STATUTI DEI FERMANI libro sesto tradotto dal latino. Vesprini Albino

Statuti dei Fermani libro 6. Tassazione \\Traduzione\\

Invocato il nome della Santa ed Individuale Trinità.

IL LIBRO SESTO DEGLI STATUTI DI FERMO inizia felicemente

6 Rub.1   –   Il dazio da pagare per libra.

   Col presente statuto decretiamo ed ordiniamo che per tutte le cose o mercanzie che venissero mandate nella Città di Fermo, tanto da un Cittadino quanto da un forestiero e che venissero esportate da questa Città o che venissero mandate attraverso il mare o per terra, o che fossero vendute o acquistate, e anche da uomini del contado di Fermo, siano pagati dodici denari per libra, cioè sei denari per parte; e ciò soltanto se tali mercanzie venissero vendute; e se queste cose o mercanzie non venissero vendute, coloro che le portano siano obbligati a pagare il detto dazio di dodici denari per libra del prezzo. E l’officiale del dazio possa e a lui sia lecito di riscuotere il dazio per queste cose e mercanzie, e da chiunque a lui sembrerà opportuno o piacerà meglio di poter riscuotere. Se in realtà queste mercanzie o cose così portate in questa Città non siano vendute, e colui che le porta volesse portarle via e condurle e riportarle al luogo da dove le condusse, entro 10 giorni, da computarsi dal giorno quando queste cose o mercanzie siano state portate, le possa riportare e portare via senza alcuno ostacolo e senz’alcun pagamento di dazio; e per portarle via e riportarle al luogo dal quale le condusse ci si attenga al giuramento di colui che le manda o le porta via. E se abbia voluto portarle via e condurle altrove, anziché al luogo dal quale le condusse, paghi il dazio del pedaggio per tali cose e mercanzie. E qualunque forestiero sia obbligato, oltre a pagare il dovuto dazio, di pagare un denaro per la metà per qualsivoglia libra del prezzo. Se, in realtà, qualcuno vendesse a qualche persona esente o franca, tale venditore sia obbligato a pagare il dazio dimezzato; o se abbia comperato da uno esente o franco sia obbligato di pagare tutto il dazio per quella cosa. E questo statuto non abbia vigore per le cose speciali e per le  mercanzie intorno alle quali e per le quali nel presente volume degli statuti si facesse menzione. E se per le dette cose e mercanzie fosse stato pagato il dazio per intero da parte di colui che le porta, vogliamo che l’acquirente non sia affatto tenuto a pagare e che possa esportare dalla Città e dal contado tali cose e mercanzie, liberamente e senza alcun pagamento di dazio.

6 Rub.2   –   Il dazio dell’oliva che si vende o che si compra.

   Decretiamo ed ordiniamo che nella Città di Fermo, nelle Ville e nel Porto di San Giorgio siano riscossi sei denari da qualsivoglia venditore per qualsivoglia libra del prezzo dell’oliva che abbia venduto. E similmente se qualcuno acquistasse oliva nel contado di Fermo e nei detti luoghi, o l’abbia mandata e l’abbia condotta in questa Città, paghi il dazio già detto. E l’acquirente di questa oliva possa e debba riservare per sé il dazio dal detto venditore. Per l’acquisto e la vendita sia obbligato e debba, entro il secondo giorno dal giorno dell’acquisto, fare la notifica all’officiale del dazio e dare e confermare per iscritto, con la solita formalità, sotto la pena di 100 soldi di denari per qualsivoglia trasgressore.

6 Rub.3   –   Il dazio dell’olio.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia miliare di olio, che venisse mandato o venisse acquistato nella Città o nel contado di Fermo o nei detti luoghi, il dazio per esso venga pagato dal tempo dell’immagazzinamento se sia stato acquistato, cioè due fiorini d’oro e mezzo; e dopo aver pagato questo dazio sia lecito esportare, sia per mare che via terra, senza alcun altro pagamento. E se detto olio non fosse stato acquistato, ma fosse stato prodotto in qualche pistrino di questa Città e dei detti luoghi e fosse stato messo da parte o immagazzinato da qualche persona più di quanto sarebbe sufficiente per la vita sua, e della sua famiglia, per un solo anno, sia obbligato per detto olio così immagazzinato e messo da parte, dopo trascorso un mese dal giorno dell’immagazzinamento, a pagare il dazio indicato sopra, e per qualsivoglia metro di ‘morga’ <residuo delle drupe macinate>; paghi dodici denari per libra della sua valutazione. E dopo pagato il dazio su questo olio e sulla ‘morga’, possa esportarlo dalla Città e del contado di Fermo, come sopra. E per qualsivoglia metro di olio che è macinato nel pistrino della Città, ad opera dei Cittadini, e degli abitanti della Città e del Porto e delle Ville, paghi per il dazio nel tempo in cui l’abbia voluto estrarre dal pistrino soldi 5 e denari 2.

6 Rub.4   –   Il dazio dell’olio da importare da terre non sottomesse a Fermo.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia miliare di olio che venisse mandato e condotto nella Città e nel contado di Fermo, dalle Terre non sottomesse alla giurisdizione temporale <territoriale> della Città di Fermo, poste al di là del fiume Tenna, venga pagato il dazio di un fiorino e mezzo e non di più. E se qualcuno consegnasse olio <di luogo> sottomesso al luogo di olio <di luogo> non sottomesso, il commerciante paghi o il dichiarante di detto olio, una pena di 25 libre di denari per qualsivoglia volta; e nondimeno il vetturino perda gli animali e la salma (peso). E se detto olio fosse condotto o passasse attraverso il territorio e il distretto di Fermo e non venisse caricato presso il Porto di Fermo, o in riva al mare, sia obbligato a pagare un dazio di due fiorini d’oro e mezzo per qualsivoglia miliare di olio.

6 Rub. 5   –   Il dazio del pistrino.

   Decretiamo ed ordiniamo che da qualsivoglia pistrino che macina, cioè se macinerà qualsivoglia anno, per il dazio siano pagati soldi 40 di denari. E se non macinerà non sia obbligato a pagare. Inoltre decretiamo che se rimarranno olive non macinate nell’anno seguente, per queste il dazio sia pagato al coltivatore di quell’anno nel quale le olive furono state raccolte, e in nessun altro modo.

6 Rub.6   –   Il dazio delle drapperie dei panni.

   Decretiamo ed ordiniamo che chiunque abbia immesso una qualche quantità di panni nella Città, nel Porto, o in riva al mare, per via mare o per via terra, con lo scopo di rivendere in detta Città, nel Porto e nel contado, i panni non tagliati, colorati, panni grossi, «carfagni, angelini, guarnelli, guelesi, e coltri; bordi, snidone, schiavine, baldacchini di seta e dorati» <cioè burka, lenzuola, mantelli>, o altre cose pertenenti alla drapperia, paghi il dazio, per la valutazione di questi stessi, di dodici denari per qualsivoglia libra del prezzo; e sia obbligato a presentare dette mercanzie all’officiale dei dazi, e di non sciogliere, né portare fuori dal palazzo dei dazi, senza il permesso dello stesso officiale dei dazi, sotto pena di 25 libre di denaro, per qualsivoglia volta. E chiunque abbia portato detti panni o le cose già dette, pertinenti alla drapperia, e che non fosse d’accordo con l’officiale dei dazi sulla valutazione degli stessi panni e cose, i signori Priori, quelli che ci saranno nel tempo, debbano designare un mercante per conto del Comune, e un altro sia designato per la parte del padrone dei panni o di colui che li mandasse per sua volontà; e questi scelti facciano la valutazione, e si giudichi come è  stata stabilita la valutazione fatta da loro, ed abbia validità e sia rispettata. E che se qualcuno portasse, in frode ai dazi, alcune cose unite ai detti panni o alle pezze di detti panni, o delle fodere, e non le dichiarasse all’officiale dei dazi, perda tanto le cose portate e non dichiarate, quanto pure le pezze dei panni o delle fodere, in cui venissero trovate legate o messe. Sui panni tagliati o filati da mandare non sia obbligato a pagare alcun dazio; e minimamente per quelli che qualcuno portasse per il proprio uso o della famiglia.

6 Rub.7   –   I botticelli, i legnami e i cerchi.

   Decretiamo ed ordiniamo che chiunque conducesse, per mare o per via terra, qualche legname per botticelli per il vino o per l’olio, e per questo legname risultasse pagato il dazio, e appunto con questo legname vengano fatti botticelli per vino e per olio, colui che li fabbrica sia obbligato a pagare il dazio a metà, cioè sei denari per qualsivoglia libra della valutazione di questi botticelli. E se qualcuno fabbricasse cerchi <di ferro> in Città o nel Porto di Fermo sia obbligato a segnalare all’officiale dei dazi tutta la quantità dei cerchi che abbia fatto ed elaborato e pagare dodici denari per qualsivoglia libra della loro valutazione.

6 Rub.8   –   Il dazio sul peso delle mercanzie.

   Decretiamo ed ordiniamo che chiunque abbia spedito o esportato, per mare o via terra, o abbia fatto acquisti o vendite nella Città, nel Porto o in riva al mare di Fermo, mercanzia che fosse stata pesata o misurata paghi come venditore per il dazio quattro soldi per qualsivoglia centinaio del peso o della misura, nonostante che fosse stata pesata, o no, presso un’altra bilancia o con i pesi di una qualsivoglia persona speciale.

6 Rub.9   –   Il dazio del lino, del peso e della misura e dei panni.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia rubbio di lino che viene venduto e viene pesato il venditore paghi un denaro più di un altro dazio. E parimenti per qualsivoglia ‘canna’ (misurata) di panno, di lino o di canovaccio, un denaro per il dazio della misura. E chiunque abbia venduto una certa quantità di panni di lana all’ingrosso paghi per qualsivoglia centinaio, fra l’acquirente e il venditore, otto denari. E chiunque sia obbligato e debba pesare o misurare con le bilance, le canne <aste> e le misure del Comune di Fermo; e chi abbia trasgredito, paghi per qualsivoglia volta, 40 soldi di denari, qualora abbia fatto la misura o il peso senza il permesso dell’officiale del dazio.

6 Rub.10   –   Per i forni.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia forno che cuoce il pane nella Città e nel Porto paghi per qualsivoglia anno 40 soldi di denari e chi gestisce il forno cioè porta la busca <legna> sia obbligato a pagare.

6 Rub.11   –   Sulla pellicceria.

   Decretiamo ed ordiniamo che chiunque abbia esportato dalla Città o dal porto di Fermo pellicce elaborate, o «varri schiroli» fatti di nuovo, l’esportatore paghi sei denari per libra della loro valutazione o dell’acquisto. Per quelle vecchie acquistate paghi dodici denari per qualsivoglia libra del prezzo.

6 Rub.12   –   Per i venditori ambulanti.

   Decretiamo ed ordiniamo che qualunque venditore ambulante o venditrice che vende mele, frutti, polli, uova o altre cose non coltivate, sia obbligato a pagare mensilmente all’officiale dei dazi per ciascuno di questi 10 soldi di denari, purché non sia inteso per un forestiero che porta una cosa non coltivata, mele, frutti o polli, e costui non sia obbligato a pagare tale dazio. E qualsivoglia rivenditore a posto fisso o un negoziante, o qualsivoglia altro che venda pane, orzo, o farro grande al minuto paghi per qualsivoglia mese 10 soldi all’officiale dei dazi, sotto pena di 100 soldi di denari.

6 Rub.13   –   Il dazio dei fornaciari e della conceria del cuoio.

   Decretiamo ed ordiniamo che chiunque abbia una qualche fornace con il motivo di fare e cuocere laterizi, coppi, pianche <piane> e calce, paghi, in qualsivoglia anno, all’officiale dei dazi, un fiorino d’oro. E chiunque abbia una fornace per cuocere vasi, e li cuocesse, paghi per qualsivoglia anno soldi 40. E se questi vasi fossero venduti all’ingrosso e abbia voluto esportare dalla Città, l’esportatore paghi, per qualsivoglia libra del prezzo, 6 denari e non di più. E chiunque abbia avuto una concia da cuoio e per conciare ed ivi questo cuoio da conciare verrà elaborato paghi 40 soldi per qualsivoglia anno. E se la detta calce, i coppi e i mattoni si esportassero, per mare o per terra, paghi per il dazio dodici denari per libra della loro valutazione. E nessuna persona osi o presuma portare a qualche abitazione della concia del cuoio per conciare in qualche casa, senza il permesso dell’officiale dei dazi, allo scopo che non venga frodato il dazio, sotto la pena di 25 soldi di denari per qualsivoglia volta. E ai pagamenti qui detti siano obbligati tanto i produttori quanto gli affittuari o uno di essi che sia più buono per pagare, e sia lecito all’officiale dei dazi di costringere colui che egli abbia voluto tra questi stessi, a pagare detto dazio.

6 Rub.14   –   La misura dei cereali e delle altre mercanzie.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia salma di grano e di altra biada, di legumi, di semi di lino e di noci che venissero misurate nelle piazze del Comune, siano pagati, dal venditore, soltanto quattro denari. E nessuna persona, senza il permesso dell’officiale dei dazi, osi o presuma di misurare alcun genere di biade se non nella piazza di San Martino, pena 100 soldi di denari per ognuno e per qualsivoglia volta. E queste misure siano misurate nell’uso solito, cioè il grano e orzo siano rasati fino al ferro e siano quattro «buzette» <cassette> del grano e dell’orzo; per qualsivoglia salma di farro grande siano cinque cassette rasate fino al ferro. E una salma di noci, e dei fichi sia di sei cassette rasate fino al ferro. Le noci ed i fichi siano rasati dal venditore e non da altro. Una salma di castagne sia cinque cassette. Una salma di olive sia di quattro cassette rasate fino al ferro. L’oliva, in realtà, che verrà venduta debba essere misurata dal vetturino comune <ordinario> e non da un altro; e questo vetturino debba essere chiamato e assegnato dal padrone del pistrino, prima che inizi a macinare, e sia obbligato a giurare tutta la quantità oliva che abbia portato nel pistrino, al quale sia stato inviato, a segnalare all’officiale dei dazi, sotto la pena di 100 soldi. E chi abbia trasgredito nelle dette cose, sia condannato alla pena già detta; e la metà di questa pena sia per il Comune e l’altra per l’appaltatore dei dazi. Si faccia salvo che sia lecito a qualsivoglia negoziante di vendere nel proprio posto o nelle piazze, fave, ceci o altri legumi senza penalità, al minuto, cioè ad «ottave, a quarte, a coppi». E sempre nella piazza del Comune, ove si vendono cereali, sia obbligato ad essere presente un officiale con il bastone per misurare, e per rasare le misure nel modo dovuto, o per dirimere le controversie che di solito sorgono circa le misure fra l’acquirente ed il venditore.

6 Rub.15   –   Il dazio del pane.

   Decretiamo che qualsivoglia persona che produce pane da vendere nella Città di Fermo, nel Porto, sia obbligato e debba pagare il dazio, in qualsivoglia mese, all’officiale dei dazi, con 10 soldi di denari.

6 Rub.16   –   Il dazio pagato una sola volta su cose non è più da pagare.

   Decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno abbia pagato una sola volta il dazio per una certa cosa o mercanzia, possa trasportarla o far trasportare, esportare e vendere fuori dalla Città, senza un altro pagamento di dazio; e questo statuto non pregiudichi gli altri statuti inseriti nel presente volume, in virtù dei quali il dazio si debba pagare di terza mano o in modo diverso.

6 Rub.17   –   Sugli stracci dei panni.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia libra del prezzo dei panni cuciti di lana o di «guarnelli» di qualunque “stracceria” siano pagati dodici denari per libra; cioè sei denari per parte.

6 Rub.18   –   Il dazio delle noci, dei fichi e del seme di lino.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia libra del prezzo delle noci, dei fichi, e del seme di lino che sono venduti nella Città di Fermo e del suo distretto o che venissero esportati dalla Città di Fermo e dal suo distretto, sia pagato il dazio di dodici denari per libra, cioè sei denari per parte. Per l’esportazione in realtà, quando la gabella per questo acquisto sia stata pagata, non si paghi più.

6 Rub.19   –   Il legname verde e stagionato elaborato non sia esportato fuori dalla Città.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia botticello nuovo, che viene esportato dalla Città da chiunque, siano pagati per il dazio sei denari per libra del prezzo. Per i botticelli vecchi o secchi e per i barili nuovi, e per altra cosa simile ad essi siano pagati dall’esportatore dalla Città di Fermo dodici denari per qualsivoglia libra del prezzo. E per qualsivoglia specie di legname nuovo, portato per mare o per terra e che verrà esportato dalla Città di Fermo, se non sia stato pagato il dazio, si paghino dodici denari per libra di prezzo; e se il dazio sia stato pagato, non si paghi più, e si possa esportare. Sia lecito tuttavia a chiunque di importare in Città botti o altre masserizie vecchie e usate di legname, per proprio uso, senza pagamento di dazio, purché non si venda, in tal caso paghi il dazio.

6 Rub.20   –   Per coloro che mandano il lino «graminato» <verde> e scapezzato <pettinato> nella Città di Fermo.

   Decretiamo ed ordiniamo che qualsivoglia Cittadino o forestiero abbia importato nella Città e nel Porto di Fermo lino verde o ‘pettinato’, che sia venduto o no, paghi dodici denari per qualsivoglia libra del prezzo. Se in realtà venga venduto, paghi altrettanto, cioè, sei denari per parte.

6 Rub.21   –   Per coloro che forniscono formaggio, melarance e nocciole.

   Decretiamo ed ordiniamo che chiunque abbia portato nella Città e nel Porto di Fermo e in riva al mare formaggio, melarance, nocciole paghi dodici denari per libra del prezzo; eccettuando il formaggio per il quale non ci sia l’obbligo di pagare, se non venga venduto e allora siano pagati sei denari per parte.

6 Rub.22   –   Per la vendita della cera e delle spezie.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia libra del prezzo della cera, e delle spezie, cioè zafferano, pepe, zenzero, cumino o altre cose appartenenti alla spezieria siano pagati dodici denari per libra <del prezzo>, se il dazio non sia stato pagato. E se qualcuno abbia venduto cera elaborata in ceri, e candele, o immagini <di cera>, siano stati pagati dodici denari per libra del prezzo, se il dazio della cera non sia stato pagato; e per tale pagamento ci si attenga al giuramento del venditore, o alla ricevuta del pagamento del dazio della detta cera.

6 Rub.23   –   Per la lana da vendersi in Città.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia libra del prezzo della lana, che viene venduta nella Città o nel Porto di Fermo, e nelle Ville, sia pagato il dazio di dodici denari cioè sei denari per parte. Ma se l’acquirente confezionasse i panni e abbia venduti questi panni all’ingrosso, questo acquirente della lana non sia tenuto a pagare il dazio, ma un <diverso> acquirente, cioè sei denari per libra del prezzo per l’acquisto di questi panni e il tale venditore di questi panni sia obbligato e debba, quando abbia venduto questi panni all’ingrosso, a dare notizia all’officiale dei dazi entro il secondo giorno, sotto la pena di 100 soldi di denari.

6 Rub.24   –   Per il carbone.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia libra del prezzo del carbone, che viene venduto in Città, o al Porto di Fermo, siano pagati 12 denari per libra.

6 Rub.25   –   Per le castagne.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia libra del prezzo delle castagne vendute nella Città o nel Porto di Fermo siano pagati dodici denari per libbra, cioè sei denari per parte, o per la misura di qualsivoglia salma quattro denari, da pagarsi dal venditore.

6 Rub.26   –   Per il vetro elaborato.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia libra del prezzo del vetro elaborato siano pagati 12 denari per libbra fra l’acquirente e il venditore.

6 Rub.27   –   Per la mola per i mulini.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia libra del prezzo della mola o della ‘macina’ per il mulino o per il pistrino che venisse portato nella Città o nel Porto di Fermo siano pagati dodici denari per libra sia che sia un Cittadino o un forestiero. E se allorché venisse condotta o venisse esportata, il padrone di questa mola non fosse presente, il signore esportatore o colui che la importa sia tenuto al pagamento del detto dazio.

6 Rub.28   –   Non portare le mercanzie, se non attraverso le porte della Città.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessuna persona osi o presuma importare o portar via alcune mercanzie, o cose per le quali si pagasse il dazio, attraverso una porta della Città di Fermo, se non attraverso le porte di San Francesco, di Santa Caterina, di San Giuliano, e di San Marco sotto pena di 100 soldi e nondimeno paghi doppio il dazio.

6 Rub.29   –   Non mettere tributi del Comune.

   Decretiamo che nessuno osi imporre alcun gravame in qualche parte del suo possedimento senza il permesso e la volontà dell’officiale dei dazi, sotto la pena di 100 soldi di denari per qualsivoglia volta.

6 Rub.30   –   Per i vetturali e per i barcaioli.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessun Vetturino o Barcaiolo possa esportare o portare via dalla Città o dal Porto di San Giorgio, per mare o per via terra, senza il permesso e la ricevuta dell’officiale del dazio del Comune, alcuna mercanzia, o cosa, sotto la pena di 50 libre di denaro, e nondimeno paghi un dazio doppio.

6 Rub.31   –   Per le salme <pesi> degli Studenti, dei Religiosi e degli Officiali.

   Decretiamo ed ordiniamo che per le salme di cose o di strumenti dei libri, e di altre cose, tanto degli Officiali quanto dei Religiosi, degli Studenti, degli Stipendiati, che venissero condotte nella Città o nel contado di Fermo, da ovunque vengano, anche ad opera dei Cittadini e degli abitanti del contado, e per le cose che si esportassero dalla Città e dal contado, per mare, o per via terra, non sia pagato alcun dazio, ma possano liberamente essere importate ed esportate.

6 Rub.32   –   La dichiarazione dell’acquisto e della vendita di tutte le cose per le quali viene pagato il dazio.

   Decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno abbia importato, abbia acquistato o abbia venduto alcune cose, o mercanzie di qualunque genere o qualità siano, nella Città, nelle Ville, o nel Porto di San Giorgio, per le quali si debba pagare il dazio, tanto il venditore quanto l’acquirente o colui che le importa o uno di questi, sia obbligato e debba darne notizia e denunciare all’officiale dei dazi del Comune entro il terzo giorno dal giorno dell’immissione, della vendita, e dell’acquisto di tali cose, sotto la pena di 100 soldi e del pagamento del dazio al doppio per ognuno e per qualsivoglia volta. E ad ognuno è possibile accusare e denunciare, e abbia la quarta parte della pena e sia tenuto segreto. E sia obbligato a pagare il dazio all’officiale del dazio, entro otto giorni, da calcolarsi dal giorno dell’importazione o dell’acquisto, sotto la detta pena.

6 Rub.33   –   L’arbitrio del Giudice e degli altri officiali riscossori del dazio del Comune.

   Decretiamo ed ordiniamo che sia lecito a qualsivoglia officiale addetto al dazio del Comune per la riscossione, di obbligare e costringere tutti i singoli che debbono pagare qualche dazio, di qualunque luogo siano, e di gravare costoro in modo reale e personale, fino a quando da essi non sia stato pagato il dazio per intero e con effetto, come e quando ad essi sembrerà opportuno o piacerà che sarà necessario e in maniera opportuna, libera ed impune, purché non si scavalchi la forma dei presenti statuti. E il Giudice dei dazi, nelle cose qui dette e riguardo alle dette cose, possa fare la procedura senza chiasso, né parvenza di giudizio, avendo praticato o non praticato l’ordine della legge, sul fatto, dopo aver ricercata la sola verità, e per mezzo di atti giudiziari con informazioni sufficienti di qualunque sorta, ad arbitrio del detto Giudice contro qualsivoglia frodatore del detto dazio. E chiunque possa fare l’accusa e la denuncia dei frodatori dei dazi e riceva la quarta parte della pena e sia mantenuto segreto. E questa quarta parte della pena che il Giudice farà pervenire al Comune, deve essere pagata dal Banchiere del Comune

6 Rub.34   –    I riscossori dei dazi.

   Decretiamo ed ordiniamo che il Giudice dei dazi, che ci sarà stato nel tempo, sia obbligato e debba egli stesso e i suoi officiali, due volte per qualsivoglia settimana, durante il proprio officio, sollecitare gli officiali dei dazi, e rivedere sempre più spesso i loro registri, o quaderni, e ciò affinché l’entrata sia bene collocata ed applicata negli scritti, e avere e ricevere per iscritto, tramite essi o qualsivoglia di essi, dovunque, tutti i singoli non paganti il dazio; e finalmente ricercare questi stessi non paganti e farli gravare, in tal maniera o cosicché entro giorni otto, dal giorno del loro recupero, debbano aver pagato il loro dazio, sotto pena di 25 fiorini d’oro da prelevare e riscuotere a tale Giudice dal suo salario, nel tempo del suo sindacato; e possa e debba essere fatta la denuncia e accusa da chiunque.

6 Rub.35   –   L’aiuto e l’agevolazione da praticare con gli officiali dei dazi.

   Decretiamo ed ordiniamo che il Giudice di giustizia e dei dazi del Comune di Fermo, e il Podestà, il Capitano del popolo e chiunque degli altri officiali del Comune, ad ogni domanda e richiesta degli officiali dei dazi o degli appaltatori degli stessi, qualora appaltarli sia ottenuto conveniente per il Comune, siano obbligati e debbano catturare o far catturare coloro che ricusano di pagare il dazio, e costringerli o trattenerli fino a quando il dazio non sia stato pagato, sotto pena di 10 fiorini per qualsivoglia trasgressore, per qualsivoglia volta. E li catturino e li facciano catturare, liberamente ed impunemente, tanto nelle case degli stessi, quanto in altri luoghi della Città e del Comune di Fermo, se siano stati sospettati e fuggitivi, e condurli alla Curia e porli nel Palazzo e nelle carceri a volontà di questi officiali e appaltatori, fino a quando non sia stato pagato per intero il dazio. E i detti Podestà, Capitano, Giudice di giustizia e gli altri officiali del Comune siano obbligati a fare la stessa cosa, riguardo ai frodatori; cioè fornire aiuto, consiglio e sostegno a questi officiali dei dazi e agli appaltatori, a ogni loro richiesta, sotto la pena 25 fiorini d’oro da prelevare dalla loro paga, nel tempo del loro sindacato, per qualsivoglia volta quando abbiano trasgredito.

6 Rub.36   –   Le penalità da riscuotere.

Decretiamo ed ordiniamo che il Giudice di giustizia e dei dazi sia obbligato a compilare un registro di tutti coloro che pagano qualche penalità per frode del dazio, o a motivo del dazio, e in esso far scrivere con ordine i nomi, i cognomi di coloro che pagano la penalità, con inserire ivi la somma, e il motivo, sotto la penalità di 25 libre di denaro, a detto Giudice, da riscuotersi dal suo stipendio, per qualsivoglia volta quando abbia trasgredito.

6 Rub.37    –   Gli officiali posti a riscuotere i dazi.

   Decretiamo ed ordiniamo che qualsivoglia officiale addetto a riscuotere i dazi del Comune quando abbia trascurato di riscuotere qualche dazio, in maggiore o minore quantità, che sia dichiarata ed indicata nel presente volume degli statuti o in uno qualsivoglia di questi, il detto officiale sia obbligato e debba restituire con denaro proprio, tanto a colui dal quale abbia preso, quanto al Comune di Fermo, o alla tale persona, a richiesta della quale, il detto dazio venisse riscosso. E se abbia agito o abbia trascurato fraudolentemente, sia obbligato e debba pagare, oltre la somma trascurata, 10 libre al Comune o il doppio della somma trascurata o frodata. E possa essere accusato e denunciato da chiunque e costui abbia la quarta parte della pena, e sia tenuto segreto. E similmente questo statuto abbia vigore nei confronti degli altri officiali dei dazi addetti a registrare o a riscuotere, qualora nel loro officio abbiano commesso una frode o un errore.

6 Rub.38   –   Il divieto per l’avvocato e per il procuratore sul dazio.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessun Avvocato o Procuratore o qualsivoglia altro osi o presuma dinanzi all’officiale dei dazi del Comune di Fermo di fare l’avvocato, essere procuratore, o patrocinare, per qualsivoglia motivo di dazio, sotto la pena di 10 libre di denaro per ognuno, e per qualsivoglia volta, da riscuotersi sul fatto se non sia per richieste con chiamata, o costrizione.

6 Rub.39   –   Non riscuotere nulla più del dazio dovuto, né aggravarlo contro la forma del presente statuto.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessun officiale dei dazi, cittadino o forestiero, osi riscuotere o costringere qualcuno a pagare qualche dazio oltre la somma contenuta nel presente volume degli statuti, né aggravare qualcuno o alcuni a motivo del detto dazio, né per frode in contrasto con la forma dei presenti statuti, sotto la pena di 10 libre di denaro a vantaggio del Comune e con risarcimento alla parte con il doppio di ciò che sia stato riscosso oltre il dovuto

6 Rub.40   –   Per cose non menzionate.

   Decretiamo ed ordiniamo che se dovessero comparire cose che non siano state nominate nel presente volume degli statuti e che fossero simili a quelle per le quali si dovesse pagare il dazio, venga pagato il dazio secondo la somiglianza di quelle cose che fossero dichiarate dai detti statuti. E se capitasse o venisse mosso qualche dubbio che non sia stato dichiarato con una forma dei presenti statuti, sia fatta una dichiarazione e i signori Priori del popolo, o il Gonfaloniere di giustizia, per tale dubbio, la facciano fare da un solo cittadino da nominarsi per ogni contrada ad opera dei detti signori Priori. Tuttavia non venga pagato il dazio per la crusca, per la ginestra, per i fili di paglia, per la cenere, per i forconi, per i rastelli, e per gli acquaticci <mosti>.

6 Rub.41   –   Le pene per coloro che agirono contro le disposizioni dei presenti statuti.

   Decretiamo ed ordiniamo che chiunque abbia agito contro la forma di qualche statuto contenuto nel presente volume, o abbia frodato qualche dazio, sia punito e condannato con 100 soldi di denari dal Giudice dei dazi, sul fatto stesso, senza alcun processo; facendo salvo il caso in cui vi fosse una pena speciale dichiarata nel presente volume degli statuti, e in questo caso sia obbligato a pagare quel dazio soltanto, e in minore quantità, dopo aver visto la condizione della persona e la qualità del misfatto. E riguardo a tutte le singole condanne, le pene che venissero riscosse ad opera dello stesso Giudice, o di un altro officiale, il quale fosse <addetto> a tale dazio, la metà delle stesse condanne e delle pene debba essere a vantaggio del Comune di Fermo, e in realtà, l’altra metà debba essere per l’appaltatore di tali dazi. E il Podestà, il Capitano del popolo e ciascuno di essi, e di qualsivoglia officiale degli stessi e altri officiali del Comune, per i dazi da riscuotere, siano obbligati e debbano dare aiuto, consiglio e sostegno, e dare gli inservienti a questi dazieri a loro richiesta, sotto la pena di 100 libre di denaro dalla loro paga. E allo stesso modo qualsivoglia officiale di ciascun Castello o Villa del contado di Fermo sia obbligato a dare aiuto e sostegno a questi dazieri, sotto la pena di 10 libre di denaro.

6 Rub.42   –   Sui tempi per pagare il dazio e a chi.

   Per evitare un errore, decretiamo ed ordiniamo che per tutte le cose e le mercanzie che venissero portate, con lo scopo di esportarle, per mare o per via terra, o quelle che non siano esportate, per le quali si dovesse pagare il dazio, questo dazio di tali cose o mercanzie, appartenga, e sia competenza o debba essere pagato a colui o a quelli, a richiesta del quale o dei quali, tali dazi venissero riscossi al tempo del loro trasporto o della loro segnalazione e della denuncia. E similmente per l’olio immagazzinato, per il quale il dazio debba essere pagato da colui o coloro, a richiesta del quale o dei quali il dazio venisse incassato al tempo dell’immagazzinamento di questo olio, o del trasporto d’arrivo o sia esportato dalla Città o dal Porto di Fermo oppure no, o per mare, o per via terra oppure no, anche se il tempo dell’appalto dei dazi fosse scaduto, oppure no.

6ub.43   –   Per coloro che godono qualche immunità di dazi.

   Decretiamo ed ordiniamo che se in vigore di qualche statuto, o di un’altra legittima concessione che fosse stata praticata fino ad ora, fosse stato lecito, o fosse lecito a qualche Comunità, o a singole persone di questa Città o del contado, di importare o condurre per mare o per via terra, alcune cose o mercanzie per la propria vita, e tale importatore o conduttore o colui che fa importare o condurre, disponesse di vendere le dette cose o mercanzie importate e condotte per la sua vita, sia obbligato a segnalare all’officiale del dazio le dette cose entro il secondo giorno dopo che le abbia vendute, e debba pagare il dazio dovuto secondo la forma dei presenti statuti. E chi abbia trasgredito, perda le cose vendute, o il loro prezzo, e nondimeno paghi un dazio doppio, e come pena 25 libre di denaro per qualsivoglia volta, e possa essere accusato da chiunque, e costui abbia la metà della pena e sia tenuto segreto.

6 Rub.44   –   Il dazio del vino venduto a salma o alla spina.

   Decretiamo che per il vino che viene venduto alla spina, per il dazio per qualsivoglia libra del prezzo si paghino sei soldi e otto denari. E se qualcuno abbia comperato vino all’ingrosso, cioè a salma <peso> con lo scopo di rivenderlo al minuto alla spina, per qualsivoglia libra del prezzo, paghi dodici denari oltre al detto dazio alla spina, cioè sei denari per parte. E ciò abbia vigore nella Città, al porto di Fermo, e nelle Ville già detti. E se qualcuno abbia portato vino o mosto comperato con lo scopo di rivenderlo nella Città, e nel Porto di Fermo e nelle Ville già detti, paghi dodici denari per qualsivoglia libra. Facendo salvo che sia consentito a chiunque di portare il mosto che sia di produzione propria, per tutto il mese di ottobre, senza pagamento di alcun dazio. E se lo abbia portato dopo detto mese, paghi dodici denari per libbra del prezzo della valutazione dello stesso. E se qualcuno abbia voluto esportare o abbia portato con lo scopo di esportare una qualche quantità di vino, per mare o per via terra, fuori dal contado di Fermo e dalla riviera del mare, paghi per qualsivoglia salma di vino quattro soldi di denari e non sia affatto obbligato a pagare un altro dazio. Nessuno invece debba vendere e dare a qualcuno il vino a ‘salma’, o al minuto, se non con uno specifico permesso dell’officiale del dazio e con la ricevuta dei detti officiali, sotto la pena di 100 soldi di denari per ognuno e per qualsivoglia volta. Aggiungiamo che per il vino che venisse venduto all’ingrosso o al minuto al tempo delle fiere, cioè per tutto il mese di agosto, e entro l’anno per opera di coloro che ospitano i forestieri, si debba pagare il dazio dovuto come è ordinato per la spina; ciò non abbia vigore per il vino che venisse venduto all’ingrosso, o al barile per opera dei cittadini o degli abitanti <ad uso> per il vitto di loro stessi e della famiglia.

6 Rub.45   –   Il dazio del magazzinaggio nel Porto di Fermo.

   Decretiamo che chiunque abbia portato nel Porto di San Giorgio battelli pieni di olio, o di vino, oppure vuoti, tanto nel magazzino del Comune, quanto in un’altra parte di detto Porto, paghi per qualsivoglia battello dodici denari. In realtà per qualsivoglia collo <fardello> di altra mercanzia paghi quattro denari. Per qualsivoglia miliare di agli cinque denari; per qualsivoglia miliare di cipolle due soldi anche per cose simili a queste; e ciò per il dazio del magazzinaggio.

6 Rub.46   –   Nessun padrone di un naviglio possa caricare e scaricare qualche sua mercanzia senza il permesso di un officiale.

   Decretiamo che nessun padrone di qualche nave, grande o piccola, debba caricare o far caricare alcune mercanzie o cose nella stessa nave, né scaricare da tale nave alcune mercanzie o cose senza un esplicito permesso dell’officiale del dazio, sotto la pena di 25 libre di denaro, e nondimeno per le stesse mercanzie e cose paghi un dazio doppio. E nessuno dalla riviera del mare, e dal Porto, o da altro luogo di tale riviera e anche dalla Città debba portare mercanzie nell’abitazione senza un permesso di tali officiali del dazio, né porti né consegni cose che venissero scaricate o caricate in qualche nave, oppure da qualche nave, sotto la pena di 100 soldi di denari.

6 Rub.47   –   Le navi e le barche.

   Decretiamo ed ordiniamo che se qualche nave o barca sia stata posta in riva al mare o nel Porto di Fermo e sarà caricata, paghi, se la nave fosse per 300 contenitori per il dazio del trasporto navale, tre fiorini. E se la nave sia per 100 contenitori, paghi un fiorino e mezzo. E se la nave sia per sessanta contenitori, paghi un fiorino. E se sia stata per 40 contenitori fino a 100 e da 100 fino a 300 contenitori, paghi per la quota parte secondo la già detta quantità. e se sia stata una qualche barca o barcone da venti contenitori fino a trenta, paghi per il trasporto navale 40 soldi di denari. E se la barca o il barcone sia stato da quindici contenitori, paghi sedici soldi di denari. E se sarà per dieci contenitori, paghi 10 soldi. E se sarà per cinque contenitori, paghi sei soldi. E chiunque sia venuto con una qualche barca e abbia dato uno scafo all’ormeggio o abbia dato un ponte verso terra e abbia avuto mercanzie in essa, per le stesse sia obbligato a pagare il dazio dovuto, come indicato sopra. E i padroni di dette navi o delle barche siano obbligati a pagare il detto trasporto navale, come detto sopra. E se i padroni fossero franchi o fossero assenti i marinai siano obbligati a pagare il detto trasporto navale e i loro mercanti. Inoltre se qualcuno abbia fatto qualche nuova nave o barca e l’abbia fatta fare nel Porto o sulla riva del mare, sia obbligato di pagare il dazio dovuto, cioè dodici denari per libbra del prezzo secondo la valutazione da farsi dall’officiale del dazio del Comune. Facendo salvo che venga dedotto il dazio per tutte le cose trasportate con la nave o con la barca o lavorate, per le quali sia stato pagato il dazio nella Città o nel Porto o nella sua riviera.

6 Rub.48   –   Rame nuovo e vecchio.

   Decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno, nella Città o nel Porto, abbia acquistato rame nuovo elaborato o vecchio <usato>; con lo scopo di esportarlo da questa Città o dal Porto, paghi, per qualsivoglia libra del prezzo del rame elaborato sei denari, e per il rame vecchio dodici denari per qualsivoglia libra dell’acquisto o della valutazione. Sia tuttavia lecito a chiunque di importare rame nuovo e usato per uso proprio ed egualmente masserizie usate, ma se lo abbia vendute, sia obbligato al dazio.

6 Rub.49   –   Il dazio sulla macelleria e sulle sue parti, e per coloro che mandano carni salate o fresche nella Città o nel Porto di Fermo.

   Decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno, nella Città o nel Porto di Fermo, abbia importato carni salate o fresche per la vita di se stessi, paghi, per qualsivoglia libra di carne, tre denari e sia obbligato a lasciare una prova alla porta <della città> e presentare <ciò> all’officiale del dazio. E il daziere della porta sia obbligato a bollare, sotto la pena di 100 soldi di denari qualsivoglia volta quando abbia trasgredito nelle dette cose.

6 Rub.50   –   Per coloro che forniscono agnelli, capretti o maialini.

   Decretiamo che se qualcuno abbia importato nella Città o nel Porto di Fermo, oppure in questi abbia venduto un maialino, un agnello, un capretto, paghi per ognuno di questi da 20 soldi, diminuendo fino ad uno; e più di ciò, in realtà, paghi dodici denari per qualsivoglia libra del prezzo, facendo salvo quelli regalati o quelli portati per proprio uso.

6 Rub.51   –   Per coloro che acquistano agnelli, capretti e maialini con lo scopo di rivenderli.

   Decretiamo che nessun albergatore, o qualsivoglia altro <individuo> possa acquistare un agnello, un capretto, o qualche maialino o qualche altro animale vivo o macellato di recente, o salato con lo scopo di rivenderlo nel suo albergo, o altrove, se non paghi tre denari per qualsivoglia libra delle carni, sotto la pena di 100 soldi per qualsivoglia volta.

6 Rub.52   –   Gli animali che possono essere comperati dai macellai.

   Decretiamo ed ordiniamo che qualsivoglia Macellaio, o qualsivoglia altra persona acquistasse qualche animale vivo con lo scopo di rivenderlo al minuto, paghi per qualsivoglia libra delle carni, tre denari. E se fossero carni bovine, paghi per qualsivoglia capo soldi otto, e per qualsivoglia capo di castrone soldi due; e per qualsivoglia capo di maiale, o scrofa, soldi quattro e per qualsivoglia capo di pecora, o di capra, o di becco, 18 denari; per qualsivoglia capo di agnello, di capretto o di maialino, un soldo. E questi macellai possano e debbano, trattenere, da tali venditori di animali, la metà della detta somma, che sono obbligati a pagare per il dazio, e non di più.

6 Rub.53   –    La vendita di carni da parte dei macellai e la pesatura di queste.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessun Macellaio o qualsivoglia altra persona, nella Città o nel Porto, volendo produrre carni da vendere, osi o presuma macellare o vendere qualche animale in qualche altro luogo se non nelle macellerie usate fino a questo momento, se non in presenza, con il permesso e con l’ordine dell’officiale del dazio del Comune; ed inoltre debba, tramite l’officiale del dazio, pesare, come di consueto, tale animale tutto ed intero con la stadera del Comune. E che questo macellaio non possa e non debba macellare tale animale se prima non sia stato pesato come sopra, sotto penalità al trasgressore di 100 soldi per qualsivoglia volta. E possa essere accusato e denunciato da chiunque, e <costui> abbia la quarta parte della pena.

6 Rub.54   –   Il dazio sulle bestie vendute dai macellai da pagarsi entro una scadenza.

   Decretiamo che qualsiasi Macellaio o qualsivoglia altra persona che produce carni da vendere, sia obbligato e debba pagare, in qualsivoglia giorno di venerdì, per tutte le singole carni e animali da essi stessi vendute, il dazio ad essi che compete su ciò, e prima e dopo ad ogni richiesta dell’officiale di questo dazio, sotto la penalità al trasgressore di 100 soldi, qualsivoglia volta.

6 Rub.55   –   I maialini da vendersi cotti <porchetta>.

   Decretiamo che per qualsivoglia maialino cotto da vendere da chiunque debbano essere pagati tre soldi di denari per qualsivoglia libra di carne. E detto maialino, prima della sua cottura, sia pesato senza le interiora.

6 Rub.56   –   Per le carni da comperare per banchetti, suffragi e sposalizi.

   Decretiamo ed ordiniamo che chiunque compri carni per banchetti, sposalizi o suffragi del settimo giorno, sia obbligato e debba pagare il dazio di tre denari e non di più per libra delle carni che abbia comperato al di fuori delle macellerie del Comune; eccetto per un agnello, un capretto, un maialino per i quali non debba pagare se non dodici denari per ognuno. E queste carni non debbano essere tagliate, o detti animali non debbono essere uccisi senza il permesso dell’officiale dei dazi del Comune, e debbano essere pesati, sotto pena di 100 soldi di denari per qualsivoglia volta per il trasgressore e con raddoppio del dazio.

6 Rub.57   –   Il dazio sui pesci.

   Decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno nella Città o nel Porto di Fermo abbia portato del pesce salato, o fresco, cotto, o seccato, paghi due soldi per qualsivoglia libra del prezzo, e sia obbligato far vedere i pesci all’officiale del dazio del Comune, e pesarli. Se qualcuno in realtà l’abbia esportato fuori dalla Città o dal contado di Fermo, paghi, per qualsivoglia libra del prezzo, 5 soldi di denari per il dazio.

6 Rub.58   –   Per i maiali da macellarsi dai cittadini.

   Decretiamo ed ordiniamo che sia lecito a qualsivoglia cittadino o abitante della Città di Fermo, per la vita propria e della sua famiglia, di macellare, o di far macellare due maiali e non di più, purché sia iscritto tramite l’officiale del dazio, con lo scopo che non si possa frodare il dazio, senza pagamento di alcun dazio; e se ne abbia macellati di più, paghi per qualsivoglia libra delle carni denari tre.

6 Rub.59   –   Per le carni salate da esportare per mare.

   Decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno abbia portato nella Città di Fermo o nel Porto di San Giorgio le carni salate con lo scopo di esportarle per mare, paghi dodici denari per qualsivoglia libra del prezzo sulla loro valutazione. Se, in verità, abbia prodotto carni, nella Città o nel Porto con lo scopo di salarle, paghi, per qualsivoglia libra delle carni, tre denari. E a lui sia lecito di esportare tali carni per mare, a proprio piacere e volontà, senza alcun altro pagamento del dazio.

6 Rub.60   –   Per gli animali malati o morti che si possono vendere.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia animale infetto o malato, o morto, che venisse venduto alle porte della Città di Fermo o del Porto di San Giorgio, o nelle Ville, già detti, venga pagato il dazio indicato sotto, cioè per qualsivoglia libra del prezzo della loro vendita, fino ad otto libre, siano pagati due soldi. E, in realtà, al di sopra fino a dodici libre di denaro siano pagati 30 soldi. E ancora sopra fino a 15 libre di denari siano pagati soldi 40 denari. E per il cuoiame e per le pelli di tali animali siano pagati dodici denari per libra, cioè sei denari per parte. E detti animali prima siano visti dall’officiale del dazio, e non si possano vendere senza il permesso di costui, sotto la pena di 100 soldi di denari per ognuno e per qualsivoglia volta. E per i denari ricavati da queste pelli e carni ci si attenga al giuramento del venditore di questi animali.

6 Rub.61   –   Per le pelli da importare nella Città e nel Porto.

   Decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno abbia portato nella Città o nel Porto di Fermo pelli di bue, o di bufalo, o di scrofa, o altre pelli, paghi per qualsivoglia libra di denaro sulla loro valutazione, dodici denari da qualunque parte provengano, e dopo pagato il dazio sia a lui lecito di esportare e vendere, senza alcun altro pagamento del dazio, facendo salvo che se qualcuno abbia voluto fare conciatura del cuoiame o delle pelli dei suoi animali, per sé e per la sua famiglia, non sia obbligato a pagare purché non le abbia vendute, e per questo ci si attenga al suo giuramento.

6 Rub.62   –   Per gli animali che i macellai debbano acquistare ed essere macellati entro un certo tempo.

    Decretiamo ed ordiniamo che qualsivoglia Macellaio, o qualsivoglia altra persona che produce carni da vendere, debba aver venduto al dettaglio gli animali che abbia comperato per la macellazione, o per un suo interesse, entro tre mesi da calcolarsi dal giorno dell’acquisto degli stessi animali. E se entro questa scadenza non abbia venduto o non abbia macellato presso tale macelleria, sia obbligato e debba pagare come pena di 100 soldi di denari, per il dazio dell’acquisto di questi animali, cioè dodici denari per libra. E se abbia tenuto questi animali per la vita <loro>, sia obbligato a pagare il dazio per una quota da indicarsi in seguito. E ciò non abbia vigore per i verri o per i castroni da comperare o da tenere dai macellai con lo scopo di macellarli nelle macellerie, e per questi sia consentito di tenerli fino a quando li abbiano macellati.

6 Rub.63   –   Per il cuoiame e per le pelli che debbano essere acquistate nella Città.

   Decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno abbia importato nella Città e nel Porto di Fermo cuoiame, o pelli di qualunque animale, paghi dodici denari per qualsivoglia libra del prezzo, facendo salvo per il cuoiame e per le pelli di animali venduti dai macellai, per le quali fosse stato pagato il dazio di tre denari per libra. Il macellaio che vuole esportare o gli acquirenti di queste stesse paghino sei denari per libra del prezzo sulla loro vendita e non di più.

6 Rub.64   –   Il dazio dei cavalli, dei somari e delle altre bestie.

   Decretiamo che se qualcuno abbia portato nella Città di Fermo, o nel Porto, o nelle Ville e nel territorio di questa Città qualche cavallo, somaro, o somara, per ognuno paghi, per qualsivoglia libra del prezzo della loro valutazione o dell’acquisto, dodici denari per libra. E similmente per i buoi, le vacche, i muli, i maiali, le capre, le pecore e per gli altri animali siano obbligati a pagare nel detto modo. Se qualcuno, in realtà, abbia portato <ciò> per la propria vita, e abbia acquistato fuori dalla Città o dal contado di Fermo un cavallo o un ronzino per questi non sia obbligato a pagare (il dazio); ma se lo abbia venduto sia obbligato a pagare il dazio dovuto. Se, in realtà, qualcuno abbia pagato il dazio per un somaro, per un bue, o per gli altri animali, e abbia rivenduto questi stessi animali o qualcuno di essi, l’acquirente sia obbligato di pagare sei denari per libbra del prezzo per la sua parte. E similmente se siano passati per più mani, o i detti animali fossero stati rivenduti, l’acquirente sia obbligato di pagare altrettanto. E se qualcuno abbia venduto un cavallo o un altro animale per il quale non sia stato pagato il dazio nella Città o nel Porto di Fermo, o abbia esportato e abbia venduto quegli <animali> fuori dalla Città di Fermo, paghi dodici denari per qualsivoglia libra del prezzo. E tale venditore o esportatore sia obbligato a farlo sapere all’officiale dei dazi, entro il terzo giorno dopo il suo ritorno, sotto la pena di 100 soldi di denari, ed un dazio doppio.

6 Rub.65   –   Il dazio degli animali da allevamento ossia da tenere nei pascoli.

   Decretiamo che se qualcuno nella Città di Fermo, e nel suo distretto e nel Porto, e nelle Ville di Montone, Lognano, Monte Secco, Monte San Martino abbia tenuto o abbia avuto un bue, una vacca, un maiale o una scrofa, una pecora, un montone, capre, cavalle, o animali da soma, o un altro animale, paghi per qualsiasi anno per ogni animale specificato nel modo scritto qui cioè:

-per qualsivoglia bue o vacca, giovenco o giovenca sopra un anno, soldi 10 denari 0

-per qualsivoglia maiale o scrofa castrata da mesi tre   s. 5

-per qualsivoglia scrofola   s. 6

-per qualsivoglia capra, caprone o irco  s. 6

-per qualsivoglia pecora, o montone fino a 100 fra padrone e lavoratore soldi 5;- sopra100, in realtà, soldi 9 per ognuno, a meno che il padrone non ne abbia; se non – 50 – in tutti i luoghi; ma se abbia di più paghi il dazio di 9 soldi; eccettuati gli allevati di un anno

-per qualsivoglia cavalla, asina o mula da soma in dimora  s. 20 d. 0

 Sono eccettuati e riservati tre buoi e due maiali per qualsiasi cittadino e abitante della Città di Fermo e delle dette Ville per la vita degli stessi, e di ciò non sono obbligati di pagare il dazio. E se non abbia avuto buoi da aratura o vacche da aratura, per questi non sia pagato come per i buoi detti sopra. E coloro che tengono tali animali siano obbligati e debbano, entro la scadenza del bando, segnalare all’officiale dei dazi anche gli allevati di un anno, come sopra, per i quali non si paghi nulla nell’allevarli in quell’anno intero, sotto la pena di 100 soldi per ognuno e per qualsivoglia animale non segnalato.

6 Rub.66   –   Il dazio dei cavalli da destinare al trasporto.

   Decretiamo che per qualsivoglia cavallo da darsi per il trasporto da parte dei cittadini o degli abitanti della Città di Fermo, si paghi, in qualsivoglia anno, il dazio di 20 soldi. E colui che tiene un ronzino da vettura debba farlo registrare dagli officiale del dazio, sotto la pena di 100 soldi per qualsivoglia trasgressore.

6 Rub.67   –   Il dazio su “bozza” e delle parti e delle cibarie che sono vendute.

   Decretiamo che se qualcuno, tanto cittadino quanto forestiero, abbia venduto nella Città, nel Porto, o nelle Ville, qualche genere di cereali, paghi per il detto dazio, cioè per qualsiasi salma di grano soldi otto e denari quattro, per qualsivoglia salma di orzo, di farro grande, di fava, di piselli, di ceci, o altri legumi soldi quattro e denari quattro; e l’acquirente paghi soldi due, facendo salvo quando questo grano, orzo, farro, fava o qualche cos’altro dei già detti fosse venduto agli albergatori o ad altri che fanno il pane da vendere, gli acquirenti paghino un dazio doppio, cioè di tutti questi detti, e otto soldi per qualsivoglia salma di grano, e quattro soldi per qualsivoglia salma di altro cereale o di legumi per la parte dell’acquirente. E parimenti chiunque altro abbia comperato ciò che è detto sopra con lo scopo di rivendere al minuto, sia obbligato a pagare il dazio doppio indicato sopra. E che nessuno possa misurare questo cereale altrove anziché nella piazza del Comune e pesare con le misure del Comune, né portar fuori dalla piazza queste misure del Comune, senza il permesso dell’officiale dei dazi, sotto la pena di 40 soldi di denari per qualsivoglia trasgressore e per qualsivoglia volta; e similmente per la farina. Se qualcuno, in realtà, abbia importato in questa Città o nel Porto qualche cereale acquistato nel contado, o al fuori dal contado, paghi, per qualsivoglia salma di cereale, metà del dazio per la sua parte, come sopra è stata indicata. Se qualcuno invece, desse o prendesse cereali, o li donasse per qualsivoglia altro motivo, il dazio sia pagato per metà da parte del ricevente, sotto la pena di 20 soldi per qualsiasi volta.

6 Rub.68   –   Il dazio della farina.

   Decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno, tanto cittadino, quanto abitante del contado e di Porto di San Giorgio, abbia venduto farina di qualsivoglia cereale, o di legumi, ad altri anziché ai già detti albergatori o ad altri che fanno il pane da rivendere, paghi per qualsivoglia salma di farina sedici soldi, cioè dodici soldi da parte del venditore e quattro soldi da parte dell’acquirente. E se abbia venduto a questi albergatori o ad altri che fanno il pane da vendere, paghi un dazio doppio, cioè per qualsivoglia salma di farina per la sua parte soldi otto. E se la farina non fosse pesata in grano e fosse portata nella Città, paghi il dazio soltanto della pesa nel caso non si vendesse. E se detta farina fosse portata da chiunque, soltanto nella Città, nel Porto e nelle Ville già dette, e il grano di essa non fosse stato pesato, e questa farina fosse venduta, sia pagato per la pesa e per la vendita, come detto sopra. E se questa farina fosse importata nei detti luoghi da qualunque persona, e fosse di sua produzione, e il grano non fosse stato pesato, per questa farina paghi soltanto il dazio della pesa e niente oltre, se non fosse venduta; ma se fosse venduta, paghi per la pesa e la vendita, come sopra. E qualsivoglia portatore abbia l’obbligo, per detta farina, di lasciare una prova presso la porta <della Città> e farla vedere all’officiale dei dazi, sotto pena di 100 soldi per ognuno e per qualsivoglia volta.

6 Rub.69   –   La pesatura dei cereali.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia centinaio del peso di qualunque cereale o di legumi con lo scopo di macinarli siano pagati per il dazio due soldi. E chiunque abbia l’obbligo di portare e di far portare questo cereale alle pese del Comune per la pesatura con le stadere del Comune, e altrove, sotto la pena di 100 soldi di denari e il pagamento del dazio dovuto, sotto la detta pena. E che qualsivoglia Mugnaio abbia l’obbligo e debba portare una ricevuta nel sacco pesato, sottoscritta di mano dell’officiale del dazio, sotto la pena di 100 soldi per ognuno e per qualsivoglia volta e per qualsivoglia trasgressore.

6 Rub.70   –   Il dazio sulle cose date a cottimo.

   Decretiamo ed ordiniamo che per l’affitto di case, o locali affittati a pigione e per gli animali affittati a soccida <soci>, o per il terreno dato a cottimo, vengano pagati, per il dazio del cottimo, dodici denari per qualsivoglia libra del prezzo nella loro valutazione e per l’affitto, cioè sei denari dal lavoratore e sei denari dal concedente (conduttore). E se il cottimo venisse pagato in grano, otto soldi per salma e la metà per altre granaglie, per l’orzo, per farro grande o per altri.

6 Rub.71   –   Per il pane da portare nella Città o al Porto.

   Decretiamo che se qualcuno abbia portato una certa quantità di pane in Città o al Porto, paghi per qualsivoglia centinaio di pane, dodici denari; tuttavia in modo tale che il pane non sia di un valore sopra i due denari. Qualora fosse di un valore e di un prezzo oltre due denari paghi per la quota parte, per quanto in più, secondo il numero e la quantità del pane.

6 Rub.72   –   Il dazio sugli animali dati in soccida <soci>.

   Decretiamo ed ordiniamo che per tutti gli animali da affittare o da dare a ‘socita’ (soci), o per fare laborerio, sia pagato metà dazio, cioè sei denari dell’estimo da farsi di essi; cioè per metà dell’estimo di essi da pagarsi dai conduttori, quando sia stata pagata da essi. E i detti locatori abbiano l’obbligo di fare la denuncia all’officiale dei dazi entro 10 giorni dal giorno in cui è stato fatto l’affitto.

6 Rub.73   –   Il dazio del mercato di Belmonte.

   Decretiamo ed ordiniamo che per ogni mercanzia o cosa che venisse venduta nel mercato di Belmonte, in un giorno di mercato, o in qualsivoglia strada attraverso la quale si va a tale mercato, nel giorno di mercato, si paghi per il dazio dodici denari per libra del prezzo, cioè sei denari per parte. E che se qualcuno abbia portato o abbia fatto portare dalla Città di Fermo, e dal Porto di Fermo a questo mercato alcune mercanzie o cose per le quali sia stato pagato il dazio in tale Città o al Porto, o abbia venduto queste cose nel detto mercato, non sia obbligato a pagare alcun dazio per tale vendita, ma l’acquirente soltanto sia obbligato a pagare all’officiale di questo mercato tutto l’intero dazio. Inoltre che se qualcuno abbia acquistato in questo mercato alcune mercanzie o cose, o animali con lo scopo di esportarli, e di portarli nella Città di Fermo con lo scopo di rivenderli, e di esportarli per mare, non sia obbligato a pagare il dazio in questo mercato; ma soltanto il venditore sia obbligato di pagare tutto l’intero dazio, e il tale acquirente debba tenere per sé questo dazio e pagarlo all’officiale del dazio di questo mercato. E ciò perché i detti acquirenti siano obbligati, allorché abbiano portato le dette cose nella Città di Fermo, a pagare il dazio su di esse. Inoltre per qualsivoglia rubbio di lino, il venditore sia obbligato a pagare un denaro. E per qualsivoglia pezza di canovaccio quattro denari. E per qualsivoglia misura di ciascun centenario di panno di lana, che venisse venduto all’ingrosso, questo venditore sia obbligato a pagare dodici denari. Inoltre chiunque abbia una cascina o una capanna coperta nel mercato di Belmonte, paghi per ciascuna e per qualsiasi mese dieci soldi di denari. Inoltre ad ognuno sia lecito, nel giorno di lunedì precedente il giorno di mercato, e nel giorno del mercoledì seguente, di qualunque luogo sia, di venire con le mercanzie e con qualsivoglia cosa, e con gli animali a questo mercato e starvi tranquillo e sicuro. E nessuno possa recare danno alla persona o alle cose; ma nell’andare, nello stare, nel ritornare sia libero e sicuro e incondizionato, nonostante alcune rivalse e condizioni; fatta eccezione per i banditi <esiliati> e per i condannati del Comune di Fermo, che fra i già detti non siano compresi. Non si possa, in questo mercato, fare accordi né costrizioni per qualche debito fatto in altro luogo, ma solamente per i debiti contratti per motivi riguardanti ed emergenti da questo stesso mercato. Inoltre qualunque Macellaio o un altro che producesse carni, o macellasse allo scopo di vendere carni in questo mercato, paghi questo dazio, cioè:

-per qualsivoglia maiale o maiale femmina, morti oppure macellati freschi o salati soldi 8

-per qualsivoglia bue, vacca, vitello o vitella s. 20

-per qualsivoglia castrone s. 4

-per qualsivoglia pecora, irco o montone s. 3

-per qualsivoglia capretto o agnello s. 1

6 Rub.74   –   Il dazio sugli animali che avranno transitato nel Distretto di Fermo.

   Decretiamo che se qualche cittadino o forestiero conducesse alcuni animali nel territorio di Fermo, da fuori distretto di Fermo, con lo scopo di esportarli al di fuori da questo distretto, paghi

-per qualsivoglia castrone soldi 2

-per qualsivoglia maiale o maiale femmina s. 5

-per qualsivoglia pecora, montone, capra o irco soldi 1 denari 6

-per qualsivoglia cavallo, o cavalla o mulo s.20

Salvo che se non potessero vendere questi animali, e a loro sia lecito, se vogliono ricondurli da dove li abbiano portati, senza alcun pagamento di dazio. E se fosse capitato di vendere qualcuno di tali animali in questo distretto di Fermo, il venditore sia obbligato a pagare all’officiale dei dazi, incaricato a riscuotere il dazio del pedaggio, dodici denari per libra, detratto il dazio per gli animali venduti, che sia stato pagato per il già detto pedaggio. E i restanti animali non venduti, liberamente, possano essere portati ove i conducenti abbiano voluto.

6 Rub.75   –   Il dazio sul transito.

   Fu stabilito che il transito degli animali o di altre cose, per le quali debba essere pagato il dazio, da parte dei forestieri che transiteranno, verranno o cammineranno nel territorio e nel distretto di Fermo e del suo contado, della fortezza, e del distretto, paghi il dazio qui detto:

-per qualsivoglia bue, vacca, giovenco, vitella, somaro soldi 10

-per qualsivoglia maiale o scrofa soldi 5

-per qualsivoglia castrone s. 2

-per qualsivoglia pecora, montone, capra, caprone s. 1 den. 6

-per qualsivoglia cavallo, o cavalla, o mulo s.20

-per qualsivoglia salma di grano, che venisse esportato fuori dalla Città di Fermo con lo scopo di esportarlo fuori da questo contado e dal distretto e transitasse per detto contado e distretto di Fermo s. 6

-per qualsivoglia salma di orzo, che venisse portato come sopra s.4

-per qualsivoglia salma di farro grande, che venisse portato come sopra s. 4

-per qualsivoglia salma di fava, che venisse portata come sopra s. 5

-per qualsivoglia salma di ceci, o di legumi, di panico o mele s. 4

-per qualsiasi salma di vino, che fosse portato da chiunque per mare o per terra s. 3

-per qualsivoglia salma di cera s. 30

-per qualsivoglia metro di olio che venisse esportato s. 5

-per qualsivoglia salma di miele s. 20

-per qualsivoglia salma di panni colorati fiorino 1 e mezzo

-per qualsivoglia salma di panni di “carfagno” s. 36

-per qualsivoglia salma di lana, che transitasse mezzo fiorino s.0

-per qualsivoglia salma di panni di lino1 fiorino s. 0

-per qualsivoglia salma di canovaccio s. 40

-per qualsivoglia salma di cenci s. 10

-per qualsivoglia salma di guarnelli fiorino 1 e mezzo s. 0

-per qualsivoglia salma di lino mezzo fiorino s.0

-per qualsivoglia salma di lana s. 30

-per qualsivoglia salma di accia filata s. 40

-per qualsiasi salma di pelli non conciate s. 30

-per qualsivoglia salma di cuoiame grosso non conciato s. 20

-per qualsivoglia salma di cuoiame conciato s.40

-per qualsivoglia salma di bambagia elaborata fiorino 1 s. 10

-per qualsivoglia salma di bambagia non elaborata s. 30

-per qualsivoglia salma di fichi secchi s. 4

-per qualsivoglia salma di peli dei cavalli s. 10

-per qualsivoglia salma di peli delle code dei cavalli fiorino 1 s. 0

-per qualsivoglia salma di rame elaborato s. 40

 E qualsivoglia salma delle dette cose e di tutte le altre cose per le quali spettasse pagare il dazio, si intenda e debba essere di 400 libre, se fosse di più o di meno ci sia l’obbligo di pagare per la quota parte. Inoltre se qualche Mulattiere, Vetturino, o qualunque altra persona in qualsivoglia condizione stia, tanto un abitante del contado, quanto un Cittadino che abbia esportato fuori dal contado, qualche mercanzia o cosa, per le quali dovesse pagare il dazio, o abbia esportate maliziosamente in frode del dazio, e non avesse pagato il dazio all’officiale dei dazi, o transitasse senza la ricevuta degli stessi officiali, sia punito con 25 libre di denaro.

6 Rub.76   –   Il forestiero possa esportare dal contado tutte le mercanzie, <senza dazio> eccettuando lino e canovaccio.

   Inoltre se qualche forestiero abbia acquistato in qualche Castello del contado di Fermo qualche mercanzia, o cosa, e la esportasse fuori da questo contado o l’avesse fatta esportare, dopo aver ottenuto il permesso, la possa esportare. E qualora fossero lino, canovaccio, lana, o qualcos’altro, per il quale sia obbligato a pagare il dazio, paghi sei denari per libra del prezzo e non di più, perché gli abitanti del contado non sono obbligati <pagare> per l’assegna (tassa).

6 Rub.77   –   L’abitante del contado possa introdurre ogni mercanzia nel contado senza dazio, perché paga l’assegna.

   Inoltre se qualcuno del contado portasse in questo contado di Fermo qualche mercanzia o cosa, se questa sia soggetta a qualche dazio, non sia obbligato a pagarlo affatto per le dette cose perché paga l’assegna.

6 Rub.78   –   Chiunque asporta dalla Città e dal contado il lino, la lana, i panni, i canovacci, la semente, le noci o altra mercanzia paghi il dazio.

   Inoltre se qualche abitante del contado, o Cittadino Fermano, o forestiero, in qualunque condizione stia, acquistasse lino, lana, panni di lino o di lana, canovaccio, semente di lino, noci, o qualunque altra cosa o mercanzia nella Città di Fermo, o in qualche Castello del contado di Fermo, e volesse esportarla, fuori da questa Città di Fermo, o l’avesse importata o l’avesse fatta importare, paghi per qualsivoglia libra del prezzo, per la parte di detto acquirente, sei denari e non di più.

6 Rub.79   –   Il forestiero che porta, soprattutto che vende qualcosa nel mercato di Belmonte, paghi il dazio, e possa portare indietro ciò che non vendesse.

   Inoltre se qualche forestiero venisse fuori dalla Città di Fermo al mercato di Belmonte con panni, animali o altra mercanzia, e vendesse in questo mercato in tutto od in parte, paghi il dazio che di solito si paga in detto mercato. E quello che non vendesse in detto mercato, se volesse lo possa portare indietro alla sua abitazione, o al luogo da cui lo condusse, e a lui sia lecito senza altro pagamento di dazio. E se lo volesse portare altrove, anziché al detto luogo, paghi il dazio dovuto per il passaggio, come è stato detto sopra, per ciò che abbia portato indietro.

6 Rub.80   –   Sia lecito a qualche abitante del contado di barattare e vendere un bue malandato fuori dal contado.

   Inoltre se a qualcuno che abita nel contado di questa Città di Fermo capitasse che qualche bue, o vacca o un altro animale gli si sia deperito, e fosse di sua proprietà, e volesse cambiarlo, o vendere, sia a lui lecito di vendere o cambiarlo fuori del contado di Fermo, senza pagamento di dazio.

6 Rub.81   –   Sia lecito al forestiero portare indietro la mercanzia non venduta, dopo pagati 6 denari per libra di cose vendute.

   Inoltre se qualunque commerciante o forestiero che fosse al di fuori del contado di Fermo, volesse vendere panni o altra mercanzia o cosa, che fosse stata immessa e condotta nei Castelli di questo contado o attraverso gli stessi Castelli del contado, paghi sei denari per libra del prezzo di quello che abbia venduto. E quello che non potesse vendere, sia lecito di esportarlo e riportarlo nel luogo di prima dal quale lo portò, senza pagamento di dazio. E se lo volesse portare altrove, anziché al luogo di prima, dal quale lo portò, paghi il dazio del passaggio, come è stato dichiarato sopra.

6 Rub.82   –   A nessuno sia lecito esportare cereali fuori dal distretto, raccolti nello stesso distretto e nel contado.

   Inoltre nessuna persona, sia Cittadino che forestiero, ed anche del contado di Fermo, in qualunque condizione si trovi, possa né debba esportare alcun genere di cereali, né di grascia fuori dal contado di Fermo, cioè cereale che sono sia nato e raccolto nel contado e nel distretto di Fermo.

6 Rub.83   –   Sia lecito agli abitanti del contado, fra loro stessi, vendere, comperare e portare mercanzie, perché pagano l’assegna.

   Inoltre sia lecito a chiunque del contado di Fermo e del suo distretto di vendere e comperare ogni mercanzia, e cosa, che si volesse fra se stessi, nel contado di Fermo, e portarla da un Castello ad un altro Castello del contado di Fermo, senza alcun pagamento di dazio, perché pagano l’assegna.

6 Rub.84   –   Qualsivoglia forestiero che reca mercanzie sia obbligato a pagare il dazio al primo daziere incontrato nel contado.

   Inoltre se qualche commerciante o forestiero abbia portato o assoldato panni o qualche altra mercanzia, o cosa nel territorio e nel distretto del contado di Fermo, con lo scopo di vendere, paghi il dazio di sei denari per libra del prezzo per quelle cose al primo daziere o addetto alla riscossione del pedaggio che abbia trovato in questo contado; e questo officiale, o daziere, faccia la sua consueta ricevuta. E non sia obbligato a pagare in alcun altro luogo del contado. E sia lecito a questo commerciante di riportare ed esportare il residuo di detta mercanzia, che non potesse vendere in questo contado, senza alcun altro pagamento.

6 Rub.85   –   Il dazio del passaggio.

   Questi sono gli statuti e gli ordinamenti del dazio del passaggio delle Terre qui scritte, cioè di tutte le Terre e i luoghi situati oltre i fiumi Chienti, Fiastra; Norcia, Visso, Camerino, Foligno e da tutte le altre terre e i luoghi situati oltre i detti fiumi, e in essi non sia compresa alcuna Terra o Castello, che è a confine con il contado di Fermo, né la Terra di Amandola, né Penna San Giovanni, né alcuna terra che confini o sia al confine del contado di Fermo; <statuti ed ordinamenti> fatti, stabiliti e rinnovati nell’anno 1376, nel mese di Maggio, per tutte le mercanzie che venissero o che fossero portate dalle dette terre, e che fossero portate per mare, e che venissero per mare, e venissero esportate fuori dal contado di Fermo, e venissero portate nelle dette terre e nei luoghi situati oltre i detti fiumi; come è stato detto sopra, paghi nel modo qui scritto, e si intenda come peso di qualsivoglia salma, 40 libre. Anzitutto <pagamento per peso>

L.=libre

s.=soldi

d.=denari

xS=Per Soma di peso. (Libre+soldi)

\x100=(sold+denari)-Per 100 di peso;

\x10-(soldi+denari)-Per 10 di peso;

*

.Zaffarano per soma: xS=L.11.s.10 \x100= s.75.d.7 \x10-s.7. d.7

.Seta sottile marchiana: xS=L.17.s.10 \x100=s.75.d.7 \x10-s.7. d.7

.Bozzoli: doppi e franchi: xS=L.2.d.0  \x100=s.8.d.11   \x10=s.0.d.11

.“Fomicilli”: xS=L.4.s.0  \x100=s.7 x10=s.1.d.10

.Seta; tratta di Puglia: xS=L.10.s.0  \x100=s.40.d.6   \x10= s.4.d. 10

.Cera: xS=L.2.s.0  \x100=s.8.d.11   \x10=s.0.d.11

.Zucchero saldo: xS=L.3.s.0  \x100=s.9.d.4   \x10= s.1.d.4

.Polvere di zucchero: xS=L.6.s0  \x100=s.26.d.8   \x10=s2.d.8         \\

.Spezie minute e non minute: xS=L.6.s.0  \s.26.d.8   \x10=s.2.d.8

.Pepe: xS=L.4.s.0  \x100=s.17.d.10   \x10=s.0.d.4

.Mele: xS=L.0.s.10  x100=s.3.d.4   \x10=s.0.d.4

.Allume di rocca: xS=L.0.s.10  \x100=s.2d.2   \x10=s.0.d.4

.Noccioli di mandorle: xS=L.1.s.0  \x100= s.4.d.6   \x10=s.0.d.6

.Pinotti: xS=L.1.s.0   \x100=s.4.d.5   \x10=s.0.d.6

.Uva passa: xS=L.0.s.10  \x100=s.12.d.2   \x10=s.0.d.2

.Cumino: xS=L.0.s.10  \x100=s.2.d.3 \x10=s.0.d.3

.Panno colorato, Camertono, e Eugubino: xS=L.3.s.8  \x100=s.15.d.2   \x10=s.1   d.6

.Panni bisi e carfagni: xS=L.1.s.0 \x100=s.4.d.6   \x10=s.0.d.6

.Stamegno: xS=L.10.s.0  \x100=s.44.d.6   \x10=s.4.d.6

.Lana fina: xS=LL.4s.0  \x100=s.17.d.10   \x10=s.2.d.8

.Lana grossa bianca, o bisia: xS=L.1.s.4 \x100=s.5.d.4   \x10=s.0.d.6

.Panno di lino sottile: xS=L.3.s.0  \x100=s.13.d.4   \x10=s.1.d.4

.Bucaramo ailese: xS=L.6.s.0  \x100=s.26 d.8   \x10=s.2.d.8

.Guarnello d’ogni ragione: xS=L.3.s.8  \x100=s.15.d.9   \x10=s.1.d.6

.Canovaccio e borraccio: xS=L.1.s.0  \x100=s.4.d.6   \x10=s.0.d.6

.Fune, Spago, giganelli, stoppo: xS=L.1.s.0  \x100=s.4.d.6   \x10=s.0.d.6

.Stoppa: xS=L.0.s.5  \x100=s.1.d.2   \x10=s.0.d.2

.Lino Marchesiano: xS=L.0.s.10  \x100=s.2.d.3   \x10=s.0.d.3

.Lino Lombardo: xS=L.1.s.0  \x100=s.4.d.6   \x10=s.0.d.6

.Panni Veronesi, Fiorentini, panni colorati fini: xS=L.5.s2  \x100=s.23.d.4  \10=s.2.d.4

.Canova: xS=L.0.s.10  \x100=s.2.d.3   \x10=s.0.d.3

.Merciaria: xS=L.6.s.0  \x100=s. 26.d.8   \x10=s.2.d.8

.Stagno: xS=L.0.s.15  \x100=s.3.d.4   \x10=s.0.d.7

.Ferro e piombo: xS=L.0.s.10  \x100=s.2.d3   \x10=s2.d.3

.Acciaio: xS=L.0.s.15  \x100=s.3.d.4   \x10=s.0.d.6

.Ferro lavorato: xS=L.1.s.0    \x100=s.4.d.6   \x10=s.0.d.6

.Ferro lavorato da corazze per soma: xS=L.1.s.s.10  \x100=s.6.d.8   \x10=s.0.d.8

.Metallo lavorato: xS=L.1.s.0  \x100=s.5.d.4   \x10=s.0.d.7

.Rame lavorato: xS=L.1.s.10  \x100=s.6.8   \x10=s.0.d.8

.Rame non lavorato: xS=L.15.s.3  \x100=s.3.d.4   \x10=s.0.d.4

.Varri, per centinaio di numero: xS=L.0.s.10   \x100=s.10.d.0   \x10=s.0.d.0

.Pellicceria non concia: xSL.1.s.0  \x100=s.4.d.6   \x10=s.0.d.6

.Pelle francese: xS=L.3.s.0  \x100=s.13.d.4   \x10=s.1.d.4

.Pelle lanute: xS=L.0.s.10  \x100=s.2.d.4   |x10=s.0.d.3

.Corame grosso: xS=L. 0.s.15   \x100=s.3.d.4   \x10=s.0.d.4

.Pellicceria concia: xS=L.1.s.10  \x100=s.6.d.8   \x10=s.0.d.8

.Corame sottile concio: xS=L.1.s.10  \s.6.d.8   \s.0.d.8

.Soatto: xS=L.1.s.10  \s.6.d.8   \s.0.d.8

.Carta bambagina; xS=L.1.s.10  \s.0.d.0   \s.0.d.0

.Carta pecorina: xS=L.1.s.0  \s.4.d.6   \s.0.d. 6

.Cenci e paratura di carta: xS=L.0.s.5  \s.1.d.2   \s.0.d.1

.Semente di lino, noce, e altre biade: xS=L.0.s.2  \s.0.d.6   \s.0.d.0

.Pelo di cavallo; xS=L.0.s.10  \s.2.d.2   \s.0.d.3

.Fichi secchi: xS=L.0.s.4  \s.4.d.1   \s.0.d.3

.Sego e sugna: xS=L.0.s.10  \s.2.d.3   \s.0.d.2

.Pelo di coda di cavalli: xS=L.1.s.0  \s.4.d.5   s.0.d.3

.Bambagia lavorata: xS=L.2.s.0  \s.8.d.11   \s.0.d.11

.Bambagia non lavorata: xS=L.1.s.0  \s.4.d.10   \s.0.d.6

.Sturuini: xS=L.1.s.0  \s.4.d.6   s.0.d.6

.Pesce salato: xS=L.0.s.10  \s.4.d.6   \s.0.d.3

.Carne salata, e cacio: xS=L.0.s.10  \s.2.d.3   \s.0.d.2

.Legname lavorato d’ogni ragione: xS=L.0.s.2  \s.0.d.8   \s.0.d.3

.Vetro lavorato d’ogni ragione: xL.0.s.10  \s.2.d.2   \s.0.d.3

.Cenere da bicchieri, e allume di feccia: xS=L.0.s.2  \s.2.d. 3   \s.2.d.0

.Rocelle: xS=L.0.s.10  \s.2.d.7   \s.0.d.2

.Panicella: xS=L.0.s.2  \s.2.d.2   \s.0.d.0

.Robbia, e guado: xS=L.0.s.5  \s.1.d.1   \s.0.d.1

.Scotano. xS=L.0.s.2  \s.0.d.6   \s.0.d.0

.Pece: xS=L.0.s.4  \s.1.d.0   s.0   s.0.d.0

.Piuma: xS=L.0.s.5  \s.1.d.1   \s.0.d.2

.Cote di pietra da arrotare: xS=L.0.s.5  \s.1.d.3   s.0.d.2

.Pesce apparecchiato: xS=L.0.s.3  \s.0.d.9   \s.0.d.0

.Anice; xS=L.0.s.6  \s.1.d.6   \s.0.d.1

.Cinnamomo ovvero cannella: xS=L.3.s.0  \s.13.d.4   \s.0.d.4

.Zenzero: xS=L.2.s.0  \s.13.d.11   \s.1.d.11

.Endico: xS=L.2.s.0  \s.8.11   \s.0.d.11

.Verzino: xS=L.2.s.0  \s.8.d.6   \s.0.d.11

.Seta sottile di Romania: xS=L.10.s.0  \s.50.d.6   s.0.d.4

.Seta grossa di Romania: xS=L.5.s.0  \s.25.d.3   \s.2.d.3

.Grana: xS=L.10.s.0  \s.40.d.6   \s.4.d.6

.Capelli, manotte gentili, e feltri: xS=L.1.s.0  \s.4.d.6   \s.0.d.6

.Stole: xS=L.0.s.3  \s.5.d.9   \s.0.d.0

.Cassia: xS=L.0.s.8  \s.20.d.0   \s.0.d.0

.Vischio, e tormentina: xS=L.0.s.10  \s.2.d.3   \s.0.d.3

.Grano, riso: xS=L.0.s.6  \s.0.d.0   \s.0.d.0

.Solfaro; xS=L.0.s.8  \s.0.d.0    \s.0.d.0

.Oro filato per libra di peso: xS=L.0.s.4  \s.0.d.0   \s.0.d.0

.Argento lavorato indorato per libra di peso: xS=L.0.s.2  \s.0.d.0   \s.0.d.0

.Pater nostri di coralli per libra di peso: xS=L.0.s.1  \s.0.d.0   s.0   \s.0.d.0

.Pater nostri d’ambra per libra di peso: xS=L.0.s.1  \s.0.d.0   \s.0.d.0

.Avorio per libra di peso: xS=L.0.s.6  \s.0.d.0   s.0.d.0

.Coltre di seta per una: xS=L.0.s.2  \s.0.d.0   \s.0.d.0

.Coltre di panno d’ogni ragione per una: xS=L.0.s.10  \s.0.d.0   \s.0.d.0

.Schiavine per una:  xS=L.0.s.1  \s.0.d.0   \d.0.

6 Rub.86   –   I caricatori e gli scaricatori.

    Inoltre decretiamo ed ordiniamo che qualsivoglia persona, Cittadino, o del distretto del contado di Fermo, in qualunque condizione si trovi, che abbia portato o abbia fatto portare, o abbia caricato o abbia fatto caricare una qualche quantità di olio, o alcune altre mercanzie di qualsivoglia qualità, presso qualche luogo o in qualche spiaggia della riviera del mare, dal Castello di Sirolo del contado di Ancona incluso fino al fiume Tronto incluso, sia obbligato e debba pagare all’officiale del dazio, o agli esattori di questa Città di Fermo, incaricati dal Comune di questa Città, o a coloro che hanno comperato i dazi di questa Città, un fiorino e mezzo per qualsivoglia miliare di olio. E per qualsivoglia centenario del valore, o dell’estimo di qualsivoglia altre mercanzie così condotte e caricate o scaricate in qualcuno dei detti luoghi di questa riviera o delle spiagge non sottoposte a questa Città, dodici denari per qualsiasi libra di denaro, come viene pagato in questa Città. E ciò sia inteso per i luoghi e per le spiagge non sottoposte a questa Città, e tali cittadini o distrettuali che portano o che fanno portare in detti luoghi o in tali spiagge l’olio o altre mercanzie qualsiasi, siano obbligati a segnalare ogni quantità dell’olio agli officiali del detto dazio, entro quindici giorni da calcolarsi dal giorno del trasporto, del caricamento o dello scaricamento di tali mercanzie, e dell’olio, sotto la pena di 10 fiorini d’oro per qualsivoglia miliare di olio e 5 soldi per qualsivoglia libra del valore o dell’estimo delle dette mercanzie; e la metà di questa pena sia per il Comune di Fermo e l’altra metà sia per il detto esattore del dazio, se il dazio fosse stato venduto <appaltato>, altrimenti per intero tutta la detta pena pervenga in Comune. E sia lecito a chiunque di riferire i trasgressori, e <il delatore> sia tenuto segreto ed abbia la quarta parte della pena a motivo della sua denuncia o segnalazione.

6 Rub.87   –   Il dazio del sale, dei pascoli, del baratto e della “scarfina” non è da includere nelle vendite dei dazi.

   Con il presente statuto confermiamo e dichiariamo che qualora i dazi del Comune vengono appaltati e vengono deliberati, quando si facciano tale vendita e la delibera, in nessun modo sia compresa, né si intenda compresa anche la vendita del dazio del sale, dei pascoli o della “scarfina”, neanche il dazio sul baratto, a meno che non avvenisse tramite un istrumento di vendita su di essi e con una chiara e specifica segnalazione <di essi> in detta vendita. E questo dazio di baratto non sia appaltato, senza che sia stato deliberato dal Consiglio Generale del Comune di Fermo.

6 Rub.88   –   Per coloro che portano i panni alle tintorie in Città.

   Affinché ai forestieri o ai circostanti che vogliono portare panni da colorare in questa Città, soprattutto affinché la comodità e l’arte della lana migliorino di giorno in giorno, vogliamo e dichiariamo e decretiamo che coloro che da fuori portano i panni da colorare non siano molestati, e che non siano obbligati a qualche pagamento del dazio e del tributo, nel portare e nel portar via detti panni. E similmente nessuno possa esportare né far esportare l’allume fuori dalla <detta> Città.

6 Rub.89   –   Gli abitanti del contado possano venire con sei buoi senza pagamento del dazio

   Gli abitanti del contado che vengano a fare un lavoro nel territorio della Città di Fermo, per il tempo futuro, possano venire e portare fino a sei buoi con una o due cavalle, senza alcun pagamento del dazio del pedaggio dei pascoli.

6 Rub.90   –   L’esenzione per coloro che fanno l’arte della lana.

   Coloro che vengono nella nostra Città per svolgere l’arte della lana e quelli che in detta Città svolgono la detta arte, soltanto per le loro cose, cioè masserizie, lana filata ed altre cose necessarie all’arte della lana, per le quali tramite il Notaio dei Regolatori siano obbligati a <fare> il conto con giuramento, siano esenti da qualsivoglia pagamento di dazio o tributo; eccettuati però i panni per i quali siano obbligati al pagamento del dazio.

6 Rub.91   –   I mercanti forestieri possano portare le loro mercanzie, e dal 15 luglio, e non vendendole possano portare via, senza dazio o tributo.

   Avendo un fruttato non piccolo di onore e di comodità dal mercato delle cose vendibili o dalle fiere, decretiamo solennemente che i commercianti esterni o forestieri possano, dalla metà del mese di luglio in poi, portare, per le fiere, le mercanzie senza alcun dazio; e se non abbiano venduto, non siano obbligati a pagare alcun dazio, ma liberamente possano portarle via entro la scadenza stabilita.

6 Rub.92   –   Esenzione per i chierici sui dazi.

NOTA. Atti ufficiali degli anni 1579; 1580; 1581; 1583

   Decretiamo ed ordiniamo che tutti i singoli Chierici della Città, e del contado di Fermo e dimoranti in essi, siano esenti, liberi ed immuni, nella Città e nel contado, dal pagamento dei tributi sui beni delle Chiese, e degli Altari e sui beni del proprio patrimonio, cioè per quelle cose che questi Chierici avessero divisi dal padre, dal fratello o dai propri congiunti, ma per quei beni che possedessero come indivisi insieme con detti suoi padre, fratello e congiunti, siano obbligati di pagare le dative <tributi>. Inoltre <esenti> questi Chierici per il macinato del grano da trattenere per il vitto proprio e dei diaconi o degli scolari e degli inservienti propri, secondo il grado, e secondo la propria dignità. Siano anche liberi <esenti> ed immuni in questa Città, anche per le altre cose che ad uso degli stessi appositamente essi stessi portassero in questa Città. È in nessun modo possano, né debbano per altri, se non per essi stessi, come è stato detto sopra, sotto le pene imposte dal rev.mo signor Vescovo. Inoltre detti Chierici siano esenti ed immuni anche per il macinato delle proprie olive, cioè dei frutti delle loro Chiese o degli Altari o del proprio patrimonio, solamente quelli divisi dai suoi consanguinei. E in nessun modo possano, né debbano comperare olive, né porzioni di olive, dai propri lavoratori, o cottimisti, né da qualunque altro, e se le comperasse, siano obbligati di pagare i dazi del macinato di dette olive, se le facessero macinare. Inoltre questi chierici per il grano, il vino e gli altri frutti, che vendessero in questa Città, siano esenti ed immuni per la metà del dazio, per la parte cioè della vendita di detti grano, vino o altri frutti, e l’acquirente paghi la metà del dazio per la sua parte sua; e per la metà del dazio delle pensioni, delle case, dei cottimi dei propri possedimenti; i chierici siano esenti anche per la parte propria. Inoltre i Chierici non possano né abbiano potere in alcun modo di esportare, né di far esportare il grano per mare, né per <via> terra, fuori del distretto di Fermo, né l’olio né gli altri frutti, neppure di vendere quelli liberi ed esenti dal pagamento delle tabelle da pagarsi per intero da parte dell’acquirente di detto grano o di altri frutti acquistati dai Chierici, ma per le dette cose, il dazio, per intero venga pagato dagli acquirenti, e se esportassero o volessero esportare, siano obbligati a pagare per intero il dazio, e il trasporto del grano al Comune di Fermo, come sono soliti <pagare> i secolari <laici>.

   *

Dichiarazione fatta sopra il detto statuto e deliberazione e risoluzione che debbano essere praticate con i Chierici sopra il pagamento e la riscossione dei gabelle <dazi> e dei pascoli come furono e sono; cioè: 

   Essendo state fatte alcune differenze tra il reverendo Clero da una parte, e la Magnifica Comunità di Fermo, e i suoi gabellieri dall’altra sopra la riscossione delle gabelle, dei pascoli dei bestiami e del macinato, e in conseguenza nato un dubbio sopra lo statuto, nel libro 6 “Sulla esenzione dei Chierici” e sulla osservanza d’esso, e tutte le differenze trattate, e agitati dall’una parte, e dall’altra dinanzi agli Illustrissimi Sigg. Cardinali della sacra Congregazione delle Visite dei vescovi, e riferita la causa al Nostro S(ignor Papa) ultimamente per ordine di Sua Santità, essendo <stato> scritto dall’Illustrissimo Cardinal Montalto all’Illustre e Reverendissimo Monsignor Pinello Vescovo di questa Città, di tenore, che detto statuto sia eseguito come è stato eseguito per l’addietro; per l’esecuzione di tal ordine, e per maggior dichiarazione, e per toglier via qualsivoglia difficoltà, che potesse nascere da una e dall’altra parte, mediante i deputati dell’una parte, e l’altra sera avvenuto alla qui trascritta dichiarazione, e determinazione da osservarsi inviolabilmente in perpetuo net tempi futuri. Anzitutto, che si osservi lo statuto nella Rub.92 del Libro sesto:

. Che i laici compratori da preti e da altri chierici paghino la metà della gabella, come è stato praticato.

. Che se alcun laico venderà ai Preti, o ad altre persone ecclesiastiche, sia tenuto a pagare l’integra gabella, sì come è stato praticato per antica e immemorabile consuetudine

. Ed il medesimo si osservi nelle locazioni o affitti.

. Inoltre se gli concede, che di frutti, che raccolgono nei territori, tanto della Città, come dello Stato, de’ beni ecclesiastici, patrimoniali, o acquisiti, quando essi vogliono esportar a nome proprio fuori dal distretto o per mare, o per terra, siano esenti da ogni gabella, ma siano tenuti a pagare la tratta, come pagano i laici; eccettuando l’olio, e il vino, per i quali si paghi la metà della gabella, come è stato sempre praticato; ma vendendo detti frutti, tanto olio, come vino, o qualsivoglia altra sorte di frutti e robe, ad altri che li esportassero, i compratori siano obbligati a pagare la metà della gabella, e tutta la tratta, nonostante alcun patto fatto fra di loro.

   Quanto al macinato otto some di grano siano franche <esenti> per ciascun Canonico che abiterà in comunione con le famiglie, some sei per un Curato o Prebendato che staranno in comunione, come detto sopra, some tre per ciascun altro Prete non Curato.

. Che quelli che staranno separati dalle famiglie, siano esenti dalla gabella del macinato per tutto quello che faranno.

. Che un Canonico non possa tenere nei pascoli più di 50 tra pecore e capre, e il Prebendato non ne possa tenere più di 25, comprendendovi quelle pecore e capre, che si ritenessero tanto nelle possessioni del Capitolo, quanto nelle loro particolari. E di questi animali i lavoratori, o socciari <soci> per allevare animali allevati <condividendo> a metà siano obbligati a pagare la metà di quel che pagano gli altri laici. E volendo ciascuno dei detti qui sopra tenere più del detto numero, tanto in particolare, come in universale, debbano pagare l’intero pascolo.

. Che per gli altri animali i preti siano liberi e esenti per la loro parte, ma i loro socciari <soci> e lavoratori siano obbligati alla metà di quel che pagano gli altri laici, il che non si intenda per quelli che si allevano per mercanzie, e in questo caso debbano pagare tutto quel che pagano i laici. 

   In seguito furono rivolte preghiere nella Magnifica Cernita della Magnifica Città di Fermo che si è svolta il giorno 18 agosto del presente anno 1581, da parte del reverendo Capitolo e dei reverendi Canonici di questa stessa Città, del tenore scritto qui sotto, cioè.

Magnifica e prestantissima Cernita. Il capitolo e i canonici di questa lor Cattedrale desiderosi di esser loro figliuoli e di vivere in unione con cotesto pubblico, essendosi trattata la concordia della esazione riguardo alle gabelle, e ai pascoli tra gli deputati delle Magnifiche Signorie Vostre, e del detto capitolo, con l’aiuto del Signore Dio benedetto s’è ridotta a buonissimo termine, come per i Capitoli non nasceva <nessun> altro disparere tra di loro, che nella somma, e quantità delle pecore. Poiché essendosi per il passato praticato, che il Prete abbia potuto ritenere un numero indefinito di pecore, e tanta quante ha potuto ritenere, e per la metà sia stato sempre franco, ora restringendosi a 50, è parso, confidando nella molta benignità e cortesia loro, supplicarle che vogliano restar contente della quantità di ottanta, o più, o meno, rimettendosi sempre alla loro volontà, il che concederanno ai loro propri figliuoli, e li possono rassicurare che come per l’addietro non s’è mai goduta questa immunità, così anche si può sperare che si osserverà per l’avvenire, e riporteranno il tutto per grazia, assicurando che il detto capitolo vuol vivere in unione con loro, con il numero non solo di 50 pecore, ma con tante quante loro si compiaceranno. E perché è desiderio di imporre silenzio non solo su questo fatto, ma anche che tutto il clero della Città vi concorra, (al che farà ogni sforzo) e affinché non abbiano occasione di dolersi, poiché nei Capitoli per Prete non Curato gli s’è concesso un così poco numero di pecore, cioè 10; supplichiamo che vogliano provvedere che restino ancor loro consolati, e animarli alla concordia, e di questo si terrà obbligo, pregando Dio per tutti loro, che li conservi sempre.

   Sopra queste suppliche in quella Cernita, praticando le cose da praticare, fu fatta la decisione in questo modo, cioè il signor Felice Aurelio Consultore stimato e giurato circa la richiesta dei reverendi Canonici e Capitolo espresse il parere di dover dichiarare il numero delle pecore in questo modo, cioè per un Canonico sessanta, per un Curato 40, per un Presbitero 30, e per un altro non curato 20; per gli altri si abbiano i Capitoli come confermati. Questa decisione fu ottenuta <approvata> con fave nere di questo numero 59, nonostante due bianche in contrario.

   Io Silvio Sara Canonico e a ciò eletto e incaricato appositamente insieme con il Magnifico e Reverendo Signore Costanzo Grana canonico, dal Reverendo Capitolo Fermano, su rogito di ser Fabio Srangulini di Fermo Notaio del Capitolo, nel giorno 29 Marzo 1583. Accolgo ed accetto le cose dette sopra contenute in questi capitoli, e prometto di osservarle senza violazioni, essendo intervenuto il consenso del Santissimo Signore Nostro Papa, né diversamente né in altro modo. E in fede eccetera scrissi di mano propria.

   Io Costanzo Grana canonico deputato accetto tutte le cose dette sopra, come sopra. E in fede eccetera scrissi di mano propria.

   Noi Felice Aurelio, e Francesco Assaldi eletti e deputati dai Magnifici Signori Priori, e Regolatori della Magnifica Città di Fermo per decreto della Magnifica Cernita celebrata sotto il 13 di Novembre 1579, accettiamo, approviamo, e consentiamo a quanto si contiene sopra.   Io Felice Aurelio dico come di sopra.   Io Francesco Assaldi confermo come di sopra.  

-.-   Il tenore delle lettere, delle quali si fa menzione sopra, è tale, cioè

 All’Ill.mo e Molto Reverendo Sig. come Fratello Monsignor Vescovo di Fermo

 R. presentante ecc. omesso il sigillo all’interno in realtà – Illustre E Molto Reverendo Sig. Intorno al disparere nato tra il Clero, e la Città di Fermo sopra lo Statuto di detta Città Libro 6° – Rubrica 92 titolo degli esenti chierici. Poiché lungamente si è disputato, intese le parti on informazioni d’Avvocati, e Procuratori, e inteso anco il parere di dui SS. Auditori di Ruota, si è riferita la causa a S. Santità, quale avendo inteso distintamente i capi controversi, e le allegazioni delle parti, mi ha commesso ch’io scriva a V.S. che levata ogn’altercazione sia eseguito detto statuto come è stato eseguito per l’addietro. Et Dio N. Signore la guardi dal male. Da Roma li 4 di Giugno 1580. Come Fratello a servirla. F(ra’) Felice Card. di Montalto

-.-  Giorno 9 Giugno 1580. Roma.

   Il Magnifico Sig. Giovanni Battista Colucci, in quanto Oratore e Procuratore della Magnifica Città di Fermo presentò, le lettere dell’Illustrissimo e Reverendissimo Signor Cardinale di Monte Alto, scritte qui all’Illustre e Reverendo Signor Domenico Pinelli, per grazia di Dio e della Sede Apostolica Vescovo, e Principe Fermano, e chiese che siano ricevute e accolte, ecc. E costui Ill.mo e Rev. Sig. Vescovo ecc., le accolse, e ordinò che siano messe in pratica, siano registrate e siano restituite ecc. Così comandiamo. Il Sig. Vescovo.

6 Rub.93   –   Sul pagamento del dazio non si possa concedere perdono né scadenza.

   Per eliminare qualsivoglia inconveniente, per i dazi sia stato stabilito che a nessuno possa essere fatta la grazia, la remissione, né in alcun modo si facciano proposte e si deliberasse sopra il concedere queste grazie, sotto la pena di 25 ducati d’oro per ciascuno dei signori Priori trasgressori, e per il Cancelliere che le leggesse e scrivesse, cosicché in futuro in nessun modo e con nessun mezzo, per i soldi dei dazi da pagarsi al Comune di Fermo, e per i denari dovuti possa essere fatta una grazia, un termine <scadenza> o una dilazione, né alcuna sospensione, né in alcun modo il pagamento ai Gabellieri che hanno i dazi del Comune si possa impedire o ritardare né sopra detto pagamento che deve esser fatto, si proponga alcunché, si tratti, si deliberi o si riformi <decida> nelle Cernita e nel Consiglio, sotto le pene già dette per i detti signori Priori e per il Cancelliere.

*** 1506 ***  Conferma di tutte le cose contenute in tutto questo volume degli Statuti.

   Gli statuti e i plebisciti della nostra Città di Fermo, rivisti ristabiliti e dichiarati tutti e singoli scritti ed annotati in tutto questo volume, con decreto popolare quando fossero mandati; ad essere stampati nell’anno del Signore 1506, indizione nona, regnante Giulio Pontefice Massimo, come è piaciuto al Signore, decretiamo ed ordiniamo che siano e che debbano essere gli statuti e i diritti (leggi) civili della nostra Città e del contado e di tutti i luoghi sottomessi al dominio (giurisdizione) di Fermo; e vogliamo ed ordiniamo che questi siano praticati nella Città e nel contado e in tutti i nostri luoghi, e lo comandiamo, nonostante ogni qualsivoglia cosa che faccia contrasto. E con il pubblico consenso della Città e del contado appositamente fu stato modificato per questi tutti e singoli, come pienamente risulta per mano di Bernardino Patimali, Notaio pubblico e Cancelliere del nostro Comune, nel rogito per questa cosa.

***

   Questi statuti finalmente con decreto del consiglio del giorno 21 luglio 1585, e della Cernita nel giorno 9 gennaio 1587 e con un altro decreto della stessa Cernita nel giorno 4 novembre 1588 furono di nuovo attentamente esaminati, dichiarati, avendo aggiunto e annesso alcune cose ricavate dalle delibere di riforma e successivamente pubblicate e infine mandate in stampa. \

***Gli Statuti della Magnifica Città di Fermo felicemente sono completati.

<Seguono altri documenti>

\\\ Digitazione di Vesprini Albino belmontese ***

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