ALCUNI RICORDI DI NONNA GIUSTINA AGOSTINI SBAFFONI
Quando ero ragazzina non mi rendevo conto del grande dono ricevuto da Dio, del valore così prezioso di appartenere ad una famiglia di modeste origini, ma di grande fede cristiana. Il mio pensiero va a tutti i miei antenati; ma in modo particolare alla mia nonna materna, Giustina Agostini, vedova Sbaffoni, al suo esempio, alle sue opere, alla sua umiltà. I talenti che Dio le aveva donati, lei li aveva fatti fruttare in abbondanza.
Dio le aveva dato i doni della conoscenza e della guarigione. Lei con molta umiltà, grande fede, tanta preghiera, spirito di sacrificio e amore verso il prossimo, ha operato veri prodigi. Con le sue preghiere intercedeva presso Dio, ed otteneva la grazia della guarigione per tanti sofferenti che a lei si rivolgevano.
Ho vivi nella memoria alcuni episodi. Avevo 16 anni e passai con lei alcuni giorni. Al termine della giornata, quando ci si apprestava per andare a letto, lei mi invitava a dormire tranquilla, che di lì a poco sarebbe venuta anche lei. Durante la notte mi svegliai più volte, la vidi sempre in preghiera inginocchiata di fianco al letto, questo si ripeteva tutte le notti. Mi resi conto che il suo riposo era ridotto al minimo indispensabile. Lei durante la notte pregava per tutte le persone sofferenti che le avevano chiesto aiuto. Pregava molto anche per le cattiverie esistenti su questa meravigliosa terra che Dio ha creato.
Alla preghiera lei aggiungeva il digiuno. Nei miei ricordi, lei faceva un solo pasto al giorno, questo pasto nel periodo della quaresima, consisteva in pane ed acqua, al massimo qualche volta aggiungeva un po’ di verdura cotta. Abitava in campagna, ma immancabilmente tutte le mattine, molto presto, si incamminava per andare alla Santa Messa per tutto il tragitto (circa 3 km) recitava il Santo Rosario. Per tutta la durata della Santa Messa lei era inginocchiata, appoggiandosi alla balaustra. Un tempo in tutte le chiese c’era una balaustra che delimitava lo spazio della navata da quello dell’altare. Finita la Santa Messa lei si intratteneva ancora in preghiera, poi si incamminava ancora per fare ritorno a casa, sempre pregando.
Il suo volto era sereno, anche nei momenti di grande sofferenza. Lei di sofferenze ne ha avute veramente tante. Non ricordo di averla mai sentita formulare un rimprovero per alcuno, era molto comprensiva, ed infondeva serenità a tutti. Invitava sempre e soltanto alla preghiera. Mi capitò di assisterla alcuni giorni, perché ammalata, ma non ricordo di averla vista triste, o di notare sofferenza nel suo volto, neanche sentita lamentarsi, come può capitare a tutti. Sicuramente lei offriva al Signore ogni sua sofferenza come preghiera.
Un giorno in mia presenza si avvicinò a lei un uomo, il quale le chiese aiuto per la sua salute, lei lo ascoltò con molta attenzione, poi, sorridendo e con molta dolcezza gli chiese perché mai si fosse rivolta a lei, dal momento che lui non era un credente. Quell’uomo restò sbalordito e molto sorpreso dal momento che per lei era un perfetto sconosciuto e quindi non poteva saperlo, ma lei con un sorriso di straordinaria dolcezza, posto su di lui il Crocefisso, che lei aveva sempre con sé, lo invitò a pregare con lei. Udii quell’uomo, non credente, pregare insieme con lei. Pensai alla parabola della pecorella smarrita. È mia convinzione che lei di pecorelle smarrite, all’ovile del Signore, ne ha riportate tante.
Ricordo e tengo sempre presente alcune parole che le udii dire ad un uomo che si lamentava di un sacerdote, disse: “Tu fa’ ciò che il prete dice, non quel che il prete fa”. Sono parole che invitano alla riflessione. Tutti possiamo sbagliare, sacerdoti compresi, ed è motivo di preghiera, non di giudizio: giudicare non è compito nostro.
La sua grande devozione alla Madonna la indusse al restauro della chiesa dedicata alla Madonna delle Grazie, ormai diroccata ed anche alla costruzione di un appartamento adiacente alla chiesa, per poi darla in dono alla Curia vescovile di Fermo. Ricostruì anche la chiesetta di Sant’Anna protettrice delle partorienti. Entrambe le chiese si trovano nel territorio di Belmonte Piceno, dove anche lei abitava. Queste opere le realizzò con l’aiuto e le offerte di tantissima gente, a solo scopo benefico. Tutt’oggi è meta di tanti pellegrini.
Era alla protezione della Madonna che lei affidava tante anime bisognose, per cui lei tanto pregava. A distanza di anni dalla sua morte è per me, tutt’ora, motivo di insegnamento. Ogni sua parola era lo specchio di una grande saggezza e mi fa pensare alle parole dette da Gesù: “Io sono la resurrezione e la vita, chi crede in me non morirà in eterno. Mia nonna è morta da molti anni; ma è vivo il suo ricordo in molti di noi, ancora pellegrini sulla terra.
Le sue opere, la sue intercessione, la sua protezione, vivono ancora. Le testimonianze della sua grande fede non debbono andare disperse. Io vorrei che i miei figli le tramandassero ai loro figli. Quando andavo a trovarla con i miei bambini, allora piccoli, lei li teneva accanto a sé, con la sua mano sul loro capo, sempre faceva una preghiera per loro.
Ora io mi rivolgo ancora a lei, chiedendole di tenere sempre la sua mano sul loro capo e sulla loro famiglia, di intercedere e pregare per loro, per le loro famiglie e per tutti coloro che ne hanno bisogno. Nel Vangelo troviamo la parabola del granellino di senape: esso è il più piccolo dei semi; ma se l’uomo lo semina nel suo campo diventa un grande albero.
Mia madre aveva ereditato la sua dolcezza, l’umiltà ed una grande bontà. Di entrambi io serbo un grande ricordo e grandi insegnamenti. Riporto alcune delle tante testimonianze. Non sapevo quale brutto periodo di grande dolore ci fosse all’orizzonte, per me e per la mia famiglia. Sognai di incontrare mia nonna, io molto felice le andai incontro per salutarla, la vidi alquanto seria e con la sua innata dolcezza mi prese per mano, invitandomi ad andare con lei in chiesa dicendomi di pregare tanto. Io capii che il suo era un messaggio per me. Infatti soltanto la fede, la preghiera, la sua protezione e di intercessione presso il Signore, aiutarono me e la mia famiglia a superare quel lungo brutto periodo.
Questo a conferma che lei vive ancora. Dalla casa del nostro Padre Supremo, veglia su tutti noi e ci protegge. Mi piace ricordare alcuni dei tanti episodi di quando era ancora in vita. Io seppi dell’esistenza di padre Pio, ora San Pio da Pietrelcina da lei. Mi parlava spesso di quanto bene facesse quel frate: lei lo stimava molto. Mi risulta che anche padre Pio stimasse molto nonna Giustina, ed apprezzasse molto il bene che lei faceva. Personalmente sono molto devota a San Nicola da Tolentino, frate agostiniano: fu lei la prima a parlarmi di questo grande santo, del quale lei era molto devota. So che con San padre Pio si scrivevano, ma non ho mai avuto la fortuna di vederne il contenuto. Ebbi invece la gioia di leggere una lettera che lei mi fece vedere con molta gioia: era stata scritta dalla Santa Sede in Vaticano. Il mio attuale rammarico è quello di ricordare perfettamente la lettera ma non altrettanto il suo contenuto.
Abitavo nel Montefeltro per il lavoro di mio marito. Un nostro amico, di nome Giuseppe, aveva un ginocchio con grossi problemi, il forte dolore non gli permetteva di camminare e neanche di guidare la macchina. Gli parlammo di mia nonna: lui ci chiese se potevamo accompagnarcelo. Ci volevano alcune ore di viaggio: l’autostrada Adriatica non c’era ancora. Mio marito e Giuseppe si misero in viaggio, dicendo che sarebbero tornati il giorno dopo, avrebbe passato la notte a casa dei miei genitori i quali abitavano nel Maceratese. Mia nonna nel salutarli disse loro di non fermarsi, dovevano tornare subito a casa. Loro non capivano il perché, ma lo fecero. Dopo due ore dal loro arrivo a casa, la mamma di Giuseppe morì, per un improvviso malore. Giuseppe disse: “Se non l’avessimo ascoltata, avrei trovato mia madre già morta”. Giuseppe, ora novantenne, vive ancora ed il ginocchio non gli ha mai più fatto male, né dato problemi.
Da ragazzina abitavo a Belmonte Piceno, non molto lontana da mia nonna. Ricordo le tante persone che arrivavano a piedi da altri paesi, chiedendo informazioni, dicevano: Dove abita la santa? O Dove sta l’indovina? Dove troviamo la maga?” Se è santa lo sa solo nostro Signore. (Per me lo è). Indovina non è il termine; ma lei aveva il dono della conoscenza. ‘Maga’ assolutamente no: lei non faceva magie. Lei, con grandissima fede, con umiltà, con sacrifici e con tanta preghiera ha fatto lievitare i doni che Dio le aveva dati. Non voleva essere ringraziata, diceva che non era opera sua. Aveva ragione: era Dio che operava per mezzo di lei.
Oltre un mese dopo la sua morte, io e mia madre ci recammo al cimitero e davanti alla sua tomba c’erano ancora le corone dei fiori che erano state fatte per il suo funerale: nonostante i fiori recisi fossero senza acqua, ed esposti alle gelate di quel periodo, erano bellissimi e sembravano appena colti. Ci si avvicinò il custode, il quale ci conosceva benissimo, e ci disse: “Non ho mai visto delle corone di fiori restare così belle e così a lungo”. Tutte le volte che mi era possibile andavo al cimitero.
Un giorno davanti alla sua tomba ci trovai un ragazzo, il quale mi chiese chi fossi e se l’avevo conosciuta. Poi ci mettemmo a parlare e mi raccontò la sua storia. Mi disse: “Sono venuto a ringraziarla. Ero molto malato. Il dolore alla testa mi tormentava giorno e notte. I vari specialisti dai quali mi ero recato, non sapevano più che farmi. I farmaci non solo non miglioravano le mie condizioni, che continuavano a peggiorare; ma non mi davano alcun sollievo, neanche per il dolore. Mia madre voleva portarmi da questa Giustina. Io mi sono sempre rifiutato di venirci, perché non ci credevo. Cosa avrebbe potuto fare lei, se tutti i dottori fallivano? Mia madre non si arrese: prese la mia sciarpa e ci andò da sola.
Al ritorno mi disse: “Giustina ha pregato per te e pregherà ancora: tu devi portare al collo questa sciarpa. Ero molto scettico; ma non volevo deludere mia madre e mi misi al collo quella sciarpa”. Poi con molta commozione dice ancora: “Dopo alcune ore stetti così male che pensai di morire, mi sembrava che qualcosa stesse scavando nella mia testa. Era così forte il dolore che mi gettai a terra. Poi improvvisamente il dolore diminuì e passò del tutto: stetti sempre meglio e riacquistai le forze, senza mai più avere un dolore. Però lei nel frattempo è morta ed io sono qui davanti alla sua tomba, per ringraziarla e conoscerla attraverso questa foto. Sono molto rammaricato, dovevo venirci subito, l’avrei trovata ancora in vita”.
Mia madre mi raccontò che nel periodo della guerra c’erano tanti analfabeti. Molti di essi andavano da nonna Giustina per farsi leggere le lettere che arrivavano dal fronte, dai loro congiunti. Le chiedevano di scrivere per loro. Lei era sempre molto disponibile per chi ne aveva bisogno.
Io ricordo che da bambina quando la vedevo scrivere, ne restavo incantata: aveva una bellissima grafia. Nel suo loculo c’è una scritta in corsivo, è così come lei scriveva.
Anche nonna Giustina aveva un figlio disperso in guerra. Mia madre raccontava che tutti lo consideravano morto. Per lungo tempo di lui non si seppe nulla; ma nonna diceva sempre che un giorno sarebbe tornato. Lei sapeva chi sarebbe tornato e chi no. Dicono che non ha mai sbagliato. Io ero molto piccola ed i ricordi di questo zio Francesco (così si chiamava) iniziano proprio da questo suo tanto atteso ritorno. Tornò a casa molto sofferente e malnutrito, a causa di tutti gli stenti subiti. Per questo suo ormai inatteso ritorno ci fu molto fermento e tanta gioia. Ricordo, seppure fossi piccola, che vidi mia madre piangere di gioia per questo suo fratello ritrovato. Di questo zio, ora defunto, serbo un bellissimo e caro ricordo.
Mia nonna è morta il 19 dicembre del 1972. Abitava da alcuni anni a Piane di Falerone, insieme con il figlio Gaetano e con la sua famiglia. Per il funerale tornò anche mio zio, padre Dino Agostini, missionario in Brasile, il quale con il permesso dell’Arcivescovo di Fermo celebrò una santa Messa per la veglia funebre lì in casa. Ci fu un grande via vai di gente che veniva da tutte le parti. Si diede a tutti la possibilità di vederla, un’ultima volta, portando la bara, ancora aperta, all’esterno dell’abitazione.
Fu una giornata particolarmente fredda. Quando mi avvicinai alla bara, sentii il desiderio di farle l’ultima carezza: così passai la mia mano sotto il suo mento. Avevo paura di sentirla rigida e fredda, invece sentii la sua pelle morbida e scorrevole. Non ci sono parole che possano descrivere ciò che provai. Questo fatto lo ripenso spesso e mi commuovo ancora; ma provo anche tanta gioia nel cuore.
Nel 1991 mia sorella doveva avere il suo terzo bambino. Io la accompagnai in ospedale. Tutto stava procedendo bene: il travaglio era iniziato e andava secondo le regole. Improvvisamente l’ostetrica sente che il che il battito del bambino si andava affievolendo. Rimanemmo tranquille (in apparenza) per non agitare mia sorella. Furono momenti molto drammatici. Cosa molto insolita, il bambino comprimeva il cordone ombelicale, impedendo di ossigenarsi. Con il pensiero implorai mia nonna di salvare quell’esserino e di aiutare mia sorella che porta lo stesso nome di lei. Supplicavo mia nonna con tutto il cuore e con tanta disperazione. Al momento della nascita era un esserino inanimato e molto cianotico. Gli fu praticato il massaggio cardiaco e con immensa gioia lo sentimmo piangere. Furono fatti i controlli del caso, per capire se quella mancanza di ossigeno avesse provocato lesioni a livello cerebrale ad Andrea. Nessuna conseguenza: è un bellissimo bimbo, intelligente e molto vivace. L’ostetrica fu eccellente nel suo lavoro; ma sicuramente Dio ha permesso a nonna di fare un miracolo.
A NONNA GIUSTINA
Sei luce e guida nella mia vita,
sei gioia nel mio cuore che sempre t’implora:
Questo mio cuore, grazie ti dice
per Andrea che s’affacciava alla vita;
ma la vita lo stava lasciando.
Il sorriso e la gioia di Andrea
è un inno alla vita e un grazie per te.
Emilia
NONNA GIUSTINA
Era dolce il tuo sguardo,
grande il tuo cuore.
Nella tomba il tuo corpo riposa:
ma lo spirito vaga,
vicino a chi bisogno ne ha:
doni conforto e serenità.
Misera me quanto io poco
prego per te e la tua santità.
Molto ti chiedo, poco ti do;
ma un grazie sincero mi sgorga dal cuore
per tutti coloro che raccomando al tuo aiuto
e aiuto tu dài.
RICORDO
Sempre vive in me il tuo ricordo,
maestra di vita ancora sei.
A te raccontavo i problemi dei miei 16 anni.
Nel segreto dei miei pensieri,
a te confido le pene dei miei 40 anni.
Ai miei 16 anni donavi un dolce sorriso
ed una carezza: Ai miei 40 anni
doni un dolce ricordo e la certezza
che sempre vicina mi sei.
Una preghiera a te io rivolgo:
ai miei bimbi una carezza
e una benedizione sempre tu davi.
I miei bimbi sono ora cresciuti;
ma, nonna, quella benedizione tu dagliela ancora
e la sua santa mano tieni sul loro capo.
PREGHIERA
Per guarire e capire i suoi figli
il Signore un dono ti fece.
E tutti coloro che a te rivolti si sono,
con un dolce sorriso accolti li hai
e per loro sempre pregato tu hai.
Quante fatiche e preghiere al Signore
hai offerto per noi.
Ed ora ti prego, dall’alto dei cieli,
continua a pregare per chi il Signore non ama,
per chi in un letto di sofferenza si trova;
per i giovani che perdon la via;
per i bimbi che amati non sono,
per gli anziani sofferenti e soli.
Il mio cuore il Signore ringrazia
e prega per me e la sua santità.
19.3.’89 E.
Decidere di raccontare una particolare esperienza del passato, è stato molto difficile per me, perché legata ad un periodo di molte difficoltà e di profondo dolore.
Ma vorrei che i miei nipoti, attraverso questi pochi scritti, conoscessero meglio la loro trisnonna Giustina Sbaffoni. Desidero anche ringraziare i miei figli e Dio che me li ha donati. Il loro affettuoso aiuto è sempre stato per me di vitale importanza.
All’inizio di maggio dell’anno 1992, sognai mia nonna Giustina la quale mi invitava a pregare molto insieme con lei. In quel periodo Gianni, mio marito, con le radioterapie cercava di combattere la malattia che lo fece molto soffrire. Franca, nostra figlia, stava attraversando un periodo difficile per la sua salute, avrebbe dovuto fare un intervento chirurgico; ma lei non era pronta per affrontarlo; lo fece qualche anno più tardi. Emiliano, nostro figlio, ebbe un gravissimo incidente stradale (30.5.92).
Lo vidi in rianimazione, in coma quasi profondo, e gravissime lesioni in varie parti del corpo, alcune invalidanti. I dottori mi invitavano a non farmi illusioni: la situazione era gravissima. In quei 22 giorni di coma subì anche vari interventi chirurgici. Mio zio Gaetano Sbaffoni custodiva il Crocifisso che nonna Giustina, in vita, aveva sempre con sé e pregava tenendolo in mano. Io gli chiesi di prestarmelo per alcuni giorni: lui fu felice di accontentarmi. Tutte le volte che avevo il permesso di entrare in rianimazione, poggiavo il Crocifisso sul corpo martoriato ed immobile di Emiliano. Con il pensiero imploravo mia nonna di stargli è vicino. Non avevo la forza di pregare; chiedevo a lei di intercedere presso il Signore, ed alla Madonnina, nostra madre amorosa. Io come preghiere non avevo altro che offrire tutto il mio dolore.
Era mia nonna il filo conduttore con l’Altissimo: ero certo della sua protezione, del suo aiuto, della sua intercessione. Ero anche certa che il Signore, come sempre, ascoltava le sue preghiere. La notte del 22° giorno, Emiliano riprese conoscenza. I dottori e gli infermieri di turno mi dissero che in quel momento avevano pianto. Non credevano che ciò sarebbe potuto accadere. Ci volle del tempo; ma Emiliano riprese a vivere e lavorare, senza nessuna situazione invalidante.
Gianni e Franca, in tempi diversi, sono entrambi tornati alla casa del Padre. Sono certa che tutti insieme ci sono vicini e ci proteggono: sono i nostri fili conduttori con l’Altissimo.
Sta a noi non allontanarci mai da quei robusti fili conduttori
Emilia