BELLUCCI ALESSANDRO DI FERMO 1899-1973 tra i filosofi dell’unità dell’essere

TRE MENTI CHE SCOPRONO COME DOMINARE IL DESTINO: De Chardin, Heidegger, Bellucci Alessandro. (Riflessione di Antimo Lorcassi)

Tre menti: l’italiano Alessandro Bellucci (1899-1973), il francese Pierre Teilhard de Chardin(1881-1955) ed il tedesco Martin Heidegger  (1889-1976) hanno analizzato il gusto del vivere, come hanno fatto e fanno innumerevoli altre persone. Vivere  è forse un meccanismo di regolazione empirica dei diversi e contrapposti interessi delle persone? La persona empirica rischia di attribuire ad un Destino ogni atteggiamento tanto da non doverne rispondere, fino a distaccare da sé le proprie affermazioni ed azioni?  Oppure c’è in ogni cosa una destinazione finale, che non è una schiavitù del Destino, male che nullifica ogni esistenza?

Raccontava don Rolando Di Mattia che il matematico Luigi Fantappié (1901-1956) fu sorpreso dalla filosofia scolastica quando in questa riscontrò che ad ogni realtà è inerente un fine. Egli elaborò la teoria dell’unità del mondo fisico e biologico. Nulla esiste senza che abbia un fine. La vita umana è finalizzata, ha una direzione. Il passato dona un orientamento al presente verso il futuro. Il tempo e la storia non sono insulsi.

Il Bellucci ingegnere e professore divenne sacerdote e diresse la fondazione Montani ora ITI,  scrisse il libro “Legge morale e volontà di vivere.” Insegnò matematica, fisica e meccanica, e insieme coltivò  la poesia. Desiderava veder chiaro, comprendere e penetrare nei più intimi recessi dell’essere. Nell’interiorità personale trovò la presenza della divinità. Considerava la vita come impegno con e per gli altri.

Un’altra personalità, De Chardin  religioso gesuita, studioso del cosmo e delle altre realtà, scrisse il libro “Il fenomeno umano.” Si domandava: “ Il lavoro delle nostre menti, dei nostri cuori, delle nostre mani, con i nostri risultati, le nostre opere, non sono rese in qualche modo eterne, salvate?” Egli valorizza la materialità di ogni cosa perché serve alla spiritualità di cui è intessuta l’esperienza umana nel gusto dell’essere e del vivere. Il punto fisso non è la certezza della morte e della nullità. Al contrario la più universale, formidabile e misteriosa delle energie cosmiche è l’amore che alimenta la vita ed è contrario a distruggerla.

Il filosofo Heidegger  in un primo tempo dichiarò il male come vera realtà totale, poi intuì una diversa totalità in cui agli uomini è unita la divinità. Al tempo del nazismo dichiarava insignificante l’esistente umano che vedeva sempre sganciato dall’essere. La famiglia, la professione, l’onorabilità  li dichiarava cose vuote. Nel dopoguerra, ha meditato sulla poesia, scoprendo che l’etica e la fisica sono parte di un’unica indivisa totalità. Ecco allora che brucia la nullità dell’oppressivo Destino.  La sua mente trova un cammino di scoperte nell’unire i tempi esistenziali dell’angoscia e della cura con quelli del realismo ontologico: valorizza l’essere nel mondo.

La realtà è resa insignificante  quando la si guarda  con scetticismo e con relativismo, tanto da  arrivare all’inutilità del vivere. Al contrario De Chardin diceva che la perdita del gusto di vivere è un flagello, anzi il più direttamente umano dei flagelli, è la più terribile malattia spirituale, è il pericolo maggiore che l’umanità possa temere. Non siamo  inutili, coraggio dunque. Nel cosmo solo il fantastico ha la possibilità di essere veritiero.

Ecco un’eresia da bruciare: il dirsi sopraffatti da destino, senza trovare alcun punto di arrivo.  De Chardin guarda al fenomeno umano per chiarire un punto di arrivo finale di tutte le realtà minerali, biologiche e personali. Ogni cosa fisica si evolve attratta e calamitata dall’essere personale, che è  trascendente, autonomo e irreversibile. L’essere si evolve verso livelli più elevati di complessità e di consapevolezza.

La voglia di vivere,  è nel titolo del citato libro di Alessandro Bellucci. Ecco come una volta ha parlato della vitalità della fede:    “La fede è capace di permeare di sé tutta la nostra umanità, di far vibrare tutte le corde del nostro cuore,  di alimentare tutti i pensieri della nostra mente, di riempirci internamente,  senza che resti un palpito solo, un’idea sola, un attimo solo del nostro essere non sigillato del suo sigillo. Chi dice cristianesimo, dice pienezza di vita, dice totalità. Non è forse per questo, che cristianesimo può dirsi sinonimo di giovinezza? Le esigenze della giovinezza sono conoscere e conquistare, luce e forza. La nostra ragione cerca la luce, il nostro cuore vuole la potenza. Vedere e veder chiaro, comprendere, penetrare nei più intimi recessi dell’essere; dominare il mondo con la conoscenza sicura, serena, lucida; vibrare, palpitare, espandere il nostro cuore nell’universo intero, conquistarlo tutto, sentirlo tutto come elemento e alimento della nostra vita personale.” (Osimo maggio 1929)

Non si sono lasciate schiavizzare dall’idea del Destino, queste tre menti  perché hanno guardato la divinità unirsi alla umanità. Di fatto per i credenti: “ L’Eucaristia è il massimo dell’amore e di tutte le energie”  ha detto Teilhard De Chardin.

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