Ortezzano notizie storiche di PALLOTTINI LUCIANO

ORTEZZANO

di Luciano Pallottini

Il castello con il suo territorio fa parte della media valle dell’Aso la quale presenta emergenze archeologiche del periodo piceno-romano, come la necropoli della vicina Montelparo, il santuario ellenistico della vicina Monterinaldo e le numerose ville rustiche disseminati lungo la valle, alle quali si è adeguato l’antico ed il moderno sistema viario.

Ad Ortezzano, in località detta “La civita”, sono stati ritrovati reperti archeologici dell’VIII secolo a.C., proprio il secolo in cui si ebbero i primi albori della civiltà picena. Va poi rimarcato che, nell’attuale contrada S. Massimo, parecchi anni fa, sono venuti alla luce mosaici romani di pavimentazione, rappresentanti dei cigni e le quattro stagioni.

Ortezzano viene ricordata dallo storico latino Plinio il Vecchio, nella sua opera “Historia naturalis”, come “Urticinum”. Urticini o Uidicini erano i suoi abitanti.

La sua origine è certamente forse risale agli antichi Pelasgi, che si erano stanziati lungo la valle dell’Aso o Asone e che erano originari probabilmente dell’isola di Creta, almeno secondo lo storico latino Strabone.

Secondo un altro storico latino, Silio Italico, gli antichi Pelasgi furono costruttori di mura mastodontiche e da questo popolo sarebbero derivati i Picentes, o Piceni, gente fiera dedita all’agricoltura e al commercio. Producevano grano, vino: molto ricercato era il loro “vino palmense”.

Nel 269 a.C., narra sempre Plinio, durante la guerra piceno-romana, Urticinum fu distrutta dai Romani. Il console romano Sempronio, muovendo contro Camerino, trovò resistenza dapprima sul monte Polesio (Ascensione) e successivamente presso Orticino, oggi borgo di Ortezzano, dove si erano riuniti anche i combattenti di Fermo e di Faleria. Scrive Plinio che Ortezzano fu assaltata dai Romani ed in breve fu distrutta.

Dopo questa sconfitta gli abitanti di Urticinum furono deportati nella Marsica, dove oggi esiste ancora Ortucchio presso l’L’Aquila. Altri furono invece deportati nel salernitano, dove ancora oggi esistono i Monti Picentini.(1)

Nel 787 d.C. Carlo Magno concesse all’abbadia di Farfa il possesso di S. Marina de Ortatiano ed i ritrovamenti archeologici sembrano indicare il centro farfense in contrada S. Massimo.  L’Aso ha costituito il punto centrale del dominio farfense e S. Marina di Ortezzano viene ricordata nelle Chronicon Farfense per la sua torre altissima che si elevava sulla curtis , di fondazione romana.

I monaci Farfensi riscuotevano tasse per il traghettamento delle merci sul fiume Aso o Asone, che avveniva per mezzo di zattere lignee, dette “Portoria” (2), presso l’attuale Valdaso di Ortezzano. Proprio in questa località infatti il fiume si prestava ad un facile attraversamento.

Con la venuta nel Piceno del Cardinale Egidio Albornoz nel 1355 (Papato Avignonese), Ortezzano, classificato tra i castelli minori, faceva parte del Presidato Farfense con capoluogo Santa Vittoria in Matenano e la sua storia si intrecciò con quella del Presidato.(3) Durante il Papato Avignonese (1309-1377), furono rafforzate le mura di cinta.

Nel 1415, insieme a Montottone, Monte Vidon Combatte, Collina, Monsampietro Morico e Sant’Elpidio Morico, anche Ortezzano fu conquistato e incendiato da Carlo Malatesta da Cesena, ma l’anno successivo tornò sotto Fermo (4).

Dal 1523 al 1528 dovette sopportare la peste, durante il passaggio delle truppe del francese Generale Lautrek. In questo periodo sembra che il paese sia stato quasi distrutto o, comunque, dato alle fiamme, dopo una lunga resistenza da parte degli abitanti.

Nel 1549 il fermano F. Nobili, che voleva sganciarsi dallo Stato pontificio, presso il torrente Indaco, principale affluente dell’Aso, fu sconfitto dal Simonetti, Vescovo di Pesaro. Nel 1591 poi Ortezzano subì una parziale distruzione da parte del Battistello.

Sicuramente ad Ortezzano ci fu una Pieve di S. Massimo (plebs S. Maximi culto che derivava dai Monaci di Farfa). In un documento del 1178, inoltre, vengono elencati gli obblighi dovuti alla Chiesa Fermana da alcuni Pievani, tra cui quello di S. Massimo di Ortezzano è quello di S. Anatolia di Petritoli (5).

Nel 1220 il Pievano di S. Massimo, insieme ad un monaco di Santa Vittoria, acconsentì all’unione della chiesa di S. Maria dell’Orso con quella di S. Martino, situate entrambe nel territorio di Monterinaldo.

In un documento del 1320 figura il nome di Egidio pievano della pievania “ plebis de Ortatiano”, il quale aveva accusato di “simonia” il priore ed i monaci farfensi di S. Vittoria. In un documento del 1411 si parla di una “pieve di S. Maximi de Monterainaldo”, che necessitava di migliorie. In un documento del 1573, infine, si torna a parlare di una “chiesa rurale di S. Massimo in territorio di Ortezzano”..

Al confine con il territorio di Monterinaldo esisteva una chiesa detta “La Croce”, che veniva citata come “possesso avellanita” in un decreto del Vescovo fermano Liberato nel 1141 e che è da distinguere da “La Croce”, chiesa rurale tuttora esistente lungo la provinciale Ortezzano-Monterinaldo (6).

Tra i monumenti scomparsi vanno menzionate le chiese di S. Pietro, di S. Massimo e della Castelletta, delle quali oggi non restano tracce; vanno ricordate anche le chiese di S. Girolamo con a fianco lo stemma di Ortezzano (1637), quella di S. Maria con una pala del Crivelli, quella della Croce e quella del Carmine.

Nella zona della “Cisterna”, dove sorgeva probabilmente l’antica Urticinum, oggi esiste una chiesa intitolata a S. Maria della Sanità.

Nel 1849 fu abbattuta una porta castellana che immetteva nella corte.

Luciano Pallottini

(1) Marcello GASPARI, Ortezzano. Capitoli di una Storia, pag.10, GL, Tipografia Urbisaglia, 1987.  Raffaele FOGLIETTI,  Saggio sui Nomi Locali del Piceno, pag.154, Stabilimento Tipografico Bianchini, Macerata, 1880.  “Valeriano, citato da Plinio, parla di un Oppidum Viticinorum (o Urticinorum) in Piceno deletuma a Romanis”. Secondo il FOGLIETTI, il nome Ortezzano deriverebbe, come quello dell’isola Ortigia, dal greco antico “ortycs”, che significa “quaglia”, ossia l’uccello proveniente dall’Oriente, che, in quanto tale, simboleggia l’Aurora.

(2) Delio PACINI, Possessi e Chiese Farfensi nelle Valli Picene del Tenna e dell’Aso”, pag.3, Deputazione Storia Patria per le Marche, Ancona, 1983.

(3) Marcello GASPARI, Ortezzano…. opera citata, pag.15.

(4) Vedi Nota n.3 e manoscritto inedito dello storico di Carassai Giampaolo POLINI, gentilmente messo a disposizione dal nipote Giampaolo FIORETTI di Napoli.

(5) Liber Iurium dell’Episcopato e della città di Fermo (anni 977-1266), Codice 1030 dell’Archivio Storico Comunale di Fermo., Vol.I a cura di Delio Pacini, Documento n. 30, pag.53. Deputazione Storia Patria per le Marche e della Fondazione Cassa di Risparmio di Fermo, A 1996

(6) G. STRAFFORELLO, La Patria, Geografia dell’Italia, Province di Ancona, Ascoli Piceno, Macerata, Pesaro e Urbino, pag. 237. Unione  Tip. Editrice, Torino, 1898.

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