FERMO: Chiesa ed arte nel secolo XV
Germano Liberati
Il vescovo Fermano Antonio de Vetulis ottenne l’istituzione dell’Università, che fu considerata ideale continuazione dello “Studium generale” di Lotario. Inoltre costruì il palazzo vescovile, sul quale poi intervennero a più riprese vescovi e arcivescovi, fino alla sistemazione attuale.
Nel primo Quattrocento Giovanni de Firmonibus si adoperò con fede e pietà per il bene dei fedeli e riorganizzò la liturgia con una revisione ed una stabilizzazione del Messale, facendo compilare quello che appunto fu detto Missale de Firmonibus, secondo il rito romano; indisse il primo sinodo di cui si abbia memoria, sul tema della vita religiosa del popolo di Dio e la disciplina del clero.
Meritano una menzione particolare i vescovi Capranica che ressero la diocesi dal 1425 al 1484: prima i fratelli Domenico e Angelo, poi Nicola e i suoi nipoti. Di particolare rilevanza è Domenico, nominato vescovo nel 1425 e cardinale nel 1426. Si adoperò per la pacificazione del Piceno contro Francesco Sforza e fece demolire la rocca del Girfalco.
Le doti personali e l’ampia cultura lo portarono alla nomina di penitenziere maggiore. La sua attività pastorale aveva come solida base le virtù di sacerdote, la purezza dei costumi, l’austerità della vita. A Fermo tenne un sinodo nel quale si impostarono i principi pastorali della vita e del governo della diocesi. A Roma, fondando uno studio di Teologia, ricordò Fermo con l’accesso gratuito e privilegiato di alcuni alunni provenienti dalla diocesi: un diritto di cui Fermo gode ancora.
Religiosi e Confraternite costituivano una struttura parallela e di reciproco sostegno, sia sotto l’aspetto teologico –culturale che caritativo, con quella del clero secolare. In particolare per li Ordini religiosi, oltre alla secolare presenza dei Benedettini con una “diocesis nullius “farfense; si deve annotare la diffusione dei Canonici regolari lateranensi i quali gestivano chiese benefici in tutta la diocesi.
Soprattutto va registrata la capillare diffusione degli ordini mendicanti: Francescani, Agostiniani, Domenicani, Carmelitani. Rilevanti furono gli eventi strettamente legati alla vita degli ordini religiosi che fanno emergere l’importanza dei conventi fermani, nell’ambito più generale dei domini pontifici. In questo contesto va collocata la straordinaria committenza artistica che spesso coinvolgeva anche privati.
I Francescani in diocesi furono “come in casa propria” (Di Mattia R.) con tutte le loro diramazioni: Minori Conventuali, Minori Osservanti, Clarisse e moltissimi paesi hanno le testimonianze della loro presenza. Fu, anche un fiorire di santità, tra cui il beato Giovanni da Fermo, il beato Pellegrino da Falerone, che rimase laico, benché letterato e decretalista, il beato Liberato da Loro. Dal francescanesimo della nostra terra uscì il beato Matteo da Bascio, fondatore dei Cappuccini (1495-1552).
I Domenicani, si insediarono a Fermo nel 1216 per opera di Giovanni Paccaroni, rettore della chiesa di san Tommaso di Canterbury, ed amico di san Domenico, che nel 1214 era venuto a Fermo da lui invitato. Fu costruito il loro convento, divenuto ben presto importante con l’apertura dello “Studio dell’Ordine” (Istituto Teologico). Il fermano Tommaso Paccaroni fu il XXIV ministro generale dell’Ordine. A Fermo visse ed insegnò Michele Ghislieri, il futuro Pio V.
I carmelitani furono chiamati a Fermo dal vescovo Francesco Piccolomini (il futuro Pio III) con il compito di dirigere l’Ospedale di Santa Maria della Carità per i poveri e vagabondi senza sussidio. All’opera dei religiosi va affiancata quella delle Confraternite o Fraternità, spesso promosse da essi per associare i nobili e ricchi nelle opere di carità. Tra l’altro l’Ospedale di San Giovanni per le donne povere fu promosso dai Minori Conventuali a metà del secolo XV e l’Ospedale dei cavalieri teutonici, presso la porta vecchia di San Marco era per i pellegrini.
Non è da meravigliarsi se la parte predominante delle strutture edilizie e soprattutto delle opere di arte figurativa hanno carattere liturgico o devozionale, promosse dal clero secolare e regolare e dalle confraternite. Possiamo appena citare le emergenze più importanti, che testimoniano il proliferare di iniziative e di apertura dei cantieri, senza trascurare qualche opera pubblica o nobiliare.
L’attività più importante è certamente l’organizzazione di Piazza del Popolo e dell’attuale corso Cefalonia. I palazzo vescovile fu iniziato nel 1394 dal vescovo De Vetulis e rimaneggiato dai vescovi Capranica e da altri successivi. Tra il 1446 ed il 1525, tra peripezie, si costruì il Palazzo dei Priori. Tra il 1502 e il 1532 il Palazzo Apostolico; Nel 1528 il loggiato di san Rocco.
In corso Cefalonia sorsero tra il Quattrocento e il Cinquecento alcuni splendidi palazzi, come il Vitali –Rosati e l’Azzolino. Nel contempo le chiese della Pietà e del Carmine, oltre a Santa Maria del Carità. Nei vari quartieri della città, altre emergenze tra cui il rifacimento e l’ampliamento della chiesa di Sant’Agostino (1360-1420) a fianco della quale, tre anni dopo, iniziarono i lavori di costruzione della chiesa di an Giovanni Battista, detta oratorio delle sacra Spina dal titolo della confraternita che vi si insediò.
E infine fu completata la chiesa di san Francesco con il bel campanile e l’organizzazione da parte della famiglia Eufreducci della cappella del Santissimo Sacramento, opera del veneziano Cedrino, affrescata poi da Vittore Crivelli, nel 1484, la cui opera è andata perduta.
Accanto all’attività edilizia si è dispiegata, concomitante e successiva, quella figurativa, in cicli di affreschi, polittici, tavole, sculture che accompagnavano l’architettura. Maestri dalla più varie provenienze, locali od esponenti di scuole marchigiane, hanno ornato ed arricchito iconograficamente le chiese, gli oratori, i conventi. Vi compaiono protagonisti di tuto rilievo: i Crivelli e i crivelleschi, l’Alemanno, i Vivarini, i Solario e maestri riminesi, bolognesi e ferraresi, umbri e toscani insieme ad artisti locali come Francescuccio Ghissi, Marino Angeli, Giovanni e Vincenzo Pagani ed Antonio Bonfini.
Non va dimenticata la produzione di oreficeria, di scultura lignea e di intaglio con splendidi esempi di reliquiari, calici, croci astili, di cori e dell’arredo liturgico più vario, come l’arte della miniatura, di cui alcuni capolavori sono conservati nel Museo diocesano e nella Biblioteca comunale.
Le attività creative della diocesi hanno avuto nel vescovo il segno dell’unità.