ALTIDONA di Gabriele Nepi. Paese di 3.200 abitanti in provincia di Fermo, arcidiocesi di Fermo, è posto su di una amena collina a metri 223 sul livello del mare da cui dista km 3,500 in linea retta. Il territorio lungo l’Adriatico si estende dal fiume Aso al fosso San Biagio. Nell’interno, confina con i comuni di Fermo, Lapedona, Campofilone, Pedaso. Fu un castello munitissimo, come dimostrano i residui delle mura, tuttora in buono stato.
L’etimologia del nome è incerta. Alcuni, fra cui Giuseppe Speranza, Dehò e Ciucci, lo farebbero derivare da “altino” dei Pelasgi; altri, fra cui il Brandimarte, accomunerebbero l’origine dei nomi Altidona e Lapedona, richiamando l’analogia di essi con quelli delle città fondate dai Siculi e dai Liburni come Ancona, Ortona, ecc. La costruzione del castello risale al medioevo.
Il Brandimarte afferma che intorno al castello di Altidona ve n’erano altri, ora scomparsi. Le notizie ad esso attinenti fino al 1653, sono desunte dai documenti storici che riguardano questo ed altri paesi, soprattutto nella città di Fermo, poiché, in detto anno, andarono perduti importanti documenti a causa di un incendio che distrusse l’Archivio parrocchiale. Alla caduta dell’Impero Romano, Altidona con Lapedona e Fermo, subì le vicende storiche dell’Agro di Palma (da cui l’odierna Torre di Palme). Dopo le invasioni barbariche, cadde in mano dei conti feudali; e in tale epoca era importante il castello di San Biagio in Barbolano.
Per quanto riguarda le guerre con i vicini, si ricorda nel 1202, Altidona e Lapedona, Fermo, Macerata, Morrovalle, Monte Lupone, Monte Santo (=Potenza P.), Monte Granaro, Monte San Giusto, Osimo, e altri uniti in confederazione, mossero guerra contro Ancona, S.Elpidio, Civitanova, Corridonia, Recanati, Castelfidardo, Camerano, Montefano, Senigallia e Pesaro. Si combatté aspramente e gli Altidonesi con i loro alleati, furono vincitori; poi si concordò la pace conclusa a Polverigi. La città di S.Elpidio fu condannata a riedificare Monte Urano. Nel 1244 risultano signori del castello Trasmondo e Corrado Lopi di Altidona. Nel 1314 i monaci di Farfa che avevano proprietà ad Altidona fronteggiarono la ribellione autonomistica degli enfiteuti che furono perciò scomunicati dal monastero. Ormai Altidona era divenuto un castello con la cittadinanza di Fermo. Nel 1444 la guarnigione che il conte Francesco Sforza teneva in Altidona, fece una scorreria nella vicina Montefiore, saccheggiando le case e prendendo un gran numero di prigionieri.
Nel 1808 si ribellò ai rappresentanti del governo napoleonico. Nell’archivio comunale si conserva una nota dei danni che gli Altidonesi subirono dalle truppe francesi; che non risparmiarono nessuno, neppure tal Giuseppe Ciotti, che il giorno dell’arresto aveva salvato il sindaco dall’ira popolare. Sappiamo inoltre che durante il primo Regno Italico, Altidona è stata la sede di un Governo da cui dipendevano Lapedona e Moresco. Nel 1812 vi fu costruito il Cimitero. Inoltre fu eretto un Semaforo di prima classe per controllare le navi sul mar Adriatico. Dopo la caduta di Napoleone Altidona e Lapedona restarono unite sino al 1829. Nuovi gravi dissidi in seguito si manifestarono quando parlò di unire i due comuni.
Dopo il 1860 entrò nel solco della storia nazionale. Nel 1866 Altidona contava 1241 abitanti, vi erano il maestro e la maestra patentati, il segretario comunale, il medico, il chirurgo, la levatrice e il flebotomo, inoltre un ospedale dotato di dodici letti, e il tiro a segno. Molte giovani vite di Altidonesi vennero immolate nella prima guerra mondiale per la difesa della patria. Altidona subì poi le drammatiche vicende del secondo conflitto mondiale, colpita da bombe dal cielo e dal mare specie nella zona Marina. Nel secondo dopoguerra si è avuto un grande incremento edilizio litoraneo e l’erezione di una nuova parrocchia.
Uomini illustri, Chiese ed Arte hanno dato inoltre un volto significativo a questo simpatico paese piceno e costituiscono una vera nota di celebrità.
Tra gli Altidonesi illustri Agostino Felici (De Felicibus) , celebre chirurgo ad Osimo che nel 1704 fece qui stampare la sua opera “ Enchyridion chirurgicum … “.
Fidi Basilio, nato ad Altidona nel 1540, gesuita, facilitò il sorgere del Collegio (liceo) di Fermo nel 1587. Professore Universitario, pubblicò un libro in versi, e morì a Salerno nel 1593.
Vascelli Francesco Maria, nato ad Altidona nel 1744, visse tra i Francescani Conventuali, fu professore di filosofia e morale. Morì nel 1794 a Fermo.
Bertacchini Nicola canonico che divenne patrizio Fermano, nel 1795 fondò un ospedale ion città sistemato nell’attuale via Bertacchini.
Antonio Brandimarte, nato ad Altidona nel 1773, visse tra i Francescani Conventuali, esiliato per non aver voluto fare il giuramento a favore di Napoleone, visse nascosto a Lapedona, poi si rifugiò a Genga. Qui familiarizzò con il futuro papa Leone XII che lo volle suo segretario archivista. Scrittore di storia, pubblicò notizie della storia locale nel libro “Plinio seniore illustrato nella descrizione del Piceno” (Roma 1815), inoltre “Il Piceno Annonario”; “La Famiglia Genga” e compilò testi manoscritti di teologia spirituale cristiana. Fu innografo della Sacra Congregazione dei Riti. Morì a Roma nel 1838
Trevisani Cesare (1899-1952) aveva proprietà terriere ad Altidona e viveva con il padre storiografo e con lo zio che pubblicò alcuni studi sugli allevamenti. Fu egli stesso scrittore. Con il nome di Cesare di Altidona pubblicava nel 1929 un estesa “Guida storico-artistica di Porto San Giorgio e Paesi dei dintorni” di larga diffusione e altre opere.
Ad Altidona sono ricche di arte le due chiese superstiti, la parrocchiale di santa Maria e san Ciriaco, e la chiesa della Misericordia. Storicamente esistettero altre chiese come quella dei monaci cassinesi, detta di san Biagio (sopra al fosso detto di San Biagio, anticamente chiamato Amniovo), la chiesa farfense di sant’Angelo vecchio, altra di sant’Antonio abate, inoltre la chiesa di san Giovanni di pertinenza del priorato di Malta. Alcune chiese rurali:una in contrada Sant’Eleuterio, inoltre in contrada Pieve la chiesa di san Marco.
Fra le opere d’arte ricordiamo la croce processionale parrocchiale, del secolo XV in lamine d’argento sbalzato; un dipinto, pala d’altare, di Vincenzo Pagani (morto nel 1568) e un prezioso polittico di Piero Cortese “Madonna con santi” databile attorno al 1390, proveniente dall’antichissima chiesa di Madonna Manù, sita in agro di Lapedona ma dipendente da Altidona. Interessante pure una scultura di legno del secolo XIII, rappresentante la Madonna della Misericordia.
LU CASTELLU D’ARDIDONA
(Poesia dell’autore in dialetto)
Era fortu ‘stu castellu
co’ li grossi torrio’,
de d’intorno lu più bellu
co’ li merli e li cannò!
Era gloria d’Ardidona
e in anticu a guerreggià
s’era mistu contro Ancona
pe’ aiutare li Fermà. (1) (1) nella guerra del 1202
Una volta l’abitanti
se rvotò a Napoleò; (2) (2) Insorgenza del 1808 contro il governo Napoleonico
jette un jornu tutti quanti
a fa botte a Montefiò. (3) (3) Scorreria dello Sforza contro Montefiore nel 1444
A Moresco commannìa
Lapedona e Barbolà;
e ‘gni tanto se rvutìa,
benché ciucu, a li Fermà.
A ciavìa l’atri castelli
sotto sé, scomparsi amò; (4) (4) I castelli che sorgevano intorno ad Altidona
era vellu: co’ li merli,
li sordati, li cannò !…..
(Gabriele Nepi)
DOCUMENTI:
Della presenza dei Romani è testimonianza un’epigrafe (nell’urnetta delle ceneri di una defunta) rinvenuta in un terreno a Lapedona e donata al museo di Fermo. “D.M. \ Helladis \ Antherus – Coniugi \ Optimae B. M. “Traduzione: “Agli Dei Mani. Elladio Antero per la coniuge Ottima benemerita”. Una STATUA raffigurante Esculapio fu dissotterrata nel 1900 in contrada Aprutina di Altidona giudicata dal prof. Rizzo come opera di fattura greca del III secolo avanti Cristo. Fu venduta in Francia.
Documento edito da GATTOLA, Erasmo, Accessiones ad historiam abbatiae Casinensis. Venetiis, Coleti, 1734, p. 128: Anno 1032 Donazione della badessa Raimburga all’abbazia di Monte Cassino. (traduzione) “ Nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, anno 1032, sotto il regno dell’imperatore Corrado, anno sesto (. . .) Dichiaro io Raimburga figlia del fu Gualferio, abbadessa del monastero di Santa Maria edificato nel territorio Fermano in località presso il fiume Aso, che, con il consenso delle consorelle Ancelle di Dio stabilite nel nostro monastero, di mia buona volontà faccio dono al monastero edificato nel castello di Cassino, a vantaggio dell’anima di mio padre, di mia madre, dei miei fratelli e sorelle (…) dono la chiesa di santa Maria con quanto ad essa appartiene e la chiesa di san Giovanni edificata nel castello di Garzania con tutte le pertinenze e appartenenze, site a Garzania e a Morzano e ad Arbosela e a Leveriano e a Paterno ed a Marciano con i castelli che vi sono, inoltre la metà della chiesa di San Marco (…) e il castello di Barbolano con la chiesa di san Biagio e con la chiesa di santa Maria costruite sul monte Barbolano.” –
ISCRIZIONI nelle lamine VI e VII del battente di destra delle porte dell’abbazia di Montecassino (opera databile dal 1087 al 1107) sono annotate in latino le possidenze, tra cui, (traduzione) il monastero di santa Maria di Leveriano e la chiesa di san Giovanni di Garzania ed il castello di Barbolano \ con la chiesa di santa Maria e di san Biagio con i loro possessi nonché la chiesa di san Cristoforo nel castello Petroso con le pertinenze in località Penne.
CASTELLI. Nel castello di Garzania, vicino all’attuale borgo, sorgeva la chiesa di san Giovanni. Il castello di Paterno (documentato dal 1153) presso la colonia Piccirilli. Presso la colonia Castelli, il castello di Marciano con la chiesa di san Marco. Il castello farfense di sant’Angelo (documentato dal 1150) in contrada San Biagio. Sant’Angelo anche in contrada Svarchi. Nella selva “de Rainardi” nel 1028 un castello dove nel 1570 fu edificato un monastero. Ogni anno, il 25 marzo, gli Altidonesi vi pellegrinavano.