OGGETTI PREROMANI RINVENUTI prima del 1901 NEL TERRITORIO DI BELMONTE PICENO – Adattamento da “Notizie degli scavi (Accademia dei Lincei)” Roma. Aprile 1901 pp.227-238
Belmonte Piceno è un piccolo comune, nel circondario di Fermo. Sorge sul versante di una collina, che si eleva dal lato nord quasi a perpendicolo sul fiume Tenna: è a 310 m. sul livello del mare e dista dalla riva dell’Adriatico di 25 km circa. Il suo territorio è tutto a colline e collinette, elevazioni ed ondulazione del suolo, senza un’ampia distesa di terreno in pianura. Tale conformazione naturale del paese si lascia subito riconoscere come conseguenza dell’erosione delle acque, che in fossati e fossatelli hanno scavato le piccole valli, venendo a confluire, da un lato, nel fiume Ete e dall’altro nel Tenna, cosicché tutto il territorio si può considerare come un piccolo sistema di colline più o meno elevate, di costituzione geologica cretacea o sabbiosa, in parte anche argillosa.
Una località, che si è mostrata ricchissima di antichità preromane, dista dall’abitato, in linea retta, un chilometro circa, ed è sul fianco declive di una collina a sud-ovest dell’abitato: abbraccia più di un chilometro quadrato di superficie. In essa non fu possibile intraprendere sinora <1900> scavi regolari e continui: tutti gli scavi eseguiti furono fatti maldestramente dai rispettivi contadini, che, coltivando il terreno, si imbatterono in diversi scheletri umani. Da essi io ebbi gli oggetti, che formano il tema di queste notizie, e quei dati, che potevano interessare l’indagine scientifica. La località rappresenta indubbiamente un’antica necropoli, perché il materiale raccolto è stato rinvenuto costantemente insieme con ossa umane. Gli scheletri giacevano a più o meno rilevante profondità, in un terreno eminentemente argilloso; alcuno alla profondità di qualche metro, altro a fior di terra, altro persino messo a nudo dall’acqua piovana.
Ad uno scavo, cui potetti di assistere, mi convinsi, che lo scheletro posava sul fianco sinistro, con la faccia verso levante e con le ginocchia ripiegate. Gli scavatori mi assicurarono, che lo scheletro si presenta sempre in questo modo: e ciò concorda appieno con quanto sinora è stato notato per le necropoli picene ad inumazione (1).
Non si rinvennero vestigia di cassa di legno o di altro, né alcun segno di riconoscimento esterno della tomba. Il cranio dello scheletro suaccennato eminentemente dolicocefalo, con fronte stretta, compressa ai due lati, mascella inferiore robusta e pronunziata prominenza mentoniera. Questi ed altri caratteri anatomici lo riavvicinano molto ai crani rinvenuti nella necropoli di Este e descritti dal Canestrini e dal Moschen (2). La suppellettile funebre, che l’accompagnava, consistente tutta in oggetti di ferro, verrà più sotto indicata.
Oltre la predetta località, che veramente si può dire ricchissima di avanzi antichi, altri luoghi del territorio di Belmonte ne diedero in gran copia e in diversi tempi, ma andarono infruttuosamente perduti, o mercanteggiati dagli scavatori.
Oggetti rinvenuti negli scavi.
1. Oggetti di terracotta. Variano moltissimo per la forma e per la qualità della pasta, e sembra che si trovino costantemente ai piedi dello scheletro. I più comuni sono d’argilla grossolana, malcotti, di spessore notevole, di qualche centimetro alla volte, con una fattura centrale nerastra e grigio-rossiccia esternamente. Per lo più sono di notevoli dimensioni, talvolta anzi addirittura giganteschi. Ho desunto questi caratteri solamente da una grande congerie di cocci, di cui alcuni sono ornati di cordoni. Devo peraltro notare, che mi è riuscito di avere due vasi interi e perfettamente conservati, di pasta più fine di quella dei precedenti, di colore grigio-biancastro, come se fossero stati rivestiti di una sostanza bianca. L’uno (fig. 1) ha forma di pentola senza manichi, con ampia bocca, ornato sul margine superiore con un cordone continuo a rilievo festonato o a zig-zag. E’ identico ad alcuni vasi della necropoli di Novilara (3). L’altro (fig. 2) è pure della forma di un pentolino, con piccola ansa da un lato, ornato nel margine superiore da tre tubercoli, che fanno croce col manico, e trova riscontro nella necropoli di Tolentino (4). A ciò è da aggiungere, che talvolta entro vasi maggiori, analoghi per la pasta ai precedenti, se ne trovano altri più piccoli della medesima pasta, in forma di larga tazza da caffè, senza manichi.
Insieme ai fittili rozzi grigio-rossastri non raramente se ne rinvengono di molto più fini e di esecuzione più perfetta, levigati e lucenti all’esterno, di colore nerissimo, alcuni dei quali del cosiddetto bucchero italico. La loro forma è svariatissima, ma sempre elegante e di buon gusto, quale quello di cui presento la figura (fig. 3). Un altro invece ha la forma di tazza cilindrica, con le pareti rientranti, a doppio manico, col fondo umbelicato e ornato alla periferia di larga striscia a zig-zag bianca, ottenuta per mezzo di colore o di lamina metallica.
Caratteristica, perché non trova riscontro in altri scavi piceni, è una scodella di terra figulina, ben cotta, senza manichi, ma con due fori da un lato per appenderla, decorata internamente ed esternamente con cerchi concentrici a linee a zig-zag di colore rosso. Rassomiglia ai noti vasi geometrici precorinzi.
Come già è noto per altri scavi di necropoli picene, anche in quella di Belmonte si rinvennero i cosiddetti rocchetti di terracotta. Misurano un’altezza di 9-10 cm di forma cilindro-conica, con l’estremità inferiore allargata. Nel mezzo della superficie dell’estremità superiore è praticato un foro, che per mezzo di breve condotto obliquo va ad uscire in altro foro nella periferia laterale, all’altezza del terzo superiore. Sembra che se ne trovino costantemente due in ogni fossa sepolcrale, ciascuno per ciascun lato del cranio.
Si rinvenne inoltre anche una fusaiola ottagonale di terracotta.
2. Oggetti di bronzo. – Costituiscono la parte più importante e più copiosa della raccolta. Nella maggior parte rappresentano oggetti di ornamento, e furono sempre rinvenuti o attorno al collo dello scheletro, o attorno le braccia, o sul tronco. Si distinguono nel modo seguente:
a) Torques. Sono in numero di otto, quindi relativamente molto più numerose, di quanto sia stato osservato in altre necropoli picene. Alcune sono conservate benissimo, ed anche nell’esecuzione e nella finezza del lavoro sembrano superare quelle che fin qui si conoscono. Talvolta sono esili, di un filo di bronzo attorcigliato;
altre, in numero di cinque, costano di un asse cilindrico, che va assottigliandosi dal mezzo agli estremi, e terminano in due pomi ripiegati all’esterno (fig. 4 b). Una delle attorcigliate ha i due capi che si agganciano (fig. 4 a). In un’altra si osserva, che i pomi terminali portano incisa rozzamente una testa umana; due semplici fori indicano gli occhi, un piccolo rilievo il naso e un’intaccatura orizzontale la bocca.
b) Fibule. Il numero loro è considerevole e sono di vari tipi, cioè:
fibule ad arco semplice (8). Non hanno nulla di notevole, se non che la staffa, come in generale in tutte le fibule, è molto allungata, profonda la goccia, in cui viene a fermarsi l’ago, e il piede della staffa porta un prolungamento a tubercolo, che non si continua sull’asse della staffa stessa, ma posto sul margine superiore si dirige all’indietro e all’insù. L’arco, in alcune, tende a passare dalla forma cilindrica a quella laminare appiattendosi dall’alto al basso.
Fibule a bottoni. Si presentano in numero prevalente e tutte con tre bottoni posti in un piano perpendicolare a quello dell’asse della fibula: la staffa è identica a quella degli esemplari precedenti; però in alcune, cioè nelle più ornate, la lamina superiore della staffa è coperta da linee parallele e oblique, il prolungamento del piede si dirige all’insù ed è anch’esso modificato ulteriormente per strozzature rilievi, che, in due delle migliori, gli danno la figura di un uccello. Le fibule a bottoni sono numerosissime nel Piceno, e sembrano caratteristiche di esso (9).
Fibule ad uccellini. Sono in tutto eguali alle precedenti notate, da cui si distinguono perché sull’arco portano, invece dei tre bottoni, tre piccoli rilievi, simili ad uccellini, posti l’uno dietro l’altro sul medesimo piano dell’arco fibulare.
Fibula a sanguisuga con tre uccellini.
Fibula ad arco Certosa. Piccolo esemplare e non del tutto ben definibile nei suoi caratteri.
Fibula a navicella semplice, di grandezza non comune, ornata esternamente di linee graffite parallele, oblique e di cerchietti concentrici.
Fibula ad arco laminare, rappresentata dalla fig. 5 e di un tipo, che non credo sia stato mai rinvenuto od illustrato. Misura di lunghezza complessiva 14,5 cm ma altre ne ho viste di maggiori dimensioni. Il dorso superiore dell’arco, come della staffa, è ornato di linee parallele oblique e perpendicolari, così da risultarne dei rombi. Il bottone terminale si prolunga in una voluta, che ha il dorso parimenti ornato di linee geometriche, il quale si ricurva sulla staffa; il punto di passaggio della staffa e della voluta terminale è rappresentato da un allargamento romboidale, che reca un forellino nel mezzo. Ed è su questo forellino che, mediante un chiodetto ribadito, si fissa un secondo pezzo di bronzo, che serve d’ornamento ulteriore alla staffa medesima. Una sbarra appiattita, con allargamento mediano recante un forellino, che viene a combaciare in quello della staffa, si ripiega ai due estremi ad angolo retto inferiormente in due prolungamenti, che venendosi a ripiegare all’insù formano due volute in tutto identiche a quella della staffa; così che realtà la fibula viene ad avere nel suo complesso tre volute come ornamento della staffa.
c) Armille. Cerchi, di diametro più o meno grande, da infilarsi nel braccio (o nel collo del piede); sono formati di un asse di bronzo a sezione cilindrica o prismatica, con gli estremi che si sovrappongono (fig.6 a). Un oggetto, che secondo ogni probabilità doveva servire come braccialetto, merita una particolare menzione (fig. 6 b). Era rappresentato da un cilindro cavo, curvato a cerchio completo, formato da due lamine sottili di bronzo incurvate e combacianti l’una sull’altra. Gli estremi di esse si sovrappongono senza saldatura. Nell’interno cavo di questo cilindro curvo e delle pareti delle lamine sorgono ancora piccoli chiodetti di bronzo, che servivano a fissare un anello di legno, il quale riempiva l’intera cavità del cilindro, rendendo più solido il braccialetto, che così riesciva di un cerchio di legno, ricoperto da due lamine di bronzo. Il legno è consunto, ma se ne ha il segno in alcune fibre legnose, che aderiscono ancora, in alcuni punti, alla lamina bronzea di rivestimento.
d) Anelloni di bronzo, caratteristici del Piceno inferiore, ove si sono rinvenuti sinora e in grande copia delle necropoli. Sono anelli di notevole diametro, muniti a regolari distanze di quattro o sei rigonfiamenti. Sull’uso loro si è tuttora incerti: alcuni li credono oggetti di ginnastica (Paciaudi), altri crotali od oggetti musicali (Tarquinio Coritano), altri fermagli di fascia (Allevi). A Belmonte abbondano, e nella raccolta da me formata ne esistono due interi, di cui uno con sei rigonfiamenti (fig. 6 c) e l’altro con quattro.
e) Anelli e catenelle. Nella necropoli di Belmonte sono comunissimi gli anelli. Certamente non tutti venivano portati nelle dita, e alcuni probabilmente usavansi come pendagli. Talvolta sono di lamina piatta, con gli estremi che vengono a toccarsi senza saldatura, altri sono di getto e con l’asse a sezione circolare, ellittica, poligonale, altri risultano di una spirale di filo di bronzo, piano-convessa, che in maggiore o minor numero di giri si avvolge su se stessa. A tali oggetti si aggiungono dei cerchi di diametro troppo grande per essere anelli, e troppo stretto per servire da braccialetti, (3 cm), formati da molti giri di una spirale di filo cilindrico di bronzo di notevole spessore, con gli estremi ingrossati e arrotondati a forma di piccolo pomo, diviso dal resto per un sottile circolo a rilievo.
Si rinvengono inoltre delle catenelle di lunghezza più o meno notevole, di cui alcune portano appesi ciondoli e pendagli di varia forma, che più sotto descriverò, altre invece hanno per ciondoli delle masse informi di ferro, più o meno sferiche, che per l’azione della terra umida ci sono profondamente ossidate e decomposte.
Queste catenelle sono molto simili a quelle di Aufidena descritte dal Mariani (7).
Risultano di anellini di fili di bronzo: i singoli membri della catena non constano mai di un unico cerchietto, bensì di due. E questi due anellini o sono indipendenti l’uno dall’altro, formati ciascuno da un cerchietto di filo di ferro con gli estremi che si toccano senza saldarsi, o non sono indipendenti, e allora rappresentano due giri di una spirale, con gli estremi tagliati a sghembo. Con quest’ultimo sistema si raggiunse una solidità maggiore della catenella, perché nel primo caso gli anelli facilmente possono aprirsi e andare perduti. Molto probabilmente il secondo modo di lavorazione è più recente del primo. In una medesima catena non si rinvengono mai insieme mescolati i membri di ambi i tipi.
f) Pendagli ed amuleti. I pendagli sono di quantità e di forma svariatissime. Una lamina sottile di bronzo, in forma di triangolo isoscele allungato, col forellino al vertice; un minuscolo cono col foro all’apice; una sfera prolungantesi in cono, diviso dal resto con un’intaccatura, che corre tutto all’ingiro; un anello, di forma esagona all’esterno, con due brevi appendici, la superiore delle quali è forata; una sfera, che si prolunga ai due poli in due coni allungati, di cui l’uno, appiattito alla punta è forato. Più caratteristici sono i pendagli della fig. 7; se ne rinvengono moltissimi nei Piceno, e il museo preistorico di Roma ne possiede venti, tutti di Spinetoli (10). Appartengono ai pendagli alcuni piccoli tubi di forma conica, alquanto appiattiti da un lato. Sono formati da una sottile lamina di bronzo, i cui lembi vengono a toccarsi senza saldatura in una linea retta mediana. Venivano tenuti insieme appesi per un filo metallico, le cui tracce si notano ancora, passante per due fori dell’estremo superiore di ciascuno. Tra i pendagli va pure notata una anforetta alta centimetri 4,5, che riproduce il tipo dell’oinochoe trilobata, e fa riscontro ad altro oggetto simile conservato nel Museo preistorico di Roma, rinvenuto a Corropoli nell’Abruzzo Ulteriore I (11).
Come amuleti devono ritenersi delle protomi accoppiate di bue (fig. 8 a) e di ariete (fig.8 b), che sono parimenti caratteristiche del Piceno inferiore, già che per molti caratteri questa parte del Piceno si distingue da quello superiore (Novilara); mentre si ricollega direttamente all’Abruzzo Ulteriore. Delle protomi di ariete fa cenno l’Allevi nella sua Offida preistorica (l.c.), e nel Museo preistorico di Roma se ne hanno tre grandi esemplari provenienti da Montegiorgio (prov. Ascoli Piceno). Fra gli oggetti da me raccolti a Belmonte ve ne sono otto, di cui sei perfettamente conservati: provengono da due sole tombe. E per completare l’elenco di simili amuleti della necropoli di Belmonte ricorderò per ultimo due figure, con occhiello per appenderle, l’una di cane (fig. 9), l’altra di quadrupede, che non è possibile determinare (fig. 7 b).
g) Armi. Ad eccezione di una cuspide di lancia di bronzo e di una punta dello stesso metallo, forse di daga, le armi rinvenute sono di ferro e consistono in lame di spade e in punte di lance.
h) Bastone di comando (?). Chiamo con tal nome un oggetto consistente in quindici cilindri cavi, cui alcuni di forma piuttosto conica, di varia grandezza, formati da lamine di bronzo di diverso spessore, ripiegate su se stesse, di una lunghezza media di 4 cm, ripieni internamente di cilindri di legno con un’anima di ferro, che, prima che fosse profondamente ossidata e frammentata, passava dall’uno all’altro e serviva a tenerli uniti, formando così un bastone. Agli estremi di ogni cilindro si nota una massa informe di ferro ossidato di tanti anellini bianchi, apparentemente di materia calcare: si trattava probabilmente di una sottile catenina di ferro, che portava un gran numero di perline. Ciascuna catenina doveva ornare il punto di congiunzione dei vari cilindri di bronzo. L’oggetto intero pare misurarsi una lunghezza media di 60 cm. Fu trovato una fossa con ricco corredo di vasi, di quattro protomi di animali ricordate, di due lance di ferro e degli oggetti d’ambra, che ricorderò appresso (10).
3. Oggetti di ferro e di altra materia. – Oltre alle armi che, come ho detto, sono generalmente di ferro, dello stesso metallo gli scavi produssero un braccialetto, alcuni pendagli simili a quelli di bronzo, rappresentati dalla fig. 7 a, inoltre fibule, serpeggianti, puntali, ecc. tali oggetti, per la forte ossidazione, sono assai deformati.
A completare l’elenco di quanto raccolto nella necropoli di cui parlo, devo ricordare alcune perline di pietra calcare e di smalto turchino, notando che una di queste è inoltre decorata di due cerchietti concentrici ai tre poli, avendo la forma di trigono.
Ma più che tali perline, meritano di essere rammentati gli oggetti di ambra, cioè tre dischi per orecchini e sette noccioli che rivestivano l’arco di altrettante fibule di ferro. Due degli orecchini sono in forma di rotelle (fig.10), del diametro di cm. 4,5 dello spessore di cm.1, col margine tagliato all’angolo e depresse nella parte mediana, infilate per un foro centrale in un anello di bronzo (di cui si conserva un resto), che da un lato un reca una breve spirale attorcigliata all’asse del cerchio, per fissare evidentemente la rotellina. Si rinvennero ai due lati di un cranio umano. Il terzo orecchino, di forma analoga, ma più grande, fu rinvenuto sporadicamente.
Dal suesposto volendo trarre alcune conclusioni, mi sembra giusto poter affermare innanzitutto, che la copia e la varietà degli oggetti descritti parlano in favore dell’importanza della necropoli di Belmonte, tanto più che, come si è più volte notato, questi scavi avvennero casualmente.
Volendo poi determinare l’età della necropoli dal materiale raccolto, si potrebbe dire che essa coincida con gli ultimi periodi della Certosa: e se fosse coeva della necropoli di Offida descritta dall’Allevi e forse più recente di quella di Novilara descritta dal Brizio. Ma ciò che mi sembra più interessante, e che emerge parimenti dalla considerazione dei caratteri degli oggetti rinvenuti, è che la civiltà di questa regione del Piceno inferiore (prov. Ascoli Piceno), di qua dal Chienti, si distingue assolutamente da quella del Piceno superiore (provv. di Ancona, di Macerata, di Pesaro), di là dal Chienti: così che pochi caratteri, come abbiamo avuto occasione di accennare, riuniscono la necropoli di Belmonte o di Offida o di Cupramarittima a quella di Novilara e di Numana. Piuttosto bisognerebbe credere, dalla comparazione con gli oggetti rinvenuti a Corropoli, che il Piceno inferiore si riavvicini molto al vicino Abruzzo Ulteriore (prov. Teramo) e formi con esso una regione ben definita per oggetti preromani caratteristici (anelloni, protomi, torques, pendagli, ecc.) dalle altre italiche e che potrebbe portare il nome complessivo di Piceno Inferiore. Non mancano accenni, che vi siano stati punti di contatto e di vivo scambio anche con l’Abruzzo più basso, con Aufidena ad es., il che fa rilevare anche il Mariani nel suo libro citato.
Le successive ricerche, eseguite con un piano metodico e scientifico di scavi nella necropoli di Belmonte, dovrebbero precisamente, tra l’altro, cercare di stabilire questi fatti.
La maggior parte degli oggetti che ho descritto, principalmente quelli di terracotta e di bronzo, si conservano nel Museo preistorico di Roma per essere aggiunti al materiale preromano delle Marche.
Silvestro Baglioni (1901)
NOTE
(1) Cfr BRIZIO, Necropoli di Novilara; idem, Numana in Notizie1891; CHIAPPETTI, Necropoli di Monteroberto in op. cit. 1880; ALLEVI, Offida preistorica, ecc.
(2) RANKE, L’uomo, vol.II, pag.582 e segg. Trad. ital., Torino, 1892.
(3) BRIZIO, pag.35, fig.20, tav.IX
(4) GENTILONI, Bull. di paletn., anno VI, fig. 6, tav.X
(5) BRIZIO l.c.; ALLEVI, l.c.; Corropoli, Abruzzo Ulteriore I, Museo preistorico di Roma; Spinetoli, Prov. di Ascoli Piceno, ibidem.
(6) ALLEVI L.c.; Spinetoli, Prov. Ascoli Piceno, Museo pr. Di Roma; PACIAUDI, Delle antichità di Ripatransone, Ripatransone, 1845. Tali anelloni, come anche le fibule a bottoni, erano già noti sino dal 1735, come caratteristici del Piceno; infatti nella 5^ dissertazione dei Saggi di dissertazioni accademiche di Cortona, Roma, 1735, Tarquinio CORITANO parla di tali anelloni e fibule; essi figurano persino in una tavola annessa. Non vanno molto al di là del Piceno perché di Aufidena il Mariani non li ha trovati.
(7) L. MARIANI, Aufidena, Roma, 1901.
(8) In questa classificazione si segue la terminologia data dal MARCHESETTI, Scavi nella necropoli di s. Lucia, Trieste, 1893.
(9) Sono identiche perfettamente a quella rappresentata nella fig. 118, tav. X dal MONTELIUS, La Civilisation primitive en Italie, Stockholm, 1895. Dal Montelius tale fibula è data di provenienza sconosciuta dell’Italia meridionale.
(10) Figurano anche nelle raccolte provenienti da Cupramarittima, Corropoli e Montegiorgio.
(11) Il TRUHELKA (Hugelgraber und Ringwalle auf Grasinac. Wiss. Mitth, aus Bosnien und der Ercegovina, I Bd., Wien 1893) descrive come pendagli identici vasetti rinvenuti nell’Erzegovina.
(12) Alcuni bastoni analoghi al su descritto, formati però da una sola lamina di bronzo ravvolta su se stessa con un’anima di legno e ornati alle due estremità da anelli e pendagli etti, si rinvennero negli scavi di Este II periodo), Not. d. .scavi, 1882, pagg.22.