1311.01.29: Procura per fare appello contro un precetto vescovile
Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1311, indizione ottava, al tempo del papa Clemente V il giorno 29 del mese di gennaio, redatto nella chiesa del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, diocesi di Camerino, alla presenza di Nuzio Nalli di donna Savia, Francesco e (M)uzio di Salimbene Atti da Monte Milone abitante ora della terra di Matelica, come testimoni richiesti, a tutto ciò chiamati; la nobile signora Mattia badessa del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, diocesi di Camerino, insieme con Francesca, Mattiola, donna Al(t)egrima, Barbara, Filippuccia, Cecilia, Eugenia, Tuttasanta, Isaia, Manfreduccia, Gera, Agata, Marta, Lucia, Tomassuccia, Sperandea, Rosa, Zutia, Mita, Agnese, Angelica e Giacomuccia, Bartolomea, monache dello stesso monastero, dopo che per ordine della stessa badessa si erano riunite nella chiesa dello stesso monastero, al modo solito, tutte le dette monache, senza alcuna dissensiente, insieme con la stessa donna badessa e reciprocamente stabilirono, decisero, crearono ed ordinarono legalmente il nobil’uomo Guarinuccio di Guarino di Matelica e frate Giacomuccio converso del detto monastero, assenti, come fossero presenti, e ciascuno di loro in solido, di modo che non sia migliore la condizione di uno che è agente rispetto a quella di uno che non lo è, e tutto quello che uno di essi ha cominciato, l’altro possa prenderlo, proseguirlo e finirlo nella qualità di legittimi amministratori, procuratori, agenti, fattori e nunzi speciali, o con qualsiasi altro nome si può meglio esprimere e pensare giuridicamente, per presentarsi a posto di loro stesse, a nome loro, di fronte al venerabile padre e signore don Berardo vescovo di Camerino ed esprimere l’appello e appellare riguardo alla lettera loro trasmessa e agli ordini fatti da parte del detto vescovo di Camerino o dei suoi officiali o da alcuno di essi, in qualunque modo o causa, presso il santo padre, signor nostro sommo pontefice o ad altra persona che fa le sue veci, o presso chiunque altro abbia giurisdizione della curia romana, inoltre a proseguire il detto appello, a dare il libello e riceverlo, a contestare la lite sulla calunnia o sulla verità, a giurare sulla loro anima, ad opporre eccezioni, a replicare e controreplicare, se necessario, ad eleggere i giudici od arbitri, a escusare, a porre sospetti, a introdurre i testimoni, i documenti, le altre prove legali, a veder giurare i testimoni della parte avversa, a contrapporsi ai testimoni, a rifiutare le cose dette ed a farli deporre e a vedere l’apertura dei testimoni, ricevere la copia degli atti e concludere nella causa ed a stabilire uno o più procuratori a nome delle stesse donne e del detto monastero, e in generale a fare ed esercitare tutte quelle cose che riguardo a ciascuna delle cose dette sopra, risulteranno necessarie ed opportune e che loro stesse potrebbero fare ed esercitare se fossero presenti direttamente, cose che i meriti delle cause richiedono ed esigono. Promettono che considereranno stabilito e decisto per tutti i tempi tutto ciò che viene fatto e gestito da parte degli stessi amministratori o di uno di loro o di un loro sostituto, riguardo a ciascuna delle cose dette sopra, sotto l’ipoteca e l’obbligazione dei beni del detto monastero. Inoltre liberano questi amministratori e i loro sostituti da ogni onore di soddisfare, senza procedere in giudizio, attenendosi al giudicato. Le cose dette prima, pagata o non pagata la penalità, restino decise e stabili.
Ed io Nallo Zoni notaio pubblico fui presente a tutte le cose dette sopra e, richiesto di scrivere, scrissi e pubblicai e rafforzai con il mettere il mio sigillo.