FARE VOLONTARIATO PER ESSERE AMICI, SENZA MONETA
Un volontario autentico passa dal fare volontariato ad uno stile personale di vita, modalità con cui esprime sinceramente se stesso. È possibile che uno voglia mettere a disposizione il tempo e le energie a fianco degli operatori responsabili dei progetti, in spirito di umile serenità, condividendo un clima di accogliente simpatia. C’è sempre il timore di poter fare poco o niente. Ma ciascuno può fare il suo possibile e questo basta. Non è necessario essere eroe, neanche specialista. Basta partecipare in modo sensibile ai progetti.
La Comunità “Gesù risorto” a Capodarco, avviata da Don Franco Monterubbianesi, è andata avanti con l’opera dei volontari. Ricordo di aver sperimentato qui un tessuto di preghiere, di esempi, di affetto promuovente, di stima che valorizza e coinvolge insieme nel gruppo, aiuta il nostro indispensabile libero e gioioso: “Sì, lo voglio”.
Il volontariato è il testimone di un’umanità solidale che si lega agli altri con l’umiltà e fa vincere le incapacità: fa progredire la giustizia e la pace nelle istituzioni spesso burocratizzate. La partecipazione non condivide solo hobby o passatempo, ma mette a disposizione le risorse in modo che ciascuno faccia la sua parte nel collaborare. Nel settore delle missionarietà cristiana ci sono cooperatori che vanno nei paesi emergenti e in base alla formazione acquisita in famiglia, a scuola, in parrocchia, nelle associazioni, aiutano l’opera delle missionarie e dei missionari.
Un altro esempio è la rivista semestrale “Quaderni dell’archivio storico arcivescovile di Fermo” che è andata avanti dal 1987 ad oggi ed ha stampato più di 50 numeri o libri, ciascuno di 120 pagine e più. Il direttore ci ha messo le sue risorse ed ha fatto affidamento sugli amici che condividevano il progetto in modo efficiente. Dire amici significa dire volontari. La formazione al sostegno, al dialogo fraterno, alla collaborazione avviene attraverso il guardare quello che fa l’esperto, il ragionarci e l’agire nel modo più adatto alle esigenze. Le forze bene spese sono quelle ispirate dalla pazienza e dalla modestia. Meglio capire di non sapere abbastanza che non credersi di saper fare molto.
Lo si può vedere parimenti nella “Voce delle Marche” che riunisce un gruppo di collaboratori, chiede loro proposte operative e realizza insieme il percorso. Non succede che tutti abbiano le stesse abilità, anzi si vive una complementarità basata sulla diversità. Sarebbe controproducente l’uniformità. Da vari punti di osservazione derivano molti racconti e riflessioni. Il volontariato, che diventa stile di amicizia, rende attivi nella solidarietà coloro che sono e restano diversi per età, gusti e opinioni. La finalità di sostenere le ricerche e di diffonderle muove ciascuno a dare un apporto personale al risultato finale.
Il risultato concreto rispecchia la mente dei collaboratori, sotto la guida rispettata di un reggente. Quando si parla di finanziamenti esterni, le opinioni non sono convergenti. C’è chi vuol portare avanti l’opera senza elemosinare soldi. C’è chi attende soldi dall’esterno con premura di andare a chiederli e riscuoterli.
Il volontario amico valorizzava la presenza di molti, e stando insieme, impara a tenere libera la mente: da dubbi futili, da abbandoni pessimisti, da ideologie pessimiste, da intenzioni astute, doppie, egoiste. Come tra sposi e in famiglia si impara la concretezza e l’operosa fedeltà agli altri nel completo disinteresse.