ALESSANDRO BELLUCCI (Fermo 1899 – 1973)
Di famiglia marchigiana, Romano Alessandro Bellucci è nato a Fermo 1 agosto 1899 e qui ha felicemente compiuto i suoi studi, completati bene, per la sua intelligenza, all’università di Roma con la laurea in ingegneria. Era un punto di riferimento per i coetanei. Nel circolo culturale “Silvio Pellico” presso il ricreatorio giovanile di Fermo, era una presenza ardente in collaborazione con don Federico Barbatelli, in momenti non facili per i problemi politici. Erano un gruppo di buoni cristiani ed altrettanto buoni cittadini.
Spirito meditativo, talora riservato, Alessandro dava alla sua giornata un’impronta cristiana, considerando la vita come una missione, con l’adempimento del dovere datoci dalla Provvidenza, superando ogni resistenza. Aveva una vocazione apostolica.
Subito docente, dopo laureato, insegnò all’Istituto Tecnico Montani per sette anni consecutivi le discipline di fisica, di matematica e di meccanica con soddisfazione e stima dei colleghi e degli allievi per la competenza nell’istruire gli studenti, e nel favorire la formazione della loro personalità, conoscendo il materiale delicato sul quale esercitava la sua durevole influenza educativa. Incontrava l’attenzione e la simpatia dei giovani per la chiarezza, la calma e la precisione nello svolgere le lezioni, pur impegnative. Al professor Bellucci accadeva di consueto che i giovani al termine della lezione si raccoglievano intorno alla sua cattedra per avere nuovi chiarimenti e chiedere suggerimenti perché sapeva interessare e mai annoiava. Era un educatore più che un istruttore. Animo umile, voce mite, esercitava il suo ascendente spirituale per incoraggiare i giovani al senso libero della responsabilità. Il suo dialogo fraterno facilitava la ricerca della verità, la comunicazione degli animi. Il suo dialogo si svolgeva in modo garbato ed illuminante.
Era un uomo di fede con la ricchezza della vita interiore. Partecipava con consapevolezza convinta all’Eucaristia. La fede faceva vibrare le corde del suo cuore e riempiva i suoi pensieri e sentimenti. Vicino a Gesù Cristo sentiva la pienezza e la totalità della vita, con ardore giovanile e acquisiva luce e forza. Nel discorso tenuto ad Osimo, nel maggio del 1929, in occasione di un congresso giovanile, diceva:” La nostra ragione cerca la luce, il nostro cuore vuole la potenza. Vedere, e veder chiaro, comprendere, penetrare nei più intimi recessi dell’essere; dominare il mondo con la conoscenza sicura, serena, lucida; vibrare, palpitare, espandere il nostro cuore nell’universo intero, conquistarlo tutto, sentirlo tutto come elemento e alimento della nostra vita personale”.
Spirito alimentato dalla fede, dalla speranza e dalla carità, in modo coerente con la sua vita spirituale, si preparò al sacerdozio nell’Almo Collegio Capranica di Roma e fu ordinato presbitero il 25 luglio 1935. Aveva amicizia con Pier Carlo Landucci, nativo di Santa Vittoria in Matenano (1900) anche lui ingegnere e divenuto sacerdote nel 1929. Preti generosi ed attivi, si incoraggiavano l’un l’altro a svolgere opere d’apostolato, profondendo i doni dello Spirito Santo di sapienza e di consiglio, come strumenti della divina misericordia per tante anime. Coglieva nelle vicende umane le realtà eterne, e offriva a Dio la sua giornata. Dopo l’ordinazione sacerdotale riprese l’insegnamento all’Istituto Tecnico Industriale di Fermo. La diocesi apprezzava le sue doti di cultura, di bontà e di discernimento. E’ stato giudice di cristiana equità nel Tribunale Regionale Piceno in Fermo per le cause matrimoniali. Maestro di salda dottrina morale, nell’insegnamento teologico presso il seminario arcivescovile di Fermo. Qui arciprete del capitolo dei canonici della cattedrale Metropolitana. Amava la scienza e la tecnica e veniva scelto come consulente dal Gruppo Marche dell’UCID, Unione Cristiana degli Imprenditori Dirigenti. Era vicepresidente della fondazione Margherita e Girolamo Montani, ente fondatore dell’Istituto Fermano, e in tempi non facili condusse questa gloriosa istituzione con mano ferma e profonda saggezza nell’affrontare gli impegni sociali e culturali del futuro.
Di lui sono ricordati gli articoli di formazione che pubblicava nella rivista periodica del Montani. Dalle edizioni Paoline fu edito il suo libro: “La legge morale e la volontà di vivere”. Amava la poesia e scrisse dei componimenti. Don Giuseppe Cecarini ha notato che aveva una nativa predisposizione per le cose belle, quasi preludio a quella “bellezza che solo il suo Fattore tutta la gode”. Dopo la sua morte il 21 settembre 1973, una moltitudine partecipò con animo grato ai funerali. Rimangono per l’oggi le sue tracce di guida spirituale.