Le origini del Palio dei Comuni Fermani è considerata come collaborazione tra amministratori politici ed ecclesiastici negli studi medievali del Catalani. Nei secoli XI e XII a Fermo e nel Fermano, sotto la protezione dei vescovi, si affermarono le autonomie comunali nei castelli, i quali presero l’abitudine di consegnare, con una cavalcata, i cosiddetti “palli” nella cattedrale, e tutto ciò fu praticato per la sinergia tra le autorità civili e quelle ecclesiali. Michele Catalani ha spiegato questi eventi, pubblicando nel 1783 la storia dei vescovi Fermani. Ecco alcune idee (pp.20-22) espresse dal Catalani.
“La potente autorità dei vescovi Fermani nei secoli XI e XII appare giunta al suo apice. A me pare che chi esplora lo svolgersi dei fatti nel corso di questi tempi, nota con meraviglia come le proprietà ecclesiastiche si accrebbero progressivamente. Come sarebbe potuto avvenire diversamente in una diocesi, come la Fermana, che andava ampliando al massimo il suo territorio? Se volessi fare un elenco per riferire in modo completo tutte le donazioni all’ episcopato fermano, documentate nei loro atti superstiti, non finirei mai. Basti notare un aspetto politico che cioè giunsero sotto il potere del vescovo Fermano sia i castelli che erano stabiliti sin dal loro inizio dai vescovi, sia quelli che avevano ottenuto l’autorizzazione vescovile per la parte della superficie di sedime del castello su proprietà ecclesiastica. Lo puoi riscontrare per Morrovalle, per Servigliano, per San Benedetto (del Tronto). Nella documentazione troverai che alcuni castelli, con il passar del tempo, ebbero a raggiungere grande importanza perché erano cresciuti formando la consociazione dei piccoli castelli preesistenti. Sono tali le origini di Macerata e di Ripatransone. Erano piccoli castelli sottomessi al vescovo, e quando vollero unirsi in una nuova edificazione, per necessità chiesero il consenso all’autorità del vescovo stesso. Il mantenimento della precedente giurisdizione vescovile non venne certamente trascurato, ma tutelato. Questi castelli o stavano completamente sotto l’autorità vescovile oppure avevano molti aspetti di sottomissione. In questa nostra storia è interesssante il fatto che troviamo espressi nei documenti sia l’antica origine di molti castelli sia anche i loro successivi sviluppi. Dispiace che l’usura dei secoli abbia fatto scomparire altra documentazione, motivo per cui non abbiamo le notizie complete per tutti. Per i castelli documentati come sottomessi ai vescovi, non v’è dubbio che o furono fondati dai vescovi predecessori oppure furono da loro acquisiti dai proprietari fondatori. Se vuoi conoscere in che cosa consistesse la giurisdizione vescovile sui castelli sottomessi, non ti mando a cercare ciò che hanno scritto gli autori che ne trattano per altri territori, perché abbiamo a disposizione nei nostri archivi moltissimi documenti che offrono abbondanti notizie. Penso che i futuri cultori delle ricerche storiche avranno modo di dilettarsi a lungo con questa documentazione. Anche per altre diocesi è stato notato dagli studiosi un onore pari a quello dato ai vescovi Fermani i quali furono chiamati a far parte della pubblica amministrazione. L’argomento è stato trattato dal Muratori nelle sue “Antichità”. All’interno del senato che governava il Fermano, il vescovo locale riceveva ruoli primari. Ho potuto notare che negli affari della maggiore importanza i vescovi della Chiesa Fermana erano in sinergia ed unione con il comune di Fermo e con il governo dei Fermani, ad esempio nel sancire le guerre o le pacificazioni. Penso che sia questa la causa, e non altra, per cui i castelli portavano i cosiddetti “palli” nella cattedrale, come fecero soprattutto nel secolo XIV. Nel giorno dell’assunzione della Madre di Dio in cielo, i rappresentanti dei castelli che, per acquisto o per altra causa, erano soggetti al dominio della città fermana, ed anche quelli alleati con Fermo negli altri luoghi della diocesi fermana, venivano qui a portare dei palli. Lo testimoniano i documenti per Ripatransone, Monterubbiano, Montegiorgio, Montecosaro, Monte Santo (cioè Potenza Picena) e Arquata. Era utile al governo di Fermo di vivere in amicizia con l’episcopato locale, non soltanto per procurare la pace, anche per gestire le guerre. Più volte, nel compulsare i documenti della nostra Chiesa, ho riscontrato che i suoi vescovi fornirono soldati di truppe ausiliarie ai Fermani e parimenti che questi, a loro volta, quando il vescovo era in guerra, diedero il loro aiuto. Ho constatato che avveniva spesso perché era un’usanza di quei tempi. Curiosamente ci fu la necessità di chiedere aiuti da una parte o dall’altra ed i vescovi affrontarono i marchesi dominatori nella nostra provincia. Chi legge i nostri documenti ne trova moltissimi su ciò. Infatti alcuni marchesi, mossi dalle passioni dell’invidia e dell’avidità, non avevano un animo sereno per accettare l’ampliarsi non esiguo del potere amministrativo dei vescovi, per cui non raramente tra gli uni e gli altri scoppiavano guerre. Alla fine del secolo XII gli imperatori accolsero le richieste ecclesiastiche e confermarono con diplomi tutti quei diritti che i vescovi Fermani avevano da godere sui castelli della Chiesa Fermana e concessero i diritti regàli o “regàlia” (latino =regalìe). All’inizio del XIII secolo, parimenti Innocenzo III concesse privilegi ai vescovi Fermani e con questo pontefice avvenne un cambiamento tale che nel territorio il potere papale prevaleva su quello imperiale.”
In sintesi, il Catalani fa capire che ci fa una politica di ampio respiro per unire i luoghi dell’ampio territorio della diocesi Fermana in uno spirito di cittadinanza favorito da una parte e dall’altra, sia dai vescovi che dai Comuni.