MONTE VIDON COMBATTE di Pallottini Luciano storia e arte

MONTE VIDON COMBATTE

di Luciano Pallottini

Questo nome, che può apparire alquanto lungo e strano, secondo alcuni studiosi locali, potrebbe derivare da un fatto d’armi di epoca medievale, ancora sconosciuto.  Dai documenti medievali appare evidente che Vidone è il nome di persona Guidone , di probabile origine germanica.

I primi insediamenti non possono prescindere da quelli dei vicini Ortezzano e Monterinaldo e risalgono pertanto, con ogni probabilità, all’epoca piceno-romana. Nel periodo medievale risentì della sua posizione di confine tra l’Ager Fermano e quello Farfense.

Insieme ad Ortezzano, Petritoli e  Moresco fu luogo di approdo, lungo il corso del fiume Aso o Asone, per gli scambi commerciali dei Farfensi. In seguito fece parte dei “domini contadini”, insieme ai castelli di Montegiberto, Collina vecchia, Camporo, Carassai, Rocca Monte Varmine, alcuni dei quali furono distrutti dai Fermani (1). Appare così evidente lo stretto rapporto, nella media valle dell’Aso tra alcuni castelli della sponda sinistra, come Monte Vidon Combatte, ed altri della sponda destra, come Carassai.

Il castello di Monte Guidone viene citato in vari documenti dei secoli XI, XII e XIII. Nel 1063 viene ricordata la località di Monte Vidone insieme alle località di S. Stefano, Piane dell’Aso e altre.

Nel 1184, in un atto notorio, compare tra i testimoni, un certo Combacti de Monte Guidone, nel 1202, in un altro atto notorio, compaiono Suebaldus Montis Guidonis e Berardus Zatto Combacti.

Nel 1256 presso Montecchio (oggi Treia in provincia di Macerata) il rettore della Marca Annibaldo di Trasmondo accoglie il giuramento di fedeltà dei rappresentanti di vari castelli, tra cui quelli di Camporo (vicinissimo a Carassai ed oggi non più esistente), e di Monte Guidone (2).

In altri documenti medievali il castello di Monte Guidone viene citato spesso accanto a quelli di Collina Vecchia e di S. Procolo qui compaiono i nomi di alcuni torrenti tuttora esistenti come il Lubrico, ma anche un non meglio identificato “Rigo de Alvino”, che il sottoscritto ha inteso identificare come l’Helvinum, citato da premio il vecchio nella sua “Historia Naturalis”. (3)

in un documento del 1055 compare un “Fluvio Ibico”, che con tutta probabilità dovrebbe corrispondere all’attuale torrente Indaco, il maggiore affluente dell’Aso, dotato di un alveo proprio, di una portata perenne e di una fauna acquatica, lungo ben dieci chilometri e caratterizzato tuttora dalle sue piene impetuose (4).

Dalla “Cronaca Fermana” di Anton Di Nicolò apprendiamo che nel mese di marzo del 1415, il giorno di Pasqua, i Malatesta di Cesena, con le loro genti, posero il campo sopra il castello di Monteleone e, nell’arco di due giorni, lo conquistarono insieme ai castelli di Montottone, Monsampietro Morico, Sant’Elpidio Morico, Collina Vecchia, Ortezzano e Monte Vidon Combatte. Nel marzo dell’anno successivo tuttavia, sia Ortezzano che Monte Vidon Combatte, tornarono sotto la signoria del Migliorati, signore di Fermo, per opera di Berardo di Giorgio (5).

Agli inizi delle XVI secolo il vicino Petritoli subì notevoli danni dalle truppe del feroce condottiero Sciarra Colonna, che imperversavano nel Fermano, e neanche Monte Vidon Combatte ne rimase indenne.

Dopo il 1590, morto il Papa Sisto V e succedutisi tre pontefici in 15 mesi, le Marche furono infestate da schiere di banditi, guidati da uomini come Marco Sciarra, detto Re di Campania, Battista Amici di Monte Vidon Combatte, detto Battistella, Domenico Pelagallo, Pacchiarotto, Brandimarte Vagnozzi da Porchia ed altri.

Il Vagnozzi, accusato nel 1591 dal vescovo di Montalto, Paolo Emilio Giovannini di avere aiutato l’Amici nell’assalto di Porchia, fu rinchiuso nel Forte di Ascoli.  Da qui riuscì però a fuggire e, unitosi agli altri banditi, assalì vari castelli, tra cui Ortezzano e Monte Vidon Combatte. Il Vagnozzi nel 1593, approfittando di un indulto del papa Clemente VIII, uccise lo Sciarra ed ottenne l’impunità, per questo fatto, dal Governatore di Fermo. Nel 1597 si unì all’esercito pontificio per andare a conquistare il Ducato di Ferrara combattendo contro il Duca Cesare d’Este. Per questo fatto lo stesso Clemente VIII gli lasciò un breve che lo assolveva in modo definitivo.

Il paese attuale, situato sulla riva sinistra dell’Aso, ha una altitudine di 398 metri sul livello del mare ed è circondato da mura medievali. Una porta al doppio fornice immette nel palazzo gentilizio dei Pelagallo, di probabile origine trecentesca. Nei secoli successivi più volte la storia del castello si è identificata con tale famiglia.

Caratteristica risulta la chiesa dedicata la Madonna delle rose con la sua scaletta in cotto, mentre al tratto nord delle mura è addossata la chiesa parrocchiale di San Biagio (6). Nella sua sacrestia era custodito il trittico”Madonna delle Rose”, opera di Fra Marino Angeli di S. Vittoria (1400-1470). L’opera datata 1448, è ora alla galleria nazionale delle Marche di Urbino. Un polittico smembrato dello stesso artista, un tempo custodito nella chiesa di Collina Vecchia, è stato trasferito per motivi di sicurezza presso l’arcivescovado di Fermo (7). All’interno della stessa Parrocchiale e visibile la “Vergine con bambino”, olio su tela di Jacopo Agnelli di Patrignone (secolo XVII), mentre al campanile e alla balconata della stessa chiesa  parrocchiale lavorò l’architetto ticinese Pietro Maggi sul finire del secolo XVIII.

In territorio del Monte Vidon Combatte, sulla riva sinistra dell’Aso, si incontra un antico edificio da tempo abbandonato, dove erano un mulino ad acqua ed un maglio. Quest’ultimo era un dispositivo mosso dalle acque del fiume serviva per la lavorazione del ferro. Di mulini e di magli ve n’erano più di uno, lungo il corso dell’Aso (vedi l’attuale Ponte Maglio di S. Vittoria) (8).

Negli ultimi anni alcuni studiosi, nell’aria di Monte Vidon Combatte e delle sue frazioni Collina Nuova, Collina Vecchia, S. Procolo, hanno individuato una zona di rilevante importanza archeologica. Essa infatti risulta ricca di fonti (fonte Magna, fonte de Tuso), di torrenti (Rio Lubrico, Rio Retruso, Indaco) e di rovine (Collina Vecchia, S. Orsola, S. Marone, Madonna di Loreto un tempo Santa Maria de Collina) (9).

Secondo G. Rocchi, la città piceno-romana Novana, citata da Plinio, doveva essere ubicata proprio in questa zona, che, del resto, non è lontana dal sito archeologico di Ortezzano, né dal santuario ellenistico, venuto alla luce in contrada Cuma di Monterinaldo.

Il toponimo Monte della Formica, a ridosso dell’attuale centro abitato di Monte Vidon Combatte, secondo G. Rocchi, farebbe pensare a buche terragne, adibiti a depositi cinerarie, riscontrabili anche a Monterubbiano (vedi L. Centanni) e a Carassai (vedi G. Polini), luoghi che presentano un’analoga morfologia collinare.

Secondo chi scrive, poi, proprio sul torrente Indaco, principale affluente dell’Aso situato al centro di questa zona, doveva essere il confine tra Pretuzi e Picentes.

Luciano Pallottini

(1)  S. CATALINO – T. ROMANI Adami – M. VITALI, Terre, Castelli, Ville nel Piceno,  Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo (MI), 1993. Pag. 229

(2)  Liber Iurium dell’Episcopato e della città di Fermo (977-1266). Codice 1030 dell’Archivio Storico Comunale di Fermo, a cura della Deputazione Storia Patria per le Marche e della Fondazione Cassa di Risparmio di Fermo, Ancona, 1996: vol.2, Documento  n.252 a cura di Giuseppe Avarucci, pag.467, Vol.2, Documento n.325 a cura di Giuseppe Avarucci, pag.581, Vol.3, Documenton.438  a cura di Ugo Paoli, pag.766.

(3)  Vedi Nota n.2, Vol. I, Documento n.104 a cura di Delio Pacini, pag.222. Nereo Alfieri, A proposito del passo pliniano sul Piceno ed in  particolare del fiume Helvinum, Accademia Nazionale dei Lincei, Rendiconti della classe delle Scienze Morali, Storiche e Filosofiche, Serie VIII, Vol. VII, Fasc. 1-2, gennaio, febbraio 1952.

(4) Vedi Nota n.2, Vol. I, Documento n.76 a cura di Delio Pacini, pag.164. Anton Di Nicolò, Cronaca Fermana, notizie riportate nel manoscritto inedito di Giampaolo POLINI di Carassai, gentilmente messo a disposizione dal nipote G. Fioretti di Napoli.

(5) Vedi Nota n.2, pag.229.

(6) Giuseppe CROCETTI, La Pittura di Fra Marino Angeli e dei suoi continuatori, Arti Grafiche Editoriali, Urbino 1985, Quaderno n.10 di  “Notizie di Palazzo Albani”, con il contributo delle Casse di Risparmio di Ascoli Piceno, Fermo e Teramo, del Comune di S.Vittoria e della Comunità Montana dei Sibillini.

(7)  Gian Paolo POLINI, Storia di Carassai, pagg.108,109,110, Liquori Editore, Napoli 1975. Luciano PALLOTTINI, I Castelli del Territorio di Carassai e Rocca Monte Varmine, Archeoclub di Carassai, Fotochrom di Grottammare 1997, pag.8.

(8) Luciano PALLOTTINI, L’Indaco era il fiume Elvino, confine tra Pretuzi e Piceni, Archeopiceno, Fotochrom Grottammare, dicembre 1999.

(9) Giovanni ROCCHI, Dai riti Marziali delle tavole iuguvine a “Sciò a Pica”, patrocinata da “GI-KAPPA” di Petritoli e Carassai,  Cooperativa Litografica COM. Capodarco di Fermo 1999, pagg.101,102,103.

Presso l’Archivio di Stato di Fermo, nell’Archivio diplomatico la pergamena numerata 1878 dall’Hubart è un atto dell’anno 1251 quando il comune di Fermo, nel riconoscere i comuni di Monte Vidon Combatte e di Collina, chiede a tredici famiglie le spese dei sopralluoghi.

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