NOTIZIE SULLA FORMAZIONE DELL’ARCHIVIO DIOCESANO DI FERMO. Studio di Tassi Emilio
Nel manoscritto “Indice de’ Processi per le Chiese e Benefici della Città e Diocesi di Fermo”, fatto redigere dall’arcivescovo card. Urbano Paracciani nell’anno 1772 si trova questa notizia: “La chiara memoria di mons. Alessandro Borgia, già arcivescovo, dal sotterraneo umido in cui marcivano le materie beneficiali fece quelle trasferire nella camera superiore, le ripose in armadi e le lasciò alla memoria con l’iscrizione posta nella parte superiore di essi Armari: (tradotta)“ Nell’anno 1730 Alessandro Borgia arcivescovo et principe Fermano trasferì qui gli Atti Beneficiari della Curia che si rovinavano nello squallido sito inferiore”.
Alla prima pagina poi dell’Inventario delle carte e dei codici più antichi, fatto già redigere dallo stesso card. Paracciani nel 1766, si trova la notizia che l’arcivescovo A. Borgia avendo trovati i codici, le pergamene e le altre scritture appartenenti all’arcivescovado senza particolare ordine storico, fece costruire quattro armadi, nei quali li ripose con l’iscrizione in alto (tradotta): “Alessandro Borgia arcivescovo e principe di Fermo nell’anno 1728 preparò gli archivi per tutelare e conservare gli antichi codici”.
Aggiunge poi il Card. Paracciani: “al didentro delle porte degli Armari medesimi e corrispondendevolmente ai partimenti (palchetti) per notizia delle materie contenute nei singoli parchetti, raggruppati per armadio”.
Da queste testimonianze che prima del 1727 il materiale di questo Archivio esisteva pressoché incustodito e posto disordinatamente nei sotterranei, in luogo umido, tanto che pergamene,codici e scritture minacciavano di rovinare miseramente. L’iniziativa del Borgia fu messa in atto quando all’inizio del suo episcopato decise di restaurare il palazzo arcivescovile. Egli volle destinare all’Archivio un locale posto al piano superiore, più asciutto, più ampio, più luminoso, facendo costruire due serie di credenze per collocarvi tutto il materiale documentario esistente. Fece collocare ordinatamente le pergamene, i codici e le scritture antiche, e gli atti del suo Episcopato, nelle credenze site sul lato destro del locale. Trasferì nelle credenze poste sul lato sinistro il fondo archivistico riguardante i processi beneficiali.
Si può dunque concludere che l’archivio storico arcivescovile Fermano è stato ordinato e organizzato dall’arcivescovo Alessandro Borgia tra gli anni 1727-1730. E’ interessante l’Editto del 1727 dell’arcivescovo Alessandro Borgia per l’applicazione in diocesi della costituzione apostolica del Papa Benedetto XIII, riguardante l’organizzazione e la custodia degli archivi ecclesiastici con le minuziose disposizioni in merito. Esiste una memoria riguardante i vari incendi di Fermo: in essa si spiega come tanto materiale archivistico anteriore al 1400 sia andato perduto.
L’estensore dei due indici prosegue: “L’Eminentissimo Sig. Cardinale Paracciani, vigilantissimo Arcivescovo, dopo aver trasferito la Cancelleria, i Processi sì civili che criminali in luogo più proprio e più comodo, dopo aver destinato una nuova camera con scansie ad uso d’Archivio di materiale ecclesiastico e dopo aver fatto ampliare gli Armari nell’Archivio Beneficiale con ottimo provvedimento ha fatto separare da quest’ultimo e riporre nel nuovo tutti gli inventari de’ Beni Ecclesiastici e tutte le Costituzioni e surrogazioni dei Patrimoni Sacri con li requisiti degl’Ordinandi. Indi sono stati alligati in mazzi contraddistinti con il cartello dé rispettivi luoghi, di Processi dell’Enfiteusi o concessioni a piantare, le alienazioni e permute di case e terreni, le imposizioni dei censi, la cessione dei medesimi e riduzzioni di obblighi di Messe. Finalmente per miglior custodia e facile ritrovamento dei Processi delle Chiese e Benefici sì della Città che della Diocesi, ha fatto quello racchiudere in protocolli con l’ordine seguente”.
L’estensore continua esponendo i criteri in base ai quali è stato ordinato tutto il fondo beneficiale. Il card. Paracciani negli anni che vanno dal 1766 al 1772 ha fatto ampliare l’Archivio aggiungendovi un’altra stanza (il corridoio attiguo alla sala del Borgia ?) e dotandolo di nuove credenze; vi ha raccolto tutto il materiale relativo alle due cancellerie: quella civile e quella criminale e tutte le materie riguardanti il governo dell’Archidiocesi. Ha fatto mettere in ordine il fondo importantissimo degli inventari dei beni ecclesiastici e di tutte le Chiese della Diocesi assieme con il fondo beneficiale già raccolto dal Borgia.
Il card. Urbano Paracciani, morto nel 1777, è stato dunque l’altro arcivescovo grandemente benemerito per quanto riguarda la formazione di questo archivio storico diocesano. Il successore mons. Andrea Minucci (1779-1803)visse gli sconvolgimenti della rivoluzione francese con le conseguenze, per le nostre zone, che tutti ben conosciamo. Infatti fu costretto ad allontanarsi, mentre il palazzo arcivescovile veniva occupato dal presidente del Dipartimento francese del Tronto. Anche il successore, card. Cesare Brancadoro, subì le traversie della dominazione napoleonica, viene deportato in Francia nel 1808 e può ritornare solo nel 1815 nella sua sede. Il materiale dell’archivio corrente dell’arciv. Minucci, non viene conservato nell’archivio borgiano, ma tenuto nello stesso palazzo arcivescovile. I cardinali Ferretti, De Angelis, Malagola e gli arcivescovi Papiri, Castelli e Attuoni raccolgono il materiale archivistico in alcune stanze degli uffici della Curia. C’è da osservare che in occasione della seconda deportazione del Card. De Angelis (1860-1866) moltissimo materiale archivistico viene sequestrato dalle autorità italiane, ed ora si trova nell’Archivio di Stato di Fermo.
Nel 1942 tutto il materiale dal Minucci ad Attuoni è stato trasferito nell’Archivio Borgiano. Si legge infatti in una memoria redatta dal can. Don Goffredo De Angelis: “Per volere di S.E. Mons. Norberto Perini, Arcivescovo e Principe di Fermo, gli atti dell’Archivio sono stati trasferiti dai vari locali nei quali giacevano in disordine a quelli dove, dopo un biennio di lavoro per il riordino e la nuova sistemazione, si trovano ora sistematicamente ordinati e divisi”. In tale occasione fu fatta la numerazione dei faldoni relativi al materiale che va dal Card. Ferretti all’Arcivescovo Castelli. Il fondo Brancadoro ne è restato nella stanza attigua.
Il lavoro fu compiuto nell’aprile del 1944. D. Goffredo De Angelis fu coadiuvato da alcuni profughi che trovarono lavoro e assistenza dalla generosità di Mons. Perini. Negli anni cinquanta, poi, D. Guido Piergallina riordinò altro materiale giacente nei locali sottostanti gli Uffici di Curia. Quando il s. padre Paolo VI inviò qui a Fermo mons. Cleto Bellucci, egli si rese conto della necessità di por mano al consolidamento delle strutture del palazzo arcivescovile, in gravi condizioni di deterioramento. Egli ha dichiarato in occasione dell’apertura del nuovo archivio arcivescovile: “ Feci subito ridisegnare le piante e lo spaccato dell’edificio, per individuare priorità di interventi. Nel visitare l’archivio mi si evidenziarono le carenze esistenti. Non c’era più spazio per collocare le cartelle; non esisteva che un accesso, molto scomodo, dal piano della Curia; non c’era la possibilità di una consultazione del materiale mancando ogni attrezzatura tecnica. Consultando la pianta e visitando gli ambienti mi sembrò possibile collegare gli spazi adibiti ad archivio dall’arcivescovo Borgia e dal cardinale Paracciani con gli ambienti contigui e sottostanti.
Furono necessarie notevoli opere di bonifica, di sabbiatura, di livellazione dei piani, di costruzione di una nuova scala per collegare i nuovi spazi con gli antichi, sistemare l’ingresso in Via Anton Di Nicolò, per rendere accessibile dall’esterno e mettere quindi a disposizione di un più vasto pubblico il materiale archivistico. In fase di lavoro si rese necessaria la sostituzione di tutta la travatura della Sala Borgia. Dopo le opere murarie si è dovuto affrontare: il restauro del armadi del Borgia e del Paracciani; il consolidamento ed il restauro del ballatoio; la copertura delle travi in ferro(di cui parte erano già state poste a rinforzo delle vecchie travature lignee all’inizio del secolo) con un soffitto a cassettone; l’acquisto degli armadi e delle scaffalature metalliche necessarie; la dotazione di una illuminazione adatta, di un impianto rilevamento incendio e di un sistema antifurto.” Nella stessa inaugurazione l’arcivescovo Bellucci assicurava: “ Ora l’archivio si presenta sufficientemente ampio, con una sala di consultazione idonea e ampi spazi per ulteriore raccolta di fondi di archivio, a disposizione degli studiosi che qui trovano notevolissime testimonianze culturali.”
L’Arcivescovo Cleto Bellucci dichiara che le dimensioni storiche proprie di questa terra sono l’arte e la cultura. Questo archivio onora e arricchisce le Città e le Marche, in esso le parrocchie e le confraternite possono mettere al sicuro e a disposizione degli studiosi i loro documenti storici. Fermo può costantemente arricchirsi della conoscenza della sua storia non per trarne compiacimento e inutile orgoglio, ma per sentirsi nutrita dalla linfa delle sue radici, essere cosciente della sua vocazione storica, essere ancora a servizio di unità e di sviluppo del territorio di cui è stato ed è centro.