LIBERATI GERMANO PARLA AGLI ALUNNI DELLA SCUOLA MEDIA DI MONTE SAN MARTINO (5.6.2001)
Le mie parole sono invece dirette a porre l’accento in una direzione, spesso trascurata: le opere d’arte di cui ci stiamo occupando sono i dipinti dei Crivelli e di Girolamo di Giovanni ed hanno una valenza storico-religiosa. Il che significa che non può essere sottaciuta la genesi dell’ispirazione di esse. In altri termini, la committenza sia dei sacerdoti o religiosi sia di confraternite, sia di famiglie abbienti, ha voluto dare e manifestare tramite queste opere la fede di una comunità. Si tratta perciò, onde capire appieno queste opere, di ricostruire il contesto, cioè il momento storico in cui una fede si è espressa. Oggi infatti con l’arte esprimiamo tali valenze in forme iconologicamente nuove. Ne consegue la necessità, a mio avviso, per ragioni di compiutezza, la necessità di rendere ragione di tali scelte iconologiche.
Si inducono così esigenze e domande cui dare risposte. In tutti e tre i polittici vi sono centrali rimandi alla passione di Cristo: il Christus patiens, la crocifissione, il Sacro Volto: perché ? vi era una particolare devozione ? una confraternita specifica ?
Così in tutti e tre i polittici c’era figura di San Martino: il riferimento al patrono del paese è chiaro, ma perché i Crivelli lo rappresentano come cavaliere legato all’episodio del dono del mantello, mentre Girolamo di Giovanni in abiti pontificali come vescovo di Tours ?
Esistono entrambe le tipologie nella storia dell’arte, ma donde deriva tale differenziazione ?
E poi la presenza di santi quali S. Caterina d’Alessandria, S. Nicola, S. Cipriano: quali le ragioni storico-religiose ?
Si potrebbe continuare a porci altrettali domande per vari aspetti. E finché non abbiamo dato le risposte, non possiamo pensare di avere esaurito la comprensione storica e religiosa delle opere.
Su questa strada vedo tuttavia che ci si è bene incamminati: le didascalie poste in riferimento ai santi e al loro culto, il disvelamento dei significati del codice simbolico di vari attributi che accompagnano le figure, sono notevoli passi avanti, segno di attenzione a queste problematiche.
A questo riguardo permettetemi di fare un riferimento al mio lavoro: sono insegnante di storia dell’arte al liceo Paolo VI, tengo un corso di Arte Sacra e Beni Culturali Ecclesiastici all’Istituto Teologico in Ancona, oltre che avere la responsabilità del patrimonio religioso artistico della diocesi. Ebbene, vi confesso che sono fortemente deluso quando nei libri di testo, anche in quelli che vanno per la maggiore, tutto si limita a pura analisi estetica o storico-stilistica o, nel migliore dei casi, sono presenti annotazioni filologiche.
È il chiaro segno che il carattere storico-religioso delle opere non sfiora minimamente gli estensori, precludendo così agli autori stessi e agli alunni una compiuta conoscenza dell’arte sacra.
Del pari, un senso di fastidio mi assale quando guide con tanto di ‘patentino’ che attesta corsi veri o presunti, affrontano in modo superficiale e con notevoli strafalcioni, che indicano carenze storico-culturali oltre che religiose, il patrimonio di chiese e musei di arte sacra.
È il segno di una cultura che, mentre si interessa a ideologie di autori e correnti dell’arte profana, pensa che la componente ecclesiale e religiosa si possa tranquillamente trascurare.
Per tali ragioni, stimo particolarmente proficua una esperienza didattica, e ringrazio i docenti e quanti, con passione e professionalità, hanno collaborato. È chiaramente una inversione di tendenza che mi auguro non si arresti e magari si addentri a individuare le ragioni religiose della committenza delle opere e le componenti storiche della comunità cristiana di Monte San Martino che le ha poste in essere e oggi le conserva gelosamente e con amore.
Da queste riflessioni credo si debbano trarre delle pratiche conclusioni:
1)- Le opere di carattere sacro debbono, per quanto possibile, restare nei siti per i quali sono state realizzate, in un contesto cioè che le qualifichi appieno e offra tutti gli elementi per un’ampia comprensione. In questi contesti (chiese, monasteri, musei di arte sacra annessi) solo chi, oltre a specializzazione artistica, abbia una preparazione storico-religiosa, può far fruire al visitatore tutta la portata delle opere stesse.
2)- Poiché le opere lasciate in situ, costituiscono parte integrante di un territorio, di un comune, di una popolazione, è necessaria una collaborazione tra istituzioni ecclesiastiche e istituzioni pubbliche: ciascuna nel proprio ambito, senza invadenze, pretese o ricatti, bensì con la consapevolezza che per quanto riguarda la Chiesa, esse costituiscono veicolo di messaggi di fede, per le pubbliche istruzioni sono motivo di promozione del territorio. Lo strumento giuridico della collaborazione è la convenzione.
3)- per quanto riguarda gli istituti educativi, in questo caso la scuola, l’approccio alla comprensione allo studio di opere d’arte sacra dovrebbe essere fatto – onde acquisire e trasmettere una globale comprensione – in modo interdisciplinare tra insegnanti di arte, storia, religione (e talora matematica: basti pensare all’uso di isometrie, sezione aurea ecc.) senza ideologie preconcette che precludono l’autentica e spassionata comprensione.
Germano Liberati