P. RAIMONDO ZOCCHI Scritti: LE TRE GRANDI VITTORIE
NELLA BATTAGLIA DELLA SANTITA’
. La santità non è il privilegio di pochi, ma il dominio di tutti.
La santità alla quale tutti siamo chiamati consiste nel dovere, tutto il dovere, nient’altro che il dovete compiuto.
I segreti per conquistare la santità sono i seguenti:
-Conoscerla profondamente
–Volerla ardentemente
—Attuarla nell’amore con amore e per amore.
Essendo la santità una grande conquista, è necessario lottare vittoriosamente contro tre grandi nemici delle anime: concupiscenza degli occhi; concupiscenza della carne; superbia della vita. Esse ci impediscono di salire le vette.
POVERTA’
La povertà è la prima vittoria sulla concupiscenza degli occhi, cioè su avidità, cupidigia, avarizia, ingiustizia.
= Gesù fu povero, ha amato la povertà, ha amato i poveri.
San Francesco fu il più fedele imitatore di Cristo nella povertà evangelica.
Contempliamo rapidamente la povertà di Gesu.
– nella grotta di Betlemme: qui nasce il re dell’universo. A lui manca nella nascita quello che non manca al più povero di questa terra
– nella casa di Nazaret, la santa casa di Loreto: quattro mura annerite, una sola finestra ed una sola porta e le più semplici e povere cose per vivere. Per trent’anni Gesù vive e lavora in quella casa.
– sul Calvario spogliato di tutto, solo fra cielo e terra: unica ricchezza una corona di spine in testa.
Povero nella nascita, più povero nella vita, poverissimo nella morte.
Attorno a Gesù si respira sempre un clima di povertà, di distacco, si eleva un canto di povertà:
| è la prima richiesta di Gesù ai suoi: “Chi non avrà rinunciato a tutto quello che possiede, non può essere mio discepolo”
|| è la prima condizione per entrare nel regno dei Cieli: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli”.
||| è il contrassegno, agli occhi di Gesù, delle anime forti e generose. E’ il segno sicuro e il collaudo di ogni vocazione “Venite e vi farò pescatori di uomini” Pietro ed Andrea.
Tutte le vocazioni fallite nel Vangelo hanno come causa l’attaccamento alle cose: Giuda, il giovane ricco (Mt 10,21; Lc 18,22) ed un altro “Le volpi hanno le loro tane, gli uccelli del cielo i loro nidi; ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”. “Lascia che i morti seppelliscano i morti” (Lc 10, 58-60).
L’inizio vero e decisivo della santità coincide quasi sempre con la comprensione e la pratica generosa della povertà: basta pensare a san Francesco d’Assisi, l’innamorato di madonna Povertà.
Per realizzare questo fulgido ideale è necessario praticare una povertà libera, fiduciosa, effettiva.
POVERTA’ LIBERA da ogni legame, libera dalle tristezze per le privazioni presenti, libera dai troppi desideri, dalle ansie dell’avvenire; e vivere secondo l’espressione di san Francesco, “come pellegrini e forestieri” che si servono di ogni cosa semplice e buona senza attaccarsi a nulla.
POVERTA’ FIDUCIOSA che esige la nostra collaborazione, la nostra fatica quotidiana, ma suppone e domanda una fede di bimbo nel Padre celeste, una fiducia illimitata nelle promesse di Gesù: “Non preoccupatevi di quello che mangerete . . . . Cercate piuttosto il Regno di Dio” (Mt 5,33)
POVERTA’ EFFETTIVA: accettare qualche privazione, non lamentarsi quando manca qualche cosa di utile o anche di necessario; essere santamente austeri con se stessi e larghi e generosi con gli altri, con gli ammalati, i deboli, i miseri: ecco la povertà di Gesù, ecco la povertà di san Francesco d’Assisi. Ecco il trionfo sull’avarizia.
CASTITA’
La seconda vittoria necessaria nella battaglia della santità è la castità,. È il trionfo sulla concupiscenza della carne, sull’impurità, sulla sessualità, sui piaceri disordinati: il trionfo dello spirito sul corpo e suoi suoi istinti.
LA VOCAZIONE ALLA CASTITA’
Non tutti sono chiamati da Dio a seguire la castità perfetta, alla rinuncia definitiva a ogni amore umano, all’incanto di una propria famiglia. Ma Dio ci dice che questa vocazione è superiore alla santità del matrimonio con san Paolo “Chi si sposa fa bene, chi non si posa fa meglio” (1Cor 7,38).
La Chiesa riserva alle Vergini volontarie i più grandi onori. Nel Paradiso avranno il privilegio di seguire Cristo dovunque vada e di cantare un cantico nuovo dinanzi al trono, che nessun altro può ripetere (Ap 14,1-4) La vergine pensa alle cose di Dio, come essere santa di corpo e di anima (1Cor 16,34). La sua vita è diritta, lineare, senza divisioni, senza ritardi, concentrata in Gesù, l’amante dei vergini, di questa verginità. Poi il sacro sigillo del voto, allora diventa una consacrazione che investe tutto l’essere umano, cuore, corpo, lo separa dal mondo e lo consacra totalmente al servizio di Dio. Contempliamo san Francesco e i suoi seguaci.
La verginità dono, a chi l’abbraccia, la pace e la serenità e la capacità di amare e di possedere la sorgente di ogni felicità: Gesù Cristo stesso.
La maggior parte del mondo non capirà mai e non gusterà la gioia profonda della vita casta e pura. Chi non è chiamato né al convento né al matrimonio, si ricordi che può vivere vergine per amore di Gesù anche nel mondo, conservando nel suo cuore la gioia di appartenere a Gesù.
Quelli che non si sentono chiamati alla verginità, e abbiano suprema cura di custodire la purezza dell’anima e del corpo, tanto nel matrimonio, come fuori dal matrimonio.
La castità del cuore è tutta sulla linea della carità, quindi per praticare la castità del cuore bisogna avere amore:
= amore personale a Gesù, donazione vera, continua a Gesù vivo, amabile che è tutta bellezza, bontà, Re e centro di tutti i cuori, Colui che può saziare la sete di amore.
Quando si ama Gesù si è casti e puri. L’amore di san Francesco per Gesù lo rende simile a lui, anche nel corpo.
== Amore grande e crescente al prossimo; amare i fratelli come li ha amati Gesù, con la stessa forza, generosità.
L’amore per il prossimo sia come di Gesù: disinteressato che non cerchi la soddisfazione sensibile, il proprio tornaconto. Pensate all’amore di san Francesco per il lebbroso.
===Amore forte, mai sentimentale, amore delicatamente rispettoso, semplice, sincero, profondamente vero. Questo amore casto e puro cresce nei sacrifici, nelle rinunzie.
Gli sposati, i fidanzati conoscessero questo amore casto che rispetta i limiti della legge di Dio!
OBBEDIENZA
Nella via della santità c’è da riportare uan terza vittoria, la vittoria sulla superbia della vita, cioè sull’egoismo, su ambizione, vanagloria, prepotenza, orgoglio.
Abbiamo dinanzi a noi un modello di perfetta obbedienza: Gesù Cristo, il modello preferito di san Francesco.
= Tutta la vita di Gesù, dall’incarnazione fino alla morte di croce, è un esmpio di obbedienza.
Trent’anni sono compendiati in unsola brevissima frase: “Ed era soggetto a loro” cioè a san Giuseppe ed alla madre sua.
La vita pubblica sta tutta nel “Sì, Padre” respiro della sua anima, palpito del suo cuore. “Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato”. E l’obbedienza l’inchiodò sulla croce: “Fatto obbediente fino alla morte di croce : : : “ La vita eucaristica è totale obbedienza alla voce del sacerdote. Il santo curato d’Ars piangeva quando, indicando il tabernacolo, dice: “Ecco, è là, perché ha obbedito a me. Io lo pongo a destra, sta a destra; lo pongo a sinistra, sta a sinistra”.
Con questa obbedienza Gesù ha redento il mondo, ha distrutto l’orgoglio. La disobbedienza dei nostri progenitori, Adamo ed Eva.
== L’obbedienza è un mistero della fede. Iddio ha voluto, per unirci alla sua volontà, che noi obbedissimo a una volontà umana, rivestita della sua autorità.
“Chi ascolta voi ascolta me” disse Gesù agli apostoli ed ai loro successori “E chi disprezza voi, disprezza me, disprezza colui che mi ha mandato”. E’ un mistero di fede, perché dobbiamo riconoscere in un uomo che agisce in nome di Dio, ma con la sua libertà ed i suoi difetti, la volontà di Dio, la sua voce ed aderirvi con tutte le forze.
L’autorità viene da Dio e dobbiamo riconoscere la sua volontà divina.
Ci consoli il fatto che con l’obbedienza noi abbiamo la certezza assoluta di fare la volontà di Dio e in questa conformità delle due volontà, umana e divina, sta tutta la nostra grandezza spirituale, la nostra santità.
Gesù insiste ancora e dice: “Voi sarete i miei amici, se farete quello che vi comando; se rimarrete nei miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come anch’io ho obbedito al Padre e vivo nel suo amore”.
Chi ama fa la volontà della persona amata. L’obbedienza cristiana quindi è la misura dell’amore e cresce con l’amore.
=== L’obbedienza è la più grande offerta ed immolazione di sé.
La povertà distacca dalle cose.
La castità distacca dai piaceri del corpo. L’obbedienza distacca dalla propria volontà e dal giudizio, è dover sottomette la propria volontà e il proprio giudizio ad un’altra persona, forse antipatica ed urtante, è la più grande vittoria dello spirito sull’orgoglio umano, che è la causa di tutti i disastri nel mondo.
Per riuscire ad obbedire bisogna guadare con fede al grande Obbediente, Cristo, e al suo fedele imitatore, san Francesco d’Assisi, che voleva essere obbediente come il cieco che si lascia guidare dal suo cagnolino.
A chi dobbiamo obbedire?
A chiunque per noi rappresenta l’autorità di Dio.
Noi cristiani dobbiamo obbedire alla Chiesa e alla sua gerarchia: papa, vescovi, sacerdoti, in tutte quelle cose che riguardano il bene della nostra anima. Ognuno di noi dev’essere sempre pronto ad obbedire a tutte le decisioni della Chiesa, anche se ciò ci costa sacrificio, anche se dovessimo rinunciare alla felicità della terra, anche se dovessimo rinunciare a movimenti politici, incompatibili con Cristo e contro di lui. Inoltre dobbiamo obbedire ai genitori, al Confessore, ai superiori in quanto sono legittimi rappresentanti di Dio, sull’esempio di Gesù e di san Francesco, suo fedele discepoli
Con l’attuazione dei CONSIGLI EVANGELICI povertà, castità ed obbedienza, porteremo all’anima nostra ed alla società la pace, preludio della felicità del Paradiso.
Padre Raimondo Zocchi