LORETO LA SANTA CASA in un canto di lode del 1749 a Mantova

O Dio, che hai voluto che, all’annuncio dell’Angelo, il tuo Verbo prendesse carne nel seno della beata Vergine Maria: concedi a noi tuoi sùpplici che, come crediamo lei vera Madre di Dio, così siamo aiutati presso di Te dalla sua intercessione.

LAUDI SPIRITUALI

Nel Santo Viaggio

A  L O R E T O

Per sollevarsi dalla stanchezza,

ed infiammarsi nel desiderio

di vedere

L A   S A N T A    C A S A

ED IVI ADORARE

LA SANTISSIMA VERGINE

M  A  R  I  A

In MANTOVA, MDCCXLIX

Per Ercole di Alberto Pazzoni

1749

Alla Santa Casa di Loreto

Noi siamo i Pellegrini,

che ci poniamo in via,

per andare a Maria

          di Loreto.

Ciascun venga pur lieto

a quella Abitazione,

ch’è casa d’Orazione,

          e tutta d’Oro

Non v’è in Terra Tesoro,

non v’è sì Sacro Luogo,

dov’ha l’alma il suo sfogo

             con Maria.

Non v’è Casa si pia,

dove sia salvo ognuno,

né vi perisca alcuno,

          come in quella,

Non v’è stanza sì bella

quaggiù sia più beata,

né che sia mai più grata

          al Redentore.

Non v’è Tempio d’onore,

sì prezioso, e raro,

che possa essere più caro

          al nostro Dio

Non v’è Tetto sì pio,

né  men più sacrosanto,

già che de’ Santi il Santo

          l’ha abitato.

Non c’è altare più ornato

di più bel Reliquiario,

s’è tutto un Santuario

          da adorarsi.

Né in Terra può trovarsi

la più gradita reggia

dove abbia la sua seggia

          la gran Madre.

Dove l’Eterno Padre

spedì il suo Divino Figlio,

dopo l’alto Consiglio

          ivi seguito.

Dove fu definito,

 non poter l’Uomo salvarsi,

senza il Verbo incarnarsi,

          e poi morire.

Andiamo a riverire

Casa si generata

e Vergine inviolata

         ad adorare.

Ognun l’ha dà chiamare

per Madre del Signore

per riempirsi il core

         di virtude.

Ella, che al vizio chiude

con la sua man la via,

e dona alll’alma ria

         la puritade.

Fa dono d’umiltade,

e rende casto, e bello

l’uomo che era già bello

          al Creatore.

Ciascun or con dolore

venga contrito, e pio,

sicuro d’aver Dio

           in compagnia.

Avrem buona la via,

avrem sicuro il viaggio,

e senza alcun disaggio

           arriveremo.

Ma quanto ben faremo,

se mentre camminiamo,

le laudi noi cantiamo

            di Maria.

Orsù con voce pia,

le laudi unitamente,

ma ben divotamente

            recitiamo.

Si recitano le litanie

Torniamo al nostro canto,

che senz’alcuna pena,

anzi con maggior lena

             n’anderemo.

Oh quanto goderemo,

se nel nostro viaggiare

saprem la mente alzare

              verso il cielo.

Là sì che senza velo

vedrem il Divin Padre,

vedrem la cara Madre

          del Signore.

Oh quale, oh quant’amore

ci sveglierà nel petto

la Madre del diletto

          nostro bene.

Se quaggiù ancor le pene

commuta in gran piacere

il poter sol vedere

           sua Casa pia.

Ma quando in compagnia

di tutti in Cielo i Santi

vedrem poi tutti quanti

           il suo bel volto?

Allor ci verrà tolto

dal cor ogni timore

dal corpo ogni dolore

           ogni tristezza.

Oh quando tal bellezza

della gran Donna in viso

vedrem il Paradiso,

           oh quando sia?

Basta dir che Maria,

pria d’essere concetta

fu dal gran Padre eletta,

           e destinata.

Per Pura, e Immacolata

Vergine insieme, e Madre,

di quello, a cui è Padre

           Iddio Signore.

Lo Spirto Santo Amore

l’elesse per sua Sposa

quindi tutta amorosa

           Egli la rese.

Perché in essa distese

di grazia ogni pienezza,

del Ciel ogni bellezza,

           ogni possanza.

Oh quanto sopravanza

di purità in candore 

la Madre del Signore

            tutt’i Santi.

Deh siam pur noi amanti

d’una sì gran Signora,

che tutto il Cielo adora

              per Regina.

A Lei ancor si inchina

il Mondo, e ‘l cupo Inferno

a suo grande scorno eterno

               da Lei vinto.

Così sia pur estinto

dentro del nostro cuore

ogni fiamma d’amore,

               che sia profano,

E’ ben di core infamo

chi non si accende tutto,

né si sente distrutto

                per Maria.

Ma se qua nella via

Sentiam tanto conforto,

che sarà poi nel porto,

            in vagheggiarla?

Poniamoci a contemplarla,

e con alzar la mente

pensiam divotamente

           a tal Signora.

Ella è la vaga Aurora

per lui comparsa al mondo

che lo rese giocondo.

           e tutto lieto.

Non v’è Mar più quieto

di Lei pia, e cortese,

ch’altrui placa le offese,

           e ‘l tutto puole.

Non c’è più chiaro Sole

di Maria si clemente,

che rischiara ogni mente,

           e fa pudica.

Non c’è Stella più amica

di Lei, che può scampare

noi dal turbato Mare

          senza Barca.

Non c’è Nave più carca

di Lei, che da lontano

il Pane a noi sovrano

          ben appresta.

Della Vergine questa

Non c’è più bel Giardino,

ove il Verbo Divino

          vi s’innesta.

Aura non v’è più fresca

della madre beata,

dove l’alma affannata

         si riposa.

Non c’è più vaga rosa

di Madre sì modesta,

che al puro amor ci desta,

          e vi ci infiamma

non c’è più viva fiamma

della sposa d’amore,

che abbruccia l’altrui core,

           senza pena.

Non v’è Terra più amena

della Vergine amante

dov’ogni cor costante

            si ripianta.

Non c’è più nobil Pianta

di Lei, che ci ha prodotto

quel Santo, e Divin Frutto

             del suo Figlio.

Non v’è più grato Giglio

della Vergine Madre,

ch’alle Verginee Squadre

             renda odore.

Non c’è miglior liquore

di Lei, ch’è il dolce Rio,

al qual bevette un Dio

              per noi nato.

E se Lei ce l’ha dato,

non v’è già maggior Bene

se dentro se contiene

               Iddio stesso.

Ad un tal riflesso

ciascun s’ha da infiammare

l’affetto a ravvivare

          in ver Maria.

Non c’è Sposa, che dia

come Ella nel suo viso

mostra di Paradiso

          a chi l’onora.

Meditiamo per mezz’ora

il suo merto, e le virtù

per amarla sempre più

          come dobbiamo.

Qui segue mezz’ora di divota Meditazione sopra le virtù della SS. Vergine così viaggiando

Or che diremo adesso

che abbiamo meritato,

e di Maria pensato

          le grandezze.

O grandi, o gran bellezze

o gran virtudi abbraccia

chi è piena della grazia

          il suo Dio!

Dì su, dì su cor mio,

e parla la lingua mia,

ciò che di Maria

           hai contemplato.

Dirò mi sono fermato

a pensar l’umiltà,

e la gran purità

          del di Lei core.

Che innamorò il Signore

a prender di lei in carne,

venire ad abitarne

            tra mortali.

Per liberar da mali

noi Peccatori tutti,

che andavamo distrutti

             dal Peccato.

Oh quanto ben ci ha fatto

La Purità sì monda,

e l’umiltà profonda

               di Maria.

A l’Lei grazie ne sia,

che sua mercé salvati

siamo per lei liberati

               dall’Inferno.

In eterno, in eterno

a Lei siam obbligati

Le dobbiam esser grati

               di tal bene.

Il sangue nelle vene

per Lei spender dobbiamo

se Lei di cuor amiamo,

                 e pur è vero

Che tutti da dove

all’lei tenuti siamo

del bene, che aspettiamo

                  lassù in Cielo.

Fu causa il suo gran zelo,

che presto discendesse

chi per Madre l’elesse

          quaggiù in terra.

Per Lei pur si disserra

al peccatore la gloria,

e a chi vuol vittoria

          vien concessa.

Ognun pure confessa,

che chi di lei la vita

col suo favore imita,

           si fa Santo….

E’ pur ver altrettanto,

che da pensieri carnali

La Purità sua vali

           a liberare.

Così per discacciare

La gran superbia altiera

l’umiltade  sua vera

            fu provata.

E chi l’ebbe invocata

delle colpe il perdono,

di castitade il dono

             ha ricevuto.

Anzi chi fu perduto,

e l’alma aveva dato

a Satana disgraziato

             ebbe la grazia.

Che tale fu l’efficacia

della Madre di Dio,

che il scolerato, e rio

             fu salvato.

Dunque da noi lodato

chi è il nostro caro Padre,

che del Figlio la Madre

         tanto onora.

Allegri stiamo pur ora,

e vada ciascun quieto,

ch’andiam verso Loreto

          alla sua Casa.

Sì sì alla santa casa

noi tutti i suoi divoti

i nostri umili voti

            offriremo.

Là sì supplicheremo

La Madre Santa, e Pia,

la Vergine Maria

              a farci i Santi.

Che s’ha salvati tanti

del suo Figliol nemici,

concederà agli amici,

               almeno un guardo.

Che quasi come dardo

chiediam nel nostro core

per fiamme del suo amore.

                 E nostra vita.

Ma perché sia esaudita

la nostra umile preghiera,

de’ Santi la gran Schiera

                  invochiamo.

Le loro laudi cantiamo

con vera divozione

e con questa intenzione

           di pregarli.

Anzi di supplicarli

lodar per noi Maria,

e in nostra compagnia

          riverirla.

Qui si cantano le Litanie de’ Santi con tutte le Preci ed Orazioni.

Or chi abbiam riposato,

e d’altro già discorso

torniamo al nostro corso.

           In ver Maria

abbrevierà la via

né sentirem stanchezza

se la di Lei grandezza

            esalteremo.

Oh quando giungeremo

a quella Casa Santa,

oh quanta gioia, oh quanta

              proveremo.

Assai ben più godremo,

che nel vedere Paesi,

Città, Monti scoscesi,

               e Valli, e Mari.

Questi scorran  gli avari,

che cercano novitadi,

per noi sono vanitadi

                da vedere.

Tutto il nostro piacere

è poter arrivare,

è poter adorare

          il Sacro Tempio.

Sarebbe ben un empio

chi per vederla via,

e non sol per Maria

            là n’andasse.

Piuttosto si levasse

costui di compagnia

di chi corre a Maria

             per sol amore.

E pur un grand’onore

ci fa Nostra Signora

s’ella fra poco d’ora

              noi abbraccia.

Tra le sue care braccia

In sua Casa paterna,

che sarà forsi eterna

               ancora in Cielo.

Abbruggi il cor di zelo,

si pongan l’ali al piede,

si voli sin si vede

                 il Sacro Tetto.

Oh qual, oh qual diletto

aspetta il nostro interno

nell’albergo materno

                   del Signore.

Per passar presto l’ore

del santo cammin nostro

chiediamo l’aiuto vostro

                     o gran Reina.

La carità sì fina,

che verso ognun mostrate

a noi or non negate

          o Madre Santa.

Se la speranza è tanta

che tutti in Voi abbiamo

che tutto noi speriamo

            d’ottenere.

Il vostro gran potere

sopra di noi stendete,

che venir ci vedete

             al vostro albergo.

Ci servirà d’usbergo,

la vostra Protezione

in qualunque occasione

              si presenti.

Mentre noi siamo intenti

a questo santo viaggio

senza curar disaggio

               a vostr’onore.

Tu ancor Gesù Signore

in grazia di Maria

aiutaci per via,

                in ogni passo.

Che no viaggiam per spasso,

bensì con fede santa

per la tua Madre Santa

                 riverire.

E tu vieni ad aprire

o Gabriele letto

il sentier più perfetto

         per Loreto.

Se là scendesti lieto

A recar la novella

alla gran Verginella

          fatta Madre.

Colà l’Eterno Padre

ti spedì Messaggiero

del suo Divin pensiero,

           a noi salvare.

Ti preghiamo preservare

La vita nel cammino

e l’aiuto Divino

            ad impetrarci.

Intanto a sollevarci

dal lungo camminare

potrem noi recitare

             alcun Rosario.

Così ci parrà vario

l’andare che facciamo,

e in tanto meritiamo

               per il Cielo.

Adunque con buon zelo

Maria salutiamo,

e i Mister pensiamo

                 Gaudiosi.

E dopo i Dolorosi

ancor m’eviteremo,

e poi seguiteremo

                  i Gloriosi.

Qui si recita in una, o più volte l’intiero Rosario della Beata Vergine.

Dopo pranzo verso sera si segue.

Ormai s’appresta sera

e noi Maria ancora,

colla sua Casa ogn’ora

          veneriamo.

Ricorso a Lei facciamo

acciò senza mestizia

finiamo, Lei propizia

          la giornata.

A fin che sia impiegata

intiera per suo amore

cantando in tutto l’ore

          le sue lodi.

La notte, e ‘l dì t’applaudi

La Terra, e ‘l Ciel t’onori

La Luna, è ‘l Sol che t’indori

          o Santa Casa.

O Sacra, o Santa Casa,

quando sia mai quel giorno

ch’in te te facciam  soggiorno,

           e t’adoriamo.

Prostrati veneriamo

le tue sacrate mura

acciò la mente impura

           ci compungi.

Da noi fa che sia lungi

del cor ogni durezza

acciò la tua bellezza

          ci innamori.

Da noi scacci gli errori,

da noi tolga i peccati

perché santificati

            noi entriamo.

E visitar possiamo

la nostra Albergatrice,

ch’ogn’alma peccatrice

             al Ciel converte.

Sì,sì vedrem aperte

le braccia di Maria

per stringer l’alma mia

              nel suo seno.

Il nostro cor ripieno

di quanta festa, oh quanta,

in quella Magion Santa

               sentiremo.

Né pur parlar potremo

per la grande allegrezza,

e per la gran dolcezza

                proveremo.

Beati allor saremo

in Casa di Gesù,

bramar non potrem più

                  noi quivi in terra.

Là si finì la Guerra,

là dentro si fe’ pace

tra Dio, e l’Uomo audace

          per Maria.

La pace con noi sia,

godremo un Paradiso,

se Lei con lieto viso

          ivi ci mira.

Ad essa il cor sospira,

ma se tramonta il Sole

noi alla Madre, e Prole

          diam saluto.

La bella Pianta, e ‘l Frutto

adorerem cantando

qualch’inno recitando

          in lor onore.

Si può dir con fervore

l’inno Ave Maria Stella

a chi si chiamò Ancella,

ed è Signora.

Qui si canta divotamente: Ave Maris Stella.

Per la mattina seguente, e per due altri dì servirà il resto che segue da cantarsi interpolatamente

Ne’ nostri primi passi,

che diam questa mattina,

La Stella Mattutina

          salutiamo.

Adunque che invochiamo

Madre del Creatore,

Madre del Salvatore

          Madre possente.

Tu sei ancor Clemente,

tu sei Inviolata,

sei Intemerata,

           e di gran Fede.

Ognun perciò ti crede

degna da venerarsi,

degna da predicarsi,

            e d’ogni onore.

Vaso di Sant’Amore

sei specchio di giustizia,

causa d’ogni letizia,

             e d’Orazione.

Vaso di divozione,

Madre di Puritade,

Madre di Castitade,

             e tutta pura.

Veniam alle tue Mura,

ch’è Casa tutta d’Oro

essendo tu il Tesoro

             che in sé vanta.

Tu sei la Terra Santa,

in segno Tu di Pace;

la Scienza più verace

              in te risiede.

Beato chi possiede

Te Madre d’ogni Grazia,

ch’hai tutta l’efficacia

            presso il Figlio.

Mentre che in questo esiglio

al Peccatore dai mano,

l’infermo Tu fai sano,

          ognuno aiuti.

La sorte ancor tu muti,

 se tu con tanto zelo,

fatta Porta del Cielo,

           i Rei accetti.

Rendendoli tu netti,

e al Signor ben grati

dalle colpe purgati,

            e non più immondi.

Tu degli Angeli mondi,

de’ Patriarchi santi,

e de’ Profeti tanti

             sei Reina.

A te pure s’inchina

l’Apostolico coro,

i Martiri anche loro,

              e i Confessori.

Le Vergini, i Dottori,

e tutti in Ciel gli eletti,

tuoi Servi sono costretti

               a nominarsi.

Noi prima di inoltrarsi

ti supplichiamo divoti

gradire i nostri voti,

e le preghiere.

Al Nord con grande piacere

faremo il nostro viaggio

né temeremo disaggio,

           o pur stanchezza

O con quant’allegrezza

verremo a Te Maria,

se in questa nostra via

             ci farai guida.

Ciascun di noi s’affida

alla tua Protezione,

e con gran Divozione

               ora ti chiama.

Mentre ogni cor ti brama,

ogni lingua  t’implora,

ogni mente t’adora,

                 ognuno t’ama.

S’accende sì gran fiamma

dentro de’ nostri petti,

che fa, ch’ognun s’affretti

                   nel cammino.

Quel gran Tempio Divino,

quella Magion si santa,

oh quanta pena, oh quanta

                    al cor ci mette.

Mentre ciascuno riflette

dal tanto lungi stare,

ch’al cor si vien tardare

                     il suo diletto.

Veder quel Sacro Tetto,

quelle Mura Beate,

quelle Statue Sacrate

                      di Maria.

Precorre il cor la via,

e là giunge veloce,

ove né men la voce,

          ancor arriva.

La speme in tanto avviva

Il nostro cor gelato

all’Oggetto Beato,

           che bramiamo.

A te la mira abbiamo,

che a tutti sei conforto,

in questa vita Porto

            di salute.

Oh quant’alme perdute

furon per Te salvate,

ed ora son Beate

             in Paradiso.

A noi rivolgi il viso,

a noi la mano stendi,

e ‘l nostro pié difendi,

               e fa felice.

Di Dio tu Genitrice,

tu Verginella, e Madre,

Figlia del Divino Padre,

               e fatta Sposa.

Del Santo Amor, che posa

Nell’Anima diletta,

di niun peccato infetta

               e Immacolata.

Non è di cor umano

chi non rivolge il piede

là dove ebber sua fede

               Gesù, e Maria.

Dov’eran stati i pria

ripieni di favori

i santi genitori

          di Maria.

La dentro umil, e pia

col Figlio, e col suo Sposo

con tratto rispettoso

            Ella se ne stava.

Ivi pur allevava

il suo Figlio la Madre,

e lo offriva al Padre

             ben di cuore.

Là dentro sì ‘l Signore

Ancor picciol Bambino

il suo Corpo Divino

              tormentava.

Là dentro  meditava

nel suo pensier interno

come il suo Padre Eterno

                placar dovea.

Per la Natura rea

dell’uomo disordinato

per cui s’era incarnato

                 in essa Casa.

La Madre persuasa

dal sospir del Figlio,

dall’inarcar del ciglio

                  ch’ei faceva.

Anche ella pur piangeva,

e al pianto del Figliuolo

univa anche il suo duolo

           e i suoi sospiri.

Là dentro i gran martiri

d’amara sua Passione

della Crocefissione

          aveva in mente

Gesù l’Onnipotente,

che là prostrato orava,

per l’Uom colà pregava

          del perdono.

Di là giungeva il suono

delle sue voci al Cielo,

e dal Divin suo zelo

           eran tirati.

Ivi I Spiriti Beati

a vagheggiarlo in viso

più bel del Paradiso

           ivi veduto.

Gesù riconosciuto

costretti eran fermarsi

là dentro, e seco starsi

            e non partire.

Bensì d’amor languire

languir con lor Maria,

e seco in compagnia

            ancor Giuseppe.

E chi trovar mai seppe

quaggiù più bel ricetto,

se non quel Sacro Tetto,

            ch’albergo diede,

a chi nel Ciel risiede,

alla sua Madre Santa

ad una parte tanto da

di sua Corte?

          Oh ben felice sorte,

se là, giunger potiamo

e se là dentro entriamo

           oh fortunati.

Oh bene avventurati,

se siamo fatti degni,

di porre i piedi indegni

            in quella stanza.

N’abbiamo la speranza,

ma entrar sotto quel Tetto

fa il cor tremare in petto

             al Peccatore.

Oh Dio! Con quale orrore

calcar l’orme di Cristo,

chi sino ad or fu tristo

               e cieco, e insano.

Dunque con pié profano

calcar dovrem que’ sassi,

che impresser co’ suoi passi

                Gesù, Maria?

Nò nò, si scacci pria

dall’alma ogni peccato,

ognun così sia grato

                  al nostro Dio.

Che il cor contrito, e pio

Là dentro lascia entrare,

per ivi contemplare

                   i gran Misterj.

Gli arcani occulti, e veri,

per cui siamo presenti,

e dagli eterni stenti

          liberati.

Là dentro dispensati

dal Ciel sono tutti doni,

di là gli Eletti, e i Buoni

           escono Santi.

Oh quanti entrati, o quanti

seguaci pria del mondo

n’uscirono col cor mondo

            più perfetto.

Anzi Santo, e perfetto

ripieni sol d’amore

verso del lor Signore

             e Madre Santa.

Oh Sacra Casa, o Santa

da lungi a te veniamo,

da lungi t’adoriamo,

             e chiediam grazia.

Vedere a faccia, a faccia

dopo sue mure sacre

Gesù con la sua Madre

              in Paradiso.

Vedere a viso, a viso

il Facitor superno,

il Ciel tutt’in eterno

              Ognuno prega.

Giacché nulla Dio niega

di quel, che in te si chiede

dal Pellegrin con fede

               per Maria.

Noi tutti in compagnia

ti riveriamo Signora,

tu rilucente Aurora,

          e Sol nascente.

Tu detta anticamente

Grand’Albero della Vita,

bella Verga fiorita,

            e Campo ameno.

Chiamata Ciel sereno,

tu Scala misteriosa,

tu pur mistica Rosa,

            Roveto ardente.

Tu Nube risplendente,

tu Sacrosanto Monte,

tu cristallino Ponte,

            e Porta chiusa.

Arca di Grazia infusa

Reina tu famosa,

Giuditta vittoriosa

              del Dragone.

Tu Vel di Gedeone,

del Tempio l’Edifizio

altar del sacrifizio

               Verga di Jesse

Sotto queste ombre espresse

bella Madre d’Amore

lo Spirto del Signore

                Tua bellezza;

Di grazia alla pienezza

Verginità feconda,

Tua luce, che s’nfonda

          in ogni mente.

Poter sopra ogni gente,

dominio in Ciel, e in Terra,

e fin dove si serra

          il cupo Averno.

Lodiam tutti in eterno

sì grand’Imperatrice

di Dio Genitrice,

          e Figlia, e Sposa.

Sin che il nostro piè posa

nella sua Casa stessa,

ov’ella  genuflessa

            orò più volte.

E le sue preci accolte

dal suo Figliuol Bambino,

col suo merto divino

            al Ciel offriva.

Dov’Ella pur soffriva

vedere un Dio fanciullo

a servir di trastullo

           al buon Giuseppe.

Dove questi ancor seppe

i più segreti arcani

da Spiriti Sovrani

             rivelati.

Dove  lor tre profeti

a santa, e frugale mensa

fiamma d’amore intensa

             li cibava.

Dove Gesù parlava,

dove Giuseppe udiva,

e la madre gioiva

          in tanti affetti.

Quindi d’ognora i petti

freddi, ed agghiacciati

là dentro appena entrati

           son accesi.

Da Sant’Amor sono presi,

dal respirar quell’aura,

là dentro si restaura

              il Pellegrino.

Dunque presti al cammino

per tosto possedere

quanto si può godere

               quaggiù in Terra.

Nel Tempio, ove si serra

il maggior Reliquiario,

il Sacro Santuario,

                e Magion Santa.

Oh quanta gente, oh quanta

là dentro troveremo,

e piangere noi vedremo

                  per Amore.

Quanta con gran dolore

sacro suol prostesa,

detestare ogni offesa

                  a Dio fatta.

Quanta poi soddisfatta

davvero pure adorato,

baciato e ribaciato

il Sacro Luogo.

Cercare al suo cor sfogo

con novi baci, e pianti

dentro que’ muri santi

          ancor languire.

Quanta nel suo partire

volgere a dietro l’occhio,

e in terra col ginocchio

          là gridare.

Vuole il mio cor tornare

senza restarmi in petto

al Sacrosanto Tetto

           di Maria.

Sen torna l’Alma mia

in quella Casa Santa,

ov’ebbe gioia tanta

           entro que’ muri.

Avrem noi cor sì duri,

che non bruciam affatto,

che non resti disfatto

            il corpo intero.

Al bel sguardo primiero

della Stanza Divina

si dia a cor la mina

            e n’esca fuori.

E senza far dimora

precorra i nostri passi,

e ratto entro que’ sassi

Maria ador i.

Indi ritorni fuori

di quel sacro rigetto,

e ci ritorni in petto

ad abbruggiare.

Or su a camminare

s’ella mirar vogliamo,

s’ella adorar bramiamo

          di preferenza.

Ahi che gran veemenza

d’affetto al cor sentiamo

cantar più non possiamo

il cor si serra.

Al primo vedersi da lungi la Cupola della Santa Casa si canti in ginocchio.

Presto il ginocchio a terra

a terra, a terra Amici

o quanto siam felici

          ecco Loreto.

Ecco sì mostra a deto

La Casa di Maria

il fin di nostra via

           il Ciel sereno.

Cantiam a coro pieno;

da lungi ti miriamo,

a te noi sospiriamo,

           o Santa Casa.

O sacra, o Santa Casa,

di qua ti veneriamo

di qua noi ci inchiniamo

            ben di core.

E tutto il nostro amore

a te noi tributiamo,

prostrati  t’adoriamo

o Santa Madre.

Si levi in piedi, e camminando si prosiegua.

Rendiamo grazie al Padre,

al Figlio, al Paracleto

al Luogo di Loreto 

          siam vicini.

Allegri, o pellegrini,

che il resto del sentiero

ci sarà assai leggiero

           più che prima.

Qui sì perdiam la rima

in questo nostro canto

mentre Loreto Santo

           ci sta in vista.

Qui sì nessun s’attrista

dal lungo camminare,

ma ben vorria volare

            al Sacro Tetto.

S’accende il fuoco in petto,

ci abbrucia in petto il core

dalla fiamma d’amore

             in ver Maria.

Nessun lo crederìa

quanto si goda adesso,

che ci vediam d’appresso

                alla sua Casa.

O Santa, o Santa Casa,

nostro conforto, e vita,

or or è pur finita

          la via nostra

Di novo ognun si prostra

a terra co’ ginocchi,

e con le lacrime agli occhi

           ben t’adora.

Oh quando sia quell’ora

che al santuario giunti

nel cor tutti i compunti

            ne restiamo.

Allor sì che vogliamo

baciar que’ Sacri Muri

che da Maria sì puri

             furon resi.

Allor sì che protesi

in quel sacrato suolo,

la Madre, e lì il Figliuolo

              adoreremo.

A loro afferiremo

i nostri passi, e ‘l viaggio

ogni stento, e disagio

              avrem sofferto.

Ma quest’è poco certo

s’ancor il sangue, e vita

con che pur sia gradita

               non si doni.

 E pregarem perdoni

dal Ciel l’Eterno Padre

pe ‘l Figlio, e per la Madre

           a noi gli errori.

Che raggi, e che splendori

di sante illustrazioni,

a noi sia che si doni

          da Maria.

Giunto ciascun che sia

là dentro ad adorare

vorrebbe ognuno spirare

           e non uscire.

Vorrebbe ognuno morire

in quel Sacro Ricetto,

dove Gesù concetto

            prese carne.

Vorrebbe ognun restarne

là dentro seppellito

là dentro incenerito

            dall’amore.

Or dentro il nostro core,

qual fiamma ne discende,

o qual ardor s’accende

             in santi affetti.

O s’apriranno i petti,

o bruggieranno i cori

a sì focosi ardori

             Verginali.

O d’onde tanto vali

o Casa Sacrosanta,

ch’accendi fiamma tanta

             sol veduta?

E che sia poi goduta

nel Santuario interno,

dove l’Amore superno

          si diffonde.

O quanti doni infonde

in grazia di sua Sposa

a quell’alma amorosa

            ch’ivi trova.

Questo da noi si prova,

che là solo al mirare,

sentiam a liquefare

              i sensi nostri.

S’abbruggia pure i mostri

delle fiere passioni,

delle varie affezioni,

                che in noi sono.

Questo chiediamo in dono,

per questo a te veniamo,

affinché diventiamo

                  tutti santi.

Sarà questo tra i vanti

delle grazie maggiori

far santi i Peccatori

                  al sol mirarti.

Possiamo ben consacrarti

le brame, e i sospiri

del nostro cor martìri

                   o Santa Casa.

O Sacra, o Santa casa

alziamo le pupille

ben mille volte, e mille

                    al Sacro Tetto.

A quel felice aspetto

ciascuno ne vien meno

dal gaudio di ch’è pieno

           per Maria.

Ognun sol tacerìa

per concepir grand’atti,

per offerir gran fatti

          di virtudi.

Ciascun dunque si studj

e si prepari avanti

all’esempio de’ santi

          e or tacciamo.

Ma che tacer? miriamo,

se siamo giunti in tanto

al Luogo Sacrosanto,

          ecco le Mura.

O Casa Santa, e pura

noi siamo qui ben umiliati,

di nuovo a Te prostrati

          T’adoriamo.

Qui sì imprimer vogliamo

in quelle pietre i baci

testimoni veraci

          dell’interno.

Qui si col pianto esterno,

dopo fermati passi,

laverem questi sassi

          qui d’intorno.

Qui si di notte, e giorno

nostri cor amorosi

sospiri ben pietosi

           manderemo.

Qui sì si sentiranno

gli affetti, le preghiere,

che con sommo piacere

           offeriremo.

Qui sì supplicheremo

la madre e il divino figlio a donarci il bel giglio

            dell’onestade.

Fervor di caritade

al prossimo, e a Dio

chiediamo con cor ben pio

              da Maria.

L’altra virtude sia

un’umiltà profonda,

che dentro il cor s’infonda

               dal Signore.

Poi tolga ogni malore,

che il corpo ci molesta,

e dal servirlo arresta,

                e dal lodarlo.

Ne ci scordiam pregarlo

ancor per i Congiunti,

si’ vivi, che defunti

                 noi abbiamo.

Qui il canto terminiamo

per ben sfogare gli affetti, ch’abbiam nei nostri petti

                  in ver Maria.

Quando si sarà o appresso, o sull’Atrio del Sacro Tempio si canterà con tutto giubbilo di cuore, come segue.

Ognun ami Maria,

ogni lingua  lodi,

ognuno in tutti i modi

          a Lei si dia.

Dica ciascun, Maria

tu sei conforto mio,

liquefarmi desìo

          al tuo aspetto.

Si strugga questo petto,

s’incenerisca il core

dalla fiamma d’amore

          verso Te?

O Dio beato me,

s’arder potessi canto,

ch’avessi gloria, e vanto

morir per Te?

O Dio beato me,

se qui arrestar finita

potesse la mia vita

sol per Te?

O Dio beato me,

se con quivi morire,

al Ciel potessi gire

a veder Te?

O Dio beato me,

Ahimé ch’io moro, e spiro,

perché con un sospiro

          non vengo a Te?

O Dio beato me,

Che certo vuol morire,

né vuol di qua partire,

           e lasciar Te.

O Dio beato me,

ti chiedo al fine Maria

spirar or l’Alma mia

             in grembo a Te.

O Dio beato me,

o Madre, o Figlio ancora,

deh fate, che in quell’ora

             in Voi io spiri.

Dopo nel partire da Loreto, e nel ritorno a Casa.

Noi siamo i Pellegrini,

che torniamo da Loreto,

col cor tranquillo e quieto

          a Casa nostra.

Ma sin che a noi si mostra

da lungi il sacro tetto

ci salta il core in petto

              per dolore.

Ci risospinge amore

indietro ritornare

l’albergo a visitare

          di Maria.

Amara ora è la via,

e poco abbiam conforto

per esser fuor del Porto

           ov’eravamo.

O quanto volevamo

in quella casa Santa

dove con gioia tanta

           siamo stati.

Oh bene avventurati

Son stati i cori nostri,

ognun quivi si prostri

            e s’inginocchi.

E rivolgendo gli occhi

con dare un sguardo lieto.

miriamo ancor Loreto

            da vicino.

Con umìle inchino

la Santa casa onori

poi la Vergine adori,

            e la saluti.

Qui sì prostrati tutti

il Tempio benedetto

con rIverente affetto

            veneriamo.

A te ci rivolgiamo

o Madre intemerata

da tutti venerata

             T’adoriamo.

E pria che ci partiamo,

ti ridoniamo i cori,

acciò Tu gl’infervori

          e ti lasciamo.

Ma che pena proviamo

a slontanare il piede

da quella Santa sede

           di Maria.

Orsù partiamo via,

perché, finché si veggia

quella sacrata Regia

            qui staremo.

Né un passo pur daremo

a proseguire il viaggio

fin che il divino Palagio

             abbiamo in vista.

O quando mai attrista

il non più rivedere,

nè poté più godere

              il dolce aspetto.

Il sacrosanto tetto,

che l’alma ci ha rapita

e di novo c’invita

                a lui tornare.

Non lo potiam scordare,

e fin che viveremo

in desiderio avremo

                 ivi tornare.

Ma se vogliam quietare

un po la nostra mente

preghiam divotamente

           e andiam cantando.

Kyrie, etc

Dopo poi a tempo.

Noi siamo i Pellegrini,

che a casa ritorniamo

dopo veduto abbiamo

           la Casa di Maria

Dolce sarà la via

con la memoria grata

d’aver noi visitata

            Casa Santa.

Davvero con gente tanta

là dentro venerata,

e di cor adorata

            Nostra Dama.

Che Mondo tutto l’ama,

e là corre pietoso,

e tutto ossequioso

             ad inchinarla.

Chiediam pur noi d’amarla

E   si si mantenga acceso

l’amore, che c’è disceso

             dentro il petto.

Là sotto il sacro Tetto,

dov’arse nostro core

presso dal Sant’Amore,

              che ci ardea.

Ho quanta forza avea

quell’amato Ricetto

a muovere ogn’affetto

          dentro i cori.

Se il sol mirar di fuori

que’ sacrosanti muri

i petti anche più duri

             intenerisce.

Il Turco, e il Mor mugisce

per aver loro in faccia

Forte di sì efficacia

              sopra il mare.

Quell’è quel Sacro Altare,

quell’è quel divin Tempio,

che bramerebbe l’empio

                sradicare.

Le inviò perciò, a donare

quel Cereo veduto,

con che volea distrutto

                il Santo Luogo.

Ma non ebbe il suo sfogo

il Cereo artificiale,

che da mano virginale

                venne estinto.

Così con scorno vinto

fu l’Ottoman sgraziato,

che invano avea tentato

                  sì gran male.

O quando, o quanto vale

del Ciel l’Imperatrice,

di Dio la Generatrice

                   tutto puole.

Ottiene quant’Ella vuole

pietosa co’ suoi servi,

terribile a’ protervi

         si dimostra.

Ell’è l’Avvocata nostra,

ancor è nostra Madre,

dell’Inferno le squadre

         non temiamo.

Basta ci ricordiamo

di quanto abbiam veduto,

di quanto abbiamo goduto

          in quella Stanza.

Oh quanta, o qual speranza

dobbiamo noi avere

d’essere sempre a godere

           Maria in Cielo.

Lassù senz’alcun velo,

se qui ci ha graziati,

accolti, ed i albergati

           in propria Casa.

S’ha da venir persuasa

La nostra compagnia

della Madre Maria

           esser diletta.

E dal suo Figlio eletta

per sempre al Paradiso

a vagheggiare in viso

           il nostro Bene.

Lungi timor di pene,

lungi timor d’oltraggio

in questo santo viaggio,

           che facciamo.

Per Protettrice abbiamo

chi debellò l’Inferno,

e chi del Verbo Eterno

          è Genitrice.

Abbiamo protettrice

chi in qual strada si sia

sarà per ogni via

          nostra Guida.

Sempre potente, e fida

a buoni Pellegrini;

dunque ciascun cammini

           allegramente.

S’abbiamo del Mar lucente

per luminosa Stella

Maria Vergine bella

            senza uguale.

Vergine trionfale,

sicura, e fida scorta,

che al Ciel l’Anima porta

             ove riposa.

Con voce lagrimosa,

e con alti sospiri

ver noi preghiam, che giri

             i dolci rai.

Se là de’ nostri guai

cessaron le tempeste

quando il Nunzio Celeste

Ti diè pace.

Se là il Verbo verace

unì l’Umanitade

con la sua Deitade

          e in Te discese.

Madre dunque cortese,

mentre sei nostra speme

spezza l’aspre catene

          ai peccatori.

E se chi fuor d’errore

guida alla chiara luce,

che al Porto ne conduce

          di Salute.

Tu pur ogni virtute

c’impetra dal tuo Figlio

e qualunque periglio

          da noi scaccia.

E Madre esser ti piaccia

nostra benigna, e pia,

a buona, e dritta via

          per condurci.

In tanto per ridurci

noi ben a camminare

poniamoci a meditare

          per mezz’ora.

Come sì gran Signora

tante grazie comparte

a chi da casa parte

          a visitarla.

E va per adorarla

con invocato affetto

dentro quel Sacro Tetto

          di Loreto.

Ognuno pur stia cheto

nella meditazione,

per far quest’Orazione,

          che sia grata.

A madre Immacolata,

che da noi li l’accetti

riempia i nostri petti

          di sua grazia.

A fin ch’abbia efficacia

appresso l’alto Dio,

che sempre ci sia pio

           in vita, e in morte.

Qui segue la Meditazione, e poi a tempo si segua.

Noi siamo i Pellegrini,

che da Lorè veniamo,

e a casa ritorniamo

             tutti lieti.

La grande divozione,

che ci ha nel cor stillato

quel Luogo sì sagrato

             di Maria.

Ogni dover vorria,

ogni ragion pur vuole

si faccia quel che si puole

              per suo amore.

Che sempre intatto il core

si tenga dal peccato,

e sempre immacolato

               si conservi.

Così sarem suoi servi,

così saremo grati

a chi ci ha graziati

          del suo affetto.

A chi si diè ricetto

nella sua propria Stanza

per darci la speranza

          esser Beati.           

Felici, e fortunati

saremo noi da per tutto,

se conserviamo il frutto

          della grazia.

Che pur Maria procaccia

A chi l’ama di core

dal suo Figlio, e Signore

          Gesù Cristo.

Sarebbe ben un tristo,

se alcuno fra noi si dasse

che mai più s’imbrattasse

          in alcun vizio.

Oh, Dio a qual supplizio

sarebbe condannato,

che fosse stato ingrato

           ver Maria.

Ahimè chi ‘l crederia

che alcun mai più potesse,

che alcun di noi volesse

           ancor peccare.

Piuttosto consacrate

a Lei, ch’è inviolata,

l’alma se gli è donata

           col morire.

Ma chi potrà ridire

le illustrazioni, e i lumi,

che per mutar costumi

          abbiamo avute.

Le grazie ricevute,

i doni dispensati,

i guai, che ci ha levati

           là in Loreto.

E quel, ch’è poi segreto,

che ci ha il Signor donato,

e il male ci ha levato

           nell’interno.

In vita, e in eterno

(Se pur non siamo bruti)

noi siam tutti tenuti

            ad esser Santi.

Adunque tutti quanti

stiam lungi dal peccato,

dal mondo scelerato,

             e traditore.

Si tenga puro il core

purgato con la mente

col vivere innocente

              da per tutto.

Altrimenti perduto

avrem quanto s’è fatto,

e tutto in un sol tratto

              gettaremo.

Ma che poi dir potremo,

se al Divin Tribunale

La Madre Virginale

          ci rinfaccia.

Abbiam persa la grazia,

ch’al singolar favore

c’impetrò dal Signore

         nel Sant’Ospizio.

Di sì gran benefizo

allor trovati rei

saremo co’ Giudei

         ancor dannati.

A’ suoi i figliuoli amati

Maria giammai permette,

che Gesù li rigette,

          e da se scacci.

Ognun sforzo si facci

di vincer bene se stesso,

di riformare ben spesso

          la sua vita.

Veder se ben s’imita

La Vergine in virtude,

se al senso il cor si chiude

          e il vizio fugga.

Se il proprio amor si strugga,

se la mente sgombrata,

se la lingua purgata

          si ritrovi.

Così ciascun si provi

Con supplicar in  tanto

il Ciel per esser Santo

          sin’a morte.

E per l’aiuto forte,

di cui noi bisogniamo

adesso ricorriamo

          a tutti i Santi.

Su su per tutti quanti

lo spirto al Cielo alziamo

le lor laudi cantiamo

          ad alta voce.

Qui si cantan le Litanie dei Santi con le PrecI, ed Orazioni.

Poi a tempo si seguita.

Noi siamo i Pellegrini,

che andiamo così cantando

a casa ritornando

            a Loreto.

Oh se mostrarlo a deto

potessim pur ancora,

e mirarlo tuttora

            da lontano.

Ma ciò riesce vano

perché siam già scostati

da que’ Muri Sacrati

             di Maria.

Se seguiam pure noi la via,

e ci serva di sfogo

narrar del Santo Luogo

              i gran portenti.

Far ch’ognun sappia, e senti

e il Mondo tutto intenda

a qual gloria s’estenda

           il Sacro Tetto.

Di cui degno concetto

nè mente può formare,

né lingua può narrare

            che sia abbastanza.

Se ogn’altro luogo avanza

per il Mister più fino

che Iddio uno, e Trino

            v’ha operato.

Se allor fu consacrato

nel più prezioso Tempio,

che quaggiù senz’esempio

            Ei s’era eletto.

Se affin non sia negletto

con sforzi onnipotenti

senza dei fondamenti

           il fe portare.

Per aria, e sopra il mare

senza che un sasso solo

dei Muri o pur del suolo

           si muovesse.

Dopo i Schiavoni elesse

una Selva d’Ancona

di Nobile Matrona,

           e fu Lauretta.

Non già per sempre eletta

(Che vi dimorò poco)

ma se mutò poi Loco,

           fu la Marca.

Dove qual nobile Arca

per memoria di pace

per scudo contro il Trace

          fu lasciato.

E ‘l Luogo fu chiamato

la terra di Loreto.

Che per divin segreto

           è destinato.

Ad essere venerato

per quella Santa Casa,

la gente persuasa

            ivi portarsi.

Convenne fabbricarsi

non solo un’ampia chiesa,

che tien dentro compresa

             la Magion Santa.

Ma dalla gente tanta,

che là volle fermarsi

ebbe ad edificarsi

              una Cittade.

Che splende in Sanitade,

che tutta pietà spira,

e il Pellegrino ammira

               come un Cielo.

Là tratte sono da Zelo

da pura divozione

genti d’ogni Nazione,

                d’ogni Paese.

IL Gal,  l’Indo, e l’Inglese,

l’Armeno, e l’Africano,

l’Arabo, Moro, e Ispano,

                 e ‘l Mondo tutto.

Ogni popolo istrutto

di qua, di là dal Mare

dov’il Sol va a spuntare,

           e dove scende.

Ne sesso pur s’attende,

etade o pur lingnaggio,

di Natali legnaggio,

           o Dignitade

Là va la Povertade

Là van ricchi Mercanti;

là vanno i Benestanti,

           e i doviziosi.

Soldati, e Religiosi,

Gran Principi, e Prelati,

Monarchi; e Porporati

           colà vanno.

E fin dal Vaticano

di Cristo i Successori

hanno per gran favori

            là portarsi.

Oh quanto d’ammirarsi

incontrando per viaggio

Genti con Equipaggio

            e gran Reine.

Che fuor del lor confine

lasciato in abbandono

portando ricco dono

             son uscite.

Andando umili vestite

in abito negletto

al Sacrosanto Tetto

             di Maria.

Udirsi poi per via

cantar tutto giulivo

 allegro, e ben festivo

          il Pellegrino.

Ma in giungere vicino

a quelle Mure Sagre

veder le genti a squadre

          tutte in pianto.

Oh quanto move,oh quanto

ognun assunse spiegare,

ognun a lagrimare

           d’allegrezza.

Ma quanta tenerezza

d’amor affettuoso,

di cor tutto pietoso

             poi si sente.

Là nell’entrar la gente

dentro il Sacro Ricetto

nel mirarne l’oggetto,

             che si ama.

Si sveglia più la brama

in noi di ritornare

di nuovo a venerare

              quella Stanza.

Ahi dolce rimembranza,

ma che ferisce il core,

e la piaga d’amore

               ancor rinnova.

E certa  pur far prova

che noi tronchiam la via

per tornare a Maria

          di Loreto.

Sì, sì, farà sì inquieto

il cor, che in sen abbiamo

sin tanto ci troviamo

          in questo viaggio.

Dov’ha provato un saggio

diciamo del paradiso

nel vagheggiare in viso

         l’alta Signora.

Oh se potessimo ora

tornarla a rivedere

oh che grato piacere

          ognun avrebbe?

Che giubbilo godrebbe

che sol qui dimorare

potesse per mirare

           la Santa Casa.

Oh sacra, o Santa casa

tu sei la calamita,

che con gioia inaudita

           rapisci i cori.

Tu fai comparire fuori

gli affetti più segreti,

che stavan dentro quieti

            in mezzo al petto.

O Sacrosanto Tetto,

o Casa d’Orazione

Tempio di Devozione

            onor di Dio!

Col cor umile, e pio

di nuovo ti inchiniamo

ancor ti riveriamo

          sulla via.

A Madre Maria

di nuovo ci volgiamo

di nuovo ti adoriamo

           qua prostrati.

E dopo in pié levati

seguiam ben il cammino

ma ‘l cor a Te  vicino

            noi torniamo.

E senza cor andiamo

poiché l’abbiamo lasciato

nell’albergo Sacrato

             di Tua Casa.

Oh sacra, Santa casa

l’Alma non ci rapire

se il viaggio proseguire

             noi dobbiamo.

Acciò ci divertiamo

dal Sacro Santuario

recitiamo il Rosario,

             unitamente.

Ma con attenta mente

che vengan meditati

i misteri operati

             là in quel Luogo.

Avranno così il suo sfogo

nostri cor amorosi,

i Misteri Gaudiosi

             meditando.

E dopo recitando

i detti Dolorosi

gli amori più pietosi

          ne usciranno.

Poi fuori ne verranno

i giubbili più veri

meditando i Misterj

           Gloriosi.

Alcun parlar non osi

per questo poco d’ora,

acciò nostra Signora

           noi ascolti.

A Lei dunque rivolti

con l’attenzion più fina

diciam Salve Regina,

            e cominciamo.

Qui si dice tutto il Rosario in una, o più volte a beneplacito.

Noi siamo i pellegrini,

che ora ce ne torniamo

dove temp’è lasciamo

          i nostri averi.

Noi siamo forastieri

un pezzo fa partiti,

da casa nostra, ed iti

           al bel Loreto.

Là fummo col cor quieto

là dentro fummo accetti,

là dentro i nostri petti

          amor s’accese.

Crediam Maria ci prese

per suoi Figli adottivi,

e noi tutti giulivi,

           ce ne andiamo.

Perché certo speriamo

d’essere da Lei guardati

protetti, e preservati

            d’ogni male.

Dal peccato mortale,

ch’è la maggior disgrazia,

che ci toglie la grazia

             del Signore.

Ci ha poi empito il core

d’amore si infuocato,

che ancor non s’è scordato

             di Maria.

Anzi in tutta la via

è stato sempre ardente,

sempre puro, e innocente

              è dimorato.

Così sia conservato

dalla Vergine Madre,

sin che si renda al Padre

               la nostr’Alma.

A conseguire la Palma,

che il giusto in Ciel possiede,

e Dio poscia concede

                 ai penitenti.

In tanto li Parenti

presto ci incontreranno

or or che ci vedranno

          gir a Casa.

O dalla Santa Casa

essi faransi a dire

che c’avete ridire

          e che portate?

Orsù via ci mostrate,

ciò che con voi avete

quel che dar ci volete,

           e poi direte.

Quanto veduto avrete,

se sia vera la fama

di quanto si proclama

            di Loreto.

Ognuno vorrà in segreto

che tosto se gli dona

Medaglia, o pur Corona

            benedetta.

O qualch’Immaginetta

dell’adorata Immago,

e perché ognun sia pago

            che faremo?

Noi a ciascun daremo

di quel, che abbiamo provisto

poi ciò, che abbiamo visto

           narreremo.

Principio noi daremo

dalla nostra partenza,

e come il fumo senza

           alcun disaggio.

Per tutto il nostro viaggio,

che il fe, tutto felice

la nostra Ausiliatrice,

          e cara Madre.

Che dall’Eterno Padre,

dal Sposo, e dal suo Figlio

salvò d’ogni periglio

            i suoi Divoti.

Se bene non eram noti

tutti ci ha ben trattati,

dove siam capitati

              giorno, e notte.

In Mar viste le Flotte,

che ne premevan l’onde,

e noi da quelle Sponde

                godevamo.

Veduti ancor abbiamo

diversi gran Pallaggi,

bei Tempi, e Romitaggi

                 nel cammino.

Ma quel, che ha del Divino

è il Sacrosanto Tetto,

di cui formar concetto

                   nissun vale.

Presenza personale

al certo si richiede,

e che là ponga il piede

                    se alcun vuole.

Intender quanto puole

di quel Sagrato Luogo,

se per qualunque sfogo,

          che si faccia.

Di dir con efficacia,

non si può caldo dire,

che altrui possa capire

           quanto è vero.

Non esservi Mistero,

che al par di questo mova

chi colà si ritrova

           a ben pensare.

Là dir, qui s’ebbe a fare

il Trattato di Pace

tra l’Uom, e Dio verace

            e qui concluso.

Dentro l’Utero chiuso

del Ventre Virginale

di Donzella Reale

            il Verbo scese.

E di Lei Carne prese,

e chi vi fu obumbrata

Maria fu chiamata,

            e fu qui tutto.

Qui il Verbo si fe muto,

la pianta apprese il frutto,

il peccato distrutto,

            e l’Uomo salvato.

O luogo consacrato

da sì Divino Mistero,

che l’umano pensiero

           là si oscura.

Alma non vi è sì dura,

che in quel Sacrario Santo

non si disfaccia in pianto.

          e quasi muoja.

Dall’eccessiva gioia,

dalla piena d’Amore,

e dall’alto stupore

           la sorprende.

Ma questo non s’intende

Da verun’ intelletto,

se dentro il Sacro Tetto

           non si trova.

Né quel, che là si prova

della Grazia in segreto,

che sol s’apre in Loreto,

            e vi si serra.

Alla Casa che in terra

che la Divina Madre

diede l’Eterno Padre,

             questo dono.

Quindi incapaci sono

questi nostri Congiunti

per mezzo di racconti

              intender tutto.

Del gran Tempio veduto

del suo ricco Tesoro

potiam parlar a loro

               con piacere.

E dirgli, o bel vedere

un edifizio tale

che non v’è in Terra eguale,

                  e sontuoso.

Un tempio maestoso

di vaga, e grande altezza,

di non minor ampiezza,

          e tutto quello.

Dove grave scalpello,

dove pennello fino,

ed ago soprafino

           v’han sudato.

Sarà sempre ammirato

lavoro di grand’arte

perché v’ebbero parte

          i più periti.

Con disegni graditi,

con dotta maestria

Tempio per Maria

          fu innalzato.

Quant’Oro hanno impiegato

più Nobili, e Mitrati

Principi, e Porporati,

          e i Papi stessi.

Perché furon anch’essi

dalla Vergin graziati,

e bene spesso ajutati

          in grandi affari.

Oh come belli Altari

di Casi preziosi,

d’arredi sontuosi

         tutti ornati.

Veder poi attaccati,

e a quei Muri appesi

là d’intorno distesi

        Tanti Voti.

Portati da divoti

per grazie ricevute

con iscrizioni argute,

          e ben intese.

Là di Galee prese

A’ Turchi, o liberate,

d’altre pur affondate,

           e riavute.

Parlan Tabelle mute,

parlan Stendardi, e le Armi

con dir: senza risparmi

           qui fansi Grazie.

Si levan le disgrazie

i morbi, ed i dolori,

le pene, e i languori

           sono sanati.

Gl’Infermi liberati,

i Ceppi, e le Catene

mostrano a chi qua viene

           da lontano.

L’Onnipotente mano

romper i lacci, e ferri

acciò che si disserri

           ogni Prigione.

Togliere ogni passione,

frenar pioggie e tempeste,

scacciar l’orrida peste,

           e quietar Mari.

Mandar questi ripari

a fiamme ben ardenti,

a Fiumi, ed a Torrenti

          senza offesa.

V’è la memoria appesa

delle liti serrate,

delle Vittorie date,

          e pace avuta.

Della gente perduta

nel velleggiar per Mare

se al fin s’ebbe a salvare

          qui ricorda.

Della gente soccorsa

in mezzo agli Assassini

con aiuti Divini

           per Maria.

Ancor di gente ria

da Demone suasa

rubar la Santa Casa,

           e poi fuggire.

Ebber dal Ciel venire

squadre di Spiriti armati

fermare i disgraziati,

           e furon colti.

Indegni essere ascolti

nanti del Divin Tetto

strapparvisi dal petto

           l’alma loro.

Così pur di coloro,

che un po’ di calce solo

preser dal sacro suolo,

            e fur puniti.

Sino al tornar pentiti

rimetter al suo loco

il tolto, benché poco

          ai Muri Santi.

Oh quanti segni, o quanti

pendono d’intorno al Tempio

a memoria, ed esempio

            delle Genti.

Che sappiano i portenti,

ed i prodigi strani

oprati per le mani

             di Maria.

Mai non si finirà

vedere i Voti loro

in Tela, Argento, ed Oro

              là lasciati.

D’Attratti,  e Disperati,

di Ciechi, Sordi, e Muti,

d’Ossessi e mal caduti

              in precipizj.

Altri da malefizj,

da Larve, ed ombre presi,

e dal Nemico offesi,

               liberati.

Di Figliuoli impetrati

da Donne partorienti,

Prigionieri Innocenti

              liberati.

Che tutti fur graziati.

Là dotti gli Ignoranti

là i Peccatori, Santi

               furono fatti.

Là pure i mentecatti

ebber giudizio sano,

ebbero cor umano

          anche i Tiranni.

Idolatri a molt’anni

altri nell’Eresia

sono tutti da Maria

          illuminati.

Questi sono dimostrati

nelle Tabelle impresse;

molto dimostrano esse,

          non già tutto.

È tempo ormai perduto

voler del già seguito,

ch’ha pur dell’infinito

          far racconto.

Qui torna ben a conto

dir qualche cosa ancora

del Tesoro che finora

          ivi ha Maria.

Oh gran tesoreria

Che ha mai la Casa Santa

Oh qual è mai oh quanta

          e senza stima.

I doni diciam prima

de i Papi ad un per uno,

di questi sol ciascuno

          fa un Tesoro.

Non solo d’argento, ed oro,

ma cose le più rare

scelte tra le lor care

           in Vaticano.

Imitati loro hanno

Vescovi, e Cardinali,

Prelati Principali,

          e gran Signori.

Gran Regi, e Imperatori,

Monarchi, e più Sovrani,

più Duci, e Capitani,

           e Cavalieri.

Così Luoghi primieri,

Città, Castelli, Regni

per Personaggi degni

            hanno recato.

A quel Luogo Sacrato,

suoi doni regalati

con l’Armi lo segnati

             come appare.

Sono Vasi d’Altare,

Lampade, e Candelieri,

più Croci, ed Incensieri

              di gran lavoro.

Calici tutti d’oro

di gioie tempestati,

e Crocefissi a aurati,

              e gran Lumiere

D’argento Statue intere,

più Gemme, e più Corone

di più Regie Persone,

              e più Maniglie.

Manti con Momperiglie

di Diamante intessute,

Collane mai vedute

          sì preziose.

Più Vesti maestose,

altre Sacerdotali

di Topazzi Orientali

          ancor guarnite.

Altre di Margherite,

di Smeraldi, e Rubini,

Pendenti, ed Orecchini,

          con Anelli.

De’ più fini Gioielli

guarniti, ed ingemmati

de’ Drappi ingiojellati

          senza fine.

Tratti d’ogni confine

ricche Spoglie di Guerra,

finiamo; il Ciel, la Terra,

           il Mondo tutto.

Sempre recò in tributo

Alla Ca Lauretana,

alla Vergine Sovrana

           i suoi Tesori.

Ma quanto più degli Ori

son più rare novizie

le sacre Massarizie

           son mostrate.

Sì spesso maneggiate

da Gesù, e da Maria,

e seco in compagnia

           da Giuseppe.

Giammai nessuno seppe

cercar cose maggiori

là dentro i gran Tesori

          di Loreto.

Quello che non è segreto

quello è il Tesor maggiore,

che non rende gran stupore,

            e ‘l tutto avanza.

Questa è la Sacra Stanza,

l’istessa Casa, e Tetto,

in che Gesù concetto

              ne rimase.

In che l’Angelo persuase

alla Reale Donzella,

farsi Madre l’Ancella

              del Signore.

Luogo di Sacr’onore,

ogni Sasso è un Tesoro,

la Polve più dell’Oro

               è preziosa.

La Statua Maestosa,

l’Immago Virginale,

di Viso Celestiale

               di Maria.

Tutta divota, e pia

col Bambin fra le braccia,

che pari porga la Grazia

                a chi la vuole.

Polve di rose, e viole,

e fior di giglio mista

San Luca Evangelista

                 par si servisse,

con quella coloro risse

l’Immago riverita

resa poi inbrunita

          da’ Profumi.

Di vari Incensi, e Lumi

che stando sempre ardenti

sembrano Stelle lucenti

          di quel Cielo.

Svegliando i cor di gelo

ad acquistar ardore,

infiammarsi d’amore,

          e poi bruciare.

Qual Tesoro è l’Altare

dentro del Santuario,

che di Cristo il Vicario

          ha consacrato?

Dove v’ha celebrato

il primo Successore

del nostro Redentore

          nella Chiesa.

La fiamma poi discesa

dal Ciel più volte il Tetto

del Divino Ricetto,

          e le visioni.

Le stesse apparizioni

della Madre di Dio

mostran se Sacro, e pio

          ne sia Loreto.

Sì che contento, e cheto

ogni nostro Congionto,

quando ciò le sia conto,

          dovrà stare.

Più non si può narrare

il resto abbiam veduto,

e meno assai del tutto,

          h’abbiam detto.

Sen vadi al Sacro Tetto

chi vuol di più sapere,

chi vuol di più vedere,

           e sarà sazio.

Soffrirebbe ogni strazio

ognun di noi ancora

per venerare tutt’ora

            la Sacra Casa.

O Santa, o Santa Casa,

di nuovo t’adoriamo,

di nuovo i cor doniamo

             a te Maria.

Così finiam la via,

e perché il ciel ci applaudi

finiamo con le laudi

             di Maria.

E qui si recitano le litanie, ec.

Atto di contrizione per ogni mattina, e sera nel viaggiarsi.

Sommo Ben, mio Signor

come non v’amerò?

V’amo con sommo amor,

quanto quest’alma può.

     Perché il mio cor peccò

     or n’ho sommo dolor,

     mai più v’offenderò

     con il vostro favor.

Le mie colpe dirò

 a pié del Confessor;

penitenza farò

de miei passati error.

     Sommo Ben, mio Signor

     come non v’amerò?

     V’amo con sommo amor,

     quanto quest’alma può.

               IL FINE

LAUDI SPIRITUALI

Nel Santo Viaggio

A  L O R E T O

Per sollevarsi dalla stanchezza,

ed infiammarsi nel desiderio

di vedere

L A   S A N T A    C A S A

ED IVI ADORARE

LA SANTISSIMA VERGINE

M  A  R  I  A

In MANTOVA, MDCCXLIX

Per Ercole di Alberto Pazzoni

1749

Alla Santa Casa di Loreto

Noi siamo i Pellegrini,

che ci poniamo in via,

per andare a Maria

          di Loreto.

Ciascun venga pur lieto

a quella Abitazione,

ch’è casa d’Orazione,

          e tutta d’Oro

Non v’è in Terra Tesoro,

non v’è sì Sacro Luogo,

dov’ha l’alma il suo sfogo

             con Maria.

Non v’è Casa si pia,

dove sia salvo ognuno,

né vi perisca alcuno,

          come in quella,

Non v’è stanza sì bella

quaggiù sia più beata,

né che sia mai più grata

          al Redentore.

Non v’è Tempio d’onore,

sì prezioso, e raro,

che possa essere più caro

          al nostro Dio

Non v’è Tetto sì pio,

né  men più sacrosanto,

già che de’ Santi il Santo

          l’ha abitato.

Non c’è altare più ornato

di più bel Reliquiario,

s’è tutto un Santuario

          da adorarsi.

Né in Terra può trovarsi

la più gradita reggia

dove abbia la sua seggia

          la gran Madre.

Dove l’Eterno Padre

spedì il suo Divino Figlio,

dopo l’alto Consiglio

          ivi seguito.

Dove fu definito,

 non poter l’Uomo salvarsi,

senza il Verbo incarnarsi,

          e poi morire.

Andiamo a riverire

Casa si generata

e Vergine inviolata

         ad adorare.

Ognun l’ha dà chiamare

per Madre del Signore

per riempirsi il core

         di virtude.

Ella, che al vizio chiude

con la sua man la via,

e dona alll’alma ria

         la puritade.

Fa dono d’umiltade,

e rende casto, e bello

l’uomo che era già bello

          al Creatore.

Ciascun or con dolore

venga contrito, e pio,

sicuro d’aver Dio

           in compagnia.

Avrem buona la via,

avrem sicuro il viaggio,

e senza alcun disaggio

           arriveremo.

Ma quanto ben faremo,

se mentre camminiamo,

le laudi noi cantiamo

            di Maria.

Orsù con voce pia,

le laudi unitamente,

ma ben divotamente

            recitiamo.

Si recitano le litanie

Torniamo al nostro canto,

che senz’alcuna pena,

anzi con maggior lena

             n’anderemo.

Oh quanto goderemo,

se nel nostro viaggiare

saprem la mente alzare

              verso il cielo.

Là sì che senza velo

vedrem il Divin Padre,

vedrem la cara Madre

          del Signore.

Oh quale, oh quant’amore

ci sveglierà nel petto

la Madre del diletto

          nostro bene.

Se quaggiù ancor le pene

commuta in gran piacere

il poter sol vedere

           sua Casa pia.

Ma quando in compagnia

di tutti in Cielo i Santi

vedrem poi tutti quanti

           il suo bel volto?

Allor ci verrà tolto

dal cor ogni timore

dal corpo ogni dolore

           ogni tristezza.

Oh quando tal bellezza

della gran Donna in viso

vedrem il Paradiso,

           oh quando sia?

Basta dir che Maria,

pria d’essere concetta

fu dal gran Padre eletta,

           e destinata.

Per Pura, e Immacolata

Vergine insieme, e Madre,

di quello, a cui è Padre

           Iddio Signore.

Lo Spirto Santo Amore

l’elesse per sua Sposa

quindi tutta amorosa

           Egli la rese.

Perché in essa distese

di grazia ogni pienezza,

del Ciel ogni bellezza,

           ogni possanza.

Oh quanto sopravanza

di purità in candore 

la Madre del Signore

            tutt’i Santi.

Deh siam pur noi amanti

d’una sì gran Signora,

che tutto il Cielo adora

              per Regina.

A Lei ancor si inchina

il Mondo, e ‘l cupo Inferno

a suo grande scorno eterno

               da Lei vinto.

Così sia pur estinto

dentro del nostro cuore

ogni fiamma d’amore,

               che sia profano,

E’ ben di core infamo

chi non si accende tutto,

né si sente distrutto

                per Maria.

Ma se qua nella via

Sentiam tanto conforto,

che sarà poi nel porto,

            in vagheggiarla?

Poniamoci a contemplarla,

e con alzar la mente

pensiam divotamente

           a tal Signora.

Ella è la vaga Aurora

per lui comparsa al mondo

che lo rese giocondo.

           e tutto lieto.

Non v’è Mar più quieto

di Lei pia, e cortese,

ch’altrui placa le offese,

           e ‘l tutto puole.

Non c’è più chiaro Sole

di Maria si clemente,

che rischiara ogni mente,

           e fa pudica.

Non c’è Stella più amica

di Lei, che può scampare

noi dal turbato Mare

          senza Barca.

Non c’è Nave più carca

di Lei, che da lontano

il Pane a noi sovrano

          ben appresta.

Della Vergine questa

Non c’è più bel Giardino,

ove il Verbo Divino

          vi s’innesta.

Aura non v’è più fresca

della madre beata,

dove l’alma affannata

         si riposa.

Non c’è più vaga rosa

di Madre sì modesta,

che al puro amor ci desta,

          e vi ci infiamma

non c’è più viva fiamma

della sposa d’amore,

che abbruccia l’altrui core,

           senza pena.

Non v’è Terra più amena

della Vergine amante

dov’ogni cor costante

            si ripianta.

Non c’è più nobil Pianta

di Lei, che ci ha prodotto

quel Santo, e Divin Frutto

             del suo Figlio.

Non v’è più grato Giglio

della Vergine Madre,

ch’alle Verginee Squadre

             renda odore.

Non c’è miglior liquore

di Lei, ch’è il dolce Rio,

al qual bevette un Dio

              per noi nato.

E se Lei ce l’ha dato,

non v’è già maggior Bene

se dentro se contiene

               Iddio stesso.

Ad un tal riflesso

ciascun s’ha da infiammare

l’affetto a ravvivare

          in ver Maria.

Non c’è Sposa, che dia

come Ella nel suo viso

mostra di Paradiso

          a chi l’onora.

Meditiamo per mezz’ora

il suo merto, e le virtù

per amarla sempre più

          come dobbiamo.

Qui segue mezz’ora di divota Meditazione sopra le virtù della SS. Vergine così viaggiando

Or che diremo adesso

che abbiamo meritato,

e di Maria pensato

          le grandezze.

O grandi, o gran bellezze

o gran virtudi abbraccia

chi è piena della grazia

          il suo Dio!

Dì su, dì su cor mio,

e parla la lingua mia,

ciò che di Maria

           hai contemplato.

Dirò mi sono fermato

a pensar l’umiltà,

e la gran purità

          del di Lei core.

Che innamorò il Signore

a prender di lei in carne,

venire ad abitarne

            tra mortali.

Per liberar da mali

noi Peccatori tutti,

che andavamo distrutti

             dal Peccato.

Oh quanto ben ci ha fatto

La Purità sì monda,

e l’umiltà profonda

               di Maria.

A l’Lei grazie ne sia,

che sua mercé salvati

siamo per lei liberati

               dall’Inferno.

In eterno, in eterno

a Lei siam obbligati

Le dobbiam esser grati

               di tal bene.

Il sangue nelle vene

per Lei spender dobbiamo

se Lei di cuor amiamo,

                 e pur è vero

Che tutti da dove

all’lei tenuti siamo

del bene, che aspettiamo

                  lassù in Cielo.

Fu causa il suo gran zelo,

che presto discendesse

chi per Madre l’elesse

          quaggiù in terra.

Per Lei pur si disserra

al peccatore la gloria,

e a chi vuol vittoria

          vien concessa.

Ognun pure confessa,

che chi di lei la vita

col suo favore imita,

           si fa Santo….

E’ pur ver altrettanto,

che da pensieri carnali

La Purità sua vali

           a liberare.

Così per discacciare

La gran superbia altiera

l’umiltade  sua vera

            fu provata.

E chi l’ebbe invocata

delle colpe il perdono,

di castitade il dono

             ha ricevuto.

Anzi chi fu perduto,

e l’alma aveva dato

a Satana disgraziato

             ebbe la grazia.

Che tale fu l’efficacia

della Madre di Dio,

che il scolerato, e rio

             fu salvato.

Dunque da noi lodato

chi è il nostro caro Padre,

che del Figlio la Madre

         tanto onora.

Allegri stiamo pur ora,

e vada ciascun quieto,

ch’andiam verso Loreto

          alla sua Casa.

Sì sì alla santa casa

noi tutti i suoi divoti

i nostri umili voti

            offriremo.

Là sì supplicheremo

La Madre Santa, e Pia,

la Vergine Maria

              a farci i Santi.

Che s’ha salvati tanti

del suo Figliol nemici,

concederà agli amici,

               almeno un guardo.

Che quasi come dardo

chiediam nel nostro core

per fiamme del suo amore.

                 E nostra vita.

Ma perché sia esaudita

la nostra umile preghiera,

de’ Santi la gran Schiera

                  invochiamo.

Le loro laudi cantiamo

con vera divozione

e con questa intenzione

           di pregarli.

Anzi di supplicarli

lodar per noi Maria,

e in nostra compagnia

          riverirla.

Qui si cantano le Litanie de’ Santi con tutte le Preci ed Orazioni.

Or chi abbiam riposato,

e d’altro già discorso

torniamo al nostro corso.

           In ver Maria

abbrevierà la via

né sentirem stanchezza

se la di Lei grandezza

            esalteremo.

Oh quando giungeremo

a quella Casa Santa,

oh quanta gioia, oh quanta

              proveremo.

Assai ben più godremo,

che nel vedere Paesi,

Città, Monti scoscesi,

               e Valli, e Mari.

Questi scorran  gli avari,

che cercano novitadi,

per noi sono vanitadi

                da vedere.

Tutto il nostro piacere

è poter arrivare,

è poter adorare

          il Sacro Tempio.

Sarebbe ben un empio

chi per vederla via,

e non sol per Maria

            là n’andasse.

Piuttosto si levasse

costui di compagnia

di chi corre a Maria

             per sol amore.

E pur un grand’onore

ci fa Nostra Signora

s’ella fra poco d’ora

              noi abbraccia.

Tra le sue care braccia

In sua Casa paterna,

che sarà forsi eterna

               ancora in Cielo.

Abbruggi il cor di zelo,

si pongan l’ali al piede,

si voli sin si vede

                 il Sacro Tetto.

Oh qual, oh qual diletto

aspetta il nostro interno

nell’albergo materno

                   del Signore.

Per passar presto l’ore

del santo cammin nostro

chiediamo l’aiuto vostro

                     o gran Reina.

La carità sì fina,

che verso ognun mostrate

a noi or non negate

          o Madre Santa.

Se la speranza è tanta

che tutti in Voi abbiamo

che tutto noi speriamo

            d’ottenere.

Il vostro gran potere

sopra di noi stendete,

che venir ci vedete

             al vostro albergo.

Ci servirà d’usbergo,

la vostra Protezione

in qualunque occasione

              si presenti.

Mentre noi siamo intenti

a questo santo viaggio

senza curar disaggio

               a vostr’onore.

Tu ancor Gesù Signore

in grazia di Maria

aiutaci per via,

                in ogni passo.

Che no viaggiam per spasso,

bensì con fede santa

per la tua Madre Santa

                 riverire.

E tu vieni ad aprire

o Gabriele letto

il sentier più perfetto

         per Loreto.

Se là scendesti lieto

A recar la novella

alla gran Verginella

          fatta Madre.

Colà l’Eterno Padre

ti spedì Messaggiero

del suo Divin pensiero,

           a noi salvare.

Ti preghiamo preservare

La vita nel cammino

e l’aiuto Divino

            ad impetrarci.

Intanto a sollevarci

dal lungo camminare

potrem noi recitare

             alcun Rosario.

Così ci parrà vario

l’andare che facciamo,

e in tanto meritiamo

               per il Cielo.

Adunque con buon zelo

Maria salutiamo,

e i Mister pensiamo

                 Gaudiosi.

E dopo i Dolorosi

ancor m’eviteremo,

e poi seguiteremo

                  i Gloriosi.

Qui si recita in una, o più volte l’intiero Rosario della Beata Vergine.

Dopo pranzo verso sera si segue.

Ormai s’appresta sera

e noi Maria ancora,

colla sua Casa ogn’ora

          veneriamo.

Ricorso a Lei facciamo

acciò senza mestizia

finiamo, Lei propizia

          la giornata.

A fin che sia impiegata

intiera per suo amore

cantando in tutto l’ore

          le sue lodi.

La notte, e ‘l dì t’applaudi

La Terra, e ‘l Ciel t’onori

La Luna, è ‘l Sol che t’indori

          o Santa Casa.

O Sacra, o Santa Casa,

quando sia mai quel giorno

ch’in te te facciam  soggiorno,

           e t’adoriamo.

Prostrati veneriamo

le tue sacrate mura

acciò la mente impura

           ci compungi.

Da noi fa che sia lungi

del cor ogni durezza

acciò la tua bellezza

          ci innamori.

Da noi scacci gli errori,

da noi tolga i peccati

perché santificati

            noi entriamo.

E visitar possiamo

la nostra Albergatrice,

ch’ogn’alma peccatrice

             al Ciel converte.

Sì,sì vedrem aperte

le braccia di Maria

per stringer l’alma mia

              nel suo seno.

Il nostro cor ripieno

di quanta festa, oh quanta,

in quella Magion Santa

               sentiremo.

Né pur parlar potremo

per la grande allegrezza,

e per la gran dolcezza

                proveremo.

Beati allor saremo

in Casa di Gesù,

bramar non potrem più

                  noi quivi in terra.

Là si finì la Guerra,

là dentro si fe’ pace

tra Dio, e l’Uomo audace

          per Maria.

La pace con noi sia,

godremo un Paradiso,

se Lei con lieto viso

          ivi ci mira.

Ad essa il cor sospira,

ma se tramonta il Sole

noi alla Madre, e Prole

          diam saluto.

La bella Pianta, e ‘l Frutto

adorerem cantando

qualch’inno recitando

          in lor onore.

Si può dir con fervore

l’inno Ave Maria Stella

a chi si chiamò Ancella,

ed è Signora.

Qui si canta divotamente: Ave Maris Stella.

Per la mattina seguente, e per due altri dì servirà il resto che segue da cantarsi interpolatamente

Ne’ nostri primi passi,

che diam questa mattina,

La Stella Mattutina

          salutiamo.

Adunque che invochiamo

Madre del Creatore,

Madre del Salvatore

          Madre possente.

Tu sei ancor Clemente,

tu sei Inviolata,

sei Intemerata,

           e di gran Fede.

Ognun perciò ti crede

degna da venerarsi,

degna da predicarsi,

            e d’ogni onore.

Vaso di Sant’Amore

sei specchio di giustizia,

causa d’ogni letizia,

             e d’Orazione.

Vaso di divozione,

Madre di Puritade,

Madre di Castitade,

             e tutta pura.

Veniam alle tue Mura,

ch’è Casa tutta d’Oro

essendo tu il Tesoro

             che in sé vanta.

Tu sei la Terra Santa,

in segno Tu di Pace;

la Scienza più verace

              in te risiede.

Beato chi possiede

Te Madre d’ogni Grazia,

ch’hai tutta l’efficacia

            presso il Figlio.

Mentre che in questo esiglio

al Peccatore dai mano,

l’infermo Tu fai sano,

          ognuno aiuti.

La sorte ancor tu muti,

 se tu con tanto zelo,

fatta Porta del Cielo,

           i Rei accetti.

Rendendoli tu netti,

e al Signor ben grati

dalle colpe purgati,

            e non più immondi.

Tu degli Angeli mondi,

de’ Patriarchi santi,

e de’ Profeti tanti

             sei Reina.

A te pure s’inchina

l’Apostolico coro,

i Martiri anche loro,

              e i Confessori.

Le Vergini, i Dottori,

e tutti in Ciel gli eletti,

tuoi Servi sono costretti

               a nominarsi.

Noi prima di inoltrarsi

ti supplichiamo divoti

gradire i nostri voti,

e le preghiere.

Al Nord con grande piacere

faremo il nostro viaggio

né temeremo disaggio,

           o pur stanchezza

O con quant’allegrezza

verremo a Te Maria,

se in questa nostra via

             ci farai guida.

Ciascun di noi s’affida

alla tua Protezione,

e con gran Divozione

               ora ti chiama.

Mentre ogni cor ti brama,

ogni lingua  t’implora,

ogni mente t’adora,

                 ognuno t’ama.

S’accende sì gran fiamma

dentro de’ nostri petti,

che fa, ch’ognun s’affretti

                   nel cammino.

Quel gran Tempio Divino,

quella Magion si santa,

oh quanta pena, oh quanta

                    al cor ci mette.

Mentre ciascuno riflette

dal tanto lungi stare,

ch’al cor si vien tardare

                     il suo diletto.

Veder quel Sacro Tetto,

quelle Mura Beate,

quelle Statue Sacrate

                      di Maria.

Precorre il cor la via,

e là giunge veloce,

ove né men la voce,

          ancor arriva.

La speme in tanto avviva

Il nostro cor gelato

all’Oggetto Beato,

           che bramiamo.

A te la mira abbiamo,

che a tutti sei conforto,

in questa vita Porto

            di salute.

Oh quant’alme perdute

furon per Te salvate,

ed ora son Beate

             in Paradiso.

A noi rivolgi il viso,

a noi la mano stendi,

e ‘l nostro pié difendi,

               e fa felice.

Di Dio tu Genitrice,

tu Verginella, e Madre,

Figlia del Divino Padre,

               e fatta Sposa.

Del Santo Amor, che posa

Nell’Anima diletta,

di niun peccato infetta

               e Immacolata.

Non è di cor umano

chi non rivolge il piede

là dove ebber sua fede

               Gesù, e Maria.

Dov’eran stati i pria

ripieni di favori

i santi genitori

          di Maria.

La dentro umil, e pia

col Figlio, e col suo Sposo

con tratto rispettoso

            Ella se ne stava.

Ivi pur allevava

il suo Figlio la Madre,

e lo offriva al Padre

             ben di cuore.

Là dentro sì ‘l Signore

Ancor picciol Bambino

il suo Corpo Divino

              tormentava.

Là dentro  meditava

nel suo pensier interno

come il suo Padre Eterno

                placar dovea.

Per la Natura rea

dell’uomo disordinato

per cui s’era incarnato

                 in essa Casa.

La Madre persuasa

dal sospir del Figlio,

dall’inarcar del ciglio

                  ch’ei faceva.

Anche ella pur piangeva,

e al pianto del Figliuolo

univa anche il suo duolo

           e i suoi sospiri.

Là dentro i gran martiri

d’amara sua Passione

della Crocefissione

          aveva in mente

Gesù l’Onnipotente,

che là prostrato orava,

per l’Uom colà pregava

          del perdono.

Di là giungeva il suono

delle sue voci al Cielo,

e dal Divin suo zelo

           eran tirati.

Ivi I Spiriti Beati

a vagheggiarlo in viso

più bel del Paradiso

           ivi veduto.

Gesù riconosciuto

costretti eran fermarsi

là dentro, e seco starsi

            e non partire.

Bensì d’amor languire

languir con lor Maria,

e seco in compagnia

            ancor Giuseppe.

E chi trovar mai seppe

quaggiù più bel ricetto,

se non quel Sacro Tetto,

            ch’albergo diede,

a chi nel Ciel risiede,

alla sua Madre Santa

ad una parte tanto da

di sua Corte?

          Oh ben felice sorte,

se là, giunger potiamo

e se là dentro entriamo

           oh fortunati.

Oh bene avventurati,

se siamo fatti degni,

di porre i piedi indegni

            in quella stanza.

N’abbiamo la speranza,

ma entrar sotto quel Tetto

fa il cor tremare in petto

             al Peccatore.

Oh Dio! Con quale orrore

calcar l’orme di Cristo,

chi sino ad or fu tristo

               e cieco, e insano.

Dunque con pié profano

calcar dovrem que’ sassi,

che impresser co’ suoi passi

                Gesù, Maria?

Nò nò, si scacci pria

dall’alma ogni peccato,

ognun così sia grato

                  al nostro Dio.

Che il cor contrito, e pio

Là dentro lascia entrare,

per ivi contemplare

                   i gran Misterj.

Gli arcani occulti, e veri,

per cui siamo presenti,

e dagli eterni stenti

          liberati.

Là dentro dispensati

dal Ciel sono tutti doni,

di là gli Eletti, e i Buoni

           escono Santi.

Oh quanti entrati, o quanti

seguaci pria del mondo

n’uscirono col cor mondo

            più perfetto.

Anzi Santo, e perfetto

ripieni sol d’amore

verso del lor Signore

             e Madre Santa.

Oh Sacra Casa, o Santa

da lungi a te veniamo,

da lungi t’adoriamo,

             e chiediam grazia.

Vedere a faccia, a faccia

dopo sue mure sacre

Gesù con la sua Madre

              in Paradiso.

Vedere a viso, a viso

il Facitor superno,

il Ciel tutt’in eterno

              Ognuno prega.

Giacché nulla Dio niega

di quel, che in te si chiede

dal Pellegrin con fede

               per Maria.

Noi tutti in compagnia

ti riveriamo Signora,

tu rilucente Aurora,

          e Sol nascente.

Tu detta anticamente

Grand’Albero della Vita,

bella Verga fiorita,

            e Campo ameno.

Chiamata Ciel sereno,

tu Scala misteriosa,

tu pur mistica Rosa,

            Roveto ardente.

Tu Nube risplendente,

tu Sacrosanto Monte,

tu cristallino Ponte,

            e Porta chiusa.

Arca di Grazia infusa

Reina tu famosa,

Giuditta vittoriosa

              del Dragone.

Tu Vel di Gedeone,

del Tempio l’Edifizio

altar del sacrifizio

               Verga di Jesse

Sotto queste ombre espresse

bella Madre d’Amore

lo Spirto del Signore

                Tua bellezza;

Di grazia alla pienezza

Verginità feconda,

Tua luce, che s’nfonda

          in ogni mente.

Poter sopra ogni gente,

dominio in Ciel, e in Terra,

e fin dove si serra

          il cupo Averno.

Lodiam tutti in eterno

sì grand’Imperatrice

di Dio Genitrice,

          e Figlia, e Sposa.

Sin che il nostro piè posa

nella sua Casa stessa,

ov’ella  genuflessa

            orò più volte.

E le sue preci accolte

dal suo Figliuol Bambino,

col suo merto divino

            al Ciel offriva.

Dov’Ella pur soffriva

vedere un Dio fanciullo

a servir di trastullo

           al buon Giuseppe.

Dove questi ancor seppe

i più segreti arcani

da Spiriti Sovrani

             rivelati.

Dove  lor tre profeti

a santa, e frugale mensa

fiamma d’amore intensa

             li cibava.

Dove Gesù parlava,

dove Giuseppe udiva,

e la madre gioiva

          in tanti affetti.

Quindi d’ognora i petti

freddi, ed agghiacciati

là dentro appena entrati

           son accesi.

Da Sant’Amor sono presi,

dal respirar quell’aura,

là dentro si restaura

              il Pellegrino.

Dunque presti al cammino

per tosto possedere

quanto si può godere

               quaggiù in Terra.

Nel Tempio, ove si serra

il maggior Reliquiario,

il Sacro Santuario,

                e Magion Santa.

Oh quanta gente, oh quanta

là dentro troveremo,

e piangere noi vedremo

                  per Amore.

Quanta con gran dolore

sacro suol prostesa,

detestare ogni offesa

                  a Dio fatta.

Quanta poi soddisfatta

davvero pure adorato,

baciato e ribaciato

il Sacro Luogo.

Cercare al suo cor sfogo

con novi baci, e pianti

dentro que’ muri santi

          ancor languire.

Quanta nel suo partire

volgere a dietro l’occhio,

e in terra col ginocchio

          là gridare.

Vuole il mio cor tornare

senza restarmi in petto

al Sacrosanto Tetto

           di Maria.

Sen torna l’Alma mia

in quella Casa Santa,

ov’ebbe gioia tanta

           entro que’ muri.

Avrem noi cor sì duri,

che non bruciam affatto,

che non resti disfatto

            il corpo intero.

Al bel sguardo primiero

della Stanza Divina

si dia a cor la mina

            e n’esca fuori.

E senza far dimora

precorra i nostri passi,

e ratto entro que’ sassi

Maria ador i.

Indi ritorni fuori

di quel sacro rigetto,

e ci ritorni in petto

ad abbruggiare.

Or su a camminare

s’ella mirar vogliamo,

s’ella adorar bramiamo

          di preferenza.

Ahi che gran veemenza

d’affetto al cor sentiamo

cantar più non possiamo

il cor si serra.

Al primo vedersi da lungi la Cupola della Santa Casa si canti in ginocchio.

Presto il ginocchio a terra

a terra, a terra Amici

o quanto siam felici

          ecco Loreto.

Ecco sì mostra a deto

La Casa di Maria

il fin di nostra via

           il Ciel sereno.

Cantiam a coro pieno;

da lungi ti miriamo,

a te noi sospiriamo,

           o Santa Casa.

O sacra, o Santa Casa,

di qua ti veneriamo

di qua noi ci inchiniamo

            ben di core.

E tutto il nostro amore

a te noi tributiamo,

prostrati  t’adoriamo

o Santa Madre.

Si levi in piedi, e camminando si prosiegua.

Rendiamo grazie al Padre,

al Figlio, al Paracleto

al Luogo di Loreto 

          siam vicini.

Allegri, o pellegrini,

che il resto del sentiero

ci sarà assai leggiero

           più che prima.

Qui sì perdiam la rima

in questo nostro canto

mentre Loreto Santo

           ci sta in vista.

Qui sì nessun s’attrista

dal lungo camminare,

ma ben vorria volare

            al Sacro Tetto.

S’accende il fuoco in petto,

ci abbrucia in petto il core

dalla fiamma d’amore

             in ver Maria.

Nessun lo crederìa

quanto si goda adesso,

che ci vediam d’appresso

                alla sua Casa.

O Santa, o Santa Casa,

nostro conforto, e vita,

or or è pur finita

          la via nostra

Di novo ognun si prostra

a terra co’ ginocchi,

e con le lacrime agli occhi

           ben t’adora.

Oh quando sia quell’ora

che al santuario giunti

nel cor tutti i compunti

            ne restiamo.

Allor sì che vogliamo

baciar que’ Sacri Muri

che da Maria sì puri

             furon resi.

Allor sì che protesi

in quel sacrato suolo,

la Madre, e lì il Figliuolo

              adoreremo.

A loro afferiremo

i nostri passi, e ‘l viaggio

ogni stento, e disagio

              avrem sofferto.

Ma quest’è poco certo

s’ancor il sangue, e vita

con che pur sia gradita

               non si doni.

 E pregarem perdoni

dal Ciel l’Eterno Padre

pe ‘l Figlio, e per la Madre

           a noi gli errori.

Che raggi, e che splendori

di sante illustrazioni,

a noi sia che si doni

          da Maria.

Giunto ciascun che sia

là dentro ad adorare

vorrebbe ognuno spirare

           e non uscire.

Vorrebbe ognuno morire

in quel Sacro Ricetto,

dove Gesù concetto

            prese carne.

Vorrebbe ognun restarne

là dentro seppellito

là dentro incenerito

            dall’amore.

Or dentro il nostro core,

qual fiamma ne discende,

o qual ardor s’accende

             in santi affetti.

O s’apriranno i petti,

o bruggieranno i cori

a sì focosi ardori

             Verginali.

O d’onde tanto vali

o Casa Sacrosanta,

ch’accendi fiamma tanta

             sol veduta?

E che sia poi goduta

nel Santuario interno,

dove l’Amore superno

          si diffonde.

O quanti doni infonde

in grazia di sua Sposa

a quell’alma amorosa

            ch’ivi trova.

Questo da noi si prova,

che là solo al mirare,

sentiam a liquefare

              i sensi nostri.

S’abbruggia pure i mostri

delle fiere passioni,

delle varie affezioni,

                che in noi sono.

Questo chiediamo in dono,

per questo a te veniamo,

affinché diventiamo

                  tutti santi.

Sarà questo tra i vanti

delle grazie maggiori

far santi i Peccatori

                  al sol mirarti.

Possiamo ben consacrarti

le brame, e i sospiri

del nostro cor martìri

                   o Santa Casa.

O Sacra, o Santa casa

alziamo le pupille

ben mille volte, e mille

                    al Sacro Tetto.

A quel felice aspetto

ciascuno ne vien meno

dal gaudio di ch’è pieno

           per Maria.

Ognun sol tacerìa

per concepir grand’atti,

per offerir gran fatti

          di virtudi.

Ciascun dunque si studj

e si prepari avanti

all’esempio de’ santi

          e or tacciamo.

Ma che tacer? miriamo,

se siamo giunti in tanto

al Luogo Sacrosanto,

          ecco le Mura.

O Casa Santa, e pura

noi siamo qui ben umiliati,

di nuovo a Te prostrati

          T’adoriamo.

Qui sì imprimer vogliamo

in quelle pietre i baci

testimoni veraci

          dell’interno.

Qui si col pianto esterno,

dopo fermati passi,

laverem questi sassi

          qui d’intorno.

Qui si di notte, e giorno

nostri cor amorosi

sospiri ben pietosi

           manderemo.

Qui sì si sentiranno

gli affetti, le preghiere,

che con sommo piacere

           offeriremo.

Qui sì supplicheremo

la madre e il divino figlio a donarci il bel giglio

            dell’onestade.

Fervor di caritade

al prossimo, e a Dio

chiediamo con cor ben pio

              da Maria.

L’altra virtude sia

un’umiltà profonda,

che dentro il cor s’infonda

               dal Signore.

Poi tolga ogni malore,

che il corpo ci molesta,

e dal servirlo arresta,

                e dal lodarlo.

Ne ci scordiam pregarlo

ancor per i Congiunti,

si’ vivi, che defunti

                 noi abbiamo.

Qui il canto terminiamo

per ben sfogare gli affetti, ch’abbiam nei nostri petti

                  in ver Maria.

Quando si sarà o appresso, o sull’Atrio del Sacro Tempio si canterà con tutto giubbilo di cuore, come segue.

Ognun ami Maria,

ogni lingua  lodi,

ognuno in tutti i modi

          a Lei si dia.

Dica ciascun, Maria

tu sei conforto mio,

liquefarmi desìo

          al tuo aspetto.

Si strugga questo petto,

s’incenerisca il core

dalla fiamma d’amore

          verso Te?

O Dio beato me,

s’arder potessi canto,

ch’avessi gloria, e vanto

morir per Te?

O Dio beato me,

se qui arrestar finita

potesse la mia vita

sol per Te?

O Dio beato me,

se con quivi morire,

al Ciel potessi gire

a veder Te?

O Dio beato me,

Ahimé ch’io moro, e spiro,

perché con un sospiro

          non vengo a Te?

O Dio beato me,

Che certo vuol morire,

né vuol di qua partire,

           e lasciar Te.

O Dio beato me,

ti chiedo al fine Maria

spirar or l’Alma mia

             in grembo a Te.

O Dio beato me,

o Madre, o Figlio ancora,

deh fate, che in quell’ora

             in Voi io spiri.

Dopo nel partire da Loreto, e nel ritorno a Casa.

Noi siamo i Pellegrini,

che torniamo da Loreto,

col cor tranquillo e quieto

          a Casa nostra.

Ma sin che a noi si mostra

da lungi il sacro tetto

ci salta il core in petto

              per dolore.

Ci risospinge amore

indietro ritornare

l’albergo a visitare

          di Maria.

Amara ora è la via,

e poco abbiam conforto

per esser fuor del Porto

           ov’eravamo.

O quanto volevamo

in quella casa Santa

dove con gioia tanta

           siamo stati.

Oh bene avventurati

Son stati i cori nostri,

ognun quivi si prostri

            e s’inginocchi.

E rivolgendo gli occhi

con dare un sguardo lieto.

miriamo ancor Loreto

            da vicino.

Con umìle inchino

la Santa casa onori

poi la Vergine adori,

            e la saluti.

Qui sì prostrati tutti

il Tempio benedetto

con rIverente affetto

            veneriamo.

A te ci rivolgiamo

o Madre intemerata

da tutti venerata

             T’adoriamo.

E pria che ci partiamo,

ti ridoniamo i cori,

acciò Tu gl’infervori

          e ti lasciamo.

Ma che pena proviamo

a slontanare il piede

da quella Santa sede

           di Maria.

Orsù partiamo via,

perché, finché si veggia

quella sacrata Regia

            qui staremo.

Né un passo pur daremo

a proseguire il viaggio

fin che il divino Palagio

             abbiamo in vista.

O quando mai attrista

il non più rivedere,

nè poté più godere

              il dolce aspetto.

Il sacrosanto tetto,

che l’alma ci ha rapita

e di novo c’invita

                a lui tornare.

Non lo potiam scordare,

e fin che viveremo

in desiderio avremo

                 ivi tornare.

Ma se vogliam quietare

un po la nostra mente

preghiam divotamente

           e andiam cantando.

Kyrie, etc

Dopo poi a tempo.

Noi siamo i Pellegrini,

che a casa ritorniamo

dopo veduto abbiamo

           la Casa di Maria

Dolce sarà la via

con la memoria grata

d’aver noi visitata

            Casa Santa.

Davvero con gente tanta

là dentro venerata,

e di cor adorata

            Nostra Dama.

Che Mondo tutto l’ama,

e là corre pietoso,

e tutto ossequioso

             ad inchinarla.

Chiediam pur noi d’amarla

E   si si mantenga acceso

l’amore, che c’è disceso

             dentro il petto.

Là sotto il sacro Tetto,

dov’arse nostro core

presso dal Sant’Amore,

              che ci ardea.

Ho quanta forza avea

quell’amato Ricetto

a muovere ogn’affetto

          dentro i cori.

Se il sol mirar di fuori

que’ sacrosanti muri

i petti anche più duri

             intenerisce.

Il Turco, e il Mor mugisce

per aver loro in faccia

Forte di sì efficacia

              sopra il mare.

Quell’è quel Sacro Altare,

quell’è quel divin Tempio,

che bramerebbe l’empio

                sradicare.

Le inviò perciò, a donare

quel Cereo veduto,

con che volea distrutto

                il Santo Luogo.

Ma non ebbe il suo sfogo

il Cereo artificiale,

che da mano virginale

                venne estinto.

Così con scorno vinto

fu l’Ottoman sgraziato,

che invano avea tentato

                  sì gran male.

O quando, o quanto vale

del Ciel l’Imperatrice,

di Dio la Generatrice

                   tutto puole.

Ottiene quant’Ella vuole

pietosa co’ suoi servi,

terribile a’ protervi

         si dimostra.

Ell’è l’Avvocata nostra,

ancor è nostra Madre,

dell’Inferno le squadre

         non temiamo.

Basta ci ricordiamo

di quanto abbiam veduto,

di quanto abbiamo goduto

          in quella Stanza.

Oh quanta, o qual speranza

dobbiamo noi avere

d’essere sempre a godere

           Maria in Cielo.

Lassù senz’alcun velo,

se qui ci ha graziati,

accolti, ed i albergati

           in propria Casa.

S’ha da venir persuasa

La nostra compagnia

della Madre Maria

           esser diletta.

E dal suo Figlio eletta

per sempre al Paradiso

a vagheggiare in viso

           il nostro Bene.

Lungi timor di pene,

lungi timor d’oltraggio

in questo santo viaggio,

           che facciamo.

Per Protettrice abbiamo

chi debellò l’Inferno,

e chi del Verbo Eterno

          è Genitrice.

Abbiamo protettrice

chi in qual strada si sia

sarà per ogni via

          nostra Guida.

Sempre potente, e fida

a buoni Pellegrini;

dunque ciascun cammini

           allegramente.

S’abbiamo del Mar lucente

per luminosa Stella

Maria Vergine bella

            senza uguale.

Vergine trionfale,

sicura, e fida scorta,

che al Ciel l’Anima porta

             ove riposa.

Con voce lagrimosa,

e con alti sospiri

ver noi preghiam, che giri

             i dolci rai.

Se là de’ nostri guai

cessaron le tempeste

quando il Nunzio Celeste

Ti diè pace.

Se là il Verbo verace

unì l’Umanitade

con la sua Deitade

          e in Te discese.

Madre dunque cortese,

mentre sei nostra speme

spezza l’aspre catene

          ai peccatori.

E se chi fuor d’errore

guida alla chiara luce,

che al Porto ne conduce

          di Salute.

Tu pur ogni virtute

c’impetra dal tuo Figlio

e qualunque periglio

          da noi scaccia.

E Madre esser ti piaccia

nostra benigna, e pia,

a buona, e dritta via

          per condurci.

In tanto per ridurci

noi ben a camminare

poniamoci a meditare

          per mezz’ora.

Come sì gran Signora

tante grazie comparte

a chi da casa parte

          a visitarla.

E va per adorarla

con invocato affetto

dentro quel Sacro Tetto

          di Loreto.

Ognuno pur stia cheto

nella meditazione,

per far quest’Orazione,

          che sia grata.

A madre Immacolata,

che da noi li l’accetti

riempia i nostri petti

          di sua grazia.

A fin ch’abbia efficacia

appresso l’alto Dio,

che sempre ci sia pio

           in vita, e in morte.

Qui segue la Meditazione, e poi a tempo si segua.

Noi siamo i Pellegrini,

che da Lorè veniamo,

e a casa ritorniamo

             tutti lieti.

La grande divozione,

che ci ha nel cor stillato

quel Luogo sì sagrato

             di Maria.

Ogni dover vorria,

ogni ragion pur vuole

si faccia quel che si puole

              per suo amore.

Che sempre intatto il core

si tenga dal peccato,

e sempre immacolato

               si conservi.

Così sarem suoi servi,

così saremo grati

a chi ci ha graziati

          del suo affetto.

A chi si diè ricetto

nella sua propria Stanza

per darci la speranza

          esser Beati.           

Felici, e fortunati

saremo noi da per tutto,

se conserviamo il frutto

          della grazia.

Che pur Maria procaccia

A chi l’ama di core

dal suo Figlio, e Signore

          Gesù Cristo.

Sarebbe ben un tristo,

se alcuno fra noi si dasse

che mai più s’imbrattasse

          in alcun vizio.

Oh, Dio a qual supplizio

sarebbe condannato,

che fosse stato ingrato

           ver Maria.

Ahimè chi ‘l crederia

che alcun mai più potesse,

che alcun di noi volesse

           ancor peccare.

Piuttosto consacrate

a Lei, ch’è inviolata,

l’alma se gli è donata

           col morire.

Ma chi potrà ridire

le illustrazioni, e i lumi,

che per mutar costumi

          abbiamo avute.

Le grazie ricevute,

i doni dispensati,

i guai, che ci ha levati

           là in Loreto.

E quel, ch’è poi segreto,

che ci ha il Signor donato,

e il male ci ha levato

           nell’interno.

In vita, e in eterno

(Se pur non siamo bruti)

noi siam tutti tenuti

            ad esser Santi.

Adunque tutti quanti

stiam lungi dal peccato,

dal mondo scelerato,

             e traditore.

Si tenga puro il core

purgato con la mente

col vivere innocente

              da per tutto.

Altrimenti perduto

avrem quanto s’è fatto,

e tutto in un sol tratto

              gettaremo.

Ma che poi dir potremo,

se al Divin Tribunale

La Madre Virginale

          ci rinfaccia.

Abbiam persa la grazia,

ch’al singolar favore

c’impetrò dal Signore

         nel Sant’Ospizio.

Di sì gran benefizo

allor trovati rei

saremo co’ Giudei

         ancor dannati.

A’ suoi i figliuoli amati

Maria giammai permette,

che Gesù li rigette,

          e da se scacci.

Ognun sforzo si facci

di vincer bene se stesso,

di riformare ben spesso

          la sua vita.

Veder se ben s’imita

La Vergine in virtude,

se al senso il cor si chiude

          e il vizio fugga.

Se il proprio amor si strugga,

se la mente sgombrata,

se la lingua purgata

          si ritrovi.

Così ciascun si provi

Con supplicar in  tanto

il Ciel per esser Santo

          sin’a morte.

E per l’aiuto forte,

di cui noi bisogniamo

adesso ricorriamo

          a tutti i Santi.

Su su per tutti quanti

lo spirto al Cielo alziamo

le lor laudi cantiamo

          ad alta voce.

Qui si cantan le Litanie dei Santi con le PrecI, ed Orazioni.

Poi a tempo si seguita.

Noi siamo i Pellegrini,

che andiamo così cantando

a casa ritornando

            a Loreto.

Oh se mostrarlo a deto

potessim pur ancora,

e mirarlo tuttora

            da lontano.

Ma ciò riesce vano

perché siam già scostati

da que’ Muri Sacrati

             di Maria.

Se seguiam pure noi la via,

e ci serva di sfogo

narrar del Santo Luogo

              i gran portenti.

Far ch’ognun sappia, e senti

e il Mondo tutto intenda

a qual gloria s’estenda

           il Sacro Tetto.

Di cui degno concetto

nè mente può formare,

né lingua può narrare

            che sia abbastanza.

Se ogn’altro luogo avanza

per il Mister più fino

che Iddio uno, e Trino

            v’ha operato.

Se allor fu consacrato

nel più prezioso Tempio,

che quaggiù senz’esempio

            Ei s’era eletto.

Se affin non sia negletto

con sforzi onnipotenti

senza dei fondamenti

           il fe portare.

Per aria, e sopra il mare

senza che un sasso solo

dei Muri o pur del suolo

           si muovesse.

Dopo i Schiavoni elesse

una Selva d’Ancona

di Nobile Matrona,

           e fu Lauretta.

Non già per sempre eletta

(Che vi dimorò poco)

ma se mutò poi Loco,

           fu la Marca.

Dove qual nobile Arca

per memoria di pace

per scudo contro il Trace

          fu lasciato.

E ‘l Luogo fu chiamato

la terra di Loreto.

Che per divin segreto

           è destinato.

Ad essere venerato

per quella Santa Casa,

la gente persuasa

            ivi portarsi.

Convenne fabbricarsi

non solo un’ampia chiesa,

che tien dentro compresa

             la Magion Santa.

Ma dalla gente tanta,

che là volle fermarsi

ebbe ad edificarsi

              una Cittade.

Che splende in Sanitade,

che tutta pietà spira,

e il Pellegrino ammira

               come un Cielo.

Là tratte sono da Zelo

da pura divozione

genti d’ogni Nazione,

                d’ogni Paese.

IL Gal,  l’Indo, e l’Inglese,

l’Armeno, e l’Africano,

l’Arabo, Moro, e Ispano,

                 e ‘l Mondo tutto.

Ogni popolo istrutto

di qua, di là dal Mare

dov’il Sol va a spuntare,

           e dove scende.

Ne sesso pur s’attende,

etade o pur lingnaggio,

di Natali legnaggio,

           o Dignitade

Là va la Povertade

Là van ricchi Mercanti;

là vanno i Benestanti,

           e i doviziosi.

Soldati, e Religiosi,

Gran Principi, e Prelati,

Monarchi; e Porporati

           colà vanno.

E fin dal Vaticano

di Cristo i Successori

hanno per gran favori

            là portarsi.

Oh quanto d’ammirarsi

incontrando per viaggio

Genti con Equipaggio

            e gran Reine.

Che fuor del lor confine

lasciato in abbandono

portando ricco dono

             son uscite.

Andando umili vestite

in abito negletto

al Sacrosanto Tetto

             di Maria.

Udirsi poi per via

cantar tutto giulivo

 allegro, e ben festivo

          il Pellegrino.

Ma in giungere vicino

a quelle Mure Sagre

veder le genti a squadre

          tutte in pianto.

Oh quanto move,oh quanto

ognun assunse spiegare,

ognun a lagrimare

           d’allegrezza.

Ma quanta tenerezza

d’amor affettuoso,

di cor tutto pietoso

             poi si sente.

Là nell’entrar la gente

dentro il Sacro Ricetto

nel mirarne l’oggetto,

             che si ama.

Si sveglia più la brama

in noi di ritornare

di nuovo a venerare

              quella Stanza.

Ahi dolce rimembranza,

ma che ferisce il core,

e la piaga d’amore

               ancor rinnova.

E certa  pur far prova

che noi tronchiam la via

per tornare a Maria

          di Loreto.

Sì, sì, farà sì inquieto

il cor, che in sen abbiamo

sin tanto ci troviamo

          in questo viaggio.

Dov’ha provato un saggio

diciamo del paradiso

nel vagheggiare in viso

         l’alta Signora.

Oh se potessimo ora

tornarla a rivedere

oh che grato piacere

          ognun avrebbe?

Che giubbilo godrebbe

che sol qui dimorare

potesse per mirare

           la Santa Casa.

Oh sacra, o Santa casa

tu sei la calamita,

che con gioia inaudita

           rapisci i cori.

Tu fai comparire fuori

gli affetti più segreti,

che stavan dentro quieti

            in mezzo al petto.

O Sacrosanto Tetto,

o Casa d’Orazione

Tempio di Devozione

            onor di Dio!

Col cor umile, e pio

di nuovo ti inchiniamo

ancor ti riveriamo

          sulla via.

A Madre Maria

di nuovo ci volgiamo

di nuovo ti adoriamo

           qua prostrati.

E dopo in pié levati

seguiam ben il cammino

ma ‘l cor a Te  vicino

            noi torniamo.

E senza cor andiamo

poiché l’abbiamo lasciato

nell’albergo Sacrato

             di Tua Casa.

Oh sacra, Santa casa

l’Alma non ci rapire

se il viaggio proseguire

             noi dobbiamo.

Acciò ci divertiamo

dal Sacro Santuario

recitiamo il Rosario,

             unitamente.

Ma con attenta mente

che vengan meditati

i misteri operati

             là in quel Luogo.

Avranno così il suo sfogo

nostri cor amorosi,

i Misteri Gaudiosi

             meditando.

E dopo recitando

i detti Dolorosi

gli amori più pietosi

          ne usciranno.

Poi fuori ne verranno

i giubbili più veri

meditando i Misterj

           Gloriosi.

Alcun parlar non osi

per questo poco d’ora,

acciò nostra Signora

           noi ascolti.

A Lei dunque rivolti

con l’attenzion più fina

diciam Salve Regina,

            e cominciamo.

Qui si dice tutto il Rosario in una, o più volte a beneplacito.

Noi siamo i pellegrini,

che ora ce ne torniamo

dove temp’è lasciamo

          i nostri averi.

Noi siamo forastieri

un pezzo fa partiti,

da casa nostra, ed iti

           al bel Loreto.

Là fummo col cor quieto

là dentro fummo accetti,

là dentro i nostri petti

          amor s’accese.

Crediam Maria ci prese

per suoi Figli adottivi,

e noi tutti giulivi,

           ce ne andiamo.

Perché certo speriamo

d’essere da Lei guardati

protetti, e preservati

            d’ogni male.

Dal peccato mortale,

ch’è la maggior disgrazia,

che ci toglie la grazia

             del Signore.

Ci ha poi empito il core

d’amore si infuocato,

che ancor non s’è scordato

             di Maria.

Anzi in tutta la via

è stato sempre ardente,

sempre puro, e innocente

              è dimorato.

Così sia conservato

dalla Vergine Madre,

sin che si renda al Padre

               la nostr’Alma.

A conseguire la Palma,

che il giusto in Ciel possiede,

e Dio poscia concede

                 ai penitenti.

In tanto li Parenti

presto ci incontreranno

or or che ci vedranno

          gir a Casa.

O dalla Santa Casa

essi faransi a dire

che c’avete ridire

          e che portate?

Orsù via ci mostrate,

ciò che con voi avete

quel che dar ci volete,

           e poi direte.

Quanto veduto avrete,

se sia vera la fama

di quanto si proclama

            di Loreto.

Ognuno vorrà in segreto

che tosto se gli dona

Medaglia, o pur Corona

            benedetta.

O qualch’Immaginetta

dell’adorata Immago,

e perché ognun sia pago

            che faremo?

Noi a ciascun daremo

di quel, che abbiamo provisto

poi ciò, che abbiamo visto

           narreremo.

Principio noi daremo

dalla nostra partenza,

e come il fumo senza

           alcun disaggio.

Per tutto il nostro viaggio,

che il fe, tutto felice

la nostra Ausiliatrice,

          e cara Madre.

Che dall’Eterno Padre,

dal Sposo, e dal suo Figlio

salvò d’ogni periglio

            i suoi Divoti.

Se bene non eram noti

tutti ci ha ben trattati,

dove siam capitati

              giorno, e notte.

In Mar viste le Flotte,

che ne premevan l’onde,

e noi da quelle Sponde

                godevamo.

Veduti ancor abbiamo

diversi gran Pallaggi,

bei Tempi, e Romitaggi

                 nel cammino.

Ma quel, che ha del Divino

è il Sacrosanto Tetto,

di cui formar concetto

                   nissun vale.

Presenza personale

al certo si richiede,

e che là ponga il piede

                    se alcun vuole.

Intender quanto puole

di quel Sagrato Luogo,

se per qualunque sfogo,

          che si faccia.

Di dir con efficacia,

non si può caldo dire,

che altrui possa capire

           quanto è vero.

Non esservi Mistero,

che al par di questo mova

chi colà si ritrova

           a ben pensare.

Là dir, qui s’ebbe a fare

il Trattato di Pace

tra l’Uom, e Dio verace

            e qui concluso.

Dentro l’Utero chiuso

del Ventre Virginale

di Donzella Reale

            il Verbo scese.

E di Lei Carne prese,

e chi vi fu obumbrata

Maria fu chiamata,

            e fu qui tutto.

Qui il Verbo si fe muto,

la pianta apprese il frutto,

il peccato distrutto,

            e l’Uomo salvato.

O luogo consacrato

da sì Divino Mistero,

che l’umano pensiero

           là si oscura.

Alma non vi è sì dura,

che in quel Sacrario Santo

non si disfaccia in pianto.

          e quasi muoja.

Dall’eccessiva gioia,

dalla piena d’Amore,

e dall’alto stupore

           la sorprende.

Ma questo non s’intende

Da verun’ intelletto,

se dentro il Sacro Tetto

           non si trova.

Né quel, che là si prova

della Grazia in segreto,

che sol s’apre in Loreto,

            e vi si serra.

Alla Casa che in terra

che la Divina Madre

diede l’Eterno Padre,

             questo dono.

Quindi incapaci sono

questi nostri Congiunti

per mezzo di racconti

              intender tutto.

Del gran Tempio veduto

del suo ricco Tesoro

potiam parlar a loro

               con piacere.

E dirgli, o bel vedere

un edifizio tale

che non v’è in Terra eguale,

                  e sontuoso.

Un tempio maestoso

di vaga, e grande altezza,

di non minor ampiezza,

          e tutto quello.

Dove grave scalpello,

dove pennello fino,

ed ago soprafino

           v’han sudato.

Sarà sempre ammirato

lavoro di grand’arte

perché v’ebbero parte

          i più periti.

Con disegni graditi,

con dotta maestria

Tempio per Maria

          fu innalzato.

Quant’Oro hanno impiegato

più Nobili, e Mitrati

Principi, e Porporati,

          e i Papi stessi.

Perché furon anch’essi

dalla Vergin graziati,

e bene spesso ajutati

          in grandi affari.

Oh come belli Altari

di Casi preziosi,

d’arredi sontuosi

         tutti ornati.

Veder poi attaccati,

e a quei Muri appesi

là d’intorno distesi

        Tanti Voti.

Portati da divoti

per grazie ricevute

con iscrizioni argute,

          e ben intese.

Là di Galee prese

A’ Turchi, o liberate,

d’altre pur affondate,

           e riavute.

Parlan Tabelle mute,

parlan Stendardi, e le Armi

con dir: senza risparmi

           qui fansi Grazie.

Si levan le disgrazie

i morbi, ed i dolori,

le pene, e i languori

           sono sanati.

Gl’Infermi liberati,

i Ceppi, e le Catene

mostrano a chi qua viene

           da lontano.

L’Onnipotente mano

romper i lacci, e ferri

acciò che si disserri

           ogni Prigione.

Togliere ogni passione,

frenar pioggie e tempeste,

scacciar l’orrida peste,

           e quietar Mari.

Mandar questi ripari

a fiamme ben ardenti,

a Fiumi, ed a Torrenti

          senza offesa.

V’è la memoria appesa

delle liti serrate,

delle Vittorie date,

          e pace avuta.

Della gente perduta

nel velleggiar per Mare

se al fin s’ebbe a salvare

          qui ricorda.

Della gente soccorsa

in mezzo agli Assassini

con aiuti Divini

           per Maria.

Ancor di gente ria

da Demone suasa

rubar la Santa Casa,

           e poi fuggire.

Ebber dal Ciel venire

squadre di Spiriti armati

fermare i disgraziati,

           e furon colti.

Indegni essere ascolti

nanti del Divin Tetto

strapparvisi dal petto

           l’alma loro.

Così pur di coloro,

che un po’ di calce solo

preser dal sacro suolo,

            e fur puniti.

Sino al tornar pentiti

rimetter al suo loco

il tolto, benché poco

          ai Muri Santi.

Oh quanti segni, o quanti

pendono d’intorno al Tempio

a memoria, ed esempio

            delle Genti.

Che sappiano i portenti,

ed i prodigi strani

oprati per le mani

             di Maria.

Mai non si finirà

vedere i Voti loro

in Tela, Argento, ed Oro

              là lasciati.

D’Attratti,  e Disperati,

di Ciechi, Sordi, e Muti,

d’Ossessi e mal caduti

              in precipizj.

Altri da malefizj,

da Larve, ed ombre presi,

e dal Nemico offesi,

               liberati.

Di Figliuoli impetrati

da Donne partorienti,

Prigionieri Innocenti

              liberati.

Che tutti fur graziati.

Là dotti gli Ignoranti

là i Peccatori, Santi

               furono fatti.

Là pure i mentecatti

ebber giudizio sano,

ebbero cor umano

          anche i Tiranni.

Idolatri a molt’anni

altri nell’Eresia

sono tutti da Maria

          illuminati.

Questi sono dimostrati

nelle Tabelle impresse;

molto dimostrano esse,

          non già tutto.

È tempo ormai perduto

voler del già seguito,

ch’ha pur dell’infinito

          far racconto.

Qui torna ben a conto

dir qualche cosa ancora

del Tesoro che finora

          ivi ha Maria.

Oh gran tesoreria

Che ha mai la Casa Santa

Oh qual è mai oh quanta

          e senza stima.

I doni diciam prima

de i Papi ad un per uno,

di questi sol ciascuno

          fa un Tesoro.

Non solo d’argento, ed oro,

ma cose le più rare

scelte tra le lor care

           in Vaticano.

Imitati loro hanno

Vescovi, e Cardinali,

Prelati Principali,

          e gran Signori.

Gran Regi, e Imperatori,

Monarchi, e più Sovrani,

più Duci, e Capitani,

           e Cavalieri.

Così Luoghi primieri,

Città, Castelli, Regni

per Personaggi degni

            hanno recato.

A quel Luogo Sacrato,

suoi doni regalati

con l’Armi lo segnati

             come appare.

Sono Vasi d’Altare,

Lampade, e Candelieri,

più Croci, ed Incensieri

              di gran lavoro.

Calici tutti d’oro

di gioie tempestati,

e Crocefissi a aurati,

              e gran Lumiere

D’argento Statue intere,

più Gemme, e più Corone

di più Regie Persone,

              e più Maniglie.

Manti con Momperiglie

di Diamante intessute,

Collane mai vedute

          sì preziose.

Più Vesti maestose,

altre Sacerdotali

di Topazzi Orientali

          ancor guarnite.

Altre di Margherite,

di Smeraldi, e Rubini,

Pendenti, ed Orecchini,

          con Anelli.

De’ più fini Gioielli

guarniti, ed ingemmati

de’ Drappi ingiojellati

          senza fine.

Tratti d’ogni confine

ricche Spoglie di Guerra,

finiamo; il Ciel, la Terra,

           il Mondo tutto.

Sempre recò in tributo

Alla Ca Lauretana,

alla Vergine Sovrana

           i suoi Tesori.

Ma quanto più degli Ori

son più rare novizie

le sacre Massarizie

           son mostrate.

Sì spesso maneggiate

da Gesù, e da Maria,

e seco in compagnia

           da Giuseppe.

Giammai nessuno seppe

cercar cose maggiori

là dentro i gran Tesori

          di Loreto.

Quello che non è segreto

quello è il Tesor maggiore,

che non rende gran stupore,

            e ‘l tutto avanza.

Questa è la Sacra Stanza,

l’istessa Casa, e Tetto,

in che Gesù concetto

              ne rimase.

In che l’Angelo persuase

alla Reale Donzella,

farsi Madre l’Ancella

              del Signore.

Luogo di Sacr’onore,

ogni Sasso è un Tesoro,

la Polve più dell’Oro

               è preziosa.

La Statua Maestosa,

l’Immago Virginale,

di Viso Celestiale

               di Maria.

Tutta divota, e pia

col Bambin fra le braccia,

che pari porga la Grazia

                a chi la vuole.

Polve di rose, e viole,

e fior di giglio mista

San Luca Evangelista

                 par si servisse,

con quella coloro risse

l’Immago riverita

resa poi inbrunita

          da’ Profumi.

Di vari Incensi, e Lumi

che stando sempre ardenti

sembrano Stelle lucenti

          di quel Cielo.

Svegliando i cor di gelo

ad acquistar ardore,

infiammarsi d’amore,

          e poi bruciare.

Qual Tesoro è l’Altare

dentro del Santuario,

che di Cristo il Vicario

          ha consacrato?

Dove v’ha celebrato

il primo Successore

del nostro Redentore

          nella Chiesa.

La fiamma poi discesa

dal Ciel più volte il Tetto

del Divino Ricetto,

          e le visioni.

Le stesse apparizioni

della Madre di Dio

mostran se Sacro, e pio

          ne sia Loreto.

Sì che contento, e cheto

ogni nostro Congionto,

quando ciò le sia conto,

          dovrà stare.

Più non si può narrare

il resto abbiam veduto,

e meno assai del tutto,

          h’abbiam detto.

Sen vadi al Sacro Tetto

chi vuol di più sapere,

chi vuol di più vedere,

           e sarà sazio.

Soffrirebbe ogni strazio

ognun di noi ancora

per venerare tutt’ora

            la Sacra Casa.

O Santa, o Santa Casa,

di nuovo t’adoriamo,

di nuovo i cor doniamo

             a te Maria.

Così finiam la via,

e perché il ciel ci applaudi

finiamo con le laudi

             di Maria.

E qui si recitano le litanie, ec.

Atto di contrizione per ogni mattina, e sera nel viaggiarsi.

Sommo Ben, mio Signor

come non v’amerò?

V’amo con sommo amor,

quanto quest’alma può.

     Perché il mio cor peccò

     or n’ho sommo dolor,

     mai più v’offenderò

     con il vostro favor.

Le mie colpe dirò

 a pié del Confessor;

penitenza farò

de miei passati error.

     Sommo Ben, mio Signor

     come non v’amerò?

     V’amo con sommo amor,

     quanto quest’alma può.

Fine

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