AMANDOLA ha un’Abbazia tra le più antiche delle Marche.Si dice comunemente “San Ruffino”, la località a m. 364 di altitudine, che prende nome dall’edificio di una chiesa, famosa per la sua antica origine, a pochi chilometri da Amandola. Questo edificio è variamente interpretato nelle pubblicazioni edite dal 1890 fino ad oggi, ad opera dei molti autori: Amatori, Ferranti, Serra, Van Marle, Virgili, Alleva, Zampetti, Terribili, Allevi, Crocetti e in quelle di altri sette studiosi viventi.
La prima costruzione esisteva al tempo dell’antica Roma, per cui si pensa a culti idrici pagani a motivo di analogie le quali non sempre convincono i critici positivisti. Oggi si vedono tre edifici conglobati: un tempietto sotterraneo a croce con pitture farfensi del secolo IX, anticamente sant’Angelo in Tisenano. Adiacente e di lato a questo c’è la chiesa intitolata a San Ruffino con sculture del secolo XI, che è diventata cripta perché nel 1277 la terza chiesa è stata costruita sopra a questi due edifici. La chiesina sotterranea è il più antico documento e monumento dell’architettura altomedievale delle Marche, un ipogeo ornato da vari dipinti. La prima raffigurazione è l’angelo san Michele.
L’ipogeo sanruffinese può esser la primitiva chiesa di sant’Angelo in Tesenano che, in questa zona montana del Fermana, era un insediamento ‘curtense’ dei Farfensi, azienda agricola che il dilapidatore Ildebrando, negli anni attorno alla metà del secolo X, aveva svenduto, tanto da riceverne la condanna imperiale nel 971. Le pitture dell’ipogeo sono riferibili all’arte cristiana del IX secolo, confrontandole con i dipinti pubblicati da Ildefonso Schuster nel suo volume sull’imperiale abbazia di Farfa. Successivamente, nel secolo XI è stata costruita accanto la chiesa con abside, allo stesso livello. Un documento dell’archivio di Fermo, del 1036, scritto a Fermo dal giudice, notaio Giovanni, riporta la vendita fatta da Rado, figlio del conte Mainardo, a don Uberto vescovo di Fermo, del castello di Troia con terreni confinanti con la strada di San Ruffino. Dai documenti amandolesi editi dal Ferranti, all’anno 1267, risulta che i Nobili di Monte Passillo (Comunanza) vendettero al comune di Amandola il castello di Marnacchia con annessi, avvertendo che sono salvati i diritti della chiesa di San Vitale e quelli dei signori di Chiarmonte. Si intende che questi erano patronati autonomi. La dedicazione singola a san Vitale di quest’altra chiesa monastica, presso Marnacchia, esisteva mentre a lato dell’antico Sant’Angelo in Tesenano era stata costruita la chiesina di San Ruffino, attuale cripta. In un istrumento del 1273 l’abate di San Ruffino riceveva l’autorizzazione dal vescovo di Fermo a vendere le proprietà a Marnacchia, al Piano San Vitale e vicinanze. Il terzo edificio fu costruito sopra ai due precedenti, cioè sopra all’ipogeo Sant’Angelo ed alla chiesina San Ruffino e per questa novità furono unite le dedicazioni ai due santi Vitale e Ruffino. Questa doppia intitolazione si legge in un documento amandolese del 1277.