Opere d’arte
A MONTERUBBIANO (FM)
Pittori: COLA DA S. VITTORIA e GIACOMO di COLA
CAPPELLA DI SANTA CATERINA CON AFFRESCHI VOTIVI
Datazione. Seconda metà del sec. XV, in una segnatura l’anno 1462
Collocazione: Monterubbiano, Chiesa di S. Giovanni.
Proprietà: Parrocchia di S. Giovanni
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(a) La Cappella di S. Caterina
Stando ai documenti del tempo, esistenti negli archivi di Fermo, Amandola, Santa Vittoria, nel 1462 si abbatté nel territorio Fermano una grande carestia seguita da una pestilenza che fece molte vittime. Gli scampati di Monterubbiano per ringraziare Dio e i loro Santi avvocati – fra questi la prima, Santa Caterina d’Alessandria – eressero nella chiesa parrocchiale di S. Giovanni questa Cappella, facendovi dipingere, di fronte all’altare, “Lo Sposalizio Mistico di Santa Caterina con il divino Bambino e i santi San Giovanni Battista e Sant’Agostino sotto arco. L’anno è segnato nella colonna di fronte, ove furono commissionati altri affreschi votivi. La pala dell’altare ha forma rettangolare; la parte superiore è delimitata da un arco a tutto sesto; misura 183 x 158.
All’intorno corre una cornicetta gotica in giallo d’ocra, sul fondo violaceo è applicato un grazioso drappo bianco trasparente con disegno a tombolo. La Madonna è seduta, nell’atto di sorreggere il Bambino che, in piedi sulle ginocchia di lei, è proteso verso Santa Caterina per infilarle l’anello nuziale nella mano destra. La Santa è in piedi, fuori del suppedaneo del trono; ha la corona regale sul capo, con la sinistra regge una minuscola ruota, simbolo del suo martirio.
Ricca e di gradevole effetto è da considerarsi la combinazione dei vari colori. L’ampio mantello che scende dal capo della Madonna fino ai piedi è d’un verde cupo miscelato all’azzurro, per cui notevole è il rilievo di tutta la figura dal fondo e dal trono stesso, mentre, sul davanti, si apre uno squarcio donde rifulge il rosso della veste, sulla quale spiccano le bianche membra del Bambino, ricoperte dal vestitino viola. Da notare l’apertura a “V” della veste sul davanti, propria del costume popolare fermano. Dal capo di S. Caterina fluiscono biondi capelli e vanno a confondersi col giallo d’ocra di un corto mantello. Verdi sono le maniche della veste, mentre una lunga sopravveste, con tante pieghe fermate sotto il busto dalla cintura, scende fino a terra, in un colore misto tra il rosa e il viola, imprimendo alla figura un dignitoso senso di regale compostezza, unito a candore verginale.
La figura di S. Giovanni Battista, dipinta a tre quarti, lungo l’intradosso sinistro dell’arco, è presentata con notevole vigoria, in un atteggiamento iconografico quasi nuovo; sul tradizionale vessillo con la scritta inneggiante all’Agnello di Dio ha aggiunto un “Agnus Dei” raffigurato in un tondo, ed indicato dall’indice della mano sinistra.
La veste ricavata dall’usuale vello caprino è stretta ai fianchi da una fascia o meglio sciarpa, che presenta una tipica annodatura sul davanti, simile a quella degli Angeli della “Madonna di Loreto” in Loro Piceno; un manto rosso, foderato di verde, copre il tutto. Sull’intradosso opposto è stato raffigurato un Santo Vescovo, forse Sant’Agostino, con mitria e pastorale, benedicente in abiti pontificali. Con la stessa intensità di sguardo, analoga figura si può vedere a Fermo, nell’atrio della Chiesa di Sant’Agostino, e precisamente nell’intradosso sinistro della lunetta “Natività”, ove si può notare anche l’identità dell’aureola.
Parimenti il frammento di un affresco con la figura di Sant’Amico che si vede fuori dalla cappella, sulla parte rientrante della chiesa, è molto vicina alla rappresentazione di Sant’Amico dipinto nello stesso atrio di Sant’Agostino di Fermo, nel secondo arcosolio, sottarco sinistro. Il Dania vi identifica un S. Bernardo attribuibile ad un pittore più tardo cioè della metà del sec. XV.
(b) Gli Affreschi votivi della colonna
Sono nove le immagini di Santi e di Sante affrescate in altrettanti lati concavi della colonna, posta di fronte alla cappella dello “Sposalizio Mistico di S. Caterina”, che si succedono con quest’ordine: l’Arcangelo Gabriele, raffigurato nell’aspetto di un giovane che porge il saluto alla Vergine Maria che, nel lato accanto, incrocia le mani sul petto, intenta alla meditazione di un libro sacro.
La figura di Sant’Andrea Apostolo non si vede più, però è documentata dalla segnatura in caratteri gotici. Segue l’immagine di S. Leonardo abate, riconoscibile per il ceppo dei prigionieri che regge in mano; accanto è dipinta una Santa con libro nella mano sinistra, mentre la caduta del colore non ci permette più di vedere cosa reggeva con la destra tesa verso il basso: vi si potrebbe identificare Santa Vittoria che nella destra stringeva una catena alla quale, verosimilmente, era legato il tradizionale dragone, dipinto ai piedi della Santa, nella zona lacunosa.
Altri vi hanno identificato S. Caterina d’Alessandria; questa individuazione non è sostenibile perché la Santa non ha la tipica corona regale sul capo; inoltre manca ogni segno nel dipinto che possa far intravedere la ruota dentata, suo simbolo iconografico; perché nella cappella è già stata rappresentata, come soggetto primario, insieme alla Madonna e al Bambino.
Segue un Sant’Antonio Abate, che con la sua corporatura abbondante ha un aspetto maestoso e venerando, stabilendo un evidente contrasto con l’esile figura della Santa accanto.
Veramente fine e delicata è l’immagine della Madonna con il Bambino, da ritenersi stilisticamente molto interessante per confronti attributivi, insieme alla figura accanto che una segnatura indica essere l’Evangelista S. Luca, precisando che il dipinto fu eseguito nel 1462.
La serie delle figure termina con un santo diacono, probabilmente Santo Stefano, patrono di Monterubbiano.
(c) Attribuzioni
Questi dipinti sulla colonna, a differenza degli altri schedati in questo paragrafo, hanno avuto l’onore di essere presi in considerazione nella storia dell’arte. In proposito scriveva Luigi Centanni, nel 1947: “La pittura (della Cappella) nella chiesa di S. Giovanni non era sfuggita alla critica d’arte e già Amico Ricci, nel 1934, la aggiudicò all’Alemanno, come, nel 1904, volle confermare dubbiosamente Carlo Astolfi. Ma Arduino Colasanti, Direttore generale delle Belle Arti, lo stesso anno ne spostò l’assegnazione, attribuendola alla scuola pittorica fabrianese. Uno studio più vasto vi dedicò più tardi Luigi Serra, Soprintendente ai Monumenti per le Marche di Ancona, il quale, da un superficiale confronto con la “Madonna delle Rose” a Torre San patrizio, tornò ad attribuire questo dipinto a Pietro Alemanno. Noi, che abbiamo studiato da lunghi anni le opere di questo pittore, lo neghiamo decisamente e torniamo a riferirlo col Colasanti alla scuola di Gentile. Vogliamo anzi darne la paternità a quel suo modesto seguace Fra’ Marino Angeli da Santa Vittoria, di cui si conservano altri dipinti a Monte Vidon Combatte (Trittico “Madonna delle Rose” e il Polittico di Collina”.
Nel 1951 Pietro Zampetti, senza troppa convinzione, torna a riferirlo all’Alemanno. Le guide turistiche locali, anche le più recenti ripetono, con monotonia, la attribuzione all’Alemanno, nonostante che il prof. L. Dania, fin dal 1967, avesse pubblicato che l’attribuzione all’Alemanno non era più sostenibile, ed avesse indicato alcune concordanze con altri affreschi per assegnarlo ad un “Pittore marchigiano della seconda metà del XV secolo”.
Ciò premesso, per questi affreschi di semplicità primitiva, ma di tecnica abbastanza evoluta, in questo studio di analisi sull’arte di Fra’ Marino Angeli da Santa Vittoria in Matenano e dei suoi continuatori, ci sia consentito di proporre una globale attribuzione a favore di due continuatori dell’arte del monaco pittore santavittoriese: Mastro Cola da Santa Vittoria ed il figlio Giacomo in funzione di aiuto in alcuni affreschi alla colonna.
La proposta nasce dalla constatazione che lo “Sposalizio Mistico di S. Caterina”, pur presentando molte analogia stilistiche con l’arte di Fra’ Marino (come l’apertura della veste della Madonna, il Bambino, le tinte sul violetto, la figura del Battista, il disegno delle orecchie, e altro), non gli può essere attribuito perché il modo di ritrarre la mani e gli occhi, il disegno delle aureole graffite con imprimitura intermedia di punzone, il rosa acceso delle guance, non sono di Fra’ Marino santavittoriese, piuttosto hanno relazione con alcune opera di Mastro Cola esaminate nel territorio Fermano. Vi ha collaborato anche il figlio Giacomo e allo stile di quest’ultimo va riferita la maggior parte delle immagini votive affrescate alla colonna, meno la Madonna col Bambino e San Luca, da assegnare per evidenti rapporti al pittore che ha dipinto la pala dell’altare, cioè al padre Jacopo.
Questa ipotesi attributiva dovrebbe porre fine ad ogni dubbio in quanto riesce ad assorbire e concentrare in due pittori della medesima scuola i vari giudizi stilistici espressi dagli esperti. Qualche caratteristica della scuola di Gentile, dopo cinquanta anni, era ancora insegnata dal monaco-pittore e fedelmente espressa dai suoi allievi: come il fasto del ricamo nel fondo e l’animazione della veste della Madonna, segnata dal movimento del gallono d’oro.
Il Centanni ci informa infine che “dagli elementi che sono stati potuti salvare si deduce che la parete, le colonne e gli archi erano tutti adorni di affreschi votivi, di diversi pennelli e di diverse date, posteriori però a quelli della Cappelletta sopra descritta”. Solo al di sopra della colonna dai nove lati concavi, nell’intradosso dell’arco, si conserva un affresco con data anteriore: la SS. Trinità, raffigurata con l’eterno Padre che regge sulle ginocchia il Figlio Crocifisso; datata:
M.CCCC. L. VIIII MENSIS APRILIS I°
Era la domenica in Albis – ottava di Pasqua – il 1° aprile 1459. E’ un dipinto non rifinito, interessante come iconografia: la serie di pieghe che scendono dalle ginocchia dell’Eterno rimanda per un confronto o rapporto imitativo, a quelle disegnate da Fra’ Marino Angeli nella figura di sant’Antonio dell’Oratorio Farfense di Santa Vittoria in Matenano.