Felice Peretti Amministratore Vescovo di Fermo, futuro Sisto V, riforma la Chiesa. Studio di Tassi Emilio

RIFORMA E CONSOLIDAMENTO DELLE ISTITUZIONI ECCLESIASTICHE DELLA CHIESA FERMANA NELL’AZIONE DEL CARD. FELICE PERETTI VESCOVO AMMINISTRATORE DI FERMO (SISTO V)

Notizie di Tassi Emilio

Il cardinal Felice Peretti curò la riforma delle istituzioni ecclesiastiche della chiesa Fermana nel periodo in cui egli resse la diocesi con la qualifica di Amministratore perpetuo, praticamente come vescovo dal 1572 al 1577. A nostro avviso, le grandi capacità di governo da lui dimostrate nel quinquennio del suo governo della Chiesa universale, trovano un puntuale riscontro nell’azione svolta da lui nel suo episcopato Fermano.

Competenza e saggezza di Sisto V nel governo della Chiesa.

Nella sua Storia dei papi, L. von Pastor così si esprime a proposito della statura politica e cristiana di Sisto V: “Storici delle più varie tendenze convengono in ciò, che Sisto V è uno dei più importanti pontefici che produsse il tempo della riforma e restaurazione cattolica. Si può ben dire che la posterità a questo papa, che pieno della fiducia in Dio guidò la navicella di Pietro in un tempo sommamente critico con energia e prudenza di antico romano, ha ingiustamente negato il titolo di Grande (1). Questo autore, in modo sintetico, espone quelli che, secondo lui, costituiscono i meriti dell’azione svolta da Sisto V nei cinque anni del suo ministero pontificale, e sottolinea in particolare come, a base del suo programma riformatore, ci fosse l’azione di riorganizzazione della Chiesa al fine di realizzare una stretta unione delle Chiese particolari con Roma e afferma a questo proposito: “Energico, andando, difilato e diretto allo scopo, fin dal principio del suo governo riportò in vigore l’uso, passato in dimenticanza, che tutti i vescovi, entro termini assegnati, dessero conto al papa sull’adempimento dei vari doveri pastorali e sullo stato delle diocesi a loro sottoposte”.

Pastor sottolinea poi il merito di aver dato al governo centrale della Chiesa una forma stabile e duratura. Per riuscire vincitore nella lotta contro il protestantesimo e rafforzare l’opera riformatrice iniziata col concilio di Trento, era necessario un nuovo ordinamento dell’amministrazione ecclesiastica, che rendesse possibile un disbrigo sistematico, celere e imparziale degli affari che da tutto il mondo si riversavano a Roma. Con intuito perspicace egli capì che a questo scopo avrebbero meglio agito le Congregazioni dei cardinali più che la tradizionale trattazione delle questioni nelle adunanze plenarie del sacro Collegio, ossia nei Concistori.

Nella formazione e nell’ordinamento fissato alle Congregazioni Sisto V si dimostrò un organizzatore impareggiabile. L’ordinamento da lui ideato, che si è mantenuto fino alla riforma della Curia Romana attuata da Pio X, dava alla Chiesa una centralizzazione e coesione, che completava l’opera dei Nunzi pontifici e quella posta in atto dagli ordini religiosi, e consolidava e rinvigoriva l’unità e l’autorità della Chiesa. Le motivazioni che sono alla base dell’opera di riorganizzazione e di ristrutturazione della Curia Romana si possono cogliere nella bolla di Sisto V, del 22 gennaio 1588. L’esame approfondito di essa porta a scoprire l’ispirazione ecclesiologica che guida l’azione riformatrice di Sisto V.

Nella parte iniziale il pensiero del papa risulta chiaro: la Sapienza divina governa con fortezza e soavità insieme tutto l’universo, e vuole sia configurata ad immagine della Gerusalemme celeste anche la sua Chiesa militante. Una è la volontà divina, una quindi deve essere anche quella che presiede alla Chiesa; essa si immedesima e si identifica nel romano Pontefice che, per volere di Cristo, è suo capo visibile. Ma il Pontefice ha bisogno di molti aiutanti per un compito di molto peso, quale è quello di governare tutte le Chiese sparse nel mondo; perciò egli chiama e cerca per sé “quali coadiutori sia i venerabili vescovi suoi fratelli, che manda nel mondo a pascere le singole porzioni del gregge, sia l’illustre ordine dei cardinali che, come nobilissime membra, sono più strettamente congiunti al capo e assistono sempre il pontefice, come gli Apostoli erano intorno a Cristo Signore”. Questa introduzione è storicamente molto importante perché costituisce la premessa ideologica di tutta la costituzione sistina (2).

L’istituzione delle Congregazioni permanenti nella Curia papale, formate da Cardinali e da consultori o esperti e dirette ognuna da un segretario che curava la tenuta dei registri, redigeva i verbali delle adunanze, manteneva in buon ordine l’archivio, non risale a Sisto V. A partire dal 1542 fino al 1585 ne furono costituite quattro: la prima, appunto nel 1542 fu quella della Santa Inquisizione (3); la seconda nel 1564 denominata Congregazione del Concilio; le altre due Congregazioni, furono quella dell’Indice, nel 1559, e quella dei Vescovi. La prima esercitava la sua azione di vigilanza nel delicato settore delle pubblicazioni a stampa; la seconda si interessava più specificatamente dell’ordinamento che a Trento si volle dare alla funzione episcopale: i doveri degli Ordinari del luogo, i rapporti con la Santa Sede (4).

Papa Peretti accrebbe il numero delle Congregazioni. Cominciò nel 1586 con l’istituire quella dei Religiosi che gli sembrava sommamente necessaria, dato il caos che regnava in tale settore e che a lui, religioso, era ben noto. Nel 1588 emanò, come già detto, la Costituzione apostolica “Immensa Aeterni Dei”. A partire da essa nacque una serie di Congregazioni permanenti formate da gruppi di cardinali, assistiti da esperti:

a)- la congregazione per la Segnatura di Grazia, che assisteva il papa in tutti i suoi atti ufficiali;

b)- la congregazione per i Riti e le cerimonie, chiamata a dare unità ed uniformità alla Liturgia;

c)- la congregazione per l’erezione delle chiese e per i provvedimenti concistoriali: si occupava della creazione delle nuove diocesi e della nomina dei vescovi;

d)- la congregazione dell’abbondanza e dell’annona doveva fare in modo che non mancassero gli approvvigionamenti delle derrate per tutto lo Stato della Chiesa;

e)- la congregazione Navale per la sicurezza e la difesa delle coste dalle incursioni dei corsari;

f)- la congregazione degli Sgravi per l’esame costante della possibilità di eliminare le spese superflue e di perequare i tributi;

g) la congregazione per l’università di Roma ebbe il compito di curare gli interessi materiali e morali dell’istituzione e di curarne l’indirizzo scientifico e amministrativo;

h)- la congregazione delle strade, ponti e acque con attribuzioni tecniche, amministrative e giurisdizionali;

i)- la congregazione della stampa vaticana che si interessava del buon andamento della tipografia;

l)- la Congregazione della Consulta di Stato, chiamata a dirimere le controversie di giurisdizione.

Questa articolata  trattazione potrebbe apparire fuori di luogo rispetto all’assunto del presente articolo; la finalità che ci ha spinto a trattare del papa Peretti come riformatore della Curia, è quella di sottolineare la serietà del suo impegno nell’azione di governo della Chiesa universale. Tale abito era stato da lui acquisito nei vari incarichi e ministeri che avevano punteggiato la sua carriera ecclesiastica; la stessa serietà e lo stesso impegno, la stessa saggezza ed efficienza egli dimostrò nel governo della Chiesa fermana nel breve, ma intenso periodo durante il quale fu destinato dalla fiducia e dalla stima di Pio V a reggere la diocesi Fermana.

I legami fra Sisto V e Fermo.

I primi rapporti tra fra’ Felice Peretti e Fermo risalgono al periodo della sua giovinezza. Sembra che il giovane frate conseguisse il titolo di dottore in teologia nello Studio francescano di Fermo nel 1548; lo afferma il Cicconi, citando un documento proveniente dal convento dei cappuccini di Fermo e giacente nella biblioteca comunale della città (5). L’interesse del card. Peretti per Fermo si può verificare in occasione dell’istituzione della nuova diocesi di Ripatransone nel 1570, quando egli era vescovo di Sant’Agata dei Goti. Questa decisione, presa e sostenuta da Pio V, significava una seria decurtazione della giurisdizione dell’episcopato fermano. Allora il Peretti era cardinale e quando il pontefice decise di sottoporre la questione in Concistoro per chiedere il parere ed ottenere l’assenso dei cardinali, Peretti si dichiarò contrario all’istituzione della nuova diocesi, adducendo motivi dai quali si può arguire il suo attaccamento alla diocesi Fermana (6).

Nel 1572, Peretti fu mandato amministratore vescovo di Fermo, e la decisione del papa dovette essere eseguita. Egli si batté perché alcune località, che sarebbero essere dovute passate nella giurisdizione della nuova diocesi, restassero a Fermo. Inoltre diede una interpretazione restrittiva al documento di Pio V per cui, ad esempio, le località rurali del territorio di Comunanza non passarono alla nuova diocesi, ma restarono sotto Fermo. Nel 1589, poi, quando, come vedremo, papa Sisto eleverà la diocesi fermana ad arcidiocesi, la chiesa ripana sarà resa suffraganea di Fermo e per reazione il Capitolo della Cattedrale di Ripatransone non parteciperà al Concilio Provinciale indetto dal primo arcivescovo di Fermo mons. Sigismondo Zanettini. Lo stretto legame di affetto verso la Chiesa Fermana e verso la città è testimoniato in modo evidente dalle due lettere che il Peretti invia ai Priori di Fermo in occasione della sua nomina a vescovo della città (18 dicembre 1571) e nella circostanza della sua rinuncia all’incarico (2 agosto1577) (7).

I rapporti con Fermo non si interrompono con la rinuncia all’episcopato Fermano, ma proseguono e si intensificano. Intanto egli si riserva la nomina ad alcuni benefici ecclesiastici soggetti alla giurisdizione diocesana; inoltre in occasione della istituzione del Monte frumentario e della Scuola di umanità a Grottammare (castello ormai passato sotto la giurisdizione del vescovo di Ripatransone) assegna la soprintendenza sulle due istituzioni al vescovo di Fermo.  Tutto ciò si spiega solo con il fatto che egli aveva trovato rispondenza nel clero, negli officiali e nelle autorità ed aveva potuto dispiegare la sua saggezza di governo mediante l’ammodernamento delle istituzioni ecclesiastiche e ponendo in essere nuove e funzionali strutture sia nel centro della diocesi che nelle varie Terre e Castelli del suo vasto territorio; egli poteva così essere certo di una onesta ed efficiente amministrazione delle due istituzioni fondate a Grottammare.

Sono questi piccoli, ma sicuri indizi dell’impegno del cardinale Peretti nella riforma delle istituzioni ecclesiastiche profuso a Fermo dalla fine del 1571 alla metà del 1577. Compito di questo lavoro è appunto quello di illustrare l’incisiva azione di riforma messa in atto da Felice Peretti nel periodo in cui egli sedette sulla cattedra fermana in perfetta consonanza con le disposizioni del Concilio di Trento.

ISTITUZIONI ECCLESIASTICHE RIFORMATE A FERMO

1- Il consolidamento economico-finanziario.

Tutti gli studiosi dell’epoca sistina hanno sottolineato che fra’ Felice Peretti presenta un carattere estremamente concreto che, partendo da chiare premesse ideologiche, tende a mettere in atto un programma definito sul piano delle realizzazioni;insomma un personaggio fornito di idee chiare e di decisa volontà di realizzare i programmi delineati. Egli sa bene che ogni azione di riforma delle strutture non raggiunge lo scopo se non è preceduta, accompagnata e costantemente sostenuta da adeguati mezzi finanziari e da un’oculata amministrazione dell’economia. Nei cinque anni di governo della Chiesa fermana, il Peretti riuscì a triplicare le entrate della mensa vescovile: le entrate del vescovato, come viene annotato nel Trebbi-Filoni a pag. 20 del suo volume sull’erezione della Metropolitana di Fermo, passano da 1.500 scudi d’oro del 1572 a ben 4.500 del 1577. In particolare egli:

. – rivede e riordina una più giusta ed efficiente distribuzione dei tributi dovuti al vescovo da parte delle istituzioni periferiche ed in tal modo ottiene una maggiore disponibilità finanziaria;

. – richiede con energia dai parroci, dai titolari di tutti gli altri benefici e dai responsabili di altri enti religiosi un’oculata amministrazione dei beni ecclesiastici;

. – cura con energia il recupero di beni illegalmente alienati nei vari centri della diocesi;

. – rivendica con decisione la giurisdizione su alcuni territori ed enti appartenenti al ricco patrimonio farfense, ormai affidato in commenda a dignitari ecclesiasti residenti a Roma;

. – controlla nelle visite pastorali (8) la reale consistenza dei patrimoni delle parrocchie, delle chiese e delle confraternite, verificando oculatamente le spese di bilancio, eliminando sprechi;

. – impone il recupero produttivo di quei beni che, per incuria dei titolari, erano ormai diventati infruttiferi;

. – acquista a sue spese nuove tenute.

2– Lo strumento principale della riforma religiosa: la visita pastorale.

Dai documenti esistenti nell’archivio storico arcivescovile risulta che il card. Peretti eseguì tre accuratissime visite pastorali annuali in tutte le località della diocesi negli anni 1573, 1574 e 1575, le cui relazioni sono esistenti nell’archivio diocesano. Particolarmente la prima ispezione si svolse contestualmente alla visita apostolica compiuta da mons. Maremonti. Si ha l’impressione che i visitatori abbiano tra le mani il testo della visita apostolica e procedano sulla falsariga dei decreti emanati da Maremonti, al fine di curarne la severa applicazione. Tuttavia anche le altre due fanno continuamente riferimento ai decreti emanati dal visitatore apostolico e ne ripetono le decisioni (9). Le tre visite, stando ai registri che ne contengono le relazioni e i decreti, furono compiute dai suoi Vicari generali: mons. Felice Ambrosino di Fossombrone, mons. Paolo Pagani di Monterubbiano e mons. Orazio Fusco. Questo però non vuol dire che il vescovo non si sia mai recato in visita; ci risulta, invece,  da alcune lettere scritte dal Peretti al Capitolo di Fermo tra il 1574 e il 1576 che egli fosse stato almeno a Santa Vittoria, a Petriolo e a Monsampietro Morico (10).

Le relazioni scritte di Visita sono accuratissime in quanto non tralasciano alcun aspetto della vita cristiana, dall’amministrazione dei beni ecclesiastici e di ogni associazione religiosa o assistenziale esistente in ogni paese, all’amministrazione dei sacramenti, dall’insegnamento della dottrina cristiana ai fanciulli, alla tenuta dei registri parrocchiali, dalla predicazione domenicale,  alla retta soddisfazione dei legati e degli obblighi gravanti sui benefici ecclesiastici, dall’osservanza della vita regolare nei monasteri, al rispetto delle costituzioni e degli statuti delle confraternite da parte degli associati ad esse, dalla cura degli edifici sacri, al decoro con cui si devono conservare le suppellettili e i vasi sacri destinati al culto, alla regolarità con cui si svolgono le cerimonie liturgiche, alla moralità del clero.

A proposito di quest’ultimo aspetto ci piace riportare per esteso un decreto emanato dal visitatore nei confronti del clero di Montemonaco: “Essendo pervenuto all’orecchio del molto reverendo don Orazio Fusco de l’una et l’altra legge dottore, nel Vescovado di Fermo per l’Ill.mo e Rev.mo Cardinale Mont’Alto Vicario e Luogotenente generale, et non senza suo grande spiacere che nella Terra di Monte Monaco, diocesi di detto Vescovado, li Preti e li Chierici vivono molto licenziosamente et in scandalo di tutto il popolo, vanno di continuo a bere alla taverna non si vergognando anchora attendere in essa, et fuori a varie sorti di gioghi prohibiti et volendo Sua Signoria Rev.da provedere alla indennità dell’anime loro, et all’esemplar vivere che si deve mostrar al popolo da questi tali et altre persone religiose, oltre li bandi generali pubblicati et da pubblicarsi da Sua Signoria Rev.da, per il presente pubblico bando ordina et commanda a tutti e singoli Preti et Clerici di qualsivoglia stato, grado, ordine et conditione se sia che dopo la publicatione d’esso non ardisca bevere o magnare in qualsivoglia taverna tanto della Terra, quanto delle Ville di Monte Monaco, sotto pena a chi contraverrà di scudi venticinque d’oro per ciascuno et per ciascuna volta da applicarsi per la quarta parte all’accusatore, et altra quarta parte all’essecutore et il resto ad usi pij.

Et perché li sopradetti non habino scusa né copertura alcuna dalli Tavernari et Hosti si ordina et commanda parimente et sotto la medesima pena,  d’applicarsi come di sopra  a tutti li tavernari et hosti, tanto nella detta Terra quanto di fuora nelle Ville di essa, che non ardiscano né presumino di vendere alli detti Preti nelle loro taverne alcuna qualità né sorte di vino, nemmeno vennerli ad effetto di bevere o giocare a qualsivoglia giogo in esse taverne o case loro tanto di giorno come di notte. Et più che alcuno delli sudetti non ardisca né presuma di giocare a qualsivoglia giogo in esse taverne, né in qualsivoglia luogo con li sudetti preti et clerici sotto la medesima pena tanto alli preti che giocaranno, quanto a’ layci che giocaranno con loro sì de giorno come de notte. Dichiarando che contra li delinquenti si proceda così irremissibilmente alle pene incorse et che si crederà all’accusatore, quale serà tenuto secreto, et un testimonio degno di fede, ancorché sia complice al delitto. Et perché più facilmente se ritrovi la verità de tali delitti, se dichiara che il primo de li sopradetti che giocarà o beverà con detti preti o loro con layci accusarà li compagni serrà tenuto secreto et oltra che gli se remetterà la pena nella quale fusse incorso, guadagnerà anchora il quarto della pena che sarà pagata da delinquenti per tale accusatione. Però alcuno se guardi da la mala fortuna.

Dato a Monte Monaco, die XVIII sett. 1575” (11).

Altrettanto severi risultano i decreti emanati per riportare nei monasteri la disciplina e l’osservanza alle regole monastiche; così come particolarmente accurati appaiono i decreti relativi alla retta amministrazione dei beni delle confraternite e degli altri enti pii. Frequentemente poi si incontrano disposizioni tese ad unire benefici collocati in zone spopolate a parrocchie ed istituzioni più importanti che risultano sprovviste di mezzi economici (12). Drastici sono i decreti che ingiungono a chi di dovere il recupero di beni usurpati da privati o illegalmente alienati da chierici poco scrupolosi.

3– Il Capitolo dei Canonici della Cattedrale.

Una delle prime preoccupazioni pastorali del cardinal Montalto fu quella di porre mano per il riordino del capitolo dei canonici della cattedrale (13); suo scopo dichiarato è quello di renderlo:

a)- un competente ed autorevole consesso atto ad assistere il Vescovo nelle più importanti decisioni in ordine al governo della diocesi ed un efficiente organismo di elaborazione di nuove proposte;

b)- un organismo preposto a rendere la chiesa cattedrale un centro di liturgia solenne e dignitosa, punto di riferimento di tutte le chiese della diocesi. Per questo aumentò il personale addetto al servizio liturgico, istituendo due nuove mansionarie e ampliando il numero dei chierici addetti al servizio di coro(14).

c)- un esperto gruppo di persone, colte e qualificate di cui servirsi per dirigere e sorvegliare gli uffici creati per promuovere la formazione culturale del clero e la retta amministrazione dei beni ecclesiastici.

Il capitolo della cattedrale di Fermo godeva, da tempo immemorabile, di privilegi e gli veniva riconosciuta in alcune zone della diocesi, una giurisdizione simile a quella di un vescovo: poteva nominare i titolari in alcune parrocchie e godeva di diritto di visita in ampie zone. Il card. Peretti cercò di limitare tali privilegi al fine di creare nella diocesi un unitario centro di direzione della vita pastorale ed allo scopo di evitare una pericolosa frammentazione dell’autorità. Su questo piano ci furono anche scontri e vivaci polemiche con i componenti del capitolo, gelosi delle loro tradizionali prerogative; il più delle volte la spuntò, ma qualche volta cedette “pro bono pacis” (15).

4- La cappella musicale della cattedrale.

Il servizio musicale nella chiesa Cattedrale di Fermo risale al sec. XI; ne fa fede una bolla vescovile del 1016 emanata dal vescovo Uberto (16). Notizie documentate e circostanziate su questa cappella musicale vengono fornite dall’accurato studio del M° mons. Lavinio Virgili che di essa fu direttore per molti anni fino a che passò a dirigere la pontificia cappella musicale della basilica di S. Giovanni in Laterano (17).  Nella seconda metà del sec. XVI si diffuse anche a Fermo la riforma della musica sacra proposta da Pier Luigi da Palestrina; il vescovo Peretti ne coglie il profondo valore e decide di riordinare e qualificare il servizio musicale reso durante i riti solenni che si svolgono in Cattedrale. Nel 1573 il Visitatore apostolico mons. Maremonti aveva voluto verificare l’ottemperanza ai decreti conciliari tridentini anche in materia di musica sacra e il vescovo card. Peretti si dedicò alacremente a questo compito. Innanzitutto ordina al capitolo di delegare un canonico alla sorveglianza del servizio musicale e alla sovrintendenza del gruppo dei cantori che nel 1568 erano stati fissati dal vescovo mons. Lenti in numero di sei. Il 28 ottobre 1574 il cardinale emana una bolla con la quale il card. Peretti unisce alla Mensa capitolare otto benefici, stralciati da alcuni ricchi benefici parrocchiali; il fruttato di essi doveva essere erogato in perpetuo a beneficio dei componenti la cappella musicale;, altri due benefici, poi, vengono assegnati all’Operaria al fine di stipendiare l’organista. Inoltre il cardinale stesso arricchì la cappella di una congrua biblioteca di pezzi musicali, infatti nel 1578 troviamo il primo inventario dei libri musicali dati in dotazione ai cantori (18). Si può ben dire quindi che, grazie all’opera di Felice Peretti vescovo, ha inizio un’intensa ed interessante attività artistica della cappella musicale protrattasi a lungo e che ha potuto registrare a Fermo la presenza di rinomati musicisti, il più famoso dei quali è certamente Giuseppe Giordani, detto Giordaniello, che ha lavorato a Fermo alla fine del sec. XVIII (19).

5- Il potenziamento del Seminario.

Il Catalani nella sua opera “De Ecclesia Firmana…” afferma che il Seminario sia stato istituito dal Peretti nel 1574 (20), tuttavia già il Trebbi-Filoni faceva notare che l’anno prima Il Maremonti si era recato in visita a questa istituzione e che gli atti di tale visita riportavano l’espressione “nuper erectum” eretto di recente (21). In un Sinodo celebrato dal vescovo Fermano Lorenzo Lenti, predecessore del Peretti, viene posto all’ordine del giorno un solo argomento: l’istituzione del seminario in obbedienza ai decreti conciliari emanati a Trento. Era l’anno 1564. Nel 1567 non si era ancora riusciti a farlo funzionare ed i documenti fatto pensare ad insormontabili difficoltà di ordine finanziario e logistico. Il vescovo Lenti fidava completamente sulle contribuzioni volontarie e su balzelli imposti al clero (22). Sta di fatto che dal 1564 al 1573 l’attività del seminario doveva essere ridotta al lumicino; fu il cardinal Peretti che affrontò decisamente il problema, dopo la visita apostolica. Il Maremonti così aveva dichiarato nei suoi decreti: “… di provvedere migliori locali presso la cattedrale”. Il vescovo Peretti non riuscì ad ottemperare il decreto per la parte riguardante il locale, ma si impegnò a risolvere il problema finanziario, mutando completamente il metodo usato da mons. Lenti. Nel registro delle “Approbationes” redatto durante gli anni dell’episcopato del card. Montalto sono registrati parecchi decreti del vescovo con i quali egli disponeva lo stralcio di beni e di censi a favore del seminario; con tale sistema egli creò un sicuro e stabile cespite finanziario tale da permettere il funzionamento del seminario (23).

Organizzò nell’istituto una serie di insegnamenti idonei a preparare adeguatamente i futuri sacerdoti; più tardi, poi, quando da pontefice ricostituirà l’Università fermana, disporrà che i chierici del seminario potranno seguire i corsi di filosofia e di teologia in questo Studio di Fermo.

6- Le comunità religiose.

Fermo nel sec. XVI era una città ricca di comunità religiose da secoli presenti nel territorio e mirabilmente inserite nel tessuto religioso e sociale della città; in alcuni periodi esse hanno operato efficacemente non solo nel campo dell’assistenza cristiana, ma in ogni settore della vita sociale; basti pensare all’opera svolta dal frate dell’Osservanza san Giacomo della Marca nel corso del sec. XV. L’opera del vescovo Peretti si sviluppò su due direzioni fondamentali:

a)- sollecitare un’incisiva riforma dello spirito cristiana secondo i dettati del Concilio di Trento, ed in questo egli collaborò e attuò le disposizioni emanate da mons. Maremonti durante la sua Visita apostolica;

b)- introdurre a Fermo nuove comunità religiose maschili e femminili al fine di incrementare nelle popolazioni lo spirito cristiano.

Quando il card. Peretti salì sulla cattedra fermana, il concilio di Trento si era concluso da appena otto anni; l’opera di riforma era stata appena avviata dal predecessore mons. Lorenzo Lenti.  Come tutti sanno, due furono gli indirizzi generali scaturiti da questo concilio in ordine alla riforma. Il primo tendeva a svolgere una rigorosa azione tesa a bloccare le dottrine luterane e a contrastarne la diffusione: è questo l’aspetto controriformistico della riforma cattolica; il secondo, invece, era finalizzato all’opera di rinnovamento delle strutture ecclesiastiche, al rinvigorimento della disciplina del clero e della religiosità del popolo. Per quanto riguarda il primo aspetto, esso normalmente era sottratto alla competenza dei vescovi e veniva riservato agli organismi centrali della Chiesa quali i tribunali dell’Inquisizione (anche a Fermo svolgeva la sua azione una sezione dell’Inquisizione, gestita dai Domenicani). L’azione del Peretti pertanto non riguardò questo settore, se non come generica sorveglianza esercitata sui sacerdoti predicatori, sui parroci e sulla vita morale delle popolazioni. Egli mise mano al rinvigorimento delle comunità religiose esistenti e ne introdusse di nuove proprio perché era consapevole dell’importanza che rivestiva il contributo dei Religiosi nell’opera di riforma della disciplina del clero e della vita morale del popolo.

Attente, dettagliate ed accurate risultano  nei verbali, le relazioni di visita ai monasteri femminili. Il vescovo vuol rendersi contro della situazione morale, spirituale ed economica delle singole comunità religiose; i decreti emanati appaiono determinati ad incoraggiare gli aspetti positivi e a eliminare gli abusi notati. Tuttavia è sul fatto che introdusse a Fermo nuove congregazioni e famiglie religiose, si può cogliere l’impegno riformistico del Peretti. Esemplare fu la sua opera per attirare a Fermo la neonata congregazione dell’Oratorio di san Filippo Neri, benemerita istituzione nel campo dell’assistenza ai poveri, alle famiglie e specialmente alla gioventù. Essa si impiantò giuridicamente nella città quando già Peretti era diventato papa, cioè nel 1586; l’iniziativa, era già partita circa dieci anni prima, quando il card. Montalto aveva fatto venire da Roma il P. Pensabene Turchetti e lo aveva nominato parroco della chiesa di San Gregorio Magno, esortandolo a raccogliere intorno a sé un gruppo di sacerdoti ai quali insegnare a vivere secondo la regola dell’Oratorio filippino. Dopo la rinuncia al vescovato, egli continuò ad interessarsi della faccenda e nel 1580 lo stesso san Filippo Neri, in una lettera al card. Pinelli, vescovo di Fermo, consentiva alla fondazione di una Congregazione nella città (24).

Una storia travagliata ha vissuto il monastero femminile delle Benedettine: esso venne fondato per iniziativa del vescovo Ugo II nel 1216 con una bolla riportata dall’Ughelli (25); era sito presso la chiesa di S. Caterina. Nel 1463, essendosi ridotto ad ospitare solo quattro monache,  con bolla di Pio II, esso fu soppresso ed il monastero fu concesso ai canonici regolari lateranensi (26). Nel corso del sec. XVI il monastero fu rifondato e il visitatore apostolico mons. Maremonti annota nella sua ispezione che vi si osservava in modo encomiabile la regola di S. Benedetto. Le monache vivevano in un piccolo monastero attiguo alla chiesa parrocchiale di S. Giuliano, di pertinenza del priorato di S. Croce di Fonte Avellana. Le monache, non avendo chiesa propria, erano costrette a servirsi della chiesa parrocchiale, mediante una grata aperta nel muro della loro abitazione. Ad ovviare gli incomodi e gli inconvenienti che ne potevano nascere, il card. Peretti si adoperò a che il priore commendatario di S. Caterina cedesse loro la chiesa e i beni che ad essa appartenevano “citra” al di qua del fiume Tenna. La donazione fu confermata con Breve pontificio l’anno seguente alla elezione di Sisto V, nel 1586 (27).

Mons. Maremonti, concludendo la sua visita apostolica al Monastero di S. Chiara, espresse il desiderio e la convenienza che la comunità (comune) di Fermo prendesse l’iniziativa per la fondazione di un terzo monastero femminile, dal momento che gli sembravano insufficienti, data l’ampiezza della città, i soli due monasteri esistenti. quello di S. Chiara  e quello di S. Giuliano (28). Il Consiglio generale della città chiese l’autorizzazione al papa Gregorio XIII il quale la concesse con Bolla emanata il 21 febbraio 1576; in essa veniva incaricato il card. Peretti a costruire presso la chiesa di S. Leone un monastero sotto il titolo di S. Marta per ospitare le religiose dell’ordine domenicano. Il Peretti preparò il sito, ma le monache vennero a Fermo solo nel 1598, dopo la morte di Sisto V (29).

7– Ristrutturazione della Curia vescovile.

A colui che esamina, con un po’ di attenzione e con un minimo di esperienza archivistica, la serie dei registri di cancelleria esistenti nell’archivio arcivescovile, non sfugge certamente un’osservazione importante ed interessante: fino al 1574 i libri in cui venivano registrati gli atti ufficiali di curia erano di tre specie: libri Collationum, libri Supplicationum e libri Visitationum. In concomitanza con l’episcopato fermano del card. Montalto o immediatamente dopo, si nota un aumento della serie dei registri; ai precedenti vengono aggiunti i libri Approbationum, i libri Dispensationum e i libri Ordinationum. Ci sembra quindi di poter avanzare l’ipotesi che il vescovo Peretti abbia messo mano alla ristrutturazione e ad una seria riforma della Curia vescovile, anche se non possediamo documenti diretti che possano comprovare questa supposizione.

Possiamo tentare di ricostruire l’azione riformatrice posta in essere dal Montalto su questo settore del governo della diocesi. Prima di lui sembra che nella Curia esistano tre uffici fondamentali:il primo è quello del Vicario generale; il secondo quello del Cancelliere o Notaio; il terzo, infine, quello dell’Uditore o giudice del tribunale vescovile. Durante il governo del Peretti è possibile individuare almeno altri tre uffici: l’ufficio per i Matrimoni, specialmente per la sorveglianza sulla retta applicazione delle dispense matrimoniali; l’ufficio delle Ordinazioni, preposto a verificare le condizioni necessarie per la promozione agli ordini sacri e quindi a curare l’esame dei candidati; l’ufficio destinato all’esame delle varie Richieste avanzate al vescovo e conseguentemente alla concessione di permessi e licenze varie. Subito dopo che il card. Momtalto rinunciò al vescovado di Fermo, è iniziata un’altra serie di registri destinati a raccogliere le trascrizioni di tutte le bolle provenienti da Roma.

8– Le Confraternite.

A Fermo e nel vasto territorio soggetto alla giurisdizione ecclesiastica del vescovato esistevano, già al tempo del card. Montalto, numerosissime confraternite; erano esse associazioni che riunivano ecclesiastici e laici e che si proponevano varie finalità sul piano della vita religiosa ed ecclesiale, come educare alla vita spirituale e cristiana i propri iscritti, promuovere il culto e le varie devozioni, praticare la carità nei più svariati campi dell’assistenza e della beneficenza ai poveri, ai malati, ai carcerati, ai moribondi. Inoltre intervenivano per assicurare la dote alle fanciulle povere. Il vescovo Peretti nelle visite effettuate pose una particolare attenzione nel verificare lo stato morale ed economico di tutte queste associazioni laicali. Nei decreti emanati a fine di ogni visita si può cogliere una particolare cura nell’assicurare la retta ed efficiente amministrazione dei beni e una speciale attenzione all’utilizzazione di essi per attuare i fini propri di ogni confraternita. Ci limitiamo a citare solo alcuni interventi realizzati a Fermo dal Peretti in ordine alla sua azione di riorganizzazione delle confraternite:

a)- La confraternita del Sacramento: era stata istituita nel 1548; il Peretti curò che essa ottenesse l’aggregazione a quella di Roma. Poco prima della rinuncia al governo della diocesi Fermana, caldeggiò l’istituzione, a cura di essa, dell’adorazione in forma di Quarantore.

b)- La confraternita della Pietà. Il card. Montalto individuò l’importanza e la delicata funzione di questa associazione, fondata dal cappuccino fra’ Bonaventura da Reggio nel 1535; essa infatti si dedicava in particolare all’assistenza ai carcerati e ai condannati a morte, inoltre provvedeva ai poveri della città e alla dotazione delle fanciulle povere. Aveva come sua sede la piccola chiesa di S. Rocco la quale, col passar del tempo si era rivelata insufficiente. Fu il card. Peretti a spingere il parroco della chiesa di S. Bartolomeo a cedere la omonima chiesa alla Confraternita nel 1574.

c)- La confraternita della S. Spina. La devozione e la venerazione per questa preziosa reliquia era molto antica in citta e Felice Peretti, al fine di incrementare e regolare tale devozione, con bolla vescovile del 3 aprile del 1573, istituì l’omonima Confraternita e le diede come sede l’oratorio di S. Monica, attiguo alla chiesa e al convento degli Agostiniani. Egli stesso ne divenne socio e la seguì con affetto anche dopo aver lasciato il governo della diocesi.

d)- La confraternita del Nome di Dio fu ideata, voluta ed istituita dal Peretti  nel 1577 con lo scopo di impedire la bestemmia e di fare opera di riparazione. Come sede il vescovo le assegnò l’altare del SS. Sacramento nella cattedrale (30).

9– La riforma delle parrocchie.

Il discorso per illustrare l’azione di riforma svolta dal card. Montalto nei confronti di quella istituzione antichissima e fondamentale nella storia della Chiesa che è la parrocchia, onde rafforzarla ed adeguarla alle necessità dei tempi, richiederebbe un esame lungo citando specialmente le relazioni di visita e gli atti di governo della Chiesa locale. E’ questo il settore più importante e delicato di tutto il lavoro di riforma da Lui attuato a Fermo durante gli anni del suo episcopato. Non essendo possibile proporre un’analisi particolareggiata di tutti i documenti e di tutti gli atti tesi a ristrutturare le varie parrocchie della diocesi, ci limitiamo a proporre due osservazioni che sull’aspetto più interessante dell’azione di riforma: la prima relativa al suo tentativo di rendere le parrocchie istituzioni incisive ed efficaci di presenza cristiana; la seconda si riferisce alla oculata scelta di degni parroci.

Riguardo all’aspetto istituzionale, leggendo le varie relazioni di visita e i relativi decreti, si coglie la chiara volontà del vescovo di adeguare l’istituto della parrocchia alla effettiva presenza e funzione nel territorio. Da questa preoccupazione scaturisce una serie di provvedimenti con i quali il vescovo procede alla soppressione di parrocchie ormai chiaramente inutili, perché collocate in zone spopolate o perché troppo piccole;  egli unisce i relativi benefici ad altre parrocchie popolose e povere di mezzi economici, oppure le trasferisce in zone nelle quali sono andati infittendosi i nuovi nuclei abitativi che già alla fine del sec. XVI andavano costituendosi. Un simile complesso di interventi determina anche  una ridistribuzione dei mezzi economici e delle proprietà ecclesiastiche in modo da poter sostenere e finanziare i nuovi organismi centrali e periferici nati dopo il Concilio di Trento. Basti pensare alle dotazioni disposte dal vescovo a favore del neonato seminario o della cappella musicale della cattedrale.

Quanto alla seconda finalità, relativa all’attenta scelta dei soggetti destinati a reggere le parrocchie, il card. Montalto riorganizza, sulla scorta delle decisioni conciliari, l’organismo centrale diocesano, formato da ecclesiastici dotti e di specchiata condotta il quale, sotto l’attenta direzione dell’ordinario, è preposto a gestire lo svolgimento rigoroso, serio ed imparziale dei concorsi canonici di accesso ai vari benefici parrocchiali resisi vacanti. Nei registri delle “Approbationes” sono riportati i verbali degli esami di concorso; l’esame attento di tali documenti consente di cogliere la serietà e l’accuratezza con cui il vescovo Peretti ha affrontato la soluzione di questo delicato problema e di questo importante settore della vita ecclesiale della diocesi. Nei casi in cui antichi privilegi permettono ad altri di indicare i soggetti destinati a reggere le parrocchie, il card. Montalto rivendica sempre il diritto del vescovo di operare la scelta decisiva della nomina parroco. Quando poi, in qualche raro caso, il vescovo non riusciva a trovare un soggetto idoneo, oppure aveva individuato un piano pastorale tale da richiedere la presenza di una forte personalità, non esitava a chiamare alla responsabilità di guida di qualche importante parrocchia anche sacerdoti scelti fuori dall’ambito della diocesi. Così si è  verificato nella nomina del parroco di S. Gregorio, parrocchia sita nel centro della città, per la quale mons. Peretti chiama il P. Pensabene Turchetti, religioso dei Filippini, facendolo venire da Roma, anche perché intendeva affidarli il compito di fondare a Fermo una comunità religiosa della congregazione dell’Oratorio.

10 L’interessamento di Sisto V per l’università, la metropolia ed le diocesi suffraganee a Fermo.

L’interesse e l’impegno del card. Montalto per le istituzioni Fermane non cessa nel momento in cui egli si dimette da vescovo della città per dedicarsi ai numerosi e gravosi impegni che lo costringevano a risiedere ormai stabilmente a Roma. Due sono le decisioni prese da Sisto V a favore della città nel periodo del suo pontificato; intendiamo naturalmente parlare degli atti più importanti che hanno segnato il futuro di Fermo e della diocesi: il primo deciso a pochi mesi dalla sua elezione, l’altro, invece,  quasi al termine della sua missione pontificale. Egli realizzò la conferma e il potenziamento dell’Università Fermana, inoltre, fatto più importante e significativa, elevò questa diocesi in archidiocesi e quindi elevò la chiesa cattedrale in metropolitana.

A)- Lo Studio Generale a Fermo era stato istituito da papa Bonifacio IX il 16 gennaio 1398 (31). All’inizio del sec. XVI la città risentì del clima determinato da continue lotte intestine, da gravi crisi politiche, aggravate da carestie e pestilenze;  per questo l’Università andava via via perdendo l’incisività e i caratteri del primo periodo della sua esistenza. La Bolla sistina del 1585, riferita alla conferma dello Studio Generale, intende ripristinare l’efficienza dell’istituzione universitaria funzionante a Fermo. La bolla papale certamente risponde al suo desiderio di dare un segno della sua benevolenza verso la città nella quale egli per cinque anni aveva svolto la sua azione pastorale di vescovo. Tuttavia l’emanazione del documento risponde al progetto concreto di venire incontro all’esigenza del gruppo dirigente di Fermo, dopo un lungo periodo di crisi, e di far riguadagnare alla città prestigio ed importanza, magari a scapito di altre città della Marca meridionale. Questo aspetto emerge dalla assidua opera diplomatica che gli ambasciatori di Fermo presso la santa Sede, Sigismondo Jotti e Cesare Ottinelli avevano già iniziata sotto Gregorio XIII, papa che si mostrava sensibile ai problemi della cultura; tale azione era naturalmente appoggiata dal card. Peretti anche dopo la sua rinuncia al vescovato Fermano (32). Nel settembre del 1585 finalmente Sisto V concede l’atteso documento a soli cinque mesi dalla sua elezione (33). Nei documenti dell’archivio comunale e in quelli dell’archivio arcivescovile si nota una maggiore vivacità nell’attività dell’Università con una più intensa vita scientifica e didattica.

B)- L’elevazione della chiesa Cattedrale in metropolitana rappresenta il momento culminante dell’interessamento di Sisto V verso la sua precedente diocesi. L’iniziativa rappresenta l’atto finale e il coronamento di tutta l’opera di riorganizzazione e di consolidamento delle strutture ecclesiastiche della Chiesa Fermana, opera iniziata da mons. Lorenzo Lenti fin dal 1564, proseguita dal Peretti dal 1572 al 1577 e assecondata da lui anche negli anni seguenti. Il 24 maggio del 1589 Sisto V spediva a Fermo la solenne bolla con la quale disponeva l’elevazione della diocesi in archidiocesi e contemporaneamente innalzava la chiesa cattedrale in metropolitana rendendo la Chiesa Fermana centro di una nuova Provincia ecclesiastica. Nell’occasione venivano assegnate a lei, come suffraganee, le diocesi di Montalto, eretta nel 1586, di Ripatransone (del 1570), di Macerata, di Tolentino e di San Severino (34). Ci pare interessante esporre in sintesi i punti essenziali della bolla per poter cogliere le motivazioni che hanno guidato e spinto il pontefice:

.- in una breve introduzione, egli dichiara di aver presente nella sua mente il bene delle anime e la gloria di Dio e il progresso di una Chiesa da lui stesso governata come vescovo, enumera i meriti e le glorie della Chiesa fermana, antichissima per origine e fedele alla sede di S. Pietro in tutta la sua storia;

.- descrive le bellezze e l’importanza strategica di Fermo facendo un breve excursus storico nel quale sottolinea la costante fedeltà del suo governo a Roma;

.- ricorda le numerose e fiorenti comunità religiose presenti nella vasta diocesi, le confraternite, gli ospedali e le parrocchie;

– ricorda il proprio episcopato fermano durante il quale ha avuto tanta consolazione;

.- richiama le insistenti e filiali richieste presentate a lui da tutto il popolo e dalle autorità a mezzo di Cesare Ottinelli;

.- dispone che la chiesa Cattedrale di Fermo venga elevata al rango di chiesa metropolitana;

.- assoggetta ad essa come suffraganee le diocesi ricordate sopra

.- concede al nuovo arcivescovo Sigismondo Zanettini e ai suoi successori i privilegi, le prerogative gli onori che competono ai metropoliti nella Chiesa cattolica.

Tale trasformazione fondamentale voluta da Sisto V nella Chiesa fermana, alla fine del sec. XVI ha collocato tutto il territorio del Fermano in una posizione di preminenza nel Piceno: Fermo è diventato un importante punto di riferimento non soltanto sul piano ecclesiastico, ma anche su quello politico e culturale; da questo momento, sempre più frequentemente alla sede Fermana verranno nominate personalità di altissimo rilievo e, fino alla fine del sec. XIX, gli arcivescovi sono stati spesso rivestiti della dignità cardinalizia (35).

NOTE

(1) L. von PASTOR, Storia dei papi, vol. X, Roma 1955, Introduzione p. 5. L’Autore suffraga tale sua affermazione citando il parere di autorevoli storici tedeschi anche di tendenza protestante.

(2) Una piccola curiosità presente nel documento sistino è che vi si trova definita la Chiesa come “Mater et magistra”, le due parole con cui inizia la famosa enciclica di Giovanni XXIII; tuttavia non tutte le applicazioni contenute nella bolla sistina sono, per certi aspetti, quelle sottintese dall’enciclica giovannea.

(3) L’inquisizione non come congregazione romana permanente, ma come funzione era un organismo antico che entrò nella storia della chiesa nel 1215, dopo il Concilio Lateranense, e fece le sue prime prove contro gli Albigesi e i Patarini.

(4) Quest’ultima già abbozzata dai predecessori di Sisto V, da lui ebbe un impianto organico.

(5) M. CATALANI, De Ecclesia Firmana eiusque Episcopis et Archiepiscopis commentarius. Fermo 1783, p. 275. Più che di frequenza ai corsi di studi, a nostro avviso, si tratta di un riconoscimento accademico che gli viene conferito dallo studio dell’Ordine esistente a Fermo. Giovanni Cicconi nel suo volume Sisto V e Fermo (1923) riporta il testo di un manoscritto nel quale si attesta l’episodio del dottorato.

(6) G. PAPA, L’erezione della diocesi di Ripatransone, Fano 1976, p. 168.

(7) Le due lettere sono state pubblicate da Trebbi-Filoni nel volume commemorativo della Metropolitana.

(8) Nell’archivio arcivescovile di Fermo esiste la serie completa dei Registri di visita a partire dal 1504.

(9) Le tre visite ordinate dal card. Peretti ed eseguite dai suoi vicari generali, portano la seguente segnatura: quella del 1572 di mons. Felice Ambrosino, II-P/13; quella del 1574 di mons. Paolo Pagani, II-P/14; la terza di mons. Orazio Fusco, II-P/15.

(10) G. CICCONI, Sisto V e Fermo cit. afferma: “A Fermo il nuovo vescovo, dopo il suo ingresso, si trattenne per circa tre mesi continui alloggiando nel palazzo del Governatore a motivo delle pessime condizioni della residenza episcopale…. Si sa, da alcuni documenti inoppugnabili, che nel 1574 egli era a Fermo. Nel 1576 visitò, tra il giugno ed il luglio diversi paesi; ivi pp. 23-24.

(11) Cfr. Visita 1575, II-P/15, cc. 48 segg.

(12) Il caso dei benefici stralciati ed assegnati al Seminario ed alla Cappella musicale. Cfr. Arch. Capit. Tit.VI, rubr. I fasc. 2.

(13) L’attaccamento del Card. Montalto al capitolo Fermano è testimoniato da alcune lettere del Montalto stesso ai Canonici. Cfr. Arch. Cap. Tit. X, Rubr.1, fasc. 3.

(14) Arch. Cap. Tit. X, rubr. 1, fasc. 3; lettera del 9 luglio 1574.

(15) Ibid. Lettere del 20 sett 1574 e del 23 sett. 1579.

(16) ASAF, fondo diplomatico dell’Arch. Cap., si tratta del documento originale più antico esistente nell’archivio.

(17) L. VIRGILI, La Cappella musicale della chiesa Metropolitana di Fermo, Roma 1930.

(18) TREBBI-FILONI, L’erezione della chiesa cattedrale di Fermo a metropolitana, Fermo 1890, p. 20, nota 12. Cfr. anche U. GIRONACCI, Il Fondo musicale dell’archivio Capitolare della chiesa Metropolitana di Fermo in “L’archivio storico arcivescovile di Fermo”, Fermo 1985, pp. 49-75; cfr in particolare appendice III, p. 69.

(19) Ibidem.

(20) CATALANI, Op. cit. p. 276.

(21) TREBBI-FILONI, Op. cit. p. 102.

(22) ASAF, Liber Collationum, I – C/13 cc. 70 segg. E I-C/14, cc. 129 segg.

(23) ASAF, Liber Approbationum 1575-1579, II-H/3.

(24) Lettera autografa di S. Filippo Neri al card. Domenico Pinelli;

(25) TREBBI, Op. cit. pp. 155-157.

(26) Ibidem.

(27) Ibidem.

(28) ASAF, Visita Apostolica, II-O/17, cc. 21 segg.

(29) TREBBI, Op. cit. pp. 158-160.

(30) Ibid. pp. 171-188.

(31) Molti storici locali hanno attribuito la fondazione dello Studio Generale di Fermo a papa Bonifacio VIII, fissandone la data al 1303. La questione rimane però incerta a causa di una abrasione del documento nella parte finale. Il documento è una bolla papale che si conserva nell’Archivio di Stato di Fermo, fondo diplomatico dell’archivio del Comune; la pergamena reca il n. 941. Gli studiosi oggi sono quasi tutti concordi ad attribuire il privilegio al papa Bonifacio IX e quindi la data deve essere spostata al 1398. Cfr. Trebbi-Filoni, cit. p.93.

(32) Arch. St. Fermo,  Arch. stor. Com. Lettere, registro n° 34, varie lettere alle relative date.

(33) Arch. St. Fermo; Arch. Stor. Com. Fermo, fondo diplomatico: perg. 941.

(34) La bolla “Universi orbis Ecclesiae” si conserva nell’Arch. di Stato di Fermo; arch. Com., fondo diplomatico, perg. n° 940. Essa  è pubblicata nel volume: TREBBI-FILONI, cit., pp. 26-39 con il testo latino e con la versione italiana a fronte.

(35) Dal 1585 al 1895 si contano a Fermo nove arcivescovi cardinali.

APPENDICE di Lettere autografe del card. Montalto trascritte da Emilio Tassi

-1 –

Lettera in cui Felice Peretti partecipa agli Anziani di Fermo la sua nomina a vescovo della città.

Alli molto Magnifici Signori come fratelli, li Signori Antiani di Fermo.

Molto Magnifici Signori. E’ piaciuto alla Santità di Nostro Signore et à questo Sacro Collegio di darmi il cargo della Chiesa vostra di Fermo et ancorché sia peso molto grave alle spalle mie nondimeno per obedienza santa che debbo à questa Santa Sede sono stato forzato pigliarlo. E’ ben vero che molto hà agevolato questo peso il pensar di haver’a star’ et conversar con le Signorie Vostre appresso le quali et nel stato loro si sono allevati et nodriti il Padre et la Madre mia et nato ancor’io donde pensando dover ritornare et trattare con li miei mi ha fatto più che facilmente mi son sottoposto alla obbedienza. Mando M. don Teseo Costantini da Mont’alto sacerdote dotto et honorato a salutar le Signorie Vostre, entrar in possesso del vescovato et dell’amorevolezze di Vostre Signorie le prego lo veda volentiero, li prestino ogni favore et me lo rimandino consolato et in quello che io possa servire si degnino commandarmi perché si troveranno sempre da me fedelmente servite. Et Dio Nostro Signore le consoli sempre.

Di Roma li 18 di decembre 1571.

Di Vostre Signorie come Fratello a servirle

Il card. de Montalto

[La lettera è stata pubblicata da Trebbi-Filoni nel volume: Erezione della chiesa Cattedrale di Fermo a metropolitana, Fermo 1890, p. 19].

-2 –

Lettera ai Canonici della Cattedrale i cui si comunicano disposizioni sulla nomina ad un beneficio restato vacante.

Alli Reverendi Signori Canonici et Capitolo di Fermo miei carissimi.

Reverendi Signori.

Ho visto quanto Vostre Signorie mi scriveno con la lettera del 4 di questo intorno al beneficio vacato per morte di don Vagnozzo di costì.Io mi contento, se ben ci è il  pregiudicio mio per la collazione che ora spetta a me, che detto beneficio sia unito et incorporato al capitolo, talmente che con questa intrata di vantaggio, si abbia perpetuamente da aggiungere qualche persona meritevole che attenda al servizio di codesta Chiesa a laude et gloria di Dio, et soddisfattione delle Signorie Vostre che così scrivo al mio Vicario che si faccia. Et nostro Signore le guardi da male.

Di Roma li 9 di luglio 1574.

Di Vostre Signorie Reverende affettuosissimo di cuore

f. Felice card. de Montalto.

-3 –

Lettera ai Canonici e al Capitolo della Cattedrale: richiamo a  nominare ai benefici vacanti i soggetti approvati dal vescovo.

Alli Reverendi Signori Canonici et Capitolo di Fermo, miei dilettissimi.

Reverendi Signori.

Mi son meravigliato di quel che Signorie Vostre scrivono per la lettera delli 22 del presente, conciosiacosa ch’altre volte io vi habbia fatto intendere che, se ben la collazione di alcuni benefici spetta a codesto Capitolo, non per questo voi potete ricever resigna alcuna; et l’ordine che, vacando il beneficio o per morte o per resigna in mano dell’Ordinario, voi potete conferire il detto beneficio a quello che dopo il concorso et essamini fatto dal detto Ordinario con fede et polisa del medesimo, viene approbato per idoneo. Et per conto di pigliare resigna voi non potete ingerire in modo alcuno, et se lo faciste, saria male, et io me ne risintiria giustamente secondo che facesse bisogno.

Però non intrate in quel che non conviene, et dove posso valetevi di me che nelle cose honeste non mancherò mai di augumentare le vostre ragioni et state sani.

Di Roma li 28 di decembre 1574.

Di Vostre Signorie illustrissime come Fratello amorevole.

f. Felice card. de Montalto.

-4 –

Lettera ai Canonici e al Capitolo per riconfermare la sua assegnazione di alcuni benefici vacanti alla Cappella musicale.

Alli Reverendi Signori Canonici et Capitolo di Fermo miei dilettissimi.

Reverendi Signori

E’ Vero che tutti i benefici vacati di questa diocesi per la morte di ns. Costantio Sidereo, furon l’anno 1574, quandi io stetti a Fermo, uniti alla Cappella di codesta Cathedrale per decreto scritto per mano di Ms. Ottaviano Cancellieri, et quando da esso non fussi stato nominato, ciascuno beneficio in particolar, sarà stato errore di non sapere il nome, ma non errore di voluntà. Però hora, non mutando mia intentione, tutti quanti se ne scoprono alla giornata, tengo che sieno della Cappella, revocando et annullando ogni altra resolutione fatta da me o dal mio Vicario, perché non potrà essere fatto salvo per ignorantia di qualche particolare. Et se il pievano di Montefortino pretende raggioni sopra beneficio alcuno, agat in petitorio, perché nel possessorio, intrando la Cappella nella giurisdizione di Ms. Constantio non deve essere spogliata de fatto. Ne scrivo ad esso Vicario, et haverò caro intendere quel che succederà. Tratanto stiano sani et Dio Nostro Signore le consoli sempre.

Di Roma li 25 de Gennaro 1576

Di Vostre  Signorie come fratello amorevole.

f. Felice card. de Montalto.

-5 –

Lettera del cardinale ai Priori di Fermo con cui si richiede di concedere ai deputati della Comunità di Montalto di poter estrarre grano dallo Stato Fermano, stante la carestia provocata da una disastrosa grandinata.

Alli Magnifici Signori li Signori Priori di Fermo

Magnifici Signori

La Comunità di Montalto per essere stata l’anno passato oppressa dalla grandine, ha bisogno provedersi di grano negli altri territori, et havendoli io ottenuto licentia dalla Camera apostolica di potersene provedere nello Stato vostro, prego Vostre Signorie che comparendoli i Deputati della Comunità de Mintalto con la detta licentia,  che li faccia gratia possino cavar grano dallo Stato  secondo la forma di essa licentia, ed io lo riceverò per favor notabile, offerendomi all’incontro prontissimo alli servigi loro in ogni occasione. Et Dio Nostro Signore le guardi da male.

Da Roma li 3 marzo 1576

Di Vostre Signorie affezionatissimo a servirle

Il Card. de Montalto.

-6 –

Molto Magnifici Signori

Io mi vedo molto occupato per non dire oppresso in tanti negocij, et non solo non posso fare il debito mio verso la Città et Diocesi vostra, gregge a me commesso, ma neanco posso vedervi, ne godervi, che me trovo in mota amaritudine di animo, considerando così il vostro patire come il mio mancare, onde per più utile vostro, et per manco carigo mio, me son resoluto scaricarmi di questo peso, resignar la cura di voi nelle mani di Nostro Signore, acciò Sua Santità proveda di un altro vescovo, che debbia esser continuamente presente ai vostri bisogni, consigliarvi nei pericoli et soccorrervi nelle necessità, che non mai ho potuto fare io, achorché l’habia sempre procurato, et la molta amorevolezza vostra me ne habia grandemente spinto. Et se bene me sono affaticato sempre co’ miei Vicari jet altri Officiali a mantenere l’honore et reputazione della vostra Chiesa, soccorrere alli bisogni della Città et Diocese, nondimeno poche volte son restato sodisfatto. Volendo dunque esseguire questa mia resolutione, avanti se venga ad atto alcuno per debito di gratitudine, mi è parso farlo intendere a Signorie Vostre, acciò possino ricordare quello le pare, assicurandole che se procurerà proporsi persona di dottrina et pietà maggiore di me, et io reservandomi la collazione di beneficij ne’ mesi reservati et la magior parte di beni temporali farrò per ogni modo vostro. Prego Signorie Vostre accettino in buone parte questa mia deliberazione, et non mancano di tenermi sempre per suo prontissimo a servire et Dio Nostro Signore le conserva sempre felici.

Di Roma, li 2 agosto 1577

Di Vostre Signorie come fratello a servirle

f. Felice card. de Montalto.

-7 –

Lettera al Priore di Santa Vittoria con cui si comunica la dispensa data dal papa a recarsi in massa presso il Santuario di Loreto per ottemperare un voto fatto da quella popolazione.

Reverendo Signor Priore

Codesta Comunità di Santa Vittoria, quando io stetti là, mi espose un voto che l’istessa Comunità haveva fatto di andar ogni anno con tutto il populo a visitar la Santissima Casa di Loreto et portarli una corona di valuta di X scudi et perché l’andar così popolarmente causava delli disordini tra gli uomini della Terra, ne desiderava l’assolutione, che così io per loro soddisfazione ne scrissi a Roma a Mons. mio Illustrissimo Guastavillani che ne parlasse con Nostro Signore, et così Sua Signoria Illustrissima mi risponde ora con una sua delli 22 di giugno, che ne ha parlato a Sua Santità et Sua Beatitudine si è contentata che la Comunità sia assoluta dall’andar così popolarmente come haveva fatto il voto, ma non dal portar la corona delli X scudi la quale se li debba portar ogni anno da dicti huomini secondo che saranno eletti da essa Comunità, secondo la mente di Sua Beatitudine et far che di questo ne apparisca atto pubblico per mano di Notaro, acciò possa mostrarsi in ogni futuro tempo. Et non essendo questa mia per altro, di cuore me le offero, et me raccomando alle sue orationi.

Di Petriolo lo primo di luglio 1576

Di Vostra Signoria come fratello amorevole

f. Felice card. de Montalto.

-8 –

Lettera del Cardinale ai Canonici e al Capitolo in cui viene contestato il diritto di nominare ad alcuni benefici rimasti riservati al cardinale, dopo la sua rinuncia al vescovato.

Alli Molto Reverendi come fratelli li Signori Canonici et Capitolo di Fermo

Molto Reverendi come fratelli

Intorno alli beneficij vacati di questo mese così della Parrocchia di Monteguidone come delli Altari di Belmonte, me corre dir a Vostre Signorie che io non solo non voglio torre quello che conviene a lor Capitolo, ma voglio procurar di agomentarle ogni honor et utile, come per le cose da me fatte costì loro ne possono render buon testimonio. Nondimeno io non havendo altra informatione della Parrocchiale che sia à collazione di Vostre Signorie, salvo la scrittura che loro me ne mandano, nella quale si fa mentione di tre sole collazioni, nella prima non v’è l’anno, la seconda è del 24, la terza del 66, Vostre Signorie mostrino le loro raggioni al tribunale di Mons. Vescovo, che da me haveranno quanto favore loro voglioni. Delli altari appar nella scrittura due sole istituzioni, la prima del 70 et la seconda del 76.Essendo dunque tutto il tempo di nove anni soli, non conclude efficaci raggioni per il Capitolo, se non se monstra. Facciansi dunque veder le loro pretendentie, et che io ne sia avisato, et me troveranno sempre favorevole ad ogni bene loro. Et con questo me raccomando alle lor orationi.

Di Roma alli 23 di settembre 1579

Di Vostre Signorie molto Reverende come fratello amorevole.

f. Felice card. de Montalto.

-9 –

Lettere di Ringraziamento ai Canonici per l’invio di donativi.

Alli Molto Reverendi come fratelli li Signori Canonici et Capitolo di Fermo

Molto Reverendi come fratelli

Tengo la lettera di Vostre Signorie delli 21 del passato, et con essa monsignor Ludovico Giliucci me ha presentato alcune cose quadragesimali che a loro è piaciuto mandarmi, quali per essere molto conformi al mio gusto, me le goderò volentier per amor di Vostre Signorie, et ne le ringratio. E’ ben vero che non occorrea se pigliassero hora per me incommodi tali, perché senza questi rispetti alle occorrentie le farrò conoscer che son per affaticarmi sempre volentieri per ogni loro soddisfattione.

Del resto stiano sane, et Dio Nostro Signore le consoli sempre.

Di Roma alli 2 di marzo 1580.

Di Vostre Signorie molto Reverende come fratello amorevole

f. Felice card. de Montalto.

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