Fermo nel secolo XIV storia società cultura, Ebrei di LIBERATI GERMANO

Le strutture sociali e l’inurbamento nel primo Trecento a FERMO

Liberati Germano

La società Fermana nel primo Trecento fa notare un complesso di fermenti interni per cui essa si costruisce nelle sue strutture, avanza, determina le sue scelte, esprime dall’intimo le forze nuove del suo divenire storico. Riferiamo i dati delle pergamene del Comune di Fermo presso l’Archivio di Stato di questa città.

Ci troviamo di fronte ad un arricchimento economico, ad un’attività politica per la conquista di nuove  libertà, ad una espansione territoriale ed al passaggio, con fasi alterne, dal Comune di reggenza podestarile alla Signoria, salva restando la struttura della stessa società che registra, tutto sommato, un periodo di transizione.

La nobiltà feudale, pur mantenendo i suoi antichi caratteri, subisce per libera scelta o forzosamente, un parziale ridimensionamento. Inoltre emergono fatti nuovi come il rinnovamento dei traffici, l’introduzione di nuove fiere, la presa di rinnovati e intensi contatti economici con centri lontani come Venezia e la Dalmazia.

Nello stesso tempo, permangono le strutture tipicamente comunali, quali le consorterie di arti e mestieri, forti e potenti, ma indebolite per situazioni interne o per pressioni esterne. Senz’altro resta la nobiltà come una delle componenti sociali più importanti.

Il fenomeno che più interessa è che, per la sempre crescente potenza del Comune e per la sua progressiva espansione territoriale, la nobiltà veniva costretta a lasciare la residenza dei propri feudi e divenire nobiltà cittadina: questo lento processo a Fermo comincia alla fine del secolo XIII per diventare più massiccio e più vivace nel seguente secolo XIV.

ln papa Nicolò IV in una lettera scritta nel 1290 al Rettore della Marca (THEINER, A. Codex diplomaticus dominii temporalis s. Sedis. Roma 1861 vol 1, doc. 473, p. 307) parla di espoliazione nei confronti della nobiltà feudale con l’incarico affidato al rettore stesso, di vigilare affinché non permetta che nelle terre dei nobili avvengano le “comunanze” a  pregiudizio di questi.

Altri due esempi. Nel 1317 il Comune di Fermo dava ad alcuni signori di Mogliano la cittadinanza Fermana dietro la concessione a questo Comune delle competenze sul detto castello. Nel 1319, Fermo ottenne la consegna del castello Mercato (presso l’attuale Porto d’Ascoli) e del suo borgo con porte, vie, fonti e rive., dietro contropartita che i padroni godessero diritti e privilegi propri dei cittadini Fermani.(pergamena 1683)

Divenuti cittadini di Fermo i nobili, perdendo il potere politico, mantenevano i loro feudi come punti di forza economica, evitavano anche di perdere i contadini delle loro terre, in quanto divenuti essi nobili cittadini, era bloccata la fuga dei servi della gleba dalle campagne che ora costituivano terre amministrativamente del Comune e sulle quali il Comune stesso aveva interesse che i contadini restassero. Singolare è la nuova posizione in cui si venivano a trovare i servi della gleba.

Essi, prima, erano sottoposti in tutto ai signori feudali, e vedevano adesso esercitata sulle terre che coltivavano e su se stessi una doppia autorità, con una relativa doppia dipendenza economica nei loro confronti: l’autorità comunale e la relativa dipendenza da Fermo nel campo politico e amministrativo. Se si tiene conto che la distinzione tra la proprietà privata e la giurisdizione pubblica è molto posteriore, di conflitti di competenza sorgevano continuamente tra il Comune e i signori a tutto danno delle persone soggette.

Consideriamo due documenti  che riguardano il passaggio di proprietà dai signori al comune di Fermo. Nella pergamena 1688 si legge: “Trasferirono ogni giurisdizione e potestà del mero e misto impero che hanno sul castello e sulle sue pertinenze e su tutte e singole le persone …”  Nella pergamena 1688 “ Ogni singola cosa: case, torri, girone, spazi, rive, fossati (…) e ogni diritto e dominio”.

Tuttavia, se Fermo aveva interesse a mantenere la situazione del contado nello statu quo, è anche vero che talora concedeva la possibilità di un esodo dalle campagne, qualora questa fosse a vantaggio dello stesso Comune cittadino. È il caso del castello di Montottone acquistato dell’1314 da Fermo, ai cui abitanti si concedeva che essi possano andare liberi e indenni come gli altri cittadini verso la città di Fermo e verso il suo distretto (pergamena 1885).

POPOLO

Un discorso complesso esige l’accurata analisi della composizione della popolazione cittadina. Il termine che la designa è quello di “popolo, o uomini della città di Fermo” senza nessuna ulteriore specificazione. Quali fossero  gli strati sociali che compongono il ‘popolo’ e gli uomini, nei documenti non è mai detto chiaramente. Tuttavia possiamo affermare che con tale termine si comprendessero tutti gli uomini liberi del Comune, che pagavano le imposte e che potevano esercitare i loro diritti politici.

Questa generica accezione porta però ad escludere sia i servi della gleba, sia anche i nobili. I primi perché non godevano di diritto di cittadinanza; i nobili perché altrove sono chiaramente connotati con il termine “nobili , militi”, accanto all’onnipresente ‘popolo’ nei protocolli dei documenti. In generale gli storiografi pensano che il popolo sia tutta quanta la popolazione libera della città o del castello, eccezione fatta per i nobili militi, per il clero e per i nullatenenti.

Per specificare ancora questa massa di popolazione cittadina, dobbiamo ravvisare in essa gli artigiani, i mercanti, i piccoli proprietari terrieri ed un gruppo di notevole cultura in forza del così detto Studio Fermano, o studio generale, tipo università. Nel primo Trecento gli artigiani e la popolazione cittadina in genere risultano essere associati in consorterie o arti.

A Fermo, il “Capitano delle Arti” ha maggiore rappresentatività pubblica dei “Priori delle Arti”, perché indica un’organizzazione tale  da poter rivendicare una particolare e distinta presenza politica e amministrativa. L’elenco delle arti ci rende edotti sulle principali attività commerciali, economiche ed artigianali del Comune.

Tra le arti sono nominate alcune che hanno rari riscontri con quelle di altri comuni italiani: “Caseolarii, Molendinarii, Tabernacolarii” e particolarmente “Calzolarii”. L’attività calzaturiera è stata tradizionale nelle nostre zone del Fermano, sino a divenire oggidì l’industria principale, a livello internazionale. (Registro dei Consigli di Cernita anni 1380-1382 carte 56-57)

Nell’ambito delle arti era presente un nutrito gruppo di cittadini, piccoli proprietari terrieri, che dopo la urbanizzazione, esercitavano una qualche attività artigianale o mercantile. Ma il loro reddito era soprattutto garantito dalla proprietà terriera. Qui possiamo scoprire il significato della mancata organizzazione  (finanziaria) delle arti. Il Comune restava ad economia prevalentemente agricola e il passaggio verso una fisionomia industriale e commerciale non vi fu mai, sia per le particolari configurazioni geografiche, ma soprattutto per una certa tal quale mancanza di fiducia degli artigiani e dei mercanti nel loro nuovo mestiere che non assunse mai carattere primario.

Altro gruppo sociale era costituito da un collegio di giudici, procuratori e Notari, numero rosso e di grande rilievo. Di essi si ha un lungo elenco dell’anno 1380. Secondo gli Statuti dei Fermani (Statuta Firmanorum lib. III, rub. XXIII) era demandato a questi il compito di redigere atti pubblici in Fermo e nel distretto, secondo precise prescrizioni. Tale collegio nel 1380 conta ben 27 avvocati, 26 procuratori, 77 notari e lascia presupporre una lunga tradizione. Alcuni indizi ce la confermano, tra cui l’esistenza attestata già nel 1366 di un altare intitolato a San Giovanni Evangelista, protettore del collegio, nella chiesa metropolitana della città. Del resto giureconsulti Fermani sono presenti ed operanti anche fuori della città ed occupano incarichi di notevole prestigio.

Si affiancava a questa schiera di uomini qualificati tutto un movimento artistico che testimonia il fervore culturale della città. Molte delle più importanti vicende artistiche Fermane si iniziarono o si conclusero in questo secolo: accenniamo al compimento, verso la metà del secolo XIV, della splendida cattedrale gotica. Iniziata per le mani di Giorgio da Como, essa veniva terminata nel 1348 da Giacomo Palmieri, scultore architetto Fermano, che poneva in opera il grandioso rosone con l’epigrafe che lo nomina.

In questo secolo le pareti delle chiese monumentali venivano coperte di affreschi. È attestata a Fermo la presenza di artisti come Andrea di Bologna, Franceschino Ghissi, Iacobello di Bonomo, Iacobello de Fiore, Paolo Veneziano e numerosi altri.

Per completare il quadro delle strutture della vita sociale, occorre accennare alla presenza di una colonia ebraica. La presenza degli Ebrei è attestata da alcuni atti di prestito in cui compaiono come creditori (pergamene 1338,792,1193,1121). È da inquadrarsi nei particolari contatti di che Fermo aveva con le terre dell’Adriatico orientale, donde potrebbe spiegarsi la loro (originaria) provenienza. Non conosciamo la loro entità numerica che però non doveva essere disprezzabile, tale comunque da ottenere uno stato giuridico particolare (perg. 1338) con clausole di carattere finanziario riguardanti i prestiti.

Un esame dettagliato degli atti ci conduce a pensare che si trattasse di una specie di comunità economica, una sorta di compagnia commerciale e bancaria di una quindicina di famiglie, con responsabilità in “solido”. Il denaro liquido di cui disponevano, assai notevole, ci fa pensare ad una compagnia mercantile. E del resto il fatto che essi consegnassero denaro in fiorini, in ducati ed in altri conii, senza nessun particolare motivo, se non la disponibilità del momento, può costituire una conferma di qualche valore (perg. 1193 e 829, totale 6600 libbre ravennati).

Per tutti i cittadini, il fatto di essere accolti nella città rappresentava un vantaggio economico e sociale per la possibilità di una vita più intensa, più agiata, più ricca di esperienza umana.

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