A MIA MOGLIE CAROLINA
Poesia di Gaetano Sbaffoni
Ti ricordi?
Fu proprio il sei gennaio
che ci incontrammo la prima volta.
Sono passati cinquantanove anni
da quando apparisti agli occhi miei,
come una luce che risplendeva tra l’oscurità
di quel freddo e nebbioso pomeriggio festivo.
Non ci conoscevamo. Domandai il tuo nome
e per sapere l’età andai al registro di nascita in Comune.
Avevi sedici anni, più giovane, sei anni, di me
tornato da un anno dal fare il militare.
Entrasti subito nel mio cuore
col tuo visino bello, la tua boccuccia
che muoveva il labbro ad un grazioso sorriso,
i tuoi capelli, neri crespi e ondulati.
Vestivi un abitino modellato alla tua vita,
ben fatta, un fazzoletto color caffè
per coprirti il capo in chiesa,
un paio di stivaletti di cuoio.
Mi sembra di vederti come allora
così carina, così fanciulla.
Il tempo passa e ci trasforma,
ma non ci toglie la bellezza interiore:
l’amore non invecchia mai
col passare degli anni.
Si consolida anzi con i giorni
tristi e gioiosi nella vita.
Così è stato per noi. Quanti ricordi!
L’amore vero si riconosce nelle sofferenze,
nel dolore a cui siamo tutti sottoposti
chi più, chi meno, noi poveri mortali.
Tutti felici i primi anni assieme:
pieni di salute, di vita, con tre figlioletti
che crescevano come tre fiorellini.
Ma come sempre accade, dopo la felicità
viene anche il dolore. Avevi trent’anni
quando improvvisamente ti assalì un brutto male.
Come furono lunghe quelle quattro ore
quando eri in sala operatoria.
E quando il professore e ti aveva operata
mi comunicò difficoltà per la sua sopravvivenza,
me ne andai a sedere al penultimo scalino
davanti all’ospedale a piangere
tutta la notte, fino alle cinque del mattino,
quando potei tornare nella tua cameretta.
Ricordo che con le mie lacrime bagnai le scale:
conobbi com’è il dolore
e l’amore per la persona che si ama.
E capii che solo nella sofferenza
si riconosce l’amore vero, che non ha mai fine
e che si perpetua oltre la morte fisica.
Da quel momento ho aperto il mio amore
a tutte le persone perseguitate,
a quelle che soffrono, che lavorano e amano,
dimenticate o fisicamente ammalate.
Tutto si risolse bene, risultò male di origine benigna.
Tornasti dopo due mesi dall’ospedale
a riabbracciare i tre figlioletti
ed a seguitare insieme con me
il cammino interrotto.
Sono passati altri 42 anni di piena salute.
Il 29 febbraio, un altro intervento,
anche questa volta assai grave.
Ma, grazie a Dio, tutto è andato per il meglio,
malgrado un po’ di acciacchi.
Ed eccoci ora arrivati al 57º anno di matrimonio.
Siamo felici di essere ancora in cammino
e che il nostro amore non si è logorato
perché è sostenuto da un grande ideale
che va al di sopra dei fugaci piaceri
e delle terrestrità di cui siamo imbevuti.