MONTOTTONE nella storia Fermana di Nepi Gabriele

MONTOTTONE     di Gabriele Nepi     e <note documentali C. Tomassini>

Tra il mare Adriatico e la catena degli Appennini si estendono, in lenta gradazione, le fertili colline dell’antichissimo Piceno. Le intersecano fiumi e torrenti numerosi.  Fra questi, Montottone, a latitudine 43°3’43.48” nord e longitudine 13°35’4.99” est , su un colle di m. 277 d’altitudine nel centro urbano. Dista dal capoluogo provinciale di Fermo Km. 21,6. Il suo territorio collinoso, di 1631 ha, si estende dal fiume Ete all’Indaco.  Tutt’intorno i sette comuni confinanti: Montegiberto, Monte Vidon Combatte, Grottazzolina, Belmonte Piceno, Monsampietro Morico, Monte Rinaldo, Ortezzano

Le abitazioni del castello sono adagiate a gradoni sui fianchi a mezzogiorno ed a ponente di un colle con la chiesa di San Pietro apostolo in alto, ampliata nel 1758. Ha pregevoli bassorilievi dello scultore settecentesco Stefano Interlenghi, nativo di Montottone. La parrocchia era eretta a Collegiata.   Al centro dell’abitato c’è la maestosa chiesa di Santa Maria con portale del 1515 e all’interno un dipinto del sec. XVI, di Vincenzo Pagani.

Sullo stesso versante ovest ci sono le fabbriche delle ceramiche   Ad est del paese, su un’altura vicina, sorge il convento di San Francesco con l’omonima chiesa, che in antico era dedicata a Santa Maria dell’Annunziata extra muros. La chiesa fu ampliata nel 1763 e ornata con statue dell’Interlenchi. Il quadro in tela posto sull’altare maggiore è di Carlo Maratta. Il coro settecentesco è un elegantissimo lavoro in tarsia fatto dall’artista Gaetano Mircoli da Monterubbiano. Il portale è in pietra di Istria, elaborato nel secolo XIV secolo: sui capitelli ornati da foglie sono due leoni che affrontano due draghi.

Montottone fu un vicus od un pagus dell’antica colonia di Fermo come testimoniano le pietre sepolcrali, le monete romane, e altri reperti trovati nel suo territorio[1]. Le mura di questo castello sorsero tra il IX e X secolo[2].  La denominazione è da riferire ad Attone signore che vi fabbricò le mura di difesa, “Monte Attone”.[3]

<Nota documentale per i secoli X-XIII> Nel maggio 1059 Alberto figlio di Attone riceve a usufrutto per tre generazioni alcune proprietà immobiliari del vescovo di Fermo (Liber pp. 635ss). Questo Attone, padre,  ci riporta al secolo X.  Nel giugno 1061 il castello di Treviniano che era nel territorio di Montottone viene ceduto, con patti, al vescovo di Fermo (Liber p. 73ss). Nel settembre 1174 risultano alcune famiglie a Montemiliano in territorio di Montottone che si obbligano a portare al vescovo di Fermo alcunii prodotti agricoli (Liber p.409s). Negli anni attorno al 1191 esistevano a Montottone varie famiglie che avevano ricevuto terreni in affitto dai monaci benedettini di Farfa e pagavano il canone o censo al priore di Santa Vittoria in Matenano (A.P.XXIX p. 49s).

Nel febbraio 1200 il vescovo di Fermo riceveva, alla presenza di alcuni canonici, da Tebaldo di Alberico di Montottone la cessione dei diritti su quattro famiglie, pagando cento soldi lucchesi (Liber pp. 513s). Nel luglio 1202 il figlio Rainaldo e il padre Tebaldo, danno per quietanza al vescovo di Fermo quattro “mansi” o aziende di famiglie lavoratrici in territorio di Montottone (Liber p. 467s). Nel marzo 1217 il papa Onorio II confermava al vescovo di Fermo il dominio sui castelli tributari, tra cui Montottone (di nuovo nel 1219 Liber pp. 249s. 257s. e 332s). Nell’aprile 1217 il vescovo confermava alla famiglia Ruggeri l’affitto fatto dai vescovi predecessori nel castello di Montottone per tre generazioni, giurando fedeltà e servizio e pagando tre soldi lucchesi (Liber pp. 612s).

Documento importante è il riconoscimento del comune. Nel marzo 1219 don Pietro, vescovo di Fermo concede a Montottone la “Comunanza” con potere di scegliersi gli amministratori, i consoli e il podestà del loro castello , con l’impegno di difendere la chiesa Fermana e versare un terzo delle somme dei processi al vescovo (Liber pp. 411s). Nel settembre dello stesso anno Taddeo di Uguccione cede al vescovo tre famiglie tributarie con i servizi usuali al prezzo di cinque libre (Liber pp. 570s). Nel maggio 1220 i Montottonesi che hanno creato il proprio apparato amministrativo comunale si dichiarano vassalli del vescovo con obbligo di presentare ogni anno, alla festa dell’Assunta, nella cattedrale di Fermo, sei soldi lucchesi. Nel 1221 si risolve una controversia dovuta al fatto che il marchese Azzo d’Ete aveva ottenuto la Marca di Ancona dal papa e voleva interferire nei castelli del vescovo di Fermo. La sentenza del giudice conferma al vescovo il dominio esclusivo sui castelli vescovili, tra cui Montottone(Liber pp. 265ss). Ancora nel febbraio del 1224 Onorio III conferma al vescovo i suoi diciassette castelli (Liber pp. 252ss).

I vescovi fermani largheggiavano nel concedere affitti a lungo termine e nel 1226 Gentile di Alberto Stabuli riceveva dal vescovo il rinnovo dell’affitto di un “manso”, azienda agricola famigliare, alla presenza del Priore di San Pietro (Liber pp. 642s). Nel 1233 subentra temporaneamente l’amministrazione dei vicari della Marca che versano al vescovo una somma di 4000 libre per i castelli di Marano (=Cupramarittima), Campofilone, Montottone, Castro (a Porto Sant’Elpidio) e Cerqueto (a Corridonia). Anche per i casi di omicidio, i cui processi erano del tribunale vescovile, come confermava il rettore della Marca, quando per accordo, intervenne nel  febbraio 1235 a stabilire il giudice per un omicidio avvenuto a Montottone (Liber pp. 279s). Nel 1236, cessata l’amministrazione dei vicari della Marca, il vescovo riscuote direttamente i proventi dei castelli vescovili, a Montottone e altrove (vari atti Liber pp. 281s. 273s. 276s. 278s. 577s). Si comprende come poi si aprissero discussioni sul calcolo delle imposte[4].

Le prime norme pervenuteci sono del 1221, quando il castello fu ceduto a Pietro IV, vescovo fermano, il quale fece uno statuto con il privilegio dell’autonomia amministrativa. Il Comune comprendeva il Podestà e due Massari con due Consigli ed un Parlamento. Il podestà era eletto normalmente nei comizi generali. ed aveva il compito di decidere le cause civili; le cause criminali,  e i danni dati[5].

I massari erano gli amministratori pubblici. I consiglieri si dividevano in tre gradi: primo era il consiglio di Credenza, costituito da 30 elementi, che decidevano degli affari più importanti. Il secondo consiglio era costituito da cento individui che deliberavano cose di interesse generale. Il terzo era chiamato Parlamento ed era composto a tutti i capi di famiglia del Comune. Questo si adunava soltanto quando la patria era in pericolo o quando si doveva deliberare su affari decisivi per il paese.

Il municipio aveva forti redditi da terreni; perciò gli abitanti, eccettuati i periodi di emergenza, erano gravati da pochissime imposte.  Per mantenere la pace, il rispetto delle leggi e della proprietà  “ab antiquo” ci fu nel castello una compagnia di milizia civica detta la Giuria. Nelle feste solenni, nelle fiere  ed in questioni gravi, questa milizia era chiamata a Fermo per coadiuvare nel tenere l’ordine pubblico.   Se fra i concittadini sorgevano contrasti, intervenivano i Pacieri che facevano parte della Giuria ed avevano appunto il compito di riconciliare le liti, smorzando ogni bollore di menti.

Celestino III,  il 13 giugno 1191, ribadiva i diritti di dominio dei monaci Benedettini di S. Clemente in Roma su diverse terre e castelli d’Italia, fra i quali il castello diMonte Attone”. Le concessioni fecero assumere simili poteri poi ai vescovi di Fermo.  Dal documento vescovile della concessione della Comunanza a Montottone con proprie autorità, nel marzo 1219, risulta che il vescovo aveva qui una sede per ospitare i suoi uomini e tenere i processi riservati a lui per omicidio, adulterio, furto e assalto. Montottone si considerava fortunato  e dimostrata l’attaccamento al vescovo nella lotta che sosterranno in sua difesa[6].

L’esistenza del Priore nella chiesa di san Pietro in Ripula a Montottone risulta nel 1219 nella concessione vescovile della “Comunanza” e nel documento del 1226. Il titolo di Priore richiama l’esistenza, nel passato, di un monastero benedettino. I Farfensi avevano in territorio Fermano la chiesa di San Pietro in Ripula (= piccola ripa) e non si può escludere che fosse qui[7]. Il pievano Bartolomeo risulta a Montottone nel 1244 da una pergamena fermana[8].

<Nota documentale del secolo XIV>  Nel 1308 il vescovo fermano Alberico  Visconti decideva che i Francescani di Montottone celebrassero i funerali e le tumulazioni, come le chiese diocesane[9]. Varie pergamene riguardano l’anno 1314 per l’acquisizione dello stato giuridico dello Statuto di Fermo con la conseguente  cittadinanza Fermana a Montappone[10] Per l’atto solenne di giuramento di fedeltà il castello era rappresentato da Giovanni Gualtieri. Furono salvi i diritti del Vescovo. Nel 1327  a Fermo, Mercenario da Monte Verde,  con gli aderenti al partito dell’imperatore Ludovico il Bavaro, si mise a capo dei Ghibellini fermani, si autonominò signore della città e nel 1328 la fece aderire all’antipapa Nicolò V. Perciò Giovanni XXII, da Avignone, interdisse la città e la privò della sede episcopale. Fu allora che il vescovo Francesco De Silvestris deliberò di traferirsi a stare nella residenza vescovile a Montottone. L’antipapa mandò un antivescovo  a Fermo. È certo che nel 1349 dimorò a Montottone anche il vescovo legittimo Buongiovanni e nel 1363 il vescovo Alfonso di Tauro. Forse fu per questo che in seguito per due volte il magistrato fermano qui pose la sua residenza e per dieci anni vi si stabilirono i governatori della provincia.

Il tiranno Mercenario dominò crudelmente Fermo ed i castelli per nove anni. Fino a che fu trucidato nel febbraio 1340. In seguito vi fu il tiranno Gentile da Mogliano. La popolazione montottonese apprezzava molti i frati Francescani e nel 1351 contribuirono all’edificazione della nuova chiesa di San Francesco, con un portale in pietra d’Istria scolpita. Il papa nel 1360 mandò Giovanni Oleggio che governò fino alla morte nel 1366. Poi ancora la tirannia di Rainaldo da Monteverde con le incursioni militari nel territorio.  Nel 1381 giunsero a Montottone le milizie mercenarie di Giovanni di Azzo (Acuti) degli Ubaldini che si unirono a Boffo da Massa ma i montottonesi li respinsero. Intervennero i Fermani che inseguirono quei mercenari in ritirata, li fecero prigionieri, e tolsero loro il bottino.

Nel 1378 il vescovo di Fermo, Antonio “De Vetulis” inimicatosi col papa Urbano VI, aderì all’antipapa Urbano VI e si recò da lui in Avignone. Tornato poi in Italia venne a risiedere a Montottone, allora Urbano VI lo scomunicò ed il 1 maggio del 1386 scrisse ai Fermani di tenerlo prigioniero. I Montottonesi lo salvarono.  Quando le truppe di Fermo, con assalti sanguinosi, entrarono nel castello, non lo poterono catturare perché era fuggito di nascosto. Dopo queste violenze, si decise per la pace e  fu inviato Giovanni Simonetti a Fermo per la riconciliazione, riconoscendo la città come “Madre et signora”, inoltre promettendo fedeltà ed un tributo mensile di diciassette fiorini[11].

Nel 1390 il nuovo papa Bonifacio IX, pose Antonio De Vetulis di nuovo nella sede episcopale Fermana. Allora la tassa aggiunta per Fermo dei diciassette fiorini mensili troppo gravava sul bilancio del castello.   Dopo oltre un decennio di sopportazione, sabato 10 febbraio 1397 il comune di Montottone si ribellò contro Fermo, dicendo: “Viva la Chiesa et morano le gabelle”. Si fece ricorso allora al pontefice Bonifacio IX, che inviò il marchese Andrea Tomacelli, rettore della Marca il quale nel 1397 assolse i Montottonesi ribelli perché riconciliati con la città. Il podestà eletto dai Montottonesi si presentava ai Priori Fermani per confermare  i patti[12].

Nel 1405 fu inviato a Fermo, da Innocenzo VII, suo nipote, Ludovico Migliorati da Sulmona, marchese di Ancona e signore di Fermo, anche i Montottonesi dovettero sottomettersi a lui nel 1408[13]. L’anno seguente, morto Innocenzo VII, il successore Gregorio XII lo privò del potere ed inviò il vescovo di Montefeltro a governare la Marca. Il Migliorati però non volle cedere il suo dominio sul Fermano. Si alleò con il ghibellino Ladislao, re di Napoli e fece decapitare Antonio Aceti. Ne venne una guerra contro il tiranno, sofferta anche a Montottone. Il vescovo di Montefeltro e i capitani di ventura Berardo da Camerino, Chiavelli da Fabriano e Braccio di Perugia posero il campo a Servigliano, a Belmonte e a Monsampietro Morico. Le loro truppe assalirono e conquistarono Montottone l’8 agosto 1407, e per accettarne il dominio gli abitanti allora distrussero qui il cassero. Dall’anno appresso la signoria su Fermo, per volere di Alessandro V e poi di Giovanni XXIII, fu data allo stesso Migliorati, a cui il  massaro montapponese stipulò l’atto richiestogli di sudditanza. Nel 1415 arrivò nel Fermano, contro il Migliorati, il condottiero Cario Malatesta, signore di Cesena. Ancora assalti, devastazioni, incendi. Il Migliorati prese a soldo tre compagnie di mercenari per fronteggiare il Malatesta, che intanto conquistò Monteverde, Monteleone e Montottone. I massari dovettero giurare fedeltà al nuovo invasore. Il Migliorati poi si riconciliò col Malatesta, sposandone la figlia Taddea. Dopo la sua morte, nel 1428  il governo fu ripreso dal rettore della Marca.

Nel 1433 giunse a Fermo Francesco Sforza e ne prese possesso con investitura di Eugenio IV (1431-1447) che l’aveva nominato Gonfaloniere della Chiesa, Rettore della Marca e il Vicario perpetuo di Fermo. Montottone e gli altri castelli del contado dovettero giurare fedeltà al nuovo signore. Ma nel 1442 il Papa, per opporsi alle tirannie dello Sforza, si alleò con Alfonso, re d’Aragona, e col duca di Milano, Filippo Visconti. Concesse il gonfalone della Chiesa a Nicolò Piccinino, che già era stato agli ordini dello stesso Sforza. Furono requisiti i militari anche da Montottone. Dopo parecchi scontri, il 24 novembre 1445 i Fermani, sostenuti anche dal loro vescovo, cardinale Domenico Capranica, cacciarono finalmente lo Sforza. I Montottonesi, forse perché stufi di passare da un signore ad un altro, vollero sottomettersi al cardinale Capranica vescovo fermano, facendogli atto di sudditanza[14]. La città di Fermò si trovò deprivata e il 10 marzo 1446  tentò di riavere il castello dal papa Eugenio IV che tuttavia vi confermò il potere vescovile. Per rappresaglia il 29 ottobre 1446 il consiglio generale Fermano decise di multare di 25 ducati ogni montottonese trovato in territorio fermano.

Nel 1447 lo stesso vescovo Capranica fece con Montottone sicuri patti, approvati dal papa Nicolò V il primo giugno dell’anno: il castello era posto sotto l’immediata protezione di Roma, pagando una tassa annuale di dieci ducati alla Camera Apostolica. Ma l’anno seguente 1448[15] ecco il comune di Fermo ritornato nel possesso di questo castello. Nel fervore della vertenza, Nicolò V trovò la nuova soluzione di dividere il dominio civile di Montottone tra Comune vescovo, metà ciascuno. Il papa scrisse il 21 agosto 1448 per dare facoltà ai Montottonesi il privilegio di scegliersi il Podestà che loro volessero, purché fosse nativo di Fermo e senza che chiedessero l’approvazione agli amministratoti fermani. I Montottonesi giurarono fedeltà e soggezione al Vescovo fermano, obbligandosi a versargli la somma annuale di 50 ducati. Per sicurezza, nel marzo 1449 vi fu stabilita una guarnigione militare. Intanto  Nicolò V spediva una Bolla ai Fermani per assolverli di tutte le condanne incorse per l’occupazione di Montottone. Alla sua morte nel 1456 i Fermani cercarono di impossessarsi di tutto il castello montottonese. Non riuscirono.

Nel 1458, dopo morti il papa Calisto III e  il vescovo Domenico Capranica, Fermo ebbe l’altra metà di dominio su Montottone promettendo al castello l’esenzione dalla tasse. Si fecero trattative con il nuovo vescovo Nicola da Capranica perché cedesse la parte di suo dominio sul castello in cambio di altri beni. Pio II diede l’incarico per la fattibilità al vescovo di Recanati e fu convenuto nell’anno 1459[16]. Il massaro Menicuccio Matteucci stipulava il nuovo contratto di sudditanza e cittadinanza fermana, con impegno di consegnare il pallio il giorno dell’Assunta in città. Montottone si obbligò a pagare un’unica imposta di cento ducati. Per l’elezione del podestà avrebbe presentato tre nomi a piacimento: i Priori fermani avrebbero scelto uno dei tre, il quale avrebbe esercitato il mandato e giudicato secondo lo statuto montottonese.

Negli ultimi decenni del XV l’arte ispirata dalla fede portò a rinnovare la chiesa di San Salvatore. Furono anche risolte due questioni di confine: una nel 1489 con Monsampietro Morico e l’altra, nel 1497, con Monterinaldo dove i Priori fermani inviarono due giudici che emanarono la sentenza pacificatrice. Nei rapporti con Fermo era aperta la questione per il calcolo delle imposte sulle quali si pronunciò nel 1499 il Consiglio di Cernita della città[17].

L’inizio del secolo XVI appariva sereno nelle trattative tra il castello e la città[18], prima delle turbolenze signorili. Nel 1502 Oliverotto Eufreducci, militare agli ordini di Cesare Borgia, si impadronì con la forza di Fermo e vi fece uccidere diversi cittadini. I Massari di Montottone, e di tutti gli altri castelli, si presentarono  a giurargli la fedeltà richiesta e a sanzionare i patti. Ma poco dopo, il duca Valentino lo eliminò per il tradimento ordito contro di lui nel notissimo pranzo a Senigallia. Questo nuovo vincitore e padrone, 1 maggio del 1503, in due Consigli generali, fu acclamato Signore dello Stato Fermano.

La mancanza d’igiene e di cure adeguate stavano diffondendo la peste.  Nel 1503 tornò ancora l’epidemia nella città di Fermo e fu così terribile che i rettori fermani insieme con molti membri del “consiglio di cernita” nell’estate ripararono a Montottone, esente dal morbo, e qui il 6 agosto tennero gli atti consigliari del Fermano e poi celebrarono la festa dell’Assunta. Altre riunioni consigliari il 27 agosto il 3, il 4, ed il 5 settembre “nella Chiesa plebanale di S. Maria” dove fu deliberata la pena di morte ai delinquenti. In seguito tennero altri tre consigli, fino alla fine di novembre. Fermo controllava la nomina del podestà della pretura montottonese[19]. Lo zelo dei Montottonesi si dimostrava in nuove opere d’arte come il portale, ancora esistente, della chiesa di santa Maria.

Nel 1526 la peste tornò di nuovo ad infierire e di nuovo i Priori e i Consiglieri vennero di nuovo a stabilirsi a Montottone, esente dal morbo. Luogo di residenza del Magistrato era il convento di San Francesco, dove si tennero per lungo tempo i consigli e si discussero le  questioni dello Stato Fermano.  Montottone, risparmiato dalla peste, nel 1528 fu invaso delle truppe francesi che scendevano verso il Napoletano. Erano guidate dal visconte di Lautrec:  che con la sua vittoria napoletana, produsse la liberazione di Clemente VII da Castel Sant’Angelo e poi l’uscita dei Lanzichenecchi e degli altri militi imperiali da Roma.

Questo esercito di 12.000 fanti con Pietro Navarra prese alloggio a Montottone, forzatamente e con saccheggio sanguinoso. A peggiorare la miseria  ci fu in quell’anno una grande carestia estesa a quasi tutt’Italia.   Nel 1537 Paolo III tolse la sede del governo a Fermo e la pose a Montottone. L’occasione fu l’assalto, nel 1536, dei Fermani contro Monte San Pietrangeli, ribelle e spalleggiata dagli Ascolani. Questo castello ricorse al papa, e il 1° settembre Pier Luigi Farnese figlio del papa Paolo III  entrò a Fermo con  3400 fanti e 400 cavalli. Diede al contado un nuovo governatore, e prese residenza a Montottone, accompagnato da una numerosa corte e dalla milizia.  Il 2 ottobre 1537 convocò il primo consiglio generale del nuovo “Stato ecclesiastico in Agro Piceno” nella chiesa di San Francesco. Lo presiedeva lo stesso Farnese, mentre erano presenti tutti gli Oratori dei comuni del contado fermano. Fu stabilita una lega offensiva e difensiva di tutti i castelli convenuti. Per Belmonte era presente Marino Lucidi che ha scritto una relazione su questo consiglio.

In seguito fu governatore Ranuccio Farnese che mandò un suo luogotenente a Montottone. Dieci anni stette il governo dell’ex stato fermano in questo castello che ne era orgoglioso e felice. Marino Lucidi ha scritto la cronaca con le notizie del decennio. Tra l’altro ci fu un forte contrasto fra Montegiorgio e Belmonte per il possesso di alcuni terreni lungo il Tenna: la notte del 3 giugno 1545 i Belmontesi con i Montottonesi e con altri distrussero completamente le messi di tali terreni. Montegiorgio si rivolse al rettore della Marca, e il 22 novembre Montottone fu condannato a pagare 2000 ducati. Nicola Cannetti ottenne una riduzione della multa. Questo governo restò a Montottone fino al 15 settembre 1547, data della Bolla con cui lo stesso Paolo III assolse i Fermani restituendo loro tutti i castelli. Dovettero però sborsare 20.000 scudi d’oro.  A peggior sfortuna nel maggio 1548 venne un’invasione di locuste che devastarono ampiamente le campagne.

Nell’archivio municipale di Montottone è custodito un grosso manoscritto di 2592 pagine riguardante un processo intentato poi da  Montappone contro Fermo  a motivo delle accresciute tasse. Montottone chiese al papa di essere distaccato da Fermo per ritornare sotto la reggenza immediata dei Pontefici, come aveva stabilito Niccolò V nel 1459.  Con gli animi così tesi si giunge fino al 1567, anno in cui i Montottonesi vennero nella decisione di lasciare il metodo dei tumulti usati nel passato e di prendere la via della legalità. Allora si trovarono di fronte all’ordinanza che imponeva di pagare i 10 ducati per ogni anno come aveva stabilito Nicolò V.  Nuovi ricorsi a Roma. Il papa ordinò al vescovo di Macerata, Girolamo Melchiorri, di compilare un processo. Allora Scipione Claretti e Camillo Capotosti, vennero eletti procuratori della comunità per il processo a Macerata, iniziato il 14 settembre 1567. Non bisogna sottovalutare il peso che avevano le imposte da riscuotere per la Camera di Roma[20].

Insieme con Montottone, anche Petritoli, Falerone, Servigliano, Massignano, Ponzano, Altidona e Mogliano mandarono oratori a Roma per supplicare il pontefice che li togliesse dal dominio della città di Fermo. Passarono mesi e mesi per compiere il processo; furono interrogati 36 testimoni per Montottone e 12 per Fermo. Scipione Claretti intanto, procuratore della comunità a Roma, il 7 aprile 1568 scriveva che i Fermani lo stavano avversando in tutti i modi. Quattro lunghi anni durò la schermaglia; e le spese per un tal processo superarono di parecchio le possibilità di pagamento da parte del castello montottonese. Finalmente, Pio V l’11 agosto 1570, assumeva la giurisdizione d’immediata potestà civile su Montottone che fu posto sotto la soggezione, il  governo, e la protezione della Camera Apostolica, per cui sborsò al tesoriere della Camera la somma di 2200  scudi, che servirono a sussidiare la guerra contro i Turchi, vinta a Lepanto nell’anno seguente.

Inoltre Montottone doveva pagare un tributo annuale di 10 scudi alla Curia romana. Sin dall’inizio del processo, e cioè dal 1566, un Commissario pontificio, era stato inviato a Montottone, per amministrare la giustizia ed esigere gabelle e imposte. I Fermani, avendo trovati, una volta, alcuni montottonesi nel loro territorio, li fecero prigionieri. allora avvertirono il rettore della Marca  e questi prigionieri furono liberati.

Nel 1572 morto Pio V ed eletto Gregorio XIII,  Fermo rinnovò l’istanza per riavere i castelli separati, e  cominciò con il riottenere Campofilone e Torre di Palme. Montottone, allarmato, presentò un memoriale ricordando che aveva pagato 2200 scudi per la separazione da Fermo. In un generale comizio del dì 28 gennaio 1575, Girolamo Amici e Donato Nobili, proposero di mandare molti uomini a Roma; ma tutti gli sforzi che si fecero non valsero a nulla. Dopo gli accertamenti del luogotenente governativo di Fermo, Candido Zitelli, il 20 gennaio 1575 Gregorio XIII ordinò la reintegrazione di Montottone e di altri castelli[21] alla città di Fermo. Così annullava il disposto di Pio V, basato sulle vessazioni fermane. La nuova bolla papale  stabiliva che Fermo dovesse ripagare ai Montottonesi i 2200 ducati che avevano versato alla Camera Apostolica, inoltre questa rinunziava agli arretrati dieci ducati annui del tempo di Nicolò V.  Quando poi salì al pontificato Sisto V (1585 al 1590), già pastore della Chiesa Fermana, i Montottonesi ottennero esenzioni pecuniarie.

Nel 1602 ci fu pioggia per un mese continuo, con terremoto e conseguenti allagamenti delle messi, abbattimento di varie case. L’inclemenza cessò dopo le preghiere a santa Brigida e i Montottonesi proclamarono questa santa come loro comprotettrice. Fu riedificata, oltre alle case franate, anche la chiesa di San Pietro nel 1603. L’autonomia amministrativa locale proseguì con i consueti bilanci di spese per gli impiegati comunali addetti alla segreteria, alle scuole, alla sanità, per le strade, i ponti, le fontane, il molino, il pistrino, gli edifici pubblici, le beneficenze. Un castello non doveva intervenire sulle spese degli altri castelli, come fu dichiarato dal governo fermano al Montottone  nel 1607[22].

Il secolo XVIII portò novità nelle abitudini della popolazione e nell’edilizia pubblica. In stile neoclassico, nel 1758, fu costruita nuova e più grande la chiesa barocca di san Pietro.

<Digitazione di Albino Vesprini>


[1] PUPILLI, L. Il territorio del Piceno centrale in età romana: impianti di produzione, villae rustiacae e villae di otium. Ripatransone 1994 pp. 70-71 blocchi romani di pietre squadrate con foro nelle mura basali della chiesa di san Pietro a Montottone; p. 121 rinvenuti tappi di anfore nei pressi di questa stessa chiesa.

[2] Fuori porta Romana verso ovest, vicino ad un dirupo (ripa), sono i resti di una chiesa presso la quale era un monastero di monache, a favore delle quali tra il 1300 e il 1430 furono fatti molti lasciti. Poi si aggregarono al convento delle Vergini di Fermo. Questo fatto si collega con la presenza dei monaci benedettini di Farfa sin dal secolo VII nel territorio e con il fatto che cedettero poi i conventi ai Frati Francescani.

[3] Le testimonianze scritte più antiche di Fermo sono contenute nel Copiario n. 1030 dell’elenco Hubart dell’Archivio diplomatico del comune Fermano presso l’archivio di Stato a Fermo, copiario dattiloscritto da Carlo Tomassini ed edito a cura di PACINI, D. – AVARUCCI, G. – PAOLI, U. Liber iurium dell’episcopato e della città di Fermo. Ancona 1996 che sarà qui citato: Liber. Documenti benedettini dell’abbazia di Farfa in GREGORIO da Catino, Regesto di Farfa. Voll. I-V Roma 1879-1914 che sarà citato: R.F. alcuni documenti in COLUCCI, G. Antichità Picene. Vol. XXIX Fermo 1796 Codice diplomatico di Santa Vittoria. Qui citato A.P.XXIX.

[4] Archivio diplomatico di Fermo pergamena Hubart n. 1918 Il giurisperito Domenico Ricci faceva una relazione sui presupposti del pagamento di alcune imposte nel 1280.

[5] Molti notizie sono riprese dallo studioso MARINI, A. Storia della terra di Montottone nelle Marche. Fermo 1863 e sono talmente frequenti i rinvii che una volta per tutte le note si rinvio all’anno nelle sue pagine.

[6] CATALANI, M. De Ecclesia Firmana. I vescovi e gli arcivescovi della Chiesa Fermana. Commentario secc. III- XVIII. Traduzione e note di TASSI Emilio. Fermo 2012, vedi indice p. 532 le pagine delle notizie di Montottone. In seguito citato: CATALANI.

[7] Dall’Indice toponomastico del Regesto di Farfa cit. I, pag LIV non esiste altro san Pietro nel Fermano. L’altura e la piccola ripa si addicono a questo castello che ha un’altura maggiore sul colle divenuto dei Francescani. San Pietro azienda agricola curtense “de Cannetulo” con castello ivi vol. IV, p. 275 e vol V p. 96.

[8] Archivio diplomatico di Fermo: pergamena Hubart n. 1614 del 1244: don Bartolomeo pievano di Montottone è tra i testimoni. Altri Pievani di San Pietro in Rationes Decimarum Italiae. Marchia a cura di P: SELLA, Città del Vaticano 1950 ai nn. 5832,5835,6737,6780,6990, 7108, 7307 nell’anno 1299. Nel 1296 era pievano don Silvestro in F. UGHELLI, Italia sacra sive de episcopis Italiae et insularum adiacientium. Venetiis 1717 col. 710 documento del 2 settembre 1296. In altra pergamena ivi n. 125 risulta che il pievano di Montottone il 22 aprile 1313 era presente all’atto con cui il governatore del Fermano dichiarava la spartizione dei beni tra gli eredi De Brunforte. Nel seguito senza ripetere questo stesso archivio si citerà solo il documento con il numero Hubart con: pergam. Il presbitero Rainaldo di Montottone, canonico mansionario della cattedrale fermana nel 1366 amministrava il sacramento dell’Unzione a Giovanni Visconti, signore della città, moribondo. Catalani p. 52. Nel 1380 il vescovo fermano Antonio De Vetulis, si allontanò dai turbamenti di Fermo e dimorò per un periodo nella residenza vescovile di Montottone, ivi p. 248.

[9] CATALANI p. 221. Questo storico ricorda anche la consacrazione della chiesa rinnovata dei Francescani da parte di Fra’ Pietro, vescovo di Osimo, su autorizzazione del vescovo fermano don Bongiovanni, p. 241 e un decreto del 1370 a favore dei Montottonesi p. 242.

[10] Pergam. 1885 Simone di Giovanni Gualteri (o Gualtieri)  promette al delegato di Fermo, Simonetto Benvignati, di sottomettersi ai doveri della cittadinanza con i patti stabiliti e giramento di fedeltà. Copie di questo atto nelle pergam. 1886 e 1887. La scelta del delegato di Fermo è nella pergam. 1897. Copia pergamene nn. 1898; 1885, 1886, 1887. In questa sottomissione e cittadinanza sono fatti salvi i diritti vescovili su Montottone pergam. 1899 e 1900. Nel 1243 Nicola Bitti ricorre al Capitano di Fermo contro una sentenza del podestà di Montottone che condannava sua figlia per adulterio, pergam. 1914.

[11] Varie pergamene riferiscono le pattuizioni tra Fermo e Montottone sin dall’anno 1386 pergam. n. 1890 ed in seguito pergam. n 1892, n. 1894.

[12] Pergam. n. 1904 Nicola di Giovanni eletto alla pretura o podesteria montapponese nel 1405 presenta i patti scritti a Fermo.

[13] Nel 1408 l’eletto di Montottone, Paolo di Nicola a presentarsi e sottomettersi al Migliorati ed ai Priori Fermani con i patti scritti.

[14] Archivio di Stato di Fermo: MARINI, A. M. Rubrica omnium quae continentur in libris Conciliorum et Cernitarum ill.me Communitatis civitatis Firmanae.ms. cc. 32 ss. In questo clima di fiducia verso la Chiesa si notano anche le opere d’arte che fioriscono come gli affreschi dell’epoca nella chiesa “Madonna delle Grazie”.

[15] Pergam. n. 1915 dell’anno 1448, Montottone incarica Menicuccio di Matteuccio a presentare a Fermo la sottomissione ai Priori. Nella pergam. n. 1915 il papa Nicolò V approva la composizione tra i Priori Fermani e il vescovo locale. Per il pagamento delle collette valeva solamente lo Statuto dei Fermani. L’assoluzione papale a Fermo che aveva invaso Montottone, tramite il legato che era il vescovo di Bologna, nell’anno 1449, pergam. n. 1902.  Nel 1450 Il delegato di Montottone, Marino di ser Pietro promette al vescovo card. Capranica Domenico il sussidio di 50 ducati annui all’episcopato, pergam. n. 1916.

[16] Pergam. nn. 1909, 1910: Nicola Capranica vescovo insieme con i canonici di Fermo consegna al comune della città la giurisdizione vescovile su Montottone e riceve in cambio le proprietà del Comune Fermano a Grottazzolina, Magliano e Monteverde. Pergam. n.1911: Decisione dell’incaricato pontificio, che è il vescovo di Macerata. Pergam. n. 1912: Approvazione data da Pio II. Pergam. n. 1917: Esami testimoniali di fronte al delegato pontificio circa l’utilità maggiore per l’episcopato.

[17] Pergam. n. 1905.

[18] Pergam. n. 1891. Patti con Fermo anche Pergam. n. 1892.

[19] Pergam. N. 1893. A decidere la nomina del fermano Costanzo Montani a podestà di Montottone nel 1524 sono due elettori del castello insieme con l’autorità di Fermo.

[20] Anno 1568  vedi Pergam. n. 1906: Le tasse riscosse da Fermo a Montottone ed a Petritoli sono confermate dal tesoriere generale.  Conferma nella Pergam. n. 1907: Il tesoriere generale scrive al commissario apostolico nella Marca che Montottone e Petritoli pagano le tasse della Camera apostolica al comune di Fermo. Nella Pergam. n. 374 dell’anno 1568 il commissarioa postolico, Innocenzo De Alberi fiorentino, incarica Giovan Francesco Alberine  da Tolentino a riscuotere nella Marca seimila scuti  delle imposte di Fermo che comprendono le riscossioni a Montottone e a Petritoli.

[21] Pergam. n. 168: Gregorio XIII nel 1575 reintegra la giurisdizione di Fermo su otto castelli tra cui Montottone.

[22] Pergam n. 1913 dell’anno 1607 il vicegovernatore dello Stato di Fermo, Giovan Francesco Serbelloni, decide che non compete a Montottone decidere delle spese che Fermo faceva in alcuni luoghi

Studi recenti: NEPI, G. Montottone in “Arte e Cultura”  a. 2006 febbraio 28 v. 22 n. 1 pp. I-XII. BRECCIA FRATADOCCHI, T. Il territorio di Montottone tra catasti e documenti d’archivio: l’argilla e il compasso. Fermo 2006. BRECCIA FRATADOCCHI, . – SARNO, D. L’insigne collegiata di Montottone. Fermo 2008

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