1273.04.19: Donazione di un monastero
Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno dalla sua nascita 1273, indizione prima, il giorno 19 aprile, al tempo di papa Gregorio X, a Matelica, nell’oratorio di santa Maria Maddalena di Matelica, mentre sono presenti don Accurso pievano della pieve di Matelica, frate Landolfo Jacomelli e frate Accurrimbona di Severino Boni dell’ordine dei Predicatori, mastro Alebrandino vicario del comune di Matelica, il signor Fantegino di Rinaldo, il signor Finaguerra del signor Albrico, Federico del signor Alberto, Albertuccio di Bucaro, Yvano del signor Scagno Bratte, e Zovitta, come testimoni chiamati a ciò e richiesti. Frate Rinaldo Topino chiese ed umilmente supplicò la donna badessa del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, affinché si degnasse concedere, conceda allo stesso frate Rinaldo, e dia, per speciale grazia, l’autorizzazione con pieno potere ed autorità ad usare il luogo detto Trocche del monte Gembo, nel distretto matelicese, per ivi servire Dio e fare penitenza, rimanervi a dimorare nel servizio a Gesù Cristo, nella vita e nella regola religiosa tenuta da san Benedetto. L’abbadessa gli rispose dicendo che avrebberichiesto il consiglio ed il consenso delle sue suore e monache. E, come d’uso, fece suonare la campana, prontamente per riunire il capitolo del convento. In questo, fatta la proposta in approvazione si deliberò favorevolmente secondo le richieste a lode di frate Rinaldo riconosciuto amministratore. Inoltre l’abbadessa donna Mattia con il consenso e la volontà delle consorelle e delle monache dello stesso monastero, cioè con il consenso e con la volontà delle seguenti suore: Alluminata, Omodea, Cristina, Giustina, Guiduccia, Agnese, Margherita, Benvenuta, Isabetta, Andreina, Catalina, Diotama, Francesca, Giacoma, Barbara, Lucia, Daniela, Berardesca, Cristiana, Cecilia, Auria, Giacomella, Giovanna, Rosa, Mattiola, Caradonna, Mansueta, Lavinia, Anastasia, Tomassa e frate Lenguatio converso dello stesso monastero, fece l’atto liberatorio, di scioglimeto e dimissione al predetto frate Rinaldo da ogni vincolo di riverenza, obbedienza e da ogni sottomissione, promessa ed obbligo che lo stesso frate Rinaldo avesse fatto allo stesso monastero ed alla badessa, e comunque fosse vincolato, obbligato personalmente, realmente verso il monastero e la badessa predetti. La stessa abbadessa, con il consenso di tutte le predette consorelle e monache, diede licenza, pieno potere ed autorità al frate Rinaldo di rimanere ivi, in unione spirituale con Dio per servirlo, e fare penitenza nel luogo detto Trocche del monte Gembo, nel distretto di Matelica, sotto la vita e regola religiosa tenuta da san Benedetto, in maniera congrua e decente. In questo modo il frate sia sin da ora in tutto esente e non vincolato personalemte e realmente, da qualunque precedente legame con il monastero e con la badessa predetti; acquisiva e acquisirà realmente e personalmente in ogni modo l’annessione al luogo detto Trocche. L’abbadessa, con il consenso e la volontà delle sue predette suore e monache, come detto sopra, stabilì e ordinò che Frate Vitale converso dello stesso monastero, fosse legittimo amministratore, procuratore, a nome suo e del monatesro delle suore e monache, per liberare frate Rinaldo da ogni vincolo, come detto sopra, per rinunciare ad ogni diritto, azione, ragione che il monastero stesso e la sua badessa ebbero, hanno o avrebbero, nel passato, nel presente e nel futuro, nei confronti di frate Rinaldo e del luogo od oratorio e chiesa delle Trocche, a qualsiasi titolo od occasione di residenza, costruzione, opera o edificio che lo stesso frate Rinaldo ha fatto, fa o farà anche tramite altra persona, parimenti per ogni acquisizione da parte del frate stesso nel luogo Trocche. Inoltre lo rende autonomo per ogni donazione fatta o da fare da parte di Pietro di Giacomo e da Nepoliono di Raniero e dal comune di Matelica o da altre persone, per terre di montagna, boschi e ogni altro bene. Quello che fra Vitale avrebbe deciso viene sin d’ora considerato definitivo e stabilito. Così lo stesso frate Vitale fece ogni azione, esecuzione, promessa, contratto obbligando legalmente e solennemente il detto monastero nei rapporti con frate Rinaldo predetto.
Scrive l’atto il notaio imperiale Matteo. La copia di questo atto è stata scritta in data 11 giugno 1289 nel Comune di Matelica alla presenza di signor Tomagino (Tomasino) di Festa, Palmerulo di matro Palmerio e Francesco di Bonafede, testimoni.