GIUSTINA Agostini Sbaffoni 1882-1972 racconto di Emilia Sagripanti nipote

GIUSTINA di Belmonte amata e ricordata come santa.

   Quando ero ragazzina non mi rendevo conto del grande dono ricevuto da Dio, del valore così prezioso di appartenere ad una famiglia di modeste origini, ma di grande fede cristiana. Il mio pensiero va in modo particolare alla mia nonna materna, Giustina Agostini, vedova Sbaffoni, al suo esempio, alle sue opere, alla sua umiltà. I talenti che Dio le aveva donati, lei li aveva fatti fruttare in abbondanza.

   Dio le aveva dato i doni della conoscenza e della guarigione. Lei con molta umiltà, grande fede, tanta preghiera, spirito di sacrificio e amore verso il prossimo, ha operato veri prodigi. Con le sue preghiere intercedeva presso Dio, ed otteneva la grazia della guarigione per tanti sofferenti che a lei si rivolgevano.

   Ho vivi nella memoria alcuni episodi. Al termine della giornata, quando ci si apprestava per andare a letto, lei mi invitava a dormire tranquilla. Durante la notte mi svegliai più volte, la vidi sempre in preghiera inginocchiata di fianco al letto. Mi resi conto che il suo riposo era ridotto al minimo indispensabile. Lei durante le notti pregava per tutte le persone sofferenti che le avevano chiesto aiuto. Pregava molto anche per le cattiverie esistenti su questa meravigliosa terra che Dio ha creato.

   Alla preghiera lei aggiungeva il digiuno. Nei miei ricordi, lei faceva un solo pasto al giorno, questo pasto nel periodo della quaresima, consisteva in pane ed acqua, al massimo qualche volta aggiungeva un po’ di verdura cotta. Abitava in campagna, ma immancabilmente tutte le mattine, molto presto, si incamminava per andare alla Santa Messa per tutto il tragitto (più di 2 km) recitava il Santo Rosario. Per tutta la durata della Santa Messa lei era inginocchiata. Finita la Santa Messa lei si intratteneva ancora in preghiera, poi si incamminava per fare ritorno a casa, sempre pregando.

   Il suo volto era sereno, anche nei momenti di grande sofferenza. Lei di sofferenze ne ha avute veramente tante. Non ricordo di averla mai sentita formulare un rimprovero per alcuno, era molto comprensiva, ed infondeva serenità a tutti. Invitava sempre e soltanto alla preghiera. Mi capitò di assisterla alcuni giorni, perché ammalata, ma non ricordo di averla vista triste, o di notare sofferenza nel suo volto, neanche sentita lamentarsi, come può capitare a tutti. Sicuramente lei offriva al Signore ogni sua sofferenza come preghiera.

   Un giorno in mia presenza si avvicinò a lei un uomo, il quale le chiese aiuto per la sua salute, lei lo ascoltò con molta attenzione, poi, sorridendo e con molta dolcezza gli chiese perché mai si fosse rivolta a lei, dal momento che lui non era un credente. Quell’uomo restò sbalordito e molto sorpreso dal momento che per lei era un perfetto sconosciuto e quindi non poteva saperlo, ma lei con un sorriso di straordinaria dolcezza, posto su di lui il Crocefisso, che lei aveva sempre con sé,  lo invitò a pregare con lei. Udii quell’uomo, non credente, pregare insieme con lei. Pensai alla parabola della pecorella smarrita. È mia convinzione che lei di pecorelle smarrite, all’ovile del Signore, ne ha riportate tante.

   Ricordo e tengo sempre presente alcune parole che  le  udii dire ad un uomo che si lamentava di un sacerdote, disse: “Tu fa’ ciò che il prete dice, non guardare quel che il prete fa”. Sono parole che invitano alla riflessione. Tutti possiamo sbagliare, sacerdoti compresi, ed è motivo di preghiera, non di giudizio: giudicare non è compito nostro.

   La sua grande devozione alla Madonna la indusse al restauro della chiesa dedicata alla Madonna delle Grazie, ormai diroccata ed anche alla costruzione di un appartamento adiacente alla chiesa, per poi darla in dono alla Curia vescovile di Fermo. Ricostruì anche la chiesetta di Sant’Anna protettrice delle partorienti. Entrambe le chiese si trovano nel territorio di Belmonte Piceno, dove anche lei abitava. Queste opere le realizzò con l’aiuto e le offerte di tantissima gente, a solo scopo benefico. Tutt’oggi è meta di tanti pellegrini.

   Alla protezione della Madonna lei affidava tante anime bisognose, per cui lei tanto pregava. A distanza di anni dalla sua morte è per me, tutt’ora, motivo di insegnamento. Ogni sua parola era lo specchio di una grande saggezza e mi fa pensare alle parole dette da Gesù: “Io sono la resurrezione e la vita, chi crede in me non morirà in eterno”. Mia nonna è morta da molti anni; ma è vivo il suo ricordo in molti di noi, ancora pellegrini sulla terra.  Le sue opere, la sue intercessione, la sua protezione, vivono ancora.  Ora io mi rivolgo ancora a lei, chiedendole di tenere sempre la sua mano sul loro capo e sulla loro famiglia, di intercedere e pregare per loro, per le loro famiglie e per tutti coloro che ne hanno bisogno. Nel Vangelo troviamo la parabola del granellino di senape: esso è il più piccolo dei semi; ma se l’uomo lo semina nel suo campo diventa un grande albero.

   Lei vive ancora. Dalla casa del nostro Padre supremo, veglia su tutti noi e ci protegge. Mi piace ricordare alcuni dei tanti episodi di quando era ancora in vita. Io seppi dell’esistenza di padre Pio, ora San Pio da Pietrelcina da lei. Mi parlava spesso di quanto bene facesse quel frate: lei lo stimava molto. Mi risulta che anche padre Pio stimasse molto nonna Giustina, ed apprezzasse molto il bene che lei faceva.

   Ricordo le tante persone che arrivavano a piedi da altri paesi, chiedendo informazioni, dicevano: Dove abita la santa? O Dove sta l’indovina?  ”  Se è santa lo sa solo nostro Signore. (Per me lo è). Indovina non è il termine; ma lei aveva il dono della conoscenza. ‘Maga’ assolutamente no: lei non faceva magie. Lei, con  grandissima fede, con umiltà, con sacrifici e con tanta preghiera ha fatto lievitare i doni che Dio le aveva dati. Non voleva essere ringraziata, diceva che non era opera sua. Aveva ragione: era Dio che operava per mezzo di lei.

    Un giorno davanti alla sua tomba ci trovai un ragazzo, il quale mi chiese chi fossi e se l’avevo conosciuta. Poi ci mettemmo a parlare e mi raccontò la sua storia. Mi disse: “Sono venuto a ringraziarla. Ero molto malato. Il dolore alla testa mi tormentava giorno e notte. I vari specialisti dai quali mi ero recato, non sapevano più che farmi. I farmaci non solo non miglioravano le mie condizioni, che continuavano a peggiorare; ma non mi davano alcun sollievo, neanche per il dolore. Mia madre voleva portarmi da questa Giustina. Io mi sono sempre rifiutato di venirci, perché non ci credevo. Cosa avrebbe potuto fare lei, se tutti i dottori fallivano? Mia madre non si arrese: prese la mia sciarpa e ci andò da sola.

   Al ritorno mi disse: “Giustina ha pregato per te e pregherà ancora: tu devi portare al collo questa sciarpa. Ero molto scettico; ma non volevo deludere mia madre e mi misi al collo quella sciarpa”. Poi con molta commozione dice ancora: “Dopo alcune ore stetti così male che pensai di morire, mi sembrava che qualcosa stesse scavando nella mia testa. Era così forte il dolore che mi gettai a terra. Poi improvvisamente il dolore diminuì e passò del tutto: stetti sempre meglio e riacquistai le forze, senza mai più avere un dolore. Però lei nel frattempo è morta ed io sono qui davanti alla sua tomba, per ringraziarla e conoscerla attraverso questa foto. Sono molto rammaricato, dovevo venirci subito, l’avrei trovata ancora in vita”.

   Mia madre mi raccontò che nel periodo della guerra c’erano tanti analfabeti. Molti di essi andavano da nonna Giustina per farsi leggere le lettere che arrivavano dal fronte, dai loro congiunti. Le chiedevano di scrivere per loro. Lei era sempre molto disponibile per chi ne aveva bisogno.

   Anche nonna Giustina aveva un figlio disperso in guerra. Mia madre raccontava che tutti lo consideravano morto. Per lungo tempo di lui non si seppe nulla; ma nonna diceva sempre che un giorno sarebbe tornato. Lei sapeva chi sarebbe tornato e chi no. Dicono che non ha mai sbagliato. Io ero molto piccola ed i ricordi di questo zio Francesco (così si chiamava) iniziano proprio da questo suo tanto atteso ritorno. Tornò a casa molto sofferente e malnutrito, a causa di tutti gli stenti subiti. Per questo suo ormai inatteso ritorno ci fu molto fermento e tanta gioia. Ricordo, seppure fossi piccola, che vidi mia madre piangere di gioia per questo suo fratello ritrovato.

Lei, filo conduttore con l’Altissimo nella certezza della sua protezione, del suo aiuto, della sua intercessione.

 

Poesia

Per guarire e capire i suoi figli

il Signore un dono ti fece.

E tutti coloro che a te rivolti si sono,

con un dolce sorriso li hai accolti

e per loro sempre pregato tu hai.

Quante fatiche e preghiere al Signore

hai offerto per noi.

Ed ora ti prego, nell’alto dei cieli,

continua a pregare per chi il Signore non ama,

per chi in un letto in sofferenza si trova;

per i giovani che perdon la via;

per i bimbi che amati non sono,

per gli anziani sofferenti e soli.

Il mio cuore il Signore ringrazia

e prega.

Emilia  Sagripanti

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