VESCOVI FERMANI (territorio attuale) IN SINERGIA CON I MONASTERI PER ILLUMINARE LA VITA QUOTIDIANA DEL POPOLO (dai primi secoli al sec. XIV)
ELENCO DEI VESCOVI FERMANI dei primi dieci secoli nel territorio dell’attuale diocesi.
I primi mille anni della storia ecclesiale dell’attuale territorio della diocesi di Fermo furono decisivi per l’evangelizzazione attraverso la fede cristiana annunciata nelle Marche sin dall’epoca apostolica. Il primo testimone documentato con certezza è san Marone presbitero e martire.
La storia episcopale fermana, scritta da Michele Catalani, è stata tradotta dal latino in italiano e pubblicata (Fermo 2012) da mons. Emilio Tassi (1932-2013), direttore dell’Archivio Storico Arciv.le Fermano.
Dopo s. Marone, le cui reliquie sono in questa diocesi, a Civitanova (MC), i vescovi, noti alla tradizione locale, sono Alessandro e Filippo, nella metà del secolo III. Un’epigrafe del sec. XI, esistente nella sacrestia della chiesa a san Marco alle Paludi, fa riconoscere la storicità di Alessandro vescovo. E’ stata studiata da p. Giuseppe Santarelli, nel suo pregevole libro: “Le origini del Cristianesimo delle Marche” (Loreto 2009)
L’elenco cronologico dei presuli manca di molti nomi per le lacune delle testimonianze disperse dalle persecuzioni dei quattro primi secoli. In generale risulta in tutta Italia che sono disperse in molte diocesi per l’alto medioevo. Qualcosa appena sappiamo dagli atti dei Sinodi dopo la pace costantiniana, dalle lettere dei Papi tra cui, in particolare, Gregorio Magno.
I vescovi ebbero a provvedere all’istruzione, come lo studio stabilito dall’imperatore Lotario a Fermo, gloria autentica di Fermo, città “degli studi”, inoltre gli ospizi, le opere di assistenza e beneficenza, le associazioni, l’artigianato sacro furono creati nella promozione sinergica tra il clero religioso e quello diocesano.
Ecco alcun i nomi della successione apostolica, comprese le diocesi incorporate in altre maggiori. Non conoscendo la data d’inizio e di fine del mandato vescovile, scriviamo gli anni attorno alle date note:
Di certo la diocesi fermana si estese dal VI secolo al XII sui territori delle piccole diocesi di Ricina (Macerata), Urbisaglia (parzialmente), Posulae (Corridonia), Cluana (Civitanova), Potenza, Falerone, Tronto (oggi Martinsicuro TE e San Benedetto del Tronto AP). Ne conosciamo alcuni nomi.
attorno 100 MARONE; \
attorno 247 ALESSANDRO vescovo a Fermo; \
attorno 252 FILIPPO vescovo a Fermo; \
attorno l’anno 343 vescovi a Tronto (Truentum; non si hanno i nomi); \
attorno 418 GIUSTINO vescovo di Potentia Picena (oggi Porto Recanati); \
attorno 465 CLAUDIO vescovo a Pausolae (oggi Corridonia); \
attorno 483 VITALE vescovo a Truentum (Tronto); \
attorno 490 vescovo a Falerio (non si ha il nome); \
attorno 496 GAUDIOSO vescovo a Cluana (oggi Civitanova Marche); \
poi soltanto i seguenti nomi di vescovi a Fermo:
attorno 580 FABIO; \
attorno 599 PASSIVO; \
attorno 649 GIOVIANO; \
attorno 670 MARCIANO; \
attorno 777 GUALTARIO; \
attorno 844 GISO; \
attorno 879 EODICIO; \
attorno 940 AMICO;
attorno 976 GAIDULFO; \
attorno 996 UBERTO.
Per la documentazione “Sui più antichi monasteri del Piceno” (compresi quelli Fermani) vedi PRETE Serafino in Aspetti e problemi del Monachesimo nelle Marche. Atti del convegno di studi 1981. Fabriano 1982 pp. 3-26.
Del vescovo Fermano Uberto si conservano alcuni atti dal 996 al 1044 i quali dimostrano che fu generosissimo a sostegno della vita monastica, grazie alle ricchezze immobiliari della sua famiglia, ed alla sua insigne pietà. Anche suo padre, il conte Tebaldo, fece pie elargizioni come testimoniano i documenti benedettini di Montecassino.
La generosità di Uberto favoriva la Chiesa episcopale Fermana a cui donò, di sua eredità, tremila moggi di terreni ad Sculcula, presso il Tronto, (circa 550 ettari).
Nel 1016 donò al monastero fermano di San Savino (sulla Montagnola) la proprietà fondiaria e l’edificio della chiesa di San Michele nel fondo Rejano, con il consenso dei quattordici Canonici che sottoscrissero l’atto notarile con le loro qualifiche di arcidiacono, arciprete, mansionario, primicerio, cardinale, cantore, difensore, cancelliere e altri diaconi.
Il vescovo Uberto donava a questi Benedettini, anche le offerte dei defunti, le elemosine, le decime e i “diritti di stola”. Dispose che i monaci, ogni anniversario della sua morte, tenessero a pranzo dodici poveri. (Documento dell’archivio capitolare edito dall’Ughelli).
Alle monache del monastero di Santa Maria nel fondo Leveriano, presso il fiume Aso, donò nelle mani della Badessa Ramberga, nel 1029 l’usufrutto di un terreno di 45 ettari a confine con le terre del monastero di Farfa e con il torrente Lubrico. Dalla Cronaca di Montecassino risulta che la badessa, tre anni dopo, diede questi beni ai Benedettini Cassinesi.
Lo stesso vescovo Uberto acquistò il monastero di san Martino al Tesino, esistente presso l’omonima chiesa, che in precedenza erano stati proprietà dell’episcopato fermano.
Nella prima metà del secolo XI la riforma ecclesiastica fu promossa dai monasteri. Una personalità influente fu san Pier Damiani che visse anche a Fonte Avellana e dichiarò di ammirare il monaco fermano di nome (latino) “Firmus”. Questa riforma contribuì a rimediare agli abusi, alla simonia, favorì la rinascita spirituale e fu efficace forza di rinnovamento religioso e civile.
L’influsso sociale si notava nelle opere dei monaci, nelle scuole, nelle biblioteche, nelle infermerie, nelle farmacie, negli ospizi, nelle officine e nei laboratori d’arte, dove minime erano le esigenze dei monaci, e maggiore la fruizione degli abitanti. Anche nell’agricoltura più vantaggiose e più facili diventarono le condizioni delle famiglie dei lavoratori esterni.
I monasteri, centri luminosi di fede e di pietà, di scienza e di arte, di lavoro e di benessere, hanno irraggiato nei secoli un prezioso influsso, avvicinando le diverse popolazioni nella pace. La bellezza delle creazioni artistiche godute dal popolo irradiava speranza, gioia, illluminava la via quotidiana con l’infondere fiducia.
La novità del secolo XIII fu lo spirito di San Francesco d’Assisi. I Frati del Poverello d’Assisi, nel territorio fermano ebbero una grande fioritura di vocazioni. Ne sono testimonianza il beato Adamo il cui corpo fu sepolto sotto l’altare maggiore della chiesa di San Francesco a Fermo (risalente al 1240), il beato Pellegrino di Falerone, il beato Giovanni di Penna San Giovanni, il beato Giovanni della Verna ed altri nei secoli, come il beato Giacomo da Falerone, il beato Liberato da Loro, il beato Pietro da Mogliano e san Giacomo della Marca, riformatore.
Anche altri ordini religiosi profumano di santità fermana, come gli Agostiniani con san Gualtiero da Servigliano e il beato Antonio da Mandola. Così pure i Crociferi con S. Rainaldo a Corridonia, e gli Ospitalieri con Bertrando a san Marco alle Paludi.