Ambro cuore dei Sibillini di Germano Liberati
La via maestra è la strada provinciale 239 che risale il corso del Tenna: in un’ora di auto, da Porto San Giorgio si raggiungono i contrafforti dell’Appennino e ci si addentra nella valle dell’Ambro che, al termine della carrozzabile, dispiega uno scenario di incomparabile bellezza. Fondale naturale è un semicerchio costituito dal Monte Priora (m. 2334) il secondo dei Sibillini a sinistra, dal Monte Castel Manardo a destra (m. 1917) e sullo sfondo da Pizzo Tre Vescovi (m. 2092). Al centro dell’emiciclo, in basso, il santuario della Madonna dell’Ambro, affiancato dal convento dei Cappuccini e, a fare da quinte, altre costruzioni più recenti su un ampio piazzale. Il fiume Ambro, affluente del Tenna, lambisce le mura del santuario; a cui dà il nome e sembra ripetere, in un incessante e costante mormorio, l’eco dei voti e delle preghiere dei pellegrini.
L’umanista Francesco Panfilo nel 1575 fu colpito da tale spettacolo e lo immortala in un memorabile distico di onomatopeica rilevanza: “Volvitur horrendo per saxa rivus murmure fumiferis frigidus Ambrus aquis” scorre l’Ambro freddo rivo, con cupo rumore, con le sue acque spumeggianti tra gli scogli. L’origine della santuario si perde nell’alto medioevo, irreperibile come i più antichi documenti: la prima testimonianza scritta risale al 1073. Sono scomparse le vestigia della primitiva costruzione. La tradizione lo lega ad una apparizione della Vergine Maria all’umile pastorella sordomuta di nome Santina: “la celeste Signora le apparve un dì, bella di soave splendore e con sovrana misericordia le donò all’istante la favella”. È comunque certo che nel luogo vi fu una presenza benedettina.
Entrati nella chiesa attuale, ci si presenta un ampio affresco che campeggia sull’altare maggiore, opera del pittore Virgilio Parodi: esso riproduce da un lato l’apparizione della s. Vergine alla pastorella, dall’altro i santi Benedetto, Francesco e Romualdo. La scena idealmente unisce la storia antica con la recente: San Benedetto ricorda la dipendenza del santuario dalla vicina abbazia dei ss. Vincenzo ed Anastasio; San Francesco puntualizza l’attuale custodia affidata ai padri Cappuccini dal 1897; S. Romualdo rammenta i monaci dell’eremo di San Leonardo al Volubrio che furono pellegrini, promotori della devozione e vi prestarono servizio.
Al posto dell’antica chiesa, nel secolo XVII, dal 1603, fu costruita l’attuale, su progetto dell’architetto urbinate Ventura Venturi. Con indovinata perspicacia egli concepì l’edificio ad una sola navata, una grande aula che raccoglie i pellegrini, con alle pareti altre sei piccole cappelle. Il sacello della Vergine fu sistemato presso l’abside, con notabile elevazione, per superare il dislivello roccioso: ne risultò una specie di tempietto cui si accede dalle rampe delle scale laterali. All’esterno, la facciata concepita dal Venturi era monofastigiata, e in seguito vi fu aggiunto un porticato ad uso monastico. Nel complesso la struttura è articolata e dinamica con forte tensione scenografica che si accorda con i monti circostanti; quasi un blocco di calcare massiccio levigato e modellato dagli agenti atmosferici nel lento correre dei secoli.
Il gioiello artistico più accattivante è costituito dal ciclo di affreschi con le “Storie della Vergine” del pittore di Patrignone, Martino Bonfini che le eseguì tra il 1610 e il 1611, proprio alla pareti nel sacello. Al santuario accedono folle di pellegrini che si contano ormai a decine di migliaia ogni anno. Tra le manifestazioni di fede e folclore è la festa detta delle “Canesterelle” nella prima domenica di settembre. In quest’occasione, giungono gruppi di pellegrini e insieme con gli abitanti della valle e dei paesi circostanti, vestiti nei costumi tradizionali, sfilano processionalmente per offrire alla Vergine i tipici prodotti della terra.
Il visitatore curioso ed amante delle scoperte, trova, nel territorio tutto intorno, piacevoli sorprese. Chi è meno abituato a camminare, con le visite ad Amandola, Montefortino e Montemonaco può completare una giornata indimenticabile. Per coloro che hanno qualche dimestichezza con la montagna, si offrono molteplici itinerari, con le loro bellezze incomparabili, tra i quali, quello all’Infernaccio dell’Ambro e quello all’Eremo di San Leonardo.