LA MOSTRA DI RELIQUIARI E DI OSTENSORI DELLA ARCIDIOCESI DI FERMO ORGANIZZATA DA DON GERMANO LIBERATI. Notizie estratte dal catalogo.

Volume di vari autori: “Santi e pellegrini” a cura di Germano Liberati e Alma Monelli. Archidiocesi di Fermo. Fermo 2000. <Testo ristrutturato da uno scritto di Germano Liberati. “La mostra, percorso unico nel suo genere”>

     La mostra dal titolo “Santi e Pellegrini” a Fermo si riferisce alla storia della liturgia cristiana che ha caratterizzato la vita ecclesiale con grandi manifestazioni di fede, come i giubilei e i santuari. In ogni anima beata che ha vissuto sinceramente la volontà divina vengono ricordati e vissuti i misteri della salvezza opera del Cristo che ha vinto la morte e vive glorioso. Nella venerazione alle persone sante che vivono in cielo la Chiesa proclama la lode della Risurrezione del suo Signore che era, che è e che viene. Il significato delle manifestazioni esterne va ricercato nella partecipazione spirituale, non sul versante di moda di divagazione o di curiosità. Le due realtà di santità e di reliquie sono complementari e si spiegano a vicenda nel rinforzarsi reciproco. Le tombe e le reliquie dei santi hanno richiamato alla preghiera le folle e i singoli fedeli intenti a impetrare la loro intercessione, a ringraziare l’Amore infinito ed a venerarli come modelli di virtù. l pellegrinaggio permane con esiti morali di cammino per la santificazione. In ciò ogni cristiano è un pellegrino.

     È avvenuto fin dai primi secoli che al culto della santa Croce di Cristo e degli oggetti pertinenti alla Sua divina passione, sono stati affiancati da atti liturgici sulle tombe degli apostoli, dei martiri, dei taumaturghi, o nei luoghi di apparizioni in cui la pietà dei fedeli, giustamente, ha meditato la particolare presenza della Vergine, testimoniata da miracoli, grazie o eventi comunque difficilmente spiegabili dal punto di vista naturale. Facendo memoria storica delle persone che sono già pienamente unite a Dio, le reliquie loro favoriscono l’intensità delle preghiere individuali, inoltre fanno meditare sulla testimonianza che esse hanno dato di Cristo e così sostengono i fedeli nella fede e li incoraggiano a chiedere il sostegno della loro intercessione per superare le prove nelle sofferenze quotidiane.

   Nella storia dell’umanità, i santi sono esemplari in un processo osmotico: essi stessi sono stati pellegrini. Così la martire santa Lucia da Siracusa andava a Catania per pregare sulla tomba di S. Agata. Troviamo nei grandi santuari gli elenchi e le raffigurazioni di Santi e Beati che vi sono stati pellegrini, hanno pregato e spesso ottenuto la grazia della conversione e quella del dischiudersi della vocazione per realizzare il proprio particolare progetto di Dio, nel loro “itinerario di perfezione”.

     In questo contesto è inevitabile e necessario che gli strumenti e i modi per la venerazione siano quanto mai significativi, come esemplarità e richiamo per tutto ciò che di meglio l’uomo può offrire a Dio, alla Vergine, ai santi. Questo ci fa render conto del grande apporto che è dato dall’arte cristiana la quale non ha mai trascurato di dar valore alle cose pertinenti alla santità nei luoghi di culto. La mostra che focalizza l’attenzione sui reliquiari, come contenitori ideati e creati per conservare, esporre alla venerazione ed esaltare le reliquie, è utile a che la pietà dei fedeli ne esca edificata e la fede trovi la sua professione esplicita. All’origine di tale scelta vi sono motivazioni diverse che fanno un tutt’uno con le finalità stesse della mostra riferita al significato del culto cristiano dei santi e alla ricerca della santità.

   Gli oggetti di questo tipo, sono stati definiti, con un’etichetta generica e superficiale, “arte minore”. Don Germano Liberati, Direttore dei Beni Ecclesiastici dell’Archidiocesi di Fermo e docente di storia dell’arte sacra, si è ribellato a questa definizione, sia perché tale espressione congloba generi e forme diverse per materia, per arte e per tecnica, sia anche perché non conduce né ad una conoscenza, né ad una comprensione critica dei manufatti stessi, nei quali spesso validissimi artisti o splendidi artigiani di mirabile tecnica hanno fornito autentici capolavori d’arte. In generale i liturgisti apprezzano la solennità delle teche destinate alle reliquie e ai sacramenti e fatte con materiali ed elaborazioni di alto valore artistico al fine di rendere onore al Signore.

     Adornare, e talora enfatizzare, con opere d’arte le teche dei resti mortali di santi (pur in frammenti) sono testimonianze di una sensibilità che solo la religione cristiana ha saputo mettere in evidenza, partendo dal principio fondamentale che questo è vero riconoscimento della dignità umana, non tanto in riferimento a potere, ricchezza, imprese, piuttosto sulla base delle doti più autenticamente umane e delle virtù personali che queste persone onorate hanno professato, ad imitazione dell’uomo perfetto, Gesù Cristo. Le reliquie e i loro preziosi contenitori, i reliquiari, sono innanzitutto la testimonianza di un culto, di una adesione ad un modello cui rifarsi e di un intercessore cui rivolgersi, nello spirito della grande verità della Comunione dei Santi.

     Tutto ciò, visto con gli occhi del nostro tempo, costituisce la memoria dei santi che resta sempre e comunque un richiamo ed un incoraggiamento alla testimonianza di fedeltà a Cristo che è il modello dell’itinerario di perfezione. Permangono, dai secoli cristiani, gli atti devozionali delle pie unioni e delle aggregazioni con i loro riti, con il pellegrinaggio “ad corpora sanctorum” <corpi dei santi>, con le processioni e le feste patronali, con altre forme spirituali praticate da confraternite e da ordini secolari, proprio perché il santo è visto – e non può essere altrimenti – oggi, soprattutto come modello ispiratore del cammino interiore di fede, di carità creativa, di intuizioni profetiche, di attenzione alla spiritualità cristiana. A tutto questo non nuoce l’eccezionalità dell’aspetto taumaturgico, oggi meno cercato.

     E i reliquari ne sono una riprova preziosa, in quell’ambito della cultura materiale artistica che è insostituibile documento di conoscenze per la storiografia. Non sfugge a nessuno, purché sia attento, come la suppellettile sacra in genere sia il segno di una continuità della storia religiosa delle comunità cristiane locali, dell’arricchimento specifico, donatoci nella successione di molti secoli.

     I reliquari offrono varie risposte particolari per gli storiografi intenti a ricostruire il divenire storico. Da questi si possono ricavare aspetti della devozione preferenziale che è rivolta alla Vergine, invocata sotto moltissimi titoli, inoltre a questo o quel santo, proprio perché tutto ciò si era radicato e stratificato in modo preciso nelle proprie e diverse società qualificate dalla singolarità di caratteri, bisogni, aspetti famigliari, economici e sociali.

     Né è da sottovalutare come le tipologie e gli stilemi che caratterizzano queste opere d’arte in modo circostanziale, rappresentano culture diverse, manifestano la circolazione di artigiani e artisti, la diffusione di precisi gusti e di determinate propensioni, e contribuiscono, anche per le parti figurali delle opere, a connotare in modo specifico le singole aree culturali, nella loro varia pluralità. Il loro apporto agli studi può esser ricontrato anche maggiore dell’apporto derivato dagli edifici.

     E’da teer presente il fatto che è stata fatta una scelta tra gli oggetti della mostra vantaggiosa per offrire un ampio ventaglio di opere che si dispiega attraverso sette secoli, a testimonianza di quanto storicamente avvenuto nella pertinenza della grande comunità costituita dall’arcidiocesi di Fermo che è la più ampia Diocesi delle Marche. Le opere sono state esplorate e selezinate nelle oltre trecento chiese e scegliendo tra oltre mille reliquiari inventariati.

   I criteri di scelta individuati dal comitato scientifico sono stati quelli della qualità, quantità e rappresentatività.

     Innanzitutto la qualità. Si è preferito esporre le opere che, preziose per maestria tecnica e materia, possono evidenziare l’attenzione, la sensibilità e il gusto della committenza. Tutti questi elementi sono la logica estrinsecazione della fede e della devozione; né mancano opere dette “di maniera”, la cui tipologia è ricorrente in aree più vaste: in questo caso si è offerto un complesso di apporti che privilegiano l’evoluzione storico-stilistica, in un percorso che va dal Seicento alla fine dell’Ottocento, tra l’altro aggiungendo alla tipologia dei reliquiari, quella ancor più preziosa degli ostensori, che sono valorizzati come strumento del culto eucaristico.

   Insieme con la qualità, l’attenzione è stata rivolta alla quantità. Non basta esporre i non pochi pezzi unici, preziosi per la ricchezza materica e per la tecnica esecutiva; ma, poiché la mostra ha anche il fine di testimoniare la storia, la scelta di oltre cento opere, quantitativamente rilevante, consente di documentare la diffusione, le forme variegate, i riferimenti di molteplici manifestazioni della fede cristiana.

     Infine si valorizza la rappresentatività, in tre coordinate precise: geografica, stilistica, tipologica. La vasta area diocesana di kmq 1300 e più <settima parte della regione Marche> accomuna chiese importanti insieme con le piccole pievi. Non è raro trovare preziose opere, molto originali e interessanti, in piccoli paesi, o in frazioni, dato che, un reliquiario che raccoglieva i resti di un santo, ha determinato storicamente, il culto e i pellegrinaggi in un sito e chiesa. Ecco allora la nuova e affascinante scoperta della mostra: imbattersi in oggetti che mai si sarebbero potuti immaginare nati e conservati i luoghi poco noti come sinora gli oggetti stessi.

      A ciò va aggiunta la rappresentatività stilistica: materia, tecniche, decorazioni e altro sono ampiamente selezionate al fine di poter cogliere le aree di diffusione, la creatività e la sensibilità locali, gli influssi di altre aree anche lontane. Emergono presenze impensate: si va dalla stauroteca della Cattedrale, dono di Pio III, fatto prima del suo pontificato, alle opere uscite dalla bottega degli intagliatori locali, quali i Morelli di Montegiorgio, che hanno coniugato la dignità stilistica con il gusto popolareggiante.

     Né manca la possibilità di riscoprire come il reliquiario sia l’occasione di una creatività libera e innovativa, riconducibile non solo agli stili dominanti dei vari periodi storici, bensì espressione di intuizioni, gusti, inventiva, originalità dettate da committenze colte e realizzate da artisti di grande sensibilità. E’ fuori luogo pensare ad un arredo sacro standardizzato.

     La mostra offre un panorama assai esauriente, con la sua unità tematica, riguardante il reliquiario. Per quanto ci consta, nessuna altra mostra in regione <non sappiamo, ma forse in Italia> l’ha mai proposto. La mostra porta ciascuno a sentirsi “pellegrino” ai “Santi”. E’ un’occasione di itinerari lungo i secoli nella storia religioso-culturale della comunità cristiana della vasta Diocesi. Il corredo di un prezioso catalogo in cui 142 opere tra reliquiari e ostensori fotografati vengono illustrati, unitamente alla presentazione delle tipologie e delle valenze artistico-culturali delle stesse opere presentate, giova alla perspicacia del senso della storia del culto.

   Tali contributi sono stati affidati a studiosi ed esperti affinché la lettura potesse costituire un vero e proprio scavo nella novità della proposta e un superamento della trascuratezza che spesso circonda tali tematiche da non relegare nell’ignoto o nell’indifferenza delle arti minori. Un ampio apparato fotografico documenta le tipologie delle singole opere. Il volume si conclude con un indice di schede-foto di tutte le opere esposte.

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