Zocchi padre Raimondo cappuccino a San Giovanni Rotondo con padre Pio

PADRE RAIMONDO da SERVIGLIANO   (PRIMO)  1915 _ 1974

   Primo Zocchi di origine serviglianese, scomparso a 58 anni, il 24 ottobre 1974 era un francescano cappuccino. Eccone il profilo religioso edito dai Frati ad Ancona nel 1981: Frate Raimondo Zocchi da Servigliano, sacerdote pio, obbediente, zelante. Di intelligenza chiara e pratica, spiccò nell’insegnamento, cui dedicò molti anni della sua vita. Cuore effusivo e fervoroso, fu predicatore rapido, chiaro ed efficace. Amò molto le anime che a lui ricorrevano da tutte le parti, dall’ Italia e dall’estero, aiutato dalla perfetta padronanza del francese e del tedesco, come consolatore, amico sincero,consigliere fidato, guida spirituale saggia e zelante.”

   E’ stato a fianco di Padre Pio come segretario e l’ha imitato nell’attività apostolica.

Ecco alcune notizie documentate dal parroco da chi lo ha conosciuto bene

Il parroco di Curetta, richiesto di dare un attestato del giovane che stava  preparandosi alla professione dei voti come religioso, scrisse: “ Certifico che Primo Zocchi,  nato da genitori onesti e pii, è di buoni costumi, di buona indole, di buona fama, capace di studiare, inclinato alla vita sacerdotale … I genitori non hanno bisogno di lui perché sono possidenti ed hanno altri figli” d. Angelo Palombi Parroco.

   La sua famiglia era venuta  a Servigliano nel 1913 nel piano di San Gualtiero ove ogni domenica il parroco di Curetta si recava per confessare, predicare e celebrare la santa Messa festiva.

  I genitori Marco Zocchi e Filomena Aliberti si sposarono  il 24 aprile 1914 e il figlio chiamato Primo nacque il 24 gennaio 1915. Fu battezzato il 31 successivo da don Angelo. Suoi  fratelli  Pasquale, Romanina, Artemio, Nello, Maria e Giovanni.

La mamma Filomena  mandava Primo al convento dei Cappuccini di Santa Vittoria ov’era padre Damiano da Cingoli, uomo sapiente e santo, per imparare, e fu per lui vera scuola. Primo ricevette la Cresima nel 1924 e la prima santa Comunione nel 1925.

   1927 _ 1937

   A dodici anni, nel 1927 Primo entrò nel Collegio Serafico di Fermo dove arrivava a confessare padre Damiano e  Primo raccontò di questo suo confessore: “ Ti dava confidenza; t’incuteva serenità. Ti confidavi e ti sentivi illuminato e rafforzato”.

   Iniziò il Noviziato a Camerino nel 1931 sotto la guida del padre Maestro Francesco da Montegranaro ed ebbe l’abito cappuccino con il nome di Fra’ Raimondo da Servigliano. Poi passò a Pesaro ove si trovava quell’esperto promotore delle vocazioni che era il venerabile padre Giuseppe Bocci da Sant’Elpidio a Mare. Fece la professione perpetua dei voti religiosi il 26 gennaio 1936 di fronte al padre Provinciale, Mariano da Fermo.

    Per la preparazione al sacerdozio presbiterale, stette a Loreto, presso la Santa Casa, solo per il primo anno, poi i superiori vollero che apprendesse bene la lingua tedesca e francese per cui lo mandarono a completare la preparazione teologica in Svizzera, a Solothurn, nell’ottobre  1937.

    Fu ordinato Prete dal vescovo cappuccino mons. Hilaris Felder in Svizzera il 9 luglio 1939.  Con Gesù diveniva uomo di preghiera, mite e povero, predicatore popolare a contato sincero con la gente. In Svizzera frequentava i lavoratori italiani ad Annaheim per le celebrazioni religiose.

   Tornò in patria l’anno successivo, ad ottobre, destinato a Cingoli. Celebrò la prima sua S. Messa a Curetta  il 17 novembre 1940 con grande festa; a Santa Vittoria in M. il 20 e due giorni dopo nella chiesa di San Gualtiero.

 

   1940 _ 1952

   Fu  mandato al Ginnasio Serafico di Cingoli ove insegnò dal 1940 al 1952. Gli alunni lo ricordano con stima e gioia.  P. Giuseppe Santarelli, Direttore della Congregazione Universale della Santa Casa, è ancora entusiasta del modo brillante con cui spiegava argomenti nuovi. 

    P. Massimino Ricci ha scritto: “ A scuola era seguito con interesse dagli alunni del ginnasio e del liceo durante le ore di francese, greco e matematica, per la sua particolare immediatezza comunicativa”. P. Antonio Angelini che lo ebbe docente dal settembre ‘943 al ‘945, ricorda le difficoltà di allora,quando furono trasferiti a Villa Strada; ma P. Raimondo rimase in convento per essere interprete ufficiale presso il Comando Tedesco insediatosi nel convento dei Cappuccini e lo ricorda: “ era un uomo di intelligenza pratica, gentile, sincero, sempre pronto ad offrirsi, schietto immediato .. di una trasparenza e semplicità evangelica; dal suo volto, animato da un sorriso appena percettibile, gli si leggeva l’interno”.

    P. Albino  Giovagnoli ricorda: “Nel 1948 insegnava matematica e francese, perfettamente. Possedeva le materie e si esprimeva con grande chiarezza. Invitava a compiere il proprio dovere ma non era duro. Lo si vedeva impegnato, pieno di fede, uomo di Dio, in tutto, anche nel trattare con gli altri. Diceva con sicurezza, paternamente, di sgobbare per vivere la vita cristiana. Con il suo sguardo benevolo, e con il suo modo affabile, infondeva serenità, dava fiducia “.

   Nell’ambiente svizzero aveva perfezionato il suo carattere impostato ad esattezza e precisione quasi cronometrica.  Le sue lezioni – raccontano – erano svolte in modo semplice, senza nessuna parvenza di superiorità; non usava molto la cattedra; usava, invece, la lavagna e spesso era  tra gli studenti.

    “ Fin dal primo incontro, scrive P. Angelini, ho constatato che sapeva suscitare attorno a sé, con molta naturalezza, un senso di simpatia per quel suo alone di semplicità”.

   P. Renato Lupi, archivista dei cappuccini marchigiani, lo ricorda come professore preparato, simpatico, ben accolto perché si intratteneva sorridente e scherzoso con gli studenti.

   Aveva un senso ottimistico della vita ed apprezzava ogni cosa come dono della bontà divina. Un bicchiere di birra fresca, una melodia, la bellezza della natura, un nome, un gesto, una barzelletta, tutto, come ricorda P. Massimino, gli dava motivo di elevarsi in francescana letizia. Sapiente il suo humor  nel dialogare  benevolmente e convinzioni profonde di vita.

   Era richiesto in particolare per predicare in varie circostanze le ore di Adorazione del SS. Sacramento, a Passione del triduo Pasquale e le Missioni ( Monte San Vito, Santa Vittoria, Ascoli P, Saltara) . Nella primavera 1950 fu a Parigi per la Missione tra gli emigrati italiani.

   1953 _ 1956

   Il Ministro Generale dell’Ordine serafico volle destinarlo a San Giovanni Rotondo, accanto a santo frate che era Padre Pio da Pietrelcina, dal gennaio 1952 al giugno 1956 dove veniva detto “marchigiano”. Venne impegnato nel fargli da interprete e rispondere alle lettere in lingua tedesca ed in lingua francese. Faceva anche viaggi a Manfredonia, a Roma, a Perugia. Si legge nella rivista dei Cappuccini: “ Presso P. Pio, ammiratore anche emulo, diveniva imitatore valido nella lotta contro gli spiriti del male. Eccelleva per grande carità e pazienza…”  

   Padre Massimino ricorda il periodo quando fu confessore e corrispondente dei devoti di S. Giovanni Rotondo, a fianco dell’umile fraticello stimmatizzato come occasione per ereditarne parte dello spirito. Si riferisce una frase di P. Pio “ Vi accorgerete di P. Raimondo quando non sarà più con noi”.

    Quando si era trasferito a Loreto, i fedeli che lo avevano incontrato a San Giovanni Rotondo,  seguitarono a recarsi da lui, nelle varie sedi dove stava.

   1956 _ 1967

   Nell’estate 1956 tornava a Loreto, lui che dal 1929 aveva preso impegno di pregare la Vergine Lauretana. Qui svolgeva l’apostolato sacerdotale  nella S. Messa, nella s. Penitenza, nella Predicazione, negli Esorcismi. Presso questo santuario mariano internazionale realizzava il suo devoto affetto alla Mamma celeste, mediatrice di tutte le grazie, a conforto dei pellegrini. Padre Virgilio da Offida che ancora sta a Loreto ricorda il suo compagno di studi: “ Come predicatore era bravissimo”

   Nel 1959 seguì con altri Cappuccini la “ Peregrinatio Mariae “ della Vergine Lauretana. “ Il suo animo profondamente retto lo impegnava ad una condotta morale ineccepibile davanti a Dio e a forte slancio di comprensione per il prossimo. Stimava ed amava tutti e si faceva voler bene e apprezzare da tutti (…) Per tutti i casi egli aveva parole convincenti; ridestava fiducia, donava valido conforto morale e spirituale agli animi provati, licenziandoli con la sua speciale benedizione”.  (P. Massimino)

   La Penitenzeria Apostolica della Santa Sede il 24 luglio 1962  comunicò a P. Raimondo che gli erano concesse le facoltà spirituali pontificie quando benediva  i Rosari, i Crocefissi, le Immagini sacre. In particolare l’indulgenza plenaria nel baciare il Crocifisso in punto di morte o nella pratica della Via Crucis da parte di ammalati, carcerati e naviganti. Importante  anche l’indulto personale dell’altare privilegiato con indulgenza plenaria quattro giorni per settimana.

   Celebrava i riti liturgici dell’esorcismo  nella stanza che è stata poi data al Rettore del santuario. Ebbe un buon nome e fu cercato da persone in situazioni di turbamento.

P. Angelini  ricorda lo stile di P: Raimondo improntato a semplicità, naturalezza, spontaneità, senza far pesare nulla, insieme con l’amore alla preghiera, l’attaccamento alla vita dei Cappuccini e con l’amore ai fedeli che venivano a lui dall’Italia e dall’estero dato che godeva di popolarità perché si sapeva che era stato con Padre Pio.

   1967 _ 1973

   A Iesi fu mandato nel 1967 e vi stette sei anni. In quegli anni alcuni studenti serafici pensavano alle grandi innovazioni postconciliari con entusiasmo che talora portava alle comodità o alla facilità della vita religiosa. P. Raimondo era convinto che la strada verso la santità è un percorso in salita e restava fedele agli impegni dell’Ordine.

   Qui ebbe anche l’incarico di Guardiano del convento. Si fermava in chiesa ove affluivano fedeli provenienti anche da fuori paese. Si riferisce che Padre Pio da Pietrelcina abbia detto ad alcuni fedeli recatisi a San Giovanni Rotondo: “Andate da Padre Raimondo” .

    Nel 1969 si recò in Svizzera ed in Austria, a Firenze ed a Prato. Viaggio anche per queste destinazioni in ciascuno degli anni successivi sino alla morte, aggiungendo anche Lyon ed altre cittadine della Francia.

   Era sincero nel disapprovare apertamente i soprusi dei più forti contro i più deboli della società, deprecava gli sfruttatori, le violenze e gli intrighi politici. Ma non mancava mai di rispetto e per non ledere la dignità altrui sapeva declinare il discorso.

Padre  Franco Umberto Bastianelli lo stimava: “Di lui posso dire che era ricco di umanità nell’educare, nel formare, nel consigliare in quei pochi momenti o minuti in cui era ministro del Sacramento della riconciliazione. E questo ministero lo svolgeva tenendo conto anzitutto che per primo c’è l’uomo e lo faceva cercando di infondere con chiarezza e poche parole FIDUCIA nella infinita BONTA’ di DIO. La speranza è la virtù che fa camminare verso la santità e l’eternità”.

 1973 _ 1974

   “ Volentieri vado a Santa Vittoria” disse P. Raimondo a P. Angelici,  nuovo superiore a Jesi, quando già si sapeva della partenza del nostro. Ed a settembre stava  a Santa Vittoria  tranquillo e beato. Don Silvio Paternesi  racconta che P. Raimondo era al di sopra di tutte le parti, trattava tutti con pari dignità, aveva un fascino di padre e di amico da vecchia data.   Venne a Servigliano a predicare per una settimana in preparazione alla Pasqua.

   Riceveva una grande quantità di lettere e metteva grande impegno nel disbrigare la sua corrispondenza italiana, tedesca e francese. Nello stesso tempo era frequentato per la direzione spirituale. Sempre gioioso, anche se a momenti appariva affaticato e stanco. Appariva come il tipico marchigiano dotato di buon senso, di equilibrio e di saggezza umana, per impegnarsi e farsi apprezzare. “ Non scantonava mai”.

   Seguiva e incoraggiava i GRUPPI DI PREGHIERA DI PADRE PIO  per cui faceva viaggi in Italia ed all’estero. Nel 1974, ultimo anno della sua vita terrena, viaggiò a lungo in Italia, Austria, Svizzera e Francia.  Diffondeva l’ Opera Serafica delle SS. Messe per le anime dei defunti, impegnava altri nella collaborazione apostolica.  “Contrario a prolissità, riservava invece tutta la pazienza per accogliere, consigliare e confortare le numerosissime persone che si rivolgevano a lui direttamente o per lettera o al telefono. Non gli sono mancate incomprensioni e croci fino all’ultimo, ma tutto ha saputo nascondere con imperturbata serenità. Non erano nel suo stile lamenti o giudizi o insinuazioni meno che riguardosi…”  (P. Massimino)

   Tutti gli anni aveva fatto ritorno a Curetta ed a Santa Vittoria. Nel 1955 fece il Natale  insieme con i famigliari in casa; tornò per la morte del genitore Marco all’Ospedale di Amandola 24 luglio 1956, e per la morte della zia Maria nel 1965; celebrò il battesimo di Marco Zocchi ad Ancona il 26 febbraio 1973.

   Negli ultimi quattro mesi si recò a Graz (Austria, vedi la lastra sulla tomba: Mille grazie per sempre) dal 28 luglio al 10 agosto, poi fu ricoverato all’ospedale di Fermo per tumore. Racconta P. Giuseppe Santarelli che P. Raimondo accolse questa tremenda notizia senza turbamento, ed edificava gli altri con l’abbandono alla divina volontà. Fu assistito ad Ancona da P. Fedele Salvatori che lo vide sempre sereno. Diceva di essere in compagnia del Signore, della Madonna e di Padre Pio.

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