OMAGGIO A SILVESTRO BAGLIONI FISIOLOGO UMANISTA di Giovanni Sacino
<Atti della 24. tornata dello Studio Firmano dell’arte medica e della scienza / per cura di Mario Santoro. Fermo : [s. n.] 1990 “La Fisiologia da Galeno all’opera di Silvestro Baglioni, fisiologo della Università di Roma e storico della medicina nostro insigne conterraneo” pp. 207-225>.
L’argomento da me prescelto per la XXIV Tornata, non è casuale. Essenzialmente due sono stati i motivi che hanno dato l’abbrivo. Primo: il proposito di rendere un doveroso omaggio alla memoria di Silvestro Baglioni, che mi fu utile guida nella preparazione della tesi di laurea svolta, mezzo secolo fa, alla presenza di celebri Maestri della medicina, come Frugoni, Baldoni, Alessandri, Gaifami, ed altri. Secondo: lo scopo di fare conoscere a questa eletta assemblea una luminosa figura della medicina, cui il ricordo è per me viva devozione, e, insieme, onore. Dopo questa premessa, desidero rivolgerle un sincero e cordiale ringraziamento al Prof. Mario Santoro, che mi ha offerto l’occasione di dare il giusto riconoscimento all’opera scientifica di un eccellente Maestro della Fisiologia. ***
Egli nacque a Belmonte Piceno (Ascoli Piceno) il 30 dicembre 1876; da Nicola e Felici Rosa, modestissimi agricoltori. Compiuti i primi studi nella sua città natia, li proseguì nel Ginnasio di Montalto poi nel Liceo di Fermo. Per la sua passione per la ricerca e la Fisiologia, si iscrisse alla Facoltà di Medicina-Chirurgia dell’Università di Roma, e nel 1902 ottenne la laurea con la lode ed il premio Girolami.
Nel 1902, sposò Emma Focacci nata nel 1873 in Cesena e morta a Roma nel 1966. Dal loro matrimonio nacquero: Lilia coniugata Ungaro (1902), Astorre (1904 Medico, deceduto nel 1986); Atalanta (1907 coniugata Properzi); Simonetto (1911 deceduto nel 1988). Il fratello Costantino aiutava il padre nei lavori agricoli; morì dopo la prima guerra mondiale. Alla fine del secondo anno di Medicina, con l’accrescersi della passione per la Fisiologia, dopo avere appreso da solo la lingua tedesca, si recò a Jena nell’Istituto di Fisiologia del Verworn, dove eseguì tre lavori scientifici molto apprezzati dallo stesso Verworn, il quale passato poi a dirigere l’Istituto di Fisiologia di Gottinga, affidò a Silvestro Baglioni, appena laureato, l’ufficio di Assistente effettivo.
Occupò quel posto dal 1902 al 1904, dal 1904 al 1906, fu Aiuto nell’Istituto di Fisiologia dell’Ateneo Napoletano, diretto da F. Bottazzi, e successivamente (1907-1913) in quello dell’Università di Roma, diretto da Luigi Luciani. Dal 1913 al 1916, in seguito a concorso, tenne la cattedra di Fisiologia sperimentale presso l’Università di Sassari; dal 1916-17 tenne quella di Pavia; dal 1918 quella di Fisiologia Umana dell’Università di Roma. Nel 1918, per consenso unanime della Facoltà di Medicina-Chirurgia dell’ateneo romano, fu chiamato alla cattedra di Fisiologia, che tenne fino al 1950.
Nella prima guerra mondiale (1915-18), il Ministero della Guerra, apprezzando la sua competenza nella fisiologia dell’alimentazione, gli affidò l’incarico di studiare l’alimentazione del soldato, la confezione del rancio e soprattutto il compito di controllare la composizione ed il valore alimentare dei generi alimentari distribuiti alle truppe. Compito che assolse con tale competenza istituendo e dirigendo un Ufficio di analisi presso la Direzione Generale dei Servizi logistici e amministrativi del Ministero della Guerra. Al termine dei suoi studi condotti in tale settore, propose un’adeguata riforma della razione e della organizzazione del servizio. Riforma accolta a pieni voti e scritta in un suo contributo “Istruzione sul servizio della vita militare”.
Nel maggio del 1917, la Direzione Generale dell’Aereonautica venuta a conoscenza delle sue competenze nel campo della fisiologia dei centri nervosi, gli affidò l’incarico di eseguire esperimenti di psicofisiologia del volo per esplorare l’attitudine fisica dei candidati all’aviazione.
Compito assolto in modo così brillante, per cui viene proposta l’istituzione di un Gabinetto psicofisiologico per l’aviazione, a Torino, Roma, Napoli. Dal 1913 al 1918 fu Socio corrispondente dell’Accademia dei Lincei; membro della Leopold Deutsche Akademie der Naturforscher Zu Halle: 1.11.1925; Socio straniero dell’Accademia Svedese di Medicina, 2.3.1940 “Svenska LacausallKapet, Stockholm”. Morì a Roma, il 30 luglio 1957. Il Verano accolse le sue spoglie. Le sue esequie furono accompagnate da un grande concorso di popolo, di Cattedratici dell’Ateneo romano, e di Allievi, fra cui il sottoscritto.
Con la sua scomparsa, si spegneva nel mondo della medicina e delle scienza, una figura di nobile tradizione medica del Piceno, ricca di iniziative e di innovazioni di cui Egli fu testimone. L’arte medica perdeva altresì un eccellente Maestro di Fisiologia che, per passione, dedizione e profondo spirito di ricerca nei meandri dell’organismo, si era imposto all’attenzione del mondo scientifico.
Varie e numerose sono le opere scientifiche che Silvestro Baglioni scrisse, di cui una buona parte di lingua tedesca appresa da sé e perfezionata durante i lunghi periodi di permanenza negli Istituti di Fisiologia della Germania. Spaziano nello sterminato campo della medicina e della scienza, a cominciare dai lavori dedicati alle proprietà fisiologiche generali dei centri nervosi, al meccanismo e all’innervazione respiratoria, la fisiologia dell’alimentazione, alle proprietà delle proteine vegetali, precisamente a quelli della zeina del granturco nei confronti della gliadina del frumento, alla fisiologia umana, alla biochimica, per finire all’etnologia, agli effetti dell’alimentazione maidica, alla traduzione di lingua tedesca della “Fisiologia umana” di Luigi Luciani, suo predecessore, alla commemorazione di illustri personaggi della medicina, alla storia della medicina, disciplina che riteneva di fondamentale importanza nell’esercizio dell’arte medica.
In tutte le pagine delle sue opere, spiccano caratteristiche peculiari, quali ad esempio: il rigore scientifico, l’esposizione dei concetti in maniera incisiva, lo stile fermo della razionalità, lo scrupolo, la chiarezza e l’esemplare semplicità dello stile forse accessibile a persone di buona cultura, la singolare capacità di esplorare i reconditi distretti dell’organismo, l’originalità degli esperimenti, l’assenza di prolissità: tutte mirano infatti alla essenzialità dei fenomeni indagati.
E se a tali caratteristiche, ne aggiungiamo altre fra cui: la mentalità ordinata, l’inconsueta capacità di sintesi, la meticolosa attenzione ai dettagli, l’accuratezza delle ricerche, la novità di concezioni scientifiche di interpretazioni date ai complessi fenomeni che si svolgono nell’organismo umano e degli animali, il metodo galileiano, l’assenza di disquisizioni, di espressioni ampollose, l’ottima intuizione dei fenomeni, la vasta esperienza scientifica e culturale, l’accanimento delle ricerche per fare maggiore luce sulle manifestazioni organismiche, l’abilità nell’indagine anatomica e nell’analisi delle interrelazioni tra diversi meccanismi dell’organismo, la profondità dell’indagine, l’acuto spirito indagatore, la priorità delle ricerche condotte con impegno e serietà, l’apporto di definizioni chiarificatrici, il preciso scopo di apportare utili innovazioni nel pensiero scientifico, ed infine il desiderio veramente ippocratico di applicare il proprio giudizio alla risoluzione dei molteplici ed intricati fenomeni dell’organismo umano e degli animali, l’amore per la ricerca e la didattica, l’amore per la Natura, la creatività delle ricerche, l’onestà intellettuale, i risultati positivi derivati dalle sue ricerche che gli procuravano immenso gaudio mentale per essergli stato accanto nel suo Istituto, a fine della lettura, si resta affascinati dal contenuto delle sue opere.
Balza immediata la sensazione di trovarsi di fronte ad una vasta e poderosa produzione scientifica, che avviò la medicina e la scienza verso nuovi progressi, e nuove conoscenze per una maggiore comprensione della natura umana. ***
Ciò detto, dovremmo passare ora a prendere in esame il contenuto di ogni singolo lavoro sperimentale. Il breve tempo concesso alla relazione, non lo consente, nemmeno attraverso una fulminea sintesi. Rimando al testo, coloro che decidono conoscere i dettagli. Mi soffermerò su qualcuna delle sue opere, che alla nostra analisi, si è rivelata particolarmente importante di interessante per l’arte medica. Al primo posto si collocano le ricerche che Silvestro Baglioni condusse nel campo del sistema nervoso centrale, per le quali possedeva una singolare predilezione.
Emerge chiaramente dal suo lavoro alle proprietà fisiologiche generali dei centri nervosi. Il lavoro compiuto in giovane età nel Laboratorio di Fisiologia di Jena. Per i suoi sorprendenti risultati, si ebbe lusinghieri giudizi dei più insigni Fisiologi del tempo, italiani e stranieri, tra i quali ultimi sono da ricordare l’Hering, il Fredericq, il Gley, lo Zuntz.
Con tale contributo fondamentale al progresso della Fisiologia, e con il più originale risultato delle sue ricerche, Silvestro Baglioni dimostrò che “v’è la possibilità di differenziazione, mediante la stimolazione chimica locale e circoscritta degli elementi centrali (del midollo, del bulbo, della corteccia cerebrale) in due categorie: quelli che elettivamente reagiscono, con caratteristiche ed evidenti fenomeni di eccitamento (contrazioni tetaniche o cloniche dei muscoli degli arti) all’applicazione locale della stricnina, e quelli che reagiscono, invece, all’applicazione del fenolo”. Proseguendo nelle sue ricerche sul cervello e sul midollo spinale della rana, negli anni successivi, estese con crescente successo al midollo spinale, al bulbo, al cervelletto ed alla corteccia degli emisferi dei mammiferi.
Concluse tale lavoro, affermando che sempre i centri sensitivi delle corna posteriori spinali si mostrano capaci di reagire alla stricnina e non al fenolo, mentre i centri motori delle corna anteriori si mostrano capaci di reagire al fenolo e non alla stricnina. Con l’applicazione poi della stricnina o del fenolo sui centri motori della corteccia cerebrale, Silvestro Baglioni, attraverso il metodo da lui ideato e poi perfezionato in collaborazione di Amantea e di Magnini, suoi Allievi, egli riuscì a stabilire che “ questi centri sono funzionalmente analoghi ai centri sensitivi e non già a quelli motori del midollo spinale; essi rispondono infatti, come gli elementi delle corna posteriori spinali, alla stricnina e non al fenolo, laddove quelli motori delle corna anteriori rispondono – come si è detto- al fenolo e non alla stricnina”.
Indagando il meccanismo dell’attività corticale, Silvestro Baglioni con una scoperta di estrema importanza, poté dimostrare che i centri della corteccia cerebrale “funzionano come centri riflessi, cioè in virtù di eccitamenti centripeti che partono da ben delimitate zone cutanee (o più raramente muscolo-cute, ecc.) riflessogene.
Furono queste originali ed interessanti ricerche, che insieme a quelle condotte da altri sperimentatori, fra cui l’Amantea, portarono alla scoperta della epilessia riflessa (o da eccitamenti afferenti). Esse inoltre stimolarono altri studi che valsero a dimostrare che “ lo stato attivo del centro corticale sensitivo-motore è sempre destato dagli eccitamenti afferenti che partono dalle zone periferiche riflessogene perfino quando l’attività del centro sia in apparenza promossa dall’applicazione diretta su di essa di uno stimolo elettrico, consistendo in realtà l’azione dello stimolo artificiale, direttamente applicato sul centro, solo nell’esaltamento della sua eccitabilità per cui diventano efficaci anche eccitamenti afferenti minimi ordinariamente inefficaci”.
A queste prime ricerche condotte dal Baglioni sulla rana (ricordo a questo punto le rane di Setchenow e quelle di Goltz dai cui esperimenti ebbe origine la dottrina dell’inibizione), si aggiungono quelle per l’”elaborazione” di una nuova tecnica “la stimolazione” atta ad individuare l’attitudine funzionale dei singoli segmenti del sistema nervoso centrale.
Silvestro Baglioni, inoltre, riuscì per primo ad isolare l’asse cerebro spinale, negli anfibi, separandolo da tutti i tessuti. Lo fece sopravvivere con una dedicata finissima tecnica, insieme alle due zampe posteriori addette a rivelare l’attività del midollo. Esse, infatti, reagiscono con movimenti riflessi agli stimoli artificiali.
Con un preparato centrale, da lui stesso ideato, riuscì a stabilire le condizioni generali della sopravvivenza dei centri, rappresentate dal particolare fabbisogno di ossigeno libero e da ben determinate proprietà fisico chimiche delle soluzioni di soggiorno del preparato. Tale preparato si legge oggi nei Trattati di Fisiologia con il nome del suo inventore. Tale fu il secondo ed originale contributo che Silvestro Baglioni dette allo studio delle proprietà fisiologiche dei centri nervosi.
Non meno importanti ed interessanti furono gli studi diretti alla Fisiologia comparata, e con essi, le ricerche eseguite presso il reparto di Fisiologia Zoologica di Napoli. Ricerche che permisero di indagare i fenomeni che si svolgono nel campo degli animali marini. Al riguardo, scoprì la vescica natatoria dei pesci attraverso numerosi esperimenti confermati dal Moreau, in contrasto con la tesi del Borelli, il quale sosteneva che la vescica natatoria non svolge una funzione idrostatica, ma deve essere considerata uno speciale organo di senso, connesso con il labirinto di questi animali, e capace di dare luogo in via riflessa a opportuni movimenti locomotori, che riportano i pesci alla superficie acquea. ***
Di estrema importanza e di interesse furono gli studi compiuti dal Baglioni “sulla natura dei processi fisiologici degli organi elettrici”. Con essi, poté dimostrare la composizione chimica di tali organi, composizione del tutto differente da quella dei muscoli, malgrado la stretta connessione embriologica e morfologica. A suo giudizio, “ il fenomeno deve essere considerato come l’effetto di una differenziazione clinica legata alla funzione elettrica degli organi stessi che contengono una quantità maggiore di acqua, minore di proteine ed anche di glicogeno, mentre possiedono una enorme quantità di elettroliti”.
Ma v’è di più. Per colmare la lacuna esistente nel campo della fisiologia dei centri nervosi degli organi di senso degli animali marini, l’illustre Maestro, condusse ripetute ricerche sperimentali su diversi esemplari di Octopus vulgaris capriscus. Concluse il ciclo delle ricerche, con la scoperta di nuovi e più importanti fenomeni, confermati dai successivi ricercatori, come ad esempio, il senso dell’olfatto e della vista dell’Octopus.
Alle suddette ricerche, va aggiunta quella relativa alla dimostrazione dell’azione fisiologica dell’urea, che, com’è noto è un prodotto di rifiuto dell’organismo animale, uno dei più importanti prodotti del metabolismo azotato, e come tale deve essre ritenuta un componente non vitale del sangue, destinato soltanto ad essere espulso dall’organismo. Partendo dalla condizione chimica indispensabile per la sopravvivenza del cuore isolato dei selacei, e della presenza dell’urea nel liquido di perfusione, il Baglioni assegnò a questa sostanza il significato di parormone, cioè di sostanza di particolare azione eccitante regolatrice dell’attività del cuore e del rene in tutti i vertebrati. ***
Altro argomento preferito dal Baglioni, al quale si dedicò con diligenza e tenacia, fu quello della meccanica e della innervazione respiratoria. Ne riferì, al riguardo, in uno dei suoi primi lavori sperimentali compiuti nell’Istituto di Fisiologia di Jena ed ebbe per oggetto il meccanismo respiratorio della rana; fenomeno questo trattato da altri fisiologi, e da successivi ricercatori, ma che egli trattò più acutamente ed estesamente, giungendo a conclusioni riportate da altri Trattatisti, per l’importanza e l’interesse che il lavoro sperimentale presentava.
In un successivo lavoro del 1903, dimostrò che nei nervi frenici del coniglio decorrono vie afferenti che provvedono ad un’importante riflesso respiratorio, analogo a quello dimostrato per il vago, che interviene nel regolare l’innervazione automatica dei movimenti respiratori. Proseguendo le sue ricerche in questo campo, si interessò “ agli effetti della stimolazione artificiale dei vasi polmonari del coniglio “ in rapporto al loro significato per la dottrina della funzione normale di tali nervi”.
Estremamente importanti ed interessanti furono le ricerche e gli studi che Silvestro Baglioni condusse sulla meccanica respiratoria dell’uomo. Al riguardo, ideò ed introdusse nel 1928 un nuovo metodo ed un nuovo apparecchio “toracopneumografo” per l’esame dei movimenti respiratori delle diverse zone del torace e dell’addome. Furono ricerche e studi che avviarono questa branca della Fisiologia verso straordinari progressi.
Pregevoli, infine, furono le ricerche da lui compiute sull’udito e sulla voce. Servendosi di un metodo nuovo da lui ideato, e basato sulle proprietà di risonanza, egli analizzò numerosi strumenti musicali di vari popoli, e poté formulare le leggi fondamentali della Fisio-patologia dell’udito. Osservando l’azione dei suoni sull’emissione della voce umana, ed eseguendo difficili esperienze, egli chiarì essenziali problemi di pratica applicazione relative all’acustica fisiologica ed alla fonetica sperimentale. I suoi studi compiuti al riguardo, furono illustrati con prove pratiche al 1° Congresso Internazionale di Fonetica svoltosi ad Amburgo nell’aprile del 1914.
Proseguendo in tali ricerche, a distanza di 10 anni circa, dalla fine del 1914, precisamente nel 1925, pubblicò il volume dal titolo “UDITO E VOCE- Elementi fisiologici della parola e della musica”: volume che ebbe vasta risonanza per la specifica competenza in tale materia. Per tale motivo, il Ministero della P. I. e quello degli Esteri, lo designarono a rappresentare l’Italia in diversi Congressi internazionali di fonetica e di canto.***<Silvestro Baglioni Direttore dell’Istituto di Fisiologia Umana della R. Università di Roma “Udito e Voce. Elementi fisiologici della parola e della musica con 78 figure intercalate nel testo. MCMXXV casa editrice Alberto Stock Roma
Ma la produzione scientifica di Silvestro Baglioni non si limitò solo alla Fisiologia del sistema nervoso centrale e dei centri nervosi. Numerose ed importanti lavori gli condusse sulla fisiologia dell’alimentazione e sulla terapia.
Proseguendo nelle ricerche sperimentali sull’alimentazione e sulle caratteristiche biologiche-nutritive del grano, alimento di fondamentale importanza per il nostro Paese, il Baglioni rivolse particolare interesse alle proprietà del glutine, scoperto dal bolognese J. B. Beccari (1682-1766) e successivamente sintetizzato da Liebig. Analizzando chimicamente la polvere del glutine, egli osservò che il contenuto proteico risulta del 92,96%, ed al riguardo così riferisce in un suo lavoro, pubblicato dalla rivista “Il Problema Alimentare” (anno 1931), da lui fondata: “Dall’insieme dei risultati di tutte le ricerche sin qui compiute si può quindi concludere che le proteine della comune farina di grano rappresentate nella proporzione dell’85% dal glutine, hanno per l’uomo europeo un altissimo valore alimentare; da sole possono coprire se non l’intero fabbisogno proteinico, certamente i 4/5 dello stesso, per tutte le esigenze tanto dell’adulto, quanto del bambino e dell’adolescente (e certamente anche del convalescente, per il quale tuttavia mancano ricerche adeguate) senza indurre inconvenienti di sorta, anche per lunghissimo uso di esse, essendo facilmente digeribili ed assimilabili. Abbiamo con altre parole la conferma scientifica dell’osservazione popolare, diffusa specialmente nella nostra gente, che il pane e la pasta di farina di frumento è la base fondamentale di ogni refezione, mentre il resto delle vivande (companatico) può e deve variare, appunto per adempiere ai bisogni di vitamine, proteine di varia natura, sali ecc., diversamente presenti nei vari generi alimentari”.
Concluse le sue ricerche e studi, dopo una profonda analisi chimica, che il glutine contiene tutti gli aminoacidi delle proteine, ad eccezione della lisina, che si trova nella parte gluteinica. ***
Altro campo esplorato con acume dal Baglioni, fu quello della terapia. Traspare da alcuni suoi contributi, fra cui uno dei più importanti ed interessanti per la pratica medica quotidiana, reca il titolo: “Nuovo metodo di cura dell’ejaculatio praecox” compiuto in collaborazione del suo allievo Giuseppe Amantea. Al riguardo, egli scrive testualmente: “Com’è noto, l’ejaculatio praecox seu praecipitata, è un disturbo funzionale abbastanza frequente dei nevrastenici sessuali. Spesso è la donna che rimanendo insoddisfatta dell’atto sessuale, per non poter raggiungere l’acme venereo, si lagna ed è causa di eccesso sessuale del compagno (il che peggiora le condizioni di lui, sino a produrre impotenza, quando non cerca sostituirlo con altro maschio normale, con manifesto danno della vita coniugale). La conoscenza di tale stato di cose rende ancor più infelice il paziente, che torturato dal sospetto e spinto dal desiderio di veder felice la compagna, ricorrere al medico per liberarsi del disturbo”.
Comunemente, la cura che gli viene prescritta, è indiretta del corpo: poggia essenzialmente su ricostituenti o tonici generali chimici o fisici, e sulle persuasioni. Molto spesso, però, tale cura non apporta benefici assoluti. “Traendo occasione dal fatto recentemente dimostrato, che nella cute del glande umano e più specialmente della corona esistono papille sensitive (che in molti individui sono ben visibili ad occhio nudo) dotate di una speciale sensibilità meccanica, che contribuisce in grado massimo a destare il piacere venereo e provocare i riflessi dell’atto sessuale, tanto da meritare a questa regione il nome di zona riflessogena della copula e a detti organi quello di organi periferici della voluttà”, egli consiglia di applicare sul glande, immediatamente prima dell’atto sessuale, una pomata composta di gr. 5 di vaselina, gr 5 di lanolina, di gr.1 di stovaina; oppure, una soluzione al 5% di stovaina sulla superficie del membro, alloggiandola comodamente nel sacco pregiudiziale, in modo da produrre una temporanea anestesia o ipostesia di tale zona riflessogena. A suo giudizio, la soluzione, nei confronti della pomata, ritarda notevolmente l’eiaculazione, come risulta anche dagli effetti riferiti dai pazienti in simile molesta evenienza clinica.
Scrupoloso com’era, rende noto che: “E’ necessario però evitare un’azione più prolungata o più profonda, con l’uso di soluzioni più energetiche, perché una tale anestesia può avere come conseguenza immediata soppressione temporanea (che però può durare anche un’ora) dell’erezione che naturalmente si ristabilirà con la scomparsa dell’azione anestetica”. ***
Nel concludere il mio intervento in questa tornata, spero di aver fatto conoscere a voi tutti, Silvestro Baglioni: Scienziato puro del tempo, rigoroso e scrupoloso, era animato da passione ardente per la sperimentazione, possedeva la potenza della genialità; grande era il suo gaudio mentale, allorquando le sue originali ricerche sortivano risultati positivi volti al progresso della bio-chimica, della patologia e della terapia;
– Maestro eminente della Fisiologia umana, seppe travasare negli studenti di corso e nei suoi Allievi (Amantea, Clementi, Mitolo ed altri) il frutto della sua esperienza didattica e scientifica, destinato a vivere dopo la sua scomparsa. Amico degli studenti, fu grande Caposcuola ed il suo rapporto affettuoso con essi, non subiva rallentamenti, né tampoco mutazioni;
– Uomo retto, equilibrato, dalla personalità integerrima, dotato di una prodigiosa armonia tra attività fisiologiche e attività spirituale; possedeva una profonda educazione umanistica che lo portava a tenersi lontano dalle facili mode, dalle intemperanze di ogni genere, dai trionfalismi. Sapeva dire la verità senza infingimenti, incoraggiava chiunque lo avvicinava, ed a tutti consigliava di prendere senza timore le decisioni che si presentano nella vita, specie nel campo dell’arte medica. Per tali straordinari pregi scientifici, merita profonda ammirazione oggi e nei secoli a venire.
*** Digitato da Albino Vesprini. Per gentile concessione dello “Studio Firmano per la storia dell’arte medica e della scienza”. Copyright diritti riservati allo Studio Firmano”.