1287.09.26: Procura per appello sui beni del signor Matteo
Nel nome di Dio. Amen. Nel suo anno 1287, indizione quindicesima, in tempo di sede romana vacante del pastore, il giorno 26 settembre, redatto a Matelica, nel monastero di Santa Maria Maddalena, mentre erano presenti mastro Percivalo un tempo da Cesena, Giovanno suo figlio e Ver(l)utio del signor Giacomo, come testimoni richiesti ed a ciò chiamati. Quando si è riunito il capitolo del monastero di Santa Maria Maddalena del castello di Matelica, diocesi di Camerino, donna Mattia badessa delle donne del detto monastero, con l’espresso consenso e la volontà di tutte le sue consorelle esistenti in detto monastero, cioè Agnese, Margarita, Isabetta, Cristina, Daniela, Lucia, Andrea, Cat(erina), Deutama, donna Cristiana, Jacobuccia, Giovanna, Mattiola, Vittoria, Isaia, (I)lluminata e delle altre monache e suore esistenti in detto monastero, e le stesse suore concordemente a voce unanime fecero, stabilirono ed ordinarono don Enrico da San Severino e frate Giacomuccio converso del detto monastero, come legittimi amministratori, sindaci e procuratori, attori e difensori e nunzi speciali loro e del detto monastero, per presentarsi per esse e a nome delle stesse e a nome e per conto del detto monastero e del suo convento, di fronte al venerabile padre don Rambotto vescovo di Camerino ed alla sua curia, di fronte al giudice spirituale della Marca per la Chiesa romana e di fronte ai giudici generali della detta Chiesa e temporali (cioè per beni materiali) e di fronte a qualsiasi altro giudice competente, in modo speciale e generale sia spirituale che temporale, per le cause, liti e questioni che le stesse donne e il loro monastero hanno o pensano avere con i Frati di Sant’Agostino, ad occasione dei beni del signor Matteo del signor Sinibaldo, con don Vitaliano di Albricuccio, ad occasione dei beni del detto signor Matteo e dei suoi procuratori in modo speciale e generale con tutti gli altri uomini e persone in ogni luogo con i quali la stessa donna badessa e le dette donne e il sopra detto monastero avessero lite e questione o ne avranno poi per qualunque causa, per agire e difendere, dare e ricevere il libello, ricevere un termine e porre termini, contestare la lite e le liti, giurare riguardo alla calunnia, introdurre testimoni, prove e strumenti, ascoltare i testimoni e le prove della parte avversa e rispondere , opporre eccezioni e repliche, per comunicare e far compromessi, far quietanza e remissione, giurare circa la calunnia sull’anima delle donne (monache) dette e a nome dello stesso monastero dalle accuse e denunce fatte e da fare alle dette donne e a qualcuna di esse e al detto monastero o a qualcuno per esso monastero, e a dare fideussione, a fare compromessi, a mantenerli sotto la già detta pena dei beni del monastero, ad ascoltare la sentenza o le sentenze, a fare appello e proseguire, se fosse necessario, e generalmente a dover fare ed esercitare tutte e singole le cose che per quanto detto sopra, e fuori di ciò e qualsiasi cosa, saranno necessarie o utili come i detti amministratori e procuratori vedranno e vorranno e che sono richieste nel merito delle cause. La badessa e le suore prima dette a nome e per conto del detto monastero e del suo convento promettono solennemente che considerano deciso e stabile e mantengono tutto ciò che gli amministratori e procuratori, o uno di loro, faranno e diranno riguardo delle cose dette sopra ed a ciascuna di esse, sotto ipoteca e obbligazione dei beni e delle cose del detto monastero e vogliono che essi e ciascuno di essi sia esente dall’onere di soddisfare e promisero, a me notaio sottoscritto stipulante solennemente per esse e per quanti sono interessati, che si asterranno dal giudizio e che adempiranno le cose giudicate.
Ed io Leva Bonagiunta di Matelica, notaio, fui presente a tutte le cose predette e richiesto riguardo a tutte le cose scritte sottoscrissi e pubblicai.