LUCIDI Antonio: “Notizie della Santa Casa di Maria Vergine venerata a Loreto e dei preziosi doni …” edito Loreto 1792

§N  O  T  I  Z  I  E D E L L A S A N T A   C A S A DI MARIA VERGINE

VENERATA IN LORETO RACCOLTE DAL fu D. ANTONIO LUCIDI

già Benefiziato, e Custode di detta S. CASA

Estratte dall’Angelita, Torsellino, Saragli, Renzuoli, ed altri rari Scrittori.

AGGIUNTAVI LA NUOVA DESCRIZIONE di tutti li preziosi Doni, che si conservano nel suo

Tesoro; e si conservano e risplendono nella Santa Cappella, ed in fine

 le Porte per diverse parti del Mondo.

 LORETO    MDCCXCII Nella Stamperia Srtorj con licenza de’ Sup., e Privilegio di Sua Santità Regnante.

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NOTIZIE DELLA S. CASA

CAPITOLO PRIMO

                                                                Della Città di LORETO, e sua Regione.

     La città di Loreto, è posta ai confini della Marca Anconitana, presso le rive dell’Adriatico Mare, ed alla giusta metà del Piceno, la di cui lunghezza dai Geografi, e Cosmografi è tenuta  di cento miglia come uni italiane dalla Foglia di Pesaro al Tronto d’Ascoli, e di larghezza cinquanta, dall’Appennino all’Adriatico, riguardando da Levante l’Illirico, a Mezzodì il Reame di Napoli, a Settentrione la Romagna, ed a Ponente l’Umbria. La Marca tutta è paese fertilissimo al parere di molti, che tale la descrissero, e come anche a nostri dì chiaramente si vede. Abramo Ortelio così ne scrive: Habet haec Regio ahrum fertilem, omnos generis frugum copiam producentem etc. è ripartita in pianure coltivate fra Inter posti ameni Colli, che la rendono insieme vaga, ed abbondante di viveri, talmente che ne somministra anche agli Stranieri, e molto ne scrivono Leandro Alberti nella sua Italia, e nella sua geografia Antonio Magni.

   La sua riviera è giocondissime, e vaga per giardini, colma di Viti, e fruttiferi Alberi; abbonda pure di Aranci, Limoni, ed Olive, che ne trasmette altrove, come il Maggino afferma, e lo stesso pure lo Storico Lauretano, dicendo: Picenum regio Italiae satis opulenta etc. fu chiamata da Appiano Giardino d’Italia, e da Boezio maestosa Idea, che fa mostra di sé al Colle Lauretano. Nei tempi andati fu ornata di più città, e più magnifiche, che al presente, ed ora nella Marca novella contansi da trenta Città con i suoi Vescovi popolata del pari, che adorna di moltissime Terre, e Castelli, delle quali ne scrivono Tito Livio, Tolomeo, Plinio, Pietro Mario, Silio Italico, e Giulio Cesare. Evvi di Ducato di Civitanova, e vi è Fermo con quarantotto Luoghi di suo antico dominio. Vi è il Presidato di Montalto celebre per aver dato alla Chiesa Sisto V, Francescano.

Vi si contano i Governi di Ascoli, Fano, Ancona, ora ornata del Porto franco, Jesi, San Severino, Fabriano, Camerino, e Macerata,ov’è la Pubblica Rota, e Gran Tribunale di tutta la Provincia come ancora la Tesoreria della Marca, e pubblico emporio della regione: Città doviziosa, e comoda, ove continuamente concorrono i Popoli al suo Governo soggetti con ogni sorta di vettovaglie, senza verun  dazio delle robbe, e merci; dei quali privilegj godé sempre Loreto, per ordine proprio di Giulio II; Leone X, e Sisto V, i quali la propagarono di Abitazioni, la cinsero di Mura, e la fornirono di Baloardi, e Terrapieni. Nel 1765, poli sono stati i medesimi restaurati per ordine di Roma, e presidiata la Città di Soldati, e ben provveduta di ogni sorta d’armi per schermirsi da qualunque nemico insulto, oltre l’Armeria pubblica per difesa di S. Casa, suo Tempio, e Palazzo, da lungo tempo eretti, per contestazione di che descrisse Ortelio: Lauretum muris, fossis, etc. Turribus cinctum, atque propulsatariis armis instructum.

   In tal modo assicurata la città con le armi, Clemente VII procurò di abborracciar l’aere, facendo seccare le acque stagnanti, e recider le selve che eranvi intorno: la qual’opera fu poi Pio V proseguita.

    Fu parimenti da Clemente VII suddetto atterrato in gran parte il vicin Colle  , che sovrastava al Loreto, e continuata tal’opera da Sisto V, apertavi in esso la via Romana da Gregorio XIII fra i Monti Appennini, per comodo di venire da Roma a Loreto in carrozza.

CAPITOLO II

SANTA CASA di Loreto, e suo antico culto.

Il santuario più celebre, è frequentato fra quanti se ne ve n’erano nella Chiesa, Cattolica da’ suoi fedeli più favorito dal Cielo con non mai interrotti prodigi, e miracoli è quello, che si venera in Loreto, piccola, ma felice città del Piceno. Non è altro questo, che la S. Casa, ora detta di Loreto, la quale fabbricata in Nazaret, fu propria ed abitata dai Ss.Coniugi Gioacchino, e di Anna, l’uno di Nazaret, e l’altra di Bettelemme. Qui fù conceputa, data alla luce, ed è allevata MARIA Ss. Loro unica, e di un’inigenia Figliola fino al terz’anno della di lei età, dopo la quale condotta da loro, e consegrata a Dio nel Tempio di Gerusalemme. Morti quivi i S. Genitori, Ella ne restò erede; e data poi in Isposa all’uomo castissimo S. Giuseppe vennero insieme ad abitarla, e vi dimorarono fino alla partenza di Bett. Fu ella ancora in questa med, Casa visitata dall’Arc. S. Gabr, annunciando l’Incarnazione del Verbo nel di lei purissimo Seno; e  ricevuto da lei il consenso divenne vera Madre di Dio, e il Divino Verbo d’umana spoglia  ammantato suo vero Figlio; e conseguentemente in questo sacrosanto Albergo si dié principio, anzi si gettò il fondamento all’umana Redenzione. Ritornata poi dall’Egitto la tornò ad abitare con di lei S. Sposo Giuseppe, finché questi in essa compì i suoi giorni; e col Santissimo Figliol suo fino all’in cominciamento della predicazione, cioè al trentesimo anno della sua età, il quale appunto per sì lungoa dimora fatta in questa S. CASA, ancorché nato forse in Betlemme, fù poi sempre chiamato Gesù Nazareno. Tornò Ella più volte ancora ad abitarla con S. Giovanni; e con S. Luca, dopo l’Ascensione del Signore, dove i Ss. Apostoli si congregavano per conferire e decretare cose spettanti alla nuova legge di grazia alla presenza di lei lasciata loro dal Redentore direttrice, e maestra.

   Per tali, e tante maraviglie, misterj operati in questa S. CASA fu tenuta da’ Ss. Apostoli, e dai primi Fedeli in grande venerazione, e consagrata in Tempio per celebrarvi i Divini Ufficj. È però dentro di essa innalzato da’ medesimi un’Altare con l’Immagine del Redentore Crocifisso vi celebravano la Santa Messa, vi dispensavano l’Eucaristico Pane, e vi facevano orazione. Che se in altri luoghi ove Gesù Cristo aveva operata qualche azione singolare, sanno molti Sagri Autori, che vi furono edificate Chiese, ed Altari; quanto più si dovrà credere, che i Santi Apostoli la consacrasse, e l’avessero come Chiesa, non essendo altra Chiesa, che più meriti d’essere così chiamata quanto questa, ove lo stesso Iddio prendendo umana spoglia volle essere conceputo dalla sua Vergine e Madre Santissima; esser nudrito, allevato, ed abitare corporalmente con gli Uomini: ove con umiltà impareggiabile soggettossi non solamente a’ voleri della sua Genitrice, e del putativo suo Padre: erat subditus illis: ma ancora ai sudori, alle fatiche, erat quasi annorum reiginta ut putabatur filius Joseph. Laonde que’ primi Fedeli vedendola così onorata, e frequentata dai Ss. Apostoli se ne affezionarono talmente, che per molti anni seguirono anco essi a frequentarla, e venerarla, chiamando la Casa dell’Incarnazione del Verbo Domus Incarnationis.

   Benché nell’anno 137, della nostra Redenzione Adriano imperatore facese profanare i principali luoghi di Terra Santa ponendovi Statue, ed Altari de’ falsi Dei, acciò che in avvenire i Fedeli non potessero più in essi piegar le ginocchia, e farvi orazioni; tuttavia la S. CASA non può mai come quelli profanata, ma sempre continua, e stabile vi perseverò la dovozione, e la frequenza. Anzi l’anno 300 quando S. Elena Madre del gran Costantino si portò a venerare quei luoghi Santi, e a  toglier loro l’abominazione, giunta a Nazaret  la vennerò, e la fece circondare d’un magnifico Tempio, nella fronte del quale, fece porre questa iscrizione: Haec est ara in qua primun jactum est humanae salutis fundamentum. Quindi ha bene, che vieppiù si accrebbe la divozione, ed il concorso non sono di Asia, e di Africa, ma ancora della nostra Europa, e per molti secoli si conservò. Indi non poche rivoluzioni successero in quelle parti, possedendo la Palestina diversi Principi. Finalmente l’anno 1245, essendo restata tutta in potere de’ Parti, S. Lodovico, l’ottavo di questo nome, Re di Francia, vi andò con poderoso Esercito per liberarla, ma non riuscito nell’intento, a cagione della peste, che indebolì il suo Esercito, vi restò schiavo. Perloché  venuto a composizione cogl’Infedeli, recuperò la libertà. Prima però di allontanarsi da quelle parti volle portarsi in Nazaret e a venerare la S, CASA.

Era quel giorno la vigilia della Festa dell’Annunciazione della Ss. Vergine, la quale passò in digiuno di pane, e acqua.Pigliata la via del monte Tabor appena da lontano la vidde, che sceso da Cavallo si prostrò in terra ed umile l’adorò.

La mattina giorno della Festa, vestito di cilizio si portò appiedi alla S. Abitazione, ove con segni di Cristianissima Religione ascoltata la Messa, che fece cantare con gran solennità, ed apparato, si cibò dell’Eucaristico Pane. Serva tutto questo di chiarissima prova in qual concetto, e venerazione fosse stata sempre appresso de’ Fedeli, la S. CASA:. L’esempio del Santo Re fu tale, che non sono efficacemente mantenne la frequenza, e la divozione ad essa; ma vieppiù l’accrebbe, e la dilatò.

CAPITOLO III

Traslazione della SANTA CASA

restato libero agl’Infedeli il possesso della Palestina, che fu l’anno 1291, mancò la frequenza a quei Santi luoghi per timore della fierezza dei Turchi, tuttavia non mai si spense affatto; poiché trovandosi quelli o in Gerusalemme, oppur vicini a qualche città principale, alla quale era l’accesso se non sicuro, almeno non tanto pericoloso per cagion del commercio, la S. CASA solamente come quella ch’era lontana, nella Galilea, e fuor di mano restò del tutto abbandonata, ed esposta alle abominazioni qual gemma. In mezzo al loto;Sicché le fù impedito affatto l’accesso non solo de’ lontani, ma degli stessi Galilei. Io però come quelli, che sempre veglia all’onor della sua Genitrice, a favore della quale non cessa di mostrarsi ora terribile ai nemici di essa, ed ora agli amici soave, e benefico, prevedendo le innumerabili scelleraggini, che si sarebbono commesse in quella Ss, Abitazione, nello stesso anno la fece spiccare dagli angeli dal suol nativo di Nazaret, e trasferire, come Elia nel Paradiso Terrestre, ed Abacuc nel lago di Babilonia, in luogo ove fedeli la potessero come prima con libertà frequentare. Nell’anno adunque di nostra redenzione 1291 ai 9 maggio, del pontificato di Niccolò V, da Nazaret e fu trasportata nella Schiavonia vicino alle rive del Mare Adriatico sopra un Colle, fra le due Terre allora di Tersatto, e di Fiume. Appena si accorsero gli abitatori della casa non mai ivi per l’addietro veduta, che in gran numero concorsero a contemplarla prima esternamente, poi nell’interno ancora: E fissando lo sguardo nelle antiche pareti, nell’Altare, nell’Immagine della gran Madre di Dio si sentirono sorprendere da un insolito sacro orrore, e tenerezza, che prostrati nel suolo, e compunti vi adoravano la Maestà Divina. E benché eglino non sapessero di chi fosse, d’onde fosse venuta, e come ivi portata; tuttavia restavano attoniti ringraziando Dio, e la gran Vergine del benefizio. Con molti segni, e prodigj la medesima Vergine di giorno in giorno faceva loro intendere, che quella era la di lei S. CASA.

      Fra gli altri, due furono i principali. L’uno l’istantanea guarigione di Alessandro Priore di San Giorgio di Tersatto, il quale sin da tre anni si trovava idropico confinato in letto già gonfio, e quasi immarcito senza alcuna speranza di corporale salute. Inteso da’ Domestici il portentoso arrivo di quella Casetta, e che la Madre di Dio, di cui v’era l’Immagine faceva grazie particolari, di vero cuore se le raccomandò. Ella gli apparve la notte pietosamente consolandolo; e gli rivelò cos’era quella Casa, i misteri ineffabili in essa operati, in che modo fosse stata portata, e da che parte: e in questo mentre si sentì perfettamente guarito. Stupefatto si alzò dal letto, e la mattina manifestò al suo popolo il gran prodigio; e perché era Uomo di autorità con prontezza creduto. L’altro fu che Niccolò Frangipani Nobile Romano, allora Governatore di quella Regione detto Ban di Croazia, e Schiavonia per l’imperatore Ridolfo I, e insieme Signor di Tersatto, appena avvisato del prodigio vi si portò, la vidde, la considerò attentamente, e ancor egli prostrato vi adorò l’Imperatrice dell’Universo. Ma oltre la relazione d’Alessandro di San Giorgio, e la di lui guarigione istantanea, e manifesta, volle maggiormente accertarsi. Perlocché scelte quattro persone le più prudenti, e fedeli del Paese, e fra queste lo stesso Alessandro, le spedì a Nazaret e colle misure, acciò dal confronto di queste, dalla contemplazione del luogo, e dalle relazioni dei Nazareni medesimi venissero in cognizione del lor Tesoro. Partono subito, e giunti felicemente colà trovato il sito ove era la S. CASA  mirano il pavimento restato, e i fondamenti, come appunto fossero stati tagliati a pian di suolo; e scontrate le misure le trovano giuste, e uniforme. Poi dalle informazione di que’ sconsolati pochi Fedeli, che ancora non avevano abbandonato Nazaret, e dal compiuto seco loro fatto della partenza di quella Casa vengono in cognizione della di lei ammirabile Traslazione fra loro. Sì che giubilanti tornati in patria, accertano il loro Signore, e il popolo tutto, che quella Casa fra loro portata è la Casa di Maria Vergine, ov’Ella concepì l’Eterno Verbo per noi fatto Uomo. La qual cosa divulgata, si aumentò in que’ popoli, ed è in queste vicine Province la divozione alla gran Madre di Dio, ed il concorso alla di lei S. CASA.

   Ma siccome nell’eterna Sapienza aveva disposto, che la Schiavonia, e Tersatto fosse unicamente come la casa di Obedenon depositaria dell’Arca, e non mai posseditrice; così dopo tre anni, e mezzo di dimora in quelle parti fu trasferito con lo stesso Ministerio Angelico questo sacrosanto Albergo dalla Schiavonia nella Marca d’Ancona, e da Tersatto in Loreto. Accadde nel 1294 ai 10 Dicembre, nel Pontificato di S. Celestino V, cioè tre giorni prima che egli rinunziasse il Pontificato. Gli successe Bonifacio VIII. Il sito dove fu posato fu il lido dello stesso mare Adriatico per contro alla Schiavonia in una selva del Territorio di Recanati, di cui era padrona una Nobil Donna della Città medesima chiamata Laureta, dalla quale poi derivò il nome della S. CASA di Loreto. Ma perché quivi concorrendo in gran numero i divoti mossi o dall’insolito prodigio, o dalle continue grazie, che si ottenevano dalla gran Madre di Dio, erano molestati da’ Ladroni, che nascosti nelle vicine selve incendiavano le loro vite; dopo la dimora in questo luogo di otto mesi, cioè nel 1295 fù trasferita con lo stesso prodigio più verso Recanati sopra di un Colle di due Cittadini Fratelli. Ancora quì fù breve la dimora; poiché venuti fra di loro a contese, volendo ciascun di loro appropriarsi l’offerte, che si facevano da’ divoti, fu all’improvviso, non più ivi veduta, ma bensì trasferita al solito prodigiosamente non più d’un tiro di frezza lontano posata in mezzo della pubblica via, che da Recanati conduceva al suo Porto. E benché fosse così spesso trasferita, non partì mai dal territorio di Recanati: ed è la prima posata, che pur nella selva, ritenne mai sempre il nome della S. CASA di Loreto.

CAPITOLO IV

SANTA CASA, e sue vestigie.

E’ cosa veramente ammirabile come l’increata Sapienza abbia voluto, che ovunque è stata la S. CASA  sia restato notabile vestigio di lei, e memoria particolare. Quando stava nel primo suolo di Nazaret, S. Elena, come si disse, le fece fabbricare intorno un magnifico Tempio, di cui presentemente si vedono le vestigia, ed i frantumi; e dopo che gli Angeli la staccarono dai suoi fondamenti, e la posarono nella Schiavonia, vi rimasero, ed ancora vi sono, il pavimento e i fondamenti, che giungono fino al piano del suolo. Nel Colle di Tersatto, in mezzo alla cui cima in vaga pianura, chiamata in loro lingua da quella gente raunizza, ove fu posata, e poi tolta la S. CASA, Niccolò Frangipani per memoria, e consolazione de’ sconsolati suddetti sopra le di lei vestigie vi innalzò una piccola Cappelletta simile a lei; e vi fu aggiunta a questa poi da’ suoi discendenti una Chiesa, ed un Convento dei Padri dell’Osservanza Riformati di S. Francesco, nella quale fù posta questa iscrizione incisa in pietra, che fino al presente si legge, cioè: Hic est locus in qua olim fuit Sanctissima Domus Beatae Virginis de Laureto, quae nunc in Recineti partibus colitur.

Nel luogo, dove nel Piceno la prima volta fu posata; e vi dimorò; come si disse otto mesi, finché vi durò la Seiva di Laureta, che fu fino all’anno 1275 sempre vi si sono vedute le di lei vestigie nel suolo. Anzi entro lo spazio delle quattro parti non vi nascevano spine, né ortiche, come ivi d’intorno, e per tutto solevano nascere, ma solamente erbette tenere, e fiori. Chiamasi questo luogo sin da quel tempo la Bandirola, e i Pellegrini andavano per devozione a visitarloi. Questo prodigio dei fiori si vedeva sin dal tempo di Girolamo Angelita, com’egli stesso afferma scrivendo al Pontefice Clemente VII. Inoltre è fama universale, che quando gli Angeli, portando la S. CASA si avvicinarono alla Selva, che noi diciamo Tufa, di color castagno rozzamente riquadrate in forma di mattoni nostrani, ma ineguali talmente fra loro, o per lunghezza, per altezza, che l’una mai confronta con l’altra. La forma quadrangolare, ma lunga, e non ha altro pregio, che nell’antichità. Misurata internamente è lunga 42 palmi romani, e 10 oncie, larga 18, e 4 oncie, ed alta 19, e 4 oncie. Prima che esternamente fosse adornata de’ marmi, e sculture avea il suo tetto aguzzo, sopra del quale si vedeva un semplice Caminetto, ed un piccolo Campanile, con due campanelle, come si vede in alcune povere Chiesole. Internamente sotto questo v’era una tavola come per volta, che noi diciamo soffitto dipinto di color azzurro, e partito in piccoli quadretti, ciascuno dei quali aveva nel mezzo una Stelletta di legno dorato. Sotto questo immediatamente seguivano attorno le S. Mura lunette informate di stucco di mezzana grandezza, le quali si toccavano insieme, ed avevano ne’  lor mezzi incastrati alcuni vasi di terracotta vetrati. È opinione, che questi vasi fossero stati ad uso della S. Famiglia, adoperati dalla Ss. Vergine a preparar il cibo a Gesù Cristo Figliuolo suo, e al suo casto sposo S. Giuseppe, e che i Ss. Apostoli come S. Reliquie di li collocasse a il luogo così eminente.

   Le S. Mura, come dalla pianta che qui si pone, sono di grossezza 2 palmi, e 7 oncie, ma fatti non molto a misura, e a perpendicolo, nelle quali dalla metà all’alto, si vedono certi vestiti si di pittura assai antica, e dalla metà al basso le nude pietre, essendo stata dalla gran frequenza dell’affollato popolo consumata la calce.Nel S. Muro volto a Tramontana, che parmi dovesse essere la facciata della S. Abitazione, vi era quasi in mezzo una porta, ed era l’unica, alta 10 palmi, e larga 6, e 3 oncie, simile a quelle, che da poveri si usano, e per architrave aveva un rozzo Legno, che tuttora si mira in esso muro incorrotto e senza tarlo. A mano sinistra era un piccolo Armario che ancora sussiste, alto 3 palmi, e 6 oncie. È fama, che in questo Armario tenesse la Ss. Vergine la S. Bibbia, e i S. Apostoli l’Eucaristia. Nel vicino muro a Ponente v’era una finestra alta 4 palmi, e palmi 9 alta da terra. Dirimpetto nel muro volto ad Oriente vi era basso, e piccolo camino alto 6 palmi, e 2 oncie, largo 3, e 5 oncie, di manifattura come le altre case, povera, ed ordinaria. Finalmente nel muro volto a Mezzo-Giorno dirimpetto alla suddetta Porta (ora chiusa con muro) v’era l’Altare alto 5 palmi, e il lungo 6, e 3 oncie con l’Immagine del Redentor Crocifisso dipinta da S. Luca, che per maggior consolazione de’ fedeli qui viene dimostrata; sul cui Altare è fama che celebrassero i S. Apostoli, e particolarmente S. Pietro, e per ordine di Clemente VII fu trasferito in mezzo alla S. CASA verso il Camino, e il quadro fu posto sopra la finestra. Entro lo stesso muro verso l’angolo destro, v’era incavata una nicchia ove era collocata la S. Statua della gran Madre di Dio col suo Bambino in braccio, ora trasferita in mezzo al muro d’Oriente sopra il S. Camino. Ella è tutta di rilievo intagliata in legno di Cedro, alta 4 palmi, e il Bambino un palmo, e 8 oncie. Stà dritta in piedi, e tiene con la sinistra il suo Figliuolo verso la cinta, e con la destra, fatto un piccolo gruppo con le pieghe del manto, le sostiene. La faccia della Madre, e del  Figliuolo è miniata di incerta mistura, che pare argento, ma pel tempo, e per continuo fumo de’ lumi è divenuta affatto  bruna. In capo, intagliato nello stesso legno, come un velo, o panno bianco, sopra il quale posa una corona fatta a punte. I capelli sono lunghi ondeggianti, divisi, e sciolti, che discendono alle spalle alla Nazarena come ancora è la veste lunga sino a piedi di color rubino lumeggiata d’oro, stretta ai fianchi da una cinta di fondo dorato ornata di vari fioretti rossi, e verdi di figura piana, e larghetta parte della quale pende dal nodo, e va a nascondersi sotto il manto, che è di colore azzurro con fodera di color carminio, sparso di stellette dorate. Posa diritto in piedi il Bambino sopra il gruppo del Manto sostenuto dalla destra materna. È vestito ancor Egli alla Nazarena, con veste, e manto, conforme a’ colori di quello della sua Genitrice. Colla sinistra sostiene un piccolo globo significante il Mondo, e con la destra stà in atto di benedire col pollice, indice, medio alzati, e le due altre dita strette alla palma. Ambidue nella positura, e ne’ sembianti mostrano un’amabilissima Maestà, che sorprendendo, danno insieme conforto, e tenerezza. Si trovava in questo stato la S. CASA quando da Nazaret in  Schiavonia, e da essa in Loreto fu traslata. Dell’altra disposizione, che poi le fù data d’ordine di Clemente VII se ne tratterà diffusamente a suo luogo, ed ora per compimento del capitolo presente, e per maggiore soddisfazione de’ divoti, si pone qui la Tavola dello spaccato, ossia interno della S.CASA, acciò i lontani la possino avere in qualche modo sotto gli occhi, e dei presenti da loro medesimi possino confrontare le cose, e i siti esposti in questo capitolo, e così confermare, ed accrescere la loro divozione.

DICHIARAZIONE DELLA PARTE INTERIORE DELLA S. CASA

Santo Muro a Settentrione

N.1 Volta della S. CASA fa d’ordine di Paolo III, col suo occhio in mezzo, e grata di ferro, la quale posa solamente sopra le mura, che sostengono i marmi esteriori, distinte affatto dalle S. Mura.

N. 2 Piccolo Armario fabbricato con lo stesso muro con traversa di legno incorrotto, e senza ombra di tarlo. È fama come si è detto, che qui la Ss. Vergine conservasse la S. Bibbia, e i Ss. Apostoli l’Eucarestia.

N. 3 Porta unica ora serrata, che aveva la S. CASA, col suo architrave sopra senza Carlo, e di incorrotto. Fu ferrata per ordine di Clemente VII con aprirne altre, che fossero più atte al numeroso Popolo.

N. 4 Porta moderna corrispondente ad altra aperta per più comodo del Popolo.

N. 5 Sasso portato via, e miracolosamente da sé ritornato al suo luogo. Per segno a una grappa di ferro.

N. 6  pitture antiche fatte in Nazaret e dipinte a fresco su S. Muro.

N. 7 cornicione della volta, che posa ne’ muri de’ marmi.

N. 8 Legno incastrato, e poi segato delle S  Muro incorrotto, e senza tarlo.

, Santo Muro a Mezzo-Giorno

N. 1 Credenzino, ove si conservano recentemente le reliquie. E’ tradizioni come si disse, che questo fosse il sito e parte della Nicchia, ove fu trovata la B.ma Vergine; e l’altra parte fosse levata nell’aprirsi la nuova Porta del Santuario, comunemente chiamata del S. Camino.

N. 2 Porta del Santuario, o S. Camino a perdita d’ordine di Clemente VII, per comodo dei Sacerdoti, e per ritiro de’ Personaggi.

N. 3 Altra porta corrispondente all’altra, fatta aprire dallo stesso S. éontefice per comodo del popolo.

N. 4 Pila di pietra per uso dell’Acqua Santa fermata nel S. Muro, venuta con essa da Nazaret.

N. 5 Armario dell’Ampolline per le Messe.

N. 6 Pietra del S. Muro fatta estrarre con breve di Pio V da Giovanni Soarez Vescovo di Coimbra nel Portogallo, il quale della Ss.Vergine fu obbligato restituirla, per segno è circondata da una picciola lama di ferro.

N. 7 Immagine di S. Ludovico VIII, Re di Francia dipinta in Nazaret nel S. Muro.

N. 8 Legno incastrato, e poi segato nel S. Muro tuttavia senza tarlo, e incorrotto. Da questi legni così incastrati, e poi segati si suppone, che anticamente nella S.  CASA vi fosse qualche divisione, per cui si formassero due stanze.

N. 9 Cornicione della volta, che posa sopra i muri, che sostengono i marmi.

N.10 Altre pitture antiche fatte a fresco in Nazaret.

Santo Muro d’Occidente.

N. 1 La Croce di Legno con l’Immagine dipinta sopra di essa del Crocifisso alta 5 palmi, ed altrettanto larga, l’asta, e le teste 2 palmi. Venne questa da Nazaret colla S. CASA, ed era il Quadro dell’Altare. I Principi d’Aragona gli fecero una Cappella nel Tempio, ove fu trasportata più volte, e sempre miracolosamente ritornò in questo sito. È fama, che tanto questa, quanto la statua della Ss. Vergine, siano opere di S. Luca Evangelista.

N. 2 Unica finestra della S. Casa ora d. della Nunziata.

N. 3 Legno incastrato nel S. Muro, e poi segato senza tarlo, e di incorrotto.

N. 4 Volta della S, CASA sostenuta dal muro de’ marmi.

Santo Muro d’Oriente.

N. 1 Statua di Cedro della B. Vergine col suo Bambino venuta da Nazaret  colla S. CASA, la quale tuttavia dopo anni 498 della sua venuta in Loreto si mantiene incorrotta, e senza nemmeno ombra di tarlo.

N. 2 Il S. Camino tanto ad uso della S. Famiglia di Gesù, Giuseppe, e Maria.

N. 3 Credenzino, ove si conserva la veste della S. Vergine, e nel disotto una delle S. Scudelle.

Nel Mezzo

Altare formato della stessa materia delle S. Mura, ove celebravano la Messa i Ss. Apostoli, e particolarmente S. Pietro, detto altare di S. Pietro. L’antico sito era nel S. Muro posto a Mezzo-Giorno, come si disse, dirimpetto all’antica Porta, trasferito ora nel mezzo per ordine di Clemente VII con l’aggiunta della grata, la quale divide la parte del Santuario detta del S. Camino dal resto della S. CASA.

CAPITOLO V

S.CASA riconosciuta nella Marca.

Osservate i Recanatesi le varie mutazioni fatte dalla S. CASA in così poco spazio di tempo, benché niuno di loro sapesse, che Stanza o Chiesa fosse mai quella; nulladimeno restavano stupefatti, riverenti, ed insieme divoti della gran Madre di Dio, nella quale vedevano la di lei Immagine, ed ogni giorno diverse grazie, e miracoli farsi a quelli, che,  piamente visitandola di vero cuore se le raccomandavano. Ancora di tempo in tempo veniva a visitarla alcuni della Schiavonia o collocazione di traffico, oppure mossi dalla fama sparsa di tali miracoli, di quelli che trovavano presenti sospirando, e con lacrime dicevano,ch’eglino di quella S. CASA erano stati i fortunati possessori, indi da Dio privati. Queste, ed altre cose dicevano, ma non v’era chi loro ponesse mente, o credesse. Quando un divoto romito, che ivi spesso si tratteneva in orazione, sentendo  un dì tali cose narrare, ed osservando la loro affliizione, o per desiderio di saperne la cagione, o per caritativamente consolarli minutamente l’interrogò. E da quelli intendendo, che quella sacra Abitazione era stata da loro posseduta, e venerata  in Tersatto, trasferita miracolosamente da Nazaret, e che era la stessa Casa, ove nacque la Ss. Vergine, ove vi concepì l’Eterno Verbo, lo allevò, e lo nutrì, entrò in desiderio di saperne dalla medesima Vergine la verità. Dopo molti digiuni, ed orazioni fu consolato. Gli apparve Ella, gli rivelò come aveva fatto ad Alessandro di Teriata, i misteri operati in essa Casa trasferita dalla Galilea, e dalla Schiavonia in quel luogo per ministero Angelico, senza dimora si portò in Recanati a manifestare il prodigio, e la inesplicabile sorte a’ Maggiori della Città. Nel principio a cagione dell’insolito portento, e per la grandezza della cosa, non fu creduto: ma poi a poco a poco animando molti particolari, operò in modo, che fu risoluto di spedire nella Schiavonia, a Tersatto, indi nella Galilea a Nazaret Persone non men fine, prudenti per certificarsi della verità. Furono adunque spediti sedici uomini scelti dalla Provincia della marca a pubbliche spese colle misure della S. CASA, fu l’anno 1296. Giunti in Tersatto, sono appieno informati da quei Abitatori ancor mesti della venuta fra loro, della dimora, e della partenza della S. CASA; e condotti al luogo, osservate le vestigie, sopra delle quali i Frangipani avea fatta innalzare una Cappelletta, con la quale confrontare le misure, e fatto il calcolo dei tempi in tutto corrispondente partono tutti lieti per Nazaret. Quivi giunti, furono da quei Popoli fedeli rimasti, appieni informati, e condotti al luogo. Ivi vedono in frantumi, le rovine del Tempio di S. Elena ruinato dagli Infedeli, e tra queste mirano il pavimento, i fondamenti della S.CASA restati nel suolo, e adattate le misure seco loro portate, le trovano giuste, e conformi, e della stessa materia della Casa loro miracolosamente trasferita, onde tieni di giubilo ritornarono in Recanati. Informarono tutti di quanto trovato aveano in Tersatto, e in Nazaret, e che dai segni, e dalle relazioni avute non avevano alcun dubbio, anzi certezza, che quella tra loro fosse la vera Casa della Madre di Dio già stata a Nazaret. Si accrebbe comunemente negli animi dei Marcheggiani la divozione, e lo zelo verso la S. Abitazione, e la Regina del Cielo, che la costituirono Protettrice, e Padrona di lor stessi, e della loro Provincia. Sparsa appena la voce, e il nome della S.CASA, Abitazione di Gesù Cristo, prima Chiesa della legge di grazia, consagrata con tanti misteri, che non solo i Recanatesi, e i Popoli vicini, ma ancora i lontani a cento , o mille venivano processionalmente con Musiche, ed abiti diversi a venerarla, e riconoscerla. Crescevano per mezzo di lei le grazie, e i miracoli, e con questi ancora la divozione, ed il concorso. Tantopiù che talora si vedevano sopra la S. Abitazione di notte alcune fiamme, che tutto quello spazio d’intorno empivano di meraviglioso splendore. Il vescovo di Recanati ne informò il Pontef. Bonifacio VIII, coll’ordine del quale fabbricò il Borgo di Loreto. Il medesimo Pontefice persuaso del celeste prodigio, ed acceso di tanto zelo, conferì molto alla devozione, e al concorso, poiché nel 1300 fece pubblicare la prima volta l’anno Santo per impetrare da Dio la pace. Questa santa novità diede ai Fedeli un grand’animo di andare a Roma per sì grand’Indulgenze, e quelli che potevano passare per Loreto, con allegrezza particolare visitavano la S.CASA.

   Intanto i Recanatesi, nel dominio dei quali era il Borgo di Loreto temendo che la S. Magione, per essere qui sola, senza fondamento, ed appoggio col tempo potesse rovinare, pensarono al provvedimento. Vi fecero un muro di mattoni contro i fondamenti così vicini alle S. Mura, che in qualunque accidente di pericolo le sostenesse. È fama antichissima come afferma il P. Battista Mantovano, che quasi elle contente del divino appoggio, sdegnassero quello dell’arte umana; e per divina virtù fecero da loro stesse allontanare le nuove mura.Il P- Torsellino aggiugne di avere udito lo stesso del P. Raffaele Riera, Uomo di singolare autorità, ed informato di questa verità da chi aveva il tutto coi propri occhi veduto. La distanza era, che fra il nuovo muro, e quello della S. CASA vi poteva comodamente passare un Putto con una torcia in mano, e così restarono fino al tempo di Clemente VII, quando fu innalzato il nuovo muro pe’ marmi, il quale al presente ancora il lontano dalle S. Mura, come pazientemente, si vede da una fessura vicina alla porta di tramontana, nella quale si suole porre una piccola candela accesa, a di cui lume apparisce questa distanza. Crescevano intanto con la frequenza dei Popoli i doni, e le limosine

V’era più luogo ad altri Voti ancor preziosi. Forse (stimano alcuni autori) per dar luogo a questi, che si risolvesse di elevare dalla sacra cappella l’antico Crocefisso Quadro dell’Alt., e ne seguisse il Miracolo d’essere trovato all’antico loco. Gli stessi Recanatesi per la medesima cagione, e per comodo al gran concorso di fabbricarono attorno ampi portici, ornandole di pitture, che esprimevano le traslazioni, ed insieme innalzarono un Altare appoggiato al S. Muro di Ponente nella parte esteriore sotto la finestra, detto poi dell’Annunziata, perché non potendo tutti per la gran moltitudine entrare nel A. Recinto ad ascoltare la Messa, almeno udir la potesse in altra parte.

   Sebbene ogni giorno era quasi festivo, e solenne per il concorso dr’ Divoti, tuttavia la Ss. Vergine volle mostrare qualche giorno le fosse più grato, che ivi con maggior Solennità si celebrasse. E fu che Paolo di Montorso Romito, che abitava in un vicino Bosco, e che questo si intratteneva orando nella S. CASA, osservata per lo spazio di dieci anni continui, che sulla mezza notte delli 8 Settembre scendeva dal Cielo una fiamma, e si posava sopra di lei; perlocché si pose a supplicare la Vergine, che la cagione le manifestasse: Ella apparendogli, disse, che siccome in quel giorno si celebrava il Natale di lei succeduto in quella casa, così voleva che nella medesima solennemente si celebrasse. Ne diede parte al Vescovo, e ai Maggiori di Recanati, i quali lietamente, e prontamente ubbidirono con far solenne quel giorno: tanto più che ogni anno seguitava a vedersi tal fiamma. Era questa così palese, che non restava persona, che oro dalle mura della Città, o dalle finestre, e dai tetti delle loro Case non mirasse spettacolo così divoto. Durò, dicono i Scrittori, a vedersi fino al tempo di Paolo III. Accertati in questo mentre i Pontefici della verità, con Privilegi, ed Indulgenze particolari accrebbero la Solennità, ed il concorso. Passa la fama delle prodigiose fiamme, dalle città vicine alle lontane, si aumentò il concorso de’ divoti, per lo che i Recanatesi stimando convenirsi accrescere le Abitazioni per ricevere i Pellegrini, e Confluenti, e per accrescimento di comodo de’ Sacerdoti Ministri, circa all’anno 1322, fabbricarono una Chiesa, e molte case, talmenteché il Borgo finora di Loreto, fù innalzato all’essere di Castello.

CAPITOLO VI.

Del Tempio Lauretano.

   Era cresciuta molto la diminuzione dei Popoli verso la S. CASA, ma non mai tanto come quando dai principali Personaggi del Mondo fu solennemente visitata. Furono questi moltissimi sì Ecclesiastici, che Secolari, le memorie dei quali hanno formato un Tesoro. Non riferisco i loro nomi, e le grazie, poiché il mio assunto è di narrare brevemente, e semplicemente la Storia Loretana per comodo de’ Pellegrini divoti. Chi desiderasse una piena notizia ricorra al Torsellino, Seragli, e gli altri, che copiosamente ne trattano. Io solamente ne scelgo due Sommi Pontefici, che fra gli altri molti vennero personalmente a visitare la S. CASA. Sia il primo Pio II, prima chiamato Enea Piccolomini Senese, il quale  assalito da una ostinata febbre mentre che doveva portarsi in Ancona, a facilitare l’impresa contro del Turco, ove s’adunava l’Armata, mosso dalla fama dei miracoli, e grazie, che continuamente la Ss. Vergine otteneva da Dio nella S. Casa, se le raccomandò. E come fosse stato un certo di avere integrata la salute, le spedì un Calice d’Oro. Fatto il voto, cessò la febbre, e talmente ricuperò le perdute forze, che con gran comitiva di Cardinali, e gran Signori si pose in viaggio, e giunse a Loreto perfettamente guarito. Entrato nella Sagrosanta Abitazione, e prostrato avanti la sua Liberatrice, soddisfece il voto, e fù nel 1464. Non viddesi mai nella sS Cappella così vago spettacolo per esser  ricolma di Principe, Cavalieri, e Baroni prostrati avanti alla gran Madre di Dio.

Molti erano venuti da Roma col Pontefice ad ammirare la grande Armata; altri molti, e particolarmente i primi Uffiziali d’Ancona ad incontrarlo. Intanto la salute di Pio ammirata da gran Signori di diverse Nazioni, e da tanti provdi Guerrieri fù cagione, che si dilatasse la fama del Santuario Loretano per tutta l’Europa. Fu il secondo Pietro Barbo Veneto Card. Di San Marco il quale colpito dalla Peste in Ancona, non potendo come gli altri portarsi in Roma all’Elezione del nuovo Pontefice, ricordevole della potente intercessione di Maria, tanto efficace a Pio, si fece portare in Loreto, e giunto alla S. Casa, volle quivi rimanere solo, e placidamente si addormentò. Fù fama, che dormendo, non solo fosse assicurato della corporale salute, ma altrisì del futuro innalzamento al Pontificato. Se fosse illusione ovvero rivelazione, lo decide l’evento. Destatosi perfettamente guarito, colmo d’allegrezza con istupore universale, e particolarmente de’ suoi famigliari, che erano appieno informati, uscì dalla S.  Cappella. Fece subito chiamare il Rettore della Chiesa, a cui palesò il suo pensiero di voler ivi innalzare un nuovo, e magnifico Tempio alla Regina del Cielo. Ordinogli intanto, che a suo conto facesse scelta dei Muratori, e preparasse i materiali bisognevoli.

   Giunto in Roma, cadde in lui il Pontificato, ed è innalzato alla gran dignità col nome di Paolo II, ricordevole della ricoperata salute, ordinò senza indugio, che atterrata l’antica Chiesa fatta fabbricare dai devoti di Recanati, si fabbricasse il magnifico Tempio, che al presente si ammira. È vero ch’egli non lo poté compire; tuttavia il P. Battista Mantovano ci assicura, che fù da lui quasi a perfezione condotto. Sisto IV, e Giulio II, successori, ed imitatori di Paolo, non tanto nel pontificato, quanto nella particolar divozione della Vergine Loredana, furono quelli, che compirono l’opera, l’adornamento. Terminò il primo non solo la fabbrica, ma ancora tornato, e provvidela d’ottimi Sacerdoti, e di eccellenti Cantori. Il secondo la fortificò esternamente, e in tal guisa, che la fece divenire una ben ordinata, e fortissima Rocca, sì per la varietà delle mura, come per la struttura di esse, che a guisa di bastioni, con corridori coperti, che alla di lei sommità e intorno girano per uso di presidio, e comodo alla città. Provvidela ancora a nell’interno con fondarvi un muro di Musici, e di due grandi Organi dorati, ed ornati di vaghe pitture. Fece fondere due vaste Campane, e di ordinò li amplissimi fondamenti del Campanile.gli otto di lastroni, che sostenevano la grande cupola, non reggendo a tanto peso, rlassatisi in parte, minacciavano ruina: perloché.ispedì subito il suo Architetto Antonio Sangallo per rimedio a tanto pericolo. Fece questo immediatamente ai lati del Pilastroni profondi, e ampi cavi, ne quali fece fabbricare nuovi muri di rinforzo con unire ai grandi Archi laterali un nuovo ordine d’archi minori frapposti alli maggiori, coi quali assicurò mirabilmente la Cuppola, ed insieme accrebbe al Tempio come tuttavia si osserva, nuovo ornamento e decoro.

   Richiedevasi per compimento dell’opera la facciata de’ marmi bianchi. Gregorio XIII, con la sopraintendenza di Lattanzio Ventura Architetto l’incominciò, e Sisto V la compì perfettamente. Questi appena assunto alla dignità Pontificia, come nato, e allevato, e per lo più vissuto nella Marca, ben si avvidde quanto gli conveniva non solamente di imitare gli Antecessori, ma lungamente superarli. Ed in fatti fù tale la di lui divozione, e nell’impegno, che pare non volesse lasciare ai suoi Successori luogo ad ulteriori ingrandimenti.

La chiesa da principio fu semplicemente offiziata, ed è amministrata da Pietro di Gregorio Prepositp Teremano, e da altri pochi Sacerdoti Ministri, pel sostentamento de’ quali, e per gli infermi, Mons. Niccolò degl’Asti Vesc. Di Recanati, e Macerata comprò terreno del proprio ed assegnollo per fondo. Leone X, la fece Collegiata con fondarvi 12 Canonicati, 12 Mansionarìe,o Benefiziati, e 6 Chiericati di Coro, assegnando loro il mantenimento dall’entrate del Santuario. Sisto V, la dichiarò cattedrale, ed oltre l’aver confermati i 22 Canonicati,e Mansionarìe, aggiunse 4 Dignità, cioè: l’Arcidiaconato, l’Arcipretatato, Primiceriato, e Tesorierato: ed oltre ai sopradetti 6 Chiericati Corali, ne aggiunsero altri sei. Gli assegnò per suo primo vescovo Mons. Francesco Cantucci Perugino Uomo celebre non meno in pietà, che in dottrina. Stabilì la Diocesi con tre riguardevoli Terre, cioè Castelfidardo, ch’era della Diocesi di Ancona; M. Lupone di Fermo; e M. Cassiano d’Osimo. Confermò vieppiù l’uso delle funzioni introdotte fino dalla Protettoria del Cardin. Morone per ordine Pontificio, cioè: che si facessero nella Chiesa di Loreto, come appunto si fanno in Cappella Papale. Innalzò il Castello di Loreto all’esser di Città deputando Magistrati, ed ornando leggi  pel suo Governo, ed acciò la nuova città non fosse solamente di nome, fece comprare il Colle che le sovrasta, detto Montereale, e fatto a sufficienza appianare, obbligò ciascuna Comunità della Provincia secondo il disegno a fabbricarvi una Casa; concedendo alle Persone, che venissero ad abitarla, o vi fabbricassero, favori, e Privilegi particolari. Fece tuttociò con tanto gradimento della Provincia, che a di lui memoria eresse la magnifica Statua di Bronzo posta su pavimento della Regia Scalinata fuor del Tempio.

CAPITOLO VII.

Facciata del Tempio.

Poiché mi sono proposto oltre la breve Istoria Loretana di narrare ancora qualche altra cosa fu lo stesso soggetto, che possa recar diletto al Forastiere divoto che si porta in questo gran Santuario, e nel tempo stesso non lo allontani, e non lo frastorni dalla divozione anzi vieppiù lo incoraggisca, e l’infiammi; incominceremo a descrivere minutamente ciascuna parte del Tempio, e le opere particolari, che lo costituiscono, e l’adornano. E siccome tutte queste sono eccellenti, e magnifiche sì per lavoro, come per la materia, e conseguentemente per il notabil travaglio, e spesa, onde potrà riflettere a qual segno sia cresciuta, e dilatata la divozione; e l’affetto dell’Imperatrice dell’Universo in questa sua S Casa. Tutti gli ornamenti, e qualsivoglia altra cosa, sono stati fatti con l’elemosine, e doni de’ Divoti, oppure con le entrate; e sì gli uni che le altre o hanno ovvero ebbero lo stesso principio, cioè la divozione, la gratitudine dell’affetto: e così nel considerarli rifletta ancora agli innumerabili benefizi, che di continuo, e largamente si concedono in questo luogo. Daremo principio da quella parte, che prima delle altre ci si presenta allo sguardo, cioè la facciata del Tempio. Ella è posta ad Occidente, fabbricata di pezzi di pietra di Istria così diligentemente squadrati, e con tanto artificio uniti insieme, che sembra fatta d’un pezzo solo. Ha innanzi disse una maestosa scalinata di otto gradini divisa a 4 a 4 da un frapposto pianetto. Sopra questa vi è il pavimento di lastra della medesima pietra, che insieme con la Scalinata occupa tutta la facciata. Nel piano del pavimento sopra li scalini a mano destra vi è una base ottangolare attorniata di nicchie, con figure rappresentanti le Virtù, e Tavole istoriate a mezzo rilievo, e Cartelloni, il tutto fatto di Bronzo, sopra del quale posa la Statua gigantesca del gran Pontefice Sisto V, parimenti di Bronzo, sedente in abito Pontificio col Triregno in capo, in atto di dare al Popolo la Benedizione: opera del Bernardini fatta a spese della Provincia della Marca nel 1587, in memoria di sì degno Pontef., benemerito della stessa Provincia.

Tutta la facciata è divisa in due ordini. Il primo è formato di 4 pilastroni ciascuno dei quali è composto di 4 pilastri, due di fronte e due di fianco con basi, capitelli, cornicioni, e scolature d’ordine Corinto. Fra questi pilastroni si formano tre vuoti, o piani,nei quali, vi sono tre Porte con sue colonne, ed adornamenti. Sopra la Porta di mezzo, che è la maggiore vi è una nicchia, entro la quale posa una vaga Statua di bronzo della Ss.Vergine col suo figliuolo in braccio, a similitudine della Statua Loretana, opera di Girol. Lombardi ciascuna delle due Porte minori laterali ha sopra di sé un Cartellone di Marmo nero con Iscrizione di lettere incise, e dorate. Nel primo. SIXTUS V. P. M.  Picenus Ecclesiam hanc ex Collegiata Cathedram constituit XIV, Kal, Apr.MDLXXXV. P. A. P. Nel secondo.

SIXTUS V. P. M.  Picenus Episcopali dignitate ornatumCivitas jure donavit An.

MDLXXXVI. P. A. P. Ciascuna di queste iscrizioni ha sopra di se una finestra,

con vaghi ornamenti, la quale corrisponde, e porge lume alla sua nave laterale.

   Sopra lo scolatore incomincia il secondo ordine ch’è diviso in due pilastroni, ciascuno dei quali parimenti è composto di 4 pilastri due di fronte, e due di fianco, con sue basi e capitelli, e cornicione di ordine Corinto, tra quali si forma un solo volto, o piano. In questo si apre una gran finestra, che corrisponde, ed illumina la navata maggiore nel mezzo, ornata di Archi, Colonne, Conchiglie, Rosoni, e di altri ornamenti, ed ingegnosissimi rari capricci. Sopra questa sede un cartellone di marmo nero con iscrizione andrà alle lettere incavate, e dorate, che da lontano ben si distinguono; iscrizione, più veneranda e magnifica, cioè: Deiparae Domus, in qua Verbum caro factum est: ai lati della sopraddetta si aprono due ale, che vanno a terminare in due grandi volte, appresso alle quali sorgono due Torrioncini, che hanno in faccia le sfere, e sopra le Campane degli Orologi, uno Astronomico, e l’altro Italiano. Sopra il Cornicione segue il timpano, termine della Facciata, sull’acuto del quale vi è una gran Croce con due Candelieri ai lati di bronzo con basi, ed ornamenti di pietra. Il disegno di questa facciata, e palazzo è del Bramante, ed alla esecuzione ebbe sopraintendente il Ventura. Nel pontificato di Gregorio XIII, sotto la protezione del Card.Vastavillani fu cominciata in quello di Sisto V sotto la protezione del Car. Gallo fu terminata. Le misure di sì vaga facciata, come del nuovo Campanile innalzato sotto il Pontificato di Benedetto XIV, e compiuto l’anno 1753, sù disegno del Vanvitelli; che si espongono qui impresse a vista delli Lettori.

CAPITOLO VIII.

Porte del Tempio.

Le tre Porte del Tempio Loretano, oltre gli adornamenti di marmo, hanno ancora quelli di bronzo quali per l’invenzione, per il disegno, per l’opera, del loro genere, una non cede all’altra. Sono queste porte di bronzo finora ammirate come uniche, non che  rare. Nell’ingresso maggiore, che corrisponde alla navata di mezzo, vi è una grande, e magnifica Porta di bronzo divisa in due parti, e ciascuna di esse è distribuita in diverse riquadrature maggiori, e minori.

Nelle maggiori si esprimono alcuni fatti della S. Scrittura appartenenti al Vecchio Testamento; nelle minori al Nuovo: cioè i principali Misteri della vita della Ss. Vergine. Sono tutte ornate di varie bizzarrìe, Fregi, Festoni, Armi, Statue intiere, Semibusti, Arpìe, Satiri, e Centauri, ch’escono graziosamente dagl’incartocciati fogliami. Ho risoluto per brevemente ristringermi, di accennare soltanto le maggiori, come appartenenti al Vecchio Testamento, che comunemente non si distinguono da tutti, e tralasceremo le minori, che da ognuno si conoscono, e distinguono.

Nella prima parte adunque posta a destra della Porta maggiore nella prima riquadratura si esprime la creazione di Adamo nel Paradiso Terrestre. Nella seconda, la maledizione dei primi Genitori dopo trasgredito il precetto con Abramo, che con la Sappa lavora la terra, ed Eva che fila con la rocca. Nella terza, la fuga di Caino instabile e timido dopo l’uccisione di Abele. Nella parte sinistra a capo nella prima riquadratura, la formazione di Eva dalla costa di Adamo addormentato. Nella seconda, l’espulsione dei suddetti afflitti, e piangenti dal Paradiso Terrestre. Nella terza, Abele assalito da Caino che l’uccide. Queste son Opere ammirande di Giacomo, e Antonio Lombardi figliuoli, ed allievi del celebre Girolamo Statuario, e insieme Fonditore.

   Negl’ingressi, che corrispondono alle navate minori, laterali, ancor essi hanno le Porte di Bronzo, e benché siano dei minor grandezza di quella principale, tuttavia però non sono di minor pregio, ed  ingegno. È cosa veramente meravigliosa il mirare in  sì piccoli spazi le figure, e gli atti di esse così ben formati, ed espressi, nelle prospettive di Valli, Monti, Mari, Città, Anfiteatri, Deserti, ed altre cose ingegnosissime, e vaghissime, che sorprendono. Sono ancora queste divise in due parti, e queste parti medesime sono distribuite in riquadrature attorniate da Fregi, Festoni, Statue de’ Profeti, e Sibille, da Gogliami, Arme, Scudi, e da altre molte vaghissime capricciose invenzioni. Nella prima minor Porta posta a mano destra, e nella parte destra a capo nella prima riquadratura, si esprime la creazione di Adamo assai diversa per l’invenzione, dall’altra posta nella Porta maggiore. Nella seconda Asar dolente col moribondo Ismaele, e l’Angelo che la conforta. Nella terza Adamo, che sacrifica il suo figlio Isacco nel Monte, e i Servi che aspettano nella valle sottoposta. Nella quarta Mosè, che passa col popolo Ebreo il Mar Rosso, e l’esercito di Faraone sommerso, e confuso fra l’onde, e gli Ebrei nell’opposto solo giubilanti. Nella quinta la Manna, che cade nel deserto agli Ebrei, i quali si veggono occupati in provedersene. Nella parte sinistra parimente da capo nella prima riquadratura alla formazione di Eva dalla costa d’Adamo addormentato con disposizione diversa dalla prima. Nella seconda Rachele, che dà a bere ai Cameli di Giacobbe, e i Servi cortesi e grati verso di lei.

Nella terza il trionfo di Giuseppe nell’Egitto è saltato da Faraone, degli Egizj, che l’onorano, e fanno applauso. Nella quarta Giuditta, che recide il capo di Oleferne, e la Servente col panno, per porvi il reciso capo. Nella quinta, Mosé nel deserto, che con la Verga fa scaturire dal Selce acque copiose, e gli Ebrei gli avidi a dissetarsi. Ciascuna di queste riquadrature, siccome tutte l’altre ha la sua prospettiva competente e distinta.

   Nella seconda Porta laterale posta a mano sinistra, e nella parte destra a capo, si esprime nella prima riquadratura il sacrificio di Caino incontro al sagrificio d’Abele. Nella seconda il sacrificio di Noè fatto dopo il diluvio, e l’Iride che simboleggia la pace. Nella terza la riduzione dell’Arca con Davidde giubilante, ed il Popolo, che festeggiando lo segue. Nella quarta la comparsa di Dio a Mosé mentre pasceva l’armento del Suocero. Nella quinta, Abigaille incontro a Davidde mentre passa per il Carmelo. Nella parte sinistra parimente a capo, e nella prima riquadratura l’uccisione di Abele fatta da Caino d’invenzione assai diversa dall’altra. Nella seconda, la scala di Giacobbe con gli Angeli, che discendono, e ascendono per essa. Nella sala il Trono di Salomone colle Guardie, e Cortegiani. Nella quarta l’esaltazione del serpente di bronzo nel deserto, ed i percossi, che languenti lo mirano. Nella quinta il Re Assuoero in Trono, appié del quale Ester supplicante per  suo popolo Ebreo. La prima porta laterale è opera di Antonio Bernardini, e la seconda di Tiburzio Verzelli. Silvio Serragli Computista del Santuario nella sua Storia Loretana si afferma, che dalle memorie della Computistarìa si rileva, che la sola fattura di queste tre porte passò il valore di 30 mila scudi, non compresa la materia. In somma sono queste tre Porte fatte con arte, e maestrìa, che non mai abbastanza si può esprimere con parole. Non vi è persona di qualche poco intendimento, che nel contemplarle non provi un particolar diletto, e non resti stupefatta, e sorpresa.

CAPITOLO IX.

Interno del Tempio.

Il Sagro Tempio Loretano a figura di Croce composto in tutte le sue parti a tre navate. È lungo C. 45, largo C. 35 e 147 in circa di giro. Il capo, e le braccia della Croce vanno a finire con tre Cappelle. Quella di mezzo è più grande, e forma Tribuna; le laterali più piccole, e minori a proporzione. Negli 4 angoli della Crociata sotto i gradini sono formate in un ottangolo 4 Sagristìe, o Salvarobbe.

La prima detta Dispensa della S. Cappella, rassegnata ai custodi del santuario, ove da essi si conservano le preziose Vesti della S. Statua, l’imbiancherie, ed argenti per l’Altare  entro laS. Casa, e le gemme, ori, voti, denari dell’elemosine, ed offerte, e qualunque altra preziosa cosa donata al Santuario, infin che giunga il destinato tempo di consegnarsi al Governatore, ed alli Ministri. La seconda chiamata S. Giovanni, è ad uso principale dei canonici, ove vengono i loro capitoli, e del  Can. Sindaco per consegnare ai Corali di semestre in semestre le loro paghe, che consistono tutte in danaro. Serve ancora ai Sagrestani Vescovili per conservare i paramenti solenni, e le argenterie della chiesa. La terza è assegnata ai suddetti sagrestani, ove tengono ben custodite negli Armari le argenterie del Coro, e paramenti. Quivi si apparano tutte le Messe da cantarsi tanto in S. cappella, quanto per la Chiesa, secondo l’intenzione dei Benefattori. Si chiama Sagristia della Cura, perché serve ancora ai Curati quasi di Archivio, e qui si apparano nelle funzioni spettanti al loro uffizio. La quarta detta la Tesorerìa, perché stabilita a conservare danari, elemosine, entrate in denaro, gemme, ori, e qualunque altra cosa preziosa del Santuario.

   Incomincia l’asta della Croce ad Occidente, la quale più lunga dell’altre parti, formata da 12 pilastroni, cioè 6 per parte, riquadrate coi suoi cordoni negli angoli, che ancora girano nelle lunette delle volte, e sono alti palmi 68. La navata di mezzo è la maggiore, sopra i cui pilastroni sorge il basamento, che sostiene gli archi acuti alla gotica, e la volta alta palmi 88. Gli archi, e la volta delle navate laterali sono minori, ma dell’istessia forma, e lavoro, e posano sopra i soli pilastroni alti da terra palmi 68, ogni arco alla sua cappella corrispondente di larghezza palmi 20, e 12 di sfondo.

   Posa la Sagros. Abitazione nel centro della Crociata in vago pavimento di marmo scaccato di quadretti rossi e bianchi, e sollevato dal piano della Chiesa così parimente scaccato da 4 gradini di pietra bianca alto ciascuno un palmo, e 9 oncie. Le stà sopra una magnifica Cuppola sostenuta da 8  gran pilastroni, che attorno ad essa disposti in giro formano un’ottangolo, sopra quali posano altrettanti archi, cioè quattro maggiori, e quattro minori, ed i maggiori sono di altezza palmi 78. Ciascuno di detti pilastroni rende per di sopra una colonna piana, che fa un angolo ottuso d’ordine Corinto alto palmi 38, e su questa incomincia a sorgere la grand’opera con un Architrave, Fregio, e Cornicione in tutto palmi 21. Segue il tamburro con 8 gran finestroni, al quale succede un altroArchitrave, Fregio, e Cornicione in tutto palmi 30. Finisce col suo proporzionato lanternino circondato da 8 finestre, secondo la forma ottangolare, che rendono.

   Sotto gli scalini del pavimento a linea retta dell’asta segue ad Oriente il capo della Croce, il quale è composto a tre navate, conforme l’ordine con tre pilastroni per parte, sopra i quali posano due archi l’uno minore, l’altro maggiore, e  finisce con tre Cappelle, quella in cui termina la navata di mezzo è assai ampia, e forma tribuna, le laterali sono più piccole a proporzione della prima. A Tramontana ha il braccio destro, e a Mezzo-Giorno il sinistro, i quali hanno gli stessi pilastroni, ed Archi, e terminano con le tribune corrispondenti alle navate minori, e maggiori.

   La Cappella a destra della Tribuna del braccio destro non ha Altare, invece del quale ha una gran Porta che conduce alla Sagristìa del Tesoro, ove s’apparano i Sacerdoti per celebrare nell’Altare della S. Cappella, o in quello della Nunziata. Entrata questa, in faccia vi è un altra Porta maggiore, e più magnifica, ornata di pietra bianca, che dà l’ingresso al Tesoro, ove in armarj di noce ben ordinati si conservano le gemme, gli ori, gli argenti, e i preziosi paramenti offerti al Santuario da Personaggi, e gran Signori, dei quali a suo luogo se ne darà sufficiente notizia. Succede a questa un’altra Sagristìa grande detta Vescovile, alla quale si va per mezzo d’un corridore, che conduce per linea retta ai Portici della Piazza, nella qual Sagristìa s’apparano in banconi diversi, secondo il rango, i Sacerdoti, che debbono celebrare negli Altari della Chiesa. Come questa, così tutte le altre Sagristìe sono abbondantemente provvedute di sacri Arredi, e argenterìe convenienti al luogo, alle persone, ed alle solennità.

CAPITOLO X.

Ornamenti del Tempio.

Quest’opera, che finora abbiamo veduta così bella, e magnifica nella propria disposizione; conviene ora mirarla adornata, poiché oltre il pregio dell’arte se l’accresce quello della rarità, le ricchezze, che l’adornano, e la distinguono. Nelle navate laterali corrisponde ad ogni arco la Cappella ciascuna delle quali deve ornarsi di ricchi marmi, e di moderni Altari per stabilirvi il quadro di Mosaico. Nella prima Cappella vicina alla Porta della sinistra navata, la di cui Pittura a fresco è del Pomarancio, invece dell’altare vi è il magnifico Fonte Battesimale di Bronzo, opera di Tiburzio Verzelli gran Fonditore.

   Questa stupenda mole pel delicato lavoro, e moltopiù per le giuste, e meravigliose invenzioni, considerata insieme forma un mezzo sessagono piramidale. È alta in tutto palmi 25 larga 15. Si divide in piedi, vaso, e coperchio. Posa il piede sopra un vago pavimento di pietra elevato di tre scalini parimenti di pietra, che formano ancor essi il sessagono. Egli era formato di graziose volute, legature, incartocciamenti, di fogliami, e di altre invenzioni. Nella parte interiore sono posti a giro, negli angoli 4 putti nudi, alati, di tutto rilievo in atto di sostenere, e con le mani alzate, e colle feste il gran vaso. Segue il corpo di questo con tre finestrini, cioè uno per ciascuna parte per comodo del Ministro, e de’ Battezzanti, ed hanno per serraglio tre quadri. Nel primo si rappresenta la probatica Piscina; nel secondo il Cieco nato; e nel terzo l’Eunuco di Candace…

I frammenti, ed i contorni sono empiuti di volume con Festoni, e mezzi Angoli a tutto rilievo, da Cherubini, e da mille altre vaghissime, e capricciosissime invenzioni. Negli angoli quali in forma di tanti trofei pendono quattro quadri minori come targhette nelle quali sono effigiate le traslazioni della S. Casa. Succede questo il coperchio ultima parte del cessarono piramidale, nelle cui tre facciate vi sono altrettanti quadri, nel primo la circoncisione degli ebrei, nel secondo S. Gio. Battista al Giordano, e nel terzo Naaman Siro nello stesso fiume. Non solamente questi quali, ma tutti gli altri sono accompagnati di prospettive d’Architettura, di Fiumi, Campagne, Boschi, convenienti alle Storie che rappresentano. Fra il vaso, è il coperchio in ciascuna cantonata della sua Statua di tutto rilievo in piedi alta sei palmi, cioè, della Fede, della Speranza, della Carità, e della Perseveranza. Finisce il coperchio con un pianetto, sul quale vi sono due Statue della stessa grandezza delle altre, cioè: di Gesù Cristo

umile, che riceve il Battesimo, e S. Gio. Battista, che glielo conferisce. Tutta questa gran mole costò al Santuario seimila scudi di fattura non compresa la materia, come afferma il Serragli.

    Nella crociata come si disse, posa la S. Casa attorniata da pilastroni, che sostengono la Cuppola. E’ coperta questa al di fuori di grammi di piombo di persone in tutto 133 mila libre, ed al di dentro parte è posta tutta d’oro, parte dipinta, e parte ombreggiata ad oro, e dipinta insieme. Nella testuggine si rappresenta la Coronazione in Paradiso della Ss.Vergine dall’Augustissima Trinità con una moltitudine di Celesti festosi Spiriti, che formano melodie, canti, e suoni. Sopra il primo cornicione tutto dorato, va in giro dipinta una balaustrata distinta da otto bassi, sulle quali possano ritti in piedi, e in abiti pontificali i 4 S. Dottori Grecim ed i 4 Latini, e fra mezzo vi sono disposti Stemmi Pontifici, e de’ Cardinali Protettori, nel Tamburro a lato de’ finestroni, vi sono dipinte le Virtù, ed altri ornamenti. Sotto l’ultimo cornicione parimenti messo a oro ne’ 4 gran vuoti sopra gli archi minori, vi sono dipinti i 4 Evangelisti, e gli archi maggiori al di sotto sono ornati di riquadrature, e rosoni tutti i dorati. Quest’opera sì pel disegno ed invenzione, sì per l’esecuzione di Cristoforo Roncalli detto il Pomarancio. Nella Tribuna volta ad Oriente, che forma il mezzo del capo della Croce vi è l’Altare di S. Filippo Neri adornata dalla Provincia della Marca con quadro del medesimo Santo, i laterali, ed altre Pitture opera dei Gasparini di Macerata. Recentemente è l’Altare ancora del Venerabile, come Cappella la più capace, e comoda al gran concorso di quelli, che si hanno da comunicare. Ha sempre un vago, ricco, e stabile adornamento di Argenterìe, cioè: Tribuna, Ciborio, Scalinata, Candelieri, Vasi, Ceroferarj, e cinque gran Lampade. Il candelabro verso la S. Casa tutto di Bronzo di esquisito lavoro del più volte nominato Girolamo Lombardi. Il medesimo altare è circondato da un ampio giro di Balaustrate di marmo sostenute da colonnette, e distinte da Pilastrini ornati di faccia. Nel destro lato di questa Tribuna, vi è  la Cappella, in cui deve erigersi il nuovo Altare di marmo col Mosaico, qual  Cappella sarà corrispondente all’altra dalla parte sinistra di d. Tribuna, ove sopra il nuovo bellissimo Altare di Marmo si osserva il famoso Mosaico rappresentante la Natività della B V. li laterali della quale sono stupendi per essere opera a fresco del Minchiotti di Forlì. Al lato sinistro di questa Cappella fuori d’ordine, appoggiato al muro in facciata all’arco, vi è il deposito del Card. Sermoneta Gaetano con Statua di bronzo al naturale;

Architettura, e Statue di marmo rappresentanti le Virtù, è opera di Girolamo Lombardi.

   Forma il braccio destro della Croce verso Tramontana, la Tribuna, incominciata ad adornare dal Cardin. di Trento, e poi terminata dai Sig. d’Aragona, è per ciò detta la Cappella d’Aragona; nei laterali della quale si vedono rappresentati alcuni atti di S. Tommaso d’Aquino opera del Gasparini Maceratese, qual Cappella sarà resa più delle altre magnifica per il nuovo Altare di Marmo, che deve erigersi con l’altro Quadro di Mosaico. Al lato destro vi è una Cappella ornata di Pitture, e stucchi dorati come l’altre, ma invece dell’Altare vi è  una gran Porta, che introduce alla Sagristia del Tesoro. Al lato sinistro vi è la Cappella, con nuovo Altare, di Marmi, e Quadro di Mosaico rappresentante al vivo la Visitazione di S. Elisabetta, li laterali della quale sono opera del Muziano, e tutte le altre pitture ad affresco di Francesco Orvietano.

   Il sinistro, ed ultimo braccio della Croce è formato dalla Tribuna posta a Mezzo-Giorno, in cui vi è il coro, ove quotidianamente si salmeggia, e si fanno le orazioni come in Cappella Pontificia. Vi sono Arcibanchi di noce, a 2 ordini di sedili ripartiti in nicchie con suoi genuflessorj. Sta a capo il Trono Vescovile apparato con la Sedia Pontificale, ed ha appiedi l’Altare, ma senza Quadro, ed isolato, talmente che nel celebrare il Sacerdote, sta sempre voltato con la faccia verso il Popolo. Gli serve di Quadro la stessa S. Casa, che gli sta dirimpetto. Questo Coro è ufficiato da 4 Dignità, da 19 Canonici, e da 12 Beneficiari, e da altrettanti Chierici Corali tutti  Sacerdoti, e nelle Domeniche, e maggiori Solennità si aggiungono loro 20 Chierici del Collegio Illirico, mantenuti dal Santuario. Ha un pieno coro di Musici fissi e stipendiati, cioè: un ;Maestro di Cappella, un’Organista, e i 16 Musici, cioè 4 per voce. L’Altare è sempre adornato di Argenterìe, ed in esse sempre si servono i Celebranti. Nelle maggiori Solennità, oltre i paramenti preziosi, l’Argenterìe solamente dell’Altare con le quali è adornato superano 600 libre, senza l’importo del lavoro. Il Principe di Bessignano l’adornò con un notabile Soffitto dipinto alla Chinese, e dorato, con due Cantorìe, ed attorno d’insigni quadri, fra i quali quello dell’Adultera, che ora sta riposto nel Tesoro, col sacrificio di Melchisedech, e la Nascita del Redentore, tutte opere egregie del Lotto. Al destro fianco ha la Cappella dell’Annunziata del Duca, perché adornata dai Duchi d’Urbino con gentili bassi rilievi di marmo bianco intagliati. In essa fa spicco particolare il nuovo Altare di Marmi col Quadro di Mosaico rappresentante la SS.ma Annunziata, li laterali della quale e le altre pitture a fresco sono di Federico Zuccheri. Al lato sinistro del coro vi è la cappella di Sant’Anna del Principe di Bessignano, di cui si farà più distinta la descrizione, allorché sarà resa degna di ammirazione col nuovo Altare di Marmo, e Quadro di Mosaico li di cui laterali tutti  a fresco son‘opera del Minchiotti di Forlì. Vicino al medesimo Coro a destra, e sopra la Sagristìa della Cura vi stà il primo organo di Giulio II, messo a oro, con eccellenti pitture, e particolarmente nei telari, che gli servono a modo di porte per difenderlo dalla polvere, vi è dipinta la Natività di N S. opera sorprendente, attribuita al Baccicio, ed alcuni altri al Bassano. A sinistra sopra la Tesoreria viene il secondo organo dallo stesso Pontefice parimenti adornato d’oro, e di pitture come l’altro.

CAPITOLO XI.

Ornamenti esteriori della SANTA CASA.

Eretto, fortificato, ed adornato il gran Tempio Loretano, pareva cosa molto indecente, che solamente la Sagrosanta Abitazione della Vergine restasse rozza, e disadorna, Giulio II fu il primo che incominciò a pensare di adornarla esternamente di preziosi marmi, e sculture. Il grande disegno sarebbe stato certamente eseguito, e la devozione particolare, che professava alla Vergine l’avrebbe accelerato, se la morte, che pone il termine a tutte le cose create, non l’avesse nel principio del pensiero tolto di vita. Tale idea non fu discara a Leone X anzi talmente l’infiammò all’esecuzione, che subito spedì Periti a Carrara ed altrove per la provisione dei marmi, e fattane scelta gli fece condurre al Loreto. Fu fatta ancora nello stesso tempo ottima elezione di maestri, scultori i più celebri di quei tempi con la direzione d’Antonio Sansuino insigne Architetto, e Statuario. Ma ancora questo pontefice non fece altro, che il preparamento de’

marmi, perché la morte del medesimo lasciò la cura ad altri per la grand’opera. Sembra che la Ss.Vergine avesse scelto Clemente VII, il quale  innalzato alla Dignità Pontificia, prontamente e con grand’animo si accinse all’opera, e pose in effetto il pensiero di Giulio, il preparamento di Leone. E però diede ordine, che subito si demolisse il muro attorno la Santa casa, fabbricato dai devoti  Recanatesi, si incominciasse il nuovo, atto a sostenere l’incrostatura de’ marmi. Perlocché fu levato dalla S. Casa il suo tetto, le travi, e il tavolato, che le serviva di volta, e con le altre materie furono collocate sotto il pavimento in mezzo alla medesima.

   E qui non devo lasciare di narrare un fatto mirabile accaduto in quella occasione della persona di Raniero Nerucci da Pisa Architetto soprastante all’opera. Aveva egli avuto preciso ordine dal Pontefice d’aprire nelle S. Mura tre nuove porte, chiusa l’antica, dunque l’una in faccia all’altra per comodo del Popolo e l’altra per li Sacerdoti, Ministri, e Personaggi. Nell’atto di principiare ad aprire la prima Porta, al primo colpo di martello dato alla Sagra Parete restògli il braccio stupido, e senza moto, ed egli insensato, pallido, e come morto fu condotto alla propria abitazione. Dopo lo spazio di più ore per intercessione della Ss Vergine, supplicata fervidamente dai suoi congiunti, riebbe la prima salute. Avvertito il Pontefice dell’accaduto al  Nerucci, non si mutò di pensiero; anzi con ordine più pressante comandò, che si aprissero le Porte, ma che prima di venire all’esecuzione, si preparassero gli Operai, con orazione, e digiuni. Tuttavia il Nerucci non si esponeva, o gli alti almeno non volevano essere i primi. Un chierico della Chiesa chiamato Ventura Perino, così da Dio ispirato, dopo tre giorni d’orazione, e di digiuni, pigliato il Martello, e rivolto alla gran Madre di Dio, le disse: io non percuotono le Mura della vostra S. Casa, ma è Clemente, che così vuole per vostra gloria. Piacciavi adunque di volere ciò che vuole Vicario del Figliolo vostro. Si presenta al S. Muro, e umile, e coraggioso insieme, lo percuote, e dal primo colpo gli si arrende, ed aiutato dagli altri Operai, si aprono facilmente le Porte. Fù ancora in questo tempo trasportato dall’antico sito l’Altare, e posto in mezzo, come presentemente si vede, e il Quadro del Crocifisso fu accomodato sopra la finestra. Inoltre fu fatta la nuova nicchia sopra il S. Camino, ove fu collocata la S. Statua come ora vedesi.

     Nel mentre che così si adornavano le S. Mura, accade che alcuni Schiavoni portarono in Recanati una relazione della Traslazione della S. Casa da Nazaret in Schiavonìa, estratta dagli annali di fiume, che diede occasione a Girolamo Angelita Nobile Recanatese, e Segretario della Città di compilarla, ed aggiungere quella dalla Schiavonìa in Loreto, e dedicarla, e di inviarla allo stesso Sommo Pontefice. O fosse questa relazione, o l’affetto, e divozione di Clemente alla Ss. Vergine, oppure questa vieppiù infiammata da quella, volle egli maggiormente certificarsi delle medesime Traslazioni. Quindi scelti fra i suoi Camerieri Giovanni Senese con due altri fedeli, e divoti, e li spedì prima in Loreto a prender le misure, e attentamente osservare ogni arte della Sagrosanta Magione, e poi nella Schiavonìa a Tersatto, e nella Galilea a Nazaret e furono pienamente informati della verità, e del tempo della Traslazione in ciascun luogo, particolarmente in Nazaret, oltre all’esatto confronto delle misure di Loreto corrispondente a fondamenti ivi restati pigliarono ancora queste due pietre di quelle con le quali si fabbricavano le case comunemente, che poi tornati, e confrontate con le S. Mura furono trovate della stessa qualità, e similitudine. Tornati in Roma, informarono il pontefice, il quale fece intendere al nero si di compire con la più possibile sollecitudine l’ornamento dei marmi, e che in uno di questi fossero descritte le Traslazioni; ma ciò non fu eseguito per cagione della di lui morte poco dopo succeduta. Era quasi giunta al termine questa grande opera, quando fu innalzato al pontificato Paolo II  e solamente restava a farsi la volta, che copri dovea la S. Casa; e benché ella non dovesse posare sopra le S. Mura, ma bensì sopra i nuovi muri de’ marmi, nulladimeno fu necessario levare dalle medesime le lunette, e li vasi nel loro mezzo incastrati. S’era sempre più dilatata l’antica opinione, che quei vasi fossero stati adoperati dalla Ss Vergine in servizio del suo Figlio Gesù Cristo, e di S. Giuseppe; e che gli Apostoli per maggior sicurezza l’avessero collocati in luogo così eminente. Furono dunque con le lune elevati ancor quelli, e posti nell’Armario del S.Muro a Tramontana. Recentemente di questi vasi se ne trovano solamente sei, cioè: quattro nella S. Cappella, e due in quelle del Palazzo Apostolico che serve ancora per Cappella della Penitenzierìa. Indi affinché ciò, che era stato necessariamente levato dalla S. Abitazione per negligenza non si perdesse, o confondesse con altre cose, fu stimato bene di collocarlo entro la medesima S. Casa sotto il pavimento di marmo. Solamente per memoria lasciato fuori un pezzetto di tavola dell’antico soffitto, e le stellette di legno dorate, che lo adornavano, le quali si conservano nel sopraddetto Armario a Tramontana in Cassetta di puro argento. Le travi, come si disse, furono sepolte sotto il pavimento, ed alcune restarono fuori, le furono poste sotto il Cornicione della Volta. Una solamente di queste non si sa come sia restata fuori al paro del pavimento vicino al S. Muro Occidentale sotto la finestra senza alcun riparo; o difesa essendo continuamente sotto i piedi dell’affollato Popolo, calpestato e premuto. È cosa ammirabile, che così esposta, e calpestata per tanti secoli non si consumi, ma intera duri, e senza tarlo. È fama, che prima fosse coperta d’argento, e si fosse consumato, indi di lama di ferro parimente consumato, e poi senza difesa alcuna lasciato, ancora si conserva forte, e costante; ed è cosa probabile, poiché si vedono in essa alcune punte di ferro ivi restate, e consumate al paro del legno. Questa meraviglia si vede ancora nel rinnovarsi il pavimento di marmo di quando in quando consumato dal Popolo, ma non già la trave, come fu veduta nel 1751, che sopravanzava allo stesso pavimento da 4 pollici. Con questa occasione fu particolarmente veduto, che la S. Casa sta posata sopra il suolo senza alcun fondamento. Compita la Volta sotto il medesimo Pontificato si aggiunsero le balaustre, che mancavano per il compimento dell’architettura dei marmi, e le quattro Porte di Bronzo. Tuttavia non si potea dire opera affatto compita, mancando la maggior parte delle Statue, le quali dal Pontificato di Giulio III, fino a quello di Gregorio XIII furono compite.

CAPITOLO XII.

Struttura de’ Marmi attorno le S. Mura.

La struttura de’ Marmi attorno le S. Mura, che circonda esternamente le S. Mura, si regge tutta sopra uno zoccolo di bianco, e poi di marmo nero di figura quadrilunga come la quadratura della S. Casa ed eccone per maggior chiarezza la pianta. Palmi 61 Romani ha di lunghezza, e 39 di larghezza. Sorgono dal zoccolo le 4 facciate di scelto, e bianco marmo di Carrara, alte 50 palmi, e scompartite in giro da 16 Colonne scanellate, quali ripartiscono l’intero concio d’effigiati Quadri di replicate nicchie, e di porte.. Dai cantoni spargono in fuora le quattro Colonne, che formano due facciate, e sono guida di tutte l’altre egualmente disposte sopra piedistalli d’esquisito lavoro di arabeschi, e in riquadrature, che tengono nei loro vuoti incastonate pietre di diversi colori, e qualità; come ancora nei vani dei medesimi piedistalli e nelle Porte. Su queste, e col medesimo ordine s’ergono diffusi del colonnato a mezzo rilievo, quali terminano con capitelli sfogliati d’ordine Corinto sopra i quali posa l’architrave adornato di vaghissimi intagli. Fra questo architrave e capitelli delle colonne va in giro come una fascia con facce di Leoni sopra festoni pomati sostenuti da due a Aquile con i colli ritorti l’una verso l’altra, che compongono quasi un framezzo fra i quadri, e l’architrave. Segue altra grande fascia, o fregio ornato da capricciosi duplicati rivolti, a cui succede immediatamente il Cornicione, e  Scolatore, sopra cui posa la balaustra. È composta questa di colonnette a mezzo suro, sostenute da basette, e piani, e distinte a luogo a luogo proporzionatamente da pilastrini, nelle principali facciate dei quali sono scolpiti a mezzo rilievo a copia Fanciulli nudi, scherzanti con diversi atteggiamenti, e positure. Ecco tutta la costruzione dell’opera:

     Benché le colonne siano distinte l’una dall’altra, sono ordinate a due a due, e quindi formano fra di loro maggiori, e minori spazi le facciate più lunghe, cioè quelle di Mezzo-Giorno, e Settentrione hanno dunque spazi maggiori, e tre minori. Nelle maggiori vi è una Tavola, o Quadro per ciascuno, che l’empie, e sotto, in mezzo ha una Porta con Cornice e Timpano di fino intaglio, che termina ai lati con due puttini sedenti di tutto rilievo.Nei spazj minori vi sono due nicchie una sopra, una sotto. In quella di sopra vi sono collocate le Statue delle Sibille in piedi, e in quelle di sotto de’ Profeti tutti a sedere. In ciascun lato delle sopradette Porte vi sono i Stemmi del Pontefice Leone X, e vari emblemi di penne, ed anelli, ch’empiono i vuoti tra le Colonne, e le Porte. Le facciate più corte come quella d’Oriente, e d’Occidente a due apazj minori, ed uno maggiore. Le minori hanno le nicchie con me sopra; nelle quali vi sono le Sibille, ed i Profeti. Nei maggiori a quello volto ad Occidente vi è un solo quadro e tavola sotto cui è la finestra della S. Casa, e ai lati di queste due tavole minori, ch’empiono i vuoti tra essa, e le Colonne, e sotto vi è l’Altare parimenti di marmo con le sue facciate adornate secondo l’ordine dei pilastri, e dei vuoti fra essi. A quello volto ad oriente, siccome vi è un gran vuoto a cagione che non vi è alcuna finestra, oppure Altare, così vi sono due tavole, o quadri, l’uno sotto l’altro; e infine la lapide con lettere incavate con la narrazione, e memoria delle ammirabili Traslazioni della S. Casa, ordinata come si disse da Clemente VII al Neruccio, e per cagione della morte di questo fatta eseguire dall’VIII di questo nome medesimo.

     Quest’opera così magnifica, e sorprendente, nella quale si segnalarono con la loro divozione, e generosità tanti Sommi Pontefici, ebbe li Architetti, Statuari, e Scultori lo più eccellenti di que’ tempi. L’architettura è del Bramante, la scultura d’Andrea Contucci di Montesansovino, al quale a cagion della morte succedé Niccolò Tribolo, e sotto questi lavorarono altri eccellenti professori, cioè Flavio Bandinelli, Domenico Lamìa, Francesco Sangallo, Raffaele Montelupo, Girolamo ombardi, e Fra Aurelio Eremita suo fratello, Simone Fiorentino detto il Mosca, Cav. Girolamo della Porta; e suo fratello: così ancora Simone Cioli, Raniero Pietrasanta, Francesco di Tada con 10 Scarpellini, ed altri molti, i quali donarono alla Ss. Vergine parte delle loro opere: perché fra gli Architetti e Scultori, furono spesi più di 50.000 Scudi Romani non compresi materiali, ed i lavori giornalieri, la mercede dei quali ascese a Ducati 1940 in circa. Furono posti i fondamenti del 1514 sotto Leone X, e perfezionata nel 1569 sotto Gregorio XIII. La materia è di bianco marmo di Carrara: le tavole, o quadri quasi di tutto rilievo rappresentano alcuni fatti della vita di Maria Ss.

Le Statue, le Sibille, ed i  Profeti, che predissero l’Incarnazione del Verbo Eterno, e la Verginità della di lui Madre. Girolamo lombardi fece se profeti incominciando dal Geremìa, due Aurelio suo fratello: i Cav. della Porta fece un Profeta, e nove Sibille, e Tommaso suo fratello, una Sibilla, e un Profeta. Gli otto Angioletti sopra le Porte, tre sono del Mosca, le cinque del Tribolo.

Dichiarazione de’ Marmi attorno la S. Casa

Dicemmo nel precedente Capo, che gli ornamenti principali dei Marmi che compongono le facciate della S. Casa consistono in tavole, o quadri, ed in nicchie. Nelle prime si rappresentano alcuni fatti della Ss.Vergine, e nelle seconde sono collocate le Statue delle Sibille, e de’ Profeti, i quali predissero rispettivamente ai Gentili, ed Ebrei, l’Incarnazione del Verbo Eterno, e la dignità della gran Madre di Dio.

Facciata a Tramontana.

N. 1. Tavola rappresentante la Natività della Ss. ergine su seduta in questa sua S. Casa.  Fù ella abbozzata da Andrea Cabtucci detto il Sansovino, e finita da Flavio Bandinelli, e da Raffaele da Montelupo l’Anno 1531. In questa s’ammora

dagli intendenti con modo particolare un Fanciullo, che scherza con un piccolo Cane, ed una Donna vicino che ne mostra di letto. La frattura di essa solamente fù di Scudi 525. 

N.2. Rappresenta lo Sposalizio della Ss. Vergine con S. Giuseppe abbozzo del Sansovino del 1531, compita poi nel 1533 da Raffaele da Montelupo, e dal Tribolo. Quest’ultimo felice quella figura d’uomo assai lodata, che sdegnato ombre al ginocchio la verga di legno secco, perché non gli ha fiorito, come quella di San Giuseppe. La sola fattura di scudi 730.

N. 3. La Sibilla Elespontica dell’Asia minore.

N. 4. La Sibilla Frigia nell’Asia.

N. 5. La Sibilla Tiburtina del Lazio in Italia.

N. 6. Il Profeta Isaia.

N. 7. Il Profeta Daniele.

N. 8. Il profeta Amos. Statua molto stimata.

N. 9. Porta della Scala a lumaca, che conduce sopra la volta della S Casa, fatta di Bronzo con Scorniciature, Quadri, Festoni, Arme, e di altri vaghi ornamenti.

Facciata a Ponente.

N. 1. In questa tavola si rappresenta l’Annunziazione della Ss. Vergine eseguita in questa S. Casa dall’Arcangelo S. Gabriele, opera abbozzata, e compita dal Sansovino nel 1523. La figura della Vergine e assai ammirata in tutte le sue parti. La sola fattura importò scudi 525.

N. 2. La Visitazione della Madonna a S. Elisabetta. Tavola minore: opera di Raffaele da Montelupo, fatta nel 1530 di fattura gli furono dati scudi 200.

N. 3. La descrizione di Bettelemme di S. Giuseppe nel pagare il Tributo Imperiale; opera di Francesco Sangallo nel 1530 e la fattura importò scudi 200.

N. 4. La Sibilla Libica della Libia nell’Africa.

N. 5. La Sobilla di Delfo nell’Acaja.

N. 6. Il Profeta Geremia grandemente stimato per la positura, abito, panneggiamento, e pel gesto.

N. 7. Il Profeta Ezechiele.

N. 8. La finestra della S. Casa detta della Nunziata: perché esternamente corrisponde sotto la Tavola, che rappresenta un tal Mistero.

N. 9. Altare detto della Ss, Annunziata.

N.10, Pradella, e gradini del medesimo.

Facciata a Mezzo-Giorno.

N. 1. La Tavola della Nascita di Gesù Cristo, ossia Presepio; opera la più singolare, e perfetta del Sansavino compita nel 1528 per cui ebbe di sola fattura scudi 525.

N. 2. L’adorazione dei Magi, opera assai perfetta, e a Miranda da Raffaele da Monte lupo fatta nel 1532, la di cui fattura ascese a scudi 750.

N. 3. La Sibilla Persica, della Persia nell’Asia maggiore e, ovvero della Caldea.

N. 4. La Sibilla Cumea, di Cuma in Italia.

N. 5. La Sibilla Eritrea, d’Eritrea nell’Asia minore.

N. 6. Il Profeta Malachìa.

N. 7. Il Profeta David vestito da vento regio con la corona in capo, e de’ a piedi alla testa recisa di collina. Questa fu molto ammirata, e lodata da Carlo V Imperatore.

N. 8. Il Profeta Zaccherìa.

N. 9. Porta della S. Casa.

N.10. Porta del S. Camino, per cui s’entra a venerarlo.

Facciata ad oriente.

N. 1. Tavola del transito di Maria Ss. con l’assistenza de’ Ss. Apostoli; opera di Domenico Lamìa nel 1516, aggiunta di Niccolò Tribolo, di Raffaele di Montelupo, e di Francesco Sangallo, la di cui fattura fu di scudi 795.

N. 2. Le traslazioni della S. Casa; opera incominciata da Niccolò tribolo nel 1533, e compita da Francesco Sangallo, dalle cui fattura fù di scudi 750.

N. 3. La Sibilla Samia, dell’isola di Samo del Mar Egeo.

N. 4. La Sibilla Cumana. o Amaltea di Ponto nell’Asia.

N. 5. Il Prof. Mosè lodato assai per le muscolature.

N. 6. Il profeta Balaam.

N. 7. Iscrizione della Traslazione di S. Casa, e dei Misterj operati in essa, posta nel basamento d’ordine di Clemente VII fatta eseguire da Clemente VIII la di cui copia si porrà qui in fine. Le Statue de’ Profeti sono dieci, cinque ne fece Girolamo Lombardi Venez., e incominciò da Geremia l’anno 1551 per scudi 345 l’una. Poi nel 1579 ne fece un’altra breve Sc. 460.Fra Aurelio Eremita suo fratello ne fece due una per scudi 300, e l’altra per scudi 340. Il Cavalier della éorta insieme con Tommaso suo fratello ne fece due nel 1575 per Scudi 450 l’una. Le statue delle sibille sono 10, nove ne furono fatte dal suddetto Cavalier della Porta, ed una dal suo fratello Tommaso per scudi 100 l’una, donando l’inporto di una alla Ss Vergine. Gli 8 Angeli collocati sopra i Timpani delle 4 Porte, 5 ne fecero Niccolò Tribolo, Raffaele Montelupo, e Francesco Sangallo, gli altri tre furono fatti da Simone Mosca per Scudi 35 l’uno. Finalmente nelle 4 Porte di bronzo a bassorilievo fatte da Girolamo Lombardi nel 1576 fu speso Scudi 800 per ciascheduna. Chi desiderasse relazione più particolare questa Opera, veda il Serragli nella Parte II Cap, XI e XII.

ISCRIZIONE SOPRA ACCENNATA.

Christiane Hospes, qui pietatis votivae causa huc advenisti, Sacram Lauretanam Aedem videsDivinis Misteriis et miraculorum gloria toto Orbe Terrarum venerabilem, Hic Sanctissima Dei Genitrix MARIA in lucem edita, hic ab Angelo salutata, hic AETERNUM  DEI VERBUM CARO FACTUM EST. Hanc Angeli primum e Palestina ad Illyricum advexere ad Tersactum Oppidum Anno salutis MCCXCI Nicolao IV Summo Pontigice triennio post initio Pontificatus Bonifacii VIII, in Oicenum translataprope Recinetum Urbem  in huius Collis nemore  eadem  Angelorum opera collocata est ubi loco intra anni spatium ter commutato, hic postremo Sedem Divinutus fixit Anno  ab hinc CCC. Ex eo tempore tam stupendae rei novitate vicinis Populis in admirationem commotis tum deinceps Miraculorum fama longe,  lateque propagata Sanctae haes Domus magnam apud omnes Gentes venerationem habuit, cuius Parietes nullis fundamentis subnixi, post tot saeculorum  aetates integri, stalilesque permanent. Clemens Papa VII illam marmoreo ornatu circumquaq. Convestivit Anno Domini MDXXV, Clemens VIII brevem admirandae Translationis Historiam in hpc lapide inscribi iussit Anno MDXCV.

     Tu pie Hospes Reginam Angelorum, et Matrem  Gratianum hic religiose venerare, ut eius meritis, et precibus a dolcissimo Filio vitae auctore, et peccato rum veniam, et corporis salutem, et aeterna gaudia consequaeris.

CAPITOLO XIII.

Degli Ornamenti interiori della S. Casa

nella parte del S. Camino.

Abbiamo finora trattato degli esteriori adornamenti, conviene ora a trattare degli interiori, che sono adatti a confermare, ed accrescere vieppiù la divozione ed il concetto di questo gran Santuario. Questi altro non sono che memorie, e doni di Personaggi, e gran Signori, offerti alla gran Madre di Dio, o per impetrare grazie, o in un ringraziamento delle grazie ricevute. E per proseguire più ordinatamente con facilità, e chiarezza fa d’uopo dividere l’interno della S. Casa in due parti, come è appunto presentemente divisa. La prima è del S. Camino cioè da questo fino altra mezzo dell’altare, chiamata parte del S. Camino, o Santuario. La seconda dall’altare fino al fine della S. Casa, chiamata parte della medesima.

     La parte del S. Camino è coperta ogni facciata da capo a piedi di lame di purissimo argento, le quali sono così ispesse, e le unite, che sembrano una sola lama, ed un continuato lavoro, che non l’lascia visibile alcuna parte, ancorché minima delle S. Pareti. Alcune poche sono piccole, e moltissime melanzane, e non poche grandi, pesanti, e di getto, ed alcune grandissime, e pesantissime in forma di quadri con adornamenti, e cornice dello stesso metallo; queste ultime sono poste in ordine, e schierate sopra, e ai lati della Nicchia della S. Statua, le principali occupano l’intiera affacciata di Tramontana, e Mezzo-Giorno. Nella prima s’ammira il gran Quadro, e Voto di Alessio, e Gaspare Peretti nipoti di Sisto V di libbre 300 di argento, e nella seconda sopra la porta quello del principe di Vadenonte di Lorena di libbre 150. Al lato destro della Nicchia vi è quello di Marcantonio Colonna di non minor peso, e valore. Sotto il suddetto molto Peretti vi è la finta Porta d’argento del Card, Magalotti,

tutti arabeschi di getto traforati, colle scorniciaeture ricoperte di lame, innanzi alla quale è collocato il genuflessorio parimente di argento del Card. Colonna..

Sopra la detta éorta vi sono le due Statue d’argento genuflesse con le mani giunte l’una delle quali rappresenta Tiberio Pignatelli, l’altra Francesco Peretti Nipote di Sisto V in ciascuna parte particolarmente negli angoli, sono disposti in quantità di Putti d’argento quali a mezzo, e quali a tutto rilievo; quali a cesello, quali tutti di getto, e pesantissimi, quali nudi, e quali fasciati, e più d’uno adornato di gemme. Attorno alla Nicchia se ne contano 18, tutti d’oro purissimo, uno in mezzo all’arco anteriore della medesima con un cuore fiammeggiante in mano, è dono del Co. Brainer Alemanno. E 4 a mezzo rilievo de’ Serenissimi di Baden. I tre a tutto rilievo sono il primo nudo del Principe di Carbogano, l’altro infasciato dell’imperatore Ferdinando II, ed il terzo del Real Principe di Savoja.

Li altri 4 sono il primo nudo del Duca di S. Elìa Napolitano, il secondo infasciato di Sigismondo terzo re di Polonia, il terzo del Duca di Acquasparta, l’ultimo dell’Elettorale Casa di Baviera. Vi sono inoltre varie statue d’oro, e d’argento. La principale d’argento, è un Angelo di libbre 350, che offerisce con le mani alzate alla Ss. Vergine un Putto d’oro di libbre 24 dono del Re Cristianissimo Lodovico VIII mandato in occasione della nascita di Lodovico XIV detto poi il Grande ottenuto dopo 22 anni di sterilità. L’altra del Principe di Condè, e la terza del General Daun Viceré di Napoli. Vi sono parimenti di argento sei altre Statue d’Angeli con Candelieri, nelle quali continuamente ardono candele di cera, cioè 4 alla grata dell’Altare innanzi alla S, Statua, e due ai lati interiori della Nicchia.

I 2 più grandi pesantissimi tutti di getto del Duca, e Duchessa di Laurenzano, l’altre di pie Persone. Due d’oro di mirabil lavoro con Candelieri, sui quali continuamente ardono Candele di cera posti in fuori al piano della Nicchia con basette di Ebano adornate tutte con Cifre, e Fogliame di lastra d’oro traforati, dono di Leopoldo Imperatore Austriaco. Sopra questi vi sono due altre Statue di Angeli uno a destra tutto d’oro assai pesante adornato per ogni parte di varie preziose gemme, che offerisce alla Ss. Vergine un cuore fiammeggiante, entro il quale vi è un Lampadino che arde sempre. Il suddetto cuore è tutto tempestato di ispessissimi, e grossissimi diamanti, e le fiamme si sono formate di rubini, dono di Maria d’Este regina d’Inghilterra Moglie di Giacomo II. A sinistra in faccia né corrisponde un altro, che parimenti offerisce un cuore, ma è tutto di argento, ed il cuore solamente d’oro con corona a capo, tutto tempestato di diamanti, rubini, smeraldi, e molte perle orientali assai grosse, forma parimente un Lampadino, che arde di continuo, dono di Laura Martinozzii d’Este Duchessa di Modena Madre della suddetta Regina. Risplendono ancora avanti la S. Statua in ordine vago appese 23 lampade d’oro purissimo di diverse grandezze, e di lavoro esquisito, le quali sempre ardendo danno testimonianza della particolare divozione verso la Regina del Cielo dei donatori, che le hanno a tal’effetto abbondantemente dotate. Con due di questi si distinse Violante Beatrice di Baviera gran Principessa di Toscana. Una per cadauna ne donarno le famiglie Basadonna, Papacoda, e Piccaloga Genovesi, le Famiglie Riccardi, e di Orlandini di Firenze, la famiglia Pignatelli, la famiglia Palma: di Sant’Elìa, la famiglia Torrea, la Città di Macerata, e Fam. Sforzacosta di d. Città, le altre ugualmente disposte rammendano la venerazione di Sigismondo III Re di Polonia, e di Alfonso d’Este Duca di Modena, di Francesco M. Della Rovere Duca di Urbino, del Co.Jabonovvski Palatino Polacco, del Principe di Lorena di

Vademonte, e di una Dama Spagnola, che al pari di altre due pie incognite Persone occultato volle il proprio nome. L’altra ben grande dimostra la divozione di Francesco d’Este Duca di Modena. La maggiore poi di tutte del peso di libbre 37 d’oro è una perpetua memoria della grazia da Dio riportata per intercessione di Maria SS. dalla Sereniss. Repubblica di Venezia preservata nell’anno 1576 dall’orribile flagello della Peste, alle Lampade tutte siccome suole ispesso darsene diversa la disposizione, così non puol rendersi stabile la descrizione della rispettiva loro situazione.

     In quella medesima parte si concervano alcune Reliquie preziosamente adornate, ed insieme i doni offerti da gran Signori. Nella Credenzino sopra la Porta (il quale è fama che fosse parte della Nicchia antica entro cui fu trovata la S. Statua) si conservano le reliquie. A destra è collocato un Semibusto d’argento, che rappresenta S. Barbara V. M. Il cui capo è cinto di Corona d’oro tempestata di gemme, e il collo d’una collana parimente gemmata, che termina al petto con una vaghissima, e ricca Croce. Nella sommità della testa a un’apertura con cristallo, dalla quale si vede l’intiero Cranio della medesima Santa; questo è dono di una Arciduchessa d’Austria. A sinistra v’è una Statua d’oro alta più di un palmo in piedi vestita di manto, e di insegne reali, corona in capo, nelle mani lo scettro, il Mondo gemmatati, che posa sopra una base d‘Ebano con fogliami d’oro traforati, con cristalli nelle facciate rappresenta S. Ladislao, e dentro la base si conservano fra le gemme alcune pezzette intinte nel sangue del medesimo Santo, dono di Ladislao III re di Polonia e di Svezia. Fra queste due un poco addietro si vede un altro se mi gusto d’argento di S. Gereone condottiere della S. Legione Tebea vestito d’abito militare sopra una base d’Ebano arabescata a trafori d’argento con cristalli alle facciate. Entro il Capo vi è  il Cranio del Santo, e nella base, le Reliquie d’alcuni Santi suoi Compagni. Dono di Polissena Pernesta Vice.Regina di Boemia. Sotto questo vi è una trama di Rose con foglie, tronchi, e fiori d’argento, ed in mezzo alla principal Rosa, vi è  sotto cristallo la Reliquia di S. Rosalìa V Palermitana dono del P. Maestro Calvanini Generale del Terz’Ordine di San Francesco. Non poco lontano è collocata la tazza di cristallo di Monte legata in oro col suo coperchio, ed ornata di varie gemme, ove S. Eduvige duchessa di Polonia, solea prendere la purificazione dopo essersi comunicata; dono di una Arciduchessa d’Inforuk.

In mezzo fa vaga comparsa un pezzo di legno della S. Croce di Gesù Cristo, chiusa in una Croce di cristallo di monte, legata in filagrana d’oro, e questa racchiusa in nobilissimo Ostensorio d’oro a due facciate, e di mirabil lavoro. La reliquia è dono del Card. Cibo Seniore, e l’Ostensorio del medesimo, che era d’argento, è stato anni sono cangiato in oro d’alcuni Signori del Messico, lasciato al Santuario, e oro, e prezzo pel medesimo. Fù compito anni sono sotto il governo di Monsignor Potenziani da Rieti già Governatore vigilantissimo del Santuario, e Città di Loreto.

CAPITOLO XIV.

Ornamento della Santa Statua.

     In questa medesima parte, in mezzo della facciata d’Oriente sopra il S. Camino v’è una Nicchia, ov’è collocata, e si venera la S. Statua della Ss. Vergine Lauretana intagliata a tutto rilievo in legno di Cedro, opera di S. Luca Evangelista, venuta insieme colla medesima S. Casa da Nazaret. Questa Vicchia è composta di due archi, l’interiore è più grande, il posteriore più piccolo, ambedue con due imposte, pilastrini, e cornici tramezzate da un piano proporzionato, e va a finire concavo, che riceve la S. Statua.. E’ coperta tutta di lastra di purissim’oro con lavori a cesello di arabeschi, e scudetti di diversi emblemi allusivi alla gran Madre di Dio. Il primo Arco, il maggiore è contornato da cornice, ed arabeschi di oro, che formano l’Arco, l’Imposte, e i Pilastrini. Il secondo minore, è ornato di fascia di lapislazzuli, con arabeschi, e scudetti dell’emblemi sovrapposti, e per imposte, e in mezzo a alcuni Cherubinetti fra nuvole, e fra splendori; il concavo fatto a spese del Santuario con voti d’oro, ed altre cose non servibili. Il festone di lapislazzuli fu donato dal Card.d’Augusta, e tutto il resto, quasi di 100 libbre dalla Famiglia Palma Artois de’ Duchi di S. Elìa Napolitana, e particolarmente dal duca Francesco, poi morto sacerdote della Compagnia di Gesù. Nei due lati della sommità dell’arco interiore vi sono due Cori d’oro ornati di grossi zaffiri, e diamanti, che formano alcune cifre, e geroglifici della Principessa Madre l’uno, e l’altro del Figlio Principe di Basen.

     Entro questa ricchissima Nicchia si venera la Vergine Lauretano. Ella ha avanti una grata di argento, chiamato il guardinfante, che dagl’omeri infino a piedi la cinge. Si copre questa di una veste assai ricca di ricamo d’oro, o d’argento, fralle molte a questo effetto donate da gran Signori, sulla quale si fermano ordinatamente le gioje, che formano l’adornamento. Essendo moltissime queste gioje, del valore delle quali, a giudizio dei più eccellenti Professori, è difficile cosa il formarne una giusta idea, se ne accenneranno soltanto le maggiori, e quelle principalmente che le lontananza sono le più visibili. Le due corone d’oro l’una in capo alla B. Vergine, e l’altra in quello del suo Divin Figliuolo ricche talmente di grossissimi diamanti; che appena lasciano distinguere il metallo in cui sono legate, sono dono del Re Cristianissimo Ludovico XIII. Il cerchio d’oro, fra le corone, e la fronte della Vergine, ornato di stelle framezzate di castoni di diamanti, e grosse perle orientali, dono dell’Infante di Savoia. La Principessa d’Armstadt, donò le due grosse perle legate in oro, che pendono dalla destra del S. Bambino, ed i due polsini sotto nella medesima destra l’uno contornato di rubini con ismeraldo in mezzo, dono della famiglia Rospigliosi, e l’altro con amatisto orientale contornato di diamanti, ed uno fra gli altri grosso a spighetta fermato sopra il suddetto amatisto, della Duchessa Salviati. Nella sinistra mano ha egli un mondo d’oro smaltato di color celeste, contornato di diamanti, nella sommità con Crocetta compagna, dono dell’Arciduca Leopoldo d’Austria. S’ammira in petto della Ss. Madre i tre grossi smeraldi della gran Principessa di Toscana Violante Beatrice di Baviera, contornati da altri minori, e questi da diamanti con un anello a man fede composto da un sol rubino, con cui fu sposata dal suo gran Principe. Segue sotto l’ornamento da petto lungo più d’un palmo, e largo a proporzione, composto di moltissimi grossi diamanti, rubini, smeraldi, che fu ornamento Regio d’Anna di Neroburgo Regina di Spagna Moglie di Carlo II, e dalla medesima poi offerto alla Regina del Cielo. Altro ornamento d’oro dal petto composto di Diamanti, di D. Diego Ribas d’Alcalà, il quale ha sopra un picciolo fiocchetto, ma di grossi diamanti, della Famiglia Barberini. Seguono altri preziosi giojelli, e croci. Una bottoniera di 56 bottoncini, e 112 alamari d’oro di getto, nelle quali vi sono 6054 diamanti; dono della Moglie di Filippo IV Re di Spagna, li quali alamari disuniti tra loro sono gajamente sparsi in dosso alla S. Statua, ora in una maniera ora in un’altra. Degna di ammirazione è una Croce da Donna assai stimata, e vaga, composta di 8 grossi, e 8 piccoli risplendenti purissimi brillanti: donata da una incognita Dama Tedesca. Meritano tutta l’osservazione altre due Croci, una dell’Ordine Teutonico, l’altra dell’Ordine di S. Martino, ambedue tempestate da una parte di brillanti, e dall’altra di rubini donate da un Principe di Baviera Gran Maestro degli stessi ordini. Sonovi diversi altri giojelli, fra le quali di maggior comparsa sono quelli di diamanti, ed altre varie gemme del Card.  Ottoboni, del Duca d’Arc, e del Card, Nerli. Altro giojello tutto carico di smeraldi in tavola, contornato di diamanti, ed altri smeraldi a perelle pendenti donato dal Card. Ludovico Portocarrero. Una croce d’oro con grosso diamante di fondo in mezzo, ed altri 12 intorno, e di a piedi tre pendenti a goccia dono del Principe di Dietrinchstain, altra Croce d’oro con 11 grossi diamanti, dono del Card. Spinola. Un giojello d’oro ovato, e nel mezzo un grosso zaffiro contornato di 96 diamanti posti a tre ordini dono del Conte di Pegna Aranda. Due Croci vescovili una del Card. Marescotti di diamanti, e l’altra del Card. Corsi di rubini. Una croce di S, Giacomo contornata di zaffiri, e diamanti, dono di D. Michele dell a Tuente Decano di Trussillo nel Perù. Un gioiello d’oro smaltato, che figura una corona di spine, nel mezzo evvi una Colonna, ed una Crocetta a piedi tutto contornato di 157 diamanti, dono del Marchese Serra Napolitano. Altro giojello d’oro guarnito de 158 diamanti, col ritratto della Regina Maria de’ Medici Donatrice.. Una croce d’oro di zaffiri contornata di diamanti dono il cardinal d’Acugna, e l’altra di brillanti dono nell’anno 1776 il Cardin. Serbelloni. Due Cuori d’oro uniti con Corone Elettorali, e cifre, tutti contornati di diamanti, zaffiri dorati dall’Elettore di Baviera, che fu poi Carlo VII Imperatore. Due Occhi smaltati al naturale in lastra d’oro, contornati di 84 diamanti, col nastro di 34, dai quali pende un Cuore d’oro guarnito di 12 grossi diamanti, quale aprendosi mostra l’Arme, e il nome della Donatrice Cristina di Savoia. Altro gioiello d’oro, con un grosso rubino in mezzo, in forma di cuore contornato di 149 diamanti è dono del cardinale Alberto di Polonia.

     È questa la sincera descrizione delle Gioje più preziose, che attualmente adornano la S. Statua lasciando di descrivere le molte altre benché pregevoli a solo oggetto di non stancare il Leggitore con lunga, e superflua narrazione. Prima per altro di passare all’altra parte della S. Casa fù d’uopo porre in vista quanto in questa prima parte di particolare si conserva. A mano sinistra del S. Camino vicino alla Porta, vi sono due credenzini, l’uno sotto l’altro. Si conserva nell’inferiore una delle S. Scudelle, legata in argento con la custodia dello stesso metallo, nella quale si passano le acque per gli Infermi, ci si toccano le divozioni, e si dà a baciare ai divoti, e confluenti. In quello di sopra e dentro una cassa d’argento con suoi cristalli per ciascuna parte, e adornata di varie, e molte gemme, dono del Cardinal Montalto nipote di Sisto V si conserva una veste tutta tessuta in lana, che comunemente chiamiamo Camelotto, di color rosso, la quale colla S. casa fù trasportata da Nazaret, e trovata indosso alla S. Statua. È fama che questa sia la Veste usata dalla Ss. Vergine tra noi vivendo. Da cristalli si vede, e si riconosce chiaramente il colore, la materia, e la polvere penetrata, e sopra di essa posata, senza alcuna signora, pure alcuna ombra di Prodi giura. Sono 498 anni che qui fù trasferita insieme con la S. Casa. Tutte le altre moltissime Vesti, che si dispongono indosso alla S. Statua, doni di gran Signori, ricchissime, e forti, essendo cose corruttibili, si corrompono, periscono, questa di semplice lana, con polvere, per tanti secoli ancora intatta, senza tignola, deve dirsi ch’Ella abbia qualche prerogativa sopra dell’altre.

CAPITOLO XV.

Ornamento del resto della S. CASA.

     Dalla parte del S. Camino già descritta passiamo all’altra detta della S. Casa. Incomincia questa dal tramezzo di legno, al quale immediatamente appoggia l’Altare, a cui serve d’ornamento, fino alla fine della medesima S, Casa. Questo tramezzo oppure tavolato, che forma la divisione ha tre aperture con due ferrate. Quella di mezzo è grande di figura quadra; di larghezza a paragone dell’Altare in modo, che chiunque, ed in qualsivoglia sito si trovi in S. Cappella può godere comodamente la S. Statua, e gl’ornamenti di faccia dall’altra parte. Le laterali sono più piccole, e formano finestrini, e sotto hanno la loro Porta, per cui si passa da una parte all’altra. Inoltre è adornato di cornicione, e da capo a piedi è ricoperto di lama d’argento non vedendosi in alcuna maniera il legno- sopra ciascuna porta vi è lo stemma, e sotto questo cartello col nome del Card. Francesco Dietrichstein, per ordine, ed a spese del quale fu fatto quest’ornamento sopra le 300 libre d’argento. Ora l’apertura di mezzo non ha più la stessa forma quadrata, perché sopra l’antico quadro si si è innalzato un Arco, che rendendola più alta fa maggiormente distinguere, e godere li preziosi doni collocati nell’altra parte. Fù fatto quest’arco dell’anno 1763 con gli argenti lasciati da impiegarsi entro la S. Casa dall’Ab.Sciare Nobil Sacerdote Francese. Mpnsign, Giovanni Potenziani allora Governatore impiegolli in quest’opera così universalmente ammirata, e lodata. In mezzo al noto Arco vi è riportato un cartellone parimenti d’argento formato graziosamente da nuvole, ed abbellito da splendori dorati, nel di cui piano si legge in lettere di getto, e dorate lo stesso saluto che fece l’Angelo Gabriele in questa S. Casa alla gran Vergine: Ave gratia plena, e sotto vicino alla ferrata vi sono due Angeli della famiglia Barberini con cornucopj sui quali ardono fiaccole di libra, in ciascuna Festa della Madonna. L’adornamento dell’altare è composto d’agate, diaspri orientali, e il lapislazzuli di maraviglioso lavoro, oltre il riquadrature nel prospetto di lastra d’argento; nelle due laterali vi sono a mezzo rilievo gli Stemmi de Medici gran Duchi di Toscana, e in quella di mezzo parimenti a mezzo rilievo il gran Duca Cosimo II con le mani giunte, e ornate nella Sagra Magione, del quale questo stupendo adornamento fù dono. Ai lati interiori del medesimo altare vi sono due cancelli d’argento, con suoni pomi, e nodi del Card. Ludovico Portocarrero. Entro quest’Altare, e fra questi ornamenti è chiuso l’antico Altare dei S. Apostoli venuto colla S. Casa, il quale con l’aprirsi uno sportello nella riquadratura di mezzo si fa vedere. Egli è composto della stessa pietra tenera, che noi diciamo tufo, della quale sono fabbricate le S. Mura, qual pietra però è alquanto più alta della nostra, ed ineguale.

     In questa parte ancora, vi sono Reliquie, e doni. Quivi si mirano intorno le S. Mura scoperte, e nude, le quali, benché per il corso di cinque secoli, siano premute dall’affollato, e stretto popolo, e da questo continuamente toccate, e baciate; tuttavia sono intatte, ed intere, e si sostengono senza alcun fondamento, ed appoggio. Nel S. Muro volto a Mezzo-Giorno, vi è appeso il gran Quadro tutto d’argento, e di getto, e quasi a tutto rilievo, con sua cornice, di Ranuccio Farnese Duca di Parma in atto di porre il proprio Figlio sotto la protezione della Vergine già liberato da una malattia. In petto all’altro S. Muro a Tramontana vi è lo stupendo Armario del medesimo Duca di libbre 500 di fine argento, il quale forma una Tribuna con colonna, capitelli, base, e timpano quasi tutti di rilievo con altri adornamenti d’architettura, di figura, e Sacri Misterj, meravigliosamente lavorati. Quì dentro all’aprirsi d’una grata si vede il picciolo Armario fatto col S. Muro, in cui è fama, che la Ss, Vergine vi tenesse la S. Bibbia, e i S. Apostoli l’Eucaristia. Si conservano ora nel bellissimo tre sacre Scudelle fatte legare in oro dal Card. Sandoval, con quello che la prima volta dal Congo fu portato in Ispagna. Due hanno la figura di Ciotole, ed una di piattino piano. Così adornate si tengono racchiuse in una d’argento pesantissima di getto, donata dal Principe Ferdinando d’Alcalà per tal’effetto. Quivi di sotto, entro una cassetta parimente d’argento si conservano le stellette dorate, staccate dall’antico soffitto della S. Casa, ed un pezzo di tavola del medesimo avvolta in un setino. Il mirabil si è, che questo Armario ha un frammezzo di tavola tutto d’un pezzo fino al fondo, e si vede essere stato posto nel fabbricarsi il muro, e pure in tanto tempo non ha nemmeno un segno di corruzione, o di tarlo. Poco sotto vi è appeso un cornucopio d’oro grande, assai ricco, e di egregio lavoro, col compagno nell’altra del S. Muro in faccia nelle quali continuamente ardono candele di libra, dono della gran Duchessa D. Maria Maddalena d’Austria. Nelli due S. Muri di  Tramontana, e Mezzogiorno, vi sono tre braccia per ciascuno con sue padelle, il tutto d’argento dorato, nei quali ardono candele di libra delle principali feste della Madonna, dono del Principe Tommaso di Savoia. Nel muro volto ad Occidente sopra alla Finestra si vede il Crocefisso antico, Quadro dell’Altare de’ S. Apostoli, opera di S. Luca Evangelista, come altrove si disse. Egli è una Croce fatta di grossa tavola di Cedro, sopra cui vi è dipinto il Redentore Crocifisso con 4 chiodi. Nel fine di ciascun braccio della Croce vi sono dipinte due figure, cioè nel destro la Ss. Vergine e nell’altro S. Giovanni Evangelista. E’ ora questo circondato da gran fregj, e cornice d’argento con tre gran Statue dello stesso metallo, cioè sopra del Padre Eterno in atto di benedire con la destra, e sostenere il Mondo con la sinistra: ai lati due grand’Angeli, che pajono sostenere volando la gran Croce.

Tutto l’ornamento ascende a libre 300 d’argento: dono del principe Taddeo Barberini. Ancora la finestra ha il suo ornamento d’argento, cioè una cornice con suoi piani donata dal Duca Gaetani. Qui sotto del pavimento s’ammira l’antica Trave, che era del soffitto di questa S. Casa, ora posta non si sa come, a paro dello stesso pavimento, la quale prenuta collo stare in piedi dell’affollato popolo, benché si consumi il pavimento di marmo, ella non si consuma, ma resiste intatta, senza tarlo, e incorrotta per tanti secoli. Sono appese ed affollate attorno le S. Mura 47 lampade d’argento tutte dorate ad ardere continuamente, e di in mezzo vi è un candelabro d’argento di 68 libbre donato dall’Elettore Guglielmo di Baviera, ed una gran Lampada donata dalla famiglia Rasponi. Nella parte del S. Camino ai lati, e dinanzi alla Statua fra Lampade d’oro, cornucopj  d’argento, ed in altri pezzi ardono altri 27 lumi a oglio, come gli altri dotati. Fra dentro e fuori attorno la S. Casa ardono continuamente 94 Lampade d’argento prescindendo da quelle appese avanti gli Altari della Chiesa, dei quali ne daremo distinta la Relazione, allorché ridotti tutti a perfezione con i nuovi Marmi verranno in essi stabiliti gli altri rispettivi Quadri dei Mosaici.

CAPITOLO XVI.

Indulgenze, e Privilegj conceduti alla S. CASA.

     Tutto il Mondo Cattolico fu sempre affezionato, e divoto di questo gran Santuario: oltre i preziosi doni, come finora abbiam veduto, non vi è Città, e Luogo così sconosciuto, ed abbietto, in cui non siano innalzate Chiese, e Cappelle, o Altari almeno alla Madonna di Loreto. E questo non solamente nella nostra Europa, ma fino nell’Indie, e nel Paraguai. Certamente la santità del luogo consagrato con tanti misterj, trasferito con tanti non più allora veduti prodigj, divinamente conservato sì lungo tempo, la cagione principale di tirare a sé tanta moltitudine di gente, e destare una divozione ed affetto sì universale:

dopo questo però ha contribuito molto, e in ogni tempo la vigilanza dei Sommi Pontefici. E siccome il nostro Salvatore fra noi vivenvo aveva con la sua Abitazione santificata questa povera Casa, e i S. Apostoli dopo l’Ascensione al Cielo del medesimo, avendola consacrata, vi dispensavano ai Fedeli di tesori delle divine grazie; così i S. Pontefici successori di questi, e Vicarj di quello, non cessarono mai di eccitare il Popolo Cristiano a questo Emporio di Benedizioni celesti col dispensarvi i celesti Tesori, dei quali sono rimaste il loro mani le chiavi..

    Fin quando la S. Sede era in Avignone Bened. XIV il primo che nel 1341 concesse Indulgenza Plenaria nella S. Casa mosso dalla divozione dei Recanatesi, mentre le fabbricarono attorno la Chiesa, che poi, come si disse, fu disfatta per ordine di Paolo II. Ritornato poi in Roma Urbano VI certificato dal Vescovo di Recanati delle prodigiose fiamme, che sollevano scendere dal Cielo, e posarsi sopra di essa allp 8 di Settembre, e della rivelazione fatta all’Eremita Paolo di Montorio, concedé in tal giorno a chi la visitasse Indulg. Plenaria. Poi aggiunte quelle concedute da GregorioXI, alla cattedrale d’Ancona , che sono le medesime concedute a S. Marco di Venezia da Alessandro III per la festa dell’Ascensione del Signore. Tali Indulgenze per esser di somma considerazione furono confermate da Bonifazio IX e promulgata la loro durata a tutti e tre mesi di Settembre, Ottobre, Novembre, dopo averne conceduta un’altra particolare pel dì solenne della Nunziata. Anzi Martino V per aumentare la devozione de’ Popoli ancor lontani, terminato che fu lo scisma, concedé ai Recanatesi la facoltà di far le fiere nei suddetti tre mesi, come dalla bolla: ad laudem, gloriam, et honorem  Lauretanae Virginis. Ed inoltre tutte le concedute dai suoi Predecessori riconfermò Niccolò V dopo aver arricchita la S. Cappella di presenti degni d’un Pontefice, considerando segnalato il giorno della Nunziata lo onorò anch’esso di molte indulgenze.

     Paolo II come si è detto, liberato nella Santa cappella dal mal contagioso, ed ivi sorpreso da placido sonno gli fu palesata la volontà divina del suo innalzamento al Pontificato, che dall’evento si conobbe essere stata vera rivelazione, ed egli stesso lo confessò nella sua Bolla: magna et stupenda miracula, quae ibidem eiusdem Almae Virginis opera apparent et nos in personam nostram experti sumus, et, innalzato dunque al Pontificato, oltre la fabbrica del gran Tempio intrapresa, e quasi compita l’arricchì di copiose indulgenze.Concedé a chi visitasse la S. Casa Indulgenza Plenaria in tutte le Domeniche dell’Anno, nelle Feste della Ss. Vergine, nei giorni della Settimana Santa, di Pasqua di Pentecoste, del Corpo del Signore con la sua ottava. Aggiunge il Serragli, che da Paolo II, da Sisto IV, e da Giulio II con Bolla particolare nella sola S. Casa furono concedute quante indulgenze sono mai per tutta Roma. Tolse il Santuario, i suoi Ministri, le robe dalla giurisdizione del Vescovo, e dal dominio di Recanati, e lo accolse sotto la sua protezione, della Santa Sede, e dei Ss Apostoli Pietro, e Paolo, concedendo ai Sacerdoti del Tempio la potestà di assolvere da’ casi riservati al Vescovo, ed dalla medesima Santa Sede. Non meinor cura ebbe Sisto IV, il quale nell’anno 1473 fece coprire la fabbrica del Tempio, e confermò l’Indulgenze dei suoi Antecessori, concedendo un’altra Plenaria per la Nascita della Ss. Vergine, forse perché ancora duravano in tal tempo a vedersi le prodigiose fiamme. Dichiarò inoltre un Vicario per lo spirituale, ed un Governatore per il temporale con 8 Cappellani per il Divin culto, per udire comunemente le Confessioni de’ Pellegrini, con facoltà di poter loro commutare qualunque voto fuori di quel cinque alla S. Sede riservati.

     Nel 1507 Giulio II confermò, e rinnovò tutte le Indulgenze allora concedute, incominciando da quella d’Urbano VI e di Martino V terminando con un’altra nuova Plenaria per il giorno della Nunziata. Esentò nuovamente dalla giurisdizione di Recanati il Santuario, con la Terra allora di Loreto, dichiarandolo un suo Sacello, e Pontificia Cappella, e tutti i Ministri di esso familiari, e commensali del Papa. Due volte visitò la S. Casa, nell’andare, e nel ritornare dalla Mirandola, dove però l’illeso per miracolo di Maria Ss Loret. Da una bomba, la di cui grossa pesante palla egli stesso alla sua presenza fé appendere al S. Muro di Mezzog., ove ancora presentemente si mira. Leone X nel 1513 nella sospensione generale dell’Indulg. dichiarò rimanere nel loro vigore quelle del Santuario Loretano: anzi con una nuova culla le confermò, e aggiunsegli le indulgenze delle sette principali Chiese di Roma, visitandosi sette Altari nel Tempio da deputarsi dal Governatore, ed altra Plenaria nella Solennità del S. Natale. Inoltre fondò in esso la Collegiata insigne; vi stabili Canonicati, Mansionarie, e gli altri sacri Ministri. Ancorché il éontificato di Adriano IV fosse sì breve, di un anno solo pure con le affettuose espressioni nella sua Bolla, e conferma dell’Ondulgenze, e Privilegj fé palese la sua divozione non ordinaria.

     Quale fosse quella di Clemente VII, si è veduta in occasioni, la quale parve, che volesse superare non solamente quella di Leone il suo diretto parente, ma di tutti i suoi Predecessori. Egli per accertarsi della verità delle Traslazioni spedì a Tersatto, ed a Nazaret, e trovata incontrastabile della verità, a perpetua memoria ordinò l’iscrizione da incidersi in marmo negli ornamenti esteriori delle S. Mura. Per le grandi cose ordinate, e fatte eseguire, per l’accrescimento de’ Privilegj, e conformazioni dell’Indulgenze, vien chiamato dagli storici Loretani, il gran Clemente. Paolo III nel 1535 arricchì il Santuario di nuove Indulgenze: fondò un Seminario di Giovani, che cantassero lodi alla gran Madre di Dio, e proseguì l’adornamento de’ marmi. Giulio III nel 1554 informato, che i Sacerdoti della Chiesa non erano sufficienti di numero per udire le Confessioni de’ Confluenti, e Pellegrini, commise a S. Ignazio Lojola, che mandasse a Loreto per aiuto di quelli alcuni soggetti della sua nuova Religione, ne spedì 14 che poi nel Pontificato di Paolo IV furono accresciuti fino a 32 fra i quali molti di diverse nazioni, tutti in qualità di Penitenzieri Pontifici, in luogo dei quali dopo la soppressione della Compagnia di Gesù sono stati destinati li PP. Minori Conventuali. Pio IV fece collocare nelle Nicchie le Sibille, e i Profeti, acctrscé li Sacerdoti, la fondò il Collegio della Penitenzierìa assegnandoli rendite assai con onore: confermò tutte le indulgenze: fondò il collegio lirico, le fece tradurre in otto le lingue la breve, ed antichissima Istoria della S. Casa dal Teremano, le quali poi furono incise in marmi, e disposte nei Pilastri delle Cappelle delle navate. Concedé ancora l’Altare privilegiato per i Defonti, con le stesse Indulgenze, e Privilegj di quelle di S. Gregorio di Roma; e finalmente nell’anno 1576 un plenissimo particolar Giubileo come il passato in Roma per quelli che visitassero la S. Casa. Clemente VIII, dopo aver conceduta Indulgenza Plenaria quotidiana perpetua fece porre la breve istoria della Traslazione ordinata da Clemente VII e permesse la celebrazione della festa della Traslazione ai 10 Dicembre. Paolo V con la sua celebre bolla di più confermò, erano rese chiarissimi i Privilegj Loretani. Fece inoltre innalzare due nobilissime Fontane, l’una nella Piazza del Tempio detta della Madonna, l’altra in quella di Porta Romana detta dei Galli ornate tutte di bronzi, e marmi. Urbano VIII riconfermò la festa della Traslazione ai 10 Dicembre con un Breve particolare nel 1632 dilatandola ancora tutta la Provincia della Marca. Innocenzo X l’Anno Santo 1650 dichiarò con sua Bolla non sospendere in modo alcuno le Indulgenze Lauretane, ma lasciarle nel loro pieno vigore. Alessandro VIII inviò donativi alla S. Casa, e particolarmente una coltre tessuta d’oro, la quale s’espone nella Vhiesa interiormente sopra la Porta maggiore nelle maggiori Solennità dell’anno. Clemente IX fece porre nel Martirologio Romano la festa della Traslazione al 10 Dicemb. Laireti in Piceno Translatio Almae Domus, in qua Verbum  caro factum estm etc.. Clemente X fece ripulire la Chiesa, edificare il Cimiterio, e racchiudere entro Armarj li nobilissimi Vasi della Spezieria di S. Casa.. E ancora nel pubblicare l’anno Santo 1675 dichiarò, e stabilì l’Indulgenze Loretane. Innocenzo VII approvò, e concesse la Messa propria, e  l’Offizio della Traslazione con la breve Istoria della medesima nella sesta lezione. Come ancora nella Bolla dell’erezione della nuova Congregazione Loretana nel Governo del Santuario invece del Protettore. E finalmente ampliò la stessa Messa, ed Offizio per la Provincia della Marca. Clemente XI mandò doni al Santuario, e particolarmente i sagri Arredi per accompagnare il Santissimo Viatico agl’Infermi, e concedé alla Città di Segna in Dalmazia l’Offizio, e la Messa della Traslazione per li 10 Maggio, e poi a tutta la Provincia di Carniola.

Benedetto XIII dopo aver dichiarato l’anno Santo 1725 stabilì le Indulgenze Loretane, concedé la Messa ed Offizio a tutto il Dominio Veneto, alla Dalmazia, ed allo stato Pontificio nel 1728, innalzò l’Insigne cattedrale di Loreto in Basilica, dandone ogni segno d’essa, cioè Chiavi, Confalone, e Campana come le Patriarcali di Roma. Clemente XII dilatò la Messa, e   l’Offizio della Traslazione al Dominio de’ Duchi di Parma, e Piacenza, poi a tutti i sudditi del Re Cattolico infino all’Indie. Benedetto XIV, oltre a molte grazie, o confermate, o concedute alle 10 Maggio 1750 aggiunse ancora il permesso di recitare, in giorno non impedito, una volta il mese nella Basilica l’Officio suddetto della Traslazione. Clemente XIII, che da Prelato, poi dal Cardinale sempre mai mostrò una tenerissima divozione a questo Santuario, col fare delle funzioni Episcopali, le Communioni Generali, e l’assistenza alle Processioni, innalzato alla dignità Pontificia non ne mostrò minore col governo di esso, e col dono di un Calice d’oro, d’ammirabil lavoro di 8 libbre, e 3 oncie insieme con la Patena dello stesso metallo: con ordine preciso, che se ne facesse uso per le principali solennità dell’anno, e per i Cardinali, che celebrano in S, Cappella, e per altri Sacerdoti riguardevoli.

CAPITOLO XVII

La S. CASA divotamente conservata.

Se ben si riflette a questa Sacros. Abitazione è impossibile, che naturalmente possa stare, e così reggersi per tanti secoli. Le di lei S. Mura non tirate e a perpendicolo, non eguali, e senza alcuna sorta di fondamento, usando solamente sopra del suolo, come anni sono nel rinnovarsi il pavimento fu veduto, minacciano ogni momento rovina. Fin d’allora, che ivi voti canadesi osservando le tali fabbricarono loro attorno un forte muro per sostenerle, ti dirò questo prodigiosamente allontanato in modo, che fra esso, e le S. Mura comodamente pronti a passare un Fanciullo, e conobbero, che l’unico sostegno loro, e difesa, era la Divina Onnipotenza, e lo stesso Dio, fra le quali s’era d’umana spoglia ammantato. Questa medesima Onnipotenza permette, e vuole le divisioni delle Sacre Reliquie degli stessi stromenti di sua Passione, perfino della sua Ss. Croce già divisa in particelle quasi infinite, che in altrettanti luoghi trasferite, e divise; solamente non è permesso mai, che qualunque particella di queste S. Pareti sia dal loro intero divisa. E se qualunque indotto da qualche umana permissione, o da qualche indiscreta di divozione abbisi osato di portar via qualche pezzetto, o miracolosamente da se stesso è tornato al suo luogo onde fu tolto, oppure a forza di infortunj e malori, è stato il delinquente forzato a riportarlo. Sono moltissimi casi succeduti in ogni tempo riferiti dagli Autori della Storia Loretana, e di quando in quando va succedendo fino al presente. Io per non partirmi dalla proposta brevità, ne riporterò qualcuno pigliato dagli Autori, qualcun altro succeduto al nostro tempo per avvertire gli Indiscreti divoti, e dimostrare insieme, che tuttavia la stessa Onnipotenza è quella che costantemente la conserva, e la difende.

     Monsignor Gio. Suarez Vescovo di Coimbra nel Portogallo, Uomo non meno in pietà, che in dottrina singolare, nel 1561 dovendo portarsi in Trento al Concilio, venne a visitare la S. Casa. Soddisfatta la divozione, ricercò una pietra delle S. Mura per spedirla in Portogallo, e qual Reliquia collocarla in una Cappella da dedicarsi nella sua Diocesi alla gran Madre di Dio. Avvertito della Scomunica, nella quale incorreva chiunque avesse tolta qualche cosa delle S. Mura senza replica si ripose in viaggio. Giunto in Trento ottenne segretamente dal pontefice Pio IV un Breve, col quale egli si concedeva il bramato intento. Per subito con questo al Loreto Francesco Stella Senese suo Cappellano. Quivi egli giunto non trovò alcuno dei sacerdoti ministri, né alcun altro, il quale ardisse dalle S. Pareti estrarre la pietra, talmente che per soddisfare il Padrone, egli stesso fu necessitato di estrarla alla presenza di molta gente mal soddisfatta. Dopo un lungo, e disastroso viaggio, in cui più d’una volta ebbe a lasciar la vita, giunto in Trento, consegnò al Vescovo la pietra estratta dalle S. Mura, che racchiusa in una cassa di argento, speravo in breve spedirla a Coimbra. Fù immediatamente assalito da febbre, e da dolori acerbissimi, che non permettevagli alcuna requie, nemmen col sonno. Dopo moltissimi rimedj, tutti inutili, convengono i Professori, che il male non sia naturale, e conseguentemente di alcun profitto la loro arte. Così abbandonato dai Medici il povero Prelato, oltre i dolori del corpo, gli si aggiungono timori e di inquietudini d’animo, che lo riducono all’estremo di sua vita. In tale stato ridotto dagli umani soccorsi isperimentati inutili, si passa ai divini, i quali non furono pochi tanti Padri, ed anime buone ivi adunate in quel tempo. Particolarmente fù fatto raccomandare alle orazioni, e digiuni di due Monasteri di Religiose celebri per Santità. Dopo due giorni la superiora di ciascun Monastero, fra loro assai lontano, manda al Vescovo questa concorde risposta: che se egli voleva recuperare la salute, rimandasse la Madonna di Loreto la sua pietra. Stupefattoli insieme col Stella, poiché fuori di loro due era la pietra tutti ignota, né in alcuna maniera appropriata persino Trento, riconobbe la cagione del suo male, e di vero cuore a Dio, e alla Vergine chiese perdono, e spedì subito lo stesso Stella a Loreto colla pietra, per farne prontissima restituzione. Il viaggio fu tutto affatto diverso dal primo, cioè questo felice, è breve. Giunto prima in Loreto fu dal Cairo, e dal popolo sì locale che forastiere tutti brillanti di divozione, e di gioja processionalmente incontrata la Sacra Reliquia, e ricevuta con sacra pompa, fu ricollocata al suo luogo. Ed acciocché  in avvenire fosse riconosciuta, per memoria le fu posto attorno una piccola lama di ferro. Confrontato poi  il tempo, e l’ora in cui fu riposta al suo luogo la pietra con la perfetta guarigione del Vescovo, fu trovata essere accaduta nello stesso momento. Lo Stella fece in  Loreto  l’esposizione del fatto: il Vescovo ristabilito in perfetta salute, mandò lettera al Governatore della S. Casa di proprio pugno, e questo mandolla allo stesso pontefice Pio IV. La copia di questa lettera in carta pergamena con cornice di legno dorato si conserva nella S. Casa entro l’Armario delle S. Scudelle vicino all’Altare a cornu Evangelii: e la detta pietra si fa osservare ai Pellegrini, e Divoti nel S. Muro a Mezzo Giorno, vicino al piccolo vuoto, ove si tengono l’ampolline per servizio delle Messe.

Nel 1585 un di Palermo venuto a questo Santuario portò via seco un pezzetto di pietra delle S. Mura. Tornato in Patria, fu assalito da una gravissima infermità, della quale, acciò fosse più palese la cagione, in quel tempo, in cui commise il delitto, ogni anno era più tormentato del solito, cioè nel mese di Settembre, e di Ottobre. Apparve il male sempre senza rimedio, perché ogni cura il medicamento era sempre inefficace. Raccomandossi infine alla Ss. Vergine, e gli sovvenne la pietra già tolta dalla di lei S. Casa. E a  tal memoria e riflesso provò primieraramente qualche scrupolo, indi a poco a poco un tal rimorso, che lo manifestò a un Sacerdote dopo lo spazio di venti anni. Fu da esso ammonito a rimandare profondamente la pietra, come cagione sicura del suo male. Profferite appena tali parole, come fossero state un supremo comandamento, l’atterrì in modo, che gli consegnò subito la pietra. Ricevutala con la venerazione dovuta, la portò al P.Provinciale dei Gesuiti, P. Gio. Battista Carminata, il quale la inviò a Roma al Cardinal Vastavillani Protettori all’ora del Santuario, con la relazione del fatto. Intanto l’Infermo, consegnata la pietra, fu rimesso nello stesso momento in salute. Il cardinale la spedì in Loreto al Governatore, ove giunta, dal medesimo, e dai Sacerdoti fù ricevuta, e con sacra pompa alla presenza di folto popolo, e di divoti Pellegrini portata nella S. Casa.

Quivi giunti i Sacerdoti non ebbero alcuna fatica di trovarle l’antico sito, dal quale, benché mancando da 20 anni, perché quasi additandolo Dio, subito si offerse ai loro sguardi; nel quale fu collocata. Le fu messo per memoria un grappetto di ferro, e si vede nel S. Muro, a Mezzo Giorno vicino alla Porta corrispondente al Coro, alto da terra circa 8 palmi.

     Nel 1595 essendo Governatore del Santuario Monsig. Gallo, un Gentiluomo Maceratese di casa Pellicani pigliò parimenti un pezzetto di pietra dalle S. Mura per tenerlo secco con venerazione. Involtolla in un pannolino, e giunto a casa la pose sotto chiave qual prezioso tesoro. Fu questo ancora assalito subito da grave, e pericolosa infermità non mai conosciuta dai Medici, nonché sollevata, anzi nel decorso di tempo abbandonata affatto. Solamente, come assai divoto della Ss. Vergine, di continuo se le raccomandava  nelle sue angustie. Ella un giorno finalmente gli ottenne lume di conoscere la cagione del suo male, che era la pietra tolta alle S. Mura della di lei S. Casa. Le ne domandò perdono, e promise farne una pronta restituzione. E in segno di ciò immediatamente fece aprire lo scrigno, ove l’aveva posta fra le sue cose più care, e preziose, e fattosi portare il pannolino ove era stata da lui avvolta, apertolo non vi trovò più la pietra. Pieno di stupore e rammarico insieme, chiese alla Vergine di nuovo perdono, e fece voto di quanto prima visitare la S. Casa. Ottenne subito la salute, e portossi a Loreto a soddisfare il voto, entrato nella S. Cappella osservò la pietra da lui tolta, ritornata prodigiosamente al suo luogo. Sorpreso da insolito stupore e tenerezza proruppe in dirotte lagrime e clamori, alle quali accorsi i Custodi della S. Cappella, raccontò loro il prodigio pubblicamente additando la pietra, alla quale, come all’altre, fu posto il segno di un grappetto di ferro per memoria. Questa  è nel S. Muro di Tramontana poco sotto i gradini dell’Altare, alta da terra cinque palmi in circa. Siccome delle pietre, così ancora della calce, con cui sono esse fermate, né a Dio una cura particolare. Un cittadino d’Alessandria di Dio poca calce delle S. Mura, e per maggiore venerazione la  racchiuse con un’Agnus in una piccola custodia d’argento. Giunto alla Patria la pose al collo della sua Moglie, non si sa per qual cagione. Ella subito si trovò invasata da Spiriti invernali, che continuamente la tormentavano. L’infelice Marito, non avvertendo la cagione, procurolle ogni rimedio, ma né Orazioni, né Esorcismi ottennero l’effetto. In tale stato fu la misera nove anni. Venuto in Alessandria il P. Battista Vannini della Compagnia di Gesù Predicatore Quaresimale, fu informato dallo stesso Marito dello stato della misera Moglie, il quale considerato l’jncominciamento dell’infortunio della sacra calce pigliata nel muri della S. Cappella, l’esortò a rimandarla a Loreto. Egli levata dal collo della Moglie la custodia ove era la calce, consegnolla immediatamente al P- suddetto, che la spedì al Loreto. Appena fatta la consegna gli Spiriti cominciarono ad obbedire agli Esorcismi, e giunta la calce in mano dei Custodi del Santuario, si trovo ella affatto libera.

     Due Sacerdoti Piacentini pigliarono poca calce delle S. Mura, furono da acuta febbre sorpresi, né mai poterono liberarsi, se non dopo fatta la restituzione, e così in molti altri casi succeduti, e che tuttora succedono: che se volessimo quì narrare i casi in questo particolare avvenuti, e riferiti dagli Autori, e quelli la memoria dei quali sono appresso, e i moderni, e gli antichi Custodi del Santuario, saremmo fuori del nostro proposito di brevità, e si potrebbero formare volumi. E perché non sembri a qualcuno i riferiti esser casi antichi, ne porterò altri pochi tra gli molti per disingannarlo.Un Uffiziale di Nazion Francese di profession militare, di indole franca, ed allegra ricevé lo l’involto con roba tolta dalle S. Mura, con avviso di consegnarlo subito ai Custodi. Egli in presenza d’un suo Amico Cittadino Lauretano incominciò a deridere la semplicità, l’idea, e la premura del suo corrispondente. Avvertito dall’Amico a farne subito la consegna fù ancor egli con maggior coraggio deriso, e riputato semplice e ridendo rispose, che quando non avesse avuto che fare, lo porterebbe nella Chiesa ai custodi. Poco dopo fu sorpreso la tal violente febbre, che ad un’ora di notte disperato dai Medici, fu sagramentato per Viatico. In quell’estremo ricordandosi dell’avvenimento dell’Amico fece consegnare al signor D, Stefano Belli allora Curato l’involto. Fra poco incominciò a migliorare: e la mattina trovossi in stato tale, che si portò nella S. Cappella a chiedere perdono alla Ss. Vergine, e a ringraziarla. Accadde nel 1754 ai 9 dicembre, che un Uomo, che  avea pigliato dalle S. Mura un piccolo sassolino mai poté veder la Porta, per uscir dalla Chiesa, benché gli fosse indicata, e sino a quella condotto, finché non restituì il Sassolino al Lampadaro Pietro Calvi, chìera nella Custodia in assenza dei Custodi. Un Padrone di Nave stato a Loreto, e pigliato un sassolino, mai poté partire dal Porto di Ancona se non fatta la restituzione. Ed il mirabile è, che viaggiando di conserva con altre Navi, tutte avevano vento, e partivano, solamente la sua era sempre senza vento. E questo è accaduto l’anno 1764, ed  il Sassolino fù portato ai Custodi dal signor d’Angelo Giorgi, che si trovava in Ancona. Da questi, e da moltissimi casi succeduti, e che tuttora succedono, avvertamo i divoti di non toccare cosa alcuna delle S. Mura, perché oltre la scomunica fulminata dai Sommi Pontefici a questi tali, Dio è quello, che custodisce, e conserva qualsiasi minima particella di questa sua diletta Abitazione.

CAPITOLO XVIII.

Delle Cappellanìe, e Messe che si celebrano nella

S. CASA, coi loro Fondatori.

L’Augustissima Casa d’Austria tiene un Cappellano con carico di dir Messa tutti   

     i giorni per la famiglia Reale.

La Serenissima Casa di Baviera tiene due Cappellani, con obbligazione di    

     Messa quotidiana, ed oltre questi fa celebrare altra Messa quotidiana.

Il Re delle due Socilie tiene un Cappellano, con obbligo di dire la Messa ogni

     settimana, che prima era di fondazione della Serenissima Casa Farnese.

Il Re di Francia tiene un Cappellano, con obbligazione di una Messa quotidiana,

     due delle quali si celebrano all’Altare di S. Anna.

Ogni anno li 26 Agosto festa solenne in onore di S. Ludovico Re di Francia con

     assistenza del Capitolo, e Clero, Magistrato, due Cori di Musica, e sbaro dei  

     cannoni ec. All’Altare della Ss. Annunziata, annesso alla S. Casa.

Più, ogni 1 Sabbato del mese una Messa solenne in musica, con l’assistenza

     del Capitolo, e Clero, pel Re, e famiglia Reale.

La Serenissima Repubblica di Venezia tiene un Cappellano, con obbligo di                                                                      

     una Messa quotidiana.

Più, 12 Messe cantate all’anno, una per ciascun mese, con l’assistenza del 

     Capitolo, e clero.

Francesco Maria Duca di Urbino lasciò una Messa quotidiana.

Cosimo III, Granduca di Toscana lasciò per l’anima sua una messa quotidiana.

Francesco Loredano Doge di Venezia. Una Messa quotidiana per l’anima sua.

Margherita d’Austria, Duchessa di Parma, fondò per l’anima sua una Messa

     quotidiana.

Dorotea Principessa di Lichtestein lasciò pure per l’anima sua una Messa  

     quotidiana.

L’eccelsa Casa Peretti lasciò una Messa quotidiana..

L’Ill.mo Sig. Francesco Maria Onorati lasciò 10 Messe quotidiane per l’anima     

     sua.

E.mo Cardin. di Spagna Portocarrero, lasciò fondate 355 Messe all’anno per

     l’anima sua.

M. C. Re di Spagna mantiene un Cappellano Nazionale con obbligo di Messa

     quotidiana per sé, e sua Real famiglia.

Nota. Altre diverse Cappellanìe si trovano, con l’obbligazione di celebrare per le  

     Cappelle di questo Santuario, come per esempio:

La Casa d’Arco una Messa quotidiana all’Altare della Ss. Annunziata.

Ogni giorno una Messa per l’Ecc.ma Casa Vastavillani all’Altare della Ss. 

     Concezione.

Ogni giorno due Messe pel  Cardinal di Gioiosa.

Una Messa quotidiana per la Duchessa d’Arguillon, celebrata da un Sacerdote

     a sua nominazione.

Ogni giorno due Messe pel fratello Luigi di S. Antonio Eremita di Besanzone,     

     celebrate da due Cappellani.

Cappellanìa, ossia Benefizio, sotto il titolo di S. Maria del Soccorso, col peso di

     una Messa ogni Settimana, e sei annue di requie all’Altare di Sant’Anna.

L’elettorale Casa di Sassonia tiene un Cappellano continuo, con pinque

     assegnamento avendo questo l’obbligo della celebrazione di tre Messe la

     Settimana ec. Ed oltre lì sopra detti obblighi ve ne sono moltissimi altri

     quotidiani, mensuali, ed annuali, che per brevità si tralasciano.

*********************

NUOVO, ED ESATTO

C A T A L O G O

DE PIU’ QUALIFICATI DONI

CONSAGRATI TUTTI

A MARIA VERGINE

PER DIVOZIONE, O VOTO;

Esistenti nel Tesoro della S. CASA, giusta l’ultimo,

e accurato inventario dell’anno 1788, tralasciate

le cose dei minor rilievo per brevità.

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A MANO SINISTRA DEL TESORO.

NUMERO I.

Una Canacca, o sia Fornimento da Cavallo, composto di 33 pezzi d’oro di getto

     smaltato verde al di fuori; ornato con rose di grosse perle, ed in mezzo, e ai

     lati contornato di rubini,e  smeraldi: dono della Principessa di Regozzi di

     Transilvania.

Una scatola grande rotonda aperta di oro smaltato a vari colori, sopra cui vi è

     un basso rilievo in una parte la casta Susanna, e dall’altra S. Giorgio a

     cavallo: dono del principe di Baden Baden Tedesco.

Un pezzo di 9 Coralli ridotti a Camei legate in oro con perle; dono d’incognita 

      Persona.

Un Cuore d’oro lasciato in dono dalle RR. Monache di Torre di Specchj di Roma

     nel 1765.

NUMERO II.

Una picciola Cassettina bislunga quadra composta di lastra d’argento

     variamente intagliato, e traforato con ovatini di lapislazzuli: dono del Sig. 

     Andrea Gresti nel 1595.

Due vasi d’argento, ed un ramo di fiori dello stesso metallo, fra mezzo dati da

     coralli; dono del Principe di Avellino Napolitano.

NUMERO III.

Altro Ramo dei Fiori con suo vaso di argento: dono del suddetto Principe, ed  ai

     lati due Ampolline parimenti di argento.

NUMERO IV.

Una corona di sette poste di grossi grani di adatta già signorina, frammezzo dati

     da grossi bottoni d’oro smaltato: dono della Principessa di Ragozzi di    

     Transilvania.

Diverse altre Corone, due di grossi coralli, una framezzata da Bottoni d’oro, e

     l’altra con Coppette dello stesso getto; ed in fondo sopra Croce di  

     Ebano,guernita bei 4 lati d’oro smaltato un Crocifisso di Corallo. Una di  

     agata sardonica, e grossi niccoli bislunghi, a guisa di Olive, framezzati con 

     grani minori tondi, guernita di coppette d’oro smaltato bianco. Due

     lapislazzuli orientali, una delle quali guernita di coppette d’oro smaltato, e  

     medaglia d’oro appiedi; Aaltra di Diaspro marmorino, con medaglia d’oro

     rappresentante il P. Eterno da una parte, e dall’altra Innocenzo X, ma la

     medaglia è riposta al numero XX: donata dalla Contessa Chiara Pallavicini di

     Parma; e l’altra di Diaspro sanguigno con i Pater noster a forma di olive:

     altra di Corniola, e in mezzo una di giacinto orientale, tutta guernita d’oro, ed

     appiedi vi resta un Semibusto rappresentante San Pietro inciso parimenti in

     un giacinto; doni di diverse pie Persone

Due Coretti d’oro; donati, uno dalle P. Generale de’ Minori Conventuali nel 

     1770, e l’altro dal Marchese Bandini di Camerino nel 1774.

S’ammira finalmente nel piano un Canopeo da Pisside di lametta d’argento,

      ricamato in oro, e perle: donato dalla Sig. Barbara Coler di Mohrenfelt di  

      Vienna d’Austria, 1761.

NUMERO V

Una Fortezza d’argento, rappresentante la torre di Vensenne, prigione di Stato presso Parigi: donata nel 1595 dal Principe di Conty della Casa Reale di 

Borbone, da cui fuggire, di libbre 200. Avanti, e intorno vi restano sei piante

    di città, e terre, lavorate il lastra di argento, che sono: Ascoli, Fermo, 

     Recanati, Monte Santo, Castel-Fidardo, e Sarnano; dalle medesime donate.

NUMERO VI.

Altra canacca di minor grossezza di 67 pezzi simile alla prima già descritta al 

     numero I, e della stessa Donatrice.

Un Cuore d’oro: dono del Duca Grimaldi di Genova nel 1766.

Un ritratto in lamina d’oro, rappresentante la Contessa Conversavano di Napoli,

     dalla medesima alla Vergine donato nel 1758.

NUMERO VII.

Un Presepio d’argento: donato dalla Contessa Dismieri di Torino.

Una Corona reale d’argento con diverse pietre: donò la Confraternita di S, Monica di Fabriano.

NUMERO VIII.

Altra palma d’argento, col suo Vaso; dello stesso donatore Avellino.

NUMERO IX.

Alquante Medaglie d’oro 10 con l’Effigie di Urbano VIII, 4 con l’Effigie

     d’Alessandro VII e due altre una col Salvatore, e l’altra coll’Effigie di

     Innocenzo X donate dalla Principessa D. Costanza Barberini.

Una Corona di 6 poste di agata zaffirina, con una Crocetta di oro, di rubini, e

     diamanti; dono del Sig. Giacomo Menardi Romano.

Una gargantiglia d’oro smaltato nero, composta di 27 diamanti quadri, con una

     Colomba in mezzo, che ha un diamante in petto a forma di cuore, con altri 4

     piccioli: un pajo di Pendenti egualmente smaltati con 30 diamanti; dono della

     Sig. Marchesa Costacuti di Roma.

Un gioiello d’oro smaltato bianco, e nero, in forma di Croce, contornato di 32

     diamanti, e 10 perle: donò il Marchese Patrizj Corsini del 1690.

Due gioielli d’oro smaltati a vari colori, uno traforato a tre ordini ornato di 39

     rubini, e l’altro tondo fatto a fiorami, con 57 diamanti: donati dal Ser.mo Duca   

     Alberto di Baviera.

Altro gioiello d’oro smaltato bianco, e nero, traforato a due ordini, guernito di 64

     diamanti, 5 de quali pendono a goccie: donato da una Dama Tedesca..

La Lettera A d’oro contornata di 14 diamanti, ed un’Anello d’oro con grosso  

     diamante: dono del Principe Ferdinando di Lobkovvitz duca di Sagan.

Altro giojello traforato a tre ordini d’oro smaltato a diversi colori a due facciate: 

     Ora diviso in due parti, in una delle quali facciate nel mezzo vi sono due

     manine, tenenti un piccolo coretto coronato da 33 rubini, e 5 perle pendenti,  

     e nell’altra vi è nel mezzo una Crocetta; tutto contornato di 53 diamanti: dono

     della Casa Doria.

Due Orologi d’oro, uno de’ quali con Cassa di Lapislazzalo guernito di diamanti:

     donati dal Duca di Gravina Napolitano.

Un’anello Cardinalizio d’oro con uno zaffiro ottangolare in mezzo: dono del

     Cardin. Sant’Onofrio Barberini.

Altro anello cardinalizio d’oro consimile.

Altro anello d’oro con 7 diamanti di fondo: donò la Duchessa Strozzi.

Un smeraldo lavorato alla Genevrina, ligato in oro, smaltato verde, in forma di

     Carafaggio: dono della Sig. Emilia Imperiali Genovese.

Un giojello ovato d’oro ornato di 25 diamanti, dono della principessa Ludovisi di

     Bologna.

Un orologio da petto di argento, dentro una grossa granata ligata in oro,

      contornato di 29 rubini: dono del marchese Carlo Antonio Visconti Milanese.

Due anelli d’oro con due smeraldi quadri lunghi: dono di D. Gregorio Fabrizi

     Benefiziato di questa Basilica.

Una Croce da petto con suo nastro donata di 100 diamanti, e un paio di

     pendenti guerniti di 52 diamanti, ed un anello lavorato a rosetta con 11

     diamanti: dono di Persona incognita.

Altra croce da petto, e 2 boccole d’oro, con 12 zaffiri, e 47 diamanti: dono della

     Princip. Di Santobuono Napolitana del 1749

Un Tofon d’oro, con nastro, e fascetta, guernita di 3 diamanti quadri: dono del

     Principe Santacroce nel 1748.

Un giacinto bislungo ligato in oro: dono del Signore Giorgio Zagni Genovese.

Due anelli d’oro, uno con diamante quadro, e l’altro con 7 diamanti: donati dal

     Sig. Antonfrancesco Lauretani Preposto di S. Salvatore di Macerata.

Un’anello d’oro con diamante quadro gruppito, rappresentante una sirena: dono

     del Sig, Carlo Chiacci di Cremona.

Altro anello d’oro con  hn smeraldo liscio, e nel cerchio sonovi nove diamanti:

     dono del Marchese Villa.

Altro anello d’oro, con smalto bianco, e un diamante rotondo in mezzo, ed altri 8

     ai lati: dono del Sig. Giuseppe Giannini Genovese.

Altro anello d’oro con 7 diamanti: dono della Sig.  Angela Salicola di Bologna

     nel 1687.

Altro anello d’oro chiamato Mariaggie, con diamanti, e rubini: dono della

     Principessa di Ardore Napolitana nel 1730.

Una Croce di Malta d’oro smaltato bianco; ed altre due di S. Stefano d’oro

     smaltato rosso; donate da divoti Cavalieri.

Il ritratto di Leopoldo I Imperadore in ismalto turchino lattato, e contornato di

     filograna d’oro.

NUMERO X.

Un ostensorio tutto d’argento sostenuto da due Angioletti, e nel mezzo un

     grosso topazzo orientale, incastrato in oro, con piede di getto triangolare:

     donato dalla Confraternita della Purità della Vita di Bologna.

Due Calici d’argento, con patene, uno contornato di 24 granate sardoniche fra

     grosse, e piccole legate in oro; ella altro tutto dorato guernito con 5 pietre

     verdi: donati da pie Persone.

Due puttini d’argento, uno simile all’altro: donati dalla Sig. Ortensia Manfroni

     Bernini.

NUMERO XI.

Un Bambin Gesù di statura naturale, con 3 chiodi in una mano, e la corona di spine nell’altra, posto sovra piedistallo il tutto d’argento: dono del Marchese Roberto Capponi di Firenze nel 1623.

NUMERO XII.

Uno scrigno quadro bislungo d’Ebano con ispecchi, e colonnette scanalate di cristal di monte, con incassatura, capitelli, e basi d’oro, contornato di circa 70 camei antichi, 48 rubini, e 42 grossi smeraldi su fregj d’oro smaltato a varj colori, e nel fondo dell’interno è tutto ricoperto di lastra d’oro intagliata a fogliami, intarsiata di lapislazzuli a varie forme di fiori, con in mezzo un quadrello bislungo, composto di varie preziose pietre orientali riportate a guisa di Mosaico, rappresentanti pure diversi fiori: dono di D Cristina Gran Duch. di

     Toscana.

Una Croce di cristal di monte con Crocifisso d’argento dorato, guernita

     all’intorno di vari ornamenti, e fogliami parimenti d’argento dorato, traforato

     con ovatini di lapislazzuli, e calcidonia orientali, con piedistallo d’Ebano. Due

     Candelieri compagni alla detta Croce incassati in Ebano, guerniti di varj

     ornamenti d’oro smaltato, e perle. Una Calderuola, un Aspersorio, e di un

     pajo di Ampolline similmente di cristal di monte, con un ornamento d’oro

     smaltato a più colori: dono del Cardinal Mandruzzi.

Altra Croce composta di tavolette di lapislazzoli incastrate in Ebano, e guarnita

     di grossi topazzi. Il piedistallo è tutto di Ebano con varj quadrelli formati di 

     diaspro orientale, lapislazzoli, agata, e diaspro siciliano: dono del Principe D.

     Carlo Barberini.

Altra Croce composta di 4 pezzi eguali di diaspro orientale, con riporti, e

     fornìmenti d’oro smaltato turchino, e sopravi rubini, spinelli, e garantine

     sardoniche, con piede di cristal di monte: donata da un Duca di Baviera.

Un picciolo Quadro rappresentante in bassorilievo la Vergine Addolorata, la

     quale è composta di varie pietre orientali, cioè: di diaspro marmorino nel

     piano, di agata, alabastro, lapislazzoli, e diaspro sanguigno di Boemia

     nell’Immagine, e di diaspro verde il Tavolino, dove essa si appoggia, con

     cornice di Ebano: dono della Sig. Isabella Morroni Mantovana.

Una Corona, o sia Rosario di ambra gialla, donata dalla Sig. Rosa Masorini di

     Vico.

Un grosso pezzo di Corallo, che si divide in due rami, con piedistallo di argento.

     Altro ramo di Corallo incassato in una gamba d’Aquila d’argento di getto,

     appoggiata su base tonda pure d’argento, doni di pie Persone.

Una Croce di cristal di monte con Crocifisso di getto, e ornamenti, e sovrapposti

     il tutto d’oro; Due Candelieri, e Ampolline simili ugualmente guernite d’oro, fù 

     dono del Cardinale di Lorena.

Altra Croce di cristal di monte con Crocifisso, guernita d’argento, con base

     ovata, la donò il Cardin. d’Aragona.

Altra di cristal di monte con varj fornimenti. Una Pisside simile guernita di oro

     smaltato a varj colori, e tre Candelieri: dono della Duchessa Virginia Savelli

     Romana.

Altra simile di cristallo di monte con Crocifisso, e varj ornamenti d’argento di

     getto dorato. Due Candelieri, una Calderuola con Aspersorio, una Bacinella,

     e due Ampolline della stessa materia, dono di un Duca di Mantova.

Un bacile il grande con vaso d’argento dorato: dono diD. Pietro colonna a parte

     del monastero di casa Nova, ma il vaso è riposto al numero XXVIII.

Una picciola Fruttiera ovata d’argento dorato, ed intagliato a fogliami, e nei

     trafori guernita di fiori, e fogliami di corallo, con contorno a pizzetto,

     similmente d’argento dorato, traforato, smaltato bianco, e turchino, con

     rosette di corallo, dono di pia Persona.

Altre due Fruttiere di grossa lastra d’argento dorato e traforata, ed in mezzo un

     grosso riporto tondo della stessa lastra smaltata turchino, ed altri simili

     riporti di ovatini egualmente smaltati: furono donate dal commendatore

     Pietro Colonna nel 1641.

Una Lampada di ambra gialla, incastrata in argento dorato: fu donata da Mons.

     Vescovo di Sammogizia.

Altra lampada di cristal di monte lavorata a fogliami con cerchio d’argento

     dorato, e 4 teste di Cherubini d’oro di getto smaltato a varj colori: la donò

     una divota Persona.

Una Tazza in forma di Conchiglia, con collo, e testa di drago, e piede tondo, il 

     tutto di agata orientale contornato di oro smaltato a diversi colori: dono del

     Duca di Pezzi nel 1572.

Altra Tazza tonda con sua base di agata orientale, con cerchio d’oro smaltato

     bianco, e nero: donata dal Marchese di Sila.

Una Croce di ambra gialla, con Crocifisso, ed ornamento alle estremità di

     ambra bianca, un calice, e Statuette con Candelieri compagni alla detta Croce, dono della Principessa Catarina Zamoschi Moglie del gran Cancelliere di

     Polonia, e Duchessa d’Oltrog.

Due statue d’alabastro; una rappresentante la Santissima concezione di M.V.

     con piedistallo della stessa materia, e l’altra rappresentante S. Agata ligata

     ad un Tronco; donate da pie Persone.

NUMERO XIII

Due collane d’oro smaltato, e ornate di varie figure di smalto al rilievo; la

     maggiore composta di 19 castone, con 18 grossi diamanti, e l’altra di 15 

     castoni, con 30 rubini; donate dal principe D. Giovanni d’Austria.

Una Corona di lapislazzoli di 6 poste, con coppette d’oro smaltato turchino; e

     bianco; ai lati d’ogni Patee noster sonovi tramezzini contornati di 187  piccioli

     diamantini; ed  appiedi vi è un giojello in forma di Stella, osservandosi, da

     una parte l’effigie di S. Giuseppe, e dall’altra quella della Maddalena in

     ismalto miniate, contornato da 60 diamanti: la donò una Persona incognita.

Un giojello d’oro smaltato verde, e rosso, che figura una Corona di Spine; nel

     mezzo ha una Colonna, ed appiedi un picciolo giojelletto pendente fatto a

     spighetta, tutto da 107 diamanti contornato: donato dal Principe di

     Castelforte.

Una Pace d’oro smaltato a diversi colori, con in mezzo una Croce formata da 7

     diamanti, e 18 grosse perle: donata da pia Persona.

Una Collana d’oro smaltato bianco, e nero, composta di 40 castoncini: nel

     mezzo pende una rosetta smaltata, e di appiedi una Colomba d’oro

     smaltato, tutta contornata di 54 rubini: la donò la Sig. Giulia Vitale da Trieste.

Una croce da petto d’argento dorato, guernita di 25 diamanti, e 19 granate

     balasce, dono del Sig. Giuseppe Borghini.

Un Ordine Capitolare d’oro, che nel mezzo ha l’effigie della B. V. , Tutto

     tempestato di 98 diamanti, due grosse amatissime, ed una perla a goccia

     appiedi: donato la sua Altezza Ludovico Giuseppe Vescovo di Trifingen, e

     Principe del S. R. I. Nel 1770.

Un giojello d’oro in forma di mezza luna, nel mezzo vi è una Stella, e sopra di

     essa un Giove smaltato bianco sedente ad un‘Aquila smaltata verde;guernito

     di 60 diamanti, e  3 grosse perle pendenti fatte a pere: dono della

     Principessa Donna Costanza Barberini.

Un Tofone con suo nastro d’oro smaltato rosso, e turchino, dono del Principe

     Santa Croce nel 1748.

Una Croce di Cavaliere di Malta d’oro con 49 diamanti; fù donata dal

     Commendatore Martorelli nel 1712.

Un giojello con suo nastro d’oro smaltato bianco, e nero, ed in mezzo ha una

     Crocetta d’oro smaltato verde, tempestato di 178 amatiste: dono del Sig. D.

     Ferdinando Gaetani Palermitano nel 1687.

Un’Aquila d’oro contornata di 26 rubini,4 smeraldi, e 7 perle pendenti: dono, e

     lavoro del Granduca Francesco I di Toscana.

Un Fiore dorato tempestato di perle, e pietre di colori diversi, e nel mezzo un

     Nettuno, col Delfino appiedi: dono della Principessa Stabilcolonna di Roma.

Un’Ordine di S. Jaco d’oro con suo nastro, e Croce di S. Giacomo in smalto

     rosso in campo di smalto giallo; tutto contornato di 63 diamanti, e 30 topazzi

     gialli, dono della Sig. Francesca Riva Belliseo Verach Spagunola.

Un Quadrettino incassato d’oro smaltato con cristallo, e pittura rappresentante

     S. Cecilia giacente moribonda: dono di Persona divota.

NUMERO XIV.

Un’Ostensorio d’argento fatto a Tronco, composto a tre ordini in figura di nubi,

     dalle quali escono raggi, Cherubini, spighe, e grappoli d’uva, simboli tutti del

     Divinissimo Sacramento, ornati di molti smeraldi, topazzi, perle, giacinti, e

     granate: dono di D. Dorotea di Neoburgo Duchessa di Parma.

Due Calici con Patene d’argento, e con Coppe dorate di singolar lavoro: donati

     da pia Persona.

NUMERO XV,

Un Fanciullo d’argento di statura naturale simile al primo già descritto al numero

     XI dello stesso donatore.

NUMERO XVI.

Un Piliale, una pianeta, due tomicelle, due manipoli, una borsa, un messale, e

     un palliotto di teletta bianca di argento a fiori, e fogliami d’oro a Coralli: dono

     del Principe di Avellino Napolitano.

Una Lampada,  Lampadino d’argento dorato ornata di coralli: fù dono del

     Principe di Castelforte.

Un Calice, e a Patena d’argento dorato, tutto contornato di coralli; molti di essi

     sono ridotti a camei, rappresentanti vari Semibusti, e le Teste di Cherubini:

     lo donò il P. Vincenzo Bartoli di Firenze della Congregazione di San Filippo di Recanati, dopo averci celebrato il suo Sagrificio nella S. cappella di 12

     agosto 1791.

Un Camice di Pietra detto Amianto lavorato a tela, con cingolo, ricamo, e il

     merletto appiedi di seta; fu donato da Persona incognita.

NUMERO XVII.

 Una Gioia grande d’oro in forma di Stella, tempestata di 8 diamanti, 10 rubini,

     16 girasoli, 36 grosse perle, ed un Cuor d’oro nel mezzo smaltato rosso,

     guernito di un grosso smeraldo, 9 diamanti, 6 rubini, e questa iscrizione:

     Ludovica Enrici III Galliae et Poloniae Regis Uxor 1598.

Altro giojello d’oro smaltato a diversi colori a guisa d’Arma coronato, e

     tempestato di 29 diamanti; donato dal Prior Savelli Romano.

Altro giojello d’oro o in forma di rosa alquanto smaltato bianco, e turchino, con

     un castone in mezzo a guisa di Stella, ornato di 25 diamanti: dono del Sig.

     Procchieri Perugino.

Una Collana d’oro smaltato bianco, e rosso, composta di 32 castoni tutti rilevati;

     ed ornati di 20 grossi diamanti quadri di fondo, ed altri 16 di minor

     grossezza, 20 grossi rubini, e 40 grosse perle, e appieni di è appeso il Tofon

     d’oro di getto, a cui succede altra minor Collana dello stesso metallo

     smaltato a diversi colori di 25 castoni,9 de’ quali hanno ciascuno in mezzo

     un diamante, altri 11 hanno in mezzo un rubino in quadro, e nel maggiore

     esistono intorno 4 rubini, e li altri 4 hanno in mezzo un zaffiro turchino; i quali

     castori poi, con i 100 alamari d’oro di getto smaltati a più colori, che hanno

     per cadauno di essi tre grosse perle a sedere, sono gaiamente distribuiti

     parte in varie Stelle, e parte in altri diversi modi; il tutto è dono del Re

     Cattolico Filippo IV.

Ed appiedi una gargantiglia d’oro smaltato bianco, e nero, consistente in 15

     pezzi insieme concatenati con 38 perle, 11 delle quali sono fisse ad una per

     pezzo, e le altre 27 pendenti: dono di Persona incognita.

NUMERO XVIII

Un Ostensorio d’oro con l’impugnatura, rappresentante S. Francesco d’Assisi,

     all’intorno contornato viene da picciole figure di basso rilievo, smaltato a vari  

     colori, che rappresentano gli Evangelisti, con diversi Angioli, guernito di 109

     diamanti, 386 rubini, 11 smeraldi, 2 perle,2 zaffiri, e di una grossa granata

     orientale: dono del generale conte Melchiorre Halzfeldt.

Un Calice; e Patena d’oro, guernito di un diamante cedrino,3 tre grossi rubini, e

     da altri 16 di minor grossezza, un smeraldo, ed un zaffiro orientale turchino:

     dono di un Vescovo Polacco.

Altro Calice che ha la Coppa, e sotto coppa d’oro di getto con sua Patena, con

     bassi rilievi, che rappresentano vari Misterj della Passione: dono d’una pia

     Persona.

Altro calice, e Patena d’oro con piede di cristallo di monte: dono del Cardinale di

     Lorena.

Altro Calice, e Patena d’argento dorato, traforato, ed ornato di varie pietre: dono

     di Persona divota.

Un Cuore d’oro, da una parte nel mezzo vi è intagliata l’Arme, e il Nome del

     Duca di Beaurillier, detto S. Agnan, e dall’altra il millesimo, cioè: A. D. 

     MDCCXII.

NUMERO XIX.

Una Statua d’argento di getto, che rappresenta la Ss, Vergine, col bambino: fù

     dono di Ludovico Perochel Senatore della Suprema Curia di Parigi, di peso

     libre 21, ed un’oncia.

NUMERO XX.

Un Sopralegivo, un Velo da Calice, due Stole, un Manipolo, due Cuscini da

     Altare, e una Coperta da Messale di teletta d’argento a fiori, e fogliami d’oro,

     e coralli: pure dono del Principe di Avellino.

Un Martello, e una Cucchiara, parte di getto, e di lastra d’argento, con vari   

     ornamenti di basso rilievo, che servirono per la Porta Santa della Basilica di

     Santa Maria Maggiore nell’Anno del Giubileo 1725, è dono del Cardinale

     Pietro Ottoboni.

Bacile grandetondo con suo vaso, e due sottocoppe di grossa lastra d’argento 

     dorato, e cesellato a varj fogliami, e fiori, con diversi riporti, e castoni d’oro

     smaltato giallo, verde, turchino, e bianco; tutto contornato di gioje, cioè 29

     diamanti, 99 rubini, 16 smeraldi, e nel mezzo di esso Bacile un grosso zaffiro

     turchino orientale: dono del Cardinale Vidoni; ma il vaso, e sottocoppe

     esistono al N. XXVIII.

Una Carta di Gloria, con cornice di argento in parte dorato, intarsiata di

     lapislazzoli orientali con vari riporti di lastra d’argento lavorata a faccette,

     rappresentanti in ciascun dei lati di essa Cornice diverse Immagini, e

     Serafini; all’intorno guarnita da grossi topazzi, grosse pietre di color d’acqua

     marina, granate, e turchina; al di sopra nel mezzo ha un’Arme che

     rappresenta una Croce con lettere ai lati, R; S: N: con testa di S. Gio.

     Battista a’ piedi,  e 6 Palle, la prima è di lapislazzolo orientale, 4 sono di

     granate grezzi, e l’altra appiedi di cristallo faccettato, e tinto rosso; fu donata

     dalla Compagnia della Misericordia di Livorno nel 1647.

Un Calice, e Patena d’oro, ornato con teste di Cherubini in basso rilievo, e nel

     piede tre statuette rappresentanti la Ss.Vergine assisa sopra la S. Casa, col

     Bambino in braccio, S. Giuseppe, e S. Gio. Battista, e sottopiede in lastra

     d’oro riportata e intagliata l’Arme di D. Enrica Caraccioli Principessa di

     Ardore di cui è dono, di peso di libbre 5, oncia una, e mezza nel 1733.

Un Ostensorio grande d’argento quasi tutto dorato, ed in parte contornato di

     lastra d’argento lavorata a fogliami di basso rilievo; contornato di 24 pietre

     verdi, e nel mezzo due cristalli grandi di monte, con Angioletti di getto

     all’intorno, e due dentro che sostengono la lunetta, ed altri 2 Angioli grandi

     appiedi genuflessi, che servono di sostegno: dono dell’Ecc.mo Raniero Zeno

     Ambasciadore Venez. nel 1621.

Altro Calice, e Patena d’argento dorato smaltato a colori varj, contornato di 356

     granate sardoniche ligate in oro; dono di pia Persona.

Altro Calice, e Patena d’oro smaltato a più colori, all’intorno guarnito de 35

     diamanti di fondo, e 69 rubini: donato dall’Imperatore Ferdinando II.

Una Pisside d’oro intagliata a basso rilievo di singolar lavoro, rappresentante un

     Mappamondo con tutta la descrizione del Zodiaco, che posa sopra la testa di

     un Angiolo sostenuto in piedi da base di nubi con varie teste di Cherubini; il

     tutto di argento di getto dorato: dono di D. Rodrigo Antonio Guimareus della

     Città di Porto in Portogallo nel 1791.

Un Ostensorio Ambrosiano di cristal di monte con dentro una lunetta guernita di granate sardoniche, sostenuta da due Angioletti d’argento di getto dorato, e fra

     mezzo di essi pende un grosso topazzo obbligato a giorno, ed altro simile

     incassato  a capo del coperchio; all’intorno è ugualmente ornato di altre

     granate quadre sardoniche ligate in argento dorato, con base dello stesso

     metallo: dono della duchessa Savelli Romana.

Un Calice, e Patena d’oro con varie figure di alto e basso rilievo. Appiedi di

     esso sonovi tre statuette che rappresentano le tre teologali virtù: fu un dono

     di Clemente XIII Rezzonico, li lib. 8, onc, 7, e 6 ott.

Una Custodia, ossia Pisside con coperchio di cristal di monte, ligato in oro

     smaltato a varj colori, contornato di 4 diamanti, 4 rubini, e 4 perle; ed a capo

     un Angioletto d’oro con giglio composto di 5 diamanti: La Coppa poi è di

     lapislazzolo orientale, con coperchio in manico d’oro smaltato a colori

     diversi, varie figurine  smaltate bianche, e festoncini d’intorno, con 4

     diamanti, 4 rubini, e 6 perle, con base di diaspro orientale, il cerchio, e li tre

     piedi parimenti d’oro smaltato a più colori in forma di Satiretti, similmente

     smaltati bianchi, con 4 diamanti, 4 rubini, e 4 perle, e sotto la detta base è

     posto in lastra d’oro il seguente motto: Ut quae tuae prole tuae Mundum

     beasti == Et Regnum, et Regem prole beate velis == Henricus III Francorum

     et Poloniae Rex Christianissimus MDLXXXIV.

Un pezzo di miniera d’argento che al naturale forma un Cagnolino, tal quale è

     stato trovato nella miniera: mandato da una Signora del Messico del 1769.

Un Tavolinetto d’argento in parte dorato, il di cui piano viene formato da un

     grosso topazzo ligato a giorno, ed un altro di minor grossezza pendente

     appiedi; contornato di 27 smeraldi parte all’intorno, e parte a goccia: Dal suo

     contorno spunta una rama di argento smaltato verde con 5 smeraldi cadenti

     a pioggia sopra un Cocchio tirato da Cavalli, con dentro una figurina, ed altre

     picciol d’intorno, il tutto di Corallo: dono di Francesco Pagani Spagnuolo nel

     1771.

Una Metà, ossia Fondo di Conchiglia, con 3 perle attaccate, una delle quali è

     alquanto grossa: donata dal Nobil Gio. Battista Pecorini Veneziano.

Un gioiello d’oro di getto smaltato a vari colori, con sua catenella ornata di 6  

     rubini, fatto a mezza luna guernita di 6 smeraldi, due altri grossi a’ lati di

     esso, ed altro simile appiedi con  3 grosse perle; nel mezzo voi sonovi 8 otto

     rubini, e varie figurine all’intorno di basso rilievo. Altro gioiello d’oro di getto

     smaltato a diversi colori, rappresentante la resurrezione con il Salvatore in

     mezzo circondato da un arco, in cui sonovi 6 diamanti, 10 rubini, 2 smeraldi,

     2 perle a’ lati, ed una appiedi. Un Cappio d’oro smaltato nero, ornato da 4

     diamanti, 4 rubini, 4 perle a’ lati, e un rubino basso, ossia giacinto in mezzo.

     Altro simile contornato di 8 rubini, 4 perle a’ lati, ed un grosso smeraldo in

     mezzo. Un giojello d’oro smaltato a più colori, rappresentante nel mezzo

     Gallo ornato di rubini, smeraldi, e perle. Una Pietra a Cameo, con figura che

     abbraccia una Croce, contornata di oro smaltato con due figurine, e teste di

     Cherubini. Altri quattro piccioli giojelli d’oro smaltato a diversi colori, con

     varie gioje. Sedici rosette d’oro di getto smaltato a varj colori tutte guernite di

     perle, ed altre 7 con diamanti, e turchino, ed una Lingua d’oro, e sua

     catenella dello stesso metallo, con 3 rubini della A. A. R. R. Della gran

     arciduchessa di Toscana M. Maddalena d’Austria: il tutto è suo dono.

Da due catenelle, e festoncino a rosetta d’oro, pende un Drago dello stesso

     metallo tutto di getto smaltato a più colori, guernito viene da 32 diamanti, 22

     rubini, 28 smeraldi, ed una grossa perla tonda a piedi; dono di un Duca di

     Baviera.

Un Nettuno d’oro di getto coronato di frondi smaltate verdì, guernito di diamanti,

     col Tridente nella destra, e Scudo d’oro alla sinistra, che ha in mezzo una

     grossa perla a sedere, con sopra un diamante, con banda, e manto smaltato

     rosso, stando con il ginocchio sinistro sopra una testudine e al di sopra è

     formata da una grossa perla ovata a sedere, e il rimanente d’oro smaltato

     verde, ed il piede destro fra mezzo a due Delfini che restano al di sotto

     similmente d’oro smaltato bianco, ed alquanto rosso, imbrigliati a doppio filo

     d’oro con madreperla a’ loro lati, e in testa hanno un diamante per ciascuno:

     dono di una Principessa incognita Napolitana del 1717.

Un Vaso, ossia Bronzino d’argento dorato, ornato di 23 intarsiature di

     lapislazzoli, con 57 riporti d’oro ingioiellata di 67 rubini; dono del Marchese 

     Olivares Spagnolo, sopra di esso posa un Pozzo d’oro smaltato a colori vari,

     sostenuto da 4 Palle di agata sardonica, nella base resta di Salvatore, col la 

     Samaritana,  all’intorno viene gueernito da amatiste, con l’iscrizione: Mulier

     da mihi bibere. Nella bocca di esso sonovi due Colonnette di Corniola, che

     sostengono una Corona, con due Secchj di Corniola ligati in oro, contornato

     viene ancora da 44 rubini, 12 turchine, e 92 perle; lo donò il cardinal

     Brancacci.

Un pezzo d’oro oro rozzo estratto dalle miniere del Brasile: fu donato da un

     ambasciatore straordinario di Portogallo nel 1716. Pesa oncie 10 ed

     un’ottava.

Una picciola Galera tutta di oro smaltato a più colori, guernita di 10 diamanti

     quadri, 2 grossi zaffiri bianchi quadri di fondo, posti l’uno per bandiera, e 6

     perle; dono della Principessa Maria Cristina di Mansfele.

Una grossa Pietra ovata di Belzuar, ligata in oro smaltato a vari colori, e

     contornata di 12 smeraldi tondi, grezzi: la portò il P. Alfonso Messia al Perù,

     di cui è dono.

NUMERO XXI.

Una Collana d’oro composta di 36 pezzi traforati, e smaltati bianchi, in neri,

     infilati in giro, i quali sono guerniti di 610 diamanti; donata dall’Elettore di

     Colonia il Bavaro.

Altra minor Collana d’oro composta di 36 pezzi smaltati a diversi colori, 19 di

     essi sono guerniti di amatiste, e gli altri di rubinetti, frammezzo dati da

     perline, e in mezzo vi è un picciolo giojello tondo smaltato, contornato di

     amatiste, e rubinetti: dono della Marchesa Negroni Imperiali di Genova.

Un Ordine d’oro smaltato bianco, nero, rosso, con 3 alamari, 2 nastri, o nodi

     passanti, una fiamma, e tofone appiedi tutto ornato di gioje, cioè, 386

     diamanti, 11 grossi smeraldi, ed altri 131 di minor grossezza, 48 rubini: dono

     del Duca di Madalona D, Domenico Caraffa del 1686.

Una Croce d’argento traforato, guernita di 7 grossi smeraldi quadri di color per

     effetto ligati in oro, con 40 diamanti quadri brillanti all’intorno; dono del

     Cardinale dì Altan Tedesco.

Una fermezza da maniglione d’oro smaltato bianco, nero, verde, con in mezzo

      un grosso smeraldo bislungo di perfettissimo colore, ed intorno guernita di

     14 diamanti tondi; dono della Duchessa Gaetani Romana del 1774.

Un’anello d’oro smaltato nero con un grosso smeraldo quadro in mezzo, e 3

     diamanti per ciascun lato; dono del Cardinale Mellini.

Una Croce d’argento traforato con sua attaccaglia di doppio anello con grosso

     filo d’oro, con 7 grossi smeraldi brillantati ligati in oro, e 18 diamanti ligati in

     argento parte nei raggi, e parte all’intorno di essa; dono di Monsignor

     Francesco Onofrio Hodierna Napolitano nel 1736.

Una Croce d’oro con  6 smeraldi disposti anch’essi in Croce, e contornata di 16

     diamanti, dono di Monsignor Paolucci già Vescovo di Ferrara, e il Nunzio

     Straordinario di Polonia nel 1698.

Altra Croce d’oro smaltato a varij colori, composta di 9 smeraldi, e 22 diamanti,

     3 de’ quali formano i 3 chiodi distribuiti in due bracci, e nel tronco; dono

     dell’Ab. Ettore Riccardi Toledano.

Altra croce d’oro di getto smaltato a colori diversi, al disotto una rosetta

     punteggiata bianca, con iscrizione: Virgini Lauretanae 1572. Alexander

     Riarius. Davanti è guarnita di 6 smeraldi, un rubinetto appiedi di essa

     Croce,e 7 perle, 4 delle quali restano fermate ai lati, e 3 pendono ai bracci, e

     nel piede.

Una Croce di argento traforato, pendente da un passante fatto a fiore, con un

     appio similmente d’argento, il tutto è contornato da 38 diamanti, e 20

     smeraldi ligati in oro. Un paio di pendenti d’argento traforato, ornati di

     diamanti, e smeraldi, ed un giojello bislungo pur d’argento traforato,

     tempestato di smeraldi, e diamanti; il tutto donato dalla Principessa di

     Castellaneta nel 1741.

Un’anello d’oro traforato nei lati, con un smeraldo quadro bislungo in mezzo,

     attorniato da 12 diamanti brillantati ligati in argento, dono di sua Eccell,

     Francesca Filingeri Duchessa di Piselli nel 1763.

Altro anello d’oro, ossia Rosetta traforata nei lati, e nel mezzo ha un grosso

     smeraldo ottangolare, contornato da 18 diamanti ligati in argento; dono della

     Principessa della Riccia Napolitana del 1774.

Un’Alamaro d’argento con una Rosa in mezzo, tutto guernito di 68 diamanti, e 9

     smeraldi: dono del Principe Dietrichstein.

Una Croce d’oro di getto smaltato a colori vari, con 7 smeraldi bislunghi, 2 perle

     pendenti ai lati, ed una appiedi. Un’anello con grosso castone d’oro

     smaltato, che ha in mezzo un grosso smeraldo: dono di un Duca di Baviera.

Una Croce d’oro ornata di smeraldi: donata dalla Co: Paravicini di Milano nel

     1688.

Altra Croce d’oro con pizzetto all’interno smaltato a più colori, ed a capo un

     Cappio d’oro traforato, il tutto ornato di 19 smeraldi; dono del Sig. Antonio

     Conti di Ferrara.

Altra Croce d’oro contornata di 12 smeraldi: dono di una pia Persona Polacca

Altra Croce d’oro di getto smaltato a varj colori, composta di 7 grossi smeraldi;

     dono di un Vescovo Polacco nel 1461.

Finalmente osserva si una grossa croce d’oro di getto smaltato a più colori,

     intagliata all’intorno a fogliami con vari uccelli, composta di 8 grossi smeraldi

     di Roccavecchia di forme diverse, e al di sopra un’Anello d’oro Episcopale,

     con un grosso smeraldo quadro bislungo pur grezzo ligato a giorno; dono del

     Card. Sfondrati Milanese Nipote di Gregorio XIV.

NUMERO XXII.

Un’Ostensorio d’argento dorato, guernito all’intorno di 130 diamanti, 14 rubini, e

     140 perle; lo donò. Ludovico Mercatelli Priore della Cattedrale di Jesi nel

     1737.

Un Calice d’argento dorato con Patena d’oro, all’intorno ornato di castoni, e

     fogliami d’oro smaltato a diversi colori, parte di essi e con zaffiri ottangolari

     bislunghi orientali, e parte con perle: dono di un Duca di Mantova.

Altro Calice e Patena d’argento con Coppa dorata, e Sottocoppa di lastra

     d’argento cesellato a fogliami, con 3 Cherubini: dono di benigna Persona.

Due Calici d’argento con Patene dorate: donati da pie Persone.

NUMERO XXIII.

Una Statua d’argento di getto rappresentante la Vergine col Bambino, con

     Corona di lastra d’argento in capo, Scettro dello stesso metallo nella destra,

     e nella sinistra il Bambino con Diadema in testa, tenendo un Globo del

     braccio sinistro, mezza Luna appiedi, ed  all’intorno è circondata da raggi

     parimenti di lastra d’argento dorato: fù donata dalla Città di Fossombrone nel

     1660, di peso libre 19, ed un’oncia.

NUMERO XXIV.

Una lampada con  3 catene, composte ognuna di 5 gigli, e 5 stelle d’oro di

     getto, guernito ogni giglio di 5 diamanti, ed i 7 rubini quadri ogni stella, le

     quali restano fermate in 3 rami di lastra pur d’oro terminanti ciascuno in una

     Stella di più raggi dello stesso metallo di getto, con in mezzo una grossa

     perla, i quali disposti a triangolo sostengono, ed abbracciano al di dentro una

     Corona Reale con raggi similmente d’oro traforato, smaltato a diversi colori,

     e sopra di essa Corona altra simile assai più piccola, che ha dentro un

     Lampadino di cristal di monte. Le descritte Corone sono all’intorno

     tempestate di preziose gemme, più, e nemmeno grosse, che restano

     gaiamente distribuiti in varie foggie, cioè: di 153 diamanti, 110 rubini, 281

     perle, 51 smeraldi, 17 o quali, 4 zaffiri,2 granate, e un giacinto orientale.

     Sotto puoi le medesime restavi annessa una Colomba d’oro di getto

     smaltato bianco, e negli occhi, e piedini smaltata di altri propri rispettivi

     colori, nel ne contiene un ramoscello d’olivo smaltato verde, nelle fronti è

     ornato di 8 smeraldi disposti a guisa d’olive, e in petto a un grosso smeraldo

     quadro bislungo intagliato colle Arme, e di iscrizione del principe D, Camillo

     Panfily Donatore, Nipote di Innocenzo X. Pesa libbre 11, e un’oncia.

Un Cerchio d’oro fatto a rosetta contornato di 18 rubini, pendono 3 catene dello

     stesso metallo unite ad un Cuore grande aperto di lamina d’oro tutto

     tempestato di diamanti, e rubini: dono del Serenissimo Duca Massimiliano

     Filippo di Baviera nel 1683.

La veste della S. Immagine di velluto paonazzo, ornata di 16 listre di 4 fiorami a

     tutto ricamo di perle tonde picciole, e grosse, di lustrini, filo, e francia d’oro 

     appiedi: dono della Principessa di Ragozzi di Transilvania.

Palliotto di teletta d’argento turchino tutto tempestato di perle tonde orientali,

     picciole,  mezzane, grosse, fascette, e mezze lune d’oro di getto smaltato

     bianco, ornati tutti di diamanti quadri, e triangolari, e fregio appiedi lavorato a

     fogliami similmente di perle tonde di varia grandezza, con rosette, e castoni

     d’oro di getto, pur smaltato bianco, guerniti di diamanti: donò I’Infanta di

     Spagna, Moglie dell’Arciduca Alberto.

 Una corona reale di lastra d’oro cesellata, composta di 8 raggi, 4 maggiori, e 4

      minori, al di sopra a un picciolo cerchietto d’oro di lastrina d’oro, contornato

     di 12 Stelle dello stesso metallo, all’intorno guernito di rubini, zaffiri bianchi

     quadri orientali, e perle donata dal cavaliere Wincislao Brizia di Trevigi nel

     1608.

Una Statuetta d’argento rappresentante la Ss.Vergine in piedi, col Bambino

     nella sinistra, e lo scettro dorato nella destra, con Corona in testa, e raggi

     all’intorno: dono di pia Persona.

 Una Fruttiera tutta d’argento di getto traforato, e tirato a rami, e ha foglie in

     parte dorato, ornata di 57 pittorine a minio più, e meno picciole ricoperte di

     cristallo. Nel mezzo vi è un picciolo Crocefisso, con la B. V. fregiata da un

     rubino in testa, e S. Giovanni da un smeraldo, a capo della Croce restavi un

     rubino quadro, e 8 diamanti distribuiti in essa. All’intorno viene guernita di 37

     smeraldi, e di 37 topazzi quadri; dono della Serenissima Duchessa di

     Modena nel 1721.

Una corona reale di lastra d’oro composta di 4 raggi, due maggiori, e 2  minori,

     ed all’intorno è contornata di diamanti: dono di Persona benigna.

Altra corona reale d’oro, con 12 raggi, e 6  de’ quali sono maggiori, e gli altri

     alquanto minori, guernita di diamanti, smeraldi, e perle, dono di Persona

     incognita.

Un Triregno d’argento in parte dorato, smaltato, con cCoce sopra di getto

     dorato, ornato di fogliami intagliati, guernito di smeraldi, topazzi bianchi,

     amatiste, e granate, e di una picciola Corona di lastra d’argento cesellata,

     contornata di varie pietre di colori varj: il tutto è dono della Confraternita di S.

     Maria della Purità di Bologna nel 1633.

Una Statuetta d’argento di getto in piedi, rappresentante S, Anatoglia, che ha

     nella destra la Palma del Martirio, e nella sinistra, la Pianta della Terra di tal

     nome, di cui mostra esser Voto stante la Iscrizione intagliata nel piedistallo

     dorato.

Un Bacile ovato d’argento dorato, guarnito di incassi alture di lapislazzoli

     orientali, con 48 riporti d’oro traforato, smaltato a colori varj, gioiellati di

     rubini, ed altri 8 riporti più piccioli, con un smeraldo per cadauno: dono del

     Marchese Olivares Spagnuolo.

Una Corona Reale di grossa lastra d’oro con fascia ornata di 5 castoni pur

     d’oro, traforati, e smaltati a più colori, nel castone di mezzo restavi un grosso

     rubino in quadro, e negli altri sonovi grossi smeraldi, e zaffiri turchini

     orientali: dono di Persona pia.

Altra Corona d’oro smaltato nero composta di 7 raggi, con intagli all’intorno

     della fascia, rappresentanti la Natività del Salvatore, con piccioli Cherubini

     d’oro di getto ripartiti in giro, nel mezzo ha una grossa granata ottangolare

     con iscrizione: Devota Comunitas Recaneti. In ciascuno di detti raggi vi è a

     capo un pometto smaltato turchino, e framezzati da 7 Angioletti in piedi

     similmente d’oro di getto, in atto di suonare il Violino, ed il settimo raggio ha

     una granata quadra bislunga di minor grossezza. Pesa libbra una, oncie 3,

     ottava una, e mezza. Appartiene alla suddetta altra minor Corona d’oro

     consistente in 3 raggi, ornata intorno di 2 grosse perle, e nel mezzo della

     fascia eravi la grossa Spinella la quale rimirasi al numero XXV,

La Machinetta di argento quasi tutto dorato, singolare travaglio che rappresenta

     una Lampada, a capo della quale vi è una Corona Reale guarnita di varie

     gioje intagliata di 8 raggi, che terminano tutti in un grosso giglio. Detta

     Corona viene sostenuta dalle teste di 3 Angioli di getto disposti a triangolo

     all’intorno fra le mani di essi, gira una picciola Collana guisa di festoncino

     comporta di diversi pezzi a somiglianza di gigli, Corone, e trofei, tempestata 

     pur di gioje, e da uno dei detti gigli pende una Croce di Malta smaltata in

     bianco, con lo spirito S. in mezzo formato di diamanti. I medesimi Angioli

     posano sul dorso di tre Leoni di getto dorato giacenti sopra base tonda pure

     d’argento dorato, e tra essi Leoni veggonsi disposte tre Armette coronate i

     rappresentanti ognuna un Leoncino in piedi. Tutte le suddette gioje più, e

     nemmeno grosse che ornano la solo riferita sono: 40 diamanti, 249 smeraldi,

     200 rubini, 66 perle, e 4 zaffiri: donata dal Principe Guido Vaìni Gran

     Maestro di Malta nel 1702.

Una Corona Reale d’oro composta di 16 raggi traforati, e smaltati bianchi, e

     neri, 8 di essi sono maggiori, e li altri assai minori, contornata di 304

     diamanti, e 38 rubini. Uno Scettro pur d’oro smaltato bianco, e nero, con 82

     diamanti, e 57 rubini; il tutto fù dono di Cristina Alessandra Regina di Svezia

     nel 1656.

Un Triregno d’oro smaltato a varj colori. Le 3 corone che il compongono sono

     ornate di 392 diamanti, con una picciola corona pur d’oro contornata di 96

     diamanti: dono dell’Infante di Savoia.

Due Corone Reali di lastra d’oro, una per l’Immagine della B.V., e l’altra pel

     Bambino, contornate vengono da perle tonde, e da 254 diamanti ligati in oro:

     dono di Catarina di Brandeburgo Principessa di Transilvania.

Una Corona Reale di lastra d’argento dorato intagliata a fiorami, ed altri varj

     lavori, ornata di 42 diamanti, 185 rubini, 56 smeraldi, 128 perle, e 8 topazzi:

     la donò il Senatore Ginnori di Firenze.

Altra Corona Reale di lastra d’oro, la maggior parte lavorata a fogliami, e fiori

     diversi in ismalto di varj colori, contornata di diamanti, rubini, e perle: donata

     da pia Persona.

Sotto la medesima sonovi annessi due fasce o siano Corone d’oro, una

     maggiore dell’altra, ornate da diamanti di fondo, smeraldi, rubini, e perle:

     donate dalla principessa Ragozzi di Transilvania.

Un Cuore grande d’oro aperto, da un lato del quale vi è il nome di Gesù formato

     di 40 grossi diamanti, e dall’altro il nome di Maria, composto di 38 diamanti

     più, e nemmeno grosse, all’intorno tempestato di altri 57 diamanti.

     Nell’interno stavano 3 miniature in ismalto, rappresentanti da una parte

     l’Effigie della B. V. col Bambino in braccio, e dall’altra quella di Enrica Maria

     Regina d’Inghilterra moglie di Carlo I, di cui è dono, tenendo nella destra un

     Cuore in atto di offerirlo al Bambino Gesù, che presentemente restano negli

     esterni di esso cuore. Pesa libbre 3, oncie 3,  e 3 ottave,

Un Alamaro, ossia Razionale ornato da quantità di diamanti, e smeraldi, nel

     mezzo ha un Pellicano che nutrisce i suoi Polli, con un grosso rubino in

     petto, e nei lati di esso fiammeggiano altri 10 piccioli rubini: dono della

     Principessa d’Uceda Spagnola nel 1712.

Un picciolo Uffiziolo della B.V. racchiuso in copertina d’oro traforato, smaltato a

     basso rilievo di colori diversi da quelle parti, e guernito de 109 diamanti;

     dono di un Benefattore Spagnuolo nel 1713.

Un picciolo Cuore d’oro smaltato rosso che ha in mezzo un grosso rubino in

     quadro balasso, con 9 diamanti quadri all’intorno ligati in argento; dono

     d’incognita Persona.

Un giojello grande d’oro smaltato a più colori, nel mezzo ha un smeraldo grande

     in forma di Ape, circondato da 14 perle, al di sopra una Corona con 3

     diamanti, e 2 rubini, contornato di 95 smeraldi, e 7 diamanti, ed appiedi un

     grosso medaglione pur d’oro, con l’Effigie del Principe D.  Masseo Barberini

     da una parte, e dall’altra un Sole nascente dal mare, fù dono del detto

     Principe.

Una Collana composta di 32 pezzi piani d’oro traforati, elaborati alla Chinese, e

     di altri 16 pezzi d’argento traforati a fogliami di basso rilievo, guernita di 303

     diamanti piccioli, con Medaglia d’oro ovata appiedi di filograna d’oro, e di un

     Semibusto della B. V. d’oro di getto da una parte, e S. Francesco di Sales

     dall’altra: fù donata dal Principe Elettorale di Sassonia fratello di D. Maria

     Amalia Regina di Napoli, il quale fù in Loreto l’anno 1738.

Un Cuore di lastra d’argento dorato, ornato da 2 palme incrociate, guernite di 24

     diamanti, con una Corona che le abbraccia, contornata da 9 diamanti, sotto

     di esse vi è una rosetta con un grosso rubino quadro bislungo, e di una

     fascia pur d’argento dorato: dono di Pia Persona.

Tre paja di Pendenti d’oro traforato, un pajo guarnito di amatiste, altro pajo di

     smeraldi, uno de’ quali grosso appiedi a goccia, e l’altro di cristallo cedrino di

     monte, con grossa goccia di simil cristallo: furono donate dal P. Davia della

     Compagnia di Gesù.

Un grosso topazzo che credessi orientaleligato in oro: fù  donato dal Sig. Conte

     Pilza.

Una Croce da petto con suo Cappio d’argento traforato e dorato, contornata da

     un grosso diamante quadro di fondo in mezzo, ed altri 14 fra grossi, e piccioli

     intorno: dono di Persona incognita.

Un grosso gioiello in forma di Rosa d’oro smaltato rosso, con fronde verdi,

     guernito di un grosso rubino nel mezzo, ed altre 56 più, e meno grossi

     intorno; dono di benigna Persona.

Un Cuore d’oro aperto smaltato bianco, e nero, ed entrambe le parti tempestato

      di varj rubini; dono del Co: Fonsalita Governatore di Milano.

Un giojello tondo d’oro smaltato a diversi colori traforato all’intorno, e nel mezzo

     evvi un grosso occhio di Gatto orientale bislungo, contornato di 12 rubini

     quadri, 12 diamanti di mezzana grossezza, e smeraldi quadri bislunghi; dono

     i un Palatino polacco nel 1499,

Un gioiello grande in forma di Cuore d’arg. dor. al di sopra guernito da 2 Cristalli

     di rilievo in foglia rossa, rappresentanti in uno il Salvatore, e nell’altro la Vergine, appiedi altro Cristallo cedrino bislungo ottangolare coronato di 13

     diamanti, 12 topazii, 22 turchine di roccavecchia, e 10 granate sardoniche.

     Un’anello d’oro contornato di diamanti con grossa turchina; dono della

     Principessa di Rosano Napolit.

Un picciolo Quadretto ovato di diaspro orientale dipintovi Sant’Antonio col

     Bambino avanti, con cornice d’oro traforato, smaltato bianco, e turchino, con

     suo cappio pur d’oro smaltato a più colori, il tutto contornato da 26 rubini

     quadri diversi; dono del Marchese Pizzini Napolitano.

Una Croce da Cavalieri di S. Stefano, con in mezzo un grosso topazzo, ornata

     di 9 diamanti,  4 granate che formano la detta Croce, con un Ungaro doppio

     appiedi, ed una perla a goccia: dono del Principe Piccolomini d’Aragona nel

     1720.

Un’Ala, ossia Pennacchio d’oro quasi tutto traforato, smaltato a varj colori,

     tempestato dal 108 diamanti: dono di pia Persona.

Un gioiello d’oro traforato a 2 ordini smaltato a più colori, nel mezzo ha una

     Colomba volante smaltata bianca, nel ne becco tiene un ramo smaltato

     verde, ed è guernito di 7 rubini, e 3 perle pendenti a goccia: dono d’incognita

     Persona.

Un Orologio ovato d’oro, con 2 attaccaglie, e chiavetta d’oro intagliato a fiorami,

     circondato da 10 diamanti ligati in argento; dono di Persona pia.

Un gioiello pendente da una Corona, d’argento traforato in forma di Cuore

     frezzato, che ha nel mezzo una lastrina tonda d’oro smaltato a varj colori,

     rappresentante una Croce di S. Giacomo, tutto ornato di diamanti, e

     smeraldi diversi, la donò il Marchese di Arigliano nel 1738.

Un Cuore d’oro con fascia d’argento traforata, e fregiata col Nome di Maria, con

     31 diamanti sparsi nella fascia e Nome; dono di benigna Persona.

Un’Aquila a 2 teste coronata d’oro di getto, tempestata di 321 perle, e 333

     rubini; la donò il Marchese del Vasto Spagnuolo.

Un Fiore, ossia Ramo con suo fusto d’argento dorato composto di 22 tremolanti

     dello stesso metallo, fregiati da 68 diamanti, e 18 perle: lo donò la

     Contestabilessa Olimpia Pamphily Colonna nel 1704.

Una Perla bislunga assai grossa ligata in oro smaltato nero, che ha da un lato

     Serpe pur d’oro smaltato verde: donata dal conte Marino Ondeder Pesarese

     nel 1688.

Un picciolo Drago d’oro variamente smaltato, col ventre composto di una

     grossa perla, con 3  picciole catenelle d’oro da cui pende: dono di pia

     Persona.

Un grosso Cameo ovato di agata sardonica orientale, che nel fondo è di color

     zaffirino, rappresentante la Dea Pallade ligato in argento, in addietro creduto

     Giulio Cesare: la donò la Contessa Anna Catarina di Baviera.

Altro Cameo alquanto minore ovato di pietra sardonica in campo oscuro ligato

     in argento dorato, con semibusto a basso rilievo che rappresenta Filippo II

     Re delle Spagne; lo donò la Principessa D. Margherita Pio di Savoia nel

     1726.

Una Coce d’oro da petto con 38 perle; lo donò il Sig. Antonio Perinetti di

     Piacenza.

Due Razionali d’argento dorato con 3 grossi bottoni per ciascuno formati di

     perle in giro, e nella sommità di essi restavi una grossa perla; donati, uno dal

     Cardinale d’Urbino, e l’altro dal Cardinale del Carpio ambedue Protettori

     della S. Casa.

Un vezzo di 31 perle concatenate in altrettante Rosette d’oro smaltato bianco, e

     nero; lo donò la Sig. Lanti Veneta.

Un filo di 172 perle tonde formante 2 colli; lo donò un’incognita Persona.

Altro filo di 45 perle orientali, con 2 anelletti d’oro; dono d’occulta Persona.

Altro filo di perle orientali, donato da pia Persona.

Altro filo di 47 perle orientali perfettamente tonde. Un paio di pendenti piccioli

     d’argento con un diamante tondo, attaccaglia con diamanti e, e una perla a

     goccia; donollo il Cavaliere Antonfrancesco Bojardi Ferrarese nel 1717.

Un vezzo di 2 fili di perle tonde; lo donò del Sig. Filippo Cardirola di Sulmona

     nel 1742

Due Boccole d’oro con grossa perla nel mezzo, e una a goccia; le donò una

     divota Persona del 1749.

Un collo di 5 fili di perle tonde, lo dono del Sig. Agostino Marioni Veronese nel

     1710.

Altro collo di 2 fili di 148 perle tonde orientali, con 2 anelletti: lo donò una

     benigna Persona.

Altro collo di 62 perle tonde orientali; donollo D. Girolamo de Artegna e Bazza

     dell’Indie nel 1704.

Altro collo di 4 fili di perle orientali tonde: lo donò la Contessa Felice Costanza

     Giurichini Sentinelli Pesarese nel 1731.

Altro collo di 30 perle orientali: dono del nobile Giorgio Pisani Veneto.

Altro collo di 45 perle tonde orientali: lo donò la Sig. Cecilia Sanguinaccio di

     Pesaro nel 1734.

Nastro formato di lastra d’oro tutto ornato di perle, pende da esso un giojello

     tondo d’oro traforato, composto a 2 ordini, da una parte a una picciola

     immagine della V., dall’altra quella di S. Teresa, contornato di alquante

     rosette parimenti di perle: lo donò la Contessa Chiazza Napolitana.

Una grossa perla orientali a goccia ligata in oro, e con picciola Crocetta a capo:

     donata da pia Persona.

Due Boccole d’oro con grossa perla nel mezzo, e altra maggiore a goccia;

     donolle la Co. Di Verva.

Un vezzo, ossia filo di 55 perle orientali, tutte di conto: lo donò la Co. Pini di

     Pisa nel 1765.

Una gioja da petto composta tutta di perle eguali, con alcune più grossa in

     lastra d’oro: la donò la Sig. Aloisia Corsi della Città di Penna nel 1760.

Un nastro formato di foglie d’oro con 62 diamanti, e 108 perle orientali tonde;

     donollo la Marchesa di Zoffrano.

Altro nastro d’oro traforato al di sopra, tutto ornato di perle a guisa di rosette:

     dono del Sig. D. Gio: Errera Consigliere in S. Chiara di Napoli.

Cappio di lastra d’oro smaltato bianco, e nero, tempestato di rubini, e perle:

     dono della Sig. Catarina Centoventi.

Un’Alamaro di argento traforato a fogliami di basso rilievo, guarnito di 24

     diamanti, con grossa perla bislunga nel mezzo, e 2 altre minori ai lati: dono

     della Principessa della Torrella.

Un giojello d’oro smaltato bianco, nero, e rosso, contornato di 5 grosse perle

     disposte a guisa di Croce, e nelle parti sonovi 4 grossi diamanti, con altri 12,

     più piccioli che fregiano dette perle: lo donò una Persona incognita.

Un picciolo nastro di argento traforato ornato di diamanti, col perla a goccia:

     dono d’occulta Persona.

Un collo, ossia Vezzo consistente 35 pezzi d’oro smaltato nero, 17 de’ quali

     sono in forma di rosette, con grossa perla a sedere nel mezzo di ciascun

     pezzo circondato da 2 ordini di perline tonde, e gli altri sono a guisa di

     nastrini, guerniti a seconda dei medesimi predetti pezzi. Un’alamaro ovato

     da petto d’oro, tempestato di perle, che formano alquante rosette; donollo la

     Sig. Teresa Paolini da Santobuono nel 1711.

Un Fiore di perle fatto a Farfalla, che ornava  un cappio di gallone d’oro,

     presentato con un Cuore dalle RR Monache di Torre di Specchj di Roma

     descritto al N. I.

Otto Fiori di lastra d’oro traforato contornati di perle, in 4 di essi sopra Castone

     d’oro sonovi 4 diamanti, e negli altri 4 parimenti sopra egual Castone 4

     rubini: dono di pia Persona.

NUMERO XXV

Un’Aquila con 2 teste sotto corona imperiale, e picciolo Tofone appiedi il tutto

     d’oro di getto smaltato a più colori, ricoperta di 398 diamanti, 37 de’ quali

     sono grossi, con uno assai grande nel mezzo: donolla l’Imperatrice Maria

     Madre dell’imperatore Leopoldo I.

Una Collana d’oro traforato e smaltato a diversi colori, composta di 42 pezzi in

     piano concatenati con 2 anelletti pure d’oro, di alcuni di essi formati sono a

     Cifra, altri a Stella, ed altri a guisa di festoncini, contornata da 21 diamanti, e

     21 rubini: dono d’incognita Persona.

Un Centiglio d’oro dal cappello smaltato nero, composto di pezzi 41 traforati e

     arabeschi, in ciascun lato di esso vi è un cerchietto pur d’oro, liscio,

     contornato tutto di 125 diamanti: dono di un Duca di Baviera.

Una gargantiglia d’oro composta di 35 pezzi, ornata da 373 diamanti: donolla D. 

     io: battista borghesi Principe di Solmona.

Un’Anello d’oro smaltato nero, con grosso Castone pur d’oro, e in mezzo un

     grosso diamante di fondo di peso grani 72: dono del Duca Carlo Doria.

Altro anello d’oro lavorato nel cerchio a basso rilievo, con grosso diamante

     brillantato tondo nel mezzo color di paglia, contornato di 36 diamantini

     brillanti ligati in argento: dono del Principe D. Girolamo Giustiniani di Roma

     nel 1717.

Altro anello d’oro con in mezzo un grosso brillante di acqua perfetta, ornato di

     18 brillantini, fù lasciato in dono da Monsig. Giancarlo Molinari morto Nunzio

     postolico in Bruxelles nel 1764.

Altro anello d’oro smaltato verde, e turchino, con grosso diamante gruppito

     quasi d’acqua cristallina legato in argento; donollo il Co: D. Francesco

     Lichstein Canonico della Metropolitana di Salisburgo nel 1746.

Altro anello d’oro variamente smaltato con grosso diamante tondo brillantato di

     fondo color paglia: lo donò una benigna Persona.

Altro anello d’oro che ha in mezzo un grosso diamante quadro di fondo, ornato

     da 20 quadri diamantini pur di fondo, con altri 19 simili posti in giro del

     cerchio: dono di Casimiro Re di Polonia.

Altro anello d’oro smaltato a vari colori, traforato nei lati, guernito di un grosso

     topazio giallo, orientale  ottangolare bislungo: dono del Cardin. Ruspoli nel

    1741.

Altro anello d’oro e castone di argento con grosso diamante in mezzo, e 12

     minori ne’ 4 lati: donollo il conte Stanislao Potoski Polacco.

Altro anello d’oro fatto a quadrello guarnito di 14 diamanti, con uno grosso nel

     mezzo: fu dono d’una Persona pia nel 1748.

Altro anello d’oro fatto a rosetta con grosso diamante nel mezzo attorniato da

     12 piccioli tutti brillantati: dono della Compagnìa del Ss. Sacramento di

     Castel S. Pietro di Bologna.

Altro anello d’oro con diamante grosso ligato a giorno: dono di divota Persona.

Altro anello d’oro con diamante quadro di fondo bislungo; dono del Card.

     Spinola detto S. Cecilia.

Altro anello d’oro intagliato e traforato nei lati con un grosso diamante brillantato

     tondo legato in argento; dono della Sig. Chiara Cauzzi Maggi di Cremona nel 1758.

Altro anello d’oro con un bello, e grosso brillante di acqua perfettissima; dono

     del Sig. Co: Ippolito Turconi di Milano nel 1768.

Altro anello d’oro intagliato con un diamante brillantato quadro lig. In argento:

     dono di persona incognita nel 1747.

Altro anello d’oro intagliato nei lati con un grosso brillante di fondo di taglio

     quasi ovale; dono di occulta Persona.

Altro anello d’oro intagliato, e traforato nei lati con grosso diamante tondo

     brillantato ligato in argento: dono della Regina di Napoli che fu in Loreto

     l’anno 1728.

Altro anello d’oro con in mezzo un ritratto in miniatura contornato di 26

     brillantini; dono del conte di Merod marchese di Degniè.

Altro anello d’oro intagliato, con grosso brillante nel mezzo, attorniato da 12

     diamantini brillantati, con altro contorno di 13 diamanti brillantati; donollo il

     barone D. Giuseppe Cetti da Chieti nel 1788.

Altro anello d’oro smaltato a vari colori con in mezzo un grosso diamante ovato

     bislungo, 62 altri diamanti minori triangolari distribuiti per parte: lo donò il

     Marchese Mancinfotte di Ancona.

Altro anello d’oro fatto a Rosetta, ornato di un grosso brillante in mezzo, e

     contornato da 12 brillanti: donollo una occulta Persona.

Altro anello d’oro con grosso diamante di taglio ovale ligato in argento; dono

     della Sig. Marchesa Silvia Imperiali Negroni di Genova.

Altro anello d’oro a quadriglia con 9 diamanti ligati in argento: lo donò la Sig.

     Marianna  Bresciani Zanettini nel 1770.

Altro anello d’oro di ismalto bianco, e verde, con un grosso diamante a guisa di

     cuore ligato in castone d’oro, attorniato da smalto nero a fogliami di basso

     rilievo: dono del Marchese di Vitry.

Altro anello d’oro intagliato, e fatto a Rosetta, che ha in mezzo un rubino quasi

     tondo brillantato, col 2 contorni di diamantini brillantati ligati in argento: dono

     di D. Marianna Montalto Principessa di Arianella nel 1754.

Altro anello d’oro con grosso zaffiro orientale bislungo nel mezzo, e 6 diamanti,

     3 per lato; dono della Sig. Paola Lercari Spinola Genovese nel 1669.

Altro anello d’oro traforato nei lati, con un rubino in mezzo contornato di 14

     brillanti, e 6 più piccioli ripartiti 3 per lato: dono del Sig. Giuseppe Piatti

     Veneto nel 1768.

Altro anello d’oro con grosso zaffiro ottangolare nel mezzo, ornato di 22 brillanti

     ligati in argento: lo donò il Cardinal Serbelloni nel 1776 unito ad una Croce di

     6 zaffiri attorniata di 152 brillanti, che osservati indosso alla Ss.Statua già

     descritta alla pagina 43.

Altro anello d’oro detto Mariaggie con un grosso rubino, e di un brillante

     uniforme, guarnito di 20 diamanti brillantati, al lato del rubino vi è un brillante

     mezzano, e all’altro un rubino eguale. Al di sopra esiste una Coroncina con 2

     diamanti brillantati, e sotto il detto Mariaggie altro brillante: lo donò la

     Marchesa Patrizi Romana del 1773.

Altro anello d’oro con grosso zaffiro ovato nel mezzo, e 18 piccioli diamanti

     d’intorno: dono del Card. Pico della Mirandola.

Altro anello d’oro alquanto intagliato con un rubino triangolare in mezzo, ornato

     di brillanti: donollo il Cardinal Salviati.

Altro anello d’oro con in mezzo un grosso zaffiro ottangolare bislungo, guernito

     di diamanti: lo donò un Duca di Parma.

Altro anello d’oro intagliato, e traforato nei lati con in mezzo un topazio del

     Brasile, assomigliante ad un rubino, ligato in oro, circondato da 14 diamanti

     brillantati ligati in argento, con questo si distinse M. Amalia Arciduchessa

     d’Austria Duchessa di Parma, che fù in Loreto l’anno 1780.

Altro anello d’oro con grosso zaffiro ottangolare nel mezzo e 10 diamanti

     all’intorno: lo donò il cardinal Portocarrero.

Altro anello d’oro con un rubino quadro, e 18 all’intorno: dono di Persona

     incognita.

Altro anello d’oro con in mezzo un zaffiro, contornato di 14 brillanti: dono di Pia

     Persona.

Altro anello d’oro fatto a rosetta, intagliato, e traforato, con in mezzo un grosso

     rubino, e 14 diamanti intorno  ligati in argento: donollo il Marchese Giacomo

     Brignoli di Genova nel 1770.

Altro anello d’oro alquanto intagliato, e traforato nei lati, con in mezzo un grosso

     zaffiro ottangolare attorniato da 29 diamantini brillantati ligati in argento:

     dono della Marchesa Teresa Cambiasi di Genova nel 1777.

Altro anello d’oro fatto a rosetta con in mezzo un grosso rubino contornato da

     13 brillanti: lo donò la Duchessa Maria di Casoli nata Principessa d’Angri

     Doria di Napoli nel 1790.

Altro anello d’oro con grosso diamante nel mezzo di color paglia, e 2 piccioli

     rubini uno per lato; lo dono un’occulta Persona.

Altro anello d’oro con grosso diamante quadro di fondo di peso grani 20: dono

     del Sig. Benedetto, e Veronica Coniugi Delfini Veneti.

Altro anello d’oro fatto a Rosetta intagliato, con in mezzo un diamante

     brillantato, ornato di 12 diamanti, ed altri 4 piccioli posti 2 per lato, tutti ligati

     in argento: donollo il Canonico Quarantotto di Roma nel 1743.

Un vezzo, ossia Collana guernita di 80 diamanti brillantati gradatamente ordinati

     d’ambe le parti, e nel mezzo di essa pende una Croce d’argento dorato,

     contornata di 24 diamanti quadri pur brillantati: dono della Principessa Pio di

     Ferrara.

Una Croce d’oro composta di 5 grossi diamanti bislunghi di fondo, attorniata di

     4 diamanti quadri di fondo disposti parte nei raggi, ed alquanti nell’estremità

     di detta Croce; donollo il Cardinal Ghigi nel 1654 che fu poi Pontefice

     nomato Alessandro VII.

Un giojello d’oro di getto traforato, composto a 2 ordini, il primo forma un Circolo

     perfetto smaltato turchino, ornato di 23 diamanti quadri, col suo Cappietto

     variamente smaltato, con in mezzo un grosso diamante quadro di fondo, ed

     il secondo a guisa di Stella, con 6 piccoli raggi d’oro smaltato rosso, e

     guernita di 30 diamanti ripartiti nei raggi; donollo una benigna Persona.

Altro gioiello ligato in argento dorato con 21 diamanti ligati in argento, e nel

     mezzo di esso sotto cristallo si vede l’immagine di S. Gio. Nepomuceno in

     ismalto; lo donò un Cavaliere Alemanno.

Una Croce di Malta d’oro ornata di 5 brillanti, ed altri 5 minori nell’attaccaglia:

     donata dal Commendatore Spada di Bologna nel 1707.

Una grossa spinella quadra bislunga ligata in oro a guisa di giojello in ismalto a

     più colori, che esisteva nella corona d’oro già descritta al N, XXIV.

Un’anello d’oro con grosso diamante cedolino quadro nel mezzo, con altri 11

     intorno; dono della contessa Susanna Polissena di Martinez, nata Contessa

     Dietrichstein.

Altro anello d’oro con grosso diamante nel mezzo, ed altri 14 minori intorno:

     dono del Sig. Francesco Paravicini.

Altro anello d’oro fatto a spighetta, con 8 diamanti: dono del marchese di

     Nulech d’Anversa.

Altro anello d’oro con grosso diamante quadro di fondo: lo donò il Marchese

     agrati Milanese.

Altro anello d’oro con grosso diamante quadro: dono della Sig. Maddalena

     Pezzi Bolognese.

Altro anello d’oro che ha in mezzo una Rosetta, composta di 4 diamanti quadri

     di fondo, e 3 altri più ricciolie’ lati che formano una spighetta: lo donò la Sig.

     Angela Salicola Bolognese.

Altro anello d’oro a spighetta con 2 diamanti quadri nel mezzo,4 minori intorno a

     triangolo, e 2 altri, uno per lato: donollo Monsignor Arcivescovo Presmiglia

     Polacco.

Altro anello d’oro con un diamante in mezzo, e 12 altri intorno: donollo il signor

     Silvestro Basis Bergamasco.

Altro anello d’oro con 9 diamanti di fondo, che formano un quadro, essendo

     minori quelli all’intorno: lo donò il Marchese Avoli.

Altro anello d’oro che ha in mezzo un grosso diamante tondo gruppito, ed altri 6

     minori quelli all’intorno: dono del Duca Moles.

Altro anello d’oro con grosso diamante nel mezzo, e 3 minori per lato; lo donò il 

     ardinal Altieri.

Altro anello d’oro tutto smaltato a vari colori di basso rilievo, con grosso

     diamante quadro di fondo:  lo donò l’Ab.  Udratico de Grasci Bavarese.

Altro anello d’oro lavorato a basso rilievo, con grosso diamante quadro di fondo

     nel mezzo quasi cedrino, ornato nei lati da altri diamanti;donollo il Duca di S.

     Pietro.

Altro anello d’oro con diamante di fondo giallo: donollo il Cardinal Sacchetti.

Una Croce d’oro intagliata, e smaltata nero, con 5 grossi diamanti o parti di

     fondo color rosa; fu donata dal cardinale Pignatelli, in occasione che

     ricevette in Loreto la Berretta Cardinalizia nell’anno 1688 quale innalzato alla   

     Pontificia Dignità nomossi Innocenzo XII.

NUMERO XXVI

Un Ostensorio d’argento di getto dorato, nei cui raggi sonovi 8 riporti d’oro, 4 in

     forma di grossi castoni tondi, uno de’ quali smaltato bianco, e nero, che resta

     a capo un grosso smeraldo quadro fascettato, con altri 4 mezzani distribuiti

     all’intorno, e 2 altri hanno un grosso rubino grezzo posti uno per lato, nel

     quarto puoi che resta appiedi, vi è una grossa amatista ovata. Gli altri 4

     riporti sono in forma di Gelsomino con frondi smaltate verdi. Nella Lunetta

     vedonsi 2 grossi zaffiri orientali, e al di sopra una picciola Crocetta con

     diamanti, il tutto da 106 diamanti tempestato, e 20 rubini quadri mezz. Il

     descritto Ostensorio vien sostenuto dalla testa di un Angiolo in piedi, il quale

     tiene in ambe le mani elevate 2 grossi smeraldi bislunghi grezzi, avendo

     nella cima in il sinistro di essi una picciola Corona reale d’oro ornata di

     diamanti, e nel destro un picciolo scettro guarnito pur di diamanti. Al collo, al

     petto, e alla cinta restanvi infilate 51 perle tonde, e sotto il collo un bottone

     che ha nel mezzo una grossa perla, attorniata da 12 diamanti di fondo. Esso

     Angiolo posa sopra una Nube che le serve di base, con in mezzo l’Arme

     Reale; donollo M Casimira Regina di Polonia, Moglie di Giovanni III

Un Calice, e Patena di argento dorato, centinato con lastra cesellata a fogliami,

      e fiori, con 3 grossi riporti ovati di getto attorno alla Sottocoppa, e 3 altri

     simili intorno al piede, tutti smaltati a figure, che rappresentano vari Misteri

     della Passione. Detto Calice è guarnito da 45 perle, 24 topazzi gialli, 25

Altro Calice, e Patena d’argento dorato di lastra cesellata a fogliami diversi, e

     Angioli che tengono ognuno uno strumento della éassione, con vari riporti

     ovati pur d’argento dorato, con dentro molte figure rappresentanti la Cena, il

     Salvatore in Croce, i Ss. Martiri, l’Annunziata, la Natività del Signore, e

     l’Assunta; lo donò una pia Persona.

Altro Calice d’oro con Patena d’argento dorato, contornato di vari fogliami, e

     fioretti a cesello, dono di Persona benigna.

Altro Calice, e Patena d’argento dorato; lo donò un’incognita persona.

NUMERO XXVII.

Un fanciullo in piedi, in atto di correre col suo piedestallo, il tutto d’argento di

     grosso oggetto di peso libre 20, e oncie 2: dono della Principessa D. Angiola

     Colonna Borghese.

NUMERO XXVIII.

Una veste della S. Immagine di damasco bianco, ricamata a fogliami, fiori d’oro,

     e coralli, contornata di Gallone d’oro; donolla il più volte nominato Principe di

     Avellino.

Un Vaso di grossa lastra d’argento dorato, con 2 Sottocoppe compagne con

     riporti d’oro ornati di varie gioie, accennate al N. XX.

Altro Vaso di lastra d’argento dorato, e cesellato con varie figure, a cui va unito

     al Bacile descritto al N. XII

Due vasetti di lastra d’argento ad uso di generazioni ognuno con suoi manichi,

     e nodo del piede di getto: donati da divota Persona.

Una Macchina in forma di Gabinetto composta di Ebano con la Pietà figurata

     nel mezzo, miniata e chiusa sotto cristallo, ornata di varie statuette

     rappresentanti Cherubini, e Angioletti diversi, tenendo ognuno un qualche

     Mistero della Passione, con ornamenti intorno d’argento di getto in parte

     dorato.Una Croce grande di Ebano filettata di argento con Crocifisso dorato,

     titolo, e 4 raggi d’argento di getto traforato, e vari Cherubini dorati. La

     suddetta croce viene elevata sopra piedestallo parimenti di ebano, e in cui

     sonovi diversi Angioli piccioli, e grandi, ciascuno a vent’uno Stromento della

     Passione.Ai lati vi sono due Statuette rappresentanti la Vergine Addolorata

     alla destra, e S. Giovanni alla sinistra il tutto dorato.Veggonsi alquanti

     Quadretti dipinti significanti  S. Veronica, la Flagellazione, la Coronazione di

     Spine, e il viaggio del Salvatore a Calvario. Miransi altre due Statuette e gli

     Evangelisti S. Giovanni, e S. Luca. La base del piedestallo è guarnita di

     diverse tasse alture di lastra d’argento dorato, e di 8 Cherubini. La base

     vien’eretta su dorso di 8 Leoni similmente dorati; il tutto è dono di Clemente

     VIII.

Un picciolo Quadretto con Cornice di foglia d’argento che contiene scritti a

     minutissimo carattere, e ristretti in 4 globi i 4 Passj, e in altri gruppi sono in

     mezzo nel Vangelo di S. Giovanni, In principio etc.; lo donò il Sig. Camillo

     Comini da Città Ducale.

Altro picciolo Quadretto di grossa lastra d’argento, incastrato in Cornice liscia

     d’argento dorato, ha nel mezzo un picciolo Quadretto arabescato con una Crocetta d’oro smaltato a varj colori, guernita di 10 diamanti ligato in oro: dono

     fatto da un grande di Transilvania.

Una Pace di argento dorato con guernimenti d’oro, nel di cui Frontispizio sonovi

     4 Colonnette smaltate turchino, e arabescate d’oro, tempestata all’intorno di

     rubini, e diamanti. Alla cima di essa vi è il Salvatore risuscitato con la

     Bandiera in mano ornata pur di rubini con 2  perle a’ lati del Salvatore. Nel

     mezzo di detta Pace vi è una Pietà intagliata in diaspora sanguigno con 2

     Camei d’agata orientale, incisi in basso rilievo, nel superiore resta vi

     l’adorazione de’ Magi, e nell’inferiore il famoso Giudizio di Salomone: fu

     donata dal Duca Carlo Emmanuele di Savoia.

Una Croce grande di Malta d’oro: dono del Co: Mario Floriani di Macerata.

Una Croce, con un pajo di Pendenti d’oro, il tutto guernito di rubini; dono di

     Antonia Ruggeri, e Domenico suo Marito Cocchiere del Duca di Madalona

     nel 1763.

Un Cuor d’oro liscio, con fiamma smaltata rosso a capo della quale sonovi 12

     diamantini brillantati, e 3 maggiori appiedi. All’intorno di esso Cuore vi è un 

     giro di 16 brillanti mezzani, e nel fondo altro maggiore, presentato in dono

     dal Cardinal Lanfredini Vescovo d’Osimo nel 1735.

Altro Cuor d’oro con Rosa in mezzo formata da 5 smeraldi, e 12 diamanti. Il giro

     del Cuore viene ornato da 4 piccioli smeraldi, e 7 diamanti, e nel Cappio

     restanvi 2 diamanti, e 2 smeraldi a’ lati: dono di Persona occulta.

Un grosso topazzo quadro bislungo racchiuso all’intorno in cassa d’argento

     dorato, con conchiglia a capo, altra a piedi, ed altre 2 ai lati: dono del Nobil

     Gio: Battista Pecorini Veneto nel 1733.

Una Croce d’oro variamente smaltato, contornato da 25 per le, con in mezzo

     una Statuetta d’oro rappresentante la Vergine col Bambino in braccio,

     attorniata da 4 grossi giacinti, e un altro a piedi in forma di mezza luna, con

     una grossa perla, e sotto vi sta un Cameo, ed in fondo vi è un Bambinello

     fasciato smaltato bianco, che giace in un Cuscino smaltato rosso: lo donò la

     Marchesa Nerli Mantovana.

Altra Croce di cristal di monte con Crocifisso d’oro a più colori smaltato, tutta

     guernita di diamanti, e perle: dono della Co: Publei di Montalbano.

Un Triangolo d’oro smaltato a vari colori, rappresentante in bassorilievo la Ss.

     Trinità, e la Vergine in atto di essere coronata, ed appiedi di essa 4

     Angioletti. In ogni angolo vi è una Virtù, cioè: Fede, Speranza, e Carità,

     contornato di 75 granate sardoniche; fu donato da tre baroni boemi,

     Ludovica, Martanica, e Slavada, MDCX.

Una giojetta d’oro ornata di diamanti, e rubini da una parte vi è il Nome di Gesù,

     e dall’altra l’Effigie di S. Francesco di Paola; la donò D. Vittoria Caraffa

     Duchessa di Madalona del 1765.

Una Croce da petto composta di 7 grossi diamanti, e attorniata da 16 minori;

     dono della Sig. Ortensia Manfroni Bernini nel 1762.

Un grosso topazzo cedrino ottangolare, con cornice d’oro traforato. Una Breccia

     di giacinto ligata in oro con perla appiedi. Un giojello in forma di Cuore con 5

     pietre, cioè, un grosso giacinto orientale, un’amatista, un zaffiro,  un crisolito,

     e nel mezzo un topazzo, con 12 perle ai lati. Altro giojello che ha nel mezzo

     un grosso zaffiro in tavola ligato in oro, pendente da 3 catenelle dello stesso

     metallo, con 3 perle appiedi. Altro giojello d’oro di getto variamente smaltato,

     fatto a guisa di deposito, con 6 grossi diamanti quadri di fondo, 3 rubini,2

     pietre rosse, una grossa perla pendente a ppiedi, e 2 altre minori che

     restano uno per parte di esso giojello. Altro gioiello d’oro di getto smaltato a

     colori più, che ha in mezzo una figura tenente nella destra una Croce pur

     d’oro, tempestata di 14 diamanti. Altro giojello d’oro smaltato a colori diversi,

     con un grosso zaffiro in mezzo, e 2 Satiri di smalto bianco uno per lato altro

     giojello smaltato a vari colori, rappresentante dell’Arca di Noè con 3 figure, e

     diversi animali, contornato di diamanti, e rubini. Sonovi altri molti giojelli d’oro

     più, e meno grossi, attorniati da varie gioje; il tutto è dono della gran

     duchessa di Toscana M. Maddalena d’Austria.

Un giojello ovato d’oro, centinato con doppio anello d’oro a capo. Nel mezzo ha

     una Croce di Malta smaltata in bianco, sopra cristallo di monte colorito da

     smalto rosso, con arabeschi d’Aquilette d’oro all’intorno, donollo un Cavalier  

     Tedesco.

NUMERO XXIX.

Un grosso giojello rotondo d’oro smaltato a più colori, nel mezzo viene formato

     da diamanti il Nome di Gesù, ornato pur di diamanti, con vari Misteri della

     Passione; appiedi di esso una grossa perla a goccia, ed a capo una Collana

     d’oro composta di 92 pezzi, contornati di diamanti: donolla il Principe

     Ferdinando di Polonia.

Una Collana d’oro smaltato a vari colori, composta di 19 pezzi, parte guererniti

     di diamanti, e parte da grosse perle: la donò la Duchessa Cristina di Lorena.

Altra minor collana d’oro composta da 42 pezzi smaltati bianchi, e neri, nel

     mezzo pende una stella d’oro composta a 2 ordini di raggi, il tutto per netto

     da 129 diamanti; dono del Co: Martiniz, e sua Consorte nel 1537.

Un’Aquila d’oro a 2 teste coronata, tutta tempestata di diamanti: la donò

     un’incognita Persona.

Un gioiello fatto a nastro d’oro traforato e smaltato nero, e bianco, guernito di 93

     diamanti; lo donò il Milord Petriz Inglese.

Un Cuor d’oro smaltato vermiglio, con grosso diamante nel mezzo;donollo il Co:

     Filippo di S. Martino di Aliè di Torino.

Altro cuore d’oro con grosso diamante quadro di fondo ligato a giorno in ambe

     le parti: donollo la principessa di Rosano. 

Un giojello d’oro smaltato a colori diversi, rappresentante un’Arme smaltata

     verde, ornato da 21 diamanti, e 35 rubini: dono della Principessa, Trivulzj

     Milanese.

Un Cappio d’oro smaltato nero tempestato di 13 diamanti quadri: dono d’occulta

     Persona.

Un giojello grande d’oro traforato composto a 2 ordini a guisa d’Arme coronata,

     attorniato da 96 diamanti, 5 de’ quali pendono a gocce: donolla  D. Maria

     Vargas Spagnuola.

Altro giojello ovato d’oro che ha in mezzo l’Immagine di S. Veronica, contornato

     da 30 diamanti; lo donò la Duchessa di Fiano Romana nel 1735.

Una Croce con sua attaccaglia, e catenella d’oro contornata di 9 grossi

     diamanti,e 3 grosse perle pendenti: donolla il Duca di Baviera.

Un cuore doppio d’oro liscio, con a capo un grosso diamante; dono del Co; 

     Enrico e Co: Eleonora di Stratman  Tedeschi del 1731.

Un Tofone d’oro con suo nastro, e grosso zaffiro quadro nel mezzo. Altro

     Tofone d’oro con suo nastro smaltato rosso, e nero, guernito di 48 diamanti

     brillantati; furono donati dal nominato Principe Santacroce.

Una Croce da Cavaliere di Malta in forma di giojello con sua catenella d’oro,

     ornata di 34 diamanti: la donò il Co: Silvestro Spada di Terni nel 1721.

Altra Croce contornata di 13 rubini, composta di Castoni d’oro tempestati di 6

     grossi diamanti quadri di fondo; dono di Persona benigna.

Un Ufficiziolo  d’oro smaltato a basso rilievo a varj colori, con un Cameo grande

     di agata zaffirina da una parte, e con una Rosa composta da 9 diamanti

     nell’altra, attorniata da 24 rubini, e nell’interno vi è dipinta l’Arme di Lorena,

     con il nome della Principessa Enrichetta Donatrice.

Due Fibbie da manigli tempestate da diamanti, e perle; dono della Sig.  

     Marianna Lanzeoraguoca Polacca.

Una Gamba con sua catenella d’oro, con grosso diamante verso il fine d’essa

     ligato in argento attorniato da 30 minori diamanti; donolla il Gen. Susa

     Turinese nel 1686.

Un Quadretto ottangolare con cornice d’oro variamente smaltato, e sua

     attaccaglia pur d’oro composta di 5 pezzi traforati parimenti diversamente

     smaltati, in mezzo vi è scolpito in agata sardonica un Geroglifico da una

     parte, e dall’altra l’Immagine della Madonna Ss. Di Loreto dipinta sopra

     cristallo: offerto da Persona divota.

Altro Quadretto ottangolare di agata zaffirina orientale, rappresentante in

     bassorilievo la Madonna di Loreto, con piccioli raggi all’intorno, fregiati da 36

     smeraldini: dono di Madama Margarita Regol Francese.

NUMERO XXX.

Una Croce di lastra d’oro smaltato nero, con suo titolo pur d’oro fregiato da 29

     diamanti di fondo, 45 rubini, e 3 chiodi d’oro che hanno per testa un grosso

     diamante  pur di fondo per ciascuno. Il monticello d’oro smaltato bianco, e

     turchino, e alquanto verde, che rappresenta il calvario, ornato di smeraldi, e

     zaffiri turchini, e bianchi orientali, crisolite, topazzi, giacinti, granate,

     amatiste, turchine di rocca, o quali, corniole, e malachita . Mirasi in prospetto

     un antro figurato il Sepolcro guernito di rubini, e da un canto la vergine col

     Salvatore morto, d’oro variamente smaltato; offerta dal Barone Ridolfo di

     Teustenbac,

Un Calice, e Patena d’argento dorato centinato di lastra cesellata a fogliami, e

      teste di Cherubini, con riporti ovati pur d’argento dorato, rappresentanti

     ognuno in ismalto un mistero della Passione, con un’Arme appiedi, e questa

     Iscrizione:Sigismundus Carolus Comes Barcu Can, Salisburgensis etc.

Altro Calice, e Patena d’argento traforato, e cesellato a fogliami, con Coppa

     d’oro guernito di 6 riporti di lastra d’argento smaltati turchini, e neri, che

     rappresentano il Salvatore, l’Assunta, l’Annunziata, la Cena, la Madonna di

     Loreto, e i 2 Esploratori della terra promessa, caricati d’un grosso grappolo

     d’uva;; donollo il Sig. Marco Mensel Tedesco.

NUMERO XXXI.

Una Statua rappresentante la Vergine col Bambino assisa dentro un

     Tabernacolo quadro, sostenuto da 4 Colonne, il tutto dorato; donollo una pia

     Persona,

Due piccioli Candelieri d’argento; donolli una occulta Persona.

NUMERO XXXII.

Un Masso naturale a guisa di Piramide, nella cui facciata, e nei lati scorgonsi

     132 pezzi di smeraldi, 42 de’ quali sono assai grossi, e nella cima una Croce

     con Crocifisso d’argento dorato, ornata di piccioli fiori smaltati turchini, con

     varie gioje, e perle all’intorno, ed  appiedi la genuflessa Immagine di A. M.

     Maddalena; dato da D. Antonio Forca viceré di Napoli a nome di Filippo IV,

     Re di Spagna.

Altro Masso artefatto parimenti a Piramide, composto a marcassìta, e  rena

     d’oro, cont. da 26 topazzi bianchi, e 46 grossi pezzi di smer., Ed altri 390

     minori. In esso veggonsi 7 cavi in quadro distribuiti intorno, 2 sono nella

     parte anteriore, in uno posto al di sopra vi è l’Effigie della Madonna di Loreto,

     e nell’altro posto al di sotto l’Arme del Cardin. Ginnali Imolese Donatore,

     ambedue a basso rilievo in lastra d’argento,e 5 sono in tavolette di pietra,

     con varj misteri dipinti della Passione. S’ammira  a capo una Croce eretta da

     in un vasetto, e ai lati di esso la V. Addolorata, e S. Giovanni ugualmente

     d’argento dorato.

Una Pianeta, Stola, Manipolo, Borsa, Palla, Cuscino, e Copertina del Messale

     di ganzo d’argento tessuto a scacchj, ricamato di grossi festoni e fiorami

     d’oro, quasi guernito il tutto di perle diverse, con castoni ornati di rubini

     riportati sopra in forma di rosette d’oro di getto. Un Palliotto di ganzo

     d’argento in parte d’oro, tessuto a scacchj, ricamato a fiorami d’oro che

     sembrano Rose distribuite in varie foggie, contornato di lastrina d’oro

     traforato. Nel mezzo vi è il Nome di Gesù d’oro di getto, attorniato da 88

     rubini, e sotto un Coretto trapassato da tre chiodi d’oro di getto, guernito 

     guernito di 59 rubinetti, in un lato vi è la Vergine, e nell’altro lì’Angiolo

     annunziatore, e sopra lo Spirito S.  pur d’oro di getto smaltato bianco,

     tempestato da 166 rubini. Tutte le nubi che ivi restano formate sono di

     piccioli perle; il tutto è dono della Principessa Catarina Zamoschi Moglie del

     Gran Cancelliere di Polonia, e Duchessa d’Ostrog.

NUMERO XXXIII.

Una Collana composta di 15 grossi castoni d’oro variamente smaltato, ornati di

     42 diamanti, 82 rubini, e 23 grosse perle. Un’Uffiziolo giojellato di diamanti,

     rubini, perle, e 10 piccioli Camei di lavoro greco. Il di dentro è diviso in 3

     parti, in una osservasi un Crocifisso d’oro smaltato, con Croce ornata di

     smeraldi grezzi, e da altre gioje; nell’altra vi è dipinta la B. V.beata con

     cornice d’oro guernita di rubini, e diamanti da un lato, e dall’altro la Natività

     del Sig. incisa in lastra d’oro, ove sotto il detto Uffiziolo presentemente si

     ammirano, e nella parte ultima vi è l’Immagine di S. Gerolamo pur d’oro

     smaltato bianco, attorniato di varie gioje; il tutto è dono del Duca Guglielmo

     di Baviera.

Una Croce d’oro traforato, smaltato a colori, composta di 22 diamanti, 17 de’

     quali sono grossi bislunghi, con 3 grosse perle pendenti, e un grosso rubino

     bislungo appiedi;  donolla il Marchese Martinengo di Brescia.

 Un giojello, ossia Rosa d’oro composta a 3 ordini in mezzo ha un grosso

     diamante, e 14 altri intorno; donollo D. Eleonora Cavaniglia Duchessa di S.

     Giovanni.

Altro giojello ovato attorniato da 50 diamanti con uno grosso nel mezzo; lo donò

     il Sig. Ferrante Pollea di Piacenza.

Altro giojello d’oro con 7 granate orientali doppie, circondato da diamanti

     brillantati, e un Cappietto d’oro smaltato rosso, con grosso diamante

     brillantato, e sotto un Tofone di getto d’oro; donollo il Principe Sansevero

     Napolitano nel suo ritorno da Vienna nel 1722.

Altro giojello d’oro a più colori smaltato, rappresentante l’Effigie della Vergine

     col Bambino in braccio, e 2 Angeli ai lati ornato di 92 diamanti con grossa

     perla appiedi; lo donò la Sig. Eleonora Mandrozzi Duchessa di Pulinghera.

Una croce di S. Stefano con 4 granate orientali che formano i 4 raggi, con sopra

     una Corona, tutto contornato di brillanti; lasciolla in dono il marchese

     Pierantonio Gierini di Firenze nel 1757.

Un giojello grande ovato d’oro traforato a 2 ordini, tempestato di 67 diamanti

     con uno grosso nel mezzo; lo donò la Sig. Vittoria Strozzi di Firenze.

Altro giojello d’oro smaltato nero in forma di piume, con diversi fogliami ai lati,

     ornato di 43 diamanti, 2 de’ quali sono grossi, ed alla cima un Coretto pur

     d’oro smaltato nero; lo donò la Marchesa Giovanna Gonzaga Mantovana.

Altro giojello d’oro smaltato bianco, e nero, composto di 5 pezzi guerniti di

     smeraldi: donollo una Dama Tedesca.

Una grossa perla fatta barchetta ligata in oro appesa a 3 catenelle pur d’oro,

     con altre 5 perle cadenti al di sotto. Non è meno prodigiosa, che

     inestimabile, mentre dalla parte superiore si ammira effiigiata a bassorilievo

     la Ss. Vergine di Loreto sopra una nube. Fù trovata, e donata da un

     Pescatore, che avea promesso alla Vergine la sua prima pescagione.

Un reliquiario d’oro smaltato a più colori, ornato di rubini, da una parte ha un

     cameo in agata di bassorilievo rappresentante S. Gio: Battista, che battezza

     il Salvatore al Giordano, e dall’altra è intagliata la Croce con vari Misteri della

     Passione, e al di dentro sonovi riposte molte Reliquie: lo donà una Persona

     incognita.

Una gargantiglia d’oro con 37 perle a goccia, ed altre 13 ligate in essa, dono

     d’occulta Persona.

NUMERO XXXIV.

Una Croce con  2 Candelieri di diaspro di Boemia con Crocifisso, e titolo

     d’argento dorato, il tutto guernito da piccioli riporti di lastra d’oro, nodi, e

     pometti pur d’oro di getto, smaltato a più colori: dono del Principe, e

     Principessa Lichtenstain nel 1484.

NUMERO XXXV.

Un Triregno di lastra d’argento traforata, e intagliata a fiorami in parte dorati;

     donollo la Compagnia dei Battilana di Gubbio.

Una Statuetta di argento di getto rappresentante la Vergine in piedi, sopra

     piedestallo d’Ebano ornato di teste di Cherubini d’argento di getto dorato,

     con Corona in testa, Bambino nella sinistra, e scettro nella destra, donolla il

     Sig. Virgilio Groschedel Consigliere dell’Elettore di Baviera nel 1656.

Un Calice, e Patena d’argento con Coppa dorata; lo dono una benigna

     Persona.

NUMERO XXXVI.

Un’Ostensorio ovato assai grande a 4 ordini di lastra d’argento cesellata. Il

     primo è tutto a raggi dorati, il 2 a tronchi, e rami d’Albero, il 3 a tronchi, e

     rami di Vite, con grappoli di uva, e manipoletti di spiche ligati alle Viti, ed il 4

     rappresenta il P. Eterno con sotto lo Spirito S. sfavillante raggi dorati. Nel

     mezzo la Madonna di Loreto pur raggiante che ha in petto una Custodia di

     cristallo a guisa di cuore, ornata di 5 ricciole Collane composte di pietre di

     diversi colori, e di un fregio nel lembo della Veste guarnito di topazzi gialli,

     smeraldi, ed altre pietre di vari colori. Ai lati sonovi  2 figure di Personaggi

     genuflessi sopra gli predetti manipoli. Il detto Ostensorio viene elevato da un

     tronco d’argento di getto, nella cui parte anteriore al di sopra in  ismalto a più

     colori si vede l’Arme della Principessa di Neoburg, già Duchessa di Parma,

     Donatrice nel 1729, e al di sotto d’essa vendesi la città di Parma sostenuta

     dall’Italia: in fondo sopra la base altr’effigie di un Vecchio che versa acqua

     da un vasetto dorato, rappresentanti del fiume Po, e al lato opposto ergersi

     la città di Piacenza. I descritti Personaggi sono il Duca, e Duchessa delle

     Città suddette.

Due Rose con rami, e frondi di lastrina d’oro, e nelle cime hanno u zaffiro

     turchino ottangolare, ciascuna posta in vaso d’oro: furono donate una da

     Gregorio XIII, e l’altra da Clemente VIII.

Un Putto nudo di argento tutto di rilievo, con collana, e smaniglie d’oro

     gemmate, che posa sopra un guanciale dello stesso metallo contornato d’un

     fregio formato di perle, rubini, smeraldi, e di altre gemme; donollo la Madre

     dell’ultimo Duca di Mantova.

Due Vasi d’argento sessagonali  istoriati a basso rilievo con doratura intorno.

     Ciascuno di essi ha un’alboretto carico di Limoncelli parte dorati, e parte

     coloriti verdi, e da balaustre guernite di fiori diversi, e Pavoncelli paonazzi, e

     verdi, e molte figurine. Altri 2 Vasi d’argento ognuno de’ quali ha in mezzo

     un’alboretto d’aranci con pomi coloriti verdi, con picciola balaustra intorno, e

     varie piantine dei fiori colorati. Altri 6 vasi d’argento di lastra cesellata, in

     parte dorato, con 4 testine di Cherubini, il tutto fu offerto dal Card. Antonio

     Barberini Protettore della S. Casa. 

Altri 2 Vasi d’argento in forma ottangolare che hanno in mezzo un alboretto di

     Limoncelli, con picciola balaustra intorno, e piantine di varj fiori. Altri 2  poco

     più piccioli dello stesso metallo, con alboretto di Cerase, guerniti conforme i

     predetti; donolli il Card. Filomarini.

Un Libro latino, ossia Panegirico di lode della S. Casa coperto nero, contornato

     di argento dorato; dono del P. Partenio della Compagnia di Gesù.

NUMERO XXXVII.

Una Collana d’oro variamente ismaltato, composta di 20 pezzi con contornati di

     103 diamanti, e 40 grosse perle; la donò l’Imperatrice Anna Madre

     dell’Imperatore Mattìa.

Un Tofone d’oro pendente da 2 nastri, ornati di 262 diamanti, e 36 rubini. Un

     picciolo giojello d’oro traforato, e ismaltato bianco, contornato di 29 diamanti

     ligati a giorno, con in mezzo un grosso girasole, ossia opale ovato, e sopra

     vi è una Croce di S. Giacomo d’oro ismaltato rosso; dono di D Baldassarre

     Mendozza Spagnuolo.

Un’Anello d’oro con grosso giacinto ottangolare; lo donò  Monsignor della

     Gengha a nel 1762.

Una Croce d’argento dorato, con 5 grossi zaffiri turchini orientali ligati in oro

     contornato di diamanti; donolla una pia Persona.

Altra Croce d’oro guernito di 6 amatiste, ornata di diamanti, e 3 perle pendenti;

     donolla la Co: Leoni Veneta.

Un giojello grande d’oro fatto a foggia di fiore guernito de 154 diamanti; donollo

     la Sig. Paolina Bernardi Veneta.

Altro gioiello grande ovato d’oro composto a 2 ordini tempestato di 131

     diamanti; donollo la Co: Galeffi di Boemia.

Altro gioiello fatto a rosa d’oro traforato composto a 5 ordini guernito di 61

     diamanti: dono non lo uno di Casa Loretti.

Un Quadretto di lastra d’oro in ismalto di basso rilievo a colori diversi

      rappresentante la Ss. Annunziata contornato d’oro traforato in 33 fioretti, di

     varia specie, e grandezza; lo donò la Marchesa Colcoquela Aragonese nel

     1720.

Un Cuore cesellato di lastra d’oro, con un grosso rubino in mezzo attorniato da

     17 diamanti; dono di Monsignor Gaucci d’Ascoli.

Una Croce di Malta con grosso diamante nel mezzo, e 53 minori all’intorno:

     dono del Sig. Priore Vaini Romano.

Un ritratto di lastra d’oro incassato in cornice d’oro variamente ismaltato, ornato

     di 4 diamanti quadri, e 16 rubini quadri da un lato, e dall’altro sonovi 2 alberi

     incrociati col motto, Umanitas, con altri 4 diamanti, e 16 rubini, donollo il

     Marchese del Vasto Spagnuolo.

Un’Ordine di S. Giacomo d’oro con suo Cappio dello stesso metallo traforato,

     con in mezzo un ovato di smalto turchino nel quale posa una Croce d’oro

     ismaltato rosso, il tutto da 32 diamanti, il 95 picciole turchine tempestato;

     offerto da un incognito Cavaliere Spagnuolo.

NUMERO XXXVIII.

Una Croce, e piedistallo di Ebano, con Crocifisso d’oro di getto smaltato bianco,

     ed ornamenti d’oro con 34 diamanti, 16 smeraldi, 17 rubini, un’amatista, una

     granata, 37 perle, e 2 spiche d’oro nel detto piedestallo, con opali, rubini, e

     smeraldi in forma di grani; lo donò la Madama Isabella arciduchessa

     d’Austria, Duchessa di Mantova.

Un Calice, e Patena d’oro con teste di Cherubini, e varie misteriose figure, con

     un’Arme, e questa Iscrizione: Virgini Lauretanae, Joannes Petrus Vulpius

     Episcopus Novarensis 1636.

Altro Calice, e Patena d’argento con Coppa dorata. Nel nodo maggiore vi sono

     al di dentro a tutto rilievo picciole figure rappresentanti la Natività del

     Signore, e sotto questa Iscrizione. Ill.ma D. Marchionissa Victoria de Populis

     Donat. Kal. Maji 1664.

Un Quadretto con un Cuor d’oro sopra velluto nero, con Cappio pur d’oro:

     donato dall’Ab. Cherrè di Parigi nel 1730.

NUMERO XXXIX.

Una Statuetta d’argento di getto che rappresenta la Vergine in piedi, col

     Bambino in braccio, posante sopra un Globo di nubi, e sotto vi è un picciolo

     piedestallo di lastra d’argento cesellato con 3 teste di Cherubini parimenti

     d’argento di getto. La suddetta, e il piedestallo vengono attorniate da grosso

     filo, e lastra d’argento in guisa di fusti, foglie, e fiori di rose. Ai lati del detto

     piedestallo sonovi  2 Statuette d’argento, rappresentante S. Domenico alla

     destra, e S. Rosa alla sinistra; offerto da occulta Persona.

Una Sottocoppa rotonda di mezzana grandezza, con suo piede il tutto di lastra

     d’argento; donolla una pia Persona.

Degno di particolare ammirazione è tutto il soffitto ricoperto di fatti Istorici dal

     famoso pennello del celebre Pittore Cristoforo Roncagli detto il Pomarancio.

Dello stesso Autore è il Quadro grande rappresentante un Crocifisso collocato

     sull’Altare di Marmo, le Colonne del quale tutti in un pezzo di marmo di

     Carrara addimostrano la loro rarità.

Sullo stesso Altare spiccano gli candelieri, carte glorie, e croce di metallo dorato

     tempestato di coralli, e di ai lati del medesimo li 2 Torcieri consimili, doni del

     Principe d’Avellino.

Il Paliotto d’argento di getto che con li 2 gradini, e basi laterali d’argento ricopre

     quotidianamente il detto Altare, è quell’istesso, che nelle maggiori Solennità

     serve per l’Altare della Ss. Annunziata. Il detto Paliotto rappresenta in 3

     quadri da 4 colonne tramezzati a destra la Nunziata, e a sinistra la

     Visitazione, e nel mezzo la S. Casa.

Elevate al piano delle 2 Colonne si vedono le 2 Statue grandi d’argento, una

     delle quali del peso di libbre 150 rappresenta la Principessa Adelaide di

     Baviera; l’altra del peso di libbre 188, e e mezza, rappresenta il Co: Gio:

     Giorgio Clari Barone Boemo di Praga Gran Consigliere di Leopoldo I.

Avanti l’altare dirimpetto alle dette Statue vi sono 2 bellissimi Torcieri grandi

     d’argento del peso di libbre 120, donati dal Cardinale Altieri Protettore della

     S. Casa, in mezzo alli quali si vede appesa una Lampada d’argento di

     egregio lavoro del peso di libbre 25, oncie 4  donata dalla signora Co:

     Antonia Breiner d’Harac di Vienna in Austria nell’anno 1769.

 A cornu Evangelii del medesimo Altare si conserva in grande Armario il famoso

     Quadro d’Altare con cornice dorata in cui si vede al vivo rappresentata dalla

     maestra mano di Federico Baroccio la B. V dall’Angelo annunziata.

A cornu Epistolae nell’altro consimile Quadro rappresentante la Natività di M. V.

     si ammira l’arte come cui lo perfezionò il rinomato Pittore Annibale Carracci..

A MANO DESTRA DEL TESORO:

NUMERO XL.

Un Reliquiario d’argento cesellato a varj fogliami; il donò una benigna Persona.

Un Calice, e Coppa dorata, con l’impugnatura, e piede il tutto d’argento di getto

     lavorato a basso rilievo, rappresentanti varj misterj della Passione; dono

     d’occulta Persona.

Altro Calice d’argento con Coppa dorata, e Sottocoppa di lastra traforata e

     cesellata da grappoli di uva; donollo  Monsig. Carlo M. Pianetti Vescovo di

     Latina nel 1712.

Due Patene d’argento dorato che appartengono ai suddetti.

NUMERO XLI.

Una Statua d’argento di getto che rappresenta S. Simone con Diadema in testa,

     e Sega in mano di peso libre 32 e oncie 6.

NUMERO XLII.

Altra Statua d’argento di getto che rappresenta S. Giacomo maggiore, con

     Diadema in testa, e Bordone in mano di peso come sopra.

Nei lati della vicina Finestra a mano destra in un Quadro bislungo di mezzana

     grandezza con cornice dorata si vede rappresentata dal celebre Carlo Loth

     l’Adultera condotta avanti al Signore.

NUMERO XLIII.

Un Reliquiario d’argento cesellato a varj fogliami; dono di pia Persona.

Un Calice d’argento che ha l’impugnatura, e Sottocoppa traforata di getto,

     contornato di teste di Cherubini, Angioli con varj Stromenti della Passione, e

     Statuette con Iscrizione. D. Isabella Tolfa Doria Duchessa di Evoli 1639.

Una Patena d’argento dorato che va unita al detto Calice.

Altro calice d’argento parte di getto, e parte di lastra cesellata a fogliami, teste

     di Cherubini, e Statuette;donollo una incognita Persona Bolognese.

Altro Calice d’argento con Coppa dorata lavorata a lastra cesellata con grappoli

     d’uva; lo donò il Sig. Giuseppe Giardini di Nola nel 1758.

Una Patena d’argento dorato che accompagna il medesimo.

Altro Calice di lastra d’argento cesellata rappresentante vari Cherubini, e diversi

     misterj della Passione, con l’Arme intagliata appiedi di Monsig. De Carolis.

Altro calice dorato di lastra d’argento cesellata a fogliami, e teste di cherubini; lo

     donò una benigna Persona.

NUMERO XLIV.

Una Statua d’argento di getto che rappresenta S. Giacomo minore con

     Diadema in testa, e Bastone in mano, di peso libre 34.

NUMERO XLV.

Altra Statua d’argento di getto che rappresenta S. Andrea con Croce traversa, e

     Diadema in testa di peso libre 34, e oncie 6.

NUMERO XLVI.

Due laterali d’argento che vanno uniti al Paliotto già descritto.

Un Semibusto d’argento rappresentante S. Cecilia con Iscrizione al piedestallo.

     Georgius e Wisentbaris Cathedralis Nerbipoii Decanus ec. 1727.

Una Croce grande con suo piedestallo d’Ebano con Crocifisso, e ornamenti

     d’argento; offerta da Persona divota.

Due Calderuole d’argento, e due Candelieri grandi pur d’argento dorato.

Un incensi d’argento in parte dorato, che nel coperchio forma un Ghiandone

     dentro a 3 rami, e fuste di Quercia, lo donò Guidobaldo II della Rovere Duca

     d’Urbino.

Una Croce di Ebano, l’anteriore viene ricoperto da diaspro, con sopra un

     Crocifisso, e ornamento d’argento.

Vi sono 2 piante di Città d’argento, cioè, la Presidenza di Montalto, e Nancì

     Capitale della Lorena con cornice dorata.

MUMERO XLVII.

Una picciola Croce composta di 6  vari pezzi di agata ligata in oro, con fascette

     di lastra d’oro, e Crocifisso d’argento di getto dorato con piedestallo

     ottangolare ovato, di amatista, e fascia all’intorno d’argento dorato. Due

     piccioli Candelieri d’argento parte di getto, e parte di lastra cesellata; donolla

     una benigna Persona.

Un Calice d’argento con Coppa dorata con l’impugnatura ed il piede di getto

     centinato lavorato a basso rilievo a fogliami, e figure, con Arme, e Iscrizione

     intagliata. Domenico Joma Tomacelli Cibo.

Altri 3 Calici d’argento parte di getto, e parte di lastra cesellata con fogliami,

     figure, Angioletti, e misterj della Passione, con 5 Patene d’argento dorato

     doni tutte d’occulte Persone.

NUMERO XLVIII.

Una Statua d’argento di getto rappresentante S. Tommaso collo  Squadro in

     mano, e Diadema in testa. Pesa libbre 30, oncie 6.

NUMERO XLIX.

Altra Statua d’argento di getto che rappresenta S. Matteo con Diadema in testa,

     Borsa, e  Libro in mano, di peso eguale all’altra.

Nei lati della finestra di mezzo a mano sinistra  in un  quadretto con cornice

     dorata si distingue il Pennello dello Sghidone di Parma, che con delicatezza

     rappresenta la Natività della B. V.

Il quadretto al lato del medesmo con cornice parimenti dorata addimostra la

     Conversione fatta per grazia di Maria SS.ma dell’eretico scrittore Giusto

     Lipsio, quale ha voluto che ne apparisca perpetua memoria in una Penna

     d’oro fermata nel mezzo d’esso sopra un picciolo ricamo, e nel sotto apposto

     seguente distico.

FAUSTE VIRGO PARENS CALAMI; QUAESO; ACCIPE VOTUM

TERRENA UT LINQUENS VERBA SUPREMA FERAT

IUSTI LIPSI ANAOHMA,

In faccia al medemo vi è un Quadretto di marmo di basso rilievo con cornice di

     noce ornata di varj riporti di legni dorati, rappresentante la Ss. Annunziata

     con Angelo, e Gloria di Serafini donato nell’anno 1703 dal Sig. Giuseppe

     Mazzoli di Siena.

NUMERO L.

Un Calice d’argento con Coppa dorata lavorata a cesello con varie teste di

     Cherubini di getto; offerto nel 1725 da pia Persona. 

Altro Calice d’argento lavorato a fogliami con diversi Cherubini intorno, e

     sottopiede v’è l’Iscrizione. D. Margaritae Carelli Viduae, etc Nobilis Anglae.                            

Una Patena  d’argento dorato che appartieni al detto Calice.

Altri 4 Calici d’argento cesellati parte a fogliami, e teste di Cherubini, e parte

     con varj misterj della Passione, con  4 Patene d’argento dorato appartenenti

     a medesimi; offerti da incognite Persone.

NUMERO LI.

Una Statua d’argento di getto che rappresenta S. Paolo con Diadema in testa, e

     Spada in mano, pesa libbre 42.

NUMERO LII.

Altra Statua d’argento di getto rappresentante S. Filippo con Dadema in testa, e

     con Crocetta in mano, di peso libre 32.

NUMERO LIII.

In questo Credenzone si conserva una parte dei nuovi Argenti fatti per 7 Altari

     consistente in 7 Croci, 28 Candelieri grandi, e 14 piccoli, de’ quali se ne darà

     a suo tempo un più distinto ragguaglio, allorché saranno terminate le

     Carteglorie, Lampade, e Cornucopi, con tutti gli Candelieri per gli altri Altari,

     che attualmente si lavorano, e l’altra parte si conserva nel Credenzone al

     numero XLVI.

NUMERO LIV.

Un Calice d’argento tutto dorato che ha la Sottocoppa e impugnatura

     triangolare, tutto di getto lavorato a basso rilievo con varie figure, festoncini,

     Cherubini, Angioletti, e molti Stromenti della Passione; lo donò il Principe, e

     Principessa Santobuono Napolitani.

Altro Calice d’argento tutto dorato quasi simile all’altro; fu donato nel 1730 da

     occulta Persona.

Altro Calice d’argento tutto dorato, col Sottocoppa di lastra cesellata

     rappresentante varj Misterj della Passione, e teste di Cherubini; donollo il

     Cardinal Portocarrero.

Altro calice d’argento tutto dorato, e cesellato con molte figure, e semibusti

     allusivi al SS. Sagramento; lo donò una Persona benigna.

Altro Calice tutto d’oro, che a là Sottocoppa di lastra traforata, e cesellata a

     fogliami, con l’impugnatura parte di getto, e parte di lastra lavorata a

     fogliami, e grappoli d’uva; donollo il Cardinale Portocarrero Seniore.

Cinque Patene d’argento dorato, appartenenti ai suddetti Calici.

NUMERO LV.

Una Statua d’argento di getto che rappresenta S. Pietro con Diadema in testa, e Chiavi in mano. Pesa libbre 40.

NUMERO LVI.

Altra Statua d’argento di getto rappresentante S. Bartolomeo con Diadema in

     testa, e Coltello in mano. Pesa libbre 31, oncie 6.

Nel lato sinistro della contigua Finestra si osserva un Quadretto con cornice di

     Ebano, ornata di 4 riporti di lastra d’argento traforato, e cesellato a fiorami

     con Pitture in pietra negra rappresentante la Madonna di Loreto sopra la S.

     Casa portata dagli Angeli, e di al basso un’Ecclesiastico genuflesso, con

     appresso S. Francesco, e avanti un Angelo che fuga la morte donato dal

     Nobil Uomo Carlo Contarini Veneto.

In faccia al detto Quadretto è il grande attestato della particolare divozione

     verso Maria Ss. del Sig. Girolamo Luterio Romano, quali con tutta la sua

     Eredità donò il Quadro rappresentante la Natività del Salvatore con la B- V.,

     e S. Giuseppe opera stupenda di Raffaele d’Urbino.

Sotto il detto Quadro evvi un quadretto con cristallo, e cornice intagliata, e

     dorata, quale rappresentando la B. V. con il Bambino giacente palesa il

     merito di Claudio Ridolfi detto il Veronese.

NUMERO LVII.

Una Croce di Busso con moltissime figurine intagliate, rappresentanti il

     Testamento nuovo, e il vecchio; la donò il Cardinale Gio: Francesco Albani

     nel 1697, che fu poi Pontefice sotto il Nome di Clemente XI.

Altra minor Croce di Busso di egual travaglio; la donò D. Bartol. Nigri di Castel

     Casale Mag. Nel 1610.

Una Noce di Cocco di Spagna divisa in 2 parti, in una parte al di dentro è

     lavorata in tagli rappresentante il presepio con molte figurine, e nell’altra

     l’Adorazione dei Magi, conservata in una Scattola tonda ricoperta di corame

     negro; la donò la Sig. Anna Maria Sembrini Maceratese.

Un Quadretto che rappresenta la Ss. Annunziata di lastra d’argento in parte

     dorato sopra velluto rosso con cornice nera, contornata di varj riporti

     d’argento; donollo un’incognita Persona.

Altro quadretto con cornice nera, che contiene scritti a minutissimo carattere il

     Parter noster, Credo, Te Deum ec. E le altre orazioni talmente disposte, che

     formano un Crocifisso; lo donò il P. Vincenzo da Mercartello Provinciale de’

     Cappuccini della Marca.

Altro picciolo Quadretto di Ebano rappresentante il P. Eterno, lo Spirito S., il

     Nome di Gesù, 6 Santi, e la B. V. Nel mezzo; lo donò una Persona occulta.

Sonovi anche diverse Scattole con dentro pezzi d’oro, d’argento, varie gioje, e

     moltissime altre cose.

NUMERO LVIII.

Una statua d’argento di getto rappresentante S. Taddeo con diadema in testa, e

     Picca in mano. Pesa libbre 31, e oncie 6.

NUMERO LIX.

Altra Statua d’argento di getto rappresentante S. Giovanni con Siadema in

     testa, e Calice in mano. Pesa libbre 34, e 6 oncie.

NUMERO LX.

Una Risurrezione d’argento consistente 4 figure di getto rappresentanti il

     Salvatore, e 3 Soldati atterriti intorno al Sepolcro di lastra d’argento, con

     diversi pezzi di cristallo, e base pur di lastra con l’Arme di getto della

     Principessa Olimpia Ludovisi di peso libre 15 meno un’ oncia.

NUMERO LXI.

Un Ramo di Fiori d’argento con suo vaso, e coralli intorno; donollo il nominato

     Principe d’Avellino.

Due vasetti d’argento con manichi.

NUMERO LXII.

Altro Ramo di Fiori d’argento ornato di coralli, con suo vaso, pur dono del

     Principe d’Avellino Napolit.

Due Ampolline d’argento ai lati.

NUMERO LXIII.

Un Giardinetto d’argento ornato di ambra, granate, e cristal di monte. Nel

     mezzo scorgesi una Fontana circondata da 4 colonnette di lastra, e 4

     Alboretti di getto, con fogliami di lastra, dalle quali innalzarsi un pergolato di

     viti il tutto d’argento. Il medemo è contornato da balaustrate, su cui miransi

     alquanti uccelli, e Scimmiette, e nel piano in un lato il Giardiniero con Zappa

     in spalla, e di una Donna con Vaso in mano, e nell’altro altra Donna che

     tiene in capo una Canestra, ed un Fanciullo per la mano; offerto nel 1700

     dalla Co: di Lemos Spagnuola.

Ai lati d’esso nel piano sonovi 2 Rame di Fiori d’argento coi loro vasi, ornate di

     coralli; le donò il Principe d’Avellino.

NUMERO LXIV.

Una Statua di lastra d’argento cesellata rappresentante S. Paterniano

     pontificalmente vestito, che tiene in ampie le mani la Città di Fano, da cui fu

     donata. Nel braccio sinistro resta appoggiato il Pastorale pur d’argento. La

     medema posa sopra piedestallo dorato, con in mezzo l’Arme della detta

     Città, e un Cherubino per lato.

Due Candelieri grandi triangolari d’argento dorato, in ogni lato e di lastra

     cesellata d’oro sopra lapislazzoli si vede uno dei Misteri della Passione;

     donolli la Casa Borghese.

NUMERO LXV.

Un’Incensiere, e Navicella d’oro con 4 catene dello stesso metallo, il tutto

     lavorato a ramoscelli, ghiande, e frondi di quercia; donollo Francesco M. U.

     della Rovere Duca d’Urbino. Pesa 9 lib., e 6 oncie.

Una Crocetta d’Ebano, incastrata in lastra d’oro con Crocifisso di getto d’oro

     smaltato a varj colori. Due Candelieri compagni alla descritta Croce, ornato il

     tutto di granate sardoniche grezze, e pezzi quadri di cristal di Monte; dono

     del Cardin. Andrea d’Austria.

NUMERO LXVI.

Un Ramo di Fiori d’argento con suo vaso, e coralli intorno, offerto dal Principe

     d’Avellino.

Due Vasetti d’argento con manichi.

NUMERO LXVII.

Altro Ramo dei Fiori d’argento guernito di coralli con suo vaso, parimenti dono

     del Principe d’Avellino.

Due Ampolline d’argento ai lati.

Sopra la Porta del Tesoro da una catenella d’argento resta appesa una

     Sciabola con l’impugnatura, e fodero di lastra d’argento dorato, con riporti di

     verde antico, ornato di 128 smeraldi, e rubini, 167 turchine, con tracolla, e

     passamano d’oro, con 2 fibbie, e attacca glia d’argento dorato con 12

     turchine: donata dal Principe Giuseppe Landgravio d’Hassia  Darmstade nel

     1720.

Nello stesso sito di pure pendente una Galera, Timone, 32 Banchi, 2 Antenne,

     fiamma picciola d’argento, 28 remi con punte d’oro, caicchio a pompa, 2

     Cannoncini pur d’argento di getto, con altre 3 fiamme, e Bandiera a poppa di

     lastra d’oro; offerta da Ferdinando I, Gran-Duca di Toscana nel 1592.

Degna parimenti di osservazione è la generosità del Canonico Raffaelli di

     Cingoli quale con 15 quadri fra grandi, e piccioli di varj eccellenti Pittori,

     ornati di cornici dorate, e intagliate ha decorato la Sagrestia del Tesoro, e

     primieramente il Quadro grande sopra il Lavamano di marmo, che

     rappresenta la Scuola della B. V. è opera di Guido Reno; Del Baroccio è il 

     S. Francesco sopra il Genuflessorio a mano destra, e del Calot il famoso

     Quadro ricoperto con cristallo sotto il medemo rappresentante lì quattro

     Novissimi.

Il Quadro in alto vicino alla porta della Chiesa rappresentante la Deposizione

     del Redentore dalla Croce è opera del Tintoretto, l’altro nel mezzo nella

     stessa linea del Bastanese, ed il terzo di Andrea del Sarto.

La Madonna sotto il Quadro della Deposizione di Giacomo Parmegianino, il

     Quadretto in rame di Benvenuto Garofolo, e la Madonna vicina alla Porta del

     Tesoro di un Scolaro di Raffaele.

Il Quadro grande fralle due finestre rappresentante il Salvatore condotto a Pilato

     di Gherardo della notte, ed il S. Girolamo sotto il medemo di Claudio

     Veronese, ed essendo varia circa gli altri 4 quadri l’opinione de’ Pittori si

     tralascia di asserirne il preciso Autore.

*****************************************

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D  E  S  C  R  I  Z  I  O  N  E

                           Delle Poste per diverse Parti a miglia italiane.

Da Loreto a Roma

Loreto città Recanati città  m.  5

Sambucheto                      m.  5

Macerata città                    m.  7

Tolentino città                    m.10

Valcinarra                          m.  7

Ponte della Trave               m.  7

Muccia castello                   m.  7

Serravalle borgo                 m.  7

Casenove                           m.  9

Foligno città                        m.10

Le Vene                              m.  8

Spoleto città                        m.  9

Strettura                              m.  9

Terni città                            m.  9

Narni città                            m   7

Otricoli                                 m.10

Borghetto                             m.  7

Civita castellana                   m.  5

Rignano                               m.  8

Castelnuovo castello            m.  7

Malborghetto                        m.  7

Prima Porta                          m.  4

ROMA                                  m.  8

                                        ___________

                                    Miglia  172

Da Roma a Napoli

Torre a mezza via                 m.  9

Marino terra                           m.  6

Velletri città                            m.10

Cisterna castello                        m.  6

Sermoneta terra                         m.  6

Casenuove osteria                     m.  8

Piperno città                               m.  7

Badìa osteria                              m.  9

Terracina città                            m.  9

Fondi città                                  m.  8

Itri castello                                 m.  8

Mola borgo                                m.  9

Garigliano osteria                     m.  6

Si passa il fiume in barca.

Sessa città                                m. 8

Torre francolisse                      m.  8

Capua città                              m.  7

Avversa città                            m.  8  

Napoli città                               m.  6

                                                _________

                                        miglia  136

Da Loreto ad Assisi                         

 Recanati città                         m.   5

Macerata città                          m. 13

Tolentino città                          m. 10

Valcimarra                                 m.  7

Ponte della Trave                      m.  7

Muccia castello                         m.  7

Serravalle borgo                        m.  7

Casenuove osteria                    m.  9

Foligno città                               m.10

Assisi città                                  m.  8

                                                 _______

                                          miglia    83     

Da Assisi a Firenze

Perugia città                             m .10

Torretta. Osteria                       m.  9

Corsaja borgo                           m.  9

Castiglione aretino                    m.  8

Bastardo osteria                        m.  7

Ponte a Levar borgo                  m.  7

Fiughine osteria                         m.  8

Freghi osteria                              m. 9

Firenze città                                m.  8

                                                 _______    

                                      miglia         75

Da Bologna a Milano per Cremona

Samoggia osteria                       m, 10

Modena città                              m. 10

Bonporto                                    m.   8

S. Martino                                  m.   7

Concordia                                  m.   8

S. Benedetto                              m.   8

Cisterna castello                        m.   6

Sermoneta terra                         m.   6

Casenuove osteria                     m.  8

Piperno città                               m.  7

Badìa osteria                              m.  9

Mantova città                              m.  6

Castelluccio                                m.  7

Avoltoi                                        m. 17        

S. Giac. della Pieve                    m.   9

Cremona città                             m.   8

Pizzighettone                              m.  12

Zorlesco                                      m.  10

Lodi città                                     m.  10

Marignano castello                       m.  10

Milano città                                   m.  10

                                                    ________

                                               miglia  150

Da Milano a Torino

Rosa villa                                      m. 20

Bufalora villa                                 m. 10

Novara città                                  m. 16

Vercelli città                                  m. 15

S. Germano villa                           m. 10

Torino città                                   m.  10

                                                   ________

                                              miglia    81

Da Loreto a Venezia

Siloro                                             m.   6

Ancona città                                   m. 10   

Fiumicino osteria                           m.  10  

Sinigaglia                                       m.  10

Fano                                               m.  15

Pesaro                                            m.  17 

Cattolica osreria                             m.  10

Rimini città                                      m.  15 

Savignano castello                         m.  19

Cesena città                                   m.  10

Forlì città                                        m.  13  

Faenza città                                   m.  10

Lugo castello                                  m.  12

Bastìa                                             m.  12

Argenta                                           m.   3

S. Nicolò                                         m.  10

Ferrara città                                    m.  10

    Si passa il Po

Francolino                                          m.   5

Passo di Rosati                                  m.   7

Rovigo città                                        m.   6  

Boara                                                 m.   2  

Solesina osteria                                 m.   8          

Monselice castello                             m. 15

Battaglia                                             m.   3

Padova città                                       m.   7 

Lizzasusina                                        m. 10

Venezia                                              m.   5 

                                                       ________

                                                 miglia     240

Da Venezia a Udine

Mestre                                                m.   6

Trevigi città                                        m.  10

Lovadina                                            m.  10                   

Si passa il Piave

Conegliano                                         m.   5

Sacile                                                 m.  10

Fontana fredda                                   m.   4

Pordenon                                            m.   7

Valvason                                             m.   8

Gradisca vdi sedian                            m.   5 

Panchianis                                          m.   3

Bressan                                               m.   3

Udine città                                           m.   5

                                                          _______

                                                   miglia     75

Da Loreto a Bologna

Camerano castello                               m,   8

Ancona                                                 m.   9

Case bruciate                                        m. 10

Sinigaglia                                               m. 10

Fano                                                       m. 15

Pesaro                                                    m.   6

Cattolica castello                                    m.  10

Rimini                                                      m.  10

Savignano castello                                  m.  10     

Cesena                                                    m.  10

Forlimpopoli                                             m.   8

Forlì                                                          m.   5

Faenza                                                     m.  10 

Imola                                                        m.  10 

Castel S. Pietro                                        m.  12

Bologna                                                    m.    8

                                                             __________

                                                        Miglia     151               

Da Genova a Milano

Pontedecimo borgo                                  m.   7

Borgo                                                        m.   8

Isola borgo                                                m.   4

Arquà castello                                           m. 10

Portella osteria                                          m. 10     

Tortona città                                              m.   8

Voghera castello                                       m. 10     

Bastìa osteria                                            m.   8

Pavia città                                                 m.   8

Binasco                                                     m.  10

Milano                                                       m.  10

                                                                ________

                                                         miglia     93

-.

Da Milano a Trento per Brescia

Cascinabianca ost.                                 m.   7

Martinengo villa                                      m. 22

Coccai villa                                             m. 10

Brescia città                                            m. 10

Ponte di S. Marco                                   m. 10

Castelnuovo                                            m.   9 

Valderini osterìa                                      m. 10

Vonborgo                                                 m. 10 

Rovere castello                                        m. 10      

Trento città                                               m. 10

                                                                ¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬______

                                                       Miglia    108

+-.+-.+-.+-.+-.

I   N   D   I   C   E  DELLE COSE NOTABILI NEL PRESENTE LIBRO

Cap,    I Della Città di Loreto, e sua regione                          Pag. 2

           II S. Casa di Loreto, e suo antico culto                                   3

          III Traslazione della S. Casa                                                         5

          IV S. Casa, e sue vestigie                                                              8

          V S. Casa riconosciuta nella Marca                                     13

         VI Del Tempio Loretano                                                              16  

        VII Facciata del Tempio                                                               19

       VIII Porte del Tempio                                                                     21

         IX Interno del Tempio                                                                 23

          X Ornamenti del Tempio                                                         25 

         XI Ornamenti esteriori della S. Casa                                 29 

        XII Struttura de’ Marmi attorno le S. Mura                        32

       XIII Degli ornamenti interiori della S. Casa                       37 

             nella parte del S. Camino                          

       XIV Ornamentidella S. Statua                                                41

        XV Ornamento del resto della S. Casa                             44

       XVI Indulgenze, e Privilegi conceduti alla S. Casa        47    

      XVII La S. Casa divinamente conservata                           52

     XVIII Delle Cappellanìe, e Messe, che si celebrano

              nella S. Casa, coi nomi dei loro Fondatori.              57

Esatto Catalogo de’ più qualificati Doni che si conservano    

             nel Tesoro di S, Casa, e pregievoli Pitture                  59

Descrizione delle Poste per molte Parti                                 112 

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