SILVESTRO BAGLIONI E L’EPISTOLARIO DI GIACINTO CESTONI di Rino Radicchi
Parlare di Silvestro Baglioni proprio qui a Fermo alla presenza di chi lo ha ben conosciuto e amato, essendo Egli nato a Belmonte Piceno nel 1876 e proprio a Fermo ha effettuato i suoi studi liceali, non avrebbe molto senso, per di più da me che fermano non sono, anche se innamorato di questa città, soprattutto dopo aver ascoltato le belle relazioni di alcuni colleghi ben più indicati di me, perfino per essere a Lui legati la stretta parentela. Ma un personaggio da tanti e più vari interessi: umani, scientifici, umanistici, artistici, archeologici e storico-medici, presenta sempre qualche lato della sua poliedrica personalità da far risaltare e indicare ad esempio specialmente degli studiosi moderni.
Ecco perché ancora ricordarlo è bene e utile, in quanto molto c’è da imparare dall’uomo ed dallo scienziato, che ha dedicato tutta la sua vita agli altri, in particolare ai giovani, insegnando loro, con la sua assidua attività didattiche e di ricerca, con i suoi scritti scientifici e umanistici, il fine umano, quello cioè umanitario della scienza e della cultura in tutti i campi. Quando il nostro Magnifico Reggente dello Studio Firmano ci comunicò l’argomento di questa Tornata: “La fisiologia da Galeno al Baglioni”, con l’intendimento di ricordare e far ricordare un grande fisiologo: il Baglioni, una ridda di ricordi mi assalì, per averlo anch’io conosciuto, se pur fugacemente.
Tuttavia, è stato sufficiente il breve incontro, così tanto umano, tra me ventenne e questo già famoso scienziato, perché restasse nella mia mente e nel mio cuore.
Sono lieto, oggi, di raccontare per la prima volta, l’episodio, come un mio atto dovuto di riconoscenza. Ventenne, avevo appena terminato il II anno di Medicina a Siena, quando fui prescelto a partecipare agli allora antichi “Littoriali” della cultura, che nel 1940 si svolgevano a Bologna e furono gli ultimi.
Silvestro Baglioni, scienziato famoso non certo per meriti fascisti, se già nel 1918 aveva raggiunto la cattedra del prestigioso Istituto di Fisiologia dell’Università di Roma, presiedeva la commissione di docenti, che esaminavano i partecipanti in due sedute; la prima con domande d’argomento di cultura generale e il giorno successivo, superato il primo esame, su un argomento particolare di medicina. Ero il più giovane partecipante e si può immaginare con quanta emozione mi presentai!
Non conoscevo il Baglioni, che di fama e a prima vista, la sua imponente figura e la sua faccia piuttosto seria e dignitosa, accentuata da una barba a pizzo ben curata, non fece che aumentare le mie preoccupazioni, anche se il suo sguardo rivelava un profondo senso umano. Le mie preoccupazioni e le emozioni si risolsero, però, quasi subito, appena egli si mise a parlarmi per informarsi di me e a formularmi le domande d’esame con un fare bonario e quasi paterno. Superai così, il primo esame, grato per come il Baglioni, da vero Maestro, era riuscito a darmi fiducia e a mettermi a mio agio. Ma lo scoglio più grosso, sicuramente insuperabile per me, sarebbe stato l’esame della mattina successiva.
Agitato da questi pensieri, anche se soddisfatto dell’esame appena fatto, di trattenere nel corridoio dell’aula d’esame, riflettendo se fosse stato il caso di abbandonare la mia partecipazione, quanto dall’aula uscì Baglioni, che vistomi, si avvicinò a me con mia grande sorpresa e meraviglia. Mettendomi affettuosamente un braccio sulle spalle, mi tranquillizzò sul prossimo colloquio e mi consigliò di andare a leggere in biblioteca la Rivista da lui diretta: “Il problema alimentare”, dato che il mio argomento d’esame, sarebbe stato sull’alimentazione.
L’esame andò tanto bene, che arrivai primo fui il proclamato “Littore” della mia categoria.
Anche in seguito, senza mai avere riferito l’episodio per non indurre i miei meriti, ho ripensato al Baglioni, che con rammarico non ebbi più occasione di incontrare. Mi sono spesso domandato e mi domando, cosa lo avesse spinto ad essere come me, che non lo avevo mai conosciuto prima, così paterno da aiutarmi in un modo, che mai mi sarei aspettato. Una spiegazione plausibile potrebbe essere forse questa: che in me aveva visto e rivissuto il ricordo di quanto anche lui, studente del II anno di Medicina, che si era appena appassionato alla Fisiologia e imparato il tedesco da solo, si presentò, immagino con quanto coraggio di emozione, al grande scienziato Max Verworn , direttore dell’Istituto di Fisiologia di Jena, per chiedergli di potere studiare con lui in quell’Istituto. Fu accolto e vi si trattenne anche dopo la laurea per altri due anni, nominato dal Verworn, che lo amava e lo apprezzava, suo assistente effettivo (1902-1904).
Gli anni successivi, rientrato in Italia, quale aiuto nell’Istituto di Fisiologia di Napoli, diretto da F. Bottazzi, è la storia di una prestigiosa carriera scientifiche e universitaria, che lo porterà alla cattedra di Roma e ai più prestigiosi riconoscimenti nazionali e internazionali.
Tutto egli deve a se stesso, lavoratore instancabile e geniale ricercatore, come testimoniano alcuni suoi amati allievi nel di lui il necrologio e le sue più che 300 pubblicazioni personali.
Tra queste, cito il “Trattato di fisiologia umana”, l’apprezzatissimo, aureo volume su “Udito e voce” e quello, con la firma anche del suo maestro Luciani, su “L’alimentazione umana”. Quest’ultimo volume prelude a più vaste e originali ricerche sugli alimenti, pubblicati nella Rivista: “Il problema alimentare” dal 1931-1942. Non è, però, il caso, che qui mi soffermi sulle sue ricerche già trattate da alcuni colleghi compresa la passione del Baglioni per l’arte, la musica e la poesia. Ieri sera, siamo rimasti incantati nel sentire e rivivere la di lui musica scritta sulle poesie leopardiane, espresse in canto.
Il nostro Baglioni, come donava se stesso, ha voluto donare anche a noi, per merito dello Studio Firmano, una serata eccezionale di esaltazione melodica nel vero senso della parola: di musica e canto. È la dolce melodia, che compenetra di spiritualità quasi mistica, ogni realtà fisica o terrena.
Erano questi, dopo una giornata di esperimenti su animali, i momenti del Baglioni di riposo, dedicati ad attività umanistiche e artistiche, come quasi fossero una continuazione, senza interruzione, delle sperimentazioni prevalentemente tecniche o “meccanicistiche”, come quasi volesse meglio chiarire a se stesso ed ancor più affermare agli altri, una inscindibile unità dello spirito e della materia. Partecipava così ad una polemica molto antica, ma che si andava ed è andata sempre più accentuandosi dopo le teorie quantistiche, fino a ad esplodere oggi in una scienza prevalentemente materialistica, separata o meglio avulsa da ogni etica e spiritualità. Purtroppo ,come ha scritto pochi anni fa, il famoso fisico americano: Fritjol Capra (in il “Tao della fisica” 1982 e “Il punto della svolta” 1984): “Il paradosso e la crisi che l’umanità sta attraversando, consistono nel continuare a vivere con schemi mentali meccanicistici, dopo avere scoperto che la realtà è non meccanicistica”. E ancora: “La nuova visione della realtà si fonda sulla consapevolezza dell’essenziale interrelazione e interdipendenza di tutti fenomeni: fisici, biologici, psicologici, sociali e culturali……”.
Il nostro Baglioni aveva compreso questa unità di spirito e di materia (Cfr. il suo articolo: “ Scienze biologiche e filosofia” in Rivista di Psicologia, 1912) e attuato una giusta misura e armonia tra tutte le sue più varie attività indirizzate sempre ad una interrelazione per il maggiore vantaggio della società.
A questo proposito e a grato mio ricordo, vorrei soffermarmi sulle ricerche del Baglioni, da anni sottaciute, relative al valore nutrizio degli alimenti. Sono queste non meno importanti delle altre sue ricerche, anche se criticate da una pseudo-scienza antifascista, per il fatto che il fascismo esaltò questi studi del Baglioni volti ad una sana alimentazione, ma collegandoli ad un miglioramento della razza. Ma se in queste ricerche si può cogliere un certo intento, logico e naturale, di “ricostituzione fisica” umana, attraverso un’alimentazione migliore, diffusa in ogni ceto sociale e scientificamente più adatta, dobbiamo riconoscere in questi studi, condotti dal Baglioni e allievi per tanti anni, un certo primato nell’applicare all’indagine sugli alimenti, analisi microchimiche e metaboliche con originali metodi di rilevazione. Contribuì, così, in modo essenziale all’impostazione scientifica di problemi relativi al metabolismo dei processi nutritivi.
Infatti, se oggi gli studi sono andati ben oltre e si fa un gran parlare dell’importanza di varie diete, del valore salutare di alcuni alimenti in confronto di altri e di regole per poter prolungare la vita in salute, dobbiamo riconoscere anche in questo un indubbio merito alle ricerche del Baglioni pubblicate in quella rivista “Il problema alimentare”, che egli, come un padre, mi indicò per l’esame a Bologna. Basti citare i di lui ampi studi sul valore nutritivo delle proteine (zeina e gliadina) presenti nei cereali e sull’importanza del glutine del frumento nella nostra alimentazione, nonché le sue ricerche scientifiche sull’importanza alimentare dell’uva, del vino, della frutta fresca e secca.
Egli dette valore scientifico, prima delle più recenti ricerche sulla colesterolemia e lipidemia e sui grassi animali, quali fattori di danno cardio- vascolare, all’uso alimentare dell’olio d’oliva e alla dieta “ mediterranea”, della quale oggi si riconosce la grande utilità per la salute umana.
Non credo sia a demerito per il Baglioni il fatto, che egli ebbe sempre, sia come uomo, che come scienziato, quasi una vocazione “sociale” della medicina, ma non per uno stretto legame alla politica fascista, anche se in quei tempi era spesso inevitabile, quanto proprio per il di lui carattere umanitario e altruistico, fedele al concetto che la scienza medica doveva essere sempre al servizio e a vantaggio dell’umanità. Basti ricordare che fu il primo presidente della Società italiana di studi sessuali, fondata a Roma nel 1921 e di cui fu animatore e attivo segretario il livornese Aldo Mieli (1879-1950), chimico e storico delle scienze.
Ma il Baglioni merita il nostro grato ricordo anche per essersi dedicato con amore alla storia della medicina e delle scienze biologiche. Ricordo il suo contributo al volume: ”L’Italia e la scienza” (Firenze, 1932); la pubblicazione con nota introduttiva e esegetica del codice 4182 della Biblioteca Casanatense: “Theatrum Sanitatis”. È questa una eccezionale enciclopedia illustrata medioevale, di cui ne esistono solo altre due copie (a Vienna e a Parigi) sul modo di conservare la salute, valorizzando: il clima; il cibo e bevanda; il moto e riposo; il sonno e la veglia; lo stato d’animo. Inoltre cito la rivendicazione dei primati scientifici di Bartolomeo Eustachio, suo conterraneo di San Severino, di G. B. Beccari e di altri scienziati.
In particolare è di lui il gran merito l’avere pubblicato per la prima volta completo, l’Epistolario ad Antonio Vallisnieri” dello speziale-scienziato Giacinto (Diacinto alla livornese) Cestoni con un’ampia e acuta introduzione in numerose note esplicative. La pubblicazione delle lettere del Cestoni in numero di circa 580, ha dato a noi la possibilità di conoscere questo geniale speziale, anche lui nato in questa feconda terra Fermana, a Montegiorgio nel 1637, nel giorno, proprio come oggi, 13 maggio è morto a Livorno nel 1718. A dire il vero, egli era nato il 10 maggio, ma in diverse lettere considera quale suo compleanno il 13 maggio. Quest’ultima data era quella del suo Battesimo, la di lui “vera nascita in Cristo”, come a quei tempi era in uso.
Oggi, purtroppo, segno di quanto sono cambiati i tempi, la data del Battesimo non si ricorda neppure più! Non posso però, ora soffermarmi nel ricordo delle ammirevoli qualità umane del Cestoni e delle tante sue scoperte scientifiche, tutte importanti, tra cui basti citare: l’eziopatogenesi della scabbia. D’altra parte, io ho già fatto una relazione-commemorativa proprio qui a Fermo nel 1975 su: “Diacinto Cestoni, l’uomo e lo scienziato”, a cui rimando.
Tuttavia, in rapporto alla alimentazione, vorrei accennare ad una particolare dieta parca e alla regola di vita sobria, che il Cestoni seguiva e consigliava con passione e ripetutamente in tante lettere al suo caro amico Vallisnieri (1661-1730), che però non era dello stesso parere.
Dello stesso parere del Cestoni, sarà, però, il Baglioni che, forse influenzato dalla lettura delle di lui lettere sulla dieta e soprattutto basandosi sui propri studi relativi al “Problema alimentare”, poteva giustamente comprenderne la grande importanza per la salute e così attentamente seguire la dieta sobria e parca alla Cestoni. Il Cestoni e il Baglioni vissero in perfetta salute circa 80 anni !!
Sarebbe molto interessante poter riferire i tanti scritti sulla dieta e regole di vita del Cestoni, ma purtroppo, non posso dilungarmi. Tuttavia, riporterò solo qualche parte e per darne un’idea a chi le volesse seguire e anche perché mai sono evidenziate nella loro importanza.
Nella lettera N. 6 (del 23 Sett. 1697), il Cestoni, tra l’altro, scrive:”Certo son 30 anni, che io ebbi la fortuna di arrivar a conoscere la Medicina e li medicamenti a fondo, e da quel tempo in qua non ho più avuto bisogno né di medici né di medicine. (…).
“ Se gli ommini commodi volesser viver sani, la vita sobria è quella che lo potrebbe fare, e no le Purghe, quali son buone a far evacuare il soverchio mangiato. Io osservo, che l’uomo solo (tra tanti e tanti innumerevoli animali grandi e piccoli, che vivono nell’Universo mondo) è misurabile e non sa vivere secondo l’ordine di natura, come sanno vivere tutti loro (….). Io ho aperto gli occhi e so mangiar quando ho fame e bever quando ho sete. Ma gli uomini voglion mangiar senza appetito e non voglion bere, quando hanno sete. Quante volte vanno a tavola per mangiare per usanza, perché è l’ora e non perché vi sia l’appetito? Che vi fusse pan solo, non potrebbe ingozzar un boccone, eppure quando il nostro stomaco ha bisogno di cibo, non gli importa che sia pan solo”.
Nella letteraN. 53, si legge: “ … La regola generale di mantenersi sano, è di conservarsi l’appetito; non già di mangiar poco alla sera (…). L’appetito non è difficile conservarlo, poiché quando si sente mancare, basta fare una passata di desinare o di cena, con facilità torna. Il digiuno fu istituito per nostro bene, ma in oggi non si osserva più a far bene il conto, anzi si mangia più che negli altri giorni. Siccome è persa la dieta (…)”.
Nella lettera N. 176 insegna come affrontare le tasse, oggi la denuncia dei redditi: “… Paghiamo delle buone imposizioni, ma che importa! Un poco più, un poco meno, si vive ad ogni modo sino alla morte; non cambierei il mio umore con chi che sia. (…).”
Nella lettera N. 260 scrive: “ io intanto osservo la quadragesima (cioè la quaresima) con grande gusto perché son sano, sanissimo e godo nel pesce, erbe di frutta, non credo si facci così in casa sua (.). Orsù sia come voglia , il Signore Dio ci dia Sanità”.
Nella lettera N. 370 (Aprile 1711) scrive: “….. l’uomo si serve di tre cibi dannosi, se non si regolano bene, ma bene; perché il gusto loro inganna, e sono la carne, il vino et i condimenti, et in primo luogo il sale….”. Quest’ultima aggiunta è veramente eccezionale e geniale, essendo un’acquisizione moderna il danno dell’abuso del sale per l’organismo.
Termino le poche citazioni con la conclusione di lui lettera autobiografica, scusandomi di essermi dilungato. “Vivo come un paperottolo con serenità e pace e dormo li miei sonni riposatamente; e quel che più conta, son ricco, perché mi contento; Viva Gesù, ecc.”.
Il De Soria, che aveva conosciuto il Cestoni, così termina la di lui biografia: “Allor ch’ei morì, i poveri lo piansero come lor padre, gli amici come il più fedele, e il più sincero tra gli uomini, tutti come un uomo straordinario nella bontà del cuore, nella semplicità del costume, e nella solidità del sapere”.
Il devoto allievo del Baglioni: G. Amantea, che ben conosceva il Maestro, così ha scritto a chiusura “In memoria di Silvestro Baglioni”; ”……animo buono e generoso (…..) Caratteristica la sua tendenza alla vita metodica, semplice e parca; ma se limitate erano le esigenze materiali del suo organismo, illimitate erano le esigenze del suo spirito permanentemente assetato e insaziabile. (….).
Amò la famiglia, la sua Belmonte, le sue Marche. Amò con venerazione i suoi maestri. Amò la scuola, la sua aula, i suoi allievi. Amò tutti i buoni che lo amarono, amò l’Italia, amò l’umanità”. Ecco chi era Silvestro Baglioni: grande come scienziato e come uomo !
Lo stesso si può dire con ammirazione, di Giacinto Cestoni, ambedue figli di questa meravigliosa terra fermana.
******* (trascritto da Albino Vesprini)
Per gentile concessione dello “Studio Firmano perla storia dell’arte medica e della scienza” copyright diritti riservati allo “Studio Firmano”. In ” Atti della 24. tornata dello Studio Firmano dell’arte medica e della scienza / per cura di Mario Santoro. Fermo : [s. n.] 1990 “La Fisiologia da Galeno all’opera di Silvestro Baglioni, fisiologo dell’Università di Roma e storico della medicina nostro insigne conterraneo ” pp. 193-198 Con vivi ringraziamenti all’autore ed allo Studio Firmano.