RACCONTO AUTOBIOGRAFICO di padre Raimondo Zocchi
DA LORETO A SOLOTHURN
1937 _ Note di viaggio di Fra’ Raimondo da Servigliano e Fra’ Crescenzio da Iesi (cappuccini studenti di teologia).
Il treno si allontana velocemente dalla stazione. Diamo un ultimo saluto al caro Santuario, che, baciato dal nascente sole, ci appare in tutta la sua maestosità. Un senso di tristezza invade il nostro animo. Sentiamo tutto il distacco dalla S. Casetta, e dagli amati confratelli che ne sono i vigili custodi. Ma ci conforta il pensiero che, pur lontani potremo essere loro spiritualmente uniti.
Sostiamo per breve tempo in Ancona per salutare la religiosa famiglia. Nell’oscurità della notte riprendiamo il nostro viaggio. Le prime luci del giorno ci sorprendono nella fertile Emilia. Immense pianure ben coltivate appariscono ai nostri occhi curiosi. La medesima monotona visione si ripete nella Lombardia. Nessun paesaggio che richiami alla mente le nostre Marche.
A Milano visitiamo la grandiosa stazione. Sotto le ampie tettoie di vetro sorrette da enormi colonne di ferro, per gli immensi e sontuosi locali temiamo di sperderci. Ma non è possibile. Tutto procede con perfettissimo ordine. Risaliamo in treno e in breve tempo giungiamo a Como, situata in una incantevole posizione. Le fanno da corona monti selvosi, gemmati qua e là da eleganti palazzine, e di qualche torrione medioevale; da un lato è lambita dal lago omonimo: il lago di Como. Sulle sue placide acque rivediamo la buona Lucia che “seduta, com’era, nel fondo della barca, posò il braccio sulla sponda, posò sul braccio la fronte, come per dormire, e pianse segretamente. Addio…”
Un senso di nostalgia per la patria che lasciamo invade il nostro animo. Il condensato sbuffare della locomotiva che parte ci scuote. Nuovi bei panorami attirano la nostra attenzione. A Lugano sostiamo per riposarci e visitare la città di cui tanto abbiamo sentito parlare. E la realtà supera l’aspettativa. Le vie sono belle e spaziose, i palazzi grandiosi ed artistici. Tutta la città simmetricamente disposta fa da magnifico anfiteatro al lago, chiuso da una semicircolare catena di monti, alle cui falde sono graziose casette specchiantisi sulle limpide acque. Di notte, tutto intorno al lago è un tripudio di luci multicolori. Spicca la fantastica illuminazione del paesello italiano, posto ai piedi del S. Salvatore. Desidereremmo restare molto tempo per visitare tutto minutamente, ma dobbiamo riprendere il viaggio.
La ferrovia corre quasi sempre tra gole di monti; e gira e rigira, pare che non possa trovare la via di uscita. Noi siamo sempre allo sportello del treno. Un bel sole ci permette di osservare tutto. Da lontano vediamo Locarno posta alle rive del lago omonimo che ai riflessi dei raggi solari appare tutto d’argento. Poi sempre picchi elevati in mille e svariati aspetti, fino al S. Gottardo, che elevandosi di fronte quale gigante, sembra voglia sbarrare il passo. Ma il treno, quasi sfidando questa forza naturale, infila la lunghissima galleria, e in breve tempo esce sbuffando dalla parte opposta. Il panorama muta completamente. Una nebbia fitta ci nasconde tutto. Desideriamo di giungere presto a Lucerna. Le giravolte della ferrovia e l’oscurità delle numerosissime gallerie ci annoiano molto. Arrivati, scendiamo frettolosi dal treno e per fortuna troviamo un fratello laico per accompagnarci al convento.
Ci sentiamo completamente soli trovandoci in un ambiente del tutto nuovo e diverso, e non potendo parlare la nostra dolce lingua. Al mattino con la prima corsa ripartiamo. Il tempo è bello, possiamo osservare bene tutto. Ci sembra di viaggiare nelle nostre Marche; l’aspetto della natura è molto simile. Ad ogni fermata del treno, ad ogni aggruppamento di case che scorgiamo, ci prepariamo a scendere, tanto siamo stanchi di viaggiare. Finalmente da lontano vediamo Solothurn, meta del nostro viaggio. La città situata in una valle amena cui serve da sfondo una bella catena di monti, ci fa buona impressione. Proviamo un indefinibile sentimento di gioia e di curiosità pensando alle novità che ci attendono.
Ringraziamo il Signore e la Vergine SS. di Loreto per il felice viaggio, e, appena il treno si ferma, scendiamo. Un Padre dalla lunga barba nera, sorridente ci viene incontro e ci rivolge il primo saluto francescano in lingua italiana. Cosa che ci fa molto piacere. In convento siamo accolti con molta carità e gentilezza. La gioviale compagnia dei buoni studenti allontana da noi la tristezza dei primi giorni trascorsi lontano dalla patria.
In “LAURETUM “ ( rivista interna) 1937