PIO XII PARLA DEL CULTO DELLE SACRE IMMAGINI. Nel discorso che Pio XII aveva preparato per commemorare il papa Benedetto XIV nel bicentenario della sua morte, ci sono riflessioni sul fatto che nei tempi attuali una sorta di radicalismo vorrebbe – come scrive – «allontanare dai sacri templi le immagini dei Santi, ed anche restringere la loro venerazione, con le chiese in tal modo improntate ad un «freddo iconoclasmo», quasi mute e digiune. Come giudicare questa tendenza alla luce della tradizione cattolica? È vero che la Chiesa lascia a ciascuno la libertà di dare nella pietà personale un maggiore o minor campo alla venerazione dei Santi; tuttavia nessuno può negare, senza offendere la fede cattolica, che coloro, i quali sono stati elevati dalla Chiesa agli onori degli altari, siano degni di venerazione anche pubblica. Nella pratica spetta pertanto agli Ordinari dei luoghi di vigilare, affinché la venerazione dei Santi non sia contrastata o negletta, ma promossa nelle pubbliche cerimonie, e le loro immagini rimangano in onore nella forma e nella misura consone alle regole della fede. Vi è inoltre alla radice di quella tendenza qualche cosa di malsano, che si riflette con detrimento sulla vita e sulle tradizioni cristiane. Se essa prevalesse, verrebbe innanzi tutto ad inaridirsi notevolmente, specialmente nel popolo, la feconda vena di vantaggi spirituali, che scaturisce dal domma della Communio Sanctorum, di cui la venerazione dei Santi, il parlare con loro e l’invocarli è elemento essenziale. Chi si richiamasse in ciò ad una forma «più pura e spirituale », dovrebbe ricordare quali furono le usanze del cristianesimo nei primi secoli verso la memoria e le spoglie mortali dei Martiri, e come del culto verso di essi abbiano lasciato commoventi esempi alle future generazioni. La venerazione dei Santi è dunque la nobilissima eredità lasciataci dalla cristianità primitiva. Per il diritto, poi, di rappresentare in immagini Cristo e i Santi la Chiesa dovette sopportare, nei secoli ottavo e nono, una durissima lotta. Mentre pertanto il sano popolo cattolico di tutti i tempi le è rimasto per ciò ben grato, la coltura non può esserle meno riconoscente, se si pensa alle perdite che l’arte avrebbe sofferto dall’affermazione delle mire iconoclaste. La Chiesa, che ha sempre favorita e promossa l’arte, specialmente religiosa, non intende abdicare al titolo di nobiltà che le proviene da questa tradizione. Perciò si sente anche obbligata a difendere l’arte contro quelle tendenze, che, coscientemente o no, hanno condotto talora a snaturare e sfigurare il riflesso della dignità e della bellezza del Creatore nell’uomo. Per una siffatta arte non vi è posto nel santuario. L’arte cristiana, e soprattutto il suo più intimo cerchio, l’arte sacra, debbono essere sempre degne di Dio e degli uomini di Dio, che sono chiamate a glorificare; degli uomini, che debbono ravvicinare a Dio. A voi, Venerabili Fratelli e diletti Figli, affinché il Signore irrori con sovrabbondanti grazie la vostra attività nell’importante ufficio di mostrare al mondo quanto sia fecondo di santità il Corpo Mistico di Cristo». Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, XX, Ventesimo anno di Pontificato, 2 marzo – 9 ottobre 1958, pp. 471-472. Tipografia Poliglotta Vaticana
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