STATUTO DEI FERMANI anno 1252 novità politiche con podestà a Fermo, venuti da Venezia

NOVITA’ POLITICHE NEL FERMANO, nell’anno1252, CON GLI STATUTI DEI FERMANI

Durante il pontificato di Innocenzo IV, dopo la morte dell’imperatore Federico II, si ebbe una riorganizzazione politica del territorio Fermano con nuove leggi che non erano soltanto della città, come statuto del singolo comune di Fermo, ma erano intitolati Statuti dei Fermani perché questi erano in vigore per tutti i comuni del contado Fermano. Il 17 luglio 1251 il papa Innocenzo IV confermava al governo Fermano tutti i poteri concessi con i precedenti privilegi, le autorizzazioni e le esenzioni. Da allora alcune persone di alta esperienza governativa maturata nella Serenissima Repubblica, e appartenenti alle famiglie dei dogi di Venezia, come Raniero Zeno, Lorenzo Tiepolo (Teodopulos) e i loro discendenti, divennero podestà del contado di Fermo. I Veneti collegavano amministrativamente la città di Venezia con tutti i castelli dell’entroterra e la stessa cosa quei podestà ripetettero qui con gli Statuti dei Fermani.

La Marca Fermana era formata da molti castelli e comuni dall’ovest all’est, dagli Appennini all’Adriatico, dal nord al sud, dal Maceratese (fiume Potenza) al Sambenedettese (fiume Tronto). Con i podestà veneti, i comuni del contado sottoscrissero gli atti notarili degli accordi con il governo di Fermo come si legge nelle pergamene 1095 e 1096 dell’archivio comunale fermano. L’amministrazione di tutti i comuni aveva una precisa costituzione nelle leggi degli Statuti dei Fermani.

I piccoli castelli, facevano gola ai castelli vicini più grossi che bramavano di impadronirsene, ma Fermo impediva ogni tentativo di usurpazione. Collegandosi con Fermo i nobili del contado ricevevano la conferma della tenuta dell’insieme delle possessioni di terreni e di edifici. Nello stesso tempo la città di Fermo dava a questi la legislazione per l’amministrazione comunale del castello. Seguitavano a tenere le proprietà rurali con la collaborazione delle persone che vi lavoravano. Insieme con queste famiglie svolgevano i loro affari con sicurezza. Pagavano sì una piccola tassa (all’incirca dai 30 ai 40 soldi) ma poi non erano più incomodati per le vendite di prodotti, sia agricoli sia manufatti artigianali. D’altra parte, morto Federico II, non c’era più la compagine ghibellina che potesse governare. Fermo era sotto la sicurezza del papato. Allora, i rappresentanti delle amministrazioni dei castelli per loro comodo fecero veri e propri contratti scritti con il podestà di Fermo. Nei primi mesi del 1252 gli amministratori di molti castelli fecero il giuramento di riconoscersi cittadini Fermani. Come tali, riconoscevano le leggi dello Statuto, come la loro legislazione, eseguivano le disposizioni del podestà Fermano, partecipavano all’esercito ed alla cavalcata (cerimonia dimostrativa di Ferragosto), acquistavano abitazioni a Fermo, tenevano per amici oppure per nemici quelli che erano tali per Fermo. In caso di inosservanza accettavano la multa di 2000 libre volterrane. Fermo li obbligava a tenere armati due uomini con il cavallo, da unire all’esercito  per la sicurezza comune e il governo offriva ai comuni dei castelli i servizi amministrativi, politici, giuridici, economici, finanziari, scolastici, diocesani, sociali. Il contado risulta Fermano secondo gli Statuti che sancivano  quel governo costituzionale nella pubblica amministrazione civile e penale. Il rappresentante di ogni comune del contado era partecipe del Consiglio governativo a Fermo, e un rappresentante del governo di Fermo risiedeva nel castello per decidere in comune intesa e sostenere una regolata vita comunale, potenziata nelle attività economiche, con gli scambi commerciali, grazie anche al movimento delle merci nel Porto di Fermo, dove arrivavano prodotti da altrove e da qui venivano esportati in varie località i prodotti tipici locali.

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