GOLDONI GIOVANNI (1707-1793)
Al rinnovamento dell’Italia, verificatosi negli ultimi due secoli ha contribuito efficacemente anche il Goldoni con la sua commedia. Infatti, a differenza dei commediografi del ‘500, che scrivevano solo per dilettare il pubblico, il Goldoni scrive e per dilettare e per educare: “castigat ridendo mores” (corregge i costumi col ridere).
Ambiente culturale: siamo nel periodo in cui si afferma il movimento illuminista. Sebbene il Goldoni non partecipi alla polemica degli illuministi contro il passato, né accolga esplicitamente le loro teorie riformistiche, perché tutto dedito com’è al teatro, non ha tempo di tener dietro a tutte le discussioni dottrinarie, tuttavia risente dell’influsso del programma di rinnovamento propugnato dagli illuministi.
Per rinnovare l’umanità, secondo gli illuminismo, era necessario ritornare alla natura e alla ragione, cioè ad uno stile di naturalezza e di ragionevolezza, abbandonando artifici, ipocrisie, pregiudizi, egoismi, ridicolaggini.
Il Goldoni, con la sua commedia, si propone di migliorare i costumi del pubblico; e migliorarli, per lui, significa ricondurli alla naturalezza ed al buon senso; a quel buon senso che è la forma più elementare della razionalità (buon senso, infatti, è una specie di razionalità istintiva, che posseggono tutti gli uomini, a meno che non siano anormali).
In triplice senso si può dire che il Goldoni rientra nell’orbita illuministica:
1)- perché partecipa all’opera di riforma generale propugnata dall’Illuminismo.
2)- perché il motivo centrale della sua riforma è costituito dal proposito di riportare l’uomo a vivere secondo il buon senso, cioè secondo la più comune forma di razionalità.
3)- perché alla commedia dell’arte farraginosa e irrazionale nell’intreccio e nello sviluppo, egli sostituisce una commedia d’intreccio logico, dai caratteri e dalle situazioni naturali, coerente, chiara e spigliata. E’ noto che gli illuministi lavoravano alla creazione di opere letterarie sostanziose nel contenuto, logiche, chiare e spigliate nella forma, utili al pubblico (influsso illuministico).
Ambiente sociale: nella società italiana predomina ancora la classe nobile: una classe che vive di artifici, capricciosa, saputa. Il popolo, rimasto sempre nell’ombra, dal Rinascimento in poi, vive alla meglio nella miseria economica e nei suoi difetti più o meno primitivi. Assistere ad una rappresentazione teatrale è assai più facile che leggere un trattato o un poemetto o qualsiasi altra opera scritta: l’accesso al teatro pubblico è facile tanto al ricco quanto al povero e comprendere il significato di una commedia è facile tanto alla persona colta che alla persona ignorante. Il teatro, infatti, adotta il metodo intuitivo, cioè parla alla intelligenza e al cuore degli spettatori attraverso la vita concretamente rappresentata.
Il Goldoni scrive la sua commedia non per i nobili o per la plebe soltanto, ma per tutti: tutti, infatti, più o meno, sono difettosi. La nobiltà, tra gli svaghi della giornata, apprezza soprattutto quello del teatro: come oggi il cinema, così, a quei tempi, il teatro attirava ogni giorno un buon pubblico. Il popolo, specie durante il carnevale, usava anch’esso prendere parte alle rappresentazioni teatrali.
Il pubblico a cui si rivolge il Goldoni è quello della città di Venezia, composto di patrizi, di gente media e di plebe: un pubblico eterogeneo (diverso), ma con un fattore comune, cioè con quel complesso di difetti che, immancabilmente, si ritrovano in tutti gli uomini di tutti i tempi, sebbene con maggiore accentuazione in certi tempi e in certe classi.
Spiritualità del Goldoni. Il Goldoni fu un uomo di buon senso, bonario, comprensivo, fornito costantemente di buon umore. Vivere secondo natura, coltivando tutto ciò che di buono e di bello offre l’esistenza, è, secondo lui, il programma dell’uomo perfetto. Le pretese assurde, l’impulsività, le polemiche, gli orgogli stolti, il gusto della sopraffazione, la malignità, il cerebralismo dottrinale, sono tutte forme di vita da deplorarsi e da evitarsi. E’ bella la vita che scorre tranquilla nel godimento placido, sereno dei beni terreni e nel far del bene al prossimo. Il Goldoni affermava che la lode, a lui più gradita, era quella di aver contribuito al miglioramento morale del pubblico. Nonostante quest’ansia di riforma morale, egli tuttavia non assume mai il tono del moralista, né predicò mai altra morale che quella del buon senso e della sincerità.
Fu avverso agli artifici e alle stolte ambizioni della nobiltà e simpatizzò sempre per certe forme di naturalezza, di buon senso, che si ritrovano più nelle persone umili che nei cosiddetti grandi: eppure non fece mai la polemica di classe. Anche il vizio che egli si proponeva di eliminare dalla società, non fu mai investito da lui con violenza o con fanatismo: essendosi egli proposto di vivere con stile equilibrato e sereno, se avesse preso in mano lo scudiscio per flagellare i viziosi urlando ed inveendo contro di essi, sarebbe venuto meno al suo proposito di equilibrio e sarebbe passato anch’egli nel numero dei forsennati.
Che cos’è il difetto secondo il Goldoni: è una mania, una specie di anormalità psicologica innata o contratta in seno all’ambiente, in forza della quale si agisce sconsideratamente sì, ma molto di rado malignamente. Il difetto, in questo modo, non è giustificato, né, tanto meno, approvato: resta sempre difetto, cioè espressione di un po’ di matto, più o meno innato in tutti gli uomini, più o meno antipatico, ma immune dalle basse forme della malignità e tale da costituire spettacolo spassoso per chi l’osserva. Perciò gli uomini difettosi che rientrano costantemente nella “commedia goldoniana”, non suscitano mai situazioni drammatiche o tragiche se talvolta essi, con le loro manie, creano situazioni imbarazzanti o addirittura esplosive; interviene sempre un soffio di buon senso che disperde l’atmosfera carica di elettricità e riporta il sereno. Un altro aspetto, molto simpatico, della spiritualità goldoniana è la “cordialità”, cioè quel suo stile di bontà sincera, di affettuosità e di umiltà nei confronti del pubblico: egli, equilibrato com’è, non si stima superiore a nessuno dei suoi spettatori, né va maliziosamente individuando, in mezzo al pubblico, persone o classi da prendere di petto. Egli si stima come uno del pubblico e cerca di evitare tutto ciò che, se assistesse alla sua commedia come spettatore, gli dispiacerebbe. Quando sente che il pubblico ride sulle pazzie di questo o quel personaggio, vuole accertarsi che il quel riso non ci sia nessuna punta di acidità contro alcuno si ride del difetto e di tutti coloro che lo coltivano, anche se tra essi vi fosse il poeta stesso. I difettosi, dunque, non si offendano della satira del poeta: ridano anche essi insieme a lui. D’altra parte i buoni non assumono mai quell’atteggiamento antipatico, che suole assumere la persona onesta che vuole predicare agli altri la virtù: il Goldoni dà sempre ai personaggi onesti la caratteristica della modestia, che rende sempre simpatica la virtù.
C’è una specie di intesa tra l’autore e il pubblico, tanto vero che le simpatie coltivate dall’uno si trasmettono all’altro e sono sottolineate dall’applauso clamoroso e sincero; le deplorazioni bonarie dell’uno nei confronti del difetto si trasmettono all’altro e sono sottolineate dalla risata piena e concorde. Il Goldoni non predica mai direttamente, né direttamente fa mai predicare ai suoi personaggi: solo quando ha reso il personaggio caro al pubblico, osa mettergli in bocca certe battute ricche di umanità e di bontà che sono accolte con cordiale adesione. Così né i difettosi, per quanto deplorevoli, sono mai antipatici, né i buoni, per quanto si adoperino a dar consigli, riescono mai untuosi.
E’ una umanità simpatica, quella vagheggiata dal Goldoni: è frutto della sua modestia e della sua bonarietà, cioè della sua cordialità. Come gli vollero bene gli spettatori del suo tempo, così anche oggi, i pubblici più esigenti, simpatizzano per questo autore, che senza venir meno ai suoi doveri di uomo onesto, senza far uso dei mezzucci cari a coloro che vogliono comprarsi il pubblico, seppe penetrare nell’animo degli spettatori.
La forma della commedia goldoniana
Forma naturale. Il Goldoni stesso parlando dello stile delle sue commedie, afferma che ha cercato di seguire sempre la natura, trovandola sempre buona, senza preoccuparsi dei modelli o classici antichi o italiani o francesi o spagnoli.
Che significa commedia naturale? E’ naturale quella commedia in cui l’intreccio, le situazioni, i caratteri dei personaggi sono tali quali si riconoscono nella realtà. Il mondo del Goldoni è questo: la vita sulla scena per divertire e correggere gli spettatori: la vita colta nei suoi aspetti più svariati, nei moti più naturali della sua psicologia, rappresentata sempre con l’intento di mettere in evidenza quali sono i matti, cioè i ridicoli e quali sono le persone di buon senso, cioè le persone degne di stima, degne di ammirazione. Si tratta di una natura volutamente colta nei suoi aspetti buoni, cosicché anche il male appaia privo di malizia e le situazioni non esplodano mai in tragedia, cioè in eccessività. La forma naturale si oppone a quella artificiosa: la commedia naturale, cioè che riproduce la vita, si oppone alla commedia innaturale, cioè che svolge intrecci, situazioni, motivi psicologici che non sono mai esistiti, né mai esisteranno perché sono creazioni di fantasie stravaganti. Stravagante era la commedia dell’arte: intreccio fatto apposta per sbalordire gli spettatori e, quindi, disseminato di continui colpi di scena; caratteri fissi e caricati, difficili a trovarsi nella vita (maschere non caratteri).
Caratteristiche della commedia dell’arte (commedia degli artisti di professione).
Improvvisazione, intreccio stravagante e colpi di scena, maschere cioè tipi fissi e caricati, equivoci e gesti osceni, uso del dialetto; un pregio: la vivacità. Il Goldoni alla commedia improvvisata sostituisce la commedia scritta. Nel 1738 presentò “Il mòmolo cortesan” di cui scrisse solo la prima parte del protagonista: la prima commedia di carattere del Goldoni; nel 1743 presentò la “Donna di garbo”, altra commedia di carattere scritta per intero; nel 1748 presentò la “Vedova scaltra”, con residui della commedia dell’arte, cioè con le maschere straniere; dal 1748 in poi il Goldoni è completamente fuori dalla commedia dell’arte. Egli chiamò la sua commedia: commedia di carattere, cioè commedia il cui intreccio è generato dalle caratteristiche psicologiche naturali di un individuo o di un ambiente: l’intreccio, le situazioni ed i sentimenti sono suggeriti dall’esperienza stessa, cioè dalla vita in cui si imbatte ora in questo ora in quel carattere. Il Goldoni fu osservatore attento della psicologia dei tipi più svariati, dei modi con cui essa si manifesta, delle situazione a cui essa può dar luogo: questa esperienza contribuì eccellentemente a garantire alle sue commedie la naturalezza più schietta e più vivace. Anche l’esperienza che acquistò attraverso il lungo ed ininterrotto esercizio della attività teatrale, in seno a svariate compagnie comiche, gli servì a dare, agli sviluppi dei suoi soggetti, agilità e genialità: egli sa così creare situazioni impensate eppure naturalissime.
Forma semplice. Il Goldoni sviluppa i suoi motivi che sono costantemente psicologici e morali, senza complicazioni cerebrali, senza impostare problemi, senza ricorrere a spunti filosofici, politici, religiosi o moralisti. Svolge la sua tesi presentando la vita: è la vita stessa che parla. L’intreccio, anche se talvolta è complicatissimo, tuttavia è semplice perché una situazione si snoda dall’altra con la massima naturalezza. Sicché la semplicità è da intendersi in due sensi: il poeta non complica gli sviluppi con problemi; anche negli intrecci intricati, essendo naturali, si nota la linea di sviluppo con facilità. Insomma per capire una commedia goldoniana, leggendola o vedendola, non bisogna fare alcuno sforzo.
Forma comica. Il Goldoni nella creazione dell’intreccio, nella combinazione delle situazioni, nella scelta di motivi psicologici, mira costantemente a mettere in evidenza le ridicolaggini dei difetti e a suscitare simpatia per il buon senso e l’onestà. Quello goldoniano è un teatro in cui o si sorride di simpatia per i buoni o si ride per le pazzie dei difettosi. Sono evitate, come si è detto, le situazioni tragiche e quella drammatiche si riducono a piccoli temporali seguiti subito da uno splendido sole.
Forma cordiale. Il poeta conserva un affettuoso contatto con il pubblico, non intervenendo in persona nell’intreccio o mettendo apostrofi al pubblico in bocca a qualche personaggio (metodo rozzo e di cattivo gusto), ma facendo in modo che il pubblico concordi con lui nelle simpatie e negli apprezzamenti. Il Goldoni era tanto esperto nel creare l’intesa tra sé e il pubblico che, già prima della rappresentazione, sapeva, presso a poco, quali sarebbero stati i punti che il pubblico avrebbe sottolineato con l’applauso.
Forma emotiva. Bisogna innanzi tutto intendersi: il Goldoni non ha mai mirato, di proposito, a far piangere il pubblico, né d’altra parte ha voluto dare alla comicità il carattere di una svagata indifferenza o di una sorridente freddezza: egli era un uomo esperto dei sentimenti umani, desideroso di parlare alla mente ed alla volontà attraverso il cuore. Perciò non manca quasi in nessuna delle sue commedie una situazione commovente, una battuta che tocca il cuore e fa piangere: si tratta di momenti in cui il poeta vuol mettere in evidenza la grazia simpaticissima di una bontà eroica ed umile. Il pubblico non mancava mai di sottolineare questi passi con l’applauso.
La lingua del Goldoni.
Ricca e agile la lingua dialettale (dialetto veneto) di cui egli conosceva tutte le risorse.
Poverella la lingua italiana che egli, non avendo fatto studi regolari di lettere, conosceva un po’ alla meglio, perfetto l’uso della lingua francese che egli imparò attraverso lo studio e la pratica in età già matura (“Le ventail”, “Le Bourru bienfaisant”).
Pregi dell’arte goldoniana.
La naturalezza, la chiarezza e semplicità, la grazia, l’efficacia morale. Possiamo definire la sua arte: “arte di un buon uomo e di un genio modesto, ma espertissimo nei segreti della sua professione e tecnica”.
Difetti dell’arte goldoniana.
Al Goldoni manca la sublimità del genio che individui i sensi profondi della vita e crei forme ideali.
Non si possono ridurre ad uno solo: alla superficialità, cioè alla mancanza dell’approfondimento dell’osservazione realista. E’ un perfetto riproduttore della vita il Goldoni, ma come interprete dei significati di essa, normalmente si contenta di quei significati che possono essere identificati da una persona di buon senso e onesta, ma poco preoccupata, o addirittura inesperta, di vedere qualche cosa di più e qualche cosa di nuovo. E’ per questo motivo che Carlo Gozzi, il suo fiero avversario, ha ragione quando afferma che per ottenere il successo del Goldoni sarebbe sufficiente recingere una piazza o una via o un campicello e considerali come palcoscenici di fronte a cui ci si ponga come spettatori. Troppa semplicità, vera povertà, troppa aderenza al vero, alla realtà senza una notevole elaborazione soggettiva: questa l’accusa del Gozzi. Il quale Gozzi, nonostante che criticasse il Goldoni, tuttavia invidiava i suoi successi e volle gareggiare quasi per scherzo col suo rivale: “se per guadagnarmi il pubblico – pensa il Gozzi – è sufficiente svolgere i motivi più semplici della vita, io mi propongo di ottenere lo stesso effetto, svolgendo fiabe”. Così compose “L’amore delle tre melarance”, che è realmente una bella commedia: c’è della semplicità, ma per evitare il realismo, rimproverato all’avversario, si preoccupò di svolgere un motivo fiabesco.
Commedie del Goldoni.
Si possono dividere in tre gruppi: commedie di carattere, commedie di intreccio, commedia di polemica.
Commedia di carattere: si divide in commedia di carattere di persona, commedia mdi carattere d’ambiente. La commedia di carattere di persona è quella il cui intreccio è suggerito dalle note più comuni e più conosciute della psicologia di una persona: ad esempio “La locandiera” è la donna che fa i suoi interessi di locandiera e di donna, “I rusteghi”, “La vedova scaltra”. “Il burbero benefico”, “Il bugiardo”.
Commedia di carattere di ambiente è quella il cui intreccio è suggerito dalle note più comuni e più conosciute di un ambiente: “Baruffe chiozzotte”. “Il campiello”, “La bottega del caffé”.
La commedia d’intreccio la cui trama è impostata su una serie di casi fortuiti che mirabilmente si combinano (esempio tipico “Il ventagio”).
Il Goldoni ha scritto una sola commedia polemica: “Il teatro comico”. Egli vuol mettere in evidenza la sostanza e i benefici effetti della sua riforma teatrale, contro i sostenitori della commedia dell’arte. Presenta una compagnia comica che vorrebbe imporre le sue pretese al poeta comico che compone per essa: il poverello con la calma e il ragionamento riesce a persuadere gli strani contraddittori.