DON DAMIANO FERRINI (1924-2007)
Ricordi di p. Italo Conti missionario; Delio Ferrini fratello; d. Leandro Nataloni ora parroco a Felerone, d. Umberto Eleonori già suo seminarista, Paola Ercoli la Marta della parrocchia, Sr. Agnese delle suore dell’Addolorata ed un alunno(P.M.)
Intervista al padre Italo Conti, missionario in Argentina.
\D\ Come ricorda don Damiano?
\R\ Lo ricordo come un missionario autentico nell’incontro con Dio, con la Chiesa, con la Parola rivelata, sia a Fermo che a Guarulhos. Mi è venuto a trovare in Argentina tre volte. Don Damiano ha compiuto la sua missione senza cadere nelle ideologie. I tempi che ha vissuti erano di grandi ideologie sia nella vita pubblica che nelle vita della Chiesa e lui non si è lasciato intrappolare. E’ andato all’essenziale, alla formazione missionaria, senza esteriorità populiste, da vero missionario.
\D\ Come lo ricorda a Guarulhos ? \R\ Don Damiano in Brasile stava vicino al Signore e alla gente. Celebrava la santa Messa nel lebbrosario comunale e recava la S. Comunione a chi non poteva partecipare in chiesa, ai malati nelle case. Parlava con i lebbrosi, li conosceva per nome. Incoraggiava tutti ad essere autentici discepoli uniti a Gesù Cristo. Capiva le diversità delle situazioni umane e vi si adattava per la missione della Chiesa.
\D\ Dice che venne in Argentina. \R\ E’ venuto a trovarmi sia a Los Pirpintos nel Chago Santiaghegno che a Tintina. Lui che veniva dalla grande città di San Paolo subito si è adattato alla gente del bosco e della campagna. Stava con me a celebrare. Si metteva a confessare. Si entusiasmava alle pratiche cristiane popolari e la gente era contenta di lui, sapeva animare e aiutare i fedeli con gioia. Una notte nel tornare a casa,da una cappella lontana, lungo una strada fangosa, la pioggia ha fatto impantanare l’automobile tra la melma. Don Damiano ha cominciato a recitare il s. Rosario. Io sono andato a cercare un trattore in una casa lontana. Quando sono tornato dopo circa tre ore, stava ancora a pregare e mi ha detto di aver detto sedici s. Rosari. Tutto tranquillo, non si lasciava sconfortare nei momenti difficili.
Una mattina è arrivato con l’aereo a Santiago, lo presi fino a Tintina e alle 18 eravamo a casa. Un avviso mi chiamava a Villa Matilde perché era morta una persona e si faceva la veglia. Don Damiano, per nulla stanco del lungo viaggio della notte precedente, venne con me a pregare e stava tra la gente, lieto della loro religiosità. Aveva una salute robustissima.
\D\ Era un tipo forte? \R\ Era un volontarista. La formazione ricevuta lo rendeva laborioso, pronto al dovere, con impegno, senza timore per le decisioni forti o difficili. Come tutti i missionari, tra il popolo latinoamericano si manifestava molto umano, aveva sensibilità pronta per ogni necessità e non negava il suo aiuto. Praticava ogni forma possibile di carità fraterna materiale e spirituale e dava aiuto a ogni povero, anche non cristiano.
\D\ E’ l’esperienza brasiliana che umanizza? \R\ Certo i missionari avvertono la compassione tra la gente Essi,. come don Damiano portano la pace del Signore e donano il perdono nel sacramento della Penitenza. Don Damiano dava aiuto anche se uno fosse mussulmano. Anche se non risolveva e non poteva risolvere i problemi tra persone senza casa, senza lavoro, senza cibo per sé e per i figli, sempre faceva la sua offerta.
\D\ E dopo tornato dal Brasile? \R\ Siamo stati vicini. La sua presenza era costante nella chiesa dell’adorazione eucaristica ogni mattina a Fermo. Dava abbondantemente la Parola di Dio ed i sacramenti della Chiesa. I fedeli che lo frequentavano, trovavano il Signore ed erano incoraggiati a diventare missionari di Gesù Cristo. Quel Vangelo della conversione che annunciava lui lo viveva. Tanti ani prima dentro il Seminario come vicerettore sembrava autoritario, invece negli ultimi anni, nel Duomo accoglieva i bambini, si metteva a parlare con essi e si adattava al loro livello con entusiasmo e gioia. Anche tra i carcerati di Fermo sprigionava spirito missionario, dava loro elemosine, li ascoltava, faceva le telefonate ai loro famigliari.
Notizie dall’intervista avuta a Falerone con il parroco don Leandro Nataloni.
La famiglia Ferrini si era trasferita dalla zona di Santa Margherita a Piane di Falerone vicino al fiume Tenna nel 1937, quando Damiano era seminarista di tredici anni. Nel 1948 don Damiano era diacono e stava per esser ordinato presbitero. L’arcivescovo mons. Perini fu informato che si stava costruendo la chiesa nuova a Piane e così accettò di tardare la consacrazione per farla poi qui. Ma sin dall’inizio della scuola gli affidò l’incarico di professore. I lavori della nuova chiesa faleronese andavano a rilento e su sollecitazione di mons. Roberto Massimiliani, mons. Perini decise di ordinare presbitero don Damiano nella chiesa grande di Falerone a fine ottobre e fu una festa solennissima.
Attualmente il parroco a Falerone è don Leandro Nataloni che gentilmente racconta come in molte occasioni si è incontrato con don Damiano. Per sette anni, dalle medie al liceo, gli è stato professore di religione, italiano, storia, geografia, matematica, francese, chimica, fisica e scienze naturali. Lo ricorda come uno dei docenti meglio preparati, dotato di grande capacità nel porgere le cognizioni e nel farle apprendere. Come era esigente con se stesso, così induceva gli alunni ad esserlo.
Altri incontri durante gli anni di teologia di don Leandro, avvenivano al mattino presto quando andava nella camera di don Damiano che aveva avuto un intervento chirurgico ai piedi e doveva massaggiarli ogni giorno. Lo trovava capace di vivere la sofferenza con piena pazienza. Era riservato, come uomo di preghiera che fa di sé un’offerta a Dio. Disse una volta scherzando che i calli ai piedi erano un’eredità di famiglia come per la mamma. Nutriva un’enorme passione per la Chiesa in modo energico e per la Chiesa voleva donarsi. Nello stesso tempo era attento e capace di molto ascolto alle persone che incontrava, usando comprensione per le altrui condizioni, nel dialogo e nel colloquio spirituale, in modo delicato.
I compaesani di Falerone lo considerano come un nuovo padre Damiano da Veuster il quale è vissuto quindi anni tra i lebbrosi ed è stato beatificato nel 1995 da Govanni Paolo II. Don Damiano Ferrini era umile ed è stato un’ottima guida spirituale nel confessare e nel dettare gli esercizi spirituali alle suore, che lo chiamavano.
Con la gente di Falerone aveva un rapporto di affettuosa amicizia.
L’alunno P. M. ricorda il professore appassionato di quello che insegnava. Lo si vedeva coinvolto negli argomenti e da essi faceva scaturire l’impegno nell’assimilarli. Era sempre molto coerente e se pure dava un brutto voto si capiva che non disprezzava l’alunno. Ognuno si sentiva accettato nonostante qualsiasi compito andato male. Era rispettoso delle persone.
La famiglia lo ricorda
Nella casa Ferrini di Piane di Falerone abbiamo ascoltato il fratello Delio sposato con Maria e la figlia Claudia. Qui vivevano i genitori: Nicola Ferrini vissuto 85 anni (1882-1967) e la moglie Maria quasi ottantenne(1894-1973), ambedue faleronesi. Il primo figlio Delio è nato a Felerone e dopo che si trasferirono dalla contrada Ferrini più in altura, sempre in vicinanza della chiesa di S,. Margherita, nasceva il secondogenito, il nostro Damiano, in territorio del Comune di Sant’Angelo in Pontano. Qui Damiano ha frequentato le scuole elementari con la maestra Giordani Bertarelli Flora che era esemplare per intelligenza ed abilità professionale. Faceva studiare ed imparare bene. Restano le bellissime letterine che la maestra suggeriva e che Damiano ha scritto al babbo e alla mamma in occasione della festa del Natale. Quando poi ha sostenuto gli esami di ammissione alla scuola media è pienamente riuscito.
Fece la prima santa Comunione a Sant’Angelo in Pontano con il parroco stimatissimo don Raniero Potentini che promuoveva tulle le possibili attività formative. In questo modo Damiano ha avuto un ottimo orientamento per il futuro. Un amico caro era il santangiolese Nicola Marucci ordinato prete nel 1949. Quando da seminarista tornava a casa per le vacanza, si vedeva spesso Damiano intento nelle letture e negli studi. Al mattino si recava a Messa nella vicinissima Servigliano dal parroco don Oreste Viozzi, molto apprezzato come guida spirituale.
I familiari ricordano la grande stima che le persone manifestavano verso don Damiano, come professore, come parroco, come missionario, come canonico penitenziere nella cattedrale, come confessore nei monasteri, come guida dei Volontari della sofferenza, all’Unitalsi e nell’Azione Cattolica.
Ma più sorprendente è stata la sua presa con i carcerati, come cappellano volontario nella casa circondariale di Fermo ove si recava, accolto con rispetto, ogni pomeriggio. I reclusi lo attendevano e lo ascoltavano singolarmente. Dava delle elemosine, senza differenza di religione, con il permesso del Direttore. Trai suoi libri è stato trovato un appunto di 1700 euro dati qualche anno fa ai carcerati poveri. Più gravose erano la spese telefoniche, con bollette bimensili fino a 500 euro per collegarsi con vari paesi e chiedere notizie alle famiglie dei reclusi ai quali poi le ripeteva. In carcere dicevano: “Qui non vediamo altro sorriso se non quello di don Damiano”. E al funerale il Direttore ha ringraziato don Damiano della sua opera.
I familiari ricordano anche com’era bello averlo a casa per le feste maggiori, perché gli impegni a Fermo lo trattenevano spesso, ma dava notizie, scriveva dal Brasile, telefonava. Il suo vescovo a Guarulhos mons. Joao (Giovanni) Bergese ha accettato di trascorrere alcuni giorni in casa Ferrini, una volta d’inverno che era venuto a Roma e fu lieto e cordiale nell’ospitalità, stimando molto don Damiano che aveva messo suo vicario.
Dalle Suore del SS. Redentore e di M. V. Addolorata di Potenza Picena
Un ricordo lo esprime Sr. Agnese che visse in Brasile con don Damiano nel 1986 e ci dice che a Guarulhos don Damiano è ricordato molto bene, con la parola “carigno” che vuol dire affetto. Nella abitazione attigua alla sua, celebrava con le Suore dell’Addolorata ivi presenti la S. Messa, anche le ore di adorazione, le veglie. Don Damiano stava davanti ai fedeli in preghiera. In ogni iniziativa era presente, era disponibile alle richieste in tutti gli orari. La gente manifestava grandissima stima e fiducia per la gentile accoglienza.
Le sue prediche erano lunghe e ricche di testi biblici, frutto dei suoi studi specie su san Paolo, erano bene preparate anche con gli esempi. La gente era contenta e al termine della S. Messa, manifestavano l’apprezzamento. Al pari di don Tarcisio Carboni dicevano di don Damiano che era un santo. Non era esigente, al contrario di quanto raccontavano i suoi alunni quando si recavano a Guarulhos ricordando che a scuola usava metodi severi per non far copiare i compiti in classe. In Brasile non alzava mai la voce con nessuno. Incontrava tutti e si recava nelle case. Lasciava i soldi a Sr. Adelaide. Si dedicava alla parte spirituale, più che alle costruzioni. Assieme con la superiora madre Angelica ha contribuito alla formazione vocazionale delle suore dell’Addolorata. Sr. Nisi è una di queste vocazioni del 1986 e vive ora in Italia. Queste suore gli preparavano i pasti.
Dopo tornato nel 1987, ogni anno si recava per un mese, di nuovo in Brasile, di solito nel mese di gennaio. E accresceva l’opera formativa nello spirito del Vangelo.
Ricordi dei suoi parrocchiani a Sant’Alessandro a Fermo
Dal 1963 al 1774 Don Damiano è stato parroco, a Fermo nella parrocchia nuova di sant’Alessandro presso il seminario, ove tra l’altro ha creato l’associazione dei Volontari della sofferenza, l’Azione Cattolica, l’Unitalsi e l’Apostolato della Preghiera.
Ecco alcune dalle interviste con don Umberto Eleonori allora seminarista e con Paola Ercoli che veniva considerata la Marta della sua parrocchia.
Don Umberto è una delle vocazioni accompagnate da don Damiano che gli chiese di impegnarsi tra i giovani. Racconta che don Damiano nella nuova parrocchia ha realizzato lo scopo di predicare il Vangelo in ogni possibile modo. Faceva per questo scopo molte riunioni, con ogni categoria di persone ed in ogni zona della parrocchia. La sua particolare e costante attenzione si notava rivolta ai poveri, ai malati, ai bisognosi ed ai giovani e trasmetteva questo spirito ai parrocchiani. Era sempre tra gli impegni: visitava i malati nelle case e recava la santa Comunione, seguiva i catechisti, si dedicava alla santa Confessione che era una delle sue opere più gioiose.
Era dinamico nello svolgere le attività adatte ad annunciare con chiarezza il regno di Dio. Per i giovani ha voluto recuperare l’ampio spazio del Tirassegno fermano. E’ chiaro che la gente lo ha sempre ricordato, sia quando si era recato in Brasile, che dopo che era tornato a Fermo nella parrocchia di San Domenico.
Paola Ercoli ricorda don Damiano come un parroco molto zelante e di tanta devozione. Faceva le riunioni nelle case della campagna, allora popolata. Svolgeva due o tre sere di catechesi e l’ultimo giorno celebrava la S. Messa in una casa. In chiesa passava molte ore al confessionale. Celebrava al mattino con molti professori del Seminario, ed altri di questi celebravano alla sera. La chiesa era sempre piena. Era una parrocchia in embrione e bisognosa di tutto. Don Damiano ha stabilito subito le cose essenziali.
Ogni anno faceva le Missioni parrocchiali che concludeva solennemente nel giorno della festa dell’Immacolata, 8 dicembre ed ogni anno faceva lasciare un ricordo. Una volta la statua dell’Immacolata, alta sul pilastro presso l’inizio della via del Tirassegno, altra volta la statua del Bambin Gesù davanti alle scuole elementari. In altri anni dei quadretti da tenere in casa o dei libretti a ricordo per le famiglie.
Raccoglieva fondi per le famiglie numerose, con cinque, sei o sette figli, e arrivavano offerte anche da fuori parrocchia. Lui donava con larghezza generosa. Dopo che si è recato missionario in Brasile in parrocchia si facevano lotterie, o pesche e raccolti di aiuti che gli si spedivano. E’ rimasto caro a tutti.
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