MASSIGNANO NEI SECOLI HA EVIDENZIATO LO SPIRITO FRATERNO NELLE CONSOCIAZIONI CRISTIANE

 

Confratelli e consorelle a Massignano

CULTO ALLA BEATA VERGINE

L’antichissima preghiera “Ci rifugiamo sotto la tua protezione, o santa Madre di Dio” esprime il culto mariano nelle famiglie; durante l’anno le festività per il Natale, la Purificazione (2 febbraio), l’Annunciazione (25 marzo), la Visitazione (2 luglio), la Vergine del Carmelo (16 luglio), la Madonna della Neve (5 agosto, nascita), l’Assunzione (15 agosto), il Nome di Maria (8 settembre) la Madonna della Mercede (24 settembre), l’Immacolata Concezione (8 dicembre), inoltre le feste dei genitori ss. Anna e Gioacchino, e quella di s. Giuseppe suo sposo.

Costante era l’incoraggiamento per i pellegrinaggi a Loreto, alla Santa Casa di Nazaret per il fatto che Massignano si trovava sulla Via Lauretana, nel passaggio dei pellegrini. Sostavano presso la chiesina dell’Annunciazione e all’altare di Santa Maria di Loreto. Questo altare nella chiesa di san Giacomo è documentato dall’anno 1406, e fondato con il lascito del massignanese Giovanni.

Tra i beni immobili detti ‘beneficio di santa Maria di Loreto’ nel 1711, c’erano terreni coltivati con cerali, legumi, viti, piantoni di oliva. Con le rendite, si manteneva l’officiatura di s. Messe a questo altare della Madonna di Loreto.

LA CONFRATERNITA DEL SANTO ROSARIO

Il culto mariano fu potenziato dal Concilio tridentino nella seconda metà del XVI secolo e in tutte le chiese parrocchiali si teneva esposta un’immagine della Madre di Dio. Nell’ottobre 1571, il papa Pio V chiese preghiere per la vittoria della flotta cristiana a Lepanto contro i Turchi invasori, con la recita del Rosario e fu onorata come la beata Vergine ‘delle Vittorie’. Fu allora pubblicata la notizia: “Non il valore, non le armi, non i comandanti; ma Maria del Rosario ci rese vincitori”.

Nella visita apostolica di mons. Maremonti, alla chiesa di san Giacomo, a Massignano, nell’anno 1573, risulta un altare della confraternita della B. Vergine del s. Rosario. Tra gli impegni dei confratelli nella chiesa parrocchiale la recita insieme del s. Rosario tre volte alla settimana. In virtù del lascito testamentario di Ortensio Gervasi dal 1733, ogni anno, la confraternita regalava un sussidio dotale ad una sposa povera in occasione del suo matrimonio. Gestiva anche un ‘monte frumentario’ di prestito del grano.

DAL 1570

La confraternita del santo Rosario di Massignano risulta stabilita nel 1570 e aggregata nel 1617 dal papa Paolo V all’arciconfraternita romana di Santa Maria sopra Minerva. La riunione mensile dei confratelli avveniva ogni prima domenica del mese con la s. Messa cantata. Vestivano un abito bianco con medaglione al petto. Le riunioni secondo regolamento avevano la votazione segreta per decidere le proposte scritte. Si rinnovavano ogni anno le nomine interne del priore, del cancelliere, del sacrestano e dei montisti del monte frumentario. A lato dell’altare della B. Vergine del Rosario, pendeva un lampadario. Tra gli arredi il calice argenteo, i candelieri d’ottone, la croce processionale ed un Crocifisso tutto d’argento.

CONTRATERNITE UNITE

L’arciv. Alessandro Borgia nel 1751 univa la confraternita mariana insieme con quella del Santissimo Sacramento. Per i devoti, nella chiesa parrocchiale c’era il pregevole quadro del Crivelli con l’immagine dipinta della Concezione immacolata di Maria. Nella visita del 1771 risulta anche la statua della Madonna del Rosario con il s. Bambino e con i serafini. Un altro dipinto di queste confraternite della Madonna in gloria onorata dai santi Domenico e Gervasio, a destra e dai ss. Giacomo e Protasio a sinistra. Nel perimetro erano raffigurati i misteri del s. Rosario. V’era l’iscrizione: “Offritele rose purpuree e fiori (il Rosario), affinché Maria doni a voi il frutto suo (Gesù)”.

LA FESTA NELLA PRIMA DOMENICA DI OTTOBRE

La festa del santo Rosario con la s. Messa cantata e la processione con la statua per le vie si faceva assieme con i confratelli del Santissimo Sacramento e con gran concorso di popolo. Nello stendardo di seta erano dipinti la Madonna del Rosario e il Figlio in braccio che porgevano i rosari a s. Domenico e a s. Caterina, tra i cherubini. Vi erano dipinti i santi martiri Gervasio e Protasio, protettori di Massignano. A sera si accendeva il ‘focarone’ bruciando molte fascine di sarmenti e con spari di tonanti.

LE PROPRIETÀ’ DELLA CONFRATERNITA

I beni lasciati dai confratelli e dalle consorelle con pii legati erano divenuti consistenti da far celebrare 338 ss. Messe annualmente. Negli atti notarili dei donatori di lasciti si leggono i Gervasi, Santini, Donati, Mecozzi, Pandolfi. La bufera napoleonica, alla fine del secolo XVIII, requisì le proprietà dei benefici ecclesiastici.

LA COMPAGNIA DEL SOCCORSO

Il culto mariano era diffuso anche dalla confraternita detta del Soccorso, eretta con l’approvazione nel 1825. Fu aggregata il 4 marzo 1832 all’arciconfraternita del ss. Nome di Maria di Roma. La spiritualità corrispondeva al culto della Madonna della Misericordia. Dalla visita dell’arciv. card. Ferretti del 1838, risulta che si pregava insieme nel mese mariano a maggio. Si faceva la raccolta dei covoni in campagna dopo la mietitura e si distribuiva grano in prestito nel monte frumentario. A settembre la festa del Nome di Maria con la pratica del sacramento della Penitenza e s. Comunione. Nella visita pastorale dell’anno 1879 risultano 41 confratelli e consorelle con il priore Domenico Giardinà. La loro veste era azzurra e recavano in mano una candela nel partecipare a tutte le processioni. Ogni seconda domenica del mese si riunivano per il s. Rosario e per la s. Messa. Nella raffigurazione, la Madre della misericordia mostrava un ampio mantello come segno di protezione e di rifugio dei devoti protetti contro ogni male e contro il maligno stesso, il diavolo mentitore omicida.

L’ALTARE DEL SS. CROCIFISSO E IL SUFFRAGIO

La confraternita del Suffragio che invitava i soci alla pratica della s. Confessione e Messa per suffragare i defunti, aveva lo statuto approvato dal papa nel novembre 1668. Vestivano un rocchetto nero. Nel 1728 si elencavano 130 confratelli e 110 consorelle. Nella chiesa di san Giacomo avevano una cappella presso la porta ove si venerava un Crocifisso. Sulle pareti dipinti da una parte san Quirico, dall’altra san Francesco. Due credenze contenevano le reliquie dei santi. In alto erano dipinte le Anime del purgatorio. Nel gonfalone processionale erano dipinti i santi Gervasio e Protasio da una parte e dall’altra le anime del Purgatorio, con s. Carlo Borromeo, e in alto la B. Vergine in gloria.

CELEBRAZIONI PER LE ANIME SANTE CON LA CONFRATERNITA DEL PURGATORIO

La commemorazione dei defunti, il 2 novembre, era solennizzata dalla parrocchia con s. Messe e con la benedizione d’assoluzione per tutte le anime benedette. Nei sette giorni seguenti proseguiva intensa l’unione spirituale nelle pratiche liturgiche. A favorire questo culto contribuivano i confratelli della compagnia del Suffragio (detta poi del Purgatorio) tra l’altro con preghiere nei tre ultimi giorni di carnevale. Questa confraternita, nella seconda domenica di ogni mese celebrava le ore liturgiche assieme con i sacerdoti. I confratelli si riunivano per il solenne funerale, con Messa cantata, in occasione della morte dei un confratello e di una consorella.

IL LASCITO MASSI

Il medico Clemente Massi fece un lascito con cui fu stabilita la cappella della Confraternita del Suffragio, con sopra la scritta (tradotta) “Egli risana le nostre ferite con le sue piaghe”. Vi si celebravano durante l’anno le sante messe secondo le pie elargizioni da 1703 da Cariaci, Cameli, Palma, Acciarri, Polidori, Possenti. Erano partecipi della confraternita i sacerdoti, gli uomini e le donne di ogni condizione, circa un terzo delle famiglie massignanesi. Versavano un obolo alla morte di un confratello o consorella per far celebrare ss. Messe.

L’OPERA PIA DEL CROCIFISSO

Nel secolo XIX, dopo le invadenze napoleoniche, quasi per un contraccolpo, si verificò un ravvivarsi del senso religioso con la partecipazione popolare ai misteri della vita del Cristo, in particolare a Natale, alla Passione e alla Pasqua di resurrezione. si creò l’opera pia dedicata al SS. Crocifisso che ravvivava la consapevolezza dell’Amore misericordioso. Grande partecipazione alla processione il Venerdì santo. A Pentecoste, il triduo di preghiere per solennizzare la discesa dello Spirito Santo con i salmi, la s. Messa cantata; la processione pomeridiana. Nella pianura costiera, in località Boccabianca esisteva una chiesa dedicata al Crocifisso ove i fedeli sostavano in preghiera.

NUOVA CONFRATERNITA DI S. MARIA DEL SUFFRAGIO

Nel 1826 la nuova confraternita di S. Mari del suffragio fu aggregata all’arciconfraternita omonima di Roma per godere dei benefici spirituali delle indulgenze. Nella visita pastorale dell’arcivescovo Amilcare Malagola, dell’anno 1879, il priore don G. Virgili presentava 37 confratelli e consorelle che celebravano le feste mariane alla prima domenica di ottobre. Nelle esequie accompagnavano i defunti e recitavano il s. Rosario. Al giovedì grasso, lunedì e martedì di carnevale facevano la funzione in onore delle cinque piaghe di N. S. Gesù Cristo. Il lunedì prima della s. Pasqua partecipavano alle Quarant’ore. Possedevano una stanza attiguo alla chiesa di san Giacomo. La preghiera per i defunti era apprezzata dal popolo sensibile alla memoria dei cari estinti

DEVOZIONE E COMITIVE

La vita cristiana dei Massignanesi si è espressa per secoli con la consapevolezza di unire all’esistere naturale la realtà soprannaturale che rende la persona partecipe della divinità, nella fedeltà al Cristo. La s. Messa, la Parola di Dio, la Benedizione con il Santissimo, le preghiere in famiglia restavano un’esigenza da figli di Dio, che celebrano insieme la lode al Padre. Esistevano sparsi per il territorio oratori, chiesine, edicole, croci. Dopo il Concilio tridentino erano stati stabiliti ufficialmente gli statuti ed i regolamenti delle pie unioni o associazioni cristiane che arricchivano di spiritualità la partecipazione alla vita parrocchiale nel culto divino e nella pratica della carità fraterna di vita cristiana.

LE CHIESE DI MASSIGNANO – COSTRUIRE

Secondo la fede, Dio è presente in ogni persona ed in tutto l’universo e gradisce il dialogo con le persone nei luoghi del silenzio e dell’ascolto, in cui meditare e lodare in Cristo e con Cristo. L’edificio della chiesa può dar l’idea di una nave su cui salgono i trasportati dal Cristo nel cammino della vita santificata. Le arti dell’architettura, della scultura e della pittura sono valide per accompagnare il pensiero all’elevazione verso Dio, dalla bellezza creata alla bellezza infinita. Un atto di culto anche lo sforzo per costruire le solide mura dell’edificio ecclesiale, con senso corale di condividere la fede e la pacificazione degli animi. Perciò si dava valore ai momenti comuni con le processioni, con i canti, con le preghiere fatte in gruppo. Così per impetrare la protezione contro la pestilenza o contro altri pericoli imminenti, l’intitolazione tipica era alla Madonna della Misericordia.

LE MOLTE CHIESE

Dal primo medioevo, la costruzione di chiese a Massignano ebbe una successione sempre rinnovata negli stili artistici variabili nel corso dei secoli. Con la diffusione del monachesimo nel Piceno i benedettini di Farfa costruivano le chiese nelle terre che venivano donate loro e che officiavano con la pratica della preghiera, dei sacramenti e delle catechesi. Nel medioevo ebbero sempre maggior diffusione le pie unioni, i gruppi consociati di fedeli, i laici assieme con sacerdoti. Nel rinascimento queste aggregazioni furono meglio organizzate ad opera del Concilio Tridentino. Il culto praticato era vincolo di fratellanza, creava un senso comunitario di appartenenza. All’aspetto sociologico era unita la dimensione soprannaturale proveniente dal Vangelo, dall’Eucaristia, dai vari sacramenti ecclesiali, dai salmi delle ore liturgiche nelle dimensioni della vita eterna.

ELENCO DELLE CHIESE

Dentro al castello di Massignano, anticamente, erano state stabilite le due chiese di san Giacomo; e di sant’Agostino.

Presso le mura all’esterno del castello altre due chiese antiche: santi Gervasio e Protasio, e santa Maria della Misericordia detta dei Frati <intendiamo agostiniani>.

Ecco un elenco di dieci chiese rurali in ordine alfabetico

1)   sant’Atto del sec. XI, ricostruita dopo secoli per dedicarla ai santi Felice ed Adaucto;

2)   san Gervasio;

3)   santi Gregorio e Patrizio;

4)   santa Giuliana;

5)   santa Maria dell’annunciazione o Annunziata;

6)   Madonna delle Grazie;

7)   santa Maria al Menocchia;

8)   santi Pietro e Antonio;

9)   san Paolo;

10)  santi Quirico e Giuditta.

In totale nel territorio massignanese, quattordici luoghi.

Una così consistente presenza di sacri edifici è legata al senso sacrale dell’esistenza per cui si voleva una vicinanza al riferimento religioso cristiano. I laici prendevano l’iniziativa come ‘patroni’ del luogo sacro per il quale avevano offerto i beni immobiliari destinati a servire al mantenimento del ministro celebrante le ss. Messe. L’incarico al sacerdote per questo ’beneficio ecclesiastico’ era conferito dal vescovo con la specifica nomina.

INSIEME, LA PARROCCHIA

Le varie chiese costruite con la celebrazione delle feste avvantaggiavano il senso comunitario nel sentirsi compartecipi per iniziative di condivisione. La più grande opera condivisa fu la ricostruzione dell’intera chiesa parrocchiale di San Giacomo nel 1779, con il denaro del lascito Gentili, ad opera della confraternita del Santissimo che ottenne le bolle papali con le indulgenze ecclesiali. Questa nuova chiesa prese il titolo di dedicazione ai santi Gervasio e Protasio, assieme con san Giacomo, nel 1838, quando si creò un’altra parrocchia, pievania.

I SANTI PROTETTORI

Il luogo di incontro della popolazione massignanese erano le chiese. Più d’una volta all’anno si muoveva la processione dalla parrocchiale alla suburbana. La confraternita del Santissimo Sacramento si prendeva gli impegni di ogni necessità per l’edificio.

La chiesa dei santi Gervasio e Protasio aveva davanti ai portici attraverso i quali si entrava nella porta maggiore. Nella facciata c’erano due finestre adatte a volgere lo sguardo all’interno sui dipinti e sull’insieme. Oltre all’altare maggiore nella tribuna c’erano altari alle pareti laterali. Le intemperie causavano inevitabilmente effetti di deperimento. Nel 1799 l’invasione napoleonica rese tanto misera la rendita che non si trovava modo di fare i necessari restauri. Per buona sorte la chiesa di San Giacomo era stata ricostruita nel 1779.

SPLENDORE D’ARTE AI SANTI GERVASIO E PROTASIO

La descrizione della chiesa dei santi martiri nell’Inventario del 1728, indica molte opere d’arte. Nel quadro o pala dell’altare maggiore i due santi Gervasio e Protasio erano raffigurati su una grande tavola insieme con san Giovanni Battista alla sinistra e san Giacomo maggiore a destra, tutti insieme in primo piano in atto di contemplare l’incoronazione della B. Vergine da parte del divin Padre con attorno vari angeli osannanti con strumenti musicali. Nel muro della tribuna c’erano altri dipinti: a sinistra il papa san Silvestro; a destra l’apostolo san Paolo. In basso un dipinto raffigurava l’atto del martirio dei ss. Gervasio e Protasio.

Sulla parete laterale destra vi era la cappella dedicata alla Pietà: la B. Vergine ai piedi della croce con il Figlio morto tra le braccia in un bassorilievo di stucco dipinto. Sulla parete era dipinta anche la Croce della passione del Figlio di Dio ed ai lati san Nicolò e santa Apollonia. Un’altra cappella laterale era dedicata al SS. Crocifisso, di antica devozione massignanese. Nell’angolo della porta maggiore il muro era affrescato con i dipinti dei santi Amico ed Egidio in primo piano nell’adorazione della s. Croce.

NEL SECOLO XVIII

Nel 1758, al tempo dell’arcivescovo Alessandro Borgia, un prete eremita francese, Carlo Gilotti, dimorava presso le due stanze esistenti sopra la sacrestia della chiesa antica dei santi Gervasio e Protasio: il campanile era rialzato sopra il muro laterale della navata con due campane, una di peso di libre 200, l’altra libre 70. La campana maggiore era stata tolta dalla chiesa dismessa di sant’Agostino. Nel 1771 un chierico cinquantenne vestito come i preti dell’Oratorio di s. Filippo Neri, scelse questa dimora come romitorio.

Sull’altare maggiore della chiesa aveva il tabernacolo per il Santissimo con i candelieri indorati, la balaustra, le colonne laterali e due lampadari d’ottone. Il comune teneva in prima fila l’arcibanco riservato alla rappresentanza comunale. Tra gli arredi un calice di rame dorato, con coppa d’argento dorata di tre once e cinque ottave. Alle pareti laterali, un altare era dedicato alla B. Vergine Maria sotto il titolo della “Divina Pastora”. Per tradizione nel terzo giorno di Pasqua, i massignanesi si recavano in questa chiesa per ascoltare una grande ‘predica’.

Sul finire del sec. XVIII, le requisizioni napoleoniche causarono la perdita di ogni sostegno alla manutenzione e l’edificio divenne cadente.

GLI AGOSTINIANI A MASSIGNANO

I frati agostiniani di cui si hanno notizia nel secolo XV, manifestavano fedeltà sincera e profonda alla Chiesa. Nella visita di mons. Maremonti, nel 1573, la loro chiesa era detta Santa Maria dei Frati e vi erano devozioni dedicate anche a san Francesco e a san Sebastiano Per ubbidienza si trasferirono nel 1652. Nell’attuale palazzo comunale si notano le linee architettoniche e gli affreschi, in parte, sono riemersi dall’intonaco. L’ispirazione della loro arte era spirituale e lasciava intendere ai massignanesi le motivazioni soprannaturali di fede e di valori evangelici vissuti nell’umiltà, nel rifiuto delle opinioni peregrine. Ogni anno, per la quaresima, il comune chiamava un frate predicatore per rinsaldare le abitudini sociali del parlare onesto e dell’agire retto; elevavano la mente alle realtà soprannaturali ed alla vita eterna.

SPLENDORE ARTISTICO

Nel XVIII secolo la chiesa di sant’Agostino, ben decorata, era affidata alla parrocchia. La devozione popolare era tale che le persone chiedevano la sepoltura sotto l’antica chiesa anche dopo soppresso il convento. L’affresco del XV secolo e la tavola del famoso Vittore Crivelli custodita in Parrocchia sono pertinenti alla committenza dell’arte sacra agostiniana. Dall’inventario vescovile del 1728 si ha notizia di una pala d’altare raffigurante la B. Vergine Assunta attorniata da Angeli e contemplata dai santi Agostino e Domenico; a destra san Carlo, e sant’Agata a sinistra. Altro dipinto della B.V. Maria tra due angeli era nel timpano centrale. Sulle pareti laterali, la cappella dell’Annunciazione con le pitture della B. Vergine e dell’arcangelo Gabriele, contemplati da s. Antonio. Nella cappella del SS. Crocifisso, il dipinto della Croce con s. Caterina e s. Francesco a sinistra, s. Sebastiano e s. Lucia, a destra. Nella cappella di s. Monica il dipinto della B. Vergine di Costantinopoli tra due angeli, nell’atto di porgere la cintura, sant’Agostino da una parte e san Giuseppe dall’altra, in basso alcuni oranti. Nella cappella della Natività il dipinto della santa famiglia di Nazareth: s. Bambino tra la Vergine e s. Giuseppe, onorati, a sinistra, da san Nicola da Tolentino e a destra da tre pastori di Betlemme. In alto il “Gloria in excelsis Deo” con gli angeli. C’era un altro altare con raffigurato lo Spirito Santo, Persona della SS. Trinità, con fasci di luce dorata tutt’intorno.

LA CHIESA DI SANT’ATTO

Nella parte pianeggiante, la prepositura di matrice benedettina di Sant’Atto risulta nel documento del 1198 riferito nel libro del Galiè su Massignano. Nell’elenco delle decime versate nell’anno 1292 risulta la chiesa massignanese dei santi Benedetto e Claudio. Questo Claudio fu un antichissimo vescovo del Piceno, ricordato dal papa san Gregorio magno alla fine del secolo VI. Altre due chiese sono ricordate nel secolo XII come appartenenti ai monaci benedettini: una dedicata a san Pietro e l’altra a san Quirico o Chierico.

Nel 1455 il papa Callisto III provvedeva che presso la chiesa di sant’Atto al Menocchia si offrisse ospitalità.

Le incursioni dei saccheggiatori saraceni resero insicure le abitazioni vicine alla costa. La pianura nel tempo divenne scarsamente abitata. Dell’antico edificio altomedievale restò appena una nicchia che divenne un sotterraneo della nuova chiesa che fu costruita in onore dei santi martiri romani Felice ed Adaucto nella seconda metà del XVII secolo. Proprietà della Camera Apostolica di Roma. Niccolò Scarlatti nel 1766 primo inserviente nella segreteria dei Memoriali presso il Palazzo apostolico, la teneva affittata per la durata di 160 anni. Dal 18 dicembre 1766 l’abate confermato dal papa era Lorenzo Tanursi Sassi.

Sul colle la chiesa di san Gervasio ebbe il titolo di priorato con il fonte battesimale. In seguito fu stabilita la parrocchia di san Giacomo. Nel 1747 le chiese che un tempo erano state di proprietà monastica farfense su richiesta dell’arcivescovo fermano furono date da Benedetto XIV alla giurisdizione diocesana.

VILLA SANTI FELICE E ADAUCTO

La chiesa rurale dei santi Felice e Adaucto dal 1828 per bolla pontificia fu data in proprietà alla mensa vescovile di Ripatransone che la faceva officiare ogni venerdì e nei giorni festivi. Secondo la tradizione, si narrava che nel 1646, un pastore di pecore, Leopoldo Acciarri, malato con piaghe purulente, mentre pregava, presso la piccola ‘cuna’, fu guarito ad opera dei due santi martiri i quali lo inviarono a riferire l’accaduto al parroco di Massignano. Tale fatto favorì un grande afflusso di folle fin dai paesi più lontani. Con le generose largizioni si costruì allora un tempio. Numerosi ex voto in argento e in oro erano appesi alle pareti ai lati dell’altare con dedica ai santi martiri chiamati “campioni di Gesù Cristo”. Negli anni attorno al 1662, l’arciv. fermano card. Carlo Gualtieri provvide a far costruire la chiesa e un ospizio per i pellegrini. Una lapide trascritta dal De Minicis, dichiarava che la rinnovata costruzione benedetta dall’arcivescovo fermano e dal cardinale Flavio Ghisi, fu curata dal canonico di san Pietro, Michelangelo Ponci cameriere segreto di papa Alessandro VII. La chiesa divenne sede di una nuova parrocchia nel 1961.

L’ABBAZIA DEI SANTI

La festa era nella seconda domenica dopo Pasqua e durava tutta la settimana, con grande partecipazione. Per inveterata consuetudine inoltre il giorno 30 agosto vi affluiva molta  gente. Sopra il muro della sacrestia era stato innalzato il campanile con tre campane una di 1000 libre, un’altra di 800 e la terza di 200 libre. All’interno della chiesa, oltre all’altare maggiore dei santi martiri, vi erano quattro cappelline laterali dedicate a Santa Maria maggiore; a sant’Isidoro agricoltore onorato da confratelli e consorelle della compagnia dei contadini, eretta con un Breve pontificio che concedeva indulgenze. Altro altare era in onore della SS. Trinità divina; inoltre uno in onore di san Michele arcangelo. Le devozioni si aggiornavano.  Nella visita del 1896 solo due altari: uno in onore del SS. Crocifisso, di san Pietro apostolo e sant’Antonio da Padova; il secondo, di sant’Ubaldo.

Gli antichi inventari riferiscono che c’era grande devozione da parte delle persone di passaggio. Le tovaglie in dotazione erano ben 63 e si comprende fossero dono dei devoti. Tra gli arredi preziosi calice, ostensorio, pisside e vasetto dell’olio santo opere in argento. Nel presbiterio due lampadari di ottone. Altro lampadario all’altare di Santa Maria Maggiore. Tutti e tre erano sostenuti da angeli indorati. Pregevoli i 14 dipinti della via Crucis.

LA CHIESA DI SAN GREGORIO

Una collina veniva chiamata, sin dal medioevo, “Monte di San Gregorio’. Il toponimo fa pensare che vi esistesse una chiesa dedicata a questo santo. Era a confine tra un terreno che faceva parte del beneficio di Santa Maria di Loreto e ad un altro terreno appartenente alla confraternita del Santo Rosario della città di Fermo. Il culto di san Gregorio, dottore della Chiesa, era largamente diffuso in occidente per i grandi insegnamenti derivati dai suoi commenti alla Sacra Scrittura e per il ruolo svolto alla guida della Chiesa in non facili momenti. La chiesa a lui dedicata a Massignano risulta ricordata sin dai documenti del 1199, in ‘suolo lateranense’. Nel 1504 è ricordata nella visita pastorale che vi fece il vescovo fermano.

SANTA MARIA

Tra le chiese extraurbane di Massignano c’era anche quella detta di Santa Maria delle Grazie che nel 1820 divenne provvisoriamente la sede della nuova parrocchia della Madonna della Misericordia di cui era parroco don Domenico Curi, e si attendeva di poter costruire un nuovo edificio. Un terza chiesa per il culto mariano era Santa Maria ai piedi del torrente Menocchia. Nel 1838, agli atti della visita vescovile, risultava nella giurisdizione del Capitolo dei canonici di Santa Maria in Cosmedin di Roma

L’insieme di queste dedicazioni mariane fa pensare alla via lauretana frequentata dai pellegrini.

LA CHIESA PRESSO IL MARE

Una chiesina gotica era nella zona detta Monti o Boccabianca, dedicata a Santa Giuliana, martire della Bitinia, il cui culto in oriente ed in occidente aveva la memoria liturgica il 16 febbraio. Nell’Inventario del 1728 la pala d’altare raffigurava il SS. Salvatore in Croce, contemplato da santa Giuliana e da san Nicola da Bari. Nel timpano erano dipinte le immagini della Vergine Maria, di san Giuseppe e di san Giovanni Battista. La chiesa era frequentata da chi percorreva la strada litoranea e da chi svolgeva attività di pesca. Nel 1768, era cadente e fu poi demolita. Il beneficio ecclesiastico passò alla chiesa suburbana di S. Maria della Misericordia.

EX VOTO

Nella chiesa di santa Giuliana secondo gli inventari del secolo XVIII risultavano molti ex voto appesi alle pareti. Erano segni di gratitudine da parte dei devoti per le grazie implorate ed ottenute. Nel secolo XVIII gli oggetti P.G.R. (per grazia ricevuta) lasciativi fanno pensare che la santa fosse invocata interceditrice per i bambini. Sopra l’altare l’immagine del Crocifisso, l’amore divino sacrificato sulla croce.

Un’altra chiesa, dedicata a santa Liberata veniva onorata con doni.

CHIESE DI S. MARIA E L’OSPITALITÀ’

Le chiese dedicate a santa Maria nella zona costiera massignanese e nelle adiacenze erano molte. A Fermo dal codice di atti notarili, numero 1030, risulta che il vescovo aveva acquistato la chiesa di santa Maria nella pianura del Menocchia presso la zona Cava. Lo studioso Galiè fa riferimento ai monaci benedettini di santa Maria di Farfa. Varie le dedicazioni mariane nel territorio. In contrada Casuli a Cupra Marittima, inoltre S. Maria de Menocchia (poi dell’Annunciazione), S. Maria de Castangiola e in epoca posteriore S. Maria delle Grazie.

CULTO DELLE IMMAGINI MARIANE

La devozione alla Madre di Dio a Massignano offriva l’appuntamento settimanale festivo per onorarla come mediatrice presso il divin Figlio. In parrocchia si meditava il s. Rosario e le confraternite mariane testimoniavano l’affidamento dei fedeli alla Madre celeste. Da sempre i papi ed i vescovi lodavano ed incoraggiavano il culto alla Madre di Dio. Ogni giorno il suono della campana, all’alba, a mezzogiorno, a sera richiamava la divina incarnazione. Nelle abitazioni le famiglie recitavano il s. Rosario.

Di questo culto erano testimonianza i molti dipinti esistenti nelle chiese. Un dipinto del Crivelli la raffigurava in adorazione del Figlio piccolo, un altro come Madonna del Soccorso o della Misericordia con il largo manto per accogliere i devoti; un altro nell’Annunciazione; altro ancora come Pietà con il Figlio morto.

LA CHIESA DI SAN PIETRO

La contrada detta San Pietro a Massignano derivava il suo nome dalla chiesina antichissima. Nell’anno 1188, la chiesa di san Pietro di Lamenano, è documentata come possesso dall’abbazia benedettina di s. Niccolò a Tardino. Un secolo dopo, nel 1292, nel versamento delle decime per la colletta chiesta dal papa marchigiano Nicolò IV, questa chiesa aveva un preposito incaricato della cura delle anime assieme con altri sacerdoti. Nel sec. XVIII la frana del suolo presso il fosso fece crollare la chiesetta. Un prezioso calice e un antico reliquiario a lastra d’argento era nella chiesa parrocchiale dove era l’immagine del santo.

A testimoniare l’antichità paleocristiana c’è un’epigrafe del secolo V, appartenente alla tomba degli sposi Paolo ed Eufemia, contraddistinta da una Croce simbolo del divin Crocifisso e dell’umana redenzione. Due colombe che onoravano la Croce significavano le due anime. Nel secolo XIX la nuova parrocchia fu stabilita la pievania di Santa Maria della Misericordia e di san Pietro.

LA CHIESA ROMANICA DI SAN PAOLO

Anche all’apostolo s.  Paolo era dedicata un oratorio romanico ad opera dei monaci benedettini di Farfa. Nella visite dell’anno 1504 il vescovo ordinò che questo oratorio fosse restaurato. Il terreno attorno venne destinato poi a cimitero, con apposite sepolture, con la speranza cristiana della loro resurrezione escatologica.

LA CHIESA DI SAN QUIRICO

Nei documenti del secolo XII la chiesa di s. Quirico era tra i possessi dei monaci benedettini dell’abbazia abruzzese di san Nicolò a Tordino. Il vescovo di Fermo l’acquistò insieme con le decime degli antichi enfiteuti. Queste raccolte servirono, dal 1820 al 1840, per la costruzione della chiesa centrale di san Giacomo. Il culto di san Quirico continuava nell’altare del SS. Crocifisso presso l’ingresso dell’edificio, dove questo santo era dipinto. Tra le notizie dell’amministrazione del beneficio, un rendiconto della metà del secolo XIX riferisce che aveva un terreno era alberato a frutteto con 1.300 viti, 14 olivi, 83 alberi inoltre piante di ciliegie, sorbe, noci, fichi, mandorle, mele. Era allora gerente del beneficio don Gervasio Teodori.

CHIESE ED ALTARI OFFICIATI

I lasciti testamentari con pii legati assegnavano dei beni immobiliari alle chiese con l’obbligo di celebrarvi ss. Messe ed erano detti benefici ecclesiastici. Questo richiedeva che ci fossero celebranti, ciascuno dei quali non poteva fare cumulo di tali legati. Nel 1838 tra altri assegnatari beneficiati risultano il curato di Montegiberto, il canonico Battirelli di Fermo, il canonico Erioni di Fermo, i sacerdoti Tassoni di Cossignano, Fucili di Recanati, un canonico del capitolo di s. Maria in Cosmedin in Roma e altro della mensa vescovile di Ripatransone. Vari officianti massignanesi tra cui i cognomi: Laureti; Palma; Laurantoni; Santini; Massi; Fontana.

SPIRITO COMUNITARIO

Massignano, come luogo d’incontro umano tra le persone, ha creato uno spirito comunitario. Il comune dava valore alle feste. Per le emergenze di farina o di denaro, i Monti, frumentario, e pecuniario facevano prestiti. Come per l’ospedale si faceva affidamento sulle elargizioni liberali. Le confraternite facilitavano lo spirito di pace e di collaborazione per tutelare la dignità delle persone. Un’istituzione pubblica era anche l’assegnazione annuale delle doti nuziali a ragazze povere era un segno di solidarietà e di valorizzazione della famiglia. Grande importanza si dava all’istruzione, mettendo a disposizione il pubblico un insegnante per la scuola di alfabetizzazione, e sostenendo le spese per il mantenere studenti in città, soprattutto a Fermo. La parrocchia era l’ispiratrice della carità fondata sull’amore di Dio.

Il modello dell’ospitalità monastica sin dall’alto medioevo aveva favorito il movimento dei pellegrini che passavano a Massignano lungo il percorso per l’Abruzzo. Veneravano la Vergine Lauretana, sant’Antonio da Vienne, e san Giacomo maggiore a protezione degli itineranti.

 

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Appendice di documenti

UNA PERGAMENA DEL SECOLO XV

Massignano 22 ottobre 1419. Atto di vendita di beni di eredità paterna da parte di minorenni per debiti con autorizzazione del podestà a norma dello statuto comunale.

Il 22 ottobre 1419 il notaio fermano Jampero (Giampiero) Nicolai Cunctii registra la vendita all’asta giudiziaria per i debiti del defunto Domenico Antenucci, di un terreno sito a Massignano, contrada Calcaria, a confine con la strada, con i beni di Vanne ser Pauli, con le terre degli uomini di Ripatransone, e con le terre dell’acquirente massignanese Puccio Jacobi, al prezzo di sedici ducati d’oro pagati e quietanzati nell’atto notarile che viene scritto nella piazza davanti alla chiesa di san Giacomo, di fronte al palazzo comunale di Massignano, alla presenza del podestà ser Biasio Gentilini fermano, dato che il terreno appartiene a figli minorenni, orfani del padre fu ser Domenico, età tra i 14 e i 25 anni. Il podestà dichiara l’evidente utilità per loro, a motivo del debito di settanta ducati nei confronti del creditore Donato figlio di Matteuccio. La vendita è stata annunciata secondo lo statuto dal balivo comunale Coluccio Dominici. I venditori del terreno sono donna Caterina ed il figliastro Arcangelo. Donna Caterina è madre di Gabriele e di Cipriano eredi del defunto marito loro padre ser Domenico Antonucci ed è anche loro tutrice come risulta da un atto del notaio massignanese Vanne Filippi. Arcangelo figlio del defunto ser Domenico, ha per curatori Domenico e Jacobo entrambi figli di mastro Jacobo da Massignano. L’acquirente del loro terreno Puccio viene immesso in possesso tramite il compaesano Domenico Cocchi. Sono presenti come testimoni dell’atto: Muccio Nicole; Vanne Nicole detto Bocconi; Sante Bartolomei Mattei; Pietro del fu signor Riccio detto Ciccolini, da Massignano; Nardo Silvestri da Torre di Palme e Martino Ciccolini da Massignano,

(Documento dell’Archivio storico arcivescovile di Fermo).

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UN DOCUMENTO SUI DANNI DELLA GUERRA 1567

Testimonianza del 1567 sui danni della guerra, durante il passaggio delle truppe a Massignano.

Lorenzo Lenti vescvo e principe Firmanus: a tutte e singole persone che le presenti nostre lettere testimoniali vedranno, leggeranno e intenderanno, facciamo piena e meritevole fede qualmente essendo già noi Camerario generale della santa memoria del papa Paolo IV, nell’esercito francese, mentre era nella provincia della Marca, il prefato esercito alloggiò alcuni giorni nel territorio del castello di Massignano, nostra diocesi, per il qual alloggiamento intendemmo a quel tempo che la Comunità e i particolari di quel luogo furono molto danneggiati nei grani e albori olivati, e d’altre sorte, che furono segati et tagliati. Per la verità di quel che noi siamo informati, (richiesti) ricercati a nome di questa comunità abbia fatto scrivere la presente fede per mano del nostro Cancelliere sottoscritta di nostra propria mano.

Da Fermo il dì 24 di maggio 1567 Laurentius episcopus Firmanus

(Documento dell’Archivio storico arcivescovile di Fermo)

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Digitazione Albino Vesprini

 

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