nave di mercantia, et fusse fortuna, e non ci fussero li mercanti, che ‘l detto patrone, se bisognasse, possa gettare fuora con le sue mani la detta mercantia. Et nessuna ragione gli possa contra, perché lo fa per scampo delle persone della nave, et dell’altre mercantie, et la detta robba, et mercantia così gittata deve andare a varea.

Propongono, dicono, et diffiniscono li detti Consoli, che se la nave fusse assalita, et percossa da’ corsari, sententiano, che il patrone possa accordare il detto corsaro,  o per argento, o per altra robba, et patto, per il quale si scampi la nave, et l’altra mercantia, non essendo li mercanti in nave.

Propongono, et diffiniscono  li detti Consoli del mare, che ne nessuno patrone non possa battere nessun marinaro, ma il marinaro deve scampare, et ire a proda dinanzi alla catena del remiggio; et deve dire, dalla parte della mia signoria  non mi toccare, tre volte, et se il patrone passasse la catena per batterlo, il marinaro si deve difendere: et se il marinaro occidesse il patrone, non sia tenuto al bando.

Propongono ancora, et diffiniscono li detti Consoli del mare, che qualunque nave, grande o piccola havesse messa mercantia, et la nave facesse acqua alli mercanti, gl’è lecito di non dargli più robba, et il patrone ha libertà di andare per i suoi fatti per scampare le persone, et la nave.

Propongono, dicono, et sententiano li detti Consoli del mare, che nessuno navilio che sia in mare non debbia far patto, ne conventione alcuna, e se ‘l facesse in mare con mercanti, o con marinari non vogliano, e siano di nessun valore, ne per essi patti si possa domandare, salvo, che non fosse in porto in luogo remeggiati in quattro, overo che lo scritto appara dall’una parte, e dall’altra, overo per mano dello scrivano perche li testimonij non ponno andare la dove vanno le navi.

Proponemo, et diffinimo noi Consoli del mare, che ciascuno patrone di nave habbia  libertà di riscuotere una nave, ò per fortuna di mare, ò per corsari: et se bisognasse danari habbia libertà di torli sopra di essa, et della nave sia buon guardiano, et faccia quello che deve.

Propongono, dicono, et diffiniscono li detti Consoli del mare, che s’apppresentasse che galea alcuna andasse in corso, et la nave havesse robba dentro, o in tutto, o in parte, et li mercanti revolessero la lor robba, et mercantia, il patrone non sia tenuto a darglila, salvo; che li mercanti non li affrancassero la nave.

SI CONCLUDONO GLI ORDINAMENTI DEL MARE PUBBLICATI PER MEZZO DEI CONSOLI DI TRANI   \\\ Digitazione di Albino Vesprini   \\\

<nota aggiunta da un lettore: la varea riguarda il carico della nave nel caso di perdita condivisa>

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