I VECCHI (Antimo Lorcassi)
Si usa dire “veneranda età” di fronte alla persona che ha attraversato momenti di gioia, di grazia e momenti di insidie e di dolore, nel lungo progredire degli anni che si avvicinano all’ora dell’incontro con Dio. Lo stile dell’autenticità personale è fatto di rispetto, di sincerità; altrimenti si è conformisti oppure, al contrario, per partito preso, anticonformisti, senza una personalità consapevole di sé. Molto giova la convinzione che Dio è vicino ad ogni persona, ad ogni età, con provvidenza amorosa e Lui vuole accompagnare tutti alla Sua eterna intimità.
Chi apprezza la vita comunitaria del popolo considera gli anziani come uno scrigno vivente capace di provvedere il senso dei valori, della memoria, della storia, della giustizia, a motivo della loro esperienza e della loro saggezza. Ha detto papa Francesco alla Settimana sociale dei cattolici sulla famiglia: ” La memoria dei nostri anziani è il sostegno per andare avanti nel cammino”. Quando si maltratta la memoria, non si costruisce una società fraterna, né giusta, anzi si coltiva l’illusione di vivere nella giovinezza perenne, ma senza una sapienza appresa da esperienze reali.
Nell’attuale società scossa dallo scontro di egoismi individualistici, i figli potrebbero arricchirsi del senso di giustizia nel rispettare la dignità personale di ciascuno. I genitori arricchiscono gli altri della loro fortezza nei criteri per vivere. Le relazioni tra i componenti della comunità familiare si rispecchiano nella legge della gratuità, nel dialogo, nella solidarietà. Gli anziani sono in grado di offrire una luce di orientamento che dà sapore all’esistenza, senza voler debordare.
Non si conserva alcun ordine né si crea alcuna armonia nelle diverse relazioni che costituiscono l’essere umano, se non (ed esclusivamente) attraverso la comprensione. L’Apostolato della preghiera ha avuto dal papa l’intenzione “affinché la saggezza e l’esperienza delle persone anziane siano riconosciute nella Chiesa e nella società”. Un’espressione consueta di papa Francesco è “politica di scarto” per dire l’abbandono di chi raggiunge il traguardo della quarta età. C’è una prassi liberista che accantona i vecchi e li considera un peso ingombrante.
Un fotografo, nel mentre mi faceva la foto assieme con una centenaria, ha sussurrato: “Troppi anni! Non conviene!”. Con dispiacere mi è venuto il sospetto che desiderasse un’eutanasia nascosta. Di fatto si nota un’eutanasia culturale perché non si lascia né parlare né agire la persona molto anziana. Si pensa che non abbia alcun ruolo attivo nella società. Peraltro ci sono molte famiglie che con l’affetto verso queste persone, le tengono in casa. Altre famiglie ricorrono alla presenza di una badante non italiana. C’è poi chi accantona i vecchi in una casa di riposo.
La società governata liberisticamente ha le sue contraddizioni, quando valorizza l’innalzamento dell’età media delle persone, per poi lasciare i longevi ai margini della stessa società: essi non sono così una riserva di esperienze. L’Italia occupa il primo posto in Europa per longevità; nello stesso tempo è 15ª su 27 paesi studiati per misurare il grado di un invecchiamento attivo ed in buona salute.
La duttilità nell’adeguarsi alle novità scientifiche e tecnologiche è una dote tipicamente giovanile mentre non riesce altrettanto bene agli anziani che perciò si sentono sorpassati. Da leggi recenti viene ritardato l’anno del pensionamento e così viene ritardata anche l’assistenza alla solitudine del pensionato. Per ciascuno è determinante il sentirsi protagonista, soggetto partecipe e corresponsabile tra amicizie, parentele e interessi professionali.
Non manca qualche sfiducia, qualche timore di rifiuto e qualche turbamento di fronte all’efficientismo ostentato dai meno stagionati, dal passo deciso e lungo. Ma ci vorremmo limitare all’effetto esterno, alla percezione dell’altrui stima? Non sarebbe un realismo che fa apprezzare bene la vita. A dare senso non è la frenesia del lavoro o la permanente attività, ma la capacità di sorridere tra le avversità. Altrimenti l’anziano sarebbe costretto a sentirsi fallito, se dovesse gareggiare contro gli altri, soprattutto se questi prendessero ad emarginare i vecchi, con la presunzione che loro stessi non avranno da invecchiare.
L’energia vitale, sostenuta dallo spirito, si manifesta nella dimensione cristiana della croce: dimensione di calma interiore, di serenità disponibile, di coraggiose rinunce, di accettazione delle problematiche umane. S. Paolo suggeriva ai Corinzi (2 Cor 4,16) “Non ci scoraggiamo, ma, se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore invece si rinnova di giorno in giorno”. Questa scelta non è spiritualismo narcisistico, ma comprensione e discernimento, distacco da schemi inutili e superamento della pignoleria e delle vuote tradizioni.
Una prova affrontabile è evitare di irrigidirsi. Si vive insieme, ciascuno porta il proprio carisma e sa dare fiducia a quello altrui. La comunicazione tra le generazioni, pur difficile, è una possibile conquista, nonostante i rapidi mutamenti sociali. Nessuna metodologia è assoluta, ognuna ha le sue carenze. Lo stillicidio polemico distrugge il senso di fraternità. La comunicazione interpersonale, la duttilità per rendersi utile, la compartecipazione affettiva, l’empatia segnano il cammino nel proseguimento della storia individuale e comunitaria.
Gli adolescenti sono sempre desiderosi di sdrammatizzare le situazioni, preferiscono dar forza al coinvolgimento emotivo e rassicurarsi nel contatto con il gruppo. I pensionati si versano facilmente sui loro ricordi del passato, ricordi legittimi, ma tali da rischiare l’evasione dal presente, mentre il passato non può chiudere la vita e il futuro deve restare aperto come meta. E’ realistica l’accettazione dei cambiamenti che si vanno manifestando, per cui si deve badare ad allontanare ogni irritazione nevrotica.
E’ umiltà l’accogliere i nuovi limiti psico- fisiologici. I ruoli possono cambiare e il proprio contributo non viene contrapposto al contributo altrui: non è gesto indegno il dare le proprie dimissioni per anzianità. Madre Speranza di Collevalenza visse i suoi ultimi anni nel silenzio, nelle comprensione sensibile verso le altre persone. Verrà beatificata il 31 maggio per la sua valida crescita spirituale cristiana. Ha realizzato quel che scriveva san Paolo: “ Gli anziani siano sobri, dignitosi, saggi, saldi nella fede, nella carità e nella pazienza” (Tit 2,2).
Nonostante tutto, nell’inevitabile considerare i vecchi come pesanti, quanto più una persona approfondisce la propria vita intima, tanto più sente il bisogno di appoggiare sugli altri la propria insufficienza e di riconoscere tutti come complementari. Il legame comunitario universale si manifesta nel trascendere se stessi.