L’ARTE FERMANA NEI SECOLI XIV E XV Appunti brevi da conferenze di Liberati Germano

ARTE FERMANA tra il ‘300 e il ‘400. (Appunti da una conferenza di LIBERATI  Germano nel 1999, con l’uso continuo di diapositive)

La più grande diffusione della pittura medioevale nella zona Fermana e la fase più originale con le opere più belle va esplorata  nel  ‘300 e nel ‘400. È il trionfo del gotico. Senza pensare a ritardi rispetto ad altrove, l’arte nelle nostre zone si era diffusa così capillarmente che gli artisti locali, influenzati anche da artisti di altre zone, hanno creato un clima fiorente di pittura evoluta  con il grande rinascimento  fiorentino. Abbiamo una pittura gotica, ma di grande valore e di grande spessore, pur chiamata “dei primitivi” dai critici. L’arte non si divide per secoli. La prima grande rinascita da noi avviene con l’arrivo dei Crivelli insieme con altre personalità che vissero nel Fermano, tra cui Alemanno e Pagani.

Per divisioni di comodo separiamo i primi 80 anni del ‘300, dal resto del ‘300 assieme con tutto il ‘400. Il ‘300 ha il chiaro stile “gotico fiorito” internazionale. La pittura del ‘300 è dominata in Italia da grandi scuole. C’è la scuola  fiorentina di Giotto e dei Giotteschi. Una corrente di Giotto (al tempio Malatestiano) e dei Giotteschi è la scuola figurativa di Rimini. Sulla scia dei pittori toscani fiorentini si è avviata la scuola Toscana Senese con artisti che han molto girato in Italia e in Europa, portando le loro innovazioni. Da questa diffusione sono derivate le influenze sulla scuola Emiliana che si è diffusa nelle Marche (ad esempio, Andrea da Bologna), poi in Istria e nella costa Dalmata, ambito veneziano sulle coste adriatiche.

Per un’epoca così lontana, se alcuni pittori non fossero stati studiati da Crocetti Giuseppe, nulla ne avremmo saputo; ora possiamo conoscere Marino Angeli, Arcangelo di Cola, ed altri che vanno riemergendo, come Giacomo di Antonio da Recanati. C’è ancora molto da studiare: molte opere sono andate perdute e altre sono esplorate come palinsesto. Così a Monte Vidon Combatte sono riemersi i dipinti di San Procolo nella parte  dove furono intonacati e coperti.  Così a Montefortino, allo staccarsi dell’intonaco, sono riemersi dipinti molto antichi. Si viene conoscendo quello che non si immaginava. Non pensiamo che le Marche siano state soltanto colonizzate da altrove. Oltre ai  normali riflessi e flussi dall’esterno, le Marche hanno un proprio gotico fiorito, o ‘cortese’, con importanti artisti che, a loro volta, hanno esportato altrove la loro esperienza Marchigiana. Le pitture hanno una tecnica di affresco, in grandi cicli; inoltre una tecnica di pittura su tavole preparate in un modo del tutto specializzato per farvi la base con indorature, per la successiva restante esecuzione. Le committenze sono importanti da verificare. I pittori lavoravano nelle chiese di san Francesco, di san Domenico, e di sant’Agostino, cioè degli ordini mendicanti <Francescani, Domenicani, Agostiniani>  subentrati in molti luoghi ai Benedettini. Le chiese di questi ordini mendicanti erano tutte affrescate con dipinti che raffigurano la storia della Madonna, la storia del Gesù Cristo e del Vangelo o le storie di altri santi.

La committenza dei Francescani, ad esempio, fa dipingere la storia della santa Croce a Montegiorgio nella chiesa di san Francesco (o S. Maria Grande). Le commissioni erano fatte con viva partecipazione: si cercavano le notizie sui pittori delle nuove opere d’arte e si facevano contratti nuovi. Oltre ai religiosi e al clero, anche le confraternite svolgono il ruolo di committenti. Parimenti le famiglie gentilizie dalla metà del ‘400 con l’affermarsi maturo delle signorie locali fanno commissioni d’arte.

Dalla scuola giottesca e da alcuni rami della scuola senese, presero esperienza i pittori Riminesi,  che dal nord, scendono al centro e al sud delle Marche.  Li troviamo a dipingere  nella chiesa francescana  a Fermo, inoltre in quella di san Nicola a Tolentino e a san Ginesio: due chiese francescane e una agostiniana.

Giuliano da Rimini (documentato dal 1307 al 1324) all’inizio secolo, a Fermo, nella chiesa di san Francesco, dipinge la Madonna e il Crocifisso dal grande colore blu. Il disegno ha linea marcata nelle figure, stile giottesco, con effetto di plasticità dei corpi in rilievo.

Di Francescuccio Ghissi (attivo tra il 1345 e il 1374)  abbiamo alcune opere tra cui  stesura è la “Madonna che allatta i bambino” ora nella chiesa di sant’Andrea a Montegiorgio, con la data del 1364, altra opera a Fermo già nella chiesa san Domenico, ora trasferita al palazzo comunale, databile tra il 1360 e il 1370; infine l’immagine di santa Lucia del 1354 la più antica. Come dimensioni, il dipinto esistente a Montegiorgio è il più ampio.

Per  molti pittori non si hanno né il nome, né le date, né commissioni. Si fa riferimento ad un pittore anonimo come  “Maestro di Offida” nel senso che ha lavorato ivi nella chiesa di santa Maria della Rocca. Dagli studi analitici di Crocetti Giuseppe si conosce il percorso pittorico di questo maestro di Offida, considerando che ha lavorato anche a Montefiore dell’Aso e a santa Maria a piè di Chienti a Montecosaro Scalo. Come al solito, ovviamente ci sono molte attribuzioni.

Andrea da Bologna diviene una personalità dominante nelle Marche, si rifà ad opere del Ghissi nel dipinto esistente a Corridonia nella pinacoteca parrocchiale. Ha una propria caratterizzazione  nel dare forza e quasi un rimarco alle figure. Lavorava a Bologna a metà secolo XIV. A Fermo il suo dipinto, appartenente alla chiesa di san Michele, ora è nel museo diocesano: fa notare alcune caratteristiche del gotico ‘cortese’, nelle decorazioni. Il “Battesimo di Gesù” dello stesso polittico interessa anche per la gestualità del Battezzatore Giovanni.

Vengono studiati gli influssi esercitati da artisti Romagnoli sui pittori delle Marche. A Fermo, nella chiesa di sant’Agostino ci sono dipinti “giotteschi” che per la figurazione o il volume della persona  si possono dire influenzati dai Riminesi, in particolare: “Ss. Trinità”,  “Annunciazione”,  “S. Antonio”, e nella “Natività” si nota il classicismo, ad esempio nell’atteggiamento figurale della Madre di Gesù addormentata. La scena del lavare il divin Bambino ha elementi di visione solenne.

Ci sono varie presenze d’arte che collegano entrambe le sponde dell’Adriatico e testimoniano  gli influssi veneti  di fine trecento  su l’intera sponda veneta, assieme con i legami commerciali.  Questi rapporti facilitavano l’arrivo in Italia di artisti dalmati. A Fermo, ad esempio, nel portale dell’oratorio di santa Maria della Carità, a lato chiesa del Carmine è intervenuto dalla Dalmazia, Giorgio <da Sebenico o suo figlio> a scolpire la Madonna. Sono documentati i rapporti commerciali dall’altra sponda dell’Adriatico verso Fermo. Tra le presenze, il maestro del polittico già rubato, poi ricomposto, di Torre di Palme manifesta una certa influenza veneziana, anche se non se ne sa nient’atro. Il maestro di Sant’Elsino ( chiamato così per i dipinti della storia di questo santo), nel tempo ha ricevuto attribuzioni di altre opere, anche a Zara, sulla costa orientale adriatica. Somiglianze nella pinacoteca comunale e negli affreschi chiesa di santa Monica, a Fermo.

Il gotico cortese che si realizza nel ‘400 Fermano è espresso da Iacobello da Fiore e da altri artisti di rilievo. Iacobello da Fiore attivo tra il 1380 e il 1440 è autore dei dipinti fatti per l’altare  della chiesa  di san Pietro a Fermo. Tra le sue opere grandiose e la più importante può dirsi il polittico di Fermo databile forse attorno al 1390, in cui è evidente il chiaroscuro da grande pittore. Otto tavolette della “Storia di santa Lucia”, smembrate, incorniciate furono create per l’altare chiesa santa Lucia di Fermo. Lo storia di santa Lucia è il capolavoro assoluto, unico più di ogni altra sua opera: architettura innovativa, vesti preziose, raffinatezza dei particolari in oro, attenzione agli animali, cane, gatto come riscoperta della natura. La drammaticità della scena della trazione di santa Lucia per mezzo dei buoi è evidente nelle linee divergenti. Il gioco dei colori, le scene con il gusto degli abiti  colorati in varie diverssfumature, la reminiscenza bizantineggiante degli angeli in alto,  manifestano Iacobello orientaleggiante. Dalla sue opere, ove sono disegnati edifici, si derivano notizie per la storia dell’architettura.

Le committenze laiche delle corti facilitano la diffusione di questo stile gotico ‘fiorito’ nella pittura raffinata e dorata. Questo modello gotico si diffonde in tutta Europa,  per cui è chiamato “gotico internazionale”: disegno minuzioso, destrezza espressiva, grazia distinta dei moti entro moduli architettonici tra il verde, il rosa e l’azzurro. Le scuole di pittura nelle Marche sono facilitate dalle committenze degli ecclesiastici e dei signori di varie cittadine, di Fabriano, di Camerino e di San Severino. Dalla metà del Trecento a tutto il Quattrocento la produzione artistica nell’abbellire le chiese è rilevante, a motivo di ex-voto e di figure a destinazione catechetica.

Alla scuola pittorica urbinate di Antonio Alberti da Ferrara è stato attribuito anche il ciclo degli affreschi della Cappella Farfense a Montegiorgio. Il pittore Ottaviano Nelli nativo di Gubbio ha lavorato in Umbria e nella Marche. A questi artisti si ispiravano altri grandi pittori.

Giacomo da Recanati, discepolo di Iacobello, ha dato a Fermo il “Crocefisso” della chiesa di san Michele Arcangelo,  opera trasferita al museo diocesano. La sagomatura dei bracci della croce mostra somiglianze con gli elementi caratterizzanti le formelle di Lorenzo Ghiberti. Il recanatese mostra abilità nella trasparenza dei veli.

A Fermo, gli affreschi del convento agostiniano nelle chiesina di santa Monica (attaccata a quella di sant’Agostino) sono stati diversamente attribuiti. Quando si troveranno altre opere per farne un catalogo si esplorerà  una personalità apprezzata, non da pittore primitivo. E’ certo un pittore italiano degli inizi del secolo XIV  che, tra l’altro, crea un’interessante visione dell’Apocalisse: ”La Gerusalemme celeste contemplata da san Giovanni” arricchita con elementi naturalistici.

Una rimarchevole  novità a Fermo è la miniatura del famoso Messale, codice conservato nel museo diocesano, datato con il nome dell’autore: Giovanni di Ugolino da Milano nell’anno 1436, a tempo del cardinale Domenico da Capranica. Tra le molte immagini, “l’Adorazione dell’Eterno” è una pagina interamente miniata con il gusto della pittura nordica. Si intuisce l’inizio del rinascimento nel tentativo di dare molta profondità alle scene. Secondo un’antica tradizione l’avvio di questo Messale  è attribuito al vescovo Giovanni del Firmonibus (1417-1421) che dopo il Concilio ecumenico di Costanza promuoveva la riforma liturgica secondo il rito romano.

Un pittore dalla nitida personalità è Marino Angeli da Santa Vittoria in Matenano, monaco del locale monastero benedettino Farfense. Documentato nel 1448 a Collina. E’ stato fatto conoscere dagli studi di Crocetti Giuseppe. Tra altre sue opere c’è un apprezzato polittico esistente nel palazzo comunale di Falerone; una tra le sue opere migliori raffigura la Madonna, “Maestà” in cui si notano l’ influenza dallo stile gotico nella linea dura, forse anche l’influenza del codice di Ugolino milanese. Vi si realizza una certa delicatezza di colori accostando rosa e celeste. La figura pur appesantita è nitida.

Nell’urbanistica di Fermo, l’attività pubblica più importante è certamente l’organizzazione di Piazza del Popolo e dell’attuale corso Cefalonia. I palazzo vescovile fu iniziato nel 1394 dal vescovo De Vetulis e rimaneggiato dai vescovi Capranica e da altri successori. Tra il 1446 ed il 1525, tra peripezie, si ricostruì il Palazzo dei Priori. Tra il 1502 e il 1532 il Palazzo Apostolico. Nel 1528 il loggiato di san Rocco.

In corso Cefalonia sorsero tra il Quattrocento e il Cinquecento alcuni splendidi palazzi, come quello dei Vitali –Rosati e l’altro di Azzolino e nel contempo le chiese della Pietà e del Carmine, oltre a Santa Maria del Carità. Nei vari quartieri della città, si ebbero altre nuove emergenze tra cui il rifacimento e l’ampliamento della chiesa di Sant’Agostino (1360-1420) a fianco della quale, tre anni dopo, furono iniziati i lavori di costruzione della chiesa di san Giovanni Battista, detta oratorio delle sacra Spina dal titolo della confraternita che vi si insediò. Fu completata anche la chiesa di san Francesco con il bel campanile e vi fu creata da parte della famiglia Eufreducci la cappella del Santissimo Sacramento, con l’opera del veneziano Cedrino. Fu affrescata da Vittore Crivelli, nel 1484, ma quest’opera è andata perduta.

Accanto all’attività edilizia si è dispiegata, concomitante e successiva, quella figurativa, in cicli di affreschi, polittici, tavole, sculture che accompagnavano l’architettura. Maestri dalla più varie provenienze, anche locali ed esponenti di scuole marchigiane, hanno ornato ed arricchito iconograficamente le chiese, gli oratori, i conventi.  Vi compaiono protagonisti di tutto rilievo: i Crivelli e i crivelleschi, l’Alemanno, i Vivarini, i Solario e i maestri riminesi, bolognesi e ferraresi, umbri e toscani insieme con artisti locali come Francescuccio Ghissi, Marino Angeli, Giovanni e Vincenzo Pagani ed Antonio Bonfini.

Non va dimenticata la produzione di oreficeria, di scultura lignea e di intaglio con splendidi capolavori di reliquiari, calici, croci astili, di cori e dell’arredo liturgico più vario, come l’arte della miniatura, di cui alcuni capolavori sono conservati nel Museo diocesano e nella Biblioteca comunale. Le attività creative della diocesi hanno avuto nel vescovo il segno dell’unità e dell’operosità.

 

I CRIVELLI NEL FERMANO. Secoli XV e inizi XVI. Appunti da una conferenza di  LIBERATI GERMANO

I fratelli  Crivelli sono stati un’altissima realtà nella pittura soprattutto nel Fermano e nell’Ascolano, dove si trova l’80 % delle loro opere. Non si hanno molte notizie della loro vita. La prima notizia di Carlo Crivelli che è il maggiore dei due, è dell’anno1457 quando viene pronunciata una sentenza contro di lui per aver tradito la moglie di un marinaio dopo che se l’era portata con sé. Nella sentenza risulta  che era  un pittore  e per questo riconoscimento professionale aveva quindi almeno vent’anni: pertanto la data di nascita si colloca tra il 1430 e il ‘40. In un’altra data, anno 1465,  lo troviamo a Zara dove rimane per  qualche anno. Tre anni dopo,  nel 1468 lo troviamo nelle Marche, in base al dipinto datato nella chiesa di san Silvestro di Massa Fermana, opera firmata da lui appunto all’anno 1468. Da documenti rinvenuti dal Dania si pensa che questo dipinto era stato commissionato dal conte Azzolino di Fermo. Quindi è pensabile che Carlo Crivelli sia venuto a Fermo, su chiamata degli Azzolino. Di fatto  Fermo teneva stabili collegamenti di trasporti marittimi con Zara, come risulta in archivio, tra l’altro, dai contratti per importare il sale. Nell’anno 1469  Carlo si sposta in Ascoli e qui fissa la sua sede. L’ultima sua opera che si conosca, è datata del 1493. Sta a Fabriano  e raffigura “l’Incoronazione della Madonna”. Carlo è vissuto a Zara, a Fermo, in Ascoli, ma  ha lasciato opere anche nel Maceratese e nell’Anconetano. I Crivelli esprimono l’arte della  scuola veneta del secolo ‘400, prima dei Mantegna, Bellini, Carpaccio. La loro formazione risente delle botteghe veneziane, tra le quali era nota la grande scuola dello Squarcione che di per sé appare un pittore mediocre, ma è diventato famoso per le decorazioni  vegetali. Nelle sua scuola accoglieva apprendisti pittori e chiamava qualche bravo insegnante per questi allievi. Questa  scuola  influenza Carlo Crivelli che riporta nei suoi dipinti gli elementi vegetali. Un dipinto di Carlo sta a Massa Fermana nella chiesa di San Francesco, e, come si è verificato molti altri, è mutilo di alcune parti. Reca l’iscrizione: “Carlo Crivelli veneto dipinse quest’opera nel 1468” Lo Zampetti ha ricomposto varie parti del polittico. Si nota che il disegno è molto dolce e delicato;  la luce non sempre è equilibrata con le ombre. Carlo si distingue per i particolari stampigliati sugli abiti o sull’arredo, ad esempio sulle maniche e sugli oggetti. Questa  stampigliatura è fatta in oro elaborato, dopo preparato lo stampo in gesso. Va tenuto presente che le opere dei fratelli Crivelli, Carlo e Vittore, sono state saccheggiate perché erano polittici  compositi da molti quadri e quadretti, che purtroppo  sono stati smembrati e venduti, soprattutto li ha danneggiati il saccheggio napoleonico. I pezzi sono finiti nelle mani di acquirenti riforniti dai mercanti. Non sempre troviamo mecenati.

Un’altra opera di Carlo è la “Crocefissione” che si trova a Montefiore dell’Aso, nella chiesa di san Francesco. Quando quest’opera fu esposta nella mostra fatta a Venezia nel 1961 apparve come una rivelazione della sua bravura. Carlo Crivelli si manifesta come un sensitivo a volte rude perché sembra  che le sue immagini siano scolpite: dipingendo  crea una raffinatissima plasticità che dona rilievo. Alcuni santi dipinti:  S. Pietro, S. Caterina d’Alessandria, S. Chiara,  S. Ludovico di Tolosa (fratello del re Roberto d’Angiò), S. Giacomo della Marca, S. Maria Maddalena (non santa Lucia). Si nota dolcezza di tratti nei volti  femminili

Fratello minore di Carlo Crivelli è Vittore di cui non abbiamo molte notizie biografiche.  Nulla si sa fino alla sua venuta a Fermo. Sembra che i due fratelli  si siano divise le aree di lavoro: Carlo in Ascoli e Vittore rimasto sempre a Fermo tanto da esser detto Fermano. Vittore sposa figlia di Pietro Solaria che era zio del pittore anch’egli a Fermo, il Solario. Vittore vive tra pittori. Era uso sposarsi tra famiglie di pittori; come Mantegna sposa una Bellini. Nel 1481 Vittore dipinge il polittico di Loro Piceno. Muore nel 1502 a Fermo.  I fratelli Crivelli ebbero un felice intagliatore che era Stefano da Montelparo studiato dal Crocetti. La cornice non era un oggetto comprato come nell’ottocento, era invece adeguata e fatta appositamente per le tavole dipinte Le cornici risultano ben elaborate e adeguate per dare profondità alla pittura. Stefano ‘corniciaio’ lavorò anche per il Presutti. Vittore ha collaborato con Carlo in alcuni dipinti, senza restare all’ombra del fratello: riesce da sé con dipinti di ammirabile bellezza. Il pittore compone vari pezzi dell’unica serie delle scene del polittico: nella parte centrale mette le figure maggiori e sotto forma il basamento o predella  con molti quadretti.  Vittore in alcuni punti rassomiglia al fratello, ma ha elementi propri. Novità: san Giorgio dipinto in modo che esce fuori dalla scena.

Nella pittura veneta ricorre la fascia per dare rilievo alle figure. Tra le opere della scuola veneta ci sono quelle di Bellini padre, e dei suoi figli Gentile e Giovanni. Significativo l’Alemanno pittore di polittici a Monterubbiano e a Montefalcone, e un’attribuzione a Torre san Patrizio. Manifesta derivazioni dai Crivelli.

SECOLO XVI

Antonio Solario parente  di Vittore Crivelli, creduto prima milanese, poi riscoperto veneto abitò e visse a Fermo tra gli anni 1502 e 1518 . Nel dipingere studia la luce e conferisce precisi orientamenti alle ombre. Così nel dipinto a Fermo nella Chiesa del Carmine “Conversazione della Madonna con il Bambino, in trono, con quattro santi” dell’anno 1502.

Nel rinascimento, ai primi del ‘500  più correnti artistiche si sono intrecciate nel Fermano, provenienti da esperienze urbinati (Raffaello Santi), lauretane, umbre toscane e venete.

Giuliano da Fano (Presutti o Persutti) lascia a Fermo la “Sacra Conversazione” in stile veneto con volti bel espressivi simili a quelli di Luca Signorelli ed anche con nitide prospettive architettoniche. L’opera è nella pinacoteca comunale.

Lorenzo Lotto ha molte opere nelle Marche, in particolare a Loreto. Durante Nobili suo discepolo ha la “Madonna in gloria e santi” del 1549 a Massa Fermana. La scuola umbra e quella toscana hanno influito molto sulla pittura locale rinascimentale. Un pittore poco studiato è Orfeo la cui opera spicca nella chiesa di sant’Agostino a Fermo.

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