Anni 1036 SAN RUFFINO IN AMANDOLA Documenti tradotti. Tre chiese conglobate: un ipogeo chiesina di Sant’Angelo in Tesenano con dipinti farfensi del secolo IX; una chiesa adiacente di San Ruffino con sculture del secolo XI, un tempio sovrastante del secolo XIII attono all’anno 1277. Nel Liber Fermano 1030 copiario di atti notarili (ed. PACINI-AVARUCCI-PAOLI, Ancona1996) è ricordata la strada di San Ruffino in un contratto del 1036 (p.227). I Farfensi avevano una pievania a Monte San Martino con il titolo di Sant’Angelo (FERRANTI ivi); ed avevano “CURTEM S. ANGELI DE TESENANO” (Regesto di Farfa V, 287) .
Amandola era all’interno del Presidato Farfense (FERRANTI, II edito 1985, n.169 p.97; vi erano terreni di Farfa (Liber p. 94-95).
Traduzione dal Liber di Fermo (p. 226-228) “Nel nome di Dio Signore salvatore nostro Gesù Cristo. Nell’anno 1036 dell’incarnazione di Cristo, nel mese di febbraio, indizione terza. A Fermo. Dichiaro io Rado, figlio del fu conte Mainardo, che oggi, di propria buona volontà, ho venduto e ho consegnato a te Uberto vescovo, figlio del fu conte Tebaldo, e ai tuoi successori, una proprietà di mio diritto, per acquisto, cioè il castello della Troia con moggi 100 come si trovano con alberi e frutti, con ogni soprassuolo e sottosuolo, (a confine) nel 1° lato, la strada di San Ruffino; nel 2° e nel 3° lato, il rivo di Antimano; nel 4° lato la strada che da casa di Sifredo arriva dentro San Marco <castello>. Per questo ho ricevuto da te vescovo Uberto il prezzo di soldi cento. Da oggi abbiate, teniate e possediate ciò, senza che alcuno vi contraddica, neppure alcun mio erede. Se qualcuno volesse contrastare, prometto io Rado con i miei eredi, a te, Uberto vescovo, ed ai tuoi successori di difendervi; e se non potessimo difendervi, o se facessimo vertenza per questa vendita, restituiremo il doppio e migliorato e questa carta rimane nella sua validità. Io Giovanni, giudice e notaio ho scritto questa carta di vendita, richiestone dal predetto Rado. Felicemente. Firma di mano di Rado che ho chiesto il rogito di questa carta. Firme di propria mano in questa carta: io Gozo; io Luciario; io Appiano, richiesti da Rado.”
Il toponimo Sant’Angelo in Tesenano richiama la pittura dell’Angelo san Michele dipinto nell’ipogeo sanruffinese. Ildebrando, ex-abate di Santa Vittoria in Maternano, fu un noto dilapidatore delle proprietà farfensi, condannato dall’imperatore Ottone nel 971. Il vescovo di Fermo nel 977 diede in affitto al conte Mainardo ed eredi dei terreni confinanti con altri farfensi (Liber p. 94-95). Queste notizie si inseriscono nelle vicende più ampie. L’imperatore Enrico II (973-1024) durante la spedizione per la Puglia, nel gennaio 1022, sostò a Fermo. Egli, con i decreti Capitolari favoriva il rinnovamento religioso delle istituzioni con la collaborazione tra il clero e le il laicato. La suprema istanza sacerdotale e la suprema potestà temporale dovevano collaborare per il bene della cristianità.
Due vescovi di Fermo dell’epoca favorivano le istituzioni monastiche. Uberto (996-1044) per esser figlio del conte Tebaldo creava armonia tra il potere comitale e quello vescovile. Il vescovo Uldarico (1057-1073) amico di san Pier Damiani, con spirito di riforma, promuoveva il rinnovamento liturgico, costruiva chiese grandi, aggregava alcuni sacerdoti come consiglieri chiamati “cardinali” cioè incardinati. All’inizio del secondo millennio cristiano nei territori montani dominavano i successori del conte Mainardo: Radone, Giberto ed Offone che rispettavano le autonomie amministrative delle abbazie. I monaci alternavano momenti di vita attiva con momenti di vita contemplativa, vita comunitaria nelle salmodie di mattutino, ora terza, sesta, nona; vespro e compieta e vita pastorale nella cura cristiana delle persone nelle chiese dislocate nel territorio. (CATALANI, M. De ecclesia Firmana … trad. E. TASSI, Fermo 2012 pp. 128-138). L’altra intitolazione a S. Vitale, compare per la prima volta in un documento del 31 gennaio 1277 (FERRANTI, II,pp.80-81 docc. 110 e 111) mentre nel novembre 1276 il monastero di san Vitale era autonomo (FERRANTI II, p79 doc. 106)ed anche San Ruffino era titolo singolo di abate nel 1274 (FERRANTI, vol. I, p. 50 nota 17). Nel 1277 si erano unite le due distinte proprietà. L’aspetto artistico è stato considerato tra l’altro da I. Baldini, M. Scalella, C. Traini in Istituzioni monastiche dei secoli XI-XII ai piè dei Sibillini (ed. 1995 pp. 281-328). In questo libro G. CROCETTI, studia altre chiese: Ss. Vincenzo ed Anastasio in Amandola; S. Leonardo al Volubrio anche S. Maria all’Ambro a Montefortino; SS. Salvatore a Sant’Angelo in Pontano; S. Maria a Comunanza; S. Giorgio anche S. Lorenzo a Montemonaco; S. Maria a Montegalllo.