1237.04.20: Contratto di deposito e arbitrato
Nel nome di Dio. Amen. L’anno del Signore 1237 giorno 20 aprile, a tempo del papa Gregorio e dell’imperatore dei romani Federico, re di Sicilia e di Gerusalemme, indizione decima. Il signor Masseo ed il signor Gentile di Lazario da una parte, e dall’altra parte, Attone Venimbene notaio, amministratore del monastero di santa Maria Maddalena di Matelica, a nome della comunità e del collegio e per conto loro, di comune accordo e volontà, presso il signor Morico da Rocca, fecero il deposito di duecento libbre ravennati ed anconetane, prezzo della vendita da parte di donna Rosa, dei beni del defunto Ranno, fatta ai figli di Lazario, con questo patto, e con questa condizione posta, che qualunque cosa deciderà Frate Pietro ministro dei Frati Minori, la predetta donna Rosa con le sue consorelle e l’amministratore della detta comunità, facciano la carta di quietanza e transazione ai figli di Lazario e staranno gli uni con gli altri alla decisione dello stesso. E se capitasse che il predetto Frate Pietro non venisse o non decidesse, da ora fino alla metà del prossimo maggio; debba decidere don Filippo vescovo di Camerino. E se capitasse che questi predetti uomini non decidessero, allora il denaro predetto di duecento libbre sia restituito dal Signor Morico ai predetti figli di Nazario. E qualora il vescovo dicesse che il predetto denaro fosse da restituire, il signor Morico lo consegni, senza frapporre condizione, alla signora predetta. Parimenti riguardo al testamento di donna (I)bilde, tutto ciò che uno o l’altro dei predetti decidesse o sentenziasse, con più o meno di considerazioni, promisero tra di loro, vicendevolmente, che lo considereranno e terrano stabile e promisero con solenne stipula sotto penalità di duecento libbre ravennati. E promisero di rimborsare o restituire ogni danno di lite e di spese fatte o sostenute per questo, in ogni modo, con solenne stipula tra di loro. E fossero o non fossero pagati (i rimborsi), promisero che tutto restasse stabilito.
Si riserva ogni diritto a favore del monastero per quanto riguarda il monte, cioè per i dieci (o più ? foro nella pergamena) mogiuri e per quello che ha del manso di Martino Iunni e della moglie; inoltre per la chiusa di Deone di Atto e del molino do Gometaria(?), beni che lasciò alla signora Rosa.
Redatto nel monastero, presenti come testimoni, il signor Albrico di Finaguerra, Rainaldo di Monte Melone, il signor Suppolino, il signor Albrico di Moro, il signor Blasio e Giovanni di Albrico Guarnerii. Il notaio apostolico Atto di Deone avvocato, richiesto scrisse.