PIO XII SALVATORE DEGLI EBREI CON CLERO E RELIGIOSI NEL 1943-1944 A ROMA. PROVA DOCUMENTALE

Ebrei salvati dal clero e religiose a Roma durante l’occupazione tedesca dal settembre 1943 al giugno 1944. “Salvati. Gli ebrei nascosti negli istituti religiosi di Roma (1943-1944)” l’elenco è stato lavoro di gruppo che si è tenuto il 7 settembre 2023 presso il Museo della Shoah di Roma.

Il ritrovamento presso l’Istituto Biblico a Roma degli elenchi permette la identificazione per nome di 3600 dei 4400 ospiti degli istituti religiosi romani. Grazie al lavoro congiunto e al confronto con i documenti conservati nell’archivio della Comunità Ebraica di Roma, risulta che circa 3.200 fossero con certezza ebrei. Si sa quindi dove sono stati nascosti e, in talune circostanze, i luoghi di residenza prima della persecuzione. La documentazione incrementa così significativamente le informazioni sulla storia del salvataggio di ebrei nel contesto degli istituti religiosi di Roma.

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A volte non diamo il giusto valore a ciò che abbiamo fino a quando non lo perdiamo.

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Bibliografia per la storia medievale di Santa Vittoria in Matenano negli studi di Viozzi Giuliana

Bibliografia di storia culturale per Santa Vittoria in Matenano. Ricerca della laureata Viozzi Giuliana

Avarucci G., (1971) a cura di, L’obituario di S. Vittoria in Matenano, tesi di laurea, Università degli Studi di Macerata, facoltà di Lettere e Filosofia. (A.A.1970-71)

Avarucci G., (1976), Documenti e testimonianze sul primo monastero farfense nel Piceno, Atti del X Convegno di studi storici maceratesi (Macerata, 14-15 dicembre 1974), Macerata, pp. 105-111.

Balzani U., Giorgi I., a cura di (1879), Il Regesto di Farfa compilato da Gregorio di Catino, Roma voll. I-V, 1879-1914

Balzani U., a cura di (1903), Il Chronicon Farfense di Gregorio di Catino, Roma. = CF

Boccolini I. (1932), L’Abbazia di Farfa descrizione storico-artistica, Roma: Azienda Grafica Italiana.

Bernacchia R. (2006), Santa Vittoria in Matenano e l’incastellamento nella Marca fermana del X secolo, Atti del convegno Internazionale (Farfa-Santa Vittoria in Matenano, 25-29 agosto 2003), a cura di R. Dondarini, San Pietro in Cariano: Il Segno dei Gabrielli Editori, pp. 339ss.

Catalino S., Romani Adami T., Vitali M., a cura di (1992), Terre castelli ville nel piceno. Strutture insediative e vita associata nei castelli dell’area fermana, Cinisello Balsamo (MI): Arti grafiche Pizzi.

Coletti C. M., Menchelli S., Moscatelli U. a cura di (2021), L’Appennino centrale e le sue storie. Il territorio montano a Nord e a Sud della via Salaria dall’antichità ai giorni nostri, Roma: Edizioni Quasar.

Colucci G. (1797), Codice Diplomatico della terra di S. Vittoria, in “Antichità Picene” tomo XXIX e tomo XXXI, Fermo.

Crocetti G., Settimi G. (1973), Vittoria e Anatolia, Fermo.

Crocetti G. (1986), Guida storico artistica di Santa Vittoria in Matenano.

Crocetti G. (1988), Le pergamene dell’Archivio Comunale di Santa Vittoria in Matenano, Quaderni dell’Archivio Storico Arcivescovile di Fermo, n. 5.

Crocetti G. (1993), Il Presidato farfense nella Marca di Ancona nei secoli XIII-XVI con sede a Santa Vittoria, “Atti e Memorie”, Serie VIII, n. 96 (1991), Deputazione di Storia Patria per le Marche, Urbino: Arti Grafiche Editoriali.

Crocetti G. (1994), Istituzioni monastiche dei secoli XI-XII ai piè dei Sibillini. Abbazie e Priorati nell’alta valle del Tenna. Chiese romaniche farfensi nell’alta valle dell’Aso. Storia ed arte, Negarine di San Pietro in Cariano: il Segno dei Gabrielli Editori.

Crocetti G. (1997), I monasteri farfensi del Matenano – parte II. Chiesa e Monastero di S. Vittoria dal sec. X al sec. XVIII, Quaderni dell’Archivio Storico Arcivescovile di Fermo, n. 23.

Crocetti G. (2010), Guida storico turistica di S. Vittoria in Matenano città dei monaci Farfensi.

Destructio Monasterii Pharphensis edita a domno Hugone Abate, in Chronicon Farfense cit, pp. 25-51.

Dondarini R., a cura di (2006), Farfa Abbazia Imperiale, Atti del convegno internazionale Abbazia S. Maria di Farfa – Santa Vittoria in Matenano (Farfa – S. Vittoria in Matenano, 25–29 agosto 2003), Negarine di S. Pietro in Cariano (VR): Il Segno dei Gabrielli Editori.

Fumagalli V. (1994), Scambi e funzioni dei monasteri nell’alto Medioevo, Atti del III convegno del Centro di studi farfensi, (Santa Vittoria in Matenano, 11-12-13 settembre 1992), San Pietro in Cariano: Il Segno dei Gabrielli Editori, p. 23.

Gabrielli E., a cura di (1996), Le vie europee dei monaci. L’Europa: “Mucchio di frante immagini su cui batte il sole”, Atti del IV Convegno del “Centro di studi Farfensi” (Santa Vittoria in Matenano, 9-12 settembre 1993), Negarine di San Pietro in Cariano: Il Segno dei Gabrielli Editori.

Grelli M. E. (2006), I Monaci benedettini di Farfa nel Piceno: Signoria territoriale e rapporti di potere tra VIII e XI secolo in Farfa Abbazia Imperiale, Atti del convegno Internazionale (Farfa-S. Vittoria in Matenano 25-29 agosto 2003), Negarine di S. Pietro in Cariano: il Segno dei Gabrielli Editori, p. 69.

Laudadio V. (2006), Farfa e le autonomie locali nella e Marca Meridionale, Atti del convegno Internazionale (Farfa-S. Vittoria in Matenano 25-29 agosto 2003), Negarine di S. Pietro in Cariano: Il Segno dei Gabrielli Editori, p. 357.

Leggio T., Verducci C., a cura di (2017), Farfa e il Piceno. Agiografia, assetti del territorio sistemi di potere nel Medioevo, “Marca/Marche rivista di storia regionale”, 8/2017, Fermo: Andrea Livi Editore.

Leggio T. (2000), I monaci farfensi verso il Piceno lungo la “via del sale”, in Da Farfa al Piceno La presenza dei monaci farfensi nell’Italia centrale, Provincia di Ascoli Piceno e di Rieti, Ripatransone: Gianni Maroni Editore.

Leggio T. (2006), Le origini dell’Abbazia di Farfa, Atti del convegno internazionale (Farfa-Santa Vittoria in Matenano, 25-29 agosto 2003), a cura di R. Dondarini, S. Pietro in Cariano: Il Segno dei Gabrielli Editori, p. 35.

Leggio T., Rossi L., Grelli E., Croci M. N., a cura di (2000), Itinerari da Farfa al Piceno la presenza dei monaci farfensi nell’Italia centrale, Ripatransone: Gianni Maroni Editore.

Liber Largitorius vel notarius Monasterii Pharphensis, ed. a cura di G. Zucchetti, I, Roma 1913.=LL

Marazzi F., Raimondo C., a cura di (2019), Medioevo nelle valli insediamento, società, economia nei comprensori di valle tra Alpi e Appennini (VIII-XIV sec.), Atti del Convegno di Studi Internazionale (Squillace CZ 11-14 aprile 2019), Cerro al Volturno: Volturnia Edizioni.

Marini M. (1836), Serie cronologica degli abati del Monastero di Farfa, Roma.

Mauro M. (2001), Castelli, rocche, torri, cinte fortificate delle Marche. I Castelli dello Stato di Fermo, vol. IV tomo 2, Ravenna: Adriapress.

Medei L., Papetti S., Rossi L., a cura di (2010), Atlante storico del territorio fermano (2010), Fermo: Andrea Livi Editore.

Michetti G. (1984), Santa Vittoria in Matenano.

Moroni M. (2021), a cura di, L’Appennino centrale in età moderna in L’Appennino centrale e le sue storie Roma: Edizioni Quasar, p. 191.

Moscatelli U. (2019), Le vallate interne delle Marche centro-meridionali tra antichità e Medioevo: una trama da costruire, Atti del Convegno di studi Internazionale (Squillace CZ 11-14 aprile 2019).

Moscatelli U., a cura di (2020), L’Archeologia medievale nelle Marche. Storia, ricerche sul campo, materiali, architetture, armamenti, “Marca/Marche rivista di storia regionale”, 14/2020, Fermo: Andrea Livi Editore.

Moscatelli U., (2020), Un’altra archeologia: il Medioevo nelle Marche centro-meridionali, “Marca/Marche”, 14, pp. 39-54, Fermo: Andrea Livi Editore.

Moscatelli U., Sacco D., a cura di (2021), Atti del I Convegno Internazionale di Archeologia Medievale nelle Marche (Macerata, 9-11 maggio 2019), Bologna: Ante Quem.

Moscatelli U. (2021), Il territorio a Nord della Salaria: nuove ondate di conquistatori e nuovi modelli di insediamento in L’Appennino Centrale e le sue storie, a cura di Coletti C. M., Menchelli S., Moscatelli U., Roma: Edizioni Quasar, p. 95.

Nepi G. e Settimi G. (1977), S. Vittoria in Matenano Storia del Comune, Camerino.

Nocelli M. S. (1993), Il Monastero farfense di Santa Vittoria in Matenano, Negarine di San Pietro in Cariano: Il Segno.

Pacini D., a cura di (1996), Liber iurium dell’episcopato e della città di Fermo (977-1266) Codice 1030 dell’Archivio storico comunale di Fermo, Fondazione Cassa di Risparmio di Fermo Deputazione di storia patria per le Marche.

Pacini D. (2000), Per la storia medievale di Fermo e del suo territorio. Diocesi Ducato Contea Marca (secoli VI-XIII), Fermo: Andrea Livi Editore.

Palazzi Caluori A. L. (1957), I monaci di Farfa nelle Marche (Il Presidato Farfense), Ancona: E. Venturini.

Pinti P., a cura di (1988), L’artiglieria medievale e la sua influenza sull’architettura difensiva: alcuni esempi nelle Marche, Atti del XXIV Convegno di Studi Maceratesi (Macerata 19-20 novembre 1988).

Pintus F. (2010), La produzione e l’impiego dei laterizi nella Macerata medievale e moderna, L’Aquila: L’Una.

Pirani F. (2017), Un’eredità distrettuale: lo Stato della Chiesa e la creazione del Presidato farfense nel XIII secolo, “Marca/Marche”, 8, Fermo: Andrea Livi Editore, pp. 93-107.

Previdi Saracco E. (1993), Il patrimonio fondiario dei monaci farfensi nelle Marche, Atti del II convegno del Centro di Studi Farfensi (Offida 6-7-8 settembre 1991), Negarine di San Pietro in Cariano: Il Segno dei Gabrielli Editore.

Rossi D. (2003), Saluti da Santa Vittoria, Comunanza: Paolo Girolami Editore.

Rossi D. (2011), Forse non tutti sanno che… Santa Vittoria in Matenano Arte Storia documenti tradizioni, Montegranaro: Dario Rossi Editore.

Salvi A. (2018), Iscrizioni medievali di Fermo e del Fermano, Fermo, Andrea Livi Editore.

Santa Vittoria in Matenano, Archivio Storico del Comune (ACoSV), Pergamena “Compra d’una casa che fu poi il palazzo communale” 43/44 V. Valeriani Segretario.

Santa Vittoria in Matenano, Archivio Capitolare della Chiesa Collegiata (=ACaSV), Pergamena n.170 del 5 ottobre 1236.

Saracco Previdi E., (1993), Il patrimonio fondiario dei monaci farfensi nelle Marche, Atti del II Convegno del Centro di Studi Farfensi (Offida, 6-7-8 settembre 1991), pp. 93-104, Negarine di San Pietro in Cariano: Il Segno.

Settia A. (2021), Castelli medievali, Bologna: Il Mulino.

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Storiografia su Santa Vittoria in Matenano nel medioevo dalle ricerche di Giuliana Viozzi

  1. Storia degli studi

L’apporto della documentazione scritta alla conoscenza dei primi secoli dell’alto Medioevo non è molto consistente e nasce principalmente in ambito ecclesiastico. Presso i cenobi si provvide a raccogliere e trascrivere tutti i documenti che in qualche modo potevano attestare la proprietà dei beni, difendere i diritti e le esenzioni acquisite, in modo da avere subito disponibili i necessari munimina, scritture private, nel caso di processi e contestazioni.

Essendo la storia medievale di Santa Vittoria interamente legata a quella dell’Abbazia di Farfa, che con i suoi beni che si espandevano in una larga parte dell’Italia centrale appenninica propagava la sua crescente influenza e attraverso cui riorganizzava le sue strategie non soltanto nel campo del sacro, ma anche dal punto di vista politico e quindi economico, l’apporto testimoniale è quello offerto da tale cenobio.[1] In questo quadro si inseriscono le più note e studiate fonti farfensi, giunte fino a noi grazie all’opera di un monaco dell’abbazia di S. Maria di Farfa, vissuto fra la fine del XI e la prima metà del XII secolo, Gregorio di Catino. È al Monastero di Farfa che è stato dedicato il “Contributo alla storia del ducato romano nel Medio Evo” di Ildefonso Schuster, pubblicato dalla tipografia del Vaticano nel 1921. Allo studioso si deve il grande merito di aver lasciato una serie di contributi validi.

Nel suo primo studio di cose farfensi, lo Schuster, rammaricandosi che il Monastero di Farfa non avesse ancora trovato il suo storico pur tra i molti che si erano occupati del suo cartulario, indirizza la sua ricerca su codici farfensi conservati presso la Biblioteca Nazionale di Roma. Nel 1910 egli iniziò a tracciare quello che definiva “un piccolo sunto della storia di Farfa”. Il suo interesse per i rapporti con il Piceno e con il Presidato Farfense di Santa Vittoria in Matenano lo portò alla ricerca di documenti dall’archivio vaticano relativi a provvedimenti di pontefici. L’ingresso nel 1912 come membro nella Società romana di storia patria coincise con il completamento dell’opera su Farfa; nel 1921 papa Benedetto XV ne finanzia le spese di stampa.[2]

I rapporti tra l’Abbazia di Farfa e i suoi possessi marchigiani nel loro divenire sono stati affrontati nel tempo da numerosi studiosi. Due grandi eruditi del Settecento che se ne sono occupati per il periodo storico nel quale sono vissuti sono l’abate Giuseppe Colucci[3] e il canonico alsaziano Joseph Anton Vogel.

Tra i contributi più recenti e maggiormente significativi è necessario ricordare Anna Luciana Palazzi Caluori.[4]

Per quello che concerne gli studi sull’insediamento rurale e sulle modalità attraverso le quali si attuarono i processi della sua trasformazione durante e dopo la tarda età romana fino al pieno Medioevo, Emilia Previdi Saracco apportò informazioni attraverso lo studio delle fonti testuali alto medievali costituite principalmente dal ricchissimo fondo dell’Abbazia di Farfa e di quelle più tarde.[5]

Riguardo alle dinamiche di transizione dalla tarda antichità all’alto medioevo che generarono nuove forme di organizzazione delle campagne e delle città, il contributo dell’archeologia nelle Marche centro meridionali è scarso, al contrario dell’abbondanza di fonti scritte che hanno favorito una notevole bibliografia storica. In questo campo gli sviluppi si hanno nel nuovo millennio. L’Università di Macerata si occupa da diversi anni di progetti di ricerca archeologica sugli insediamenti medievali nell’entroterra marchigiano.[6] Interessanti i contributi che ne sono derivati negli Atti del convegno di Archeologia medievale e che hanno permesso un confronto tra fonti archeologiche e quelle documentarie.[7]

Tra gli studiosi che si sono interessati di storia dell’alto Medioevo marchigiano tra maceratese e fermano ricordiamo Delio Pacini, che ha dedicato molta attenzione alla formazione ed espansione del patrimonio fondiario di Farfa nelle valli dei fiumi Chienti, Potenza, Tenna e Aso, nonché alle vicende storiche del fermano tra alto e pieno Medioevo.[8]

Pacini collaborando insieme a Giuseppe Avarucci e Ugo Paoli, ha raccolto nel “Liber Iurium” dell’episcopato e della città di Fermo, noto anche con il nome di “Codice 1030”, documenti fondamentali per lo studio del Medioevo marchigiano. Tali informazioni risultano importanti sia per l’analisi degli assetti del popolamento rurale all’interno di una ampia area montana a cavallo delle valli del Tenna e dell’Aso, sia per comprendere il ruolo dei poteri laici ed ecclesiastici che si andavano formando e rafforzando rappresentati, da un lato dalle aristocrazie prima longobarde e poi franche e dall’altro dagli episcopati e dalle abbazie.[9]

Allo studio di tali vicende hanno inoltre concorso le indagini di altri ricercatori e i convegni organizzati dal Centro di Studi Storici Maceratesi e dalla Deputazione di Storia Patria per le Marche.

Grande tema della storiografia regionale è quello dell’incastellamento; la crescita dei poteri laici ed ecclesiastici e la nascita di complessi fortificati tra la fine del IX e X secolo, con ampliamenti significativi tra la metà del XII e XIII secolo che segnarono la formazione di centri di rilievo.[10] In questo contesto non si può non citare Roberto Bernacchia.[11]

Un compito notevole lo ha svolto il Centro di studi farfensi, frutto della Scuola di Memoria Storica e quindi gli Atti dei vari convegni tenutisi a Farfa e a S. Vittoria in Matenano.[12]

In questo scenario un ruolo importante hanno rivestito gli storici locali, tra questi Gabriele Nepi e Giovanni Settimi.[13] Numerosi sono gli studi del canonico, nonché storico Giuseppe Crocetti.[14]

Da ricordare lo studioso Dario Rossi, cittadino di S. Vittoria in Matenano, e le sue pubblicazioni.[15]


[1] Si veda in Dondarini 2006, “L’utilizzo delle fonti farfensi nelle ricerche topografiche” di Maria Letizia Mancinelli.

[2] Si veda in Marca/Marche 8/2017 Riletture: “Alfredo Ildefonso Schuster storico di Farfa”, p. 147-155.

[3] “Delle Antichità Picene”, “Codice diplomatico di Santa Vittoria”, tomi XXIX e XXXI.

[4] “I monaci di Farfa nelle Marche – il Presidato farfense”, 1957.

[5] “Il patrimonio fondiario dei monaci farfensi nelle Marche”, “Articolazione fondiaria e distribuzione insediativa nei secoli VIII e XII”.

[6] Progetto R.I.M.E.N. diretto dal Professor Umberto Moscatelli.

[7] Del Professor Moscatelli le pubblicazioni su riviste specializzate come “Marca/Marche”; a tal proposito si veda il n° 14/2020: “Un’altra archeologia: il Medioevo nelle Marche centro-meridionali” e diversi lavori come “L’Appennino centrale e le sue storie” del 2021.

[8] “Diocesi ducato contea marca secoli VI-XIII”.

[9] “Liber Iurium” dell’episcopato e della città di Fermo (977-1266). Codice 1030 dell’Archivio storico comunale di Fermo, 1 (Introduzione e Docc. 1-144) a cura di D. Pacini; 2 (Docc. 145-350) a cura di G. Avarucci; 3 (Docc. 351-442 e Indici) a cura di U. Paoli, Ancona 1996 (Fonti per la storia delle Marche, pubblicate dalla Deputazione di Storia Patria per le Marche, n. s., I, 1-3), in “Studia Picena”, 60 (1996), pp. 430-436.

[10] Si veda in Dondarini 2006, “Farfa e le autonomie locali nella marca meridionale” di Valter Laudadio.

[11] “Santa Vittoria in Matenano e l’incastellamento nella Marca Fermana del X secolo”.

[12] “I rapporti tra le comunità monastiche benedettine italiane tra alto e pieno medioevo” (1994); “le vie europee dei monaci. L’Europa mucchio di frante immagini su cui batte il sole” (1996); “Le vie europee dei monaci. Civiltà monastiche tra occidente e oriente” (1999); “Farfa abbazia imperiale” (2007).

[13] “Santa Vittoria in Matenano Storia del Comune”, 1977.

[14] “I monasteri farfensi del Matenano”, 1997; “Il Presidato Farfense”, 1993.

[15] Sua ultima pubblicazione: “Forse non tutti sanno che … Santa Vittoria in Matenano Arte Storia Documenti Tradizioni”.

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A GLORIA DELL’AERONAUTICA MILITARE un dipinto

Dipinto del logo del Centenario dell’Aeronautica Militare opera di Salvatore Tricarico.

  L’Aeronautica militare italiana, forza autonoma, è ammirata perché sin dai primordi degli sviluppi dell’aviazione, a cominciare dal suo primo volo in data 28 marzo 1923, è stata costantemente di onore nel servire l’Italia, amata patria. Per la ricorrenza centenaria è stato creato il logo in cui al centro ed agli angoli domina il simbolo emblematico della bandiera della Repubblica italiana che merita rispetto indipendentemente da qualsivoglia opinione di scelte governative. Con secolare costanza la nostra aeronautica si è innovata operativamente per dare idonee risposte alle sfide dei vari periodi di cambiamenti, con miglioramenti aerodinamici nelle abilità umane e tecnologiche.

  Per la celebrazione del centenario dell’Aeronautica Militare Il pittore Salvatore Tricarico di Calvello (Potenza) per onorare gli uomini e le donne che in questi cento anni hanno contribuito a scrivere la gloriosa storia della nostra Forza Armata, ha creato un dipinto, su tavola dotata di cornice, usando l’oro per il contorno circolare del logo e l’argento per il motto innovativo che è molto interessante e di profondo significato nell’unire le adeguate competenze dei voli aerei con il forte spirito e con l’entusiasmo adeguato a progredire ed elevare la potenza e l’utilità dello specifico servizio. Il motto è «In volo verso il futuro» molto importante perché apre fidenti prospettive per le novità già in preparazione a miglioramento degli arei in velocità supersonica, in autonomia, in pilotaggio d’aviogetti. Il pittore fa dono di questa sua tavola dipinta (cm. 50 × 50) al Comando 1° Regione Aerea di Milano.

  Ad un secolo dal marzo 1923 sono prestigiosi i progressi per l’impulso dato allo sviluppo della moderna aviazione programmata come lavoro di squadra di uomini e di donne professionisti inseriti nelle attività dell’Alleanza Atlantica e della NATO con aerei supersonici. Questo primo centenario vuole essere celebrato nello spirito della solidarietà espletata già metodicamente e generosamente anche di recente negli interventi necessitati dal Covid.

  L’iconografia del Tricarico mette in contrappunto il colore blu con l’azzurro: il blu della costante fedeltà domina al centro del cerchio con all’esterno l’azzurro dell’universalità. Il blu è contornato dalla corona circolare in oro e dentro sono iscritti in argento «Centenario dell’Aeronautica Militare» e il motto avveniristico: un secolo d’oro nel prestigio. Il pittore ha decorato con i colori verde, bianco e rosso la cifra 100 al cuore dell’intero emblema in oro.

 Nell’ambiente esterno, il colore azzurro accoglie ai quattro spigoli altrettante coccarde della bandiera italiana con vivo risalto. L’attenzione infatti è attirata dal distintivo peculiare dello Stato Italiano a significare le benemerenze patrie dei militari aviatori che presentano all’Europa il patrimonio italiano ricco di cultura umanitaria e orientato al bene globale di tutti i popoli. (Prof. Carlo Tomassini)

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Non dismettere i processi diocesani dei Servi e delle Serve di Dio per i loro valori umani, Cristologici, ecclesiali e escatologici.

Intenzioni per promuovere la venerabilità dei Servi e delle Serve di Dio

           Motivazioni e intenzioni primarie nel promuovere la prosecuzione dei processi diocesani al fine di raggiungere la venerabilità dei Servi e delle Serve di Dio è la gloria di Dio nell’azione dello Spirito Santo che rinnova nei cuori i valori umani, cristologici, ecclesiali e escatologici.

–          Valori umani nel fatto che le persone che conoscono gli esempi di una vita dedita all’intimità con Dio, si trovano incoraggiate ad esprimere il meglio della propria umanità nella sequela a Gesù Cristo.

–          Valori cristologici nel fatto che il Vangelo del Figlio di Dio incarnato, immolato e risorto per il bene di tutte le persone diventa stile di vita quotidiana nei Servi e nelle Serve di Dio conformati a Gesù Cristo nell’azione dello Spirito Santo, sono così concreta testimonianza evangelizzante. In loro Il Cristo magnifica la sua misericordia salvifica.

–          Valori ecclesiali nel fatto che la Chiesa di Cristo partecipa della vita della SS. Trinità essendo Corpo mistico del Cristo che realizza l’unione comune dei doni dati ai Servi di Dio. Il loro aiuto, e l’intercessione nella Gerusalemme celeste realizzano l’amore nuziale del Cristo e della Chiesa.

–          Valori escatologici nel regno eterno ed universale di verità e di vita, di santità e di grazia, di giustizia, di amore e di pace nella dimensione immortale ed infinita della vita umana destinata alla resurrezione nella patria celeste in cui vivremo assieme con i fedeli.

Così è importante conoscere e far conoscere, amare e far amare, imitare e far imitare e invocare i Servi e le Serve di Dio.

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Clarisse Falerone Serva di Dio Suor Maria Eletta Sani lettere 9- 10- 11- 12-

<LETTERA 9 DI SUOR MARIA ELETTA SANI>

                                                                                      Viva Gesù e Maria

A gloria di voi, SS.ma Vergine, incomincio a scrivere e per obbedienza del vostro Ministro. Con mia grande confusione dirò la poca gratitudine verso la SS.ma Vergine a sì grandi misericordie le quali mi incominciò a fare da piccola età, dopo la prima cognizione di Dio che fu dopo i tre anni. Se vedevo qualche immagine di Maria SS.ma che avesse portato Gesù Bambino, io subito mi invogliavo di quel Bambino che portava in braccio e a Lei lo richiedevo e la pregavo acciò me lo desse. Desideravo di fargli qualche cosa (per) piacergli, ma nulla sapevo. Sentivo dire le litanie della Madonna, ma io non le sapevo dire: mi era di gran dispiacere. Incominciavo a impararle e dicevo la Corona. Siccome non sapevo contare i Pater Noster e le Ave Maria, segnavo la corona e la legavo con un laccetto e lì facevo il nodo per segnare le Ave Maria, dove trentatré, dove dodici e dove nove e via discorrendo di mano in mano. Siccome non mi ricordavo di contare, perciò ci avevo fatto il segno del nodo (del) laccetto, allora le recitavo avviatamente. Alcune volte, se io stavo sola davanti a qualche immagine di Maria SS.ma, subito incominciavo a discorrere con Lei come se io avessi parlato con una persona. Mi trattenevo a fare lunghi discorsi e sempre più mi sentivo accendere nella sua devozione: non sapevo che fare per darle gusto. La visitavo e a Lei ricorrevo. Dopo qualche tempo, un anno, nella festa del santo Natale, la SS.ma Vergine mi usò misericordia e facendo orazione mi comparve con il Bambino in braccio e da una mano portava una fascia e sciogliendola la mostrò a me: io ‘ insensata’ dall’ammirazione e bellezza (ché) era piena di fiori di oro. La mia ignoranza era ben grande che dicevo: ” Oh, adesso, credo che voi SS.ma Vergine siete la Regina delle ricchezze perché (con) questa sorte di fascia, ci fasciate questo vostro Figlio tanto vago, bello che mi sento staccare il cuore dal petto perché io lo vorrei tra le mie braccia!” E lì incominciai ad esclamare verso la SS.ma Vergine ed ebbi da Lei un insegnamento di quel che dovevo fare per dargli gusto e se volessi avere il Figlio Gesù, avessi fatto la fascia per fasciarlo. Io con la mia ignoranza dicevo: “Come ho da fare per lavorare a fare questa sorte di fasce?” Ma la gran madre di Misericordia mi disse: ” Senti, o figliola, se tu sarai fedele e una mia serva, te lo prometto e sarà tuo sposo, e l’avrai dentro al tuo cuore e lo potrai amare e stringerlo. Avverti di tenere il cuore vuoto di ogni affetto e impara a servirmi ché più vantaggio sarà tuo: per darmi gusto e donarmi qualche fiore, impara a vivere mortificata in tutti i tuoi sentimenti”. Io gli rispondevo:” Come ho da fare, o vera mamma mia?” Così la chiamavo per mamma mia. Da lei ebbi insegnamento di mortificazione negli occhi cioè nella modestia di non guardare anche agli uomini e se mi dava nell’occhio di averlo guardato, questa era una spada che mi trafiggeva l’intimo dell’anima, perché mi accorgevo del mancamento, poi con grande confusione, non avevo faccia di andare ai piedi di Maria SS.ma. Della privazione di non mangiare carne il mercoledì e il sabato, il digiuno, e di levarmi qualche cibo più gustoso, co(mp)ivo e lo davo a qualche poveretto per fare qualche fioretto alla SS.ma Vergine. Procuravo di mortificarmi in tutti i sentimenti, ma non sempre. Se qualche volta mancavo, questi erano gli acutissimi rimorsi di coscienza, i quali mi facevano riconoscere la più indegna e infame creatura che vivesse sopra la terra. Se mangiavo e mi fossi intesa ripiena, allora era tanto il dispiacere e pentimento perché intendevo che il cuore vuoto fosse il non mangiare e (per) questo mi astenevano d(al) mangiare tanto, acciò fosse il cuore vuoto, come mi aveva detto la S. Vergine. Così la mia ignoranza mi dava. Bensì quando mi sentivo debole lo stomaco e vuoto, allora con più contento e giubilo mi figuravo Gesù dentro al cuore e con annesso desiderio mi trattenevo a discorrere. Venivo crescendo negli anni, in otto o nove anni circa, in onore di Maria SS.ma e per aver memoria di Lei, feci un cuore tutto di punte di ferro e ci formai il suo nome ss.mo. Poi ne feci un altro e ci formai le sette spade dei dolori suoi. Io per invitarla, portavo in petto questo cuore e sempre la pregavo che mi desse da patire e quando volevo che mi esaudisse, a Lei ricorrevo e mi dava lunga malattia ed io con sommo giubilo la ringraziavo e con più quiete e pace mi trattenevo a fare lunghi discorsi. Per le scale dove io continuamente passavo, al muro c’era l’immagine (del)la SS.ma Vergine e da quella, (la) Madonna più e più volte mi parlava con diverse riprensioni, quando io commettevo degli errori e più volte mi chiamava per nome acciò io l’avessi salutata. Altre volte mi chiamava per figlia e che voleva darmi quel caro Bambino e che io fossi stata vera serva e fedele. Io più volte mi credevo che volesse dire che fossi serva dei miei domestici (=famigliari) e perciò mi esercitavo di fare la servetta di casa con mio gran giubilo. Nelle vigilie della Madonna, digiunavo a pane e acqua e i giorni delle sue feste tutta mi consacravo a Lei. P(oi) ebbi lume e feci il voto di castità e ogni festa lo rinnovavo perpetuo, ma senza sapere che fosse voto di castità. Venivo crescendo negli anni e sempre più con gran desiderio di essere tutta di Maria SS.ma e con più cognizione della sua grande potenza presso il suo divin figlio Gesù. Giunto il tempo di dovermi Comunicare, con somma ansietà e desiderio ricevei indegnamente Gesù Sacramento. Terminarono le comparse visibili, ma non mancava la Madre di misericordia; di continuo, nel fare orazione mi trovavo raccolta con le potenze dell’anima e con tutto lo spirito (a) trattenermi con vista intellettuale; più e più volte mi faceva tenere il suo figlio Gesù dentro al mio indegno cuore, in particolare nelle sue feste. Io nelle novene delle feste di Maria SS.ma, le facevo e mi esercitavo, (di) più le virtù della carità e della mortificazione e orazione, con gran fervore e accendimenti di amore verso di Lei, perché era Madre del mio Gesù. Se era tanto l’accendimento del mio cuore verso Gesù, altrettanto cresceva verso Maria SS.ma ed i lunghi discorsi e trattenimenti e lumi intellettuali e le esclamazioni che facevo con la mia ‘mamma mia’. Nel recitare le orazioni di Maria SS.ma mi sentivo portare via la mente e con raccoglimento ogni mattina mi donavo tutta a Lei acciò, per mezzo suo, donavo tutto il mio cuore a Gesù con varie orazioni e preghiere. Recitavo ogni giorno il Santo Rosario e i cinque salmi del nome di Maria e il suo Officio e salutavo, con (la) memoria, i sette dolori. Più volte al giorno, andavo ai suoi piedi e perché non potevo fare quello che gli fosse di più gusto, mi mettevo a fare lunghi ringraziamenti alla SS.ma Trinità, da sua parte, ora come Figlia del divino Padre, ora come Madre di Gesù e ora come Sposa dello Spirito e vivo tempio della SS.ma Trinità. Se qualche persona mi diceva di pregare per loro, io sempre la raccomandavo alla SS.ma Vergine perché conoscevo il ‘mare’ e la porta per ottenere grazia a tutti i peccatori. Mi trattenevo a rallegrarmi con Lei e benedivo tutti i suoi sentimenti, ma più quel Cuore ss.mo, vero tabernacolo di Dio. Più volte la SS.ma Vergine, nel fare orazione, mi mostrava suo figlio … piangendo le enormità e (i) peccatori che lo facevano piangere. Io, a questi eccessi di compassione verso Gesù e Maria, non posso dichiarare la pena e le smanie dell’afflitto mio spirito e allora (ac)crescevo le penitenze e le orazioni e preghiere alla Madre di pietà, acciò mi avesse esaudito e richiedevo al Ministro di Dio di fare le discipline a sangue, recitandoci le litanie della Madonna e nove (o) dieci Magnificat, finché facevo la disciplina. Alcune volte mi dava lume e mi mostrava il suo Cuore Ss.mo … Si rinnovavano le sette spade dei dolori di Maria SS.ma e trafitto lo vedevo. Io la pregavo che mi concedesse la partecipazione dei suoi dolori dentro al mio cuore, e molte volte, dal dolore e dall’amore verso Maria SS.ma, io restavo svenuta e come morta da dolore e pena che provavo dentro al mio cuore. Recitavo la Corona dei dolori e dicevo una certa devozione di Maria SS.ma. Recitavo cento Magnificat in onore suo e altre orazioni di salutarla sempre: “Vergine e Figlia e Madre e Sposa di Dio”. Recitavo una certa devozione di salutare le dodici stelle che le fanno diadema: con ogni salutazione di stella recitavo dodici corone di sei poste che in ogni stella fanno il numero di settecento venti Ave e per salutare dodici fa ottomila seicento venti Ave Maria. Questa devozione la fo (di) continuo e con fede per ottenere grazia dalla mia Avvocata. Un giorno mentre facevo varie pre(ghiere) alla SS.ma Vergine, Lei mi fece cenno e mi fece capire che trentatré anni dovevo vivere, siccome io gli chiedevo la morte per non offendere il suo figlio Gesù. Ma io non so se questo volesse dire che io dovevo morire a 33 anni oppure che io dovevo vivere 33 altri anni di vita; io non so. Entrai nel travaglio e tempesta di tentazioni e a Lei feci ricorso di visitarla, scalza per ogni stagione di freddo e caldo, alla Madonna delle Vergini e della Misericordia (=chiese). Nelle novene delle sue feste, ogni notte ci andavo visitarla con grande agitazione e terro(re) per i diabolici impedimenti, ma con l’aiuto di Maria: l’ha vinta Maria SS.ma. Nelle sue feste, io restavo libera e quieta e facevo la Comunione con somma pace e quiete e sempre più speranza e fede che n(el) giorno della sua festa, io sarei stata liberata dal travaglio diabolico. Più volte da Maria santissima ebbi grazie: una volta mi disse che rimirassi Lei e non temessi, un’altra volta mi fece intendere che nelle tempeste diaboliche, prendessi la sua immagine in mano, e che sarebbe stata la spada (con) cui mi potevo difendere. Un’altra volta mi insegnò che dovessi sperare in lei che avrei riportato vittoria e che la mia vittoria sarebbe stata la Sua. Un giorno dell’Assunta in cielo, mi fece intendere con lo Spirito, che nel suo seno era come un torrente, fiume e ne scorrono copiose acque di grazie e che perciò io mi gettassi in questo fiume di grazie e di misericordia e che ogni anima che a Lei fa ricorso, ottiene tutto. Vedevo con lo spirito che nelle sue feste, liberava molte anime dal Purgatorio. Un’altra volta mi fece vedere le cinque lettere che formano il nome di Maria con caratteri d’oro. Un altro giorno della sua festa mi fece vedere la Croce scura e poi la cintura in cui era una “F” che voleva dire la Fede, una “S” che mi diceva la Speranza, una “A” che indicava Amore. Un altro giorno, festa di Maria SS.ma, nella Comunione fui portata al suo trono con lo spirito, e lì mi diede notizia della sua immensa grandezza e dignità (co)n cui risiede sopra a tutti i cori angelici con una compagnia di vergini e con una Croce in mano che mi dava la Benedizione. Un giorno della sua festa della Presentazione al Tempio, lei mi prese e mi disse che fare dovevo la scala per salire al tempio per unirmi con il mio Signore e che fossi fedele e non temessi. Nella festa della sua natività, mi dissi che nascerebbe Lei (nel …\ con la visita nel mio cuore e che ci avrebbe lasciata l’impronta e che dovessi accender(mi) di amore costante e forte. Nel santo Natale più volte, mi usava misericordia che mi mostrava il suo Bambino, ma coperto di un velo: (a)l che io dicevo di non essere degna, riconoscendo la mia indegnità. Altre volte mi faceva sentire quelle parole ‘Gloria in excelsis Deo’ e che la pace veniva nel mio cuore. Un’altra volta mi fece intendere che stessi contenta, perché lei godeva di vedermi penare e con volto sereno e gioviale mi assisteva. Per vero miracolo di Maria io non andavo in precipizio: lei era il mio sostegno; altre misericordie grazie: di avermi liberato dal (furore) diabolico e sanata per miracolo in un istante, subito guarita da molti mali, come accennai nei fogli da me scritti, e (da) dolori cagionati per diabolic[ità], dolori e martiri, come il giorno della Purificazione e Annunziata e Assunta in Cielo. Per grazia di Maria SS.ma sono libera e in stato di ritornare a pentimento e di convertirmi a Dio.      Richiedo la sua santa Benedizione.

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<LETTERA 10 DI SUOR MARIA ELETTA SANI>

                                                                                                    Viva Gesù e Maria

A gloria di voi, mio Dio, scrivo e per obbedienza del vostro Ministro. Qual confusione proverò, oh mio Dio, al vostro cospetto, con le lacrime agli occhi, terminerò di scrivere la mia orrenda e spaventosa mal condotta vita. Già avrà inteso quel che mi accadeva nella Confessione e Comunione, come gli ho narrato nell’altro foglio da me scritto. Io non posso riferire tutto il travaglio e patimenti i quali mi accadevano, perché di molti e molti non mi accorgevo, stante che io non stavo in me, bensì i Ministri di Dio vedevano come mi trovavo, (nel)lo stato miserabile. Alle no(v)e volte mi pareva di stare viva all’inferno, oppure che il terrore fosse divenuto un inferno. Se tra tante tempeste, alle volte desideravo soccorso: “E da chi ho da ricorrere?” Andavo tra me stessa dicendo. Se pensavo a Dio, oh, che spavento del suo furore e giusta giustizia e castigo che di continuo mi piombasse e mi fulminasse la morte eterna. Tremavo dall’angoscia e smania e aborrimento, cercavo di divertire pensiero: mi affogava [nel]la pena e mi sentivo morire e venivo in una vera agonia. Scrivevo lo stato in cui mi trovavo al Ministro di Dio. Sentendo da me, che io stavo ai confini della tempesta, per compassione dell’anima mia, mi faceva conferire a voce le mie iniquità e pene e affanni in cui mi trovavo. Ma, ohimè, che per me era maggiore travaglio e angustia di anima e di pena all’umanità. Si raddoppiavano le pene per l’anima e per (il) corpo: mi sentivo n(u)ova tribolazione e tremavo di angustia. Non potevo conferire dalle fiere tempeste e nuovi assalti. Non v’era altro da poter dare animo al mio confessore che, quando stavo in me, l’aiuto di Dio che mi dava forza di fare la santa obbedienza al suo Ministro. L’obbedienza era per me una catena di fuoco, la più tormentosa tra tutte le pene. In questo stato di tempesta le mie più lunghe orazioni furono l’Officio della Madonna, il s. Rosario, qualche Ave Maria detta per obbedienza quando mi assalivano le tentazioni e qualche atto di proponimento e di preghiera fatto in breve e contro tempo di visitare la SS.ma Vergine, scalza. La notte quando mi assalivano le tentazioni, mi spogliavo e solo con la camicia, il mio refrigerio era di gettarmi ignuda nella neve per smorzare il fuoco dell’impurità: ci stavo finché potevo reggere. Questo era il rimedio che il nemico (ri)fuggiva. Andavo nell’orto ove era più neve per ricoprirmi fino alla gola di neve. Mi accadde una volta che intirizzita dal gelo, non mi sentivo più il corpo, caddi a bocca avanti senza accorgermi. Lo spirito però ebbe il lume rimirando Iddio e mi pareva di non più trovarlo. Mi sentivo quieta nello spirito e mi parve che Iddio mi facesse intendere che Lui stava rimirando a me e che mi figurassi di ‘invitare’ Gesù all’orto quando orava il suo divin Padre e che (gli si) presentò il calice della passione: cadde in terra (con) il volto divino inchinato a fare la volontà del suo divin Padre.

Mi diede lume e quasi contento che io mi univo con il mio appassionato Gesù nell’orto, abbandonata tra mille e mille afflizioni e agonie e tristezze di spirito e affari di morte. Ripigliai sentimento e partii per non più poterci reggere. Seguitava la tempesta di ogni tentazione. Giunto il mese di ottobre, la pena che più potessi provare fu che restai abbandonata dal mio confessore … Dio permise che partisse dalla città. Con gran dispiacere provai la perdita di P. Santoni … Poi mi affliggeva di levarmi di speranza di non poter più conferire, essendo fuori dello Stato <pontificio>. Abbandonata tra mille miserie, senza poter trovare confessore che mi facessi la carità, dieci mesi continui, andai cercando e raccomandandomi ai piedi di tanti sacerdoti che per pietà e carità mi facessero la carità di pigliare la povera anima mia, ma non (mi) fu possibile trovare chi assistesse all’anima mia … Il P. Santoni, vedendomi nel principio del mio travaglio, così intraversato, fece molte orazioni e preghiere alla Regina delle grazie di ottenermi grazia che mi liberasse da sì strano stato: (per) divina Misericordia, essendo che solo i giorni delle feste di Maria SS.ma io mi trovavo libera da tutto il travaglio e quieta nell’anima e nel corpo stavo, solo in questi giorni della Madonna godevo una somma quiete e pace. Questo fu ‘buono’ che nei dieci mesi (nei) quali io non avevo confessore, solo in questi giorni potei e mi riuscì di fare le sante devozioni. In quel tempo che io restai priva del confessore, mi trovai nel vero mare di tempesta: le tentazioni crescevano, non avevo più (il) sostegno dell’obbedienza del Ministro di Dio. Ohimè, che mare di pene! Io non avevo più forza, il nemico aveva preso più dominio in me: le tentazioni disoneste, il fuoco impuro mi facevano ardere le viscere, le operazioni disoneste di ogni sorte. Anche con le proprie mani mi induceva a fare opere indegne non solo con le mani e con il corpo, ma dove mi fossi trovata nei luoghi della casa, e più volte restavo tra la catasta delle legna e sfogavo, e come morta restavo, l’acceso fuoco. Mi pareva di fare prova di distruggere il corpo in piaceri impuri, mi sentivo una rabbia di piacere disonesto che avrei dato morsi ai legnami. I cattivi desideri di fare opere e di saziarmi di quegli orridi desideri con il prossimo e con tutte le specie, come il nemico mi appariva, facevo queste opere indegne ora con figura di donne, ora di uomo, ora di secolari, ora di ecclesiastici sacerdoti. In quell’offuscazione di ragione, stavo come un vero animale senza pensare se Dio mi vedeva (e) le creature per dare scandalo. Ohimè, che quando ripigliavo sentimento di ragione, io provavo l’inferno nell’anima e nel corpo, davo in smanie da dannata, senza potermi confessare, in sì misero stato perché non avevo chi mi volesse confessare. Non si possono dire gli affanni e le agonie che io provavo: in che smanie, in che (fre)mito di assalti … Il nemico mi suggeriva di dare il consenso una sola volta, ché poi sarei stata libera da tutti gli affanni, e altre volte con martìri disonesti e con dolore ben grande, acciò dessi il consenso; altre volte di dare il consenso e come accettarlo per marito. Al che la castità già l’avevo perduta. Siccome questa era la spada che trafig(geva) l’anima mia, mi sentivo accendere da cattivi desideri e fuoco impuro … Tra quelle orrende tentazioni e suggestioni e diabolici desideri e tentazioni e piaceri, io non so come mi trovavo, sono Dio lo sa. Molte volte dicevo: “Mio Dio”. Tremando da capo ai piedi dicevo, piena di timore: “ Mio Dio, lego la mia volontà con la corda (con cui) voi foste legato nel tempo della passione. Bollo la mia volontà nella vostra Croce, con i chiodi che trapassarono le vostre mani SS.me acciò tenerla forte”. Perché io avevo giurato di avere dato consenso, una o due volte: mi accadde mentre spasimavo e smaniando con dolori insoffribili nell’anima, non sapendo se io stavo al mondo o no perché già mi pareva essere impazzita e senza uso di ragione, così più ore e ore le passavo. Quando ritornavo in me, crescevano più le angustie e gli affanni. Dicevo: “Mio Dio – piangendo – dove siete che io non più vi trovo?” Mi intesi dire: ” Sto dentro al cuore tuo e non mi trovi”. Io non posso ridirgli come mi (t)rovai io dicendo: “Così dunque, voi mio Dio, ancora mi amate? Ancora mi aspettate a pentimento? E quando sarà che sciolta da queste catene potrò amarvi e servire e pentirmi di tante iniquità?” Poi mi suggeriva che questo fosse un inganno dell’amor proprio, ma che io ero abbandonata da Dio e che avevo tanta esperienza in mo(do) da dovermi bastare. Siccome nell’andare ora qua, ora là, dal confessore una volta mi fu detto che io stavo in un inganno e per castigo da me meritato anche il confessore che mi aveva assistito si era ingannato e che erano tutte apparenze della mia falsa fantasia. Questo mi fu di travaglio e credetti che mi dicesse il vero. Ora non so spiegare la copiosa tempesta delle mie afflizioni: erano tante le angustie del mio spirito che mi sentivo morire e in una vera agonia venivo. Desideravo almeno prima di morire di confessarmi. Stavo mezza moribonda, mi compariva il nemico in forma di confessore per assistermi nella mia agonia, facendomi accertare che tutte quelle iniquità fossero peccati gravi commessi in piena volontà. Oh! Dio, che io morivo di pena … la disperazione mi tirava al precipizio. Sin che ci stava il nemico, io non potevo fare un atto buono, dicevo: “ Gesù e Maria … tenete per carità l’anima mia!” E disparve e fuggiva il demonio e allora mi sentivo qualche sentimento buono. Altre volte venivano i demoni come cani e leoni per divorarmisi. Io gli dicevo: “Se Dio te lo permette, fa’ pure, divorati questo mio corpo, che io intendo di fare la divina volontà”. Altre volte mi alzava in aria e poi mi faceva cadere in terra e mille suggestioni e parole immodeste che io ero divenuta un mare di malizia e di tutte le iniquità; altre pene … con lo spirito mi faceva apparire di condurmi alle caverne infernali dove mi faceva vedere pozzi di anime dannate, la distinzione e la specie delle anime. Mi faceva sentire gli stridi dei dannati e in me provavo una privazione del respiro che era (come) provare la morte ogni momento, (dal)la privazione del respiro, eppure non finiva il respiro. Ohimè! che strette di cuore, perché mi diceva quello essere il luogo dove io dovevo abitare. Mi faceva provare quell’eternità che ogni momento provano i dannati; di sempre un mai: un mai e un sempre. Oh Dio! … non posso dichiarare l’afflizione delle mio spirito. Questo e altro simile continuamente mi accadeva. Dopo dieci mesi di essere stata senza confessore, Dio mi fece misericordia mi mandò il confessore, ché fino (al)lora ero da tutti discacciata. Venne il P(adre) Scaramelli il quale con una somma carità mi diede la sua direzione per sedici mesi continui. Giunta l’ora che mi rimettei sotto la santa obbedienza. Il nemico una notte venne con una catena di ferro infuocato e me la cinse alla cinta con uno spasimo insoffribile e questo era per vendetta (ché) mi ero assoggettata alla s. obbedienza. Incominciai a fare la devozione ogni otto giorni, ma con grandi angustia e pene ché l’obbedienza era per me una catena di fuoco. Incominciai a rimettermi a fare qualche atto buono di mortificazione con l’aiuto di Dio e con i precetti del Ministro di Dio: il nemico perdeva la forza.

Grazie ricevute in un istante da Maria SS.ma: il giorno della sua festa della Candelora, andai a visitare la Madonna e con lo spirito fui portata al suo trono e con una Croce (che) la SS.ma Vergine teneva in mano mi diede la Benedizione e accostò a me la candela che dall’altra mano portava. La ringraziavo e la pregavo. Partitami da(lla) chiesa, mi trovai guarita e libera da quella mutazione di sesso in un istante. Un’altra volta nel pregare la SS.ma Vergine che mi liberasse da quegli assalti del tentatore cioè di fare le opere immodeste con le mani, da Maria SS.ma ebbi lume che io dovessi in simili cimenti, prendere in mano: la sua immagine da una mano e dall’altro il Crocefisso e che mai più avrei fatto opera immodesta con le mani. Così fu che mai più mi accadde simile cimento. Un’altra volta da Maria SS.ma fui risanata da una grossa rottura in un istante, cagionata per la forza e violenza fatta per le opere immodeste. Alla fine del mio travaglio, il giorno dell’Assunta, restai libera da tutto il travaglio per grazia di Maria SS.ma, assicurandomi che simili fiere tentazioni non mi sarebbero mai più accadute e il nemico non avrebbe più avuto questo ardire di turbarmi come aveva fatto per il passato, il male. Il mio travaglio durò da otto a nove anni circa, ma tre anni e mezzo fu la fiera tempesta di non poter fare la comunione e nulla altra opera buona per il gran travaglio diabolico. Libera restai da tutti i mali e da ogni turbazione: finirono le illusioni diaboliche che molte volte avevano cercato di ingannarmi, ora in comparse di SS.ma Vergine, ora in figura di Crocefisso, ma sempre con segno chiaro e con caratteri diabolici. Con l’aiuto di Dio e dell’obbedienza ne fuggivo ed io con la grazia di Gesù e di Maria sono restata libera da tutto ciò. Non avevo terminato la ‘purga’ del senso che mi venne la ‘purga’ di spirito. Questa per misericordia di Dio ancora seguita con mia grande confusione. Al vedere che la divina bontà ancora mi aspetta a penitenza ed a pentimento perciò concludo che sia mille volte benedetto e ringraziato il nome di Gesù e di Maria. In te Domine speravi non confundar in aeternum. <In te, Signore, ho sperato e non sarò confuso in eterno>

    Domando la s. Benedizione.

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<LETTERA 11 DI SUOR MARIA ELETTA SANI>

                                                                                                                  Viva Gesù e Maria

A gloria di voi, mio Dio, scrivo e per obbedienza del vostro Ministro.  Darò principio alle mie miserie. Le scrivo con intenzione di riceverci nuovamente la lavanda nell’anima mia con il sangue di Gesù Cristo per mezzo della santa assoluzione. Nei diciotto anni mi accadde per mia disgrazia che entrai nel mare del travaglio. Dopo la venuta dello Spirito Santo (=Pentecoste), come accennai nell’altro foglio scritto, mi incominciarono tentazioni di impurità gagliarde, di risentimenti e di accendimenti di fuoco impuro, pensieri cattivi di disonestà, non solo per me, ma di pensare male del prossimo: cose non passatemi mai per la mente. Io a queste cose nuove facevo grandi strepiti e timori di cadere in peccato mortale. Aridità di spirito (tali) che nell’orazione e nelle Comunioni mi sentivo come insensata, fredda, non mancavo però di raccomandarmi a Gesù e a Maria SS.ma acciò mi desse forza di reggere simili e fiere tentazioni. Prima il mio confessore mi dava la Comunione senza la confessione, ma in questo stato di tentazione non voll(i) mai più fare la Comunione, se prima non ricevevo l’assoluzione, per il timore dei peccati. Crescevano il travaglio e le tentazioni veementi e lunghe che mi duravano (per) ore e ore, raddoppiate con pulsioni strane. Così mi diceva il Confessore, voglio dire che non solo a me parevano strane, ma anche ai Ministri di Dio. Venendo avanti, sempre crescevano e poi mi incominciò la persecuzione del demonio con fare delle impertinenze e rumori dove io abitavo per la casa, ma più nella mia camera di notte, di giorno, si faceva sentire anche dai miei parenti che tutti intimoriti non sapevano che fosse. Solo a me era ben nota e visibile l’impertinenza diabolica. Io però non avevo paura perché così mi diceva il ministro di Dio che non temessi perché nulla poteva fare: “È un cane alla catena, abbaia, ma non morde.” Cresceva però la tentazione di ogni sorte, contro la fede, contro il prossimo, contro il cielo, contro il mondo e anche di me stessa. Incominciavo quasi a desiderare di andare fra gli eretici, di rinnegare la fede: odio alla Chiesa, odio alla fede, odio al Paradiso, odio a Dio e a tutto il Paradiso. Crescevano gli odi contro il prossimo ed i miei domestici. Avrei fatto vendette di varie operazioni, di insulti, di bestemmie, maledizioni contro Dio e contro il prossimo. Mi sentivo accendere di rancori, di rabbia, di collera e di vendette. Non potevo sentirli parlare, né vederli. Mi sentivo ripiena di ira, di gola, cioè non più la mortificazione del gusto. Mi pareva di essere piena di tutte le iniquità, piena di afflizione, di malinconia, di accidia, di sdegno, di impazienza, di disperazione che per me non ci fosse più il Paradiso, anzi disperazione da darmi la morte da me stessa. Crescevano le tentazioni sempre più veementi. Seguitava il travaglio ed erano tre anni che seguitava in questo modo. Si inoltrava in nemico a farsi domestico, alla notte e al giorno. Quando stavo sola, veniva in forma di uomo facendomi parere di avere acconsentito alle tentazioni; però con l’aiuto di Dio non mi pareva perché nelle tentazioni, benché di gran piacere, sempre pregavo di fare atti contrari. Si avvicinava il nemico più frequentemente, salitomi addosso con fare opere immodeste (a) forma di uomo; mi venivo aiutandomi ma non potei fuggire. Io quasi impazzita, subito fatto giorno, andai dal mio confessore a riferire l’orrendo fatto. Intanto mi fece parere di avere effettuato il consenso all’opera …  per tre mesi mi feci parere di essere ‘gravida’ con tutti segni che già avevo perduto la castità. Questo mi dava un martirio insoffribile. Poi con due mesi di febbre continua, impedita da ogni parte per arte diabolica … che non potevo più vivere: chiusi tutti i canali del corpo con grandi dolori senza rimedi umani; solo palese a Dio e al suo Ministro.

Il medico che non sapeva il motivo del mio male, disse al mio confessore che io già non ero più per vivere e ‘spedita’ mi fece (=considerò). Io volli tacere e non mi curavo di morire, ma non che si sapesse il mio male. Alla fine presi certi fiori di Maria SS.ma per bocca e restai in qualità, <priva> di tutto il male corporale. Seguitavano le tentazioni di ogni sorte: io quasi sazia di non poter più reggere, davo in smanie grandi e andavo i piedi di Maria SS.ma con le braccia aperte, piangendo di cuore, lamentandomi con Lei che in nome del suo SS.mo Figlio e in nome della SS.ma Trinità, gli richiedevo la morte e che non mi voleva esaudire perché io volevo la morte e non la vita per non offendere il suo divino Figlio, rinunciavo al Paradiso e che mi avesse mandato all’abisso infernale, però che non offende(ssi) Dio. Andavo di notte a visitare la Madonna delle Vergini, scalza con una corda al collo e una Croce di punte in petto, a pregare Maria SS.ma per questo mio travaglio. Pregavo e ripregavo e sempre io andavo in peggio in mille iniquità. Giunto il giorno della Madonna cioè della festa della Purificazione, andai al confessionario per fare le devozioni, come il solito e non potevo confessarmi, né fare l’atto di contrizione: non avevo pentimento né animo di fare più bene, solo inclinata al male. Mi sentivo giungere addosso una tempesta diabolica di non poter fare più bene. Oh Dio, che flagello, che angustie, che pene insoffribili, smanie di morte! Non potevo più fare un atto buono né contrario alle tentazioni, odiavo Dio e non lo potevo pregare. Avrei voluto ricorrere a Maria SS.ma e non potevo. Ohimè! che affanni di morte! Temevo il flagello della divina Giustizia e mi pareva di averlo in capo: la terra mi si aprisse per inghiottirmi e sprofondarmi nell’abisso dell’inferno; turbata nell’anima d’angustie insoffribili, rimorsi da disperata, insoffribili. Turbata nel corpo, le membra del corpo non le potevo reggere, le braccia, le gambe, i piedi, il collo intirizzito con tirature di nervi. Il patire per me era insoffribile perché a me parevano i tormenti dei dannati, senza speranza di mai uscirne, anzi con apparecchi(ata) l’eternità infernale. Ohimè, non potevo più reggere agli assalti diabolici. Se il nemico veniva nell’atto che io avessi fatto qualche atto di obbedienza del Ministro di Dio il quale mi ordinava che avessi recitato un’Ave Maria e non più; oppure invocare i SS.mi nomi di Gesù e Maria, mentre lo volevo profferire, mi sentivo assalti fierissimi di tentazioni e subito mi sentivo mutata e turbate la volontà, la testa; la vista offuscata, la fantasia alterata, la mente turbata, offuscata la ragione e mi perdevo e cadevo giù dove mi fosse dato, cadevo in terra dove mi prendevano gli assalti. Davo consenso ad ogni opera immodesta, sfogando l’incendio, fuoco impuro, con lungo tempo che arrivava alla mia umanità e intra-emottisi con colar di sangue continuo per tre anni e più … ogni volta che mi assaliva il nemico oppure mi lasciava così. Cresceva la tempesta: “Oh Dio mio, dove siete? Io non mi trovo più, non so se voi ci siete”. Così andavo dicendo come matta impazzita, desideravo di sapere se Dio mi trovava, ma ohimè, che lontananza! Mi accadde per mia disgrazia che per arte diabolica, mutai sesso, e con questo il nemico veniva in forma di donna ed io in <forma di> uomo per fare opere immmodeste; ora di donna ora di uomo. Si sfogava l’incendio fuoco. Lasciatami il nemico mezza morta, ritornava l’uso della ragione: ohimè! che affanni, che angustie, sudori di morte. Gelata, cadevo anche in terra. Ohimè, che fiera tentazione di disperazione che più e più volte mi induceva a fare all’atto pratico, cioè ora di fare il capestro una corda per strozzarmi, così mi suggeriva il nemico: “Strozzati e finisci questa vita iniqua. La divina giustizia non può più reggere le tue iniquità. Deh! Finisci questa vita così affannata e miserabile!” Sarebbe troppo lungo il riferire le suggestioni e le parole del nemico; altre volte con il coltello per uccidermi e per (tagliarmi) la gola, altre volte di buttarmi nella cisterna dell’acqua, altre volte dalle più alte finestre; queste e simili disperazioni. Mi sentivo morire eppure non morivo. Solo Dio lo sa, perché non si può ridire, quello che provavo nell’anima. Richiedevo la morte ma non veniva, andavo in smanie da disperata, ogni ora e ogni giorno. Mi pareva un’eternità insoffribile: mi si (p)rendeva tutto il corpo, i giorni e il tempo. Non potevo vivere se pensavo alla morte, mi si rendeva insoffribile perché sapevo che non finivo. Al che avrei voluto distruggere il corpo e l’anima: ma che pene insoffribili! … solo Dio lo può sapere. Che affanni e che angustie! Giungeva il giorno che il Ministro di Dio e l’obbedienza volevano che io facessi la Confessione e la Comunione. Se incominciavo la Confessione, mille assalti di turbazione mi prendevano contro tempo di darmi l’assoluzione per il grande travaglio e balzi diabolici: avrei fatto l’atto di contrizione o di proponimento e subito mi sarei mutata di male volontà. Più volte ricevevo l’assoluzione senza accorgermi di averla ricevuta con tanti disturbi e tormenti per ogni parte del corpo e dell’anima. Più volte nel medesimo confessionario mi assalirono tentazioni di impurità e mi gettava(no) a terra per opere immodeste. Mi balzava da terra come se fossi andata sopra ad un cavallo (a) galoppo e poi mi lasciava mezza morta per le polluzioni grandi, poi con dolori e tirature di nervi e storciture di braccia e di collo, tirature di lingua che mi facevano prova di strozzar(mi). (Mi) strascinava e conduceva per la Chiesa come un cane morto, mi rimbalzava con cadute, mi sollevava le ginocchia da terra, poi mi faceva cadere con colpi di testa e restavo stramortita e come matta. Mi rimbalzava ora alla supina, ora rivoltata con la persona verso terra e la faccia me la buttava in terra. Tutto me lo faceva per vendetta e rabbia dell’obbedienza, e acciò dessi il consenso alla tentazione impura che mi assaliva. Non si può riferire quel che ho provato, ma ben lo sanno i ministri di Dio che mi vedevano: quanto penavo per accostarmi a ricevere la santa Particola e per doverla inghiottire a forza dei precetti del Ministro di Dio, con violenza di vomito e di rigettare fuori la Particola, con tormenti diabolici nell’anima e nel corpo. Molte volte il nemico mi veniva con suggestioni contro il ministro di Dio, acciò io non avessi fede ai precetti <suoi> e mi sentivo che se io non (d)avo consenso alle sue false parole, allora mi dava tormenti nel corpo, di peso come una pietra e mi afferrava senza potermi più muovere, ora con tormenti disonesti e mi sforzava di dare consenso e di unirmi con il nemico e non con il Ministro di Dio, altre volte con fuoco e vampe che mi facevano prova di farmi ardere nelle viscere e nell’esterno del corpo, che più e più volte restavo scottata per le parti del corpo visibili e vere scottature come di fuoco materiale, come mi accadeva più volte. In particolare una volta mi feci una piaga in una gamba e la portai piagata per quindici giorni che la scottatura faceva sangue e per obbedienza andai a visitare la Madonna delle Vergini e miracolosamente restai sanata da Maria SS.ma. Altre volte il nemico mi fece altri mali per il corpo e per miracolo di Maria SS.ma fui sanata, come accadde che il nemico mi aveva fatto parere di essere ‘gravida’ e con febbre e altri mali in parti che io non volli mai palesare che mi aveva chiuso tutti i canali, per venticinque giorni continui, chiusa stetti. Come poi si credeva che io morissi per i grandi dolori e mali, che l’amarezza faceva di dover morire, come anche io credevo di finire … per miracolo di Maria SS.ma … sanata … Può fare fede il P. Santoni. Domando la santa Benedizione.

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<LETTERA 12 DI SUOR MARIA ELETTA SANI>

                                                                                    Viva Gesù e Maria

A gloria di voi, mio Dio, scrivo e per obbedienza del vostro Ministro. Mi scordai di scrivere nel foglio in cui scrivevo lo stato miserabile del mio travaglio: quando restai priva di ogni confessore, andavo a fare lamenti ai pié di qualche Crocifisso e immagine di Maria SS.ma e più volte Dio mi dava lume che io dovessi stare (ad) abbracciare una croce, la quale si faceva vedere scura e senza il Crocifisso, cioè priva di ogni conforto e lontana dall’amato Bene, in cui mi avrebbe potuto dare sollievo il vedere in croce il mio Gesù. Ma Dio mi faceva vedere … priva di tutto, sola, desolata nella croce, senza il Crocifisso. Nel giorno dell’Annunziata, festa di Maria SS.ma, il Padre Scaramelli sperava che io potessi restare libera dal mio travaglio, ma la regina delle Grazie ci diede lumi ad ambedue, tutto in un tempo, la mattina, il P. Scaramelli quando facevo orazione ebbi lume che il giorno dell’Assunta, io sarei stata liberata; e quando andai a visitare, come il mio solito, prima del giorno, la Madonna mi diede lume che per il giorno dell’Assunta io avrei ottenuto la grazia tanto bramata della mia liberazione. Andai al confessionario e tutto riferii al detto Padre. (Nei) giorni festivi di Maria SS.ma non solo stavo libera e quieta di fare le devozioni in pace e quiete, ma anche la Madre di Misericordia mi dava qualche lume dopo la Comunione. Dopo passata la festa ritornavo nel mio travaglio in tentazione e tempesta. Giunto poi il giorno dell’Assunta, alla mezzanotte mi trovai quieta e libera. La mattina, secondo il solito, mi portai a visitare Maria SS.ma, e lì fui rapita con lo spirito da quella luce divina che mi scopriva Iddio in lontananza e trafitto il mio spirito da un acutissimo desiderio di avvicinarmi a possedere l’amato Bene. Dio mi usò misericordia in lontananza, mi trovai al trono della Regina degli Angeli e ‘ammigià’ (=sublimità) di spiriti beati faceva un gran trono della regina Assunta all’Empireo con canti di inni e melodie e voci angeliche che non mi dà l’animo, né so spiegare quel che lo spirito intendeva, bensì il mio spirito si perdeva in se stesso e tutto sbalordito e attonito altro non riconoscevo che Maria SS.ma era quasi consimile all’istesso Dio. In Dio vedevo che per se stesso è incomprensibile ed infinito in tutte le doti divine, l’origine, la fonte, la vena (da) cui scaturiscono tutte le perfezioni immense e divine che da mente umana non si possono comprendere. Nel rimirare Maria vedevo il vero ritratto dello stesso Dio grande, immenso, potente, sapiente di infinita misericordia, come lo stesso Dio perché (le) vengono comunicate tutte quelle doti divine, per grazia del Padre del Figliolo e dello Spirito Santo, con abbondante e generosa liberale mano della sua grandezza, stante (che) doveva essere Madre del Suo divin Figlio, perciò piantò in quel cuore sant(issimo) fiori di santità, i più grandi e puri, siccome doveva abitare lo stesso Dio in quel candore di purità, vero giardino di Paradiso. Se Dio creò tante diverse specie di piante frutti e fiori in quel giardino in cui doveva abitare l’uomo che era animale ragionevole, qui passo in silenzio le copiose grazie (di cui) il cuore di Maria SS.ma fu arricchito da una comunicazione, per grazia unita delle stesse Tre Divine Persone. Anche prima che spuntasse alla luce, questa luce, quest’anima SS.ma, come il sole quando spunta che schiarisce e dà luce al mondo tutto, io nel rimirare Maria ebbi tanto lume e notizia che ben con verità si può dire che il fiore è la radice; “flos de radice eius ascendet,” perché il bel fiore del Verbo Incarnato non aspettò per dare pregio alla pianta che lo produsse quando quella era già adulta, ma fin dalla sua prima radice del suo primo spuntare sopra la terra; ben si può dire “Egreditur de radice Jesse , talea de radice eius ascendet” (Is.11,1 un germoglio spunterà dal tronco di Iesse). Intanto furono sì preziosi fondamenti di questo tempio che (si) può arguire di qual prezzo dovranno essere l’al(tezza) e la gran fabbrica della grandezza e dignità di Maria SS.ma. Tralascio di dire perché non finirei mai di spiegare le grandezze e i privilegi della nostra Regina. Mentre stavo, vedevo Maria SS.ma, così mi fece <grazia> che portando in mano come una cintura larga dell’altezza di tre dita e lunga dieci braccia e mezzo, a me l’accostò alla cinta come fasciandomi, mi assicurò e mi fece intendere che dal nemico e da sì strane tentazioni da levarmi dall’uso della ragione, non mi sarebbe mai più accaduto simile travaglio e che perciò rinnovassi il voto di castità, facendomi capire che per mezzo di quelle tre virtù, cioè la fede, la speranza e l’amore, Iddio verrà ad abitare e fare una stanza dentro al mio indegno cuore. Gran confusione provai riconoscendomi indegna di sì eccelsa misericordia. Ritornai in me, andai al concessionario e riferì tutto al P. Scaramelli e lo stesso giorno rinnovai il voto di castità perpetuo, e feci la confessione generale di tutta la mia iniqua vita. Dopo la Comunione, Dio mi fece altra misericordia. Mi intesi queste locuzioni interne che Gesù Sacramentato mi disse: “Apri il cuore tuo che io ne voglio essere il padrone e voglio approdarci, perciò dammi il dominio ché ne voglio essere padrone”. Non so ridire gli affetti che provai perché nel dare in dono questo mio indegno cuore a Gesù … non solo (in) dominio, ma non mai più mio il cuore, ne feci la rinuncia, e tutto lo donai al mio Dio. Mi intesi sensibilmente che Gesù fece ingresso nel mio cuore con una chiara luce che mi rapì lo spirito e tutta in Dio mi trovai. La luce divina mi dava lume e conoscevo che Dio voleva piantare la Croce nel mio cuore. Questa Croce era scura e poi un po’ più chiara: vidi un’oscurità materiale nella Croce (e) questa si doveva consumare a poco a poco. Nel rimirare Iddio vedevo come tre faville che Dio voleva ‘fulminare’ nel mio indegno cuore. Conobbi che non era capace il mio cuore, quasi dissi io, con lo spirito: “Fermate, mio Dio, le vostre misericordie” e come ritirandomi di non poter ricevere per l’incapacità, indegnità di me stessa; ma Dio mi fece intendere che per allora voleva ogni venerdì farci cadere quella favilla accesa più (del) calore del fuoco e che questa avrebbe dato dolore al cuore e lo disponeva poi per ricevere la seconda favilla più pallida e che sarebbe scesa nel cuore per accenderlo d’amore e lo distruggerebbe. La terza favilla più chiara sarebbe scesa quando Dio verrà ad abitare nel mio cuore con un amore e luce chiara della sua reale sensibile presenza nel mio indegno cuore. Seguitò (per) molto tempo che ogni venerdì dopo la comunione Dio mi usava questa misericordia che la favilla entrava nel cuore e mi dava acutissimo dolore per ore e ore continue e questa favilla, a poco a poco, levò e consumò quell’oscurità del cuore. Nel mese di ottobre, una mattina, dopo la Comunione, mi intesi che scese la seconda favilla che avevo veduta più pallida che fece una violenza nel cuore che mi parve che lo distruggesse e poi lo aprì (nel) mezzo con una ferita materiale e questo ancora seguita; me lo intesi (s)paccare con un dolore sensibile e come se fosse stato aperto materialmente, così seguita l’apertura.

Il P. Scaramelli volle che facessi orazioni su questa opera del cuore (a) che il Signore ci desse lume perché non intendeva come questa ferita nel cuore era, perché, parlando fisicamente, non si poteva dare né vivere con questo cuore aperto. Mi comandò che pregassi iddio, ché lui non stava quieto né capiva. Mi raccomandai caldamente al Signore per dare quiete e lume al suo Ministro. Dopo varie preghiere Dio mi rapì lo spirito e vidi il cuore in mezzo, tra Dio e me, iso(lato). Nel rimirare, Dio mi fece intendere che vedevo il cuore come era acciò potessi riferire al suo Ministro le misericordie di Dio. Vidi che dentro al cuore vi erano alcune macchie e dalla parte di dentro tutto aperto e stava rosso come un fuoco. Da una parte vi era una ruga dove mi dava acutissimo dolore. Dalla parte di fuori c’è la pelle sola che lo tiene intero e sano. Ritornai in me e tutto riferii al Ministro di Dio e ne restò quieto, ringraziando la divina Bontà che benefica chi l’ha più offeso … io ne sono indegna. Nel principio del mese di novembre ebbi per molti giorni una chiara notizia. In Dio vedevo la gloria di tanti santi e sante e di tante (schiere) di spiriti beati i quali vanno, a grado a grado, con una somma sublimità di gloria, che da lingua umana non può dichiararsi. Dopo alcuni giorni, mentre la luce divina mi rapiva lo spirito e in lontananza vedevo Dio con chiara notizia, restavo trafitta da un acutissimo desiderio di avvicinarmi a possedere l’amato Bene; così era il solito; ma ci si aggiunse che la luce che mi scopriva l’amato Bene si applicava alla proprietà della propria miseria e oscurità di tenebre. Perdevo la vista di Dio, restavo oppressa da questa oscurità del vedere la propria miseria. Questo mi trafiggeva di un’acutissima pena, il vedere quel che la proprietà della miseria incapace di tutto, da se stessa, non può fare nulla. Ohimè, che pena l’opprime e la schiaccia e mi sentivo come trapassare e stare in un vero torchio. Sotto il monte che opprime a me pare che sia una spada che trapassa da (una) banda all’altra. E questa sia una cosa quasi consimile alle pene del Purgatorio. La divina Giustizia trafigge le anime, onde (al)la divina misericordia non manca modo di trafiggere l’anima mia, con diverse maniere. Per mezzo di questa oscurità di tenebre, vedo, intendo la miseria e la meschinità, le macchie, i difetti, gli attacc(amenti) della propria volontà e tutto quello che è di miseria nella propria anima. Pare che da se stessa non possa reggere la propria miseria e incapacità. Quasi da se stessa si tiene come nascosta e se pensa di desiderare sollievo di rialzarsi verso Dio; da me stessa mi sento rigettare, conoscendo che, tra Dio e l’anima, passa una grande disuguaglianza e perciò da se stessa l’anima si rigetta da Dio medesimo, si riconosce (indegna) e incapace di avvicinar(lo) per la grande indegnità che conosce da se stessa. (Per) l’anima questa è un’altra spada che ferisce l’anima, perché nel fondo dello spirito vi rimane un desiderio che porta al suo centro che è Dio, il vero centro dell’anima. Il P. Scaramelli mi disse che questa oscurità di tenebre era un’altra ‘purga’ di spirito e che quella croce scura che Dio mi mostrò che sarebbe stata nel cuore, voleva indicare questa purga di spirito. Questa oscurità di tenebre era la croce che doveva piantarsi (nell’)anima e questa mi cagionava un vero conoscimento di me stessa e ancora mi seguita.

(Nei) giorni delle feste di Maria SS.ma, mi accade che la divina Misericordia mi usa il sollievo che non mi dà questa cognizione di tenebre, ma sempre qualche misericordia di sollevare lo spirito e di rapirlo in quella notizia certa di trovarmi al suo trono, come mi accadde il giorno della Presentazione della Madonna. Maria SS.ma, per mezzo suo, prese il mio spirito e lo presentò avanti al suo divino figlio Gesù, assicurandomi che un giorno per mezzo di Maria SS.ma si sarebbe unito lo spirito con Dio. Anche in questa vita, mi diede lume che sposata sarei stata da suo figlio Gesù e che, in fine del mio vivere, si finirà di aprire il cuore e da eccesso di amore e di dolore finirà di (s)paccarsi e di rompere quella pelle che di fuori lo tiene intero e sano; in fine della mia vita così mi accadeva (=sarebbe accaduto) e che questo lo dovessi dire al suo Ministro per dargli quiete; come poi, ritornato in me, tutto riferii al Ministro di Dio.

Nel giorno della Concezione di Maria SS.ma ebbi altre misericordie. La mattina prima della Comunione e dopo, mi trovai con lo spirito unito con Dio, non solo unita, ma persa in me e tutta in Dio. Oh, che il godimento di gustare la perfezione divina! Io non riconoscevo più me stessa, ma altro non conoscevo e non sapevo se non che in Dio, tutt(a) mi sentivo ripiena di Dio, della sua gloria, della sua beatitudine del suo immenso essere. Godevo Dio tutto in me oppure tutta io in Dio, persa e scordata di tutto: altro non sentivo, né ero capace se non di una trasformazione che a me pareva di essere al possedimento di Dio. Riconoscevo che la gloria, la beatitudine, la felicità, il gaudio, la bellezza, la luce, gli splendori del divin Sole li sentivo tutti in me e perciò avrei quasi giurato che io non ero più io, ma in Dio tutto mio, e io tutta sua perché non più riconoscevo me stessa, ma solo in Dio, mi pareva di sentire, di godere, di gustare e di partecipare di quel Bene infinito trasformato in me. Oh eccesso della divina misericordia: questo mi dà lume (di come) sarà un’anima quando arriverà all’Empireo e al possedimento di Dio. Dico che si sentirà una partecipazione, come beata di quella beatitudine di Dio e di tutte le doti divine parteciperà con un godimento e trasformazione di Dio. Oh! …  ci involiamo in Dio. Ah, che da lingua umana non si può dichiarare né so ridire quel che provai. Questa misericordia mi è accaduta finora tre volte (ne)i giorni di Maria SS.ma. Anche la notte del santo Natale fui rapita (nel)lo spirito al trono della SS.ma Vergine e mi diede lume e notizia di quel mistero di amore. Per mezzo di Maria SS.ma finii offerta tutta al suo divino Figlio Gesù, facendo conoscere il dono che dovevo fare al santo Bambino, il cuore, il dolore e il distacco. E di continuo la (divina) Misericordia mi assiste e gran confusione cagiona a me vedendo la mia poca gratitudine e corrispondenza a sì (eccessivo) amore.

Il giorno della Purificazione della Madonna mi accadde che, trovandomi al trono di Maria SS.ma, mi fece intendere che questi giorni di carnevale voleva che il mio cuore provasse dolore e che questo sarebbe accaduto con certi colpi nel cuore come saette. Questo mi accade: ogni giorno scende una luce nel cuore dolcissima … (il) dolore mi seguita.

Non ho mancato di fare l’obbedienza di pregare per il suo affare dell’impresa già datagli dal suo superiore di dover dare gli Esercizi, ma per quel che posso dirvi è che la volontà del Signore è che lei debba eseguirli, ma tutto affidato nella divina Bontà. Preghiamo per il P. Scaramelli perché sta male del suo travaglio.   Richiedo la s. Benedizione.

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IL VESCOVO DI FANO ANDREA NELLO STEMMA E NELLE PUBBLICAZION SUE

LO STEMMA E LE PUBBLICAZIONI DEL VESCOVO ANDREA

   Lo stemma episcopale del vescovo Andrea è incoraggiante. Ha l’importante motto derivato dalle parole di Gesù: «Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me» (Gv 6,45) con la serena profezia che tutti siamo discepoli ammaestrabili e istruibili di Dio: «Omnes docibiles Dei». Il colore prevalente nell’emblema è l’azzurro e fa pensare al vangelo: «Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare» (Mt 13,1). Così don Andrea di fronte al ceruleo Adriatico a Porto Sant’Elpidio ha contemplato l’azzurro del cielo nel mare. L’azzurro splende a suggerire la lealtà, la buona reputazione, la giustizia.

   I giornali riferiscono che in questo nostro tempo vengono abbattute le croci sulle vette dei nostri monti, mentre il vescovo Andrea ha messo la croce con i segni delle cinque stimmate in cima allo stemma e fa pensare alla riconciliazione di Dio con l’umanità nella generosa offerta sacrificale dell’amore misericordioso del Crocifisso. Con il segno della croce i cristiani professano il riscatto dal male e il trionfo del Risorto salvatore e santificatore. Il detto “In questo segno vincerai” infonde fiducia per la liberazione dal male e per il perdono. La Croce argentea di sant’Andrea evoca il nome del vescovo stesso, entro il colore azzurro e l’argento si vede al centro dello stemma, attorno al legno di un giogo. Questo colore significa l’amicizia, la gentilezza, la clemenza, la concordia, la sincerità, l’allegrezza e la vittoria. Una stella argentea sta nell’azzurro, a suggerire anzitutto la «Stella del Mare» Maria madre di Gesù e nostra. Con una stella si idnica anche ogni persona cristiana che dà luce. Così ogni animo apre i pensieri e muove gli atti luminosi con progetti fulgenti.

   Nell stemma le onde delineate nel continuo sollevarsi e nell’abbassarsi sulla cresta argentea dell’acqua echeggiano le continue alterne vicende umane. E l’iscrizione nella fascia dello stemma suggerisce che i cuori dei figli di Dio ammaestrabili e formabili come discepoli si rinvigoriscono nelle opere di pace, di cortesia, di pazienza al sapersi e sentirsi amati da Dio.

   E quel giogo di legno? Si dice ‘coniuge’ al marito e alla moglie perché uniti a uno stesso giogo. Ancor più Gesù offre al vescovo Andrea il giogo rassicurandolo: «Il mio giogo è dolce» (Mt 11,30). E già lo accoglieva in molti modi, anche negli Oratori parrocchiali e nei campi-scuola.

   Da docente è stato anche scrivente e lascia leggibili le riflessioni meditate. Qui ci limitiamo a un cenno sugli scritti editi che sono segnalati nel sito wikipedia (al suo nome) anche nel sito Internet dell’Istituto Teologico di Fermo.

   Con un bel libro scritto assieme con Giulio Michelini fa amare Giuseppe di Nazaret in cammino con le divine ispirazioni che sono il cibo spirituale quotidiano dei discepoli di Dio. Nel 2013 pubblicava “L’officina delle parabole. La comprensione dei discepoli come snodo pragmatico in Mt 13”. Le parabole illuminanti e parenetiche del Maestro divino sciolgono le difficoltà e incoraggiano la vita nel pensare e nell’agire. La predicazione di Gesù nel dinamismo della missione è l’argomento che lo scrittore ha svolto nel 2001 nella rivista “Firmana”.

   Sono risultate utili le indicazioni che egli ha espletato su richiesta degli editori di periodici, inoltre le revisioni chiestegli sui libri tradotti da altre lingue. Varie riviste pubblicano i suoi contributi alle tematiche bibliche. Si segnalano “Il servizio della parola” e la “Lectio divina” della editrice Queriniana (Brescia); i seminari “Giovani e lavoro” anche per il “Progetto Policoro” della CEI; ”L’agorà dei giovani del Mediterraneo”, i seminari dell’Angelicum su “Educare i giovani alla fede”; ancora le “Settimane biblico-pastorali diocesane” e la rubrica “Il segno” nel periodico di Fermo «La voce delle Marche» di cui era vicedirettore

   La centralità del meditare «la Parola» torna in “Firmana” nel 2011, e fa eco ai titoli “I poveri li avrete sempre con voi” in “Orientamenti Pastorali” del 2002; “Dacci oggi il nostro pane quotidiano” in “Itinerari” del 2005. Il cammino nel vivere la fraternità, la fede, l’affettività è stato pubblicato nel 2006 in “Italia Francescana”. La parola biblica infonde la forza dell’ispirazione divina dell’Emanuele.

   Insieme con i docenti teologi fermani nel 2009 don Andreozzi ha pubblicato uno scritto sulla missione di Gesù a Nazareth. La chiamata si coniuga con la missione nel vivere quotidiano, non per mezzo di prestazioni, ma nella mente, nel cuore e nella volontà che esplicano l’oblatività misericordiosa. E la conformità al Cristo fa entrare nella pienezza della comunione con Il Padre e con i fratelli. Certamente tutti siamo discepoli ammaestrabili di Dio.

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SCULTURA DEL SECOLO XI ca. a Servigliano: tralci di vite in spirale con grappoli e uccelli che si cibano, significato del banchetto eterno offerto dall’Immolato Risorto.

A Servigliano nella parete esterna della chiesa di santa Maria delle piagge a Curetta una scultura raffigurante i tralci di vite con uccelli è un frammento del secolo XI circa. Eccone il significato derivato dallo scritto di Andreozzi Andrea in “La Voce delle Marche” periodico 16 maggio 2018 n.9.

Il Crocefisso Risorto, la vite e i tralci che da lui prendono vita. Il Crocefisso è, nella tradizione più antica cristiana, vivo e vittorioso, presiede lo spazio e le celebrazioni. Al fondo della croce ci sono i tralci, le foglie, i frutti della Vigna Mistica che è il corpo di Cristo. Ci sono anche gli uccelli, che ricordano le anime beate che in lui trovano rifugio, come nella parabola del grano di senape. Il tema della Vigna Mistica con i tralci, che sono nove da ogni lato, simboleggia la Sapienza divina presente nello svolgere la storia della Salvezza. La forma a spirale è proprio la comunicazione del divino nell’umano. I dodici uccelli che riposano sui rami sono il popolo scelto, sia dall’Antico come del Nuovo Testamento. Il cibarsi rappresenta anche la Vita eterna, il banchetto, dove saremmo uniti a tutti i cari alla stessa tavola con cibo abbondante.

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STATUTI DEI FERMANI CITTADINANZA DELLO STATO DI FERMO NEL MEDIOEVO traduzione dalla edizione dell’anno 1589

STATUTI DEL COMUNE DELLA CITTA’ E DEI CASTELLI DI FERMO

STATUTA FIRMANORUM. (Edizione) Firmi 1589. – Statuti dei Fermani

INVOCATO IL NOME DELLA SANTA ED INDIVIDUALE TRINITA’ IL LIBRO PRIMO INIZIA FELICEMENTE a

   Il libero arbitrio è stato concesso alla creatura del genere umano, formata da Dio Ottimo Massimo con somma provvidenza, e lui stesso, genitore generosissimo, massimo autore, artefice soprastante, ha creato tutte le cose, e ha voluto che tutte le cose create nell’orbe sottostante siano sottomesse al dominio di questa creatura <umana> per cui l’astioso maligno astutissimo, invidiando una felicità tanto grande, ha aggredito i nostri progenitori, con malvagità, deviandoli dal giusto corso della ragione e fuori dalla rettitudine dell’intenzione, e li ha fatti precipitare. Da ciò, come da un seme viziato, è stata procreata la mortalità <umana> che è andata deteriorandosi sempre maggiormente, peggiorando fino ad ogni scelleratezza perniciosa, accrescendo l’empietà, e appunto non ha reso, né lasciato sicuro nessun luogo per l’innocenza e per l’onestà.

   Ma colui che redime le cose decadute, corrobora quelle redente, le redime e le garantisce, ha provveduto con cuore generoso, offrendo leggi santissime, concedendo ministri dotati di somma rettitudine per dover ostacolare l’audacia dei malvagi e per difendere l’innocenza.

   Da ciò si ha che i probi e sapienti uomini Giuliano di ser Francesco della Contrada Castello, Antonio di Egidiuccio della Contrada Pila, il signor Cola del signor Vanne della Contrada San Martino, ser Chierico di Brunico della Contrada Fiorenza, Ansovino del signor Filippo della Contrada San Bartolomeo, il Maestro Filippo figlio del Maestro Domenico della Contrada Campoleggio, per opera del Consiglio Generale della Città, sono stati legalmente e solennemente deputati a fare gli Statuti della Città Fermana e del suo contado, delle fortificazioni e del distretto, come risulta scritto per mano di ser Cicco figlio del Maestro Nicoluccio da Fermo, Notaio e Cancelliere del Comune e del Popolo di questa Città. Costoro, per l’autorità, il vigore e l’arbitrio che, ad opera dello stesso Consiglio, è stato concesso a loro, fecero e ordinarono, decretarono e stabilirono i decreti, gli ordinamenti, gli statuti e i detti capitoli, a lode e a riverenza di Dio onnipotente e della sua Madre la Beata gloriosa Vergine Maria e dei Beati Apostoli Pietro e Paolo e dei gloriosi Apostoli, Santi Giovanni Evangelista e Bartolomeo e del Beato Martire Sabino, quali protettori e difensori del Popolo della Città Fermana, ad onore di tutta la Corte celeste e ad onore e riverenza della Sacrosanta Romana Chiesa e del Papa, santissimo padre in Cristo e signore nostro,  e ad onore di tutto il ceto dei Cardinali; e a trionfo ed esaltazione del Comune e del Popolo della Città Fermana e del suo contado, delle fortificazioni e del distretto; e ad onore e magnificenza dei signori Priori del Popolo e del Vessillifero di giustizia della Città Fermana e del suo contado, delle fortificazioni e del distretto, e per il progresso, l’unione e l’esaltazione perpetua del presente libero, pacifico e popolare Stato di questa Città Fermana e per la finale distruzione e perpetua estirpazione di qualunque attentatore o di chi voglia attentare contro le dette cose, o contro alcuna di queste dette, in qualsivoglia modo.

       Libro 1 Rub.1 – La venerazione della festa di Santa Maria del mese di agosto.

   Riteniamo sia cosa degna e un dovere, che principalmente tutti i Fermani, mostrino, in ogni maniera, una profonda riverenza verso la gloriosissima e beatissima Vergine Maria, massimamente nella festa dell’Assunzione nella metà del mese di agosto: ed anche in questa festa sia venerata Colei, che più degli altri, con la sua pietà, è solita proteggere la Città Fermana e i suoi Cittadini da ogni pericolo. Pertanto, confermando la consueta ed antichissima tradizione, decretiamo ed ordiniamo, che i signori Priori del popolo e il Vessillifero di giustizia, il Podestà e il Capitano, che ci saranno nel tempo, e chiunque di essi, siano obbligati e debbano, sotto il vincolo del loro giuramento, e sotto la penalità, per ciascuno, di 100 libre di denaro, adoperarsi e fare e occuparsi con fatti nel completamento dei servizi, affinché ogni anno nella festa dell’Assunzione di detta beatissima e gloriosissima Vergine Maria, che è a metà del mese di agosto,  per quanto si può, si faccia fare onorevolmente questa festa e che sia celebrata in questa Città al modo come la tradizione esiste da tempo antico; e alle calende <inizio> del mese di agosto se ne faccia l’annuncio pubblico, in continuazione, in questa Città con tutte le trombe e gli strumenti di questo Comune, con avvisi, affinché tutti i Sindaci dei Castelli della Città, e del contado di questa Città, e tutti quelli di Porto San Giorgio con la barca, e i Beccai <macellai>, i Mugnai <molinari>, i Calzolai, i Tabernari <osti>, tutti i singoli cittadini abitanti di questa Città, con tutti i loro ceri e le luminarie, anche tutti i singoli Mulattieri e Vetturali con le loro ‘lampade’ debbono preparare e coadiuvare in modo che nella vigilia di detta festa con le loro lampade, con decoro e in ordine, come è comandato ed è tradizione, si rechino alla chiesa cattedrale della detta Vergine Maria in detta Città, per fare offerte e per onorare questa festa, sotto la pena contenuta negli statuti della Città: e qualora la pena non sia stabilita, sotto la pena da riportare ad arbitrio del Podestà o del Capitano.

       1 Rub.2I ceri, le altre luminarie e le lampade da offrire nella festa della Beata Maria.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che il signor Podestà, il Capitano e qualsivoglia di questi e qualsivoglia altro officiale forense della Città di Fermo, che esercita l’officio, soprattutto in questa Città, durante il periodo di detta festa, sia obbligato e debba, nella vigilia di detta festa della beata Maria del mese di agosto, far fare un cero per ciascuno, a proprie spese, secondo ciò che ad essi piacerà, e con tali ceri andare alla detta chiesa ed offrire i detti ceri al Torchio <torcia> di detta chiesa e con esito lasciarli: e i Priori del popolo e il Gonfaloniere di giustizia e ciascuno di essi e qualsivoglia altro consigliere di detta Città, esattamente, sia obbligato a portare in tale festa un cero, ossia uno per abitazione e per fumante <famiglia>. E se i detti Priori e il Vessillifero e qualsivoglia di questi avranno trasgredito, siano puniti a 20 soldi di denaro nel tempo del loro sindacato, e ciascun consigliere punito a 10 soldi di denaro. E qualsivoglia altro focolare, o fumante che abita nella Città, ad eccezione delle persone miserabili, siano obbligati a mandare, o ad andare con le luminarie di cera nella predetta festa e nella detta chiesa insieme con quelli della propria contrada, per l’onore di questa festa, sotto pena di 5 soldi di denari per ciascun trasgressore tra costoro. Inoltre i fumanti <famiglie> e gli uomini del Porto di San Giorgio, e quelli che abitano in questo Porto, siano obbligati e debbano, di persona, venire a questa festa con le loro luminarie, e con una barca, come di tradizione, e offrire queste loro luminarie e la barca al detto Torchio; in modo tale tuttavia che, per la grandezza di questi ceri e delle luminarie da portare, non siano imposti né una modalità, né una forma; ma restino a volontà e ad arbitrio di qualsivoglia portatore; e i trasgressori, per ciascuna volta siano puniti con 10 soldi di denari, per ciascun trasgressore. Inoltre ciascuna società dei Macellai, dei Mugnai, dei Calzolai, degli Osti e degli Albergatori siano obbligati e debbano fare i preparativi e cioè i Macellai, i Calzolai, i Mugnai, nella vigilia di questa festa, preparino e abbiano preparato per ciascuna di queste società, un cero grande, elaborato ed ornato al modo consueto che sia del prezzo e del valore finora consueto; e questi Osti e Albergatori <abbiano portato> una taverna, oggetto elaborato e ornato al modo solito; e tutte queste società debbono andare alla festa nella vigilia con i detti ceri, con una taverna e con i lumi e offrire questi ceri in questa chiesa, questa taverna e questi lumi e con esito di lasciarli a questo Torchio; e ciò sotto la penalità di 50 libre di denaro per ciascuna società che trasgredisca nelle dette cose. Inoltre tutti i singoli i fumanti <famiglie> dei Castelli e delle Ville di questa Città, siano obbligati e debbano pagare ai Sindaci, ogni anno nel mese di agosto, prima di questa festa della beata Vergine Maria, 12 denari per ciascun focolare di questi Castelli, eccettuando, al contrario, i Castelli con i quali si avessero patti e essi finora non sono soliti pagare per i ceri di questa festa. I detti Sindaci da tutta questa somma di denaro siano obbligati a portare un cero per ciascun Castello di costo tale quale il pagamento di ciascun Castello; e questi Sindaci, una volta riuniti insieme, siano obbligati a portare tutti questi ceri accesi dalla Chiesa di Santa Lucia di Fermo a questa festa e offrirli nel detto Torchio; presso questa Chiesa di Santa Maria in tale vigilia di questa festa e agli officiali deputati presso questo Torchio e riguardo all’Operaria di questa Chiesa, fare ciò nell’ora in cui siano stati richiesti per opera del Sindaco di tale Comune Fermano o dell’officiale del signor Podestà, sotto penalità per ciascun Comune dei Castelli e delle Ville del quadruplo di ciò che è obbligato a soddisfare per questi ceri, da assegnare al detto Torchio e 30 soldi per ciascun Sindaco che non faccia o non porti ciò. Inoltre ciascun coltivatore di campi, cittadino del contado o estraneo o forestiero che fa l’aratura in un terreno fermano, paghi e sia obbligato a pagare ogni anno per un cero, da offrire in tale festa, 4 bolognini e ciascun bovaro 2 bolognini a richiesta dell’esattore. Inoltre gli Slavi che abitano in Città siano anche essi obbligati ad offrire un Cero in tale festa del peso di cera non inferiore a 80 libre; ma nell’anno successivo, la metà della misura (pedale) dell’avanzo, venga restituita a costoro, nei singoli anni. Inoltre tutti i mulattieri e gli asinari, che hanno muli e asini o altre bestie per vettura, e i fornaciari di questa Città debbano e siano obbligati a portare o far portare a questa Chiesa, nella vigilia di tale festa, ed offrire effettivamente e consegnare agli officiali dell’Operaria di questa Chiesa una salma di laterizi o di pietre angolari per ciascuno, sotto penalità di 25 soldi al trasgressore e per qualsivoglia volta. E questo signor Podestà e il Capitano e i loro officiali possano e debbano di fatto e senza alcun processo far pagare e riscuotere subito tutte e singole queste penalità, non appena abbia constatata la disobbedienza di costoro o di qualcuno degli stessi, e farle assegnare per il Torchio e per l’Operaria di questa Chiesa di Santa Maria. Il milite di questo sig. Podestà o del Capitano, oppure entrambi insieme, siano obbligati e debbano andare, con armi e a cavallo, insieme con i damigelli ed gli aiutanti di questo signor Podestà e del Capitano o di entrambi di questi, ed essere accompagnati dai trombettieri di questo Comune per sorvegliare per quanto possibile tutte le singole Società predette degli uomini del Porto, dei Sindaci dei Castelli e delle Ville, dei Macellai, dei Mugnai, dei Mulattieri e dei Vetturini, affinché non insorga alcuna rissa, in questa festa, sotto penalità di 100 libre di denaro da trattenere dal loro proprio salario al tempo del loro sindacato.

       1 Rub.3Gli Officiali da eleggersi per la custodia, per la conservazione delle entrate e per le cose dell’Operaria di questa chiesa di Santa Maria.

   Ad onore e riverenza alla Beata Vergine Maria siano eletti e debbano essere eletti, ogni anno, dai signori Priori del popolo e dal Vessillifero di giustizia della detta Città, circa alla fine del mese di luglio, un solo sacerdote, buon Cittadino e di vita onesta, e due altri cittadini buoni e idonei, e rispettosi della legge e insigni, e un solo Notaio esperto e rispettoso delle leggi, i quali siano chiamati Sindaci e officiali addetti alla custodia del Torchio <luogo delle torce> con tutte le cose e delle entrate dell’Operaria <laboratorio> di detta chiesa. E questi ricevano anche i lasciti, e i legati fatti e le cose da farsi per la costruzione e per l’Operaria della detta chiesa; e facciano le spese e le rivolgano all’Operaria di detta chiesa. Il Podestà e il Capitano ed ognuno di questi stessi o qualsivoglia altro officiale di questa Città, a richiesta di questi Sindaci e officiali o di uno di essi, siano obbligati e debbano costringere, in modo reale e nella persona, tutti coloro che debbono pagare qualcosa, a dare e consegnare a quest’Operaria, restituire e rilasciare, come se fossero debitori del Comune. L’officio di questi Sindaci e officiali e del Notaio duri un anno completo, iniziando dalle calende di agosto, e ultimando come seguita. Inoltre questi Sindaci e gli officiali siano obbligati a conservare le chiavi del Torchio, ossia dei Torchi, e delle Casse dell’Episcopato di Fermo. E ciascuno ne abbia una chiave, e in tali Torchi e casse debbano essere riposti e custoditi i singoli privilegi, gli istrumenti, le giurisdizioni e tutti gli altri diritti riguardanti questo Episcopato e il Comune di Fermo, ovunque fossero trovati, in mano di chiunque, e non possano essere venduti o alienati o in altra maniera essere dati ad alcuno né in alcun modo essere ceduti. E questi Sindaci e officiali siano obbligati a fare l’inventario dei già detti palli, privilegi, diritti attualmente esistenti e di altri che si presentassero nuovi. E si intenda che deve essere fatta la stessa cosa per la Città di argento e per la tavola d’argento. E tutte queste cose debbano essere custodite dai detti Sindaci e dagli officiali secondo il modo indicato sopra. E i detti privilegi, i diritti e le giurisdizioni, i patti e i palli che ci sono ora o che ci saranno in futuro, tra le entrate di detta chiesa, come piacerà ai detti Signori Priori e al Gonfaloniere e a detti officiali, e come agli stessi sembrerà più prudente, sono da depositarsi e ordinatamente conservarsi, soprattutto per i palli che debbono essere offerti in detta festa, ad opera dei Sindaci delle Terre di Monte Santo, di Monte Santa Maria in Giorgio, di Monterubbiano, e di Ripatransone, e di Montecosaro, le quali terre siano obbligate e debbono dare i detti palli al Comune di Fermo, annualmente in detta festa, come li donarono continuamente nei tempi passati, e tali cose siano depositate dai detti officiali nella cassa grande della detta Operaria, destinata a questo, e collocata nella sacrestia della detta chiesa, o in un altro luogo decoroso e sicuro, ove siano riposti. Inoltre i detti Sindaci e gli officiali siano obbligati a ricevere tutte le offerte e le entrate di qualsivoglia cosa che sia dovuta e da doversi dare a questa Operaria, e spendere quelle cose soltanto per tale Operaria e per altre cose necessarie ed evidenti e spendibili per i motivi della detta Operaria e di tale chiesa, e fare e avere un registro, nel quale, tramite il loro Notaio, tutte le entrate e le spese che venissero fatte e occorressero a loro tempo, siano messe per iscritto. E dopo aver ultimato l’anno del loro officio, siano obbligati a rendere e a consegnare, entro otto giorni, ai loro successori detto registro, e le dette cose, i diritti, i privilegi, i patti, i palli di detta chiesa e della Operaria, e tutti i denari che fossero nelle loro mani. E i detti loro successori, ricevuto il loro registro già detto, siano obbligati, entro altri otto giorni, a vedere, a calcolare e ad esaminare diligentemente il loro rendiconto già detto, e se abbiano trovato che sia avanzato qualcosa a quelli e che ancora non sia stato restituito, siano obbligati a riscuoterlo. In realtà il Notaio incaricato dai signori Priori e dal Gonfaloniere a tale ufficio, sia obbligato e debba scrivere il detto inventario per gli officiali o per i Sindaci, e in detto registro mettere per iscritto le entrate e le uscite, e scrivere, secondo il volere e l’ordine dei detti Sindaci e degli officiali o di uno degli stessi, tutte le cose che riguardino gli affari della detta chiesa e dell’Operaria. E chiunque fra i detti Sindaci e gli officiali e il Notaio abbia trasgredito nelle dette cose, o in qualcuna delle già dette, incorra per il fatto stesso nella penalità di 25 libre di denaro. Vogliamo inoltre che si intenda questo Notaio incaricato a tale officio, insieme con questi officiali e con i Sindaci dell’Operaria, che è lui, per l’autorità del presente statuto, il Sindaco del Comune di Fermo che riceve i palli e le altre offerte, che venissero fatte nella vigilia e nella detta festa di Santa Maria del mese di agosto, da quelle persone o dalle Comunità che sono obbligate per i palli e per fare altre offerte al Comune di Fermo e alla Chiesa già detta, ed egli debba rilasciare ricevuta per le cose che riceve. E per conto del Comune di Fermo, non ci sia altro Sindaco, né possa esserci per le dette cose. E questo Notaio abbia e debba avere, per le dette cose, quel salario che gli altri Sindaci del Comune sono stati soliti avere già nei tempi passati in tale caso, quando ricevono per conto del Comune, i palli e le altre cose. E le vendite e i passaggi di proprietà, e le concessioni fatte e da farsi in futuro dai già detti officiali e dagli operai o da ciascuno degli stessi, abbiano validità e rimangano stabili per l’autorità di questo statuto, né possano in alcun modo essere ritrattati; ma siano obbligati di presentare il rendiconto ai loro successori su tali passaggi di proprietà, soltanto circa il prezzo fatto e il denaro riscosso.

       1. Rub.4Le spese da farsi per i Sindaci delle comunità e per alcuni altri forestieri che vengono a detta festa.

   Per l’onore del nostro Comune decretiamo ed ordiniamo che i signori Priori del popolo e il Gonfaloniere di giustizia di detta Città, e i Regolatori del già detto Comune, secondo come da essi sarà stato deliberato, facciano e facciano fare le spese dall’erario e dal patrimonio di questo Comune per i Sindaci e per gli Ambasciatori delle terre di Monte Santo, Monte Cosaro, Monte Rubbiano, Monte Santa Maria in Giorgio e Ripatransone che vengono alla detta festa della Beata Maria con i palli e con i loro associati. E questi signori Priori e il Gonfaloniere di giustizia insieme con i già detti Regolatori siano obbligati e debbano provvedere e decidere circa le guardie armate per la vigilanza di questa festa e ingiungere ai Castelli del contado queste guardie armate: e i Castelli siano obbligati, secondo il volere e l’ordine dei detti Signori Priori e del Gonfaloniere a mandare queste guardie ben fornite ed armate per la vigilanza di detta festa e per la conservazione del presente dello Stato popolare, secondo come dai detti signori Priori e Gonfaloniere sarà ritenuto opportuno dover porre in assetto, in numero di quantità e nella modalità. E tali guardie siano obbligate e debbano stare in detta Città e andare insieme con gli officiali del signor Podestà o del Capitano attraverso questa Città per la detta custodia, secondo l’ordine di tali officiali. E a queste guardie si possano e si debbano dare le spese dall’erario del Comune, se a questi Signori Priori e ai Regolatori sembrerà cosa conveniente.

       1 Rub. 5La venerazione alla Santa Spina.

   Decretiamo ed ordiniamo che durante i festeggiamenti della Santa Croce del mese di maggio e del mese di settembre, e nel giorno del ‘Venerdì santo’, i signori Priori, il Gonfaloniere di giustizia, insieme con gli officiali della Città di Fermo, siano obbligati a pubblicamente venerare la santa Spina ed andare alla chiesa di Sant’Agostino in uno qualunque dei detti giorni, nei quali questa santissima Spina venga esposta pubblicamente, per tutto il giorno, dal mattino fino ai vespri, e i detti signori Priori debbano offrire due ceri del valore di un fiorino d’oro dall’erario e dal patrimonio del Comune di Fermo, per ciascuna volta.

       1 Rub. 6La festa del beato Bartolomeo apostolo da onorarsi singolarmente.

   Dato il fatto che il popolo della Città Fermana, nel giorno del beato Bartolomeo apostolo, fu liberato dal furore della Tirannia e affinché non siano lasciate in oblio le grazie che si accolgono donate da Dio, per l’intercessione dei meriti dei santi suoi, decretiamo ed ordiniamo che nei singoli anni, in perpetuo, per conservare la memoria molto lieta, nel giorno della festa, e nella vigilia di San Bartolomeo apostolo del mese di agosto, sia fatta e si debba fare qualche festa singolare, ad onore e riverenza del detto beato Bartolomeo, secondo la delibera e la volontà dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia, che lo saranno nel tempo, insieme con i Regolatori di questa Città. E i detti Signori Priori e Gonfaloniere per praticare la festa e la solennità da farsi in detta festa possano spendere dall’erario e dal patrimonio del detto Comune fino a 25 libre di denari senza alcun’altra delibera della Cernita o del Consiglio speciale o generale.

1 Rub.7I Sindaci e i procuratori da eleggersi in qualsivoglia chiesa della Città.

   Vogliamo e decretiamo che in ogni chiesa della Città di Fermo, siano eletti da tutti i parrocchiani, o dalla maggior parte di questi stessi, due Sindaci e i procuratori, uomini fedeli e idonei, i quali, entro dieci giorni dopo la loro nomina, facciano l’inventario dei beni stabili di tale chiesa in cui saranno stati eletti, e dei registri (libri), delle campane, dei paramenti e degli altri ornamenti e delle cose della detta chiesa, e di tutte le altre cose e dei beni e diritti di detta chiesa, affinché, nell’avvenire, non venga fatto un’alienazione di proprietà, neppure cosa alcuna illecita, né la dannosa negligenza più oltre danneggi queste stesse cose. E costoro siano obbligati anche a recuperare i beni ecclesiastici, a richiedere i lasciti e il pagamento di altri debiti, e altre cose da coloro che ingiustamente le possiedono, e ad accompagnare gli altri diritti ecclesiastici, facendo salvo tuttavia il diritto del Vescovo. E nel richiedere e riscuotere i detti lasciti, i singoli Notai di questa Città siano obbligati a notificare e far vedere ai detti Sindaci e ai Procuratori i singoli testamenti, i lasciti e i legati spettanti e pertinenti alle dette chiese. E se i proventi delle dette chiese non fossero sufficienti per i cappellani delle stesse chiese, i detti Sindaci e i Procuratori, mostrino, rendano e consegnino a questi stessi le cose recuperate per il sostentamento degli stessi, con la volontà della maggior parte dei Parrocchiani, e dopo aver calcolato il conto delle rendite delle dette chiese, volgano quanto avanza per l’utilità e per il comodo delle dette chiese. E questi Procuratori siano obbligati, entro i quindici giorni successivi, dopo ultimato il loro officio, a dare agli altri Procuratori che subentrano, un completo rendiconto dell’amministrazione delle dette chiese, sotto la pena di 50 libre di denari da prelevare a ciascun trasgressore ad opera del Podestà o del Capitano; né per questo sia conseguito alcun compenso; e decretiamo che questo sia eseguito nel distretto di Fermo. E se fosse riscontrato che qualche chiesa o monastero non abbia i Parrocchiani, sia fatta una disposizione per questi stessi, secondo il volere dei signori Priori e del Gonfaloniere di giustizia. Questi procuratori e i Sindaci qualora siano stati trovati colpevoli in qualcuna delle dette cose, sul fatto e senza processo, siano puniti ad arbitrio del Rettore, sino alla somma di 25 libre di denari, come pena, e restituiscano le altre cose. E fra i detti il Podestà e il Capitano e ciascuno degli stessi, abbia rispettivamente tutto il potere di investigare e di punire e di fare la procedura per mezzo di una indagine. Ed ogni parrocchiano, sia considerato e sia legittimo accusatore e denunciatore, a vantaggio della sua Chiesa.

       1 Rub.8I Palli da offrirsi alle seguenti chiese istituite nella Città di Fermo.

   Decretiamo ed ordiniamo che nei singoli anni venga dato un palio del valore di 100 soldi dall’erario del Comune di Fermo alle singole chiese istituite nella Città di Fermo, nelle quali stabilmente vengono celebrati i divini offici, nel giorno di festa di dette chiese: e sia dato anche nella festa di Santa Ada <?Anna> nella chiesa di San Savino. E ciò quando i signori Priori, e il Gonfaloniere di giustizia insieme con i Regolatori ritenessero opportuno che questi palli si debbano dare alle dette chiese, oppure a certune di queste o a qualcuna di esse.

       1 Rub. 9 Lo statuto della chiesa di San Salvatore.

   Il Podestà della Città di Fermo sia obbligato espressamente a recuperare, con tutti i modi adatti a tale scopo, la chiesa di Sant’Emidio posta al di là del fiume Tenna, che direttamente appartiene alla Chiesa di San Salvatore di Fermo, e a dare al Priore di detta chiesa l’aiuto, il consiglio e il sostegno per recuperare la stessa Chiesa, e i diritti sui beni della stessa, le pertinenze che servono a detta chiesa di San Salvatore. E il Podestà sia obbligato a fare la stessa cosa per le altre chiese di questa Città, allo scopo di recuperare i loro diritti.

       1 Rub.10I carcerati da offrire.

  Affinché i carcerati non siano tormentati nelle carceri, vogliamo che i signori Priori del popolo e il Gonfaloniere di giustizia della Città di Fermo, nella festa di Santa Maria del mese di agosto, mentre i divini offici vengono celebrati, quando questi stessi Signori andranno alla chiesa di Santa Maria, possano offrire due o tre tra i reclusi e i carcerati per i delitti e per le condanne ad essi inflitti, se costoro sono rimasti e stettero nelle carceri del Comune almeno per un mese; ma non a motivo di qualche debito civile verso una persona privata, e sempre che questi reclusi da offrire abbiano ottenuto dalla parte offesa la pace e il perdono dell’offesa fatta, in l’occasione di quell’offesa per la quale offesa erano stati condannati. E i detti signori Priori e il Gonfaloniere possano fare questa medesima cosa nella festa della Natività del Signore nostro Gesù Cristo e nella festa della Pasqua di Resurrezione. Negli altri tempi, poi, e nelle feste dello stesso Signore, in nessun modo facciano tali offerte né rilascino i detenuti senza un’esplicita licenza del Consiglio generale. E qualora in queste festività, nelle quali i detti carcerati e detenuti, possono essere offerti, ad opera dei detti Signori, vi fossero molti carcerati che fossero rimasti nelle dette carceri almeno durante detto tempo di un mese, e avessero ricevuto il perdono dalla parte offesa, come è stato detto sopra, allora siano rilasciati e offerti due o tre fra essi, secondo quanto ai detti Signori Priori e Gonfaloniere sarà sembrato opportuno, e secondo quanto questi stessi signori delibereranno o stabiliranno. E qualora tra di essi non vi sia accordo nello scegliere detti detenuti, allora che facciano la proposta e facciano fare la proposta nella Cernita che è stabilita in seguito, nel libro secondo di questo volume sotto la rubrica “Del modo di convocare i consigli”; e quello che sarà stato deliberato in detta Cernita, ciò si faccia, e offrano coloro che la detta Cernita delibererà; e qualora tale offerta venga fatta in un modo che sia diverso, l’offerta dei detti carcerati e dei detenuti non abbia validità per il diritto stesso. E i signori Priori e il Gonfaloniere che abbiano trasgredito sulle dette cose, senza praticare la detta formalità, incorrano nella pena di 100 fiorini d’oro per ciascuno e per qualsivoglia volta; e siano in obbligo per i danni e per gli interessi del Comune. E se la detta offerta dei detti carcerati sarà stata fatta con l’osservanza di dette formalità, allora le condanne, per le quali restavano in detto carcere, siano cancellate, e, inoltre, per questo motivo, i detti detenuti, così offerti, non possano essere vessati o infastiditi dal Comune né da persone speciali, ulteriormente, in nessun modo. Inoltre vogliamo che se qualcuno sia stato offerto, come è detto sopra, e successivamente avrà commesso un reato, e sarà stato condannato a causa di un delitto, non possa, per l’avvenire, essere offerto più in alcun tempo, ma sia obbligato sempre in carcere, se sarà stato possibile tenerlo, fino a quando non avrà scontato interamente la condanna, o la pena dovuta che abbia ricevuto secondo la condanna fatta per lui. E poiché in questi casi il più delle volte i poveri vengono oppressi, per effetto della presente legge sia cosa prudente che chiunque, in avvenire, allo stesso modo, facesse un’elargizione a una chiesa secondo la forma degli statuti, non paghi niente, né per il carcere, né per il bollettino del Cancelliere, né per alcuna cosa, in alcun modo ad un qualunque officiale o al Cancelliere, e nemmeno alla Comunità di Fermo. E gli emolumenti saranno di qualunque cancelleria. E ciò debba essere praticato in perpetuo da tutti. Rendiamo noto che tutte le singole le dette cose siano intese ed abbiano validità per i condannati per la persona.

                                    FINE del libro primo

<Libro 2°>

INVOCATO IL NOME DELLA SANTA ED INDIVIDUALE TRINITA’ INIZIA IL LIBRO SECONDO FELICEMENTE

          2 Rub.1La corsa del Palio.

   Decretiamo ed ordiniamo che alla corsa del Vellutato, o dello Scarlatto o del Palio di altro colore, che si farà nel giorno della Beata Maria Vergine del mese di agosto, nessuno osi né presuma procurare qualche contrarietà, né impedimento ai concorrenti a detto Palio, oppure dare ad alcuno degli stessi aiuto, consiglio o appoggio nella detta corsa, sia per i cavalli che corrono per detto Palio, sia per i cavallerizzi, o per un altro di questi stessi, nella corsa lungo il detto percorso fino al ricevimento di detto Palio: e chi fa il contrario venga punito a 25 libre di denari, e più e meno a discrezione del signor Podestà o del Capitano. E il Vellutato, lo Scarlatto o il Palio che verrà messo <per l’arrivo> nel percorso dei cavalli, anzitutto sia giudicato dai Priori del popolo e dal Gonfaloniere di giustizia, e quello che essi avranno giudicato giusto, sia posto, e non un altro, né possa successivamente cambiarsi; e quello che sarà legato, il vincitore lo abbia < a ottenere> come vincitore e non un altro. E anzitutto sia vinto il Palio stesso dal primo concorrente, e che vi arriva primo: e per secondo sia vinto dal cavallo che arriva secondo; terzo ed ultimo ad opera del terzo concorrente, che arriva(no) per la via del mare fino a Palazzo del Comune, come è consuetudine al mattino prima di pranzo e successivamente sia fatto il gioco dell’anello, (il gioco) del toro, come da consuetudine; e a questo gioco dell’anello possono correre, nella festa predetta, soltanto i concorrenti con l’asta con i sonagli.

       2 Rub.2Gli imbussolati <nomi>: il modo e il sistema di aprire le urne, e di estrarli; la conservazione delle urne e il ricambiare uno con un l’altro. <”spiciulatus, speciulati” = registrato-i>

   Decretiamo ed ordiniamo che la cassa in cui stanno le borse dei signori <nomi> Priori del popolo e del Vessillifero di giustizia e l’altra <cassetta> in cui stanno gli altri officiali rimangano nella sacrestia di Santa Maria dell’Episcopato <cattedrale> in altra grande cassa, come vi sono state riposte. E le chiavi della cassa dei signori Priori stiano così: una presso il Gonfaloniere di giustizia, un’altra presso il signor Capitano del popolo e un’altra presso il Priore di San Domenico. Per la cassa degli altri officiali, una chiave stia presso il detto Gonfaloniere e l’altra presso il detto Capitano, oppure, qualora sia vacante l’officio del Capitano, presso il Podestà. Per la grande cassa che sta nella detta sacrestia, una chiave stia presso questo Capitano del popolo oppure presso il Podestà, un’altra chiave presso il Guardiano di San Francesco, e un’altra presso il Priore di Sant’Agostino. Quando si dovrà fare l’estrazione dei signori Priori e degli altri officiali si rispetti questo ordine, cioè dopo che costoro già detti che tengono queste chiavi si sono incontrati, e dopo che, nel giorno precedente, si è fatto il bando per il Consiglio generale, e speciale della Città di Fermo, la detta cassa dove stanno le borse sia portata solennemente nel Consiglio, ad opera degli officiali del signor Capitano o del Podestà o dai collaboratori dei signori Priori, al suono di tromba. E quando l’estrazione sarà stata espletata <le borse> siano ricollocate in una modalità simile <all’avvio>. L’estrazione sia fatta in questo modo, cioè dopo che coloro che tengono chiavi avranno aperto la cassa, il mucchio delle borse di quelli che dovranno essere estratti viene preso dal Cancelliere e dopo aperta la borsa dei Signori o degli altri officiali della contrada che capita nel consueto ordine delle contrade, la si tiene in alto aperta. Allora il signor Capitano del popolo, o il Podestà estragga a sorte da tale borsa, di propria mano, una pallottola e visibilmente la ponga nella mano del Cancelliere il quale la tiene in alto mentre la apre e rende pubblici i nomi che sono scritti dentro. Coloro che si trovano scritti nella cartuccia che sta dentro la pallottola siano i Priori, così gli altri officiali per il tempo determinato, a cominciare felicemente dall’inizio del mese di luglio prossimo venturo dell’anno 1380 e proseguendo si procede. Poi la borsa si richiuda in modo visibile e la si riponga, e la cassa dopo chiusa venga riposta, come detto. Coloro che sono stati estratti da tali borse abbiano il potere, l’autorità, la giurisdizione e la piena facoltà, come loro attribuiti o da attribuirsi secondo la forma degli statuti e dei regolamenti di questa Città. E coloro che saranno stati gli estratti da queste borse siano obbligati e debbano accettare gli uffici per i quali siano stati estratti ed esercitarli, a meno che non abbiano avuto un giustificato motivo o un impedimento, cosa che sia affidata al discernimento e al giudizio dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia, del Capitano del popolo o del Podestà. E questa cassa non possa essere aperta pubblicamente, se non nella detta forma, soltanto nel Consiglio generale e speciale, senza alcun inganno, né alcuna estrazione possa avvenire in altro luogo, sotto una pena personale e di moneta per il signor Podestà, per il Capitano del popolo e per ciascuno dei signori Priori e Gonfaloniere di giustizia, da assegnare al Comune di Fermo e su ciò dovrà farsi poi un sindacato in modo speciale, nel tempo del loro sindacato. Anche il Cancelliere di questo Comune sia soggetto alla stessa pena, qualora non l’abbia impedito, per il fatto stesso, e qualora abbia permesso che l’apertura della cassa avvenisse in altro modo e soprattutto qualora ad opera dello stesso Cancelliere nel contare negli stessi Consigli non abbia procurato che siano stati presenti più di quaranta cittadini, oltre i signori <Priori>. Qualora peraltro capitasse che qualcuno che è uscito estratto tra i Signori Priori del popolo e Vessillifero di giustizia, iscritti nella cartuccia, sia morto o assente, o infermo o impedito in altro modo legittimo, cosa che affidiamo al discernimento e all’indizio <giudizio> del Capitano del popolo o del Podestà quando non ci sia il Capitano del tempo, in tal caso si ricorra ad un’altra borsa di <nomi> aggiunti o di registrati di quella stessa contrada e si estragga un altro a sorte nella forma già detta per il posto del tale che mancava. Qualora questo assente sia morto, allora il suo nome venga cancellato. Qualora egli sia assente oppure in altra maniera impedito, allora il suo nome decada dalla cartuccia estratta e sia iscritto tra i registrati della sua contrada. Qualora non ci sia alcuna borsa dli registrati, allora si provveda ad opera dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia e del Capitano del popolo o del Podestà, insieme con il Consiglio speciale per altri registrati di tale contrada e in modo che provvedano per quelli da mettere nella borsa come sembrerà meglio a loro. Nel caso che mancassero alcuni altri nomi nella borsa, oltre ai Priori e al Gonfaloniere di giustizia, quando non ci siano alcuni ordinati registrati al loro posto, si provveda per un altro della stessa contrada al posto di colui che non c’è, e ciò ad opera dei signori Priori insieme con lo stesso Consiglio, come vorranno provvedere al meglio. Qualora capitasse che qualcuno estratto per un officio sia assente o comunque impedito, e si sperasse tuttavia che dopo otto giorni il tale estratto possa accedere ad esercitare il detto officio, venga aspettato per questo tempo; qualora poi entro questo tempo non accedesse all’ufficio, si provveda per un altro, il giorno seguente, come sopra e si estragga un altro registrato a suo posto e il nome di costui sia posto tra i registrati secondo l’ordine già detto. Qualora poi al momento dell’estrazione, risultasse che costui stesso sia talmente assente o impedito che non possa accedere al detto esercizio entro otto giorni, in tal caso non si debba attendere, ma nello stesso giorno dell’estrazione si faccia l’estrazione di uno registrato o si provveda per un altro, come detto sopra. Qualora mancassero le pallottole nella borsa <di nomi> dei Signori <Priori>, allora saranno estratti i detti registrati in questo ordine, cioè estraendo quello che giungesse Gonfaloniere della Contrada, dalla borsa dei registrati del Gonfaloniere di tale contrada e da qualsiasi altra borsa di registrati di qualsiasi contrada venga estratto un Priore. E si proceda in questa forma per questi registrati da dover estrarre, fino a quando dureranno, purché i signori Priori e Gonfaloniere che saranno trovati nell’ultima pallottola, siano obbligati e debbano avere i Consigli <civici> opportuni e provvedere, e far provvedere per un’altra delibera della Città, da fare per il tempo successivo, come sembrerà più conveniente che si dovrà provvedere nel modo più vantaggioso negli stessi consigli, purché tuttavia tutti i singoli registrati e messi nella borsa siano estratti come è stato detto e ad essi non si possa arrecare alcuna offesa, in alcun modo. Qualora invece (non ci sia) capitasse che qualcuno tra i signori Priori del popolo e il Vessillifero di giustizia dopo che abbia intrapreso l’ufficio, entro otto giorni morisse o si ammalasse o sia in altro modo impedito talmente che non potesse esercitare l’officio, allora gli altri soci siano considerati che hanno ed esercitano la piena autorità e i poteri senza di lui e si faccia come se l’officio non sia di altro numero se non quello rimasto. E ciò qualora uno soltanto morisse o sia in un altro modo impedito. Invece qualora siano molti <impediti>, allora si proceda da uno <si vada> oltre per altri, facendo l’estrazione dei registrati e degli aggiunti a posto dei tali <impediti>, come sta ordinato sopra nella prima estrazione. Riguardo ad altri offici per i quali non sono state fatte le borse, gli officiali siano incaricati secondo la forma degli statuti e nell’ordine consueto, senza tuttavia derogare in alcunché per nessuno tra i presenti capitoli, e queste cose piuttosto debbano derogare da tutti, nel perdurare del presente statuto. Sono considerati e siano legittimi coloro che stanno nelle dette borse, abilitati per gli stessi offici per i quali sono stati messi nella borsa, purché siano oriundi dalla Città o dal contado di Fermo. In caso diverso la loro elezione non sia valida, nonostante nessuna eccezione o impedimento che venisse opposto e nonostante alcun statuto fatto o da farsi che contraddicesse in qualche cosa contro il modo di mettere nella borsa e in contrasto al detto ordine, e per <la validità> si faccia deroga a tali cose ed esse non siano ostacoli mentre perdura <valido> il presente statuto. E sia rispettata la forma data, cioè come capita da una contrada sia il Vessillifero di giustizia e da questa contrada non ci sia alcun Priore ed i Priori siano delle altre cinque contrade e in tal modo con il Vessillifero fanno sei. E questo Vessillifero, tra costoro, debba avere soltanto una sola voce <nel decidere> e una sola pallottola e non di più per conservare l’unione e la qualità. Aggiungiamo che non ci sia nessuno che possa farsi sostituire al governo a posto di un altro, se non con la rinuncia di colui che ceda il posto per un altro, con rinuncia fatta prima per ogni cosa del governo nelle mani del Comune, nonostante qualsiasi cosa.

       2 Rub.3Il potere dei signori Priori e il loro officio.

   L’officio dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia sia ed è questo: i signori Priori e il Gonfaloniere per la durata dei due mesi del loro officio siano, stiano, abitino e restino continuamente in un solo palazzo deputato per loro abitazione e nessuno per tutto il tempo della durata del loro officio si allontani in alcun modo da questo palazzo, né alcuno, per nessuna ragione né causa, vada fuori da questo palazzo se non per motivo di infermità o per fare i Consigli generali e speciali, oppure per il motivo di andare a far visita a qualche grande superiore temporale amministrativo> o spirituale che venga nella Città di Fermo e per il motivo di associarsi al vessillo del Gonfaloniere di giustizia del popolo, quando viene portato e dato allo stesso Gonfaloniere secondo la forma dello statuto riguardante il suo officio, inoltre a motivo di andare in chiesa per una pratica del culto divino e di andare a ispezionare per dover far riparare o rifare le mura del Comune, e anche se ci sia altra causa di necessità e che sia evidente per l’utilità del Comune; e allora costoro possano validamente uscire, inoltre <escono> qualora è data a loro o a uno di loro la licenza per effetto di una delibera. Inoltre se sia capitato che uno di loro durante l’officio sia morto, due di loro possano andare a dare onoranza al loro socio. Essi siano vigilanti giorno e notte e si adoperino e realizzino le cose più utili e più vantaggiose e di necessità del popolo del Comune di Fermo. Insieme con loro dimori di continuo il loro Notaio al fine di esercitare il suo officio secondo la forma degli statuti riguardanti l’officio del Notaio dei signori Priori del popolo. E il detto Gonfaloniere abbia tanta voce <d’autorità> nel compiere le singole cose, quanta ne ha ciascuno dei signori Priori del popolo. Per i vestiti i Priori e il Gonfaloniere indossino e debbano indossare palli lunghi o abiti lunghi fino ai calcagni, di panno tessuto con molta finezza, almeno di un colore rosso, o rosaceo, o paonazzo, o nero, o di seta oppure broccato, e <vestiti> non tanto corti, né di altro colore né di altro panno, quand’anche siano costretti e dovessero per voto indossare altri panni o colori. Per la loro custodia e per il servizio abbiano un cuoco e un norcino e sei damigelli vestiti con l’abito della divisa appropriata del Comune di Fermo. E una volta all’anno tutti loro singoli, a spese del Comune, debbano essere vestiti con uno stesso abito tra i detti vestiti, cioè nella festa dell’Assunzione della beata Vergine Maria del mese di agosto, <abiti> con sette braccia di panno per ciascuno, di estimo di un fiorino per ogni braccio. E coloro che non portano questi vestiti appropriati incorrano nella penalità di 10 bolognini per ciascuno di essi e per ciascuna giornata, con il salario di un fiorino per ciascuno e per ciascun mese ed anche con un salario minore, se c’è un’adunata tra i signori Priori, il Gonfaloniere e i collaboratori o i damigelli. In questo caso si conserva la detta convenzione di salario, e tale convenzione del salario, anche il costo dei vestiti, sia da pagare dall’erario e dai beni del Comune di Fermo per mezzo del Banchiere di questo Comune. E vogliamo che ciò si abbia ad iniziare dalle calende <giorno 1>del mese di giugno del 1383 e finendo come segue. E abbiano il cibo nel detto palazzo a spese degli stessi Priori. E per le spese degli stessi signori Priori e del Gonfaloniere, del Notaio di questi Priori, dei sei damigelli, e del Cuoco, abbiano da ogni ricchezza e dall’erario di questo Comune, 102 ducati d’oro per le spese nei due mesi del loro officio. Tuttavia questi damigelli per l’onore del palazzo in nessun modo possano essere Slavi né Albanesi. E il signor Podestà e il signor Capitano e i loro officiali e ogni altro officiale del Comune di Fermo insieme con questi signori Priori e con il Gonfaloniere, a richiesta loro, siano e debbano essere partecipi e insieme trattare, prendere provvedimenti e deliberare tutte le singole cose che considereranno utili e necessarie o opportune per il Comune sugli affari del Comune e delle singole persone dello stesso e mandare ad effetto le stesse delibere con tutti i modi. E nessuno che venisse eletto Priore o Gonfaloniere durante il tempo del suo officio di priorato assolutamente, non possa e non debba esercitare la sua professione, ma essere continuamente impegnato in questo officio per esercitare tale officio e per fare le cose utili e necessarie e opportune per questo Comune, come detto in precedenza, e adoperare sempre cura, sollecitudine, provvedimenti e attenzioni nell’essere, stare, dimorare, comprendere, pensare e provvedere e nel controllare i fatti di questo Comune e a vantaggio e per ogni cosa migliore e più utile per il popolo e per il Comune, dagli affari di questo Comune e sopra di essi, e per il Comune di Fermo. E né questi Priori, né il Gonfaloniere o neppure alcuno di essi, in occasione di tale loro officio, ricevano alcunché a modo di salario, di regalo, di premio, né direttamente, né in modo indiretto, né dal Comune, né da alcuna speciale persona, sotto le penalità contenute nel precedente capitolo, ma ricevano soltanto il salario dal Comune per le spese già dette. E tengano questa norma speciale: ciascuno di questi signori Priori divenga Priore dei Priori per dieci giorni e non di più. E durante questi dieci giorni i Priori e il Gonfaloniere siano tenuti ad obbedire e a sottostare a colui che sia stato Priore dei Priori in quelle cose che il detto Priore dei Priori avrà voluto imporre. E il Priore dei Priori debba proporre, e deliberare la proposta tra di loro, le cose che a lui sembreranno convenienti per i convocati, o almeno degli altri cinque, computato lo stesso Priore dei Priori fra i radunati. E senza la licenza di questo Priore dei Priori, nessuno tra questi Priori possa proporre né deliberare o rispondere per qualche cosa. Inoltre se sarà avvenuto che qualche Comunità, università, o superiore amministrativo (temporale) o spirituale scriva o mandi un ambasciatore ai signori Priori o al Comune di Fermo o in altro modo, a questo Comune o ai Priori sia data una elezione o qualsivoglia altra disposizione di mandare o di provvedere per costoro che così mandano o danno commissione per <eleggere> qualche officiale, con qualunque nome <di officiale> sia censito, né i detti Priori né il Gonfaloniere, né il loro Notaio, che ci siano nel tempo, né alcuno di loro durante il loro officio o per due mesi ad esso successivi, possano accettare un officio, di cui sopra si è scritto, né da se stessi, né per mezzo di un altro e non può farlo neanche alcun loro consanguineo, né un congiunto o un affine fino al terzo grado <di generazione> inclusivamente, da calcolare secondo il diritto Canonico, durante detto officio, <costoro> da sé o tramite altri; né durante i due mesi successivi, sotto la penalità di 1000 libre di denaro per ciascun trasgressore, per qualsivoglia volta, da imporre sul fatto e sia privato degli uffici e dei benefici della Città di Fermo in perpetuo per il fatto stesso che ha trasgredito. E questi signori Priori e il Gonfaloniere di giustizia siano obbligati, almeno una volta ogni mese, nel Consiglio generale fare proposte e farle proporre sul conservare il presente stato popolare pacifico <di Fermo>, inoltre debbono fare una proposta generale sulle dette cose e in avversione contro la malvagità della tirannia, sotto pena del giuramento prestato e di 100 fiorini di oro, per ciascuno da riscuotere di fatto dagli stessi nel tempo del loro sindacato. E in questo Consiglio, tutte le cose che sembreranno opportune ai signori Priori e ai loro Consiglieri possano essere deliberate, ottenute e decise, nonostante l’omissione di qualche solennità che sia richiesta dalla forma di qualche statuto, solamente al fine di conservare, e salvaguardare lo stato libero, pacifico e popolare di questa Città. E su ciò dovranno essere sindacati, in modo speciale. Questi Priori pratichino e debbano praticare la cura e la sollecitudine riguardo agli offici che vanno amministrati dai Rettori e dagli officiali del Comune di Fermo, per non far commettere una frode né una negligenza; e anche aver riguardo per i denari e per gli averi del Comune affinché non siano dilapidati né spesi in malo modo, né oltrepassando il modo dovuto o quanto esige l’ordine. E devono intervenire per tutte le altre cose del Comune che a loro sembreranno necessarie e utili. E qualora abbiano visto che in qualcosa si proceda male e il modo dovuto o l’ordine non si siano praticati, li facciano correggere e riportare, con tutti i modi, a ciò che è congruo e utile per il Comune e si torni alla giustizia e fare sì che sia praticata. E qualora in un Concilio generale o in quello speciale si siano dati ordini e fatte delibere che in qualche modo riguardassero un Rettore o un officiale o chiunque altro, costui al cui riguardo si sia trattato o riguardo al quale in qualche modo la cosa si riferisca, egli non possa essere presente né sia valido che egli sta in questo Consiglio, né alcun altro della sua famiglia possa stare o essere presente in questo Consiglio, né i fratelli carnali, né i consobrini, né i nipoti carnali, e consobrini, né i cognati carnali, né i generi, né i suoceri di colui per il cui vantaggio o svantaggio si tratta nel detto Consiglio. E qualora agissero in un modo diverso, per il diritto stesso quello che sia stato fatto non abbia validità. E qualora siano stati presenti < a ciò> i signori Priori e il Gonfaloniere essi facciano rendere assenti costoro. E questi Priori e il Gonfaloniere possano provvedere e deliberare tutte le singole cose che essi considereranno che saranno necessarie e utili da dover trattare, provvedere e deliberare per le necessità e per l’utilità del Comune, dopo aver convocato per ogni contrada le persone sagge che siano state o sembrassero loro essere le migliori a vantaggio del Comune e in presenza di ambedue i Rettori o con uno di essi o anche senza alcuno di questi, secondo come i Priori e al Gonfaloniere considereranno sia  meglio. E questi Rettori siano obbligati pienamente a far eseguire tutte le singole cose deliberate dai Consigli e dalla Cernita, a loro istanza. E questi signori Priori e il Gonfaloniere possano e abbiano la giurisdizione e l’autorità per far riunire questi Consigli a loro volontà nel loro palazzo, quando e tutte le volte e in ogni modo che essi abbiano voluto, o anche in altri palazzi, se così considerassero  opportuno <avvenga> con la presenza di questi Rettori, o di qualcuno di questi stessi, o anche in assenza di questi, e in tali Consigli proporre, deliberare e fare riforme sulle cose che servono allo stato buono, pacifico e popolare della Città di Fermo. E questi Rettori siano obbligati a mandare in esecuzione le decisioni provvedute e deliberate in tali Consigli o in qualcuno degli altri, quando un Rettore della Città sia presente, o sia assente, ci sia validità e resti stabilito, come se sia stato fatto con la loro presenza o con il loro consenso. E nessuna lettera da doversi mandare da parte del Comune, possa essere sigillata se non c’è il consenso partecipato di tutti i Priori o della maggior parte di questi, purché cinque di essi almeno siano in concordia, dopo che tra di loro la decisione sia stata mandata <a votazione> e sia stata conseguita, facendo votazioni con le fave nere e bianche. E nel momento quando la lettera viene sigillata, essi tutti riuniti insieme debbano stare presenti all’atto di sigillare, per il caso che ci sia qualche dissenso su ciò. E sul fatto che qualcuno abbia trasgredito su queste cose o su qualcuna di esse, costui sia punito sul fatto a 100 fiorini d’oro, anche a pena maggiore e più dura, nella realtà e nella persona, ad arbitrio del Rettore secondo quanto abbia comportato la qualità del reato. E durante il loro officio nessun Priore né il Gonfaloniere, che ci sarà nel tempo, possa andare in qualche ambasciata per il Comune di Fermo fuori dalla Città e dal contado, sotto la pena di libre 1000 per ciascuno e per ciascuna volta, penalità da prelevare sul fatto ad opera dei Rettori o del loro sindacatore. Questi Priori e il Gonfaloniere possano imporre nei predetti Consigli le penalità e i bandi e il Podestà o il Capitano o uno di questi stessi debba riscuotere e mettere in esecuzione questi bandi; i Banditori e i Divulgatori e i Balivi del Comune debbano stare agli ordini dei Priori e del Gonfaloniere e obbedire loro in tutte le singole cose opportune per questo Comune e fare i bandi del Consiglio e dei Consigli; e affinché possano eseguire al meglio il loro incarico abbiano due Balivi dei quali ciascuno riceva dal Comune tre libre ogni mese e alla festa dell’Assunzione della gloriosissima Vergine Maria del mese di agosto ricevere, ogni anno, una tunica, dagli averi e dalle spese del Comune di Fermo. E questi signori Priori e il Gonfaloniere siano obbligati, in tutti i giorni di venerdì del loro officio e debbano dare udienza pubblica e generale a qualsiasi persona che voglia dire qualcosa. E qualora capitasse che una richiesta sia stata fatta da qualcuno, per cose di competenza dei Priori e del Gonfaloniere di giustizia, costui, se non avrà dato per iscritto la petizione, non sia ascoltato da loro in altro modo e il Priore dei Priori faccia leggere tale petizione tra questi Priori e Gonfaloniere mentre il richiedente sta assente, e su questa richiesta essi insieme fanno delibera se quello che viene chiesto sia cosa giusta, o non sia giusta; e qualora essi facessero in maniera diversa, la delibera e il provvedimento non siano validi per il diritto stesso. E qualora (che mai avvenga) una discordia sorgesse o ci sia stato un contrasto tra il signor Podestà e il Capitano, che saranno in carica durante il tempo, questi signori Priori e il Gonfaloniere siano obbligati a fare, ad adoperarsi talmente e ad agire nel proprio palazzo in modo tale e con opere per avere un successo, giorno e notte, con tutte le loro possibilità, al fine che sia fatta concordia tra questi stessi; e qualora questi siano stati negligenti nel fare queste cose, ciascuno di essi, Priori e Gonfaloniere siano puniti a 50 libre di denaro. Inoltre questi signori Priori e il Gonfaloniere, qualsivoglia volta quando ci sarà stata una necessità, possano eleggere uno o più ambasciatori o oratori secondo come considereranno meglio per il Comune e mandare questo o questi ambasciatori o oratori, sempre con scritti i punti dell’ambasceria quando essa è portata soltanto nella provincia della Marca; ma per fuori dalla Provincia in realtà essi non possano trasmetterla senza un decreto della solenne Cernita, né eleggere né deputare in mancanza di qualche approvazione del Consiglio, che è dovuta, dopo che in Comune sia tenuta una copia riservata dei punti <del contenuto> dell’ambasceria già registrata nel registro del Comune ad opera del Cancelliere o di un Notaio a ciò deputato. Inoltre ogni lettera, che, per qualsiasi occasione, sia pervenuta al Comune, da qualunque comunità, luogo, signore, o da altra qualunque persona, venga assegnata ai signori Priori del popolo e al Gonfaloniere di giustizia e la riceva il Priore dei Priori, la apra e la consegni al Cancelliere per dover esser letta e tradotta in volgare, in presenza di questi Signori e del Gonfaloniere. Inoltre né il Podestà, né il Capitano, né alcun’altro possa, né debba proporre alcunché in Consiglio, né fare delibere senza la presenza di questi Priori e del Gonfaloniere e senza il loro consenso, sotto penalità 500 libre di denaro e qualora si facesse diversamente non c’è validità per il diritto stesso. Inoltre questi Priori e il Gonfaloniere di giustizia non si intromettano nelle cause nel conoscerle, affidarle e terminarle o agendo o facendo in modo diverso riguardo ad alcune cause criminali o civili o miste che siano discusse nella Curia del Podestà o del Capitano o di qualunque altro officiale della Città di Fermo o cause che siano capitate da discutere nel futuro, essi non facciano richieste dì nessuna cosa al Podestà o al Capitano o ad altro officiale del Comune di Fermo su qualche cosa o su una causa e neanche su qualcuno da condannare o da assolvere; e se essi abbiano trasgredito, siano puniti con 100 libre di denaro per ciascuno di essi e per ciascuna volta. Per una causa demandata nel percorso del secondo appello a questi Priori e al Gonfaloniere, essi possano e debbano darne commissione nel termine di otto giorni dal giorno quando siano stati richiesti dalle parti o da una delle due parti al fine che la causa sia ascoltata, conosciuta, e terminata soltanto con il Collegio o con i componenti il Collegio della Città, sotto penalità e per la pena di 25 libre di denaro da dover pagare sul fatto, qualora abbiano trasgredito e su questo abbiano il sindacato in modo speciale. E quelli che fanno l’appello, entro cinque giorni immediatamente dopo aver interposto l’appello, debbano chiedere di fronte a questi signori Priori che la causa venga commissionata e siano obbligati anche a far citare gli appellati entro questo termine di cinque giorni in modo che facciano la comparsa di fronte a questi signori Priori, al fine di dover porre i sospettati e gli audaci e qualora entro questi 5 giorni costoro che fanno l’appello non abbiano chiesto che queste cause siano commissionate ad opera dei signori Priori, né abbiano fatto citare gli appellati per porre i sospettati e gli audaci, come detto sopra, allora la causa di appello sia deserta e invalidata per il diritto stesso. Decretiamo anche che le seconde cause di appello che sono affidate per opera di questi signori Priori, siano giustificate chiaramente dai primi atti; facendo eccezione nel caso di reperimento di nuovi strumenti pubblici che possano e debbano essere ammessi in queste cause, dopo che, riguardo a questi sia fatto giuramento che si è avuta la novità della notizia. Siano obbligati in realtà e debbano dare la commissione di tutte le cause di appello entro la scadenza dei dieci giorni immediatamente successivi a cominciare dal giorno dell’interposizione, sotto penalità di 25 ducati per ciascun Priore, qualora non abbiano dato la commissione entro detta scadenza. Incorra parimenti nella pena di 25 ducati anche il Cancelliere se sarà dimenticato e non farà dichiarazione al contestato. E anche il Sindaco del Comune deputato per le cause qualora non si sia adoperato a sollecitare e non abbia procurato che le dette cause degli appelli siano assegnate entro la detta scadenza, incorra nella penalità già detta di 25 ducati da riscuotere sul fatto da tutti questi già detti quando essi abbiano trasgredito o trascurato nelle dette cose. E durante tutto il tempo del loro officio essi Priori, Gonfaloniere e il loro Notaio, o qualcuno di essi non possano incontrarsi in modo reale e personale né essere incontrati da altri, né possano farsi proporre in qualche consiglio su qualche loro propria questione o per un fatto proprio di qualcuno di questi stessi. Qualora abbiano trasgredito, tramite qualcuno o alcuni di loro stessi, non ci sia validità, per il diritto stesso, e nondimeno siano puniti con la detta penalità di 100 libre. E durante tutto il tempo del loro officio di Priori e di Vessillifero della giustizia e di Notaio, per le loro cause e vertenze, dopo il giorno del loro giuramento, non decorra per nessuna parte una scadenza, ma siano in quello stato in cui erano nel giorno del giuramento del loro officio, e se qualcuno di questi stessi abbia fatto una mancanza in detto officio o abbia commesso una frode o un inganno, sia punito a 100 libre di denaro per ciascuno e per ciascuna volta, ad opera del Giudice di giustizia o dei loro sindacatori senza alcuna solennità giudiziaria; e non sia assunto mai più a tale officio, ma anzi gli venga revocato e tolto. E il Giudice di giustizia sia obbligato e debba praticare tutte queste singole cose, e le faccia praticare, sotto la penalità di 100 libre di denaro. Inoltre questi Priori e Gonfaloniere non possano proporre provvedere o deliberare in alcun Consiglio, né tra di loro o in altro modo; né il Podestà o uno dei suoi officiali o il Capitano del popolo, neppure qualcuno dei suoi officiali o alcun altro officiale del Comune di Fermo vengano sindacati né verificati, se non dopo finito il tempo del proprio officio, sotto penalità di 500 libre di denaro e per ciascuna volta e per ciascuno di questi Priori e del Gonfaloniere; e per il vigore dell’autorità del presente statuto, per il fatto stesso, sia condannato a questa pena, e sia estromesso fuori dal collegio e dalla società del popolo di Fermo e non possa essere ammesso affatto a nessun legittimo atto. Inoltre essi non possano né provvedere, né deliberare su alcuna spesa da pagare da parte del Comune, per alcun motivo se non fino alla somma di 10 libre di denaro soltanto e per un motivo necessario e utile a favore del Comune; e sopra a questa somma possano spendere dai beni e dal denaro del Comune fino alla somma di 500 libre di denaro, dopo fatta la delibera e la provvisione su quello che debba essere speso, decidendo prima tra di loro insieme con i Regolatori del Comune e con i Capitani delle arti delle sei contrade, a maggioranza di questi stessi; ma per una somma superiore non possano fare spese, se prima non è stata fatta una simile delibera e la provvisione per questa spesa ad opera loro, insieme con Regolatori e con i Capitani delle arti e questa provvisione e la deliberazione ad opera di questi Priori e Gonfaloniere precedentemente sia portata ad un Consiglio speciale del popolo, <votando> con fave bianche e nere, secondo la forma degli statuti che esprimono questo argomento; e qualora s facesse in altro modo, quello che sia stato fatto non abbia validità, e non possa in nessun modo essere messo nelle uscite <spese> del Comune ad opera del Banchiere per qualsiasi richiesta di colore e qualora venisse a riscontrarsi che è stato computato nella <spese di> uscita del Comune, il Banchiere paghi di sua tasca; anche se, in altro modo, il Banchiere sia stato assolto riguardo al suo officio e alla sua amministrazione del ”Banchierato” <officio del banchiera>, ed egli rimane sempre obbligato verso il Comune sino a quando integralmente ed effettivamente abbia soddisfatto di tale dispendio a favore del Comune. Inoltre questi signori Priori e il Gonfaloniere nella circostanza in cui ci sia strepito nella Città o nel distretto oppure in qualche tempo di guerra ci sia una rivolta, in qualsiasi circostanza e in qualunque luogo sembrerà a loro che è cosa utile per il Comune, mandino, a spese del Comune, i custodi ai Castelli e ai fortilizi del Comune di Fermo e gli osservatori o gli arcieri, purché mandino idonei custodi e abitanti stabili della Città di Fermo. Inoltre non si possa fare nessuna procedura di inquisizione contro questi Priori e il Gonfaloniere di giustizia e il loro Notaio, né contro alcuno di questi, durante tutto il tempo di durata dell’officio, fino ad un anno dopo terminato questo officio, a motivo di qualche malefatta o quasi, a meno che se non si tratti di omicidio o di percosse fatte pubblicamente o di falsità di testimonianze o di documenti o di  rubare nelle strade, di bestemmia di Dio e dei santi, di tradimento, di violazione di vergini o sacre monache, e a meno che si riscontri che fece qualcosa, durante il loro officio di Priori, che abbiano ricevuto qualche somma di denaro per “baratteria” o che abbiano commesso una frode e tutto ciò <non> sia considerato e abbia luogo se non quando accusato o denunciato da colui che ne ha sofferto il danno; nel quale caso contro di loro o contro qualcuno di questi si possa fare la procedura. Inoltre questi Priori e il Gonfaloniere di giustizia non possano fare alcuna proposta nel Consiglio generale o in quello speciale se prima questa non sia stata deliberata ad opera dei signori Priori e Gonfaloniere di giustizia insieme con i Capitani delle arti, con i Regolatori e con gli uomini chiamati alla Cernita o ad opera della maggioranza tra di questi. Se si sia fatto in altro modo non ha validità per il diritto stesso. E il Cancelliere non possa né debba scrivere la proposta fatta sotto pena di 100 libre di denaro da riscuotere da lui sul fatto ad opera di qualunque officiale di questa Città, per ciascuna volta in cui si sia trasgredito. Inoltre essi non possano concedere alcuni offici o castellanie nella Città o nel contado, se prima questi offici non siano stato messi nel bussolo e <dati> a coloro che sono nel bussolo ed estratti dal bussolo, sotto pena di 100 libre di denaro, per ciascuno e per ciascuna volta quando si farà la trasgressione. E nondimeno quello che è stato fatto in violazione di questa forma, non abbia validità per il diritto stesso. Inoltre essi non possano, né debbano scrivere a favore di qualcuno che sia stato condannato per reati nei Castelli del contado, senza l’autorizzazione o la delibera della solenne Cernita, sotto penalità di 25 libre di denaro per ciascun Priore, per ciascuna volta quando abbiano trasgredito e penalità di 50 libre al Cancelliere del Comune per qualsivoglia volta in cui abbia scritto ciò. Inoltre essi non possano scrivere in nessun luogo una lettera, per uffici, per benefici o per conduzioni di armigeri a favore di qualcuno che richieda tali cose, e neppure qualora insorgessero controversie e liti tra i Cittadini o tra gli abitanti del contado, senza la delibera della detta Cernita, sotto la detta penalità. Inoltre questi Priori e il Gonfaloniere non possano prendere, né confermare, né cancellare nessuno degli stipendiari equestri, né i fanti senza il consenso, la presenza e la delibera dei Regolatori e della Cernita di almeno quattro buoni uomini per ciascuna contrada. Inoltre questi Priori non possano avviare né provocare alcuna guerra né combattimenti o un’impresa militare, né possano introdurre novità da cui potessero venire o seguire una guerra o qualche scandalo per questo Comune, né fare azioni audaci, senza il consenso espresso e la delibera del Consiglio generale o di quello speciale, sotto penalità di 1000 libre di denaro e anche maggiore nei beni e nella persona, ad arbitrio del Rettore. Riguardo a questo si faccia la procedura con validità e si faccia una indagine contro di essi o contro ciascuno di essi anche durante il tempo del loro officio e la pena predetta venga imposta a questi stessi. E colui che sia stato condannato in questa occasione ad una pena inferiore alla morte, diventi perpetuamente infame e sia privato dei benefici e degli onori del Comune. Inoltre i signori Priori non partecipano a nessuna delle cerimonie di nozze o di lutto o per la morte di qualcuno, eccettuando di padre, di figlio, di fratello carnale, di moglie, di sorella, di nipote o figlio del fratello o consobrino o altro suo congiunto o affine fino al secondo grado incluso come computato dal diritto canonico. Allora, in tale caso, chi è parente come detto, o affine <possa> andare insieme con qualcuno dei suoi soci Priori alle nozze, o al lutto. <Per i trasgressori> Penalità di 25 libre di denaro per ciascuno e per ciascuna volta. Inoltre essi non possano mandare nessuno degli esecutori nel contado, se non con il consenso dei Regolatori, sotto la detta penalità, per ciascuno e per ciascuna volta. Inoltre questi Priori e il Vessillifero e il Notaio, dopo espletato il loro officio, nel quinquennio successivo possano portare impunemente nella Città qualsiasi arma di offesa e di difesa, purché costoro tuttavia non la portino nel Palazzo dei Priori, o nel Consiglio generale o in quello speciale. Inoltre non possono concedere nessun salvacondotto, né sicurtà a nessuno, in modo indeterminato o senza stabilire la durata di tempo; e abbiano validità di stabilire fino a 10 giorni e non oltre, senza una delibera della Cernita di quattro buoni uomini per ciascuna contrada. E questo sia autorizzato anche per le cose passate. Questi salvacondotti concessi o da concedere ad opera dei signori Priori o della Cernita solenne debbano essere praticati in modo illeso e rispettato da parte degli officiali della Città e del contado di Fermo, sotto pena di 100 ducati da pagare sul fatto al Banchiere del Comune da ogni officiale trasgressore che non rispetti questi salvacondotti e sia privato del suo officio e si intenda esserne privato per l’autorità della presente legge. Questi salvacondotti non siano di pregiudizio per le cause civili da dove discutere di fronte a qualsiasi officiale, o commissario, arbitro, o conciliatore che amministra la giustizia in questa Città o nel suo contado. Nonostante questi salvacondotti, queste cause civili possano discutersi, indagarsi, investigarsi, terminarsi e decidersi dagli officiali, dai commissari, dagli arbitri e dai conciliatori, anche se questi salvacondotti siano stati concessi o si concedessero a qualcuna delle parti oppure ad entrambe le parti che hanno tra di loro la o le cause, il processo o i processi.

       2 Rub.4 Lo speciale divieto per i signori Priori e per il Gonfaloniere di giustizia, e per i Regolatori, anche per il Banchiere del Comune.

   Dato che coloro che gestiscono gli offici della Repubblica e coloro che hanno la direzione di questi stessi, debbono e sono obbligati ad astenersi dai propri comodi e la privata utilità per lo più < da questi> è preferita a quella pubblica, ciò non debba esserci: pertanto decretiamo ed ordiniamo che nessuno, in qualsiasi condizione si trovi, che disimpegni gli offici di Priore o di Gonfaloniere o di Regolatore o di Banchiere in occasione di qualsivoglia prestito in cose o in denaro che costoro avessero nel Comune di Fermo e neanche in occasione di qualche credito per qualche suo consanguineo o affine di primo o di secondo grado da calcolarsi secondo il diritto Canonico, osi o presuma di trattare, ordinare o deliberare o collaborare a che il debito anzidetto da parte di questo Comune in denaro o in cose di questo Comune sia pagato, sia dato o sia attribuito a se stesso o ad un suo consanguineo o ad un affine, se non, per sorte in generale si sia provveduto, si sia trattato e sia agito a favore di tutti gli altri i quali, in un caso simile, siano tenuti a ricevere al riguardo di un simile motivo o materia. E chi abbia trasgredito nelle dette cose o in qualcuna di queste, perda ciò che è tenuto a ricevere, o anche vogliamo che ciò che risultasse che abbia fatto per sé, o per i suoi consanguinei, come già detto, addivenga al Comune. E il Comune, per il fatto stesso, sia liberato. E oltre a ciò debba essere irremissibilmente condannato al doppio. E su ciò si debba fare il sindacato in modo speciale. In realtà con la pena di cento libre di denari sia punito l’officio del Priorato o dei Regolatori i quali deliberano o permettono le dette cose, per il fatto stesso e per ciascuna volta,0 per qualsivoglia Priore e Gonfaloniere e Regolatore.

       2 Rub.5L’officio del Gonfaloniere del Comune di Fermo.

   L’officio del Gonfaloniere generale della giustizia e del popolo sia questo, cioè dopo che è stata fatta la sua elezione , secondo la forma del capitolo riguardante la sua elezione, il Podestà e il Capitano del popolo, i Priori e il Consiglio speciale del popolo, nell’ultimo giorno di domenica del secondo mese dell’officio del predecessore, con il vessillo generale del popolo e della giustizia debbano accedere, dietro questo vessillo, verso il Palazzo del Comune, e ivi allora, con il Consiglio generale presso questo palazzo, colui che è stato eletto Gonfaloniere sia obbligato a fare l’accettazione di questo officio e a dare buoni ed idonei fideiussori sul dover agire ed esercitare questo officio, durante tutto il tempo del suo officio, in buona fedeltà e senza frode e secondo la forma dei capitoli e degli ordinamenti che riguardano il suo officio e secondo la forma del capitolo riguardante l’officio dei Priori. E questo statuto sia applicato in relazione al Gonfaloniere. Dopo che nel detto modo sono state concluse queste cose, il Podestà, il Capitano e Priori e gli altri tutti del Consiglio, insieme con questo Gonfaloniere e con questo vessillo debbano andare dietro questo vessillo ed entrare nella chiesa che sarà scelta dai signori Priori. Il Podestà e il Capitano o uno di costoro debba consegnare il vessillo nelle mani di questo Gonfaloniere e questo Gonfaloniere debba accogliere questo vessillo. Dopo queste cose il Podestà e il Capitano con questo vessillo e tutti del detto Consiglio devono tornare, dietro di lui, al Palazzo dei signori Priori e qui il vessillo viene riposto nella camera dello stesso Gonfaloniere nel Palazzo e qui debba essere continuamente tenuto e conservato e ben custodito. Questo vessillo non possa né debba essere prelevato né portato da questo signor Gonfaloniere né da qualcun altro, né in alcun esercito, o cavalcata, né ad alcun tumulto che ci sia o capitasse (oh, questo non sia) nella Città o nel distretto di Fermo. Non si può rimuovere né portare presso qualche luogo per una qualunque causa, senza la presenza, la licenza, il consenso del Consiglio generale o speciale e neanche di volontà dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere della giustizia, né della maggior parte di questi, se non quando avvenisse il rinnovo del Gonfaloniere. E questo può essere portato secondo la consueta tradizione al Palazzo del Comune e alla Chiesa, senza praticare solennità alcuna, ma al che non possa avvenire nulla su questo, andando e tornando con sollecitudine, con cautela e buon impegno. E allo scopo che questo vessillo possa essere associato con onore, il Podestà, o il Capitano nel giorno precedente è obbligato a mandare o far mandare ai Capitani delle Società <annunciando> che il giorno seguente essi debbano essere presenti per associarsi con questo vessillo insieme con tutte le loro Società. E a questi Capitani delle Società Il Podestà e il Capitano, possano imporre penalità, qualora non intervenissero, di soldi 5 per ciascuno. Questo Podestà e il Capitano siano obbligati e debbano eseguire o far eseguire queste cose, sotto la penalità di 500 libre di denaro dal proprio salario. A queste <pene> quando abbiano trasgredito debbono essere condannati ad opera degli avvocati del Comune o dei loro Sindaci. E tutte e singole le persone delle Società del popolo siano obbligate e debbano stabilmente andare al Consiglio quando il vessillo viene consegnato al Gonfaloniere. E il Capitano sia obbligato a far riunire e cercare in questo Consiglio tutti quelli di queste Società, singolarmente, e condannare tutti quelli che non vanno o non vengono a questo Consiglio <pena> di cinque soldi per ciascuno e per tutti e singoli coloro che non si recano o non vanno a questo Consiglio e riscuotere di fatto la pena, a favore di questo Comune, facendo eccezione per chi abbia avuto un giusto motivo e pertanto non sia affatto condannato. Allora nel tempo quando tutti i singoli saranno nella circostanza in questo Consiglio siano obbligati e debbano accompagnare questo Gonfaloniere sino alla abitazione, e anche i nuovi Priori quando ritorneranno da questo Consiglio, sotto la detta penalità. E questo Gonfaloniere sia obbligato e debba andare, armato di armi o senza armi, secondo l’opportunità, assieme con il detto vessillo, per volontà di questi Priori o nella loro maggior parte, a confermare il libero, buono e pacifico Stato del Comune di Fermo e del popolo. Inoltre quando sia capitato per qualche caso che il Podestà o il Capitano chiamano e ricercano i giurati del popolo o qualche parte di questi a dover esercitare il loro officio, in modo vantaggioso a favore dello Stato buono, libero e pacifico del Comune e del popolo, conservandolo e difendendolo e il detto Gonfaloniere insieme con i detti Priori e quelli del collegio siano obbligati e debbano riunirsi in un determinato luogo che viene scelto dai signori Priori o a loro maggioranza, allo scopo che gli anzidetti del popolo possano fare il seguito al detto vessillo e alle altre insegne del popolo e della Società del popolo nel modo che maggiormente li onori: queste cose quando saranno stati richiesti ad opera dei detti signori Priori o della maggioranza di questi stessi. E questo Gonfaloniere sia obbligato insieme con quelli del popolo, quando capitasse che qualche reato sia commesso (cosa che sia allontanata da Dio) sulla persona di qualche cittadino o sia commesso ad opera di qualcuno dei nobili della Città o del contado e assolutamente debba fare sì che non rimanga impunito un reato, con il pretesto di qualche autorità, e quando, dopo che è stata emanata la sentenza del Podestà o del Capitano riguardo a tale reato, entro quindici giorni, questo Podestà o Capitano non avranno fatto eseguire, secondo come dovrebbe avvenire per il diritto, la condanna e la sentenza che ci fosse, in occasione di questo reato, sulla persona o sulle cose del delinquente, allora insieme con 200 giurati del popolo, o di loro maggior parte ed anche insieme con altri buoni cittadini, se lo avrà considerato conveniente, debbano andare dal Podestà o dal Capitano, con le armi o senza queste, secondo come sarà stato necessario, e aiutare il Podestà o il Capitano con tutte le truppe per accedere, insieme con gli aiutanti del Rettore, alla abitazione di quel tale condannato o altrove, in modo che l’esecuzione della sentenza avvenga e la sentenza sia mandata in esecuzione e la vendetta<punizione> riguardo al reato commesso risulti per loro opera, affinché questo reato non rimanga senza punizione con il pretesto di qualche potenza. E nessuno osi né presuma con parole o con gesti offendere in qualunque modo, ingiuriare o ostacolare questo Gonfaloniere o qualcun altro del popolo che sta allora a seguirlo o voglia seguirlo, almeno con un ostacolo che sia di impedimento o ritardi l’esecuzione. E sia punito chi abbia trasgredito, ad arbitrio del Podestà o del Capitano. E qualora siano negligenti il Gonfaloniere o alcuni dei predetti 200 o alcuni altri del popolo, richiesti a dover fare le cose dette sopra, questo Gonfaloniere sia multato a 500 e ogni altro a 50 libre di denari. E nel periodo dei detti quindici giorni, durante i quali questi signori Podestà o Capitano o Gonfaloniere e gli altri predetti del popolo debbono far fare l’esecuzione predetta, nessuno della Città di Fermo osi tenere aperto alcun alloggio, fino a quando il castigo per questo reato non sarà avvenuto e sia stata fatta l’esecuzione nella persona o nelle cose, come già detto, sotto penalità di 10 libre di denaro per ciascuno e per ciascuna volta. E chiunque facesse impedimento, (cosa che non possa avvenire) in qualsiasi maniera, contro questo Gonfaloniere o contro qualcun altro del popolo o contro qualcuno del suo seguito, sia punito ad arbitrio del Podestà o del Capitano, dopo aver verificato la qualità del reato e la condizione della persona e del tempo e del luogo. Inoltre il signor Gonfaloniere insieme o senza questi Priori sia obbligato tuttavia, (dando tuttavia in precedenza l’informazione sulle dette cose al Podestà o al Rettore di questa Città deputato dal Comune di Fermo) a congregare in una determinata parte dell’abitazione o del Palazzo dei signori Priori, tutti i sei Capitani delle contrade, delle società del popolo, anche i capitani delle arti di queste società del popolo e trattare insieme con questi, per provvedere e disporre ogni singola cosa che sia considerata che sarà utile e necessaria a vantaggio della società e del collegio di questo popolo, per la sua salvezza e per il rinnovamento, bensì dopo che tra di loro sia stata realizzata questa disamina. E faccia venire tutti insieme alla presenza dei Priori per interrogarli e ammonirli per mezzo delle cose che sono state esaminate e provvedute e ultimate ad opera loro a favore dell’utilità e a comodità di questo popolo. E il signor Podestà e il Capitano e i Priori mettano in esecuzione come loro stessi Podestà e Capitano e Priori considereranno migliore espediente. E questi sei Capitani e gli altri delle contrade e delle società delle arti del popolo siano obbligati e debbano obbedire a questo Gonfaloniere e in queste e in altre cose spettanti al suo officio, a sua richiesta ed a suo mandato, sotto pena di cinque soldi di denaro per ciascuno e per ciascuna volta quando abbiano trasgredito e prendendo in considerazione la qualità del reato, esigendo una pena maggiore, ad arbitrio del Rettore.

       2 Rub.6L’elezione del Podestà e del Capitano.

   Decretiamo ed ordiniamo e con questa legge assicuriamo che il Podestà e il Capitano della Città di Fermo debba essere eletto nel modo qui dichiarato, cioè che i signori Priori del popolo e il Gonfaloniere di giustizia, nel primo mese del governo del Podestà o del Capitano nel Consiglio generale o in quello speciale facciano estrarre dalle cassette o dalle borse dove gli officiali, gli elettori del nuovo Podestà o del Capitano sono <scritti> sotto la penalità di 100 libre di denaro per ciascuno e per ciascuna volta quando non lo abbiano fatto. E questi elettori entro un mese da calcolare dal giorno dell’estrazione, facciano eleggere da loro stessi, o ad opera di altri, il nuovo Podestà o il Capitano, sotto pena di 100 libre di denaro, per ciascuno e per ciascuna volta, quando trasgredissero. La somma del loro salario, poi, viene da essi dichiarata nel tempo quando si debba fare l’elezione di questo Podestà; sia espresso anche il numero degli officiali e degli aiutanti. In modo simile si faccia anche per il Capitano, quando venisse eletto ad opera dei Sindaci, oppure di questi elettori o per mezzo di una lettera del Comune con i modi, i patti e le dette condizioni, cioè che il Podestà debba portare con sé o avere e tenere due Giudici buoni ed idonei d’età maggiore di 30 anni e di questi uno sia dottore di leggi e di questo dottorato egli debba informare i Priori e il Gonfaloniere che saranno in carica nel tempo, entro cinque giorni dopo il giuramento del Podestà, sotto pena di 100 fiorini d’oro. E il secondo giudice sia uomo esperto e questo dottore di leggi debba esercitare l’officio delle leggi civili; mentre l’altro giudice dovrà essere deputato come giudice nelle cose penali; inoltre avere due soci letterati della detta età, buoni ed idonei; cinque notai buoni, idonei ed esperti di età maggiore di anni 25, e di questi uno debba essere deputato ai reati, e uno alle cose straordinarie e i restanti tre Notai al governo dei nostri Castelli cioè del Porto, di Torre di Palme e di Marano <=Cupra Marittima>. Debba tenere quattro Damigelli, venti aiutanti o buoni tiratori e adatti a dover portare armi, quattro cavalli armigeri e un Cuoco. Non conduca con sé alcun officiale che provenga da qualche terra o luogo vicino alla nostra Città Fermana per 40 miglia, né possano condurre né tenere alcun officiale che sia stato condannato per la mala gestione del suo officio nella nostra Città, né alcun altro che sia stato al servizio del secondo Nerone <cioè> Rainaldo da Monteverde, un tempo tiranno di questa Città. La persona del Podestà e dei suoi officiali e aiutanti, dopo espletato l’officio, non può essere riconfermata né stare in alcuno officio o ministero del nostro Comune, fino al tempo che è limitato dai nostri statuti e ordini. In questo officio debba risiedere di persona, continuamente, e non pernottare fuori dalla Città, durante questo suo officio, se non c’è l’espressa autorizzazione del Consiglio e in tale occasione sia per l’utilità del Comune di questa Città, e in nessun modo per sua utilità o comodo proprio, sotto pena di 25 fiorini d’oro per ciascuna volta e per ciascun giorno. Non debba avere nulla per la carcerazione di qualcuno né per la custodia. Non debba detenere alcuno nel Palazzo per un debito civile oltre una giornata, ma lo debba mandare alle carceri del nostro Comune, dove costui debba stare costretto; né può detenere alcuno oltre una giornata nelle carceri del suo palazzo o nel palazzo stesso per una causa penale, se non nel caso in cui venga condannato principalmente nella persona o sotto condizione. Sia obbligato a mandare uno dei suoi officiali insieme con uno dei Regolatori del nostro Comune, ogni qualvolta sia stato richiesto, debba mandare a fare la presentazione ai Castellani delle Rocche del nostro contado, la presentazione della sua persona, dei suoi officiali e dei cavalli. Sia obbligato a fare la presentazione ai Regolatori del nostro Comune, a loro richiesta, due volte al mese. E affinché nelle presentazioni sia evitata ogni frode, dato che alcuni in modo particolare usano essere presentati come aiutanti, e questi fanno qualche arte nella Città, o sono Lenoni, con la presente legge si fa la prevenzione per cui nessuno degli aiutanti del Podestà o del Capitano o di qualunque officiale del foro, qualora abbiano esercitato qualche arte o siano Lenoni e non abitino nel palazzo, mai debbano essere ricevuti né essere accolti per aiutanti. Qualora si sia fatto in modo diverso, sia assolutamente assentato e mai ammesso alle presentazioni. Inoltre non debba ricevere, né profittare nulla oltre al detto salario e ai detti emolumenti e altre cose permesse e concesse dalla forma degli statuti del nostro Comune; se non quel che debba avere per ciascun catturato cioè quattro soldi nella piazza di San Martino per un debito civile; ma fuori da questa piazza, dentro la Città, otto soldi di denaro per ciascun catturato. Per tale occasione però nel Contado otto soldi per ogni aiutante e per ogni giorno. Per un debito di fisco non debba avere nulla, né debba ricevere, durante l’officio suo, nessun servizio, né regalo né dono ospitale, ma debba contentarsi soltanto del suo salario e degli emolumenti che gli sono concessi dalla forma dei nostri statuti e ordinamenti. A sue spese e a suo costo debba avere per il suo officio e metterci la carta opportuna, la cera e l’inchiostro. E infatti, prima del detto semestre debbano venire, lui e i suoi officiali e gli aiutanti presso questa nostra Città, e restare di persona nella Città per quattro giorni. E la venuta, la sosta, la permanenza e la partenza di lui, dei suoi officiali e degli aiutanti dovrà essere a suo rischio, pericolo e sorte, a sue spese e costi. E qualora la morte rapisse (non sia mai) la persona di questo Podestà durante il suo officio, si soddisferà il dovuto dell’infrascritto salario soltanto per la rata del tempo. Pertanto sia obbligato a permanere di persona al continuo esercizio dell’officio di questo governo insieme con tutti i singoli già detti e non tramite un vicario né un sostituto per tutto il detto tempo. E debba rimanere parimenti, dopo ultimato l’ufficio, per otto giorni continui per il sindacato o per il rendiconto insieme con questi suoi officiali e aiutanti. E nel frattempo, fino a quando questo sindacato non sarà stato definito con sentenza di assoluzione o di condanna (che non lo sia), la quarta parte del suo salario scritto sotto, debba stare a modo di deposito, presso il Banchiere del nostro Comune. Inoltre non debba né possa essere sindacato durante il tempo del suo officio, e qualora venga sindacato durante questo tempo, tale sindacato non abbia nessuna validità. e qualora il detto suo sindacato avvenisse nel detto tempo, debba pagare e lasciare al nostro Comune la terza parte del suo salario scritto sotto. Infine debba lasciare in questo Comune dalle cose sue proprie quattro buone balestre in stato sufficiente con i crochi o con buoni “bandoni”. E debba lasciare in questo Comune otto dei suoi pavesi <scudi>. In realtà il salario che egli debba ricevere dal nostro Comune per sé, e per questi suoi officiali, per gli aiutanti e per i cavalli, sarà di 2.720 (duemilasettecentoventi) libre di denari della nostra usuale moneta a suo tempo corrente in questa Città. Si aggiungano però queste condizioni in questo statuto: che questo Podestà non farà in modo né consentirà che il detto suo salario abbia ad essere aumentato, entro il tempo del proprio officio. E se capitasse che questo Podestà o qualcuno dei suoi officiali o degli aiutanti, durante il tempo del loro sindacato venisse condannato, o prima, oppure dopo per qualche ragione o causa, questo Podestà non chiederà poi mai rappresaglie, né alcuno di questi officiali, né riceverà rappresaglia alcuna dal loro Comune, né da qualunque altro Comune, né da un signore o Rettore; né essi useranno rappresaglie qualora fossero concesse contro un Comune o contro singole persone di questa Città o del suo distretto o di terra alcuna che è tenuta per questa Città, oppure è raccomandata a questa stessa. Egli rinuncerà espressamente a tali rappresaglie, a nome proprio e per ciascuno degli anzidetti, con una remissione plenaria e per questo farà solenne promessa ratificata validamente. E ciò sarà così praticato e debba essere stabile. E, dopo la sua accettazione egli farà fare la delibera legittimamente negli opportuni Consigli della sua terra. E porterà questa delibera con sé in forma pubblica e nell’iniziare il suo officio assegnerà e darà al Cancelliere del nostro Comune questa delibera. Inoltre questo Podestà non debba portare con sé, né tenere alcun Giudice né officiale che avesse un divieto nella nostra Città secondo la forma dei nostri statuti e questo tempo del divieto venga espresso specificamente ai Giudici e gli altri officiali nel dover mandare l’elezione. Quando poi si realizzerà l’elezione del Capitano del popolo, o del Giudice di giustizia, tutte le cose anzidette vengano espresse e ripetute nell’elezione di essi e di ciascuno di essi. Si fa salvo e si fa riserva che il salario e il numero degli officiali, degli aiutanti e dei cavalli, anche la consegna delle balestre e dei pavesi, rimanga e debba rimanere nei poteri e nella volontà dei signori Priori e del Gonfaloniere di giustizia e dei Regolatori, dei Confalonieri delle contrade, dei Capitani delle arti e della Cernita di quattro buoni uomini per ciascuna contrada, oltre ai già detti. E quello che questi faranno, diranno, e delibereranno, almeno a maggioranza dei già detti, riguardo e per il salario  e il detto numero degli officiali, e la consegna che dovrà essere fatta al nostro Comune, come già detto, abbia piena forza di validità, nonostante qualunque altro statuto che si esprima in contrario.

       2 Rub.7Il giuramento del Podestà e del Capitano, la loro autorità e l’officio.

   Ordiniamo che il Podestà della Città di Fermo sia e si intenda essere il Giudice ordinario della Città, del contado e del distretto di Fermo e per l’autorità del presente statuto e senza alcuna riserva di giurisdizione, abbia e debba avere e s’intenda che gli sono attribuiti, dati e concessi ogni potere e ogni giurisdizione sia di mero e misto impero, sia anche di qualsiasi giurisdizione con poteri di spada e senza, tanto nelle cause civili, come anche nelle penali e in quelle miste e senza alcuna riserva di giurisdizione. Ed è il suo Giudice dei reati deputato da lui stesso ai reati abbia e debba avere l’autorità e il potere di fare indagini e fare la procedura, a meno che non prevedesse altro la forma degli statuti, e tramite ogni via e giurisdizione in tutte le singole cause penali e miste e per tutti i singoli atti e in ogni e singolo atto che, in giudizio e fuori, riguardano e vertono su cause penali o cause miste fino alla sentenza esclusivamente. E queste sentenze debbano essere promulgate soltanto ad opera del Podestà e non da alcuno dei Giudici di esse, né dal vicario, se non in caso di assenza o di un altro legittimo e giusto impedimento; in questo caso vengano promulgate viene fatta dal suo Vicario per sentenze penali o miste. In realtà al Capitano della Città di Fermo siano e si intendano attribuiti i poteri e la giurisdizione assoluta negli appelli e negli appelli interposti e da interporre, tanto nelle cause civili quanto nelle criminali e in quelle miste. Peraltro si intenda e sia che i poteri e la giurisdizione sono negati a questo Capitano in ogni modo nelle prime cause civili e prime miste, se non sono intentate in modo principale e incidentale attraverso cause di appello o di nullità, o di domanda di riduzioni ad arbitrio di un buonuomo, o di restituzione all’integro; oppure la giurisdizione fosse stata attribuita o si attribuisse in futuro al Capitano in modo speciale quando si faccia per la forma di qualche statuto o tramite una delibera. In realtà nelle cause penali si intendano e siano concessi i poteri e la giurisdizione a questo Capitano di fare indagine, di fare la procedura, di condannare, di fare esecuzioni per i reati, i delitti e tutti gli eccessi al modo come per il Podestà. Sia praticata la prevenzione tra questi Rettori riguardo al dover fare indagini su tali reati attraverso la semplice consegna della copia alla camera, nonostante qualsiasi altro statuto contrario. Si fa salvo che sempre le denunce sui reati che i Sindaci del contado hanno dovere di far debbano essere consegnati soltanto al Podestà e alla sua Curia.

Inoltre tutti i poteri e la giurisdizione in ogni modo si intendano concessi e siano attribuiti  al Capitano sulla grascia (viveri) e contro coloro che esportano la grascia dalla Città o dal contado, e di dare esecuzione a tutte le singole sentenze penali, emanate da parte di qualsiasi Rettore di questa Città e compiere l’esecuzione, in modo personale e reale, come in esse si contiene, di fatto, senza processo alcuno e inoltre negli altri casi in cui la giurisdizione fosse concessa a lui, o gli fosse stata concessa dalla forma dei nostri statuti. E questo Podestà, e anche il Capitano giurino sui santi Vangeli di Dio, toccando corporalmente con la mano il libro, che egli governa, salvaguarda, regola e mantiene, per quanto a lui possibile, la Città Fermana e il suo contado e il distretto, le giurisdizioni, i privilegi, le cose, i beni mobili e immobili, la società e il collegio del popolo di questa Città, per l’esaltazione, la magnificenza e per l’onore della sacrosanta Chiesa Romana e del santo signore nostro Papa. E qualora alcuni beni del Comune di questa Città fossero stati perduti, con tutte le sue possibilità egli debba recuperarli e adoperarsi per recuperarli, e tenere le cose recondite e i segreti del Comune e non rivelarli ad alcuno in alcun modo e sempre dare il miglio consiglio a vantaggio del Comune. Egli è impegnato ad eseguire e a far eseguire e far adempiere ai suoi officiali tutti gli statuti di questo volume e le delibere e gli ordinamenti già fatti e quelli che si faranno, senza alcuna riduzione né eccezione; debba salvaguardare nei loro diritti le chiese, le persone ecclesiastiche, le vedove, i pupilli, gli orfani e altre persone misere e tutte le altre; debba per quanto possibile mantenere e regolare e gestire e favorire i Priori del popolo e i Gonfalonieri di giustizia e anche gli altri Confalonieri delle contrade, le arti e lo stesso collegio di questo popolo, e lo stesso popolo tutto e la sua libertà e la pace; debba permanere continuamente di persona ad opera sua e dei suoi officiali in questo officio per tutto il tempo del loro officio e di quello di ciascuno di loro, e per tutto il tempo del sindacato, a non abbandonarlo per alcuna ragione né motivo, fino al termine del suo officio, pernottando fuori dalla Città di Fermo e dal suo distretto, se non in servizio del Comune di Fermo; e in questo caso venga autorizzato a pernottare e assentarsi con la licenza e con il mandato del Comune. E senza l’espressa licenza del Consiglio generale poi non può recarsi nella sua patria o ad altro luogo, per sua utilità né per il comodo di esercitare un qualche officio o una Rettoria fuori dalla Città e dal contado, sotto pena di 25 fiorini d’oro per ciascun giorno e per ciascuna volta. Debba poi a fare il rendiconto di questo suo officio secondo la forma della sua elezione e secondo la lettera presentatagli per questo officio, insieme con tutti gli officiali, gli aiutanti e i cavalli ed egli si obblighi per essi principalmente e ne abbia dovere in ogni caso. Non chiederà l’arbitrato né lo farà chiedere nel Consiglio, né alcun’altra cosa contro la forma degli statuti del Comune. Né farà alcuna proposta, né la fa fare per la sua riconferma, né per essere rieletto come Podestà o come Capitano; né si adopererà a ciò per tutto il tempo del divieto secondo la forma dei nostri statuti. Si contenterà del suo salario senza alcun altro emolumento e non chiederà di più, né riceverà di più direttamente, né indirettamente, senza chiedere alcun “colore”, da sé o per mezzo dei suoi officiali, o dei famigliari o di altra persona sottomessa. Egli sosterrà, favorirà e proteggerà l’officio del signor Capitano e lo stesso signor Capitano di questa Città, userà deferenza per lui e per il suo officio secondo la forma degli statuti riguardanti il suo officio, e vicendevolmente da parte del Capitano verso il Podestà. E qualora sia capitato che qualcuno dei suoi officiali o dei suoi aiutanti, a motivo di qualche suo officio, fosse condannato dai “raziocinatori” del Comune o dal Sindaco del Comune, egli non chiederà rappresaglia alcuna e non ne accoglierà e non ne farà uso da parte di qualche signore, né da qualche Comune contro il Comune, né contro qualche altra persona speciale di questa Città o del suo distretto o di qualche Terra che fosse, o è tenuta a favore per il Comune di Fermo, in occasione della condanna che avvenisse di lui stesso o di qualcuno dei suoi aiutanti. Non riceverà per sé un servizio, né doni ospitali da alcun Cittadino o abitante del contado di questa Città, non si metterà né a mangiare né bere insieme con alcun Cittadino, o abitante del contado, o alcun altro che abita in Città o nel contado, se non insieme con i signori Priori e con il Gonfaloniere della giustizia, a meno che non avverrà di recarsi lui stesso nel territorio del contado di questa Città, fuori dalla Città, per alcuni fatti del Comune. Inoltre il Podestà, anche il Capitano e ogni altro Rettore siano obbligati a fare la presentazione di sé, dei suoi officiali, degli aiutanti e dei cavalli secondo la forma del precedente capitolo. Inoltre sia obbligato a mandare un officiale con i Regolatori secondo quanto espresso nel prossimo precedente capitolo. Inoltre sia obbligato a leggere le sentenze penali nel Consiglio generale alla presenza del Banchiere e del suo Notaio, e non in modo diverso, sotto penalità di 100 libre di denari per ciascuna volta e debba personalmente consegnare a questo Notaio la copia di queste sentenze penali in carta pergamena di mano del Notaio dei reati che le ha scritte o lette; subito dopo lette queste sentenze e per il Rettore che trasgredisse la penalità di 200 libre di denaro per ciascuna volta e per il Notaio dei reati, la penalità di 25 libre di denaro per ciascuna volta. E al termine del loro officio, nei quattro giorni prima della scadenza siano obbligati e debbano restituire e consegnare ai Regolatori di questo Comune tutti i suoi registri, i processi e le scritture e le filze tramite l’inventario, legati e sigillati con sigillo di questi Regolatori, purché questi registri abbiano le copertine di pergamena e in queste copertine siano dipinti gli stemmi di ciascuno di questi Regolatori, sotto la pena predetta. E il Rettore non possa ricevere né avere alcuna cosa né somma di denaro, da sé né tramite un altro, da parte di nessuna persona per l’occasione delle carceri o della custodia, sotto penalità di 100 libre di denaro per ciascuno, e per ciascuna volta, da prelevarsi da lui, sul fatto. Inoltre questo Rettore non possa tenere recluso qualcuno che è catturato per debito pecuniario, se non nelle dette carceri comunali poste del Girfalco per più di un solo giorno, non nel suo palazzo o nelle carceri o altrove, né può carcerare né far carcerare o far detenere alcuno altrove, sotto pena di 100 libre di denaro. In realtà per un delitto o un crimine per il quale la pena da dover imporre viene ad essere principalmente personale o sotto condizione, il Rettore possa detenere nel palazzo chiunque che sia da condannare a questa pena personale o farlo tenere nel suo palazzo o farla porre e custodire, a suo arbitrio di volontà, e per questa cosa non può ricevere né far prendere alcuna somma di denaro in nessun modo. Gli aiutanti del Rettore ricevano per ogni persona catturata per debito civile soldi quattro se nella Piazza di San Martino; e fuori dalla Piazza all’interno della Città, soldi otto; nel contado, poi, per ciascun giorno e per ciascun aiutante soldi otto, senza le spese. Per un debito fiscale il Rettore mandi i suoi aiutanti gratis. Egli adempirà tutte le singole cose in generale e le farà adempiere, tramite i suoi officiali e gli aiutanti, con buona fedeltà e senza frode, rimuovendo l’odio, le simpatie, il timore, le suppliche e ogni comodità speciale o disagio, cose che si sanno riguardare il suo officio. E quando sia aiutato e salvato da Dio, giurerà sui santi Vangeli sotto valore del suo giuramento e obbligando tutti i suoi beni e sotto la pena contenuta nello statuto, per le cose che in qualche modo abbia trasgredito, e con la pena di 200 libre di denari nei singoli capitoli già detti, nei quali non sia imposta una specifica pena per qualche trasgressione o mancato adempimento da parte di questo Rettore. Egli prometterà al Cancelliere comunale, che fa la stipula per questo Comune, o al Sindaco di questo Comune, solennemente a vantaggio del Comune stesso e delle particolari persone a ciò interessate, che adempirà tutte queste singole cose. E il Cancelliere di questo Comune che nel tempo sarà incaricato, darà lettura di tutte queste cose, nell’occasione del giuramento e presenterà ciò in tali scritti, che saranno redatti in forma pubblica. Si proceda e si compia in modo simile in ogni singola cosa nel giuramento del signor Capitano. E questo Capitano si contenti del suo salario e almeno degli altri emolumenti, come si procederebbe nella sua elezione oppure a motivo degli statuti del Comune di Fermo. Non né sia valido chiedere, né ricevere da questo Comune nient’altro, neanche da parte di persone particolari e speciali, sotto pena di 100 libre di denaro per ciascuna volta in cui trasgredisse. Inoltre questo signor Podestà sia obbligato, anche il Capitano, all’inizio del proprio officio, rivolgersi a tutti i singoli Consiglieri del Consiglio generale e di quello speciale e li faccia giurare che dovranno venire al Consiglio quando verrà dato un bando <annuncio> dall’Araldo e con la penalità di 500 libre di denari per il Podestà o per il Capitano se omettesse o di farlo.

       2 Rub.8Il divieto per gli officiali ‘forensi’ (forestieri).

   Decretiamo ed ordiniamo, con lo scopo di dover conservare il presente libero e popolare Stato e di sterminare i mali e di far memoria delle cose passate, che Giovanni Bartolini e ser Bartolomeo Gori da Arezzo, un tempo Podestà e Cancelliere di Fermo e Andrea da Spoleto e Matteo da Castello e anche tutti gli altri singoli ‘forensi’ che ci fossero stati nel tempo della tirannide del signor Rainaldo da Monteverde, per qualche officio o stipendio, o provvigione nella Città o nel contado di Fermo, non possano stare in alcun officio né in futuro, possano esercitare a stipendio nella Città di Fermo o nel suo contado. Se si facesse diversamente per il diritto stesso non c’è validità ed essi stessi e coloro che consapevolmente eleggessero questi o qualcuno di loro, incorrano per il fatto stesso nella penalità di 1000 fiorini d’oro per ciascuno e per ciascuna volta. Si intenda che ciò ha validità per tutte le singole le persone che sono delle abitazioni loro o sono consanguinei dei già detti Giovanni e Bartolomeo, Andrea e Matteo. Inoltre nessuno che venga da una Terra o da un luogo vicino alla Città di Fermo nello spazio di 40 miglia possa stare in alcun officio di questa Città o del suo contado, con qualche Rettore o pro Rettore di questa Città. Inoltre che nessuno che sia stato Prorettore nella Città di Fermo per la durata di cinque anni calcolati da quando ha ultimato il suo officio possa accedere a nessuno officio presso questa Città e neppure esercitarvelo. I Giudici che nel tempo siano stati in questa Città per qualche officio, non possano stare in questa Città in un officio, calcolando tre anni da quando hanno ultimato il loro officio. I militari e i notai abbiano <questo> divieto per due anni; e per sei mesi poi il divieto per i damigelli e per gli aiutanti. Quando si debba fare l’elezione di qualche Rettore o degli officiali della Città di Fermo sempre si faccia una informazione speciale di questi divieti, espressamente. Inoltre chiunque dei Rettori o degli officiali della Città di Fermo sia stato condannato per la sua mala amministrazione in questa Città di Fermo, non possa tornare per alcun officio in seguito presso questa Città e qualora si facesse diversamente per il diritto stesso non ha validità, ma sia subito annullato per il fatto stesso e colui che trasgredisce incorra nella pena di 200 libre di denaro per ciascuno e per ciascuna volta. Inoltre, sotto la già detta pena, nessuno possa essere eletto né assunto come Rettore della Città di Fermo o per qualche officio in questa Città di Fermo in modo principale e a sua opera in una Città o Terra o luogo dove <proveniva> al tempo di questa sua elezione a Rettore in detta Città <di Fermo> o principale officiale.  E qualora quando lo si eleggesse in modo diverso e accettasse per lo stesso diritto non c’è validità. E su ciò si faccia una informazione speciale anche per l’elezione da farsi di qualche Rettore di questa Città, in modo tale che da una stessa Città o dal contando, non ci siano Rettori nello stesso tempo. E neppure uno solo che proviene da uno stesso luogo sia successore nello stesso officio, di un altro che provenga dallo stesso luogo. Inoltre ordiniamo che il Podestà e qualsivoglia Rettore, stabilito in modo principale in questa Città di Fermo, sia obbligato a pagare la penalità per tutto quelle cose che fossero state commesse, fatte, perpetrate, trascurate, omesse da parte dei suoi officiali o famigliari o da qualcuno di questi nel detto officio e durante questo officio e per tutte le singole cose che si commettessero, perpetrassero, omettessero ad opera dei suoi officiali, o famigliari o da qualcuno di questi; tale Rettore debba pagare la condanna che è stata fatta o da farsi per tale cosa colpevole, al modo come se in modo principale fosse stato colpevole. E da ora, per l’autorità della presente legge egli sia e sia considerato fideiussore di tutti i singoli officiali, i famigliari e di qualsivoglia di questi stessi, e per l’autorità della presente legge si comprenda che ha rinunciato al beneficio della fideiussione e ad ogni altro beneficio che compete o competesse o potesse competere, nell’occasione già detta, a questo Rettore.

       2 Rub.9L’officio del Cancelliere.

   Decretiamo ed ordiniamo che il Cancelliere del Comune di Fermo sia e debba essere <originario> della Città di Fermo e sia obbligato a fare tutte le singole delibere e gli ordinamenti, anche i decreti e le decisioni che si facessero ad opera dei magnifici signori Priori del popolo e dal Gonfaloniere di giustizia, dalle Cernite, dalle delibere, dai Consigli speciali e generali anche dal parlamento di questa Città. Inoltre questo Cancelliere sia obbligato a fare di propria mano o a far fare ogni singola lettera missiva e responsiva, emanate da parte del Comune di Fermo, e tutti gli atti di concessioni, assoluzioni, rivendicazioni, grazie, alienazioni ed ogni contratto ad opera di questo Comune, e pertinenti a questo Comune, e questo Cancelliere debba fare il rogito delle dette cose. Questo Cancelliere sia obbligato a registrare le decisioni, le delibere e tutti i decreti scrivendoli di propria mano o di mano altrui; e pubblicare di propria mano tutti i singoli giuramenti dei signori Priori e del Vessillifero di giustizia e degli altri officiali di questo Comune; questo Cancelliere sia obbligato a farne la narrazione e la comunicazione. E per tutte le cose che sono di competenza del suo officio, nessun altro possa né debba intromettersi, se non per volontà che sia provenuta dallo stesso Cancelliere. Inoltre sia obbligato a tenere un registro grande degli atti che abbia fogli di pergamena o di papiro e in questo registro siano registrate tutte le delibere e gli ordinamenti di questo Comune, del Consiglio generale o speciale e le decisioni deliberate o da deliberare ad opera di coloro che deliberano, <tenere> inoltre un altro registro in cui vengano registrati i diritti di proprietà, i contratti del Comune e gli obblighi da soddisfare, le donazioni e i decreti; inoltre un altro registro in cui vengano scritte le decisioni che si fanno ad opera delle Cernite. Inoltre non possa scrivere nessuna proposta in alcun Consiglio, che nel giorno precedente, nella Cernita non sia stata prima deliberata e anche la delibera sia anche registrata, sotto pena di 50 libre di denaro da prelevare sul fatto. Qualora si facesse qualcosa diversamente non abbia valore per il diritto stesso. Inoltre non possa sigillare nessuna missiva con il sigillo del Comune se in una fase precedente non sia stata ottenuta con fave nere e bianche tra i Priori. Inoltre egli non possa leggere né scrivere o annotare nessuna proposta che fosse contraria alla forma degli statuti o di qualche statuto, sotto pena di 100 libre di denaro che debba sottrarre a se stesso. Se si fosse fatto diversamente non abbia validità. Questo Cancelliere inoltre sia obbligato e debba, sotto la pena di giuramento pretato, e con la penalità di 25 libre di denari, registrare al termine di ciascun bimestre, nei predetti registri, tutte le singole deliberazioni dei Consigli, le decisioni, le Cernite, i contratti, e le provvigioni del Comune, le cose fatte e celebrate nel bimestre predetto, in modo tale che al termine di ciascuno degli offici del priorato, risulti chiaramente che cosa è stato fatto e deliberato nel tempo dell’officio dei signori Priori. Inoltre questo Cancelliere, nei quindici giorni che precedono l’ultimazione di qualsiasi officio di un Rettore della Città di Fermo, che viene sindacato e debba essere sindacato ad opera di un Sindaco ‘forense’ da eleggersi ad opera dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia; sia obbligato e debba mandare una lettera per tutto il contado di Fermo per rendere noto alle comunità il sindacato di questo Rettore e a tutte le singole persone di questo contado, in modo tale che questo sindacato sia noto a tutti e coloro che vogliono fare lamentele su questo Rettore non possano addurre di non avere informazione di questo sindacato. Qualora il Cancelliere sia stato negligente in queste cose, incorra nella penalità di 50 libre di denaro per il fatto stesso, per ciascuna volta in cui abbia trasgredito e sia stato negligente.

       2 Rub.10L’officio del Notaio dei Signori.

   Decretiamo ed ordiniamo che il Notaio eletto, estratto dall’urna, e destinato al servizio dei signori Priori del popolo, e del Gonfaloniere di giustizia della Città di Fermo e per il loro incarico, sia obbligato e debba, giorno e notte, stare e dimorare con i signori Priori del popolo, co il Gonfaloniere di giustizia e nel palazzo di residenza loro, durante il tempo di due mesi del loro incarico, e di non allontanarsi da essi senza il loro permesso, sotto penalità di 25 fiorini d’oro per qualsivoglia volta che abbia trasgredito. E durante detto tempo sia obbligato scrivere e registrare ogni lettera spedita o ricevuta, i bollettini e tutte le altre scritture secondo il volere e il mandato dei signori Priori e del Gonfaloniere della giustizia: fino a tanto però che non si arresti dall’officio del Cancelliere, se non in quanto sia provenuto dalla volontà dello stesso Cancelliere.

       2 Rub.11L’officio e l’ordine che debbono essere tenuti dai Gonfalonieri delle contrade e dagli altri Cittadini delle dette contrade.

   Al fine di dare efficacia alla tutela del presente libero stato popolare di questa Città, e alla resistenza contro i tentativi di tutti quegli iniqui che vogliono perturbare questo stato di queste contrade, in qualsiasi modo, e al fine di mettersi contro quei disordini che sorgono casualmente improvvisi dai quali, in qualche modo questo Stato possa ricevere danni, decretiamo e disponiamo che tutte le volte che in questa Città o in qualche contrada di questa Città un disordine, un tumulto o un’adunata ci sia, insorga o si inizi, ad opera di chiunque o di altri qualsiasi, di qualunque condizione siano, quando verosimilmente, nell’effetto, ciò possa prestarsi ad essere un impedimento per questo Stato, su mandato o richiesta dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia o del Podestà o del Capitano del popolo di questa Città e anche da se stessi, tutti i singoli Confalonieri delle contrade di questa Città che tengono i vessilli piccoli di questo Comune, allorché si siano avveduti e ne abbiano fatto constatazione, siano obbligati e abbiano dovere cioè ciascuno nella sua contrada, ad esporre i vessilli davanti alla propria abitazione e adoperarsi, secondo le possibilità, a riunire o far riunire tutti e singoli quelli della propria contrada presso tale vessillo. E tutti costoro di questa contrada siano in obbligo e in dovere di andare a seguire questo vessillo e obbedire a questo Gonfaloniere. E questo Gonfaloniere, insieme con questo vessillo, e con quelli della contrada e costoro della contrada, tutti, siano obbligati ad andare e stare con armi e con mezzi di difesa, insieme con il detto Gonfaloniere e sotto questo vessillo per dover fare resistenza contro chiunque di coloro che vogliano turbare lo Stato e per andare al palazzo di residenza di questi signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia e obbedire e ottemperare a questi signori Priori e al Gonfaloniere in ogni singola cosa che a loro sia stata comandata da costoro e fare, compiere e adoperarsi per tutte le singole cose a vantaggio della salvaguardia di questo Stato. Equando questi Gonfalonieri abbiano trasgredito in queste cose o in qualcuna di esse, vengano puniti sul fatto con penalità di 100 libre di denaro, per ciascuna volta, omettendo ogni formalità e ufficialità, senz’altro, ad opera del Podestà o del Capitano, e nondimeno, per il fatto stesso, si faccia a costoro la privazione di ogni officio e di ogni beneficio di questo Comune. Chiunque altro, poi, di questa contrada che non si associa o ricusi di doversi associare come detto a questo vessillo e a questo Gonfaloniere, nel detto modo, sia punito per ciascuna volta a 25 libre di denaro. E per sostenere le spese che occorrono a questi Gonfalonieri, nel giorno del loro giuramento e dell’accoglienza di questo gonfalone, debbano ricevere dalle finanze di questo Comune un fiorino d’oro per ciascuno di essi stessi e il Banchiere del Comune debba darlo a loro.

       2 Rub. 12Il modo di riunire i Consigli, di presentare le proposte, di arringare e di deliberare in essi.

   Decretiamo e ordiniamo che ogni qualvolta, per qualche caso, bisognasse riunire il Consiglio generale o quello speciale oppure entrambi, la riunione non ha validità se non con il consenso e con la volontà dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia. E qualora lo si sia deciso per volontà di questi, il Podestà o il Capitano sia obbligato a che si faccia pubblicamente il bando per il concilio, un giorno per l’altro, o di mattina per la sera, a meno che non ci sia una causa o necessità urgente, nel quale caso, secondo come questi Priori daranno ordinanza, per il <Consiglio> generale o per quello speciale o per entrambi per cui si debba fare il bando pubblicamente per lo stesso giorno di Consiglio, i Consiglieri vengano al Consiglio. E se capitasse qualche caso di un Consiglio opportuno che, espressamente l’effetto della forma di qualche statuto, per il quale bisognasse far conoscere la causa, ossia che sia dichiarata dal banditore, allora venga comunicato che avviene per tale causa, e la commissione di tale modo sia fatta a costui in particolare. E dopo che sono stati fatti il bando e la sua relazione a questo Rettore e al Notaio delle delibere, gli stessi signori Priori e il Gonfaloniere, alla presenza di questi e del Podestà o del Capitano, quando a questi Priori e al Gonfaloniere sembrerà che sia necessaria la presenza di questi Rettori o di qualcuno di questi stessi e non in altro modo, facciano il Consiglio. E prima che venga fatta qualche proposta in questo Consiglio facciano e facciano fare, almeno un giorno prima, la Cernita in cui propongano e decidano quello che debba essere proposto nel Consiglio da fare. A questa Cernita debbano essere presenti i Regolatori insieme con questi signori Priori e con il Gonfaloniere, i Capitani delle arti, e i Gonfalonieri delle contrade, oppure nella loro maggior parte e almeno quattro uomini per ogni contrada, se sia utile per il Comune e questo debba essere espresso chiaramente per mezzo del Cancelliere del Comune. E quello che sia stato approvato e deciso ad opera degli anzidetti, lo si possa proporre in tale Consiglio, e qualora si facesse in altro modo non abbia validità in alcun modo quello che sarà stato così deliberato in questo Consiglio. E qualora i Priori e il Gonfaloniere non abbiano messo in pratica questa forma, siano puniti per ciascuna volta a 10 libre per ciascuno e quello che è stato fatto non abbia validità per il diritto stesso. E questi signori Priori e il Gonfaloniere non possano proporre alcunché, né deliberare nel Consiglio generale o speciale se non quello che è stato deciso di proporre nella detta Cernita, come già detto. Dopo aperta la riunione del Consiglio si debbano leggere, ad opera del Cancelliere o del Notaio delle delibere, le proposte in questo Consiglio in ordine e in serie. E successivamente, quando avvenisse il Consiglio per opera del Potestà o del Capitano o di un Vicario di questi, debba fare le proposte con la presenza, il consenso e la volontà dei Priori e del Gonfaloniere, altrimenti, qualora non ci sia la presenza del Podestà o del Capitano o di un Vicario loro, per mezzo del Gonfaloniere di giustizia. Queste proposte, una o più, siano fatte in modo chiaro e trasparente così che quelli del Consiglio capiscano bene e in maniera accessibile, sotto penalità di 25 libre di denaro per chi trasgredisca, o il Potestà o il Capitano o un Vicario di questi; inoltre 10 libre di denaro<penalità> al Cancelliere oppure al Notaio delle delibere, per qualsivoglia volta che si sia trasgredito ad opera di qualcuno di questi stessi. Dopo che sono state lette le dette proposte, come già detto, chi voglia fare un’arringa prima giuri nelle mani del Cancelliere o del Notaio delle delibere che egli consiglia con fedeltà e legalità per la pubblica utilità, poi si alzi presso il luogo dell’arringa, purché quelli che fanno l’arringa non siano più di sei in un solo Consiglio e non possano fare l’arringa più di questi sei, a meno che la gravità dell’affare non richiedesse altro modo e dai signori Priori e dal Gonfaloniere sia considerato utile. E nessuno osi esprime un consiglio o un’arringa nei Consigli, se non soltanto sulle cose proposte, sotto penalità di 10 libre di denaro per ciascuno e per ciascuna volta. E nessuna persona, senza la licenza dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia, possa dare consiglio né fare arringa se non sopra una sola proposta nei Consigli, se non una volta soltanto, facendo eccezione quando venissero letti gli statuti fatti ad opera degli statutari del Comune, nel tempo dell’approvazione di questi. E chi contravvenisse sia punito alla detta pena sul fatto, senza alcun processo. Dopo che sono state fatte così le consultazioni, questi Priori e il Gonfaloniere, alla presenza del Podestà o del Capitano o di uno dei loro vicari oppure senza questi, da sé, insieme con il Cancelliere o con il Notaio delle delibere, facciano la delibera su che cosa si debba mettere a votazione tra le cose dette nelle arringhe. Dopo che è stato così deciso e messo per iscritto per opera del Notaio delle delibere o del Cancelliere, questi si alzi e tutte le cose delle arringhe dette in questo Consiglio nelle arringhe siano lette a tutti in modo particolareggiato e distinto, per tutti, e dica apertamente una tale cosa detta dal tale, piace ai signori Priori e al Gonfaloniere che ciò, si metta a votazione. Dopo fatto questo, si alzi il Rettore e metta a votazione quella cosa detta che è stata decisa dai signori Priori e dal Gonfaloniere. E se tale cosa detta viene approvata nel modo come contenuto nello statuto che riguarda l’autorità del Consiglio, va bene; se al contrario non sia stata approvata, sia messa a votazione un’altra cosa dopo che questa è stata decisa dai signori Priori e dal Gonfaloniere, secondo la forma già detta. E per vincere la votazione sia sufficiente quando vincano due delle tre parti dei presenti <2\3>, fatta eccezione per i casi nei quali venga disposto in altro modo dagli statuti di questo volume. E la votazione si faccia con fave nere e bianche e non con lupini. Queste fave siano messe in un bussolo soltanto e in segreto con le mani di coloro che le raccolgono, nonostante qualsiasi consuetudine in contrasto. E questo debba essere praticato anche nel contado e nella giurisdizione. E dopo che sia stata fatta la delibera si legga questa delibera per mezzo del detto Notaio delle delibere o del Cancelliere prima che questo Consiglio si congedi; e tale ordine sia praticato in ogni proposta di per sé, in modo tale che in nessun modo una proposta venga mescolata con altra, quando su di essa sia richiesto di fare una votazione. E nessuno si allontani dal Consiglio fino a quando non sia stata letta la delibera dal detto Notaio, sotto pena di 10 soldi di denaro per ciascuno che trasgredisca. Vogliamo tuttavia che qualora si proponesse in Cernita o in qualche Consiglio generale o speciale qualcosa e la votazione proposta fosse perdente, qualora si tratti di dare il condono o la composizione per i cittadini esiliati i quali fossero esiliati o condannati per il motivo di turbamento dello stato, non possano essere di nuovo proposti se non dopo trascorso un anno dal giorno della votazione perduta. In realtà se si sia trattato di altre cose, non può essere fatta una proposta, fino a tre mesi dopo la votazione perduta. Qualora la votazione perduta abbia riguardato altre cose non si possa proporre di ripeterla, e di nuovo, se non dopo passato un mese da calcolare come sopra; e qualora si facesse in altro modo senza rispettare questa forma, quello che sia stato fatto non abbia validità per il diritto stesso. E i Priori e il Gonfaloniere e il Cancelliere e il Notaio delle delibere che agissero in modo contrario alle dette cose o abbiano scritto, incorrano nella pena di 25 libre di denaro, per ciascuno di questi stessi, e per ciascuna volta.

       2 Rub.13Il Consiglio speciale del popolo.

   Il Consiglio speciale della Città di Fermo sia e debba essere di un numero di 150, e non di un numero maggiore: e sia <composto> di persone popolari, e con un numero di persone popolari e non dai nobili da detta Città: e nessuno possa essere eletto, né chiamato in questo Consiglio, che non sia Cittadino Fermano, e di età di 25 anni almeno, avente un patrimonio di 50 libre almeno. E chiunque venga trovato in detto Consiglio, ed eletto in modo contrario alla detta forma, non abbia alcuna voce in detto Consiglio, come gli altri Consiglieri l’hanno. E non possa far parte di detto Consiglio se non un uomo soltanto di una singola abitazione. Aggiungiamo che nessuno possa essere eletto, posto o scritto in qualche Consiglio generale, o speciale se prima non sarà stato deliberato, e ottenuto nella Cernita.

       2 Rub.14L’autorità, la giurisdizione e il potere del Consiglio speciale.

   Il Consiglio dei 150 buoni uomini della Città di Fermo abbia poteri, abbia autorità sulle delibere e sul fare gli ordinamenti su tutto ciò che sia stato proposto ad opera del Rettore della Città di Fermo o del suo Vicario, dopo il consenso dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia. E qualunque cosa sia stata approvata in questo Consiglio ottenuta e deliberata con i due terzi delle parti presenti che stanno in questo Consiglio, abbia validità, obbligo e pieno vigore e venga mandato in esecuzione, come se fosse deliberato e deciso ad opera di tutto il Consiglio dei 300 o dal Parlamento di questa Città insieme con questo Consiglio; sempre tuttavia e anzitutto che quello che sia stato proposto, approvato e deciso in questo Consiglio dei 150, sia stato approvato nella Cernita dichiarata ed ordinata in conformità al capitolo che riguarda il modo di congregare i Consigli. E in questo Consiglio dei 150 quando esso venisse fatto, debbano essere presenti almeno ottanta Consiglieri. Quello che sarà stato deciso, come già detto, abbia piena stabilità di vigore, come se sia stato fatto e deciso ad opera di questo Consiglio al completo.

       2 Rub.15 Il Consiglio generale.

   Il Consiglio generale della Città di Fermo debba essere di numero non meno di 300 Consiglieri e non di un numero inferiore; e in questo Consiglio nessuno sia eletto che non sia Cittadino Fermano, che abita di continuo nella Città di Fermo, di età almeno di 25 anni, avente un patrimonio di non meno di 25 libre e l’estimo del padre sia a vantaggio del figlio di famiglia. Tuttavia nel detto Consiglio non possono essere eletti molti che abitano insieme in una sola abitazione <ma un eletto solo>. Chiunque, in realtà, sia stato eletto senza che abbia le dette cose, non abbia alcuna ‘voce’ nel detto Consiglio.

       2 Rub.16L’arbitrio del Consiglio generale.

   Con questa perpetua legge decretiamo che qualunque cosa sia proposta in detto Consiglio dei trecento, da un Rettore della Città di Fermo o da un suo Vicario con l’approvazione dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia che ci saranno nel tempo, purché vi siano presenti 150 Consiglieri di detto Consiglio, e ivi sia deliberata dai due terzi dei Consiglieri presenti, abbia validità e sia fatta valere, come se sia stata deliberata da tutto il Consiglio. E detto Consiglio abbia autorità e potere pieno di deliberare e di decretare tutte le cose che fossero proposte in detto Consiglio, ad opera dei signori Priori, o dal Rettore, come se avvenisse ad opera di tutto il parlamento e vi fossero deliberate.

       2 Rub.17Il modo di mandare la decisione con fave nere e bianche.

   Ordiniamo che le votazioni che si mettessero nelle Cernite, nei Consigli e siano messe a tutte qualsiasi le decisioni e si facciano con le fave nere per il sì e alle fave bianche per il no, ad opera del Priore dei Priori, o dal Capitano, o dal Podestà o dal loro vicario, o dall’altro dei due loro Vicari, o ad opera del Gonfaloniere di giustizia; e queste fave siano consegnate e riconsegnate segretamente e non visibilmente in mano ai raccoglitori. E questi raccoglitori segretamente le mettano nei bussoli e non possano immettere, né ricevere se non una singola fava soltanto per una sola volta, sotto pena di 10 libre di denari per qualsivoglia volta, e per ciascuna fava, per qualunque da immettere. E in ciò lo statuto sia preciso e che non si possa derogare ad esso: sempre in tutti e singoli i casi, qualsivoglia votazione di per sé sia partecipata con le fave nere e bianche, e non con altra maniera; E quanto fatto in modo diverso non abbia validità, né sia fatto valere.

       2 Rub.18Il modo di sospendere gli Statuti.

   Ogni volta che si tratti di sospendere qualche statuto, si pratichi questa procedura, cioè il Capitano del popolo, se c’è, o il Podestà, o il Vicario di qualcuno di loro, insieme con i Priori del popolo, con il Vessillifero di giustizia, con i Capitani delle arti o a maggioranza di questi e con altri, di cui sopra si menziona nel capitolo sul congregare i Consigli, si riuniscano nella Cernita che qui si debba fare o a maggioranza di questi stessi, insieme uniti. E ad opera del signor Capitano del popolo o del Podestà, o di qualcuno dei loro vicari, si faccia la proposta <per decidere> se la sospensione fosse utile o sulla evidente utilità per il Comune, riguardo a quello statuto della cui sospensione si debba trattare. E dopo che è stata fatta questa proposta, ad opera di qualcuno o di alcuni dei predetti si debba fare una arringa; e dopo l’arringa; e dopo fatta l’arringa e la consultazione su ciò, una sola cosa tra quelle dette sia messa a votazione con fave nere e bianche. E quando, ivi, a maggioranza di costoro presenti, sia stato deliberato che si faccia la sospensione <dello statuto> per cose migliori e per una maggiore utilità, dopo che anzitutto sia stato letto lo statuto di cui si tratta, parola per parola, in lingua volgare e distintamente e dopo fatta la delibera di tale forma, ciò venga riportato al Consiglio generale o a quello speciale, nel giorno seguente dopo la delibera o in seguito in modo tale che questa sospensione, prima, sempre si deliberasse in questa Cernita. E in questo Consiglio da farsi sulle cose predette, vi siano e debbano essere presenti almeno 150 Consiglieri e ivi si faccia la proposta sulla sospensione del detto statuto che venga letto in questo Consiglio in lingua volgare, interamente, al pieno discernimento di tutti i Consiglieri. Non si possa né debba fare in altra maniera <diversa> da come è stato detto. Dopo fatta questa proposta, si faccia l’arringa su di essa ad opera di qualcuno o di alcuni tra questi Consiglieri e dopo fatta l’arringa e la consultazione su questa proposta, sia fatta la votazione con fave bianche e nere. E qualora sia stata approvata la detta sospensione da tre parti di questi Consiglieri presenti in questo Consiglio, tale sospensione sia valida almeno per tale volta soltanto, nonostante qualche delibera che parli al contrario. Tuttavia in nessun modo si può sospendere, proporre né decidere su qualche statuto che trattasse dell’elezione del Podestà o del Capitano, o trattasse della riconferma di questi o di qualcuno di questi, o riguardasse il non concedere azione d’arbitrio ad un Rettore, o ad un officiale del Comune o riguardasse i loro offici, e di non dover aumentare il salario al Podestà o al Capitano o a qualche officiale del Comune per qualche ‘colore’ richiesto, e riguardasse il non dover fare doni a questi, né ad alcuno di essi, o il non spendere, in altro modo, denaro o un altro bene del Comune, oltrepassando e prescindendo dalla forma degli statuti del Comune. E nessun Rettore, Priore o Gonfaloniere né qualunque altro officiale del Comune di Fermo osi, né presuma far proposta né far deliberare in qualche Consiglio, o riunione o parlamento sull’aumentare il salario del Podestà, o del Capitano o di qualche altro officiale, direttamente o indirettamente, a favore dello stipendio dei sergenti, delle guardie o per qualsiasi ‘colore’ richiesto. E nessuno osi fare arringa affinché si facciano le cose anzidette o qualcuna di queste, neppure che venga creato o stabilito un Sindaco per rendere indenni questi Rettori, Priori e il Gonfaloniere, o altri o altro officiale o chiunque altro che proponesse, scrivesse, decidesse, o consentisse o arringasse. E nessuno osi assumere su di sé questo sindacato, né scrivere tale sindacato, o una proposta o una decisione. E qualora qualcuno abbia agito o detto il contrario di qualcuna delle dette cose, se sia stato il Podestà o il Capitano sia punito a 500 libre di denaro, se sia stato un altro officiale cittadino, o un “forense” <forestiero> sia punito con 300 libre di denaro e costui debba essere rimosso in entrambi i casi con infamia dall’officio suo e sia infame. Se, in realtà, un’altra persona particolare abbia fatto le dette cose, sia punito a 200 libre di denari con infamia.

       2 Rub.19I Regolatori, il loro officio, le entrate ed uscite del Comune, e i Revisori dei conti del Comune e il loro officio.

   L’ officio dei Regolatori del Comune e del loro Notaio sia questo cioè questi Regolatori ed i loro notai, dopo fatta la loro elezione, debbano fare il giuramento di esercitare legalmente e bene il loro officio e debbano stare e rimanere nel palazzo dei signori Priori nelle ore congrue e dovute, oppure in un luogo congruo e decoroso per dovere esaminare i debiti che di fronte a loro venisse chiesto che vengano soddisfatti e pagati dal Comune. E dopo che su ciò abbiano fatto la disamina e la decisone, si proceda con questa procedura, cioè dopo che questi signori Priori e il Gonfaloniere hanno esaminato il debito o altra cosa, qualora a loro sembrasse opportuno di concedere la bolletta su ciò, allora essi, con un loro mandato, debbano fare scrivere, di mano del Notaio dei signori Priori, la bolletta su questa decisione. E infine questa bolletta così dichiarata e scritta venga mandata ai Regolatori anzidetti, e questi Regolatori infine, dopo esaminato il debito richiesto e dopo che essi hanno dichiarato, tutti insieme, che il debito debba essere soddisfatto dalla Comunità ritualmente e ragionevolmente, e dopo fatta tra di loro questa decisione, siano obbligati e debbano far registrare questa bolletta dei signori Priori e del Gonfaloniere, sottoscritta di mano del Cancelliere dei signori Priori e del Gonfaloniere, e la fanno registrare e sottoscrivere ad opera del loro Notaio, e sottoscritta così, mandarla al Notaio del registro che la debba registrare. E questa ‘bolla’ registrata sia assegnata al Banchiere del Comune di Fermo che la tenga e la registri e infine la mandi in esecuzione, come è contenuto in essa, per soddisfare questo debito ed estinguerlo. E questi Regolatori e il loro Notaio siano obbligati ad avere presso di loro e tenere i registri degli officiali del Comune e i registri degli stipendiari del Comune e ad opera del Comune di Fermo si dovrebbe dare a questi officiali e stipendiari qualcosa a titolo di salario dal Comune; in modo tale che quando i debiti del Comune saranno esaminati, si possa vedere e conoscere pienamente se il debito chiesto è giusto, o no, e se l’officio o le cose per cui questo salario è richiesto, è stato compiuto dal richiedente o no. E qualora a questi risulterà chiaro e manifesto che questo officio è stato adempiuto, venga concessa la bolla; in caso diverso, no. E questa procedura sia mantenuta nel dovere esaminare ogni altro debito di questo Comune, cioè che il debito risulti che è liquido. E dopo fatta la decisione da parte loro sul dover concedere la ‘bolla’, il detto Notaio sia obbligato a scrivere in un solo registro che questo debito è stato dichiarato da doversi pagare. E dopo fatta e concessa questa ‘bolla’ (come è stato detto) per questo debito, cancellare questo debito e scrivere ivi come questa ‘bolla’ è stata concessa per pagare questo debito. Si debba fare diligentemente un’indagine nell’esaminare i debiti, e investigare prontamente e cautamente attraverso ogni via, nel miglior modo come si potrà, prima di concedere questa bolla <considerando> se il debito che è chiesto esista ovvero sia stato soddisfatto altra volta, se debba essere soddisfatto, o no, e se venga chiesto per giusta causa o non giusta. E qualora abbiano scoperto oppure altra volta abbiano ricevuto informazioni che qualcuno chieda qualche debito, già pagato o soddisfatto, siano obbligati e, sotto valore del giuramento fatto e sotto pena di 25 libre di denaro per ciascuno di questi stessi, debbano denunciare, senza ritardo, questa cosa al signor Capitano del popolo oppure ad un altro Rettore. E questo signor Capitano o il Rettore debba fare indagine contro quel tale chiedente e condannare il tale scoperto colpevole, fino alla somma di 100 libre, e più oppure meno, a suo arbitrio, considerando la qualità e la condizione della persona, e la quantità del debito pagato due volte. In questo caso non si applica lo statuto sulla pena per chi chiede un debito già pagato, posta nel registro dei reati. E quando viene concessa qualche ‘bolla’ per il salario di qualche officio del Comune per un officiale, il Notaio dei Regolatori sia obbligato a scrivere nel registro degli officiali, secondo l’elezione fatta di quel determinato officio in quale maniera è concessa a lui la ‘bolla’ per pagare il salario di tale officio, al fine che si possa meglio sapere in seguito, che questo debito o salario sia stato soddisfatto, affinché non possa essere richiesto né pagato una seconda volta con inganno a danno del Comune. Inoltre questo Notaio sia obbligato a scrivere da se stesso in un solo registro il giorno dell’arrivo e della partenza degli ambasciatori del Comune di Fermo e degli altri che hanno un salario o un salario di diaria o uno stipendio; similmente siano scritti i giorni singoli dell’attività loro, individualmente, nel registro di questi Regolatori, di mano del loro Notaio, al fine che si possa meglio sapere per quanti giorni e in quale maniera si debba concedere loro la ‘bolla’ del salario; e queste bolle non possano essere concesse in un modo diverso. E dopo che la ‘bolla’ è stata concessa, il Notaio scriva vicino lì dove ha scritto gli arrivi e le partenze degli ambasciatori e dei detti nunzi o di coloro che (come già detto) hanno fatto il servizio, per quale motivo questa ‘bolla’ è stata concessa per questo salario. E allora siano cancellati questo debito e i giorni detti, al fine che non si faccia un’altra ‘bolla’ su ciò. E quando si richiedesse qualche altro debito, quanto il salario di qualche officiale o di un ambasciatore, questi Regolatori non debbano concedere la ‘bolla’ se in precedenza essi non hanno visto e avuto l’istrumento, la sentenza, o la delibera del Consiglio in forma pubblica ed estratta dal registro originale del Comune, per quale cosa e per quanto tale debito fosse richiesto. E dopo concessa la ‘bolla’ di tale forma, di fronte a questi stessi, faccia o faccia fare la cancellatura su quell’istrumento di qualunque debito del Comune, sulla sentenza, o sulla delibera in vigore della quale viene fatta la richiesta di qualcosa al Comune. Questo <atto> con cancellatura lo tengano presso di loro e lo pongano e lo facciano porre in una filza. E dopo avere ultimato il loro officio debbano farne la consegna ai loro successori affinché sempre (all’occorrenza) si possa ritrovarlo, sempre tuttavia esaminando, prima che la bolla sia concessa da loro, come già detto, se tale debito sia giusto, o non sia giusto, come già detto. E affinché i Regolatori del Comune non concedano una ‘bolla’ a qualcuno e non facciano cose quando non dovessero farle, facciano fare un solo registro in cui, tramite il loro Notaio, siano scritti i singoli nomi di tutti coloro che devono ricevere qualcosa dal Comune. E non appena è stata concessa la bolla a qualcuno, pongano una cancellatura al debito in detto registro, affinché alcun pagamento non possa essere reiterato. E si salvaguardi la conformità, nelle ‘bolle’ da concedere e nei pagamenti da fare secondo l’ordine di questo registro. E i Regolatori che saranno stati in carica nel tempo, come sopra è espresso, quando abbiano visto che esistono debiti, mostrino queste ‘bolle’ e le concedano. Per le carte, per la cera, per l’inchiostro e per altre cose minute e necessarie al Comune, e su tali cose non si può far risultare alcun istrumento pubblico, né una sentenza, né una delibera, essi possano concedere le ‘bolle’ secondo come sembrerà più utile e meglio per il Comune e per ciascuna singola cosa tra queste stesse. E questi Regolatori debbano eseguire, col vincolo del giuramento, tutte queste cose, sotto pena di 50 libre di denaro per ciascuno e per qualsivoglia caso, quando abbiano trasgredito. Questi Regolatori non possano fare giammai le ‘bolle’ straordinarie dal denaro del Comune se non siano derivate da una delibera della Cernita, ad eccezione delle bolle riguardanti <spese> per la fabbrica e le riparazioni del palazzo, delle strade della Città, delle mura, e per gli oratori o ambasciatori che vengono mandati in Provincia; altrimenti <le bolle> siano totalmente nulle, e i Regolatori e il Notaio loro scrivente incorrano per il fatto stesso nella pena del doppio della somma contenuta nella detta ‘bolla’ <non valida>. E allo scopo che non si commetta una frode nel loro officio, vogliamo che ci siano due registri simili che vanno scritti dallo stesso Notaio nei quali sono registrati questi debiti e uno di questi registri debba restare presso i Priori e il Gonfaloniere del popolo e l’altro presso i detti Regolatori. E senza il consenso e la volontà dei signori Priori e del Gonfaloniere non pussa essere registrato alcun creditore né debitore in questo registro. Se in contrasto a ciò si scrivesse, la scrittura non abbia validità. E dopo ultimato il loro officio, debbano fare il rendiconto del loro officio, come è contenuto nel capitolo sul dovere dei rendiconti degli officiali. Inoltre nessuno dei Regolatori del Comune di Fermo, neanche il loro Notaio, durante il loro officio, non possa né debba acquistare o comperare alcun bene, una proprietà e qualsiasi cosa del Comune, né alcunché pertinente in qualche modo a questo Comune, da se stessi o tramite altri, per nessun titolo, diritto o motivo, in nessun modo, sotto penalità di 1000 libre di denaro per ciascuno e per ciascuna volta, da imporsi ad opera del Rettore di Fermo o del loro sindacatore, sul fatto, senza alcun processo, e per questa stessa cosa, qualora abbiano trasgredito, e siano privati e si intendano privati in perpetuo di tutti e i singoli gli uffici e i benefici della Città e del contado di Fermo. E il Rettore di Fermo e il Sindacatore di questi Regolatori e del loro notaio abbiano il mero e libero arbitrio per fare indagine sulle anzidette cose contro costoro e di punire con le dette pene chi abbia trasgredito. Eccetto che per furto e “baratteria” questi i sindacatori non possano essere sottoposti al sindacato su queste cose. Inoltre questi Regolatori debbano essere presenti a tutte e le singole riunioni di Credenza, e ai Consigli, presso i palazzi dei signori Priori e del Gonfaloniere, ad ogni loro richiesta. Inoltre debbono avere cura e sollecitudine per le gabelle e per le altre cose e per i beni del Comune, affinché questi beni non siano amministrati male, né dilapidati. Inoltre siano obbligati e debbano, due volte in ciascun mese, fare la presentazione di tutti e i singoli officiali e degli stipendiati del Comune di Fermo e dei collaboratori dei signori Priori. E dopo fatta questa presentazione, nel successivo Consiglio, subito, debbano far leggere i “puntati” <assenti>, se ve ne sono, e dopo che questi sono stati letti, siano obbligati a dare per iscritto i nomi di questi “puntati” al Notaio del registro e questo notaio del registro, insieme con i Regolatori e con il loro Notaio, debbano esaminare e scomputare tali puntature <degli assenti> dai loro salari o stipendi. E dopo fatto questo scomputo, per mezzo di una ‘bolla’ degli stessi Regolatori, anzitutto facciano registrare questa bolla e dopo aver registrata così questa ‘bolla’, la debbono mandare al Banchiere del Comune. E secondo questa bolla, questo Banchiere debba fare i pagamenti e per nulla in modo diverso, sicché nel dover fare a suo tempo i pagamenti ai Rettori, o agli stipendiati, si consideri quanto debba essere detratto, affinché il commettere frode alcuna non abbia validità. Queste sono le penalità delle puntature <di assenze> cioè per le persone del Podestà e del Capitano e del Giudice di giustizia 100 fiorini d’oro per ciascuno e per ciascuna puntatura, e per il Vicario del Podestà e del Capitano fiorini 50; per il Giudice dei reati fiorini 30; per ciascun milite fiorini 25; per ciascun Notaio fiorini 10; per ciascun damigello fiorini 5, per ciascun collaboratore fiorini 3 e per ciascun cavallo fiorini 4. Le pene in realtà della puntatura degli stipendiati del contado e dei Castelli di Fermo: per ciascuno stipendiato, sia soldato, sia cavaliere, perda la paga di un mese, per chi è riscontrato ‘puntato’ <assente>. Le pene poi di puntatura per gli officiali del contado e dei Castelli di Fermo, per ciascun officiale principale, fiorini 10, per il Vicario o per il Notaio fiorini 5; per ciascun collaboratore fiorini 3. Ma le pene per i Castellani siano fiorini 25 a ciascun castellano. E tutte queste singole pene delle puntature siano assegnate al Comune di Fermo. Inoltre uno solo dei Regolatori insieme con uno solo degli officiali del Capitano del popolo o del Podestà o di altro officiale, vada insieme una volta in ciascun mese almeno a dover fare la presentazione degli officiali del contado e dei Castelli e delle incaricati alle Rocche e degli altri stipendiati che ci fossero nel contado di Fermo e faccia questa presentazione con fedeltà e con diligenza e debba portare in iscritto e far leggere nel Consiglio del Comune tutti quelli ‘puntati’ nel contado. Egli debba segnare gli eletti per il Notaio del registro e per il Notaio dei Regolatori, che li registrino e facciano lo scomputo per mezzo di una loro bolla registrata, come già detto e li pongano nelle entrate del Comune e infine li consegnino al notaio del Banchiere che li registri e li ponga nelle entrate del Comune. E al momento del pagamento del tale Notaio, officiale o addetto alla rocca debba fare la detrazione dalla paga di costui. E ciascun Rettore sia obbligato per gli anzidetti a mandare uno solo dei suoi officiali con uno solo di questi Regolatori, ad ogni sua richiesta, per fare la rivisita di queste Rocche e le presentazioni, sotto pena per ciascun Rettore di 100 libre di denaro quando trasgredisca o quando rifiuti di fare le dette cose, per ciascuno e per ciascuna volta. I Regolatori, in realtà, e il loro Notaio, quando siano stati negligenti in queste cose o in qualcuna delle dette cose, o non abbiano compiuto queste cose o qualcuna di esse, siano puniti con la penalità di libre 50 di denaro, sul fatto, per ciascuno e per ciascuna volta, senza alcun processo. Inoltre tutti i singoli Rettori e gli officiali del Comune di Fermo sono obbligati e debbano praticare tutte le singole cose contenute in questo statuto, con vincolo di giuramento, con penalità di 100 libre di denari per ciascuno e per ciascuna volta quando abbiano agito in contrasto con le cose scritte sotto e scritte sopra o contro qualcuna di queste. E allo scopo non abbia validità che il Comune venga defraudato, si debbano dare e concedere i collaboratori a questi Regolatori per riscuotere le male paghe o altri debitori del Comune, o quelli che tengono qualcosa spettante a questo Comune. E questi Regolatori siano obbligati anche a rivedere, insieme con un officiale del Comune di Fermo e a considerare le fortificazioni delle Rocche e le cose che sono in esse, nel contado, cioè tanto le fortificazioni che vi stanno per il Comune di Fermo, come pure degli incaricati delle Rocche e dei Castellani. E quando vanno alla rivisita di queste Rocche portino con sé una copia dell’inventario della fortificazione di ciascun Castello o Rocca e facciano la relazione al Consiglio speciale per le cose non ritrovate. E il Capitano oppure il Podestà di Fermo, dopo aver preso visione di questa relazione, debbano punire e condannare sul fatto e senza nessun processo colui o coloro che abbiano commesso qualche frode riguardo alle fortificazioni di queste Rocche, con restituzione del triplo di quanto hanno defraudato al Comune e diano punizioni con altre pene, sul fatto e ad arbitrio del Rettore e per la cosa stessa <il colpevole> perda il suo salario e per il resto sia privato di ogni officio e di ogni beneficio del Comune di Fermo. E si faccia fede riguardo alle dette cose alla sola relazione dell’officiale e così si tenga <stabilito>. Inoltre riguardi principalmente l’officio di questi Regolatori <l’incarico> di rivedere e calcolare i registri e i rendiconti dei Banchieri del Comune, e di altri officiali nelle mani dei quali si sa per i soldi, per le cose e per i beni del Comune, entro quindici giorni dopo che la notizia sia arrivate a questi Regolatori e facciano scrivere subito nel loro registro, per mano del loro Notaio, quel calcolo che avranno trovato o deliberato e in ogni caso debbano consegnarlo al Notaio del registro in modo tale che ogni cosa risulti evidente nel registro di registrazione. Questi Regolatori siano obbligati alle anzidette cose, anche il loro Notaio e il Notaio del registro, sotto penalità di 25 libre di denaro per ciascuno di essi, e di fare tale restituzione del danno che è stato patito dal Comune a motivo della omissione di costoro, e di qualsivoglia di questi. E riguardo a tutto quanto è contenuto nel presente statuto e ad ogni altra cosa <dannosa> commessa per opera di questi o di uno di questi, in frode, a danno e a detrimento di questo Comune, questi Regolatori debbono essere sindacati quando hanno ultimato il loro officio, ad opera del Giudice di giustizia o del Capitano del popolo, secondo la forma dello statuto che sta nella rubrica che riguarda il sindacato dei signori Priori del popolo e altro.

       2 Rub.20L’officio del Banchiere e del suo Notaio.

   l’officio del Banchiere del Comune sia tale, cioè che prima di iniziare il suo officio faccia il giuramento corporale di reggere e di esercitare il suo officio bene, fedelmente e legalmente e senza frode e secondo la forma degli statuti del Comune di Fermo e di non venderlo, e dopo ultimato il suo officio fare un rendiconto sufficientemente delle cose fatte da lui nel medesimo officio e debba su ciò presentare idonei fideiussori. Faccia un giuramento simile anche il suo Notaio che sia Notaio pubblico di autorità imperiale o apostolica e debba giurare insieme con questo Banchiere nella sala grande del Palazzo insieme con altri cittadini, di fronte ai signori Priori. Qualora si sia fatto in modo diverso, i signori Priori respingano questo Banchiere e non ammettano questo Banchiere in alcun modo al giuramento. E il Cancelliere non faccia la stipula, né lo accolga, sotto la penalità di 10 ducati per ciascuno dei signori Priori e per il Cancelliere 5 ducati da trattenere sul fatto dal loro salario e da pagare qualora abbiano trasgredito. Essi possano e debbano eleggere ed estrarre un altro Banchiere tra quelli nel bussolo per esercitare l’officio di Banchierato, con un Notaio da prendere e da avere, come già detto. E questo Banchiere sia obbligato anzitutto ad avere la borsa che gli va consegnata a spese del Comune in cui sempre tenga i soldi di questo Comune e non in altra borsa. Inoltre questo Banchiere e il suo Notaio hanno obbligo di stare nel palazzo dei Priori al banco, dove sarà loro ordinato ed esercitare soltanto ad opera propria il loro officio e riporre i registri degli atti del loro officio dentro lo arci-scanno del Comune e non tenere fuori dal palazzo questi registri, né alcuno di questi, neppure portarli fuori dal luogo della loro residenza, né permettere in alcun modo di portarli fuori, neppure scrivere o fare in qualche modo alcuna scrittura né atto pertinente al loro officio in altro luogo, se non in questo detto. E ciascuno, tanto il Banchiere quanto il Notaio abbia il suo registro fatto da sé, in cui scrive le entrate e le uscite dei conti del Comune, e da se stessi e non per mezzo di un sostituto scrivano il giorno, la località, i testimoni in queste scritture; e quanto fatto in modo diverso non ha validità per il diritto stesso, con penalità per chiunque trasgredisca in una delle cose predette di 25 libre di denaro, per qualsivoglia volta. Inoltre il Notaio di questo Banchiere sia obbligato, tutte le volte che in Consiglio sono presentate le sentenze penali <fatte> nella Curia del Podestà o del Capitano, a stare presente per dover ascoltare queste sentenze insieme con il Notaio del Rettore che le legge e tenere nelle mani una pergamena di queste sentenze, scritta di mano del Notaio che legge nelle pergamene in quel momento; e dopo che la sentenza è stata proclamata la debba prendere con sé e riporla nel detto arci-scanno, sotto pena di 10 libre di denaro per ciascuna volta. E le sentenze penali non possano essere né presentate, né lette senza la presenza e la richiesta del detto Notaio, sotto pena, per ciascuna volta, di 100 libre di denaro per ciascun Rettore e per l’officiale che trasgrediscano e 100 denaro per il Notaio per ciascuna volta che le leggesse in modo diverso. E il Rettore o l’officiale che presenta le sentenze e il Notaio che le legge, qualora non abbia presentato le copie di queste sentenze, quando così queste sono lette o fatte conoscere, né le abbia date a questo Notaio del Banchiere, sia no puniti con la pena, per ciascuna volta, di 200 libre di denari; ma per il Notaio che legge la pena sia di 25 libre di denaro, per ciascuna volta. E il Banchiere e il suo Notaio facciano insistenza sollecitando che queste sentenze pubblicate siano messe in esecuzione. Inoltre questo Banchiere sia obbligato a custodire e a salvaguardare con diligenza e fedeltà, tutti i soldi e le cose pertinenti al Comune che dalle condanne e da altri modi siano pervenute nelle sue mani. Questo Banchiere e il suo Notaio, di mano propria, ciascuno nel suo registro, senza intervallo di tempo, debbono fare la registrazione delle entrate dei conti del Comune, nel modo e nella forma indicati sopra, sotto pena di 100 libre di denari per ciascuno e per ciascuna volta. Questo Banchiere non possa fare alcuna dichiarazione né contenuto dei soldi né di cosa che riguardasse il Comune, senza l’intervento di un pagamento manuale e della consegna, sotto penalità, per qualsivoglia volta e per ciascuno di loro di 100 libre di denaro  per il Banchiere e per il Notaio che scrive ciò, da esigersi sul fatto anche durante il loro officio, ad opera del Rettore o del Giudice di giustizia della Città di Fermo. E quello che venisse fatto in maniera diversa, non ha validità per il diritto stesso. E questo Banchiere non possa dare né pagare alcuna cosa né una somma di soldi di questo Comune o pertinenti a questo Comune a nessuno, se precedentemente non ha visto la bolla e il mandato dei signori Priori e del Gonfaloniere che sia scritta di mano del loro Notaio e segnata con il loro sigillo e approvata poi dai Regolatori del Comune, e al riguardo sottoscritta di mano del Notaio e ad opera di costoro dotata di sigillata, e contenente scritta la somma o la cosa e il motivo, anche la persona a cui si facciano la consegna o il pagamento, e dopo che questa bolla sia stata vista e sottoscritta dal Notaio del registro. In realtà non possa ricevere cosa alcuna né somma di soldi che siano pertinenti al Comune o di questo Comune in altro modo se prima non ha avuto la ‘bolla’ dei signori Priori, e del Gonfaloniere, scritta di mano del loro Notaio e sottoscritta solennemente e dotata di sigillo almeno con il loro sigillo piccolo e contenente <scritta> la somma o la cosa. E lo stesso Banchiere dopo ricevuta questa bolla, sia obbligato a scrivere di propria mano sotto questa stessa che ha ricevuto, e in quale giorno, la somma o la cosa ivi contenuta, e infine rimandarla al Notaio dei Regolatori e del registro, che la debbano registrare. E poi dopo che è stata così registrata egli la debba mandare al Notaio dei signori Priori che la debba subito mettere nella filza e conservare. Il Notaio del Banchiere debba registrare queste bollette che contengono le cose predette, aggiungendo solennemente il giorno della presentazione. Questo Banchiere infine debba mandare in esecuzione le cose contenute in essa. E lui stesso, come anche il suo Notaio, ciascuno sia obbligato a scrivere di propria mano nel suo registro le cose ricevute, date e pagate nei conti del Comune. E non sia lecito al Notaio nel fare la registrazione, né al Banchiere nel pagare e nell’eseguire secondo quanto contenuto in una bolletta sottoscritta, di cambiare l’ordine degli atti o delle scritture, posporre o mutare, sotto pena di perdita dell’officio e di 100 libre di denari per chi trasgredisca e per ciascuna volta, nei singoli casi anzidetti, da esigersi sul fatto. E se questo Banchiere non avesse di che soddisfare (in pagamento) quanto contenuto in tali bollette registrate, come già detto, il suo successore sia obbligato ad eseguire le dette cose secondo l’ordine delle scritture del suo predecessore, quando <la somma> sarà giunta nelle sue mani, dai soldi e dall’avere dal Comune. Il Banchiere comunale non possa spendere alcunché né pagare per le migliorie di qualche palazzo, dell’ospitalità, della masseria o di alcun’altra cosa del Rettore o di un officiale del Comune, senza la ‘bolla’ solennizzata nel detto modo, altrimenti restituisca dal proprio <avere>. E qualora risultasse che abbia speso a nome del Comune più di quanto stia nell’entrata che gli sia pervenuta per il Comune, venga imputato a lui stesso, a propria perdita. Egli non ammetta alcuna delega da nessuno, né una compensazione di alcun debito a cui il Comune fosse stato obbligato, per qualsiasi ragione o causa, ad eccezione di qualcosa (?) per cui il Comune fosse stato obbligato a risarcire quel tale, oppure chi delegasse a nome suo proprio o ereditario: in questo caso egli possa e debba farlo, dopo aver rispettato la solennità della detta bolla; con penalità per il Banchiere che trasgredisca in qualche cosa, di 100 libre di denaro per ciascuna volta. E quello che sia stato fatto in modo contrastante, non abbia validità per il diritto stesso. Aggiungiamo inoltre che questo Banchiere non osi, né presuma prelevare, spendere, né toccare senza una delibera della Cernita i denari dell’assetto <provviste> del contado, se non per il pagamento delle taglie. E se i signori Priori o i Regolatori lo comandassero, egli non sia obbligato ad obbedire; ma chi trasgredisca venga privato degli uffici e dei benefici per il fatto stesso e sia anche messo in carcere per riconsegnare e restituire i soldi prelevati dall’assetto. E da qui non sia scarcerato fino a quando non avrà ridato i soldi e abbia pagato per queste taglie da soddisfare. Questo Banchiere sia obbligato e debba pagare i soldi degli assetti per gli assetti, quelli delle arti per le arti, le cose ordinarie per le cose ordinarie, le altre cose per altre cose, secondo come sarà stato l’ordine, e pagare tutte le ‘bolle’ ordinarie e non straordinarie, senza una delibera della Cernita, sotto la pena predetta di privazione, con questa espressa dichiarazione che nel tempo del suo rendiconto da fare e da calcolare, i Regolatori non ammettano in alcun modo tali bolle straordinarie pagate, ma si intenda che il Banchiere stesso le abbia pagate con i suoi propri soldi. E qualora a motivo del prelievo da fare dei soldi dell’assetto, ad opera di questo Banchiere, avvenissero esecuzioni e corressero spese al Comune, allora ricadano sul detto Banchiere che sia obbligato e costretto a pagare dai suoi propri soldi dette spese e le esecuzioni da fare in occasione del pagamento delle taglie. E dopo che ha ultimato il suo officio non possa né debba scrivere né aggiungere nulla nel registro o bastardello, sotto pena di 50 ducati. E neppure il Notaio dei Regolatori faccia alcuna aggiunta nel registro. E questo Banchiere non possa, né ad opera sua, né tramite altri, comprare o ricevere da alcuno qualsiasi qualche diritto contro il Comune, né valga a prendere o trattenere <per sé> qualcosa dai soldi e dall’avere del Comune, a motivo di cosa acquistata o ricevuta o acquisita, sotto pena di cento libre di denaro per ciascuna volta. E tutto quello che sia stato fatto in modo contrastante non abbia validità per il diritto stesso. Egli perda il costo e restituisca quanto ricevuto o trattenuto del Comune, e il restituito sia assegnato al Comune. Su queste cose possa essere accusato da chiunque. Inoltre il Banchiere e il suo Notaio, durante il loro officio, non possa, ad opera propria né tramite altri, comprare o ricevere nessuna gabella del Comune o qualsiasi altra cosa o diritto del Comune, né cosa pertinente al Comune, né acquisirla, con nessun titolo o aspetto, sotto pena di 100 libre di denaro da riscuotere sul fatto da chiunque trasgredisca, per ciascuna volta, senza processo e perda la spesa insieme con la cosa o il diritto per il fatto stesso. Inoltre questo Banchiere paghi il salario al Podestà, al Capitano e a ciascun altro officiale del Comune, a ciascuno di questi, nel seguente modo: cioè la terza parte al termine dei primi due mesi, un’altra terza parte alla fine dei successivi due mesi, e la restante terza parte al termine del suo sindacato. E dopo ultimato questo sindacato e dopo fatto il rendiconto, se non avvenisse una condanna, sia fatto il pagamento, ma ricevendo prima, da questo Banchiere e dal Notaio del registro, a nome del Comune, la quietanza totale e sufficiente e finale, fatta da questo Rettore o dall’officiale per quanto potesse chiedere in occasione del salario del suo officio, diversamente si intenda che avesse pagato con i soldi propri. Inoltre questo Banchiere e il suo Notaio, non possano ricevere soldi o cose, né chiederli per una bolletta che abbia dato a qualcuno e l’abbia fatta nel far fede al Rettore o a un officiale sulla condanna che qualcuno abbia pagato, o per qualsiasi altra bolla o scrittura che abbia dato nel suo officio o abbia fatto. Ma piuttosto sia obbligato ciascuno di essi, gratis, a dare subito gratis e fare la bolla <ricevuta> di tale pagamento, e delle altre cose opportune, su richiesta o domanda di un tale solvente e di colui a cui spetta, sotto pena di 10 libre di denaro per ciascuno e per ciascuna volta. Questo Banchiere non riceva né faccia ricevere alcuna ricompensa, né dono, né premio o regalo ospitale da qualche persona alla quale il Comune o il Banchiere per il Comune dovesse qualcosa, per pagare tale debito, o per sbrigare il pagamento o per qualche altra occasione o motivo o ragione del suo officio; e se abbia trasgredito ad opera sua o tramite altri, prendendo qualcosa o trattenendola in qualche modo o per un colore qualsiasi richiesto da parte di colui con il quale il Comune fosse in debito per qualsiasi causa o su altro a nome di lui, sia punito ad opera del Podestà o del Capitano, anche durante il suo officio, o dopo, o anche ad opera del Sindacatore, per ciascuna volta, a libre 100 sul fatto e senza processo alcuno e tuttavia qualunque cosa abbia ricevuto o abbia tenuto nella detta occasione la debba lasciare e in più oltre a questo pagare il doppio al Comune e venga costretto a consegnarla nel predetto modo e per il resto sia escluso e privato in perpetuo, per ciò stesso, di ogni e singolo officio della Città e del contado di Fermo in perpetuo. E non si possa può fare appello, querela, reclamo, supplica di restituzione all’intero, o trattare di nullità o fare opposizione per la sentenza che si debba emettere, né per la pena da imporre per le dette cose contro questo Banchiere e il suo Notaio. E ciascun Rettore della Città di Fermo abbia libero arbitrio di fare indagine, investigazione e punizione e condannare i predetti sulle dette cose, sul fatto, senza processo alcuno. E le cose che contro costoro saranno state fatte o stabilite su ciò per qualcuna delle dette occasioni, il Rettore o l’officiale che stabilisce o fa in tal modo non debba o possa essere sindacato, né stare al sindacato se non soltanto per furto e “baratteria”. E qualora capitasse che si faccia una procedura sulle dette cose contro questo Banchiere, durante il suo officio e sia stato punito e condannato, venga deposto dal suo officio, per ciò stesso, e faccia il suo rendiconto al Comune entro il terzo giorno e chiunque sia considerato come legittimo accusatore e denunciatore sulle dette cose e sia tenuto segreto, e venga praticato per le cose passate, presenti e future. E questo Banchiere, anche il suo Notaio, abbiano dai soldi del Comune il salario consueto che lo stesso Banchiere validamente tiene per sé dai detti soldi, tuttavia interponendo la solennità della detta bolletta. E sia obbligato entro i detti tre giorni dall’ultimazione del suo officio, a riconsegnare ai Regolatori i suoi registri e le dette bollette dei conti anzidetti; e qualora entro tali tre giorni non lo abbia fatto, sia punito a libre 100 di denaro ad opera di qualsiasi Rettore. E dopo visto e fatto il rendiconto della sua amministrazione, ad opera di questi Regolatori deputati a ciò, i detti registri con le bollette dei pagamenti fatte dallo stesso Banchiere, debbano essere siano riposti in un sacchetto, tra le altre scritture del Comune. E qualora questo Banchiere, o il suo Notaio in questo loro officio abbiano commesso qualche frode in tale suo officio, in contrasto alla forma di questo statuto o di altri statuti che riguardano il suo officio, sia punito a libero arbitrio del Podestà, del Capitano, o del sindacatore, anche sul fatto e senza processo alcuno, considerando la qualità di reato, facendo salvi comunque gli statuti e le dette pene. Chiunque sia considerato legittimo accusatore e denunciatore riguardo alle dette cose. E questi Rettori possano fare indagini e investigare con libero arbitrio, anche senza praticare nessuna solennità, anche punire e condannare, come già detto. E ciascun Banchiere sia obbligato a tenere la copia di questo statuto, affinché l’allegare l’ignoranza sulle dette cose non sia valido. Inoltre nella mattinata quando i signori Priori e il Vessillifero di giustizia consegnano le chiavi e i sigilli del Comune ai loro successori nel loro officio, questo Banchiere sia obbligato ad mostrarsi, subito dopo fatta la riconsegna da parte di questi signori Priori e del Gonfaloniere, alla presenza di questi signori e di fronte a tutti gli astanti in questa consegna, e dica al tale successore nel suo officio, pubblicamente e apertamente: “Io consegna a te, tale, mio successore la borsa in cui è consuetudine che siano tenuti i soldi del Comune e in questa restituisco le rimanenze restituisco a te, cioè ‘tanti’ che stanno in questa borsa”. E qualora non ci sia alcun avanzo, allora consegna questa borsa vuota a lui e dica che a se stesso non avanza nulla, in modo che ivi a tutti gli astanti giunga la notizia se c’è qualche avanzo o no. E il Notaio del Banchiere successore sia obbligato a scrivere questa riconsegna di questa borsa, con ordine all’inizio del registro della sue entrate; poi questo Banchiere che abbia ultimato così il suo officio, e riconsegnato la borsa in tale modo, anche il suo Notaio siano obbligati, entro il terzo giorno a restituire e riconsegnare, ai Regolatori di questo Comune, quei registri delle entrate e delle uscite e di tutti i conti di questo Banchiere, in modo che sia visibile chiaramente la contabilità e si possa esaminarla. E qualora, nel rendere la contabilità, si sia riscontrato che questo Banchiere non abbia riconsegnato tutto intero il residuo dei soldi da restituire, nel momento della riconsegna di questa borsa, sia obbligato al doppio di ciò che avrebbe dovuto riconsegnare, se fosse obbligato allorquando ha riconsegnato la borsa e oltre a ciò sia punito ad arbitrio del sindacatore.

       2 Rub.21L’officio dei Consoli dei Mercanti.

   Questo sia l’officio dei Consoli dei negozianti per l’officio del consolato e del loro Notaio, cioè questi Consoli e il loro Notaio debbano stare continuamente nelle ore congrue, nel luogo consueto per il rendiconto e per esaminare ed ultimare tutte le questioni che vertono tra qualsiasi persone, sia cittadini che forestieri in occasione di un acquisto o di una vendita di mercanzie di cose mobili tanto effettuate, quanto da effettuare, attraverso il mare o per terra ad opera di chiunque, e di qualsiasi quantità siano state ed esaminare tutte le altre questioni per qualsivoglia motivo fino alla somma di 100 soldi di denari soltanto; purché la parte attiva giuri che debba ricevere per questa causa una somma non maggiore per non fare la divisione della somma per la stessa causa, e affinché non si commetta una frode in questa giurisdizione. E sempre si consideri quel che sia dovuto e non quello che viene richiesto. E quanto sia stato fatto in maniera difforme non abbia validità né regga per il diritto stesso. Nelle altre questioni poi o nelle cause, questi Consoli non possano intromettersi né possano esaminarle, né abbiano giurisdizione, se non quando spontaneamente i litiganti vorranno stare insieme alla loro presenza e spontaneamente faranno la lite e daranno le risposte di fronte a costoro; e su queste questioni che si dibattono di fronte ad essi, possano indagare e definirle in modo sommario, semplicemente e pacatamente, senza rumore e senza parvenza di processo, omettendo qualsiasi solennità e essenzialità, ma solamente con l’aver scoperto la verità del fatto. E siano obbligati a decidere qualsiasi cause vertenti di fronte a loro, delle quali fanno le indagini, senza <chiedere> il consenso delle parti e debbano ultimare entro 25 giorni da calcolare dal giorno della prima citazione, sotto pena di 25 libre di denaro per ciascuno e per ciascuna volta. Entro questa scadenza decidano le cause di cui hanno conoscenza per spontaneo consenso, se sono di prezzo di 25 libre di denaro o meno di questo, e sotto la detta penalità.  Nelle altre <cause> poi mantengano il modo ordinato e le scadenze ordinate nelle cause civili ordinarie che stanno nel registro delle cause civili. Questa scadenza nella Curia di questi Consoli decorra dal giorno della concessione della contumacia in tutti i giorni anche festivi che tuttavia non siano indotti al culto in onore di Dio; purché a costoro sia sempre chiaro, riguardo a queste cose, e manifestato per mezzo di un istrumento o di una scrittura, di mano del debitore o del promettitore della somma, o di qualche cosa, o per mezzo della confessione della parte, o tramite i testimoni, o per mezzo della prova semi-completa e tramite il giuramento della parte di colui dal quale questi Consoli dei negozianti considerano opportuno debba farsi. E il Podestà o il Capitano, in carica nel tempo, siano obbligati e debbano mettere in esecuzione le sentenze e i precetti pubblicati e fatti ad opera di questi Consoli secondo la giurisdizione degli stessi Consoli, costringendo la parte condannata in maniera reale e personale, come sembrerà più e conveniente a questi signori Rettori o ad uno di loro due che mettono in esecuzione i precetti o le sentenze. Nell’esercizio di questo loro officio questi Consoli possano imporre le pene e i bandi fino alla somma di 25 libre di denaro inclusivamente o meno di ciò, in considerazione della quantità e della qualità del fatto e della faccenda della causa. Il Podestà il Capitano o chiunque di questi sia obbligato a fare la riscossione di questi bandi imposti e da imporre ad opera di questi Consoli e a prelevare alla parte disobbediente, su richiesta di questi Consoli o della parte a favore della quale queste cose si fanno, e dopo trascorsi 10 giorni dal giorno del precetto fatto, <debba> fermare e far fermare nel Palazzo questi disobbedienti e mandare gli aiutanti ed il balivo del Comune a catturare colui o coloro che gli stessi consoli avranno voluto ed avranno dichiarato per questi debiti da pagare o per i bandi imposti nelle occasioni dette sopra, secondo la sentenza e il mandato di costoro. E questi Consoli siano obbligati a fare e a far fare tali cose, adempierle e metterle in esecuzione, come è stato detto sopra, e essi stessi e il loro Notaio debbano esercitare bene e legalmente questo officio, ed agire senza frode, e senza alcuna malizia e secondo la predetta maniera e se procedessero in modo difforme non c’è validità per il diritto stesso. E questi Consoli ed il loro Notaio all’inizio del loro officio debbano fare il giuramento di esercitare bene e legalmente questo officio e non possano avere alcun salario, né debbano averlo dal Comune né da persone speciali, se non secondo le scritture che fossero fatte in occasione di questo officio e percepire in questo officio secondo il modo e la forma data nel capitolo sul salario dei Notai delle banche civili di questa Città. Questo salario poi o guadagno venga diviso tra questi Consoli e il loro Notaio e ciascuno secondo la rata. E questi Consoli e il loro Notaio siano eletti in questo modo, cioè si usi un solo sacchetto in cui si ripongono tre marsupi e in uno di questi si ripongono sei cedole in pallottole di cera e ciascuna di queste pallottole <di nomi> contenga un avvocato o procuratore del collegio e iscritto in matricola, ed un negoziante, e un Notaio tra la contrada Castello e la contrada Pila; in un altro marsupio siano poste altre sei cedole nelle predette pallottole e ciascuna di queste contenga un avvocato o un procuratore del collegio, come detto sopra, e un negoziante, e un Notaio tra la contrada San Martino e la contrada Fiorenza; e la stessa forma e modo si pratichino in contrada San Bartolomeo e Campoleggio. E questo ordinamento si faccia ad opera dei signori Priori e del Gonfaloniere di giustizia e di due buoni uomini per <ciascuna> contrada. E questi Consoli e il Notaio siano estratti da questo sacchetto, finché durano queste cedole. Dopo finite queste, se ne fanno altre di nuovo nella forma e nel modo già detti. E le autorizzazioni delle tenute date e da darsi e da riceversi abbiano validità in base all’autorità dei Consoli a favore dei creditori contro i debitori. E queste tenute si tengano per l’autorità del presente statuto, e tali tenute siano messe in esecuzione come è contenuto nel capitolo sulle licenze e sulle tenute. E il presente statuto sia e debba essere preciso e deroghi per ogni altro statuto fatto, e provvigione e delibera fatte. E questi Consoli siano obbligati e debbano in tutto e per tutto adempiere questo statuto e non immischiarsi in altre questioni su cui non facesse l’indagine, secondo la forma del presente statuto. E se trasgredissero le cose contenute nel presente statuto, ciò che abbiano fatto non abbia validità per il diritto stesso, e gli officiali del Comune non siano obbligati ad eseguire le cose che fuori da tale giurisdizione si facessero. E questi Consoli siano obbligati ad esercitare il proprio officio da sé stessi, né lo possano affidare ad altri; tuttavia uno di loro due possa affidare all’altro la commissione di indagare sulle cause vertenti di fronte a loro esclusivamente, fino alla sentenza. In realtà, questi due poi siano obbligati a dare insieme le sentenze definitive e a pubblicarle; e si facesse diversamente la sentenza non abbia nessuna validità, in qualsiasi modo. Aggiungiamo che il loro Notaio sia obbligato e debba registrare e annotare tutti i loro atti e le sentenze nel registro da farsi nel tempo dell’officio dei Consoli e dopo ultimato il tempo dell’officio dei detti Consoli, restituisca al Notaio dei Regolatori il già detto registro che è stato reso pubblico. E questo Notaio dei Regolatori sia obbligato gratis e senza alcun compenso, a mostrare questo registro a chiunque pensa di essere interessato per le sue cose, tutte le volte che costui avrà voluto vedere e leggere questo registro.

      2 Rub.22L’officio del Massaro che debba provvedere e rivedere le masserizie e le fortificazioni del Comune.

   Sia e si intenda che è Massaro del Comune della Città di Fermo colui che è e sarà in futuro, il Sindaco del Comune per le faccende; colui che è e sia stato eletto per l’officio del registro del Comune sia e si intenda che è chiamato suo Notaio. Questo tale Massaro sia obbligato e debba fare scrivere a questo Notaio e debba far fare l’inventario di tutte le cose e le masserizie del Comune che stanno e che staranno nel palazzo dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia, del signor Podestà, del signor Capitano o del Giudice di giustizia o di qualsiasi altro officiale ‘forense’ di questo Comune, il quale avesse alcune masserizie o cose dai beni e dalle cose di questo Comune e debba farne la consegna ai signori Priori e agli altri detti officiali, nel primo giorno quando entrano nel palazzo di loro abitazione, con un rogito del notaio. E nel tempo in cui questi officiali debbano <alla fine> fare l’uscita dal palazzo, debba riscuotere da costoro il rendiconto di tali cose e delle dette masserizie e da loro debba riprendere le dette cose illese. Qualora questi signori Priori, il Podestà, e il Capitano o il Giudice di giustizia o gli altri officiali già detti non restituissero intatte le cose date e consegnate a loro, tramite questo Massaro, essi siano obbligati a fare il rimedio e farle rifare con il proprio loro salario. E il Sindaco che farà il sindacato di costoro o di qualcuno di essi, a richiesta del detto Massaro, nel tempo del sindacato, sia obbligato a far fare dal salario di questo tale officiale che ha perduto o rovinato le dette cose e a spese di questo officiale che non rimedia le cose già dette, o non le restituisce. E si faccia l’acquisto di altra cosa che sostituisca quella perduta o rovinata e sia ristabilita, in modo che le cose e le masserizie del Comune siano sempre mantenute e amministrate. Qualora questo Massaro o il suo Notaio siano risultati negligenti in qualcuna delle cose dette, e qualora si perdesse o si distruggesse qualcuna delle dette cose e non si facesse il recupero da parte di questi officiali, come detto sopra, per loro negligenza, oppure non lo esigessero, incorrano nella pena di 10 libre di denaro per ciascuna volta e per qualsiasi cosa o per detta masserizia e per ciascuno di essi, e tuttavia siano obbligati al recupero di queste cose o masserizie perdute o distrutte, a proprie spese. E il successore di questo Massaro sia obbligato a riscuotere il rendiconto dal suo predecessore o vedere gli inventari che il suo predecessore ha fatti con rogito notarile, e averne da lui la consegna, in modo che, con chiarezza e apertamente, si veda per difetto di chi le cose e le suppellettili siano perse. E chi avesse il difetto di aver fatto perdere o rovinare le masserizie che poi non fossero chieste o rimediate da questi officiali, sia obbligato a queste penalità e al già detto recupero.  

       2 Rub.23L’elezione dei Notai dei Tribunali dei banchi <dei giudici> civili e degli appelli e il loro officio.

   In questo modo i notai dei banchi per gli atti civili e per gli appelli siano eletti e il loro officio sia tale, cioè ogni Podestà all’inizio del suo officio o governo, nel Consiglio dei 150 faccia eleggere alle “scarfine” <controlli>, secondo il solito modo, quattro notai per <ciascuna> contrada, buoni, esperti, e legali, di età almeno di 25 anni. E costui debba sedere e stare presso i banchi delle cause civili insieme con il Podestà e con i suoi Giudici. Due di questi notai siano i notai degli appelli insieme con il Capitano e con il suo Giudice, oppure, qualora se non ci sia il Capitano, insieme stia con il Giudice di giustizia e degli appelli. E quelli che siano stati scelti per le cause civili, non possano stare all’officio degli appelli e viceversa i notai degli appelli non possano stare, né esercitare l’officio delle cause civili, durante detto tempo. E colui cui capitasse questa “scarfina”, non può trattenerla per sé se non è un Notaio buono, esperto e legale; ma, come è stato detto, eleggere un altro Notaio buono, esperto e legale. E il loro officio duri sei mesi, cioè dall’inizio dell’officio del Podestà fino alla fine del suo officio. E nessuno possa essere eletto a questo officio se non sia <uno> dei Cittadini e degli abitanti della Città di Fermo, almeno da più di venti anni, lui stesso, il padre e il nonno e se non abbia almeno l’età di 25 anni, come già detto. E qualora qualcuno abbia trasgredito, sia chi fa l’elezione, sia chi l’accetta, paghi la penalità di 10 libre di denaro. Questi Notai pertanto possano stare al servizio in questi offici tramite un Notaio sostituto, parimenti buono ed idoneo ed esperto e legale, il quale giuri di esercitare questo officio bene e legalmente. E <debbano> scrivere bene e fedelmente tutte le scritture pertinenti e spettanti al loro officio, per le quali saranno rogati. Inoltre chiunque di questi notai, sia di atti civili sia di appelli, sia obbligato e debba fare il calendario nei propri registri, cioè scrivere tutti i giorni di attività giuridica e quelli di riposo (feriati), con il motivo per cui sono di riposo. E quando uno abbia trasgredito, sia punito, sul fatto, a 10 libre di denaro, per ciascuno e per ciascuna volta e per il resto durante il tempo di questi sei mesi non possano sedere né stare presso i detti banchi.

       2 Rub.24L’officio dell’Avvocato e del Sindaco del Comune per le cause.

  Ordiniamo che per difendere i diritti e le cause del Comune, anche per adempiere e venire a conoscere i diritti di questo Comune, sia eletto un solo avvocato buono ed esperto e venga stabilito un solo Sindaco per il Comune, nel Consiglio. E costoro siano obbligati a difendere e trattare le cause del Comune sia nell’azione attiva, sia nella difesa. E questo Sindaco e questo avvocato abbiano un mandato speciale e generale per le cause, per ogni atto delle cause, con piena, libera e generale gestione sulle dette cose, come quando avessero un pubblico mandato sia nell’azione attiva, sia anche nella difesa in una causa principale e in appello. E l’officio di questi duri per un anno. E per il loro per il loro salario abbiano quello che sarà dichiarato ad opera dei signori Priori e dei Regolatori. E affinché non si commetta frode alcuna nei reati, siano obbligati e debbano vedere e studiare tutte e singole le denunce di reati e le accuse. E di mano di uno di loro due le debbono sottoscrivere prima che essi debbano consegnarle tramite i Sindaci o chiunque, ai Rettori della Città di Fermo, o ai loro officiali e costoro non possano riceverle senza questa sottoscrizione. Inoltre siano obbligati e debbano mettere a disposizione l’avvocatura, il consiglio e patrocinio per coloro che vogliono dare petizioni ai Rettori e ai loro officiali ‘forensi’, nel tempo del loro sindacato, ricevendo la mercede che compete, sotto penalità di perdere il loro salario e essere privati dell’officio quando contravvengono e abbiano usato negligenza e rifiutato di prestare questo patrocinio. Inoltre questo Avvocato e questo Procuratore per la difesa di persone povere e miserabili e di altre che non trovano un avvocato o un procuratore, sono obbligati e debbono fare da difensori per queste persone povere e miserabili e per altre persone che non trovano un Avvocato e un Procuratore, siano obbligati e debbano fare la difesa per queste persone povere e miserabili che non trovino altro Avvocato e Procuratore, ricevendo la mercede che compete. Qualora non lo facessero e fossero negligenti, perdano il salario. A questi Avvocato e Sindaco, allo scopo di renderli maggiormente solleciti per gli interessi del Comune, sia pagato ad opera del Comune un salario in ogni mese. Qualora essi siano trovati in qualche frode, incorrano nella penalità contenuta negli statuti. E tutti possano accusarli e lucrerebbero la metà di tali penalità e venga tenuto segreto il tale accusatore. Inoltre questo Sindaco nel tempo del sindacato del Podestà e del Capitano sia obbligato e debba comparire di fronte ai Sindacatori con una petizione formulata nell’inquisizione generale e dar questa, chiedere e attivare e praticare ogni diligenza in essa, in modo tale che il sindacato di costoro detti venga discusso con serietà. E questo Avvocato abbia almeno l’età di 25 anni e anche il Sindaco, almeno di questa età. E siano obbligati a scrivere un registro o un inventario di ogni singola causa e questione del Comune e lasciarlo ai successori. E chi abbia assunto questo officio non possa esservi per <successici> sei anni, calcolati da quando ha finito il suo officio.

       2 Rub.25 Gli officiali dei Castelli del Comune di Fermo da imbussolare.

                         Nomi dei Castelli Maggiori.

.   Poiché è opportuno che i Castelli del Comune di Fermo siano governati con giustizia e ricevano incrementi, sotto la protezione di questa Città, pertanto con questa legge decretiamo che i signori Priori del popolo e il Gonfaloniere di giustizia che ci sono ora e quelli che ci saranno nel tempo, insieme con i Regolatori, i Capitani dei collegi e dei riformatori, siano obbligati e debbano fare che siano messi nel bussolo quattro uomini per ogni contrada, che siano oriundi dalla Città di Fermo, competenti, idonei ed esperti ad esercitare gli offici e costoro siano tra i più competenti e tra i migliori di ciascuna contrada per i detti Castelli migliori e maggiori e questi quattro uomini così eletti ossia i loro nomi siano posti in un sacchetto o in un bussolo. E i nomi dei seguenti Castelli Maggiori siano posti in un altro bussolo. E ad opera del Gonfaloniere di giustizia venga estratto “alla scarfina” il nome di uno di quelli <che sono stati> posti nel detto bussolo in cui stanno i nomi dei detti quattro <uomini per ciascuna contrada. E poi da lui si estragga dall’altro bussolo in cui stanno i nomi del Castello. E chi capita, costui sia l’officiale, il Vicario, o il Podestà di quel Castello. E si faccia così con ordine fino a quando restano i detti Castelli maggiori. E colui che è estratto in tale modo, come gli capita, sia obbligato a dover dirigere quel Castello, sotto pena di 100 libre di denaro. E il suo officio dura per sei mesi e non oltre, salvo se, alla scadenza, il suo successore non arrivasse, sia obbligato ad aspettare il successore, e il suo officio duri fino all’arrivo del successore suo, e non possa abbandonare l’officio fino a quando il successore non viene. E a costui venga data la paga per la rata del salario e del tempo e debba dirigere il detto Castello secondo gli statuti e secondo la forma dei patti stabiliti tra il Comune di Fermo e questo Castello, ossia con gli uomini di questo Castello. Inoltre costui che è stato così estratto sia obbligato a giurare sui santi Vangeli di Dio, nelle mani di questi signori Priori, che eserciterà questo officio bene, legalmente e fedelmente e senza frode e secondo la forma di tali statuti di Fermo e dei detti patti, a servizio e agli ordini di questi signori Priori e del Gonfaloniere di giustizia.

   Nomi dei Castelli Maggiori: Castello di Grotte a Mare, Castello di Petritoli, Castello di Servigliano, Castello di Falerone, Castello o Terra di Monte dei Fiori, Castello di Sant’Angelo in Pontano, Castello di Loro, Castello di Mogliano, Castello di Monte Santo Pietro oltre il Tenna.

       2 Rub.26 – <Nomi dei Castelli Medi>

 Inoltre i signori Priori, e il Gonfaloniere insieme con i detti signori Regolatori e Capitani delle arti e con i detti riformatori <di delibere>, in maniera simile, siano obbligati a far mettere nelle borse sufficienti nomi di Notai e dei loro operatori e sufficienti per andare negli offici, sia della Città come pure del contado, per esercitare gli offici dei seguenti Castelli Medi. Il loro officio abbia la durata di sei mesi e non di più, a meno che il successore non giunga entro la scadenza, come sopra. E allo stesso modo siano messi in una borsa i nomi dei Castelli medi(ocri) e siano estratti come sopra. E colui a cui tocca sia obbligato, come sopra, ad andare, sotto la detta pena. Né alcuno fra quelli detti sopra e fra gli officiali che saranno detti nel seguito, possa essere riconfermato in qualche officio, sotto penalità di 100 libre di denaro al detto officiale che abbia accettato di essere confermato in qualche officio, tra quelli detti sopra, dei Castelli del contado, e tra quelli che saranno detti in seguito. E i detti officiali dirigano, secondo la forma già detta, agli ordini e nei servizi dei detti signori.

 Nomi dai Castelli medi: Castello di San Benedetto, Castello di Massignano, Castello di Campofilone, Castello di Altidona, Castello di Lapedona, Castello di Medio, Castello di Monte Giberto, Castello di Rapagnano, Castello di Torre di Palme, Castello di Belmonte, Castello di Monte Falcone, Castello di Smerillo, Castello di Torre San Patrizio, Castello di Monte Appone, Castello di Gualdo, Castello di Monte Attone, Castello di Marano, Castello del Porto <di Fermo>.

       2 Rub.27 – <Castelli minori>

   Inoltre i detti signori Priori e il Gonfaloniere unitamente con i detti signori Regolatori e con i Capitani delle arti, e insieme con i riformatori, siano obbligati a far mettere nella borsa altri Notai valenti e capaci, e anche i non notai, purché tuttavia siano capaci a dirigere gli offici sia della Città che del contado. I nomi di questi costoro e dei Castelli Minori scritti sotto siano estratti secondo l’ordine già detto. E a colui a cui tocca la “scarfina” del nome del Castello di qualche officio, sia obbligato a dirigerlo ed a non rifiutare e a non essere riluttante, sotto la penalità di 100 libre di denaro da prelevarsi ad opera del Rettore di Fermo, sul fatto stesso. L’incarico di costoro abbia la durata di sei mesi, come detto sopra, e anzitutto, come sopra, facendo il giuramento e dopo averlo fatto, gestiscano tale officio, come già sopra

Nomi dei Castelli Minori:

Castello di Moregnano, Castello di Moresco Castello di Trocchiaro,

Castello di Ponzano, Castello di Monte Guidone Combatte, Castello di Collina,

Castello di San Pietro Morico, Castello di Sant’Elpidio Morico, Castello di Ortezzano,

Castello di Monte Leone, Castello di Grottazzolina, Castello di Sant’Andrea,

Castello di Acquaviva, Castello di Petriolo, Castello di Mainardo,

Castello di Monturano, Castello di Francavilla, Castello di Magliano,

Castello di Ripa Cerreto, Castello di Monte Guidone Corrado, Castello di Massa,

Castello di Ripa Verde, Castello di Pedaso, Castello di Boccabianca,

Castello di Belluco, Castello di Castelletta presso Petriolo, Castello di Mercato,

Castello di Morumpadario, Castello di Guardia, Castello di Monte Aquilino,

Castello di Monte Verde, Castello di Partino, Castello di MonteVarmine,

Castello di Monte Rainaldo, Castello Fermano, Castello Bassio, Castello di Apezzana,

Castello di Alteta, Castello di Poggio di Rainaldo, Castello di Gabbiano,

Castello di Collicillo, Castello di Monte Sicco, Castello di Santa Maria Mater Domini,

Castello di Montone, Castello di Lognano, Castello di Monte San Martino presso Lapedona,

Castello di Monte Aponillo, Castello di Monte Vinardisco, Castello di Poggio Santa Lucia,

Castello di Poggio fuori le Grottazzolina, Castello di Chiarmonte, Castello sotto Sant’Elpidio,

 Castello di Bucchiano

       2 Rub.28Gli estratti dal bossolo debbono essere Cittadini Fermani.

   Questi officiali estratti in tale modo per la direzione di detti offici, o di qualche officio, non possano essere eletti, messi i nomi; nelle borse, o estratti per detti incarichi o per alcuno di essi, se non siano già Cittadini della Città di Fermo, o comitativi <abitanti> del contado di detta Città, abitanti di questa Città almeno da 10 anni continui, e almeno durante tale tempo, si segnalino o si siano segnalati per gli obblighi reali e personali al Comune di Fermo. Se qualcuno in verità in contrasto alla predetta formalità, e estraneo alle dette cose essa sia stato estratto, chiamato o nominato a detti offici, o a qualcuno di essi, la sua elezione e la nomina non siano valide. E quando qualcuno sia stato trovato ad esercitare qualcuno dei predetti offici, senza che la detta formalità sia stata praticata, incorra nella penalità di 500 libre di denaro sul fatto stesso per ciascuno di essi e per ciascuna volta: e qualunque cosa fatta da lui non abbia validità per il diritto stesso. E questi officiali che siano stati così estratti per i detti offici non possano né debbano assentarsi dai loro offici, né pernottare al di fuori dei Castelli che dirigono senza apposito permesso dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia, sotto penalità di 10 libre di denaro per ciascuna volta, quando abbiano pernottato fuori, e per ciascuno di essi, prelevando sul fatto la pena da essi, e da ciascuno di essi per opera del Rettore di Fermo, da applicarsi sul fatto. Essi possano da chiunque essere accusati e denunciati e l’accusatore o denunciatore abbia la metà della penalità che avrà fatto arrivare in Comune a ragione della sua accusa o denuncia.

       2 Rub.29 I Castellani delle Rocche del contado da mettere nel bussolo.

   Decretiamo ed ordiniamo che i signori Priori e il Vessillifero di giustizia, <ora> presenti e quelli che ci saranno nel tempo, siano obbligati e debbano mettere nella borsa i <nomi di> cittadini della Città di Fermo, che da loro saranno dichiarati idonei per inviarli a custodire le rocche e i fortilizi del contado e del distretto di Fermo. E colui che sia stato estratto per questa custodia, non possa rinunciare, se non per un motivo evidente, che i detti signori Priori e il Vessillifero possano accettare a loro discrezione: ed esistendo il detto motivo, successivamente, venga estratto un altro con la detta modalità, fino a quando sopra a ciò sia stato provveduto. Colui che così è stato estratto possa stare in tale rocca e nei fortilizi e debba per sei mesi e ulteriormente fino all’effettivo arrivo del successore, ma non oltre. E prima che acceda a tale custodia, egli presenti idonei fideiussori per mille fiorini d’oro ai detti Priori e al Gonfaloniere e al loro Cancelliere riguardo al custodire e conservare tale Rocca e il fortilizio e le fortificazioni in essi esistenti, le cose  che per il Comune di Fermo gli siano state consegnate, per la durata di detto tempo, <con la fideiussione> di riconsegnarle, dopo finito tale tempo, le stesse cose al castellano suo successore, o ad altri secondo gli ordini dei signori Priori e del Gonfaloniere; e se non avrà fatto ciò, egli incorra nella pena dei detti mille fiorini d’oro; che venga richiesta a lui stesso ed ai suoi fideiussori, e che si debba riscuotere a favore del Comune, se si sia trasgredito. E nondimeno a costui messo così di traverso, dopo che abbia agito in contrasto alle dette cose, si faccia l’amputazione della testa dalle spalle, cosicché muoia e tutti i suoi beni siano dati al pubblico dominio. E sia obbligato di andare a tale custodia con i servi e con le difese e con altre cose adatte, e obbligato su richiesta a fare la rassegna di coloro che furono assegnati a ciò. Inoltre nessun officiale e incaricato per la Rocca, o qualsiasi castellano di qualche Rocca, o fortilizio, senza esplicito permesso dei signori Priori e del Gonfaloniere di giustizia possa, né debba assentarsi da detto suo incarico, o Castellania, o Rocca, sotto la pena per chi agisca al contrario di 25 fiorini d’oro per ciascuna volta e anche ad una pena maggiore ad arbitrio del Podestà, da prelevargli sul fatto.

       2 Rub.30Il Sindacato dei signori Priori del popolo, del Vessillifero di giustizia, dei Regolatori e dei loro Notai.

   Affinché tutti e singoli coloro che dirigono gli offici del nostro Comune siano validi nel rendiconto plenario della loro amministrazione, e i minori e gli inferiori tutti traggano un buon esempio dai maggiori, decretiamo che i signori Priori e il Gonfaloniere di giustizia e i Regolatori del Comune abbiano un costante sindacato e debbono essere sindacati delle cose che gestiscono e amministrano, di quelle che trascurano e omettono nei loro offici. Ecco il modo: i signori Priori e il Gonfaloniere incaricati nel tempo, nel giorno quando fanno il giuramento del loro officio, siano obbligati a scegliere sei uomini Cittadini idonei, cioè uno per ciascuna contrada e un Notaio capace allo scopo di fare il sindacato dei loro predecessori, insieme con il Capitano o con il Giudice di giustizia di questa Città e nello stesso giorno comunicare a questo signor Capitano o al Giudice i nomi di questi sindacatori e del Notaio. E questo Capitano o il Giudice di giustizia e questi sindacatori dopo che precedentemente abbiano prestato il giuramento nelle mani del Capitano o del Giudice di esercitare l’officio di questo sindacato bene, fedelmente, legalmente, senza frode, dopo aver fatto cessare il rancore e la preferenza, e con incominciare, nel giorno successivo, questo sindacato e sindacare questi signori Priori e il Gonfaloniere di giustizia con investigare diligentemente e di fare indagine riguardo e sopra ogni e singolo reato, sulle cose commesse, trascurate e omesse da parte di costoro, nel tempo del loro officio contro la forma degli statuti del Comune di Fermo, e qualora essi abbiano riscontrato colpevoli costoro o qualcuno di essi, siano obbligati a punire e a condannare alle pene contenute nel libro degli statuti. Qualora invece riscontreranno che costoro hanno gestito bene e legalmente, siano obbligati ad assolvere. E il tempo o la scadenza di questo sindacato duri otto giorni e non oltre. E questi signori Priori e il Gonfaloniere che ci saranno nel tempo, e questo Capitano o il Giudice, anche questi sindacatori siano obbligati ad eseguire le cose già dette, sotto la penalità di 100 libre di denaro per ciascuno di essi. E questo stesso modo sia praticato nel dover fare il sindacato dei Regolatori e del loro Notaio, alla fine del loro officio.

       2 Rub.31Il sindacato degli officiali dei “forensi”.

   Il Podestà, il Capitano e i rimanenti officiali della Città di Fermo, dopo ultimato il loro officio siano obbligati e debbano, insieme con tutti e i singoli i loro officiali e collaboratori, essere sottoposti al sindacato sulle cose compiute, commesse, omesse e trascurate da parte loro e dei loro officiali e collaboratori, nel tempo del loro officio, e siano obbligati a rispondere per sé, e per questi stessi tutti e singoli e fare il rendiconto dell’amministrazione, della gestione ai sotto-sindaci che debbano essere eletti dai signori Priori che ci saranno nel tempo. E costoro siano Cittadini Fermani e tra essi almeno uno sia dottore in legge. Questi sindacatori debbano mandare una lettera nel territorio del contado e del distretto di Fermo, notificando a tutti i Castelli, alle Comunità e alle persone singolari dei Castelli e dei luoghi del contado, sul sindacato degli officiali da dover fare. Questi sindacatori, affinché si comportino più onestamente in questo sindacato e siano liberi da ogni frode, all’inizio giurino corporalmente, toccando con la mano le Scritture, dopo aver allontanato da essi le paure, le preferenze, le raccomandazioni, il pagamento, ogni altro favore umano, che essi esercitano bene questo sindacato, con giustizia e fedeltà, senza inganno né frode. Inoltre non ricevano nessuna polizza o lettera né richieste se non pubblicamente e apertamente presso il Banco della legge dove a tutti sia lecito parlare e comunicare e allegare i propri diritti; inoltre procedano e amministrino la giustizia e non permettano che vengano lacerate né sottratte in nessun modo le petizioni né le querele che debbono essere presentate di fronte a loro. Questi sindacatori siano obbligati ad adempiere queste cose, ogni singola, sotto penalità di 25 ducati per ciascuno e per ciascuna volta e in ognuno dei detti casi e sotto il vigore del prestato giuramento, come sopra. E questi officiali da sottoporre al sindacato siano obbligati a restare personalmente in Città negli otto giorni di continuo e non partirsene durante questo sindacato, e anche attraverso i procuratori deputati in modo speciale, possano e debbano essere consegnate le petizioni, le citazioni contro costoro e contro i loro officiali e famigli, entro il sesto giorno dopo che hanno concluso il loro officio e dopo fatta la risposta all’inquisizione generale di questo stesso sindacato. Dopo trascorsi questi otto giorni, nel giorno successivo, prima dell’ora terza costoro debbano o essere o condannati o assolti ad opera di questi Sindaci, sotto pena contro questi Sindaci, se non lo avranno fatto, <pena> di 25 scudi da assegnare al Comune di Fermo, e nondimeno l’officiale <giudicato> venga considerato assolto. Ogni Notaio della Città e del contado di Fermo, iscritto in <ruolo> matricola sia obbligato e debba scrivere, a richiesta di chiunque vuole chiedere <di far> le petizioni contro questi officiali, durante questo sindacato e non debbano differirle sotto pena di un ducato d’oro contro ciascuno <di essi> che ricusa e per ciascuna volta, ricevendo tuttavia la mercede che compete per la scrittura. Non sia possibile, né sia valido che si faccia un appello, né un reclamo, neppure chiedere un ricorso, né parlare di nullità, contro la sentenza che debba essere data nel sindacato di qualche officiale, se prima non si è fatto il pagamento di ciò cui fu condannato, secondo la forma del Breve di Pio IV di felice memoria, che fu ottenuto da parte della Città di Fermo come è registrato qui di seguito. Inoltre nessuno di questi officiali possa chiedere né far chiedere che qualcuno di loro sia sottoposto al sindacato durante il tempo in cui esercita il suo officio. E qualora questi Priori presentassero o facessero presentare proposte, incorrano nella penalità di 100 fiorini di oro per ciascuno e qualunque cosa si facesse in contrasto alle dette cose non abbia validità, per il diritto stesso. Aggiungiamo che in questo sindacato i sindacatori possano fare la procedura sommariamente, con semplicità e chiarezza, senza rumore né parvenza di processo, nei giorni anche di feste in onore di Dio, omettendo ogni solennità e sostanza processuale, soltanto dopo aver accertato la verità del fatto, fino ad aver concluso la sentenza. E il presente statuto sia di conclusione ultima e a deroga di tutti gli altri che riguardano il sindacato degli officiali “forensi” che siano in contrasto o al di fuori della forma di questo statuto.

                                               Pio quarto papa

Ai diletti figli i Priori e alla Comunità della nostra Città Fermana. Diletti figli, salute e apostolica benedizione. Di recente, i diletti figli oratori che avete destinati presso di Noi hanno presentato lamentele. Gli officiali deputati di tempo in tempo nella vostra Città Fermana, dopo che hanno concluso i giorni del loro amministrare, ad opera dei Sindaci <sindacatori>, vengono costretti, secondo i detti statuti e le consuetudini della Città, e secondo le costituzioni nostre provinciali e secondo la forma e il corso degli ordinamenti, a perorare una causa in alcuni giorni e a fare il rendiconto dell’amministrazione. Quando si vedono condannati dalle sentenze dei Giudici, costoro sperando di evadere impuniti, hanno preso l’abitudine di contrastare <le condanne> e chiedono il ricorso ai superiori, e con questa ragione e con tale metodo sfuggono all’esecuzione delle sentenze pubblicate contro di loro, oppure le impediscono e spessissimo fanno in modo che quelli che hanno fatto le querele contro di loro, per la povertà, non riescano a far proseguire queste cause, e affaticati dalle spese, dai travagli del ricorso e degli appelli, siano costretti a disertare il processo giudiziario. Da ciò deriva che i sindacati già detti rimangano impediti e senza punizione e le sentenze pubblicate dai Sindaci contro costoro rimangono trascurate e senza alcun effetto, con gravi danni per gli abitanti della Città vostra e con esempi perniciosi. Secondo i vostri statuti e per mezzo delle costituzioni provinciali, non sia concesso l’appello contro tal genere di sentenze <date> da sindacatori, da eleggersi come d’uso. Neanche alle persone sindacate sia concesso contrastare. Piuttosto, queste sentenze, dopo che sono state pubblicate, debbono essere messe in esecuzione prontamente, facendo cessare ogni ritardo e dilazione, affinché imparino ad esercitare i propri offici con rettitudine, questi officiali che sono certamente consapevoli che avranno a fare il rendiconto in breve tempo dei propri atti compiuti in bene o no, e che siano attenti alla giustizia per timore del giudizio. Questi vostri oratori  ci hanno supplicati umilmente che con benignità apostolica ci degnassimo di togliere questa prava consuetudine e abuso della vostra Città e di provvedere in altri modi per le dette cose a vantaggio del suo Stato. Pertanto Noi che abbiamo cura affinché la giustizia sia amministrata in ogni luogo, con fermezza, rivolgiamo l’attenzione specifica al felice Stato della vostra Città e per mezzo del presente scritto vi affidiamo e ordiniamo che, per l’avvenire, per le sentenze dei sindacatori che debbono essere eletti al <modo> solito, gli statuti che sono stati confermati da parte della Sede Apostolica e le costituzioni provinciali siano messi in pratica completamente, con precisione, nei modi de, e, seguendo la forma e il tenore di questi, e non permettiate che le sentenze di questo genere siano eluse, con pretesto di nessun appello interposto ad opera di coloro che sono sindacati e che le esecuzioni di esse per nessun accordo siano impedite o revocate, ma procuriate che subito le sentenze siano eseguite ad opera di quei sindacatori per praticare la giustizia secondo il tenore degli stessi statuti e delle costituzioni. Provvediamo tuttavia anzitutto che la parte attiva per la quale la sentenza è stata pubblicata e l’esecuzione sia rimasta eseguita, nonostante qualsiasi appello interposto ad opera della parte attiva, faccia il deposito <della penalità> in modo reale ed attuale per l’esecuzione <che poi sarà> da restituire subito, qualora sarà stata revocata la sentenza condannatoria ad opera de Giudice presso il quale si ebbe il ricorso o ad opera del revisore così dichiarato, in questo caso ciò che è stato depositato fatelo restituire senza ritardo allo stesso officiale. E vogliamo e comandiamo che si faccia in questo modo nonostante le cose messe in precedenza e nonostante qualsiasi contrarietà da costituzione apostolica, ordinamenti, leggi imperiali e da qualsiasi altra cosa. Data a Roma presso San Pietro, sotto l’anello del pescatore il giorno 23 ottobre 1581 anno secondo del Nostro Pontificato. \   Glorierio

       2 Rub.32Il sindacato degli Officiali dei Castelli del Comitato.

 Ordiniamo che chiunque del contado di Fermo sia stato officiale o Rettore in un Castello, in una comunità o Villa, oppure abbia amministrato un altro qualsivoglia officio per il Comune di Fermo, dopo ultimato il suo officio, entro il terzo giorno, si presenti di fronte al Giudice di giustizia ed ai Regolatori del Comune e questi Giudice e Regolatori debbano fare il sindacato su di lui ed riscuotere da lui il rendiconto della sua amministrazione e mandare una lettera al Castello o Villa in cui egli abbia svolto il suo officio in modo che sia lecito a chiunque voglia fare lamentele per tale officio, o chiedere a lui qualcosa per le cose che egli ivi ha compiute e comparire in loro presenza per dire quello che vogliono ed essi siano obbligati di fare una indagine contro quel tale e a investigare sulle cose commesse ivi e sulle cose gestite ad opera di tale officiale o amministratore nel suo officio. E senza clamore, senza parvenza di processo, questi Giudice e Regolatori, siano obbligati entro otto giorni dal giorno in cui l’officiale si sia giustificato, assolvere o condannare tale officiale. Qualora non lo facessero, dopo trascorsi questi otto giorni egli venga considerato come assolto e liberato da questo sindacato. Peraltro non è possibile fare appello contro la sentenza che debba essere da essi promulgata per tale sindacato, né fare reclamo, né parlare di invalidità o fare una diversa querela, né chiedere il rinnovo. E riguardo a questo sindacato, il Giudice di giustizia e i Regolatori non possano percepire nulla da parte del tale officiale, se non quanto per consuetudine si riceve e soltanto ciò che hanno da parte di questi Regolatori, sotto penalità contro chiunque trasgredisca di libre 25 libre di denaro per ciascuna volta e per ciascuno di essi. E qualora questo officiale non si presentasse entro detto terzo giorno dopo l’ultimo giorno del suo officio di fronte a questi Giudice e Regolatori, come già detto, e non desse il rendiconto della sua amministrazione e per quello dell’officio, si intenda che sia venuto meno ai doveri del suo officio e possa e debba essere punito pecuniariamente, ad arbitrio di questi Sindacatori e per il resto si intenda che sia stato privato di tutti singol offici e benefici del Comune di Fermo, in perpetuo.

       2 Rub.33I Banditori del Comune e il loro officio.

   Siano cinque, o più o meno, i Banditori del Comune di Fermo, come i signori Priori del popolo e il Gonfaloniere di giustizia e i Regolatori giudicheranno che sia opportuno. E questi banditori abbiano e debbano avere dal Comune di Fermo per loro salario annualmente il consueto salario per ciascuno di loro e ad opera del Comune di Fermo debbono ricevere per vestire un paio di panni per ciascuno di loro, una volta all’anno, nella festa di Santa Maria del mese di agosto. Tuttavia questo vestiario da fare in tal modo per loro sia distribuito come divisa del Comune di Fermo. E quelli che non indossano queste vesti distribuite incorrano nella pena di 10 bolognini per ciascuno e per ciascuna volta. Questi Banditori siano obbligati a stare in servizio stabilmente per questo loro officio, secondo le necessità, per il Comune, nella Città di Fermo e fuori nell’esercito e nella cavalcata, con un cavallo o un ronzino per ciascuno di loro, e secondo i patti stabiliti e le convenzioni fatte e da farsi tra questo Comune e gli stessi Banditori. Qualora qualcuno di essi Banditori non abbia avuto un ronzino o un cavallo e qualora non abbia compiuto le altre cose a cui è stato obbligato, o qualora non abbia espletato il suo officio in maniera fedele, sollecita e legale, non riceva alcun salario dal Comune. E senza l’autorizzazione dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia nessuno di loro vada fuori dal distretto di Fermo per esercitare l’officio della tromba né a usare la tromba presso alcuna Curia o per fornimento o per nessun altro motivo, sotto pena di 10 denari. Questi banditori siano obbligati inoltre a fare il bando di qualcosa, nel modo come ogni volta sarà stato ingiunto a loro da parte del Podestà o del Capitano o dei Priori o del Gonfaloniere di giustizia o da chiunque di loro, nella Città e nei luoghi consueti e soliti, sotto la predetta penalità a cui il Podestà o il Capitano debba condannare questi o qualcuno di essi. E questi banditori non possano prendere alcunché da qualcuno posto nel bando. Questi banditori inoltre debbano e siano obbligati, continuamente, nelle ore congrue, due di loro, a stare presso il Palazzo del Comune e due di essi presso il Palazzo del Popolo in modo che quando sarà stato opportuno si possa avere disponibilità, e siano obbligati con vincolo di giuramento e sotto la detta penalità, ogni volta che essi, per il Comune, facessero alcuni bandi generali, dopo aver premesso il suono della tromba, a fare il bando a voce alta, e senza alcuna frode né malizia, nei luoghi consueti. A questi suonatori di tromba sia lecito portare ogni tipo di armi, impunemente.

       2 Rub.34L’officio dei Balivi del Comune di Fermo.

    I Balivi del Comune di Fermo siano eletti in questo modo, cioè siano eletti due Balivi da ciascuna contrada, ad opera dei Consiglieri della Città, della propria contrada, “a scarfina”, oltre ai Balivi che debbono essere assegnati da parte dei Comuni dei Castelli del Comune di Fermo. E nessuno che sia stato eletto Balivo possa fare la sostituzione se non dalla propria contrada dalla quale egli è stato prima eletto. Qualora non venga reperito alcuno nella contrada, allora possano essere dati da un’altra contrada. E il Podestà sia obbligato a ricevere da ciascun Balivo e a far ricevere il giuramento e un fideiussore idoneo, almeno 10 libre di denaro sull’adempiere e esercitare questo officio con buona fedeltà e senza frode e secondo la forma degli statuti del Comune di Fermo. Qualora sia capitato che un Balivo faccia in modo falso una ambasciata o una relazione, sia punito sul fatto ad arbitrio del Podestà o del Capitano, dopo che sia stata verificata la qualità del reato. I loro copricapi o berretti si facciano e siano e debbano essere rossi con una crocetta bianca e facciano gli indumenti distribuiti e li portino indossati come distinta divisa del Comune di Fermo. Debbono portare sul capo questi copricapi ogni giorno, senza che siano coperti con alcun altro segno, né varietà, sotto penalità per ciascuno di loro che non porti il copricapo o il berretto nel detto modo, di 10 libre di denaro per ciascuna volta, da riscuotersi sul fatto. E sia eletto un solo Balivo in ciascun Castello o Villa e costoro possano fare ambasciate negli stessi Castelli e Ville. Come agli altri Balivi della Città, i copricapi anzidetti siano dati anche a questi Balivi dei Castelli e li debbono portare come detto sopra e con la detta penalità. E peraltro questi Balivi nel dover fare una citazione, siano obbligati ad esprimere ad uno di fronte a chi essi lo citano. E questi Balivi della Città abbiano il consueto salario. E tutti i Balivi, per ogni ambasciata che uno di questi Balivi abbia fatto in servizio e a richiesta di qualcuno, possano ricevere due denari da persone speciali a cui hanno fatto le ambasciate in Città quando è presente colui che dovesse esser citato; se non sia stato presente, soltanto quattro denari. Qualora invece abbiano dato una commissione dentro la Città, denari dodici; se l’abbiano data fuori per un miglio (miliare) nei pressi della Città abbiano e possano ricevere da colui al quale hanno dato la commissione per mandato della Curia, soltanto due soldi di denaro; ma qualora sia fuori da questa Città e più lontano di un miglio, dodici denari e non di più per ciascun miglio oltre al già detto miglio. E se abbiano fatto qualche ambasciata andando per Ville e per i Castelli della Città abbiano e possano ricevere soltanto sei denari per ogni miglio. Qualora qualcuno abbia agito in contrasto contro qualcuna delle dette cose, venga punito sul fatto a 10 soldi di denaro, per ciascuna volta. E nessun Balivo possa essere custode o “saltario” (difensore) né catturare né detenere alcuno nella persona o nelle cose che abbia portate fuori dalla Città in contrasto con il bando, non possa neanche denunciare qualcuno che abbia lavorato nei giorni festivi. Non possa neanche avere qualche altro officio della Città di Fermo o fuori questa, ma soltanto quello che compete all’officio di Balivo. E qualora qualche Balivo abbia citato qualcuno o abbia fatto una ambasciata che non abbia riferito o riportato per quel tal giorno e per la tale ora in cui abbia fatto la citazione, <come> gli sia stata imposta, sia punito a 10 soldi di denaro per ciascuna volta, anche a due soldi di denaro per colui del quale sia stata l’ambasciata. E nondimeno sia tenuto a rimborsare tutto il danno che il tale stesso abbia sostenuto e si creda al giuramento di costui riguardo alla colpa e riguardo al difetto del Balivo e anche sul danno fino alla somma di 5 soldi di denaro. Quando qualche Cittadino o uno del contado di questa Città volessero mandare questo Balivo ad un altro, dentro o fuori dalla Città per qualche suo fatto nelle cose che sono di competenza dell’officio di questo Balivo, sia obbligato e debba andare per la richiesta e la domanda del tale che lo vuole mandarlo, e questo Balivo possa ricevere per il viaggio dodici denari per ogni miglio, se sia stato dentro al contado o al distretto di Fermo; se invece sia stato fuori da questo contado o distretto, o fuori dalla Provincia della Marca, possa ricevere otto soldi di denaro per ciascun giorno e non di più, sia che sia andato per il Comune, sia per le persone singolari. E qualora uno abbia ricevuto di più o abbia rinunciato a fare un’ambasciata, il Podestà o il Capitano sul fatto siano obbligati, sul fatto a prelevargli 20 soldi di denaro e metà di questa penalità sia per il Comune e l’altra metà per l’accusatore. E nessun Balivo si allontani dalla Curia, ma ciascuno di essi debba continuamente rimanervi, quando non ha l’autorizzazione dal Rettore o da qualche altro officiale del Rettore per allontanarsi. E chi abbia trasgredito sia punito, per ciascuna volta, alla penalità di due soldi. E nessun Balivo osi né presuma portare, per un servizio disonesto, qualche donna Fermana al palazzo o in qualche Curia; e qualora l’abbia portata, paghi il bando di 10 libre di denari e qualora non lo pagasse sia colpito con la frusta pubblicamente attraverso la Città. E a nessun Balivo sia lecito portare alcuna arma offensiva né difensiva attraverso la Città, se non nel modo come la portano gli altri cittadini Fermani, con l’idonea tassa. I Balivi siano obbligati a fare le relazioni sulle ambasciate al Giudice o al Notaio, direttamente, non tramite altri, a voce o per iscritto e la relazione sia valida fatta in questo modo, ma non in altro modo. Quando alcuni siano stati posti in bando <esilio>, il bando è dato a notificare ai Balivi e ciascuno di questi Balivi possa ricevere da coloro che sono stati posti nel bando per il dovere di fare la notifica del bando, per il loro lavoro, quattro denari per ciascuno che sia notificato e per ciascuna volta, quando il bando avvenisse nelle Ville o nei Castelli riceva soltanto dodici denari per ciascun miliare (miglio) e non di più. E quando coloro ai quali il bando sia notificato fossero più di uno nel contado, tra tutti prendano questa somma. E qualora un Balivo abbia trasgredito nel ricevere di più, venga punito sul fatto, per ciascuna volta, a 20 soldi di denaro e possa essere accusato o denunciato da chiunque dei già detti, e metà del bando debba averla l’accusatore o denunciatore nei detti singoli capi di accusa e nei capitoli esposti nel seguito. E si dia fiducia al suo giuramento, cioè dell’accusatore o del denunciatore e il denunciatore sia tenuto segreto. Inoltre nessun Balivo possa essere fideiussore per qualcuno in occasione di qualche reato, in nessuna Curia della Città di Fermo e se abbia trasgredito, Ciascuno sia punito a 100 soldi, per ciascuna volta. E nessun Balivo possa né debba andare associato con un altro Balivo nella Città per qualche ambasciata in cause civili a richiesta di qualcuno. E quando più Balivi siano andati per una ambasciata, tutti insieme ricevano le dette somme e si faccia il pagamento soltanto per uno <tramite>. Inoltre qualora sia capitato che qualche Balivo prenda pegno per <darlo a> qualcuno, lo debba presentare a colui per la cui richiesta l’ha preso, nel giorno in cui lo ha ricevuto, oppure al Massaro dei pegni del Comune, se fosse deputato un Massaro a queste cose per il Comune di Fermo, sotto penalità di 40 soldi di denaro, per ciascuna volta. E qualora il Balivo al quale un officiale del Comune, dal quale egli abbia ricevuto il pegno, abbia detto e comandato <la consegna> nello stesso giorno nel quale questo officiale gli abbia detto e comandato, qualora non restituisse il pegno ricevuto <dandolo> a colui per il quale sia stato ricevuto, sia messo e chiuso in carcere e non venga rilasciato fino a quando non abbia riconsegnato questo pegno o il suo valore stimato. Per l’estimo di questo pegno si dia fiducia al giuramento di colui per il quale sia stato ricevuto, fino alla somma di 10 soldi ed anche di somma maggiore a volontà del Podestà, o del Capitano o di un altro officiale che ne ha competenza, considerando la condizione di vita della persona richiedente e nonostante ciò questo Balivo che non adempia queste cose sia punito a 20 soldi di denaro, sul fatto. E l’officiale del Comune quando dia il mandato ad un Balivo che dia gravame a qualcuno o alcuni, sia obbligato sotto penalità di 10 libre di denaro a dare la cedola a questo Balivo per iscritto con il nome di colui il quale debba essere aggravato e i pegni presi ad opera dei Balivi del Comune, quando siano presi ad opera della Curia del Comune, siano assegnati al Massaro del Comune e questo Massaro venga eletto per opera dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia e dei Regolatori, un Massaro buono ed idoneo, come sembrerà meglio a costoro. L’officio di questo Massaro abbia la durata di sei mesi e dopo ultimato l’officio di costui se ne elegga un altro nel detto modo. E chi sia stato una volta in questo officio, non possa stare in questo officio fino a due anni. E questo Massaro possa ricevere da ogni pignorato otto denari per sé e per il Balivo. Qualora siano molti i pegni presi a favore di uno solo, per lo stesso motivo, e assegnatigli nello stesso giorno, riceva altrettanto e non di più. E questo Massaro sia obbligato a dare al Balivo, subito dopo che a lui abbia consegnato il pegno quattro denari per ogni pegno. E se da una sola persona, nello stesso giorno, ricevesse molti pegni, dia allo stesso Balivo soltanto quattro denari e non di più. E il detto Massaro abbia un registro per detto officio, nel quale registro, subito, appena a lui sia stati consegnati i pegni, scriva in esso e quando avrà fatto la restituzione, scriva la restituzione con il giorno in cui sono stati presi o restituiti con il nome di colui di cui sono i pegni il nome e per mandato di chi fossero stati ricevuti. E questo Massaro sia obbligato a por rimedio per i pegni che fossero persi e che gli fossero stati assegnati; e per quello che il Balivo avesse assegnato, si stia alla relazione del Balivo quando abbia mostrato le cose scritte di mano di questo Massaro riguardo a questi pegni assegnati a lui. E il Massaro sia obbligato a dare questa scrittura ad ogni Balivo che gli consegni i pegni, sotto pena per il Massaro e per il Balivo che contravvengano nelle cose predette di 40 soldi di denaro per ciascuno e per ciascuna volta. Qualora tuttavia il Balivo ha preso qualche pegno da una persona, sia obbligato per il suo viaggio o per il lavoro a porre questo pegno fra la terza abitazione, dall’abitazione dove ha preso questo pegno e, all’apertamente, in modo tale che non possa andare perduto, e qualora si perdesse, sia obbligato a restituirlo, e se abbia trasgredito sia punito alla detta pena e riguardo al pegno o del valore stimato del pegno si dia fiducia al giuramento di colui a cui sia appartenuto il pegno. In generale, questi Balivi facciano ogni altra e singola cosa che è di competenza del loro officio, con fedeltà schietta e senza frode, né malizia alcuna e secondo la forma del presente capitolo e degli altri capitoli di questo volume che trattano del loro officio, sotto la pena e il bando scritti in questi capitoli. E non possano questi Balivi, né alcuno di loro, fare citazioni, se non per una sola, per ogni singolo giorno soltanto. Qualora le facessero per molti giorni, la citazione non sia valida per il diritto stesso, e colui che facesse tale citazione sia condannato a 25 soldi di denaro, per ciascuna volta e possa essere accusato da chiunque ed essere denunciato come detto sopra. Si faccia il pagamento a questi Balivi che siano pagati per il loro salario secondo la forma praticata fino ad ora.

       2 Rub.35L‘ufficio del custode delle carceri.

   I signori Priori e il Vessillifero di giustizia insieme con i Regolatori, nel mese di dicembre, dispongano e provvedano che un Cittadino Fermano buono ed idoneo divenga custode delle carceri e dei carcerati e il suo officio inizi dal primo gennaio e perduri per un anno. E questi Priori dopo che sia stato fatto pubblicamente l’annuncio all’asta attraverso la Città per quelli che vogliano essere custodi di questo carcere e dei carcerati con i patti dichiarati, dispongano e provvedano per questo custode o per un sovrintendente, secondo l’aggrado della loro volontà e dopo aver ricevuto fideiussori idonei, cittadini Fermani, di almeno 1000 fiorini d’oro da tale custode e soprintendente, sul dovere di custodire questo carcere e i carcerati con somma diligenza e sul dover presentare i carcerati ai Rettori, e sul dovere tenere indenni i Rettori, il fisco e le persone private riguardo a queste carceri. E questo custode per ogni carcerato possa e debba ricevere e avere quattro soldi nell’entrare e altrettanto nell’uscire, per ciascun giorno con notte due soldi. E nulla possa ricevere oltre questa somma direttamente o indirettamente sotto pena, quando abbia trasgredito, di 25 libre di denari per ciascuna volta, da prelevare sul fatto da lui. Nondimeno quello che abbia preso più di questa somma, sia costretto, sul fatto, a restituirlo al triplo. E questo custode sia obbligato, a richiesta di un qualsivoglia Rettore o di un officiale del Comune di Fermo a ricevere e custodire in queste carceri tutte le singole persone presentate a lui da parte di uno di loro e non darlo ad alcuno senza o contro la volontà del Rettore il quale ha richiesto di assegnare questo carcerato e neppure rilasciarlo senza l’espressa licenza di questo Rettore o officiale. E questo custode sia obbligato a fare e faccia un registro in cui per ciascun carcerato scriva il nome e il cognome del carcerato e il motivo per cui è detenuto ed a richiesta di chi è stato consegnato e il giorno della presentazione e del rilascio di uno qualsivoglia. Qualora, contrariamente a quanto detto, questo custode abbia rilasciato un carcerato, oppure qualche carcerato di quelli affidati a lui nelle carceri, sia evaso o fuggito, sia punito sul fatto, in modo reale e personale, ad arbitrio del Rettore senza alcun processo, dopo aver considerando e riflettuto sulla qualità e sulla quantità del fatto per cui <quello> era stato posto in carcere, e riguardo al danno sia costretto sempre a risarcire il danno che abbia fatto a qualcuno riguardo a ciò, con il doppio del danno fatto.

       2 Rub.36Le pitture da farsi delle porte.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che il Podestà, che ci sarà nel tempo, sia obbligato e debba, a spese del Comune di Fermo, sotto il vincolo del giuramento, far dipingere gli stemmi della Santa Madre Chiesa, del nostro signore il Papa e del Comune di Fermo, in ogni porta della Città di Fermo, ove non ci stessero.

       2 Rub.37Divieto per gli Officiali del Contado.

   Chiunque per conto del Comune di Fermo in qualche Castello o in un fortilizio, o Rocca del contado di Fermo sia stato in qualche officio in modo principale, oppure insieme con un altro, dopo che ha ultimato tale incarico non possa per un semestre stare, né essere eletto in qualche officio, o nell’amministrazione, o nella custodia nello stesso Castello, fortilizio o Rocca né in modo principale autonomo né insieme con un altro per il Comune, né essere eletto entro sei mesi da conteggiare dal giorno in cui ha ultimato l’incarico. Se qualcuno invece si sarà comportato al contrario, incorra per il fatto stesso nella pena di 50 libre di denaro e nondimeno non possa stare nell’officio e nell’amministrazione detta prima. Inoltre non possa stare in qualche Castello o Rocca o fortilizio del contado, per il Comune di Fermo, né essere, oltre sei mesi, in qualche officio, neanche esservi riconfermato, né essere prorogato oltre il detto tempo, senza uno speciale provvedimento del Consiglio Generale di questa Città, sotto la penalità di 50 libre di denaro contro ciascun trasgressore da prelevarsi sul fatto; e nondimeno non possa stare nel predetto officio: e ciò abbia luogo per le cose presenti, le passate e le future. Inoltre ordiniamo che nessun oriundo, né un abituale abitatore di qualche Castello del contado di Fermo, possa stare né essere in modo principale, né insieme con un altro, in qualche officio in qualche castello di questo contado che stia distante vicino dieci miglia o meno al Castello della sua origine, o della sua abitazione, neppure <possa> nel Castello della sua abitazione o della sua origine, sotto penalità di 25 libre di denaro, e nondimeno non valga che gestisca un officio, e per lo stesso diritto non abbiano validità le cose da lui fatte, né gli atti compiuti da lui.

       2 Rub.38Divieto per gli Officiali nella Città, e il cumulo degli offici.

   Al fine che gli offici siano estesi a più persone, decretiamo che chi sia stato nell’officio del Priorato o del Vessilliferato di giustizia o del Notariato di questo Priorato, per sei mesi calcolando dal giorno in cui abbia deposto tale officio, non possa stare nello stesso officio del Priorato, o del Vessillifetato, o del detto Notariato, né per il modo di estrazione da cassette <urne>, né per altro modo, né per elezione. Peraltro quando qualcuno sia stato in qualche altro officio, possa essere deputato ad altro, soprattutto se fosse nominato ad altro officio senza salario, quando sembri opportuno ai signori Priori e al Gonfaloniere, purché nell’avvicendarsi, non possa avere dal Comune molteplici e diversi offici insieme con il salario. In realtà colui che sia stato estratto Priore o Vessillifero, se venisse estratto Tesoriere o Regolatore o come altro officiale del Comune, non possa esercitare alcun altro officio, se non l’ufficio del Priorato o del Vessilliferato di giustizia e se sia stato estratto per qualche altro, < il nome> sia rimesso nella borsa. E qualora uno fosse stato estratto precedentemente ad un altro officio e successivamente fosse estratto come Priore o come Vessillifero, allora faccia le dimissioni da ogni altro officio ed eserciti l’officio di Priorato o del Vessilliferato, dimettendosi dal primo officio e il nome sia rimesso nella borsa da dove sia stato estratto. Inoltre colui che sia stato nell’officio del Priorato o del Vessilliferato di giustizia né egli stesso, non possano né il padre, né un figlio o il fratello carnale stare presso questo officio per sei mesi calcolati dal giorno quando egli ha ultimato l’officio. Inoltre vogliamo che chi sia stato nell’officio del Priorato o del Vessilliferato, da allora per sei mesi, non possa stare in questo officio, né nell’ufficio della Tesoreria o dei Regolatori o del Notariato loro. Inoltre colui che sia stato nell’ufficio dei Regolatori, o del Notaio dei Regolatori non possa essere Banchiere né Notaio del Banchiere da allora per sei mesi. Inoltre chi sia stato nell’officio dei Regolatori, o del Notariato dei Regolatori, non possa essere Banchiere, o Notaio del Banchiere da allora per sei mesi. Inoltre chi sia stato Banchiere o Notaio del Banchiere non possa stare nell’ufficio del Regolatori da allora entro il detto tempo di sei mesi. E che abbia trasgredito sia condannato a 100 libre di denaro da assegnare al Comune di Fermo.

       Rub.39Nessuno presuma di poter scacciare i cittadini o i distrettuali fuori dal Foro della Città di Fermo.

   Se qualcuno in modo principale <direttamente> o altrimenti, in qualsiasi altro modo, personalmente o tramite un altro a suo nome, o con mandato, tanto ad opera sua, o sia anche a opera di un altro a titolo di procuratore o di qualsiasi altro titolo, abbia portato o tentato o abbia cercato di portare fuori dal foro giuridico della Città di Fermo qualche Cittadino o abitante del contado o del distretto o dimorante Fermano o qualsivoglia altro, su una cosa o sopra una cosa soggetta e sottoposta alla giurisdizione del Comune di Fermo, senza espressa licenza dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia della Città di Fermo con <il Consiglio di> Cernita di quattro buoni uomini per <ciascuna> contrada e in qualsiasi modo  tentasse di farlo direttamente o indirettamente,  in occasione di qualche causa, o lite, o affare civile, o penale, o misto, o altro, comunque la cosa sia chiamata di qualsiasi diritto o nome, per il fatto stesso incorra nella penalità di 500 libre di denaro per ciascuna volta. La detta causa venga riportata alla Curia del Comune di Fermo e nondimeno chi trasgredisce decada per lo stesso fatto da ogni suo diritto. E qualsivoglia Rettore della Città di Fermo abbia libero arbitrio di fare la procedura, di investigare, di fare l’indagine, di punire e di condannare alla detta pena, contro tutti singoli coloro che commettono ciò, come già detto, anche sul fatto, senza alcuna scrittura o processo, omettendo ogni solennità e sostanza di statuti e di giurisprudenza.

       2 Rub. 40Nessuno Fermano o distrettuale, senza una licenza, osi andare <lontano> per uno stipendio o per una provvigione.

   Nessun Cittadino, o abitante del contado, o abitante del distretto Fermano, oppure abitante della Città o del contado di Fermo, in qualsiasi condizione o stato si trovi, osi né presuma in qualche modo andare o stare a pagamento, a provvigione, o a servizio al modo di armigero in qualche terra o luogo con una Comunità <Comune>, o con un signore, o con un nobile in qualsiasi stato o condizione si trovi, che fosse vicino 50 miglia, o meno,  alla Città di Fermo, senza un’ espressa licenza dei signori Priori del popolo o del Vessillifero di giustizia della Città di Fermo. Se qualcuno invece abbia trasgredito in qualche modo direttamente o indirettamente, in modo reale e personale, in compagnia o separatamente, sia punito ad arbitrio del Rettore.

       2 Rub.41Non si costruiscano nuovi fortilizi, né si ricostruiscano quelli distrutti.

   Stabiliamo ed ordiniamo che nessuna Comunità o persona privata, in qualsiasi stato o condizione si trovi, osi né presuma, in qualche modo, di costruire ex novo, edificare, o ricostruire qualche fortilizio, Rocca o Castello nel territorio della Città o del distretto di Fermo, senza un’esplicita licenza del Consiglio Generale della Città di Fermo, sotto multa in denaro e pena nella persona; e nondimeno qualsiasi cosa sia stata fatta in maniera diversa o in contrasto, sul fatto debba completamente essere distrutta a spese di chi l’ha fatta in contrasto alle dette cose, o a qualcuna delle dette cose.

       2 Rub.42L’officio degli Ambasciatori del Comune di Fermo.

   Decretiamo e ordiniamo che qualsivoglia Oratore o Ambasciatore, che debba essere eletto in qualsiasi legazione o ambasciata per il Comune, porti scritti i suoi mandati o l’ambasciata sua scritta con il sigillo del Comune, e le cose scritte rimangano negli atti del Comune di Fermo. E non sia lecito ad alcuno degli Ambasciatori dire nulla oltre l’ambasciata a lui imposta, né dire ulteriori cose che siano principalmente attinenti all’ambasciata stessa, e qualora tale Ambasciatore abbia trasgredito sia condannato a 100 libre di denaro e in perpetuo sia privato delle ambascerie del Comune di Fermo. E si eleggano come ambasciatori colui o coloro che sono i migliori e i più utili per il Comune secondo la volontà dei signori Priori e del Gonfaloniere, o a maggioranza di questi, essendo cancellati e annullati i capitoli che esponessero cosa in contrasto. E in calce o al termine della lettera che egli porterà per l’ambasciata a lui imposta, si scriva che il signore o la terra a cui è mandato non dia credito all’ambasciatore se non per le cose che sono state scritte in questi registri sotto i detti sigilli. E tale ambasciatore eletto non possa rinunciare a detta ambasciata se non avrà dimostrato per mezzo del medico o per mezzo di un testimone che egli è infermo. E il Podestà e il Capitano costringano tale ambasciatore a portare a termine la stessa ambasciata, per mezzo di una imposizione di bandi o di multe, oppure per qualsiasi altra via, come sembrerà ad essi che convenga. Inoltre vogliamo che un ambasciatore del Comune di Fermo che facesse un’ambasciata, non importa quanto, all’interno del contado di Fermo, sia che ritorni, sia che non ritorni in quel giorno, abbia dal Comune per le spese e per il vitto loro, per ciascun cavallo, 20 soldi di denaro in ciascuno giorno. Se, in realtà, facesse l’ambasciata fuori dal contado per le spese e il vitto, per un solo cavallo con un servitore quaranta soldi di denari. Se avrà portato molti cavalli, per ciascun cavallo che avrà portato abbia mezzo fiorino d’oro per ciascun giorno, e non di più, purché nessun ambasciatore possa portare più di tre cavalli. Se, in realtà, qualche ambasciatore sia stato mandato da questo Comune alla Curia di Roma, dell’Imperatore o del Re abbia per ciascun giorno, abbia come suo salario e per le spese per ciascun cavallo mezzo fiorino d’oro, purché nessun Ambasciatore possa condurre più di quattro cavalli a spese del Comune. E gli Ambasciatori facciano giuramento prima che vadano per queste ambasciate che non si intrometteranno a fare, né faranno alcuna ambasciata, se non quelle che siano stati date a loro per la parte del Comune di Fermo; e chi abbia trasgredito sia punito come è stato detto nel presente capitolo e non riceva nulla dal Comune per tale ambasciata. E gli ambasciatori siano costretti a fare come è stato detto, se non abbiano avuto una giustificazione, come espresso sopra nel presente capitolo o se non avranno dimostrato un motivo legittimo di sospetto di persona in occasione di una speciale inimicizia. Dopo che questi motivi sono stati comprovati, come è espresso sopra, nessuno che abbia avuto la giustificazione sia costretto ad andare contro sua voglia. E i signori Priori del popolo siano obbligati a far scrivere in un solo quaderno il giorno quando sia stato Ambasciatore e quando tornato abbia riferito: e sia scritto dal Notaio degli stessi Priori o dal Notaio del Tesoriere. E l’Ambasciatore sia obbligato a far redigere lo scritto per sé da questo Notaio, altrimenti non riceva nulla dall’ambasciata. E il Tesoriere sia obbligato a soddisfare questi ambasciatori nei detti salari, stabiliti a lui, a volontà di questi stessi e di coloro dai quali abbia preso i cavalli, secondo quanto è stato detto. Qualora non si facessero i pagamenti, questi ambasciatori non siano costretti ad andare in una ambasciata. E il pericolo dei cavalli mentre si svolgesse la detta ambasciata soggiaccia al Comune. Inoltre nessun possa essere così costretto a dover dare a affittare ad alcuno il suo cavallo o il ronzino per vettura se non ci sia stata l’usanza di affittare per vettura. E qualora qualche ambasciatore che sia parte dei militi del Comune sia stato in una ambasciata del Comune nel tempo quando il Comune di Fermo o tutti i militi del Comune di Fermo, o i militi della propria contrada, della quale fosse ambasciatore, stessero nell’esercito o in altro servizio del Comune, senza nessun stipendio, l’ambasciatore in tal caso non debba ricevere nulla dal Comune dal tempo detto sopra quando i militi siano stati in questo servizio. E nessun Fermano sia costretto a fare un’ambasciata a spese proprie, ma soltanto a spese del Comune. E qualsivoglia ambasciatore che sia andato in un’ambasciata del Comune e abbia voluto riconsegnare al Comune qualche cavallo viziato o guastato o magagnatosi in questa ambasciata, lo debba riconsegnare al Comune in quel giorno in cui ritornasse dalla ambasciata o nel giorno seguente; e qualora non lo abbia riconsegnato entro questa scadenza non sia ricevuto dal Comune, e non possa neppure ricevere un estimo <valutazione> di questo cavallo. Né alcun ambasciatore possa o debba riconsegnare al Comune di Fermo qualche cavallo condotto dallo stesso ambasciatore del Comune che fosse venuto meno per vecchiaia, per malattia o per disabilità del cavallo stesso, ma qualora per sua colpa sia stato magagnato e se lo consegnerà non venga ricevuto per il Comune.

       2 Rub.43Il Podestà, il Capitano e gli altri Officiali del Comune di Fermo non vadano a fare ambasciate.

   Inoltre ordiniamo e decretiamo che né il Podestà, né il Capitano né alcun altro officiale del Comune di Fermo, durante il tempo del loro incarico, neppure un officiale di qualcuno di questi stessi, o i servitori, andare in un’ambasciata del Comune di Fermo, con vincolo di giuramento, e sotto penalità di 100 libre di denaro dal loro salario per ciascuna volta quando abbiano fatto il contrario, se non qualora fosse di necessità che questi stessi o qualcuno di loro, andasse a visitare i Castelli, e quando occorresse che essi stessi si rechino alla Curia del signor Marchese per il parlamento generale. In questi casi ciascuno di loro abbia un certo salario, quale sembrerà essere opportuno ai signori Priori, al Gonfaloniere di giustizia e al Consiglio generale, e con un certo numero di cavalli quale sembrerà essere conveniente agli stessi Priori, purché <chi va> non possa avere più di 20 soldi di denaro per ciascun cavallo che avrà portato e per ciascun giorno. E nessuno debba dare in affitto <a pagamento> un cavallo del Comune a questi stessi, o a qualcuno di essi, in alcun modo o per alcun motivo e colui che abbia trasgredito sia punito a 10 libre di denaro; e possa essere accusato da chiunque e denunciato, fino a due anni e l’accusatore o il denunciatore siano tenuti segreti. E lo stesso Podestà e il Capitano che abbia ricevuto il cavallo siano obbligato ad altrettanto. E questo statuto non possa essere cancellato né si possa in qualcosa derogare. E il Notaio delle delibere e il Cancelliere sotto vincolo di giuramento e sotto penalità di 25 libre di denaro dal suo salario, non possa né debba in alcun modo fare o scrivere qualche proposta sulle cose già dette, salvo qualora l’andare nell’esercito o alla cavalcata sia stata una necessità per il Podestà o per il Capitano in base ad una delibera del Consiglio. E sia legittimo che debba avere dal Comune 20 soldi di denaro per ciascun giorno. E, per ogni cavallo o mulo che avrà portato, oltre al numero dei cavalli debba tenere secondo la forma della sua elezione nel servizio per il Comune, nell’esercito o nella detta cavalcata, purché il Podestà non ne possa condurne oltre 10 e il Capitano oltre 5, sotto la detta penalità. E nessun officiale del Comune di Fermo né alcun altro ‘forense’ <del foro> possa andare in giro nel distretto di Fermo a fare alcune esecuzioni per alcuni ‘assetti’, per dazi o per qualsiasi altri motivi, eccetto che per dare esecuzione alle condanne e possa allora andare senza che si dia a loro alcun altro salario né compenso, oltre al salario che è stato concesso loro a motivo del loro officio, oppure per la forma di qualche statuto di Fermo. E le esecuzioni tutte che siano da fare nel distretto di Fermo per qualunque causa, si facciano soltanto per mezzo di cittadini Fermani, e non per mezzo di altri, eccetto per le condanne. E questi esecutori siano eletti e incaricati dai signori Priori del popolo e dal Gonfaloniere di giustizia soltanto tra i cittadini. E vadano con la lettera di questi signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia, come è di consuetudine. E qualsivoglia esecutore abbia, per ciascun giorno in cui abbia fatto pernottamento per questa esecuzione, 20 soldi di denaro e non di più, calcolando il giorno di partenza e quello di ritorno alla Città di Fermo, sotto penalità per chi agisca contro questa modalità, o per ciascuno che va, anche per chi lo manda di 10 libre di denaro per ciascuno e per ciascuna volta. E i Sindaci dei Castelli non debbano obbedire oltre e contro questa forma stabilita né dare alcunché a costoro che vanno, contro questa forma, né pagare, sotto detta penalità.

       2 Rub.44Coloro che ricevono l’onore militare.

   Quando qualche Cittadino Fermano abitante nella Città di Fermo abbia voluto ricevere l’onore e la dignità della cavalleria e della milizia nella Città di Fermo debba avere dal Comune di questa Città di Fermo 100 libre di denaro dai beni e dall’erario di questo Comune e queste gli vengano date, contate ed assegnate interamente dal Comune di questa Città nel giorno in cui avrà assunto la detta dignità e l’onore.

       2 Rub.45Le vendite fatte di beni degli esiliati.

   Tutte e singole le vendite, le alienazioni o le cessioni già fatte o che si facessero in futuro ad opera dei Sindaci del Comune di Fermo dei beni degli esiliati o dei condannati <al bando> del Comune di Fermo o dei loro fidejussori o di altri beni del Comune abbiano validità e obblighino e ottengano una perpetua stabilità e debbano essere rispettate dal Comune di Fermo in maniera esatta ed inviolabile. E questo Comune sia obbligato a difendere tali vendite e alienazioni proteggendo gli acquirenti contro qualsiasi molestatori, salvo sempre il diritto di altri che pretendono qualche diritto sui beni predetti, e salvo il diritto del prezzo. E il prezzo debba essere restituito dal Comune agli acquirenti quando i detti beni venduti per legge sia dati indietro dai detti acquirenti.

       2 Rub.46L’officio del Notaio del Podestà che debba risiedere nel Porto.

    Il Notaio del Podestà che deve stare a Porto San Giorgio secondo la forma dell’elezione del Podestà, sia obbligato e debba catturare e far catturare tutti e singoli coloro che commettessero e facessero qualche reato di qualunque genere sia, e debba mandarli sotto fidata custodia a questo signor Podestà e alla Curia Fermana ed egli debba spiare e far spiare tutti i singoli “terrageni” <nativi dal territorio> anche i “forensi”<ospiti> che portassero armi di difesa e di offesa in questo Porto in contrasto alla forma dello statuto, in modo che quando alcuni cittadini saranno venuti a questo Porto dalla Città o da qualsiasi luogo, siano fermati e debbano depositare subito le armi che portassero presso il fondaco <magazzeno> del Comune di Fermo o nel suo ospizio, sotto la penalità contenuta nello statuto. E subito quando gli ospiti entrano nell’ospizio, colui che accoglie gli ospiti debba dire agli ospiti che non portino armi perché c’è il bando per queste stesse. Qualora l’ospitante non lo abbia fatto soffra la pena che dovrebbe patire l’ospite. E l’ospite non sia obbligato alla detta pena contenuta nello statuto del Comune di Fermo. E subito il detto Vicario mandi al Podestà l’ospitante che prima non abbia detto all’ospite che è proibito portare armi. E questo Vicario sia obbligato a gestire i tavoloni e i vasi e gli arnesi del Comune di Fermo e riceverli per mezzo di un inventario e renderli al Sindaco del Comune di Fermo; e qualora egli abbia trasgredito, sia punito a 10 libre di denaro, per ogni volta. E gli uomini di questo Porto siano obbligati e debbano obbedire a lui in tutte le cose che riguardano il suo officio. Qualora questo Notaio abbia commesso qualche frode o sia stato negligente in questo officio, subito sia espulso da questo officio. E questo Vicario sia obbligato, sotto la detta pena, a fare e a far fare la custodia notturna per mezzo di uomini di questo Porto riguardo al fatto che non accada alcun danno né furto in nessuna abitazione dello stesso Porto; cosicché non accada alcun danno o furto in alcuna abitazione dello stesso Porto; purché non siano posti a fare questa custodia le vedove, i pupilli e i vecchi di età maggiore di settanta anni, né le persone miserabili e purché questo officio non sia di pregiudizio a coloro che acquistarono e in futuro acquisteranno l’anzidetta gabella.

        Rub.47Il Podestà o il Capitano o il loro officiale siano obbligati, ogni qualvolta sarà necessario, recarsi fuori Città a proprie spese.

   Ogni volta che sia capitato e sia stato necessario che il Podestà, il Capitano o qualcuno di essi o un giudice, un milite di qualsivoglia di essi o altro officiale “forense” del Comune di Fermo vada in qualche luogo per ultimare qualche questione, oppure altrimenti per esercitare il suo officio, essi e ciascuno di essi che sia stato necessitato per queste cose, siano completamente obbligati ad andare, quando ce ne sia stata la necessità, senza salario, con i cavalli degli stessi Podestà o Capitano. E se agissero contrariamente, ciascuno di questi che abbia trasgredito sia punito dal suo salario a 25 libre di denaro per ciascuna volta. E il Tesoriere del Comune sia obbligato a prelevare la penalità dal salario dello stesso officiale e qualora questo Tesoriere non l’abbia prelevato, sia obbligato lo stesso Tesoriere a pagare di sue proprie spese al Comune. E i Regolatori del Comune non debbano, sotto la detta pena, fare la ‘bolla’ per questi Rettori, né per qualcuno di quelli già detti, neppure bollare la ‘bolla’ per qualcuno degli anzidetti e qualora abbia messo il bollo, questa ‘bolla’ non abbia validità. E nessun officiale, servitore o subalterno di essi, né alcuno di essi stessi possa, sotto detta pena, accettare o ricevere denaro alcuno o alcune cose da una persona speciale per qualche custodia o per una esecuzione o per qualche altro motivo in occasione di un qualche officio, sotto la detta pena, per ciascuno e per ciascuna volta. E il Podestà e il Capitano e per questi, ogni altro officiale del Comune nel suo officio sia obbligato e debba, con vincolo di giuramento, e sotto la detta pena, a praticare e a fare praticare ad opera dei loro officiali, dei servitori e dei subalterni tutte le singole cose contenute nell’anzidetto statuto.

       2 Rub. 48I Castellani non vanno accolti nel distretto di Fermo.

   Vogliamo ed ordiniamo che nessun Castello o Villa osi né presuma di accogliere qualcuno come Castellano del Castello, o della Villa né di fare qualche esenzione a qualcuno senza l’esplicito permesso dei signori Priori e del Gonfaloniere di giustizia da darsi per iscritto. E il Castello e la Comunità che abbia trasgredito siano puniti, per ciascuna volta, a libre 50 di denaro. Il Podestà ha l’obbligo di far conoscere questo capitolo agli uomini dei Castelli e alle Ville del contado e del distretto di Fermo.

       2 Rub.49Tutti quelli dei Castelli e delle Ville del Comune di Fermo debbano essere considerati cittadini.

    Inoltre decretiamo ed ordiniamo che tutti quelli dei Castelli e delle Ville del Comune di Fermo che abitano nei detti Castelli e Ville, e questi sono Castelli e Ville che pagano e fanno atti di subordinazione reali e personali nel Comune di Fermo, siano difesi in qualità di Cittadini Fermani e siano e siano considerati, in ogni cosa e per ogni cosa, Cittadini. Non intendiamo recar danno, con questo statuto, ad un beneficio ad essi concesso da un altro statuto inserito nel presente volume, riguardo al dimezzamento della pena per i delitti commessi dagli abitanti del contado. E coloro che in verità che non abbiano fatto atti reali e personali di sottomissione e da meno di cinque anni non li abbiano fatti al Comune di Fermo, e che non siano stati iscritti nel libro dei ‘fumanti’ <focolari> del Comune di Fermo, non siano considerati, né difesi come Cittadini e non godano di alcun privilegio goduto da Cittadini. Eccettuiamo coloro che abbiano le giuste e legittime immunità, e i patti dal Comune di Fermo, e dai signori Priori, e dal Vessillifero di giustizia di questa Città.

       2 Rub.50Il salario del Notaio e dei Balivi non debba essere ricevuto dai Sindaci dei Castelli e delle Ville.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che il Notaio del Podestà, che ci sarà nel tempo, debba accogliere e scrivere i Sindaci dei Castelli e delle Ville e costoro che sono diretti a vantaggio dei loro Castelli e delle Ville, siano obbligati e debbano, senza nessun salario, sotto penalità di 10 libre di denaro, e debbano scrivere i nomi, le presentazioni o i risultati dei sindacati, e comandare a costoro  che denuncino i reati, e facciano le altre cose a cui siano obbligati. Inoltre i balivi, che citassero questi Sindaci o alcuni altri dei Castelli e delle Ville, in qualunque occasione, o modo o motivo, in nessun modo possano né debbano ricevere nulla da costoro <sindaci>, per il loro lavoro, più di quanto a loro venisse concesso per disposizione degli statuti. E il balivo che abbia trasgredito sia condannato imperdonabilmente a 20 soldi di denaro e riguardo a ciò si creda al giuramento di colui dal quale ha ricevuto di più.

       2 Rub.51La libertà concessa a coloro che vengono per insegnare o per studiare nella Città di Fermo.

    Coloro che vogliono venire nella Città di Fermo per studiare, o per insegnare qualche scienza, o per praticare l’esercizio di qualche arte, liberamente e tranquillamente vengano con le loro cose, con la servitù e con persone, malgrado le azioni di rivalsa concesse o da concedersi in futuro a chicchessia.

       2 Rub.52I cittadini, dai quali il Comune di Fermo non ottiene rispetto, non siano difesi quali cittadini.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che i Cittadini e gli altri abitanti della Città dai quali il Comune di Fermo non riceva atti reali e personali o misti di sottomissione, non siano difesi al modo dei cittadini, né godano del beneficio di alcun statuto di questa Città. E tale statuto peraltro non sia inteso né venga applicato a coloro che hanno dal Comune di Fermo privilegi, immunità, ed esenzioni reali e personali o miste o qualcuna di queste.

       2 Rub.53 I Notai del Podestà, del Capitano, o del Giudice di giustizia, o di altro officiale forestiero non possano rivelare al pubblico i contratti.

   I notai del Potestà, del Capitano, del Giudice di giustizia o di ogni altro qualunque officiale ‘forense’ non ardiscano, né presumano scrivere o pubblicare alcun contratto né alcuni atti civili o statuti da cui possano ricevere qualche compenso o recepirlo dalle parti, o da persone speciali se non esclusivamente gli atti per i quali sono stati incaricati dal proprio Rettore e senza percepire un salario. E qualora abbino trasgredito, gli atti o gli altri contratti, per lo stesso diritto, non abbiano validità e incorrano nella penalità di 10 libre di denaro per ciascuno e per ciascuna volta. Inoltre nessun Notaio, né officiale tra gli anzidetti osi né presuma fare rogito o pubblicare qualche testamento, i codicilli, una donazione in occasione di morte, né altra ultima volontà, sotto pena di 100 soldi di denaro. Ma questo signor Podestà, il Capitano o il Giudice di giustizia e i loro officiali, a richiesta e a volontà di chiunque che essi detenessero nel loro carcere, e che dovesse essere condannato all’ultimo supplizio, siano obbligati e debbano chiamare e far accompagnare a quel tale così detenuto uno o due notai della Città per far scrivere l’ultima sua volontà se abbia voluto farla; sotto penalità al Podestà, al Capitano o al Giudice di giustizia, quando sia stato negligenti nelle dette cose, di 200 libre di denaro.

       2 Rub.54Il Podestà sia obbligato ad assegnare l’esenzione da imposte (franchigia) a coloro che vengono ad abitare nella Città. 

   Chiunque forestiero (forense) che sarà venuto, dal giorno di oggi in avanti, ad abitare nella Città di Fermo e avrà giurato la cittadinanza e di abitare in perpetuo in questa Città, e avrà voluto sottomettere se stesso e le sue cose sotto la giurisdizione della Città di Fermo e fare un acquisto nella Città secondo le sue possibilità, entro quattro mesi dal giorno dell’accoglienza, costui e costoro da qualunque luogo siano stati, siano accolti tra i Cittadini e si conceda a loro il privilegio della franchigia di dieci anni secondo la forma dello statuto o della delibera della Città di Fermo. E non siano di alcun giovamento il privilegio né l’immunità concessi, qualora colui o coloro a cui il privilegio della franchigia sia stato concesso, non abbiano fatto, entro il detto tempo di quattro mesi, l’acquisto, nonostante un capitolo, né alcun privilegio, e sia obbligato a pagare la tassa del ‘fumante’ <focolare> per la rata in proporzione della ricchezza delle sue cose e secondo l’imposizione del fumante, già fatta nel tempo e da farsi. E colui che verrà ad abitare nella Città Fermana e avrà avuto il privilegio della franchigia e sia stato accolto come Cittadino, anche se sia stato un figlio di una famiglia, sia considerato e trattato e reputato per ogni cosa e in tutte le cose, nei contratti, nei processi, nelle cause civili e penali, nella sua azione giuridica, e nel difendersi, nel disporre e nell’organizzare i suoi beni e nell’esercizio di qualsiasi cosa, come ogni padre di famiglia, nonostante la patria potestà sua. E qualora qualcuno degli anzidetti abbia fatto un acquisto con frode di qualche cosa che è posseduta dal venditore e non posseduta da colui che mostra che ha fatto l’acquisto, si presuma che l’acquisto sia stato fatto con frode e il venditore sia punito a 10 libre di denaro e di questo bando <penalità> la metà sia per l’accusatore o per il denunciatore. E quando colui che è stato accolto, abbia fatto l’acquisto, come è detto sopra, sia immune e esente da tutti gli atti reali e personali di sudditanza fino al detto tempo di dieci anni; ad eccezione per l’esercito e per il salario del Podestà, cose per le quali non sia e non debba essere immune, in realtà sia esente da ogni altro atto di sudditanza. E qualora un officiale gli imponesse qualcosa o gliela comandasse e lo gravasse per alcuni altri atti di sottomissione, egli non sia obbligato ad obbedire agli ordini dell’officiale; e l’officiale trasgressore sia punito nel tempo del sindacato a 10 libre di denaro. E un Sindaco che accolga costui come Cittadino venga disposto nel Consiglio generale della Città di Fermo; e il Notaio o il Cancelliere ne faccia rogito e da costui riceva le promesse e le stipule. Vogliamo inoltre che se gli anzidetti che venissero accolti tra i cittadini, o qualcuno di loro, prendessero moglie nella Città di Fermo o nel contado, e da questa sua moglie gli provenisse qualche podere, sia obbligato a pagare l’estimo del valore riguardante questo podere della moglie, nonostante la sua immunità. Inoltre diciamo la stessa cosa allorché a costui per la morte di qualcuno, provenisse qualcosa da un testamento o <da lascito> senza testamento, e sia obbligato a pagare al Comune l’estimo sulle cose pervenutegli in tale occasione, come non fosse esente né immune. Inoltre diciamo che il tale che fosse stato accolto come Cittadino sia obbligato e debba far scrivere l’acquisto che egli abbia fatto nel registro degli estimi del Comune di Fermo, nella contrada in cui abbia avuto l’abitazione, con il suo nome, come sono iscritti gli altri cittadini, in modo tale che l’acquisto e i possessi suoi appaiano con evidenza, affinché non si possa commettere una frode; e qualora egli abbia fatto in maniera diversa egli sia privato del privilegio e dell’immunità e dell’esenzione.

       2 Rub.55L’ immunità da concedersi alle persone che vengono e vogliono abitare nelle terre e nei possedimenti con estimo <dei beni> per le persone della Città di Fermo.

   Tutti coloro che, da oggi in seguito, di qualunque luogo siano stati, fuori dalla Città e dal contado di Fermo, verranno per abitare e per fare l’abitazione, la perpetua residenza, assieme con tutta la loro famiglia, se l’hanno avuta, in e sopra un possesso di qualche Cittadino della Città di Fermo e questa possessione sia stata descritta e posta nel registro degli estimi del Comune e da ciò venga pagato un estimo al Comune di Fermo, e fosse stato posto entro le seguenti senaite <delimitazioni a confine>, cioè dal trivio di Spirnachia direttamente fino al fiume Tenna, e sino al varco Tosiani di Tenna, fino al fiume, e direttamente dal detto Trivio Spirnachia, oltre da San Giovanni di Busio e da san Cipriano, di qua verso la Città <Fermo>, e Monte Rosario <Rosato>, e Colle Brunetti, e da Monte San Martino, e da Monte Morino fino al fiume Tenna, e fino al mare, e attraverso la strada del mare e dal Castello di Grotta Azzolina di qua verso la Città, e da Santa Polinaria o san Bartolomeo di Ponzino di qua, e dal Castello di Rapagnano di qua verso la Città, dovunque <sia> dentro o fra questi luoghi e confini, e qualcuno di questi verso la Città, e i Borghi della Città, da questi luoghi oltre, o in qualcuno di questi, se sono <possessi> negli estimi, come <detto> sopra; <costoro> non diano al Comune di Fermo nessun atto di sottomissione reale, personale né estimo, né fumante, ma siano liberi e esenti da tutte le singole dette cose, di qualunque genere siano e potessero essere. E il Podestà o il Capitano o i loro servitori, o un qualche altro officiale del Comune di Fermo, non facciano molestie né gravino costoro già detti o alcuno di essi, con nessuna prestazione di ossequi <atti di sottomissione>, in nessun modo, sotto pena di 100 fiorini d’oro dal loro salario e con vincolo di giuramento, ma siano obbligati a fare la difesa di questi stessi e dei loro beni e della famiglia. E qualora sia stato inferto a questi immigrati qualche danno ad opera di alcuni banditi <esiliati> o da chiunque altro, e se i nomi di danneggiatori non fossero conosciuti tale danno debba essere risarcito a costoro dal Comune di Fermo. E riguardo all’estimo dei danni si accetti quello che dicono coloro che hanno sofferto il danno, fino alla somma di 20 soldi di denaro, con giuramento, e per più di ciò fino a 100 soldi si accetti quanto essi dichiarano assieme con un testimone e con giuramento; e per più di ciò, con le prove di due o tre testimoni degni di fede; tuttavia in modo tale che qualora il danno, dato a costoro o a qualcuno di essi, sia stato causato da tali esiliati <condannati> del Comune di Fermo i quali avessero i padri, i fratelli e i figli, siano obbligati al risarcimento essi e non il Comune. E il Podestà sia obbligato e debba costringere questi al risarcimento, in modo reale e personale, con efficacia. Inoltre se qualcuno  abbia ucciso qualche bestia, o polli, oche e simili nelle case di abitazione di questi immigrati o di qualcuno di questi, oppure uno sciame delle api abbia fatto distruzioni in queste loro abitazioni, paghi per penalità 25 libre di denaro; ma se non abbiano fatto le dette cose dentro queste case, ma al difuori, nelle possessioni, o nelle vie pubbliche all’intorno di tale abitazione, per mezzo miliare, sia punito 10 libre di denaro e si faccia risarcimento a chi ha sofferto il danno con il doppio in ognuno dei casi già detti. Inoltre se qualcuno abbia percosso uno degli anzidetti <immigrati> oppure uno dei loro familiari, oppure abbia usurpato le loro cose, sia punito al doppio di quanto sarebbe punito se avesse offeso un altro o ne avesse usurpato le cose.

      2 Rub.56I nobili del Contado non paghino le collette <dazi>.

   Inoltre decretiamo e ordiniamo che i nobili del contado che vengono per far i servizi del Comune di Fermo a proprie spese e coloro che hanno possessi nella Città e nel contado o nelle pertinenze della Città di Fermo, e questi sono stati messi nell’estimo nei Castelli del Comune di Fermo, siano liberi ed esenti dalla prestazione di qualsiasi colletta. I “comitatensi” <abitanti del contado> infatti si intendano essere i nobili che stanno a servizio del Comune di Fermo con i loro cavalli ed a loro spese. E quei “comitatensi” che vogliono praticare questo capitolo siano obbligati a farsi iscrivere prima che venga imposta qualche dativa e facciano promessa di servire al Comune in tempo di guerra, a tutte loro spese e con propri cavalli ed armi, e per queste cose prestino cauzioni idonee e sicurtà. E da allora in poi non possano avere cavalli né stipendi dal Comune, e nondimeno essi siano obbligati a pagare per tutti i possessi di cui abbiano avuto abitudine di pagare la dativa al Comune e di quelle cose che sia venute e perverranno ad essi per qualunque motivo e qualora questi nobili si siano rifiutati di fare le cose qui dette, non possano godere del beneficio del presente statuto, e siano costretti alla prestazione delle dative imposte e da imporsi nel Comune di Fermo.

       2 Rub.57Il Notaio degli estimi del Comune di Fermo.

   Inoltre decretiamo e ordiniamo che i Notai degli estimi della Città di Fermo i quali aggiornano ed hanno gli estimi del Comune in carte bambagine, siano obbligati a scrivere questi estimi in fogli di pergamene e a ricopiare come debbono e per come sono stati eletti. E il Capitano futuro costringa coloro che non abbiano scritto le cose anzidette, né abbiano ricopiato in pergamene di scriverli e di ricopiarli in fogli di pergamene, come hanno obbligo e hanno dovere e il Capitano faccia dare loro le pergamene per questi estimi per mezzo del Tesoriere del Comune, e i Regolatori del Comune per queste cose concedano ad essi la ‘bolla’. E allo scopo che non avvenga alcuna frode per il Comune, quando i terreni, le case o altre cose sono cancellati e quando sono iscritti, siano obbligati e debbano riscuotere il giuramento da entrambe le parti che chiedessero che si faccia il cambiamento o l’iscrizione o la cancellazione in modo che non lo facciano con frode al Comune, e non per motivo di esimersi da qualche ‘fumante’ <tassa da focolare> del Comune, in tutto, né in parte né allo scopo di uscire fuori da qualche Consiglio. E chi abbia trasgredito sia punito a 10 libre di denaro. Riguardo alla copiatura nei fogli di pergamene, i Regolatori possano concedere loro le ‘bolle’ con il salario deciso per loro. In ciascuna contrada sia eletto un Notaio buono e legale per dover tenere il registro degli estimi della contrada in cui sia stato eletto. E questi Notai <siano eletti> nel modo e nella forma in cui vengono eletti il Notaio o i Notai che hanno gli stessi registri, sotto penalità di 25 libre di denaro; e dopo ultimato il loro officio siano obbligati a riconsegnare questi registri per i loro successori nell’officio, in presenza dei signori Priori e del Gonfaloniere di giustizia. E l’officio di questi Notai e di ciascuno di essi abbia la durata di soltanto un anno; e ultimato l’officio siano eletti altri nella forma predetta e si proceda a una nuova elezione. E colui che sia stato in questo officio non possa essere eletto dopo sino a 5 anni allo stesso officio. E dopo ultimato il tempo di un anno, questo Notaio sia obbligato e debba andare presso i signori Priori del popolo e presso il Gonfaloniere di giustizia, affinché sia eletto il suo successore, sotto la detta penalità. E il Podestà e il Capitano del popolo siano obbligati e debbano adempiere tutte le dette cose, con vincolo di giuramento e con penalità di 100 libre da pagare nel tempo del loro sindacato.

       2 Rub.58 Le pacificazioni sono da farsi ad opera del Podestà.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che il Podestà entro il primo mese del suo governo debba efficacemente adoperarsi per far fare tutte le paci fra i Cittadini Fermani, interponendo le sue parti, come a lui sembrerà convenire; purché tuttavia non costringa con sentenza coloro che rifiutano del tutto di fare pace.

        2 Rub.59Il Podestà o il Capitano o i loro officiali non dicano un’offesa ad alcuno.

   Inoltre Decretiamo ed ordiniamo che il Podestà o il Capitano o qualsivoglia altro officiale del Comune di Fermo non osi né presuma di dire né di fare un’offesa a nessun ‘arringatore’ nel Consiglio sotto la pena di 25 libre di denaro, per ciascuna volta quando abbia trasgredito in queste cose. Se in realtà si sia espresso altrove, non nei detti Consigli, sia condannato alla metà di detta penalità e il Sindacatore sia obbligato a prelevare questa pena dal loro salario durante il sindacato di costoro o di qualcuno di essi.

       2 Rub.60La libertà e la franchigia per coloro <immigrati> che da dieci anni abbiano abitato nella Città di Fermo e per i vassalli che vengono e che vogliono abitare nella Città. In questo caso nessuno possa essere Procuratore per i “forensi”.

   Inoltre decretiamo e ordiniamo che chiunque abbia abitato in modo continuativo nella Città di Fermo per dieci anni di tempo perdurante ed entro questo tempo non sia stato molestato né gravato di fronte al Giudice competente riguardo all’omaggio, alla fedeltà o al servizio nel dovuto e negli usi, non venga in seguito inquietato riguardo a qualcuna delle dette cose. E questa investigazione sia fatta sommariamente, senza spesa per quella persona che è convocata e non ci stia nessuno come “forense”, in tali casi, Avvocato o Procuratore, contro qualche Cittadino che fosse convocato sulle dette cose; e qualora abbia trasgredito, non sia ascoltato, e sia punito a 10 libre di denaro. E si intenda la stessa cosa per quelli che siano venuti ad abitare nel distretto di Fermo; purché in entrambi i casi, siano resi Cittadini e facciano un acquisto secondo la forma dello statuto. La stessa cosa diciamo riguardo agli uomini dei Castelli che siano venuti ad abitare presso la Città Fermana, se vi abbiano abitato per dieci anni e non siano vessati riguardo alle dette cose di fronte a un Giudice competente. Inoltre chiunque come “forense” sia venuto ad abitare nella Città di Fermo, o nel contado di questa, e abbia abitato in questa Città e nel contado o abiterà in futuro per dieci anni continui, senza molestia, né turbamento né interpellanza fatta riguardo a lui di fronte a un Giudice competente, non possa esser turbato e non ci sia validità di molestarlo da parte di alcuno, né che sia molestato a motivo di <tassa> di vassallatico o di omaggio, ma sia e si intenda liberato da ogni vassallatico e omaggio.

       2 Rub.61I Notai siano obbligati a redigere atti.

   Inoltre decretiamo e ordiniamo che un Notaio che è richiesto che faccia qualche istrumento, sia obbligato a scrivere questo istrumento e completarlo e darlo alle parti entro gli otto giorni successivi dal giorno quando ha fatto il rogito, dopo che dalle parti gli è stata data la mercede per il suo lavoro e per la carta. E se il Notaio abbia trasgredito, paghi la condanna di 5 soldi di denaro e ciascun Notaio debba scrivere per se stesso in un protocollo e in una ‘abbreviatura’ <nota> di qualsiasi contratto di rogito che egli debba scrivere e riportarvi gli anni del Signore, l’Indizione, il mese, il giorno, il numero, i pesi, le misure e le quantità dichiarate tra le parti, cose chiare e palesi e non oscure né confuse. E il Notaio sia obbligato a scriverlo allorché sarà stato richiesto, prima che le parti si allontanino da lui, e a leggere prontamente per tali parti contraenti quello che ha scritto e il Notaio alla fine di ogni contratto scriva: «Io … tale Notaio rogato scrissi» sotto pena per il Notaio che trasgredisca, di 100 soldi di denaro. E i contraenti prontamente dopo le dette cose, debbano pagare al Notaio, per il suo lavoro di rogito, la competente mercede, sotto pena di 20 soldi di denaro; e il Notaio entro l’ottavo giorno dopo queste cose, debba fare l’istrumento per le parti, se avranno voluto, sotto pena di 20 soldi di denaro e rendere nella forma ufficiale per le parti o per qualcuna di esse che lo abbia richiesto. E di tutto quello che sia restato nel rogito il Notaio sia obbligato a fare un protocollo in qualche libro registro e non su cartucce o cedole, sotto pena di 100 libre di denaro se non lo abbia fatto. Inoltre ciascun Notaio che sia stato chiamato a fare qualche istrumento e per fare il rogito di qualche contratto, sia obbligato ad andarci, sotto pena di 20 soldi di denaro, salvo che non abbia avuto un giusto motivo di giustificazione. Inoltre ciascun Notaio che sia stato chiamato o richiesto da qualcuno che volesse fare una protesta al Podestà, al Capitano o agli altri officiali, oppure volesse interporre un appello, sia obbligato ad andare e fare rogito sulle dette cose e scrivere questa protesta o appello e redigerla in forma pubblica e consegnarla a colui che lo ha indotto. E se abbia trasgredito, paghi il bando (condanna) di 25 soldi di denaro, e qualora colui che abbia indotto il Notaio per le dette cose non abbia pagato a questo Notaio la competente mercede, sia punito a 20 soldi di denaro e nondimeno sia obbligato a compensare.

       2 Rub.62Avere il Sindaco e il Procuratore per Fermo nella Curia Romana e nella Curia del signor Marchese <Marca Fermana>.

   Inoltre decretiamo e ordiniamo per il buon stato della Città di Fermo e affinché il Comune non incorra in un pericolo né in un danno e affinché non ci sia validità al decadere i suoi diritti, dato che molti processi e condanne sono fatti ad opera del Rettore della Marca Fermana e i Giudici della sua Curia contro il Comune e contro le persone della Città di Fermo e del suo distretto e dato il fatto che le cause di appello non proseguono, come per la maggior parte sono abbandonate. I signori Priori del popolo e il Gonfaloniere di giustizia, quando a loro sembrerà utile, possano eleggere un solo Sindaco per il Comune di Fermo il quale stia e debba stare nella Curia Romana o nella Curia del signor Marchese, o un solo Sindaco in una sola Curia e un altro nell’altra, come a loro sembrerà opportuno. Questi debbano tenere la difesa delle cause del Comune di Fermo e per essi e per ciascuno di essi possano e debbano decretare il salario che sia giusto e congruo. E questi signori Priori possano dichiarare a costoro questo salario. Questo salario venga imposto e riscosso insieme con il salario dei Podestà e del Capitano.

       2 Rub.63Le lampade dei mercanti della Città di Fermo.

   Decretiamo ed ordiniamo che otto lampade debbano esserci, ed ardere nella sera, e durante la notte, e essere accese sul crepuscolo vespertino, ossia fra il giorno e la notte, e per tutta la notte debbano permanere accese, e lungo la strada da San Martino fino la chiesa di San Matteo: e affinché questo sia fatto si debbono costringersi tutti i mercanti della Città a loro spese ad opera del Podestà. Inoltre ci siano dodici lampade allo stesso modo e forma, che debbano essere accese ed ardere nel modo anzidetto da San Matteo fino a San Zenone. E tutti i mercanti della Città, i quali nelle stesse vie e strade hanno le botteghe o i posti in stanze, siano obbligati a contribuire per le dette cose e lo facciano e si faccia e si debba fare a spese loro. E il Podestà faccia fare le dette cose con vincolo del giuramento.

       2 Rub.64Sia consentito ricusare uno statuto.

   Ordiniamo che chiunque abbia rinunciato a qualche statuto, non possa in seguito utilizzare il beneficio dello stesso statuto per il quale da lui sia stata fatta rinuncia; tranne quando in uno statuto di questo volume si trovasse scritto che in qualche <preciso> caso il beneficio di uno statuto non può essere rinunciato; allora, nonostante il presente statuto, sia salvaguardato ciò che in esso fosse disposto, e a questo o a questi <statuti>i non intendiamo derogare con il presente statuto.

       2 Rub.65 – Quando un affare del Podestà o di una persona speciale, venga trattato in un qualsiasi Consiglio, oppure nella Cernita, <costui> debba starsene lontano.

   Quando si sta trattando, in qualche Consiglio generale o speciale o in qualche Cernita o <adunanza> di Credenza su un fatto di qualcuno, del Podestà, del Capitano, o di altro officiale della Città di Fermo o di altra persona speciale e questo fatto o affare, riguardasse il comodo o l’incomodo di qualcuno degli anzidetti, vogliamo che in questo Consiglio, Cernita, o Adunanza non debba essere presente lo stesso tale officiale o altra singola persona il cui comodo o incomodo viene trattato, e neanche (siano presenti) i fratelli carnali, e consobrini, né i nipoti carnali e consobrini, né i generi, i suoceri, i cognati carnali dei costui, né coloro del cui comodo oppure incomodo sia sta trattando. Qualora questi sia stato presenti in questo Consiglio, Cernita, o Credenza, il tale officiale già detto o l’altra perdona speciale, del cui comodo oppure incomodo si trattasse non debba essere presente, neanche <presenti> i fratelli carnali e consobrini, e i nipoti carnali, consobrini, generi, suoceri e cognati carnali di costui o costoro del cui comodo oppure incomodo si trattasse. E qualora fossero <presenti> in tale Consiglio o Adunanza debbano allontanarsene e qualora non lo abbiano fatto e restassero presenti e quando in tale Consiglio, Cernita, o Credenza si compisse o deliberasse qualcosa nel servizio di costui, non abbia validità quanto sia stato fatto e deliberato a favore di costui. E i signori Priori e il Gonfaloniere di giustizia siano obbligati sotto penalità di 100 libre di denaro, ad espellere da questi luoghi il tale del cui fatto si trattasse e i già nominati qui, attinenti a ciò, e non <si debba> permettere che restino, e qualora siano stati negligenti nelle dette cose siano obbligati a pagare la detta penalità nel tempo del loro sindacato.

       2 Rub.66 – Quando qualcuno abitasse o avesse l’abitazione ai confini delle contrade, sia a lui lecito farsi registrare nella contrada dove più gli sia piaciuto.

   A colui che abita nel confine di due contrade, oppure al confine in mezzo a due contrade della Città di Fermo, sia lecito, e possa farsi registrare nella contrada dove lui abbia preferito nel registro dei ‘focolari’ <famiglie>, anche nel registro del Consiglio e in qualunque altro registro o scrittura che comprendesse le contrade e possa esercitare l’officio e usufruire del beneficio in detta contrada, dove sarà iscritto per il fumante e per il Consiglio e come gli altri di detta contrada fanno, e usufruiscono. Dopo scelta una contrada non possa recedere per un’altra contrada.

       2 Rub.67 – Il Podestà, il Capitano e gli altri Officiali del Comune siano obbligati e debbano fornire compiacimento di se stessi.

   Decretiamo e ordiniamo che tutte le porte dei Palazzi del Comune di Fermo e le porte del Palazzo del popolo, siano aperte dalla prima ora del giorno fino alla terza ora, e <poi> dall’ora nona fino al tramonto del sole, ad eccezione delle porte delle camere e nelle ore in cui mangiano o dormono, nei tempi consueti. E il Podestà o il Capitano e ciascuno di questi, quando abbiano trasgredito, venga punito per ciascuna volta a 50 libre di denari dal suo salario, da pagare al Banchiere del Comune di Fermo. Essi non possano porre una cedola o una scrittura di alcuni <uomini> nei muri o nelle stanghe, nelle colonne, né nelle porte, né in alcun altro edificio di questi palazzi, né possano proibire ad alcun Cittadino o abitante di Fermo che entri in questi palazzi nei tempi e nelle ore consuete. Tuttavia questo statuto non si applichi nelle porte del Palazzo dove sono i Priori del popolo e il Gonfaloniere di giustizia di questa Città.

       2 Rub.68 La custodia e l’immunità <nei castelli> di San Benedetto, di Monte Falcone e di Smerillo.

   Dato il fatto che molte e diverse novità sono viste che possano capitare ed avvenire in diversi tempi e che per i Castelli di San Benedetto del Tronto, di Monte Falcone, e di Smerillo e di Gualdo, per ciascuno di questi c’è necessità di un allestimento di fortificazioni, e noi volendo provvedere più accortamente alla custodia e alla difesa di essi, decretiamo e ordiniamo che quando i Castellani e i Sergenti sono mandati a custodire questi Castelli o qualcuno di questi, prima che questi Castellani, e Sergenti vi siano mandati o prima che vi vadano per tale custodia, a loro e a ciascuno di questi sia pagato da ogni avere e dall’erario del Comune tutto il salario che debbono riceverlo per sei mesi quando debbono stare a custodire questi Castelli. E il signor Podestà e il Capitano e i Priori del popolo e il Gonfaloniere di giustizia, che ci saranno nel tempo, siano obbligati e debbano, sotto vincolo di giuramento, sotto la penalità di 100 libre di denaro per il Potestà o per il Capitano e per ciascuno di questi; e <penalità> di 50 libre di denaro per ciascun Priore, e per il Gonfaloniere e debbano far fare il detto pagamento a questi Castellani e ai Sergenti per mezzo del Banchiere del Comune, secondo il loro potere, senza ritardo, a richiesta di questi Castellani, e per le custodie di ciascuno di tali Castelli, nel giorno in cui debbono iniziare la loro custodia. E questi Castellani e Sergenti e ciascuno di questi, sotto pena di 50 libre di denaro, per ciascuno di loro, siano obbligati a fare bene il servizio ed in ciascuno di questi Castelli, cioè nella Rocca dello stesso Castello, debbano aver continuamente e conservare le cose commestibili necessarie per il vitto che siano almeno durevoli per tre mesi per tutti gli aiutanti i quali debbono stare in queste Rocche. E questi Castellani e i Sergenti che staranno a custodire queste Rocche, non possano né debbano allontanarsi in nessun modo da questa custodia, ma debbano far residenza continuamente in queste Rocche, e coloro che, tra i Sergenti di ciascun Castellano tra gli anzidetti, debbano rimanere giorno e notte continuamente in ciascuna di queste Rocche cioè nella torre della stessa Rocca per fare la custodia. E colui che abbia trasgredito in qualcosa, sia punito con la pena dello statuto del Comune di Fermo. E il Podestà e il Capitano e ciascuno, ad opera propria, sia obbligato a mandare un suo milite o uno solo dei suoi notai insieme con i Regolatori del Comune o con qualcuno di questi, a fare la rivista delle Rocche del Comune di Fermo, secondo la forma dei nostri statuti, e a vedere se in queste ci siano fortificazioni adeguate e se i Castellani hanno tutti gli aiutanti che debbono avere. E questi Regolatori, uno solo o molti, che saranno andati a vedere le cose anzidette insieme con questo officiale, debbano fare segnare (la puntatura) se avranno trovato qualcuno che non avesse gli aiutanti dovuti; e sia accolta la relazione di costui e si dia piena fiducia a costui.

       2 Rub.69 Tutti i singoli abitanti del Castello di San Benedetto debbano sorvegliare bene questo Castello notte e giorno.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che tutti e i singoli abitanti del Castello di San Benedetto, che attualmente ci sono e che ci saranno in futuro, siano obbligati e debbano con sollecitudine, giorno e notte,

vigilare, occuparsi e usare attenzione a che questo Castello di San Benedetto sia ben custodito. E siano obbligati a risistemare gli steccati verso il mare e tenerli integri. E quelli, che siano andati ad abitare in questo Castello, siano liberi ed esenti dalla prestazione dei fumanti e di dazi (dative) fino a dieci anni dal giorno in cui siano venuti ad abitare in questo Castello, cosicché questi stessi non possano e non debbano, in alcun modo, essere molestati riguardo ai detti dazi.

       2 Rub.70 I mugnai debbono eleggersi i Capitani.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che il Podestà, il Capitano, o il Giudice di giustizia, quando iniziano il loro officio di uno di loro, o del loro governo, con vincolo del giuramento e sotto la pena di 50 libre di denaro da prelevare dal loro salario, siano tenuti e debbano riunire ed obbligare i Mugnai della Città per fare il Capitano tra gli stessi Mugnai, cioè uno solo nel primo corso superiore dei Molini e un altro nel corso inferiore dei Molini sotto i primi mulini situati in detto corso <d’acqua>. Questi Capitani siano obbligati a spese dei padroni degli stessi mulini a mandare l’acqua in una posizione di tale modo che i mulini possano in ogni tempo macinare e che gli uomini di questa Città, nel macinare, non abbiano a ricevere alcun danno nel macinare a causa della mancanza dell’acqua.

       2 Rub.71Vendite e donazioni fatte da qualcuno che divenisse Cittadino Fermano.

   Chiunque sia venuto nella Città di Fermo ad abitare con la cittadinanza e sia stato accolto come Cittadino di questa Città e, quando, a motivo di questa cittadinanza, abbia comprato una abitazione e alcuni possessi in Città o nel distretto di Fermo, oppure, a qualunque altro titolo, abbia acquistato questi possessi, non possa vendere questi possessi o abitazioni né alcuno di questi, né alienarli, né, con qualunque titolo trasferirli ad un altro tra i vivi, senza l’espressa licenza dei signori Priori del popolo e del Vessillifero di giustizia, insieme con i Regolatori del Comune affinché non eviti la cittadinanza né si allontani con la sua famiglia e con le altre cose sue; e questi signori Priori e il Gonfaloniere e i Regolatori possano concedere questa licenza quando a loro sembrerà opportuno

che tali cose non accadano a motivo di evitare la predetta cittadinanza. Se poi qualcuno abbia trasgredito e abbia fatto la vendita o altro contratto tra i vivi in contrasto contro la predetta forma dello statuto, senza aver ottenuto la licenza, come detto sopra, la vendita, l’alienazione e qualsiasi altro contratto fatto non abbia validità per il diritto stesso e la cosa venduta in tal modo pervenga al Comune e sia assegnata al Comune di Fermo e tanto l’acquirente quanto il venditore o chi celebri un altro contratto tra i vivi incorrano nella pena di 25 libre di denaro per il fatto stesso, per ciascuno di essi e debbano incorrervi senza alcuna sentenza e senza il ministero di alcun Giudice. E chi trasgredisce, su tutte queste cose dette sopra, possa da chiunque essere accusato o denunciato; e l’accusatore o il denunciatore abbia la metà del bando <condanna> cioè di queste 25 libre. Vogliamo anche che il Podestà e il Capitano e ciascuno di questi costringano e debbano costringere tutti singoli coloro che avessero promesso o promettessero la cittadinanza della Città di Fermo e i loro fideiussori ad abitare nella Città di Fermo, e a pagare le pene e i bandi già detti, sul fatto,  omettendo ogni solennità e sostanza del diritto e degli statuti, e in base al vedere e sapere se hanno fatto promesse, a richiesta del Sindaco del Comune o di un altro qualsiasi Cittadino o abitante di questa Città.

       2 Rub.72L’osservanza degli statuti.

    Il Podestà, il Capitano, qualsiasi altro officiale della Città di Fermo sia obbligato e debba praticare tutti i singoli statuti del Comune di Fermo che riguardano e concernono gli offici di essi stessi e di ciascuno di loro, sotto la pena contenuta negli stessi statuti. E se la pena non fosse aggiunta in questi, siano obbligati e debbano metterli in pratica, sotto la penalità per ognuno che trasgredisca, di 100 libre da prelevare, per ciascuna volta, dal salario loro, e di ciascuno di loro.

       2 Rub.73Che i terreni siano soggetti al pagamento dei tributi.

   Affinché gli estimi del Comune di Fermo non siano diminuiti, vogliamo ed ordiniamo che tutti i fondi rustici, e urbani, le abitazioni e tutti i possessi ubicati nella Città e nel contado di Fermo, siano e si intenda che debbano essere tributari, per l’avvenire, alle casse del Comune di Fermo, e registrati per gli oneri dei tributi e per le ‘collette’ <tasse> da imporsi in questo Comune di Fermo, e per tutti gli oneri da imporsi in questo Comune dal giorno odierno in poi, e siano obbligati e debbano essere obbligati dovunque questi possessi o qualcuno di essi siano indirizzati per questi oneri, nonostante alcuni privilegi, immunità, ed esenzioni concessi a chiunque, e da concedersi in futuro; sempre salvi i patti fatti e stabiliti tra il Comune di Fermo e gli abitanti del contado o i nobili del contado, o della Città di Fermo o altre private persone, per le quali cose non intendiamo derogare in alcunché con il presente statuto.

       2 Rub.74La parte delle vecchie condanne che va data agli Officiali.

   Affinché gli officiali abbiano materiale per eseguire le condanne vecchie, decretiamo e ordiniamo che il Podestà, il Capitano, il Giudice di giustizia, o il Bargello della Città di Fermo e ciascuno di questi, abbiano e debbano avere due soldi di denaro per ciascuna libra dei denari che abbiano fatto assegnare al Comune, a motivo della esecuzione delle precedenti condanne fatte ad opera dei loro predecessori e nei tre mesi antecedenti il loro officio. E il Banchiere del Comune, nel tempo in cui egli stesso abbia ricevuto la somma della condanna, sia obbligato a dare questi due soldi al tale officiale che fa l’esecuzione e a colui che fa l’esecuzione. Riguardo poi alle condanne fatte ad opera dei loro predecessori e di ciascuno di questi, ne tempo successivo ai detti tre mesi, prima dell’inizio del loro officio, non possano, né debbano ricevere nulla dal Comune né dal Banchiere del Comune, ma siano obbligati a eseguire senza un premio e senza ricevere niente denaro; e il Podestà e i suoi officiali possano eseguire le condanne fatte ad opera del Potestà, o del Bargello. E il Bargello, e ciascuno di coloro che fanno l’esecuzione delle condanne fatte ad opera del Podestà e del Capitano, ricevano i due soldi, purché l’officiale nulla riceva, dopo i detti tre mesi, per le vecchie condanne pubblicate e fatte dal predecessore, nonostante qualche altro statuto del presente volume che disponga il contrario. E vogliamo la deroga totale di esso in questa parte per mezzo del presente statuto.

       2 Rub.75La giurisdizione del milite del Podestà.

   Ogni Milite o il Socio del Podestà della Città di Fermo possa esaminare, e porre fine sulle cause civili che si svolgono davanti a lui, ed emettere la sentenza fino a 100 soldi e non per una somma maggiore né per una cosa di una maggiore somma; a meno che non sia avvenuto pacificamente, per volontà delle parti, e la loro giurisdizione non sia stata prorogata esplicitamente. E questo Milite, o il Socio, possano esaminare e portare alla fine le cause vertenti di fronte ad essi, in maniera sommaria, semplice, amichevole, senza chiasso né parvenza di processo, in ogni tempo, anche festivo, ad eccezione però delle feste fatte in onore di Dio, dopo trovata la sola verità del fatto, omettendo ogni solennità e sostanza dei processi.

       2 Rub.76Le deleghe da fare a qualcuno del denaro e di altre cose del Comune.

   In vigore e per l’autorità della presente legge sia fatto lo statuto e sia decretato, al fine che la nostra Repubblica abbia credito e, quando sarà stato opportuno, venga sovvenzionata con denari e al fine che le cose, una volta che saranno state deliberate, siano mantenute sempre stabili, e non siano rimosse, ogni delega e promessa di denari o di qualsiasi altra cosa delegata e promessa ad opera del Comune di Fermo, sia sempre valida, stabile e mandata in esecuzione, così pure, in futuro, ogni delega e promessa di denari e di qualsiasi cosa che si debbono delegare e promettere ad opera del Comune, e questa delega e la promessa, una volta che siano state fatte ad opera della Cernita e del Concilio, oppure si facessero di nuovo siano valide. E i signori Priori e i Regolatori, che ci saranno nel tempo, non possano fare proposte né farle fare in alcun modo nella Cernita e nel Consiglio, neppure rimuovere tali cose in altro modo, né ostacolarle per qualche richiesta o aspetto, né fare il contrario e così nessuno possa né debba dare consiglio, né fare un’arringa contraria a questa presente legge, sotto penalità a ciascun Priore e a ciascun Regolatore, e a chi faccia l’arringa o dia il consiglio,  per la penalità di 100 ducati da riscuotere sul fatto da chiunque faccia trasgredisse le cose già dette, penalità da assegnare alla Camera del Comune a vantaggio della costruzione delle mura.

       2 Rub.77I Militi e gli Officiali e del Capitano non possano entrare nelle abitazioni per le esecuzioni dei reati civili e dei danni dati.

   Per eliminare le lamentele che gli abitanti del contado fanno di continuo a causa di estorsioni, che vengono fatte dagli officiali che vanno per il contado per fare le esecuzioni, entrando nelle case di questi comitativi, e portando via cose commestibili e anche altri beni, con il massimo danno e pregiudizio per i comitativi, pertanto con l’autorità della presente legge decretiamo che, per l’avvenire, questi militi e gli officiali del Capitano e del Podestà, o i loro aiutanti, che vanno nel contado per fare esecuzioni, tanto reali, quanto personali, sia per i misfatti, che per i danni dati, e per i debiti civili, non possano entrare nell’abitazione, o nelle abitazioni di questi comitativi, né degli abitanti in questo contado, senza la presenza di due o almeno uno dei Massari della Credenza dei Castelli di questo contado; e qualora costoro abbiano trasgredito, per il fatto stesso, siano privati degli offici e siano licenziati da questa Città. E questi Massari di Credenza non appena sia stato stati cercati dai detti (officiali) o da qualcuno di essi, immediatamente, senza indugio o qualsiasi renitenza, sul fatto stesso e per lo stesso diritto, siano tenuti, debbano e siano obbligati ad andare, ed accedere con essi nelle abitazioni anzidette, sotto la pena di 10 libre di denaro per ogni Massaro trasgressore, o renitente, da riscuotersi e da assegnare al Comune di Fermo, a questo scopo che i predetti militi, officiali e i loro aiutanti non sottraggano o non portino via dalle dette abitazioni neppure le cose commestibili, né prendano in alcun modo il vino, né mangino, né bevano.

       2 Rub.78L’osservanza degli statuti delle Società e dei Castelli della Città di Fermo.

   Inoltre decretiamo che i signori Priori del popolo, e il Gonfaloniere di giustizia, il Podestà, il Capitano del popolo e gli altri officiali del Comune di Fermo non debbano praticare, né fare praticare altri statuti, né gli ordinamenti di qualche Castello, o Villa del contado di Fermo, né di qualche Società o del Collegio, se i detti statuti o ordinamenti non fossero approvati, ad opera della Cernita, nella maggior parte. E qualora fossero approvati e confermati dalla detta Cernita, e non siano stati in alcuna parte contrari a qualche statuto della Città di Fermo, che abbiano la piena validità di vigore. In verità, chi trasgredisce, anche coloro che fanno gli statuti anzidetti, o coloro che ne fanno uso, e che li allegano consapevolmente mentre non fossero stati approvati dai già detti, siano puniti con 25 libre di denaro e nondimeno in nessun modo i detti statuti e ordinamenti non abbiano valore automaticamente.

       2 Rub.79Tutti i pegni debbano essere consegnati al Depositario.

   Al fine che i pegni, che vengono presi, non siano persi, ma siano conservati sotto una buona custodia, con l’autorità della presente legge decretiamo che tutti i singoli officiali, e i Balivi di questa Città siano obbligati e abbiano dovere, nello stesso giorno nel quale un pegno o i pegni siano stati fatti, o siano stati comandati che si facciano, che li depositino o facciano depositare presso il Depositario dei pegni, da eleggersi e da destinarsi ad opera dei signori Priori e dei Regolatori sotto pena per ciascun officiale, o Balivo trasgressore di un fiorino da trattenersi, sul fatto, dalla loro paga, per ogni pegno, e per rimediare qualora il pegno fosse andato perduto. E questo Depositario dei pegni sia obbligato e debba descrivere tutti i pegni nel suo registro, o nel bastardello e annotare i nomi dei padroni e conservarli bene. E abbia per il suo lavoro 4 denari per ogni pegno al tempo della loro restituzione. E se detti pegni, dopo che siano stati consegnati a questo Depositario andassero perduti, lo stesso Depositario sia obbligato a restituire l’estimo o il valore dei pegni perduti. E così egli si obblighi, prometta e faccia fideiussione al tempo della sua elezione.

       2 Rub.80Il compenso da pagarsi agli Officiali del Contado per le scritture, per le esecuzioni reali e personali e per gli altri atti.

   Allo scopo di evitare lamentele, o illeciti pagamenti che vengono fatti agli officiali del contado sopra le richieste e le esecuzioni e altri atti civili, con la presente legge decretiamo che gli officiali del contado, per l’avvenire, per le richieste, o altri atti da farsi dinanzi a loro, per qualunque motivo e somma questi siano, non possano chiedere, né ricevere, per i debiti civili, più di un bolognino per ogni richiesta e per ogni atto. E così per le esecuzioni civili, tanto personali quanto reali civili, abbiano un bolognino per ogni singolo ducato, e non chiedano, né ricevano di più, cioè fino alla somma di 40 ducati, computando 40 Bolognini per singolo ducato. E sopra i 40 ducati in su, qualsiasi sia la quantità, non possano chiedere, né ricevere oltre Bolognini 40 per una escussione di detta somma, qualunque essa sia.

       2 Rub.81Elezione e officio del Bargello.

   I signori Priori del popolo e il Gonfaloniere di giustizia e i Regolatori, i Capitani delle arti, i Confalonieri delle contrade, insieme con quattro buoni uomini per ciascuna contrada da eleggersi ad opera di questi signori Priori, o dalla maggioranza di questi, ogni volta che ad essi sembrerà che sia utile per il Comune, abbiano la potestà, l’autorità, il pieno potere di eleggere, di chiamare o di nominare il Bargello nella Città e nel contado di Fermo. Questo Bargello, in questo officio, abbia con sé un bravo Notaio maggiore di 25 anni, sette aiutanti armigeri e due cavalli buoni e valevoli. In realtà il salario di detto Bargello, per lui, per la servitù, e per i cavalli anzidetti, debba essere di 500 libre di denaro della moneta corrente in Città e nel contado di Fermo, e con un salario maggiore o minore, secondo come sia stato previsto e deciso dai detti signori <Priori> o dagli altri già nominati, oppure <deciso> dalla maggior parte di questi stessi. Questo Bargello debba venire nella Città di Fermo, e stare in detta di Città, per tutto il suo tempo con la detta servitù, personalmente e di rimanere con i cavalli, con ogni suo rischio, e a sue spese. Inoltre sia obbligato, in maniera personale, all’esercizio continuo del detto officio, e che non lo eserciti tramite un sostituto. Debba, inoltre, portare la ‘mora’ nel nostro contado, nei fortilizi e nel distretto ed andare quasi di continuo con la detta scorta militare per esercitare il suo officio, con a suo carico tutti i pagamenti e le spese, né riceva alcunché gratis dalla comunità né da particolari persone. E debba fare la presentazione del detto suo Notaio, degli aiutanti e dei cavalli ai Regolatori del nostro Comune, ad ogni loro richiesta. Inoltre, dopo ultimato il suo officio, debba e sia obbligato a sottostare con il suo Notaio e con gli aiutanti al sindacato per 5 giorni, e presentare il rendiconto delle cose da lui gestite e amministrate, purché non siano obbligati se non per i furti e ‘baratteria’ egli stesso o i suoi aiutanti e il Notaio. Qualora egli stesso, o il suo Notaio, o qualcuno della sua servitù a causa del proprio officio (mai sia!) venisse condannato per qualche ragione, non chiederà, né farà chiedere qualche rivalsa (rappresaglia) contro la Città di Fermo, o il contado o qualche terra che aderisce al questa stessa Città, né contro persone speciali di questi luoghi, né farà uso di dette rivalse, alle quali esplicitamente rinuncerà a nome suo e dei suoi officiali e degli aiutanti, per le quali prometta come cosa decisa. Dopo l’accettazione del suo officio, legalmente, negli opportuni Consigli della sua detta terra, faccia deliberare le cose anzidette Egli sia obbligato a portare con sé questa delibera alla sua venuta e le debba presentare al Cancelliere del Comune di Fermo. Si aggiunge questa condizione, che qualora, durante l’officio anzidetto sia accaduto che il Bargello muoia (mai sia!) il salario a lui promesso venga pagato per la quota parte e non per intero, e oltre al detto salario non riceverà nulla se non ciò che a lui fosse stato concesso dalla forma dei nostri statuti. Non debba avere con sé alcun officiale o aiutante che sia stato al servizio del crudelissimo tiranno Rainaldo da Monteverde, o avesse qualche altra inibizione secondo la forma dei nostri statuti. Questo Bargello abbia l’ordinaria giurisdizione di investigare, di fare la procedura, di punire e condannare, in modo sommario, semplice, con calma, senza processo, né alcuna solennità contro ogni persona che esportasse, dalla Città di Fermo e dal contado di Fermo, le vettovaglie, le biade, i cereali, l’orzo, i legumi e per ogni altra cosa proibita dalla forma di qualche statuto e dell’ordinamento della Città di Fermo. E sia obbligato e debba, contro i questi già detti, fare indagini e investigare, condannare e punire quelli trovati colpevoli. E abbia e debba avere la quarta parte delle penalità, di quanto avrà fatto incassare al Comune di Fermo per detta ragione o a ragione della scoperta fatta ad opera sua oppure di un suo officiale, cosicché tre parti <della penalità> siano assegnate al Comune, e la restante quarta parte sia per il detto Bargello per le cose scoperte da lui e da un suo officiale. In realtà, qualora questo Bargello non abbia scoperto questi fraudolenti e coloro che portavano le biade o le dette vettovaglie, ma qualche accusatore o denunciatore sia sopraggiunto, quando legalmente avrà fornito le prove dell’accusa e della denuncia per mezzo di testimoni, o per mezzo di legali e sufficienti indizi, questo accusatore o denunciatore, a motivo di questa sua accusa o denuncia, abbia la quarta parte della penalità che fosse assegnata, con successo, al Comune; così che tre parti rimangano al Comune, e la restante <parte> sia dell’accusatore o denunciatore. Inoltre questo Bargello, quando catturasse e conducesse nel carcere del Comune qualche ‘bandito’ e condannato della Città di Fermo, nella persona, a motivo di una sommossa o di un attentato di turbare il presente Stato libero e popolare, egli abbia 100 libre di denaro dall’erario del Comune di Fermo, per ogni condannato e ‘bandito’ per la detta causa o ragione. Qualora poi catturerà un altro ‘bandito’ e condannato nella sua persona, per altra circostanza o motivo diversi dal turbare lo Stato, se sia stato condannato alla morte, in modo principale o sotto condizione, cosicché dovesse perdere la vita personale, abbia e che debba avere, per la detta occasione, e dal detto Comune e dal Banchiere del Comune 50 libre di denaro. Qualora di fatto si tratti di un bandito e condannato ad essere privato di qualche membro in modo principale, o sotto condizione, cosicché l’esecuzione venisse fatta in qualche membro di costui, il Bargello abbia da detto erario, dal Banchiere libre 25 di denaro. In realtà, qualora catturasse uno e conducesse il catturato e lo portasse nel carcere del Comune e presentasse qualche bandito e condannato contumace e per qualsiasi occasione per contumacia condannato <multato> in denari, egli abbia e debba avere, per questa ragione, due soldi per ogni libra di quella somma che con successo abbia fatto assegnare al Comune. E il Banchiere del Comune sia obbligato a pagare a questo Bargello le dette somme entro un mese dal giorno della esecuzione fatta al detto condannato nella persona o in un membro, e per il condannato in denari, entro il terzo giorno, dal giorno del pagamento che deve esser fatto da tale condannato; sotto penalità per detto Tesoriere se trasgredisce di 100 libre di denaro. Vogliamo tuttavia che qualora questo Bargello, o il suo Notaio o un suo aiutante offendesse qualcuno tra questi condannati (banditi) o uno di costoro che volessero prosciogliere le dette cose vietate fuori dal contado, o resistessero al detto Bargello, o al suo officiale o all’aiutante nell’esercita il suo officio, non sia soggetto ad alcuna pena. Inoltre, il detto Bargello sia obbligato, possa e debba punire e condannare tutti i singoli che, secondo la forma dei nostri statuti, arrecano danno di persona o con gli animali nei possedimenti o nelle cose di un altro; qualora egli stesso, o un suo officiale, abbia scoperto coloro che arrecano il danno, e in fragranza di reato, a ragione della sua scoperta, abbia la quarta parte della penalità, di quanto ha fatto incassare al Comune. Il Giudice di giustizia della Città di Fermo, nello stesso modo, ha e debba avere comunque le stesse cose, nonostante alcun statuto già fatto o che si farà che si esprima in contrario, e a codesto espressamente deroghiamo. Inoltre vogliamo che tutti i guadagni anzidetti concessi al Bargello riguardo a chi esporta le vettovaglie e le biade; anche i guadagni di colui che cattura questi banditi, siano intesi come richiesti e concessi al signor Podestà, al Capitano e al Giudice di giustizia e a ciascuno dei loro officiali, e a tutti gli altri officiali della Città e del contado di Fermo. Tutti singoli costoro, abbiano i detti guadagni quando catturassero i detti <delinquenti> o qualcuno degli stessi, e li scoprissero, nel modo come li avrebbe questo Bargello, se egli stesso scoprisse, o catturasse, o facesse tali cose. Inoltre vogliamo che non sia lecito a nessuno nella Curia del Bargello stornare, avocare o interporre, in altra maniera, le sue parti, a servizio dei tali trovati <colpevoli> per qualcuna delle dette cose vietate, specialmente al servizio di qualche esportatore o di uno che vuole esportare il grano, le biade o le vettovaglie in contrasto con la forma dei nostri statuti. Se, in realtà, qualcuno informato oppure non informato, sia venuto e avesse parlato a servizio degli anzidetti <delinquenti>, per il fatto stesso incorra nella penalità di 100 libre di denaro, da prelevargli ad opera del Bargello o di qualunque altro officiale e da assegnare al Comune di Fermo. Si aggiunte a questo statuto che quelli della Grascia<annona> della Città di Fermo, sotto penalità di 100 fiorini d’oro, non possano concedere il permesso di esportare le vettovaglie dal contado di Fermo, più di 5 salme di grano, orzo e di altre biade, senza il permesso dei signori Priori e del Gonfaloniere di giustizia e della Cernita che deve decidere su ciò, e in tale Cernita siano presenti i Regolatori, i Capitani delle arti, il Gonfaloniere delle contrade e quattro buoni uomini per ciascuna contrada, o la maggioranza di questi. E qualora si facesse in modo diverso, non abbia validità in alcun modo. E dato che già su cosa sia la “Grassia” (grascia) e cosa sia contenuto nel nome “grascia” è stato ripetuto il dubbio, in altra occasione, affermiamo e dichiariamo che nella parola “grascia” siano compresi e siano intesi il grano, l’orzo, la fava, il farro grande, le carni porcine, vive o macellate di recente. In verità al di fuori di queste cose qui dette, non vogliamo che altre cose di qualunque genere siano da comprendere nella parola “grascia”. Vogliamo anche che, se qualcuno nelle macellerie (beccarie) del Comune abbia comperato 20 libre di carni porcine, o meno di ciò, possa esportarle liberamente dalla Città e dal distretto di Fermo, e ciò abbia validità, senza pena.

       2 Rub.82I cittadini che sono al governo nell’officio del priorato.

   Decretiamo per il decoro e per l’utilità della Repubblica che tutti i Cittadini Fermani che stanno nell’ufficio del Priorato di questa Città e negli altri offici del Comune e non abitino al modo delle famiglie né hanno continua dimora in questa Città, come gli altri cittadini, da subito siano cancellati, rimossi e annullati dal già detto officio del Priorato e da ogni altro officio e beneficio del Comune di Fermo, e al posto di questi si mettano altri Cittadini Fermani che abitano al modo delle famiglie e hanno dimora continua con la propria famiglia in questa Città Fermana.

       2 Rub.83 Per coloro che non partecipano alla Cernita e al Consiglio e per chi ha difficoltà a parteciparvi.

   Con questa legge si dia avvertimento che tutti i cittadini che non venissero alla Cernita e al Consiglio, siano obbligati a fare un’investigazione, paghino e siano obbligati a pagare la penalità di 5 soldi, per ciascuno e per ciascuna volta, con queste condizioni che sempre per il giorno antecedente o alla sera per il giorno seguente quelli della Cernita siano contattati a voce o nella abitazione della propria abitazione e il Consiglio, a sera, venga proclamato come si usa, e nel giorno in cui avviene questa Cernita, oppure il Consiglio, si suoni la campana a rintocchi, poi a distesa. E dopo suonata in questo modo, subito si faccia e si debba fare un accertamento e quelli che saranno riscontrati che non stanno presenti in tale verifica, come <detto> sopra, siano segnati e quelli segnati così siano obbligati a pagare tale penalità e siano costretti. Aggiungiamo anche che qualora nello stesso giorno in cui avviene la Cernita fosse necessario avvisare la riunione di Cernita, allora i cittadini siano interpellati a voce e se non venissero siano obbligati a pagare questa penalità di 5 soldi. Ma quelli che fossero interpellati nell’abitazione e non a voce, in tal giorno per lo stesso giorno, non siano obbligati alla penalità e non siano obbligati neanche quelli che avessero una giustificazione giusta e legittima per non esser potuti venire: E nessuno venga al posto di un altro, la sua voce sia lasciata o rimessa ad alcun altro, con nessun patto, sotto pena di 10 ducati. In realtà i <cittadini> deputati che non sono stati iscritti non vengano in alcun modo, né possano venire, sotto la stessa penalità di 10 ducati, per ciascun trasgressore e per ciascuna volta.

       2 Rub.84Le chiavi delle carceri stiano nelle mani del Podestà.

   Le chiavi delle carceri stiano presso il signor Podestà nostro Fermano, ed egli stesso tenga queste chiavi; e la metà del lucro di queste carceri sia assegnato al Comune, e l’altra metà sia per questo Podestà il quale debba fare conoscere al Notaio dei signori Regolatori <il giorno> quando qualcuno sia stato in carcere e similmente il giorno in cui uscito. Inoltre l’esecuzione per le carceri avvenga ad opera del Potestà e dei suoi officiali e il premio dell’entrata e dell’uscita sia per il Capitano, ma la mercede delle carceri sia per i militari associati e per il Comune di Fermo, per la custodia dei carcerati.

       2 Rub.85I debitori del Comune siano iscritti nel registro di “specchio”.

   I debitori del Comune che sono nel registro del Comune e che ci saranno per il futuro siano obbligati a pagare il loro debito alla scadenza di due mesi immediatamente seguenti dopo il giorno del debito accordato, altrimenti, dopo trascorsa tale scadenza siano iscritti nel registro di “specchio” <copia>. E qualora dopo che siano stati iscritti nel registro di Copia, questi debitori venissero estratti per qualche Officio del Comune, per tale volta, soltanto, vengano cancellati e non vengano ammessi a tale officio estratto, come sopra. E il Notaio dei Regolatori sotto penalità di perdita del salario del mese in cui abbia trascurato di fare questo, sia obbligato a dichiarare, nel pubblico Consiglio, i debitori annotati nel detto registro, in modo che i loro nomi pubblicamente siano ascoltati.

       2 Rub.86Per coloro che fanno chiasso nelle Cernite e nei Consigli.

   Allorché un turbamento fosse imminente apertamente, a causa delle abitudini trascorse e disordinate, nelle Cernite e nei Consigli, e ne conseguirebbe la rovina del presente Stato popolare, se non si avesse a prendere un provvedimento di moderazione affinché si viva secondo le leggi e la giustizia in modo civile, urbano e con vera carità, e con grande dignità nei detti Consigli e Cernite, in modo che tutti i cittadini stiano conservando il decoro e non prorompano con gesti disonorevoli, per l’autorità della presente legge sia fatto lo statuto che qualora qualcuno nella Cernita o nel Consiglio si alzasse dal luogo dove egli siede e si muovesse contro qualche altro che sta nella Cernita o nel Consiglio, oppure stesse nel luogo dove lui siede e facesse minacce o dicesse parole ingiuriose, o facesse promesse contro qualcun che resta nella Cernita o nel Concilio, o facesse altra cosa contro la persona di qualcuno, o portasse turbamento alla detta Cernita o Consiglio in altro modo, oppure anche quando altercassero, giungessero alla rissa o alle mani in tale Cernita o Concilio, <costui> venga escluso dagli offici e dai benefici del Comune. I signori Priori che ci saranno nel tempo, sotto penalità di 25 ducati per ciascuno, anche per il Cancelliere del Comune sotto la penalità del salario di un mese, qualora non facesse un richiamo e non protestasse che questa legge sia mandata di esecuzione, essi nella stessa presente Cernita o Concilio siano obbligati e debbano mettere a votazione con fave, dichiarando che quel tale sia escluso dai detti offici e dai benefici del Comune; e chiunque vuole e approva che sia escluso dai detti offici e benefici del Comune consegni nel bussolo la sua fava nera del “sì”; e chi non vuole e non approva che il tale sia cancellato dai detti offici e benefici del Comune, consegni la sua fava bianca nel bussolo per il “no” e quando, dopo raccolte e contate le fave, per la parte in maggioranza venisse disposto, allora quel tale sia escluso dagli offici e dai benefici del Comune e sia considerato come escluso in perpetuo. Tuttavia incorra nella penalità di 5 soldi colui che in Cernita e in Concilio si alzasse dal suo posto e si recasse in un altro luogo per parlare con qualche Cittadino o in qualche modo parlasse oppure interrompesse il consigliere che sta nel luogo dell’arringa.

       2 Rub.87 La riscossione delle condanne, tanto dei reati quanto di danni fatti, e di altri debitori fiscali.

    Decretiamo la presente legge allo scopo che si riscuotano e si assegnino al Comune le condanne delle pene e i beni confiscati per il Comune e altri debiti, tanto delle dative, quanto di altre cose fiscali. I Regolatori e il loro Notaio, all’inizio dell’officio del Potestà e del Capitano, siano obbligati e debbano con diligenza e sollecitudine preoccuparsi che ad opera del Tesoriere, a questi Podestà e Capitano e alla loro Curia siano consegnati tutti gli esiliati e i condannati e i beni di quei condannati che sono stati confiscati per il Comune, e anche tutti i debitori del Comune, tanto per le dative quanto per altri beni. E questi Podestà e Capitano e i loro officiali siano obbligati e debbano fare riscossione di queste condanne e dei detti beni confiscati e dei detti debitori. E quando la lista di questi condannati, dei beni confiscati e degli altri debitori viene consegnata a questi Potestà e Capitano e alla loro Curia questi Regolatori con il loro Notaio debbano fare un rogito con la presenza dei testimoni, facendo protesta e assegnando per un salario a loro favore. E qualora non facessero la riscossione, da subito ciò venga computato nel loro salario per l’autorità della presente legge. E qualora questi Regolatori saranno negligenti e non osservassero le dette cose, subito siano privati dell’officio di Regolatori.

       2 Rub.88Le insegne del Comune non siano date in dono ai Rettori.

   Con questa legge decretiamo che i Priori del popolo in nessuna Cernita, o Consiglio possano né debbano proporre o far proporre mai che lo stendardo, il vessillo, né le insegne del Comune si donino, né che si paghino al Podestà, o ai Capitani, o ad altri Rettori. E nessuno possa fare arringa o dare un consiglio a che tali cose si donino ai detti Podestà e Rettori, sotto penalità di 100 ducati per ciascuno dei Priori e di chi fa l’arringa, e con privazione di tutti gli offici e dei benefici del Comune e sotto penalità di 25 ducati e di privazione dell’officio per il Cancelliere che faccia la scrittura e per chi acconsente.

       2 Rub.89Nell’ottenere i benefici <del Comune> venga offerto il favore ai Cittadini Fermani e del Distretto.

   Dato che è utile e lodevole che a godere dei benefici ecclesiastici siano piuttosto i Cittadini e i distrettuali della giurisdizione Fermana e della Diocesi anziché i forestieri, con la presente legge decretiamo che la Comunità Fermana, nell’avvenire, sempre in ostacolo a estranei e ‘forensi’, favorisca, intervenga ed operi, dovunque, presso il Sommo Pontefice, presso i reverendi signori Cardinali, presso il reverendo signor Vescovo Fermano e dovunque potrà essere necessario, con ogni modo, via, ragione, con lettere, con ogni sforzo e con tutte le forze affinché questi Cittadini <Fermani >e distrettuali conseguano questi stessi benefici, anziché altri esterni. Infatti non conviene che gli estranei occupino le cose che debbono essere dei Cittadini e dei distrettuali e pertanto in ciò non si ometta nulla di favorevole, tuttavia restando stabile la legge sullo scrivere una lettera per i benefici.

       2 Rub.90Come si possano fare le suppliche riguardanti i reati, il pagamento del capitale dei soldi e le grazie da ottenere.

   Per precludere le vie a quelli che vogliano fare suppliche che i reati restino senza punizione, decretiamo e comandiamo che i signori Priori, per il futuro, non possano né debbano accogliere le suppliche riguardanti i reati e le penalità dei gravi delitti oppure le condanne pecuniarie, se prima i delinquenti non abbiano ottenuto la pace dagli offesi, sotto pena di 10 libre di denaro per ciascun Priore e Cancelliere del Comune e per ogni volta che abbiano trasgredito. Dopo avuta questa pace e dopo che ne sia stata fatta fede per mezzo del rogito del Notaio di mano propria, nelle dette suppliche, essi possano ricevere queste suppliche e proporle nelle Cernite e nei Consigli, non in altra maniera: in precedenza i supplicanti abbiano pagato al Banchiere del Comune di Fermo sei denari per ciascuna libra della propria condanna dei soldi per le riscossioni. E di questo loro pagamento debba esserci riscontro nella detta supplica per mano di questo Banchiere o del suo Notaio, qualora le pene siano state meramente pecuniarie. Ma se le pene siano state condizionali e afflittive del corpo o taglio di membra, allora dopo che questi supplicanti precedentemente abbiano pagato due ducati di moneta a questo Banchiere e dopo che sia stata data la fede riguardo a tali pacificazione e pagamento, come qui sopra, essi possano riceverle e proporle, come detto sopra. Tuttavia si debba espressamente comprendere che nelle pene pecuniarie e in quelle condizionali, mai si possa fare il pagamento di soldi per riscossioni, né debba farsi oltre la somma di due ducati di moneta, nonostante che questa penalità pecuniaria ascendesse a somma maggiore, a ragione del pagamento di sei denari per ogni libra. A coloro che hanno fatto in tal modo le suppliche non si possano fare le grazie, né le condiscendenze di benefici, cioè della pace e del raddoppio delle penalità con un quarto aggiunto in più, a meno che non siano ottenute nelle Cernite e nei Consigli dai quattro quinti dei Cittadini <consiglieri> ivi presenti riuniti in sufficiente numero, con questa esplicita dichiarazione che sopra questi reati, processi e condanne di tali reati, cioè pene pecuniarie, non si possa soprassedere, né porre una scadenza, né si faccia altra grazia, né altra delibera, né concessione, né donazione a qualche chiesa, salvo sempre lo statuto riguardante l’offerta dei carcerati, neanche fare condiscendenza per qualche religione, per qualche persona, se non soltanto, almeno la remissione e la grazia dei benefici della pace, del pagamento, del raddoppio delle pene di un quarto aggiunto in più. A coloro che negano i reati, ai contumaci, a chi confessa, neanche si possa condiscendere con il beneficio della confessione, sotto pena di 25 libre di denaro a ciascun Priore, al Cancelliere del Comune, al Regolatore, al consigliere, da pagare sul fatto da costoro e da ciascuno di loro, per ogni volta quando abbiano trasgredito. E il Podestà e i suoi officiali siano obbligati e debbano riscuotere sul fatto queste penalità e farle riscuotere sul fatto, e senza alcun processo, ed abbiano la quarta parte di tali pene che nel tempo avranno fatto incassare al Comune, quando il Tesoriere del Comune le riceverà. E qualora da queste suppliche non si ottenessero le grazie, allora coloro che vogliano reiterare la supplica lo possano, facendo però salva la forma dello statuto nella rubrica che riguarda il modo di riunire il Consiglio riguardo al tempo di fare le proposte. Questi che vogliano fare le suppliche siano tuttavia obbligati a pagare di nuovo al Banchiere del Comune le dette riscossioni obbligate dei soldi. Quelli poi che ottengono la grazia nella Cernita e nel Consiglio riguardo alle dette condanne, entro un mese dal giorno della celebrazione del Consiglio, siano obbligati a pagare al Banchiere del Comune la tassa fatta dal Cernita e dal Consiglio. E dopo passata tale scadenza, queste grazie divengano nulle e siano considerate annullate. E coloro che non hanno fatto il detto pagamento non possano ulteriormente presentare una supplica per queste loro condanne, in nessun tempo, e le loro suppliche non siano accolte, sotto penalità di 10 ducati d’oro al Cancelliere dei Comune qualora abbia accettato queste suppliche, o le abbia lette. Inoltre i signori Priori non possano in alcun modo comandare agli officiali, né chiedere loro, né esortali, a che soprassiedano alle esecuzioni fatte, tanto reali che personali, riguardo alle dette condanne, prima che ci sia la delibera della Cernita, facendo salvo che se nella Cernita l’avessero ottenuto e l’esecuzione avvenga dopo la deliberazione della Cernita, in tal caso i signori Priori possano e debbano fare soprassedere, fino a quando non si facesse il Consiglio. Nelle pene condizionali, peraltro, si possa condiscendere a chi fa le suppliche, soltanto nella condizione, e non nella penalità pecuniaria, né alcuna parte di questa, per il motivo che questa non sia stata pagata secondo la forma degli statuti, dopo che si è incorsi nella condizione, e questa essendo pena principale pecuniaria, neppure alcuna sua parte, e questa per nessuna ragione né aspetto, possa essere rimessa né condonata sia incorso nella condizione principale pecuniaria. E per il diritto stesso, qualunque cosa sia stata fatta su ciò, senza aver eseguito tutte le cose qui sopra specificate, non abbia nessuna validità. E allo scopo di sbrigare le suppliche, i signori Priori, ogni settimana nel giorno di venerdì, siano obbligati e debbano fare il raduno e riunire la Cernita in cui soltanto le suppliche vengano lette e proposte. Riguardo alle pene capitali poi decretiamo che per il futuro tutti gli omicidi, i grassatori o gli assassini, i traditori e anche i ladri che per i delitti di tali tipi sono incorsi nelle pene capitali, qualora tal cose nel tempo saranno pervenute nelle mani del Comune di Fermo o dei suoi officiali scontino le loro dovute pene stabilite secondo la forma dello statuto. Quelli che non sia stato possibile che fossero catturati, stiano esuli per un intero decennio da calcolare dal giorno quando i reati e i delitti sono stati commessi, entro questo tempo, una loro supplica non abbia validità, né questi siano ascoltati, in alcun modo, né possano avere grazia alcuna nel Comune. Peraltro se dopo passato il decennio avranno voluto fare una supplica, a questi sia concessa l’ammissione, dopo avvenuta la pacificazione e dopo fattane fede per opera di un rogito di un Notaio su ciò. Non si possa fare la grazia né altro condono per una quantità minore di 100 ducati di oro per coloro che siano stati della Città e per quelli del contado non si possa per meno della somma di 50 ducati d’oro da pagare di fatto, non si possa fare condono a lui, o ad altro, neanche condiscendere, né che ci sia un compenso. Non ci sia validità, per il diritto stesso, qualora si sia trasgredito con qualcosa in contrasto alle dette cose, ma i signori Priori che facessero proposte, e quelli che consigliassero, e quelli che scrivessero, incorrano nella pena di 100 ducati d’oro, da pagarsi, sul fatto, e su queste cose una condiscendenza non possa né essere data né avuta.

       2 Rub.91I custodi da eleggersi nei Castelli in riva al mare.

   Decretiamo che nei Castelli della riviera del mare siano eletti i custodi, cioè dieci nel Castello di Torre di Palme, sei nel Castello di Boccabianca, dieci nel Castello di Marano <=Cupra Marittima>, dieci nel Castello di Grottammare, quattro nel Castello di San Benedetto, uomini buoni e legali in ciascuno di questi Castelli, come già detto, e abbiano la durata di un anno, e siano nei e dei detti luoghi. E siano eletti per mezzo dei Priori, del Gonfaloniere e del Capitano o del Giudice di giustizia che ci saranno nel tempo. Questi debbano e siano obbligati a fare la custodia con sollecitudine, notte e giorno, e fare indagini che nessuno dei detti Castelli, né di altrove, presuma né osi in alcun modo comprare, né riporre, il mosto o il vino da questi Castelli, né da altro luogo, o in dono, o in deposito o con altra accortezza, neanche trasferire o portare ciò in qualcuno di questi Castelli da altri vigneti; neppure il mosto o il vino che è dei vigneti propri di questi Castelli e del distretto della riviera marittima di questi Castelli. E per chi abbia trasgredito ci sia la condanna per la Comunità del Castello a 100 libre di denaro, e per una persona speciale a 25 libre di denaro. E qualora i detti officiali siano stati negligenti nel fare le indagini e nel fare le denunce, siano condannati a 10 libre di denaro. E qualora essi abbiano commesso frode o inganno, e qualsivoglia di questi officiali siano puniti e condannati a 25 libre di denaro a favore del Comune. Inoltre in qualsiasi denuncia o inquisizione da fare ad opera di questi officiali o a opera di qualcuno di essi, il Capitano o il Giudice, che ci sarà nel tempo, abbia pieno arbitrio di fare inquisizione sulle dette cose, contro coloro che non fanno le denunce e possa inquisire e condannare, con ogni maniera e metodo che egli voglia, quelli che trasgrediscono, secondo la forma scritta sopra.

                                                                  FINE del secondo libro.-.-.-.

<Libro 3°>

INVOCATO IL NOME DELLA SANTA E INDIVIDUALE TRINITA’

 IL LIBRO TERZO DEGLI STATUTI DELLA CITTA’ DI FERMO FELICEMENTE INIZIA

       3 Rub.1L’officio e la giurisdizione del Podestà e del Capitano e dei loro vicari nelle cause civili.

   Il Podestà e il suo Vicario dottore delle leggi, il Capitano e il suo vicario dottore delle leggi, insieme e separati, si intenda che siano e sono i Giudici ordinari in ogni causa, processo o affare civile e per l’autorità di questo statuto, abbiano l’ordinaria giurisdizione e la pienissima autorità e il pieno potere di udire, esaminare e portare a scadenza le cause civili e gli affari, di interporre ingiunzioni e decreti e di eseguire quelle cose che sono di misto impero e di gestire e fare generalmente tutte le singole cose, sia nel fare la procedura come anche nell’esaminare e portare a compimento quelle cose che vengono richieste nelle dette <cause> o che validamente appartenessero ad esse nella città di Fermo, nel contado e distretto.

       3 Rub.2Le citazioni nelle cause civili.

 Nelle cause e negli affari civili da 25 libre o di più, si pratichino il modo di citare e l’ordine qui messo. Quando una causa sia venuta o verrà ad essere agitata per una via e nel modo di un “libello”, cioè quando il reo <accusato> o colui contro il quale si desidera che si muova l’azione, sia stato però un abitante in Città e sia stato trovato personalmente, sia citato ed abbia validità citarlo per lo stesso giorno della citazione; quando in realtà non sarà trovato personalmente, si faccia e si possa fare ed abbia validità la citazione nel domicilio dell’abitazione di questo reo, per il primo giorno giuridico, immediatamente successivo dopo la citazione. Se però il reo o colui contro il quale si desidera muovere l’azione <in giudizio> sia stato del contado o del distretto di Fermo o sia stato trovato personalmente nella sua abitazione, cosa che vogliamo che sia sufficiente, sia citato per il secondo giorno validamente giuridico immediatamente successivo dopo la citazione, oppure per il primo giorno giuridico a questa immediatamente successivo. Queste citazioni, poi, contengano che il predetto reo verrà a dare la risposta alla parte attiva secondo la norma, nei giorni messi. Tuttavia, le relazioni di queste citazioni siano fatte e debbano farsi per iscritto con i Notari della Banca. E queste citazioni possano ed abbiano validità da farsi per semplice parola del Balivo e senza una commissione precedente del Giudice. E noi non esigiamo in alcun modo questa commissione. Nelle cause e negli affari civili di 25 libre o di meno, sia sufficiente ed abbia validità la citazione fatta per mezzo del Balivo con semplice suo parlare riguardo al reo personalmente o nel domicilio della sua abitazione, nel modo e nella forma qui premessi. Ma simili cause che non eccedono 25 libre siano ascoltate ed esaminate dai Giudici, in modo sommario, semplice e con calma, senza strepito, senza parvenza di processo e le portino a compimento e le decidano entro 20 giorni dal giorno della prima citazione e in tali cause e affari i Giudici pratichino e stabiliscono una scadenza o le scadenze a piacere della <loro> volontà, dopo aver ammesse o rifiutate le eccezioni, come queste a loro sembreranno opportune. Essi valgano e debbano portare a compimento tali cause e gli affari con atti scritti, oppure senza, come a loro sembrerà opportuno, anche senza scritti, e debbano portare a scadenza tali cause e affari. Ma i Giudici che non abbiano portato a compimento queste cause incorrano nella penalità di 100 libre di denaro, per ciascuna volta e per ciascun giorno e tuttavia questo Giudice o il suo successore sia obbligato a portare a compimento tale causa entro i 10 giorni immediatamente successivi, sotto la detta penalità. Inoltre allo scopo che siano tolti i dubbi e le contestazioni e le liti vogliamo che in qualsiasi caso e affare civile di qualunque somma o estimo si dia fede e si agisca secondo la relazione del Balivo sulle cose che sono state a lui affidate o pertinenti al suo officio o ministero. I forestieri poi che non hanno un’abitazione nella città di Fermo e debbano essere citati, il modo è il seguente, cioè per mezzo del Banditore del Comune, davanti alla Porta del Palazzo di questo Comune, dopo aver premesso il suono della tromba, quel tale fa citare ad alta voce colui di quel luogo che venga di fronte al Giudice a rispondere su quel diritto per cui intenda chiedere una certa ammontare di moneta e altre cose, entro il quinto giorno immediatamente successivo oppure più tardi, ad arbitrio del giudice, e con la cedola che contenga tutto questo effetto di citazione, affissa davanti alla porta del detto Palazzo in modo che sia notificato a chiunque voglia leggere. E questa citazione fatta nel detto modo abbia piena validità di vigore.

         3 Rub.3 Il modo e l’ordine per la procedura nelle <cause> civili ordinarie o di “libello”.

   In ogni causa e affare civile superiori a 25 libre di denaro in modo ordinario o da agitare con il “libello”, dopo preceduta la citazione del reo, come contenuto nel titolo che precede, la parte attiva (attore) legittimamente faccia la comparizione entro la scadenza di questa citazione. E qualora poi il reo così citato legittimamente faccia la comparizione da se stesso o per mezzo di altro a suo nome, come procuratore o comunque in altro modo, allora, per prima cosa, a entrambe o all’altra parte, si assegni una scadenza come sarà stato conveniente deciderla, per il primo giorno giuridico in cui prendere la copia dei mandati e fare l’opposizione contro le dette persone. Poi nel giorno successivo a queste cose, il Giudice si pronunci riguardo alle dette persone se siano legittimate o no. Qualcuno possa anche fare la comparizione a titolo di difesa per un altro, dopo aver presentato la legale cauzione. E tutte le singole cose già dette riguardo alle persone che intervengano a favore di un altro, siano praticate riguardo alle dilazioni e alle altre cose già dette, se allora le cose intermedie della causa siano intervenute. Sia sufficiente però, per dar prova di chi abbia il mandato, quando per mezzo di qualcuno dei Notari delle banche civili, si faccia fede al Giudice, anche soltanto a parole, che quella tale persona abbia il mandato come dice e viene asserito che ciò sia e lo stesso <notaio> ne faccia il rogito. E sia sufficiente anche per dare prova di chi ha il legittimo incarico, quando si faccia fede al giudice per opera di un altro non dei notai del giudice, anche solo a parole che tale persona che presenta se stessa come avente l’incarico legittimo, sia legittimata, e lo stesso Notaio faccia il rogito di questa legittimazione. Dopo fatta tale pronuncia, tuttavia, quando le tali persone compaiono nella medesima scadenza o nella prima, allorché le <parti> principali fanno la comparizione da se stesse, allora la parte attiva, di fronte al Giudice, anche semplicemente a parole, esponga ciò che chiede o che intende chiedere. Di seguito, la parte del reo <imputato> allora sia interrogata dal Giudice o dal Notaio della Banca se abbia un obbligo per le cose chieste oppure no. E se quel tale avrà risposto che non è obbligato alle cose chieste, allora il Giudice assegni una scadenza alla parte attiva a dare il “libello” e alla parte del reo a ricevere questo “libello”, per il terzo giorno allora immediatamente successivo, se sarà stato un giorno giuridico, altrimenti per il primo giorno giuridico immediatamente successivo. Però qualora la parte attiva non abbia presentato il “libello” entro la scadenza né l’abbia dato di fronte al Giudice, sia condannata immediatamente dal Giudice alle spese da moderare ad arbitrio del Giudice. E qualora la parte attiva in seguito avrà voluto fare di nuovo l’azione riguardo all’affare di prima già detto, di nuovo si proceda. Se in realtà la parte attiva abbia presentato il “libello” e lo abbia dato nel processo entro la scadenza stabilita, allora sia stabilita la scadenza per la parte di questo reo e sia assegnata di due giorni per chi abita in Città, ma di quattro giorni per chi abita nel contado o nel distretto, per comparire legittimamente entro la scadenza per dare risposta allo stesso “libello”, deliberatamente. La parte attiva peraltro entro la scadenza di questa citazione debba comparire legittimamente di fronte al Giudice per fare la procedura poi nella causa. E quando questa parte faccia così la comparizione, se il reo sarà comparso entro la scadenza legittimamente, , la lite venga contestata senza alcuna oggetto di contestazione. Si comprenda che tutte le contestazioni competono al reo e siano riservate a costui per autorità della presente legge, senza il ministero del Giudice, e si faccia giuramento riguardo alla calunnia se ci sia stata la richiesta, poi il Giudice dia all’una e all’altra parte la scadenza di tre giorni continui per porre e articolare, entro cui ciascuna parte debba aver avanzato le sue posizioni e gli articoli con precisione. E dopo che questi siano stati presentati, qualora sia stata presente la parte avversa cioè la principale e (qualora) l’altra parte, dopo che in precedenza sia stato posto il giuramento di calunnia, faccia ancora richiesta, dia risposta, facendo salvo il diritto di coloro che non hanno pertinenza o che non meritano la risposta. E per costoro si consideri come senza risposta, a comodo tuttavia e volontà di chi risponde e della sua parte se fosse stata data la risposta o si rispondesse a qualcuno al quale per diritto la risposta non fosse da dare. Qualora invece sia assente la persona principale e la parte avversa lo abbia desiderato, sia citata due volte con intervallo di due giorni per ciascuna citazione. E qualora chi è citato così due volte non abbia fatto la comparizione da sé, né per mezzo di un procuratore idoneo a rispondere, le posizioni e gli articoli per il diritto stesso si considerino come letti e dichiarati, senza il ministero del Giudice. Inoltre se la persona principale o il detto procuratore, che dalla voce del Giudice abbia ricevuto moniti su ciò, o ammonito su tale cosa, non abbia dato la risposta per le posizioni e gli articoli già messi, similmente siano considerati come letti e dichiarati; poi si dia all’una e all’altra parte la scadenza di 10 giorni continui per dare prova e per aver provato con precisione e in modo perentorio tutto quello che essi abbiano voluto e potuto secondo il diritto, con ogni modo e specie di prova, anche per mezzo di istrumenti <notarili>. E dopo trascorsa questa scadenza di 10 giorni si pubblichi e si faccia l’apertura al processo e all’una e all’altra parte sia prefissata ed assegnata con precisione e in modo perentorio la scadenza di 5 giorni per prendere la copia e fare l’opposizione e fare le dichiarazioni contro i testimoni e contro le cose dette e per dare prove e per aver dato prove contro gli atti e le cose prodotte e quelle contestate e opposte. Dopo trascorsi questi 5 giorni, il Giudice avvii la conclusione della causa con una delle parti o con entrambe e assegni la scadenza di 5 giorni ad entrambe per presentare gli allegati. Dopo trascorsi questi giorni, egli pronunci la sentenza per iscritto nella detta causa entro altri 5 giorni, sotto penalità di 50 libre da assegnare al Comune. Si fa salvo e si fa riserva che se entro questa scadenza di 5 giorni, l’altra parte abbia richiesto che dopo la scadenza la causa sia decisa da oppure con il consulto di un sapiente, allora il Giudice assegni ad entrambi le parti la scadenza di un giorno per consegnare a lui stesso, per iscritto, i sospettati o i fidati del collegio. E dopo che costoro sono state dati e assegnati, se le parti abbiano fatto un accordo per una persona di fiducia, a costui la causa venga affidata da essere esaminata. E queste siano le cariche del Giudice nella detta causa. Se tuttavia le parti nel detto giorno non si siano accordate su qualche persona di fiducia o su molti <di fiducia> del collegio, allora il Giudice scelga uno di fiducia, se esista, o un altro, a piacere della sua volontà, purché tuttavia costui non sia tra gli Avvocati delle parti, o non siano Avvocati nel numero dei due, dati come sospettati, di là degli Avvocati delle parti. E al posto di quelli così sospettati, ci sai validità che questi due vengano nominati e non oltre. Egli affidi la causa da esaminare a costui così eletto, e qualora costui, così eletto, entro 5 giorni dopo che il giudice gli abbia fatto fare l’assegnazione degli atti e del punto, avrà riconsegnato il suo consulto al Giudice, o l’avrà dato per iscritto, il Giudice secondo il consulto pronunci la sentenza e decida la causa, sotto la penalità predetta. Se in realtà, allo stesso Giudice, il detto consulto <richiesto> non sia stato dato, entro la detta scadenza di 5 giorni, lo stesso Giudice senza aspettare altri, entro i successivi altri 5 giorni pubblichi da se stesso la sentenza scritta, sotto la detta penalità. E in queste cose il Giudice possa allora decidere e dichiarare il salario del consultore <incaricato> come gli sembrerà conveniente. Ed egli faccia intervenire la parte richiedente che la causa sia decisa con il consulto di un sapiente, affinché depositi la causa, allorquando lo chieda e se questa trascura ciò, oppure lo ricusa, allora l’assenso e l’udienza a tale sua richiesta <di parte> siano negati. Nella detta causa il Giudice tuttavia si comporti e proceda in modo tale che, entro 60 giorni continui dal giorno quando è stato presentato il “libello”, qualora, nel modo già detto, si chiedesse nella causa il consulto di un sapiente; oppure entro 50 giorni continui dal giorno di presentazione del “libello”, come sopra, quando non è richiesto tale consulto, la già detta causa venga da lui con sentenza definitiva portata a conclusione, ultimata e decisa sotto penalità di 200 libre di denaro, per ciascuna volta in cui abbia trasgredito nelle cose già dette, e nondimeno sia obbligato a concludere la stessa causa per mezzo di una sua sentenza entro gli ulteriori 15 giorni prossimi successivi, sotto altra penalità, per il fatto stesso, di 100 libre di denaro, da assegnare al Comune. E su tutte queste cose espressamente si faccia il sindacato dopo ultimato il tempo del suo officio. Aggiungiamo anche che qualora il detto Giudice affidasse una causa a un consulto fuori dalla Città, quando sia stato richiesto da una parte e possa affidargliela e anche sia obbligato, allora e in tal caso fosse affidata fuori Città, il tempo che sopra si dice di 5 giorni, si dica 20 giorni e si intenda che questa scadenza di 5 giorni comprenda giorni 20 e nel frattempo non scorrano tempi intermedi. E il Giudice, quando affidasse una causa ad un consulto, manifesti le cose dubbie sulle quali c’è dissenso e dopo aver e fatto emergere i dubbi, mandi i dubbi al consultore insieme con gli atti e con gli allegati e debba pubblicare la sentenza secondo il consulto. Tuttavia aggiungiamo al presente statuto che sempre le dilazioni e le predette scadenze si intendano e siano continue tutte e singole. E tutti i singoli i giorni in tutte queste e singole scadenze anche nelle scadenze prestabilite per ultimare queste cause, trascorrano e siano calcolati per mezzo di una sentenza, eccettuati i giorni inaspettati senza lavoro, che siano dichiarati tali per una causa evidente ad opera dei signori Priori e del Vessillifero di giustizia insieme con il Potestà o con il Capitano, o anche senza, e costoro possano indirli per l’autorità di questo statuto. Si fa l’eccezione anche per le ferie delle messi e delle vendemmie, inoltre l’eccezione per i giorni introdotti in onore di Dio contenuti nello statuto sulle ferie. E per non mettere in pericolo le parti, il Giudice possa in questi giorni di ferie, esercitare queste attività giudiziarie e praticare le scadenze dell’atto se tale cosa a lui sembri che sia da praticare per una causa giusta o necessaria in tal modo.   Tuttavia, come detto prima, per il reo citato che non faccia la comparizione entro la scadenza della sua prima citazione o entro la scadenza che gli è stata data per ricevere il “libello” da sé stesso o per mezzo di un procuratore idoneo, il Giudice lo reputi contumace e, in tale sua contumacia, faccia il procedimento dopo che è stato prodotto il “libello” al Giudice stesso dall’attore o dalla sua parte e dopo che ad opera di questo attore è stato giurato che le cose contenute nel “libello” sono vere e hanno validità di verità, <dopo ciò> egli pronunci pertanto che l’attore e la sua parte saranno e siano da mettere nella tenuta e nel possesso corporale dei beni e delle cose del reo in tal modo contumace, con il primo decreto: primo riguardo ai beni mobili, secondo riguardo ai beni stabili, terzo riguardo ai nomi dei debitori secondo l’ammontare del debito espresso nel “libello” e dichiarato e <aggiungendo> un terzo in più e alle spese. E per le cose premesse da eseguire, il Giudice assegni e dia come esecutore il Balivo il quale ottenga fiducia per tale caso e si rispetti la relazione del Balivo che dichiara di non aver trovato beni mobili o immobili sui quali egli imponesse la parte attiva nella tenuta, affinché successivamente l’esecuzione del Balivo abbia validità e pervenga a che sia praticata da uno dei generi, ad un altro genere di beni e di cose, e non si esiga alcuna altra ufficialità. E saranno stata attuate le dette cose con azione personale o con quella che ha la natura di questa stessa. Qualora invece sia stato fatto con un’azione reale o azione mista, allora il Giudice reputa contumace il reo che non fa la comparizione entro la scadenza espressa sopra, e in tale sua contumacia egli pronunci che l’attore sarà da immettere nella tenuta o nel possesso corporale della cosa richiesta in base al primo decreto e per sé il Giudice dia il Balivo come esecutore su questo. Per rimediare tuttavia a questa contumacia dopo il decreto emanato dal Giudice e dopo che il Balivo successivamente ha dato tale tenuta, quando sia stato fatto con azione personale o che abbia senso di questa stessa, il reo abbia valido potere, entro i 30 giorni successivi, di fare la comparizione di fronte al Giudice, alla presenza della parte avversa o citata, e valga chiedere che tenuta o possessione corporale sia revocata in qualsiasi giorno anche non lavorativo (feriato); non così <per i giorni> in onore di Dio o dei santi. Dopo che tale petizione è stata fatta anche a parole, e dopo che chi fa la comparizione ha risarcito le spese legittime all’attore, e dopo che ha presentato un idoneo fideiussore di desistere dal processo e pagando il giudicato e anche dopo fatto il deposito di tali spese in base al mandato del Giudice, e dopo che il fideiussore è stato dato nel modo già detto, il Giudice possa e sia obbligato e debba revocare la tenuta e il possesso corporale e ristabilire e porre di nuovo il reo nel pristino stato. Qualora invece tale reo non abbia fatto la comparizione entro i predetti 30 giorni continui o neanche abbia fatto le dette cose, come già detto, il Giudice, a richiesta della parte attiva, proceda nel seguente modo, per aggiudicare e consegnare con il secondo decreto la cosa o le cose già dette, il debito e il terzo in più e le spese predette, cioè stabilisca all’attore un scadenza, come la avrà dichiarata conveniente, per informare e fare chiarezza al giudice riguardo al debito così chiesto, dopo aver fatto ammonizione o dopo aver citato su questo personalmente alla parte avversa nell’abitazione, dopo che il debito sia così liquidato e provato, il reo sia citato di persona o nell’abitazione affinché ponga e nomini un estimatore di tale cosa o cose, per la parte sua. E se costui abbia fatto la comparizione, il Giudice lo costringa a ciò, prima che si allontani, o se ricusa, a posto suo, il Giudice stesso con validità nomina e pone, per la parte di costui, questo estimatore, il quale sia tra i vicini di questa cosa o cose e uno che egli abbia considerato idoneo a ciò. Venga stabilito e nominato, però, un altro estimatore per la parte dell’attore. Il Giudice pertanto possa e abbia validità a costringere e forzare questi estimatori in modo personale e reale, anche con l’aver presi i pegni e con l’aver notificata una multa, a fare l’estimo di tale cosa o cose, e con in mezzo il loro giuramento, a riferire sull’estimo in modo fedele e senza frode. Dopo tale estimo fatto in questo modo e riferito a questo Giudice, o al suo Notaio delle Banche, il Giudice, a richiesta dell’attore, per mezzo della sua sentenza interlocutoria, dia e aggiudichi di pieno diritto, al reo citato su ciò, di persona o nella abitazione, tale cosa o cose per il detto debito e per il terzo in più e per le spese e ne faccia l’aggiudicazione di pieno diritto, sia che il reo faccia la comparizione, sia che no. Si fa riserva per il reo e per i suoi eredi che abbiano diritto e facoltà di recuperare e ricevere la detta cosa o cose, entro sei mesi, dopo la detta consegna e l’aggiudicazione, dopo che in primo luogo abbia pagato il debito all’attore, e le spese legittime già dette, tassate dal giudice, senza il detto terzo in più. Dopo trascorsi questi sei mesi, lo stesso reo non sia per nulla ascoltato su ciò. L’attore faccia completamente lucro dei frutti che durante questi sei mesi nel frattempo ha percepito, lui che ha meritato la tenuta e il possesso per effetto di tale aggiudicazione. Tuttavia il Giudice nelle dette cose e riguardo alle dette cose si comporti e proceda su di esse sì che entro 40 giorni continui dopo il primo decreto da calcolare dalla tenuta seguitane, giunga al detto secondo decreto; a meno che non sia intervenuta una terza persona da sé o tramite un altro a nome suo, che voglia impedire la predetta aggiudicazione, dal secondo decreto, per qualche diritto. Qualora questa intervenga, il Giudice gli stabilisca una scadenza di 10 giorni continui con precisione e decisione per dover spiegare e dare prova e aver provato riguardo ai suoi diritti con ogni modo e specie di prova per cui non si possa né si debba giungere a tale aggiudicazione. Questo Giudice possa anche a suo piacere prorogare questo scadenza ad altri 5 giorni immediatamente successivi. Dopo che sono trascorsi i detti 10 o 5 giorni egli abbia validità a concludere e debba terminare per mezzo della sua sentenza interlocutoria, imponendo il silenzio a un tale contraddittore, oppure ammettendolo, secondo come sembrerà a lui che diverrà giusto, sotto pena di 100 libre di denaro e su ciò si debba fare il sindacato. Ma dopo data la tenuta per effetto del primo decreto ed è stata fatta per mezzo del Balivo l’esecuzione con azione reale o mista, nel modo e nella forma scritti sopra, se peraltro il tale reo entro i 30 giorni continui immediatamente successivi avrà fatto la comparizione di fronte al Giudice da sé, o tramite un altro, e avrà voluto recuperare la tenuta e il possesso di quella cosa e riparare alla sua contumacia, allora il Giudice, dopo risarcite all’attore le spese di legge  o depositate per mandato del Giudice, secondo come abbia tassato, e dopo che è stato presentato legalmente un fideiussore legalmente idoneo all’attore o ad un altro che lo riceva a posto suo, riguardo al desistere dal processo giudiziario e di ubbidire alle cose giudicate, alla presenza oppure dopo che è stata citata la parte avversa di persona o nella abitazione, e in qualsiasi giorno non lavorativo, tuttavia che non sia <giorno> indotto in onore di Dio e dei Santi; egli revochi la tenuta e il possesso già detto e riponga il reo nel precedente stato. Tuttavia dopo trascorsi questi 30 giorni, quel tale reo non sia per nulla ascoltato riguardo e sopra al possesso, ma sia ascoltato colui che voglia fare l’azione <giudiziale> riguardo e sopra la proprietà di questo reo entro un anno continuo, cominciando immediatamente dopo questi 30 giorni, e non oltre. Ma quel tale mandato, dopo citata o no la parte, entro quindici giorni, dopo trascorso tale anno, dopo che ha dato prova ha e fatto fede al Giudice, <sul fatto> che quella cosa appartenga a lui stesso per il motivo espresso nel suo “libello”, stia sicuro e protetto nell’agire e nel fare opposizioni contro quel tale reo e contro gli eredi di lui e i successori con pieno diritto riguardo e sopra la detta cosa. Se tuttavia l’attore non avrà fatto le dette cose entro questi quindici giorni, allora il tale detto reo sia ascoltato riguardo alla proprietà, come già detto, fino a quando il detto attore abbia fatto la detta fede al Giudice. Se poi entro i detti 30 giorni o in seguito dopo detto anno, qualsiasi terza persona abbia fatto la comparizione di fronte al Giudice, e abbia detto da sé o tramite un altro, che egli ha qualche diritto sulla medesima cosa e pertanto chieda che sia rievocata quella tenuta, in quanto gli spetti o chieda che gli sia restituita o assegnata per un suo diritto o (chieda) che venga imposto il silenzio a chi sta sulla tenuta sopra questa cosa, per chi propone la tale cosa, il Giudice stabilisca e assegni con precisione e con precetto al richiedente la scadenza di 10 giorni immediatamente successivi, per dover dare prova e aver provato per mezzo di ogni modo e di ogni specie di prova anche tramite un istrumento, qualunque cosa avrà voluto e avrà potuto riguardo a ciò. E il Giudice qualora abbia voluto prorogare questa scadenza possa farlo per ulteriori 5 giorni successivi. Dopo trascorsi questi, il Giudice dirima la causa secondo le cose di prove fattegli, nei successivi 5 altri giorni e decida con un pronunciamento interlocutorio o con una sentenza, anche senza scritti, sotto penalità di 100 libre di denaro e riguardo a questo si debba fare il sindacato. Quando tuttavia il Giudice abbia interposto il primo decreto nella forma e nel modo scritti sopra, in un’azione personale o che abbia la natura di questa; quando peraltro il Balivo posto per l’esecuzione abbia riferito che egli non ha trovato beni mobili o immobili, né i nomi dei debitori sui beni del tale reo convenuto, sui quali valga dare la tenuta all’attore senza controversia, oppure abbia riferito che da parte di una terza persona questi beni sono posseduti, allora il Giudice, dopo fatta tale relazione, dia ordine immediatamente a due Balivi del Comune che sulle cose che non siano in controversia e non siano tenute da una terza persona, facciano l’esecuzione sui beni mobili e stabili di tale reo convenuto e sui nomi dei debitori, e per fare ciò, stabilisca e fissi la scadenza di otto giorni. E questi Balivi riferiscano per iscritto se abbiano trovato o abbiano conosciuto alcuni tali beni del reo, entro altri due giorni, o se non li abbiano trovati o non abbiano avuto notizia, riferiscano anche questo a voce o per iscritto e il Giudice dopo aver citati i possessori pronunci immediatamente un’escussione fatta legittimamente e che per lo stesso attore è aperta la via dell’ipoteca contro i possessori dei beni e dei pegni, qualora questi Balivi abbiano riferito che essi non hanno trovato tali beni del reo o di trovarne non sufficienti. E in questo caso l’attore presenti il “libello” di azione ipotecaria contro i possessori di tali beni del reo o dei pegni, e prosegua le altre cose e osservi come ordinatamente è scritto sopra. E questa <azione> ipotecaria abbia validità e che sia decisa entro le scadenze stabilite sopra e che sia terminata per mezzo della sentenza. Tuttavia quando qualcuno voglia intentare l’azione sua contro gli eredi, pur qualora l’attore abbia saputo che gli eredi sono stati nominati, presenti il “libello”, egli prosegua le rimanenti cose, come sopra. Se pure, tuttavia, l’attore non abbia saputo degli eredi nominati, allora a richiesta di tale attore, il Giudice faccia fare un proclama generale presso il banco del diritto e presso l’abitazione di abituale dimora del defunto; e qualora qualcuno voglia essere erede di quel defunto, si intende che fa l’azione <giuridica> contro gli eredi e voglia difendere i beni di lui, compaia in giudizio entro due giorni, ciò qualora il defunto sia stato abitante della Città <di Fermo>, oppure di giorni quattro qualora sia stato abitante del distretto, ed egli sarà per rispondere del <suo> diritto a quel tale attore o al richiedente, e per mezzo del Balivo, e tale proclama scritto sia affisso o applicato alla porta dell’abitazione di quel defunto. Quando invece gli eredi del detto defunto facciano la comparizione, si faccia la procedura contro di essi secondo la forma indicata sopra riguardo a chi fa la comparizione. Qualora, invece, <questi> non comparissero, né da se stessi né tramite un idoneo procuratore, si segua la forma suindicata contro i contumaci. Invece quando qualcuno voglia intentare la sua azione <giudiziaria> contro i pupilli o gli adulti, i furiosi o altri che siano sorretti dall’altrui tutela, o cura o che si trovano ad essere governati <da altri>, se pure questi pupilli, gli adulti e le dette persone abbiano i legittimi difensori, allora se facciano la comparizione, si proceda secondo la forma indicata sopra riguardo a chi fa la comparizione; qualora invece, questi difensori non facciano la comparizione, o, dopo che il Giudice ha fatto l’indagine, e questi <difensori> su ciò non ci siano, allora il Giudice, almeno dopo la prima citazione, non essendoci la comparizione di un difensore, dopo aver aspettato per otto giorni, per il suo officio possa e debba provvedere un solo difensore a tale persona indifesa per tale causa e chi è nominato per questo, oppure assunto dal Giudice sia costretto a prendersi la difesa della tale persona indifesa, e a proseguire la causa secondo la forma indicata, fino a giungere inclusivamente alla sentenza. E le scadenze prefisse per le cause e per le istanze inizino dal giorno in cui per quella persona, quel difensore sia stato presente al giudizio, e non prima. Tuttavia quel tale così assunto e nominato, per il diritto stesso. sia considerato e sia il legittimo difensore della tale persona e sia considerato al posto di uno legittimo; né si possa, né abbia validità in nessun modo che sia costretto a dare qualcosa, o a fare l’inventario. Se tuttavia il tale <procuratore> nominato e assunto abbia ricusato o abbia trascurato di subire e assumere tale difesa, in qualunque modo, contro il mandato del Giudice, sia privato per il fatto stesso dal collegio e non abbia validità che egli eserciti in seguito l’arte o l’esercizio o l’officio della procura o del notariato o della cancelleria; e qualora abbia presunto esercitarli contro queste cose, sia punito a libre 50 sul fatto per ciascuna volta. E ad opera del Giudice si provveda a favore di tale persona, allo stesso modo, con un Avvocato. E la stessa cosa sia considerata e sia stabilita, per mezzo di tutte le cose, contro l’Avvocato assunto e nominato così dal Giudice, qualora ricusasse o trascurasse di assumere e di esercitare tale avvocatura, come sopra è stato detto riguardo al procuratore. E tutte le singole cose contenute in questo statuto siano praticate, come sono state stabilite nella presente rubrica nelle cause maggiori 25 libre di denaro. In realtà, nelle cause invece di 25 libre o di minore ammontare, il Giudice possa e abbia validità a fare la procedura al primo e secondo decreto contro gli eredi e contro i possessori dei beni e dei pegni ed anche alla escussione, senza praticare nessuna solennità nelle dette cose, secondo il modo e il potere della seconda rubrica di questo libro che parla della detta somma. E abbrevi, a suo piacere, le scadenze e le dilazioni nelle cause e negli affari civili che non eccedano tale ammontare. Tuttavia, dato che vogliamo dare favori ai sudditi e tentiamo di abbreviare le liti, noi decretiamo che qualsivoglia Rettore della Città, entro 30 giorni continui, da calcolare dal giorno della prima citazione, con <atti> scritti o senza scritti, a piacere di volontà, e con quel potere, modo, forma e sotto quella pena come disposto nella seconda rubrica di questo libro riguardo alla somma di 25 libre o minore, in modo sommario, semplice, calmo, senza rumore, né parvenza di processo, ascolti, porti a termine e decida tutte e singole le dette liti e le cause cioè dei pupilli, degli orfani, dei poveri, dei pellegrini e delle persone miserabili che lasciamo valutare come tali ad arbitrio e a coscienza del Giudice, ed anche <le cause> delle doti delle donne, delle cose delle chiese, delle mercedi dei fabbri e dei lavoratori ed anche le cause dei lavori agricoli, delle opere di qualsiasi ammontare ed estimo esse siano. Inoltre nelle cause per danno inferto, per l’avviso di un’opera nuova, anche nelle cause e nelle controversie che si facessero riguardanti fiumi, termini, muri comuni, percorsi o vie, acquedotto, ripe, legno non arrecato, per raccogliere la ghianda o un frutto, per gli alberi posti a confine, per un muro da restaurare, per i molini, per le gronde (canali d’acqua), per le sotto-gronde, per le coperture o gli stillicidi, per restaurare le aperture, gli scoscendimenti, i ponti, per le fosse da rinnovare, per le separazioni da fare e in occasione queste cose, e per tutte le altre cose simili che noi lasciamo giudicare come simili ad arbitrio del Giudice, riguardanti un usufrutto, un uso, un’abitazione, le superfici, i corsi d’acqua e cose simili, e in generale per tutte le singole servitù reali e personali. E per tali cose il Rettore o il Giudice di fronte al quale si facesse una controversia o lagnanza o istanza per qualcosa del genere, possa e debba fare la procedura, esaminare e ultimare in modo sommario, semplice e chiaro, senza rumore né parvenza di processo, anche senza rispettare le scadenze, e le solennità del diritto e degli statuti, senza alcun processo e come gli sembrerà opportuno, dopo avuta, esaminata e considerata la sola verità del fatto e dell’informazione. E, qualora gli sembri utile, possa osservare con gli occhi le dette cose e costringere le parti tra le quali sia stata sorta la controversia sulle dette cose o la questione in modo che facciano un compromesso, o più (compromessi) di diritto e di fatto in maniera congiunta e separata, anche possa scegliere maestri d’arte per prendere visione di queste cose e per riferire al Giudice secondo la perizia della propria arte. E qualora queste parti abbiano trascurato o rifiutato di fare il compromesso o anche di scegliere i maestri d’arte a riferire sulle dette cose secondo la perizia della propria arte, il Giudice stesso o il Rettore possa scegliere e utilizzare i maestri o gli arbitri su ciò e con essi o con uno di essi impegnati su ciò, anche senza <alcuno>, possa far terminare la controversia, come detto prima. E qualsiasi cosa riguardo alle dette cose o intorno ad esse sia stata decisa dal Giudice abbia validità e resti stabile, per l’autorità di questo statuto, secondo una relazione, o il consenso di tali arbitri o maestri, nel caso che siano stati assunti, o anche egli da solo, in mancanza della presenza di costoro, ancorché non sia intervenuto un processo o uno scritto su ciò, né valga che <la sua decisione> si ritratti per alcun pretesto, né modo o causa. Il Giudice, tuttavia, nelle dette cose si comporti in modo che tale controversia debba aver portata a conclusione, entro 30 giorni continuati dal giorno della querela o della istanza fatta su ciò, sotto pena di 100 libre di denaro, mentre permangono nella loro validità gli statuti che impongono su ciò le scadenza di minor tempo. Inoltre vogliamo che nelle dette dilazioni e nelle scadenze o in altre qualsiasi dilazioni da dare ad opera di un Rettore o di un Giudice del Comune di Fermo, se l’ultimo giorno della dilazione o della scadenza cadesse in un giorno non lavorativo, si intenda che sia il giorno giuridico seguente per le dette scadenze e dilazioni. Aggiungiamo inoltre, per disbrigare le cause civili, che un Collaterale del signor Podestà, del Capitano e il Giudice di giustizia e tutti gli altri officiali di questa Città e del contado che hanno giurisdizione siano obbligati a praticare, con precisione e con determinazione, le scadenze e le dilazioni degli statuti, tanto nel fare la procedura, quanto nello svolgere e nel portare a termine queste cause civili. E non possano in nessun modo prorogare tali scadenze statutarie né altre, né disporre oltre quanto gli statuti dispongono, sotto e per la pena contenuta negli statuti; e qualora non vi sia determinata alcuna pena, incorrano nella penalità di 25 libre di denaro da prelevare sul fatto stesso, se abbiano trasgredito, nonostante qualsiasi modalità o consuetudine che siano state praticate fino ad ora nella Curia. E i Procuratori non possano né debbano, di loro volontà, chiedere nelle cause civili che si soprassieda in qualsiasi parte del processo, e in qualsiasi causa, tanto principale, quanto di appello, sotto la pena e per la pena di 25 libre di denaro per chi facesse il contrario, tanto per i Procuratori, quanto per il Giudice, per ciascuno di essi e per ciascuna volta, da pagare sul fatto e da ritirare, senza la presenza, il consenso e la volontà dei principali. E sin da ora sia cosa nullo, qualora sia stato fatto diversamente, in qualsiasi modo e non abbia validità per il diritto stesso.

       3 Rub.4Gli interrogatori da farsi nel processo, e le cose che sono adoperate come fondamento del futuro giudizio <processo>.

   Dato che spesso, prima che un giudizio sia ordinato, è necessario che alcuni interrogatori e le risposte si facciano nel giudizio, ed anche fare qualcosa in precedenza al fine dell’ordinamento di un giudizio futuro, come ad esempio nel rivendicare una cosa, in un giudizio per dividere un’eredità di famiglia, per spartire cose comuni per un socio, o quando qualcuno abbia voluto accordarsi con qualcuno come erede, o contro i beni, oppure dicesse che chiede o che ha qualche diritto sui beni di un qualunque defunto, oppure che agisca per restituire, o per tali simili cose, decretiamo e ordiniamo che ciascun Giudice o Rettore della Città riguardo a ciò che sia domandato o indagato, per la domanda di chi domanda o indaga, sia obbligato e debba fare gli interrogatori opportuni o coerenti riguardo alle dette cose e a simili e costringere a rispondere la parte inquisita per la risposta, in modo sommario, semplice e calmo, senza rumore e senza parvenza di processo e se gli sembrerà opportuno anche di persona, sul fatto, tuttavia dopo che la parte che chiede o indaga abbia prestato il giuramento sulla calunnia. E il Giudice o il Rettore già detto sia obbligato e debba fare e ordinare anche le altre cose che saranno necessarie o opportune nelle dette cose o in qualcuna di esse. E questo stesso Giudice o il Rettore non possa decretare e neanche la parte possa ottenere una dilazione né ritardi oltre i 10 giorni, al fine di deliberare su qualcuna tra le dette cose. Il Giudice tuttavia si comporti in modo tale che su quanto detto, la scadenza cioè 15 giorni non sia in nessun modo oltrepassata per porre la fine e portare a termine tale affare, sotto pena di 100 libre di denaro. Vogliamo che questo venga stabilito e ordinato e provveduto <cioè> che riguardo ad altre cose o altre persone o affari, la risposta o le altre cose che si facessero nelle dette cose o in qualcuna di esse, non generino né valgano a generare alcunché di danno a chi dà la risposta o a colui che fa qualcos’altro opportuno o necessario nelle cose dette prima. Se tuttavia qualcuno nelle dette cose o in qualcuna di esse, abbia rifiutato di eseguire o obbedire in modo contumace ai comandi del Giudice o del Rettore che fa l’interrogatorio oppure che dispone diversamente in qualcosa di quanto detto sopra, dopo il mandato o dopo la richiesta del Giudice su quello su cui sia stato interrogato o ingiuntogli in altro modo, per autorità di questo statuto, <costui> sia considerato e debba essere considerato come uno che ha fatto la confessione. E non debbano lamentarsi quelli che sono stati interrogati, o ammoniti, o comandati di rispondere se esistano gli eredi, quand’anche con prontezza e in modo immediato possa essere provveduto per essi con il fare l’inventario, in modo che non siano tenuti al di sopra delle potenzialità ereditarie.

       3 Rub.5Le ferie <giorni non lavorativi>.

   Nelle cause e negli affari che saranno trattati nella Curia del Podestà o del Capitano, del Giudice di giustizia e degli appelli o nella Curia dei Consoli dei Mercanti della Città di Fermo, ci siano ferie cioè il giorno della Natività di nostro Signore Gesù Cristo con i sette precedenti e i seguenti due giorni con anche la settimana successiva; il primo giorno (calende) di gennaio; il giorno dell’Epifania con i due giorni seguenti; il giorno di Carnevale con un solo giorno precedente e uno solo successivo; il giorno della Pasqua della Resurrezione con i sette precedenti e i seguenti due giorni con la settimana successiva; il giorno dell’Ascensione del Signore; il giorno della Pasqua di Pentecoste con i due successivi; il giorno della festa del Santissimo Corpo di nostro Signore Gesù Cristo; il giorno dell’Assunzione della beata Vergine Maria con i sette giorni precedenti e i seguenti sette; tutti i giorni delle festività della Vergine Maria; il giorno della Concezione della Vergine Maria; tutti i giorni di domenica e i giorni di venerdì e di sabato dopo le ‘none’ ore per tutto l’anno; tutti i giorni principali delle festività di tutti gli Apostoli, e degli Evangelisti; dei quattro Dottori della Chiesa; tutti i giorni delle festività del beato Giovanni Battista; il giorno del beato Lorenzo; il giorno del beato Nicola; il giorno del beato Stefano; il giorno del beato Martino; il giorno di sant’Agostino; il giorno del beato Francesco; il giorno del beato Domenico; il giorno del beato Michele Arcangelo, il giorno di sant’Angelo, il giorno d santa Caterina, della beata Lucia; il giorno della beata Margherita; il giorno della beata Maria Maddalena, il giorno della festa di tutti i Santi e quello successivo in cui si celebra l’officio dei Morti, il giorno del beato Pietro martire; il giorno del beato Savino; il giorno del beato abate Adam; il giorno del beato Bernardo; il giorno dell’indulgenza del beato Martino in Varano 14 ottobre, il giorno della festa di Santa Croce; il giorno della beata Anna; il giorno del beato Claudio; il giorno del beato Antonio da Vienne; il giorno del beato Salvatore; il giorno 2 giugno in memoria dell’eccidio del ferocissimo tiranno Rainaldo da Monteverde, memoria maledetta, e siano non lavorativi, i giorni delle Adunanze (Concioni), della Cernita e del Consiglio quando si fanno prima di pranzo e ai vespri si facciano le cause se le Adunanze siano terminate tempestivamente, e allora i Giudici seggano giuridicamente; e nel tempo delle Rogazioni o delle processioni si eserciti il diritto (giudiziario) a sera. Invece le ferie <per la raccolta>delle messi ci siano e durino, ogni anno dalla festa del beato Pietro del mese di giugno fino al primo di agosto; e ci siano le ferie delle fiere della Città Fermana dal primo agosto fino al primo settembre. Le ferie poi delle vendemmie comincino al primo ottobre e durino fino alla fine di ottobre. Inoltre siano non lavorativi tutti i giorni in cui le ferie fossero indette all’improvviso per una causa probabile. Tuttavia secondo la disposizione dello statuto posto nella rubrica terza o nel titolo di questo libro, oppure secondo la disposizione del titolo precedente, almeno ci sono giorni nei quali nelle cause e negli affari si può fare la procedura, o esaminare, in modo semplice e calmo, senza strepito, senza parvenza di processo; non abbiano luogo le ferie per le messi, per le vendemmie, per ferie improvvise già dette; sempre si fanno salvi i casi in cui espressamente c’è disposizione che si debbano svolgere le cause in tempo di queste ferie, e le dette ferie non siano di ostacolo, in nessun modo, per queste cause. In realtà nelle cause o negli affari penali abbiano validità l’investigare, il fare la procedura, anche il sentenziare e concludere per mezzo di sentenza, in tutti i giorni, anche in <quelli> stabiliti in onore di Dio, o non lavorativi. E non si possa mettere alcuna contestazione, né obiezione, né opposizione contro i processi, le investigazioni, le sentenze penali, neanche, contro ciò, fare appello, né reclamare o fare opposizione di nullità, né querelare in contrasto, né fare suppliche con un pretesto, con una causa, con un aspetto, che in giorni o in tempi non lavorativi, gli atti sono stati fatti o promulgati, o le cose fatte e promulgate. Tuttavia nessun Rettore, officiale o Giudice della Città possa né valga decidere né pronunciare, in alcun modo, una sentenza assolutoria, negli ultimi 10 giorni del suo officio, neppure pronunciarsi nelle cause penali né negli affari, anzi la facoltà di decidere e pronunciare tali sentenze assolutorie in tali 10 ultimi giorni gli sia interdetta completamente. E la faccenda sia di nuovo interamente portata a conclusione.

      3 Rub.6La sommaria disanima nelle cause dei ‘forensi’ e il danno da risarcire per mezzo di rappresaglie a favore di chi l’ha sofferto.

   Per tutte le singole cause civili e gli affari che siano svolte tra forestieri <o fuori dalla giurisdizione fermana> e cittadini o abitanti del distretto Fermano, anche tra i forestieri vicendevolmente, i Rettori della Città e i loro Giudici siano obbligati a fare investigazioni, determinarle e portarle a scadenza e debbano farlo in modo sommario, semplice, calmo, senza rumore, senza parvenza di processo, in ogni tempo, ad eccezione dei giorni non lavorativi in onore di Dio. E si faccia senza ‘libello’ per contestare la lite, senza giuramento di calunnia, senza praticare le solennità giuridiche, solo dopo aver ispezionato la verità del fatto o dell’affare, entro 20 giorni continui dal giorno in cui la causa o la controversia è stata introdotta o mossa. Essi siano obbligati e debbano, a richiesta della parte, eseguire e mandare di fatto in esecuzione la causa e aver portato a termine l’affare o qualunque cosa abbiano stabilito o decretato, omettendo ogni solennità e aspetto sostanziale, solo dopo aver riscontrata la verità del fatto, in modo reale e personale, insieme o separatamente, come abbia preferito la parte, contro le persone principali e i beni loro se sono maschi; e soltanto in modo reale contro gli eredi dei principali o dei successori anche contro le femmine, quantunque principali. Vogliamo tuttavia che nessun forestiero o persona non sottoposta alla giurisdizione civile e criminale del Comune di Fermo, in una causa civile o penale o in un affare contro un Cittadino o un abitante del distretto di Fermo, non sia in nessun molto ascoltato, se in precedenza non abbia presentato i fideiussori in relazione al fare risarcimento, al cittadino o all’abitante del distretto per le spese, in caso che si sia dato per vinto, e sul far cessare il processo e pagare il giudicato se si sarà fatto un accomodamento dal tale cittadino o abitante del distretto di Fermo o in una causa di accomodamento. E qualora egli non abbia voluto presentare questi fideiussori, cosa che sia lasciato all’arbitrio del Giudice, allora benché a presentar qualcosa sia obbligato quel cittadino, o abitante del distretto, a favore del medesimo forestiero o del tale non sottoposto alla giurisdizione di Fermo, che afferma che vuole fare accomodamento con il detto cittadino o abitante del distretto, su mandato del Giudice, tutto ciò che sia così da presentare, sia consegnato in deposito presso un mercante Fermano, che debba essere nominato dal Giudice. E questo deposito sta per rimanere fino alla scadenza che sarà stabilita ad arbitrio del Giudice al detto Cittadino o all’abitante del distretto, per dare prova di ciò che nel giudizio dell’accomodamento che fa o vuole fare di ciò, il Cittadino abbia dichiarato e abbia detto espressamente ciò che il forestiero debba rendere o pagare a lui e sia da imporre su ciò fino alla fine. Dopo ultimata questa faccenda il deposito venga restituito qualora il detto cittadino o il distrettuale non abbia dato prova di quello che egli pretende <ricevere>. Aggiungiamo che per i debiti tra un forestiero e un <altro> forestiero, contratti, fatti e obbligati fuori dalla città di Fermo e fuori dal suo contado e distretto, debiti d’obbligo prima del loro arrivo, dell’abitare, del sostare e del domicilio in questa Città, nel contado e nel distretto, il Podestà e il Capitano e gli altri officiali della Città e del contado non possano fare investigazione, né ascoltare, né amministrare la giustizia, ma siano totalmente negate la potestà, l’autorità e la giurisdizione agli stessi officiali su queste cause dei detti forestieri, nonostante tutte le cose che siano credute in contrasto. Inoltre se un Cittadino, un abitante o un distrettuale di Fermo, in occasione delle rappresaglie concesse contro i Cittadini, gli abitanti o i distrettuali di Fermo, a motivo del debito di qualche, Cittadino, abitante o distrettuale di Fermo, oppure in tale occasione abbia patito un danno, colui che lo ha causato oppure in occasione del quale il danno gli sia capitato o questo si sia avuto, sia obbligato al totale risarcimento, di fatto, in modo reale e personale nel dare risarcimento a chi l’ha sofferto.

      3 Rub.7Le cause fra cittadini abitanti del contado da concludere nella Città.

   Tutte le liti e le cause di qualunque genere fra un Cittadino o un abitante della città di Fermo o un abitante del distretto o del contado Fermano, o ivi abitante, da farsi o da avviare in modo attivo oppure passivo, vogliamo e decretiamo che debbano essere fatte o debbono essere mosse nella Città e nel tribunale di Fermo, con i patti e con alcune convenzioni fra il Comune di Fermo e con gli uomini di alcuni Castelli dello stesso contado, nonostante tutte le cose avviate o fatte che in realtà non vogliamo in alcun modo che siano da portate o da intendersi in relazione ai detti Cittadini e abitanti. E quanto fatto in altro modo, non abbia stabilità per il diritto stesso, e gli officiali della Città siano totalmente obbligati a mettere in pratica, con il vincolo del giuramento, il presente statuto, sotto la penalità di 200 libre di denaro.

       3 Rub.8I testimoni e loro esame.

   Il Giudice stesso faccia di persona l’esame dei testimoni e non un altro, se la questione sulla quale i testi vengono esaminati, sia stata di 50 libre di denaro oppure più di ciò. Se in realtà la causa sia stata al di sotto di 50 libre, allora agisca lui stesso oppure ordini che l’esame debba essere fatto da due Notai della Città di Fermo, non ricusati dalle parti, e l’incarico abbia validità. E l’esame precisamente venga fatto in modo che i testimoni palesino la regione di quanto dicono e della testimonianza, e qualsiasi affermazione insieme con la detta ragione venga registrata per iscritto. Tuttavia gli esaminatori dei testimoni, e coloro che trascrivono le cose dette dicono, stiano attenti alle parole da non far registrare per iscritto, per non scrivere né far scrivere qualcosa detto o una testimonianza del teste, con queste parole: «disse che sono vere le cose contenute nell’articolo, nella posizione <della causa>, nella istanza o nell’intenzione»; ma al contrario, che abbia detto che egli sa quanto per lungo, per largo e ordinatamente, e per come abbia fatto la testimonianza,  sia accolta la sua testimonianza, nel modo come fece la testimonianza, e di seguito sia trascritta, sotto penalità di 20 libre di denaro per ciascun trasgressore e per ogni volta. E nondimeno la testimonianza proibita o accolta in contrasto alla disposizione di questo statuto, sia di nessuna validità. E il Giudice stia avveduto in ciò e sopra a ciò prima di rendere pubbliche le attestazioni. I Rettori o i Giudici, nelle cause civili, penali o nelle miste, abbiano l’autorità e il potere di costringere chiunque in modo reale e personale e con altri mezzi della legge, con l’imposizione di una multa per addurre effettivamente la testimonianza ed anche senza processo come a loro sembrerà conveniente.

       3 Rub.9Coloro che fanno la confessione nel processo.

   Se qualcuno, con naturalezza, nel processo, abbia confessato che lui debba dare qualcosa, o qualche intenzione della parte avversaria, le parti del Giudice non siano altri di diverse che fare l’ingiunzione a chi ha fatto la confessione di pagare entro i 10 giorni successivi, o, anche, condannare colui che ha confessato, o pronunciarsi contro costui come a lui sembrerà che convenga. Se qualcuno inoltre abbia confessato nel processo, con qualcosa ammesso, o sotto qualche contestazione, o con aggiungere qualche altra cosa, il Giudice faccia a costui il precetto che paghi entro la detta scadenza di 10 giorni, o, come preferisca , condanni costui, o si pronunci contro costui, come detto sopra, riservando a costui la possibilità di fornire la prova, di avere provato la condizione ammessa, l’opposizione, o la detta cosa aggiunta, con precisione e con determinazione, entro la scadenza già detta di 10 giorni. Qualora ciò sia stato provato, tale precetto del Giudice, la detta disposizione, o la sentenza, non siano di alcun valore, ma generalmente sia come se non fossero stati fatti. Se invece ciò non sia stato provato, quel precetto, la sentenza o la disposizione restino validi e dal Giudice, tramite il suo officio, a richiesta della parte, in modo reale o personale, trascorsa detta scadenza, sia messo in esecuzione entro i 5 giorni prossimi successivi, o anche più tardi secondo la richiesta della parte, a meno che la parte che ha confessato, entro i detti 5 giorni, non abbia informato il Giudice su un patto di non chiedere, o di un pagamento fatto sopra a ciò o di una transazione seguita; nel quale caso che interviene nelle dette cose sopraggiungano, colui che ha confessato sia assolto dal Giudice.

       3 Rub.10Le parti e il giuramento.

  In tutte le singole cause e negli affari civili, eccettuati quelli per i quali si fa la constatazione in un pubblico istrumento, qualora la parte attiva (attore) voglia stare al giuramento del reo <accusato> o, anzi, riguardo e su una richiesta, oppure sull’intenzione di costui stesso di dire la verità su ciò, il Giudice sia obbligato e debba dare deliberazione al reo il quale o giuri o introducendo il suo giuramento, risponda con chiarezza su ciò a chi denuncia. E se colui al quale il giuramento è stato offerto, abbia giurato, il Giudice sia obbligato del tutto a seguire completamente il giuramento di costui, come chiaramente sia stato giurato, anche senza alcuna solennità di processo. Se, tuttavia, costui abbia rifiutato o non abbia voluto giurare, allora il Giudice riporti il giuramento al detto deferente, e come costui stesso abbia fatto il giuramento, il Giudice stabilisca e prosegua, facendo salvo sempre e con riserva in ognuno dei detti casi, talché, dopo fatto tale giuramento, la parte avversa abbia facoltà e potere di dare prova del contrario di ciò che sia stato giurato, e possa redarguire di spergiuro la parte che ha giurato, entro gli otto giorni continui immediatamente successivi, entro i quali i testimoni debbano aver fatto la loro deposizione e aver giurato, e qualsiasi altra prova che fosse pretesa riguardo a ciò, debba essere stata fatta. E qualora da tali cose provate il Giudice abbia constatato che colui che ha giurato ha spergiurato oppure è stato spergiuro, allora questo giuramento non sia per nulla un ostacolo per la parte avversa né si pensi che sia stato dannoso ad essa, e ciononostante colui che in tal modo sia stato spergiuro ed abbia così spergiurato, sia condannato alle spese e all’interesse a favore della parte avversa, anche quando non ce ne sia stata una richiesta, e per il Comune a 10 libre di denaro. E non si esiga alcuna petizione, nessuna contestazione della lite, né alcuna solennità, per dare prove e per redarguire riguardo allo spergiuro, come detto sopra; ma si porga la sola intenzione della parte, poi, come sopra, si faccia l’approvazione. E tutte le singole dette cose abbiano luogo nelle cause e negli affari che eccedano l’ammontare o l’estimo di 40 soldi. Invece nelle cause che non eccedano l’ammontare o l’estimo di 40 soldi riguardo allo spergiuro o contro un giuramento non si faccia affatto querela, non si attenda né sia domandato se il giuramento sia dovuto o non dovuto, neanche qualcos’altro, soltanto che sia stato fatto giuramento, e in questo caso i giuramenti ottengano piena stabilità e il fare querela di spergiuro sulle anzidette cose, o il fare indagine non abbiano validità.

       3 Rub.11Le cause e le liti di persone molto potenti

   Affinché la legge non sia violata, a causa dell’inopportuno potere di qualcuno, decretiamo che se qualcuno nella Città o nel distretto di Fermo, sia stato infastidito o tormentato ingiustamente nei suoi beni o nei suoi diritti da qualcuno più potente, da un chierico o da un laico, il Podestà il Capitano e i loro officiali difendano costui con tutti i modi e con tutti i rimedi opportuni difendano e lo guidino nei suoi diritti e si oppongono a tale potenza. Ma se qualcuno, a causa della povertà, non abbia le forze sufficienti per resistere a tale potenza, siano pagate le spese in tali cose, a costui, ad opera del Comune di Fermo, sotto penalità 100 libre di denaro e con il vincolo del giuramento per il Rettore che abbia trascurato di praticare ciò.

       3 Rub.1Esecuzione di un pubblico istrumento e di una scrittura privata.

   Quando qualcuno abbia presentato in un processo qualche istrumento pubblico senza garanzia o che ha una garanzia che non merita l’esecuzione tutelata al modo della garanzia, e abbia chiesto o abbia sollecitato che questo istrumento sia messo in esecuzione contro una o più persone principali, descritte in tale istrumento o contro gli eredi di esse o i successori, in occasione di un debito o di altra cosa contenuta in esso, a cui una condizione o un modo non siano stati aggiunti, oppure qualora siano stati aggiunti, l’ occasione sia stata espiata o il modo già adempiuto, il Giudice lo faccia fare l’esecuzione dell’istrumento stesso nel modo seguente, a richiesta di colui che lo presenta o di chi vi è interessato, cioè faccia che sia citata la parte avversa a che entro una scadenza, a sua discrezione, ma non più di 5 giorni; colui che ha prodotto <l’istrumento> compaia in giudizio con l’intenzione che soddisferà al richiedente in occasione di questo pubblico istrumento, prodotto contro di lui oppure per dichiarare la cagione per cui l’istrumento prodotto non debba essere messo in esecuzione. Se abbia fatto la comparizione e abbia chiesto una scadenza per fare opposizione contro il detto istrumento, il Giudice gli assegni la scadenza di 10 giorni per la opposizione contro questo stesso, facendo una o molte di queste eccezioni cioè falsità, pagamento, prescrizione, quietanza e patto di non chiedere, simulazione, altresì anche debito usuraio, cioè quelle eccezioni che egli abbia affermato di voler comprovare, mentre chieda che tale istrumento sia concesso a lui, entro quale scadenza debba dare e avere dato le prove di qualche contestazione, con precisione e perentoriamente, come detto sopra. Dopo trascorsi i 10 giorni di scadenza, il Giudice renda pubblico e apra il processo e nel renderlo pubblico egli assegni la scadenza di 5 giorni per fare l’opposizione contro le obiezioni o le cose prodotte o provate, in contrasto a questo istrumento e per dare le prove e aver comprovato entro tale scadenza. Dopo trascorsa la scadenzai di 5 giorni, il Giudice senza aspettare né ammettere un’altra prova, qualora di fatto il reo sia stato manchevole nelle cose di prova, egli dia soltanto l’esecuzione reale a tale istrumento e lo faccia eseguire per mezzo delle cose e dei beni del debitore descritto in questo stesso istrumento e del suo erede e del successore, senza alcuna solennità. Poi secondo la forma e il modo scritto nella terza rubrica di questo libro, proceda per l’ulteriore esecuzione. Qualora il reo abbia dato prove legalmente entro la detta scadenza di 10 giorni a difesa sua contro questo istrumento, allora il Giudice non dia esecuzione a questo istrumento, ma dichiari con il suo pronunciamento interlocutorio che non va eseguito e condanni alle spese, in qualsiasi di questi casi già detti, il vinto a favore del vincitore. Quando il reo citato, come nelle cose premesse, non compaia entro la scadenza della citazione, il Giudice proceda nel dare e nel concedere la tenuta <presa di possesso> per vigore di questo stesso istrumento, poi prosegua per il resto, come è scritto nella terza rubrica di questo libro. Se qualcuno abbia presentato in tribunale una scrittura privata o un’apodittica scritta con la presenza della mano del debitore o anche non scritta di sua mano, bensì da lui sottoscritta, la quale contenga qualcosa di autentico o corretto ed egli ne abbia chiesto l’esecuzione, si proceda nel seguente modo, cioè il reo sia citato per commissione del Giudice affinché compaia personalmente entro la scadenza, non maggiore di giorni 5, in tribunale a fare la ricognizione della scrittura o di tale apodittica così scritta, presentata come (detto) sopra. Quando egli si presenta personalmente il Giudice gli comandi che riconosca se la scrittura o la apodittica presentata sia stata scritta o sottoscritta di mano di lui stesso; qualora lo dichiari, il Giudice gli comandi che entro la scadenza dei successivi 10 giorni, debba  aver fatto il pagamento e appagato il creditore; tuttavia con la riserva che egli abbia facoltà che entro questa scadenza abbia a dare le prove per una o più delle dette contestazioni che abbia dichiarato gli competono, e quando egli abbia dato le prove e abbia provato la sua difesa entro la detta scadenza, tale precetto sia inefficace e di nessuna validità. Dopo passata questa scadenza di 10 giorni entro i quali questa difesa non sia stata presentata e neanche approvata, questo precetto rimanga stabile e si proceda all’ulteriore reale esecuzione per mezzo delle cose e dei beni del debitore, o degli eredi di costui o dei successori si esegua secondo l’ordine scritto nella terza rubrica di questo libro. Qualora invece il reo negasse che la già detta scrittura apodittica o la scrittura sia stata scritta di propria mano o sottoscritta, allora il Giudice, entro il terzo giorno dopo tale negazione faccia fare il confronto dei grafemi-lettere con le scritture di questo debitore e anche facendo sì che lo stessi rea scriva, o in altro qualsiasi modo, come gli sembrerà opportuno, facendo, o comandando affinché in ciò la verità risplenda. Qualora al Giudice risulterà che il debitore su ciò abbia detto falsità, lo costringa in modo reale e personale, come crederà opportuno, a pagare o appagare la parte attiva, senza badare ad alcuni diritti, opposizioni su ciò, o difese del reo stesso, e a motivo di questa sua falsità, vogliamo che egli sia privato dei tali cose a causa del suo mendacio. E nondimeno il Giudice punisca tale reo da solo e senza alcun processo a 100 libre di denaro sul fatto. Qualora invece il reo abbia fatto la comparizione non da se stesso, ma tramite un suo procuratore, allora il Giudice stabilisca la scadenza di tre giorni a questo presentatosi, affinché il principale si faccia presente per esaminare come detto sopra. E quando costui abbia fatto la comparizione, si proceda con lo stesso facendo come detto sopra. Qualora invece il principale non si sia presentato entro la detta scadenza, allora il Giudice, dopo aver ristabilito un’altra scadenza a tale procuratore, regolandosi a suo arbitrio e l’assegni subito e con precisione per quella stessa cosa. E qualora il principale abbia fatto la comparizione, con lui si faccia la procedura come sopra; qualora invece non ci sia la comparizione entro la detta scadenza, il Giudice pronuncia, in maniera interlocutoria, che l’anzidetta scrittura o apodittica debba essere stata considerata che è stata ed è riconosciuta e confessata e la consideri tale; poi proceda contro il reo per un’ulteriore esecuzione, come è scritto nella terza rubrica già detta. Al contrario, qualora qualcuno avrà voluto servirsi della scrittura privata o dell’apodittica contro gli eredi del debitore o del reo o contro un’altra terza persona, allora non si segua la detta procedura, ma quella ordinaria come è scritto nella terza rubrica di questo libro. E le cose già dette riguardo alla scrittura o all’apodittica abbiano validità sia che la scrittura sia stata annotata oppure sottoscritta da testimoni; sia che no. Il Giudice tuttavia abbia in ciò una procedura tale che l’affare o la causa giunga alla scadenza nelle dette cose, entro 30 giorni continui da calcolare dal giorno della presentazione dell’istrumento pubblico o della scrittura o dell’apodittica privata, sotto penalità di 100 libre di denaro, a meno che non sia il caso in cui colui che viene considerato colui che ha scritto questa scrittura o apodittica, oppure sia considerato che l’ha sottoscritta, sia assente della città di Fermo o dal suo distretto e il Giudice in verità abbia constatato legittimamente ciò. In questo caso il Giudice abbia potere di indulgere, a suo arbitrio, con maggiori rinvii. Aggiungiamo inoltre che una scrittura fatta dal debitore di propria mano con la sottoscrizione di due testimoni, dopo che ne è stata fatta la ricognizione, come sopra, abbia l’esecuzione in tutte le cose e per tutte le cose, procurata come se l’istrumento avesse garanzie.

       3 Rub.13Esecuzioni di atti di garanzia.

   Chiunque si sia obbligato con qualcuno a dovergli dare qualcosa, oppure a dover fare e con un rogito di notaio pubblico su ciò e per mezzo del pubblico istrumento fatto su ciò, queste parole vi furono scritte, cioè: “Io Notaio sottoscritto ho comandato alle dette parti oppure ai debitori che pratichino nel modo di garanzia tutte le dette cose”, e con parole simili oppure equipollenti che tuttavia contengono il precetto di garanzia, il Podestà e il Capitano e i loro Giudici, essi insieme oppure separatamente, quando hanno esaminato questo istrumento di garanzia e la sua forma, siano obbligati, e debbano metterlo in esecuzione in modo reale e personale, quando c’è la richiesta del creditore o degli eredi di costui o dei successori o di altri aventi tale diritto per ragione di qualsiasi denaro o di cose tra quelle contenute in questo istrumento, senza che sia da fare alcuna citazione o richiesta sul debitore o sul reo in esso nominato, in qualsiasi tempo anche festivo, quand’anche sia stato introdotto in onore di Dio, eccettuando i giorni del Natale del Signore, il primo giorno (calende) di gennaio e l’Epifania e la Pasqua di Resurrezione del nostro Signore Gesù Cristo, la festa di San Bartolomeo apostolo, la Pentecoste, l’Assunzione della Beata Vergine e nelle vigilie, e il giorno dei santi Pietro e Paolo apostoli, debbano mandare in esecuzione tale istrumento in modo reale o personale come piacerà a tale chiedente, catturando il debitore principale, o il reo nominato in esso, oppure lo stesso costituito, e tenendolo detenuto nel Palazzo o nelle carceri, a volontà del creditore, fino alla adeguata soddisfazione; purché dal giorno del precetto di garanzia siano passati 10 giorni e questo Notaio, per autorità di questo statuto, abbia pieni poteri di fare tale precetto. Sia tuttavia lecito a tale debitore o al reo catturato, di garantire fideiussori idonei di non allontanarsi dal palazzo del Rettore fino a quando non avrà soddisfatto il detto creditore e qualora avrà garantito, sia trattenuto nel palazzo e non sia messo in carcere, tuttavia a volontà del creditore. E qualora questo catturato si sia allontanato dal palazzo prima di fare questa soddisfazione <pagamento>, la detta esecuzione e si debba fare contro tali fideiussori, nella stessa forma e modo, come si doveva o poteva fare contro tale catturato, fino a quando effettivamente abbia soddisfatto il creditore, oppure sia piaciuto, espressamente, a questo creditore concedere licenza ai detti fideiussori o al reo. E queste cose dette sopra sulla esecuzione che va fatta in modalità personale, per vigore dell’istrumento di garanzia, ma non si eseguano in alcun modo contro le donne e neanche contro gli eredi scritti in tale istrumento, ma la sola esecuzione reale rivendichi l’adempimento. Vogliamo anche che qualora chi chiede abbia scelto l’esecuzione dell’istrumento di garanzia contro il ‘reo’ oppure l’esecuzione reale contro il debitore contenuto nell’istrumento o sui suoi beni, o anche l’esecuzione del detto istrumento sia stata chiesta contro gli eredi del ‘reo’ o contro una donna, anche principale, allora questi Rettori e i loro Giudici facciano l’esecuzione reale e siano obbligati e debbano farla e in modo sommario, semplice, calmo, senza rumore né parvenza di giudizio, senza ‘libello’ <citazione>, né contestazione della lite, o giuramento di calunnia, senza ‘libretto’, contestazione di lite, giuramento riguardo ad una calunnia, e omettendo ogni solennità e sostanza giuridica; purché tuttavia notifichi al tale debitore o al ‘reo’, almeno nella sua casa di abitazione che la tenuta sui suoi beni andrà ad essere presa, e dopo fatta questa denuncia, il Giudice a suo libero arbitrio, senza alcuna citazione, né requisizione del debitore o di questo ‘reo’, possa e debba a richiesta di chi chiede questa esecuzione dell’istrumento di garanzia, concederla in restituzione e come pagamento per l’ammontare contenuto in tale istrumento, o anche per l’interesse del creditore, quando l’ammontare non si trovasse espresso nello stesso istrumento, secondo l’estimo che dovrà essere fatta su tale cosa, che è stata presa in tenuta, ad opera di due estimatori tra i più vicini alla cosa presa in tenuta, che dovranno essere eletti e incaricati su ciò dal Giudice, a meno che le parti non abbiano concordato per eleggerli e li abbiano incaricati. E qualora in questo istrumento si contenesse che il debitore o il ‘reo’ debba dare, o consegnare al tale che chiede, o a colui che ne ha diritto, qualche cosa mobile o semovente o stabile o immobile, allora il Giudice sia obbligato e debba di fatto, nel modo e forma come detto sopra, a porre il chiedente nel possesso corporale di tale cosa contenuta nell’istrumento; e costui così messo e introdotto su questa cosa contenuta nell’istrumento, o anche in generale immesso in possesso sui beni del suo debitore per effetto del detto istrumento, per il debito ivi contenuto, con autorizzazione del Giudice invocato per tale fatto, sia sicuro in perpetuo su questa cosa sulla quale sia stato immesso e sia difeso continuamente in perpetuo ad opera della Curia del Comune di Fermo su queste cose, allontanando ogni contestazione, solamente contro il debitore segnalato in tale istrumento, e contro i suoi eredi e successori e per il resto questo debitore o ‘reo’ non sia in alcun modo ascoltato per ritirare i beni e le cose già dette. Vogliamo inoltre che per vigore di questo istrumento di garanzia, dopo presentato questo istrumento di garanzia di cui si dice sopra, abbia facoltà di praticare l’esecuzione reale e personale in modo congiunto o separato contro le persone scritte sopra, e dopo che ha scelto una via, non gli sia impedito di scegliere un’altra via, e abbandonare quella scelta prima; anzi la può variare a suo piacere di volontà, fino a quando avrà avuto il pagamento interamente per le cose contenute in tale istrumento; e colui che è nominato in questo non può fare opposizione né farla fare contro tale istrumento, né possano i suoi eredi o successori, non da sé, né tramite altri a suo nome; ma valgono le opposizioni predette o qualcuna di queste, cioè la falsità, il pagamento, la quietanza o il patto di non richiedere. Queste cose possono far fare opposizione ed essere dimostrate e lo debbano ad opera di chi è stato catturato in vigore di questo istrumento o, a nome di costui, ad opera di altri, entro 10 giorni da calcolare dal giorno della cattura; purché tuttavia la persona catturata nel frattempo non sia rilasciata. E qualora attraverso le prove di qualcuna di queste opposizioni sia risultato che qualcuno abbia fatto catturare ingiustamente uno, per vigore di tale istrumento, chi così abbia fatto catturare sia costretto sul fatto a rifondere interamente al catturato tutte le spese che costui abbia fatto per tale occasione; e chi così l’ha fatto catturare, nondimeno, venga costretto, ad opera del Giudice a pagare sul fatto e senza processo alcuno, a titolo di penalità 100 libre di denaro e una metà di questa sia data al Comune e l’altra sia per il catturato. E chiaramente queste contestazioni, o qualcuna di queste possono essere opposte, anche quando l’esecuzione reale sia stata fatta in vigore dell’istrumento di garanzia, o sia stata richiesta, purché tuttavia si debba fare l’opposizione e dare le prove, entro 10 giorni dal giorno di presentazione dell’istrumento, o dal giorno quando fu dato il possesso della tenuta, in vigore di questo istrumento. E queste opposizioni possono farsi ad opera del principale che fa la comparizione e non tramite qualcun altro a nome suo, a meno che il già detto fosse gravemente ammalato o fosse assente per qualche urgente necessità, che debba essere provata per mezzo di due testimoni degni di fede. Allora e in tale caso l’opposizione può essere fatta tramite altri a nome del principale. Tuttavia chiunque abbia fatto opposizione con una di queste contestazioni contro tale istrumento di garanzia o contro colui che lo abbia presentato, e non abbia prodotto le prove, come già detto, sia punito sul fatto, senza alcun processo, alla penalità di 25 libre di denaro, di cui la metà sia assegnata alla parte attiva (attore) e l’altra parte per il Comune. Non possono né venire opposte, né essere ammesse le contestazioni, né altre eccezioni, o difese simili, o altre cose di qualsiasi genere siano e queste non abbiano in alcun modo validità, e neanche può essere implorato l’officio del Giudice, né in alcun modo, possa essere concesso ciò contro tale istrumento o contro lui da sé, o altro producente, sotto un aspetto, un pretesto di altra difesa, di opposizione o di contestazione simile o dissimile, come espresso sopra. Contro questo strumento di garanzia non si può né impetrare né chiedere il beneficio di cessione dei beni e non lo si possa neanche ammettere, né accogliere in alcun modo. E questi Rettori e i loro giudici siano obbligati a praticare e far praticare il presente statuto in tutte le cose e per mezzo di tutte le cose, sotto pena di 100 libre di denaro per chiunque trasgredisca, penalità da imporsi per ogni volta e da prelevare infine dal salario degli stessi. Aggiungiamo inoltre che i cessionari abbiano l’esecuzione predisposta in tutte le cose, e per mezzo di tutte le cose, negli istrumenti di garanzia, e per l’efficienza di questo statuto, godano dei privilegi e delle prerogative, come anche i principali scritti in questi strumenti di garanzia.

      3 Rub.14Esecuzione di una scrittura fatta dal Notaio incaricato per scrivere i crediti dei mercanti.

   Decretiamo che due Notari legali e di buona fama, maggiori di 25 anni, Cittadini Fermani, siano estratti ed eletti dal numero di dodici che debbano essere posti e successivamente essere estratti da un sacchetto o marsupio. E l’officio di questi Notari sia tale, cioè che ciascuno di loro faccia e tenga un registro di 100 carte bambagine segnate con uno stesso segno e all’inizio di esso si scrivano gli anni del Signore, con l’indizione e con il nome del Papa e del Potestà che ci sarà nel tempo. E uno di questi Notari possa e abbia validità a scrivere tutte le credenziali e i crediti che si facessero da parte di qualche mercante o negoziante di qualsiasi condizione sia, della contrada Castello, di Pila e di San Martino. L’altro Notaio invece possa e abbia validità a scrivere tutte le credenziali e i crediti che ci fossero ad opera di qualche mercante o negoziante, di qualsiasi condizione sia, della contrada di Fiorenza, di San Bartolomeo e di Campoleggio, in occasione delle loro mercanzie o loro cose. E si sia praticata piena fede, chiaramente, a tale scrittura di mano dell’altro dei detti due Notari, purché tuttavia nella scrittura siano contenuti i nomi di due o più testimoni. E in ciascuna credenziale o credito siano scritti ad opera del predetto Notaio gli anni del Signore, l’indizione, il mese, il giorno, il luogo e il fatto che riguarda la cosa compiuta. E queste scritture trovate nel registro o nel quaderno, siano messe in esecuzione come istrumento di garanzia, ad opera del Potestà e del Capitano, o di qualcuno della loro Curia e anche dai Consoli dei Mercanti del Comune di Fermo. E tutte le singole cose provvedute e stabilite riguardanti l’esecuzione dell’istrumento di garanzia siano capite e siano richieste e abbiano luogo nell’esecuzione di questa scrittura. Tali Notai tuttavia per loro mercede per qualsiasi tale scrittura non possano ricevere più di 12 denari, fino a 25 libre, oltre ciò poi 18 denari soltanto per qualsiasi credenziale di qualsiasi ammontare sia; ma per la cancellatura di tale scrittura possano ricevere soltanto sei denari. Vogliamo inoltre che riguardo all’appagamento e al pagamento di questa credenziale venga data fede e sia valida la scrittura di tale notaio che contenga due testimoni, e valida anche la scrittura del detto mercante o negoziante anche carente di testimoni e di solennità. Tuttavia non sia valido né sia da chiedere, né da concedere un’esecuzione della cattura di una persona in vigore di tale scrittura, se non dopo trascorsi due mesi da calcolare dal giorno quando è stata fatta la credenziale; a meno che le parti non si siano accordate su un tempo o maggiore o minore; in questo caso si pratichi l’accordo. Tuttavia l’officio di tali notai non abbia validità di durare oltre un anno e se un Notaio che a ciò è stato estratto e deputato non abbia voluto esercitare una delle tali cose, a suo luogo un altro successivamente sia estratto e deputato.

       3 Rub.15Quali oggetti tra quelli posseduti non possano essere sequestrati

   In nessun modo, i panni da letto, di qualunque genere siano, il letto, la lettiga, gli indumenti da donna, o da uomo, i buoi, gli asini o le altre restanti cose domestiche possano essere annoverati né portati via in tenuta (possesso), a meno che il Giudice espressamente non abbia comandato di prenderle a seguito di una sicura conoscenza, dopo saputo il motivo. Inoltre nessun Balivo presuma, nell’occasione di fare un pignoramento, di entrare in qualche camera di qualcuno, quando in un’altra parte dell’abitazione sia capitato di trovare i pegni idonei, sotto pena 100 soldi di denaro da riscuotersi sul fatto.

       3 Rub.16Catturare il debitore sospetto e fuggitivo.

  Decretiamo che quando il debitore sia stato dichiarato sospetto e fuggitivo dal creditore o da un altro a suo nome, dopo che è stato prestato da lui il giuramento personale dinanzi al Podestà o al Capitano, o ai loro Giudici, <dicendo> che tale debitore non possiede un valore sufficiente in beni di qualunque genere per il debito preteso; inoltre se ad opera del Balivo del Comune di Fermo fosse stato riferito ai predetti Rettori che non si trova una tenuta di beni mobili o immobili del preteso debitore, libera da litigio o da controversia, il Podestà o il Capitano, o i loro Giudici richiesti per questo siano obbligati e debbano concedere la ‘famiglia’, a richiesta di tale creditore, o del suo procuratore o di altro legittimo amministratore, oppure far catturare tale debitore e trattenerlo nel palazzo o anche nelle carceri, oppure prendergli la proprietà, fino a quando non abbia appagato tale creditore o richiedente, oppure non abbia presentato a questo stesso idonei fideiussori riguardo al far cessare il giudizio, e pagando il giudicato. Se al contrario tale richiedente o creditore fosse stato trovato che era spergiuro, perché sapeva o pubblicamente era cosa nota, che tale debitore carcerato, al tempo di tale cattura, possedeva beni immobili o mobili sufficienti per il debito preteso, che venga condannato di fatto, ad arbitrio del Giudice, a pagare le spese legittime o fare il risarcimento a favore del tale catturato e al risarcimento: e nondimeno venga costretto, sul fatto, a pagare al Comune di Fermo 10 libre di denaro; salvo che per opera del Balivo non sia stato riferito quello che è già detto e giovi a scusare dalla condanna e dalla pena. Le cose che sono state già dette sul catturare il debitore, come sopra, naturalmente abbiano validità soltanto per un maschio; infatti una femmina purché tuttavia sia stata onesta e di buona vita, per un debito civile non possa essere carcerata di persona; invece la donna di malavita, possa essere carcerata come il maschio.

       3 Rub.17Il debitore che dimora nel contado.

   Decretiamo che i Sindaci e le comunità dei Castelli e delle Ville del distretto di Fermo, in base agli ordini del Giudice delle cause civili della Città, con cui da una lettera risulti, a richiesta del creditore, o di altro a nome di costui, nominato nella lettera, siano obbligati e debbano catturare il debitore nominato in essa, dimorante in un Castello o in una sua Comunità, e immediatamente presentarlo dinanzi al Rettore o al Giudice, di persona e con efficacia. Il Sindaco, invece, e la Comunità, che dopo tali ordini e la richiesta del creditore fatta sopra a ciò, abbiano trascurato di eseguire gli ordini del Giudice, siano costretti a pagare concretamente a tale creditore per intero il debito con le spese e con l’interesse, legittimi da tassarsi sul fatto dal Giudice. E’ riservato al Sindaco e alla Comunità il diritto di riscuotere dal debitore quello che è pagato in questa occasione. E si comprendano gli statuti e avvenga che tutte le dette cose siano state destinate anche ai nobili del contado, ai quali tali ordini saranno stati inviati e così saranno stati richiesti.

       3 Rub.18Revoca di sequestro sui beni di qualcuno altro piuttosto che del debitore.

   Quando sarà stata accolta e ottenuta una tenuta o un possesso di beni di un altro piuttosto che dal debitore preteso, o anche senza che sia stata praticata la forma data dalla terza rubrica di questo registro, il Giudice, che fa indagini riguardo ciò, sia obbligato e debba revocare, cancellare e annullare tale tenuta o possesso così accolto e fare indagine e terminare l’affare di tal genere in modo sommario, semplice e calmo, senza rumore, né parvenza di giudizio, senza “libello” (citazione), senza contestazione di lite, né giuramento di calunnia, e debba sul fatto punire colui che consapevolmente abbia preso tale tenuta o possesso con 10 libre di denaro di cui una metà sia per il Comune e l’altra metà per colui al quale il possesso o la tenuta saranno stati così tolti.  E al richiedente o al querelante su ciò sia sufficiente dare prova che la cosa o il possesso così accettato al tempo di tale accettazione egli lo possedeva o almeno lo teneva di fatto o che era suo per diritto di dominio o quasi, al fine della cancellazione, della revoca, dell’annullare tale tenuta e farne la restituzione e la reintegrazione nello stato precedente, affinché anzitutto colui che era stato spogliato sia ristabilito nel possesso e nel suo comodo.

       3 Rub.19L’alienazione di un pegno, tanto concordato quanto deciso da pretore.

   Decretiamo che il debitore sia obbligato e debba pagare effettivamente il pegno stabilito per accordo, o anche stabilito dal pretore entro i 10 giorni che Giudice, a richiesta del creditore, stabilisca al debitore e sia obbligato di decretare. Qualora invece, su ordine del Giudice, il debitore non abbia voluto pagare quel tale pegno, pagando al creditore per intero il debito e le spese, sia lecito al creditore, per opera sua o di un altro, vendere tale pegno, ad un prezzo conveniente; dopo aver ottenuto su ciò il permesso del Giudice, e se qualche cosa avanzasse oltre il debito e le spese, la renda del tutto al debitore entro il terzo giorno, sotto penalità di due soldi per ogni libra del detto superfluo. E qualsiasi acquirente di tale cosa sia in perpetuo sicuro contro il debitore e i suoi successori, e nel fare la parte attiva nel processo e nel difendersi su tali cose.

       3 Rub.20Il modo di prestare un patrocinio, e il compenso per i patrocinatori.

   Qualsiasi avvocato, procuratore, curatore per le cause o per una causa, e chi fa la parte attiva (attore nel tribunale) giurino di sostenere e difendere la buona e giusta causa. Chi invece si sia rifiutato dopo che gli è stato comandato o sia stato ammonito di giurare, non abbia validità di essere presente nella causa, né chiedere la retribuzione. Quando tuttavia sia stato prestato tale giuramento, ad opera del Notaio della causa esso sia redatto per iscritto, e tale scrittura sia ritenuta come validissima prova del patrocinio prestato. Qualora tale giuramento non compaia, mentre tuttavia non sia stato rifiutato, né trascurato contro l’ordine del Giudice, sia sufficiente la prova semipiena per provare il patrocinio prestato. E qualsiasi Giudice e officiale della Città, a richiesta di un Avvocato, di un Procuratore, di un curatore, e parimenti anche dell’attore (parte attiva), o di altro a nome loro, sia obbligato e debba, sotto penalità di 25 libre di denaro, costringere e sollecitare in modo reale e personale, il cliente o i suoi eredi a pagare il salario a tale avvocato, procuratore, o attore, in qualsiasi tempo, anche festivo, in modo sommario, semplice, calmo, senza rumore e senza parvenza di giudizio, o senza rispettare l’ordine, o anche di fatto e senza alcun processo. Il modo tuttavia di pagare il loro onorario sia questo, cioè: l’Avvocato nelle cause civili e criminali, pecuniarie o miste, nelle quali abbia prestato il patrocinio, abbia soldi 4 di denari per ogni fiorino, per il patrocinio di lui; e il Procuratore delle dette cause abbia soldi 2 per ogni fiorino. In realtà nelle cause penali corporali, ovvero afflittive del corpo di cosa inestimabile, un Avvocato abbia 10 fiorini, in realtà un Procuratore 5, con questa dichiarazione che il salario per l’Avvocato, qualunque sia l’ammontare della causa, non ecceda la somma di 10 fiorini. L’onorario in verità del Procuratore non ecceda l’ammontare di 5 fiorini. Peraltro in seconda istanza l’Avvocato, e il Procuratore già detti, se loro stessi furono nella prima istanza, abbiano la metà di detto salario. In realtà, qualora un altro Avvocato e il Procuratore siano stati in seconda istanza, o da qualunque giorno, abbiano lo stesso salario, che avrebbe avuto se fosse stati in prima istanza. In verità nella terza istanza, o in qualunque altra, quelli che furono in prima istanza, sempre abbiano in qualunque di queste, lo stesso onorario che ebbero nella seconda. E coloro che furono soltanto nella seconda, gli stessi abbiano in qualsiasi altra istanza, la metà dello stesso salario che avrebbero avuto nella seconda, se fossero stati nella prima. Specifichiamo invece che l’Avvocato e il Procuratore della parte soccombente abbia soltanto la metà di detti salari. In realtà per una semplice scritturazione fatta per il bastardello (registro delle minute), su richiesta del Procuratore, del curatore o dell’attore, fino a 10 ducati non possono essere chiesti, né è possibile tassare oltre 10 soldi. Dai 10 ducati e sopra, qualunque sia l’ammontare, il salario non ecceda 20 soldi di denaro. E le cose dette per il Procuratore siano praticate per il curatore, e per l’attore e per questi simili. E una terza parte di questi salari sia pagata all’inizio della causa, una terza parte all’apertura del processo, la restante poi alla fine della causa, tanto principale quanto di appello. E le dette cose siano praticate sia che il patrocinio sia stato prestato dinanzi ad un arbitro o anche dinanzi a un <giudice> conciliatore o a un commissario. E lo stesso modo si intenda per i salari per le dette persone dello Stato, come sopra per gli Avvocati, e ci sia per le dette persone, arbitri, i conciliatori, assunti da qualsiasi delle parti, e per i commissari deputati.

       3 Rub.21Nel tribunale non ammettere chi non abbia la matricola.

   L’officio di avvocatura, di procura, di un curatore o di un attore nelle cause civili, o il ministero debbano essere di competenza in modo pubblico e indifferente per i cittadini Fermani, ma non per i ‘forensi’ (forestieri). Perciò vogliamo che nessun forestiero, che non abbia iscrizione a matricola, e iscritto nella matricola degli Avvocati o dei Procuratori della Città di Fermo, non venga ammesso come Avvocato, Procuratore, attore o curatore di alcuno. Se invece, il forestiero non immatricolato, sia stato ammesso dal giudice per le dette cose, qualora non sia stato ammesso per volere delle parti, gli atti fatti tramite lo stesso giudice non abbiano validità per il diritto stesso, e lui che abbia ammesso tale patrocinante, incorra nella penalità di 25 libre di denaro.

       3 Rub.22L’officio e la mercede dei Notai delle banche.

   I Notai deputati per i giudizi civili, sia nelle cause principali, sia degli appelli, ad eccezione dei semplici contraddittori o dei consensi delle parti agli atti ed anche ad eccezione degli atti che sono permessi da qualche statuto, quando fatti soltanto a semplice parola delle parti, a meno che in nessun modo, possano né abbiano validità che scrivano o redigano le denunce, o gli atti o le cose fatte che concernono o riguardano le persone di una delle parti e le cose che queste stesse debbano fare, se non secondo quanto la parte a cui spetta abbia consegnato a loro stessi per iscritto. In realtà, sia punito chiunque abbia trasgredito sia punito sul fatto, per ciascuna volta, con penalità di 10 libre di denaro da pagare alla parte contro la quale si fa la scrittura e a favore dell’interesse di questa stessa parte, e nondimeno quello che è stato fatto in tal modo non abbia validità, né possa giovare, per lo stesso diritto, alla parte che fa fare ciò. Nei documenti siano obbligati a scrivere e a redigere gli atti che spettano al giudice secondo quello che sarà sembrato opportuno al giudice per i documenti. E ciascuno Notaio deputato agli atti civili sia obbligato e debba conservare tutte le singole scritture che gli sono state esibite dalle parti e riporle in una sfilza e farne la copia per le parti che la chiedono. E ciascuno di questi Notai, in qualsiasi causa in cui gli atti si debbano ricevere negli scritti, sia obbligato e debba fare un volume o un registro in cui, nei singoli giorni in cui si celebrano i detti atti, debba scrivere e registrare integralmente questi atti, parola per parola, come giacciono, sotto penalità per chi trasgredisce di un ducato di oro per ciascun atto e per ciascuna volta, da riscuotere sul fatto, ed è obbligato a pagare l’interesse alla parte lesa; e nondimeno, per lo stesso diritto, non abbia validità quello che è stato fatto in modo diverso. E questo notaio, per questo registro e per ciascuna carta sua o foglio scritto e registrato, contenente tot righe scritte e le cose dette qui sotto, questo Notaio abbia e debba avere da ciascuna delle parti per questa registrazione due soldi di denaro e dopo pagatagli la mercede, debba esibire al Giudice il registro delle carte e quello che lo stesso Notaio ha redatto in forma pubblica, e sia obbligato a lasciarlo fino a quando, ad opera del Giudice, non sarà passato in giudizio. E dopo che la causa è stata definita e terminata in modo perentorio, lo stesso Notaio debba assegnare tale registro e lasciarlo al Notaio dei signori Regolatori, consegnandolo nella Apoteca o ‘Per i Regolatori’ del Comune di Fermo. Inoltre il detto Notaio della causa sia obbligato e debba ogni volta che sia necessario e ci sia in qualche modo un dubbio su tale registro o su una parte di esso, presentare al Giudice la sfilza e gli atti originali integralmente, gratis e senza alcuna mercede, sotto la predetta penalità da riscuotere da lui, sul fatto, per ciascuna volta in cui sia stato trasgredito. Inoltre ciascuno di questi notai sia obbligato a scrivere tutti i singoli giorni e le ore utili e in quelle in cui il Giudice, sotto il quale egli scrive gli atti, siede per render giustizia. Invece il salario di questi notai sia tale, cioè anzitutto per la relazione della semplice cedola di citazione, fatta dal Balivo, abbiano quattro denari e se siano stati citati molti in una sola cedola, abbiano quattro denari per ciascuno; tuttavia in modo che l’ammontare non ecceda quattro soldi. Per la presentazione di una contumacia <abbiano> otto denari e se i contumaci siano stati molti, abbia quattro denari per ciascuno, oltre il primo; tuttavia in modo che l’ammontare non ecceda quattro soldi. Per una licenza concessa al Balivo che dia la tenuta nella contumacia della parte, se l’ammontare sia di 20 soldi o meno; <abbiano> denari dodici e se sono molti in una sola cedola, <abbiano> quattro denari per ciascuno, oltre il primo; in modo che non ecceda sei soldi. Da e oltre 20 soldi, fino a 100 <abbiano> due soldi e quando in una sola licenza sono in molti, dodici denari per ciascuno, oltre il primo, in modo che non ecceda otto soldi. Da 100 soldi sino a 10 libre, <abbiano> quattro soldi e quando sono molti, quattro denari per ciascuno, oltre il primo, in modo che non ecceda 10 soldi. Da 10 libre fino a 50, <abbiano> 10 soldi. Da 50 in su fino a 100, sei soldi. Da 100 fino a 1000 due soldi per centinaio. Da e sopra 1000 libre, per qualunque ammontare, o estimo, 40 soldi e non oltre. Tuttavia per le scritture registrate nei loro registri, tuttavia non invece nelle cedole soltanto avute, ricevano le dette somme, cioè quattro soldi per ogni foglio o carta. E questo foglio o carta abbia lo scritto almeno in 50 linee o trattini e ciascuna linea debba contenere almeno sedici vocaboli. E qualora la scrittura sia stata più breve oppure più prolissa sempre si paghi secondo la rata <parte>. Non si faccia, invece, il pagamento nel detto modo per i precetti fatti contro i <rei> confessi dopo il secondo decreto definitivo con sentenze delle cause civili tanto principali quanto di appelli primari e secondari; ma sia faccia in modo diverso cioè per un precetto fatto verso un <reo> confesso, se l’ammontare non ecceda il valore di 100 soldi ricevano dodici denari dalla parte; qualora però fosse maggiore ma non ecceda 25 libre <abbia> due soldi; se in realtà sia stato maggiore, ma non superi 50 libre, soldi tre; da qui, in su fino a 100 libre, soldi quattro. Qualora però sia maggiore, di qualsiasi ammontare o estimo, ricevano, per ciascun centinaio, dodici denari, purché non ecceda la somma di 20 soldi. Per il secondo decreto ricevano la metà di quello che sotto si dirà riguardo alla sentenza definitiva. Per una sentenza definitiva, poi, in una causa civile principale, se il valore non ecceda la somma di 100 soldi riceva da ciascuna parte tre soldi. Qualora poi sia di maggiore somma, ma non ecceda 10 libre riceva da qualsiasi parte soldi quattro. Se però l’ammontare sia maggiore ma non ecceda la somma di 25 libre, riceva 5 soldi da ciascuna parte. Se poi l’ammontare sia maggiore ma non ecceda 50 libre riceva da ciascuna parte otto soldi. Se poi fosse di ammontare maggiore ma non ecceda 200 libre riceva da ciascuna parte 20 soldi. Qualora poi sia di ammontare maggiore, ma non ecceda 500 libre riceva da ciascuna parte 30 soldi. Se poi sia di maggiore ammontare ma non supererà 1000 libre riceva da ciascuna parte 40 soldi. Se abbia superato le 1000 libre e di qualsiasi ammontare o valore sia stato, riceva da ciascuna parte da e sopra 1000 libre soldi 10 per ogni migliaio purché non ecceda la somma di libre 20. Qualora qualcuna delle parti fosse contumace non per questo, tuttavia, si riceva dalla parte presente più di tutti i detti casi.  E questi salari siano sufficienti riguardo alle sentenze e per queste, tanto per una sola persona oppure siano molte le persone in tale causa, da qualunque parte. Nelle cause poi di appello, ricevano per una sentenza definitiva, da scrivere e da registrare <il notaio> riceva soltanto secondo la predetta ragione, quanto deve ricevere per una sentenza definitiva di una causa principale. Inoltre <il notaio> per ogni foglio del registro, in una causa di appello, riceva quattro soldi nel modo e nella forma descritti sopra nel disporre gli altri atti che riguardano la sentenza definitiva di secondo decreto di precetto verso un <reo> confesso. Tuttavia, altri pagamenti da fare per gli atti o per le scritture nelle cause, pagamenti che non sono disposti o stabiliti né qui né in altro statuto, si facciano secondo le Costituzioni generali della Provincia della Marca.

       3 Rub.23I Notai siano stati iscritti nel Collegio o Matricola.

   I Notai o i segretari di notai, se non siano stati iscritti nella matricola dei Notai della Città di Fermo, e precedentemente già approvati nel pubblico Collegio, in nessun modo osino né presumano di fare istrumenti pubblici né qualche rogito di qualsiasi contratto, o testamento, né scrivervi né registrare. Chiunque, invece, abbia trasgredito, sia punito, sul fatto, ogni volta, con 25 libre di denaro. E nessuno Notaio della Città o del contado di Fermo osi né presuma di scrivere, registrare o pubblicare in qualche altro luogo, o registro o quaderno di alcuna persona, né a richiesta di qualcuno, i contratti o i rogiti dei quali egli sia stato richiesto; ma soltanto nel proprio bastardello (registro di minute), o nel registro, nel quale i notai sono soliti scrivere e registrare le loro scritture, sotto la pena di 50 libre di denaro, sul fatto, da riscuotersi per il fatto stesso, ad opera di qualunque officiale dinanzi al quale sia stato denunciato. E tale contratto non abbia validità per il diritto stesso e non abbia alcun vigore di stabilità, e < chi trasgredisce> possa essere accusato da chiunque, e l’accusatore abbia la quarta parte della condanna e sia tenuto segreto, e ciò abbia validità per il futuro.

       3 Rub.24Le scritture (abbreviature) e i protocolli dei Notai.

   Decretiamo che qualsiasi Notaio della Città e del distretto di Fermo per autorità del Podestà o del suo Giudice, del Capitano o del suo Giudice, abbia validità a pubblicare e a redigere nella pubblica forma tutti i singoli protocolli, gli atti e le scritture di qualsiasi Notaio morto, assente, o infermo, a richiesta di colui a cui interessa. E se in tali scritture o nei protocolli si trova questa parola “etc.” <et cetera> quel Notaio possa estendere la scrittura o il detto protocollo secondo come il Notaio che ha scritto tali cose fu solito fare la stesura o registrare per una cosa simile; se, al contrario, non si trova qualcosa che sia simile a quello, allora si faccia la stesura secondo la consuetudine comune degli altri notai della Città. Precisamente qualsiasi cosa così sarà stata copiata, pubblicata o scritta ottenga validità pienissima, nonostante alcunché altro contrario. Decretiamo anche che se in qualche protocollo o in qualche istrumento si trovi erroneamente scritto l’anno del Signore M.ccc. mentre doveva scriversi trecentesimo o se qualcosa di simile al Giudice sembri scritto erroneamente scritto cioè M.ccc al posto di quello scritto esattamente o per cosa simile, si faccia concordare l’anno con l’indizione contenuta nell’istrumento o nel protocollo; un errore o una dimenticanza non abbiano a viziare il premesso istrumento o il protocollo o altra qualunque scrittura non sono in alcun modo; anzi, nonostante tale errore, e neanche per qualche statuto o nonostante un diritto, esso ottenga pieno vigore di prova e faccia stabilità. Vogliamo inoltre che qualora nei protocolli o nelle scritture di un Notaio defunto, assente, o malato non si trovino le parole: “io tale Notaio …” eccetera oppure non si trovi la sua sottoscrizione mentre tuttavia al Giudice consta che tale scrittura o protocollo furono stati scritti per mano del detto Notaio defunto o assente ed a provare ciò basti la sola asserzione con giuramento di due notai della Città da scegliersi ad opera del Giudice, tali protocolli o scritture abbiano validità e ottengano piena stabilità, purché tuttavia non vengono a mancare le altre cose sostanziali. Inoltre decretiamo che se in qualche quaderno o in un bastardello (minuta) di qualche Notaio, cioè in principio o in qualsiasi altra parte si trovino scritti gli anni del Signore, le scritture e i protocolli successivi di mano dello stesso Notaio nei quali non ci sia esistano gli anni, si intendano fatti sotto l’anno e il millesimo < dell’atto> che precede. Le scritture poi che precedono tale anno e millesimo, se in esse non c’è un altro millesimo nel precedente, si intendano fatte nel millesimo immediatamente precedente e a motivo di ciò vogliamo che non si siano viziate in nulla. Inoltre decretiamo che se in un protocollo, in una scrittura, in un quaderno, in un bastardello, o foglio si trovino qualche contratto, testamento, o altre cose con scrittura di mano del detto Notaio, oppure non scritta di sua mano, ma che sia sottoscritta di mano di questo Notaio, tale contratto, testamento o scrittura pertanto siano considerati come se fossero stati scritti di mano del Notaio che li sottoscrive e con tutta pienezza abbiano validità e siano stabili e pertanto non è valido che sino viziati. E tutte le singole cose dette prima, abbiano vigore anche nelle cose presenti e passate e future o non decise in altri modi da sentenza o transazione e per quelle abbandonate. Vogliamo inoltre che i notai chierici o anche presbiteri possano fare rogiti di qualunque contratti, di ultime volontà o di altri qualsiasi atti e le scritture di questi abbiano fede <di certezza> come per gli altri notai, nonostante che siano presbiteri o chierici. Inoltre decretiamo che tutti i singoli notai che hanno i protocolli di un Notaio già defunto siano obbligati e debbano, sotto penalità di 50 libre di denaro per ciascuno, a fare l’inventario di tutti i protocolli del defunto e debbano consegnarlo al Notaio del Collegio dei notai, o nella Sacrestia dei Frati Predicatori. E in questo inventario siano posti, almeno, i nomi di quelli che fanno i contratti o fanno le disposizioni di altro modo, e segnati l’anno del Signore e il giorno.

       3 Rub.25Gli instrumenti già pagati da restituire.

   Se qualcuno abbia avuto un istrumento o un protocollo di qualche debito o credito, dopo fatto il pagamento o la remissione del debito o del credito che vi è contenuto, sia obbligato, su richiesta del debitore di quella volta, a rendere tale istrumento o protocollo a lui o a chi lui ha dato l’incaricato, entro 10 giorni da calcolare dal giorno in cui si è fatto il pagamento o la soddisfazione o la remissione, senza alcuna cancellazione, se sia stato richiesto, a meno che in esso non siano contenuti diversi contratti o scritture. E il creditore sia obbligato, su richiesta del debitore, di farne fare la cancellazione, a spese del debitore. Qualora tuttavia il creditore abbia smarrito tale istrumento o protocollo, il creditore sia obbligato a sue spese a fare un istrumento di quietanza per il debitore sul debito che gli è stato restituito o del quale è stato appagato, in modo che il debitore si mantenga indenne, e inoltre  prometta a lui che qualora l’istrumento perduto sarà pervenuto nelle sue mani o avrà avuto la facoltà di fare restituzione di esso, lo restituirà al debitore; e quando chiaramente questo creditore sia stato scoperto che egli tiene presso di sé tale istrumento, dopo <fattone> tale pagamento o la detta soddisfazione e dopo i detti 10 giorni, sia punito sul fatto a 10 libre da dover dare al debitore e nondimeno, di fatto, sia obbligato a riconsegnare l’istrumento <al debitore>. Inoltre decretiamo che qualora il debitore abbia dato un fideiussore o abbia dato un pagatore principale, il creditore dopo fattogli il pagamento o la soddisfazione del debito, sia obbligato a farne remissione e liberazione entro i 10 giorni successi, sotto pena di 25 libre di denaro, per metà al Comune e per l’altra metà a colui a cui dovette essere restituito il documento delle cose da pagare. Inoltre se qualcuno, contro qualcuno di fronte a qualche Giudice o arbitro nella Città o nel distretto di Fermo, si sia servito di qualche istrumento <di credito> dopo il pagamento e la soddisfazione del debito contenuto in questo istrumento o dopo fattane la quietanza,  quando chiaramente ciò sia stato constatato per mezzo di testimoni o per mezzo dell’istrumento di quietanza o remissione, colui che se ne sia servito in tal modo sia punito, sul fatto, <al pagamento> di quel tanto che già pagatogli, con falsità chiedeva che gli fosse pagato nuovamente, e per metà <penalità> sia per il Comune e per l’atra metà per colui contro il quale sia stato presentato l’istrumento. E le dette cose abbiano vigore per quelle passate, per le presenti e per le future. Si fa salvo per ciascun creditore che possa usare l’istrumento per quello che sia rimasto da pagare; e si fa salvo che la pena del presente statuto non abbia vigore se non quando si facesse la richiesta consapevolmente agli eredi e successori universali o singoli. Inoltre qualora qualcuno <creditore> abbia ricevuto una parte del debito, sia obbligato, sotto pena di 10 libre di denaro, a richiesta del debitore, a fare quietanza al debitore di quello che ha ricevuto, e questo abbia vigore anche nelle cose passate e nelle future.

       3 Rub.26La rivalsa del fideiussore contro il principale.

   Se qualche cittadino o abitante nella Città, o nel distretto di Fermo, o fuori <di questo>, abbia prestato garanzia, per un motivo qualunque, per qualcuno in un processo, e abbia pagato a posto di lui, il Podestà e il Capitano, e i loro Giudici, chi di essi fosse interpellato su ciò, dopo che ad opera di questo fideiussore sia stata data la fede legittima su tale pagamento, sia obbligato e debba costringere in modo effettivo e personale, anche mettere in carcere il principale, quando lo richiedano il fideiussore o gli eredi suoi o successori di costui, dopo aver rimosso ogni opposizione o proroga, senza libello (citazione)senza contestazione della lite, senza giuramento di calunnia, in modo semplice e calmo, senza rumore e senza parvenza di giudizio, sul fatto e senza alcun processo, affinché soddisfaccia e paghi al fideiussore, o ai detti eredi o suoi successori, per ciò che così sia stato pagato, e soddisfaccia per i danni, per le spese e per gli interessi. E allo stesso modo contro gli eredi, i successori di tale principale si proceda come sopra. E i beni dello stesso principale siano ipotecati e tacitamente obbligati a vantaggio per tale fideiussore, per i suoi eredi o successori, e per le cose già dette. E ogni vendita sui detti beni del fideiussore che egli abbia emanata ad opera del Sindaco del Comune, o di un altro, in occasione di detto pagamento; e ogni consegna data al fideiussore o agli eredi e successori suoi in pagamento sui detti beni, abbiano stabilità valida.

      3 Rub.27 Gli arbitri e i conciliatori.

   Gli atti degli arbitri, sia dei laici, sia dei chierici, con atti scritti o in qualunque forma siano stati pubblicati e fatti, rimangano stabili e decisi, purché tuttavia il compromesso sia sopravvenuto su ciò o il compromesso sia stato fatto giuridicamente e di fatto nel fare la procedura, e soltanto fatto giuridicamente nel dare la sentenza, ossia sia avvenuto di fatto soltanto oppure di diritto soltanto nel fare la procedura, e di diritto nel dare la sentenza. E permettiamo che davanti a questi arbitri si faccia appello, entro 5 giorni dopo la loro approvazione. Su coloro che fanno da conciliatori e da compositori amichevoli, che esaminano e concludono in base alla forma loro di compromesso, invece decretiamo che le loro decisioni di arbitri e le composizioni possano ridursi a un atti di arbitro come buono uomo, tuttavia dopo che su ciò sia stata presentata una semplice richiesta, senza rumore, né parvenza di giudizio, e senza processo alcuno, in qualsiasi tempo, <di raccolta> di messi, di vendemmie, e in altri giorni non lavorativi, anche improvvisi, e per quanto e nel modo, in base alla forma del loro compromesso, i conciliatori e i compositori amichevoli potevano esaminare e concludere. Pertanto abbia validità il richiedere queste riduzioni entro il quinto giorno dopo la composizione fatta, o dalla pubblicazione del lodo, ovvero dell’arbitrato, tanto di fronte al Giudice delle cause civili, quanto di fronte al Giudice d’appello, calcolando dal giorno dell’informazione ovvero della notifica. Tuttavia dopo passata questa scadenza, senza che sia stata fatta la richiesta di riduzione, questa composizione, il lodo, ossia l’atto di arbitro siano validi, stabili e considerati come giusti, equi, e si presuma che la parte che non chiese questa riduzione entro la detta scadenza, abbia rinunciato espressamente e con chiara consapevolezza riguardo all’iniquità e al dolo di detti atti di arbitro e della composizione e che in seguito non sia ascoltata in alcuna cosa contro la composizione e l’atto di arbitro già detti. Inoltre decretiamo e vogliamo che qualora due arbitri, o conciliatori assunti, fossero in discordanza, si possa assumere un terzo con la loro comune concordia. Se però non concordassero nello scegliere il terzo, allora ad opera del Podestà o del Capitano o di qualcuno della loro Curia, siano costretti a eleggere colui che essi stessi abbiano voluto, ovvero il Podestà o il Capitano lo eleggano. E quindi colui che è assunto ossia eletto come terzo, in uno dei detti modi, abbia potere di fare la sentenza, il lodo e l’arbitrato, come se fosse stato assunto, scelto o nominato dalle parti stesse con il loro comune consenso. Precisamente, la detta riduzione debba essere terminata ad opera del Giudice di fronte al quale essa sia stata richiesta, entro quindici giorni dopo la richiesta fattane. E dopo trascorsi questi giorni, rimanga valido il predetto arbitrato, se la riduzione non sia stata terminata. E, quindi, i detti arbitrati, gli atti di conciliatori, o le composizioni e le sentenze si mettano in esecuzione, secondo la forma data per l’esecuzione delle sentenze. E gli arbitri o i conciliatori e i compositori amichevoli siano obbligati e debbano ultimare, investigare, e portare a conclusione i loro atti di arbitri, o di conciliazioni e di ‘lodi’, entro 30 giorni continuativi dal giorno di accettazione da essi fattane. Vogliamo inoltre che qualora capiti che qualcuno di questi arbitri si assenti e verosimilmente avvenga che non possa ritornare entro un mese, ovvero quando nel compromesso è prevista la proroga per un certo breve tempo, cosicché non è verosimile che l’arbitro assente possa ritornare, entro la scadenza posta nel compromesso per ultimare la causa, allora il Giudice costringa e debba costringere la parte che ha scelto tale arbitro assente a sceglierne un altro, sul fatto e in modo sommario. E questo tale così scelto sia considerato surrogato al posto di chi è assente e sia pertanto come se fosse stato eletto sin dal principio e gli atti o le cose fatte per opera sua abbiano piena stabilità.

       3 Rub.28I compromessi da farsi fra congiunti.

   Se ci fosse qualche questione o controversa tra alcuni che siano stati vicendevolmente congiunti per consanguineità o affinità fino al terzo grado incluso da calcolare secondo il diritto canonico, il Podestà e il suo Giudice a richiesta di una qualsiasi parte, o di un altro qualsiasi richiedente, siano obbligati e debbano spingere le parti di questi così congiunti a dover fare un compromesso e a dover fare un compromesso generale di diritto o di fatto nel fare la procedura e nel sentenziare, presso qualcuno o presso alcuni congiunti o presso amici comuni che dovranno essere scelti da loro insieme e, costringendo costoro come sembrerà opportuno ai già detti, in modo reale e personale alle cose predette, entro 5 giorni successivi dopo che sia stata fatta la richiesta, sotto pena di 100 libre di denaro a tale Rettore o Giudice, sul fatto, da prelevare nel tempo del sindacato. E tali arbitri o conciliatori amichevoli siano obbligati ad accettare <l’incarico per> questo compromesso entro i tre giorni successivi dal giorno quando siano stati eletti, o nominati, o assunti e poi siano obbligati a terminare e ultimare del tutto entro un mese continuo da calcolare dal giorno della accettazione fatta. Da qualsiasi Rettore ovvero Giudice possano essere costretti a fare ciò e abbia validità e siano obbligati a richiesta di qualsiasi parte, sul fatto, in modo personale e reale. E qualora fossero discordi si proceda all’elezione di un terzo come contenuto nello statuto precedente. E i loro ‘lodi’, le sentenze o gli arbitrati e le composizioni possano ridursi all’arbitrato di un buon uomo e abbiano validità in tale modo, come si contiene nello statuto immediatamente precedente. Aggiungiamo inoltre al presente statuto e allo statuto precedente sugli arbitri che se entro i detti 30 giorni non abbiano concluso per mezzo di una sentenza la causa compromessa a loro, in qualsiasi modo, l’istanza del compromesso sia cancellata, e non possano agire per nulla ulteriormente su questa causa, se la volontà delle parti non abbia aggiunto per il compromesso altro maggior tempo <proroga>. Dopo trascorso questo tempo questa istanza sia annullata, come sopra. E gli arbitri che non abbiano fatto la conclusione entro questa scadenza, non debbano ricevere dalle parti nessun salario, né comodo. E qualora lo abbiano ricevuto siano obbligati a restituirlo alle parti, sotto pena del doppio, da esigersi su di essi, sul fatto, ad opera di un officiale del Comune. E il presente statuto abbia vigore nelle cose passate, nelle presenti e nelle future, purché siano cose non decise né ultimate per mezzo di una sentenza. E la detta causa compromessa che non sia stata terminata per mezzo di una sentenza entro il tempo <di scadenza> non possa avere ulteriore compromesso, se non sia avvenuto per volontà delle parti e nessuna parte possa essere costretta a fare il compromesso, nonostante lo statuto detto sopra che dichiara che i consanguinei siano costretti a fare un compromesso, a cui espressamente deroghiamo nel caso detto prima.

       3 Rub.29La divisione di beni comuni.

   Decretiamo e ordiniamo che chiunque in una comune eredità o in base ad altro motivo di una cosa comune non abbia voluto restare o tenere <in comunione> e abbia chiesto la divisione, il Podestà, e il suo Giudice, il Capitano e il suo Giudice che ne sia stato richiesto, per la petizione o per la requisizione di qualsiasi erede o socio, sia obbligato e debba costringere in modo reale e anche personale l’altro coerede o socio, uno solo o molti, a dover fare la divisione, in modo sommario, semplice e calmo, senza rumore, né parvenza di giudizio, senza il “libello” <citazione>, senza contestazione della lite, senza giuramento di calunnia, a motivo della sola semplice petizione fatta su ciò negli atti. E il Rettore o sia il Giudice che ne sia stato richiesto, sotto penalità di 500 libre di denaro, sia obbligato entro 20 giorni continui dal giorno di tale richiesta, a portare a scadenza tale affare; e ciò dopo che al Giudice sia risultato, per sola informazione avuta su ciò, che quella cosa è ereditaria o è comune in altro modo. Tuttavia i pupilli e gli adulti <tutelati> non possono richiedere la divisione se non con l’autorità dei tutori o dei curatori. Inoltre non c’è validità di potere provocare i propri fratelli minori o fratelli minori a 14 anni a fare qualche divisione se non dopo che hanno chiesto su ciò la licenza al Giudice e l’abbiano ottenuta e il Giudice ha potere di concederla se gli sembrerà opportuno. E in qualsiasi caso di divisione da dover fare, il <fratello> maggiore nel tempo <età> sia obbligato a fare la divisione e fare le partizioni congrue in tempo. E il minore <in età> abbia la scelta di prendere e scegliere <per primo>. E qualora insorgesse divergenza sul dubbio della loro età, chi sia il minore, sia lasciato <decidere> all’arbitrio del Giudice. E queste cose siano praticate, nella forma e nel modo, come già detto, riguardo alla divisione da fare. E questo abbia vigore, anche qualora la divisione fosse richiesta tra quelli che tra di loro non fossero vicendevolmente congiunti per consanguineità né per affinità. E le cose dette siano praticate in tale modo quando le parti sono alla pari nel bene indiviso o nell’eredità. Qualora invece tra di loro le parti dell’eredità o del bene non fossero uguali, allora chi ha la parte maggiore sia obbligato a far fare le parti e a dare a colui o a coloro che hanno la scelta minore. Aggiungiamo inoltre su ciò che qualora, per caso, colui al quale capitasse di fare la divisione, come sopra, abbia fatto una divisione non equa né giusta, ma con cattivo inganno o con frode e a danno di qualcuno a cui spettava di prendere una parte, sia lecito allo stesso querelante di fare la divisione paritaria e giusta, se egli lo voglia e lui prenda.

       3 Rub.30I muri in comune da farsi insieme.

   Se qualcuno avesse avuto l’abitazione accanto all’abitazione di un suo vicino, interclusa fra lui stesso e tale vicino, con assiti di legno, o con una parete con canne, o con vimini o con cose simili; e qualcuno di loro abbia voluto fare un tramezzo fra loro stessi, a richiesta di chi vuole fare il tramezzo, l’altro vicino sia obbligato, entro due mesi dalla richiesta di fare il tramezzo o di farlo fare, di altezza almeno tanto quanto tale paratia sia stata estesa; purché le spese fra le due parti non eccedano la somma di 10 libre di denaro e per di più, il vicino non sia un povero. Sia inteso inoltre l’essere povero se i suoi beni non valgano oltre 100 libre di denaro. I Rettori <del Comune di Fermo> siano obbligati a praticare questo statuto.

       3 Rub.31Coloro che hanno alberi in (un terreno) altrui e gli alberi che portano un impedimento al vicino.

   Se qualcuno abbia avuto un proprio albero sul suolo di un altro, il padrone dell’albero sia obbligato a vendere tale albero al padrone del suolo, e quello, a sua volta, sia obbligato di comperarlo ad un giusto prezzo da dichiararsi concordemente da due vicini da scegliere. Parimenti se qualcuno sopra il terreno del vicino abbia avuto un albero che porta ombra o un ostacolo per il vicino, sia obbligato a potarlo e tagliare i rami pendenti sopra il terreno del vicino, affinché non porti ostacolo. E la stessa cosa per un albero al confine o posto su una via con ostacolo per il vicino o sovrastante per l’altro. Inoltre se qualcuno, di qualsiasi età o sesso, abbia avuto qualche cuneo di terra di misura di un modiolo e mezzo, o di un numero minore accanto a questo da due parti, sia costretto di vendere a chi tale terreno è adiacente in modo migliore, e costui, a sua volta, sia obbligato a comperare ad un giusto prezzo da dichiararsi concordemente da due vicini da eleggersi concordemente. E questo non abbia vigore qualora qualcuno abbia il cuneo di terra vicino per sessanta canne alla Città o al Castello, oppure se vi abiti con tutta la sua famiglia. Inoltre questo statuto non abbia validità contro coloro che fanno tali cunei di terra, astutamente in frode di questo statuto, vendendo una parte del terreno affinché diventi un cuneo di terra. I chierici, tuttavia abbiano validità a servirsi del beneficio di questo statuto in qualunque modo.

       3 Rub.32 Le società, le colleganze e le cose comuni, e la ricerca di queste stesse.

   Se qualche Cittadino o abitante del distretto Fermano abbia fatto ovvero intrapreso qualche colleganza o un contratto di società o di colleganza con qualcuno per quanto riguarda le merci e sulle merci da trasportare per mare ovvero per terra, colui che abbia ricevuto tali merci, entro quindici giorni dopo che sia giunto alla Città di Fermo sia obbligato a far rendiconto con colui che abbia dato in tal modo le merci da trasportare, e a riconsegnare a lui i denari dovuti e le cose effettivamente, secondo le convenzioni loro, escludendo ogni contestazione. E chi riceve, a richiesta di colui che dà, sia costretto a praticare l’osservanza di queste convenzioni, in modo sia reale che personale e qualora abbia trascurato di eseguirle sia punito a 25 libre, sul fatto e per ciascuna volta. E tutti i Rettori della Città siano obbligati e debbano ad esaminare le questioni, e le cause da trattare su ciò, in modo sommario, semplice e calmo, senza rumore né parvenza di giudizio e a concluderle entro 30 giorni continui, sotto penalità di libre 100 di denaro <da prelevare> dal loro salario. Inoltre se qualcuno che sia andato al trasporto o al percorso, vi sia morto o, impedito in altro modo, da non aver forza di ritornare, e abbia consegnato alcune cose ad alcuni suoi soci o corrieri, questi soci o corrieri, o anche gli altri già detti sopra, siano obbligati, in qualsiasi modo queste cose siano pervenute a loro, senza essere interpellati e senza ritardo a riconsegnare, di fatto, tali cose ai successori del morto o dell’impedito, o a quelli che siano rimasti nell’abitazione di lui, entro 30 giorni dopo che siano tornati in Città; tuttavia dopo aver ricevuto idonea cautela dell’indennità e del pagato.  E le cose dette abbiano vigore anche per tutte le riconsegne di tutte qualsiasi le cose, fatte tra i mercanti Fermani fuori dalla Città e dal distretto di Fermo. E ogni Rettore e Giudice della Città, come detto sopra, per tutte le singole cose, proceda, faccia indagine e porti a conclusione e decida e anche faccia condanne, sotto la penalità già detta e di questa penalità una metà sia del Comune e l’altra metà sia per la parte. Inoltre decretiamo che i fratelli e i soci che hanno beni comuni, facendo crediti e debiti, possano anche qualcuno tra di loro stessi, a nome suo e dei fratelli e dei soci, per l’autorità del presente statuto, fare richieste ai debitori ed riscuotere, sia che l’istrumento del debito compaia, sia che non <compaia>, e sia che uno solo sia o non sia procuratore dell’altro, purché tuttavia a tale debitore o a tali debitori, con idonei fideiussori, si dia cauzione dell’indennità e di quanto pagato da avere per opera dell’assente, a giudizio di uno saggio tra gli stessi: E le cose dette abbiano vigore quando molti fratelli o soci siano contenuti in solo istrumento, o contratto, affinché quello che è stato fatto per mezzo di uno solo, ovvero con uno solo, debba valere come firmato e accettato tramite un altro. E chi è assente in nessun modo valga che si metta contro ciò che sia stato fatto tramite tale fratello o socio. Aggiungiamo alle cose dette sopra che se qualcuno abbia ricevuto una qualche consegna e sia andato e l’abbia portato oltre il mare, cioè oltre il Golfo, debba avere la quarta parte dal guadagno di questa consegna, e chi abbia ricevuto questa consegna debba andare e anche tornare, tutte le volte a spese di questa consegna, cioè il vitto per se stesso e il vitto per un unico servo, e a queste spese debba contribuire chi riceva questa consegna per la rata parte delle sue mercanzie e delle altre cose che egli porterà in questo percorso a meno che non sia stato concordato qualcos’altro tra le parti. E questo abbia validità nelle cose future e affinché sia placato ogni argomento di tafferuglio e risplenda la verità, decretiamo che ogniqualvolta ci fosse una questione tra due mercanti o tra altri operatori o tra altri chiunque, e tra questi si muovesse il dubbio su alcune cose date e su cose ricevute da una parte e dall’altra, e ad opera di una delle parti già dette si chiedesse che sia reso pubblico o che si esibisca il registro in cui stesse scritto l’affare tra di loro, allora il Giudice costringa e debba costringere il tale che ha il registro e gli eredi suoi ad esibire questo registro, in modo reale e personale, tralasciando ogni solennità giuridica; purché consti che il tale contro cui si fa la richiesta, ha questo registro. E se il far fede non si può avere in altro modo si chiarisca per mezzo di un giuramento, deferendo a tale disposizione il giuramento per dire se abbia presso di sé il registro sulle cose dette.

       3 Rub.33Le emancipazioni dei figli.

   Decretiamo che debbano essere fatte le emancipazioni dei figli dinanzi al signor Podestà, o al Capitano ovvero al Vicario di qualcuno di loro, nel Palazzo della loro residenza. E quelle fatte in un modo diverso, per lo stesso diritto, non reggano.

       3 Rub.34I tutori.

   Per provvedere i tutori decretiamo questo, che qualora un padre chiaramente abbia disposto nel testamento o con qualunque altra sua ultima volontà, i tutori a favore di un suo figliolo o dei suoi figlioli, quelli scritti o disposti stiano come tutori, e siano preferiti agli altri legittimi e assegnati. E questi tutori siano obbligati a soddisfare in modo idoneo, se pure la fiducia per loro è approvata dal testatore stesso. La madre pure abbia la potestà di ordinare i tutori per il figlio impubere o per i figli nel suo testamento o con altra ultima volontà, qualora i pupilli non abbiano il padre <vivente>. E ciò quando i beni del figlio o dei figli non abbiano valore più che 100 libre. Si pervenga ai tutori <dati> per legge quando manchino i tutori ordinati, detti sopra, nel testamento o con altra ultima volontà, si giunga ai tutori per legge in questo modo, cioè vogliamo infatti che la tutela sia data alla madre, poi, secondo un ordine, alla nonna, e queste siano considerate per legge e preferite ad altre e ad esse siano assegnati e vogliamo che abbiano a gestire da sé la tutela. E ciò quando i beni del pupillo, o dei pupilli non superano 100 libre. Se invece valgono sopra 100 libre, allora la madre o la nonna, secondo l’ordine, stia come tutrice insieme con il più idoneo parente del pupillo o dei pupilli senza che la prossimità sia tenuta in considerazione, ma soltanto dopo aver verificato l’idoneità. Se invece la madre o la nonna non ci fossero, con questo ordine si pervenga ai legittimi tutori: il Giudice, fatta la ricerca di legittimi tutori, ordini quel tutore fra essi, considerando soltanto che sia idoneo, senza che sia tenuta in considerazione la prossimità. Chi è stato così ordinato sia costretto dal Giudice a prendere la tutela per gli opportuni rimedi. Qualora invece non ci siano tutori per legge, allora il Giudice col consenso dei signori Priori e del Vessillifero di giustizia, dopo aver fatto l’indagine fra i buoni uomini idonei, uno o molti, come a lui sembrerà meglio, decida i tutori e comandi e costringa colui o coloro ad assumere la tutela per gli opportuni rimedi. E il Giudice mandi in esecuzione le dette cose sia per dovere del suo officio sia anche per la richiesta di chiunque. In realtà prima che i tutori mettano mano all’amministrazione, facciano l’inventario di tutti i beni, delle cose, e dei debiti e dei crediti del pupillo, in buona fede e senza frode; e facciano le altre cose, per le quali sono obbligati per legge, entro 10 giorni, dopo che i tutori siano stati assegnati. Qualora invece la tutrice, madre o nonna, abbia voluto passare a seconde nozze, allora si pervenga ai tutori legittimi, se esistono; altrimenti poi si pervenga a <tutori> assegnati, dopo aver rispettato il modo e la forma indicati sopra. Se qualcuno invece abbia voluto dispensarsi dalla tutela, abbia la facoltà di ciò entro otto giorni continui, da calcolarsi dal giorno della nomina e della disposizione, entro i quali abbia portato prove in modo perentorio e preciso per la sua dispensa, e debba averla provata con effetto. Queste dispense, tuttavia debbano essere considerate legittime con la consapevolezza e la disposizione del solo Giudice, e nonostante, in qualsiasi modo, una disposizione del diritto Comune circa queste cose.

       3 Rub.35I pazzi, gli squilibrati, i dissipatori, i muti e simili <minorati> e i loro curatori.

   I muti, i sordi, coloro che sono di mente diversamente sana debbano avere i curatori per lo meno per le cause. In realtà senza impedimenti essi stessi amministrino i loro affari e i beni da sé, non invece i curatori anzidetti. Invece i Giudici della Città aventi la giurisdizione, con diligente indagine a favore dei pazzi furiosi e dei mentecatti o per quelli che soffrono di una debolezza di mente e anche per i dissipatori palesi, stabiliscano i curatori degli affari e dell’amministrazione dei beni e per le cose da farsi. Infatti questi curatori, dando idonei fideiussori, o un fideiussore e per mezzo del giuramento debbano badare all’esercizio degli affari degli anzidetti, in modo fatto bene, fedelmente e legalmente, e debbano farsi le cose utili e le cose inutili debbano evitarsi, e le altre rimettersi a posto; facendo salvo sempre che la verità abbia vigore in un processo e fuori di esso. E se qualche persona, anche non parente per qualcuno di costoro che rimangono sotto il curatore, abbia esposto una lamentela a qualche Rettore o Giudice perché un curatore di qualcuno di costoro abbia commesso o commettesse una frode, una colpa, o una negligenza nella stessa curatela, tale Rettore o Giudice in modo sommario, semplice, calmo, senza rumore e senza parvenza di giudizio, e tralasciata anche ogni solennità giuridica, si informi riguardo a ciò. E avendo avuta la sola fede della cosa e la verità contro tali curatori, sul fatto, debba rimuovere costoro dalla curatela. Inoltre per tali curatori ci sia e venga stabilito quel salario che al Giudice che sembrerà che sarà giusto.

       3 Rub.36 Le prescrizioni.

   Tutti i singoli cittadini o abitanti della Città di Fermo, o del suo contado o del suo distretto, che abbiano tenuto e posseduto qualche cosa per lo spazio di un triennio senza contestazione, siano sopra a ciò sicuri per l’usucapione. Se qualcuno invece abbia tenuto e posseduto una cosa mobile o immobile, sia per sé, o fra lui stesso e i suoi gestori, per lo spazio di 20 anni continui senza titolo, purché tuttavia senza lite né contestazione, sia sicuro per la prescrizione del detto tempo e sia considerato, per l’autorità di questo statuto, come il vero padrone e possessore di tali cose. Inoltre se qualcuno abbia posseduto una qualche cosa immobile, senza lite né controversia, per il tempo di 10 anni, con giusto titolo fra i presenti, anche tra di lui stesso e i suoi agenti, sia sicuro per sempre sopra a ciò. E le cose anzidette o qualcuna delle anzidette, i sopra detti statuti, neppure qualcuno di essi rivendichino efficacia per quanto riguarda le cose ecclesiastiche, o pertinenti alle chiese, o contro le persone ecclesiastiche, o altrimenti privilegiate per diritto riguardo alle prescrizioni, oppure contro i pazzi furiosi o mentecatti, in nessun modo rivendichino efficacia per loro. Inoltre anche contro i minorenni, o contro gli assenti dalla Città di Fermo o dal suo distretto per una causa credibile o per un motivo di necessità, ma al contrario tutto il tempo della minore età e della predetta assenza venga detratto dalle dette prescrizioni, e venga considerato come non fosse trascorso. Qualora qualcuno invece, per il futuro abbia posto sotto obbligo <ipoteca> qualche debito, ossia l’abbia avuto ‘obbligato’ e non abbia richiesto tale debito, dal giorno in cui il contratto sia stato fatto entro 20 anni, o in altro modo nel frattempo per opera del debitore non fosse stato conosciuto, da quel momento in poi tale debito in nessun modo possa essere richiesto, e servirsi la scrittura fatta sopra di esso non abbia validità; ma per l’autorità della presente legge si debba intendere che il debito sia stato legittimamente pagato dal debitore. Inoltre se qualcuno abbia avuto o fatto fare qualche istrumento di debito o abbia fatto oppure abbia fatto redigere una scrittura privata scritta con mano del debitore e firmata, o non firmata da tre testimoni, e il debitore vivente in esso indicato, non abbia richiesto in tribunale il debito indicato nel contratto o nella scrittura entro 10 anni, da calcolarsi dal giorno del contratto di tale debito, tale contratto e tale scrittura, che entro il detto tempo durante la vita del debitore non sia stata mandata in esecuzione né richiesta in tribunale, successivamente, non possa essere mandata in esecuzione contro gli eredi o i successori del debitore deceduto, né da allora si possa fare azione o chiedere qualcosa riguardo a ciò. In realtà le dette cose non abbiano valore in nessun modo contro i minorenni, contro i pazzi furiosi o i mentecatti o contro gli assenti per un motivo credibile o di necessità, né contro le persone ecclesiastiche privilegiate per legge in altro modo. Inoltre le dette cose, ed ognuna di esse che recano le dette mete delle prescrizioni negli istrumenti di garanzia non rivendicano validità per sé, se non alla fine dopo trascorsi 20 anni fra i presenti e trent’anni fra gli assenti, dal giorno della stipula del contratto. Trascorsi questi anni come sopra, i detti contratti di garanzia siano assolutamente prescritti, e si abbiano e si intendano come cancellati o nulli, anche quando siano stati fatti con giuramento; e per questi e per altri contratti il giuramento non impedisca le prescrizioni. Scadute queste prescrizioni, il Giudice non possa dare esecuzione a tali contratti, pena di 10 ducati d’oro da pagarsi sul fatto per il Comune di Fermo, e da prelevare a questo Giudice e agli altri officiali che agiscano nell’esecuzione, per ciascuno e per ogni volta. Inoltre mossi per una somma eguaglianza vogliamo e con l’autorità della presente legge decretiamo che per tutti e qualsiasi i tempi di qualsiasi usucapione o della prescrizione decorsa o passata, al tempo della tirannide di Rainaldo da Monteverde, cioè dal 3 settembre dell’anno del Signore 1376 fino al giorno incluso 25 del mese di agosto dell’anno del Signore 1379, siano detratti, e tolti di mezzo e siano per l’autorità di questa legge dal tempo  dell’usucapione e della prescrizione già detta e si intenda restituito e da allora ci sia tanto tempo quanto passò nel detto tempo della tirannide del già detto <tiranno>. Aggiungiamo inoltre che i patrocini e i salari degli Avvocati e dei Procuratori si possano chiedere e riscuotere entro un triennio; e trascorso il triennio siano prescritti e coloro che li richiedono non siano ascoltati in alcun modo. Inoltre gli operai o i salariati che vengono assunti a giornata, e per lavoro giornaliero, debbano chiedere la mercede o il salario loro entro un anno, dal giorno dell’opera o del lavoro fatto, completato e dato dagli stessi operai. Inoltre similmente i servitori o i cottimisti che vengono assunti a mesata o per un tempo maggiore, siano obbligati e debbano chiedere e riscuotere la mercede o la paga degli stessi entro due anni prossimi futuri, dopo scaduto il tempo della loro assunzione; e trascorso detto tempo stabilito, come sopra, per detti operai, salariati, servitori e cottimisti da allora per l’autorità della presente legge si prescrivano e siano cose prescritte per lo stesso diritto. E così per il resto su ciò, in nessun modo o via, i detti operai giornalieri, i servitori o i cottimisti possano agire o chiedere contro i loro patroni o conduttori, ma ai già detti la via di poter ulteriormente chiedere <tali cose> e di agire <in tribunale> sia completamente preclusa.

       3 Rub.37Gli acquirenti di un bene stabile.

   Se qualcuno abbia acquistato un bene stabile e abbia tenuto questo stesso bene e l’abbia posseduto egli stesso o i suoi eredi ovvero i successori per se stessi, ovvero nel tempo computato insieme contemporaneamente del suo promotore ovvero predecessore, senza controversia per 10 anni continui da calcolare dal tempo dell’acquisto e della presa di possesso in modo pacifico e sereno, senza lite, né controversia; tale cosa non possa essere richiesta né portata via, né revocata a lui, né ai suoi eredi o successori, per un pretesto, un’occasione, una causa, o per un aspetto che di questa cosa prima sia stata fatta una donazione, una vendita, una cessione o un qualsiasi altro contatto ad opera del venditore stesso a un altro cittadino, o a uno del contado o del distretto o a un forestiero, nonostante le parole scritte in tale primo contatto cioè che stabilisce che egli possiede quella cosa a titolo precario di acquirente, di donatario, o di contraente in altro modo, oppure con altre qualsiasi parole o atti simili o equipollenti. Inoltre se qualcuno abbia venduto, donato o ceduto in altro modo ovvero alienato qualcosa prima ad uno solo o ad alcuni, in seguito ad un altro o ad altri, si intenda che costui siano preferibili <possessori> colui o coloro che all’inizio per primi hanno raggiunto il possesso vero e reale di questo bene, non invece quelli che hanno avuto il possesso finto o precario soltanto. E la disposizione di questo statuto abbia e ottenga vigore in tutti i singoli casi di questa rubrica ed anche attribuisca il diritto e l’effetto sia quando colui che possiede, e vuole difendersi, sia quando, per qualsiasi caso o modo, sia venuto meno dal possesso e voglia fare l’azione per ottenere questa cosa ovvero il possesso. E questo statuto abbia vigore per le cose presenti, passate e future.

       3 Rub.38Le cose acquistate pubblicamente oppure dai pirati.

   Inoltre se qualche Cittadino o un Fermano abitante del contado , o un abitante nel distretto di Fermo, abbia comperato da qualche persona forestiera una cosa mobile, visibilmente o pubblicamente, proprio di giorno, non di notte, e in un luogo non sospetto, e abbia affermato, comprovato che egli ha pagato il prezzo, anche detto con suo giuramento che egli  non aveva saputo che tale cosa fosse stata sottratta con un furto, anche se tale cosa sia stata ottenuta  da tale compratore, quello che la tiene non sia obbligato restituire il prezzo, a meno che al Giudice per qualche motivo non sia sembrato diversamente. Se qualcuno poi abbia comperato una cosa mobile o semovente da armigeri o da mercenari, o da pirati, o da corsari, e per caso si presentasse qualcuno che fosse il signore padrone di detta cosa, allora e in tal caso il compratore di questa cosa sia obbligato a restituire detta cosa e perda il prezzo pagato nell’acquistare la cosa già detta.

       3 Rub.39 – Non ci sia alcuno che soccomba in una causa civile a motivo di una richiesta non valida.

   Decretiamo ed ordiniamo che in seguito nessuno sia costretto a rendere pubblica un’azione <in tribunale> con qualche richiesta, o con un “libello” (citazione), ma chi ha competenza proponga soltanto il fatto adatto a chi di competenza per la causa; e a motivo nullità della richiesta, o per la richiesta non valida, nessuno soccomba.

        3 Rub.40I contratti falsi da reprimere.

   Se qualcuno abbia ricevuto qualche bene del valore di oltre 100 soldi o alcuni beni o una parte di questi a causa di una donazione fra vivi, o a causa di una morte, o come premio per una emancipazione, o a motivo di una vendita, o per un qualsiasi altro contratto o per qualunque titolo lucrativo fra vivi, per sua opera, oppure non lucrativo, ad opera sua o per mezzo di un altro, sia quando l’istrumento sia stato stipulato su ciò, sia che non <stipulato>, ed egli dopo morto il tale abbia manifestato che egli ebbe tale titolo su tale cosa ovvero sui beni e li abbia avuti e posseduti nel tempo della vita di quello sino alla morte <di lui>.

Tale contratto o titolo su tale cosa tale cosa ovvero beni, per l’autorità di questo statuto non abbia alcuna validità; a meno che dinanzi al Podestà, ovvero al suo Giudice, o davanti al Capitano, o davanti al Giudice di costui, il quale è consapevole e si è accertato di colui che si dice abbia fatto tale contratto o titolo abbia mostrato e insinuato e fatto pubblicare e abbia fatto mettere la firma in detto contratto o istrumento fatto su ciò tramite uno dei notai di detto Podestà o del Capitano. E non giovi a chi riceve tale contratto o titolo il fatto che colui che lo scrisse abbia fatto la confessione di possedere oppure abbia stabilito se stesso a possedere a nome precario di quello o di possedere in altro modo, neppure che abbia ricevuto tale cosa o tali beni in gestione, ma piuttosto gli sia necessario di aver raggiunto il possesso vero e corporale durante la vita di colui che abbia fatto tale titolo o il contratto ed anche necessiti che l’abbia occupato al tempo della morte del tale stesso ovvero di averlo ad opera sua propria o dell’erede di quello, altrimenti qualunque cosa sia stata fatta in modo diverso non abbia validità per il diritto stesso.

       3 Rub.41L’alienazione dei beni dei Minorenni.

   Le vendite, le donazioni, le alienazioni, i condoni, le cessioni, le quietanze, altresì le transazioni di tutte le cose, azioni, ovvero diritti, che gli adolescenti debbano fare in età minore di 25 anni, sotto qualunque forma, titolo, contratto, concetto di vocaboli non abbiano, né tengano validità in altro modo, se non è intervenuto su ciò il giuramento corporale di questi minorenni e se ivi la presenza e l’espressione del consenso di almeno due dei più prossimi consanguinei, se esistono non siano state presenti o intervenute, , oppure, quando essi non esistono, se non ci sia stato il consenso di almeno di due dei più prossimi affini di sesso maschile, se esistono, oppure del sesso femminile di 25 anni o più, considerando questa consanguineità o affinità da parte di coloro che pretendono essere tali consanguinei o affini soltanto dal giuramento; oppure qualora non ci sono tali consanguinei o affini, la presenza, l’autorità del Giudice, e l’assenso di due del vicinato di questi minorenni siano del tutto pienamente sufficienti. Debbano intervenire anche il consenso e l’autorità del curatore di questo adolescente minorenne, se abbia avuto un curatore. Qualora invece queste alienazioni o qualcuna di esse fossero fatte da minorenni oda pupilli, allora, e in tal caso, intervengano le dette solennità ed anche il consenso e l’autorità del tutore e del Giudice, sempre e in ogni caso debbano intervenire; e le cose fatte in modo diverso da questi minorenni e dai pupilli non abbiano validità per il diritto stesso e si presumano fatte con inganno ed estorte. Se qualcuno precisamente minore di 25 anni, di fatto maggiore di 14 anni che è riconosciuto laborioso e colui che in altro modo fosse abituato a esercitare pubblicamente il commercio, compiere azioni, esercitare la mercatura, allora a questo minore sia lecito fare tutte le cose al modo come anche chi è maggiorenne e le cose compiute a sua opera, benché abbiano omesso una delle dette solennità, tuttavia non siano annullate.

       3 Rub.42L’alienazione dei beni delle doti.

   Le vendite ossia tutte qualunque le alienazioni delle cose dotali con estimo o senza estimo che il marito abbia fatte non abbiano validità, se non dopo aver praticato le cose scritte qui, cioè che la moglie dia il suo consenso insieme con il consenso di due più prossimi consanguinei per tale vendita ossia alienazione, e lei stessa prometta che la stessa vendita da lei è considera stabile e che la mantiene stabile, e in ogni modo producendo un istrumento su ciò, e del tutto esigiamo che questo istrumento sia prodotto in ogni modo. Vogliamo anche che sia espresso il contraccambio di ciò che la moglie riceve dal marito. E questo cambio al tempo di tale vendita o alienazione, debba essere giustamente buono, un bene come la cosa di dote alienata ossia venduta e un bene immobile posto nella città di Fermo o nel suo distretto. Inoltre qualora il marito abbia venduto, abbia alienato o abbia ipotecato qualche bene obbligato a sua moglie ovvero ipotecato per cosa di dote o come la dote della moglie, tale vendita, obbligazione o alienazione non abbia validità né obblighi in altro modo se la moglie non abbia consentito e lei stessa non abbia giurato di considerare ciò <essere> stabile e inoltre, al tempo del consenso e del predetto giuramento, altrettanti beni rimangano al marito, tali che siano sufficienti in modo idoneo per la restituzione della dote alla moglie e per i creditori del marito di lei. Quando tuttavia tutte queste tutte singole cose non siano intervenute, non c’è validità nel generare un danno né alla moglie né ai suoi eredi o successori. Sia lecito tuttavia ad una moglie di alienare o obbligare i suoi beni dotali per una necessità sua o anche del marito o dei figli e di questa necessità si faccia legalmente la costatazione e <sia lecito> anche alienare e obbligare i beni in uso anche se non sussistano né una causa né una necessità ed anche senza cambio alcuno. Inoltre sia lecito alla moglie consentire a suo marito che faccia l’alienazione o l’ipoteca delle cose dello stesso marito, ipotecate per questa moglie per la dote, quando per suo marito e per i figli dello stesso suo marito siano imminenti una urgente necessità e una causa e di queste si dia informazione legalmente al Giudice; tuttavia ci sia il consenso di due consanguinei più prossimi di tale moglie che debbano consentire alle dette alienazione o obbligazione, se essi esistono, altrimenti di uno <di questi>, o qualora non esista alcun consanguineo, siano pienamente sufficienti su ciò il consenso e l’autorità del Giudice e anche l’autorità e il consenso del curatore che va dato a lei  su ciò quando la moglie sia maggiorenne. Quando tuttavia la moglie sia minorenne per ottenga la pienissima validità, intervenendo il giuramento di lei stessa e la insinuazione negli atti insieme con il consenso dei predetti consanguinei. Quando, in realtà, tali consanguinei di questa moglie non esistono, l’autorità del Giudice insieme con il consenso del curatore che le va dato abbia pienissima validità e sia sufficiente su ciò in tutti i singoli detti casi. Inoltre decretiamo, ordiniamo, e aggiungiamo alle cose già dette che la moglie possa vendere le cose dotali e le cose che ha in uso e le cose obbligate per le doti a lei; e le sia lecito dare consenso a suo marito che fa la vendita, anche senza alcun cambio e senza alcun’altra solennità degli statuti e senza la presenza dei consanguinei, qualora ci sia imminente una necessità urgente per il marito suo e per i figli suoi e anche per se stessa e di questa necessità si faccia informazione al Giudice e se il Giudice abbia dichiarato che esistono la necessità e la causa e che è necessità legittima e necessaria e che esiste il motivo di vendere ovvero di dare il consenso, allora questa moglie venda e consenta validamente senza che sia richiesto altro. E il contratto celebrato da lei in questo modo raggiunga la piena stabilità di vigore.

       3 Rub.43 Gli sponsali, il reddito dello sposo, il beneficio della sposa, e sotto l’amministrazione di chi la sposa e i suoi beni siano governati.

   Dato il fatto che alcuni carichi di spese per i contratti degli sponsali sono sostenuti dallo sposo, decretiamo e ordiniamo che quando sia che capiti che gli sponsali siano stati contratti tra maggiorenni in un settennio, seppure la sposa sia senza padre, lo sposo, dal giorno del contratto di sponsali, abbia completamente il lucro di tutti i singoli frutti della dote convenuta o costituita. Decretiamo inoltre che qualora la sposa non abbia avuto il padre, ma sia governata sotto un tutore, oppure abbia bisogno di un tutore, seppure lo sposo abbia il padre, tutta la tutela della stessa sposa sia devoluta a suo suocero, cioè al padre dello sposo completamente, e le cose e tutti i singoli beni di questa sposa, per autorità di questa legge, siano a lui affidati e vengano scritti in un inventario. E per la confezione di questo inventario, debba esserci e intervenire la presenza di un Giudice insieme con la presenza di due dei più prossimi consanguinei di questa sposa, se esistano, oppure con uno solo. Qualora invece lo sposo non abbia avuto il padre, i beni della stessa sposa siano amministrati completamente dallo sposo suo, se egli sta in età maggiore di 20 anni, dopo per sia stato fatto l’inventario, per sua opera, come sopra. E se sia capitato che si dissolveranno gli sponsali tra essi stessi, non siano tenuti, per lo meno, né il padre dello sposo, né lo stesso sposo al rendiconto dei frutti né dei proventi della detta dote, almeno in alcun modo, piuttosto vadano completamente per il guadagno dello sposo a motivo degli oneri che gli è capitato di sopportare, come già detto.

       3 Rub.44La restituzione delle doti nuziali.

   Qualora chiaramente un matrimonio sia stato dissolto, a causa della morte della moglie, dopo che il matrimonio era stato contratto con le dichiarazioni a parole in presenza e con il mutuo consenso, quand’anche non sia stata eseguita la copula carnale e non ci siano stati figli né figlie comuni, il marito lucri la metà della dote, e sia obbligato a restituire la restante. E qualora chiaramente questo marito non abbia ricevuto la dote, ma questa gli sia stata promessa e convenuta, possa chiedere e ottenere la metà di tale dote da chi l’ha promessa o dal suo erede. Per l’altra metà tuttavia una moglie per sua volontà possa far testamento. Il marito, o qualcuno a suo nome, non sia in nessun modo costretto a restituire le cose che sono state date soltanto per il conto o per l’arredo, ma faccia lucro di queste, nonostante tutti qualsiasi i patti dotali, o le leggi che esprimano il contrario. Qualora una moglie morendo abbia lasciato soltanto figli e figlie, avuti da un precedente matrimonio, il marito chiaramente faccia lucro della terza parte della dote e di tutto il conto e l’arredo; e sia obbligato a restituire completamente le restanti due parti. E il marito, oltre le dette cose, il marito non possa avere, tenere o chiedere se non soltanto la terza o metà parte sui beni e sulla dote della moglie, in occasione di qualsiasi patto intercorso fra loto e avere il conto, cose notate sopra.

 E contro queste terza o metà parte, la moglie non possa aggiungere nessun gravame tra i vivi, neppure nell’ultima volontà. E non abbia alcuna validità che si rinunci al presente statuto né in alcun modo valga fare il contrario, quand’anche si apponesse un giuramento, e qualora si facesse diversamente non abbia validità in nessun modo. E quando una moglie sia morta prima di suo marito,  avendo lasciati figli e figlie comuni, questo stesso marito non sia tenuto a restituire nulla della dote o del conto; ma i figli comuni, prima i maschi e, quando questi non ci siano, le femmine, abbiano queste cose, nonostante qualsiasi patto espresso in un istrumento dotale e nonostante che sia avallato anche con un giuramento in cui si contiene che se ci saranno stati i figli e se siano morti entro un dato tempo, e nonostante qualunque modo, né altro patto. E queste cose abbiano validità e riguardino le cose passate, le presenti e le future che non siano state decise per mezzo di una transazione o con una sentenza o non ci sia pendente una lite. Invece quando sia avvenuta la morte di una moglie <che ha avuto due matrimoni> ed ha lasciato i figli da entrambi i matrimoni, cioè dal precedente e dal successivo, qualora morisse, la sua dote e quello che resta del conto siano divisi e distribuiti, come sopra, tra i figli maschi oppure tra le femmine, in modo uguale, secondo le teste (persone) del precedente e del successivo matrimonio. Sia lecito tuttavia alla stessa moglie, nei detti tre casi, a piacere di sua volontà <testamentaria>, di disporre dei detti conto e dote, cioè della terza parte, per la sua anima, nonostante qualsiasi patto dotale posto in un istrumento e neanche per donazione a motivo delle nozze; questa cosa non valga in nessun modo a pregiudicare questa disposizione. E si pratichi la stessa cosa per una vedova. Qualora invece sia capitato che il matrimonio sia stato dissolto a motivo della morte del marito, anche se la dote sia stata in denari o in cose mobili o semoventi, allora gli eredi del marito o chiunque altro che sia da contattare per la restituzione della dote e del conto, abbia un anno calcolando dal giorno della morte del marito, per fare tale restituzione e non oltre; e nel frattempo, lei sia nutrita dagli eredi del marito, nel modo che sembrerà giusto a un Giudice. Qualora precisamente la dote sia stata in beni stabili ossia immobili allora entro quindici giorni da calcolare come sopra si faccia la restituzione di questa dote. E in questo caso il conto tanto con l’estimo fatto tanto non fatto, non possa richiedersi riguardo alla cosa oppure all’estimo, se non almeno quello che resterà al tempo della morte del marito, a meno che il prezzo del conto sia stato computato in dote. E la moglie non possa chiedere nulla, qualora dopo la morte del marito siano rimasti i figli comuni, per il vigore del patto di donazione a motivo delle nozze contenuto nell’istrumento dotale. Qualora, al contrario, non siano rimasti i figli comuni, allora la moglie possa chiedere e abbia secondo il patto convenuto. Vogliamo anche e ordiniamo che dopo dissoluto il matrimonio a causa della morte del marito, la moglie non possa avere, tenere, chiedere né lucrare nessuna veste nuziale e da ornato, ma soltanto vesti di uso quotidiano, oppure debba avere quelle di lutto con riguardo alla qualità delle persone. Inoltre la moglie, oltre le cose già dette sopra, nulla possa chiedere, tenere né lucrare sui beni del marito.

       3 Rub.45Le ultime volontà.

   Tutti i singoli testamenti scritti di mano di un notaio pubblico e legale, che hanno quattro testimoni in Città, e soltanto tre testimoni invece nel contado, senza calcolare nel numero dei testimoni il notaio, quand’anche i testimoni non siano richiesti, per l’autorità di questa legge, siano considerati e siano del tutto pienamente validi ed autentici e siano mandati in esecuzione ad opera di ciascun Rettore e Giudice della Città, come aventi le solennità e ogni sostanza del diritto e abbiano validità a che si agisca per il loro vigore e abbiano conseguenze e siano difesi, tuttavia a condizione che colui che fa il testamento sia abile a fare testamento secondo il diritto comune. Inoltre quando nel detto testamento si sia fatto un lascito di qualcosa, a qualsiasi titolo di lascito, omettendo il diritto di istituzione, per il figlio o per la figlia o per altri discendenti o anche ascendenti ai quali debba essere fatto un lascito secondo il diritto Comune per diritto di istituzione, nondimeno tale testamento abbia validità e permanga né valga che sia annullato né invalidato, con un pretesto e in nessun modo, ma si possa agire per il supplemento, qualora sia stato lasciato meno delle cose legittime. Inoltre quando qualcuno abbia fatto il suo testamento di fronte a cinque testimoni nella Città e quattro soltanto nel contado, anche non richiesti, che siano maschi e maggiorenni senza eccezione, vogliamo ed ordiniamo che questo testamento o ultima volontà che ha la prova dei detti testimoni pertanto abbia validità e resti e sia messo in esecuzione, come è stato detto sopra riguardo al testamento redatto nella forma pubblica, come fosse stato adibito per questo il numero legittimo dei testimoni e tutte le altre legali solennità vi fossero presenti. Inoltre quanto si presentino due o più testamenti di una stessa persona vogliamo che sempre l’ultimo che è stato redatto e questo prevalga sul precedente, anche in qualcuno dei modi già messi o scritti come già detto, nonostante che quella che è stato fatti anteriormente abbia anche una qualsiasi forma che lo ha solennizzato e sia avallato con giuramento, e quandanche vi siano state scritte e poste parole derogatorie in qualsiasi forma. Vogliamo i inoltre che i testamenti, i codicilli, o le donazioni a causa della morte e tutte quante le altre ultime volontà che riguardino i pii lasciti scritti di mano del notaio e contenenti i nomi di due testimoni anche non richiesti, abbiano del tutto piena validità e restino e siano messi in esecuzione, come fossero stati avallati con ogni solennità di diritto e avallati in forma sostanziale legalmente. Inoltre i codicilli e qualunque altra ultima volontà prima del testamento ossia scritti dopo dal notaio e contenenti i nomi di tre testimoni maschi, o anche non scritti dal notaio ma comprovati con quattro testimoni maschi, abbiano validità e vigore. Inoltre le donazioni per causa di morte, con la prova di tre testimoni di numero, abbiano del tutto piena validità e fermezza come se vi fossero presenti tutte le solennità di legge. Inoltre decretiamo che se qualcuno abbia scritto di propria mano un testamento, i codicilli, una donazione a causa della morte o altra qualunque ultima volontà, benché tale scrittura non si giovi di testimoni firmatari e neppure delle cose contenute in tale ultima volontà e neanche di un notaio e non abbia neppure le solennità né le forme sostanziali di legge, neppure contenga l’istituzione di un erede, nondimeno abbiano del tutto piena validità e vigore e siano messe in esecuzione secondo il loro tenore e contenuto. E questo testamento prevalga su qualsiasi altro fatto in precedenza quantunque avallato anche con il giuramento solenne o anche contenente qualsiasi parole derogatorie, purché che il giudice abbia la costatazione, o per mezzo di testimoni o con una prova idonea, che il testamento, i codicilli, la donazione a causa di morte o qualunque altra ultima volontà, già detti, sia scritto o siano stati scritti di mano di colui che ha fatto il testamento o i codicilli o che abbia formulato l’ultima altra sua volontà; e il giudice per suo officio, anche senza  un ordine né qualsiasi solennità, abbia potere valido di ricevere la fede di tale cosa e la prova, badando soltanto alla verità. Vogliamo anche che dopo aperto un testamento per la consanguineità del postumo, i legati e le cose fedecommesse particolari che in esso sono contenuti abbiano validità e restino. In generale decretiamo però che i Rettori della Città e i loro giudici deputati alle cose civili, cioè chiunque di questi sia stato richiesto su ciò, siano obbligati e debbano mettere in pratica e far praticare e mettere in esecuzione le ultime volontà già scritte sopra, anche qualsiasi altre volontà ordinate, in modo sommario, semplice e calmo, senza rumore né parvenza di giudizio. Aggiungiamo inoltre che i testamenti, i codicilli e qualsiasi altre ultime volontà redatte nel tempo della pestilenza e ordinate se hanno la prova di tre testimoni degni di fede, abbiano validità e permangano di pieno diritto come tutte le solennità e le forme sostanziali del diritto tanto civile, quanto municipale, fossero state usate, nonostante qualsiasi altre cose che agiscano in contrasto.

       3 Rub.46Le eredità, e i legati fatti all’ospedale di Santa Maria della Carità, e all’operaria di Santa Maria dell’Episcopato, e ad altri ospedali.

   Molte e innumerevoli cause incidono sui mortali e a motivo di queste, gli uomini non possono mantenere perennemente le cose che posseggono e per la grande moria passata proprio nell’anno del Signore 1349, molte e diverse persone che volevano scrivere i loro testamenti, i codicilli o le ultime volontà, hanno cessato di avere una possibilità di giurisperiti, anche di notai che scrivono i testamenti, i codicilli, le ultime volontà in occasione della detta morìa. Pertanto decretiamo e ordiniamo che ogni ultima volontà di chi è morente che sia comprovata almeno tramite due testimoni, anche non richiesti, e ogni testamento, codicillo e ultima volontà ossia qualunque altra scrittura fatta di mano del testatore, con o senza i testimoni, ovvero di mano di qualunque Notaio, e in questi <atti> venisse trovato qualche legato ovvero eredità, puramente ovvero senza condizione, o risultasse che ne è erede l’ospedale di Santa Maria Novella della Carità o i suoi poveri o qualche altare da dover fare o fatto in questa chiesa di Santa Maria, o risulti  un legato fatto a questa chiesa su qualsiasi beni, denaro, cose; e per mezzo di questa scrittura di mano propria dello stesso testatore o per opera di qualunque Notaio, nonostante che non ci sia la solennità del diritto o non potesse avere giuridicamente la validità per la mancanza delle solennità del diritto, purché, per qualcuno dei detti modi, si veda la volontà del testatore e di colui che da disposizioni di ultima volontà, ovvero in presenza di due testimoni, da quando sia stata presentata la scrittura di mano propria di chi ha scritto il testamento o di qualunque altro Notaio, ogni Giudice che ha giurisdizione su questo testamento, codicillo o ultime volontà, dopo aver visto e letto oppure dopo accolti questi almeno due detti testimoni, metta in esecuzione la pia volontà del testatore, in maniera sommaria, semplice, con calma e senza rumore né parvenza di giudizio, anche di fatto. Essi facciano fare la restituzione con efficacia, per mezzo dei detti modi o di qualcuno di essi, o in qualunque altro modo, a favore di questo ospedale e per i suoi poveri da parte di tutti qualsiasi coloro, fossero pure <persone> della detta Fraternità <di S. Maria>, i quali possedessero o tenessero i beni, il denaro o le cose del defunto che ne faceva disposizione durante quel tempo di forte moria, ovvero ne fossero possessori e detentori dopo. E abbia validità e stabilità e ottenga la piena stabilità del diritto e del vigore la scrittura su qualsiasi beni, denaro o cose, scritta di mano propria del testatore, anche di mano di qualunque Notaio, fatta nel detto tempo della morìa, nelle modalità del testamento, del codicillo o di qualsiasi altra volontà a favore di questo ospedale e per i suoi poveri, nonostante qualsiasi cosa posta sotto un titolo sui testamenti, o nonostante ogni altra cosa posta sotto altri titoli sul diritto Canonico e Civile che si esprimano in contrasto con le cose qui dette o contro qualcuna di queste. E le cose qui dette non siano da intendere per le cause e questioni decise e determinate. Vogliamo che le cose qui dette abbiano valore nelle cose presenti, in quelle passate e nelle future. E quello che qui sopra è stato detto riguardo all’Ospedale di Santa Maria della Carità, la stessa cosa diciamo e decretiamo per la chiesa di Santa Maria dell’Episcopato di Fermo e per ogni altro ospedale esistente nella Città e nel distretto di Fermo.

       3 Rub.47I legati fatti a favore dei luoghi pii o per scopi pii.

   Le cose donate con lasciti a favore di chiese o per altri luoghi pii, o per qualsiasi persona per motivi pii, di cui si abbia la constatazione per mano di un Notaio pubblico, o per mano di chi fa il lascito, o chi fa disposizioni nella ultima volontà a favore di scopi pii, come già detto, anche se tale ultima volontà non contenga né testi sottoscritti, né altri; purché tuttavia risulti che la scrittura è stata scritta di mano di quel tale, o è stata fatta in quel modo che sopra viene scritto nel titolo “La fede da avere sulle ultime volontà”, che l’ultima volontà sia di mano del testatore, oppure altre ultime volontà. Riguardo alla fede da avere che l’ultima volontà sia di mano di colui che faceva testamento, ovvero l’altra ultima volontà di chi ordine e di chi concede. I Rettori e i Giudici delle cause civili della Città di Fermo siano obbligati e debbano essere obbliga a fare che si soddisfaccia e che queste siano mandate ad esecuzione entro 10 giorni continui dal giorno della presentazione dell’istrumento dinanzi ad essi, e dal giorno dell’indagine fatta sopra a ciò, a meno che entro i detti 10 giorni una difesa legittima o con prove non sia stata allegata né provata sopra a ciò. Quando al contrario, non risulti, né per mano di un Notaio pubblico, né per mano di colui stesso che faceva il lascito, ma in modo diverso riguardo a tali lasciti, oppure si abbia constatazione su questi lasciti o si dica che ci sia la constatazione oppure viene affermato che risulta diversamente, la causa sia da muovere su ciò entro 20 giorni continui, pur omettendo tutte qualsiasi le formalità degli statuti e della legge, e sia assolutamente ultimata. E si intendano e siano gli stessi statuti, in tutto e per tutto nei lasciti donati per la costruzione e la riparazione dei ponti, e siano così.

       3 Rub.48 L’obbligo di fare l’inventario.

   Decretiamo e ordiniamo che chi è erede per testamento o senza testamento, sin dal giorno quando sia giunto all’eredità e in essa medesima sia immesso, entro i quindici giorni continui da calcolare, in modo esclusivo, dal tale giorno, faccia l’inventario dei beni e delle cose di debito e di credito di ereditario e dei legati lasciati, cose che siano giunte a sua informazione, anche senza aver chiamato i creditori, i debitori né i legatari, per l’autorità di questo statuto, anche senza intervento di un Giudice o di un Rettore. E chiaramente, dopo trascorsa questa scadenza in qualità di vero erede, sia che abbia fatto questo inventario entro detta scadenza, sia che non l’abbia fatto, sia costretto, per diritto, a rispondere ai creditori e ai legatari e agli altri che vogliono fare accordi con lui, nonostante le già dette leggi né qualcuna di queste o nonostante le costituzioni che concedono maggior tempo per la compilazione dell’inventario o che parlano della dilazione dello stesso inventario. Tuttavia tale inventario, seppure si faccia di fronte ad un Giudice per mezzo di un solo Notaio con la presenza di almeno due testimoni, abbia validità che sia scritto ossia fatto e abbia pienissimo vigore, fatto così. Se al contrario sia fatto altrove, non di fronte ad un Giudice, debbano intervenire, alla sua compilazione, due notai pubblici e almeno tre testimoni e uno di questi notai scriva l’inventario, poi l’altro Notaio si sottoscriva. E tale inventario, per l’autorità del presente statuto, abbia pienissimo vigore. I fidecommissari poi o gli esecutori ordinati e lasciati nell’ultima volontà, o quelli ordinati, o surrogati per mezzo di un Giudice, entro quindici giorni da quando abbiano saputo di essere in tal modo posti, ordinati, oppure surrogati, siano obbligati a redigere l’inventario dei beni del defunto e non osino esercitare per nulla l’officio dato a loro, prima di compilare questo stesso. Entro questi quindici giorni, essi possano rifiutare l’officio medesimo, e dopo trascorsi questi, se non abbiano così rifiutato, siano costretti ad esercitarlo immediatamente e in tutti i modi, e, per disposizione di questa legge, restino a ciò obbligati per costoro che ne hanno interesse.

       3 Rub.49Le successioni a chi non ha fatto testamento.

   Decretiamo e ordiniamo che al fine di conservare il ceppo dell’abitazione, e della famiglia e per il fatto che questi ricevono i nomi e sono conservati ad opera dei maschi, quando, per il resto, sia capitato che qualcuno o qualcuna muoia senza testamento con i figli maschi superstiti, di discendenti oppure di ascendenza o i trasversali consanguinei fino al terzo grado da calcolare secondo il diritto Canonico, le figlie femmine e anche la madre e le sorelle e tutte le altre femmine, tanto di discendenza, quanto di ascendenza e tutte le trasversali (consanguinee), tanto da linea maschile quanto da femminile e tutte le femmine consanguinee e tutti i cognati, sia maschi che femmine, siano esclusi da ogni successione e dall’eredità di colui che muore in tale modo <senza testamento> e tanto dai beni delle successioni e dall’eredità dei datori di doti quanto dei non datori di doti, e questi maschi abbiano la successione. Precisamente le femmine che abbiano la sorte di sopravvivere e quelle che dovevano ricevere per diritto la dote da parte della persona premorta, e quelle che fossero senza dote, abbiano la dote per dichiarazione del Podestà e dei Priori competentemente, facendo attenzione alla qualità delle persone e alla dignità dell’abitazione<casato-famiglia> e alle facoltà del patrimonio, con una informazione extragiudiziale, senza alcun ordine giudiziario. Le femmine non dotate abbiano le cose legittime dalla madre, quando non ci sono figli maschi superstiti, sui beni materni. E quando esistono questi maschi, esse hanno la successione su questi beni per metà delle cose legittime. Riguardo alla dote si pratichi lo statuto, di sopra, sulla restituzione delle doti. E qualora sia avvenuto che a sopravvivere sia la madre di colui che così è deceduto, la stessa madre debba avere la metà parte delle cose legittime sui beni del figlio ovvero della figlia ossia di altri, ovvero di altre discendenti che siano morte senza figli, e, quando la madre non ci sia <viva>, la nonna paterna<abbia> metà delle cose legittime. E in tutti i casi detti precedentemente, il morire senza testamento, si intenda morire senza poter fare testamento in tutti i casi detti sopra, tanto che un minorenne muoia senza poter fare testamento, tanto che sia un maggiorenne, nonostante qualsiasi cosa in contrario per il diritto comune, gli statuti, i decreti e le delibere. Vogliamo inoltre che lo statuto già detto possa essere allegato per fare l’interpretazione sui testamenti e sui discendenti con testamento.

       3 Rub.50L’esecuzione delle sentenze delle cause civili.

   Nelle cause civili, l’esecuzione delle sentenze emanate e promulgate da un Giudice o dai Giudici del Comune di Fermo, dai Consoli dei mercanti, da un arbitro, o da un conciliatore o da qualunque altro officiale che ne ha autorità, quando su di questi non siano stati fatti appello, né reclamo, neppure parlato di nullità, entro le scadenze entro i le quali sia lecito fare l’appello; neppure sia stata fatta la richiesta per la restituzione all’intero, ovvero per la riduzione all’atto di un arbitro di un buon uomo, entro tali scadenze, ovvero qualora entro i detti tempi si siano fatti l’appello, il reclamo, e si sia parlato di nullità oppure si sia chiesta la riduzione o la restituzione; e dal Giudice dell’appello sia stata confermata la sentenza, oppure siano scaduti i tempi decisionali, in modo tale che la prima sentenza rimanga stabile; ad opera dei Rettori o degli officiali del Comune di Fermo si faccia e si debba agire nel modo e nella forma che è scritta qui sotto, cioè dopo che la sentenza è stata prodotta di fronte al Giudice, si faccia la citazione alla parte contro la quale la sentenza sia stata pubblicata, affinché entro il termine di tre giorni in Città, ovvero di cinque giorni nel contado, venga e faccia comparizione di fronte al Giudice per dichiarare, e dimostrare la causa per cui la detta sentenza non debba eseguirsi contro quella. Qualora non faccia la comparizione, entro la detta scadenza, oppure nel fare la comparizione non faccia il contraddittorio, la sentenza venga eseguita in modo reale e personale, a volontà del creditore, e il condannato non abbia udienza fino a quando, secondo la forma della sentenza prodotta, non avrà appagato il creditore. Se precisamente la parte avversa abbia fatto la comparizione e abbia fatto l’opposizione all’esecuzione e abbia chiesto la copia della sentenza prodotta e abbia detto che vuol fare qualche obiezione contro la sentenza, allora gli sia stabilito il termine di cinque giorni per opporsi, per avere e per dare ogni prova che abbia voluto in opposizione a quella. E senza un’eccezione di falsità, di pagamento e di quietanza, e non possa far altre opposizioni, neanche simili. E dopo trascorsi questi cinque giorni, si fa procedura nella causa e al modo come si fa procedura in un istrumento di garanzia, pronunciando la sentenza sia da eseguire o non lo sia, secondo come al Giudice sembrerà che dovrà avvenire di diritto, condannando chi ha prodotto la sentenza, quando queste opposizioni o qualcuna di queste siano state provate, ovvero condannando chi propone queste opposizioni o qualcuna di queste, qualora non abbiano avuto le prove, come contenuto nello statuto sull’esecuzione di un istrumento di garanzia. E chi è stato vinto sia condannato alle spese a vantaggio del vincitore. Aggiungiamo a questo statuto che qualora il Giudice si sia pronunciato per far eseguire la sentenza, contro questo pronunciamento non si possa far appello, né reclamo, né chiedere la restituzione all’intero, né la riduzione con un arbitrato di un buon uomo, né il giudice debba ritardare l’esecuzione per alcuna delle dette cause né per altre qualsiasi, sotto pena di 100 libre di denaro da prelevare a lui nel tempo del sindacato e da devolvere a favore del Comune di Fermo.

       3 Rub.51 – Secondo quali diritti le cause civili e gli affari debbano concludersi.

   Decretiamo ed ordiniamo che i Rettori e i Giudici della città di Fermo, in tutte le singole cause, negli affari civili da decidersi e concludersi, per prima cosa ed anzitutto si attengano e pratichino gli statuti e gli ordinamenti della Città di Fermo; poi nel caso di questi non ci fossero, poi si attengano successivamente, alle Costituzioni generali della Provincia della Marca; e in terzo luogo, in loro mancanza di queste, poi si attengano ed osservino, successivamente, il diritto civile e e comune; e poi, nel caso di mancanza di questo, pratichino il diritto canonico. Mancando tutte queste e singole cose, le consuetudini della Città di Fermo non disapprovate, debbano essere praticate.

       3 Rub.52Le rappresaglie da concedersi.

   Decretiamo e ordiniamo come fare la procedura qualora qualche persona forestiera o una Comunità, ovvero un luogo non sottoposto alla giurisdizione del Comune di Fermo, fossero in obbligo verso un Cittadino Fermano, o verso qualche abitante della Città, ovvero del distretto di Fermo, ovvero verso qualche Comunità della stessa Città, per effetto di un contratto, o quasi, o per effetto di una malafatta, o quasi, o per un’altra qualsiasi causa; o, qualora in qualche terra o in qualche territorio di qualche terra fuori dal distretto di Fermo, sia stato causato un danno a un cittadino Fermano o a un abitante della stessa Città, del contado, o del distretto, o a qualche Comunità della stessa Città, o, qualora ad opera di qualcuno o di alcuni siano state rubate le cose di qualcuno dei predetti, e nella terra, o nel territorio fuori dal distretto e dal territorio della Città di Fermo, dove sia stata contratta o quasi contratta un’obbligazione sulle dette cose, o qualora qualcosa si stata commessa su qualcuna delle dette cose; sia stata negata la giustizia a un Cittadino Fermano o a un abitante della Città, del contado o del detto distretto oppure a una Comunità della stessa Città di Fermo già detta; ad opera del Podestà o degli officiali della terra o del detto territorio, qualora su ciò la querimonia o la querela siano state fatte o proposte ai signori Priori del popolo e al Vessillifero di giustizia della Città di Fermo e quando a questi sia fatta fede o conferma sulle dette cose e riguardo a queste, per mezzo di un testimone idoneo che depone la verità, oppure per mezzo di tre testimoni che fanno una deposizione su ciò riferendo la pubblica voce e la fama, dopo che il tale querelante, o altro a suo nome, abbia fatto di fronte ad essi il giuramento corporale riguardo e sopra le dette cose; si proceda con questo ordine, cioè i signori Priori e il Vessillifero di giustizia, su richiesta del tale querelante, siano obbligati e debbano destinare una lettera al Podestà o agli officiali della terra o del detto territorio, a nome del Comune <di Fermo>, per la restituzione e la degna soddisfazione da fare allo stesso querelante. Quindi questa lettera, qualora la causa o la questione sia stata sulla somma o sul valore di 10 libre o meno di questo, debbano farla una volta soltanto. Dopo che, tuttavia, hanno mandato questa lettera, come sopra detto, se a questi signori Priori o Vessillifero la restituzione o questo pagamento non siano risultati entro la scadenza che abbiano deciso di prestabilire, allora, dopo trascorsa questa scadenza, il Podestà o il Capitano che ci siano nel tempo, nella città di Fermo, entro gli otto giorni immediatamente dopo detta scadenza, per licenza e per volontà dei signori Priori e del Vessillifero di giustizia di questa Città, che ci siano nel tempo, siano obbligati e debbano dare e concedere al tale querelante anzidetto la (rivalsa di) rappresaglie o la licenza di catturare e arrestare le persone e le cose della terra o del detto territorio e degli uomini di questo, fino al degno appagamento dello stesso querelante, per la sorte principale, e per le sue spese e per l’interesse. Quando tuttavia la questione sta stata sulla somma o sul valore che superino 10 libere di denaro, allora, dopo fatta la querela o la querimonia, come sopra, anche dopo fatta la fede, o l’informazione e dopo fatto il giuramento nel modo e nella forma già detti, i signori Priori e il Vessillifero di giustizia, su richiesta del tale querelante siano obbligati e debbano destinare la lettera nel modo e nella forma già detti. E qualora poi entro la scadenza da loro prestabilita, come sopra, non sia risultato a questi che sia stata fatta la degna restituzione allo stesso querelante, allora, scaduto il detto termine, su richiesta del detto querelante, siano obbligati e debbano destinare i loro ambasciatori alla terra o al territorio già detto, e ai Reggenti del luogo, a spese del Comune <di Fermo>, una volta soltanto, come sopra, riguardo e per la restituzione da dover fare. E qualora poi questi ambasciatori non abbiano riferito che la restituzione sia stata fatta in modo idoneo, questi signori Priori e il Vessillifero di giustizia, che ci siano nel tempo, con vincolo di giuramento e sotto pena di 100 libre di denaro per ciascuno, su richiesta del tale querelante, entro gli otto giorni dopo il ritorno di detti ambasciatori, siano obbligati a fare proposte nel Consiglio generale, e in modo speciale sul dover concedere le rappresaglie contro le persone e i beni degli uomini della terra o del detto territorio, per la sorte e per le spese e per l’interesse dello stesso querelante. E qualunque cosa sia stata ottenuta in questo Consiglio, per l’autorità di questa legge, abbia validità e sia messa di esecuzione. E nessun Cittadino Fermano, o del distretto, osi né presuma di difendere in qualsiasi modo per i suoi o in altro modo qualsiasi, le cose degli uomini, della terra o del detto territorio, prese o sequestrate, su richiesta del tale querelante, in occasione di queste rappresaglie; facendo sempre salvi i patti avutisi tra il Comune di Fermo e i Comuni di Ravenna, di Pesaro, di Fano, di Senigallia e di altre terre. In realtà le rappresaglie concesse, una volta, dai signori Priori e dal Vessillifero di giustizia con il consenso del Consiglio generale o speciale o con delibera dello stesso Consiglio, abbiano validità e, rimangano stabili e perdurino. Quelle concesse in altra maniera o in modo diverso siano cancellate, e di nessuna validità, per l’autorità del presente statuto. Tuttavia possano, di nuovo, secondo la forma scritta sopra, essere concesse ed abbiano validità. Per il fatto poi che qualche Fermano o abitante di questa <Città> o del suo distretto, abbia acquistato alcune cose nella città di Venezia o altrove, in contrasto con la forma degli statuti o contro la consuetudine di quel luogo, e pertanto le abbia perdute o queste cose gli siano state rubate, non siano concesse affatto le rappresaglie. Inoltre quando qualche terra riscuota, dai Cittadini o da chi vi abita, o dai Fermani del distretto, qualche tassa del quadrante o del quarantesimo, oppure prenda qualcos’altro in una qualsiasi occasione, nella città di Fermo, altrettanto <denaro> si possa e sia valido prendere da tutti i singoli della stessa terra, in simile occasione. Inoltre qualora in qualche terra sia proibito esportare qualcosa o non si permetta ai mercanti o ai cittadini o agli abitanti Fermani esportarla da questa o dal suo territorio, si pratichi la stessa cosa contro gli uomini della medesima terra nella città di Fermo e nel suo territorio. Tuttavia nel presente statuto aggiungiamo questo e decretiamo che sia immutabilmente praticato che nessuno abbia potere in occasione di fare le rappresaglie di prendere, arrestare o impedire in alcun modo una persona che traporta o fa trasportare le granaglie verso la città di Fermo e neppure osi prendere, bloccare, né impedire le granaglie che sono portate verso o alla stessa Città. Inoltre chiunque ha la concessione di fare le rappresaglie sia obbligato e debba far scrivere in carta pergamena ad opera del Notaio dei Tesoriere tutte le cose che in occasione delle rappresaglie egli abbia preso, abbia fermato, o siano pervenute a lui; e se abbia fatto in modo diverso sia costretto a rendere il doppio di tutto ciò e nondimeno incorra nella pena di 10 libre di denaro da dare al Comune di Fermo, sul fatto stesso. Inoltre tutto quello che in occasione delle rappresaglie sia stato preso o fermato con lettera dei signori Priori o del Podestà o del Capitano o di qualche loro Giudice e in presenza di qualcuno di costoro, dopo tuttavia dopo che ne sia fatta l’asta, possa essere venduto e abbia validità a richiesta di colui a cui sono state concesse le rappresaglie e non in altro modo. Inoltre il Podestà o il Capitano non abbiano potere, né osino impedire qualcuno affinché non faccia uso delle rappresaglie concesse a lui. Inoltre quando qualche Castello o Comunanza o Comunità del distretto di Fermo facesse un’occupazione sulle cose o sui possessi di qualche Cittadino o abitante del contado o abitante di Fermo o fosse ricettatore di vassalli di qualcuno dei già detti, con pregiudizio per qualcuno di questi o in altra maniera prendesse la tenuta dei beni di qualcuno di essi, il Podestà e il Capitano e ciascuno di questi, sotto penalità di 200 libre di denaro, sia obbligato e debba dare e prestare aiuto, consiglio e favore sufficientemente ai detti Cittadino, o abitante di Fermo, o abitante del contado, fino a quando, questi possessi del vassalli o le cose, siano stati liberamente rilasciati e siano riportati alla condizione precedente. E questo capitolo o statuto sia praticato inviolabilmente in ogni sua parte.

       3 Rub.53I signori Priori del popolo e il Vessillifero di giustizia possano applicare tutte le rappresaglie.

   Parimenti decretiamo ed ordiniamo che i signori Priori del popolo e il Vessillifero di giustizia della Città di Fermo, che ci saranno nel tempo, possano e debbano fornire tutte le singole rappresaglie (rivalse) che i cittadini fermani hanno <ottenuto> contro qualsiasi uomini e persone, e possano fare le composizioni con quelli contro i quali le rappresaglie sono state concesse, con il Consiglio e senza il Consiglio, a loro arbitrio e volontà. E ciò egualmente sia inteso per le rappresaglie concesse contro un Comune e gli uomini della Città e del distretto di Fermo, e possano comporre in pace tutte le rappresaglie, in modo che tutti i singoli, contro i quali sono state concesse, possano e debbano venire con sicurezza nella città di Fermo.

       3 Rub.54Le prescrizioni contro gli Ebrei.

   Il Giudeo che ha, o che in futuro avrà qualcuno che di persona abbia obblighi, per qualche debito, per il quale risulta un istrumento con garanzia, oppure senza garanzia, o una ricevuta, o una scrittura fatta di mano dal debitore, o da altro qualunque modo il debito risultasse, e questo Giudeo non abbia richiesto tale debito al già detto suo debitore, dal giorno del contratto del debito, entro cinque anni continui allora immediatamente successivi, o quel debito non sia stato riconosciuto dal debitore nel frattempo, non abbia validità, né possa richiedere quel debito, e sia manchevole ogni azione <giuridica>, e si presuma che dal debitore il debito fosse stato pagato e il debitore sia difeso contro questo Giudeo, per l’autorità della presente legge, della prescrizione di cinque anni. E vogliamo che ciò abbia vigore per le cose passate, presenti e future.

       3 Rub.55Il giuramento degli Ebrei.

   Quando capiti che un Giudeo debba giurare sulla verità sopra qualche lite, causa o controversia, e del giuramento di costui si fosse stato dubitato, in altro tempo, vogliamo, e con questa perpetua legge decretiamo che ogni qualvolta che un Giudeo, o i Giudei dovessero giurare sulla verità da dire, in una causa, lite, o controversia già dette, l’officiale, dinanzi al quale deve essere prestato questo giuramento, comandi al Giudeo o ai Giudei, i quali debbano prestare giuramento sulla verità da dire, che pongano la mano sopra le scritture ebraiche; e con la mano del Giudeo che deve giurare tenuta sempre sopra queste scritture, il detto officiale dica a questo Ebreo, o Giudeo queste parole, cioè: – “Io tale officiale di Fermo, te, tale giudeo (si dica il nome del giudeo) <s>congiuro per lo nome di Dio del cielo e della terra, Dio d’Israel, per quello Dio, che comandò al popolo suo d’Israel, «Io sono il tuo Dio, che ti trassi di terra d’Egitto, e di casa di servitù, per quello Iddio che ti comandò ‘Non giurare il nome di Dio tuo a falsità, che non magnifica Dio colui che giura il nome suo a falsità’. E se confermerai, o confesserai la verità a le parole ch’io ti dirò, sopra le quali debbi rispondere la verità, giunga sopra de te e sopra li eredi tuoi tutte le benedizioni che furono scritte nei cinque libri della legge che Dio dette a Moisè nel monte Sinai. E se tu pergiurerai e non mi dirai la verità, o prevaricherai al detto giuramento, e alle scritture tue, corporalmente, possano venire e vengano sopra di te e dell’erede tuo e sopra l’erede dell’erede tuo, tutte le bestemmie, le quali si contengono nel registro di Moisè e non cessi da te la gotta, né lebbra, né palo in mano, e non ti perdoni Iddio se prevaricherai al detto giuramento che ti metta da canto a male da tutti li ebrei d’Israel con tutte le bestemmie del patto, che furono scritte nel libro della legge di Moisè. E questo giuramento debbi fare senza alcuno inganno, e non pensi in questo sacramento nessuna malignità, né malizia se non come Dio commise» – E dopo le predette cose sia narrato il fatto sopra il quale si debba dare risposta dal Giudeo: e l’officiale avverta sopra la risposta da farsi, così che la verità chiaramente si abbia.

       3 Rub.56Le cause con tre Giudici.

   Sulle cause dei pupilli, degli orfani, delle vedove, dei luoghi pii e delle miserabili persone, affinché questi pupilli, orfani, vedove, luoghi pii, e persone miserabili non siano danneggiati nei loro diritti e non siano oppressi, né a motivo dei dispendi per litigi si facciano dissipazioni, né queste cause siano tirate alla lunga, decretiamo e ordiniamo che il signori Priori presenti e quelli che ci saranno nel tempo, nella prima istanza delle cause per ogni domanda o richiesta di questi pupilli, orfani, vedove, luoghi pii e persone miserabili o di altri a loro nome, che ricorrono e chiedano difesa nella prima istanza delle cause, siano obbligati e debbano convocare e far convocare di fronte a costoro, il signor Podestà e il suo collaterale e il signor Capitano o il Giudice di giustizia di questa città di Fermo. E dopo che questi sono stati convocati e riuniti di fronte a questi signori Priori e dopo aver preavvertito e chiamato anche le parti che hanno il giudizio, la lite e la causa, questi signori Priori, per mezzo del Cancelliere del Comune, facciano sì che il giuramento sia prestato e comandino, toccando con le mani le Scritture sopra il Messale e il Crocifisso dipinto in questo Messale, queste cause o liti insieme e congiuntamente, entro un mese continuo, in modo sommario, in giorni non lavorativi e lavorativi, senza litigio, senza rumore né parvenza di giudizio, in modo semplice e calmo, dopo aver visto e ispezionato soltanto la verità del fatto, esaminino, facciano indagine e portino a conclusione giuridicamente e decidano, allontanando odio, simpatie, timore, preghiere, venalità, e ogni favoritismo umano; e di fronte a questi signori Priori rechino la sentenza, siano obbligati a recare e render pubblica la sentenza, e debbano, entro il detto mese immediatamente dopo il giorno del giuramento prestato, sotto la penalità di 25 ducati per ciascuno di questi stessi se siano stati negligenti e facessero il contrario. E le parti non possano in alcun modo né valgano a fare appello, reclamare, fare opposizione o parlare di nullità su questa sentenza, nella qualità di ultima e perentoria; ma questa sentenza si intenda che sempre e in ogni tempo abbia stabilità di vigore e abbia esecuzione preparata, e per l’autorità della presente legge, abbia valore e venga eseguita con ogni ordine e omettendo le solennità del diritto, nonostante tutti qualsiasi gli statuti, ordine, le delibere, le costituzioni e le leggi che siano in contrasto. E se questi signori Priori siano stati negligenti nelle predette cose e non abbiano praticato queste cose che sono di competenza del loro officio, incorrono anche nella penalità di 25 ducati per ciascuno di essi stessi, da prelevare nel tempo del loro sindacato, anche da assegnare anche a favore della Camera del Comune di Fermo, e di queste cose si faccia sindacato in modo speciale nel tempo del loro sindacato.

       3 Rub.57Le suppliche riguardanti le cause civili non siano accolte nel Consiglio di Cernita.

   Con questa salutare legge decretiamo che i signori Priori, che ci saranno nel tempo, per le cause civili, non possano, né ci sia validità, che propongano, trattino o deliberino qualche supplica, nelle Cernite, né nelle Delibere e non siano, in alcun modo, accettate le suppliche anzidette sulle dette cause civili, sotto pena 25 ducati d’oro per ciascuno di questi Priori quando trasgredissero, o per ciascun Cancelliere che le leggesse le dette suppliche. Ma queste cause sempre siano rinviate al signor Podestà o al signor Capitano, affinché facciano giustizia.

      3 Rub.58Fare il bando per il debitore contumace.

   Ogni volta che qualche debitore citato secondo la forma dei nostri statuti, sia stato contumace e non abbia dato risposta in un tribunale, da sé, o tramite un idoneo procurator, al creditore o al suo procuratore ad istanza del quale sia stato citato e, ad opera del Balivo del Comune, sia stata fatta al giudice una relazione sul fatto che non è possibile trovare una tenuta sui beni di tale debitore sia sufficiente per la somma chiesta, possa e debba essere messo al bando, se sia piaciuto al creditore o al suo procuratore. E il Podestà e i suoi officiali siano obbligati a fare il bando di questo tale contumace nella somma chiesta. E se egli entro un mese continuo dal giorno di questo bando, abbia fatto comparizione e abbia annullato la contumacia, offrendo un fideiussore idoneo per far sospendere il giudizio e assolvendo il giudicato, e abbia rifuso le spese alla parte attiva, non sia obbligato minimamente al bando. E dopo trascorso il detto mese, non abbia udienza né sia esente dal bando fino a quando non avrà soddisfatto integralmente il debito al creditore, anche le spese. Aggiungiamo che per mezzo di questo statuto non intendiamo derogare a nessuno statuto di questo volume <di Statuti> che dia disposizioni sul modo di fare la procedura contro un reo contumace; ma questi statuti permangano nel loro vigore e si possa fare la procedura al primo e al secondo decreto contro il reo, secondo la forma dello statuto, e non si tolga dal detto bando, né uno per mezzo di altro, fino a quando non avrà interamente pagato il creditore e questo debitore che ha ricevuto il bando possa essere preso e detenuto nella persona e dopo scaduto il termine di questo bando, e non debba essere rilasciato fino a quando, come detto sopra, non avrà pagato.

       3 Rub.59Quando le parti fanno un contratto si debba intendere in fiorini, non invece in ducati né al contrario.

   Decretiamo e ordiniamo che quando le parti facciano i contratti vicendevolmente e fanno promesse una parte all’altra, tra di loro, per una qualche somma di denaro, piccola o grande, oppure esse parlino in fiorini o sui fiorini si comprenda e vogliamo che si intenda su 40 Bolognini di argento. Esattamente <si intenda> riguardo ai ducati di buon oro e di media caratura e non di fiorino gigliato o altro fiorino, a meno che non sia stato detto espressamente tra le parti che non intendono sul ducato ma sul il fiorino gigliato o altro fiorino.

\\\Fine del terzo Libro di Statuti dei Fermani

                                                                 FINE del terzo libro

<Libro 4°>

INVOCATO IL NOME DELLA SANTA E INDIVIDUALE TRINITA’

 IL LIBRO QUARTO DEGLI STATUTI DELLA CITTA’ DI FERMO FELICEMENTE INIZIA

       4 Rub.1Per quali reati o delitti si possa fare la procedura nell’indagine giudiziaria.

   Vogliamo principalmente e decretiamo che da tutti i singoli Rettori e gli officiali presenti e futuri della Città di Fermo e del suo contado e distretto sia eseguito questo, cioè che non osino o presumano investigare o far procedura o intromettersi, insieme o separatamente, né in altro qualsiasi modo, su qualunque tutti e qualsiasi reati o delitti e che siano di qualsiasi specie o genere commessi in qualunque modo e forma, prima dell’anno del Signore 1379 e del giorno 24 del mese di agosto dello stesso anno, né per mezzo di una via o per un modo di accusa, né di denuncia e di investigazione, essi insieme o separatamente; piuttosto riguardo alle dette cose commesse prima dell’anzidetto anno e del detto giorno dell’anno, la facoltà di investigare, far procedura e punire sia a loro preclusa e interdetta completamente. Qualunque cosa, tuttavia, che sia stata fatta in modo diverso o in contrasto non abbia validità per la legge stessa per la disposizione di questo statuto e nondimeno chi trasgredisce o fa trasgredire in qualunque modo incorra nella pena di 1000 fiorini d’oro per il fatto stesso. Riguardo poi alle cose commesse dal detto anno e giorno, in seguito, e sulle cose che si commetteranno nel futuro decretiamo e ordiniamo che il Potestà e il suo Giudice dei reati, insieme o separatamente, abbiano l’ordinaria giurisdizione e il potere e la tutela di far procedura per mezzo di una via e un modo di investigazione sulla base del loro mero officio, anche senza che ci sia una precedente denuncia fatta per opera del Sindaco, riguardo e sopra tutti i singoli reati, i crimini e i delitti commessi nella Città di Fermo o nel suo contado e distretto, o anche fuori, tra i cittadini o tra gli abitanti del distretto di Fermo, <reati>commessi tra di loro al tempo del loro officio oppure entro un anno prossimo, riguardo e sopra i furti e le ruberie sempre e in ogni tempo, nonostante alcun statuto che dica il contrario, a meno che si siano stati fatte la procedura e l’investigazione in modo diverso o sia stata fatta la sentenza su tali cose. Si fa eccezione per i reati di parole di ingiurie ed inoltre di improperio e peri reati di percosse o di minacce a mano vuota, soltanto con il piede o con qualunque membro umano, senza intervento di alcun strumento né di oggetto purché tali percosse non siano state fatte nel collo o al di sopra del collo oppure da lì uscisse sangue, o fratture di un osso, di un nervo e di un membro, o della debilitazione duratura della funzionalità di un membro, e purché non segua la morte. Sono eccettuati anche i delitti tra i genitori e i loro figli o le figlie, la moglie, tra i consanguinei congiunti tra di loro come fratelli da uno o da entrambi i genitori, o congiunti vicendevolmente, come sorelle tra loro o fratelli tra loro, e congiunti fratelli con sorelle (come detto prima) o fra altri congiunti vicendevolmente che sono consanguinei o affini fino al terzo grado di consanguineità o affinità da calcolare secondo il diritto Canonico; o <reati> ad opera di un signore o una signora, o commessi da un patrono o da una patrona contro un servo, o una serva, un domestico o una domestica; <inoltra> a meno che il detto reato sia strato tale che ne consegue la frattura di un nervo, o di un membro, o la loro debilitazione permanente, o la cicatrice enorme sulla faccia e purché non seguisse la morte né avvenisse, o purché non sia stato un reato tale che da esso o per esso venisse imposta o potesse essere imposta una pena corporale o principalmente afflittiva del corpo, tuttavia non nel modo condizionale, per la forma di uno statuto di questo volume, o a meno che i reati non avvenissero o si commettessero contro qualche officiale del Comune di Fermo e del suo contado o distretto. Peraltro in tutti questi singoli casi è valido fare la procedura per mezzo di una investigazione ed è valido investigare sul delitto, nonostante ci siano congiunti o servi o famigli, a meno che ciò non sia provveduto espressamente in qualche statuto in questi casi o in qualcuno di essi. Si fa eccezione anche per tutti i singoli altri casi e per i reati sui quali per la forma di qualche statuto di questo volume risultasse negato il potere di fare indagine o di fare la procedura per mezzo di una ispezione o di un esame. I detti Rettori e i loro Giudici, insieme o separatamente, sempre e in qualsiasi tempo, abbiano validità e possano ispezionar attraverso la modalità dell’accusa o della denuncia <da parte> dell’ingiuriato o di chi ha subito principalmente l’ingiuria, su tutti i singoli reati, i crimini e i delitti indistintamente, commessi nel tempo del loro officio o entro l’anno che precede immediatamente, in realtà sui furti e sulle ruberie. Coloro che delinquono debbano in realtà essere condannati ed essere puniti, secondo la forma e la modalità o come permesso dagli statuti di questa Città. E queste stesse sentenze in realtà siano pronunciate per mezzo del Rettore principale, non per mezzo di un suo Giudice né di qualche officiale, a meno che ciò non si riscontri in quanto è stato permesso in modo eccezionale da qualche statuto di questo volume.

       4 Rub.2I Sindaci dei Castelli e delle Ville possano e debbano denunciare i reati.

     Ci rendiamo conto che sono stati presi i provvedimenti in bene e decretiamo che qualsivoglia Sindaco della Comunità di un Castello e di qualunque Villa della Città e del distretto di Fermo, ed anche il Sindaco del Castello di Porto S. Giorgio siano obbligati, possano e debbano riferire e denunciare agli infrascritti signori Podestà o Capitano, o alla loro Curia, e al Giudice dei reati, che cose successe, che siano state commesse nel Castello o nella Villa, o nel territorio del Castello o della Villa, o della comunità da cui egli è stato stabilito, entro 10 giorni da calcolarsi dal giorno in cui il reato o il delitto è stato commesso, sotto la pena di 10 libre di denaro per qualsiasi trasgressore e per qualsiasi volta da riscuotersi sul fatto. E la detta denuncia o reclamo sui delinquenti contenga e debba contenere quanti siano, e i reati, e contro chi sono stati commessi, con <la data del> tempo e con le altre formalità utili e consuete. Per l’esecuzione di ciò, qualsiasi Comunità di un Castello o di una Villa del contado e del distretto di Fermo, entro otto giorni dall’inizio dell’officio del Capitano o del Podestà sia obbligata a stabilire e ordinare e mandare alla Curia del Podestà e del Capitano, il suo Sindaco, pera eseguire le dette cose, con un sufficiente mandato e insieme con lui due Massari competenti, i quali siano di detta Comunità, e garantiscano pienamente e solennemente per l’anzidetto Sindaco, sotto pena 25 libre di denaro da riscuotersi sul fatto da qualsiasi Comunità negligente.

       4 Rub.3Il modo e la procedura da seguire nelle cause penali o miste.

   Il modo e la procedura che sia praticata circa le cause penali o miste è questo, cioè che dopo che è stata presentata la denuncia da un semplice denunciatore, o l’accusa da un accusatore in un tribunale di fronte al Rettore o al suo Giudice dei reati, chi fa la denuncia faccia giuramento, così pure chi fa tale accusa, che egli nel denunciare oppure nell’accusare non procede per movente di calunnia; e inoltre che egli fa la denuncia in base alle cose a lui riferite e ascoltate, se si tratta di un semplice denunciatore; se è l’accusatore faccia giuramento anche che egli può dar prove dell’accusa e che fa l’accusa soltanto secondo verità e che l’accusa sarà portata avanti fino alla fine, secondo la forma dello statuto; e inoltre presenti i fideiussori o un fideiussore idoneo e approvato di fronte al Giudice sul proseguire e presentare le prove per l’accusa prodotta tramite lui, secondo la forma degli statuti e sul pagare la penalità contenuta nei presenti statuti qualora faccia il contrario. Dopo fatto questo, come già detto, il Rettore o Giudice dei reati nello stesso giorno mandi una copia di tale accusa oppure della denuncia chiusa e con il sigillo del Rettore o del Giudice al Cancelliere del Comune. Poi il detto Rettore o il Giudice dei reati faccia fare la citazione al tale accusato o denunciato, in modo personale, o nella casa della sua solita abitazione con la presenza di alcuni del suo vicinato o di familiari o di due altri testimoni per mezzo del pubblico Balivo del Comune di Fermo; un cittadino o un abitante della Città, entro la scadenza di due giorni; un abitante nel contado o nel distretto, di quattro giorni, si presenti di fronte a lui per scagionarsi dall’accusa o dalla denuncia prodotta contro di lui. E questa citazione sia emanata e avvenga con <atti> scritti con espressa la nota del reato contenuto in tale accusa e denuncia, all’accusato o al denunciato in modo personale o nella casa di sua abitazione alla presenza dei vicini, come <detto> sopra, per mezzo del detto Balivo sia rilasciata a lui stesso la cedola e la citazione nei reati non si possa fare in altro modo. E ciò quando si procede contro un Cittadino o un abitante della Città o del contado, o del distretto. Quanto, in realtà, si procede contro un forestiero che abita fuori dal distretto di Fermo, tuttavia nella Diocesi Fermana, in una causa penale, il Giudice o Rettore faccia la citazione con questa procedura cioè per mezzo di una sua lettera che contiene la nota del reato o del delitto, faccia la citazione a colui contro il quale si fa il processo, che entro cinque giorni o più, secondo come il Rettore o il Giudice deciderà, in considerazione della distanza del luogo, che si presenti di fronte a lui per giustificarsi e scagionarsi dalla denuncia o dall’accusa prodotta contro di lui. E questa lettera sia mandata per mezzo del pubblico Balivo del Comune di Fermo alla Terra, o al luogo della diocesi Fermana dove colui contro il quale si fa il processo abita o risiede, oppure da dove è oriundo. E sia presentata per mezzo dello stesso Balivo al Rettore, al Giudice o all’officiale di quel luogo o Terra, di cui è stato detto, affinché la citazione sia valida a pervenire per notifica a colui contro il quale si fa il processo. Qualora il Balivo riferirà al Giudice che egli non ha potuto presentare questa lettera a causa del pericolo del viaggio o per altro caso che gli impediva l’accesso, questa citazione valga fatta per mezzo di un editto alle porte del palazzo del Rettore o dell’officiale, con la nota del reato, come sopra. E in tutte le singole cose scritte sopra, ad opera del Rettore e del Giudice si dia fede alla relazione del detto Balivo riguardo alle cose a lui affidate. Qualora però si fa il processo, in una causa penale, contro un forestiero di fuori dalla diocesi Fermana, si faccia la citazione a colui contro il quale si fa il processo, per mezzo del Balivo del Comune di Fermo con atti scritti tramite una lettera che contiene la nota di uno reato su cui si fa il processo. La lettera va affissa alla porta del palazzo di residenza del Rettore o del Giudice che processa con la scadenza di cinque giorni o di più, secondo come sembrerà opportuno al Rettore o al Giudice. Entro tale termine, colui contro il quale si fa il processo, possa e valga presentarsi a giustificarsi e a scagionarsi. E lo stesso modo sia praticato, in tutto e per tutto, nel mandare la copia e nel citare quando si fa il processo soltanto per investigazione, meramente sulla base dell’ufficio. E qualora la citazione sia stata fatta in altro modo, la sentenza che ne provenisse non abbia validità. Sempre sia fatto salvo quello che è previsto nello statuto sotto la rubrica: “Non si renda invalida la sentenza per una mancanza delle formalità penale”. a cui, con questo <statuto>, non si deroghi affatto.

       4 Rub. 4Come si fa il processo contro chi si costituisce nelle cause penali.

   Colui che è stato denunciato, accusato e inquisito quando si costituisce di fronte al Rettore o al Giudice dopo la citazione fatta su d lui, sia obbligato a rispondere all’accusa, alla denuncia o all’investigazione, in modo preciso e limpido, senza un contenuto di alcuna obiezione, dopo aver interposto il suo giuramento, confessando o negando il fatto sul quale si fa la procedura in tutto o in parte, come a lui sembrerà giusto, tuttavia in modo chiaro e aperto. E si intenda che tutte le obiezioni che competono a lui siano capite e per lui siano in una procedura di una causa riservata, senza il ministero di alcun Giudice. Dopo fatta la risposta in tal modo, qualora il reato sul quale si fa la procedura sia tale che da questa sia da imporre o provenga una penalità semplicemente pecuniaria in modo esclusivo e chiaro, il tale denunciato, accusato, o inquisito sia rilasciato, piuttosto debba essere dato alle carceri, dopo che ha presentato un fideiussore o più fideiussori approvati dall’approvatore sul dover pagare la condanna che da ciò capitasse che si faccia.  Qualora, in realtà, il reato, sul quale si fa la procedura, sia tale che, a motivo di esso, si possa o si debba imporre una pena corporale o principalmente afflittiva del corpo, in nessun modo debba essere rilasciato, ma al contrario debba essere assicurato alle carceri, affinché, in caso di condanna, subisca su ciò il suo supplizio, a seguito dell’assoluzione, su cui non sia stato fatto l’appello. Quando, in realtà, la pena da imporre avvenisse afflittiva del corpo non in modo principale, ma in mancanza della penalità pecuniaria o sotto condizionale, allora, se il tale denunciato, accusato o inquisito avrà voluto fare un pagamento e abbia pagato al Banchiere del Comune di Fermo la somma di denaro di tassa in occasione del reato o del delitto, o da imporre per la forma degli statuti, sotto condizione di recuperarla nel caso in cui avvenga che egli sia poi assolto, e di tale pagamento abbia informato il Rettore o il Giudice per mezzo di un atto scritto di mano del Notaio del Banchiere e sottoscritto da questo stesso Banchiere, debba essere rilasciato subito dal Rettor o dal Giudice. E in contrasto contro questa forma o modalità nessun Rettore o Officiale possa o osi detenere nelle carceri o nel palazzo qualche accusato, denunciato o inquisito ad opera sua o di un altro, sotto la pena di 200 libre di denaro, per ciascuno e per qualsiasi volta. E dopo che la risposta è stata fatta dal denunciato, dall’accusato o dall’inquisito, come detto sopra, il Rettore o il Giudice dei reati assegni al reo <accusato> una scadenza di dieci giorni successivi per fare ricorso e opposizione con qualsiasi cosa che vuole opporre e può, per fare ogni sua difesa, e produrre tutti i diritti e dare le prove e avere dato prove per mezzo di testimoni di istrumenti scritti e di ogni altro genere di prova, quello che egli vuole e può. E la medesima scadenza sia assegnata e debba essere assegnata all’accusatore o al denunciatore, quando il denunciatore o l’accusatore sia presente nel giorno della detta risposta, o nel seguente, a lui di persona oppure nella casa di sua abitazione o nel luogo che abbia scelto per le citazioni che su di lui si dovranno fare. Dopo trascorsi questi dieci giorni, in realtà, il Rettore o il Giudice renda pubblico e apra tutta la procedura e stabilisca al reo e all’accusatore o al denunciatore, quando stia presente, la scadenza di cinque giorni successivi per prendere la copia di tutto il processo e per fare dichiarazioni contrarie e opporsi e controbattere qualunque cosa vuole e può, oppure una scadenza maggiore ad arbitrio dello stesso Giudice; ed entro questo termine, e non oltre, l’una e l’altra parte possano, con azione  valida, fare le opposizioni, dare le prove contro le persone dei testi e contro le cose che dicono e contro i documenti scritti prodotti e fare opposizione alla procedura che segue e abbia validità per opera di entrambe le parti, o per una delle due parti, e non in seguito. E il Rettore o il Giudice e il Notaio dei reati, dopo aver fatto tale cosa pubblica, faccia per le parti una copia di tutte le cose già dette, sotto penalità di 200 libre di denaro per ciascuna volta. E, in realtà, dopo trascorsi questi cinque giorni o più stabiliti sulle dette cose dal Giudice, il Rettore o il Giudice dei reati faccia pubblicamente eseguire un bando che chiunque ha da fare nella Curia dei reati, entro il terzo giorno successivo, venga a fare allegato dei suoi diritti, se ne ha alcuni. Dopo che così sono passate queste scadenze, il Rettore o il Giudice e il suo Vicario, quando il Rettore sia stato impedito da una malattia o da altra probabile causa, o non potesse essere presente nel Consiglio per profferire la sentenza, debba pronunciare e portare a termine la causa e la procedura, secondo la forma o il permesso dagli statuti, per mezzo di una sentenza penale. Tuttavia prima che questa sentenza sia pubblicata, il Rettore o il Giudice nel giorno precedente faccia fare un bando pubblicamente che chiunque ha da fare qualcosa nella Curia in occasione di qualche reato si presenti <costituisca> nel giorno seguente a quello del bando presso il Consiglio e ascolterà la sentenza. E questo bando abbia validità per l’autorità del presente statuto, per quanto la citazione perentoria fatta legittimamente sulle parti, per ascoltare la sentenza. Così, tuttavia, si proceda e in modo tale che sempre entro 40 giorni da calcolare per coloro che si costituiscono, dal giorno della <loro> giustificazione, invece per i contumaci da calcolare dal giorno della prima citazione, tutti i processi iniziati ad opera di questo Rettore o Giudice siano portati a termine completamente per mezzo della sentenza. In realtà egli debba portare completamente a termine i processi del suo predecessore entro due mesi dal giorno in cui ha iniziato il suo officio. E dopo scaduti gli anzidetti termini, qualora il Rettore o il suo Giudice, non abbia portato a termine questi processi, non abbia ulteriormente la giurisdizione di indagare su di essi, né di portarli a termine in qualche modo; ma al contrario questi processi non finiti siano portati a termine dal successore suo, entro un mese da computare dal giorno dell’ingresso al suo officio. In realtà, il Rettore e il Giudice dei reati che sia stato negligente in queste cose, assolutamente debbano essere condannati dal Giudice degli appelli o dai suoi Sindaci alle pene che potevano risultare da tali processi che hanno trascurato di ultimare; e nondimeno debbano del tutto essere condannati a 50 libre di denaro in più. Inoltre affinché nessuno sia trovato che è stato gravato in qualche modo dal tedio delle carceri, decretiamo che quando, precedenza, un’accusa, un denuncia o un’indagine legittima non è stata fatta, oppure è stata tramessa oltre il tempo, in contrasto a<quanto> permesso, come assegnato sopra, e giungesse oltre i 10 giorni da calcolare dal giorno in cui sia pervenuto alla forza <detentiva> o al potere del tale Rettore o del Giudice, entro tali giorni il Rettore o il Giudice possa fare la procedura per mezzo di una inquisizione, di un’accusa o di una denuncia, in occasione di qualche reato o delitto nessuno possa essere detenuto nella persona, nelle carceri o nel palazzo, su mandato di qualche Rettore o di un Officiale del Comune di Fermo o ad opera di questi stessi. E quando, entro il detto tempo, non è stata formulata né un’indagine, né un’accusa, neppure è stata prodotta una denuncia contro un tale che è sotto la sua forza, <il Rettore> non ardisca in nessun modo di tenere questo stesso in detenzione, sotto la penalità di 500 libre di denaro per chiunque fa il contrario, e per ciascuna volta, da prelevare nel tempo del suo sindacato; ma il tale detenuto debba compiutamente essere rilasciato alla propria libertà, sotto la detta penalità, dopo che ha dato i fideiussori, uno o più, idonei o approvati, o anche offerti a tale Rettore o al Giudice, e non ricevuti da parte di costui, riguardo al presentare il tale detenuto agli ordini del Rettore o del Giudice, sotto una certa penalità che non eccede libre 300 di denaro e che sia da pagare non più che una sola volta, dopo scaduto questo termine di 10 giorni. E facciamo uno statuto per rimediare alle calunnie e alle cautele degli officiali che qualora sia risultato e da parte dei testimoni o dagli instrumenti o da altra prove che colui che è stato rilasciato così in un solo giorno e poi nello stesso<giorno> o nel seguente sia stato trovato nella forza <detentiva> del detto Rettore o del Giudice o di uno di essi, non si intenda che fu rilasciato o restituito alla sua libertà costui che, mentre già precedentemente era detenuto, poi si trovasse rilasciato, nondimeno ridotto per la seconda volta, così, detenuto. Ma questo Rettore o il Giudice che agisce in contrario e non eviti in nessun mondo la detta pena e nondimeno il tale detenuto sia rilasciato del tutto, come sopra.

       4 Rub.5Come si debba fare la procedura contro un contumace nelle penali.

   Per il fatto che l’accusato, il denunciato e l’inquisito sia stato citato nel modo e nella forma trasmessi sopra, se non si sia costituito nella scadenza assegnata o prestabilita su un ordine del Rettore o del Giudice o per la citazione su di lui così fatta, da allora scaduto detto termine il Rettore o il Giudice faccia esiliare quel tale così citato e lo faccia mettere pubblicamente al bando da tutta la Città di Fermo e dal suo contado e dal distretto tramite il pubblico Banditore del Comune, con quella somma o penalità alla quale il accusato, il denunciato e l’inquisito dovesse essere condannato, oppure potesse esserlo; e a costui assegni nello stesso bando la scadenza di tre giorni successivi, o una <scadenza> maggiore a suo arbitrio, e il giorno del bando dato non sia conteggiato affatto entro questa scadenza. Dopo dato e fatto questo bando il Giudice o il Rettore faccia notificare questo bando, per iscritto, alla persona, tramite un Balivo del Comune al Cittadino, o a colui che abita nella Città, o ad un abitante nel distretto, nel contado, in modalità personale, o nella casa della sua solita abitazione; in realtà per le cose restanti presso la porta del palazzo del Rettore o del Giudice. Questa notifica così fatta sia pienamente sufficiente, e dal giorno di tale notifica inizi la scadenza del detto bando, senza che il giorno della notifica sia conteggiato affatto. Qualora entro questa scadenza il tale posto al bando o esiliato si sia costituito in giudizio, al cospetto del Rettore o del Giudice, con lui si faccia la procedura nel modo e nella forma assegnati nel titolo precedente. Se in realtà non si sia costituito e abbia trascurato di costituirsi nella scadenza del detto bando, da allora trascorso la detta scadenza, in nessun modo venga ascoltato dal Rettore o da Giudice, se non per un reato riguardo al quale si fa la procedura per confessare totalmente, a meno che al Giudice sia sembrato opportuno non ammettere costui stesso per negare. E colui che in nessun modo si sia costituito dinanzi al Rettore o al Giudice nella scadenza del bando, né in seguito, prima della sentenza, per l’autorità del presente statuto sia e venga considerato contumace, e sia ritenuto che abbia confessato, e sia convinto del reato sul quale si fa la procedura contro di lui, e dopo trascorso il detto termine del bando sia valido che sia condannato, senza aspettare ulteriormente. E in tutti i singoli casi del presente statuto da parte del Rettore e del Giudice ci si attenga al ragguaglio del Banditore e del Balivo circa le cose che a questi stessi sono state comandate.

       4 Rub.6Che nessuno, suo malgrado, sia costretto a fare un’accusa e non si debba ammettere un denunciatore segreto.

   Desideriamo di porre rimedio alle frodi dei privati e dei Giudici, e decretiamo che nessuno sia costretto fare un’accusa, suo malgrado. Inoltre chi fa un’accusa o una denuncia segretamente o privatamente non sia ammesso, ma senza dubbio palesemente e pubblicamente il suo nome debba apparire negli atti scritti, a meno in quanto sia riscontrato che sia previsto, in modo speciale, da qualche statuto di questo volume, sotto la pena di 100 libre di denaro che incombe sull’officiale trasgressore, per qualsiasi volta. E per la legge stessa, tuttavia, non abbiano valore quanto fatto contro ciò e qualsiasi cosa ne sia stato conseguita.

       4 Rub.7Nelle cause penali, i minorenni, i figli di famiglia abbiano una legittima persona, e il beneficio su questi stessi.

   In modo generale decretiamo che il minorenne di venticinque anni e i figli di famiglia, maggiori tuttavia di quattordici anni, anche senza il consenso del curatore o del padre possano stare in una procedura penale, ed abbiano una legittima persona nelle formalità parte attiva e passiva, quando venga discussa una causa penale, o per mezzo di un’accusa, o di una denuncia o di un’indagine. Aggiungiamo alle cose già dette che i delinquenti minori di quattordici anni, tuttavia maggiori di 10 <anni>, siano puniti e condannati a metà della pena, con la quale vengono puniti gli altri maggiori di quattordici anni. In realtà i delinquenti minori di 10 anni siano puniti ad arbitrio del Rettore, tuttavia purché non superi la metà della pena, considerata la condizione del reato e la persona del delinquente e la persona sulla quale è commesso il reato.

       4 Rub.8In quale modo e quando nelle cause penali il procuratore, il tutore o il curatore o il padre vengono ammessi a favore di un figlio.

   Con la presente legge decretiamo che nei reati o nelle cause penali nessun procuratore sia ammesso nelle formalità attiva e passiva, a posto di un altro quando per il reato, sul quale si fa la procedura, una pena corporale o afflittiva del corpo dovesse o potesse essere imposta, in via principale o sotto condizione o in mancanza; se non dopo che, per mezzo del principale, contro il quale si fa la procedura, la giustificazione o la risposta siano state fatte; e allora il procuratore con validità sia ammesso per gli atti restanti, fino alla sentenza inclusa. Nella funzione di procuratore o nella funzione difensore di un altro, invece, in tutti i singoli casi, quando in via principale è stata stabilita una penalità pecuniaria, benché sotto condizione, o in mancanza <la pena> sia corporale o afflittiva del corpo, sia lecito a chi vuole di comparire per confessare il reato e insieme con ciò per pagare la pena pecuniaria a nome di colui, a favore del quale così si costituisse. In realtà il padre per un solo figlio, o per più figli di qualsiasi sesso; il marito per la moglie; il tutore o il curatore per minorenni non adulti, per uno o per più, di qualsiasi sesso, possano essere ammessi soltanto per accusare e non per giustificare; e debbano, anche nei detti casi, ma dopo fatta la giustificazione ad opera del principale, possano essere ammessi per le restanti cose, come è stato detto sul procuratore. In realtà per un esiliato, o per uno sottoposto al bando, di qualsiasi condizione o sesso sia, nessuno sia ammesso, sotto qualunque nome, se non per presentare un instrumento di pace, nel caso in cui dalla pace il reo venga sollevato, secondo la forma dei presenti statuti, purché tuttavia colui che presenta tale instrumento a favore del detto esiliato, prima di tutto abbia pagato dodici denari per ogni libra di quella quantità o somma, la quale è da dimezzare o da diminuire, in vigore della pace sulla condanna. Nelle pene in realtà da imporsi, meramente, semplicemente pecuniarie, attivamente o passivamente, il procuratore o gli altri detti sopra, nella funzione di cui sopra, siano ammessi ad ogni singola cosa nelle cause penali, tranne che per l’esiliato, come è stato detto; invece per negare in nessun modo vengano ammessi, per la funzione di cui sopra.

       4 Rub.9L’abolizione da concedersi.

   Inoltre con questa legge decretiamo che nessun Rettore, officiale o Giudice conceda ad alcuno l’annullamento di una qualsiasi accusa o di una denuncia di qualsiasi specie, neppure abbia validità che chieda ciò qualche accusatore, da se stesso o per mezzo di un altro, in nessun modo, sotto la pena di 100 libre di denaro per il Rettore o per il Giudice che la concede, e sotto la pena di 25 libre di denaro per colui che chiede <ciò> a nome di un altro. Invece non abbia validità quanto è stato fatto in modo diverso, per la legge stessa. Eccetto e salvo < il fatto> che l’abolizione possa essere chiesta con validità sull’accusa di disprezzo di un mandato, di disordine o di invasione di un possedimento o di una tenuta, e <ciò> esclusivamente fino alla sentenza, o a un solo giorno prima della lettura della sentenza, avendo pagati precedentemente 5 soldi al Comune da chi la chiede per qualsiasi accusato, e avendo fatta la garanzia del pagamento per mezzo di una bolla del Banchiere del Comune o del suo Notaio; e il Notaio dei reati debba registrare agli atti questa bolla, sotto la pena di 10 libre di denaro. E dopo fatto ciò, il Giudice pronunci che non si debba fare la procedura ulteriormente. E in tal modo tale processo sia concluso e si intenda che è stato concluso e il Rettore o il Giudice non possano ulteriormente fare la procedura su detto processo, altrimenti, per la legge stessa, quanto fatto in modo diverso non abbia validità. Aggiungendo correggiamo che, per la volontà del creditore e perché è stato soddisfatto, anche dopo notificata la sentenza o notificata la condanna, l’abolizione, non prima della sentenza, in qualsiasi momento, possa e valga che sia chiesta nelle cose consentite, come <detto> sopra, dopo che colui che richiede questa abolizione precedentemente ha pagato i 5 soldi al Banchiere del Comune per ogni condannato. Eccetto, tuttavia, che detta condanna non sia stata pagata precedentemente a questo Banchiere.

       4 Rub.10Le donne non siano costrette ad entrare nei Palazzi.

   Con la presente legge decretiamo che nessuna donna, di buona reputazione, venga costretta a entrare nel palazzo, da qualche Rettore o officiale, in qualche modo o per un gruppo richiesto, sotto la pena di 25 libre di denaro per il Rettore, per ognuno trasgressore. Sia fatto salvo e riservato che in tutte le cause penali, nelle quali potesse o dovesse essere imposta alla donna una pena corporale o afflittiva al corpo, in occasione di un’accusa, di un’inquisizione o di una denuncia precedente contro di lei, possa essere costretta, come un maschio, ed anche essere messa in carcere. Eccetto anche se sia stato condannata su qualche delitto; anche in questo caso, come un maschio, c’è validità che sia costretta e detenuta. In realtà negli altri casi, o atti, tanto civili quanto penali, sia sufficiente che la donna si costituisca dinanzi ad un Giudice o ad un officiale, in qualche Chiesa, per obbedire agli ordini di costui stesso.

       4 Rub.11I processi non iniziati da un Rettore <sono> da iniziarsi e ultimarsi da un altro.

   Noi desideriamo che i reati e i delitti siano puniti, e decretiamo che il Capitano e il Podestà e la loro Curia siano obbligati e debbano, entro 5 giorni dalla notifica fatta a loro, iniziare un processo riguardo e sopra un reato denunciato a loro. E se colui, a cui sia stato notificato prima, entro la predetta scadenza non abbia agito, un altro officiale, o la sua Curia, entro altri 5 giorni dopo la denuncia o la notifica fatta a lui, debba iniziare il processo su ciò e poi portarlo al termine, secondo come sarà stato per legge; purché, tuttavia, il reato sia tale che riguardo ad esso il tale Rettore, o il suo Giudice, abbia il potere di investigare propriamente per il suo officio. Dato che, in verità, talora succede che nasca una controversia fra i Rettori tra di loro e fra le parti in occasione di una prevenzione nel fare la procedura o nell’investigare sui delitti, decretiamo che si intenda e si debba intendere che colui che per primo abbia inviato la copia dell’accusa, della denuncia o dell’inquisizione sullo stesso reato al Cancelliere del Comune abbia la precedenza nel fare la procedura e nell’indagare sul reato. Su questa cosa ci si debba attenere alla semplice parola del detto Cancelliere, e la dichiarazione di costui ci si attenga e nient’altro sia richiesto ulteriormente.

       4 Rub.12Coloro che possano essere ammessi a testimoniare in penale e l’esame dei testimoni.

   Affinché la facoltà delle prove non sia angustiata, in alcun modo,  decretiamo che in tutte le singole cause penali, di qualsiasi modalità o genere siano, tanto le donne quanto gli uomini siano ammessi a esprimere la testimonianza, e siano ritenuti idonei purché, tuttavia, il testimone, uomo o donna, sia maggiore di quindici anni, e superiore ad ogni opposizione prima che esprima la testimonianza; e qualsivoglia testimone, di qualsiasi sesso, nella causa penale, giuri alla presenza della parte ammonita o citata legittimamente, e contro tale parte è stato portato o prodotto. E la dichiarazione e la testimonianza di qualsiasi testimonio in una causa penale per mezzo del Notaio dei reati siano scritte, per esteso, come viene testimoniato, non invece scrivendo in una modalità tale o simile, cioè “disse che erano cose vere” quelle contenute nell’accusa, nella denuncia, nell’indagine o nell’articolo; neanche scrivendo, “disse come un altro testimone”, o in modalità simile, sotto pena per il Notaio che scriva così, in contrasto alla proibizione di questo statuto, di 10 libre di denaro, per qualsiasi volta; e nondimeno, non sia prestata fede, in nessun modo a tali scritture fatte in tale modo. Circa la fedeltà e l’idoneità dei testimoni sia lasciato alla disposizione e alla considerazione o all’arbitrio del Giudice.

       4 Rub.13Le torture.

   Facciamo divieto a tutti i Rettori, ai Giudici e agli officiali di sottoporre o di far sottoporre qualcuno a qualche tortura, a meno che i legittimi indizi sul delitto precedono contro il torturando, secondo una disposizione del diritto Comune, sotto la pena di 500 libre di denaro per qualsiasi trasgressore e per qualsiasi volta.

       4 Rub.14Le sentenze penali da presentare in Consiglio e tramite chi possono essere presentate.

   Decretiamo che le sentenze condannatorie o assolutorie nelle cause penali nelle quali sia espresso il crimine o il delitto sul quale qualcuno sia condannato o assolto, possano e debbano essere pronunciate e promulgate, nelle solite modalità, anche nei giorni festivi in onore di Dio, nel Consiglio generale nel palazzo del Comune, e del popolo. E un bando sulle dette sentenze si debba far precedere, nel giorno che precede queste sentenze. E pertanto queste sentenze con validità debbano essere lette per mezzo di un Notaio dei reati, e abbiano il vigore e l’efficacia, come se siano stati lette dal Rettore principale o dal Giudice, purché dopo lette queste stesse, il Rettore principale, non il suo Vicario, con oracolo di viva voce, proclami che come è stato letto, così si sentenzia, così si ratifica o si conferma. Si fa salvo che quando il Rettore per infermità, o per un altro motivo, non potesse essere presente nel Consiglio per pronunciare le sentenze, siano pronunciate tramite il suo Vicario, come è stato detto sul Rettore.

       4 Rub.15In <giudizio> penale, quando e quali sentenze non possono essere pronunciate in Consiglio.

   I Rettori della Città di Fermo, in qualsiasi tempo del loro officio, possano portare qualsiasi sentenze penali; fatta eccezione, negli ultimi 10 giorni del proprio officio, minimamente pronuncino da se stessi le sentenze assolutorie sui crimini <penali> o sui delitti, e neanche le facciano pronunciare attraverso un altro, sotto penalità di 100 libre di denaro da prelevare a ogni trasgressore, per ciascuna volta. E tuttavia una sentenza assolutoria pubblicata così non abbia validità per la legge stessa e il negozio debba essere ultimato dagli stessi atti, nuovamente, per mezzo di una sentenza.

       4 Rub.16Il beneficio della confessione della pace.

   Consapevoli di convenire con la ragione, ordiniamo che, se qualcuno, contro il quale si fa la procedura su un crimine, nella sua prima risposta o discolpa, che ha fatto dinanzi al Giudice sul reato o sul delitto sul quale si fa la procedura contro di lui, spontaneamente, o candidamente o semplicemente abbia confessato il crimine o il delitto, per cui si fa la procedura contro di lui, la quarta parte nella pena originale pecuniaria stabilita per il reato, sia diminuita dalla condanna da farsi su lui stesso. In realtà, qualora abbia avuto anche la pace da colui, contro il quale è stato commesso il delitto, solo un giorno prima che la sentenza sia pubblicata, abbia porto una scrittura di tale pace dinanzi al Giudice, in forma pubblica, similmente un’altra quarta parte della detta pena originale sia diminuita. E qualora abbia avuto soltanto la pace, come è detto sopra, e abbia porto questa, nel modo anzidetto, una quarta parte soltanto di detta pena stabilita sia diminuita. E ciò in tutte le pene pecuniarie limitate o tassate. In realtà, nelle pene pecuniarie arbitrarie in tutto o in parte, i detti benefici o uno di questi due, avuto dal reo, e di cui abbia documentato, come detto sopra, soltanto dopo pubblicata la sentenza i benefici possano o debbano essere conservati, e per l’autorità di questo statuto si comprenda che sono conservati, e i detti benefici siano diminuiti dalla somma contenuta nella sentenza. E i detti benefici o qualcuno di essi non abbiano vigore nei casi nei quali ci si attenga alla relazione sul delitto di un officiale o di un servo del Rettore; in realtà mentre gli statuti di questo nostro volume che inibiscono i detti benefici, o qualcuno di essi, permarranno nel loro vigore, a questi in nessun modo si faccia deroga, né si desti un pregiudizio con questo statuto. Ed inoltre decretiamo che se la pena pecuniaria abbia annessa una pena corporale, o afflittiva del corpo, come condizione, la stessa condizione e la pena, siano aggiunte e abbiano luogo anche per quelli esposti precedentemente, o per quelle aventi gli anzidetti benefici della confessione e della pace.

       4 Rub.17In quali casi la pace sia operativa, oppure no.

   Decretiamo ed ordiniamo che in tutte le cause penali, nelle quali la pena del delitto, secondo la forma dello statuto del presente volume è semplicemente pecuniaria, e ha anche una condizione al modo di condizione annessa ad una pena corporale o afflittiva al corpo, il beneficio della pace giovi al reo <accusato> purché tuttavia, se ne abbia la constatazione di esso e sia prodotta, come sopra è dato nel titolo precedente, a meno che in qualche caso, non sia stato espressa altra cosa o il contrario con qualche statuto di questo volume. Per le pene puramente personali o afflittive del corpo, né la confessione né la pace siano utili, in nessun modo.

       4 Rub.18La pena da dimezzare per gli uomini dei Castelli, delle Ville del contado, e del distretto di Fermo.

   Vogliamo ed ordiniamo che le pene puramente e semplicemente pecuniaria e limitate anche determinate per mezzo degli statuti di questo volume, sia che siano pecuniarie, o, in carenza, condizionali e afflittive del corpo, pene che non sono arbitrarie, né in tutto né in parte, in una stessa sentenza o condanna e siano dimezzate dal Rettor per gli uomini del contado e del distretto di Fermo, se offendessero altro <cittadino> dello stesso contado o distretto nello stesso contado. In realtà le pene pecuniarie arbitrarie, in tutto o in parte, sia che, come condizione, abbiano sia che non abbiano annessa una pena corporale o afflittiva del corpo, per gli anzidetti uomini così colpevoli, o oltraggiosi, come è detto prima, siano dimezzate e si intendano dimezzate dopo la stessa sentenza o la condanna e non prima. Nelle pene, invece, stabilite per mezzo degli statuti di questa Città a motivo di danni dati, di parole ingiuriose, o diffamatorie, di bestemmie, o della maledizioni di Dio e dei santi, o di un vergognoso o inopportuno giuramento fatto e giurato per mezzo del nome di Dio, o dei Santi suoi, o in altro modo a disonore di Dio e dei Santi, o fatto o detto a disprezzo, qualsivoglia siano le pene stabilite, per detti uomini, il dimezzamento contenuto in questo statuto non abbia valore sulle pene stabilite per i delitti per i quali ci si attiene al resoconto dell’officiale, o di un servo del Rettore. Inoltre gli uomini di Porto San Giorgio siano trattati e siano puniti al modo come i Cittadini sui reati commessi da loro, in ogni cosa e per mezzo di ogni cosa, riguardo ai crimini. E questo statuto abbia valore nelle le cose passate, nelle presenti e nelle future. E questa pena così dimezzata sia capita e sia la pena originale per i delinquenti detti sopra e sia capita e valutata completamente come una pena originale.

       4 Rub.19Il raddoppio delle pene.

   Con questa legge decretiamo che le pene pecuniarie dei presenti statuti, o che siano puramente e semplicemente pecuniarie limitate e determinate, o siano pecuniarie arbitrarie, in tutto o in parte, o che siano pecuniarie principalmente e corporali in modo secondario, o che hanno annessa una pena corporale o afflittiva del corpo, siano raddoppiate e debbano essere raddoppiate, malgrado che non sia espresso dai Rettori, quando i reati o i delitti siano stati commessi nottetempo, cioè dopo il tramonto del sole e prima del sorgere del sole, o se sono stati commessi in presenza dei signori Priori del popolo e del Vessillifero di giustizia della Città di Fermo o di qualcuno di questi stessi durante il loro officio. Vogliamo anche che oltre al detto raddoppio colui che percuote qualcuno in presenza dei signori Priori del popolo nel palazzo della loro residenza, sia obbligato e debba sul fatto pagare 50 ducati d’oro al Comune di Fermo e sia posto nelle carceri e in nessun modo sia liberato dalle dette carceri fino a ché effettivamente abbia pagato, e sia anche ad esempio per gli altri, se questo delinquente sia stato dell’amministrazione e dell’officio del Priorato, da subito per l’autorità della presente legge, sia privato per sempre di tutti gli offici e benefici del Comune di Fermo. E qualora tale delinquente entro la scadenza di un mese dal giorno quando è stato commesso tale reato, non avrà pagato la detta pena di 50 ducati d’oro, gli sia amputata la mano destra e le dette cose per mezzo del Podestà o del Capitano di questa Città e della Curia di questi stessi siano eseguite, e siano mandate in esecuzione sul fatto e sommariamente, tralasciando ogni solennità della legge, essendo constatato il reato commesso, come sopra. E nella stessa pena incorrono i signori Priori, se fra questi stessi uno dei due Priori anzidetti, nel modo detto sopra, percuotesse l’altro dei detti Priori, acciocché la dignità di un Magistrato non venga deturpata; quandanche in presenza di qualche Rettore o di un suo officiale della Città, che sia del tribunale; o se siano state cose commesse in qualche Chiesa o alla porta di qualche Chiesa, o nella Città o nel contado, purché tuttavia entro il corpo della chiesa o alla porta, come già detto; o se siano state commesse in qualcuno di questi giorni, cioè nel giorno primo delle calende di gennaio, nel primo dell’Epifania del Signore, di Sant’Antonio del mese di gennaio, Purificazione della Beata Maria del mese di febbraio, primo del giorno della Quaresima o in qualunque giorno di venerdì del mese di marzo; nel giorno dell’Annunciazione della Beata Maria Vergine, della domenica degli ulivi <o delle palme>, o in qualunque giorno della settimana santa, nel giorno della Pasqua di Resurrezione del Signore, o in qualche giorno dei tre seguenti dopo lo stesso giorno, nel giorno della Pentecoste, o in qualcuno dei due giorni seguenti dopo detto giorno, nel giorno dell’Ascensione del Signore, nel giorno primo delle calende di Maggio, nel giorno della Natività del beato Giovanni Battista, nel giorno di qualsiasi fiera, nel giorno dell’Assunzione della Beata Maria Vergine del mese di agosto o nella sua vigilia; nel giorno del beato Bartolomeo apostolo, nel giorno della Natività della Beata Maria del mese di settembre, nel giorno della festa di Tutti i Santi, nel giorno della beata Caterina, nel giorno della beata Lucia, nel giorno della Natività del Signore o nella sua vigilia; nel giorno del beato Stefano, nel giorno del beato Giovanni Evangelista. E quando <i reati> siano state commessi nell’ultimo mese del governo del Podestà o del Capitano o se siano stati commessi contro qualcuno presso la casa o nella casa della sua solita abitazione, o presso il magazzino o il negozio proprio, o affittato dell’ingiuriato, o in questo, o presso un terreno di suo possesso, o nel terreno di possesso proprio, o affittato, oppure vicino alla detta casa, al magazzino, o al possedimento per 5 piedi vicino ai piedi del Comune, eccettuando nei furti, e nella loro asportazione, dato che a motivo del luogo non siano raddoppiati; o quando <i reati> siano stati commessi nel Palazzo della residenza dei signori Priori o del Vessillifero di giustizia o nel Palazzo della residenza del signor Podestà o del signor Capitano, o del Giudice di giustizia, oppure qualora siano stati commessi in presenza di qualche officiale di qualsiasi Castello del Comune di Fermo, tuttavia nell’abitazione, o nel luogo della sua residenza per il suo officio, oppure qualora siano stati commessi nel Girofalco <Girfalco>, o nella Piazza di San Martino in qualunque parte dell’estensione fin dove le catene delle strade terminano, o dove dall’angolo dell’abitazione del Giudice di giustizia in linea retta verso il Girone sino alle mura dello stesso Girone, e dove dalla casa di Jacopone di Vanne, o dall’angolo di questa stessa verso il Girone fino alle mura del Girone; anche sotto il portico della chiesa di San Martino, e in generale fin dove c’è questa stessa ampiezza, inclusivamente fino agli angoli delle vie, attraverso le quali si entra nell’ampiezza della detta piazza, e fino ai muri, o alle pareti che stanno tutto intorno, in qualunque via pubblica attraverso la quale si va al Girifalco, verso la piazza di San Martino in linea retta, o in qualunque via o strada maestra del Comune di Fermo, cioè dalla piazza di San Martino verso la porta di San Giuliano, o di San Marco, o di Santa Lucia in linea retta; o in qualcuna di queste porte, nella piazza di mezzo, dove sono le spezierie o dalla stessa piazza, in linea retta, fino alla porta di San Francesco, o nella stessa porta, o dalla porta di San Francesco fino a Porto di San Giorgio in linea retta attraverso la via del mare, o nella piazza di questo Porto, o in qualche porta di questo Porto, o nella strada di questo Porto, che inizia dalla chiesa di San Giorgio in questo Porto in linea retta, fino alla porta attraverso la quale si va presso il Castello di Torre di Palme o in riva al mare, fin dove si prolungano le mura di questo Porto verso il mare dentro al bastione <della baia> o nella via pubblica attraverso la quale si va dalla piazza di San Martino fino la chiesa di San Domenico in linea retta verso la casa degli eredi di Vanne di Guglielmo di Anselmo; o da questa casa nella via pubblica verso la porta di Santa Caterina in linea retta, o nella porta di Santa Caterina; o nel mercato di Belmonte. E nessuna pena possa essere raddoppiata, se non una sola volta, benché insieme concorrano due o più (condanne) dette prima. E affinché i Rettori, o gli officiali abbiano dubbi circa il raddoppio o siano vaganti nell’incertezza, il raddoppio sia fatto in questo modo, cioè che se una pena sia stato semplicemente pecuniaria, limitata, determinata, e anche certa, essi accumulino nella sentenza la pena semplice con l’aggiunta, o la duplicazione insieme. Se in realtà sia stato penalità pecuniaria arbitraria in tutto o in parte, allora prima indichino nella sentenza la pena semplice del reato, poi aggiungano anche altrettanto, indicando anche la somma di ragione di aggiunta o di raddoppio. E se la pena pecuniaria abbia annessa come condizione una <pena> corporale, o afflittiva del corpo, allora la stessa condizione sia e sia aggiunta nella pena raddoppiata, che sia stato o che venisse aggiunta, o che si dovesse assegnare nella pena semplice. Qualora invece per la forma di qualche statuto, su qualche reato commesso in qualcuno tra i detti luoghi, sia stato trovata come stabilita una pena certa e determinata, allora a ragione di tale luogo il detto raddoppio non sia fatto in alcun modo. In realtà le pene di ogni qualsiasi Cittadino, del contado o forestiero, che delinque negli stessi Castelli del contado, cioè nei palazzi di residenza degli officiali degli stessi Castelli, e dinanzi ai detti officiali, e nelle piazze, e nelle porte dei detti Castelli siano raddoppiate e debbano essere raddoppiate per mezzo di qualunque officiale o esaminatore dei detti reati.

       4 Rub.20 Le multe e le loro modalità.

   Inoltre acciocché per la paura della pena sia data fiducia ai Rettori e agli officiali e questi stessi e chiunque di essi possano pienamente esercitare i loro offici, decretiamo che il Podestà e il Capitano e chiunque di essi abbia il potere di multare e di punire al di fuori di un ordine e sul fatto per una somma fino a 50 libre di denaro inclusivamente, infliggendo cioè la multa per il primo precetto fino a 10 libre di denaro, per il secondo fino a 25, per il terzo fino al 50. E se colui al quale i tre precetti siano stati fatti, con imposizioni delle multe, per la sua disobbedienza o per la contumacia, soffrisse che il parlamento e il Consiglio si riuniscano, neanche prima, tuttavia, sarà stato obbediente al detto Rettore, sul fatto possa essere punito ad arbitrio del Rettore da 50 fino a 100 libre di denaro. Tuttavia i Giudici, i detti Rettori e i loro militi abbiano la facoltà di multare per la metà di dette somme, cioè per il primo, secondo e terzo (precetto), praticando la forma detta sopra per la rata di queste somme. E per mezzo dei Rettori, dei Giudici e dei detti militi, possano emanare altri precetti con una multa e con l’intimazione della penalità, come sopra, contro chiunque, fino alle dette somme e insieme e una sola volta in una sola voce. In realtà i Notai di questi Rettori abbiano la facoltà di multare fino a 25 soldi di denaro, purché tuttavia soltanto contro una sola persona non possano intimare una multa, se non una sola volta in un solo giorno, ma certamente ci debba essere sempre un intervallo di un giorno fra un precetto e l’altro. Tuttavia gli altri officiali della Città, secondo il modo loro assegnato dagli statuti che trattano del loro servizio, abbiano il potere di multare. Sempre d’altra parte il motivo, negli scritti, sia aggiunto da tali Rettori, dai Giudici e dagli officiali quando impongono le multe o le pene; e non ci sia validità ad oltrepassare tale modo. Anzi qualora facessero in modo diverso si intenda ricondotto al modo già detto. E quello che sia stato fatto in contrasto con il detto modo non abbia validità per la legge stessa, ma il Rettore o l’officiale trasgressore incorra per la cosa stressa nella penalità di cento libre di denaro e sia tenuto all’interesse per la parte. In realtà nell’esercito o nella cavalcata, questi Rettori abbiano la facoltà di imporre e di infliggere sul fatto qualsiasi multa e pena a loro arbitrio, non soltanto con parole a viva voce, ma anche mediante una lettera, o mediante la persona del Balivo o di un nunzio, con imposizione di multe o di pene, tanto nelle cause civili quanto anche in quelle penali, i precetti e i detti comandi possano esser fatti da costoro secondo il modo e la forma detta sopra, purché colui, contro il quale questi precetti vengono fatti o sono emanati, non altrimenti venga astretto per le stesse cose se non sia stato trovato di persona o non sia stato afferrato. E sulle cose già dette ci si attenga al resoconto del detto nunzio o Balivo o dell’Araldo che fa l’annuncio; e colui che disprezza tali precetti valga che sia accusato da chiunque, nonostante alcuno statuto.

       4 Rub.21Il tempo per pagare le condanne.

   Indulgiamo per tutti i condannati principalmente a pene pecuniarie principalmente, o, in carenza, sotto condizione, e con la presente legge decretiamo che chiunque da condannato abbia pagato al Banchiere del Comune di Fermo la condanna fatta a lui, entro 10 giorni da calcolarsi dal giorno della pubblicazione della sentenza, o prima della pubblicazione della sentenza, a costui stesso che ha pagato sia diminuita la quarta parte di tutta la pena originale sulla condanna fatta su di lui, e per l’autorità stessa  di questo statuto, senza il ministero di un Giudice, si comprenda che è assolto e libero. Aggiungiamo inoltre che i condannati a una pena pecuniaria, che hanno il perdono dall’offeso, e l’abbiano presentato nella scadenza e abbiano confessato il delitto, volendo pagare la pena entro il tempo, abbiano il pieno condono del raddoppio della pena, se per caso la pena sia stata doppia. Se qualcuno, in realtà, non abbia pagato effettivamente la condanna pecuniaria fatta su di lui entro i detti 10 giorni al detto Banchiere, oltre a tale condanna, sia obbligato pagare interamente anche una quarta parte della somma espressa nella condanna, sia che sia stato detto nella sentenza, sia che lo non sia, e nondimeno, non essendo stata pagata questa stessa, e per lui non abbia validità che la condanna sia cancellata. L’aggiunta o l’aumento di tale quarta parte non rivendichi di per sé un vigore, qualora alla condanna pecuniaria una pena corporale o afflittiva del corpo sia stato annessa. Tuttavia questo statuto non rivendichi per sé un vigore, se, per mezzo degli statuti di questo volume, sia stato trovato stabilito un maggiore o minore tempo per pagare le condanne o le pene.

       4 Rub.22Una sentenza penale non sia invalidata a motivo della carenza di una formula giuridica.

   Vogliamo ed ordiniamo che qualora su un crimine o su un delitto, per mezzo della confessione della parte, o per una legittima prova dei testimoni, o legittimamente altrimenti si faccia la constatazione sul crimine o sul delitto, quantunque una qualunque formula giuridica, nel processo, sia stata omessa, o sia stata trascurata, o l’ordine della legge o degli statuti del Comune di Fermo sia stato stravolto o non sia stato praticato, tuttavia non pertanto la sentenza sia nulla né da annullare, ma egualmente abbia validità e regga, come se l’ordine e la formula giuridica di ogni statuto e della legge siano stati praticati in pieno. Per qualche occasione, per le dette cose, quando si ha così la costatazione sul crimine, nessun Rettore, Sindaco o Giudice degli appelli possa dichiarare nulla, non valida, inefficace la sentenza pubblicata su tale crimine, né annullare, invalidare, rendere inefficace <questa>, né in qualche modo intraprendere qualche cosa contro questa stessa, sotto la penalità di 200 libre di denaro per il trasgressore; e nondimeno ciò che sia stato fatto contro ciò abbia validità per la legge stessa e neppure regga in alcun modo.

       4 Rub.23I beni dei condannati.

   Affinché nessuno sia oppresso per un reato di un altro né patisca danno alcuno, decretiamo ed ordiniamo che quando qualcuno sia stato condannato a morte, che per costui stesso sia stata fatta l’esecuzione, o no, i suoi beni in nessun modo si possano né si debbano confiscare, ma anzi, quelli provenienti da uno che non ha fatto un testamento, o per un diritto debbano essere conservati e siano riserbati per i successori debbano; fatta eccezione per i beni di chiunque sia stato condannato per tradimento o per ribellione, commessi contro la Città Fermana, o contro il suo Comune; e fatta eccezione per i condannati per eresia, per assassinio, per rapine stradali o per il vizio di sodomia; in tutti questi singoli casi i beni dei delinquenti debbano essere resi beni pubblici e confiscati <devoluti> al Comune di Fermo; e si capisca che sono stati confiscati anche se non sia stato espresso nella condanna; ma avendo riservato ai figli sempre la legittima, se non nel caso di detto tradimento o della ribellione. E dovunque si fa menzione dei beni di qualcuno resi pubblici, a meno che ivi apertamente si derogasse a questo statuto, per qualche motivo, si intenda e si faccia la stessa cosa. E va fatta eccezione per gli altri casi in modo speciale espressi negli statuti e in questo volume, circa il rendere i beni dei delinquenti, beni pubblici. Tali Statuti devono rimanere stabili nella loro validità.

       4 Rub.24Per coloro che bestemmiano e che maledicono Dio e i suoi santi e che giurano con malizia e in modi turpi, inopportunamente su di loro o mediante loro o contro le immagini o le figure loro fanno qualunque cosa.

   Allo scopo di reprimere i reati di coloro che presi da una istigazione diabolica presumono di profferire o fare bestemmie, parole o fatti a motivo dei quali abbiamo conosciuto che ne nascono pestilenze, terremoti, o fame nei territori, decretiamo con leggi più umane, che divine, e sanzioniamo con questa legge, che sarà per la validità perpetua, che se qualcuno abbia bestemmiato o abbia maledetto Dio, suo Figlio il Cristo o lo Spirito Santo, o la Beata Vergine Maria, o nominando uno o più dei loro i membri o delle parti di oscene, di uno o di un altro di loro stessi, o parlando con parole simili, in modo disonorante, sia punito con scudi 25 per qualsiasi volta. Inoltre se qualcuno abbia detto qualcosa per disprezzare Dio o qualcuno di questi santi o abbia profferito qualche simile parola turpe su di loro, o contro qualcuno di loro, similmente sia punito con la detta pena. Se, in realtà, una persona abbia bestemmiato o maledetto o imprecato qualche altro Santo o Santa di Dio con qualcuno dei detti modi o con simili, sia punita a 10 scudi. E in tutti i singoli i casi già scritti dal principio fino a qui, una persona che delinque, di qualsiasi sesso sia stata, qualora non abbia pagato la condanna fattagli o la pena impostagli secondo i detti modi, entro 10 giorni dopo pubblicata la condanna, o dopo la pena impostagli, sia posta alla catena o alla berlina per la prima volta, in realtà per altra volta sia tagliata effettivamente la lingua del tutto dalla sua bocca. Qualora, in realtà, qualcuno abbia fatto un giuramento per mezzo della testa, dei capelli, degli occhi, del naso, degli orecchi, delle mani, del petto, dei piedi, della corona, delle clavicole, delle ferite, del latte, del cuore, del fegato, del polmone, delle viscere, della milza e di cose simili a queste di Dio, o di Cristo, o della beata Maria Vergine, o dei Santi, o delle Sante di Dio, coloro che giurano fino alle membra dei Santi, siano puniti a scudi 5; ma quelli che giurano per mezzo delle membra di Dio, di Cristo o della Beata Vergine, siano puniti con scudi 10, per qualsiasi volta. E in tutti i singoli casi di tutto il presente statuto sia lasciato all’arbitrio del Rettore o del giudicante quel che possa e debba essere considerato simile a ciò. Se, in realtà, qualche persona abbia colpito, abbia inciso, abbia vituperato, o raschiato, o guastato, in tutto o in parte, una pittura, una figura o una immagine di Dio, del Cristo, della Beata Vergine, o di qualche Santo o Santa di Dio con un coltello, o con qualche genere di armi o con qualunque altro strumento di qualsiasi genere, oppure, in modo premeditato e con animo ostinato, abbia scagliato o messo pietre, legni, fango o alcune immondizie, contro di loro, o contro qualcuna di loro, oppure abbia percosso queste immagini, pitture o figure, o qualcuna di loro, o soltanto abbia colpito con le anzidette cose, o con qualcuna di esse, le immagini, le pitture, le figure anzidette o qualcuna di loro, anche soltanto con la mano o con un calcio nel volto di qualcuna delle pitture, delle immagini o delle figure dette prima, gli sia completamente amputata la mano destra oppure l’altra, soltanto una mano, fino a separarla da corpo, non entrambe, quella con cui le dette cose o qualcuna di esse siano state fatte. Il Podestà, il Capitano e il Giudice di giustizia e uno qualsiasi di questi, abbiano libero potere e autorità di fare indagini, di investigare e di punire sulle dette cose o su ciascuna di queste, tutti i singoli delinquenti di cui si fa menzione in questo statuto, con le pene descritte sopra, per ciascuna volta quando abbiano sono stati delinquenti, sul fatto, e senza alcun processo, subito appena sia stata fatta la constatazione di ciò. E riguardo alle dette cose tutte e singole e per ciascuna di queste anzidette, chiunque sia accolto e sia considerato come legittimo accusatore e denunciatore e sia tenuto segreto e abbia la metà della penalità pecuniaria e una metà del residuo di questa penalità sia del Comune e l’altro di chi fa l’esecuzione. Nei casi predetti meramente personali non abbia luogo alcun beneficio né di pace né di confessione. E nessuna persona che faccia un appello o una opposizione per nullità o un reclamo in qualunque maniera, sia ascoltata, in alcuno di questi casi, anzi, in qualsiasi occasione, il potere di fare appello, di reclamare, o di parlare di nullità sia completamente interdetta e negata per chiunque sia stato condannato, secondo la modalità e la disposizione del presente statuto, non fare appello, reclamare, o parlare di nullità, né da sé, né tramite altri a loro nome, né a nome di questo condannato.

       4 Rub.25Le pene per chi disturba i divini offici.

   Desideriamo che il divino officio sia celebrato con ogni pace e riverenza, e decretiamo che se qualcuno, in qualunque modo, abbia disturbato un divino officio, mentre è celebrato, o abbia procurato un ostacolo a coloro che celebrano in modo che non lo celebrino, e l’abbia fatto con consapevolezza, sia condannato e punito a 100 libre di denaro. E la stessa pena e lo stesso statuto siano capiti e siano a contrasto di coloro che disturbano le preghiere litaniche o coloro che le celebrano, o procurando un impedimento a loro o a qualcuno di loro, mentre sono celebrati; e la differenza di sesso non venga ammessa in nessun modo, nelle dette cose.

       4 Rub.26La pena per coloro che commettono un tradimento o una ribellione.

   Ognuno di qualunque sesso, che da qualche Castello, dai fortilizi, da una rocca, da una comunità o da una Villa del Comune di Fermo, abbia commesso o abbia fatto o abbia ordinato per fare o per commettere qualche defezione, ribellione o tradimento, o contro la Città Fermana, o contro il suo popolo, o contro il Comune, in qualunque modo abbia commesso, fatto, ordinato, o abbia trattato altra ribellione, defezione o rivelazione, venga trascinato alla coda di un asino attraverso la Città, poi sia appeso con una corda alle forche, in modo che muoia del tutto e anche sia punito, ad arbitrio del Rettore, con una pena più atroce, e tutti i suoi beni siano applicati al Comune. Se in realtà un Castello, una Villa abbia commesso, ordinato o fatto un tradimento, una ribellione o rivelazione contro questo Comune, gli svescioni, i ribelli o i traditori principali siano puniti con la pena detta sopra e il Castello o la Villa venga devastata e nello stesso posto, in futuro, non si possa costruire. E per queste cose e per qualsiasi di esse si possa essere accusati, indagati, e giudicati fino a quindici anni dopo che è stato commesso un tale reato, nonostante uno statuto che lo proibisca che non si possa, giudicare o punire sulle cose commesse prima di un certo tempo, e nonostante qualunque altro statuto o legge. Salvo sempre riservato che per le cose commesse prima dell’anno del Signore 1379 e il giorno 25 del mese di agosto del detto anno, anche se siano cose come quelle contenute in questo statuto, in nessun modo si possa far procedura né giudicare. E il presente statuto soltanto circa i reati commessi dopo detto anno e giorno e circa quelle verranno in futuro ad essere commesse per lo meno rivendichi per sé vigore. E se qualche persona per qualche occasione delle anzidette sia stata condannata o esiliata, mai abbia validità che ritorni o si riduca alla Città di Fermo.

       4 Rub.27Le pene per gli ambasciatori che eccedono gli ambiti del mandato.

   Diamo precetto che la forma e il modo del mandato e dell’ambasciata devono essere praticati da chiunque. Se ci sia stato qualcuno invece di tanto grande temerità che abbia ecceduto in un qualche modo, oltre gli ambiti dell’ambasciata o del mandato a lui imposti o affidati per mezzo dei signori Priori del popolo e del Vessillifero di giustizia o del Concilio o del Comune della Città di Fermo, e quando sarà stato inviato ambasciatore fuori Città per mezzo di questi o in altra maniera a nome del Comune, venga sul fatto punito, in modo reale e personale, ad arbitrio del Rettore, anche senza processo e senza alcuna formula giuridica, dopo aver considerato la condizione della persona e la qualità del fatto, e per il resto, per il fatto stesso ,in perpetuo, sia privato degli uffici, privilegi ed onori del Comune di Fermo.

       4 Rub.28Le pena di chi fa una conventicola, una cospirazione, una sommossa o cose simili.

   Con questa legge, che sarà valida in perpetuo, affinché tutti, in qualunque condizione o stato stiano, in perpetuo, si astengano da cose tali che, in qualsivoglia modo, potessero danneggiare, turbare o essere di pregiudizio al presente Stato popolare, libero, pacifico, e tranquillo, facciamo precetto che nessun terrigeno o forestiero o  <abitante> del distretto o del contado che sia ragguardevole o sia nobile, in qualunque stato o condizione stia, osi o presuma, pubblicamente o di nascosto, dire, ordinare o fare, trattare, o fare che sia fatto fare o sia trattato, o consentire o partecipare a qualche conventicola, o a una cospirazione, o a una combriccola popolare, o a una congiura, o ad un  tumulto, o ad uno schiamazzo nella Città di Fermo, o tra il suo popolo di questa Città, o nel Comune o nel suo contado o nel distretto, né incitare o aizzare nella Città di Fermo o nel suo contado o nel distretto, allo schiamazzo, alla congiura, alla sommossa, o allo scuotimento dello Stato presente, pacifico, libero, popolare e tranquillo della Città o del detto contado di Fermo, né fare o porre barricate o sbarre in qualche parte della detta Città, di persona o tramite altri a proprio nome, o con comando direttamente o indirettamente, nel tempo dello schiamazzo, della contestazione o in altro tempo, in modo che i Priori del popolo o il Vessillifero della giustizia generale, o gli altri Confalonieri delle Contrade e i Capitani delle società di questa Città, in qualsivoglia modo, non possano e non siano in potere di andare e di tornare liberamente e senza ostacolo né impedimento attraverso la detta Città per l’aiuto, per la difesa e per la protezione dello Stato pacifico, popolare tranquillo e libero del Comune e del popolo della detta Città e dei detti signori Priori e del Vessillifero di giustizia. Inoltre che nessuno dal contado o dal distretto di Fermo o un abitante di questo stesso contado o del distretto, in qualsiasi stato o condizione stia, o anche da altro luogo, in tempo di schiamazzo o di rivolta, osi né presuma venire verso la Città o dentro la Città di Fermo con armi o senza, destinare, portare o mandare, direttamente o indirettamente ad una parte, o a persone particolari, o ad una persona particolare di questa Città, genti, armi o cavalli, o altre cose qualunque, che influiscono o che fanno brigare, o consentire tacitamente o espressamente per un servizio di qualcuno, per un giovamento o in altra maniera qualsiasi, o per qualcuno, o per chiunque, o per gli anzidetti, o per qualcuno di essi, in qualunque maniera, o motivo, o richiesto schieramento, se non con uno speciale permesso e per un mandato esplicito dei signori Priori del popolo e del Vessillifero di giustizia di questa Città e del signor Podestà o del Capitano. Inoltre che nessuna persona, di qualunque stato o condizione sia, osi né presuma, pubblicamente o di nascosto, dire, ordinare, fare, consentire, trattare o procurare, in qualsiasi maniera o comunque, qualcosa per cui si possa derogare o arrecare in qualcosa un danno allo stato pacifico, libero, popolare, Comune e tranquillo di questa Città, né alla giurisdizione e ai suoi privilegi, o del contado e del distretto, né nelle cose già dette o in qualcuna di esse, dare o prestare aiuto, consiglio o sostegno o comunque di essere d’accordo a favore di uno di qualunque stato dignità o superiorità sia, neppure dargli consenso. Ma piuttosto se abbia saputo, abbia ascoltato, sentito o abbia capito qualcosa delle dette cose, immediatamente, celermente senza indugio, sia obbligato e debba dire, rivelare, divulgare, o manifestare quella cosa o quelle cose ai signori Priori del popolo e al Vessillifero di giustizia di questa Città e anche al Podestà e al Capitano, quelli che saranno incaricati nel tempo, e dire loro ed accusare coloro sulle cose dette o su qualcosa di queste dicono, ordinano, trattano, procurano o consentono; uno o più, chiunque siano stati, e nondimeno poter resistere e contraddire con tutte le possibilità, agli stessi che così dicono, ordinano, trattano, procurano o consento, come già detto, affinché qualcosa delle predette non venga eseguita né portata a termine. Se qualcuno invece di qualunque Stato o condizione si sia, abbia trasgredito o sia stato venuto o non abbia rispettato e non abbia adempiuto le dette cose o qualcuna di esse che sono contenute sopra nel presente statuto, sia punito, a libero volere del Podestà e del Capitano in maniera reale e personale, dopo aver valutato la condizione e la qualità del trasgressore e del fatto. In tutte queste e singole cose i detti Podestà e Capitano e ciascuno di questi abbia la pienissima giurisdizione, il potere e libero arbitrio di investigare a motivo del loro officio, di fare indagine e anche di far procedura in forza di una accusa o di una denuncia di chiunque; e di punire chi è trovato colpevole sulle cose dette o su qualcuna di esse, poi punirlo, a libero arbitrio, in maniera reale e personale, sul fatto, e senza formalità né obbligo di legge e di uno statuto, e omettendo ogni solennità. E con lo stesso libero arbitrio e la stessa maniera, si possa fare la procedura, e punire e condannare coloro che abbiano parlato male o in derisione o in altra maniera sconveniente del popolo, o della società del popolo, o dello stato popolare. E contro questi tutti i singoli, nel fare la procedura, nel condannare si capisca che tutte le singole dette cose siano ripetute e stabilite e abbiano luogo. E nelle dette cose o in qualcuna di queste non abbia affatto luogo nessun beneficio di pace, o di confessione né qualunque altro <beneficio> rivendichi per sé valore. Se qualcuno invece a causa delle cose dette o di qualcuna di esse, delle quali nel presente statuto si fa menzione, sia stato condannato alla privazione o alla perdita della persona o della vita non abbia vigore, in futuro, che egli ritorni in un modo qualunque alla Città di Fermo o nel suo contado o in essi, in nessun momento. Inoltre se qualcuno che abbia destato sospetti ai signori Priori o al Vessillifero di giustizia, o al Podestà, o al Capitano, che facesse qualcuna delle già dette cose, che attentasse, commettesse, o maneggiasse, palesemente o di nascosto, o in altra maniera, sullo stato popolare, libero e tranquillo di questa Città, sia stato ritenuto sospetto dai detti signori Priori e dal Vessillifero di giustizia o dal signor Capitano o dal Podestà o che facesse qualcosa o attentasse o commettesse o maneggiasse qualcosa a pregiudizio, a danno, o a disastro di questo stesso Stato o contro lo stesso Stato, in qualsivoglia e qualsiasi caso dei già detti, sul fatto e senza processo né scrittura, con libero arbitrio, il signor Podestà e Capitano e ciascuno di essi possa segregare, espellere dalla terra, e condannare al confino nella Marca, e fuori, per lo statuto che parla dello stabilire il confino o gli esili, o nonostante l’ostacolo di un altro statuto né, in alcun modo per una legge. E affinché gli officiali, non possano dichiarare, per un qualsiasi minimo reato, neppure usare quelle parole nel processo «Motivo per cui lo stato della Città si sarebbe potuto turbare, eccetera» decretiamo che quelle parole non possano essere usate in alcun processo, se non sia stato deliberato dal Podestà unitamente con il Capitano del popolo della Città di Fermo; e qualora il Capitano non sia stato <presente> in Città, allora, insieme con il Giudice di giustizia. E di questa cosa ci sia evidenza e debba essere evidente per mano del Notaio dei reati del già detto Podestà e per mano del Notaio del Capitano o del Giudice di giustizia. E se si facesse in maniera diversa, per la legge stessa, la sentenza da pubblicare su questo processo non abbia alcuna validità. E il Podestà e il Giudice che abbiano agito in contrasto alle dette cose incorrano nella penalità di 500 libre di denaro per ciascuno. E ad opera dei Sindaci si debba fare il sindacato, espressamente, sulle dette cose, nel tempo del suo sindacato.

       4 Rub.29Le pene per coloro che offendono i signori Priori del popolo, il Vessillifero della giustizia, il loro Notaio o il Cancelliere del Comune.

   Se qualche persona abbia offeso qualcuno tra i signori Priori del popolo o il Vessillifero della giustizia della Città di Fermo, si faccia la procedura in questo modo per le infrascritte offese, cioè qualora abbia proferito o abbia detto parole ingiuriose o minatorie, una o molte, per ciascuna volta venga punito con 50 libre. Se contro qualcuno di essi abbia fatto minacce con mano vuota, venga punito con 100 libre di denaro. Se con armi 200 libre. Se in realtà abbia percosso qualcuno tra i detti Signori con un bastone o con un altro strumento, senza sangue o anche a mano vuota con sangue o senza, la mano con la quale avrà percosso se sia stata una sola o entrambe le mani, se con ambedue abbia percosso, a costui stesso sia amputata o amputate totalmente, in modo tale che siano separate dal corpo. Se abbia percosso qualcuno degli anzidetti con armi di ferro, e da lì sia stato uscito sangue, venga punito alla morte, in modo che l’anima venga separata dal corpo. Se qualcuno invece abbia ucciso qualcuno fra gli anzidetti Priori o il Gonfaloniere durante il loro officio, venga punito con la <pena> capitale, in modo tale che esattamente muoia, e l’anima di lui venga separata dal corpo, e tutti i suoi beni siano resi pubblici, confiscati e annessi alla Camera del Comune di Fermo, affinché si passi come esempio, sia che la esecuzione sia fatta nella persona, sia che no. Se in realtà con alcuni dei detti modi offendesse il Notaio di questi signori Priori o il Cancelliere del Comune, sia punito con la pena doppia di quella con la quale verrebbe punito, se avesse offeso un altro Cittadino. Se qualcuno invece abbia ucciso il Cancelliere o il Notaio dei signori Priori durante il loro officio, sia punito con la <pena> capitale, in modo tale che esattamente muoia, e tutti i suoi beni siano resi pubblici, siano confiscati e siano annessi alla Camera del Comune di Fermo, sia che si faccia la esecuzione nella persona, sia che no. Inoltre se qualcuno abbia offeso qualcuno che sia stato Priore o Vessillifero di giustizia, entro i due mesi successivi dopo ultimato il suo officio, venga punito al doppio di quanto verrebbe punito se abbia oltraggiato un altro Cittadino. Inoltre chiunque abbia offeso qualcuno che sia stato Priore o Vessillifero di giustizia, entro un anno dopo deposto il loro officio di priorato o l’officio di vessillifero di giustizia, nell’occasione del detto loro officio, egualmente venga condannato e punito al doppio. Su queste cose il Podestà e il Capitano e ciascuno di loro abbiano il libero arbitrio di investigare e di punire sul fatto con le pene già dette, e senza altra formalità né processo o scrittura, tanto nel fare la procedura, quanto anche nel condannare.

       4 Rub.30Per stabilire il confino o la relegazione <condanne>.

   Affinché non si faccia la procedura con leggerezza e sconsideratamente per le liti, decretiamo che il Capitano, il Podestà e ciascuno di questi abbiano il libero arbitrio di esiliare o di porre al confino o di mandare i litiganti davanti a qualcuno di questi stessi, o davanti a qualche loro officiale nel palazzo della residenza di qualcuno di loro, se tali litiganti a parole o a fatti abbiano avuto con sé alcune armi, purché tuttavia la relegazione sia soltanto entro la Provincia della Marca e non oltre, per quanto sia duraturo l’officio di colui che fa la relegazione o pone al confino o vi manda. In realtà per i reati commessi non in presenza ma in assenza degli anzidetti, ciascuno dei detti Rettori abbia valido potere di esiliare i delinquenti o di porli al confino o mandarli al confino o di inviarli soltanto nel contado di Fermo, e per un tempo non maggiore di venti giorni, fuorché per parole ingiuriose dette in assenza degli anzidetti, e per queste cose non è lecito esiliare o porre o mandare a confino, se non in quanto fosse garantito da qualche statuto espressamente. E gli anzidetti Rettori a loro arbitrio possano fare e stabilire le dette relegazioni o porre o mandare a confino, oltre le altre pene contenute negli statuti. La persona in realtà relegata nel detto modo e in generale qualunque altra persona sia mandata o posta a confino, per la forma o della permissione di qualche statuto di questo volume, sia obbligata totalmente ad accondiscendere e obbedire e di non trasgredire, in nulla al Rettore che fa la relazione o che manda a confino, né possa assentarsi dalla Città di Fermo, durante il tempo della sua relegazione, in alcuna maniera, senza una speciale ed esplicita licenza di colui che relega; altrimenti, qualora abbia fatto in modo difforme, sia considerato totalmente come un ribelle della Città di Fermo, e possa e debba essere condannato come ribelle.

       4 Rub.31La Pena di coloro che offendono i Rettori o gli officiali della Città e del contado e della loro famiglia.

   Gli eccessi e i reati di ingiurie o degli offensori contro il Podestà o il Capitano, o qualcuno tra i loro officiali, o verso qualche altro Rettore o officiale del foro del Comune di Fermo, o verso un suo officiale, durante l’officio di quel Rettore o del già detto officiale del foro, il quale ha ricevuto l’oltraggio o l’offesa, o nel sindacato di lui, o nel venire al suo officio alla Città di Fermo, sia durante il viaggio nell’allontanarsi da questa, venga punito, sul fatto e in modo reale e personale, a libero arbitrio del Rettore, dopo considerate la qualità del fatto e la condizione delle persone; in realtà le cose commesse contro il Podestà, o contro il suo officiale siano punite dal Capitano o dalla sua Curia; in realtà le cose commesse contro un altro officiale del foro del Comune, o contro un suo officiale, o famiglio, siano punite dal Podestà o dal Capitano con l’anzidetto arbitrio. Se qualcuno in realtà abbia offeso qualche Cittadino Fermano, o un Rettore del contado, o del distretto, o un officiale di qualche Castello del contado o del distretto di Fermo, o un suo Notaio, nel luogo ove esercitasse il suo officio, durante il suo officiò, o durante il suo viaggio andando verso detto Castello per il suo officio, o ritornando da lì dopo averlo finito, oppure durante il suo officio; inoltre se qualcuno abbia oltraggiato un domestico, o un servo del Podestà o del Capitano o di un altro Rettore, o un officiale del foro, in qualsivoglia dei detti casi di questo paragrafo venga punito col doppio di quanto sarebbe punito un Cittadino che offende un Cittadino, e in tale doppio sia compresa la <pena> semplice; decretiamo e dichiariamo che contro tali offensori debba essere ed intendersi doppio come pena semplice e non raddoppiata.

       4 Rub.32Per i guastatori delle carceri.

   Chi, mentre sta in carcere, devasta il carcere pubblico della Città di Fermo, sia punito con la pena capitale; inoltre chi dopo l’effrazione dello stesso carcere, fuoriesce, sul fatto stesso, sia punito con la stessa pena; e sia tagliata la testa dalle spalle a chi intraprende la fuga dalle pubbliche carceri della Città, in modo tale che muoia del tutto. Inoltre qualora qualcuno stando fuori dal carcere, o non carcerato, consapevolmente, abbia rotto con inganno il pubblico carcere della Città, o abbia dato in prestito, o abbia affittato, o prestato, o dato o portato uno o più ferri o altri strumenti, uno o molti, a chi devasta o per devastare le dette carceri, sia punito con la detta pena del taglio della testa, così che muoia, sia che ci sia un fuoruscito, o fuggiasco, sia che no. Se in verità qualche persona sia fuggita non dalle dette pubbliche carceri, ma dal palazzo di qualche Rettore della Città o del contado, ad arbitrio del Podestà o del Capitano venga punito con 10 fino a 50 libre di denaro.

       4 Rub.33La pena di coloro che si oppongono alle esecuzioni della Curia o che impediscono la stessa esecuzione.

   Se qualche persona di fatto si sia opposta ai servitori del Podestà o del Capitano o di un altro officiale della Città di Fermo o a qualche Balivo del Comune per una commissione di qualcuno di loro, o per un mandato trasmesso; o chi abbia procurato un impedimento, soltanto di fatto, a qualche Balivo, o ad un famiglio dei detti officiali affinché chi così è stato inviato non esegua la commissione o il mandato ingiunto o fatto, e anche chi abbia permesso che il tale così inviato prenda da sé o con un altro il pegno o i pegni e si peggiori in altro modo, venga punito sul fatto e senza alcun processo a 5 libre di denaro e su queste cose sia prestata fede e ci si attenga al resoconto di codesto inviato con un teste oculare. Ed in ciò il beneficio della confessione abbia validità e non <quello> della pace. Aggiungiamo alle dette cose che se qualcuno abbia fatto fuggire o evadere o abbia procurato un impedimento, per cui qualcuno fugga o evada dalle mani di qualche officiale o di un famiglio di qualche officiale della Città di Fermo, e per l’occasione di questo impedimento il detto prigioniero, o chi sta nelle mani o nella forza del detto officiale o di un famiglio sia fuggito o sia evaso, o che sia stato catturato nell’occasione di un reato, o a richiesta di qualche creditore di questo catturato, o per qualunque altra ragione, il detto esecutore dell’impedimento o chi fa fuggire, come sopra, sia punito come quella pena, e sia obbligato a quella somma di denaro alla quale il detto fuggitivo o evadente era obbligato, e ad un quarto in più della penalità pecuniaria o del debito, da assegnare al Comune di Fermo. Se in realtà nella occasione di un reato, sul quale si dovesse imporre una pena corporale o principalmente afflittiva del corpo, o sia stata imposta, colui che procura il detto impedimento o chi fa fuggire sia punito, come sopra, e per ciascuna volta, ad una pena di 1000 libre di denaro, sul fatto, e senza alcun processo.

       4 Rub.34La pena per chi impedisce a qualcuno di fare testamento, o fare contratti o disporre altrimenti delle proprie cose.

   Coloro che, contro i comportamenti buoni, impediscono direttamente o di traverso ad una qualche persona di fare liberamente testamento, o in altra maniera disporre nell’ultima volontà dei suoi beni, o costringendo o in altra maniera non determinando a fare liberamente il testamento o di disporre, come già detto, sia punito e condannato a 200 libre di denaro. Per il fatto stesso perda ogni cosa o comodo di lei, che abbia, o potesse avere o gli spettasse sui beni o riguardo ai beni della tale persona ostacolata e in perpetuo ne sia privato di fatto, e in perpetuo. E con la stessa penalità sia punito chi abbia sedotto o abbia spinto un altro a fare ciò.

       4 Rub.35 Le carceri private.

   Desideriamo che il nefandissimo crimine di incarcerare in privato sia punito con l’ultimo supplizio e decretiamo che se ci sia stata qualche persona di tanto grande temerità che per una sua presunta autorità, contro i buoni costumi, abbia carcerato privatamente una qualche persona e l’abbia deprivata della propria libertà, incarcerata o coatta nell’abitazione, o altrove e l’abbia tenuta priva della libertà per lo spazio di 24 ore, o abbia fatto fare o commettere alcunché di questi atti, o abbia agito una persona da sola o sia stata associata chi abbia fatto o commesso o abbia fatto fare o commettere tale cosa, a lei stessa sia amputato il capo dalle spalle, tanto che muoia, e i suoi beni siano resi pubblici e incamerati e si intendano incorporati al Comune di Fermo, quand’anche nella sentenza non sia stato chiaramente espresso che deve essere fatta la confisca dei beni. Se qualcuno invece abbia imprigionato qualcun altro, come è stato detto sopra, e l’abbia tenuto nelle dette carceri e l’abbia privato della libertà per lo spazio di 23 ore, oppure meno, il tale che incarcera o che priva qualcuno della libertà venga punito e condannato per ciascuna ora con 25 libre di denaro.

       4 Rub.36Gli assassini e le loro pene e i mandanti che fanno percuotere per mezzo di sicari.

   Qualora una persona, nella Città di Fermo o nel suo contado o distretto, abbia fatto offendere una persona per mezzo di qualche assassino o con un modo di assassinio, con qualche genere di armi con effusione del sangue o senza, e dalla offesa non siano state inferte, fatte, né siano a seguire né la morte, né una cicatrice che rimanga in perpetuo sulla faccia, neanche una mutilazione, o una rescissione, o una debilitazione che sia duratura in perpetuo su qualche membro, o su un nervo, o su una funzione di un membro, né ci sarà, chi fa offendere così sia punito e condannato a libre 500. E qualora entro dieci giorni, da calcolare dalla emanazione della sentenza, non abbia pagato la condanna fattagli, sul fatto, gli siano rescisse interamente la lingua e insieme una mano tanto da separarle dal corpo. L’assassino che offende così sia condannato a 1000 libre di denaro e qualora non abbia pagato effettivamente questa somma entro cinque giorni da calcolare dalla emanazione della sentenza sia sospeso alla gola sulla forca, in modo tale che muoia del tutto. Se in realtà qualche assassino abbia percosso qualche persona o abbia offeso tanto che dalla percossa o dall’offesa sia seguita la morte o una cicatrice che rimarrà in perpetuo sulla faccia, o una rescissione, una mutilazione, o una debilitazione tale da restare duratura in qualche nervo o di un membro o nella funzione di un membro, siano state fatte o siano a seguire, in perpetuo, da ciò, questo stesso assassino che così percuote, o offende sia sospeso per la gola alla forca in modo che muoia del tutto e tutti i suoi beni siano resi pubblici. E in realtà chi abbia fatto o comandato di percuotere così o di offendere per mezzo del tale assassino, sia punito con la pena capitale in modo che muoia del tutto e tutti i suoi beni siano resi pubblici. Ma se qualcuno, su mandato e su committenza di qualche suo consanguineo fino al terzo grado incluso, da calcolare secondo il diritto Canonico, per la vendetta di una ingiuria inferta in qualsivoglia modo a tale mandante o al committente, abbia percosso o abbia offeso quel tale che precedentemente ha inferto ingiuria al tale mandante o al committente in vendetta d’ingiuria, non vogliamo che sia legato, né si punisca con questa pena di questo statuto, a meno che per mezzo di una corruzione di denaro o di altra cosa, abbia percosso o anche offeso per questa vendetta, ma tanto chi lo fa, quanto anche chi così offende siano puniti con pari pena, secondo le altre pene degli statuti. E non sia considerato assassino chi su mandato del tale consanguineo di cui si parla sopra, abbia offeso, come già detto, a meno che non abbia percosso o offeso per essere stato corrotto con denaro o con altra cosa oppure anche che abbia pattuito. E per il terrore e per sterminare gli assassini decretiamo che se qualcuno in qualche terra o luogo sia stato condannato come assassino ossia per assassinio, fuori dalla Città e dal distretto di Fermo, e su tale condanna esiste la costatazione per mezzo di un pubblico istrumento, se lui sia venuto nella Città o nel distretto di Fermo, e se qui viene scoperto,  debba essere condannato e punito nella persona e con <multa di> danaro con pari pena per l’assassinio commesso altrove, del quale si è avuta la constatazione, come già detto, dopo rinnovato il processo per mezzo del Rettore di Fermo o senza farlo, a libero arbitrio del Rettore. E per l’autorità del presente statuto, qualsivoglia forestiero <forense> fa o commette un assassinio o che in passato l’abbia commesso sia considerato e valutato come un vagabondo. Vogliamo anche che se un famoso assassino sia stato scoperto nella Città di Fermo, o anche nel contado e nel distretto o al Rettore consta che lui è un assassino o lo è stato, per mezzo di tre testimoni che testimoniano o depongono sulla pubblica voce e sulla fama riguardo a ciò, benché questo tale sia riscontrato come forestiero e benché nella Città di Fermo e nel suo distretto non abbia sbagliato al modo di un assassinio e neppure abbia commesso qui un assassinio, tuttavia sia punito nella persona e con <multa di> denaro ad arbitrio libero del Rettore. E qualora il Rettore abbia deciso di condannarlo a una pena inferiore alla morte,  del tutto lo scacci dalla Città di Fermo e dal distretto e lo condanni e sottoponga al bando perpetuo di denaro e di persona. Per assassino si intenda e si consideri, per l’autorità del presente statuto, chi, essendo stato corrotto o colluso con denaro o con altra cosa, o avendo pattuito, abbia offeso qualche persona, oppure l’abbia percossa per mandato altrui o di un altro committente a far fare, che interviene con la corruzione, o con patto di denaro, o altra qualsiasi cosa, o quando lui stesso, per un motivo e per la speranza di denaro o di altra cosa, lo abbia fatto da sé, di sua spontanea volontà; inoltre sia considerato e sia valutato e sia punito come l’assassino anzidetto, consapevolmente in tutto e per tutto, quando qualcuno sia stato un intermediario tra l’assassino e il mandante che fa commettere o fa fare l’assassinio, o sia intervenuto da depositario del denaro o di altra cosa, o chi sia intervenuto o ci sia stato messo in opera per di queste cose. Su tutte le cose contenute nel presente statuto si possa fare la procedura, fare indagine e punire su qualsiasi cosa che così sia stata commessa, come è contenuto nel presente statuto, al tempo dell’officio del Rettore che indaga o <al tempo> del predecessore, o antecedentemente entro 5 anni; e ciò sia praticato nelle cose future.

       4 Rub.37Coloro che intercettano, asportano, nascondono, sottraggono o invadono i beni mobili del Comune.

   Se qualcuno abbia asportato, afferrato, rapinato, sottratto, invaso, in qualsiasi modo, a danno del Comune, per autorità o per temerità propria, in passato, anche in futuro, i denari o altre cose pertinenti e spettanti o cose pervenute, o almeno che debbano pervenire a questo stesso Comune, o beni mobili pertinenti e spettanti o pervenuti o almeno che debbano pervenirgli, di qualsiasi genere, e in qualsiasi modo, oppure almeno abbia fatto, procurato o consigliato dolosamente, a danno del Comune, asportate, afferrare, rapinare, sottrarre, o invadere, sia obbligato alla restituzione effettiva di quanto così asportato, afferrato, rapinato, sottratto o invaso, oppure sia obbligato all’estimo di quello e sia punito al triplo in più, ad arbitrio libero del Rettore, anche sul fatto, senza alcun processo, né scrittura. E contro tutti e singoli coloro che in passato o in futuro abbiano sbagliato nelle dette cose o in qualcuna di esse, qualsivoglia Rettore della Città abbia arbitrio libero di investigare, di indagare e di fare la procedura e punire e condannare i colpevoli, come già detto, e abbia la quarta parte della penalità pecuniaria che avrà fatto pervenire effettivamente al Comune in occasione delle dette cose, o di qualcuna di esse. E questa quarta parte poi sia sottratta dai beni del tale condannato o punito e debba essere riscossa a favore del Comune. E il Rettore nell’occasione della condanna o della pena che avrà fatto o avrà stabilito contro qualcuno in occasione di qualcuna delle dette cose, non possa né debba essere sindacato né stare al sindacato, né esservi tenuto, se non solamente per furto e per baratteria (peculato). E nelle dette cose non abbia udienza alcuno che faccia appello, oppure faccia opposizione di nullità o che voglia opporsi. E qualsivoglia Rettore faccia fare il bando di questo statuto, una volta al mese, sotto penalità di 25 libre di denaro.

       4 Rub.38La pena per chi commette peculato o frode nel suo officio.

   Allo scopo che ognuno nel suo officio e nel suo servizio abbia le mani pulite con la presente legge decretiamo che se qualcuno che ha in qualche luogo dal Comune o per conto del Comune un officio pubblico o anche un’amministrazione pubblica nel suo officio, o nell’amministrazione o per riparo, o per considerazione del medesimo officio, o anche dell’amministrazione, abbia commesso, abbia fatto, o abbia esercitato o abbia fatto commettere, abbia fatto fare o abbia fatto esercitare qualche baratterie <peculato>, furto, estorsione, frode o un illecito guadagno o l’abbia comandato o vi abbia partecipato, oppure abbia ritenuto ciò fatto, accolto, o approvato, sul fatto venga punito con 200 libre di denaro, senza alcun processo né scrittura, e nondimeno <punito> anche alla restituzione di ciò che gliene sia stato pervenuto, o all’estimo di ciò e venga condannato e punito in più al decuplo per il Comune. E nondimeno qualsiasi cosa sia stata compiuta, fatta o avvenuta per riparo, con l’occasione o la considerazione, o con l’intervento di qualcuna delle dette cose, per la legge stessa, non abbia alcuna validità. Su tutte queste singole cose qualsivoglia Rettore della Città abbia libero arbitrio di investigare, di inquisire e di far procedura contro coloro che così delinquono, e di punire e di condannare con le pene già dette con lo stesso arbitrio. E per le sentenze così pubblicate o per le pene imposte per tale motivo non possa essere fatto appello, né fare opposizione di nullità contro le stesse. E il Rettore che così condanna o punisce per queste cose che abbia fatto o abbia stabilito, per la detta occasione, non possa essere sindacato, se non avesse fatto o anche avesse stabilito in tal modo ciò per mezzo di un furto o con baratteria <peculato>. E colui che così abbia condannato e punito abbia la quarta parte di quanto da ciò abbia fatto pervenire al Comune. E affinché non sorga il dubbio o si si discuta, o si faccia sulle dette cose che si debba intendere, come anzidetto, «in un officio pubblico» o anche «nell’amministrazione pubblica» o «dell’officio dello stesso», o anche «acquisizione; occasione considerazione» dell’officio o dell’amministrazione, in vigore dell’autorità perpetua di questo statuto, ciò che sia stato così affidato, o fatto, o comandato, partecipato, o accolto, ricevuto gradito, sia affidato all’arbitrio del Rettore.

       4 Rub.39La pena di coloro che commettono una ruberia, un furto di schiavi, o cose simili e portano al male una fantesca.

   Per mezzo di questa saluberrima legge decretiamo che se qualcuno nella Città o nei Castelli o fuori dalla Città e dai Castelli del Comune di Fermo, in qualche abitazione o percorso, o fuori dall’abitazione o fuori dal percorso nel distretto di Fermo, o anche in mare, o nella riva del mare abbia derubato qualche persona di 20 soldi o più di ciò o di una cosa o di cose di altrettanto valore per mezzo della violenza inferta a tale persona, o abbia preso o abbia catturato qualche persona con lo scopo di far riscattare costei o anche di rubare; sia sospeso alle forche con un laccio cosicché muoia, sia quando tale persona presa o catturata sia stata riscattata da sé stessa o per mezzo di un altro, sia anche che sia stata fatta una riscossione o no; e tutti i suoi beni siano resi pubblici <confiscati> al Comune. Con la medesima pena sia punito se qualcuno abbia fatto fare o comandato di fare o di commettere le dette cose o qualcuna di esse, o consapevolmente e dolosamente abbia partecipato a tali cose fatte o commesse; o abbia dato o prestato aiuto, consiglio e sostegno a chi commette o fa le dette cose o qualcuna delle dette cose; o per commettere o fare qualcuna delle dette cose. Inoltre se qualche ladro pubblico e famoso, o un rapinatore nella Città di Fermo o nel suo distretto, abbia fatto o commesso una ruberia, una rapina, un ladrocinio o un furto di una somma da estimo come scritti sopra, o maggiore, o di una cosa o di cose di tanto valore o di più, sia punito con la pena scritta sopra. E in qualsivoglia caso degli anzidetti, sia condannato alla restituzione della cosa o del denaro così sottratti e al risarcimento del danno, se qualcosa sia provenuto da ciò. Nondimeno per la legge stessa sia privato di un diritto se gli competa qualcosa in tale cosa sottratta. Inoltre se qualche persona fuori dal distretto di Fermo, abbia sedotto il figlio di un altro, o una figlia, sia che l’abbia posto o posta, sia che non l’abbia posto o posta nella potestà di un altro, commettendo un furto di schiavo, o no; purché tuttavia, in un modo o con un motivo disonesto e contro i buoni costumi abbia fatto e commesso così, e successivamente abbia condotto o abbia fatto condurre nella Città di Fermo o nel suo distretto il sedotto o la sedotta; o al contrario, se qualche persona così abbia sedotto così qualcuno o qualcuna nella Città di Fermo o nel suo distretto, come già detto, e successivamente abbia condotto o abbia fatta condurre il sedotto o la sedotta così fuori dalla Città o dal distretto di Fermo, in qualsivoglia dei detti casi sia punito con 500 libre di denaro. E se non abbia pagato la condanna a lui fatta o la pena a lui imposta entro dieci giorni da calcolare dal giorno della pubblicazione della sentenza, gli sia amputata la testa, in modo che muoia. In realtà che sia da intendere e debba essere inteso nei detti modi o in uno di essi, per «sedurre», «avere sedotto», o «avere condotto», o «avere fatto condurre» sia affidato e sia posto e resti posto nel libero arbitrio del Rettore. Inoltre nei casi di questo statuto, o in qualcuno di questi stessi il beneficio della pace non trovi luogo, né il beneficio della confessione sia praticato. E qualsiasi Rettore della Città abbia valido potere di fare la procedura, di informarsi e di punire sulle cose anzidette, sul furto di schiavi, sulla seduzione, sul trasporto degli anzidetti e su cose simili a queste, come già detto, fatte o commesse al tempo del suo officio o antecedentemente, tre anni prima. E ciò abbia validità per le cose future. Se qualcuno in realtà abbia sottratto o in altra maniera abbia trattenuto, senza il permesso del patrono qualche serva o fantesca di qualche Cittadino e di un abitante di questa Città e del suo contado, per la legge stessa, incorra nella pena di 10 ducati d’oro e di tre tratti di corda da compiere sul fatto, senza alcun processo. E il Podestà, che ci sarà stato nel corso del tempo, sia obbligato a riscuotere la detta pena; se non l’abbia riscossa e non l’abbia fatta riscuotere, allora, sia collocata e conteggiata nel salario di questo Podestà.

       4 Rub.40La pena di chi sottrae un bene mobile.

   Ognuno, di qualunque sesso, che porta via con la violenza a qualche persona qualche bene mobile di valore di 100 soldi di denaro o meno di ciò, una o più cose, o denaro fino a 100 soldi di denaro inclusivamente o meno, purché tuttavia non abbia fatto o abbia commesso ciò con l’animo né con il proposito di rubare, sia punito con 25 libre di denaro. Se in realtà abbia portato via, come già detto, denaro, o una cosa, o cose di un valore sino a 100 soldi, o superiore, fino a 10 libre inclusivamente, sia punito con 50 libre di denaro. Se in realtà abbia portato via, come già detto, denaro, o una cosa, o cose di un valore superiore alle 10 libre, di qualunque somma o estimo sia punito con 100 libre di denaro. In qualsiasi dei casi anzidetti sia condannato alla restituzione della cosa o del denaro così portato via, e all’estimo del danno, quando qualcosa così ne sia derivato; e nondimeno, per legge, qualora qualcosa in tale bene portato via apparteneva a lui stesso, ne sia privato sul fatto stesso. In realtà quando <ciò> sia avvenuto senza scopo, né proposito di derubare o di trafugare, la pena del ladrocinio o del furto non trovi applicazione nei casi di questo statuto. In realtà le dette pene o una qualsiasi di esse non abbiano applicazione contro colui che abbia portato via da qualche cosa rinvenuta o trovata che arrecava danno nel suo possedimento o bene.

       4 Rub.41La pena di coloro che impongono una taglia o fanno riscattare per mezzo di una taglia, o cose simili e <pena> dei loro messaggeri.

   Desideriamo rendere sicuri tutti i singoli contro l’arroganza e la superbia di alcuni che procurano o anche osano vergognosamente di applicare ai propri usi e di rapire la ricchezza altrui, e con questa legge decretiamo che se qualcuno sotto minacce o con la pressione della paura, abbia preteso da qualche persona denari o qualche cosa, da sé stesso, o per mezzo di un altro, a mezzo di una lettera di costui, o abbia imposto in tal modo una taglia a qualche persona; o abbia fatto in qualche modo sì che qualche persona sia sottoposta a riscatto per una cosa o con denaro in maniera reale o personale; sia punito ad arbitrio del Rettore. E con la stessa pena sia punito colui che nelle dette cose, o in qualcuna di esse, sia stato un messaggero o un ambasciatore, o abbia portato la lettera su ciò, qualora con consapevolezza abbia fatto un qualcosa come ciò, o abbia offerto aiuto o favore nelle dette cose o in qualcuna di esse.

       4 Rub.42L’omicidio.

   La ragione non tollera che si usi umanità verso coloro che sono disumani. Pertanto decretiamo che se qualche persona deliberatamente e di proposito, o abbia ucciso un uomo, o l’abbia abbattuto, fatto morire o l’abbia eliminato con la spada, con il veleno, o con qualunque altro mezzo, o in qualunque altro modo, o abbia fatto sì o abbia comandato che così fosse ucciso, distrutto o fatto morire o l’abbia fatto eliminare, e l’eliminazione sia stata completata, seppure egli, al tempo della condanna, fosse presente nel potere militare di un Rettore, sia punito con la pena capitale, in modo che muoia; e in questo caso i suoi beni in realtà non siano resi pubblici. Qualora, in realtà, al tempo della condanna, egli non sia stato presente nel potere militare di un Rettore, allora, sia condannato con la pena capitale, in modo che muoia, se in un qualche tempo sarà pervenuto nel potere militare del Rettore o del Comune. E in questo caso tutti i suoi beni siano resi pubblici <confiscati> e nella stessa sentenza siano conosciuti come pubblici. Qualsivoglia donna che deliberatamente e di proposito abbia fatto o abbia partorito un aborto sia punita con un modo e una pena simili. E anche qualsivoglia persona che abbia fatto accadere o nascere un aborto, oppure l’abbia comandato, sia assolutamente punita allo stesso modo e con la stessa pena, come sopra. In realtà, qualsiasi persona abbia prestato aiuto, consiglio o sostegno per le dette cose, o per qualcuna di quelle che sono contenute sopra, sia condannata a 1000 libre di denaro. Se entro dieci giorni, da calcolarsi dal giorno della pubblicazione della sentenza, non abbia pagato questa condanna, sia punito con la pena capitale, in modo che muoia. Se qualcuno invece abbia ucciso un uomo <persona> o l’abbia distrutto, fatto morire, o l’abbia eliminato, non di proposito e senza deliberazione, ma per caso, tuttavia coinvolgendosi in una qualche colpa, sia punito con 500 libre di denaro. E per le cose contenute nel presente statuto qualsivoglia Rettore possa investigare ed anche fare la procedura, indagare e punire, se qualcuna di queste stesse cose sarà stata commessa al tempo dell’officio di costui, o entro i successivi cinque anni, e questo statuto abbia validità nelle cose future.

       4 Rub.43I delitti, gli avvelenamenti, i negromanti e le cose simili.

   Se qualche persona abbia esercitato l’arte della stregoneria, dell’avvelenamento o della negromanzia, oppure se abbia fatto o abbia esercitato qualcosa in qualche modo pertinente alle dette cose o l’abbia fatta fare o esercitare, o accadere, di qualunque sesso sia, poi sia bruciata da viva con le fiamme ed i suoi beni siano resi pubblici <confiscati>.

       4 Rub.44L’adulterio, lo stupro, l’incesto, il rapimento di vergini, o di consacrate a Dio, l’omosessualità, l’empietà, l’accoppiamento proibito e cose simili; i lenoni <mezzani>.

   Vogliamo allontanare tutti dai crimini per mezzo del terrore della pena, decretiamo che se qualcuno abbia rapito, o abbia portato fuori da un monastero una suora o una monaca, contro la sua volontà, oppure volente, con la decisione della unione carnale con lei stessa o abbia fatto l’unione carnale alla fine, oppure non l’abbia fatta, sia punito con la pena capitale, e ad arbitrio libero del Rettore con peggiore pena, fino a che sia completamente morto. Inoltre sia punito con la pena scritta sopra, quando qualcuno abbia fatto unione carnale con una suora o una monaca dentro al monastero. Qualora poi questa abbia tentato di commettere o fare qualcuna delle dette cose o qualcuna di queste e sia pervenuto a qualche atto effettivo, anche se non ha portato a termine l’atto criminoso, sia punito con 1000 libre di denaro e qualora non abbia pagato questa penalità o condanna entro dieci giorni da calcolare dal giorno della pubblicazione della sentenza, gli sia tagliata spalle la testa, cosicché muoia. Se poi qualcuno con il motivo di violentare nella carne una reclusa e carcerata e chi vive da eremita, condiscendente o contro la sua volontà, o l’abbia rapita, o portata fuori dalla sua dimora, sia punito alla pena capitale, cosicché muoia. Sia affidato all’arbitrio del Rettore il significato di cosa si intenda quando una è chiamata «reclusa e carcerata e «vivente da eremita». Nei casi già detti e in qualsivoglia di essi, quando qualcuno sia condannato principalmente alla morte, anche i suoi beni sono resi beni pubblici <confiscati>, qualora, al tempo della condanna, egli non sia pervenuto e fosse nel potere militare del Comune, e se l’esecuzione avvenisse sulla persona, allora e in tale caso, i suoi beni non sono resi pubblici. Inoltre se qualcuno abbia violentato nella carne una sua consanguinea che sta nel primo, secondo, terzo, o quarto grado, sia condannato alla pena capitale cosicché muoia. Qualora abbia fatto soltanto un tentativo con il motivo di unirsela nella carne sia condannato a 500 libre di denaro. E in tutti i singoli detti casi la donna consanguinea di colui che unisce nella carne, e lei abbia sopportato di essere così unita, sia punita alla medesima pena come colui che la unisce nella carne. Se in realtà, qualcuno abbia violentato nella carne, contro la di lei volontà, una parente ‘affine’ legata con il grado primo, secondo, terzo, o quarto, o una vergine, sia punito con la pena capitale, cosicché muoia. Se in realtà <si unisce> con lei volente, allora il maschio e la femmina siano puniti, a 500 libre di denaro per ciascuno. E qualora non abbia pagato questa pena entro dieci giorni da calcolarsi dal giorno della pubblicazione della sentenza, ad arbitrio del Potestà, gli sia tagliata dal braccio la mano destra oppure la sinistra, così che a chi non paga sia separata dal corpo. Se in realtà, abbia fatto il tentativo soltanto con l’intento di violentarla nella carne, sia punito a 200 libre di denaro. Qualora, in realtà, qualcuno abbia fatto l’unione carnale con una sua parente ‘affine’ non vergine, che sta legata nel primo, secondo, terzo, o quarto grado, se contro la volontà di lei, sia punito con la pena capitale; se invece con lei volente, ciascuno di questi, tanto il maschio quanto la femmina, siano puniti a 200 libre di denaro; e se non abbia pagato questa pena entro dieci giorni da calcolarsi dal giorno della pubblicazione della sentenza, sia fustigato con flagelli nudo attraverso la Città di Fermo, si intende chi non paga; e qualora uno non abbia fatto l’unione carnale, ma qualora abbia tentato soltanto, con l’intento di violentarla, senza che sia avvenuta l’unione carnale, sia punito a 100 libre di denaro. E in tutti i singoli casi di questo statuto, il detto grado della consanguineità e dell’affinità debba essere calcolato e numerato soltanto secondo il diritto Canonico. Inoltre se una persona abbia fatto il coito carnale turpemente con qualche animale bruto, allora siano bruciati al fuoco, da vivo tanto colui che fa il coito, quanto l’animale vivo bruto. Inoltre se qualcuno abbia commesso il vizio di sodomia, in verità, colui che ha l’età maggiore di 18 anni, sia bruciato vivo al fuoco, cosicché muoia. Colui che subisce la sodomia con età maggiore di 14 anni sia punito a libre 200 di denaro. Inoltre se qualche Cristiano abbia fatto l’unione carnale con qualche Giudea o al contrario uno Giudeo l’abbia fatta con qualcuna Cristiana, egli sia bruciato vivo al fuoco, cosicché muoia: E quando lei sia stata passiva spontaneamente nell’essersi così unita nella carne, sia punita con la stessa pena con cui il maschio. Inoltre se qualcuno abbia fatto l’unione carnale con una vergine contro il diritto, e contro i buoni costumi, sia condannato a 1000 libre di denaro e se entro dieci giorni da calcolarsi dal giorno della pubblicazione della sentenza non abbia pagato questa penalità, gli sia tagliata la testa cosicché muoia. Qualora, in realtà, qualcuno abbia fatto il rapimento di qualche vergine o di qualche donna sposata di buona vita e di fama, con l’intento di farci l’unione carnale, sia punito alla pena capitale, cosicché muoia, sia che abbia fatto con lei l’unione carnale, sia che no. Se qualcuno poi abbia fatto soltanto il tentativo violento con l’intento di unirsi nella carne con qualcuna vergine, sia punito a libre 200 di denaro. Inoltre se qualcuno si sia unito nella carne con una moglie altrui di buona vita e di fama con lei volente, sia condannato a libre 200 di denaro e se non abbia pagato questa condanna entro dieci giorni da calcolarsi dal giorno della pubblicazione della sentenza, sia fustigato nudo con flagelli attraverso la Città di Fermo e nondimeno sia rimesso nel carcere e fino a quando non abbia pagato non sia affatto rilasciato. Qualora, in realtà, uno fa la violenza carnale fatta contro la volontà di lei, sia punito alla pena capitale. Il “fare un tentativo” poi va inteso come quando uno sia andato nell’abitazione di lei o sia entrato o sia voluto entrare nella possessione di lei o altrui, o l’abbia presa <addosso> sulla persona. E queste cose abbiano applicazione in qualsiasi caso di tentativo contenuto nel presente statuto; qualora, invece, non sia avvenuta l’unione carnale con lei, ma abbia fatto soltanto il tentativo con violenza, sia punito a 200 libre di denaro. Se qualcuno invece abbia fatto l’unione carnale, o l’abbia tentata, con la moglie altrui di vita e di fama non buone, né di buona fama, o abbia agito con colei volente, sia il maschio, sia la femmina siano puniti a libre 10 di denaro; in realtà, se contro la volontà di colei, questo <uomo> adultero sia punito a libre 25 di denaro. E al fine di aver prova che la tale donna sia o sia stata una donna di fama e di vita non buone e non oneste, sia sufficiente la prova della deposizione di quattro testimoni che riferiscono su ciò dalla pubblica voce e dalla fama. Inoltre se qualcuno abbia fatto l’unione carnale con una vedova di vita e di fama buone e oneste, con lei volente sia punito a 200 libre; se al contrario, abbia agito contro la volontà di lei sia punito a libre 1000, e qualora non abbia pagato questa penalità di 1000 libre, entro dieci giorni da calcolarsi dal giorno della pubblicazione della sentenza, sia punito con la pena capitale. Se peraltro abbia fatto con la vedova soltanto un tentativo nell’intento dell’unione carnale con violenza sia punito a 200 libre di denaro. Se poi uno abbia rapito tale vedova con violenza, sia che abbia fatto l’unione carnale sia che no, sia punito alla pena capitale, cosicché muoia. Se qualcuno abbia fatto l’unione carnale con una domestica sua o altrui con un patto o senza un patto, non coniugata, neanche vergine, tuttavia di vita onesta, sia punito con 25 libre di denaro a favore del Comune; e sia condannato a dare a questa donna, con cui si è accoppiato così, 500 libre di denaro in modo che per mezzo di ciò sia in grado di farsi una dote. Se, in realtà, questa domestica sia vergine o coniugata sia punito a 50 libre a favore del Comune; e sia condannato a dare 100 libre a colei vergine per la sua dote. Inoltre se qualcuno abbia fatto il tentativo con l’intento di unirsi nella carne, in modo violento, con una sua o altrui domestica coniugata, oppure non coniugata, anche vergine, sia punito a libre 10 di denaro. Qualora lui abbuia fatto soltanto un tentativo di unirsi, sia punito a 5 libre di denaro. Inoltre al fine di frenare la libidine delle sposate e delle vedove, decretiamo che una donna sposata che spontaneamente in modo passivo si sia unita nella carne, sia condannata a 500 libre di denaro, e qualora non abbia pagato questa condanna entro venti giorni da calcolarsi dal giorno della pubblicazione della sentenza, sia condannato alla pena capitale, cosicché muoia; e per il fatto stesso lei sia privata della sua dote e (questa) sia assegnata al marito. Invece una vedova che spontaneamente commette uno stupro sia punita a 200 libre di denaro. Tuttavia nel presente statuto generalmente decretiamo e facciamo statuto, cioè che nessun Rettore o Giudice della Città, che sarà stato in carica nel tempo, possa fare la procedura né l’investigazione sulle cose dette sopra nel presente statuto, se non soltanto per mezzo dell’accusa da parte di chi per tale cosa ha patito l’ingiuria, del marito, o anche del padre, del fratello carnale per entrambi o di un altro dei genitori o del patrono o del signore o zio della moglie così accoppiata nella carne. E se si facesse la procedura in altro modo che non sia per mezzo dell’accusa di qualcuno degli anzidetti, qualunque cosa succedesse non abbia validità per la legge stessa. Si fa eccezione per il vizio di sodomia e per l’accoppiamento carnale, o tentato con una monaca o con una religiosa carcerata o con una che vive da eremita; inoltre <eccezione> per il coito carnale di un Cristiano con una Giudea e di un Giudeo con una Cristiana. Si fa anche eccezione per il crimine dell’incesto fino al grado che è stato segnalato sopra. In questi casi il Potestà abbia l’arbitrio di fare l’inquisizione e di punire; tuttavia allorché una fama pubblica già precede; per avere la prova di questa fama sia sufficiente il numero di cinque testimoni degni di fede; e in questi casi eccettuati sia valido fare la procedura e indagare per mezzo dell’inquisizione. E in tutti i singoli casi del presente statuto, quando viene imposta una penalità pecuniaria, sia quando alla penalità pecuniaria sia stata annessa, in modo secondario una pena corporale, oppure in mancanza non sia stata annessa, il beneficio della confessione e della pace, queste insieme e separatamente siano praticati e tornino a vantaggio. <Non si pratichino>, tuttavia in altri casi. Chi commette però qualche lenocinio a una donna che non sia una pubblica prostituta, inoltre chi porta a seduzione qualche ragazza o ragazzo o donna con l’intento della libidine o del coito carnale, con modalità di lenocinio o anche di chi tenta di commettere un lenocinio sulla donna detta sopra, sulla ragazza o sul ragazzo, sia condannato e punito nella persona e nelle cose, ad arbitrio libero del Rettore. E riguardo a queste cose, il Rettore e il suo Giudice dei reati della Città di Fermo abbia arbitrio libero di fare indagine, di far la procedura per mezzo dell’inquisizione. E se qualcuno turpemente abbia sedotto qualche donna vergine o un’altra che non è pubblicamente prostituta né contro i buoni costumi con l’intento della propria o altrui libidine carnale e l’abbia condotta nella Città di Fermo o nel suo distretto, da qualche luogo fuori dal contado di Fermo, sia condannato alla stessa pena, sia che la tale sedotta sia stata prostituita, sia che no. E contro chi delinque si faccia inquisizione e sia fatta la procedura, come sopra, con lo stesso arbitrio libero. Aggiungiamo che allo scopo di dover reprimere gli atti turpi degli uomini, se qualcuno abbia baciato con violenza una vergine o altra donna di buona fama, qualora sia sotto il militare dominio del Comune di Fermo, sia punito alla pena capitale, cosicché muoia completamente; se tuttavia chi ha baciato sia fuggito, suo padre per lui sia obbligato a pagare al Comune la parte legittima e in questo caso si possa fare la procedura anche per mezzo dell’inquisizione, dell’accusa e della denuncia.

       4 Rub. 45I furti e l’agricoltore o il bifolco con patto che commette furto al patrono.

   Desideriamo che l’abominevole vizio del furto sia punito totalmente e decretiamo con la presente legge che se qualche persona di qualunque sesso abbia commesso qualche furto nella Città di Fermo o nel suo distretto su una somma o un valore di 20 soldi di denaro o di meno, sia punita in ciascuna volta a libre 25; in realtà, al di sopra di ciò, se la somma o il valore della cosa rubata sia inclusiva di 100 soldi di denaro o di meno, sia punita, in ciascuna volta, a libre 50. E in qualsivoglia dei detti casi qualora non abbia fatto il pagamento della condanna fattagli entro dieci giorni da calcolarsi dal giorno della pubblicazione della sentenza, sia fustigato nudo attraverso la Città. Se, in realtà, la somma o il valore del furto o della cosa rubata sia stato oltre 100 soldi di denaro e non superi libre 20 di denaro, il ladro sia punito a libre 100 di denaro. E qualora non paghi la condanna fattagli entro dieci giorni da calcolarsi dal giorno della pubblicazione della sentenza, sia fustigato nudo attraverso la Città e gli sia tagliato l’orecchio destro sicché sia staccato dal corpo. In realtà chi commette un furto di somma o di estimo o di valore sopra 20 libre, qualunque sia la somma, sia fustigato nudo con flagelli e gli sia tagliato l’orecchio in modo che da separarlo totalmente dal corpo. E queste cose siano capite e abbiano luogo per il primo furto. Per il secondo furto, in realtà, fatto nell’intervallo di almeno un giorno dopo il primo, su qualunque somma, estimo o su una cosa, al ladro sia estratto un occhio dalla testa sicché sia separato dalla testa. Se qualcuno, in realtà, oltre i due furti, abbia commesso un terzo furto o molti, anche fuori dal territorio di Fermo, sia sospeso alla gola sulla forca, cosicché muoia; quando tuttavia abbia commesso o abbia fatto il terzo furto, o il quarto o più, nella Città di Fermo o nel suo distretto o abbia contrattato il fatto altrove nella Città di Fermo o nel suo distretto, purché tuttavia tutti i suoi furti, che egli stesso ha commesso, superino la somma di 20 libre di denaro e, qualora non le eccedano, sia punito ad arbitrio del Rettore, nonostante che abbia commesso molti furti. Tale arbitrio però non si estenda e non sia esteso fino alla morte del ladro, ma al di sotto. E inoltre il delinquente sia condannato, in qualsiasi caso del presente statuto, a restituire la cosa rubata o l’estimo di questa e in più il doppio dell’estimo di essa. Un minorenne tuttavia al di sotto 14 di anni e maggiore di 10 anni, capace di inganno, quando commette qualche furto possa essere condannato, per ciascuna volta, fino a 20 libre inclusivamente e alla restituzione della cosa rubata e non di più né in altro modo nella persona o nelle cose, considerando anche la qualità del reato e altresì la condizione della persona. E in tutti questi singoli casi in cui è stata stabilita principalmente una pena pecuniaria non ci sia a vantaggio il beneficio della pace, ma quello della confessione ci sia. Tuttavia nei furti personali in maniera principale non è valido assegnare né la pace né la confessione. I ladri però che programmano i furti fatti altrove, nella Città di Fermo, o nel suo distretto o con questi stessi vengono in questa Città o distretto, per il primo e secondo furto siano puniti alle pene dette sopra, con le condizioni già scritte: per il terzo furto siano puniti a morte come detto sopra; e nondimeno siano costretti a riconsegnare le cose rubate con il doppio del loro estimo. I ladri notturni poi o i ladri diurni pubblici e famosi o i rapinatori che commettono o hanno commesso nella Città di Fermo o nel suo distretto un furto o una rapina, cose commesse o anche programmate altrove che commettono in questa Città e nel distretto, siano puniti ad arbitrio libero del Capitano e del Podestà nella loro persona, fino anche ad includere la morte. Vogliamo tuttavia e facciamo statuto riguardo a questi che siano da considerare e valutare soltanto come ladri pubblici famosi o come rapinatori, come sopra, e debbano e possano essere condannati, soltanto coloro che per tre volte abbiano fatto furti, o anche tre rapine, cose che nel processo e nella sentenza debbono essere espresse completamente, essi debbano e possano essere condannati; e in altro modo non possano essere puniti o condannati come ladri pubblici e famosi e come rapinatori. Inoltre coloro che sono stati trovati con le cose rubate o rapinate o fuggono con cose rubate o rapinate possano essere catturati da chiunque e bastonati e qualora si difendessero con le armi o con pugnale possono essere uccisi impunemente. Se però qualcuno abbia trovato nella sua casa di abitazione una persona sospetta che verosimilmente in quella casa ci stia per un furto o sia entrato a motivo di altri atti illeciti o non onesti, sia legittimo a chi lo trova e alla sua famiglia catturare quello così trovato e portarlo alla Curia e anche percuoterlo, senza pena,  finanche fino ad includere la morte, purché tuttavia poi si abbia la fede che questo tale ucciso sia entrato per un motivo illecito, altrimenti chi lo percuote o lo uccide sia punito alle pene degli statuti del presente volume. Aggiungiamo al presente statuto anche questo, che se qualche persona abbia rubato molte cose tutte insieme e in una sola volta, senza intervallo di tempo, debba essere condannata solamente per un solo furto. Gli statuti sui danni dati restino validi nel loro vigore e ad essi non fa affatto deroga il presente statuto. Inoltre se qualche padrone abbia accusato il suo agricoltore o lavoratore che egli ha con patto, riguardo ad un furto la cui la somma o l’estimo non superano 40 soldi, si debba stare al giuramento di questo padrone, né sopra tale accusa siano richieste altre prove; e in questo caso con validità il tale che è stato accusato viene condannato per tale cosa o somma che viene dichiarata sottratta con furto e <in più> ad altrettanto. Inoltre se qualche agricoltore senza apposita autorizzazione del suo padrone abbia venduto qualche lavoro con i buoi, sia condannato per ciascuna volta a 100 denari e la metà di questa condanna sia per il padrone che fa l’accusa di ciò. E si intenda che lo stesso statuto vale e si pratica nella stessa maniera nel caso in cui uno ha fatto patto di non lavorare se non il terreno o la possessione del padrone o del signore che fa il patto. Aggiungiamo anche che i lavoratori o i coloni che, ad opera propria o per mezzo di altri, senza l’autorizzazione del padrone della possessione, portano fuori o estraggono il grano, l’orzo, la spelta, le fave e ogni altro genere di frumento <cereale> da questa possessione in cui sono registrati, incorrono nella pena del furto per il quale non si possa fare la procedura se non riguardo all’accusa di questo padrone o del signore della possessione.

       4 Rub.46La pena di coloro che saccheggiano i beni di una eredità.

   Se qualche persona abbia saccheggiato una eredità giacente <con curatore> o abbia depredato alcune cose, ossia di questa stessa eredità, o abbia prestato aiuto al saccheggiatore per saccheggiare, o abbia consapevolmente fatto incetta delle cose saccheggiate, sia punito con 200 libre di denaro, e sia obbligato alla restituzione delle cose e dei beni saccheggiati oppure sia obbligato <a dare> il loro estimo. E oltre a ciò sia condannato al doppio di tale estimo a favore di chi è interessato. Né la pena, né la condanna del saccheggiatore giovino, in alcun modo, a vantaggio dell’incettatore, o del coadiutore dell’azione, ma senza dubbio, qualsivoglia di essi, che così abbia errato, come detto, sia punito e condannato.

       4 Rub.47Le cose falsificate.

   Affinché le falsità non siano commesse impunemente né facilmente, con la presente legge decretiamo che se qualche persona abbia composto o abbia fatto comporre un falso documento o abbia commesso qualche falsità in qualche documento, o abbia fatto che si commettesse; sia che ciò sia stato fatto cancellando, o cambiando, o diminuendo, o aggiungendo, o in altra maniera a pregiudizio della verità e della parte; gli sia amputata una mano, in modo che gli sia separata dal corpo, e per sempre sia un infame. Se, in realtà, qualcuno con consapevolezza abbia fatto uso di un istrumento falso, sia condannato a 100 libre di denaro; e qualora entro dieci giorni dal giorno di pubblicazione della sentenza, non abbia pagato questa condanna, gli sia amputata una mano, in modo che sia separata dal corpo. Inoltre se qualcuno abbia falsificato gli atti di qualche officiale della Curia, o abbia commesso una falsità in essi, sia anche che abbia falsificato la sentenza di qualche Giudice o di un officiale della Città, o abbia commesso in essa una falsità, in qualsivoglia dei detti casi sia condannato a libre 200 di denaro; e qualora, entro dieci giorni dal giorno di pubblicazione della sentenza, non abbia pagato questa condanna, gli sia completamente recisa una mano sicché sia separata dal corpo. Se qualcuno in realtà abbia falsificato, in occasione della morte, un testamento, o i codicilli, o una donazione, o abbia commesso o fatto, o fatto sì che fosse fatta, o abbia fatto commettere, una falsità in essi o in qualcuno di essi, in qualunque maniera o con qualsiasi qualità ciò sia stato fatto o commesso, o diminuendo, o aumentando o cancellando, o cambiando, a pregiudizio altrui e contro la verità, gli sia amputata una mano sicché sia staccata dal corpo, e per il fatto stesso, in perpetuo sia un infame. Qualora poi qualcuno abbia prodotto con consapevolezza qualche istrumento falso, un testamento, i codicilli, una donazione nella circostanza della morte, o una qualsiasi altra ultima volontà, o atti giudiziari, o altra scrittura privata, o altra sentenza, o cose simili, e, in realtà, non abbia fatto uso delle cose anzidette né di alcuno delle dette, a motivo della sola produzione di qualcuno di questi stessi, senza uso, sia condannato a 100 libre di denaro e, qualora entro dieci giorni dal giorno della pubblicazione della sentenza non abbia pagato ciò, gli sia amputata una mano, sicché sia staccata dal corpo. Inoltre se qualcuno abbia dettato consapevolmente o fraudolentemente, un qualche istrumento, un contratto, un testamento o altra ultima volontà, o un atto giudiziario, o una sentenza, o qualcosa di simile falso, sia condannato a 100 libre di denaro e se non le abbia pagato ciò entro dieci giorni dal giorno della pubblicazione della sentenza, sia completamente tagliata la lingua dalla sua bocca, e per il futuro, sia privato della sua arte <notarile>, per la legge stessa e sia infame in perpetuo, per lo stesso fatto. E in tutti i singoli casi sopra scritti nel presente statuto, colui che abbia fatto qualcuna delle già dette cose o le abbia fatte avvenire o commettere, come già detto, sia obbligato all’intero interesse per la persona che in qualche modo sia stata danneggiata da ciò e nondimeno costui debba essere mitriato <condannato> con la mitria <mitra> di disprezzo o di biasimo. Inoltre se qualche persona abbia portato o abbia presentato consapevolmente un falso testimonio in qualche causa civile, in un tribunale, o al di fuori, dinanzi a qualche Giudice ordinario, o delegato, ad un arbitro, o a un compositore, o dinanzi a qualche sostituto, o dinanzi a qualcuno di questi stessi, sia condannato a 100 libre di denaro e in perpetuo sia infame, e sia ‘mitriato’ come sopra, e nondimeno sia condannato all’intero interesse per la parte lesa. Se in realtà in una causa penale, dove avvenisse di doversi imporre o possa essere imposta una pena semplicemente pecuniaria, se il reato fosse vero, e qualche persona abbia portato o abbia presentato un falso testimonio, sia condannata a 100 libre di denaro e all’interesse per la parte lesa, e alla imposizione della mitra, come sopra, e nondimeno per il fatto stesso, in perpetuo, sia infame. Se in realtà qualche persona abbia portato o presentato un testimonio falso in una causa penale, in cui la pena, tutta sulla persona o in parte, in modo principale o condizionale, o in mancanza <di un modo>, arrivasse a dover essere imposta a colui contro il quale o a favore del quale il falso testimonio è o sia stato presentato, qualora il tale che presenta un falso testimonio per e sopra il reato già detto, sia condannato e sia punito con quella pena personale, con la quale sarebbe stato punito o condannato o dovrebbe essere punito e condannato colui, contro il quale il falso testimone è stato recato o presentato, qualora il reato o i reati siano veri; se, in realtà, qualcuno abbia presentato consapevolmente falsi testimoni soltanto e non ce ne sia stato l’uso nel processo, per ogni testimonio sia condannato esattamente a 50 libre di denaro; qualora, in realtà li abbia presentati in un processo e si sia fatto consapevolmente uso di essi, sia condannato a 100 libre di denaro per qualsivoglia testimonio, e nondimeno, per questa cosa sia obbligato del tutto a dare l’interesse alla parte lesa, e sia mitriato <condannato> come sopra. Inoltre se qualcuno abbia sedotto qualche testimonio o l’abbia ammaestrato per dire, fare o presentare un falso testimonio in una causa civile o penale, per ogni testimonio che così abbia sedotto o ammaestrato sia condannato esattamente a 25 libre di denaro. Inoltre se qualcuno a danno di un altro, o del fisco o di un privato, in modo diverso rispetto ai danni dati, per sé abbia modificato il nome, sia condannato a dieci libre di denaro e all’interesse per la parte lesa da ciò. Inoltre se qualcuno, con inganno e con consapevolezza, abbia diffamato qualche persona su qualche reato o su alcuni reati o delitti, con una scrittura, o senza, soltanto contro la verità, dovunque o dinanzi a chiunque lo abbia fatto, o abbia procurato che sia fatto, sia punito, senza remissione, alla pena del taglione, cioè a quella con cui dovrebbe essere punito il diffamato, se sia stato vero il crimine già detto. Inoltre se qualcuno abbia falsificato il sigillo del Comune, o il bollettino con la croce, in qualunque modo e in qualunque qualità, sia punito col fuoco e sia bruciato totalmente, cosicché muoia completamente, se sarà venuto in potere del Comune; e se non sarà venuto in potere del Comune, allora tutti i suoi beni siano ridotti pubblici del Comune di Fermo e siano confiscati e nondimeno sia condannato al fuoco, come sopra. Inoltre se qualcuno abbia falsificato o abbia commesso una falsità nel o con il detto sigillo o in qualsiasi modo con il sigillo o con il bollettino, o in qualunque altra maniera, sia punito con 500 libre di denaro; e qualora non abbia pagato questa condanna entro dieci giorni da calcolarsi dal giorno della pubblicazione della sentenza, gli sia amputata la mano destra, cosicché sia separata dal corpo. Se qualcuno invece abbia falsificato o alterato il bollettino del Comune dell’officio del Regolatori di questo Comune, o in qualunque modo abbia commesso una frode o una falsità nel sigillo sia condannato a 200 libre di denaro. Inoltre se qualcuno abbia falsificato, alterato o in qualunque modo abbia commesso una falsità nel sigillo del signor Podestà, o del Giudice di giustizia o del Capitano del popolo di questa Città, sia condannato e punito a 100 libre di denaro. Inoltre se qualcuno in realtà abbia falsificato, alterato, o in qualunque modo abbia commesso una falsità in qualche sigillo o nel bollettino della Gabella, e degli officiali deputati all’officio della riscossione delle Gabelle, o di chiunque altro della Città di Fermo, sia condannato a 100 libre di denaro. E in tutti i singoli casi già detti, il colpevole sia condannato al doppio a favore di chi ha sofferto il danno. Inoltre se qualche persona abbia commesso, o abbia fatto commettere qualche falsità diversa da quelle già dette, anche tacendo, o in qualunque altro modo, o nella sua arte o nel suo servizio di qualunque qualità, sia punito a 50 libre di denaro, e nondimeno sia condannato al tornaconto a favore della parte <passiva>. E in tutti i singoli casi di questa rubrica o statuto, il beneficio della pace in nessun modo rivendichi per sé alcun valore. E qualsivoglia Rettore possa fare la procedura, investigare, indagare e punire sulle cose le cose qualmente sono contenute sopra nel presente statuto, se siano state commesse al tempo del suo officio o antecedentemente entro i cinque anni prossimi.

       4 Rub.48La pena di coloro che costringono al parto.

   Aneliamo a impedire la tanto grande malvagità e allontanare le perfidie di coloro, i quali o le quali non aborriscono di subornare un parto e decretiamo che chi suborna un parto o fa subornare qualche parto, con inganno, consapevolmente e con falsità, sia condannato a 1000 libre di denaro, e, per la legge stessa, sia totalmente privato o privata di ogni utile dell’eredità o dei beni di colei il cui parto sia stato preteso con falsità, senza aspettare nessun altro fatto.

       4 Rub.49La pena dei fabbricanti o spacciatori di moneta falsa.

   A tutti vietiamo di battere e fabbricare una moneta falsa o di farla battere e fabbricare. Se ci sia stato qualcuno dispregiatore temerario di questo statuto, sia bruciato con le fiamme cosicché completamente muoia; e la casa nella quale, con la consapevolezza del padrone, la falsa moneta sia stata coniata o fabbricata, per ciò stesso, si intenda confiscata a favore del Comune stesso. Se in verità qualche persona con consapevolezza abbia speso o fatto spendere, qualora sia stato speso sopra 20 soldi, sia condannata a 200 libre di denaro. Se in realtà abbia speso o abbia fatto spendere soldi 20 di denari e al di sotto di ciò con consapevolezza, sia punita con 50 libre di denaro. E si intenda che è chi ha speso con consapevolezza o ha fatto spendere tale moneta, colui che in precedenza si è adoperato per cercare o procurare di avere tale moneta, e successivamente abbia speso o abbia fatto spendere la stessa, come è stato detto sopra.

       4 Rub.50La pena di coloro che rivelano le cose di fedeltà o i segreti del Comune.

   Per mezzo di ogni cosa, aneliamo che la fedeltà e il silenzio per il nostro Comune siano praticati da tutti i singoli, decretiamo ed ordiniamo che se ci sia stato qualcuno di tanto grande temerità che abbia rivelato, manifestato o reso note a chiunque le cose di fedeltà, sotto silenzio o segrete del nostro Comune, imposte o affidate a lui, per mezzo del Consiglio, dei Priori del popolo, o del Vessillifero di giustizia, o di un altro, o di altri a nome del Comune, congiuntamente <con altri> o separatamente, in maniera reale e personale, a libero arbitrio del Rettore, anche sul fatto <stesso> e senza alcuna solennità, tuttavia, dopo considerata la qualità del fatto, sia punito con la pena della privazione dell’officio e del beneficio del Comune di Fermo, almeno per un decennio.

       4 Rub.51La pena di chi reca un insulto insieme con un gruppo o senza.

   Ordiniamo che siano puniti in tale maniera i reati e i crimini di coloro che fanno un oltraggio insieme con un gruppo di persone, cioè che se qualcuno insieme con quattro o più persone impiegate, abbia fatto un oltraggio contro qualcuno presso la dimora o dentro la dimora di sua abitazione, o presso un magazzino o una bottega propria o in gestione dell’oltraggiato, o ivi, o presso un suo possedimento o in un possedimento, o in una piazza del Comune; se con armi, il principale o l’associato siano puniti con 200 libre di denaro. In realtà chiunque si è associato, o chi in tal modo, stia con questo tale sia punito con 100 libre di denaro. Qualora in realtà senza armi, il detto principale sia punito con 100 libre. In realtà chiunque così si associa sia punito con 50 libre. Se in realtà tale oltraggio sia stato fatto contro qualcuno, altrove, anziché in qualcuno dei detti luoghi, se con armi, il principale sia punito con 100 libre e chiunque si associa in tal modo sia punito con 50 libre di denaro. Se in realtà senza armi, il principale sia punito con 25 libre di denaro; in realtà chiunque si associa sia punito con libre dodici. Se qualcuno invece, così oltraggiato sia stato colpito in questo oltraggio, con armi, o con arnesi di ferro, o non di ferro, con spargimento di sangue, nell’abitazione, o presso l’abitazione, o presso il possedimento o nel possedimento, presso il magazzino o presso il negozio proprio o in affitto, o ivi, o in una piazza del Comune, il principale sia punito con libre 500 di denari, e qualora non le abbia pagate entro dieci giorni da calcolarsi dal giorno della pubblicazione della sentenza, a lui sia completamente amputata la mano destra sicché sia separata dal corpo. In realtà chiunque che così si associa sia punito con libre 200 di denaro, e qualora non le abbia pagate entro 10 giorni dal giorno della pubblicazione della sentenza, gli sia completamente amputata la mano destra, cosicché sia separata dal corpo. Se in realtà in tale oltraggio, fatto in qualcuno dei detti luoghi, l’oltraggiato sia stato colpito e a causa della percossa una cicatrice perpetua nella faccia, o nel collo, o una menomazione duratura per sempre, o un taglio con una menomazione duratura in perpetuo di un membro, di un nervo o della funzione di un membro, siano state fatte, siano state conseguite, siano state tali da permanere, il principale sia punito con 800 libre di denaro. Chiunque in realtà così si associa sia punito con 400 libre di denari; e qualora non abbiano pagato la propria condanna entro dieci giorni da calcolarsi dal giorno della pubblicazione della sentenza, sia al principale, come anche a colui che così si associa, sia amputata la mano destra, in modo che sia separata dal corpo. Quando in realtà sia morto colui così oltraggiato, si pratichi lo statuto sull’omicidio. Qualora invece il tale oltraggiato sia stato colpito senza sangue in alcuno dei detti luoghi, o presso qualcuno di questi, e senza cicatrice, e senza taglio o senza una menomazione, come detti prima, il principale certamente sia punito con 200 libre, e chiunque in realtà così si associa sia punito a 100 libre di denari. Se invece il tale sia stato oltraggiato insieme con l’anzidetto raggruppamento, altrove, anziché in qualcuno dei luoghi detti, e sia stato colpito con armi, o con strumenti di ferro, o non di ferro, e con sangue, e soltanto con la fuoruscita di sangue, e nessuna cicatrice nella faccia, né taglio nel collo tali che siano per rimanere in perpetuo, né una menomazione perpetua, anche senza sangue, né un taglio con menomazione perpetua di qualche membro, o di un nervo o della funzione di un membro siano state fatte, o siano seguite o sarebbero da seguire <in futuro> da tale percossa, il principale sia punito con 500 libre di denaro e in realtà chiunque così si associa sia condannato a 200 libre di denaro. E a chiunque degli anzidetti che non abbia pagato la propria condanna entro dieci giorni da calcolarsi dal giorno della pubblicazione della sentenza, sia completamente amputata la mano destra in modo tale che sia separata dal corpo. Qualora in realtà dalla detta percossa sia uscito soltanto sangue, senza nessuna cicatrice, né taglio, né la detta menomazione siano state fatte, né seguite né sarebbero a seguire <in futuro> il principale sia punito con 200 libre di denaro e chiunque così si associa sia punito con 100 libre. Se in realtà la percossa, nel detto oltraggio sia stata senza sangue, il principale sia punito con 100 libre di denaro e chiunque così si associa sia punito con 50 libre. E in qualsivoglia dei detti casi di questo statuto quando l’oltraggio e la percossa siano intervenuti, solamente le soprascritte pene rivendichino per sé valore, e su tali percosse non si esiga in maniera diversa. Se qualcuno invece in qualcuno dei luoghi dichiarati sopra o in altro luogo, abbia fatto un oltraggio, come detto, insieme con un raggruppamento e nell’oltraggio sia intervenuta una minaccia con armi o senza, senza una percossa, il principale oltre alla pena dell’oltraggio, sia punito a 50 libre di denaro e chiunque, in realtà, che così si associa sia condannato a 25 libre di denaro; e in questo caso la pena dell’oltraggio non sia confusa con la pena della minaccia. E affinché non si faccia revoca per il dubbio su chi sia stato il principale nel raggruppamento, che si comprende nel presente statuto, e <dubbio> su chi si associa, sia capito come principale colui che viene dichiarato dall’oltraggiato; ma se da costui non venisse dichiarato, sia affidato all’arbitrio del Rettore. E tutte le singole le dette cose abbiano vigore, quando quattro o in più di essi siano stati insieme con un principale inclusivamente per commettere queste cose o qualcuna di queste. Se invece l’oltraggio sia stato fatto senza un gruppo, contro qualcuno, nella casa o presso la casa dell’abituale sua abitazione, o presso il magazzino, o presso il negozio suo proprio o in affitto, o ivi, o presso un possedimento, o nel proprio possedimento, o in affitto dello stesso oltraggiato; se con armi, colui che fa l’oltraggio sia punito a 20 libre di denaro, se senza armi, a 10 libre di denaro. Se in realtà l’oltraggio sia stato fatto in altro luogo, non in alcuno o alcuna tra i detti luoghi, se con armi, chi oltraggia sia punito a 10 libre di denaro; se senza armi sia punito con 5 libre di denaro. E la pena di tale oltraggio sia confusa con la percossa, qualora una percossa sia stata fatta; invece non sia confusa insieme con la sola pena della minaccia, qualora sia intervenuta la sola minaccia senza alcun intervento di qualche percossa. E a questo presente statuto aggiungiamo che quando l’oltraggio si debba interpretare come fatto in casa o presso la casa dell’abitazione, o presso il magazzino, o presso un negozio detto prima, o ivi, o presso un possedimento, o nell’anzidetto possedimento dell’oltraggiato, o altrove, in tutti i singoli casi di questo statuto sia affidato all’arbitrio del Rettore, e sopra ciò incarichiamo la sua coscienza.

       4 Rub.52La pena di coloro che minacciano con armi o senza.

   Decretiamo di punire le minacce in questa maniera: se qualcuno abbia fatto minacce contro qualcuno con armi di ferro, o con parti ferrate, oppure con altre armi, cioè con un rametto o con un bastone o con un altro arnese non leggero, per ciascuna volta sia punito a 25 libre di denaro. Se qualcuno invece abbia sguainato o alzato qualcuna tra le dette armi e non abbia minacciato, sia punito per ciascuna volta con 100 soldi. Quando abbia fatto minacce contro qualcuno con una canna, o con una cinghia di cuoio o con un altro strumento leggero, sia punito, per ciascuna volta, a 10 libre. Tuttavia che cosa si debba intendere per strumento leggero, o non leggero, sia affidato all’arbitrio del Rettore. Se in realtà, abbia minacciato con una mano vuota, in direzione del collo o al di sopra a questo, contro qualcuno o contro la persona di qualcuno, sia punito con 5 libre di denaro e se da lì al di sotto, sia punito con 40 soldi. E la pena per l’oltraggio in nessun modo sia confusa insieme con la pena del minacciare o dello sguainare <un’arma>, neppure al contrario, ma qualsivoglia pena rivendichi vigore di per sé stessa.

       4 Rub.53La pena di chi colpisce con armi o senza.

   Aneliamo che sia punita con il provvedimento di questo statuto la temerità di coloro che percuotono, e decretiamo che se qualcuno abbia colpito qualche persona sul collo, o sopra il collo, con armi, o con uno o più strumenti, con mezzi ferrati o di ferro con un ferro di tali armi, con versamento di sangue, sia punito a 200 libre di denari per ogni percossa. E se da tale percossa la frattura o la rottura di un osso o del cranio siano state effettuate, o siano seguite, o abbiano a seguire, sia punito con libre 400. E se da tale percossa un segno enorme o una cicatrice sulla faccia o evidente sulla gola siano stati effettuati o siano seguiti, o abbiano a seguire, tali da rimanere in perpetuo, sia punito con libre 400; e qualora non le abbia pagate, entro un mese dal giorno della pubblicazione della sentenza, la mano destra gli sia completamente amputata, cosicché sia separata dal corpo. Qualora in realtà abbia tagliato il naso, o una parte di esso, un orecchio, o una sua parte, un labbro, o una sua parte, in modo che li abbia separati dalla faccia, oppure abbia accecato un occhio, o l’abbia cavato fuori, sia punito a libre 500; e se non abbia pagato questa pena o condanna entro dieci giorni da calcolarsi dal giorno della pubblicazione della sentenza, gli sia tagliato il naso, un orecchio o il suo labbro, come l’ebbe tagliato all’altro, e l’ebbe così separato; e così ebbe accecato o cavato l’occhio, similmente estratto, nella misura, più o meno, ad arbitrio del Rettore. Se in verità abbia colpito qualcuno al di sotto del collo con le dette armi, o con qualcuna di esse, con versamento di sangue, o senza, e se, a causa della percossa, una totale recisione o una debilitazione perpetua di un nervo, o di un osso o di un membro, o la funzione di un membro, siano stati effettuati o siano seguiti, o abbiano poi a seguire, sia punito con 400 libre; e se non abbia pagato questa pena entro un mese dal giorno della pubblicazione della sentenza, gli sia amputato o tagliato un membro simile, o un osso, o la funzione di un membro, come l’ha tagliato o ha debilitato l’altro o l’ebbe debilitato, o altra cosa, ad arbitrio del Rettore. Se in realtà dalla percossa fatta con qualcuna delle dette armi al di sotto del collo sia uscito solamente il sangue e nessuna delle dette cose sia stata effettata, né avrà a seguire, sia condannato a 100 libre. Se in realtà da tale percossa, con qualcuna delle dette armi, non sia uscito sangue, e la percossa sul collo o sopra al collo sia stata fatta con lividura, sia condannato a 100 libre per ogni percossa; se senza lividura sia condannato a libre 50. Se, tuttavia, abbia colpito dal collo in giù con qualcuna delle dette armi, se senza sangue, se con lividura, sia condannato a 50 libre; se senza lividure, a libre 25 per ciascuna percossa. Inoltre se con un solo colpo o con unico colpo siano state fatte più percosse con qualcuna delle dette armi, quando sia dal collo in su, chi percuote sia punito per il totale delle percosse per quante qualcuno è trovato colpito. Se in realtà siano state percosse fatte dal collo in giù o seguite con sangue, a libre 100, e se fosse stata una sola percossa soltanto, sia punito e condannato la sola. Se in realtà abbia colpito o ferito qualcuno con sangue, con qualche strumento bipartito, tripartito o con più parti, come le forbici, il bidente, il pettine, il rastrello, o simili, quantunque abbia fatto molte ferite con un solo colpo con tale strumento, sia punito a libre 200. Se in realtà dalla percossa fatta con qualcuna delle dette armi o con i detti strumenti, uno o più denti siano stati caduti o siano stati rotti, colui che ha percorso sia punito con 50 libre di denaro per qualsivoglia dente. Se in verità qualcuno abbia reciso totalmente o in parte la lingua a qualcuno, sia punito con 200 libre. Se in realtà qualcuno abbia reso in qualche modo un uomo eunuco o castrato, in qualunque modo, tanto che sia reso completamente menomato a procreare, sia condannato con libre 1000 di denaro; e se entro dieci giorni dalla pubblicazione della sentenza non le abbia pagate, gli sia tagliata la testa, cosicché muoia completamente. Se in realtà ad alcuno abbia inciso soltanto uno dei due testicoli o l’abbia tagliato, o l’abbia separato dal corpo, sia punito a 200 libre; e se non le abbia pagato entro dieci giorni dalla pubblicazione della sentenza, gli sia tagliata una mano, cosicché sia separata dal corpo. Se qualcuno invece con qualche vaso di terra, o con un altro strumento, o con un’asta, un bastone, un legno, una pietra, un legno, una roncola, una mazza piombata, e con cose simili a queste, o con qualcuna fra le armi aventi un ferro, anche non ferrate che sia stato tra una delle cose già dette, se abbia colpito sul collo o sopra il collo e dalla percossa sia uscito sangue, per ciascuna percossa sia punito a 100 libre. Se in realtà dalla percossa una cicatrice o un segno evidente sul collo o sulla faccia, o una menomazione perpetua di qualche nervo o di un membro o della funzione dei un membro, o la frattura di un osso o del cranio, o una rottura, con uno dei detti strumenti siano stati fatti, siano seguiti o avranno a seguire, sia punito con 200 libre. Se in verità abbia accecato un occhio o l’abbia cavato con la percossa fatta con qualcuno dei detti strumenti, sia condannato a 500 libre per ciascun occhio accecato o cavato; e se non abbia pagato questa condanna di 500 libre entro dieci giorni dalla pubblicazione della sentenza, gli sia cavato un suo occhio, o uno solo o ambedue, similmente come li ebbe cavati o accecati all’altro. Se in realtà per la percossa fatta con detto strumento sia caduto un dente dalla bocca di chi è stato percosso o sia stato rotto, sia punito e condannato a 50 libre per qualsiasi tale dente. Se in realtà abbia colpito soltanto dal collo in giù soltanto con sangue, con uno dei detti strumenti, o con simili, sia punito e condannato con 50 libre. Se invece abbia colpito con lividura, senza sangue, sul collo o sopra il collo, con uno dei detti strumenti, sia condannato a 100 libre; se senza lividura sia punito con 50 libre. Se in realtà abbia colpito dal collo in giù con lividura, oppure senza, con uno dei detti strumenti, sia punito con 25 libre di denaro. Se in realtà abbia colpito con una canna, una cinghia o con un altro strumento leggero simile a questi, dal collo in su, con sangue o con lividura soltanto, per ciascuna percossa sia punito con 40 libre; se senza sangue e senza lividura sia punito a 20 libre. E se in realtà da tale percossa con sangue, una cicatrice o uno segno evidente sul collo o sulla faccia o una menomazione perpetua di qualche nervo o di un membro, o la rottura di un osso o del cranio, o una frattura o abbia accecato un occhio o l’abbia cavato per la detta percossa, sia stata effettuata o sia seguita o sarà per poi seguire, sia punito in tutte le cose e per tutte le cose come se abbia colpito con un vaso di terra, come sopra. Se da tale percossa sia caduto un dente dalla bocca di chi è stato percosso, o sia stato rotto, sia punito con 20 libre di denaro per qualsiasi tale dente. Se in realtà abbia colpito dal collo in giù, con sangue, con tale leggero strumento più prossimo, o simile ad esso, sia punito con 20 libre di denaro. Se in realtà abbia colpito con lividura o in modo diverso senza sangue, sia punito con 10 libre di denaro. Se qualcuno in realtà abbia scagliato contro qualcuno una pietra o qualcuno dei detti strumenti, e non abbia colpito, sia punito per ognuno e per ciascuna volta a 5 libre di denaro. Se qualcuno in verità con un solo colpo con qualcuno dei detti strumenti abbia effettuato molte percosse, sia condannato secondo la distinzione fatta sopra per la stessa cosa su coloro che percuotono con armi di ferro sotto o sopra il collo. Se qualcuno invece con i denti abbia morso qualcuno con lividura o con sangue o con ambedue, sia punito con 50 libre di denaro, se senza lividura e senza sangue, sia punito con 25 libre. Se in realtà abbia morso con denti il labbro, il naso, o un dito, o un orecchio o una guancia o la gola, e abbia strappato o abbia fatto cadere la carne, sia condannato e punito con 100 libre. Inoltre se con tale morso abbia menomato un nervo, un membro o la funzione di un membro o l’abbia troncato in tutto o in parte, o abbia strappato la carne da qualche parte del corpo, che è descritta sopra, o l’abbia fatta cadere in terra, sia punito a 100 libre. E se talora si abbia avuto un dubbio, o sia introdotto un dubbio in qualche caso dei presenti o di altri statuti, di questo volume, su” forse che”, o su “quando” il segno o la cicatrice sia evidente, o sia enorme o sulla menomazione perpetua di un nervo, o di un membro, o della funzione di un membro o la frattura di un osso o di un dente, sia stata fatta la frattura, o sia seguita o avrà a seguire, sia affidato e ci si attenga al giudizio del Rettore, secondo il giudizio di due medici con giuramento. Se qualcuno invece con la mano vuota, con il braccio, con il gomito, con un calcio o con la testa, o con qualunque membro umano, o parte di un membro abbia colpito qualcuno al di sopra del collo, se da ciò sia uscito sangue, sia punito a 50 libre; se in realtà da ciò non sia uscito sangue, sia punito con 25 libre. Se in realtà abbia colpito al di sotto del collo così, se con sangue sia punito a 10 libre di denaro, se senza sangue a 100 soldi. Se in realtà da tale percossa sia stato accecato o cavato un occhio, o un osso sia stato debilitato in perpetuo, o sia stato spezzato, o un dente sia stato rotto, o sia stato sradicato, o sia stata fatta, sia seguita o avrà a seguire una menomazione perpetua di un nervo, di un membro, o la funzione di un membro, quel tale che così ha colpito sia condannato a 100 libre di denaro. E nel caso già detto, quando qualcuno con tale percossa abbia accecato un occhio o l’abbia cavato, se entro dieci giorni dal giorno della pubblicazione della sentenza non abbia pagato la detta condanna, gli sia completamente amputata una mano, cosicché sia separata dal corpo. Se qualcuno invece ad un altro abbia carpito o tirato la barba, o una parte di questa, o l’abbia tirata, o abbia tirato i capelli dalla testa, o un orecchio, o gli orecchi ad un altro, se da ciò non sia uscito sangue, sia punito con 25 libre; in realtà se da ciò il sangue sia uscito sia punito con 50 libre. Se in realtà con ciò abbia troncato un orecchio dalla testa o l’abbia separato tutto o una sua parte, sia punito con 100 libre; e se non abbia pagato questa condanna entro dieci giorni dalla pubblicazione della sentenza, gli sia amputata una mano sicché sia separata dal corpo. Se in realtà abbia spinto qualcuno senza farlo cadere a terra sia punito con 5 libre; se in realtà abbia fatto cadere chi è stato spinto, se da ciò non sia uscito sangue, sia punito con libre 10; se in realtà per detta spinta, o in occasione di essa il sangue sia uscito, colui che ha dato la spinta sia punito con 25 libre. Se in realtà qualcuno abbia spinto qualcun altro o l’abbia fatto cadere, e da ciò, o in occasione di ciò, un occhio sia stato cavato, o accecato, o se sia stata fatta, sia seguita o avrà a seguire la frattura di un osso, o la menomazione perpetua di un nervo, o di un membro, o della funzione di un membro, colui che ha dato la spinta così, sia punito con 200 libre di denaro. Inoltre se qualcuno abbia trascinato qualcun altro per terra o l’abbia tirato, se da ciò non sia uscito sangue, sia punito con 25 libre di denaro; e se in realtà da ciò il sangue sia uscito, sia punito con 50 libre. Se in realtà da ciò sia stato fratturato un osso, o una menomazione perpetua di un nervo, di un membro o della funzione di un membro, sia stata fatta o sia seguita o avrà a seguire, sia punito con 200 libre. Inoltre se qualcuno abbia tolto ad un altro dal capo un cappuccio o altro copricapo di un uomo o di una donna, o l’abbia fatto cadere, o abbia stracciato qualche indumento sul dorso di un altro, sia punito con 10 libre, anche al risarcimento col doppio del danno. In realtà, i reati dei minori di sedici anni commessi in qualcuno tra i questi casi, o in simili, siano puniti con una pena minore ad arbitrio del buon Rettore, dopo aver considerato la qualità del reato e la condizione delle persone, secondo la differenziazione fatta nella rubrica “Che i minorenni e i figli della famiglia abbiano una legittima personalità”.

       4. Rub.54La pena di coloro che percuotono un contrattista altrui.

   Desideriamo che si abbia un criterio e un modo più mite verso coloro che percuotono un contrattista altrui, o un servo, e decretiamo che se qualcuno con la mano, con un calcio o con armi, o con un qualunque altro strumento ferrato o non ferrato abbia colpito qualche contrattista altrui o un servo o una serva, oppure contro di essi abbia fatto un oltraggio, o abbia fatto minacce, o abbia sguainato qualche altra arma, sia punito nei modi principale o condizionale con metà della pena pecuniaria con cui verrebbe punito se abbia offeso un altro non contrattista o servo altrui; questa pena detta dimezzata si intenda e sia una pena semplice e originaria per i delinquenti già detti. Se qualcuno in realtà abbia colpito qualche altrui contrattista o servo o serva, con armi o con qualche altro strumento o con qualunque cosa in qualunque modo nella faccia, o nella gola, e da questa percossa, una cicatrice, o un segno stragrande potranno rimanere in perpetuo, sia punito e condannato a 100 libre di denaro. E per intendere chi sia l’altrui contrattista o servo, sia sufficiente la testimonianza di quattro che danno prova sulla pubblica voce e sulla fama riguardo a ciò. In verità il padrone o il patrono che percuote o flagella un suo servo o un contrattista di qualunque sesso, in nessun modo sia obbligato a qualche pena, a meno che nel flagellare o nel percuotere egli si sia comportato spietatamente e severamente. Tuttavia debba essere inteso come cosa fatta spietatamente e severamente soltanto allorquando una cicatrice nella faccia, o nel collo, il totale taglio o la menomazione duratura in perpetuo di un nervo, di un membro o la funzione di un membro o di un osso siano stati fatti, o avranno a seguire in perpetuo o un occhio sia stato accecato o sia stato cavato, o la carne sia stata separata dal corpo. Chiaramente quando avviene per questa atrocità e questa severità, al di qua della morte, tale padrone o patrono sia punito a 25 libre di denaro.

       4 Rub.55Il forestiero che offende un Cittadino.

   Desideriamo ostacolare i forestieri con la paura della pena, e decretiamo che se qualche forestiero, o chi non sia soggetto alla giurisdizione del Comune di Fermo, in qualsivoglia dignità, condizione o stato stia, il quale, nella Città o nel suo distretto, abbia offeso un Cittadino o un abitante del distretto, o sia stato promotore e autore di una rissa o di un oltraggio, ovvero <in un luogo> al di fuori del distretto di Fermo, abbia offeso o derubato nella persona uno stesso Cittadino o abitante del distretto, sia punito con il doppio di quella pena con la quale sarebbe punito un Cittadino che offenda un Cittadino. E ciò quando la pena è soltanto semplicemente pecuniaria e stabilita dalla forma di uno statuto di questo volume. In realtà se la pena del reato per un Cittadino contro un Cittadino sia anche puramente arbitraria, o corporale o afflittiva del corpo in modo principale o condizionale, allora tale forestiero, in modo reale e personale, insieme <con altri> o separatamente, sia punito ad arbitrio del Rettore, dopo valutate le condizioni delle persone e del fatto; mai, tuttavia, condanni ad una pena minore, tale forestiero, o uno non sottoposto <a Fermo>, come già detto, in confronto a chi fosse un Cittadino o uno sottoposto.

       4 Rub.56Le parole ingiuriose.

   Coloro che dicono o profferiscono una parola ingiuriosa contro qualcuno, anche se in un solo impeto, ne abbiano detto molte insieme, siano puniti con 40 soldi, per ciascuna volta. Se <le> abbiano dette dinanzi al Podestà o al Capitano o a qualcuno dei loro officiali nel Palazzo del Comune, o del popolo, siano puniti con 100 soldi. E nelle anzidette cose, senza dubbio, abbia per sé valore il beneficio della pace; e qualsivoglia Rettore, per tutte le singole dette cose, abbia potere di condannare e di punire, sul fatto, senza alcun processo né atto scritto.

       4 Rub.57La pena per coloro che ripetono gli improperi.

   Decretiamo che quando vengono pronunciate contro qualcuno parole ripetute di improperio per qualche atto o su una cosa del passato, o riguardanti colui contro il quale sono profferite, o chi abbia detto o profferito in qualche modo una cosa infamante o contro il decoro del padre, della madre, del fratello carnale, della moglie o di un altro consanguineo<dell’altro> fino al terzo grado incluso, da computarsi secondo il diritto Canonico, ci sia la punizione a 25 libre di denaro. Se qualcuno invece abbia esibito, con gli scritti o con la parola, una sua difesa ossia per conservare un suo diritto, scrivendo o facendo scrivere, o facendo un’opposizione, o in altra maniera, non sia obbligato affatto alla detta pena. In realtà, se qualcuno abbia detto che qualcuno è mentitore, per mezzo di queste parole, “tu dici menzogne”, o cose equipollenti, o abbia ripetuto a costui stesso improperi come, ad esempio: ‘cieco’, ‘zoppo’, ‘monco’, o cose simili o qualche difetto che gli sia soprastante, per concessione divina, o per opera di un altro, sia punito con 5 libre di denaro. E nei casi di questo statuto il beneficio della pace abbia vigore e giovi.

       4 Rub.58Coloro che, a propria difesa, offendono qualcuno, e la pena di chi rifiuta la giurisdizione del Comune.

   Decretiamo che è legittimo, senza pena, a ciascuno il difendersi, con moderazione per la sua tutela <di dignità> incolpata. Tuttavia, se qualcuno, a causa di qualche dignità, o di un privilegio, o di qualche ragione o motivo, si sia sottratto, o abbia voluto sottrarsi dalla giurisdizione del Podestà o del Capitano del Comune di Fermo, al fine di non essere punito per una offesa che egli abbia fatto contro qualcuno, o per un reato, ovvero affinché faccia accordi in modi civili , ossia non sia punito in maniera penale, secondo la forma e il modo o secondo le pene di questa Città, sia punito alla pena di 50 scuti e alla privazione degli offici o di qualunque dignità nella Città di Fermo e nel contado. E chiunque si sia associato, in qualche modo, a qualcuno che così si sia sottratto, o abbia voluto sottrarsi, per commettere un reato, ossia abbia prestato aiuto, consiglio o sostegno a lui per commettere ciò, sia obbligato come se egli stesso avesse commesso il reato. E questo statuto, in realtà, rivendichi valore per sé, se il convenuto principale in materia civile o penale a nome suo proprio abbia rifiutato la detta giurisdizione, e anche se l’abbia rifiutata a nome di altri, come procuratore, tutore, parte attiva, curatore o sindacatore, e in questo caso, quando abbia rifiutato a nome di un altro, lui stesso tutore, curatore, attore, procuratore o sindaco sia astretto al presente statuto. E nondimeno il tale signore a nome del quale le dette cose siano state fatte o dette, o sia stato rifiutato, possa essere leso nei beni e nelle cose, come sopra è stato detto.

       4 Rub.59La pena di coloro che infrangono la pace.

   Contro coloro che infrangono la pace decretiamo in maniera tale che se qualcuno abbia infranto o rotto la pace, o abbia percosso o abbia fatto percuotere, in qualche modo, anche senza percuotere né far percuotere, o in qualsivoglia altra maniera colui con il quale abbia fatto la pace, a motivo di tale percossa o dell’offesa fatta in qualunque modo, oltre alla pena sull’osservare la pace promessa, a causa della pace infranta sia punito con la pena contenuta nelle Costituzioni della Marca. E lo stesso statuto ci sia e sia riconosciuto qualora qualcuno abbia così offeso o abbia fatto offendere, percuotendo o facendo percuotere un qualche consanguineo di colui con il quale abbia fatto la pace, fino al terzo grado incluso, da computarsi secondo il diritto Canonico; solo quando abbia offeso o abbia fatto offendere nella detta maniera, soltanto infrangendo l’anzidetta pace, ma non per un nuovo motivo o per una offesa fatta a lui ad opera di quel tale.

       4 Rub.60Decreto del Consiglio sulle vendette trasversali, confermato dal Breve di Pio IV in data Roma 10 febbraio 1560.

   Allo scopo di reprimere e di ostacolare le intenzioni e gli animi dei perversi e degli empi, i quali mentre desiderano vendicarsi delle ingiurie, eccedono i limiti propri della vendetta dell’offensore con l’offesa a realtà trasversali, pertanto con questa saluberrima legge decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno, in futuro abbia fatto una qualche vendetta trasversale, cioè quando l’offesa sia stata soltanto verbale, il tale che così fa l’offesa incorra nella pena dell’esilio per un quinquennio; se invece l’oltraggio e l’offesa siano stati fatti sulla persona, seppure senza sangue, né frattura di un osso, sia esiliato per un settennio. Quando in realtà l’offesa sia stata con sangue o con la frattura di un osso, o con il troncamento di un membro, o con debilitazione o con un segno che rimane perpetuo, la pena per il tale che offende così sia l’esilio per un decennio, con la confisca di mezza parte di tutti i suoi beni e soltanto nel caso di troncamento di un membro e della debilitazione, la mano destra sia troncata e amputata in modo che sia separata dal corpo. E si intendano i detti esuli come fuori dalla Città e dalla giurisdizione Fermana. Se invece da qualcuna delle dette offese fatte di traverso sia seguita la morte di colui che così sia stato offeso, colui che offende, come ribelle e traditore del pacifico stato di questa Città, sia dipinto nella parete del palazzo Vecchio della Curia pubblicamente e palesemente, all’usanza per i traditori, e sia sottoposto al perpetuo esilio, con la confisca di tutti i suoi beni e la demolizione delle abitazioni. Abbiamo decretato che la grazia, il perdono o la clemenza non possano essere concessi da parte di chi ha il potere; e non rimanga, né abbia validità su tutte le singole pene dei detti casi quando fatta o conseguita, né giovi la pace <beneficio> in alcuno dei detti casi. Aggiungiamo e proclamiamo che le dette pene ed ognuna di esse si intendano imposte oltre a tutte le altre pene legali o statutarie, e queste pene anzidette abbiano vigore tanto per colui che faccia ciò, quanto per chi comanda che sia fatta una vendetta trasversale. Inoltre un’offesa proclamiamo fatta in modo trasversale, ogni qualvolta l’offeso o un altro congiunto per consanguineità o per affinità abbiano offeso non lo stesso offensore, ma un altro congiunto per consanguineità o per affinità. E a quel tale che offende in tal modo non giovi allegare un nuovo motivo, a meno che non abbia dato prove con chiarissime e legittime conferme che il motivo è effettivamente vero e non esiste per un sospetto. Inoltre la pena della demolizione delle abitazioni recuperi di per sé vigore anche contr coloro che commettano una vendetta trasversale sui figli della famiglia, come sopra, per la quantità che concorre alla <quota> legittima da assegnarsi nell’abitazione paterna, al fine di dover fare la demolizione. E similmente la comunione <di beni> non giovi.

       4 Rub.61Sul non offendere debbono essere dati i fideiussori.

   Al fine di rendere tutti protetti e sicuri decretiamo che se qualcuno dinanzi a qualche Rettore della Città abbia esposto di avere qualche sospettato che voglia offenderlo per precedenti minacce, per indizi o segni, per i quali verosimilmente qualcuno debba avere dubbi, tale Rettore, a richiesta o per sollecitazione di quel tale che ha sospetti, sia obbligato e debba costringere effettivamente, come sembrerà opportuno a lui, senza alcun processo, colui sul quale si ha timore o si ha il sospetto, e ad offrire allo stesso sospettoso o intimorito, idonei fideiussori o un idoneo fideiussore; e certamente anche per essere in guardia per quel tale che così è ritenuto sospetto e per promettere a nome suo proprio e dei suoi congiunti per consanguineità o per affinità fino al terzo grado da computarsi secondo il diritto Canonico, di non offendere il tale sospettoso, neppure i suoi congiunti per consanguineità o affinità fino al terzo grado da computarsi secondo il diritto Canonico, sotto una pena che il detto Rettore avrà stabilito a suo arbitrio da 100 libre fino a 1000. E questa pena sia pretesa effettivamente qualora ci sia stata una trasgressione da parte di chi dà garanzia o dai suoi fideiussori, senza processo alcuno, concorrendo anche i fideiussori quando il principale è trascurato. Tuttavia questi fideiussori abbiano il regresso verso la persona del tale principale e il tale principale sia costretto a salvaguardarli indenni nei loro beni per la loro indennità, sul fatto e senza alcun processo né scrittura, in modo reale e personale; e a domanda o a richiesta di costoro cioè di detti fideiussori. E qualsivoglia Rettore abbia il libero arbitrio di multare e di punire, anche di costringere nella persona, e di carcerare, e parimenti di inviare al confino ed esiliare colui che intimidisce o fosse sospettato fino a quando abbia dato garanzia o abbia dato sicurezza, come già detto, senza l’intervento di alcun processo né scrittura. Possa anche questo Rettore, se a lui sembrerà opportuno, costringere nel modo e nella forma già detti quel tale sospettoso o timoroso, al fine che stia in guardia e garantisca di non arrecare offese a colui che egli così per sé considera sospetto. D’altra parte disponiamo nel presente statuto che nessuno possa pretendere o chiedere tali fideiussori o un fideiussore, dei quali sopra si fa menzione, neppure possa deputarli, contro qualcuno che egli in precedenza abbia offeso, neanche dai consanguinei dell’offeso, né da alcuno degli affini, né possa considerare così sospettabili costoro già detti né alcuno di loro. Aggiungendo decretiamo anche ed ordiniamo che i signori Priori e i signori Regolatori abbiano la piena autorità, il potere e l’arbitrio di provvedere, comandare, come sopra, nel dare le dette fideiussioni e le cauzioni per non fare le offese fra le parti, fra le quali le risse e le inimicizie girano <tra consanguinei>, fino al terzo grado da computarsi  dal diritto Canonico, sotto le pene da imporsi ad opera dei detti signori Priori e Regolatori, anche di fare altre cose e costringere, relegare, esiliare, come sopra. Ed ancora i detti signori Priori e Regolatori debbano operare e interporsi per pacificare le dette parti, tuttavia non contro la volontà delle stesse parti, né prima del pagamento della penalità. E per l’osservanza della forma del presente statuto sulle multe da imporre, i precetti che saranno fatti dal Podestà o dal Capitano o dai detti signori Priori e Regolatori alle parti affinché si presentino, possano essere fatti anche con atti scritti, ed essere affissi nelle abitazioni di uno di qualche parte, non rintracciato, e siano di tanta validità quanta quando esibiti di persona, e coloro che non obbediscono siano condannati alla pena contenuta nel precetto. Ogni giorno debba essere fatto un precetto di tale modo, fino a che sia obbedito. Se qualcuno in realtà, tramite due testimoni idonei, con giuramento, sia confermato che permane fuori distretto, sia scusato.

       4 Rub.62La pena per chi dalla Città di Fermo o dai Castelli entra o esce non dalle porte, ma in altro modo.

   Se qualche persona sia entrata o uscita dalla Città di Fermo o da qualche suo Castello, anziché attraverso una pubblica porta del Comune, attraverso un altro luogo o con altra maniera, sia punito con 25 libre di denaro, per ciascuna volta.

       4 Rub.63La pena di che guasta o occupa le mura della Città o dei Castelli.

   Con questo statuto decretiamo che se qualche persona abbia rovinato o guastato o in qualche modo abbia rotto qualche muro della Città di Fermo o di qualche Castello, o abbia occupato qualche muro tale, con una presunta autorizzazione, o abbia costruito un altro muro nella vicinanze di esso e anche abbia collegato o abbia fabbricato, o abbia violato questo stesso in qualche maniera, rompendo o distruggendo o facendo cose simili, sia punito, per ciascuna volta, a 25 libre di denaro; e sia costretto a ricostruirlo tali allo stato antecedente a sue spese. Inoltre nessuna persona osi né presuma di fare un passaggio con animali o senza, attraverso le ripe della Città o di qualche Castello, o di scavare, tenere o anche occupare le dette ripe o qualcosa di esse, con una presunta autorizzazione, sotto la pena di 25 libre di denaro da riscuotere su qualsivoglia trasgressore e per ciascuna volta, sul fatto; e nondimeno sia costretto a ristabilire lo stato antecedente. E chiunque stia come legittimo accusatore e denunciatore delle dette cose e abbia la metà della detta pena pecuniaria.

       4 Rub.64Gli Incendiari e i distruttori dei molini e delle abitazioni e di opere simili.

   Affinché nessuno abbia vigore a vantarsi della propria malizia, decretiamo che se qualcuno abbia immesso il fuoco dolosamente, o lo abbia messo per motivo di bruciare qualche abitazione sita nella Città o nel distretto di Fermo, o abbia incendiato tale abitazione dolosamente; sia che tale abitazione sia sita dentro la Città, in un Castello, sia che in una Villa o altrove, purché qualcuno abbia abitato o sia stato solito abitare in essa, se tale colpevole sarà pervenuto al presidio del Comune, sia bruciato vivo con le fiamme, tanto che muoia; e il danno sia riparato con il doppio a favore di chi l’ha sofferto. Se invece non sarà pervenuto nel presidio del Comune, sia condannato alla medesima pena e alla riparazione del danno con il doppio, e in perpetuo sia in esilio nella detta condanna. E la stessa pena si intenda che è stata stabilita e ci sia contro colui che abbia immesso il fuoco dolosamente in qualche casolare con il motivo di incendiare o abbia incendiato, purché, tuttavia, qualcuno con la sua famiglia abbia abitato di continuo nel detto casolare o vi sia stato. Inoltre se qualcuno con il motivo di incendiare abbia immesso fuoco con inganno, ossia dato fuoco in qualche meta di grano o di altro cereale o in qualche abitazione, o casolare posti fuori dalla Città o da qualche Castello che non fossero luoghi abitati, né siano stati soliti abitarsi da qualcuno con la sua famiglia, oppure abbia devastato o rotto qualche mulino o qualche sua mola o macina, sia punito e sia condannato a 100 libre di denaro e alla riparazione con il doppio del danno a favore di chi l’ha sofferto. E se questa condanna non sia stata pagata entro 10 giorni dal giorno della pubblicazione della condanna, gli sia amputata la mano destra in modo che sia divisa dal corpo. Inoltre se qualcuno abbia devastato un’altrui abitazione o un casolare posti fuori dalla Città di Fermo, e non abitati da alcuna persona in alcun modo, sia condannato e punito con 25 libre di denaro, per ciascuna volta e riparare al doppio del danno, a favore di chi ha sofferto. E infine, in ogni caso di incendio qui non espresso, l’incendiario sempre sia obbligato a riparare con il doppio del danno a favore di chi l’ha sofferto, e ancora in più, questa pena, se quell’incendio sia stato fatto con astuzia e con malizia, sia stabilita dai Rettori della Città di Fermo, fino a 20 libre di denaro.

       4 Rub.65Gli Avvocati, i Procuratori, i Notai non siano accettati come fideiussori.

   Tutti i singoli officiali e i Rettori della Città di Fermo evitino totalmente di ammettere o di accettare per fideiussori o al posto dei fideiussori, coloro quelli che appartengono al collegio e sono registrati, gli Avvocati, e i Procuratori, i Notai delle banche <tesorerie> civili di Fermo. Se qualcuno invece fra i detti Avvocati, Procuratori o Notai di banche, contro la disposizione di tale modo, si trovi, almeno di fatto, accettato o ammesso tra i fideiussori in una causa civile o penale, o in un’altra occasione qualunque, per l’autorità di questo statuto, in nessun modo sia costretto né obbligato, e colui che l’accoglie in tal modo o chi lo accetta sia punito a libre 25 di denaro per ciascuno e per ciascuna volta. E tale fideiussione o promessa non possa essere avallata con un giuramento, al contrario questa stessa e qualsiasi cosa che consegua da ciò non abbia vigore per la legge stessa; e a questo statuto non si possa rinunciare espressamente, tacitamente, direttamente o indirettamente.

       4 Rub.66La pena di coloro che portano un’arma.

   Se qualcuno nella Città di Fermo, o nei suoi borghi, o nel Porto di San Giorgio abbia portato un’arma in contrasto al permesso dello statuto di questa Città, se ad opera di qualche officiale o dei loro cooperatori sarà stato rintracciato, sia punito in questo modo, cioè per un coltello che ferisce, o per una daga <spada corta> o per simili, con tre libre di denaro; per una spada, uno spontone <tipo asta>, uno stocco <tipo spada>, un falcione bergamasco <coltellaccio>, una lancia, un roncone o simili, per ognuno, e per ciascuna volta, con libre 5 di denaro; per una mazza ferrata, una roncola, o un bordone di legno ferrato o non ferrato, o per un bastone nocivo, con 40 soldi, per ciascuna cosa e per ciascuna volta. E sia affidata all’arbitrio del Rettore o del suo Vicario qualunque cosa debba essere considerata simile alle dette o ritenersi come simile, o considerarsi malefica. In verità per un altro coltello maggiore di un palmo, calcolato il manico, sia punito, per ciascuna volta, con 20 soldi. Se qualcuno invece sia stato rintracciato che porta le dette armi o qualcuna delle dette, di notte, dopo il tramonto del Sole e prima del sorgere del Sole, sia punito al doppio. Se invece sia stato rintracciato che porta una “gorzeria”, un “corinto”, una “bracciarola”, o altra arma da difesa sia punito con 20 soldi di denaro per qualsivoglia arma e per ciascuna volta. Se qualcuno invece, in qualche Castello del Comune di Fermo, sia stato rintracciato mentre porta qualcuna fra le armi di difesa ovvero di offesa descritte sopra, senza espressa licenza del Podestà o del Capitano della Città, sia punito con la metà di dette pene, attribuendo le singole pene alle singole persone. Inoltre nessun forestiero presuma di poter portare le armi offensive o difensive dentro la Città di Fermo o dentro il Porto di San Giorgio, e chi abbia trasgredito, per qualsivoglia delle dette armi offensive sia punito con 5 denari, e per ognuna delle armi difensive sia punito con soldi 20 di denaro e perda le armi e siano assegnate al Comune, e immediatamente dopo il ritrovamento siano consegnate ivi al Tesoriere; a meno che tale forestiero abbia dimostrato una giustificazione o una difesa legittima sulle dette cose; e lo stimare legittima o l’ammettere o il respingere sia affidato all’arbitrio del Rettore. E chiunque dà ospitalità ai forestieri, inoltre ogni custode delle porte della Città di Fermo e di Porto San Giorgio e degli altri Castelli siano obbligati a preavvertire ciascun forestiero allorquando sarà arrivato nel suo ospizio o presso le dette porte, che non porti un’arma attraverso la Città, il Porto o un altro Castello dove è tale ospizio, o dove egli fa la custodia; e qualora non abbia fatto ciò, sia costretto, sul fatto, a risarcirgli e a restituire con i propri beni, il danno nel quale tale forestiero sia incorso a motivo del portare tali armi. E il Podestà e il Capitano della Città con vincolo del giuramento, almeno una volta in qualsivoglia giorno, sia obbligato a inviare i suoi cooperatori per investigare, per fare controlli contro coloro che portano le armi già dette o qualcuna delle dette attraverso la Città. E dalla sola relazione dei cooperatori, sul fatto e senza processo alcuno, punisca e possa e abbia autorità di punire quelli trovati che le portano così, senza altra indagine né discussione. Se qualcuno invece (fatta eccezione per i Priori, o per il Vessillifero di giustizia di questa Città) di giorno o di notte abbia trasportato o portato qualcuna delle armi anzidette nel Consiglio, nel Parlamento o nella Congregazione o nel Palazzo del Comune, o del popolo, o della residenza degli stessi signori Priori o del signor Podestà o del Capitano, sia di giorno, sia di notte, sia punito sul fatto a libre 10 per ciascuna volta e perda le armi. E ciascuno sia ritenuto legittimo accusatore sulle dette cose e ci si attenga anche alla relazione dei cooperatori o dell’officiale. E in tutti i singoli casi di questo presente statuto, sia cosa propria dell’officiale nella sua elezione il rilasciare a suo arbitrio e il condurre qualcuno, così rintracciato, presso la Curia o di rilasciarlo ai fideiussori. E quello che i cooperatori di qualche officiale della Città, del Porto, o del contado va investigando o controllando attraverso la Città, il Porto o i Castelli contro coloro che portano così <le armi>, se qualcuno sia fuggito dal cospetto di tali cooperatori o non abbia permesso di essere controllato, egli abbia autorità di punire sul fatto al modo stesso come se gli fosse stato trovato un coltello atto a ferire, e si abbia fiducia e ci si attenga alla relazione su ciò, con giuramento, di due cooperatori di tale Rettore o dell’officiale. Inoltre se qualcuno abbia portato armi con sé davanti o dietro o a lato o vicino qualche bambino o ragazzo che porta un’arma, su richiesta di questo stesso, costui, a richiesta del quale le armi così erano portate sia punito, sul fatto, come se le portasse lui stesso. Inoltre nessuna persona, col pretesto di qualche dignità o di una familiarità o di un privilegio presuma di portare qualche arma, se non per il privilegio del Priorato o del Vessilliferato di giustizia. Se qualcuno invece abbia voluto scagionarsi dalla pena soltanto con qualche anzidetto pretesto, sia punito, sul fatto, con 25 denari: e in questo caso il padre per il figlio, il fratello per il fratello, siano obbligati e tale somma possa e valga riscuoterla da questi, se vivano in Comune o senza una divisione. Tuttavia ad ognuno nell’andare così fuori dalla Città, dal Porto, o da un castello, oppure nel tornare da uno di questi o nel venire alla Città, o al Porto o ad un Castello, e nel tornare da lì, sia lecito portare impunemente le armi muovendosi da qui per un percorso diretto, da una abitazione o da un ospizio verso una abitazione o un ospizio. E se qualcuno che sta andando, o venendo così o ritornando per un percorso diretto, sia stato rintracciato che porta palesemente un “galerio”, senza malignità, oppure che conduce un somaro, o che porta legna, erbe, paglia, fieno, olio, o cose simili, o porta una bevanda per i lavoratori, gli è lecito che abbia avuto armi con sé; tuttavia, se uno abbia fatto ciò senza malizia, non sia soggetto ad alcuna pena, e su ciò diamo incarico alla coscienza del Rettore. Inoltre ciascuno con esplicito permesso del Podestà o del Capitano, che risulti da una scrittura o da una ricevuta di questo Rettore, possa portare armi di difesa, dopo aver presentato un idoneo fideiussore, uno o più, sul non offendere con esse. Se invece con esse o con qualcuna di esse abbia colpito sulla faccia, o sulla testa con sangue, sia punito, per ciascuna volta, con 50 libre di denaro, oltre alle altre pene degli statuti. E i fideiussori siano obbligati a pagare questa somma, in modo reale e personale, anche se il principale non sia stato esaminato. Tuttavia il Podestà o il Capitano non concedano né abbiano potere di concedere a nessuno il permesso di portare armi di difesa insieme con i fideiussori o senza <questi>, eccettuati solamente i propri officiali o coadiutori. E nei casi di questo statuto, né il beneficio della pace, né quello della confessione rivendichi per sé vigore. Inoltre se qualcuno abbia portato qualsivoglia genere di armi di possibile offesa nel Girone di Fermo, sia punito, per ogni specie di armi, a 25 libre di denaro e per ciascuna volta. E chiunque possa accusare e denunciare coloro che portano le armi anzidette, in uno dei detti luoghi, ed abbia la metà della pena.

       4 Rub.67La pena di coloro che vanno in strada dopo il terzo suono della campana.

   A tutti vietiamo di camminare attraverso la Città, il Porto o qualche Castello della Città, senza una luce sufficiente, o con una torcia accessa o con un tizzone, dopo il terzo suono della campana, che si suona di sera per la custodia della Città, e prima del suono della campana che si suona al mattino per il giorno. Se qualcuno invece abbia agito in contrasto con questo o sia stato rintracciato da un officiale o dai coadiutori del Podestà, ad eccezione per quelli che siano stati trovati nel raggio di tre abitazioni vicino alla propria abitazione, sia punito, sul fatto con 10 soldi 10 di denari, per ciascuna volta. Tuttavia, gli studenti che vanno alle scuole, o i mugnai che vanno al mulino con somaro o quelli che tornano da lì, o i fornai o le fornaie, o i cursori, o quelli che vanno a portare olive a macinare per esercitare il proprio mestiere, non sono affatto obbligati dal siffatto statuto. Inoltre al presente statuto aggiungiamo che, per evitare la penalità, un solo lume sia sufficiente a più persone che vanno attraverso la Città, il Porto o un Castello. E per questo statuto né la pace né una confessione servano ad alcunché.

       4 Rub.68La pena di coloro che giocano ai dadi, o ad altro gioco proibito.

   Inoltre decretiamo che se qualcuno, nella Città o nel distretto di Fermo, abbia giocato segretamente, o di notte, a qualche gioco dei dadi o ai tasselli o a bastoncini, o con le carte da gioco, sia condannato a 10 libre di denaro. Se in realtà abbia giocato pubblicamente e di giorno sia punito con libre 5 di denaro, per ciascuna volta; se si gioca silenziosamente o palesemente a danaro sia condannato e punito a 50 libre di denaro, lo sia anche chi abita l’edificio, nel quale così sia stato fatto il gioco; e tuttavia “pubblicamente” sia riconosciuto se il luogo, nel quale così si gioca, in quei momenti non stia chiuso; inoltre colui che tiene le candele, o la luce per i giocatori, o chi presta denaro agli stessi, o chi concede gratis in altra maniera i dadi, o il taccuino , sia punito con la medesima pena, come il giocatore. Inoltre colui che così abbia prestato denaro al giocatore, perda il prestito, e i pegni, quando ne abbia presi alcuni per tal motivo sia obbligato a restituirli sul fatto. Gli istrumenti scritti o le obbligazioni e le garanzie in tale occasione, fatte o intraprese, per l’autorità di questo statuto non abbiano alcuna validità e i colpevoli di tal modo, sul fatto, possano e valga che siano puniti, senza processo alcuno, con le pene designate sopra. E sulle dette cose si presti fede, sul fatto, alla relazione di qualsivoglia coadiutore del Rettore, e il Rettore i cui coadiutori hanno scoperto tali delinquenti, abbia la quarta parte delle dette pene. E ognuno possa denunciare tali giocatori, e tale denunciatore abbia e debba avere la quarta parte di quello che sia pervenuto in Comune in occasione di tale denuncia e sia tenuto segreto colui al quale si presti fede, con un solo testimonio. Il Banchiere del Comune sia obbligato a dare la detta quarta parte a tale denunciatore senza altra attestazione di mano dei signori Priori o dei Regolatori, ma sia prestata fede soltanto alla semplice parola e alla dichiarazione del Podestà che dichiara allo stesso Tesoriere che tale denunciatore ha denunciato il detto giocatore o i detti i giocatori. Sia lecito invece a chiunque nell’esercito di giocare palesemente ai dadi, o nella cavalcata ai dadi e ai tasselli, o giocare ad azzardo, senza pena in qualunque modo e forma. Inoltre sia lecito ad ognuno nelle osterie e negli ospizi di giocare impunemente lo scotto, purché gli osti e gli albergatori già detti non tengano la abitazione, l’osteria o l’ospizio chiuso con una spranga o con catenacci o in qualsiasi altro modo. A nessuno in realtà sia lecito giocare a palla o un altro qualunque gioco presso o vicino alle Chiese, affinché i riti divini non siano impediti dai giochi, sotto pena di 10 soldi per ciascun trasgressore e per ciascuna volta.

       4 Rub.69La pena di chi nega la parentela, il notaio o cose simili.

   Desideriamo che tutti adducano la verità senza raggiro, e decretiamo che se qualcuno, in una causa civile o penale, abbia negato con qualunque parola che comporti la negazione, che qualcuno sia, o sia stato segretario, o defunto, o padre, o figlio, marito, o moglie, zio paterno, o zio materno o altro congiunto per affinità o per consanguineità, fino al terzo grado da computarsi secondo il diritto Canonico; se non abbia rinnegato tale negazione, nello stesso giorno o nel giorno seguente a quello in cui così abbia negato,  non l’abbia revocata né abbia confessato la negazione, quando poi tale cosa negata sia stata provata con quattro testimoni che su ciò offrono una testimonianza sulla voce pubblica e sulla fama, decretiamo anche che questa prova sulle dette cose è valida, quel tale che così nega o che così abbia negato, sia punito, sul fatto, senza alcun processo, a 10 libre.

       4 Rub.70La pena di chi richiede il pagamento di un debito già pagato, o più del debito.

   Vogliamo contrastare le frodi di coloro che in un processo abbiano chiesto un debito già pagato o in altro modo soddisfatto, anche senza una contestazione della lite, e decretiamo che se qualcuno abbia richiesto in tale modo un debito, come già detto, sia punito con 25 libre di denaro, sul fatto e senza alcun processo; e di questa pena la metà sia per il Comune e l’altra per colui al quale così viene chiesto, sia che costui abbia presentato una querela o un’accusa riguardo a ciò, sia che no. E con la stessa pena similmente sia chi richiede più del debito, e nondimeno decada da tutto. E al debitore siano raddoppiate le proroghe contro chi richiede prima della scadenza. Le emissioni tuttavia per coloro che richiedono su eredi o successori, universali o particolari, un debito già pagato, per l’anzidetta legge non abbiano luogo, a meno abbiano chiesto le emissioni, con consapevolezza, così, o dopo la protesta o dopo l’accertamento su tale pagamento, o sul pagamento emesso, come è detto sopra.

       4 Rub.71La pena di coloro che invadono o occupano un <bene> immobile o infastidiscono qualcuno nella sua proprietà.

   Sta nelle nostre intenzioni di reprimere con tutti i modi l’altrui protervia, per cui decretiamo che se qualcuno di propria autorità, con il contributo o con la comitiva di due, o di più abbia occupato o invaso la proprietà di un altro o un bene immobile con violenza, da se stesso o tramite un altro o tramite altri a suo nome, o abbia fatto fare qualcosa come questa nel nome anzidetto, o qualcosa tale sia stata fatta scacciando da tale bene o non permettendo che il possessore di tale bene o un altro a suo nome, di rioccupi o recuperi tale bene o la detta proprietà; il principale che fa ciò, o che lo fa fare, sia punito a 200 libre, per qualsiasi volta, e chiunque si associa a chi lo fa sia punito a 100 libre di denaro per ciascuna volta. Quando invece tale cosa sia stata fatta o commessa senza comitiva, chi lo commette o colui che lo fa commettere sia punito a libre 100 di denaro, e in qualsivoglia dei detti casi, egli perda, per il fatto stesso, e sia privato di ogni diritto che abbia su tale possesso o bene, o verso questo stesso, senza che sia aspettata una sentenza di tribunale. Se qualcuno invece abbia turbato o molestato, per la proprietà di cui si parla sopra, qualcuno in qualche altro modo rispetto ai già detti, con una comitiva, da sé o tramite un altro a suo nome, il principale sia punito con libre 100 di denaro e invece chiunque si associa alle dette cose sia punito con 50 libre di denaro. Se in realtà la comitiva non sia intervenuta, il principale che fa in questo modo o che lo fa fare sia punito con 50 libre. Gli operai invece e i salariati, che siano entrati senza alcuna intenzione di turbare o di danneggiare la proprietà di un altro, non siano obbligati affatto ad alcuna pena. Inoltre qualsivoglia Rettore della Città sia obbligato e debba con tutto il suo potere mantenere, e conservare anche difendere nei loro possedimenti gli abitanti distrettuali e i Cittadini della Città e coloro che ivi abitano e prestare ad essi aiuto e sostegno riguardo a ciò, e intraprendere contro chiunque coloro che, in qualunque dignità, privilegio o giurisdizione esistano, turbano o danneggiano questi stessi o i loro possedimenti o occupano o invadono i beni, come già detto, o vogliono fare qualcuna delle dette cose, e contro la violenza di chiunque. E nondimeno tale Rettore, dopo acquisita la fiducia, in modo sommario, semplice, tranquillo, senza chiasso, né parvenza processuale, sul fatto, reintegri chi è stato così depredato sul bene che possedeva al tempo della deprivazione e lo salvaguardi nel possedere il medesimo bene. E se qualcuno, con presunzione di autorità, abbia occupato in qualche modo, boschi, prati, pascoli o qualsiasi altre proprietà e beni del Comune, sia punito con 10 libre di denaro, e quello che ha occupato al Comune, lo reintegri nello stato precedente, insieme con il danno e con l’interesse. E qualora in qualcuno dei casi già detti sia intervenuto un accusatore, chi e stato vinto sia condannato alle spese legittime a favore del vincitore. Aggiungiamo ai casi anzidetti, ed anche dichiariamo che siano considerati invadere, perturbare e occupare tutti coloro che siano entrati in una proprietà altrui, nonostante che siano entrati con l’autorizzazione di qualche Giudice, e abbiano coltivato in qualche modo tale podere, o da esso abbiano registrato o abbiano percepito qualche frutto, senza che abbiano fatto una citazione.

       4 Rub.72 La pena di chi estrae o sposta i termini <a confine>.

   Decretiamo con il presente statuto che se qualcuno di propria autorità abbia cavato fuori o spostato uno o più termini <di confine> vicinale, all’insaputa o contro il volere del vicino o del padrone, sia condannato 25 denari, per ciascuna volta e per ciascun termine così estratto o spostato. Se tuttavia una lite sia stata originata fra alcuni su un termine o sui confini o per tale motivo, tale lite in modo sommario, sereno, senza chiasso, né parvenza processuale, entro 10 giorni dopo la querela fatta su ciò, debba essere conclusa dal Podestà, o dal suo Giudice o dal Giudice dei danni dati, come meglio a loro sarà sembrato essere opportuno, nonostante, in alcun modo, le festività solenni o introdotte in onore di Dio ovvero altre.

       4 Rub.73La pena di coloro che occupano una tenuta assegnata ad opera della Curia.

   Allo scopo che i decreti dei Rettori o dei Giudici non stiano in ludibrio, decretiamo che se qualcuno sia entrato nella tenuta di un suo bene o a lui spettante, che fu assegnato ad un altro ad opera di un Rettore o da qualche officiale del Comune di Fermo avente il potere sopra a ciò, sia punito sul fatto a soldi 40 per la sola entrata, se ne è stato consapevole, o gli sia stato notificato che tale tenuta era stata assegnata. Tuttavia colui che del quale tale bene sia stato <proprietà>, possa andare presso la Curia, entro otto giorni dopo tale assegnazione della tenuta, e chiedere e fare sì che tramite il Giudice questa stessa sia contrastata alla giusta quantità con un terzo in più. E qualora non abbia fatto ciò e così vi sia entrato, sia punito con la detta pena a meno che durante il tempo della sua difesa <giustificazione> dall’accusa fatta su ciò non abbia restituito effettivamente tale tenuta, cioè di fatto, non a parole. E in questo caso il Giudice, perché lasci tale tenuta ovvero la sgombri e non ne faccia uso, da se stesso, neppure tramite un altro, comandi la pena di 10 libre. Invece, tale tenuta possa essere trattenuta sino alla consegna del <pagamento> insoluto. L’accusa presentata sopra ciò, tuttavia, sempre possa essere revocata, secondo il modo e la forma tramandata sopra ciò nello statuto relativo sulla revoca da concedersi.

       4 Rub.74Coloro che offendono gli esiliati.

   Decretiamo in odio e in pena degli esiliati che se qualcuno abbia offeso, e se abbia anche ucciso, uno che è stato esiliato condannato a morte, in modo principale o sotto qualche condizione, non sia obbligato affatto ad alcuna pena. In realtà colui che offende un esiliato e un condannato nella persona, in modo principale o condizionale, tuttavia al di fuori dalla morte, tuttavia non sia impedito in altro modo dall’offesa, se la morte del tale esiliato non sia avvenuta. Qualora questa morte avvenga, chi colpisce tale esiliato sia punito con 500 libre di denaro. Tuttavia chi colpisce un esiliato e condannato non sia obbligato alla pena soltanto pecuniaria puramente e semplicemente, cioè fino a 50 libre di denaro o sopra a ciò, a meno che dall’offesa non siano effettuate, seguite o verranno a seguire una cicatrice che rimarrà per sempre sulla faccia, o un taglio totale o una frattura di qualche osso, o una menomazione perpetua di qualche nervo, o di un membro, o la funzione di un membro. Quando sono intervenuti questi casi o è intervenuto qualcuno di essi, il tale che offende sia punito a 100 libre di denaro. Qualora invece sia intervenuta la morte del tale esiliato, il tale che offende sia punito a 1000 libre e tuttavia, e se non le abbia pagate entro un mese dalla pubblicazione della sentenza, gli sia tagliata la testa dalle spalle in modo che muoia del tutto. Invece chi offende un esiliato e condannato <sia punito> a al di sotto e non oltre 50 libre, se però senza <causare> sangue, a 10 libre; qualora in realtà dall’offesa del tale esiliato e condannato il sangue sia uscito, sia punito a 25 libre di denaro. Qualora invece, la morte, o una amputazione o una frattura totale di qualche osso, o una menomazione perpetua di qualche nervo, o di un membro, o della funzione di un membro, o una cicatrice che rimarrà per sempre sulla faccia siano state effettuate, o seguite o che avessero a venire dall’offesa, sulla persona di tale esiliato e condannato, allora il tale che offende sia similmente punito e condannato, come se il tale offeso non fosse stato o non sarebbe stato da essere esiliato e neanche condannato.

       4 Rub.75Gli esiliati per le offese fatte contro i giurati del popolo.

   Vogliamo e decretiamo che quando qualcuno sia rimasto condannato e sia stato contumace in occasione di qualche offesa o di una percossa fatta contro qualcuno del collegio <dei giurati> del popolo, o contro qualcuno che per una ragione o un motivo sia stato nell’officio del collegio, o contro qualcuno facente o non facente parte del collegio, in occasione di una arringa fatta per mezzo di lui nel Consiglio generale del popolo, oppure in quello speciale, o in Credenza, o in qualche Cernita di uomini convocata per ordine del signori Priori e del Vessillifero, o contro qualche statutario del Comune, costui, per l’avvenire, non abbia potere di ritornare nella Città di Fermo o nel suo distretto, quand’anche abbia catturato qualche esiliato o condannato del Comune di Fermo, o anche benché sia stato presente in una forza <presidio> del Comune o di qualche Rettore; ma al contrario, sia esiliato dalla detta Città e dal suo distretto in perpetuo.

       4 Rub.76I forestieri che offendono i Cittadini debbono essere catturati.

   Affinché i forestieri non presumano di offendere i Cittadini né i Fermani del distretto, decretiamo che se qualche forestiero abbia offeso, con armi, qualche Cittadino o Fermano del distretto di Fermo, che sono presenti nel luogo di tale offesa o da dove il tale forestiero sia fuggito, se siano stati negligenti nel gridare o nell’inseguire tale forestiero, siano puniti con 25 libre di denaro, e il tale offensore forestiero immediatamente possa essere offeso dai Cittadino e da chiunque altro. Se invece tale forestiero abbia commesso un omicidio contro qualcuno degli anzidetti, quando che sia, anche con un intervallo <di tempo>, valga che sia impunemente offeso e ucciso. Se invece qualche Fermano, o abitante della Città o del distretto abbia ricettato qualcuno forestiero tale <esiliato>, o abbia prestato aiuto, consiglio o sostegno a questo stesso offensore, sia punito similmente a quella pena con cui il forestiero. E tale forestiero per sempre sia esiliato dalla Città di Fermo, né in modo alcuno valga che egli venga nella stessa Città o nel suo distretto, per l’occasione della sua cattura o anche della presentazione di un altro esiliato.

       4 Rub.77Coloro che si siano sottratti o si siano rifiutati a ragione di qualche privilegio.

   Decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno a causa di un privilegio clericale, o di una qualche dignità, o per altra ragione, abbia schivato la giurisdizione di Podestà, della sua Curia o di Capitano; o abbia rifiutata <il potere> da se stesso o per mezzo di un altro, o in qualche modo egli vi sia stato sottratto, qualora successivamente, in qualsiasi momento abbia dismesso l’abito clericale, o l’abbia ripudiato, o abbia preso moglie, sia punito da qualche Rettore sulle dette cose, e almeno per il reato da lui commesso, sia punito e condannato per mezzo di un’accusa, una denuncia o una inquisizione sul reato già commesso, secondo la forma degli statuti di Fermo, nonostante uno statuto che dispone che il Podestà o il Capitano non abbia potere di indagare e di punire per le cose commesse prima di un certo tempo. E il Podestà o il Capitano debba praticare questo statuto sotto la pena di 100 libre di denaro. E il detto Podestà, il Capitano o il Giudice di giustizia o un officiale di chiunque di questi stessi non possano proclamarsi non competente come Giudice sopra qualche processo civile o penale, a meno che le opposizioni (eccezioni) schivanti e provate non siano state opposte con atti scritti, sotto pena di 50 libre di denaro per ciascuna volta, quando abbia trasgredito, da riscuotergli nel tempo del suo sindacato e da assegnare al Comune di Fermo.

       4 Rub.78 – I malfattori che sono entrati nello stato religioso dopo un reato commesso.

   Non vogliamo che un’azione temeraria altrui rimanga impunita e decretiamo che se qualcuno abbia commesso qualche reato e poi sia entrato nell’esistenza religiosa e alla fine abbia apostatato; se non è stato ordinato con gli ordini sacri, possa e debba essere punito e condannato, per mezzo di un’accusa, una denuncia o un’indagine su tale reato, nonostante che già gli sia stata fatta l’assoluzione per quel reato, perché era entrato in religione, e anche nonostante uno statuto che proibisce di informarsi sulle cose commesse prima di un certo tempo.

       4 Rub.79I ricettatori di esiliati.

   Tutti coloro, di qualunque sesso, che hanno dato ricetto con consapevolezza a qualche esiliato e condannato del Comune di Fermo, anche se questo tale che è stato ricettato sia stato un congiunto in qualunque grado di consanguineità o di affinità con quelli che lo hanno ricettato, essi siano puniti nel modo infrascritto, cioè, se qualcuno abbia dato ricettacolo a qualche esiliato e condannato a motivo di un tradimento, o di una ribellione commessa contro il Comune di Fermo, o per il crimine di lesa maestà di questo Comune e del presente stato popolare, a costui sia tagliata la testa dalle spalle, in modo che muoia, e tutti i suoi beni siano resi pubblici <confiscati> e sia considerato ribelle perpetuo del Comune di Fermo. Se qualcuno in realtà abbia dato ricettacolo, con consapevolezza, ad un esiliato e condannato a morte in modo principale, o condizionale, per altro motivo, sia punito con 500 libre di denaro. Se qualcuno in realtà abbia dato ricettacolo ad un esiliato e condannato di persona o nella persona in modo principale, o condizionale, tuttavia al di fuori della morte, sia punito con 100 libre di denaro. Chiunque in realtà, con consapevolezza, abbia dato ricettacolo ad un esiliato e condannato in denaro soltanto, chi lo ricetta debba essere condannato al doppio di quanto a cui il ricettato era stato condannato, purché la detta pena da farsi su chi dà ricettacolo, non ecceda 100 libre di denaro. Un nobile di Fermo, abitante del contado, in realtà, che accoglie, con consapevolezza, un esiliato e anche condannato a morte, in modo principale, o condizionale, sia punito con la pena capitale, cosicché muoia. Se in realtà un tale nobile del comitato abbia dato ricettacolo, con consapevolezza, a qualche esiliato e condannato nella persona, in modo principale o condizionale, al di fuori della morte, o soltanto in denaro, sia punito a 1000 libre di denaro. E in qualsivoglia dei detti casi il tale nobile del contado che così ricetta <un esiliato condannato> per il fatto stesso sia privato in perpetuo di tutti i singoli diritti, e privilegi, immunità e di qualsiasi esenzione che ottenesse dal Comune di Fermo. Tuttavia qualsivoglia Comunità o Associazione generale del distretto di Fermo, che abbia dato permesso di stare o dimorare nel loro Castello, o dato ricettacolo, con consapevolezza, a qualche esiliato e condannato in occasione di una ribellione, o di un tradimento o per il crimine di lesa maestà del Comune di Fermo o del presente Stato popolare, sia punito con 1000 libre di denaro. Se in realtà la Comunità o l‘Associazione abbia ricettato, con consapevolezza, un esiliato e anche un condannato a morte in modo principale, o condizionale, per un altro motivo che non l’anzidetta, o, con consapevolezza, abbia permesso che questo stesso abitasse o dimorasse nel loro Castello, o nella Villa, sia condannata a 200 libre. Se in realtà, <la comunità> abbia dato ricettacolo o permesso di abitare, stare o dimorare, come è scritto sopra, tuttavia con consapevolezza, ad un esiliato e condannato, nella modalità personale, in forma principale o condizionale, o anche in modo pecuniario, al di fuori della morte, sia condannata a 50 libre di denaro. Inoltre qualsivoglia Comunità o Associazione del distretto di Fermo sia obbligata e debba adoperarsi per catturare e per far catturare, con ogni potere, tutti i singoli esiliati e condannati del Comune di Fermo che dimorano o vengono nei loro territori, e anche tutti i singoli delinquenti nei loro territori. Se, tuttavia, nelle dette cose esse siano state negligenti, siano punite con 50 libre, per ciascuna volta. Decretiamo ciò, tuttavia, in modo generale e con il presente statuto aggiungiamo che un esiliato e condannato, come viene notato sopra, si intenda che è stato ricettato con consapevolezza, da una singola persona o da una Comunità o da una Associazione, scritta sopra, e si intenda che è stata data consapevolmente con tolleranza la permanenza e la dimora al tale esiliato, dopo che il nome dell’esiliato e condannato sia stato notificato con lettera del Rettore della Citta a qualche Comunità o Associazione del Castello o della Villa, o quando il nome del detto esiliato o condannato sia stato scritto e posto pubblicamente e palesemente nella tabella pendente nella loggia di San Martino o in altro luogo a ciò deputato, o se il nome dell’esiliato e condannato sia stato letto pubblicamente nel Consiglio del Comune di Fermo. E intervenendo qualcuna di queste cose, l’ignoranza sulle dette cose non abbia validità da addurre, ma la conoscenza vera sulle dette cose sia presunta e considerata. Si intenda ricettare (dar ricettacolo) quando nel territorio della Città, del contado, o del distretto di Fermo, chi sia stato esiliato e condannato in tale modo sia stato ricevuto nell’abitazione o altrove, o associandosi a lui, siano stati dati cibo o bevanda o si abbia avuta con lui qualche correlazione.

       4 Rub.80La pena per coloro che prestano patrocinio, aiuto, consiglio e favore a qualcuno esiliato o condannato.

   Se qualcuno abbia prestato chiaramente nella forma principale un patrocinio a qualche esiliato e condannato del Comune di Fermo in occasione di qualche ribellione o di un tradimento o di un crimine di lesa maestà dello stesso Comune o del <suo> presente stato popolare, consapevolmente, con atti di procuratore o di avvocato, sia punito con la pena di 100 libre di denaro, per ciascuna volta, e da subito, per l’autorità del presente statuto, per tale esiliato e condannato, non sia reso in alcun modo un diritto in una causa civile o penale nell’azione attiva, neanche nella difesa in forma principale, o di conseguenze, ad opera di alcun Rettore né da un officiale del Comune di Fermo, sotto la penalità imminente di 100 fiorini d’oro per qualsivoglia trasgressore, Rettore o officiale , per ciascuna volta. In realtà non sia reso in alcun modo un diritto in una causa civile o penale ai condannati ed esiliati per reati diversi da quelli detti sopra, chiaramente nell’azione attiva, sotto pena di 25 libre di denaro per il trasgressore, Rettore o officiale, da imporsi per ciascuna volta. Se qualcuno invece abbia dato aiuto, consiglio o sostegno a qualche esiliato e condannato in occasione di una ribellione, di un tradimento, di <crimine di> lesa maestà del Comune o dello stato <suo> già detto, o facendogli comitiva, o prestando denari, o beni ad usura, o fornendo o offrendo a lui stesso cose commestibili o altre cose necessarie per il vitto, o in altra maniera senza dare ricettacolo, facendo in qualunque modo, sia punito con 300 libre di denaro. In realtà, chi presta aiuto, consiglio o sostegno ad esiliati e condannati per altri reati, non per quelli detti sopra, sia punito a 25 libre di denaro. Su queste cose, tuttavia, che sono contenute nel presente statuto, qualsivoglia Rettore abbia potere di fare una indagine e di punire con le dette pene con libero arbitrio. Invece per il provvedimento di questo presente statuto, non siano generati nessun pregiudizio e nessuna deroga allo statuto precedente, che dispone norme per i ricettatori degli esiliati, ma quello stesso <statuto> rimanga immutato e stabile nel suo vigore.

       4 Rub.81Beneficio dell’esiliato che presenta un altro esiliato.

   Con questa legge generale decretiamo che se qualcuno abbia catturato un esiliato e puramente e semplicemente condannato, per una qualche somma di denaro, che sta in contumacia fuor> dal Comune e dal distretto di Fermo, e l’abbia presentato effettivamente da se stesso o tramite un altro, alla forza <presidio> del Comune di Fermo o di qualche Rettore della Città, anche qualora il tale che ha catturato e ha presentato da sé, o tramite un altro, non sia uno condannato dal Comune di Fermo, ha il potere di ricevere, chiedere ed avere dalla pecunia e dai beni del Comune, 5 soldi per ogni libra della condanna di quel tale catturato e presentato. Tuttavia se l’esiliato e condannato, nel modo principale o condizionale, nella persona, o a morte, da un altro non esiliato e non condannato, sia stato catturato e presentato, come già detto, costui <catturatore> può percepire 100 libre di denaro dai beni di quel tale che è stato presentato, se si trovano, altrimenti ha il potere di percepirle, chiederle ed averle dai beni del Comune. Se qualcuno invece abbia catturato e abbia presentato, come già detto, qualche esiliato e condannato in occasione di una ribellione, di un tradimento o <di un crimine> di lesa maestà, o del presente stato popolare di questo Comune, quand’anche egli stesso sia stato esiliato e condannato in qualsiasi occasione, costui stesso sia considerato e sia assolto da questo esilio e dalla condanna, sia esente e libero e, per l’autorità di questo statuto, sia ristabilito nello stato precedente, e l’esilio e la condanna suoi siano considerati e siano cancellati, annullati e di nessuna efficacia. Se invece qualcuno abbia catturato e presentato, come detto sopra, un esiliato e condannato per altri reati anziché per gli anzidetti, e colui che lo cattura e così lo presenta fosse un esiliato e condannato ad una pena pari o minore di quel tale che è stato presentato, costui stesso che lo presenta sia liberamente esentato e assolto e sia ristabilito nello stato precedente, come sopra; e sia considerato e stia come se non sia stato esiliato e condannato. Ma quale pena si debba capire e considerare e avere come pari o minore fra le anzidette, sia affidato all’arbitrio del Rettore. E qualsivoglia Rettore e Giudice della Città, a domanda e richiesta di chi ha catturato e presentato, come sopra, sia obbligato e debba cancellare, annullare e invalidare la condanna e pronunciare, decidere e dichiarare che la condanna e l’esilio di tale presentatore secondo il modo scritto sopra sono annullati e invalidati; e debba far fare sopra a ciò un atto pubblico o una lettera opportuna. Aggiungiamo tuttavia, in generale, al presente statuto che in qualsiasi caso di esso chi ha catturato e presentato in forma principale sia soltanto un solo che goda e fruisca del frutto e del beneficio di questo statuto. E chi debba essere riconosciuto come principale nelle dette cose sia affidato all’arbitrio del Rettore. Tuttavia, per effetto di questa rubrica o statuto, non vogliamo in nessun modo pregiudicare né derogare ad un altro statuto che, in modo specifico, dà una disposizione in contrasto.

       4 Rub.82Gli Avvocati e i Procuratori che si accordano su una somma.

   Tutti i singoli Avvocati e Procuratori che fanno accordi su una somma della lite della causa o del bene che è discusso nel processo, siano puniti, sul fatto, a 25 libre di denaro, per ciascuna volta; e in tale lite o causa, in futuro, non siano ascoltati ulteriormente, e per il resto e siano infami per il fatto stesso, e per il resto, in futuro, non debbano esercitare l’officio della procura <procuratori> o dell’avvocatura e dal Giudice sia interdetto ad essi di esercitare e qualora esercitassero, per la legge stessa, ciò che abbiano fatto non abbia validità.

       4 Rub.83La pena degli accusatori che non hanno prove.

   E’ conveniente alla ragione che chi non abbia dato le prove sulla <sua> accusa subisca una pena. Decretiamo pertanto che se qualcuno abbia accusato chiunque di aver elaborato o costruito un istrumento falso e non abbia dato le prove, sia punito a 100 libre di denaro. Se in realtà abbia accusato su una elaborazione, o sull’uso di un documento falso, o su una testimonianza o una presentazione di una testimonianza falsa, e non abbia dato le prove, per ciascuna volta, sia punito a 50 libre di denaro. Se invece qualcuno abbia accusato chiunque di un omicidio, e non abbia dato le prove, sia punito a 200 libre. Se, in realtà, qualcuno abbia accusato chiunque di rapina o di un crimine di un carcere <sequestro> privato, o di un altro reato, per il quale, secondo la forma dei nostri statuti, potesse essere imposta o dovesse venire imposta una pena in tutto o in parte corporale, o principalmente afflittiva del corpo chiaramente in modo principale, non invece condizionale, e non abbia dato le prove, sia punito, per ciascuna volta, a 100 libre di denaro. Se, in realtà, abbia accusato chiunque di un reato, e la pena di questo fosse semplicemente pecuniaria o avesse annessa anche una pena corporale o afflittiva del corpo nella modalità condizionale, e non abbia dato le prove, sia punito a dodici denari per ciascuna libra di quella pecunia che il Rettore potesse o avrebbe potuto imporre all’accusato, quando il reato fosse stato vero e provato; purché tale pena di chi non dà prove non superi in alcun modo 100 libre di denaro. E gli anzidetti statuti e qualsivoglia di essi siano contemplati sull’accusatore che non sia stato un evidente calunniatore. Se invece sia stato un evidente calunniatore, sia obbligato in ogni modo alla pena del taglione. E non si intenda come evidente calunniatore solamente per il fatto che non abbia dato le prove. Tuttavia all’accusatore sia sufficiente per la sua giustificazione e per l’esenzione dalle dette pene, che abbia provato la sua accusa in modo semipieno. E in tutti i singoli casi sopra descritti, l’accusatore che non dà le prove, come già detto, possa essere punito e condannato alle dette pene, dall’officio del Rettore o del Giudice, o anche a richiesta della parte accusata, nella stessa istanza della detta accusa o anche subito dopo, anche con un intervallo. E sempre l’accusatore che così non dà le prove, sia condannato alle legittime spese a favore dell’accusato. Invece le dette pene non rivendichino di per sé un vigore, né alcuna di altre <pene>per le accuse di danni dati o per le invasioni, per le turbative o per le occupazioni delle tenute. In realtà i Sindaci dei Castelli o delle Ville del distretto di Fermo che denunciano reati secondo il loro officio, quandanche non abbiano prodotto prove, non siano obbligati ad alcuna pena, a meno che non siano stati in una evidente calunnia; e in questo caso, siano puniti secondo lo statuto, sopra, contro l’accusatore che fa una calunnia.

       4 Rub.84La pena di coloro che prestano aiuto, consiglio e favore per qualche reato o a chi commissiona qualche reato.

   Per il motivo di dover reprimere i delinquenti, decretiamo che nessuno osi né presuma, a parole o con opera o in qualsivoglia modo, prestare o offrire un aiuto, un consiglio o un favore per qualche reato o a chi commissiona qualche reato. Se qualcuno invece abbia fatto diversamente o in contrasto o si sia avvicinato, seppure la pena secondo la forma dei nostri statuti sia stata stabilita meramente e semplicemente pecuniaria, il tale che così trasgredisce o vi si avvicina debba essere condannato e punito a metà della pena con la quale il principale <delinquente> viene condannato o punito. Se in realtà il reato fu tale, la cui pena in modo principale o condizionale sia stata stabilita sulla persona, in tutto o in parte, o afflittiva del corpo in forma principale, o condizionale contro il delinquente principale, allora colui che abbia prestato aiuto, consiglio o favore al reato o a chi lo commissiona, ad arbitrio del Rettore, sia punito in modo reale o anche personale, tuttavia, non fino alla morte, e non peggio rispetto a colui a cui abbia prestato qualche tale aiuto, consiglio o sostegno. Mentre resteranno nella loro validità gli statuti di questo volume, i quali impongono una speciale pena per tale aiuto, consiglio o sostegno, in nessuna maniera, sia derogato ad essi tramite questo <statuto>.

       4 Rub.85Gli istigatori al duello, o alla guerra.

   Noi diamo ordine, proteggendo, che il bene e la pace si abbiano fra le singole persone e siano praticati; e se qualcuno nella Città o nel distretto di Fermo abbia provocato chiunque alla guerra, o da se stesso o tramite altri abbia invitato un altro al duello, sia punito con 50 scuti. E il Rettore abbia libero arbitrio di costringere a fare la pace e l’accordo, in modo reale e personale il tale che provoca, che invita o fa richiesta, e anche chi è stato provocato, chi è stato invitato e chi è stato richiesto. E se abbiano rifiutato, con libero arbitrio, possa ed abbia potere di multare o bandire o destinare al confine chi rifiuta.

       4 Rub.86L’esecuzione delle sentenze penali.

   Noi valutiamo che la legge e la giustizia sarebbero poca cosa se non avvenga l’esecuzione di queste stesse; perciò decretiamo ed ordiniamo che qualsivoglia Rettore o officiale del Comune di Fermo sia obbligato ad eseguire e mettere in esecuzione tutte le singole sentenze e le condanne penali pubblicate da loro stessi, che siano state ripresentate o abbiano avuto dei fideiussori nel processo contro i principali <colpevoli> o contro i fideiussori o contro il principale o anche simultaneamente per entrambi, ad arbitrio della loro propria volontà, entro un mese dal giorno della pubblicazione della sentenza, sotto la pena di 200 libre di denaro per qualsiasi sentenza che non sia stata messa in esecuzione. E nondimeno la somma contenuta in essa sia computata nel suo salario. In realtà, metta in esecuzione le sentenze pubblicate contro i contumaci con le cose e i beni di costoro, con diligenza, per quanto gli sarà stato possibile, in questo modo, cioè che questi officiali o i Rettori che pubblicano tali sentenze facciano e facciano fare un’indagine o un’investigazione su tutti i singoli beni mobili e immobili e sui nomi dei debitori e sui crediti di tali esiliati o condannati in contumacia e su ciò ci sia risultanza negli atti della Curia. E qualora abbiano trovato alcuni beni o cose, o i crediti, o i nomi dei debitori, li faccino registrare per iscritto e li facciano assegnare al Sindaco del Comune di Fermo deputato agli affari, ed anche al Notaio del Registro del Comune, in modo che l’impossessamento e l’incorporazione di questi si possano fare a vantaggio del Comune, e nel frattempo si faccia il sequestro di tali beni registrati e siano affidati a persone idonee. E questo Sindaco sia obbligato a impossessarsi di tali beni e poi a prendere e tenere o vendere tali beni a vantaggio del Comune. E qualora sia stata commessa una negligenza sulle dette cose, il Rettore ed il milite associato che abbiano trascurato che tali condanne siano eseguite siano obbligati a computarle nel proprio salario. Tuttavia il Sindaco negligente in tali cose, ad arbitrio del Rettore, valga che sia multato e sia punito fino a 10 libre di denaro e non oltre. Tuttavia sulle sentenze che siano state ristabilite o no, pubblicate nell’ultimo mese del governo di un Rettore, le dette pene non siano in vigore su un milite o su un Rettore, ma il successore e il suo milite associato, qualora non abbiano dato l’esecuzione a queste stesse entro un mese da quando hanno iniziato il loro officio, come già detto, incorrano nelle dette pene e nelle somme contenute nelle dette sentenze ristabilite non date in esecuzione, siano computate nel loro salario e debbano effettivamente esservi computate.

       4 Rub.87Un genere con un altro genere, un numero singolare con uno plurale, e viceversa, si concepiscano in modo simile.

   Con l’intento di dover eliminare i dubbi e le liti, con la presente legge decretiamo che il genere maschile, prenda insieme e si colleghi con il femminile e il neutro e al contrario, ed inoltre il numero singolare prenda insieme e si colleghi con il plurale e al contrario e sia stabilito in un genere o un numero, e sia riconosciuto e sia stabilito per l’altro nel medesimo modo. E ciò abbia vigore se la cosa, il caso, la disposizione, la materia o la cautela siano indifferenti, o così convenga o valga convenire nei detti generi e nei numeri all’uno come all’altro, o abbia vigore in tali cose. E ciò sia stato disposto e provveduto tanto nelle cause penali quando anche nelle cause civili o miste; salvi sempre gli statuti con i quali si trova che è stato provveduto l’opposto o il contrario.

       4 Rub.88I possedimenti dei Cittadini e i beni stabili non si debbono alienare, né trasferire a coloro che non sottoposti <a Fermo> e non fare parentela con coloro che non sono sottoposti.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessuna persona, in qualunque stato e condizione stia, senza un esplicito permesso e volontà dei signori Priori del popolo e del Vessillifero di giustizia di questa Città e del Consiglio speciale di questa Città, possa o debba in qualunque modo alienare o in qualunque modo trasferire alcuni beni immobili, i possedimenti, le abitazioni o i fortilizi, che sono siti nella Città di Fermo, o nel suo contado e nel distretto o al di fuori vicino ai confini del distretto di Fermo o del suo contado, o fuori, tuttavia vicino ai confini del distretto di Fermo e del suo contado, a qualche persona ecclesiastica o secolare non soggetti alla giurisdizione temporale o al dominio della detta Città o a qualcuno che non sostenga gli oneri della detta Città o del contado e che non sia un abitatore costante della detta Città o del contado. E se sia stato fatto in modo diverso l’alienazione o il contratto, per la legge stessa, siano nulli e di nessuna validità; e il detto bene così alienato o trasferito, per l’autorità della presente legge, senza alcun’altra sentenza, , per la legge stessa, sia riconosciuto e sia confiscato e assegnato al Comune di Fermo. E tal modo sia riconosciuto, se viene fatto con una ultima volontà, un testamento, i codicilli, una donazione a motivo della morte, o per qualsiasi altro motivo, o per un titolo di ultima volontà. Tuttavia, se chi aliena così o trasferisce nell’ultima volontà a coloro non sottoposti <a Fermo>, come è stato detto sopra, avesse consanguinei a lui congiunti fino al terzo grado incluso di consanguineità, da calcolarsi secondo il diritto canonico, e i detti congiunti fossero abitanti della Città o del contado di Fermo e sostenessero gli oneri del Comune di Fermo, allora e in tal caso, i detti consanguinei abbiano e debbano avere la successione di quei beni, così trasferiti con detto titolo, salva sempre la prerogativa del grado <terzo incluso>. Se in realtà i detti consanguinei non esistessero, allora i detti beni pervengano e debbano pervenire al detto Comune, e siano assegnati al detto Comune e siano confiscati. E per l’autorità della presente legge si abbiano e siano riconosciuti come beni pubblici e confiscati. Aggiungiamo inoltre che la stessa cosa sia riconosciuta e abbia vigore in mancanza di testamento per i beni mobili e stabili, così che coloro non sottoposti e anche questi stessi o gli autori degli stessi, se in nessun modo sostengono gli oneri del Comune di Fermo, siano stati oriundi dalla Città o dal contado di Fermo, in nessun modo né via possano né debbano avere la successione sui detti beni stabili o mobili che rimangono e esistono nella Città o nel contado di Fermo, né nel loro estimo, tanto senza testamento che con testamento o con qualsiasi altra ultima volontà. Inoltre decretiamo ed ordiniamo che nessuna persona in qualsiasi stato, grado, o dignità stia, osi o presuma, contrarre o far contrarre alcun matrimonio, gli sponsali sul presente o sul futuro, con qualche nobile o plebeo, o con qualsivoglia altra persona non sottoposta alla giurisdizione della detta Città, come è stato detto sopra, senza un esplicito permesso dei signori Priori del popolo e del Vessillifero di giustizia e del Consiglio della detta Città. E qualora avvenga in modo diverso, per l’autorità della presente legge, sia riconosciuto che tutti i beni dotali o non dotali di tale persona che sposa o che si fidanza, per il fatto stesso, sono stati assegnati e confiscati a favore del Comune della detta Città; e colui con il quale avvenisse il contratto, incorra nella pena di 500 fiorini d’oro da assegnarsi al detto Comune. E con una pena simile di 500 fiorini, siano puniti i mediatori o gli altri consanguinei e amici, i quali in tali cose prestassero loro l’aiuto, il consiglio e il sostegno; sia punito con simile pena anche il Notaio che per le dette cose o per qualcuna delle anzidette abbia accolto il rogito o il contratto o se abbia redatto l’atto per le dette cose. Su tutte queste singole cose i Sindaci del Comune siano obbligati a dare la denuncia al signor Podestà e alla sua Curia, al modo come sono obbligati a denunciare gli altri reati. E il Podestà, che ci sarà nel tempo, per suo officio, e su denuncia di chiunque, sia obbligato a fare la procedura sulle dette cose, e a punire quelli scoperti colpevoli, omettendo ogni solennità della legge, dopo aver trovato la sola verità del fatto. Inoltre nessuna persona osi o presuma di contrarre a parole il fidanzamento, al presente o al futuro, con qualche donna, senza il permesso e il consenso del padre della donna, se ci sia il padre; se in realtà non c’è il padre, senza il consenso della madre di tale donna, e di due consanguinei prossimi della tale donna che si sposa, o almeno di due fra essi, sotto la pena per tale donna che tollera di essere condotta alle nozze o per chi contrae il fidanzamento, e per chiunque tratta e chi contrae con lei il matrimonio, o il detto fidanzamento, di 500 libre di denaro, sul fatto e senza alcun processo, che debbono essere riscosse dal Podestà della Città di Fermo sulla sua dote, e da assegnare, sul fatto, al Comune di Fermo.

       4 Rub.89La pena di chi uccide o bastona gli animali di qualcuno.

   Se qualcuno abbia ucciso un cavallo, un bue, un asino o un mulo di un altro, sia punito a 25 denari. Se in realtà non l’abbia ucciso, ma l’abbia in altro modo percosso, se con menomazione di qualche membro, sia punito a 10 libre di denaro; se l’abbia percosso senza menomazione, in qualunque modo, con perdita di sangue, sia punito a 40 soldi di denari, per ciascuna volta. Se in realtà qualcuno abbia ucciso un maiale, una capra, una pecora o altro simile animale piccolo, sia condannato alla terza parte delle dette pene; e nei singoli detti casi, sia obbligato al risarcimento del danno, con il doppio, al padrone di detto animale. Sia tuttavia lecito ad ogni padrone del podere e ai suoi familiari, ed anche ai lavoratori dei poderi e agli altri che hanno diritto ai frutti, di percuotere e uccidere impunemente gli animali, le oche e i polli di un altro, quando li abbiano trovati a recare un danno nelle vigne, negli orti, e nei canneti coltivati e lavorati, o anche tra i cereali. E nelle dette cose sia sufficiente la prova di un solo testimonio che testimonia che abbia visto quel tale uccisore mentre ha ucciso, e abbia riconosciuto l’arrecare danno nei detti luoghi o in qualcuno dei detti luoghi. E il beneficio della pace avuta da parte del padrone degli animali percossi o uccisi, in detti casi, rivendichi per sé vigore.

       4 Rub.90I reati non esaminati entro un mese nel contado.

   Allo scopo che reati non siano coperti e non rimangano impuniti, decretiamo ed ordiniamo che i reati non esaminati, entro un mese dal giorno in cui il reato è stato compiuto, ad opera degli officiali dei Castelli e degli altri luoghi del contado e del distretto di Fermo, che hanno la giurisdizione di investigare su di essi, possano e debbano essere esaminati e puniti ad opera del Podestà della Città di Fermo. Dopo trascorso detto mese, questi officiali dei Castelli e degli altri luoghi del contado e del distretto di Fermo, in nessun modo, in seguito, si intromettano su questi reati e in nessun modo per essi sia valido di investigare su questi stessi e di punire, sotto pena di 25 ducati d’oro per qualsivoglia degli stessi officiali trasgressori e per ciascuna volta, da prelevare sul fatto. E qualsiasi cosa sia stata tentata e esaminata dagli stessi officiali, dopo la scadenza di detto mese, non abbia validità e sia nulla per la legge stessa. E i Sindaci dei detti Castelli siano obbligati a riferire su questi reati al Giudice dei reati del Podestà di Fermo, al modo come sugli altri reati; nonostante qualsiasi cosa che si ponga in contrasto.

       4 Rub.91La pena in cui i disobbedienti ai signori Priori incorrono.

   Dato che i regni vengono meno, né alcuno Stato potrebbe permanere dopo che l’obbedienza è stata distolta, con questa legge per reprimere la contumacia e la malignità dei disobbedienti, sia garantito che quando dai magnifici signori Priori verbalmente o per iscritto, si ordina qualcosa, o tramite i commissari, i legati, e gli officiali loro o tramite gli officiali dei Castelli, a nome o da parte degli stessi signori Priori, coloro, ai quali sia stato dato un ordine, siano obbligati ad obbedire, subito, senza contraddire. E coloro che, in realtà, abbiano trasgredito, debbano pagare sul fatto 25 ducati d’oro al Comune di Fermo, e siano torturati per 10 volte posti sul cavalletto. E al fine che si possa riconoscere chi sia disobbediente, l’officiale che così dà l’ordine, sotto la pena di 10 ducati d’oro da prelevare a lui sul fatto, sia obbligato a mandare ai signori Priori, in una lista il numero e i nomi di quelli che in tal modo disobbediscono.

       4 Rub.92Gli albanesi che vengono alla Città di Fermo e al suo contado siano puniti per i reati commessi fuori dal distretto, come se abbiano prevaricato in Città e nel contado.

   Con la finalità che i reati siano impediti, poiché gli Albanesi sembrano più propensi a fare i reati, con questa giustissima legge sia garantito che, per l’avvenire, gli stessi Albanesi che compiono alcuni reati e siano venuti condannati fuori dal distretto di Fermo e che dimorano nella Città o nel contado, non siano tranquilli avendo prevaricato, ma siano catturati, e siano puniti secondo le loro condanne e per qualsiasi reati, non diversamente come se abbiano prevaricato nella Città o nel contado.

       4 Rub.93La pena di coloro che commettono frode sul proprio prezzo <estimo>.

   Se qualcuno con frode al Comune abbia fatto togliere dal proprio estimo i possedimenti siti nel distretto della Città di Fermo, e stimati nel registro degli estimi della Città di Fermo, e l’abbia fatto mettere falsamente nell’estimo di qualcuno, in realtà nonostante il dominio o il quasi dominio, o il possesso della cosa posta nel detto estimo di qualcuno, non passi a colui che lo pone <per sé>; ma l’abbia fatto allo scopo che chi lo pone abbia una somma maggiore di estimo affinché possa essere un consigliere o affinché sua moglie possa portare un vestito scarlatto <pregiato>, o per altro motivo; quando quel tale che abbia tolto il suo estimo sia scoperto che egli possiede il detto bene, e che ne raccoglie i frutti; quand’anche esso sia stato cancellato dal suo estimo, colui che lo pone con frode sia punito con 25 libre di denaro e possa essere accusato da chiunque.

       4 Rub.94Le pene non stabilite per mezzo di uno Statuto.

   Una pena per quei reati che non è stata stabilita per mezzo degli statuti di questa Città, debba essere decisa e determinata a somiglianza delle altre pene degli statuti di questa Città; e per farla o dichiararla debbano accordarsi il Giudice di giustizia insieme con il Rettore o con il Giudice di costui. E sia riconosciuta come pena simile e come deciso e determinato correttamente quella a cui abbiano dato il consenso unanime, e quella sia la pena per tale reato. Se invece per mezzo di questi stessi fosse sembrato di non potere, in modo unanime, fare la procedura di cose simili per cose simili, allora, al delinquente per il reato, sia stabilita una pena reale, o personale, che concordemente avranno dichiarato o tassato a loro giudizio e volontà.

                                                             FINE del libro quarto

<Libro 5°>

INVOCATO IL NOME DELLA SANTA E INDIVIDUALE TRINITA’

 IL LIBRO QUINTO DEGLI STATUTI DELLA CITTA’ DI FERMO FELICEMENTE INIZIA

       5 Rub.1 L’officio e la giurisdizione del signor Capitano.

   Il Capitano del popolo della Città di Fermo e del suo distretto e del contado sia tenuto e debba esigere, mantenere e difendere, anche governare, per quanto possibile, le giurisdizioni del Comune e del popolo di questa Città e accrescere lo stato prospero e tranquillo del presente e libero popolare eccelso stato della Città di Fermo ed inoltre le società delle arti del popolo, e i Priori, i Confalonieri, i Capitani, i Consoli dei mercanti, e la giurisdizione loro, e lo stato prospero e tranquillo di queste arti e del popolo; praticare integralmente e fare praticare, senza alcuna diminuzione, gli statuti fatti, e ordinati, stabiliti, e deliberati e anche da dover fare per queste società e per il popolo ad opera di essi stessi. Per tutto quanto sia e potesse essere contro questo popolo e contro il Comune e inoltre contro gli statuti di questo volume e contro gli altri comunque pubblicati o da pubblicarsi per l’onore e per lo stato prospero, pacifico e tranquillo di questa Città, del popolo e della società delle arti di questa stessa Città, <il Capitano> non possa fare, né in alcun modo faccia fare, né consenta a chi voglia fare, né permetta di cambiare gli statuti, le proposte, gli ordinamenti e le delibere, ma, secondo il possibile, si sforzi per praticare, mantenere, custodire, difendere, governare, far crescere, e aumentare sempre, questi statuti e questo Comune e le società e le arti e questo popolo e il buono e pacifico stato prospero e tranquillo di questi stessi; e proibisca che avvenga, e punisca e respinga quanto fatto o inferto in vilipendio, ogni turbativa a pregiudizio, a pericolo o aggravio dei signori Priori del popolo e delle arti e delle Società del popolo, o di qualcuno di questo popolo, secondo la forma dei contenuti dello statuto, anche qualora gli statuti non lo esprimessero, secondo la forma del diritto comune, con ogni modo, via, norma e forma come meglio possibile. E lo stesso signor Capitano e il suo giudice e il vicario e chiunque di questi sia Giudice negli appelli civili e penali, giudiziari ed extra giudiziari e in tutte qualsiasi le querele e le restituzioni all’integro, e le riduzioni o le domande di riduzioni all’arbitrato di un buon uomo, da interporre di fronte a questi stessi o ad uno di questi, o devoluti presso questi o questo, o che di fronte a uno, o ad un altro di questi capiti che si faccia un appello o un reclamo o che si interponga la revisione all’arbitrato di un buon uomo, oppure capiti che si faccia un appello o sia chiesta la restituzione in integro o la riduzione all’arbitrato di un buon uomo di fronte a un Giudice, o ad un arbitro, o ad un collaboratore dell’arbitro recante incarico. Inoltre <il Capitano> stia come Giudice ordinario ed abbia la giurisdizione ordinaria riguardo a tutte le cose, sulle quali e riguardo alle quali in base alla forma degli statuti di questo volume ha il potere di investigare. E questo Capitano ad opera del Podestà, e dei suoi officiali e di altri qualsiasi officiali, pratichi e faccia praticare soprattutto gli statuti di questo volume e le altre delibere e gli ordinamenti tutti del Comune del popolo di questa Città, quelli fatti o da farsi a vantaggio del popolo e delle Società di questo popolo; e non faccia nulla né intervenga in contrasto a queste stesse cose o contro qualcuna di esse. E qualora abbia trovato altre cose contro questi statuti e contro gli ordinamenti o le delibere fatte a vantaggio di questo popolo e delle società non le eseguirà né le farà fare, né permetta che siano in alcun modo praticate, ma egli piuttosto farà in modo che siano considerate e fatte considerare totalmente come cose non fatte. E questo signor Capitano stia e debba stare insieme con i Sindacatori del Comune di Fermo a fare, a richiedere ed esigere il rendiconto del Podestà e dei suoi officiali e di tutti gli altri officiali del Comune di Fermo, sulle cose dell’officio loro e all’amministrazione dell’officio di questi stessi per le cose che abbiano compiuto o abbiano dato commissione di compiere e abbiano amministrato o abbiano fatto al di là o al di fuori o contro con la forma degli statuti e degli ordinamenti del Comune e di questo popolo. Il Capitano faccia e sia obbligato a fare ciò sotto pena di 100 libre di denari dal suo salario. E questo Capitano faccia eleggere questi sindacatori ad opera dei signori Priori e del Gonfaloniere di giustizia. E questo Capitano debba richiedere il braccio <d’aiuto> dei signori Priori e del Podestà a vantaggio del mantenimento, della difesa, dello sviluppo per lo stato pacifico e tranquillo della Città di Fermo, per il governo delle società del popolo e delle arti e per l’esercizio di tutte le singole cose spettanti al suo officio e per praticare al meglio la sua giurisdizione. E questi signori Priori e il Podestà, siano obbligati a concedere e dare aiuto, consiglio e favorire questo signor Capitano, secondo quanto la materia richiederà, secondo l’occorrenza delle cose fatte e come esigerà la qualità del fatto, al fine che egli possa esercitare il suo officio nel modo migliore. Inoltre, questo signor Capitano sia obbligato e debba condannare il Podestà e il milite, i Giudici, i notai e i famigli o gli sbirri suoi, con tutte le pene ed i bandi <d’esilio> contenuti nei capitoli del Comune di Fermo, qualora ci siano state trasgressioni contro questi o contro alcuni di questi capitoli, o lo abbiano fatto loro stessi oppure qualcuno di essi <Rettori> nel modo e nel senso di reato secondo la forma di uno statuto del Comune di Fermo. Faccia questo, sia per il suo officio, sia anche a richiesta di un qualsiasi Cittadino o di un abitante di Fermo, o del distretto, che faccia la denuncia o l’accusa, faccia procedura sommaria, semplice, e con calma, senza alcun comando, senza strepito, senza immagine di processo, secondo la forma degli statuti che trattano del punire i reati, e il Podestà sia obbligato ad esigere queste condanne a favore del Comune e debba fare queste cose nel tempo del sindacato di questo Podestà. In realtà il Capitano durante il tempo dell’officio del Podestà non possa far procedura né fare condanne contro costui <Podestà>, né contro i suoi officiali né contro i famigli per alcun crimine o reato, a meno che non avvenga per tradimento, o per malizia contro il presente stato del popolo, sotto penalità di 100 libre di denaro <da togliere> dal suo salario, per ognuna delle cose contenute in ciascuno dei predetti capitoli. E questo signor Capitano sia obbligato a far praticare e compiere tutte queste cose che sono contenute in ciascuno dei capitoli che parlano del suo officio, sotto la pena e le pene contenute in questi capitoli. Inoltre il signor Capitano debba far pervenire nella camera <per la cassa> del Comune di Fermo ogni moneta recuperata a opera sua <di Capitano> o ad opera dei Regolatori del Comune o di altra qualunque persona e non faccia dare come compenso nessuna somma. E al fine che non ci siano turbamento, né alcuna rivalità fra i detti Rettori, riguardo all’inquisizione sui reati, sopra i quali questo Capitano ha la stessa giurisdizione che ha anche il Podestà, vogliamo che nel caso in cui entrambi i Rettori facessero la procedura, colui che giunge per primo tramite il solo mandare la copia alla Camera abbia autorità a portare a termine il suo processo. In realtà il Rettore che fosse in anticipo, dopo avuta la certezza, debba pronunciare che riguardo a un processo avviato ad opera della sua Curia non si debbano far procedimenti, sotto penalità di 200 libre da prelevarsi al contravventore, sul fatto, per ciascuna volta. E ciascun Rettore, Podestà o Capitano debbano portare a termine i loro processi entro i termini che sono stabiliti e assegnati dagli statuti del Comune di Fermo che trattano di quella materia, sotto la penalità contenuta in questi statuti. E <il Capitano> sia obbligato, precisamente entro i primi quattro mesi del suo governo, a fare indagine o farla fare, esigere, portare a termine e assegnare tutti i prati, i pascoli, le selve e i boschi del Comune che siano stati posseduti fino a tale momento da qualsiasi persona o <da chi> li possedesse o li tenesse per il proprio uso, oppure la tenesse ad uso per il Comune, nonostante una vendita o una concessione o una qualche tenuta, né sotto qualche pretesto di queste stesse cose, e nonostante le accettazioni, o le consegne in restituzioni oppure in concessioni di questi prati, pascoli, selve, e boschi, fatte a chiunque. <Il Capitano> faccia queste inquisizione e requisizione ad opera sua propria e in base al suo officio, oppure su denuncia e istanza di chiunque chieda che la si faccia, insieme con due uomini che siano eletti per ciascuna contrada dallo stesso signor Capitano, dei signori Priori e dal Gonfaloniere, uomini buoni e fedeli che non siano quelli, detti prima, che hanno il possesso e la tenuta, e neanche tra i loro consanguinei o affini o senza neanche uomini per favore di piacere. E qualora abbia trovato qualcuno che ha già occupato o stia occupando queste cose, applichi la punizione contenuta nello statuto che riguarda chi occupa i possedimenti del Comune. E il Capitano sia obbligato a fare l’inquisizione su costoro. Inoltre questo Capitano sia obbligato e debba indagare e fare inquisizione contro tutti e singoli coloro della Città di Fermo e del suo distretto, che avessero dato, a qualsiasi titolo, avessero alienato le terre, i possedimenti posti nella Città di Fermo e nel suo distretto, a qualcuno o ad alcuni che non siano sottomessi alla giurisdizione della Città di Fermo e non corrispondessero dazi né tasse a questo Comune. E tutti quelli che questo signor Capitano avrà scoperto che hanno commesso reati su tali cose, li punisca e condanni secondo la forma dello statuto del Comune di Fermo. E questo signor Capitano inoltre sia obbligato e debba fare inquisizione contro tutti i singoli cittadini e gli abitanti del distretto i quali abbiano lasciato le proprie abitazioni ed abbiano traslocato per abitare altrove, in luoghi non soggetti al Comune di Fermo. Egli procuri in ogni modo che costoro ritornino entro un determinato tempo che egli dovrà assegnare loro affinché ritornino, con tutta la loro famiglia, alle proprie abitazioni che abbiano abbandonato. Qualora essi non siano tornati, condanni questi e ciascuno di loro alle pene da imporre a suo arbitrio, ed esiga queste condanne a favore del Comune. E si intenda che a questo Capitano siano concessi e attribuiti i poteri e ogni giurisdizione per tutti i singoli casi nei quali, per effetto di qualche statuto o delibera, si riscontra che i poteri gli sono attribuiti o concessi.

       5 Rub.2Sulla stessa giurisdizione del signor Capitano.

   Inoltre il signor Capitano sia obbligato a investigare e fare indagine e praticare l’articolo che parla del giorno di domenica e delle festività da rispettare. Inoltre il detto Capitano sia obbligato di indagare e di fare le procedure per suo officio a seguito della denuncia e dell’accusa fatta da chiunque, che su quanto detto possa essere fatta o da ognuno; e tale denunciatore sia tenuto segreto; e <il Capitalo agisca> contro tutti i singoli che osassero o presumessero di dire male, o sparlare, o pubblicamente o di nascosto, in qualche modo o per caso e in disonore e a vergogna ed insulto dell’officio del signor Podestà, dei signori Priori del popolo, e del Vessillifero di giustizia, del Collegio, o delle Società del popolo o di qualcuno di questi della Città di Fermo, e punisca i trasgressori con 100 libre di denaro fino a 25 libre di denaro a suo arbitrio. E il detto signor Capitano faccia pubblicamente annunciare <in bando> le dette cose attraverso la città all’inizio del suo governo, allo scopo che diventi noto chiaramente a tutti. Inoltre il detto signor Capitano, con sollecitudine, si applichi ad investigare i Beccai <macellai> che non fanno le carni e che delinquono contro la forma degli statuti, nella loro arte e nelle cose a cui sono obbligati, eccetera.

       5 Rub.3Sulla stessa giurisdizione del signor Capitano contro le signore che portano ornamenti vietati.

   Inoltre sia obbligato il detto signor Capitano ad investigare e fare indagine e fare ricerche contro le donne e le signore che portano ornamenti in contrasto alla forma degli statuti e punirle e condannarle secondo la forma degli statuti che parlano degli ornamenti delle donne durante il lutto per i morti.

       5 Rub.4Sulla stessa giurisdizione del signor Capitano.

   Inoltre <il Capitano>sia obbligato e debba in ogni mese investigare contro quelli i quali abbiano caricato o scaricato olio o altre mercanzie in qualche luogo della riva del mare o vicino al mare dal fiume Tronto e dal Tronto fino al fiume Potenza, in cui non si pagassero i dazi del Comune di Fermo o affinché non sia sottoposto integralmente alla giurisdizione di questo Comune; così che in questo stesso luogo, dal Comune di Fermo possano essere imposti la tassa o l’estimo o il focatico, come negli altri luoghi sottoposti a detta Città, e qualora egli abbia  trovato un delinquente di tal modo, lo debba punire in forma reale e personale a suo arbitrio secondo il modo del reato; purché le predette cose non abbiano validità in quei luoghi, che sono del distretto di Fermo, e purché legittimamente il Comune di Fermo può applicare le tasse.

       5 Rub.5Il signor Capitano sia obbligato a gestire l’officio daziario.

   Inoltre il detto signor Capitano sia obbligato e debba esercitare con precisione l’officio dei dazi da sé stesso, oppure tramite un suo Giudice, se lo abbia avuto, secondo i capitoli e gli statuti che parlano dei dazi. E nessun altro Giudice venga eletto ad esercitare questo officio daziario, tuttavia <facendo> sì che nelle mani di questo Capitano o dei suoi officiali non possa in alcun modo giungere denaro di detti dazi, né debba, in nessun modo, ma nelle mani del Tesoriere del Comune. E il Capitano e gli officiali che nelle dette cose abbiano commesso una frode siano puniti con 100 libre di denaro, per ognuno e per ciascuna volta.

       5 Rub.6Il Capitano possa avere esaminare tutti i misfatti.

   Parimenti il detto signor Capitano sia obbligato, possa e debba esaminare tutti i singoli misfatti, che il Podestà possa ed abbia autorità a sapere; dopo che il Capitano abbia iniziato ad esaminare questi misfatti, e ciò si intenda che ha cominciato per mezzo della trasmissione della copia alla Camera, il Podestà e il suo Giudice, in nessun modo, possa né debba intromettersi sul detto misfatto, neppure abbia la facoltà di sapere, né di fare alcun processo; e se abbia fatto qualcosa, in questo caso, per la legge stessa è nulla e di nessuna validità. Il detto signor Capitano possa, inoltre, sia obbligato e debba esaminare, ed anche portare a termine con la sua sentenza e definire con il consiglio del suo Giudice e dell’assessore, se l’abbia avuto, tutti i singoli misfatti. E debba finire e ultimare tutti i processi penali iniziati dal Podestà e dalla sua Curia e non finiti né ultimati entro la scadenza prevista negli statuti; e con lo stesso processo infliggere la condanna con le pene contenute nello statuto per quel tale misfatto, oppure debba assolvere, secondo come meglio avvenga per legge e venga praticata la giustizia. E questo Capitano debba sapere, completare, ultimare ed esaminare tutte le cose che competono al suo officio; e il Capitano sia obbligato in solido per un officiale, qualora abbia agito contro gli statuti e la forma di questi. E allo scopo che si conosca la verità, qualora i misfatti incominciati dal Podestà e dalla sua Curia, che siano individuati, o non lo siano, entro il detto tempo previsto nello statuto; e qualora detto tempo per procedere sia trascorso, o no, il Podestà, il Giudice e il suo Notaio siano obbligati e debbano nei singoli mesi, almeno a fine mese, mostrare gli atti a questo Capitano. E, viceversa, questo Podestà e la sua Curia per i processi di detto Capitano facciano in simile modo; e Il signor Capitale e la sua Curia siano obbligati a mostrare i loro processi da concludere con gli stessi modo e forma.

       5 Rub.7Il Capitano sia obbligato ad esigere <in esecuzione> le condanne.

   Inoltre questo Capitano e la sua Curia siano obbligati per tutte le condanne da lui stesso fatte e tuttavia richiamate entro i 20 giorni, a esigere <l’esecuzione> dopo che queste con sono state rifatte e notificate e effettivamente debba mandarle ad esecuzione e farle giungere in Comune, nelle mani del Tesoriere del Comune di Fermo, a favore dello stesso Comune che le riceve, sotto pena di 100 libre di denaro, e nondimeno siano conteggiate nel suo salario, e tramite i suoi officiali successori debbano essere riscosse entro 20 giorni dopo l’inizio del proprio ufficio. Egli possa anche eseguire o mandare all’esecuzione tutte le singole sentenze penali e le condanne penali emanate da qualunque Rettore in modo reale e personale, come è contenuto nella sentenza, sul fatto, senza alcun processo. Sias obbligato adi eseguire e a mandare in esecuzione anche le sentenze non richiamate o notificate in contumacia come e nel modo contenuto nello statuto dei reati sotto la rubrica “La esecuzione delle sentenze eccetera”.

       5 Rub.8Il Capitano faccia indagine contro coloro che offendono il Podestà e i suoi Officiali.

   Inoltra questo signor Capitano abbia la giurisdizione di indagare e fare la procedura in tutti i singoli misfatti, ingiurie, offese fatti e commessi contro la persona del Podestà e dei suoi officiali e servitori, e condannare i delinquenti alle pene contenute nell’articolo che parla degli stessi misfatti.

       5 Rub.9Il Capitano sia obbligato ad indagare su coloro che esportano vettovaglie.

   Inoltre <il Capitano> abbia giurisdizione di essere Giudice competente e ordinario per tutti i casi specificati sopra in ogni capitolo di tale natura degli statuti ed abbia la potestà di punire, di fare la procedura, ed esigere, come indicato in questi articoli. E sia inteso che è Giudice ordinario, e che ha la giurisdizione ordinaria, nonostante alcuni statuti e neppure alcuna legge civile o canonica, che si esprima in contrasto.

       5 Rub.10Condanne all’esilio da applicarsi da parte del signor Capitano.

   Il Capitano e i suoi officiali nell’imporre l’esilio abbiano quella giurisdizione che hanno il Podestà e i suoi officiali, contenuta nell’articolo sulla giurisdizione del Podestà e officiali circa l’esilio da imporre. Nell’esercito, in realtà, o nella cavalcata, nel parlamento Generale, nella controversia o nella rissa sia il Capitano che il Podestà possa imporre una pena a loro arbitrio, dopo aver esaminati la persona e la natura del fatto.

       5 Rub.11I Balivi (delle imposte) del signor Capitano.

   Il detto signor Capitano abbia e debba avere per esercitare il suo ufficio cinque Balivi che riscuotono le ‘scarfine’. E questi Balivi debbano di continuo stare con il Capitano e obbediscono a lui e ai suoi officiali e rivolgono la loro attenzione a tutte quelle cose che competono al loro ufficio o che comprendano essere di competenza dell’ufficio. E ognuno degli stessi Balivi abbia come proprio salario e come mercede dagli averi del Comune, salario da stabilirsi per ogni mese dai signori Regolatori. E debbano avere e presentare e portare continuamente sul capo in evidenza le fasce con sopra una croce bianca, come sta nel vessillo del Comune, allo scopo che siano riconosciuti dagli altri. E questi Balivi siano sottoposti alle pene, alle condanne e alle leggi a cui sono soggetti gli altri Balivi del Podestà, e ad opera dello stesso Capitano possano e debbano essere puniti e condannati a queste pene secondo la forma degli statuti del Comune di Fermo che si esprimono contro e a favore di essi.

       5 Rub.12In quali casi nella causa criminale sia lecito fare appello, ed in quali non lo è.

   Ordiniamo che prima della data della sentenza definitiva in qualche causa criminale non sia lecito fare un appello, e se sia stato fatto un appello, non sia ammesso dal Giudice degli appelli, sotto pena per il Giudice d’appello, che faccia il contrario, di 100 libre di denaro, e nondimeno si consideri come se l’appello non sia stato fatto. E il Giudice “controverso”, nonostante alcun appello o qualche divieto nella causa, proceda fino alla sentenza definitiva inclusa, e in questa sentenza definitiva tutti i diritti e le difese dell’oggetto siano e si intenda che sono completamente riservate anche senza l’intervento del Giudice, per l’autorità della presente legge. In verità, contro la sentenza definitiva personale, in tutto od in parte, si possa e si abbia validità a fare appello nel giorno della notifica della sentenza o nel giorno seguente. Possa essere fatta la presentazione di ciò davanti al Giudice “controverso”, o davanti al Giudice “per l’appello”, e tale presentazione, per legge, abbia validità. Il Giudice “per l’appello” sia obbligato e debba decidere e concludere tale appello, così presentato, entro otto giorni da calcolarsi dalla presentazione; e se non lo abbia concluso entro questo tempo, rimanga stabile la prima sentenza; e questa sia eseguita a piacere di volontà. E il Giudice “controverso” o il Sindaco del Comune addetto alle cause, dopo ricevute le lettere inibitorie, siano obbligati e debbano assegnare e presentare gli atti e tutto il processo avanti al Giudice “per l’appello”, e mandare i loro Giudici alla difesa e per la difesa ossia per difendere il suo processo e la sentenza, sotto pena di 100 fiorini d’oro per il Giudice “controverso”, se costui sia stato e restato negligente nelle dette cose. Questo scadenza di otto giorni nella causa a motivo della quale ci sia stato l’appello, non scorra se il Giudice “controverso” sia rimasto fermo o sia stato negligente nel presentare gli atti o le cose attivate nella causa in cui esiste l’appello fatto; facendosi eccezione per i casi già detti, nei quali non sia lecito appellarsi, sui quali di seguito si farà menzione: cioè del tradimento della Città o di qualche Castello, o dello sconvolgimento dello stato presente, dei latrocini, del lenocinio, del rapimento di vergini, di monache, o di <religiose> carcerate, oppure di percosse fatte nella persona di qualcuno dei signori Priori o del Vessillifero di giustizia, durante il loro ufficio; e neanche sia lecito fare appello contro le sentenze pronunciate circa i danni dati nella forma personale o con animali. Ma, in realtà, sia lecito fare appello entro 5 giorni continui da calcolarsi dal giorno della notifica della sentenza, per una sentenza definitiva in casi puramente pecuniari, o anche pecuniari in mancanza per i <casi> personali in tutto o in parte; e l’appello abbiano validità sia che sia stato presentato davanti al Giudice “controverso”, sia davanti al Giudice “per l’appello”. Il Giudice “per l’appello” debba ultimare questo appello entro 10 giorni continui dopo presentato l’appello. Il giudice “controverso” nell’appello fatto, debba mostrare gli atti e fare le altre cose come sopra è stato detto. E se il Giudice dell’appello non abbia concluso l’appello entro i detti 10 giorni continui, la prima sentenza rimanga stabile; e il Giudice “controverso” la metta in esecuzione a piacere di volontà, a meno che si sia rifiutato o non abbia presentato gli atti e tutto il processo; nel quale caso i tempi per concludere l’appello non decorrano. I <rei> contumaci tuttavia, nelle cause penali, siano privati del beneficio dell’appello. E in tutti i casi detti sopra, il Giudice “controverso” sia obbligato e debba fare la copia della sua sentenza, immediatamente in quel giorno, quando ne sia stato richiesto; diversamente i tempi <di scadenza> non decorrano fino a che non abbia fatto copia delle dette cose e per il fatto stesso egli incorra nella pena di 500 libre di denaro. E in tutti i singoli casi, nei quali viene fatto appello nelle cause penali, tutti i tempi <di scadenze>, tanto per interporre l’appello che per proseguire, quanto anche per proseguirlo e per concluderlo, si intendano e siano continui; e anche le feste introdotte in onore di Dio non li impediscano e non né abbiano valore per impedirlo.

       5 Rub.13Gli appelli delle cause civili.

   Ordiniamo che non sia lecito che si interponga un appello in alcun modo, prima della scadenza della sentenza definitiva in una causa civile o quando si spera che la sentenza definitiva sarà pronunciata; ma tutti gli incarichi, i diritti e le difese di parte siano riservate per la sentenza definitiva, e stiano riservate, e si comprenda che queste cose, per effetto dell’autorità della presente legge sono riservate, senza che intervenga un Giudice e esse tutte stiano riservate e debbano stare riservate nell’appello da interporre contro la sentenza definitiva e vengano ad essere esaminate e portate a termine ad opera del Giudice per l’appello. Contro una sentenza definitiva di un Giudice, in realtà, si può fare appello, anche reclamare a viva voce o per iscritto, anche parlare di nullità, ossia si inserisca in uno stesso solo appello, in forma principale oppure incidentale, o non, entro i 5 giorni continui, da calcolare dal giorno di emanazione della sentenza. E il Giudice dell’appello ha così le scadenze nell’abbreviare questo appello o la causa di nullità, in modo entro 30 giorni continuativi che vengano calcolati dal giorno in cui viene interposto l’appello o la causa di nullità, concluda, sotto penalità di 500 libre di denaro. Contro una sentenza di arbitri si possa fare appello o esporne la nullità, in forma principale oppure incidentale, entro 5 giorni continui da calcolare dal giorno del lodo <arbitrale> o della sentenza. E il Giudice porti a termine questa causa di appello o di nullità entro 20 giorni, dal giorno in cui è interposto l’appello o chiesta la nullità, sotto la detta penalità. Inoltre contro una sentenza degli arbitri, o dei compositori amichevoli, o contro i loro atti di arbitri o di composizioni o di facenti lodi si possa fare appello e parlare di nullità e anche far richiesta di un buon uomo come arbitro, entro i 5 giorni continui dal giorno della pubblicazione dell’atto dell’arbitro o del lodo o della composizione. E questo Giudice sia obbligato e debba portare a termine questa causa di appello e di nullità o di intervento di un buono uomo come arbitro, entro 20 giorni continui, dal giorno in cui si è interposto l’appello o la chiesta la nullità o l’intervento di un buono uomo come arbitro, sotto la detta pena. E in tutti i casi di questo statuto le scadenze date al Giudice nel portare a termine una causa di appello, di nullità, di intervento arbitrale di un buon uomo, di ridurre all’integro, siano e si comprenda che sono tempi in continuità, facendo eccezioni per le ferie per raccogliere le messi, per le vendemmie o per eventi improvvisi, per tutti gli altri giorni di ferie previsti da uno statuto sulle ferie da eccettuare e questi tempi siano tutti di ferie tolte di mezzo. Per volontà delle parti si possano fare proroghe tra la durata di questi tempi e anche il tempo intermedio prorogato per volontà delle parti non venga calcolato. In qualunque dei casi predetti, il Giudice che esamina queste cause sia obbligato sempre a condannare alle spese chi soccombe a vantaggio del vincitore. E in qualunque dei predetti casi, qualora il Giudice di appello non porti a termine entro questi tempi stabiliti per dover terminare una causa, rimanga sempre valida la prima sentenza definitiva, o interlocutoria e la parte intenda che ha approvato quanto fatto dal primo Giudice. In realtà le causa di reintegro, qualunque siano, debbano essere poste e discusse di fronte al Capitano o al Giudice di giustizia del Comune di Fermo e costoro debbano esaminare queste cause poste e portarle a termine entro 20 giorni continui dal giorno della richiesta o del reintegro. E in tutte le cause di appello si faccia la procedura in forma semplice, sommaria, calma, senza rumore, né parvenza di processo, sotto la penalità già detta. E prima che avvenga la sentenza definitiva non si possa né debba fare una qualche richiesta di reintegro, ma si comprenda che questa è riservata alla stessa sentenza definitiva, e al<poter> fare appello contro questa definitiva. In realtà contro chi interpone un secondo decreto o contro un qualsiasi precetto, o contro una sentenza interlocutoria che abbia la validità di <sentenza> definitiva, e questa definisca la faccenda in forma principale, e non sia posta in mezzo a una causa <per accordi> e non si spera che sia portata una sentenza definitiva sulla causa principale, dopo ciò, né oltre, si possa interporre un appello nella medesima istanza e si possa parlare di nullità, entro cinque giorni continui, dal giorno dell’interposizione o della presentazione del precetto o della sentenza. E questa causa di appello e di nullità debba essere portata a termine entro venti giorni continui dal giorno dell’interposizione, dell’appello, o della nullità. Inoltre vogliamo che quando entro i termini stabiliti per agire contro tali sentenze o contro qualcuna di esse, si sia interposto l’appello, il reclamo, il discorso di nullità, sia stato chiesto il reintegro o l’intervento di un buon uomo come arbitro, come già detto sopra, la parte che così fa l’appello, e che parla di nullità o che chiede l’intervento arbitrale di un buon uomo, o che chiede il reintegro, entro i cinque giorni continui, immediatamente successivi dopo l’appello o dopo le dette richieste, o una già detta, che fanno seguito immediatamente a questa causa da proseguire e <chi fa l’appello> faccia citare la parte avversa per la prosecuzione da farsi in questa causa. E qualora entro i detti cinque giorni, non abbia fatto ciò, il Giudice “controverso” possa e debba far la procedura in tale causa come se non ci fosse stato un appello, né una richiesta, né alcunché sia stato contraddetto in questa causa. Aggiungiamo che dopo scaduti i tempi già detti per l’appello, per la prosecuzione, per giungere a termine, come detto sopra, qualora ad opera del Giudice <per l’appello> la sentenza sia stata ritrattata oppure confermata e la causa sia andata deserta, non si possa ulteriormente dire alcunché, né lamentare, né opporre appello, né nullità, né reintegro, né intervento arbitrale di un buon uomo, in contrasto a questa sentenza fatta e pronunciata dal primo Giudice. Ma la sentenza pubblicata ad opera del Giudice “controverso” rimanga stabile e abbia ogni pienezza di vigore e venga messa in esecuzione, secondo la forma stabilita nel terzo libro delle cause civili nella rubrica sull’esecuzione delle sentenze delle cause civili e contro quanto è stato pronunciato dal primo Giudice. Aggiungiamo anche che non si possa fare appello, né reclamare, né parlare in nessun modo di nullità, né essere all’udienza, né con altro atto essere ammessi, contro quanto è stato scritto o debba essere scritto nel bastardello (minuta) degli istrumenti di garanzia e nelle sentenze, che siano passate su una cosa giudicata, secondo la forma degli statuti ad istanza della parte principale o del cessionario, o degli eredi stessi, o dei loro procuratori, degli agenti, dei tutori o dei curatori. Ma per l’autorità della presente legge, sia tolta completamente ogni facoltà di appello, di reclamo o di parlare di nullità, e sia preclusa la via per scrivere, come già detto. Similmente avvenga riguardo alle esecuzioni di gabelle, di frodi su queste, e di tasse e di altri debiti del Comune, a meno che questi debitori non abbiano prove in contrario.

       5 Rub.14Nulla sia innovato quando l’appello incombe.

   Ordiniamo che,  quando in qualche caso consentito dalla forma dei nostri statuti, sia stato interposto appello, o si sia parlato di nullità o si sia fatta richiesta di reintegro o si sia reclamato, il Giudice “controverso” che si esprime tanto contro l’appellante o reclamante, o contro chi parla di nullità, o contro chi chiede il reintegro come pure contro i loro beni o i fideiussori, non faccia alcun danno, né novità, per qualche richiesto motivo, sotto pena di 500 libre di denaro da togliere a lui, ciascuna volta quando abbia  trasgredito. E ciò si intenda quando abbia avuto contezza ossia sia stato informato che è avvenuto un appello, o un reclamo, o così sia stato parlato di nullità o che sia stato chiesto il reintegro o per un altro motivo qualunque; e su questo appositamente sia fatto il sundacato. È nondimeno, il Giudice dell’appello possa e debba revocare e ricondurre le cose contrastate e innovate nello stato primitivo. Incorra, come sopra, in questa pena anche la parte che innova.

       5 Rub.15Condanna del Giudice che non permetta di fare appello.

   Ordiniamo che nessun Rettore o un altro officiale crei ostacoli a qualcuno che vuole fare appello né proibisca a costui di fare appello, ma liberamente, nei casi ammessi da uno statuto consenta ad ognuno che vuole fare appello, sotto la pena di 500 libre di denaro, da prelevargli sul fatto. E si intenda che impedire o non permettere di fare appello, avviene qualora abbia tenuto uno prigioniero, o abbia inferto almeno un’altra cosa violenta a che non possa fare appello.

       5 Rub.16Si intendano per i primi e secondi appelli, tutti gli statuti che trattano le cause di appello.

   Vogliamo che tutti gli statuti che trattano di appelli o di cause di appello abbiano valore, e vogliamo che abbiano valore per le prime e le seconde cause di appello, ed abbiano il loro vigore tutte le realtà espresse da questi <statuti>, tanto per le scadenze, e per le proroghe concesse per fare appello, quanto per le proroghe concesse per proseguire e ultimare, e per tutte le altre cause comprese in questi statuti, e come già sopra è stato precisato sia da riferire alle prime e alle seconde cause di appello.

       5 Rub.17Gli statuti che si riferiscono al Capitano abbiano vigore per il Giudice di giustizia e viceversa.

   Parimenti decretiamo che se nella Città di Fermo non vi sia il Capitano del popolo o detto ufficio del Capitano sia vacante in questa Città e il Giudice di giustizia stia in questa Città, tutti gli statuti che si riferiscono al Capitano del popolo abbiano vigore per il Giudice di giustizia. E il Giudice di giustizia abbia quella giurisdizione, potestà e potere, come per effetto degli statuti di questo volume, il Capitano ha e possa avere. E viceversa, se in qualche statuto si menzionasse il Giudice di giustizia, e nella Città di Fermo questo Giudice non ci stia, ma ci stia il Capitano del popolo, si intenda che tali statuti, che parlano del Giudice di giustizia, in tutto e per mezzo di tutto <sono> nella persona del Capitano e siano parimenti quando parlassero del Capitano, e dal Capitano uniformemente debbano essere praticati ed adempiuti. Inoltre vogliamo che il Capitano del popolo e il suo Giudice o il Collaterale, ed anche il Giudice di giustizia già detto, ciascuno di questi, possano aver cognizione delle cause di appello, di nullità, del reintegro, della ricostituzione al giudizio di un onesto uomo, e sui dazi e sui danni dati e possono fare procedura contro le signore che portano ornamenti in contrasto contro la forma del presente statuto, o sul lutto dei morti, e sugli esagerati nei banchetti, e sul divieto del sale e delle vettovaglie e su tutte le altre cose, che venissero accordate a loro o a qualcuno per effetto della forma dei nostri statuti. Inoltre questo signor Capitano, o il suo vicario, il Giudice di giustizia e ciascuno di questi sia Giudice competente ed abbia la giurisdizione ordinaria di sindacare i signori Priori del popolo, e il Vessillifero di giustizia, i Regolatori, i Banchieri e gli altri officiali del Comune, anche i Vicari, ossia i Potestà dei Castelli del contado. E siano obbligati a condannare costoro, secondo la forma dei nostri statuti, se nel loro officio commettessero una frode, un inganno e una malignità, o facessero, o trascurassero qualcosa contro la forma dei nostri statuti. E quando avessero trascurato di fare le dette cose, questo signor Capitano incorra nella pena di 200 libre di denaro per ciascuna volta ed egli stesso, durante il tempo del sindacato, ad opera dei loro sindacatori debbano essere controllati per le predette cose. In realtà, in nessun modo si intrometta e non abbia giurisdizione nelle cause civili ordinarie o sommarie, e qualora abbia fatto diversamente, le cose trattate non abbiano validità, a meno che non sia stato per via di appello, di nullità, di reintegro, e di riconduzione all’arbitrio di un onesto uomo, come è stato detto sopra.

                                                             INCOMINCIANO I DANNI DATI <arrecati>

       5 Rub.18La giurisdizione e il potere del Giudice dei danni dati, delle vie, dei ponti e delle fontane.

   Decretiamo ed ordiniamo che il signor Capitano del popolo, chi ci sarà nel tempo, ovvero il Giudice di giustizia della Città di Fermo sia e si intenda che è Giudice competente e officiale dei danni dati, dei ponti, delle fontane ed abbia la piena giurisdizione sopra tutti i singoli statuti contenuti nel quinto libro degli statuti, di procedere, per via di inquisizione, di denuncia o di accusa, come a lui sembrerà opportuno, e di condannare i delinquenti nelle pene contenute negli statuti; in modo che non superi le pene contenute negli statuti. Tuttavia vogliamo che non indaghi su un campo con stoppia, su un campo lavorato o sodo, né possa far procedura per via di una inquisizione, né in altri casi inseriti negli statuti dei danni dati, nei quali l’inquisizione è vietata in modo speciale, ma soltanto per via di una accusa, a meno che il danno sia stato dato ad alberi o ai frutti degli alberi ivi esistenti, nel qual caso possa fare la procedura per via di accusa, di denuncia o di inquisizione, come a lui sembrerà opportuno, come è stato detto sopra. E le sentenze di costui abbiano validità e restino stabili, nonostante che nella procedura sia stata trascurata qualche solennità, purché non superi le pene inserite nello statuto dei danni dati, e purché riguardo al misfatto, il danno dato sia constatato dalla confessione, o dai testimoni, o da altre prove, come viene concesso dalla forma degli statuti. Salvo sempre ciò che è stato detto sopra, intorno ad un campo di stoppia o campo sodivo. Naturalmente, non possa indagare, se non riguardo agli alberi o altro, purché non si intenda il danneggiare i possedimenti con il tagliare gli alberi, o con la raccolta dei frutti fatta da qualcuno; nel qual caso da chi ha tagliato gli alberi non sia acquisito alcun diritto sul possedimento. E non abbia la giurisdizione di indagare in qualche modo su nessun altro dei danni dati, contenuti nel presente libro degli statuti, se non quando il fare la procedura e indagare l’opera siano stati omessi da parte dell’officiale dei danni dati, entro un mese da calcolarsi dal giorno in cui è stato commesso il crimine; dopo trascorso tale termine, il Podestà e il suoi officiali possano procedere e punire secondo la forma degli statuti.  Aggiungiamo anche al presente statuto che il Giudice di giustizia e dei dazi del Comune di Fermo ed anche il Capitano del popolo, quando il Capitano fosse presente nella Città di Fermo, ciascuno di questi stessi abbia giurisdizione d’ogni sorte di fare la  procedura, di indagare e di punire ogni reato, crimine, o qualunque eccesso, che siano stati commessi o che venissero commessi in futuro su qualche membro di qualsiasi ufficio pertinente a questo stesso e anche all’ufficio dei dazi, o a causa dei dazi o sulle cose si commettessero in frode per qualunque motivo con dolo o senza, anche quando avvenisse qualcosa contro la verità, oppure sia stato fatto al tempo del suo ufficio, punendo e condannando secondo la forma degli statuti della Città di Fermo, e imponendo e condannando in denaro propriamente secondo la forma degli statuti della Città di Fermo e imponendo soltanto le pene pecuniarie e condannando e non in modo diverso. Inoltre aggiungiamo che gli officiali dei danni dati della Città di Fermo non possano per il proprio semplice ufficio indagare se non sia stato per movente di una denuncia o di una accusa del proprietario contro coloro che arrechino danni con animali nei prati, dalle calende di novembre fino alle calende di marzo. In verità nelle altre stagioni possa investigare, punire e condannare secondo la forma dei nostri statuti a causa di un’accusa, di una denuncia o anche per il suo vero e propri officio.

       5 Rub.19Coloro che in prima citazione non siano venuti.

   Decretiamo ed ordiniamo che chiunque sia stato denunciato, accusato, segnalato o inquisito nella Curia o ad opera della Curia del signor Capitano o del Giudice di giustizia per le cose che riguardano la sua giurisdizione sopra i danni dati, debba fare la citazione soltanto alla persona o presso la casa di abitazione. E se costui entro la scadenza della citazione non si sia presentato, sia ritenuto come reo confesso per quelle cose per le quali si fa la procedura contro di lui, e sia condannato secondo la forma degli statuti che trattano la stessa materia. E se si facesse la procedura in modo diverso, senza che sia praticata la norma predetta da parte di detto officiale, il processo non abbia validità in alcun modo e neppure la sentenza.

       5 Rub.20Il signor Capitano mandi i suoi Notai a rintracciare coloro che hanno fatto un danno.

   Decretiamo ed ordiniamo che il signor Capitano sia obbligato a mandare gli officiali attraverso la città, per le contrade, per i borghi del Comune di Fermo, fuori e dentro, di giorno e di notte, al fine che rintraccino coloro che apportano danni contro la forma dei detti statuti. E l’officiale sia obbligato a mandare i suoi servi che vadano alle porte della Città di Fermo per vedere e controllare se ci siano alcuni che portano uve o alcuni frutti, o legna, o rami di oliva, per questo, affinché possa scoprire se portano cose dai loro poderi, oppure no. E quando abbiano trovato qualche delinquente in queste cose o in qualcosa di esse, condanni quei colpevoli con le pene contenute in questo volume degli statuti, secondo la forma degli statuti che trattano della materia. E le dette cose non siano praticate, né abbiano vigore nei Castelli del distretto di Fermo, i quali hanno il Podestà o il Vicario o un altro officiale che li governa, assegnato loro dal Comune di Fermo, sotto penalità per il signor Capitano, se abbia trasgredito in ciò, di 25 libre di denaro da prelevarsi al tempo del suo sindacato. Se qualcuno, insieme con un testimonio o soltanto con un Balivo, abbia detto di aver trovato o di aver visto uno che procurava un danno, la relazione del Notaio, o dell’officiale, o dell’aiutante di questo Capitano o del Giudice di giustizia, sia accolta e gli sia dato credito.

        5 Rub.21Un funzionario non riceva alcunché da alcuna persona.

   Decretiamo ed ordiniamo che l’officiale già detto eserciti il suo officio soltanto da se e non tramite alcun sostituto. Né che riceva da sé qualche regalo, né tramite altri da alcuna persona ecclesiastica o secolare <laica>, sotto la penalità di 50 libre di denaro per ciascuna volta che abbia trasgredito su ciò. E lo stesso signor Capitano abbia quattro Balivi dai Balivi del Comune di Fermo.

       5 Rub.22Il Capitano faccia e faccia fare un annuncio che non si dia danno di persona o con animali.

   Inoltre decretiamo che il signor Capitano già detto faccia e faccia pubblicizzare, all’inizio del suo officio, che nessuna persona produca un danno di persona o con animali, di giorno o di notte, contro la forma dei detti statuti.

       5 Rub.23Abolizione <revoca> della denuncia.

   Decretiamo ed ordiniamo che tutte le volte o in qualsiasi modo, nei danni dati con i passaggi o in altro modo si fosse proceduto in potere degli statuti dei danni dati, descritti nel presente volume degli statuti, o con la modalità dell’accusa, o della denuncia, o della indagine, possa essere richiesta l’abolizione <revoca> dall’accusatore, denunciatore o da parte di chi ha ricevuto qualche danno, fino alla lettura della sentenza compresa, e non successivamente; purché venga richiesta e possa essere richiesta tramite un cittadino o un abitante della Città, entro sei giorni, e da un abitante del contado entro 10 giorni, dalla difesa fatta per chi si è presentato, per il contumace sia calcolato dal giorno del bando. Chi chiede l’abolizione già detta paghi al Tesoriere del Comune cinque denari, altrimenti il richiedente questa revoca non sia dato ascoltato. E il Capitano sia obbligato ad ammettere questa revoca, dopo praticata la detta formalità; e quando questo Capitano non l’abbia, sia condannato con 25 libre di denaro per ciascuna volta che abbia trasgredito, e su ciò debba essere condannato dai Sindacatori durante il periodo del suo sindacato. Questa revoca in nessun modo sia ammessa in opposizione contro coloro che prendono o riconducono animali trovati a fare un danno; né sia ammessa nel caso che non sia stata fatta la presentazione degli animali da parte di chi l’ha catturati o condotti dal Giudice, o all’officiale competente entro il tempo stabilito dallo statuto sotto la rubrica “A chiunque sia consentito di propria autorità prendere gli animali <per danno>”. Vogliamo inoltre che per i ritrovamenti fatti dall’officiale del signor Capitano o del Giudice di giustizia, se abbiano trovato alcuni che arrecano danni con animali o senza, l’abolizione detta non sia ammessa o non venga accolta in alcun modo; ma sia totalmente interdetta la facoltà al richiedente. E se si ammettesse o accogliesse, il riceverla non abbia validità e sia punito con la già detta pena l’officiale che l’accoglie o l’ammette. E per l’accoglimento di detta abolizione, nel caso in cui si possa accogliere, l’officiale non possa né debba prendere qualcosa a titolo di compenso da alcuna delle parti, sotto la penalità già detta da trattenersi dal loro salario nel tempo del loro sindacato. Aggiungiamo che quando il padrone dei possedimenti, o chi ha subito il danno, conducesse l’officiale a trovare o vedere le persone o gli animali che hanno arrecato il danno, allora il patrono e colui che ha subito il danno possa revocare il ritrovamento per abolizione, dopo che sono stati pagati cinque soldi al Tesoriere del Comune. E l’officiale condotto per il motivo del detto ritrovamento, se la pena superasse la somma di 4 libre di denaro e sotto ciò, abbia per il suo lavoro quattro denari soltanto; e per pena sopra la detta somma, abbia dodici denari per ogni libra di denaro con la quale venisse condannato colui che arreca il danno, o il padrone degli animali trovati a dare il danno come sopra.

       5 Rub.24Danni fatti alle cascine (casette).

   Se qualcuno abbia fracassato una casetta, un’abitazione o un atterrato, esistente fuori dalle mura della Città o di un Castello, con la porta ferrata, e serrata, per la sola effrazione venga punito ciascuna volta con fiorini 25. Se, in realtà, dopo la detta effrazione, sia entrato in essa e abbia provocato un danno prendendo piccioni o polli esistenti in essa o uccidendoli, o provocando un altro danno qualsiasi, venga punito con 50 fiorini. Se poi qualcuno non abbia fracassato la casetta, l’abitazione o l’atterrato già detti nella porta ferrata, o nei serrati, ma abbia aperto la porta senza rottura della porta, né della casetta, per la sola apertura venga punito con 20 fiorini. Qualora, in realtà, dopo l’apertura, in quella abbia procurato un danno, venga punito come sopra è stato detto per la rovina del casolare; e sempre per il danno dato con il doppio del danno subito in tutti i casi predetti.

       5 Rub.25Coloro che debbono essere ammessi per accusare.

   Decretiamo ed ordiniamo che nei processi fatti o da farsi nella Curia del Capitano o del Giudice di giustizia sopra i danni dati, sia per l’accusare quanto per il difendere o per scagionare dall’accusa per i danni dati contenuti in questo volume, venga ammesso il figlio della famiglia <minorenne> e sia considerato come persona legittima, nonostante non abbia avuto il consenso del padre. E chiunque con età maggiore di 10 anni possa essere presente in detto giudizio, nonostante che non sia intervenuta l’autorità del tutore o del curatore; ed anche qualsiasi altro familiare, o lavoratore, colono, suo figlio, e servo, e qualsiasi altro familiare; e sia prestata fede al giuramento dell’accusatore, se abbia detto che egli vide, senza alcun’altra prova, secondo la distinzione di questi statuti, fino a quella somma. Ma a nessuno sia consentito, se non una volta soltanto in un mese, accusare nel modo principale con giuramento, sotto la pena di due ducati d’oro per ogni trasgressore e per l’officiale che accoglie l’accusa; e tuttavia quanto venga fatto in modo diverso sia nullo per il diritto stesso. E se qualcuno abbia fatto una accusa o denuncia calunniosa o falsa, venga punito ad arbitrio di questo Rettore, fino alla somma di 100 soldi di denaro. Se in realtà l’accusatore non abbia visto colui che ha fatto il danno e abbia voluto accusare persone incerte <non identificate>, sia ammesso a fare l’accusa e la denuncia di persone incerte in questo modo: cioè che egli accusa e denuncia le persone, tutte quelle che hanno detto e abbiano dato testimonianza che essi stessi hanno visto tali testimoni del detto anche se abbiano detto di se stessi ed abbiano dato testimonianza; e con la testimonianza di costoro, i delinquenti debbano essere condannati, quando se ne hanno le prove, secondo la forma degli statuti, senza fare alcun processo. L’officiale già detto possa e sia obbligato per suo officio ad investigare anche a richiesta di chiunque abbia detto che un danno viene dato ed è stato dato, qualora abbia voluto giurare che egli non conosce chi ha fatto il danno per il quale chiede di fare un’indagine. Decretiamo che in un’accusa o denuncia generale, chi accusa o chi denuncia non possa produrre più di sei testimoni del contado e otto della Città, e diversamente, al di fuori di questa forma, il Capitano o la sua Curia o qualsiasi altro officiale non debba ricevere alcuna accusa né denuncia generale, sotto la penalità di 25 libre di denaro.

       5 Rub.26Danni fatti di persona <direttamente>.

   Parimenti decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno sia entrato in un orto altrui recintato, per il solo ingresso venga condannato, ciascuna volta, a 40 soldi di denaro. Se poi, dopo esservi entrato, egli abbia arrecato un danno nell’orto recintato, sia condannato, ciascuna volta, a cento soldi di denaro in tutto per il danno e per l’accesso. Se poi <è entrato> in un orto non recintato venga condannato, per il solo ingresso, alla metà della pena detta sopra per l’orto recintato. Se, in realtà, dopo fatto l’ingresso abbia fatto un danno, per ciascuna volta venga condannato a 40 soldi di denaro: e non venga punito per l’ingresso, dopo fatto danno. Se qualcuno poi sia entrato nelle vigne coltivate o lavorate da altri, dalle calende di marzo fino alle calende di novembre, sia condannato per il solo ingresso ad un ducato d’oro; in realtà, in altri periodi sia condannato a cinque soldi di denaro per ciascuna volta. Se poi, dopo questo ingresso, abbia arrecato danno cogliendo uve acerbe o mature, oltre alla pena per questo ingresso, venga condannato 10 soldi di denari per ogni grappolo d’uva o di uva agreste. Se poi, in altra maniera, abbia dato un danno cogliendo olive, legno, o travetti, o canne, viti, o procurando un danno in altro modo in dette vigne, oltre alla pena per l’ingresso sia condannato a 20 soldi di denari per ciascuna volta. Se poi qualcuno sia entrato nella vigna di un altro, non coltivata né lavorata, o abbia ivi fatto un danno dopo l’ingresso, sia punito alla quarta parte di quella pena con cui sarebbe punito nelle vigne coltivate o lavorate. Se qualcuno abbia arrecato un danno in un canneto raccogliendo foglie o strappando le fronde “fatte” <mature>, venga condannato a 40 soldi di denaro per ciascuna volta. Se in verità abbia fatto un danno spezzando le cime delle canne, incorra nella pena di cinque bolognini per ciascuna cima e si possa fare la procedura anche contro quelli trovati mentre asportavano le predette cime, in cammino, o nell’abitazione, o che le tenevano altrove, o che le trasportavano E coloro che risolutamente negano al padrone o all’officiale di contare le cime trovate e di segnarle per la pena, possono essere puniti, ad arbitrio del padrone o dell’officiale, per il numero che essi stessi abbiano voluto o abbiano deciso nell’atto arbitrale. Se, in realtà, abbia spezzato le canne e le abbia portate via, sia punito, per ogni canna, alla stessa già detta pena. Tuttavia se qualcuno sia entrato nell’altrui possedimento, coltivato con qualche genere di cereali, di lino, di agrumi, o di legumi, dalle calende di aprile fino a quando il cereale o il legume, o il lino, o l’agrume ci stesse o rimanesse nei detti possedimenti, o in qualcuno degli stessi non tagliato o non estirpato, sia condannato per il solo ingresso con cinque soldi. Se poi abbia fatto un danno, dopo tale ingresso, oltre ai detti cinque soldi, sia condannato a 40 soldi per ciascuna volta. Eccetto che se qualcuno abbia dato un danno mietendo nel campo, o procurando in altro modo un danno, sia condannato a 40 soldi per ciascuna volta. Se poi qualcuno abbia fatto un danno di persona nei prati altrui custoditi, o nei foraggi segnalati di qualcuno, mietendo l’erba o il fieno, dalle calende di aprile fino alle calende di luglio, sia condannato per ciascuna volta a 20 soldi. Se qualcuno poi, abbia fatto danno sugli alberi del moro(gelso) cogliendo foglie da questi alberi, sia condannato per ciascuna volta a 40 soldi di denari. Se poi <qualcuno> abbi fatto un danno negli olmi, cogliendo le fronde, incorra nella pena di 10 soldi di denaro, per ciascuna volta, per ciascuno, e per ogni albero. Se qualcuno invece abbia fatto un danno nei frutti degli alberi domestici <privati>, o nei frutti degli ulivi, sia condannato a 100 soldi di denaro per ciascuna volta. In realtà, negli altri frutti non commestibili per gli uomini o non domestici, se qualcuno abbia fatto un danno, sia condannato a 10 soldi per ciascuna volta. E nei detti singoli capitoli, coloro che arrecano un danno, siano obbligati a risarcire col doppio del danno inflitto.

       5 Rub.27Pena per coloro che colgono le olive di altri.

   Se qualcuno abbia venduto, scambiato o in qualsiasi modo rubato o macinato o abbia fatto macinare o in qualche maniera abbia portato via o abbia tenuto anche una minima quantità di olive, chi non abbia nei poderi propri o coltivati con ulivi, se non abbia dimostrato da dove e da dove abbia avuto o abbia fatto l’acquisto, incorra nella pena di 10 scuti per ciascuna volta e per qualsiasi quantità, da assegnare per una metà al Comune di Fermo e per l’altra metà all’accusatore, e egualmente all’esecutore. Se poi le predette cose siano state commesse nei Castelli o nei luoghi che hanno notizie circa i misfatti e fruiscono delle loro pene, allora al Comune di Fermo sia assegnata la quarta parte della pena, una quarta parte al luogo predetto che è ha notizie, il rimanente poi di detta pena sia attribuito come sopra. E si possa fare la procedura, in queste cose già dette, per la via dell’accusa, della scoperta, dell’inquisizione, anche senza che la mala fama preceda, e l’accusatore sia tenuto segreto, e a costui sia prestata fede con giuramento e con un testimonio degno di fede. E nella stessa pena incorrano gli acquirenti e i ricettatori, contro i quali si possa fare la procedura come sopra; se non abbiano dichiarato di aver fatto l’acquisto da un proprietario o da uno che ha ulivi, e a questa legge soggiacciano anche le terze persone, per le cui mani le dette cose siano state commesse. E nella medesima pena incorrano coloro che hanno ulivi se fossero stati trovati a coglierle nei possedimenti di altri o ci fossero le prove che le hanno colte. E la stessa pena per le olive, nel modo e nella forma, come sopra, abbia valore per le melarance; e se non abbiano pagato questa pena per i casi già detti, entro un mese, allora siano puniti con la pena per furto. Parimenti non sia consentito ad alcuno raccogliere olive, come si dice popolarmente «per lo raccogliticcio» <trovare qua e là> senza il permesso del padrone del podere, sotto la pena di cinque soldi, e per questo permesso ci si attiene al giuramento del padrone.

       5 Rub.28Danni procurati con le bestie.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno abbia  immesso un cavallo, un bue, un somaro, una puledra, un mulo, un porco, una capra o una cavalla o animali a questi simili in una vigna coltivata o lavorata piena di uve e non vendemmiata, o in un orto, in un canneto coltivato o lavorato, oppure con essi o con qualcuno di questi abbia apportato un danno, dalle calende di marzo fino alle calende di novembre, qualora <avvenga> nelle vigne già dette, negli orti o nei canneti lavorati o coltivati, il custode degli animali paghi per il danno, per ciascuna volta, e per ognuno dei detti animali 40 soldi di denaro. Qualora <avvenga> in realtà nei campi seminati paghi il danno con 20 di denari per ciascuna volta e per ogni animale; qualora <avvenga> fra gli alberi che producono frutti commestibili per gli uomini esistenti altrove anziché nei detti luoghi, in ogni tempo, paghi 5 soldi di denari. Se, poi, nei giardini coltivati e lavorati delle melarance con animali grandi, il custode o il padrone degli animali paghi il danno dato, in ogni tempo, con la pena di 20 soldi di denari per ogni animale e per ciascuna volta. In realtà, con gli animali piccoli, 10 soldi di denari, per ogni singolo animale e per ciascuna volta. Dalle calende di novembre fino alle calende di marzo e in qualunque altro tempo, se sia stata fatta la vendemmia o nelle vigne coltivate, negli orti o nei canneti coltivati, per il danno, ciascuna volta e per ogni animale, paghi al Comune 20 soldi di denari nei campi seminati in verità soldi 5 di denari. E in ciascuno dei casi predetti sia risarcito il danno, con il doppio, a colui che l’ha subito. Se poi con le pecore o con una pecora, nelle vigne o negli orti coltivati abbia arrecato un danno dalle calende di maggio fino alle calende di novembre, il custode degli animali paghi e sia condannato, per ogni pecora per ciascuna volta, con soldi 5 di denari e nel canneto o in un campo di cereali o in un campo di fieno soldi due di denari. Se, in realtà, dalle calende di novembre fino alle calende di marzo in detti luoghi paghi per il danno per ogni animale e per ciascuna volta <la penalità> di dodici denari. Se, in realtà, <avvenga> in un campo per il fieno, <paghi> sei denari; se, in realtà, in altri luoghi anziché nei luoghi già detti, in ogni tempo e per ogni animale, per ciascuna volta paghi sei denari e risarcisca chi ha subito il danno con il doppio. Se, poi, con questi animali piccoli o con qualcuno di essi abbia portato un danno nei prati custoditi, nelle selve o tra gli alberi non privati, paghi dodici denari per ogni animale per ciascuna volta. Se, poi, gli animali grandi abbiano portato un danno dalle calende di maggio fino le calende di ottobre, cioè una cavalla in un prato tagliato o falciato o per il fieno custodito, paghi per il danno al Comune 20 soldi di denari. Gli altri animali grandi, nei detti tempi 10 soldi di denari. In realtà negli altri tempi ed anche nel detto tempo, se sia stato falciato il prato o fienato, dodici denari, e per prato si intenda che sia nel periodo in cui sia delimitato ogni campo. A nessuno sia consentito delimitare il terreno se non fino a sei modioli soltanto, e questo terreno sia e debba essere adatto per produrre fieno, né in alcun altro modo sia consentito segnare i limiti. E gli officiali in nessun modo, nelle cose già dette, abbiano la facoltà di fare la procedura in maniera diversa; e ciò che avessero fatto oltre le dette cose, sia nullo, dichiarando espressamente che il terreno sia inteso e che sia proprietà di colui dal quale è stato delimitato. Se, in realtà, l’immissione dei detti animali, anche il danno arrecato siano stati fatti astutamente, di giorno, oppure di notte, paghi il doppio delle dette pene. E come dati astutamente il danno e l’immissione degli animali, si intenda quando il custode sia stato trovato nel custodire i detti animali nei detti luoghi. E in tali danni dati con animali, o senza, sia prestata fede e ci si attenga al giuramento del padrone del podere o del lavoratore, o dei servi o di un servo e di chiunque di questi stessi, se abbiano visto arrecare il danno, fino alla somma di 20 soldi. E se abbia avuto un testimonio, gli sia prestata fede con il giuramento fino alla somma di 40 soldi di denaro per tutte le bestie che il testimonio abbia detto e abbia attestato che egli ha visto. In realtà, <per una somma> sopra a ciò con due testimoni sia punito con le pene indicate sopra. E in ogni caso, qualora qualcuno sia condannato per il danno arrecato debba essere condannato dallo stesso processo e dalla condanna al risarcimento del danno, al doppo, a favore di chi ha patito il danno, e per l’estimo di questo danno ci si attenga e sia prestata fede al giuramento del padrone del podere, fino alla somma di 20 soldi di denari. < Per una somma> superiore a ciò, in realtà, ci si attenga e sia prestata fede alla parola di due prossimi vicini che hanno giurato, fino a dieci poderi a lato del podere nel quale il danno dato sia stato posto; e <alla parola> degli eletti per il danno dato; purché nei singoli casi detti sopra ci si attenga alla parola del padrone, con il testimonio oculare, circa il danno a lui dato di notte; e in questo caso sia tenuta come prova piena e legittima. Inoltre il Notaio dei danni dati sia obbligato e debba, col vincolo del giuramento, sotto la pena di 25 libre di denaro dalla sua paga, investigare diligentemente nel tempo dell’indagine da farsi sul custode degli stessi animali nei casi sopra indicati. Decretiamo anche che le vigne e i canneti coltivati siano considerati coltivati, lavorato o lavorati anche se non siano stati lavorati nei tre anni e non oltre, allora precedenti. Se in realtà siano restati incolti per un tempo maggiore e non lavorati non siano considerati coltivate vigne e cose <non> coltivate e lavorate.

       5 Rub.29Pena per chi taglia un olivo o altri alberi.

   Se qualcuno contro o oltre il volere del padrone di un possedimento abbia tagliato qualche ulivo alla base, o lo abbia estirpato completamente o nella maggior parte, oppure in basso abbia tagliato un ramo o rami di qualche ulivo, o abbia rovinato i rami sia condannato con scuti 10. Se, in realtà, abbia tagliato qualche parte alla base di qualche ulivo, come per esempio come si dice staccando pezzi, non in tutto o nella maggior parte, sia condannato a 20 libre di denaro e debba risarcire col doppio il danno dato a colui che ha patito il danno. Se entro un mese, da computarsi dal giorno della notifica della sentenza, non abbia pagato queste condanne, debba essere frustato nella Città di Fermo, nudo e con le carni scoperte; e nondimeno risarcisca il danno col doppio a chi ha sofferto il danno. Se in realtà <abbia tagliato> un albero che sostiene una vite o predisposto per sostenere una vite, o qualche altro albero privato che produce frutti commestibili per gli uomini, o un albero di gelso dalla radice o al basso del fusto, sia condannato con 5 scuti per ciascuna volta. Se, in realtà, abbia tagliato i rami, o abbia estirpato piante di alberi, paghi la metà della già detta pena di 5 scuti; e la metà di questi bandi sia per il Comune e l’altra per chi ha sofferto il danno, e sia sufficiente la prova di un solo testimonio oculare in tutti i casi già detti. Se in realtà < abbia tagliato> alberi selvatici che non recano frutti commestibili per gli uomini, per ogni albero così tagliato dalla base del fusto o piede, sia condannato a due scuti per ciascuna volta. E se l’albero così tagliato sia stato grande e adatto per una costruzione, sia punito a scuti 5. Se in realtà <siano tagliate> piante piccole o rami secchi, per ogni albero o ramo secco o piccolo, o novello, per ognuna di esse così tagliate sia condannato a uno scuto per ognuna e per ciascuna volta. E questo non abbia valore per gli spini, le “vetiche” <legami>, le ginestre, e simili a questi, per i quali il danno dato sia punito con un fiorino per ogni salma. Se in verità abbia distrutto una fratta o una siepe, per la sola distruzione, sia condannato con due libre. Se abbia tagliato una fratta o una siepe oppure in altro modo l’abbia devastata, per ogni “passo” sia condannato a un fiorino. Se in realtà in questa siepe ci siano stati alberi di qualche specie di quelli già detti, e li abbia tagliato, nella detta siepe o confine, il delinquente sia punito con modalità simili alle già dette pene. È in tutti casi già detti se i danni già detti siano stati fatti di notte, il delinquente sia punito col doppio delle dette pene. E se qualcuno abbia portato via da qualche catasta, o da qualche mucchio o da qualche altro cumulo di legnami o di viti giacenti nel podere di qualcuno, incorra nella pena di uno scudo per ogni salma. Se in realtà abbia preso meno di una salma, a metà di detta pena. Se poi da qualche canneto abbia portato via fasci di canne, o foglie ‘fatte’, paghi per il bando 40 soldi di denaro per ciascuna volta e per ogni fascio di canne, o bracciata di canne in qualunque modo risulterà o sarà manifestato per mezzo di una prova piena o semi piena; e sia prestata fede al giuramento dell’accusatore fino alla somma di 20 soldi, senza alcun’altra prova se abbia detto che lui stesso abbia visto. E il danno, nei già detti capitoli, siano risarcito con il doppio del danno sofferto; e l’officiale possa e debba investigare d’ufficio sopra le già dette cose, fuorché per gli spini, le ginestre, le “vetiche”, le sanguinelle, o le spuntature o rametti minuti selvatici o simili a questi, per i quali non possa fare procedura sul ritrovamento; ma sopra le queste cose sia totalmente negato il potere e la giurisdizione di procedere e di investigare per il ritrovamento all’officiale dei danni dati.

       5 Rub.30Pena per chi taglia le viti.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che chiunque abbia tagliato qualche vite, se dal fusto o dalla radice, paghi la pena per ogni vite con 100 libre di denaro. Se poi abbia tagliato i capi <tralci> di detta vite, paghi per il danno 100 soldi di denari per ogni vite. Se in qualche modo abbia tagliato una vite diversamente, senza il permesso del padrone della vigna, purché rimangano i capi già detti, paghi la pena con 5 denari per ogni ramo di detta vite. Ci si attenga al giuramento del padrone della vigna riguardo al permesso dato dal padrone della vigna. E le predette pene non siano praticate per le viti esistenti nei possedimenti o nelle vigne non lavorate per un periodo di tre anni, trascorsi subito dopo dal tempo del taglio delle viti, o dei loro rami. Ma se qualcuno abbia tagliato una vite dal fusto o dalla base di questa vite in questo possedimento o vigna non lavorata per il detto periodo di tre anni, qualora questa vite sia stata potata entro il detto periodo, paghi la pena di 100 soldi di denaro. Se poi non abbia tagliato la detta vite dal fusto o dalla base, ma in qualche modo diverso, paghi la pena con 10 soldi di denari. Se poi non sia stata fatta la potatura entro il detto periodo, paghi per ogni fusto di detta vite con 5 soldi la pena di denari. E se qualcuno sia stato condannato per qualcuno dei detti motivi a 25 libre di denaro o sopra a ciò e non abbia pagato la detta condanna entro la scadenza che deve essere assegnata, per quella condanna, ad arbitrio del signor Capitano o dell’officiale dei danni dati, debba essere frustato sulle carni nude attraverso la Città. E se qualcuno abbia tagliato qualche pergolato entro le mura della Città o dei Castelli di Fermo, paghi la pena di 25 scuti, anche a più, o a meno ad arbitrio del signor Capitano secondo la qualità del danno; e in qualsiasi dei detti casi, risarcisca col doppio che è stato danneggiato. E per l’estimo del danno, in qualsiasi dei detti casi, sia prestata fede e ci si attenga al giuramento del padrone del possedimento fino alla somma di 100 soldi. In realtà sopra a ciò ci si attenga alla parola di due uomini confinanti con il podere dove il danno è stato fatto, fino a 10 possedimenti, da nominarsi da chi ha sofferto per il danno. Aggiungiamo a questo statuto: che l’esecuzione di questa pena corporale non possa essere fatta da alcun officiale del Comune di Fermo, qualora il condannato abbia voluto pagare la sua condanna entro un mese dopo che sia venuto sotto il potere militare del Comune di Fermo

       5 Rub.31Come debba essere emendato il danno fatto di giorno e di notte e da chi e per mezzo di chi.

   Decretiamo ed ordiniamo che se qualche danno sia stato fatto di giorno o di notte in un possedimento di qualcuno e non si sapesse per opera di chi (uno o più) il danno sia  stato fatto, se detto possedimento stesse nelle vicinanze di qualche Villa o di qualche Castello, la quale o il quale sia lontano mezzo miglio da detto possedimento, tramite gli uomini di detta Villa o del Castello più vicino a detto possedimento, dopo che non sia stato possibile sapere, trovare e rintracciare chi ha dato o coloro che hanno dato il danno, colui al quale appartenesse questo possedimento sia obbligato ad emendare questo danno dato; e sia prestata fede circa il danno dato al giuramento di chi ha sofferto il danno, fino alla somma di 20 soldi di denaro. In realtà, sopra a questa somma venga praticata la forma degli statuti relativi al risarcire i danni dati. se poi il danno dato sia stato nel possedimento di qualcuno, altrove, non nei detti luoghi, in qualche contrada o nel vicinato, i vicini nel detto modo, o coloro che hanno i possedimenti più vicini, cioè per 10 possedimenti tutto all’intorno al possedimento nel quale fosse fatto il danno, siano obbligati e debbano emendare tale danno a colui che ha sofferto il danno, in un modo simile a quello detto sopra. E a ciò similmente siano obbligati i fornaciai, i mugnai, i villani, i bifolchi, coloro che fossero stati, che fossero, o che avessero abitato a mezzo miglio accosto al podere nel quale sia stato fatto il danno. E ci si attenga e sia prestata fede al giuramento di colui che ha patito il danno riguardo ai detti vicini dimoranti o agli altri sopra. L’officiale già detto sia obbligato e debba praticare tutte le dette cose, con vincolo del giuramento, e sotto penalità di 10 libre di denaro da pagarsi col suo salario.

       5 Rub.32Coloro essere stati trovati dal Capitano o dai suoi Officiali e servi con frutti o con legna in Città, o in altra via, e che non hanno un possedimento o un lavoriero proprio.

   Decretiamo ed ordiniamo che se qualche persona ad opera del signor Capitano o del Giudice di giustizia o di un officiale o degli officiali di questi e di chiunque degli stessi, sia stata trovata con frutti o legna per terra, sulla via o sulla strada, e la stessa persona nella stessa contrada ove sia stata trovata, non avesse alcun possedimento proprio o un lavoriero, o se lo avesse ed in esso non ci fossero frutti trovati per se stessa, o legna, il signor Capitano ovvero i suoi officiali, che fossero tali nel tempo, contro la persona trovata con le dette cose, possano e debbano investigare, fare la procedura, punire e condannare alle pene dette sopra senza alcun’altra prova. Salvo quando tale persona trovata desse prova che portasse o prendesse i detti frutti o la legna col permesso del padrone del possedimento e di questo faccia costatazione e debba costatare e risultare mediante un pubblico instrumento o un giuramento delle signore padrone del podere almeno con un testimonio, il quale dichiari a parole che abbia dato e concesso tale permesso prima del danno dato trovato, allora il tale trovato non sia minimamente tenuto alla detta pena. Possa inoltre tale persona che porta i detti frutti essere accusata da chiunque e denunciata e sia prestata fede al giuramento dell’accusatore fino alla somma di 10 soldi di denaro. Aggiungiamo che se qualcuno sia stato trovato a portare legna di ulivi, o di alberi che producono frutti commestibili per gli uomini e di olmi con viti e <portasse> queste viti grosse, se non avrà informato che le ha tagliate nel proprio possedimento, o con un provato permesso del padrone, come sopra, sia obbligato a pagare un ducato d’oro per ognuno e per ciascuna volta. E possa anche essere accusato da chiunque e l’inchiesta sia fatta alla porta e dovunque dagli officiali dei danni dati.

       5 Rub.33Pena di chi ha tracciato un sentiero.

   Decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno abbia fatto, sopra un possedimento altrui, una via malignamente senza animali o una scorciatoia, venga punito con 20 soldi di denari per ciascuna volta; e se abbia procurato danni, venga punito con le pene sopra indicate, e nello statuto relativo ai danni dati, in seguito; se con animali venga punito con 20 soldi di denaro, e sia prestata fede al giuramento dell’accusatore; cioè al padrone del podere, se abbia detto che lui vide, o la sua servitù. E si intenda che fare malignamente una strada o una scorciatoia è quando la via comune è in buono stato e percorribile per farci camminare gli uomini e gli animali e non in altro modo. E per tutte le dette cose il signor Capitano e i suoi officiali non possano fare la procedura contro qualcuno o contro alcuni, se non a richiesta del padrone del podere.

       5 Rub.34Pena per colui che ha fatto un percorso (varco) sulla proprietà altrui.

   Decretiamo ed ordiniamo che chiunque abbia fatto un percorso attraverso un possedimento o un beneficio di qualcuno, qualora abbia fatto un percorso di persona sia punito con 20 soldi di denaro e sia prestata fede al padrone del podere riguardo a ciò. E se l’accusatore abbia potuto dare prova per mezzo di un solo testimonio chi abbia fatto il percorso sia punito con 40 soldi di denari. Se in realtà abbia fatto un passaggio con gli animali, con qualsiasi animale grande, oltre la pena predetta, sia condannato a 5 soldi di denari. E se qualcuno cavallo vi sia andato, paghi soltanto la pena per la persona, qualora di ciò abbia potuto dare la prova con due testimoni. E se non abbia potuto provare con due testimoni che abbia fatto il detto passaggio con animali, sia condannato a 20 soldi di denaro con il giuramento dell’accusatore o del denunciatore. E se abbia avuto un solo testimonio fino a 40 soldi di denari, come è stato detto sopra. E sia inteso l’aver fatto il passaggio allo scopo di accorciare il suo cammino, purché questo detto statuto non rivendichi per sé vigore nei luoghi ove non ci siano vie delimitate, ma secondo quello che nei tempi passati è stato consuetudine nella pianura di Monte Secco <a Fermo>, o in altri luoghi è stato consueto andare, così vadano. Se, in realtà, questo passaggio sia stato fatto su un campo di stoppia, paghi la metà di dette pene. E se per qualche possedimento incolto paghi la quarta parte delle dette pene. Qualora sia su qualche podere sodo, paghi la quarta parte delle dette pene. E circa le già dette cose l’officiale non possa d’ufficio fare la procedura se non a richiesta e per volere del padrone del podere. E ciò non abbia valore soltanto circa il passaggio dei cacciatori, ma se abbiano dato un danno siano puniti come è contenuto nello statuto sui danni dati, purché tuttavia detti cacciatori nei mesi di maggio, giugno e luglio non possano passare e fare caccia nei poderi con cereali. E questo statuto relativo al passaggio non rivendichi vigore contro un forestiero.

       5 Rub.35Nessuno Notaio possa sedersi al banco del signor Capitano o del Giudice.

   Allo scopo di evitare ogni sospetto decretiamo ed ordiniamo che nessun Notaio cittadino, né Cittadino, né alcun altro oltre gli officiali dello stesso signor Capitano, o del Giudice di giustizia possa stare né rimanere presso il banco del signor Capitano o del Giudice o dell’officiale di lui, in alcun modo o ingegno. Né lo stesso signor Capitano, il Giudice o l’officiale possa tenere al suo banco qualche altro Notaio, né farcelo sedere per scrivere alcuni atti di questo Giudice o dell’officiale. Né possa questo signor Capitano, o il Giudice o l’officiale, per la forma degli statuti, affidare il suo officio, sia per i danni dati, che per le vie, i ponti e le fontane, ad alcun Cittadino Fermano, sotto la pena di 50 libre di denaro dalla sua paga. Salvo che sia lecito a ciascuno, per suo volere, condurre al tavolo di detto Capitano, del Giudice e dell’officiale un Notaio qualunque per esercitare e scrivere copie e atti di sua pertinenza.

       5 Rub.36Il Capitano o il Giudice di giustizia debba produrre le sentenze.

   Decretiamo ed ordiniamo che il signor Capitano o il Giudice di giustizia sia obbligato e debba, due volte in ogni mese, fare le condanne per tutte le singole trasgressioni, inosservanze, colpe, delitti, danni dati, dal quale o per i quali risultasse qualche condanna. E di queste subito siano fatte due copie delle quali una debba stare presso di lui, e l’altra presso il Banchiere del Comune, in quel giorno nel quale vengono lette le condanne, e queste condanne rimangano presso questo Tesoriere. E lo stesso Capitano, il Giudice o l’officiale sia obbligato e debba sotto vincolo di giuramento riscuotere o di far riscuotere e fa pagare con successo queste condanne e le sentenze le condanne, sotto la pena di 25 libre di denaro dal suo salario; cioè le condanne che potessero essere riscosse legittimamente, comodamente, e debba far dare, far pagare e far pervenire al Banchiere del Comune di Fermo, che sia stato all’ufficio della Tesoreria il denaro riscosso o da riscuotere per le stesse condanne. Questo Tesoriere e il suo Notaio sia obbligato e debba restare il tempo utile nel palazzo del signor Capitano per ricevere il denaro e per pagare e per esercitare il loro ufficio e non altrove, come è obbligato il Tesoriere del Comune ed il suo Notaio. E il detto Capitano o il Giudice di giustizia si obbligato a fare prima le condanne poi le assoluzioni; e quando le condanne vengono cancellate, essi debbano tramite il Notaio del Banchiere di detto officiale, cancellare e scrivere in margine coloro che pagano le condanne, e un ordine simile sia praticato nelle cose già dette, come viene praticato e deve essere praticato dal Banchiere Generale del Comune di Fermo sotto la penalità di 10 libre di denaro per ciascuno e per ciascuna volta.

       5 Rub.37Il beneficio della confessione e della pace.

   Decretiamo e ordiniamo che chiunque sia stato accusato, denunciato, o inquisito di fronte al signor Capitano, al Giudice di giustizia o a un officiale loro o ad uno qualsiasi tra loro, per l’ingresso e il passaggio con bestie o senza, e nella prima comparsa o nella risposta che abbia fatto di fronte a questi stessi o a qualcuno di questi, spontaneamente, sinceramente e semplicemente abbia confessato le cose contenute nell’accusa, nella denuncia, o nella detta indagine, qualora, in realtà, antecedentemente alla lettura della condanna egli abbia avuto la pace da chi ha sofferto il danno ed abbia presentato questo istrumento di fronte a questi stessi nella forma pubblica, una parte della pena originale per il danno dato, di persona, o con animali, sia diminuita nella condanna che deve essere fatta su ciò stesso. Vogliamo tuttavia e dichiariamo espressamente che questo beneficio della pace non abbia vigore, ne sia dato nei casi già detti di danni dati, se non soltanto nella decisione di piante private e di quelli che producono frutti commestibili per gli uomini, e anche nella devastazione di casette e nei danni dati in queste casette dopo devastate. In realtà questo beneficio della pace non sia affatto esteso negli altri danni dati in qualsiasi modo. E il beneficio per il pagamento concesso entro una certa scadenza ai condannati per questi danni dati, non sia affatto esteso.

       5 Rub.38Pena per gli incendiari.

   Dato il fatto che molti enormi danni a causa della immissione del fuoco in qualche campo con paglia o con la stoppia, o in una fratta spessissimo avvengono o sono comparsi nei tempi passati, decretiamo ed ordiniamo che nessuna persona della Città di Fermo o del suo contado e distretto, o di altro luogo, o in alcun tempo osi né presuma, senza il permesso del signor Capitano del popolo o del Giudice di giustizia, che lo fossero nel tempo, immettere del fuoco in qualche campo con la stoppia, o in una fratta, o in un terreno incolto, o in una macchia, o nei manipoli, o in qualunque altro luogo, o modo e forma, sotto pena di condanna con 25 libre di denaro per ognuno e per ciascuna volta; e nondimeno sia obbligato a riparare il danno con il doppio a chi lo ha sofferto. E colui che abbia avuto il permesso del signor Capitano o dal suo Giudice o dal Giudice di giustizia, non sia obbligato affatto a pagare la pena al Comune al minimo, ma vogliamo che sia obbligato soltanto alla riparazione del danno a favore di chi ha sofferto il danno; purché chi chiede il permesso al signor Capitano o al suo Giudice o al Giudice di giustizia in primo luogo e prima di ogni cosa, sia obbligato e debba dare e mostrare ai detti signori Capitano o Giudice idonei fideiussori di non far danno ad alcuno col fuoco già detto, e se abbia fatto un danno, sia obbligato di riparare nel modo già detto.

       5 Rub.39Pena per chi arreca danno alle melarance.

   Decretiamo che coloro che entrano senza permesso dei padroni in un frutteto di melarance custodito, incorrano per il solo ingresso, nella pena di un oro oltre alla pena per il danno arrecato; fatta eccezione tuttavia per i frutteti che sono confinanti col mare con un percorso, talmente angusto che, col mare mosso, non si possa camminare per la spiaggia, o in altra maniera per necessità o a causa della ristrettezza o in altra maniera non si possa transitare, purché non ci sia un danno dato. Inoltre decretiamo e ordiniamo che se qualcuno abbia tagliato la base del fusto o un ramo di qualche pianta di melarance, di limone o del pomo di Ada, o di limoncella, venga condannato per ognuno e per ciascuna volta a 10 scuti. Se in realtà non abbia tagliato, ma abbia spezzato, o fatto un troncone per ciascuna volta e per ogni ramo o troncone venga condannato a due scuti. Se, in realtà, qualcuno abbia arrecato un danno in altra maniera, cioè cogliendo i frutti da questi alberi, o da qualcuno di essi, eccetto il limone, venga condannato a soldi 5 di denaro per ogni melarancia, fino a 10 melarance; e per più di 10 sia punito, per ogni melarancio, con tre soldi di denaro, per ciascuna volta, e per ogni limone con soldi 10 e sia fatta la pace e la confessione nelle dette cose. E in ognuno dei detti casi, sia obbligato e sia condannato nello stesso processo al risarcimento del danno con il doppio a favore di chi ha sofferto il danno; e debba essere fatto l’estimo da due prossimi vicini. E se in qualsiasi dei casi già detti, fatta eccezione per l’accedere, il condannato non abbia pagato al Comune entro un mese, dopo che sia venuto in potere del Comune di Fermo, debba essere frustato nudo attraverso la città; e per le già dette cose, se fatte di notte, le pene per ognuna delle dette pene, siano raddoppiate. E per tutte le dette cose il Podestà della Città di Fermo e i suoi Giudici, e il Giudice dei danni dati, e ogni altro officiale della Città o del contado di Fermo, o di un Castello, ove tali cose fossero fatte, possano e debbano investigare e condannare i delinquenti alle pene già dette, con il vincolo del giuramento e sotto la penalità di 25 libre di denaro da trattenere dal suo salario; tuttavia cosicché coloro che hanno questi pomi o i detti frutti siano obbligati e debbano portarli o farli portare alla Città di Fermo, cioè la terza parte degli stessi frutti e dei detti pomi, e presentarli dinanzi all’officiale delle gabelle della Città, dichiarando e affermando il numero e la quantità dei pomi e dei frutti che concorrono alla terza parte, e farli scrivere all’officiale delle gabelle della riva del mare; e chi abbia  trasgredito, per ciascuna volta quando siano stati richiesti e non abbiano portato, siano condannati a 10 libre di denaro per ciascuna volta. Coloro che in realtà fanno un danno sui frutti dei limoni, siano puniti e condannati a 10 soldi di denaro per ogni limone e per ciascuna volta e al risarcimento col doppio del danno. Aggiungiamo che i cacciatori e uccellatore non possano né abbiano potere di colpire o arrecare danno pregiudizievolmente alle basi dei fusti né ai rami degli alberi detti con qualche genere di bastoni o di canne, o di pietre, con cui possa essere arrecato un danno ai giardini o agli alberi, sotto la pena di 20 bolognini per ognuno e per ciascuna volta e per qualsiasi albero. Se in verità in detti giardini il danno sia stato fatto con animali, il padrone degli animali incorra nella pena di un fiorino per ogni animale e per ciascuna volta. E gli animali trovati possano impunemente essere uccisi, come negli orti, nelle vigne, nei canneti, in un campo di cereali, e oltre alle pene per gli animali, sia punito anche il custode con 25 libre di denaro, se li abbia introdotti intenzionalmente, e queste pene per la notte siano raddoppiate. Se qualcuno in realtà abbia rovinato la siepe o la fratta del giardino, incorra nella pena di dodici libbre.

       5 Rub.40Pena per coloro che si cambiano il nome.

   Se qualcuno che sia stato accusato, denunciato, inquisito, o in altra maniera interrogato dal signor Capitano, dal Giudice di giustizia o dal suo officiale, o richiesto di dichiarare il proprio nome dinanzi a qualcuno di questi stessi, e abbia mutato per sé il suo proprio nome, o del padre, per questo soltanto, sul fatto, senza alcun processo, sia condannato a 100 soldi di denaro e in queste cose abbia efficacia il beneficio della confessione.

       5 Rub.41A tutti sia consentito di propria autorità catturare gli animali trovati a far danno nella sua proprietà, e abbia la quarta parte.

   Decretiamo ed ordiniamo che sia lecito a chiunque, sia al padrone o alla sua servitù, sia ad un lavoratore o ai lavoratori e sia stato lecito prendere di sua autorità un animale o animali il quale o i quali egli abbia trovato mentre procurano un danno nei suoi possedimenti da lui coltivati, purché nella circostanza della cattura abbia la presenza di un testimone, il quale testimoni che l’animale è stato trovato nel fare così un danno, e che era e stava nel possedimento o nella coltivazione di colui che l’ha catturato; purché in quel giorno, in cui l’avesse preso, o nel seguente lo porti e lo conduca e lo presenti davanti all’officiale dei danni dati; altrimenti se non lo presentasse nel detto giorno o nel seguente, dinanzi a questo Giudice, per il fatto stesso, per la sola cattura e ritenzione, incorra nella pena di 25 libre di denaro, nella quale il Giudice dei danni dati, il Podestà, il Capitano o un loro officiale siano obbligati a condannare il tale che così ha cattura o ritiene e che non si è presentato nel detto modo. A nessuno sia consentito resistere contro colui che effettua la cattura e che conduce presso la Curia gli animali predetti in qualsiasi modo, sotto la pena già detta di 25 libre di denaro. E chiunque abbia catturato, durante un danno a lui dato, un qualche animale, di notte o di giorno, senza dover fare alcuna offesa, e l’abbia presentato lo stesso e l’abbia posto sotto il potere di detto Giudice o officiale, abbia la quarta parte della condanna di colui; e questo Giudice e l’officiale siano obbligati di farlo col vincolo del giuramento.

       5 Rub.42Danno fatto con i buoi, e con altri animali, il cui il malfattore non è reperibile.

   Parimenti decretiamo ed ordiniamo che se qualche danno sia stato dato in un possedimento di qualcuno, con buoi o altri animali, eccetto gli ovini, cioè in un campo di cereale, in una vigna o in un canneto e in un cumulo, o in un orto o in un campo di fieno custodito o delimitato e non venissero rintracciati coloro che fanno il danno con i buoi o con gli animali già detti, i bifolchi e i custodi dei buoi e deli animali già detti, che vi stanno al tempo dei danni dati, o che lavorano in quella contrada, ove ci fosse il danno dato, a mezzo miglio dal luogo ove ci fosse il danno dato, siano obbligati a risarcire il danno a colui che lo ha sofferto, e siano condannati, tra <loro> tutti, a 20 soldi di denaro a favore del Comune di Fermo. E il detto statuto non abbia vigore per il cereale e per il fieno dalle calende di agosto fino alle calende di aprile. E questi bifolchi, o custodi si presumano e riconoscano essere quelli che, al tempo di questo danno dato, fossero nella contrada ove questo danno è stato fatto, dove sono soliti, o staranno a fare qualche residenza, o a lavorare; a meno che non abbiano dato prova che nella detta circostanza di questo danno dato siano stati altrove, oltre mezzo miglio. E affinché, in modo chiaro, sia manifesto chi sono i bifolchi, all’inizio dell’officio del Capitano, e entro 5 giorni, dopo l’avviso pubblico da farsi tramite il presente signor Giudice di giustizia, siano obbligati a farsi iscrivere dal Notaio di questo signor Capitano, il quale scriva i loro nomi, e le contrade ove dimorano, e il numero dei buoi, sotto penalità di 50 soldi di denaro per ognuno degli stessi e per ciascuna volta, oltre al risarcimento del danno.

       5 Rub.43Il padrone non possa essere costretto a pagare una condanna fatta ad un servo o da un bifolco.

   Decretiamo ed ordiniamo che il signore o il patrono non possa essere obbligato dall’officiale dei danni dati, né da un altro in alcun tempo, a pagare qualche condanna fatta, o che in futuro venisse fatta riguardante qualche suo servitore, bifolco o inserviente, se non fino alla corrispondente quantità del salario stipendio per questo servitore, bifolco o inserviente. Nel dubbio se debba o no, o quanta somma; ci si attenga e si dia fede al giuramento del signore o del patrono. E questo statuto sia l’ultimo e derogatorio di tutti gli altri che si esprimono al contrario.

       5 Rub.44Parte da dare all’accusatore o denunciatore.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che l’accusatore o il denunciatore sempre, ed in ogni caso, abbia e debba avere la mezza parte della condanna, che venisse fatta dall’officiale nell’occasione dell’accusa o della denuncia fatta da lui, e la parte restante pervenga in Comune. E il Banchiere del Comune sia obbligato a pagare questa mezza parte al signor Capitano, al Giudice, o all’officiale dei danni dati, senza alcuna ricevuta, dopo aver visto la sola condanna.

       5 Rub.45Il Capitano il Giudice dei danni dati e i loro officiali siano obbligati a dare una copia al richiedente dell’accusa, della denuncia o dell’indagine.

   Decretiamo ed ordiniamo che riguardo a tutti i processi da farsi dal signor Capitano, o dal Giudice o dai suoi officiali sui danni dati, ciascuno di essi sia obbligato e debba consegnare una copia dell’accusa, della denuncia, o dell’indagine all’accusato, al denunciato o all’inquisito richiedente, oppure a quel procuratore nominato dall’accusato, dal denunciato o dall’inquisito dopo l’intervento a giustificazione, pena 25 libre di denaro per ognuno e per ciascuna volta, purché tale accusato, denunciato o inquisito, o il suo procuratore o qualsiasi altro per lui non posso opporre alcuna eccezione prima della sua giustificazione o prima della lite contestata, ma tutte le opposizioni siano per il fatto stesso siano riservate nella stessa giustificazione, senza l’intervento di un Giudice. E ciò che è stato detto sopra per i processi dei danni dati, egualmente venga inteso per i processi delle vie, delle strade, dei ponti e delle fontane di questa città.

       5 Rub.46 – I citati che non si presentano nel tempo stabilito.

   Decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno sia stato citato da un Balivo del Comune, personalmente, o nell’abitazione, un giorno per un altro, e non si sia presentato nella scadenza fissata nella citazione, possa essere multato dal Giudice o dai suoi officiali e essere gravato a mettere danari nella cassaforte, come sia sembrato convenire agli stessi officiali o a qualcuno di essi, fino alla somma di 5 soldi o meno, dopo valutata la qualità della persona e del fatto.

       5 Rub.47Gli esili da applicare da parte del signor Capitano e dei suoi Giudici e Officiali dei danni dati.

   Decretiamo ed ordiniamo che il signor Capitano o il suo Giudice o l’officiale sopra i danni dati, chi lo è nel tempo, sopra le vie, i ponti, le fontane, per esercitare il suo officio, possa e debba applicare una penalità per il primo avvertimento di 10 soldi di denaro o meno; per il secondo 20 soldi di denaro, o meno; per il terzo 40 soldi di denaro o meno; purché ognuno di questi avvertimenti sia fatto e debba essere fatto con un intervallo almeno di un giorno, e possa condannare in tal modo colui che disprezza l’avvertimento o il dispregiatore; ed esigere le stesse penalità dai detti o dagli stessi che disprezzano o che abbiano disprezzato gli avvertimenti e farle pervenire in Comune. E contro questi dispregiatori possa procedere con una indagine o in altro modo come a questo Capitano o al Giudice sembrerà conveniente; e i suoi Notai possano ordinare, comandare, o applicare penalità alla metà di dette pene, per esercitare la loro giurisdizione, in assenza del signor Capitano o del Giudice, nel modo e con la forma già dette. Queste metà di tali pene possano essere riscosse liberamente esigendole da questi disprezzatori dei comandi dei detti Notai, o di qualcuno degli stessi, con successo a favore del Comune di Fermo.

       5 Rub.48Gli esiliati della Curia del signor Capitano o del Giudice, da catturare.

   Inoltre decretiamo che sia lecito a chiunque di catturare e costringere un esiliato o gli esiliati della Curia del signor Capitano o del Giudice dei danni dati, o dei suoi officiali e presentarli ai detti signor Capitano o al Giudice o ai suoi officiali. E chiunque abbia presentato tale esiliato o esiliati, come è stato detto, abbia tre soldi per ogni libra della condanna di questo condannato, e ciò venisse e pervenisse in Comune. E il Banchiere del Comune del signor Capitano o del Giudice, a chiunque abbia presentato un esiliato o gli esiliati e i condannati, sia obbligato a pagare, nel modo già detto. E se il detto signor Capitano, o il Giudice non abbia fatto questa esecuzione, siano obbligati a pagare quella somma con il proprio salario.

       5 Rub.49Coloro che di notte sono trovati a far danno dall’Officiale o dai collaboratori del Giudice dei danni dati.

   Decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno sia stato trovato, di notte, dagli officiale o dagli aiutanti del Giudice, a recare danno, personalmente o con animali, in qualche altrui possedimento o in una cosa altrui, e abbia portato armi, per detti danni scoperti a lui, si possa e si debba fare la procedura dal detto signor Giudice o dal Capitano contro lo stesso e lo debba condannare al doppio di quella pena contenuta nello statuto posto nella Rubrica di cui sopra: “che nessuno bifolco possa portare un’arma” e questo sia raddoppiare la pena originale e principale per questo caso. E riguardo al ritrovamento delle armi ci si attenga e venga prestata fede alla relazione dell’officiale o dell’aiutante, o di uno degli stessi, senza alcun’altra prova.

       5 Rub.50Che nessuno porti con animali, o senza, legna, viti, canne, grosse o piccole, ed i danni fatti in recinzioni incustodite.

   Inoltre decretiamo che nessuno della Città di Fermo o del suo distretto o di altro luogo, osi o presuma di portare o di far portare da altrove, in testa, o sulle spalle, con animali o senza, alcuni legnami, le viti, le canne grosse o minute, anziché dai suoi possedimenti, e il trasgressore venga punito, per ciascuna volta con 10 soldi di denaro. E a nessuno inoltre sia lecito portare canne, pali o rami secchi anche dai propri poderi senza il bollettino del Cancelliere con il sigillo del Comune, sotto la pena di un aureo, per ognuno e per ciascuna volta; e chiunque possa accusare e guadagni la quarta parte. E il Giudice o l’officiale dei danni dati sia obbligato e debba investigare e scovare su costoro e condannare i colpevoli e nondimeno i danneggiatori possano essere accusati e denunciati da chiunque. Inoltre decretiamo che chiunque abbia arrecato un danno con buoi o con capre nelle recinzioni incustodite, paghi e sia condannato per ogni bue a 5 soldi di denaro, ed inoltre con altrettanto per ogni capra, e sia prestata fede al giuramento dell’accusatore se abbia detto e abbia giurato che tale danno sia stato fatto.

       5 Rub.51Il Capitano debba inviare uno dei suoi Notai nei Villaggi, nei borghi, e nei paesi e nelle contrade di Fermo per indagare su coloro che fanno danni.

   Decretiamo ed ordiniamo allo scopo che i danni non passino o rimangano impuniti, che il signor Capitano o il Giudice o l’officiale, chi lo sarà nel tempo, sia obbligato e debba, col vincolo del giuramento, e con la penalità di 25 libre di denaro dalla sua paga, per ciascuna volta quando abbia trascurato di praticare le dette cose ed inviare, di continuo di giorno e di notte, uno dei suoi notai e lo stesso Notaio di andare con gli aiutanti degli stessi, o di uno degli stessi, per i quartieri, paesi e le contrade fuori Comune di Fermo da fuori, per ricercare, e investigare o rintracciare coloro che portano danni, personalmente o con animali, nei possedimenti e nei luoghi di altri proibiti dalla forma degli statuti contenuti nel presente volume; e punire quelli trovati i colpevoli alle pene degli statuti inseriti nel presente volume degli statuti; purché tuttavia questo officiale non possa portare via con sé qualche custode delle porte che sta alla custodia delle porte, sotto la pena di 25 libre di denaro per ciascuna volta.

       5 Rub.52Pene da raddoppiarsi per danni fatti di notte.

   Decretiamo ed ordiniamo, affinché i danni arrecati di notte non rimangano impuniti, e poiché per la maggior parte vengono fatti occultamente, che per tutti i singoli danni dati nottetempo o di notte, personalmente o con animali, le pene debbano essere raddoppiate e il signor Capitano e il Giudice o il suo officiale siano obbligati e debbano, in questi danni dati, imporre in ogni tempo una pena doppia e abbia l’obbligo e debba riscuotere con successo, in modo tale che i danni clandestini non restino impuniti.

       5 Rub.53Che il signor Capitano o il Giudice dei danni dati non possa costringere alcuno prima che da lui sia fatta la sentenza di condanna.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che il signor Capitano o il Giudice dei danni dati non possa ne debba costringere qualcuno a pagare o a depositare una certa somma di denaro col pretesto di un qualche processo che venisse fatto dai detti signor Capitano o Giudice di giustizia, in qualche modo o con l’immaginazione di una qualche pena da applicarsi dal Comune di Fermo, se non dopo una sentenza di condanna per essi o per alcuno di essi; salvo nei casi nei quali in mancanza del pagamento di una pena pecuniaria, venisse imposta una pena corporale.

       5 Rub.54Pena per i forestieri che arrecano danno in un possedimento dei Cittadini e degli abitanti nel contado della Città di Fermo.

   Dato che è cosa decorosa e conforme alla ragione che ognuno che abbia fissato un diritto nei confronti di un altro, egli stesso fruisca dello stesso diritto, e spesso capita che le Terre circostanti, che non sono del contado di Fermo, smodatamente puniscono e condannano i Cittadini e gli abitanti del contado che con i loro animali procurano danni nei possedimenti di dette Terre esistenti fuori del contado, come detto, decretiamo ed ordiniamo che ognuno non Cittadino, né del contado che personalmente o con animali arreca un danno nei possedimenti dei Cittadini o degli abitanti del contado o nei possedimenti del Comune,  sostenga quella pena nella Città Fermana e sia condannato con la stessa pena per mezzo del signor Capitano o del Giudice di giustizia e dei danni dati, come sopporterebbero i Cittadini o i comitativi che arrecano danni personalmente o con animali nei possedimenti delle Terre o dei Castelli esistenti nelle Terre fuori dal contado o nei luoghi nei quali venisse fatta la punizione per le dette cose.  E affinché l’officiale dei danni dati sia reso più attendo per scoprire le dette cose, vogliamo che questo officiale per le cose dette sopra contenute in questo statuto, dopo che sono state scoperte da lui, abbia la mezza parte di quella pena che lo stesso officiale abbia fatto pervenire in Comune e che abbia riscosso con successo.

       5 Rub.55Che le condanne non siano cancellate fino a quando non è stato risarcito il signore che ha sofferto il danno.

   Parimenti decretiamo ed ordiniamo che l’officiale dei danni dati o il Banchiere del Comune di Fermo non possa e non debba cancellare o annullare una sentenza né qualche condanna, se prima dal condannato non sia stato risarcito il danno al padrone che ha sofferto il danno, sotto penalità per l’officiale o Banchiere di 10 libre di denaro se abbia trasgredito nelle dette cose.

       5 Rub.56Entro quanto tempo è possibile fare la procedura per i danni dati.

   Stabiliamo ed ordiniamo che per i danni dati personalmente o con animali, in qualunque possedimento, non si possa procedere in alcun modo, in seguito ad una accusa, una denuncia o un’indagine, dopo trascorso un anno dal giorno in cui è stato commesso il danno. E il processo fatto in tal modo, per lo stesso diritto sia nullo per l’autorità del presente statuto.

       5 Rub.57Non si possa, per la cancellazione di sentenze, ricevere alcunché.

   Parimenti decretiamo ed ordiniamo che nessun Notaio, che lo è ora, o che lo sarà nel tempo, all’officio dei danni dati o all’officio della cancellazione delle condanne non possa né debba, per la cancellazione di qualche condanna, prendere una qualche somma di denaro da colui la cui condanna o la sentenza viene cancellata, né da qualche altro per conto di quello, ma sia soddisfatto della sua paga; e se abbia  fatto in maniera diversa, venga punito al tempo del suo sindacato o del suo rendiconto a 10 libre di denaro per ciascuno e per ciascuna volta. E i predetti Notai non possano né debbano cancellare tali condanne dei danni dati, se prima non sia stato risarcito il danno subito, sotto la pena già detta.

       5 Rub.58Il Capitano il Giudice di giustizia non possa sottoporre alcuno alla tortura a causa dei danni dati.

   Decretiamo ed ordiniamo che il signor Capitano, il Giudice di giustizia o qualsiasi altro officiale dei danni dati non possa né debba, per il motivo di qualche danno dato, sottoporre qualcuno alla tortura, né a qualsiasi altro genere di tormenti, senza che sia spinto da un motivo legittimo; né possa trattenere qualcuno a causa di un testimonio circa il danno dato, o per un altro motivo, se non per un solo giorno, se la condanna o la pena ascendesse alla somma di 100 soldi di denari o meno. E se la condanna o la pena ascendesse ad una somma sopra di 100 denari fino a 25 libre di denaro, allora lo possa trattenere per due giorni. E se scendesse sopra detta somma di 25 libre di denaro <=125 libre> lo possa trattenere a suo arbitrio, più o meno, dopo aver considerato la qualità del misfatto e la condizione dei testimoni. E se abbia fatto in maniera diversa, venga punito a 25 libre di denaro. Inoltra non possa incatenare alcuno, né porlo alle catene a causa di un danno dato, o per altro motivo, ma soltanto punire alle pene contenute in questo statuto, sotto la detta pena; a meno che sia per più gravi danni dati, di giorno o di notte, o per la falsità dei testimoni. E in questi casi a lui sia consentito incatenare o porre alle catene come a lui sembrerà convenire. E per i danni più gravi, sia affidato all’arbitrio di costoro Capitano e Giudice.

       5 Rub.59La parte da dare all’Officiale dei danni dati.

   Decretiamo ed ordiniamo che il Capitano o il Giudice di giustizia e dei danni dati abbia e debba avere da tutti i singoli ritrovamenti fatti tramite da loro stessi o da ciascuno di loro, o degli stessi officiali, la quarta parte di quella pena che abbiano fatto pervenire al Comune. Questo statuto non rivendichi per sé vigore nei confronti degli officiali dei Castelli del contado di Fermo; e vogliamo che in nessun modo possono avere alcun che né la quarta parte questi officiali per i ritrovamenti fatti per loro mezzo. Inoltre aggiungendo vogliamo che lo statuto che concede all’officiale dei danni dati una parte dei ritrovamenti fatti da lui, sia inteso che abbia valore quando l’officiale trovasse coloro che fanno danni con animali, o senza, oppure fanno un passaggio o una scorciatoia in flagrante danno o passaggio e in maniera diversa questo statuto non rivendichi per sé alcun vigore. L’officiale del Comune di Fermo che può investigare circa gli ornamenti delle signore, abbia la quarta parte di quella pena che abbia fatto pervenire al Comune a causa degli ornamenti, o di coloro che portano ornamenti o vestiti contro la forma dei nostri statuti, se abbia trovato in fragranza di reato le donne che li portano, altrimenti no. Abbia tuttavia questo officiale la quarta parte di quello che abbia fatto pervenire a Comune, se abbia trovato qualcuno mentre agiva contro la forma dei nostri statuti che parlano del lutto per i morti, o dei banchetti, o dei doni, sia che li abbia trovate in flagrante reato, sia che no, purché per suo dovere e non per una denuncia o per un’accusa di qualcuno, il quale abbi trovato il delinquente e chi non rispetta i detti statuti.

       5 Rub.60Per i danni dati non possa essere concessa la grazia.

   Poiché di giorno in giorno vengono fatti innumerevoli danni, e con la speranza di ottenere la grazia nella Cernita crescono ogni giorno; pertanto, con l’autorità della presente legge, decretiamo che i signori Priori, che lo saranno nel tempo, in nessun modo possano accettare le suppliche dei danni dati, né debbano neppure proporle nelle Cernite e nei Consigli, né farle leggere dal Cancelliere, o da qualunque altro, sotto la pena di 25 libre di denaro per questi signori Priori, per ognuno degli stessi e similmente per il Cancelliere se così accettasse le dette suppliche, e le leggesse nelle Cernite o nei Consigli.

       5 Rub.61I custodi delle porte siano obbligati di andare con l’officiale dei danni dati.

   I custodi delle porte vadano e siano obbligati di andare, di giorno o di notte, ad accompagnare gli officiali dei danni dati, allo scopo che i reperimenti non siano trattenuti, ostacolati, o falsati e i signori Priori ed i Regolatori li possano condurre con loro, con una paga di 50 bolognini, per ogni mese e per ogni custode o portinaio, e quelli abbiano i registri di minute ove facciano scrivere i reperimenti di questi danni dati.

       5 Rub.62Pene per coloro che prendono i colombi nelle colombaie.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessuno presuma di tentare, o preparare o inserire qualche atto astuto, artificio, o ingegnosità con cui possa catturare qualche colombo nella colombaia; il trasgressore venga punito con 25 scuti per ciascuna volta. Se in realtà con questo atto astuto, con un artificio, o con ingegnosità abbia preso colombi, uno o più, incorra nella pena di 40 scuti. Se in realtà, qualcuno abbia preso qualche colombo o colombe, con la balestra, con l’arco, con un archibugio, o in qualunque altro modo, venga punito con la medesima pena per ogni colombo e per ciascuna volta. Se contro detti piccioni abbia tirato con una balestra, un arco, una cerbottana, con l’archibugio o con le mani o con qualsiasi altro attrezzo, in ogni luogo, anche se non abbia colpito, incorra nella stessa pena per ciascuna volta. E nei predetti casi a chiunque sia consentito accusare con un testimonio, e l’accusatore sia tenuto segreto, e costui guadagni la quarta parte della pena; e similmente l’officiale che fa l’esecuzione abbia la quarta parte di questa pena; il residuo poi pervenga al Comune, sul fatto, senza alcun indugio. Sia tuttavia consentito a tutti i singoli di catturare colombi selvatici o farli catturare nelle strade o nelle selve della Città di Fermo e anche del contado, e ivi preparare o far preparare e adattare le astuzie, gli artifici, o le ingegnosità, ottenendo prima il permesso dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia di questa Città riguardo agli strumenti e alle cose da usare nelle dette strade e nelle selve della Città e dei Castelli del contado, che non hanno i vicari o il Podestà; nelle strade e nelle selve dei Castelli del contado che hanno il Podestà o i Rettori, dopo avuto ed ottenuto il permesso da costoro, Podestà e Vicario o da uno di essi. E i trasgressori che non hanno ottenuto questo permesso debbano essere puniti con le pene predette. E affinché si abbia una abbondanza e una fecondità di piccioni nella Città di Fermo, vogliamo che tutti e singoli coloro che fanno o che fanno fare qualche piccionaia adatta a tenere colombi, nel territorio della Città di Fermo fuori dalla Porta di detta Città, abbia e debba avere dal Comune di Fermo 25 libre di denaro dai beni di questo Comune.

       5 Rub.63Pena per coloro che prendono o uccidono i pesci nella fontana o nella pescheria.

   Decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno abbia prosciugato in tutto o in parte una fontana o una qualche piscina dove ci saranno pesci e in queste abbia gettato alcune cose nocive ai pesci con lo scopo di ucciderli o di prenderli, incorra nella pena di 100 scuti e di tre colpi di fune. Se in realtà in esse abbia immesso o gettato reti, o nasse o ami o qualsiasi altro arnese o artificio con i quali potessero prendere i pesci, incorra nella pena di 50 scuti. E queste pene, sul fatto e senza alcun processo siano riscosse, e assegnate al Comune di Fermo. E nondimeno il malfattore già detto sia obbligato al doppio a favore del padrone di detta fonte o piscina per il danno dato in questa fonte, nella piscina ed ai pesci. E riguardo a tutte le dette cose, e per ciascuna delle dette si abbia e sia considerato e sia legittimo l’accusatore e denunciatore, e sia tenuto segreto, e guadagni la quarta parte della pena, e l’altra quarta parte sia e debba essere dell’officiale che fa l’esecuzione di essa; si presti fede alla parola dell’accusatore con la parola di un testimonio con giuramento.

       5 Rub.64Pena per coloro che catturano o distruggono uno sciame di api.

   Decretiamo vogliamo che se qualcuno catturasse uno sciame di api, che stesse chiuso in qualche cavità o in un albero, o lo danneggiasse, o da quello estraesse miele, contro la volontà del padrone della cavità o dell’albero, incorra nella pena di 100 libre di denaro e nondimeno sia obbligato a risarcire al doppio il danno a colui che ha sopportato il danno nelle dette cose. E qualora non abbia pagato la pena entro 10 giorni, dal giorno in cui sia stato condannato, sia frustato nei luoghi pubblici e consueti della Città, come un furfante o un ladrone. E a costui giovi il beneficio della confessione e della pace solamente in ciò.

       5 Rub.65Nei casi in cui sia ammesso l’accusatore, negli stessi sia ammesso il denunciatore.

   Decretiamo ed ordiniamo che in qualsivoglia caso nel quale viene ammesso un accusatore per accusare dinanzi al Giudice per i danni dati, sia ammesso un denunciatore che in qualsiasi modo faccia una denuncia; e quel guadagno che l’accusatore consegue per qualche accusa, venga ottenuta dal denunciatore per qualunque denuncia fatta; nonostante alcuni statuti o ordinamenti che parlino al contrario. E il presente statuto sia rigoroso e costituisca una deroga.

       5 Rub.66I Sindaci dei Castelli e delle Ville della Città di Fermo, ai quali spetta, debbano prendere la copia di tutti i detti statuti contenuti nel presente volume.

   Decretiamo ed ordiniamo che tutti i Sindaci dei Castelli e delle Ville del distretto di Fermo, ai quali compete, siano obbligati e debbano prendere e far prendere la copia di questi statuti, contenuti nel presente volume, e degli ordinamenti dei danni dati e farli leggere nei loro Castelli e nelle Ville, cioè nel Parlamento pubblico; a questo scopo, affinché nessuno procuri o faccia procurare un danno personalmente o con animali nelle terre di altri, o nei possedimenti, col pretesto di qualche ignoranza dei detti <statuti>. I Sindaci siano obbligati a ricevere questa copia dei detti statuti, e debbano, entro il mese prossimo successivo, da calcolarsi dal giorno della pubblicazione dei presenti, sotto pena di 100 soldi di denaro per ogni Sindaco, e per ciascuna volta quando abbia trasgredito nelle dette cose.

                                                    INCOMINCIANO LE COSE STRAORDINARIE

       5 Rub.67I giorni festivi da celebrare nella Città e nel distretto di Fermo.

   A lode e riverenza dell’onnipotente Dio e della Beata Vergine Maria, e di tutti i Santi, affinché con le loro intercessione il Comune di Fermo sia governato in un buono, prospero e felice stato popolare, decretiamo che nessun cittadino o abitante di Fermo, o del suo distretto, faccia qualche attività servile o un lavoriero in queste festività: cioè della Natività del Signore nostro Gesù Cristo, di santo Stefano protomartire, San Giovanni Evangelista, Epifania del Signore, giorno del Venerdì Santo, giorno della Pasqua di resurrezione con due giorni seguenti, giorno della festa del Santissimo Corpo del Signore Gesù Cristo, giorno dell’Ascensione del Signore, tutte le festività della beata Maria Vergine, sotto il cui nome glorioso proclamato la Città Fermana sia governata, <nelle festività> di tutti i beati Apostoli, beato Lorenzo martire, beato Savino, il corpo del quale riposa in questa città, santa Croce, beato Giovanni Battista, san Michele Arcangelo, beato Nicola, beato Francesco, beato Domenico confessore, beato Agostino, beato Martino, san Zenone, san Gregorio Papa, san Vigo, beata Caterina vergine, nei giorni di tutte le Domeniche: in questi giorni di Domenica inoltre nessuno Notaio possa fare un contratto né alcuna scrittura pertinente all’ufficio notarile, sotto la pena di 100 soldi da esigersi sul fatto da ogni trasgressore e per ciascuna volta, tanto dal Notaio, quanto dai contraenti. E nondimeno i detti contratti e le scritture siano inefficaci o di nessuna validità. Salvo per i testamenti, per i matrimoni, per le riappacificazioni, le fideiussioni sul non offendere, i codicilli, o per qualsiasi altra ultima volontà, in cui sia consentito ai notai il rogito o redigere senza pena queste scritture. E a chiunque sia consentito di accusare i Notai, o coloro che fanno contratti non osservando le dette cose, e l’accusatore sia tenuto segreto e abbia la terza parte della pena. Ci si astenga da ogni attività servile, siano custoditi, siano venerati i giorni di S. Lucia vergine, della festività della basilica del Santo Salvatore in modo speciale. Nel giorno secondo di giugno nel quale fu estirpato il crudelissimo tiranno e il dragone Rinaldo da Monteverde con i suoi figli e seguaci, e nello stesso giorno i negozi non siano aperti in alcun modo o per una ingegnosità se i signori Priori e il Gonfaloniere di giustizia della Città ritengono opportuno che detto giorno sia solennizzato. E sopra queste cose, e circa tutte le dette cose il Notaio del signor Capitano, o del Giudice di giustizia, in tutti i giorni di Domenica debbano investigare per le piazze e le porte di Fermo e se abbia trovato qualcuno colpevole o che in altro modo ne abbiano conoscenza, puniscano o condannino a 10 soldi di denari sul fatto stesso, e si presti fede alla relazione dello stesso Notaio quando abbia riferito di aver trovato qualcuno e di aver trasgredito sulle dette cose. Si fa salvo che sia consentito a chiunque che vuole portare frutti, erbe, paglie, o di tirar fuori le granaglie dalle fosse con gli uomini e con gli animali i cereali, e per il motivo di mangiare e di bere acqua, e di portare la farina dai mulini: sia consentito a chiunque. E salvo che capitasse qualche necessità a qualcuno, o volesse diminuire il proprio sangue. E si fa salvo che per la furia del tempo, della pioggia, o della piena del fiume, sia consentito a chi abbia qualche cereale nell’aia, o il lino nel fiume, o la paglia nel campo, o qualcosa di simile a causa di detta furia o dei danni della pioggia, o a motivo di evitare la piena che trabocca; e chi abbia trasgredito venga punito, come è stato detto e inoltre sia condannato per ciascuna volta. E il signor Capitano il Giudice di giustizia sia obbligato e debba farlo scrivere questo statuto ed ogni sua parte nelle lettere da scrivere, da spedire da parte sua in tutti i Castelli e nelle Ville del distretto di Fermo, all’inizio del suo governo affinché pratichino questo capitolo scrupolosamente e lo facciano praticare inviolabilmente. E qualora questo signor Capitano o il Giudice di giustizia siano stati negligenti, perdano dal loro salario 50 libre di denaro. E parimenti i magazzinieri o i negozianti nei detti giorni possano impunemente vendere e dare a coloro che lo vogliono il pepe e tutte le cose commestibili; ed inoltre a tutti sia consentito portare a tutti l’olio e altri frutti commestibili per gli uomini, portandoli con i loro animali con il basto, o a salme e vendere impunemente le dette cose nelle piazze o in altri luoghi della città. Tuttavia qualche rivenditore non possa acquistare i detti frutti o olio, né farli acquistare da qualcuno con lo scopo di rivenderli, sotto l’impulso di un particolare pretesto, sotto la pena di 20 soldi per ognuno e per ciascuna volta da riscuotere sul fatto ad opera dell’officiale, il quale sia venuto a sapere per la sua scoperta o per qualche denuncia o per un’accusa. I barbieri possano agire e vedere nei negozi, a causa della necessità di diminuire il sangue <salasso> o per altre cose di tale natura per gli ammalati, soltanto all’interno della porta del negozio; purché queste eccezioni non abbiano validità né rivendichino per sé validità nei giorni domenicali, nei giorni della Natività del Signore, nella Pasqua di resurrezione, e a Pentecoste, o nei giorni festivi della beata Maria Vergine, ma siano preservati da ogni lavoro o occupazione e siano venerati. E non possa alcuno nei giorni di domenica, o pasquali, o nelle festività della beata Maria Vergine, mettere la sella o il basto ad un somaro né portare qualche ‘salma’ <carico> con animali, a meno che non sia per portare il corredo della moglie, che va dal marito. Contro ogni trasgressore la pena di 20 soldi di denaro senza alcuna remissione per ciascuna volta e per ogni trasgressore tanto Cittadino quanto forestiero. Vogliamo inoltre che se qualcuna delle dette festività capitasse nel giorno di sabato nel quale viene fatto il mercato di questa Città, allora si possano tenere i negozi aperti e questi negozianti e tutte le persone possano vendere impunemente qualsiasi ed ogni cosa, purché in detti negozi non venga fatto alcun lavoro manuale, se non la sola vendita delle cose e il loro acquisto, come è consuetudine nei giorni di mercato. Aggiungiamo alle dette cose che sia lecito a tutti coloro che vogliono andare per qualche indulgenza e poi ritornare possano impunemente condurre le bestie con il basto e con le ‘salme’ <carichi>.  E sia lecito ai tintori dei panni di lana, quando avessero il tino preparato per tingere e i panni nei tiratoi per essere tirati <allargati> e per toglierli dai detti tiratoi. Sia lecito, infine, fare tutte quelle cose che non facendole producessero qualche danno alla loro attività lavorativa. E similmente sia consentito a coloro che vogliono fuggire a causa della peste, di andare impunemente, e portare gli animali con il basto e con le some; ed egualmente ai mulattieri o agli altri forestieri che vengono da luoghi distanti della Città di Fermo per 40 miglia; e similmente ai mugnai e a coloro che vengono da luoghi che distano quaranta miglia dalla Città di Fermo, anche per quelli che vengono per le fiere, e sia lecito a coloro che fanno lavori, e ai loro servitori di mettere i basti per trasportare il vitto, cioè pane, vino e cose simili per i propri coloni e agricoltori, e sia lecito fare impunemente tutte le cose necessarie a vantaggio degli infermi e malati. Ciò nonostante alcuna cosa in contrasto. E i signori Priori non possano in alcun modo concedere il permesso nelle e sulle cose proibite sopra.

       5 Rub.68Libertà per coloro che vengono in piazza, sia al mercato.

   Nessuno che viene al mercato o alla fiera nella Città di Fermo, sia Cittadino sia abitante del contado o forestiero, possa essere preso o trattenuto, in qualsiasi modo, per debiti civili né per pagamenti dei cavalli, né per debiti civili delle loro Comunità.

       5 Rub.69Pena per coloro che esportano cibarie dalla Città e Distretto.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessuna persona osi né presuma di portare o far portare, grano, orzo, spelta, fave, ceci, carni vive o morte, fresche o salate, né alcun altro genere di cibarie, attraverso il mare o la terra, dalla Città o dal distretto di Fermo, con o senza un animale, allo scopo di esportarli dal distretto della Città di Fermo. E chi abbia trasgredito sia punito senza alcuna remissione a 100 libre di denaro, e nondimeno per il fatto stesso perda gli animali e le cibarie che abbia portato. Tre parti delle cose sequestrate, trovate o denunciate da qualcuno, se sarà provato, siano per il Comune e l’altra parte per il denunciatore o per lo scopritore o per chi sequestra, anche se lo scopritore sia stato un officiale del Comune. E chi porta, o fa portare in tale maniera, si intenda con lo scopo di esportare, anche quando sia stato trovato in cammino vicino o verso i termini o i confini del distretto di Fermo, purché non vada ad un mulino del distretto; e si intenda che ha l’intenzione di esportare chi andasse verso un mulino e superasse i confini del molino o chi non andasse per la giusta via verso un mulino. E si intenda che esporta, chi sia stato trovato condurre o portare qualche genere di cibarie entro i confini del distretto del contado di Fermo vicino agli stessi confini per un quarto miglio. È in ciascuno dei detti casi, il Podestà e il Capitano abbiano arbitrio di punire e condannare quelli trovati colpevoli, dopo aver esaminata la qualità del reato e delle persone, ad una pena minore o maggiore, sul fatto, in modo sommario, come a lui sembrerà convenire o piacerà. Salvo che se qualcuno portasse queste cibarie verso i Castelli del contado di Fermo dalla stessa Città o da un Castello ad un altro Castello per il motivo di suo proprio uso, con una ricevuta fatta dagli addetti alla ‘Grascia’ <vitto> del Comune di Fermo, non sia sottoposto minimamente ad una alcuna pena. Inoltre a nessuno sia lecito vendere il grano, l’orzo, o la spelta, né alcun altro genere di cibarie a qualche forestiero non sottomesso alla giurisdizione del Comune di Fermo, senza un esplicito permesso dei signori Priori della Città di Fermo, o anche dei ‘Grascieri’ di questa Città per il motivo di esportare fuori dal contado di Fermo o dal suo distretto, sotto pena di 100 libre di denaro, e <a penalità> maggiore o minore, ad arbitrio di questo Podestà o del Capitano che avesse conoscenza di queste cose. Aggiungendo diciamo che nessuno possa esportare dalla Città e dal contado e suo distretto, come sopra, né possa trasportare, condurre ad un altro mercato; o far portare formaggio, uova, polli, capretti, agnelli, maialini e tutti i volatili, e i legumi e tutti gli altri frutti commestibili per le persone umane, sotto le dette pene, come avessero esportato cibarie. Eccetto tuttavia che tutte queste cose possono essere esportate, senza penalità, per via mare, e alle fiere fuori distretto. Inoltre aggiungiamo che nessuno, di qualunque condizione sia, osi o presuma di poter esportare o di far esportare dalla Città, dal contado o dalle Terre riassegnate a questa Città, alcun genere di frumento o di altri cereali, allo scopo di portarli fuori dal territorio e dal controllo di forza della Città di Fermo, senza il permesso e il bollettino dei signori Priori e del Vessillifero di giustizia e del Podestà e per mano di uno dei Cancellieri di questa Città, e dopo che precedentemente abbia avuto una delibera solenne della Cernita, sotto la pena espressa e dichiarata negli statuti della Città di Fermo, nonostante qualsiasi ordinamento e delibera che applichino una pena minore; e di tale pena la quarta parte sia e debba essere per il Rettore o per l’officiale che ha comminato la pena, un’altra quarta parte sia per il denunciatore o accusatore; le due restanti parti pervengano al Comune di Fermo. E a chiunque sia lecito di accusare o di denunciare i frodatori e costui sia tenuto segreto. A questo denunciatore o accusatore sia prestata fede, dopo esaminata la qualità e la condizione della persona del detto denunciatore o accusatore. Se in realtà l’officiale della Città, o del contado, o delle Terre riportate alla sottomissione trovasse qualcuno che froda un incapace, e che esporta, come detto sopra, in fragrante reato, abbia e guadagni mezza parte della detta pena. E se chi commette una frode non abbia pagato la pena entro 10 giorni dal giorno della confessione, o dopo sia stato comprovato, sia frustato nudo attraverso la Città Fermana e i luoghi pubblici della Città; e nondimeno sia obbligato a pagare la penalità e per la pena già detta sia stata messo nelle carceri. Se in realtà un inserviente di qualcuno sarà stato trovato a fare una frode al detto incapace, o sarà stato denunciato o comprovato, come sopra, se questo inserviente si sia potuto catturare, immediatamente, sia frustato come sopra, e il padrone sia obbligato a pagare la detta pena pecuniaria con denaro suo proprio. E nelle dette cose gli officiali possano fare la procedura contro costoro con metodo di investigazione d’ufficio, di una denuncia o accusa, e punire e condannare i colpevoli scoperti sul fatto, in modo sommario, semplice, e calmo, omettendo ogni formalità, e solennità dei processi, soltanto dopo aver trovato la verità del fatto. In realtà l’officiale che fa l’indagine per competenza di ufficio debba avere la quarta parte della pena che abbia fatto pervenire al Comune, e tre parti vengano al Comune. E nessuno dai Castelli del contado e dalle Terre riassegnate possa andare ai mulini per macinare il frumento o altro cereale, senza la bolla del detto officiale; e se abbia trasgredito deve perdere l’asino e la salma <carico>, o un altro animale sopra cui abbia trasportato; e oltre a ciò sia obbligato a pagare a titolo di pena 10 libre di denaro. L’officiale delle Terre, o dei Castelli, dopo il ritorno dal molino debba riprendere e riportare il detto bollettino e trattenerlo presso di sé. Inoltre a nessuno sia lecito portare alcun genere di cereali da un Castello ad un altro senza il bollettino dei signori Priori, come sopra, e scritto e sottoscritto come sopra, sotto la già detta pena degli statuti contro coloro che fanno esportazioni fuori dal territorio di Fermo. E in questo caso non sia richiesta una delibera della Cernita, come sopra; e l’officiale abbia la parte in tutti i casi già detti, come sopra. Se in verità fosse vacante l’officio del Podestà o del Capitano del popolo, sia sufficiente il bollettino di quell’officiale che sarà in Città, con una bolla dei signori Priori e del Vessillifero di giustizia, come sopra. E queste cose rivendichino per sé valore per le cose passate, presenti e future e soprattutto per quelle compiute da sei mesi in qua. E i signori Priori e il Vessillifero di giustizia, quelli che lo sono ora, o <quelli> che lo saranno nel tempo, non possano trasgredire tali cose, né condonare in tutto o in parte le pene, né fare proposte nelle Cernita o nei Consigli affinché le dette pene siano condonate in tutto o in parte, né alcuno possa dare consiglio, né fare un’arringa, né il Cancelliere possa scrivere, sotto pena di 50 ducati d’oro per ogni trasgressore e per ciascuna volta. Inoltre vogliamo che i signori Priori, quelli che lo sono ora o <quelli> che lo saranno nel tempo, in ogni singolo anno debbano eleggere 10 Cittadini con pieno arbitrio; e questi eletti abbiano il potere, l’autorità, e il potere di far condurre grano o altre cibarie nella Città dai Castelli del contado, o da altri luoghi, come a loro sembrerà opportuno e piacerà stabilire nella vendita del frumento o dei cereali, e comandare ai Castelli affinché portino nella nostra Città e di fare tutte le cose, e di imporre pene come e secondo tutto il consiglio della Città Fermana. E gli officiali della Città siano obbligati a praticare gli ordini impartiti da questi stessi, e a riscuotere le pene, sotto la penalità di 100 libre di denaro da prelevare a questi nel tempo del sindacato, a ciascuno e per qualsiasi volta quando da essi o da qualcuno di essi sia stata fatta una trasgressione.

       5 Rub.70I pedaggi che non vanno riscossi.

   Inoltre nessun <Cittadino> privato, Castello, o Comunità del distretto di Fermo osi riscuotere qualche dogana, pedaggio o dazio da alcuni che transitano in qualunque luogo, e specialmente attraversando la riviera del mare, dal Tronto fino al Porto di San Giorgio; e se qualcuno abbia trasgredito, ad arbitrio del Capitano, venga punito come furfante e ladrone, a meno che non abbia avuto una commissione dal Comune di Fermo.

       5 Rub.71Nessuno da un Castello della riviera vada ad abitare altrove.

   Inoltre decretiamo che nessun che è abitante di Fermo, ora o in futuro, e verrà ad abitare nei Castelli della riviera, cioè al Porto di San Giorgio, o nel Castello di Torre di Palme, di Boccabianca, di Sant’Andrea di Grottammare e di San Benedetto, osi o presuma di andare ad abitare da una ad un altro castello; e se qualcuno abbia trasgredito, per qualsiasi volta sia punito a 25 libre di denaro; e tale Castello che accoglie tale uomo sia condannato a 50 libre di denaro: e nondimeno il tale sia costretto a tornare alla abitazione di prima; salvo che presso il detto Castello di San Benedetto sia lecito andare ad abitare a chi vuole, da qualsiasi luogo. E il Capitano abbia l’obbligo di notificare le dette cose ai detti Castelli, affinché osservino tutte le cose che contenute in questo capitolo. E chiunque sarà andato ad abitare presso il detto Castello di San Benedetto abbia la franchigia di non pagare il dazio fino a 10 anni e quelli saranno per venire siano considerati Cittadini <Fermani>.

       5 Rub.72Divieto del sale.

   Se qualcuno sia stato di tanta temerità che nella Città o nel contado di Fermo, senza il permesso del consiglio di questa Città, abbia recato, ovvero importato, o abbia fatto recare o importare da qualunque Terra, da qualunque luogo, da fuori del distretto di Fermo, una qualche quantità di sale, piccola, o modica, o grande, in qualunque modo, o, consapevolmente, abbia sia stato ricettore di quello così portato, o abbia fatto prendere dai ricettatori o abbia fatto comprare il sale o ne abbia fatto uso per sé, o per la sua famiglia, o lo abbia fatto usare, o per un qualche nome, modo, ragione, o aspetto, o causa l’abbia preso o ricevuto o l’abbia fatto prendere, o l’abbia fatto prendere , se non soltanto quello o da quello che viene venduto nella Città di Fermo o ad opera dello stesso Comune di questa Città, pubblicamente, o palesemente, di qualunque condizione sia tale temerario, sia punito con 50 libre di denaro o di più ad arbitrio del Rettore della Città di Fermo, in maniera reale e personale, sul fatto e senza alcun processo, per mezzo del Capitano o del Rettore, e il sale con gli animali e con le cose con cui il detto sale fosse recato in contrasto con il divieto del siffatto statuto, si intenda, per ciò stesso confiscato. E sulle dette cose si possa fare indagine e investigare ad opera di qualunque Rettore della Città di Fermo; e inoltre ognuno sia considerato come legittimo accusatore e denunciatore, e sia tenuto segreto sulle dette cose. E chi fosse trovato a importare il detto sale, possa essere preso da chiunque insieme con gli animali addetti al trasporto, e sia condotto al Rettore della Città di Fermo. E alle condanne fatte su tali cose non si possa porre appello, né querela, né ricorso o parlare, obiettare di nullità, né fare opposizione. E il Rettore, o qualche officiale fra costoro che abbiano fatto o sentenziato, in occasione delle dette cose, o di qualcuna fra esse, non possa in qualsiasi maniera essere sindacato sindacare, se non soltanto per un furto o un baratto commessi nelle dette cose, o in qualcuna di esse. E sulle condanne che avvenissero e sulle penalità che fossero pagate per le dette cose, o a occasione di esse, ogni denunciatore, relatore o scopritore abbia la quarta parte. I Rettori, in realtà, o gli officiali che abbiano scoperto anche personalmente le cose già dette, i trasgressori sulle dette cose o su qualcosa di esse, abbiano la quarta parte di quello che abbiano fatto giungere al Comune, e le restanti tre parti rimangano al Comune. Tanto gli scopritori, i relatori e i denunciatori, quanto pure i Rettori e gli officiali debbano avere questa quarta parte delle penalità <multe> che abbiano fatto pervenire in Comune, per i loro personali i ritrovamenti.

       5 Rub.73Vesti ed ornamenti delle donne.

   Come la vite che si allarga troppo in ogni parte deve essere confinata <potata> con il falcetto dell’esperto agricoltore, affinché si avanzi nel fruttare, così la vanità delle mogli, e il lusso, i quali non hanno moderazione nelle vesti, nell’oro e negli ornamenti, sono da reprimere con inviolabilissime leggi, in modo che le donne mantengano l’onorabilità e non riducano i mariti in miseria. Pertanto con questa perpetua legge facciamo una sanzione a che, in futuro, nessuna donna possa né debba esser vestito, né vestirsi con vesti di velluto, di broccato aureo o argenteo, né di seta; ma possano portare nelle maniche dei vestiti, soltanto, le due braccia al massimo tra i detti <vestiti> di velluto, broccato, o seta, ed altre due braccia in altri ornamenti, oltre alle maniche, e non oltre, sotto la pena di 10 ducati d’oro per qualsivoglia moglie e per ciascuna volta dalle doti delle mogli che li portano <nelle vesti>. E sul fatto, i mariti delle stesse possano essere costretti e vincolati a pagare questa pena. E gli officiali scopritori e gli esecutori con successo, abbiano una quarta parte delle dette penalità, e abbiano una quarta parte gli accusatori i quali debbono essere tenuti segreti; in queste accuse anche gli officiali esecutori abbiano una quarta parte, e in realtà il residuo di questa penalità sia del Comune di Fermo.

       5 Rub.74 I donativi.

   Dato il fatto che interessa alla Repubbliche avere Cittadini e abitanti facoltosi, decretiamo ed ordiniamo che nessuna persona della Città di Fermo o del contado osi, o presuma ad opera sua, o tramite altri con una schiera cercata, donare o far donare borse di seta, o di qualsiasi altro genere, o donare il denaro, o la cintura d’oro, o d’argento, il <tessuto> filato, le perle, o alcune altre cose, o qualche offerta di alcune cose, eccettuati i frutti, o i pomi <mele, pere> degli alberi, neppure ornamenti di qualsivoglia altro genere alla moglie sposata o a suo marito, o a qualcuno che li riceve a nome direttamente di questi stessi, o a nome di chiunque altro, o indirettamente o per qualche altra schiera richiesta per quel giorno nel quale il marito porta la moglie a abitazione sua, o qualcuno alla abitazione della moglie; o in un altro giorno nel quale le dette cose venissero fatte da costoro che ricevono i detti onori o qualcuno di questi stessi, o prima o dopo l’occasione già detta, sotto la pena di 5 libre di denaro, e ogni trasgressore debba essere condannato a questa pena, sia colui che fa il dono sia colui che lo riceve. E il Podestà e ogni altro officiale del Comune di Fermo, cioè chi per primo sia arrivato alla procedura per inquisire, sia obbligato e debba fare indagini contro i delinquenti, per <dovere> d’officio di questi stessi o di chiunque degli stessi, sia per una denuncia, e in seguito a denunce di qualunque informatore, e punire, e condannare quelli scoperti colpevoli, ed eseguire con successo le pene contro di questi. E il trasgressore nelle dette cose possa essere accusato e denunciato da chiunque e l’accusatore o il denunciatore abbia la quarta parte della penalità. E immediatamente, quando questa pena sia stata inflitta, i predetti officiali, o uno di questi stessi sia obbligato ad esigere questa pena sul fatto, senza chiasso, né parvenza di sentenza, neppure condanna alcuna, senza che nessun trasgressore e delinquente nelle dette cose goda del beneficio della pace

       5 Rub.75Il modo e il comportamento da praticare per le condoglianze dei morti.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessuna moglie debba uscire fuori da una abitazione, o stare o sostare avanti o vicino ad una abitazione, nella quale sia stato un corpo umano morto, o dalla quale il detto corpo debba essere portato via per la sepoltura, o nella quale in qualunque modo si faccia il lutto, non esclamando, o facendo qualche segno di tristezza battendo le mani, o tenendo la testa scoperta a causa del lutto; né alcuna moglie debba vestirsi di panni vedovili, o di vesti fuori dalla detta abitazione, né comparire altrove fuori da questa abitazione, al cospetto delle genti in tempo di lutto; ma per opera di donne debba vestirsi dentro la detta abitazione, e non da uomini, sotto la pena di 5 libre di denaro per ciascuna e per qualsiasi volta. E nessuna moglie, per il motivo di fare lutto, debba entrare dietro al cadavere nella Chiesa ove sarà da seppellire il corpo, oppure per tale motivo <andare> in altro luogo, o per altro motivo di lutto, sotto la detta pena. E dopo che il corpo sia stato portato a seppellire, o quando sia capitato che qualcuno muoia fuori Città, e sia sepolto, dopo fatti il lutto o la tristezza, nell’abitazione, nessuna donna presuma di tornare poi all’abitazione del lutto, per il motivo di compiangere quel corpo con l’occasione della tristezza, fatta eccezione per le mogli appartenenti a un grado di consanguineità o di affinità fino al terzo grado da calcolarsi secondo il diritto canonico; fatta eccezione anche per le donne vicine e prossime all’intorno per cinque abitazioni circa. E, in realtà, se qualcuna poi abbia fatto il contrario in qualcuna di quanto detto sopra o in seguito, venga punita con 100 soldi di denari, e al pagamento di tale pena possa essere costretto il marito per la moglie. E il marito, o il suo erede possa prelevarlo dalla dote di sua moglie nel tempo del matrimonio sciolto o dalla dote da restituire; e nondimeno se la donna sia uscita fuori dall’abitazione, o sia ritornata nella abitazione in contrasto alla forma di questo statuto, venga punita a 5 libre di denaro per qualsiasi volta. Fatto salvo e riservato che non siano punite con penalità quando qualche Religioso o Religiosa in qualche Monastero della Città morisse, le donne possono accedere a questo Monastero a motivo del lutto: purché nell’andare, nel sostare e nel tornare procedano con decoro e in silenzio e con un mantello. E nessun uomo, a motivo del fare lutto, entri nella detta casa, nel tempo del lutto, nella quale lo si facesse, sotto la detta pena. Fatto salvo che otto uomini, al massimo, possano entrare allora nella detta abitazione per portare a seppellire il corpo o per portare il corpo fuori da tale abitazione. Sopra queste cose il Podestà e il Giudice anzidetti abbiano potere di indagare e di fare la procedura e di punire; e siano obbligati a indagare con omettere ogni solennità e ordine della legge, sotto la penalità di 25 libre di denaro da pagarsi con il loro salario. Inoltre che nessun uomo o donna in occasione di un lutto o di qualche tristezza possa né debba vestirsi di nero, o di un altro colore, o con una veste che indichi tristezza, neppure lacerare i vestiti in qualche parte, né portare vesti lacerate o scucite, sotto la pena di 5 libre di denaro per ciascuno. Fatto salvo, secondo la consuetudine osservata fino a questo momento, che la moglie per il marito, il figlio o la figlia per il padre, il fratello per la sorella carnale e viceversa e il nipote carnale di qualunque sesso, e gli zii paterni, gli zii egli zii materni per i nipoti, possano portare panni e vesti di qualsiasi qualità anche indicanti tristezza, lacerate o scucite. E questa moglie, fino ad un anno da computarsi dalla morte di suo marito, possa portare una veste lacerata. In realtà le altre persone e gli anzidetti consanguinei eccettuati, come detto sopra, fino ad un mese soltanto non oltre, e dopo trascorse le dette scadenze possano portare tali vesti intessute e cucite fino ad un anno soltanto. Né qualcuno o qualcuna possa, né debba mandare alcun dono, né farlo mandare presso la abitazione dalla quale sia stato portato fuori un cadavere, o nella quale il lutto o la tristezza siano stati del giorno della morte, della tristezza ossia di lutto, e nei tre giorni seguenti, sotto la detta pena. Si fa eccezione per i consanguinei fino al terzo grado, da computarsi secondo il diritto Canonico, e per i vicini fino a tre abitazioni dall’una e dall’altra parte della abitazione. Inoltre decretiamo ed ordiniamo che con eccezioni per i corpi delle persone miserabili e dei poveri, che in beni non abbiano 100 libre, o quelli che a causa della povertà non possano fare la cassa e eccettuati gli uomini delle Fraternite che sono soliti flagellarsi, i quali possano essere sepolti con un sacco secondo la loro consuetudine, ed eccettuati i corpi dei Soldati, i quali possano essere sepolti a piacere di loro volontà, e non siano obbligati in alcunché dal presente statuto, ma siano considerati eccettuati totalmente; tutti gli altri corpi dei morti, tanto maschili quanto femminili, di qualunque condizione siano, debbano essere seppelliti e portati a seppellire con questo ordine, cioè in una cassa chiusa e coperta. E infine, nel fare l’accompagnamento del corpo alla Chiesa nella quale debbono essere sepolti, possano essere portati, soltanto otto ceri accesi e non di più. E possano accedere tutti i Frati di quel luogo dove il corpo sia da dover seppellire, con sei Frati di qualsiasi altro ordine, e non oltre, con tutti i Chierici della sua Parrocchia; se, in realtà di tale Chiesa e di un’altra Cappella; purché non possano esser presenti più di otto chierici laici. Se in realtà dovessero essere sepolti in qualche Chiesa Parrocchiale, o laicale, allora possano accedere tutti i Chierici di tale Chiesa, o di un’altra cappella: purché non possano essere presenti più di otto chierici laici, calcolati i chierici della sua Parrocchia. E possano anche accedere sei frati di ogni altro ordine di questa Città. E chi somministra o offre le candele ai questi chierici e ai frati che accompagnano il detto corpo, sia obbligato e debba porre nelle mani di questi stessi le candele accese. Invece i bambini piccoli <morti> entro un anno siano portati tra le braccia avvolti con pannolini di stoffa ricamata o di seta, o con altri panni a piacimento di volontà. Gli altri bambini morti in età maggiore di un anno fino a quattro, morti siano portati a seppellire sopra uno pavese <scudo> scoperto a piacimento; in pratica, da quattro anni in su siano portati in una cassa nel modo e forma già detti. Vogliamo anche e decretiamo che come offerta o oblazione dei chierici e dei frati, non si possano darsi più di quattro candele per ciascun Cappellano, Priore, Guardiano o Lettore di qualche Monastero, o della Chiesa secolare, e a qualche altro chierico non presbitero non più di una candela, e siano date accese come già detto. E ancora vogliamo e decretiamo che nessun uomo fuori dalla abitazione dalla quale viene portato via detto corpo del morto, nel giorno e nel tempo quando questo corpo viene portato a seppellire e nel giorno a questo precedente e nel successivo non debba parlare ad alta voce, né vociferare in qualunque modo, né fare il lamento funebre, o la tristezza del morto, né debba battere le mani o la faccia, o tirarsi i capelli in segno di tristezza, né stando avanti a detta abitazione né nell’andare alla Chiesa, o nel tornare dalla Chiesa, nella quale deve essere sepolto il detto corpo, ma possa <farlo> con voce sommessa e tacita a piacimento di volontà. E chi abbia agito in contrasto con le cose già dette, o contro qualcuna di queste, venga punito con 5 libre di denaro, sul fatto, senza processo. E l’erede o gli eredi del defunto, o chiunque altro che abbia fatto portare a seppellire detto corpo in contrasto con la detta forma di statuto, venga punito con 5 libre di denaro, per ciascuna volta. Coloro, tuttavia, che portano qualche corpo non in una cassa o ‘pavese’, in altra cosa in contrasto con la detta forma <statutaria>, sul fatto, senza alcun processo, venga punito con 50 soldi di denari, in qualsiasi volta e per ciascuno di questi stessi. Aggiungiamo che nelle esequie o negli offici rituali dei morti le campane in nessun modo fatte suonare a tristezza, e neanche nel mese di agosto, quando viene fatta la fiera, in un funerale di morti, affinché non venga indotto qualche sospetto di peste nei forestieri che vengono alla fiera.

       5 Rub.76I banchetti e le disposizioni da praticare in questi <funerali>.

   Decretiamo ed ordiniamo che chiunque abbia condotto la moglie ad un banchetto di nozze, o nel tempo in cui abbia fatto il banchetto per le nozze, non possa e non debba avere oltre 20 persone a mangiare nello stesso banchetto per l’una e l’altra parte, del marito e della moglie, eccettuati gli inservienti che stanno per il servizio e i domestici del marito stesso che abitano nella sua abitazione; e eccettuati i maschi e le femmine minori di quattordici anni e le donne non invitate. Vogliamo inoltre che entro un mese da calcolarsi dal giorno delle nozze contratte o del banchetto per le nozze, nessuno fra i consanguinei del marito faccia un banchetto, nel quale abbia <presenti> più di otto persone; fatta eccezione per i domestici e per i minori e per le persone nominate sopra, i quali possano senza pena essere presenti in tale banchetto. Vogliamo inoltre che chiunque abbia portato qualcuna ad essere sposata <matrimonio> o l’abbia mandata dal marito e in seguito abbia voluto ricondurre la stessa e suo marito presso la propria abitazione per pranzare, come per usanza, debba fare il banchetto a proprie spese. E il marito, o un altro che la riconduce a posto di quel tale, non debba fare alcun regalo né debba mandarlo in alcun modo. E in questo banchetto non possano banchettare se non la moglie e il marito e i consanguinei del marito e della moglie, i quali per l’una e l’altra parte siano in dieci e non di più, fatta eccezione per i domestici, i servitori e minori detti sopra. E chi abbia trasgredito nelle dette cose o in qualcuna di esse, sul fatto, senza alcun condono, né processo, sia punito a 5 libre di denaro per qualsiasi volta. In realtà negli altri banchetti, in qualunque modo venissero fatti, non possano essere invitati né possano essere presenti più di dodici persone per mangiare, fatta eccezione per i servitori e per le altre persone sopra eccettuati, che, senza pena, possono essere presenti ai banchetti di questa natura, e chi abbia trasgredito venga punito con la pena di 100 soldi di denari, per ciascuna volta, sul fatto, senza alcuna diminuzione e senza alcun processo, da riscuotersi dai delinquenti. Inoltre ogni Podestà della Città  di Fermo, chi lo è e chi lo sarà nel tempo, sia obbligato e debba, con il vincolo del giuramento, all’inizio del suo governo, e ogni mese, durante il suo officio, far pubblicizzare con bando nei luoghi pubblici e consueti, tutti gli statuti anzidetti sugli ornamenti delle donne, sul lutto per i morti, e in particolare sui banchetti, come sono scritti sopra sui singoli capitoli, sotto la penalità di 100 libre di denaro, da prelevare dal suo salario ad opera del Banchiere del Comune, nel tempo del suo sindacato, affinché questi stessi statuti giungano ai singoli e ne abbiano l’avvertimento.

       5 Rub.77A nessuno che non abbia avuto il permesso e la presenza e l’autorizzazione dell’officiale ossia del signor Capitano e dei vicini, sia lecito fare a una nuova opera, o fabbricare, o farla fare, o far fabbricare lungo la via pubblica o vicinale.

   Inoltre decretiamo che a nessuno sia consentito di fare una qualche nuova opera <costruzione>, o di fabbricare, o di farla fare, o di far fabbricare vicino a una qualche via pubblica, o vicinale, o in qualche altro luogo pubblico della detta Città, senza la presenza e l’autorità del signor Capitano ossia di un suo officiale, o del Giudice di giustizia, e di tre vicini prossimi. E chi abbia trasgredito, sia punito con 10 libre di denaro, per qualsiasi volta quando abbia trasgredito nelle dette cose. E nondimeno se abbia preso o occupato qualcosa della via pubblica, o vicinale, e il signor Capitano faccia riportare quanto costruito allo stato precedente e lo faccia demolire. E ciò abbia luogo entro la Città soltanto. Decretiamo anche che le dette cose abbiano vigore nei Castelli di questa Città i quali ricevono un officiale dal Comune di Fermo; purché tuttavia sia sufficiente avere la presenza di un officiale dello stesso Castello e di tre o due Massari dello stesso Castello incaricati del governo di questo stesso; anche i Sindaci di detto Castello e l’autorità di questi stessi. Invece negli altri Castelli che non hanno gli officiali dal detto Comune vogliamo che le dette cose debbano essere praticate, purché vi sia la presenza di un Sindaco e di quattro Massari di detto Castello. E se l’autorità di questi sia intervenuta il tale che costruisce l’opera nuova valga ad essere scusato dalla penalità di tal modo.

       5 Rub.78Nessuno possa vendere uve, o altri prodotti non maturi.

   Inoltre decretiamo e diamo ordine che nessuno possa vendere uva, pomi <mele, pere> ovvero alcuni frutti non maturi senza l’espressa licenza del signor Capitano o del Giudice di giustizia della Città di Fermo, e chi abbia trasgredito sia condannato a 20 soldi di denari. E chiunque possa accusare il tale trasgressore ed abbia la metà della pena, e sia prestata fede al giuramento dell’accusatore, e il nome di costui sia tenuto segreto.

       5 Rub.79Nessuno deve fare grance nella prima e nella seconda senaita.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che nessuno osi o presuma di avere una qualche grangia, o in luogo nel quale o nella quale abbia alcune pecore all’intorno della Città nelle prime e nelle seconde senaite <confini>. E chi abbia trasgredito sia obbligato a rimuovere da lì tale grangia, e venga punito con 25 libre di denaro. Fatto salvo che se abbia fatto dentro i detti confini tale grangia o l’abbia fatta fare in base alla volontà, al consenso e alla delibera dei signori Priori del popolo e del Vessillifero di giustizia e dei signori Regolatori di questa Città, non sia obbligato affatto alla detta penalità, né alla rimozione.

       5 Rub.80Nessuno abbia se non una sola grancia <pascolo> per ogni contrada ossia borgo.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessuno possa o debba avere, entro le senaite <delimitazioni> della Città di Fermo, se non una sola grangia <pascolo> soltanto per contrada o borgo; e se qualcuno abbia trasgredito, sia condannato dal signor Capitano o dal suo Giudice, a 50 libre di denaro. E nessuno, in alcun modo, con lo scopo di vendita, di sottomissione, di obbligazione, o per altra forma richiesta, direttamente o indirettamente, possa fare o avere più di una sola grangia, come sopra è stato detto, sotto la detta penalità, e sia obbligato a rimuovere la grangia fatta in contrasto con le dette cose.

       5 Rub.81Nessun bifolco possa portare alcuna arma.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessuno bifolco, custode di animali o pastore di animali possa, né abbia facoltà, fuori della Città Fermana, quando transita con gli animali e li custodisce, portare alcuna arma di offesa, se non soltanto un solo bastone, o uno stimolo <frusta> con una ‘arella’ <molestia> piana. E se qualcuno abbia trasgredito, ovvero sia stato scoperto, sia punito, per qualsiasi volta, con 10 libre di denaro dal Capitano o da un suo officiale. E per tutte le singole anzidette si presti fede e ci si attenga alla relazione dell’officiale del signor Capitano o del suo aiutante; e nondimeno possa essere accusato da chiunque; fatto salvo che sia lecito portare un falcione per fare la potatura, oppure una falce per mietere un cereale e il fieno, e una falce con l’asta o una roncola. E le dette cose si intendano e abbiano vigore in tempo di pace. In realtà, in tempo di guerra si possano portare liberamente anche armi per offendere. E quando ci fosse il dubbio se sia tempo di pace o di guerra sia affidato alla dichiarazione del Capitano del popolo o del Giudice di giustizia.

       5 Rub.82Nessuno possa tenere se non quattro buoi da stalla.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che nessuno possa o debba tenere o avere nelle dette grance o altrove più di quattro <animali> tra vacche e buoi da stalla, o giovenchi da stalla, e chi abbia trasgredito, chi li abbia avuti o li abbia tenuti, venga punito e condannato dal Capitano del popolo della Città di Fermo o da un suo officiale a 10 libre di denaro per ciascuno, e per qualsiasi volta e gli animali sopra il detto numero siano fatti diventare per il Comune di Fermo. Fatto salvo che il presente statuto non sia di pregiudizio alle grance, o ai padroni delle grance che hanno le grance nella pianura del <fiume> Tenna dai Castelli di Grottazzolina, Magliano e dalla pianura dello stesso fiume, e oltre detto fiume e nella pianura fino al mare e nella pianura dell’Ete e oltre l’Ete in modo simile, nonostante alcun statuto che dica il contrario.

       5 Rub.83Le vie e le strade sono da pulire e tener pulite ovunque nella Città.

   Decretiamo ed ordiniamo che ogni persona della Città di Fermo o abitatore o abitatrice di questa Città debba pulire e scopare bene e tener sgombrate da immondizie le vie e le strade in questa Città; cioè ogni persona davanti alla sua propria abitazione, o affittata per abitazione o in qualunque altro modo, così che chi abita e tiene la abitazione sia obbligato a ciò per tutte le immondizie, cioè la terra, i legnami, la rena, la cenere, il letame o qualche altra immondizia, sotto la pena di 5 soldi. E il signor Capitano, il Giudice o un officiale sia obbligato e debba far annunciare le dette cose attraverso la Città, quattro volte al mese, nel giorno di venerdì a sera per il giorno di sabato. Si fa  eccezione se qualcuno della Città facesse qualche opera in laterizio o in legno nella sua abitazione, e nell’occasione di tale lavoro abbia avanti alla sua abitazione pietre, legname, calce o rena, il signor Capitano, il Giudice o un officiale possa, per colui che ha le dette cose davanti alla abitazione sua, nell’occasione di detta opera, stabilire ed ordinare una scadenza adeguata, che al signor Capitano, al Giudice o all’officiale sembrerà che convenga; entro la quale, quel tale che vuole edificare debba, sia obbligato e possa fare la detta opera, e togliere tutte queste stesse cose e sgomberare e togliere dalle dette strade e vie davanti la detta abitazione, sotto la detta pena di 5 soldi di denaro per qualsiasi volta quando abbia trasgredito, se non levasse le dette cose. E nondimeno questo officiale sia obbligato e debba, quattro volte in ogni mese, mandare uno dei suoi Notai a controllare le mura della Città, soprattutto dalla parte anteriore e per vedere che i canaletti di tali mura non siano otturati; e anche per controllare che in prossimità di queste mura non sia gettata qualche immondizia o letame, o altra cosa che possa causare un ostacolo o un danno a queste mura; e se sia stato gettato, lo faccia togliere, e condanni colui che l’ha gettato alla detta pena. E inoltre controlli ed indaghi attraverso la Città se ci sono alcuni che abbiano agito contro le dette cose, o contro qualcuna di queste anzidette, descritte nel presente statuto; e sia prestata fede al rapporto di detto Notaio e dell’aiutante che andasse con tale Notaio, senza alcun’altra prova, dopo aver fatto prima una notificazione sulle dette cose, nei soliti luoghi di detta Città, per mezzo dei banditori del Comune, e questa notificazione debba essere scritta; e il detto Capitano, o il Giudice sia obbligato e lo debba fare e far fare, con il vincolo del giuramento e sotto la pena di 100 soldi di denari, quattro volte per ogni mese, come è stato detto sopra.

       5 Rub.84Penalità per chi produce immondizie nelle vie pubbliche.

   Inoltre decretiamo e con la presente legge sanzioniamo che nessuno getti attraverso qualche finestra o balcone, dall’alto, in qualunque modo, le acque né alcune altre immondizie sulle vie e sui luoghi pubblici, non pelli, né teste o corna di alcuni animali, o sporcizie, o in qualsiasi altro modo, sotto la pena di 20 soldi di denari per ciascuno e per qualsiasi volta quando sia stato trasgredito nelle dette cose. E nessuno, sotto la detta pena, getti qualche animale morto entro le mura della Città o in alcun luogo dove coloro che passano lungo la via debbano soffrire il fetore. E a nessuno sia lecito avere qualche finestra sopra le vie pubbliche, sopra le transenne o in altri luoghi attraverso i quali vengano gettate acqua, sozzura ossia qualche immondizia in detti luoghi o in qualcuno di essi, sotto la pena di 100 soldi di denari. E chiunque possa fare l’accusa per le dette cose scritte sopra o sotto, ed abbia e debba avere la metà della condanna, e ci si attenga e sia prestata fede al giuramento dell’accusatore con un solo testimonio. E nessuno, con alcuni ostacoli a danno dei confinanti, debba impedire un portico o un androne vicinale o un ingresso, e neanche possa fare <dislivello> un piede delle scale, o un passaggio secondo la forma degli statuti sotto la pena di 10 soldi di denari. E nessuno che reca sangue, in detti luoghi, osi gettare il sangue, sotto la detta pena, ma soltanto in una fossa che deve avere nel locale di lavoro o nella sua abitazione. E non sia lecito avere qualche passaggio o latrina o usarla, dalla quale una schifezza esca e scorra in qualche pozzo, o cisterna o fossa, dalla quale provenga fetore in <luogo> pubblico o per i vicini, sotto penalità di 10 libre di denaro. E ciascuno sia obbligato ad avere, avanti abitazione e a tenere la via piana in modo che l’acqua in modo diretto possa scorrere attraverso la stessa via, né egli alzi la via, né la elevi talmente che <l’acqua> scorra nella parte più bassa <della via> o entri nella abitazione di qualche vicino, o produca fastidio; né <alcuno> presuma di avere letame presso tali vie, né gettarlo o farlo gettare sicché a causa di ciò qualche immondizia arrivi nelle vie pubbliche o nelle piazze, sotto la pena di 10 soldi di denari, per tutte le volte quando da qualcuno sia stato trasgredito.

       5 Rub.85Per chi getta qualche bestia morta presso le mura.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessuno della Città di Fermo, né abitatrice, o abitante della stessa Città, osi o presuma gettare o far gettare qualche animale morto presso le mura del Comune, ossia nelle fosse e nelle carbonaie del Comune di Fermo, <nello spazio> di 50 canne, secondo la canna del Comune. E chi abbia trasgredito venga punito, per qualsiasi volta, con 10 libre di denaro.

       5 Rub.86Nessuno compri frutta altrove, se non nella piazza.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessun venditore ambulante o venditrice ambulante o qualche altro che vende al minuto, con qualunque nome sia stato considerato, possa o debba in alcun modo, né con ingegno, comprare o fare acquistare in altri luoghi piuttosto che nella piazza o nelle piazze pubbliche del Comune di Fermo, alcuni frutti, germogli, fichi, pere, mele, prugne, ciliegie, noci o altri frutti, nonché verdure, inoltre conigli <lepri>, e neanche qualche altro animale domestico vendibile, o non domestico, vivo o morto, inoltre una gru, una pernice, le quaglie, i tordi, le anatre, o i colombi, neppure possa comprare i detti frutti o le verdure se non da una persona conosciuta o dal padrone o dal lavoratore del podere, così che si sappia chiaramente da chi egli abbia fatto l’acquisto. E non possa acquistare i detti frutti, le verdure, gli animali e i volatili prima del suono della campana dell’ora nona. E chi abbia trasgredito venga punito, per qualsiasi volta, a 100 soldi di denari. E chi vende le dette cose o qualcuna di esse <trasgredendo>venga punito con la metà della detta pena, e possa essere accusato da chiunque, e l’accusatore abbia la metà della condanna e il nome dell’accusatore sia tenuto segreto. Nondimeno il Giudice o l’officiale già detto, che lo sarà nel tempo, sia obbligato e possa, per suo officio, investigare sulle cose già dette e condannare i colpevoli alle pene già dette. E similmente nessuno di questi stessi venditori ambulanti possa né debba andare, né sostare presso le porte della Città Fermana, o al di fuori per mezzo miglio con la Città di Fermo, per acquistare le dette cose predette o qualcuna di esse, sotto la pena già detta. E l’officiale che scopre quelli che agiscono in contrasto con le cose già dette, o contro qualcosa delle dette, possa condannare ed abbia la quarta parte dell’intera condanna.

       Rub.87Nessuno possa tenere alcuna ‘gravara’ <neve che si scioglie>.

   Inoltre decretiamo che nessuna persona osi o presuma di poter prendere la ‘gravara’ <neve che si scioglie> che scorre o defluisce attraverso le vie e le strade pubbliche della Città di Fermo e attraverso questa Città, con lo scopo di condurlo o immetterlo nella sua abitazione o ad altro luogo della Città, e affinché da lì qualcuno o qualcuna possa ricevere qualche danno o iattura, e chi abbia trasgredito sia punito qualsiasi volta con 100 soldi di denari. E chiunque possa accusare e denunciare chi delinque e il tale accusatore o denunciatore abbia la metà della condanna; e se qualcuno abbia sostenuto qualche danno da ciò con l’immissione di detta ‘gravara’, colui che ha immesso questa stesso ‘gravara’, sia obbligato e debba risarcire il detto danno a chi l’ha sofferto.

       5 Rub.88Nessuno getti dall’alto cose sudice ossia immondizia.

   Inoltre Decretiamo ed ordiniamo che a nessuno sia lecito gettare o far gettare acqua o altra sporcizia dall’alto, attraverso un balcone, una finestra, una transenna (di apertura), o da altro luogo dall’alto, o dall’abitazione dove abbia abitato o dimorato, sulle strade o sulle vie del Comune, o sui portici vicinali. E se questa acqua ossia qualche sporcizia abbia toccato qualcuno sia condannato con 100 soldi di denari per qualsiasi volta. Se in realtà non l’abbia toccato, sia condannato a 20 soldi di denari. E la metà di questa pena sia del Comune e l’altra dell’accusatore; e possa essere accusato e denunciato da chiunque, e <costui> sia tenuto segreto. E a nessuno sia lecito di avere in qualche parte della sua abitazione uno scarico dall’alto, a due canne del Comune di Fermo, o meno, vicino alla porta di qualcuno; e chi abbia trasgredito sia punito con 100 soldi di denari. Né ad alcuno sia lecito avere uno scarico più alto di un piede da terra, facendo salvo che con grucce <sostegni> purché non superi l’altezza del tetto di un suo vicino, né che l’acqua scorra attraverso il tetto.

       5 Rub.89Il Capitano o il Giudice debbono costringere i carrettieri, i vetturali e i mulattieri.

   Decretiamo ed ordiniamo che il Giudice dei danni dati, o il suo officiale possa obbligare i carrettieri e altri mulattieri e vetturini, nei giorni festivi, tuttavia non nei giorni di domenica né nelle principali festività della Beata Maria sempre Vergine, a portare la rena presso la strada o attraverso la strada del mare, e possa imporre le pene e riscuoterle sul fatto, come gli sembrerà opportuno, e nelle cose dette essi o uno di loro abbia piena facoltà e potere fino alla somma di 10 soldi di denari, per qualsiasi volta, o meno, dopo aver considerato la qualità delle persone e del fatto.

       5 Rub.90Il Giudice abbia libero potere di indagare e di fare la procedura contro tutti coloro che avessero asportato le pietre dalla via che sta presso la strada di San Francesco.

   Decretiamo ed ordiniamo che il signor Capitano, o il Giudice o l’attuale officiale o chi lo sarà nel tempo, abbiano la facoltà di investigare e di fare la procedura contro tutti quelli che avessero preso o prendessero le pietre della strada che va al mare, accanto alla strada di San Francesco o da questa strada e da altrove le cose del Comune, come ad esempio: legna, calce, pietre o altre cose preparate per l’utilità dei ponti, delle fontane o delle vie del Comune, e condannare questi stessi fino alla somma di 10 libre di denaro, e meno, dopo aver valutata la qualità del reato e abbia la facoltà e la giurisdizione per riscuotere. Inoltre il Giudice con due officiali da nominarsi dai signori Priori possa imporre una parte che egli abbia voluto della muratura e della costruzione della detta via ai vicini, che hanno le abitazioni lungo la stessa via e la strada, a piacimento di volontà, e <possa> esigere queste stesse, imporre pene e fare multe, secondo come al detto Giudice sembrerà opportuno, nonostante alcuni statuti e delibere. E il Giudice attuale, e chi lo sarà nel tempo, la detta strada <possa> far fare da chiunque che la detta strada sia costruita e riadattata, come a lui sembrerà essere utile al meglio, e fare una conduttura in questa strada per la salvaguardia della detta strada, con le entrate del suo Banchiere, per tre parti delle spese e per la quarta parte a spese dei vicini adiacenti. Per opera di questo Giudice o dei suoi officiali debbano essere dichiarati coloro che sono questi che sono adiacenti. Questa conduttura inizi ai piedi <in basso> del borgo della fontana ‘Solamen’ <ristoro> e sia proseguita in quel luogo o in quella parte dove sarà stato dichiarato e ordinato dal detto Giudice e dai detti officiali, come già detto. E il signor Giudice abbia l’obbligo e debba investigare diligentemente, ogni mese, su queste cose, con il vincolo del giuramento e sotto la penalità di 10 libre di denaro dal suo salario.

       5 Rub.91La giurisdizione del Giudice circa i ponti, le fonti, le vie e la parte del Giudice che egli avrà riscossa.

   Decretiamo ed ordiniamo che il signor Capitano abbia la piena giurisdizione, facoltà e potere sui ponti, sulle fontane e sulle vie da fare costruire, riparare e da conservare. Ed affinché le dette cose siano realizzate più speditamente, e si abbiano i denari per le opere opportune, decretiamo che il detto signor Capitano o il Giudice su <somme di> condanne o riscossioni al tempo dei predecessori dei debitori per il Comune, abbia per ogni libra, secondo il modo e la forma poste nel libro secondo alla rubrica “La parte da darsi agli officiali per le vecchie condanne” e sulle riscossioni che metterà in esecuzione e che farà pervenire in Comune, affinché la costruzione sia riparata e altre opere necessarie per il Comune siano realizzate e siano messe in esecuzione.

       5 Rub.92Nessuno getti letame o immondizia nella via del mare o dentro le mura.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che nessuno osi o presuma di gettare o far gettare qualche sudiciume o immondizia, né farli gettare sulla via ossia sulla strada del mare, o nei pressi delle mura della Città di Fermo, dalla parte interna o esterna lungo una canna <distante>. Chi abbia trasgredito nelle dette cose, o in qualcuna di esse, venga punito con 100 soldi di denari e il detto sudiciume giacente in tali luoghi o in qualcuno di questi, possa essere portato <via> o preso da lì, senza pericolo, da chiunque.

       5 Rub.93Nessuno debba caricare di spese qualche lavoratore.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessuna persona osi o presuma di dare o di far dare alcune spese o alimenti per mangiare o per bere a qualche lavoratore, o cottimista, o portatore di sporte, i quali fossero tenuti a cottimo e fossero condotti a lavorare o a fare qualche opera. E similmente nessun lavoratore, o cottimista o portatore di sporte, possa né debba chiedere né ricevere le spese o gli alimenti, sotto la pena di 20 soldi per ciascuno e per ciascuna volta. E chi dà e conferisce queste spese o gli alimenti, sia obbligato alla medesima pena. Facendo salvo che sia lecito a ciascheduno, al tempo delle messi <mietitura>, di dare le spese ai lavoratori, quando siano stati a trebbiare i cereali; e gli stessi lavoratori del grano possano, senza pena, ricevere le spese e gli alimenti per il giorno. E su queste cose il signor Capitano o il Giudice e il loro officiale o chiunque di questi stessi sia obbligato, possa e debba indagare, esaminare, punire e condannare i trasgressori alla detta pena, e nondimeno possa essere accusato da chicchessia, e si presti fede al giuramento dell’accusatore con il parlato di un testimonio. E ciò non abbia vigore per i muratori, i manovali o i carpentieri del legno. Il detto Giudice ed il signor Capitano siano obbligati a praticare e far praticare tutte queste cose, sotto la pena di 10 libre <prelevata> dalla propria paga e con il vincolo del giuramento.

       5 Rub.94Le strade o i portici vicinali da selciare.

   Decretiamo ed ordiniamo che il Giudice delle vie e dei danni dati del Comune di Fermo, colui che lo è ora, o chi lo sarà nel tempo, in questa Città, sia obbligato e debba, con il vincolo del giuramento e sotto la pena di 25 libre di denaro, a richiesta di qualunque richiedente, cioè tra i vicini, far costruire e fabbricare con pietre adatte ciò che sia stato richiesto, i portici o le vie vicinali poste nella Città di Fermo a spese dei vicini o adiacenti a detto portico o alla via, secondo la qualità delle abitazioni e secondo la condizione dei padroni delle stesse abitazioni, di tale fatta e maniera, e in tale maniera che siano idonee per camminarvi; e a fare queste cose entro un mese dopo che a loro sia stato chiesto, purché la maggior parte dei vicini sia d’accordo.

       5 Rub.95Le vie, ponti e le fontane da riattare e da riparare.

   Decretiamo ed ordiniamo che il signor Capitano, o il Giudice, o l’officiale delle vie e dei danni dati, chi c’è ora, e ci sarà nel tempo, con il vincolo del giuramento e sotto la pena di 25 libre di denaro, da pagare col suo salario, abbia l’obbligo e debba, a richiesta di qualunque richiedente o denunciante, di risistemare e far risistemare tutte le singole vie, tanto pubbliche, quanto vicinali, o le strade, i ponti, e le fontane, per l’uso comune di coloro che sono interessati e ai quali le dette vie, le strade, i ponti, e le fontane; e faccia riparare tutte le stesse singole strade e vie, dentro la Città e fuori, i ponti, e le fontane ad opera dei vicini e degli adiacenti e di coloro che vanno e che ritornano, e di tutti coloro i quali le tengono e quelli che, secondo la forma degli statuti, debbono risistemare queste stesse vie e gli stessi ponti e le fontane, e quelli a richiesta di qualunque richiedente sono soliti. E il detto signor Capitano o il Giudice abbiano l’obbligo di controllare o di far controllare tutte queste cose da qualcuno dei loro Notai e officiali, a richiesta di qualunque richiedente, o secondo il volere della maggior parte dei vicini e adiacenti alle dette vie, ai ponti e alle fontane. E costoro debbano essere convocati e richiesti, a domanda di un richiedente, personalmente o presso la abitazione della solita abitazione degli stessi, e in questa convocazione debbano essere contenuti i nomi e i cognomi di coloro che vengono convocati e in quale maniera i tali vengono convocati per il fatto della tale via, del ponte o della fontana e che questi stessi debbano, entro una certa scadenza stabilita dal Giudice, comparire legalmente dinanzi ai detti signor Capitano o al Giudice; e se non siano comparsi tutti, coloro che si vengono e che compariscono possano dare ordini e deliberare quello che a loro sarà piaciuto sulle dette vie, sui ponti e sulle fontane e per il rafforzamento, per la riparazione, per il vantaggio e per utilità delle dette strade, dei ponti e delle fontane; e sia praticato l’ordine anzidetto per tale via da dove sistemare o da dover mettere a nuovo; e ciò che sia stato deliberato dalla maggior parte degli stessi che si sono presentati, vicini o adiacenti o altri che debbono per interesse, abbia validità e sia stabilito per l’autorità del presente statuto. E il signor Capitano o il Giudice sia obbligato di mandare ad esecuzione la delibera anzidetta, fatta dalla stessa maggior parte. E i detti signor Capitano o il Giudice, o uno di loro due, sotto la detta pena, siano obbligati a forzare e costringere in modo reale e personale, con ogni modo e via, come ad essi, o ad uno di essi due, sembrerà opportuno, dopo tale imposizione e deliberazione fatta dai detti intervenuti, o dalla maggior parte degli intervenuti, nonostante l’assenza dei non intervenuti, a dare e far conoscer agli officiali comandati sopra le dette cose , per gli oneri e le spese delle dette vie, dei ponti e delle fontane, o della riduzione o del mutamento di questi stessi e per tutte le cose necessarie alle cose dette, (costringere) tutti i singoli vicini confinanti, e coloro che vanno e tornano attraverso questa stessa via, attraverso il ponte e per la stessa fontana, presso i loro possedimenti, inoltre tutti coloro che dovessero essere presenti, ai quali compete quanto da fare o da pagare per gli oneri e nelle spese delle dette vie, dei ponti e delle fontane, che dovessero essere riparati e murati di nuovo e essere messi secondo la delibera dei detti intervenuti o della maggior parte di questi stessi. E per tali cose, i detti signor Capitano o il Giudice o uno di loro due siano tenuti e debbano dare e prestare ascolto, consiglio, aiuto e sostegno. E se sia capitato di mettere una via nuova, un ponte, una fontana o siano creati, sia ordinati, sia risistemati, i detti signor Capitano o Giudice, sotto la detta pena, dopo che è stata fatta la detta delibera dalla maggior parte dei predetti vicini confinanti, e di coloro che vanno e vengono nella stessa via, sul ponte, o presso la fontana, come già detto sopra, di fronte al signor Capitano e il Giudice, già detti, siano obbligati e debbano sollecitare e costringere, tanto l’acquirente a comprare, quanto il venditore a vendere, in modo reale e personale, entro 10 giorni dopo la delibera fatta dagli anzidetti; tanto sul territorio lungo il quale si innovasse la costruzione e si realizzasse una via nuova , quanto sulla via vecchia. E se il venditore o l’acquirente si sia rifiutato di fare le dette cose, nel non voler vendere o acquistare, entro la detta scadenza di 10 giorni, il venditore o chi deve vendere, perda questa che deve essere venduta, la stessa cosa da vendere pervenga al Comune. E l’acquirente che abbia comperare e abbia dovuto comperare, sia obbligato a pagare al Banchiere del Comune che riceve il prezzo della detta cosa secondo la valutazione fatta di questa stessa cosa, presso l’officio degli anzidetti signori Capitano e del Giudice incaricati per le predette cose a favore del Comune di Fermo. Nondimeno questi acquirenti o venditori, di mala voglia, siano costretti dal detto Capitano o dal Giudice o da uno di questi, a fare la detta vendita e l’acquisto, secondo ciò che sia stato deliberato, come è compreso sopra. E tutte le singole dette cose in questo presente statuto abbiano vigore e vengano intese nella Città di Fermo, e nel suo territorio e nel distretto. E i detti Capitano e Giudice siano obbligati e debbano praticare e fare praticare e mettere in esecuzione <ciò>, sotto la pena dichiarata sopra e con il vincolo del giuramento.

       5 Rub.96Per coloro che abbiano occupato, e tengono occupata qualche via del Comune, oppure una <strada> vicinale, un ponte o una fontana o il terreno di questi stessi.

   Decretiamo ed ordiniamo che il signor Capitano o il Giudice o l’officiale dei danni dati, chi lo è ora, e chi lo sarà nel tempo, con il vincolo del giuramento, sotto la pena di 25 libre di denaro dalla sua paga, a richiesta di qualunque richiedente o denunciante od anche per suo officio, se abbia trovato qualcuno che occupi,  o abbia o tenga occupata qualche via del Comune, o una vicinale, una fontana, un ponte, o il terreno di una fontana, di un ponte, o di un via del Comune o di una via vicinale, sia obbligato e debba investigare o fare una indagine contro questi stessi tutti i singoli occupanti e detentori di tali vie, ponti, fontane e di un terreno delle vie, di un ponte e di una fontana, anzidetti, e punire e condannare, con le pene previste nel presente statuto, costoro che li detengono e le tenessero occupate le dette cose, e nondimeno far riconsegnare le cose occupate al Comune e riportarle allo stato precedente. E venga fatta una indagine ad opera del detto Capitano o del Giudice, e i più anziani o altri di detta contrada, ove sia stata fatta l’occupazione o l’invasione, siano esaminati e siano riaccolti. Il signor Capitano o il Giudice siano obbligati e debbano fare questa investigazione senza chiasso, né parvenza di sentenza, trascurando ogni solennità della legge, e in modo sommario e con calma, sia ricercata la verità per mezzo di sei uomini o di più, o di meno, di detta contrada o di altrove dove le predette cose siano state commesse, quando gli stessi o uno di essi lo considereranno conveniente, purché però il denunciatore non venga preso come testimonio sopra tali cose, e sia ritenuto come un denunciatore privato, che il signor Capitano o il Giudice o il suo officiale in nessun modo debba rivelare o far conoscere per giuramento, sotto la detta pena. E se il detto Capitano o Giudice abbiano trovato, tramite la propria indagine, che qualcuno occupasse o tenesse occupata qualcosa dei anzidetti vie, terreni, ponti, e fontane o dei terreni di questi stessi, tramite due o tre testimoni, facciano immediatamente restituire al Comune queste cose occupate e riportarle allo stato precedente; e nondimeno condannino quel tale che occupasse e tenesse occupate le anzidette cose. E condannino i colpevoli per queste cose a 10 libre di denaro, dopo aver rimosso un ricorso, un cavillo o un pretesto.

       5 Rub.97Pena per chi faccia immondizia nel piazzale di San Salvatore.

   Decretiamo ed inoltre ordiniamo che nessuno faccia immondizia né qualche sudiciume nel piazzale di San Salvatore; e in realtà il trasgressore venga punito, per qualsiasi volta, con 20 soldi di denari, e possa essere accusato da chiunque, e l’accusatore abbia la metà della pena e lui sia tenuto segreto.

       5 Rub.98Non debbono scorrere la “biblia” (liquami).

   Decretiamo ed anche ordiniamo che nessuno che “sportanario” (porta bisacce) né alcun’altra persona della Città di Fermo, o abitante di detta Città osi o presuma di gettare o di far gettare la “biblia” (liquami) in qualche via pubblica o vicinale dentro la Città dalle calende di maggio fino alle calende di novembre. E il trasgressore sia punito, per qualsiasi volta, a 100 soldi di denari e possa essere accusato da chiunque; e l’accusatore abbia la metà della condanna, e l’altra metà sia del Comune di Fermo. E il signor Capitano o il Giudice, chi ci sarà nel tempo, faccia fare bando pubblico per l’anzidetto statuto nella Città di Fermo, nei luoghi consueti, all’inizio del suo governo; e indaghi ogni settimana del detto mese di maggio, e faccia investigazione sulle anzidette cose, e i trasgressori siano condannati e puniti, alla detta pena, per ciascuno e per qualsiasi volta, rimuovendo ogni opposizione o occasione. E a chiunque di questa Città sia lecito di gettare liquami avanti la sua abitazione fino alle calende di maggio, purché non l’accetti dal balcone, o dalle finestre o dalla ‘trasanna’, o da qualche altra parte in alto oltre due piedi, secondo il piede <misura> del Comune; e chi trasgredisse soggiaccia alle dette pene. Inoltre che sia consentito a qualsiasi “sportanario” della Città di Fermo di creare un cunicolo in qualche parte della Città di Fermo, in una via pubblica a sue spese, per portare, sotto terra, la “biblia” fuori dalla Città. E il detto signor Capitano, o il Giudice possano e debbano esaminare ed indagare sulle dette cose.

       5 Rub.99Non scavare nei pressi del confine di qualcuno, o di un fossato o di una via.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessuno scavi a un piede (misura) dal confine di qualcuno, o di un fossato, o di una via; e se vuole fare un fossato piccolo o grande, sia obbligato a lasciare tanto <spazio> del suo terreno per quanto è ampio, profondo e largo lo stesso fossato, sotto la penalità di 40 soldi di denari per chi abbia trasgredito le cose predette. Ed entro 10 giorni dopo pubblicata la sentenza, sia obbligato e debba farlo riportare allo stato precedente e anche di riempirlo.

       5 Rub.100Nessuno possa scavare la terra sulle strade del Comune.

   Con la presente legge decretiamo che nessuno, di qualunque condizione o stato sia, osi o presuma di scavare la terra nelle vie del Comune dentro o fuori le porte della Città, né scassarla in alcun modo, sotto la pena di 100 soldi da riscuotere sul fatto da ogni trasgressore e per qualsiasi volta, e senza alcun processo. E chiunque possa accusare, e sia mantenuto segreto, ed abbia la quarta parte della detta pena. E similmente l’officiale abbia la quarta parte della detta pena per la scoperta e per l’esecuzione.

       5 Rub.101Le questioni dei confini si debbono decidere rapidamente.

   Decretiamo ed ordiniamo che se tra alcuni, della Città o del distretto di Fermo, vi sia qualche controversia per determinare i confini e per porre i termini <segnali>, si proceda con questo ordine: il signor Capitano o il Giudice dei danni dati, chi lo è ora e chi lo sarà nel tempo, con il vincolo del giuramento, e sotto la pena di 25 libre di denaro dal suo salario, sia obbligato e debba andare nel luogo della lite, e constatare se ci sono i termini antichi, allora ponga fine a tale lite, e decida secondo la posizione di questi termini antichi. Se invece non abbia trovato i termini, allora faccia ricorso alla coscienza e alla testimonianza dei padroni del tempo antico dell’uno e dell’altro podere, tra i quali i termini vanno posti; e secondo la coscienza e la testimonianza dei padroni del tempo antico dei detti poderi e dei vicini sia obbligato a decidere in tal modo. Se invece non si sia potuta avere la detta testimonianza, allora secondo gli instrumenti degli acquisti dell’uno e dell’altro, o di uno solo di questi due, quando qualche parte non avesse l’istrumento egli decida in modo valido la detta controversia, se può ultimarla comodamente.  Se in realtà qualcuna delle parti volesse e dichiarasse che decidesse che deve essere fatta questa controversia dei confini o dei termini, e che detta controversia debba decidersi con la collocazione di una siepi o di un fossato da farsi fra lui stesso e il suo vicino, allora se i detti confini sono da porsi sono e i termini sono da farsi fra l’una e l’altra parte delle vigne dell’uno e dell’altro, allora lo stesso Giudice faccia mettere o porre una siepe per i confini o una fratta a spese comuni, come allo stesso Giudice sembrerà conveniente. Se invece ci sia trovati a trattare dei confini e dei termini da fare tra un terreno aperto e qualche terra con vigna di alcuni, allora il Giudice immetta e faccia fare un fossato largo un piede e mezzo; e questo fossato debba immettere nel terreno aperto, a spese comuni dell’uno e dell’altro, cioè del terreno e della vigna. E questa lite e la vertenza e la questione per mezzo di questo fossato siano ultimate, e sia immessa una linea dritta attraverso quella parte, o raddrizzando sul terreno, come allo stesso Giudice sembrerà conveniente. E se per i confini ci sia una questione fra alcuni poderi aperti, lo stesso Giudice definisca questa stessa questione o con la collocazione dei termini o con il fare un fossato, in comune, nel terreno dell’uno e dell’atro; a spese comuni degli stessi vicini e di coloro che fanno la lite. E l’anzidetto Giudice stabilito dei danni dati sia obbligato e debba far praticare l’anzidetto statuto, sotto la pena di 25 libre di denaro dal suo salario. E in queste cose si faccia la procedura in modo sommario, e calmo, senza chiasso e senza parvenza di processo.

       5 Rub.102La pena per coloro che hanno una fornace entro le mura della Città di Fermo.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessuna persona osi o presuma di avere o di tenere qualche fornace di laterizi all’interno delle mura della Città di Fermo, ma lontano cinque canne dalle mura e dalle abitazioni della Città di Fermo, sotto pena di 10 libre di denaro e <il trasgressore> possa essere accusato e denunciato da chiunque, e l’accusatore o il denunciatore abbia la metà della condanna; e nondimeno <il trasgressore> sia obbligato a togliere la fornace; fatta eccezione per coloro che fanno vasi vetrificati e dipinti o non dipinti, o vetrificati, o no, i quali possano impunemente avere tale fornace, nonostante che qualche altro statuto dica il contrario.

       5 Rub.103Per le gronde <scoli>.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che gli scoli, dai quali sulle strade pubbliche discendano liquami o immondizie, siano tolti; e dovunque in Città venissero trovati alcuni scoli, attraverso i quali le cose putride scorrono da terra, siano murati e siano chiusi almeno per quattro piedi in altezza, lasciando tuttavia ai piedi dello scolo un solo foro adeguato, attraverso il quale le acque e le sporcizie anzidette escano e scorrano. E questo foro deve stare in ogni tempo chiuso, eccetto nel tempo della pioggia. E il Giudice deve praticare e fare praticare tutte le cose anzidette, e qualsiasi volta che abbia trovato un trasgressore, punisca con 10 soldi di denari. E la riscossione di detta pena sia fatta tramite il Giudice contro tutti coloro che hanno le abitazioni press il detto scolo dal capo <in alto> ai piedi <a terra>, così che detta somma di 10 soldi sia riscossa fra tutti e non da uno solo. E se sia capitato che da qualcuno di questi scoli, un grave danno giungesse ai vicini e possa essere modificato in qualche parte, vogliamo che il detto scolo, su richiesta dei vicini, debba essere murato a spese dei vicini, insieme con quello di cui è lo scolo. E nessuno possa avere una latrina <privato> vicino ad una via pubblica per quattro passi, che scorra nelle stesse vie, sotto la pena di 40 soldi di denari. E chiunque possa accusare e denunciare chi trasgredisce nelle dette cose, ed abbia la metà della condanna.

       5 Rub.104La pena per la pigiatura di uve non mature.

   Decretiamo che nessuno, in qualunque condizione si trovi, osi o presuma di pigiare l’uva agresta, o l’uva non matura prima delle calende di settembre, fuori dalla Città di Fermo; il trasgressore sia punito in realtà con 10 libre di denaro per qualsiasi volta. Fatto salvo che sia lecito a chiunque, che ha una vigna propria, di portare o di far portare impunemente due grappoli di uva agresta e tre grappoli di uve mature; e questo si intenda prima di tale tempo della vendemmia. In realtà nel tempo della vendemmia sia praticato lo statuto e l’usanza osservata fino a questo momento. Se qualcuno in verità abbia portato via o abbia fatto portare uva, o quella agresta, prima del tempo delle vendemmie contro o al di fuori della detta forma <di statuto> paghi per ogni grappolo di uva o di uva agresta soldi 5 di denaro.

     5 Rub.105I maiali non possono essere tenuti nella Città.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessuno osi o presuma di tenere nella Città di Fermo più due maiali, i quali inoltre in nessun modo possano, né debbono andare per le strade e per le piazze di detta Città, ma i padroni o i patroni di questi stessi siano obbligati e debbano tenere i detti maiali nelle abitazioni, sotto la pena di 10 soldi per ogni maiale e per qualsiasi volta quando si sia trasgredito, e questa pena sia riscossa sul fatto al patrono dei maiali senza alcuna diminuzione. L’officiale di questa pena, che abbia scoperto questi maiali in contrasto a tale forma <di statuto>, abbia e debba avere la quarta parte di ciò che abbia fatto pervenire al Comune.

       5 Rub.106Pene per coloro che lavano presso le fonti.

   Se qualcuno abbia fatto immondizia o sporcizie nelle fonti, o nei pozzi e nelle cisterne del Comune, oppure in essi o in qualcuno di questi stessi abbia lavato o gettato panni, cuoiame o qualche altra cosa sporca, oppure nei pressi di dette fontane nello spazio di due canne, in verità se nei pressi della fontana Fallera o della sua sorgente, nello spazio di 10 canne, secondo la canna del Comune, abbia lavato i panni anzidetti, o abbia fatto qualche altra sporcizia, o immondizie, sia condannato e punito per qualsiasi volta, sul fatto, e per ogni trasgressore a 20 soldi di denari. E l’officiale che scovasse il trasgressore, se abbia fatto la riscossione con successo, guadagni la quarta parte.

        5 Rub.107Coloro che possano andare in un Monastero di monache, impunemente.

   Vogliamo che i Sindaci, i fattori, i lavoratori e altri chiamati dalle monache per qualche cosa onesta e necessaria per loro o per il loro monastero, tutti i già detti allora, e soltanto in tale caso, possano accedere ed andare in tutti i monasteri delle Monache, riguardo alla pena per i secolari <laici> impunemente.

        5 Rub.108Le pecore che sono ammesse nei pascoli della Città di Fermo.

   Con la presente legge decretiamo e dichiariamo che in seguito le pecore da portare ai pascoli nel territorio della Città Fermana non superino e non possano superare il numero di cinquemila pecore, e di esse i padroni o i padroni, di qualunque grado e dignità siano, senza che si abbia avuto alcun riguardo, siano obbligati al pagamento dei pascoli secondo la forma degli ordinamenti. In realtà, i pecorari che conducono le pecore a questi pascoli siano obbligati, per tutto il mese di ottobre, di stare con le dette pecore sulle pianure di Girola, di Tenna, di San Tommaso, dell’Ete, allo scopo che non entrino nei poderi olivati, eccetto se i patroni dei poderi volessero che i detti pecorai conducano e trattengano le dette pecore nei loro poderi. Qualora però per caso con dette pecore provocassero un danno nei poderi degli altri, siano obbligati al pagamento della pena e al risarcimento del danno. E trascorso questo mese di ottobre i questi pecorai, con le dette pecore, possano venire in tutto il territorio, anche lungo i terreni olivati. Questo sempre resti chiarito che se con dette pecore o con altri animali dessero danno nei poderi presso le mandrie o gli stazzi delle dette pecore, per mezzo miglio, quei pecorai che stanno in tale maniera con le mandrie di tal modo <greggi> di pecore, entro l’anzidetto spazio, siano obbligati a risarcire il danno ai patroni di detti poderi, anche se questo danno non potesse essere provato per mezzi di testimoni, purché sia conosciuto che il danno sia stato provocato con le pecore o con altri animali di detti pecorai. E in ognuno degli anzidetti casi, e per quelli che sono detti nel seguito, si possa procedere anche per mezzo di accertamenti degli officiali dei danni dati o mediante accuse o denunce da farsi dai padroni dei poderi che hanno sofferto il danno, e per il pagamento della pena e per il risarcimento del danno, i pecorai e i patroni delle pecore e degli anzidetti animali siano obbligati per conto degli aiutanti o dei custodi di queste pecore e degli animali E al loro arrivo, <siano obbligati> a presentare due fideiussori per il pagamento della pena e del risarcimento di danni da causarsi per caso da costoro e dalle loro pecore e da altri animali. E questa pena si intenda che è e che sia di cinque soldi per ogni pecora, e per ogni altra bestia secondo la forma degli statuti; eccetto che se i detti pecorai entrassero nei poderi olivati, e ai piedi di detti ulivi non ci fosse <nessun> frutto, né a terra sotto gli stessi olivi, non siano obbligati alla pena; e allo stesso modo siano preservati se con le dette pecore entrassero nei poderi di quel territorio, dove possano comodamente pascolare e negli stessi non ci siano quattro o sei piedi <fusti> di ulivi. Inoltre i pecorai, i patroni e i custodi delle pecore o degli altri loro animali non possano in alcun modo portare armi vietate attraverso la Città e attraverso il suo territorio sotto la pena di due ducati d’oro, di giorno, e in realtà quattro ducati d’oro, di notte, da riscuotersi sul fatto.

       5 Rub.109Il compenso da prendere per gli animali condotti nel ricovero <stalla>.

   Con questo decreto, allo scopo che certi tavernieri e albergatori non possano riscuotere < <per pretesa> oltre ogni misura ed in un modo ingiusto, per gli animali condotti alla stalla, è stato stabilito che questi stessi osti o albergatori debbano accogliere gli animali nelle loro taverne o ospizi <stalle>, che venissero condotti e siano stati consegnati e dare loro da mangiare, e nutrirli; ma in cambio di un congruo compenso e di un pagamento, fra giorno e notte, possano chiedere o avere nient’altro se non un solo bolognino per ciascuna bestia grande, e per ogni bestia piccola un solo soldo fino a 10 animali piccoli; ma se gli animali piccoli siano stati in più di10, per ognuno di essi, oltre quel numero, sei denari, sotto la pena di 20 soldi che debbono essere pagati per qualsiasi volta  dal trasgressore, né possa essere avere condono.

       5 Rub.110I lebbrosi sono da mandarsi fuori dalla Città.

   Decretiamo ed ordiniamo che il Podestà e il Capitano faccia pubblicamente fare il bando che nessun lebbroso o lebbrosa osi o presuma di stare, abitare, o sostare nella Città di Fermo, o nelle vicinanze di questa Città per 100 canne. E se questo lebbroso o lebbrosa sia stato scoperto\a o fosse trovato\a che sta in questa Città, o nei pressi di questa Città, come detto sopra, il detto Podestà o il Capitano sia obbligato a mandarlo fuori da questa Città e dal confine, sotto pena per il Podestà o per il Capitano e per qualsia altro officiale di 50 libre di denaro se non abbia praticato le dette cose.

       5 Rub.111Le abitazioni da abbattersi a causa di un incendio.

   Se in qualche parte della Città si accendesse un fuoco <incendio>, o sorgesse in qualche abitazione – che Dio lo tenga lontano! – e per questa causa qualche altra fosse stata distrutta e devastata, e sia dagli uomini o dagli officiali della Città di Fermo, affinché detto fuoco non si allarghi alle altre abitazioni vicine, il Podestà, che ci sarà stato nel tempo, sia obbligato e debba far ricostruire, con i beni del Comune, la stessa abitazione distrutta o le abitazioni distrutte in questa occasione, entro un mese dopo che le predette cose si siano verificate. E il Podestà e il Capitano all’inizio del proprio ufficio elegga e faccia eleggere, per qualsiasi contrada, 50 uomini, dei quali uno sia il loro capo. Questi uomini giurino, sopra i santi Vangeli di Dio, all’inizio del governo del Podestà e del Capitano, di soccorrere, e di andare con gli attrezzi, ove detto fuoco si fosse acceso, e dare aiuto, affinché detto fuoco non avanzi. E se qualcuno contrastasse o si opponesse affinché non venisse abbattuta detta abitazione in quei momenti, venga punito con 50 libre di denaro. E se il Podestà e il Capitano non facessero riparare il danno fatto in queste abitazioni devastate, come è stato detto, venga punito e perda dal suo salario 50 libre di denaro. E se qualcuno prendesse furtivamente qualcosa, nel tempo dell’incendio, dai beni delle dette abitazioni, o nel vicinato, costui o costoro possano essere puniti ad arbitrio del Podestà.

       5 Rub.112Le abitazioni da non abbattersi.

   Affinché la Città non sia deformata, decretiamo ed ordiniamo che nella Città o nei borghi della Città di Fermo, o nei Castelli o nelle Ville della Città, nessuna abitazione possa essere distrutta né debba essere devastata in occasione di qualche reato o delitto; ma per le abitazioni dei delinquenti, se la abitazione deve essere confiscata per legge, siano dipinti gli stemmi del Comune di Fermo sopra le porte dell’abitazione entro 10 giorni dopo la confisca e la condanna da fare. Il Podestà e il Capitano pratichi le dette cose e le faccia praticare sotto la penalità del già detto giuramento. A nessuno inoltre sia consentito, per qualche ragione, lamare a terra o distruggere alcuna abitazione esistente nella Città di Fermo, senza il permesso dei signori Priori del popolo, del Vessillifero di giustizia, dei Regolatori e del Gonfaloniere delle contrade, sotto la pena di 50 libre di denaro, da assegnarsi al Comune di Fermo e della ricostruzione della abitazione.

       5 Rub.113Le terre da coltivare nella Città e nel distretto di Fermo.

   Il Podestà della Città  di Fermo, chi vi sarà nel tempo, abbia l’obbligo e debba, con il vincolo del giuramento e sotto la pena di 100 libre, all’inizio del suo officio, far fare il bando nei luoghi pubblici di questa Città, che qualsiasi abitante della Città  di Fermo, sia Cittadino che forestiero, sia obbligato e debba, ogni anno, coltivare o far coltivare da sé, o per mezzo di un altro, nel territorio di questa Città e nel suo distretto, sul suo o sul terreno di un altro, quattro modioli di terreno o di vigna, in modo tale che da ciò abbia la possibilità di ricavare e di raccogliere cereali o vino per lo scopo affinché in questa Città prosperi una abbondanza di cibarie, sotto pena di 10 libre di denaro per qualsiasi trasgressore, per ogni anno. E contro i delinquenti di tale modo, i detti Podestà e suoi officiali abbiano l’obbligo di investigare e di fare la procedura in seguito alla delazione e alla denuncia di chiunque; e per loro officio, una volta al mese, e debbano punire e condannare, sotto la detta pena, coloro che sono stati scoperti colpevoli. E da chiunque possa essere fatta l’accusa e la denuncia, ed abbia la quarta parte della pena. Da questi escludiamo le donne, i fanciulli, gli anziani maggiori di sessanta anni, e le altre persone gravate da malattia o impedite da un’altra giusta causa.

       5 Rub.114I servitori e contrattisti che si allontanano dai padroni prima del tempo garantito.

   Se qualche contrattista, aiutante o inserviente di qualcuno si allontanasse dalla abitazione del suo padrone e dal suo servizio a colui a cui promise di fare servizio, abbia l’obbligo per ogni giorno, nel quale non abbia prestato servizio, se sia stato un uomo, di dare al padrone o al detto patrono 10 soldi di denari. Qualora, in realtà, sia stata una donna, abbia l’obbligo di dare e pagare 5 soldi. E sia lecito a qualsiasi patrono o al padrone di catturare il servo o la serva o un discepolo che si è allontanato da tale servizio prima della fine del tempo promesso, o ricondurre costui o costei alla abitazione, senza pena; e spogliare lo stesso o la stessa e prendere le cose che ha con sé, e se nel catturarlo e ricondurlo bastonasse in qualsiasi modo costui o costei, senza giungere alla morte, <il padrone> non sia obbligato in alcun modo ad una penalità. E il Podestà e i suoi officiali abbiano l’obbligo, a richiesta del patrono di far catturare il servo o la serva che ha abbandonato il servizio, o che voglia allontanarsene o di far incarcerare, come sarà piaciuto al patrono. E il contratto fatto o l’obbligazione fatta al patrono o al padrone dal servo o dalla serva, con il patrono o padrone sul prestare servizio e sullo stare con lui o con lei, abbia valore e rimanga stabile e sia messo in esecuzione; nonostante sia fatta qualche eccezione per la minore età, o per qualche altra eccezione. E qualora sia capitato che un servo o serva percuotesse il padrone o il patrono o i suoi domestici, sia punito e sia condannato nel doppio di quanto i Cittadini venissero puniti, quando si bastonassero fra loro; e questo doppio sia intenda semplicemente per questo caso.

       5 Rub.115Le cassette e altri strumenti di misura del Comune.

   Ordiniamo che il signor Podestà e il Capitano e ciascuno di essi facciano tenere tutte le cassette precise e uguali e le loro misure e capacità, con le quali vengono misurati i cereali; e anche tutte le cassette con le quali il sale viene venduto e misurato; e le “canne” e le “braccia” con le quali viene misurato il panno di lana e di lino; e i barili con i quali il vino viene portato, secondo la misura del Comune. Queste misure del Comune su tutte le anzidette cose, devono essere collocate nella Loggia di San Martino, o altrove, ove sembrerà opportuno ai Priori del popolo. E secondo queste misure del Comune le altre debbano essere uguagliate e misurate; e dopo aver fatta questa comparazione di uguaglianza, queste misure si debbano bollare, e contrassegnare con il bollo del Comune ordinato dai detti signori Priori o dal signor Capitano del popolo o dal Podestà. Se qualcuno in realtà sia scoperto dagli officiali del Comune, o da altri, che non tiene bollate dette misure e con esse vendesse qualcosa, sia punito e condannato, per ciascuna volta, con 100 soldi di denari. E nessuna persona, in qualunque condizione si trovi, osi o presuma, nella Città o nel contado, vendere o acquistare una qualche quantità di vino a misura di barili, se i barili non siano giusti e veri secondo la misura del Comune di Fermo, er bollati con il bollo anzidetto. E nessun costruttore di barili osi o presuma di vendere alcuni barili adatti per il vino, se questi barili non siano stati da lui stesso aggiustati alla detta misura e bollati con il suo bollo. Se qualcuno, poi, in qualcuna fra le dette cose abbia trasgredito, venga punito con la pena di 20 soldi <di denari> per qualsiasi volta e per qualsiasi barile. E nessuno osi tenere barili non giusti e non bollati, come è stato detto, né usare questi stessi non giusti. E chi sia stato trovato tenerli o usarli sia punito con l’anzidetta pena dagli officiali del signor Podestà o del Giudice di giustizia. E ogni officiale, tanto del Podestà quanto del Giudice di giustizia, abbia l’obbligo di indagare e investigare, e punire quelli trovati colpevoli e condannarli, sul fatto, con modalità semplice, alle anzidette pene.

       5 Rub.116Le stadere e gli altri strumenti di misura.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che le “buzole” <cassette per misurare> per il grano di Porto di San Giorgio siano eguali alle “buzole” del Comune di Fermo. Il Podestà abbia cura con apporre il bollo il sigillo o in qualunque altro modo che gli sia stato possibile affinché le stadere e tutte le altre misure e i pesi, i marchi e le libre siano eguali e giusti, nel genere di ciascuna cosa. E se abbia trovato o abbia fatto trovare qualcuna delle dette misure o dei pesi, con la quale pubblicamente si fa commercio, essere falsa o non giusta, il Podestà sia obbligato prelevare a colui che la detiene 10 libre di denaro senza alcuna remissione; e tutti i marchi, e ciascuno di questi stessi siano e debbano essere di dodici once per libra; e abbiano in sé dodici once per ciascuna libra secondo la forma del marco di Lucca. E questa libra non sia minore di dodici once di Lucca. E tutti i marchi con i quali nella Città di Fermo qualcosa viene pesato, siano secondo il modo dei marchi di Lucca, e secondo questi stessi marchi si faccia nel dare e nel prendere. E ciò sia fatto ad opera Consoli dei mercati della Città di Fermo. Vogliamo che una stadera debba essere fatta e stare bene e forbita nella camera del Comune di Fermo; e che debba essere fatta un’altra a somiglianza di quella stessa; e chiunque ha questa stadera ogni settimana debba pulirla. E dal Consiglio generale di questa Città venga eletto un solo uomo per ogni contrada per la “scarfina” <controllo>. E questi eletti debbano fare indagine, vedere e investigare se le misure siano state buone e uguali, e bollate e adeguate. Essi abbiano per la bollatura di ogni stadera soltanto 10 denari. E coloro che abbiano trovato qualcuno che ha una misura falsata o un marco, o altro peso facciano la denuncia al Podestà, e il Podestà sia obbligato a prelevargli la condanna anzidetta. E la cassa debba essere larga sulla bocca quanto è nel fondo, diversamente sia considerata come falsa. E nessuno prenda il dazio per il posteggio da qualcuno che viene o che torna dalla Città di Fermo con qualcuno o con alcuni, e chi abbia trasgredito venga punito con 100 soldi di denari per il Comune; e ciò rimanga tutto nella provvidenza del Consiglio generale.

       5 Rub.117Fare uguali gli strumenti di misura nei Castelli e nelle Ville del Comune di Fermo, anche il modo di misurare i frutti.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che nel Castello di sant’Angelo in Pontano e in qualsiasi altro Castello e Villa della Città di Fermo ci siano e siano fatti <gli strumenti di> misure eguali alle misure del Comune di Fermo, cioè lo strumento della misura dei barili da vino, gli strumenti delle misure dei “metri” per misurare l’olio, le “buzette” <cassette> e le ‘quarte’ per vendere il grano e altre sostanze. E altre misure e i pesi, tutti secondo le misure ed i pesi della Città di Fermo. E nessuno possa vendere o acquistare con altro strumento di misura, se non secondo la misura di questo Comune, facendo le stesse misure eguali; e se qualcuno abbia trasgredito, venga punito per qualsiasi volta a 20 soldi di denari. E il Rettore, che nel tempo lo sarà stato in detto Castello di Sant’Angelo, e negli altri Castelli, abbia l’obbligo di mandare in esecuzione le dette cose con il vincolo del giuramento e sotto la pena di 10 libre di denaro dal suo salario. E su ciò chiunque possa accusare ed abbia la metà della pena; e la stessa cosa sia praticata negli altri Castelli e nelle Ville della Città di Fermo. Quando invece vengono misurate le noci, i fichi e altri frutti o pomi, tanto nella Città quanto nei Castelli e nelle dette Ville, vogliamo che siano misurate in questo modo, cioè che il venditore con un sacco o un altro vaso <contenitore> metta nella “buzetta” <cassetta>, e l’acquirente non metta la mano in essa, pena 40 soldi di denari per qualsiasi volta.

       5 Rub.118Non abbandonare l’incastellamento da qualche castello del Comune di Fermo.

   Decretiamo ed ordiniamo che qualunque castellano sia andato via da qualche Castello del Comune di Fermo, e da lì si sia allontanato con l’intenzione di abbandonare l’incastellamento, e sia andato ad abitare in qualche altra Terra, fuori dal distretto e dal contado di Fermo, venga punito dal Rettore in modo reale e personale a suo arbitrio. E si intenda abbandonare un incastellamento quando dopo l’interrogazione su di lui, non fosse ritornato, entro un mese, ad abitare con la sua famiglia nel Castello da cui sia allontanato. Se poi qualche castellano sia andato via da qualche Castello del Comune di Fermo, ove era solito abitare, e sia andato ad abitare in qualche altro Castello del contado di Fermo, sia obbligato a portarsi indietro e ritornare, entro un mese dopo l’ammonizione fatta su di lui presso il Castello dal quale sia andato via, sotto la pena di 50 libre di denaro. E i Sindaci di detti Castelli abbiano l’obbligo di interessarsi, sotto la detta pena, se qualcuno abbia trasgredito.

       5 Rub.119Sia lecito a coloro che hanno Mulini di prendere l’acqua alla sorgente dal terreno altrui, dove l’acqua viene raccolta per detto molino.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che qualunque Cittadino Fermano avesse un qualche mulino o mulini nel distretto, o nel territorio dei Fermani e <quando> la sorgente dell’acqua dove viene raccolta l’acqua per comodo e per utilità del detto molino, o dei detti mulini, o <quando> un fossato o i fossati di detti mulini fossero devastati dallo straripamento o dalla violenza del fiume o di un’altra qualunque circostanza o caso, colui o coloro dei quali siano stati i mulini o il molino, possano impunemente fare il prelievo dal terreno di colui o di coloro che possiedono <terre> vicino alla sorgente della detta acqua, e vicino ai fossati di tali mulini per il comodo e l’utilità di tali mulini; avendo fatto prima l’estimo e il pagamento del prezzo di questo terreno da chi sia stato il possessore di tale molino o dei mulini a favore di colui di cui il detto terreno sia stato oppure a favore di un altro per conto di costui; e questo estimo deve essere fatto per opera di due “buoni uomini” che debbono essere posti dalle parti, cioè uno per ciascuna parte; e qualora questi non fossero d’accordo sul prezzo, ne sia eletto un terzo dai signori Priori del popolo e dal Gonfaloniere di giustizia della Città di Fermo. Aggiungiamo che nessuno debba distruggere né in qualunque modo devastare le chiuse, i vallati, o i fossati dei mulini esistenti nel territorio di Fermo e nel suo contado col motivo di pescare o per altra occasione, tanto da causare un impedimento per questi mulini o per qualcuno di questi stessi, sotto la pena di 25 libre di denaro. E poiché, per lo più, le cose predette si fanno di notte, il malfattore non facilmente può essere rintracciato, vogliamo che, riguardo alla detta devastazione, sia prestata fede al giuramento del proprietario dei mulini o del mugnaio, o di un altro denunciatore o accusatore con un testimonio che abbia visto e sia prova completa nelle dette cose. E così il trasgressore sia obbligato a risarcire il danno col doppio a favore di chi lo ha sofferto.

       5 Rub.120I mugnai.

   Tutti i Mugnai dei mulini, specialmente delle acque dei fiumi Tenna, Ete, Aso prendano per la molitura un solo coppo soltanto da sedici coppi; tuttavia i signori Priori del popolo e il Vessillifero di giustizia, che vi saranno nel tempo, abbiano l’arbitrio di poter aumentare e diminuire questa molitura secondo il variare delle stagioni. Essi abbiano l’obbligo di pesare o di far pesare i cereali e far riportare la farina bollata senza indugio, a volontà di colui di cui sia stato il grano, o di un suo inviato. E se padrone o il suo inviato non sia stato presente, nondimeno il mugnaio sia obbligato a pesare i cereali o la farina, e riportarla all’abitazione per lui. E se la farina pesata sia stata trovata meno del solito o del modo dovuto, o con questa ci sia qualcosa di chicco di grano, o essa sia crocchiante, o macinata male, o scambiata, i detti mugnai siano obbligati a riparare e a risarcire. E sia lecito a chi ha sofferto il danno subito, trattenere dalle cose del mugnaio, o del suo inviato, che abbia riportato la farina, fino a quando il danno non sia stato risarcito e riparato. E se colui che ha sofferto il danno abbia voluto lasciar fare, e non abbia voluto il risarcimento del danno dal mugnaio, nondimeno il Podestà possa, a suo arbitrio, punir costui fino alla somma di 10 libre di denaro, e sia prestata fede a chi ha sofferto il danno e alla sua semplice parola con l’anzidetto giuramento, ed anche al giuramento di un familiare di colui del quale sia stato l’anzidetto grano. E affinché ogni inconveniente che può esser suscitato nelle dette cose sia eliminato, l’officiale della pesa o del dazio, che è l’incaricato di pesare, sia obbligato a non pesare e a non bollare alcuna farina che il mugnaio abbia voluto riportare all’abitazione di colui, del quale fosse la farina; a meno che il mugnaio, subito dopo la pesatura abbia caricato o abbia messo questa farina sul dorso sopra l’animale con lo scopo di portarla alla abitazione di colui di cui fosse, e allora la bolli e il detto Notaio è obbligato a bollarla, sotto pena di 100 soldi di denari per qualsiasi volta, quando questo Notaio abbia trasgredito, cioè quando la bollasse e non venisse riportata senza indugio e prontamente, come è stato detto. E nessuno mugnaio possa tenere nel molino alcun addetto ‘accattafarina’ se non colui che il padrone del molino abbia voluto e qualora il mugnaio ne abbia un altro, sia punito con 10 soldi di denari. E il Podestà all’inizio del suo governo sia obbligato a far presentare davanti a sé o ai suoi officiali, i mugnai e gli addetti per la farina e ad essi e a ciascuno di essi faccia che sia giurato e sia promesso e per mezzo di un solenne contratto, e per mezzo di fideiussori ricevere da costoro che praticheranno tutte le singole cose contenute in questo capitolo e di non rubare né di consentire ad alcuno di rubare, né commettere qualche frode nella farina o nei cereali nel suo officio del mulino. E qualsiasi mugnaio abbia l’obbligo di tenere bollati un coppo e mezzo coppo, e di questi coppi la “buzula” <cassetta> del Comune sia della capacità di sedici coppi, e tra queste “buzule”, ciascuna “buzula” sia della capacità di quattro quarte; e soltanto su tali cassette e sui coppi i mugnai siano obbligati a prelevare la molitura e non con altre cose, sotto la pena di 40 soldi di denari per qualsiasi volta; e sia prestata fede al giuramento di colui di cui siano stati i cereali o del suo inviato. E il Podestà abbia l’obbligo, ogni mese, di fare che quei coppi dei mulini siano verificati, misurati e investigati se siano stati giusti ed eguali, e bollati, come è stato detto; e qualora ne abbia trovato qualcuno falso e non bollato, punisca per ogni coppo così trovato, o non giusto, con 25 libre di denaro sul fatto, e su queste cose possa essere accusato da chiunque, e l’accusatore abbia la metà della condanna. Se in realtà lo abbia trovato non bollato, ma giusto, lo punisca a 10 libre di denaro. Se in realtà l’abbia trovato bollato e falso, sia punito con 25 libre di denaro, sul fatto, per qualsiasi volta; e chiunque per questo possa fare l’accusa, e fare la denuncia ed abbia la metà della condanna e prelevare altrettanto, sul fatto, a chi fa il bollo. E i mugnai abbiano l’obbligo di portare i cereali al mulino e di non mettere alcun ‘farinello’, se non quel tanto che il padrone del mulino abbia voluto, sotto la pena di 100 soldi di denari. E i padroni dei mulini abbiano l’obbligo di giurare, praticare e di far praticare dai loro mugnai tutte le singole cose dette sopra; e se abbiano trasgredito, di denunciarli al Podestà e alla sua Curia, il quale sul fatto li punisca quelli con le dette pene. Inoltre nessuna persona che ha un mulino in qualche “catasta” (raccolta d’acque) di mulini, né alcun altro, dopo che i canali sono stati posti e allocati in accordo comune e per volontà di coloro che avessero i mulini nella stessa “catasta” dell’acqua, possa abbassare né debba modificare, indebolire o ostruire in qualche modo, qualche canale, o una “composta” (terricciato) per cui l’acqua scorrente da tale “catasta” per tali molini o questi mulini o le loro ‘mole’ possano essere ostacolate in qualche maniera. E chi abbia trasgredito, sia punito sul fatto con 25 libre di denaro, per qualsiasi volta e risarcisca il danneggiato con il doppio del danno. E se i mulini o la “catasta” delle acque dei mulini o il terricciato, o la chiusa o qualcuna di queste siano stati devastati, talmente che ci fosse bisogno di fare riparazioni, se qualcuno tra i consoci abbia voluto fare la riparazione, possa liberamente fare la riparazione a sue spese; purché, tuttavia, gli altri consoci in seguito siano obbligati e, prima che i molini ricominciano a macinare, debbano risarcire queste spese per la rata parte, a colui che abbia fatto la riparazione o abbia fatta fare la riparazione, tali spese, dando fiducia per le spese a colui che abbia fatto queste spese, con il suo giuramento, e ciò debba essere fatto in modo sommario, semplice, e calmo, senza chiasso, né parvenza di sentenza, dopo aver conosciuta esclusivamente la verità. E il Giudice dinanzi al quale sia stata proposta una lagnanza sulle dette cose, possa e debba sul fatto costringere tali consoci alla restituzione delle dette cose, nel modo anzidetto, e ai danni, all’interesse e alle spese che per questa cosa abbia sostenuto colui che abbia fatto tali spese e in particolar modo se il denaro che ha speso per la detta riparazione l’abbia preso ad usura, nondimeno egli debba essere risarcito dai detti soci; e il detto Giudice entro un mese faccia restituire a sé, con esito, la somma propria e i danni. E chi fra i detti consoci, per la parte nelle anzidette spese a lui spettante, si rifiutasse e non lo volesse restituire o non l’abbia restituito, come è stato detto, la parte di quel suo mulino, o della “catasta” dell’acqua dei mulini sia applicata a colui che fabbrica o restaura e fa tali spese per l’intero si addossata colui che la fa. Inoltre questi mugnai, per ogni cereale che abbiano macinato, siano obbligato a prendere la detta molitura. Inoltre qualsiasi mulino o la “catasta” dell’acqua dei mulini abbia un suo difensore delle “taglie” (quote) quanto è per consuetudine da quella parte, dove venga arrecato meno danno, che non impedisca agli altri mulini che stanno sopra e per quelli sotto, quando venga fatto qualcosa per una riparazione, o per i “cessorio” (fuoruscita) di tale “catasta” d’acqua dei molini, dove macinino di meno. In realtà i proprietari dei mulini che non hanno le dette cose, siano puniti con 100 soldi di denari, per ciascuno. Inoltre ogni corso <d’acqua> dei mulini debba tenere e avere un Capitano per le riparazioni da farsi sui mulini e sui corsi d’acqua dei mulini, e i padroni dei mulini debbano eleggere costui entro il primo mese di governo del Podestà. E il Podestà costringa questi stessi a fare la detta elezione, e questi proprietari dei mulini siano obbligati e debbano obbedire in tutte le cose e per mezzo di tutte le cose a questo Capitano per il comodo e per l’utilità e per la riparazione o la risistemazione di questi mulini e dei corsi d’acqua, e per le altre cose necessarie di questi stessi mulini. E colui che sia stato il Capitano degli anzidetti possa imporre una condanna fra gli stessi nell’occasione dell’officio dei mulini, fino a 5 soldi di denari per qualsiasi volta, e ciò ogni qualvolta a lui sembrerà opportuno; e il Podestà, a richiesta di questo Capitano, sia obbligato a riscuotere sul fatto tale condanna. Inoltre in ogni “catasta” dell’acqua dei mulini ci deve essere un solo custode, che debba custodire i mulini di tale “catasta” e costui debba essere eletto da coloro stessi dei quali sia stata la “catasta”. Inoltre se qualcuno mandasse i detti cereali al mulino con il suo somaro, i Mugnai non possano ricevere se non soltanto un solo coppo raso per ogni salma di grano, o di un altro cereale, sotto la pena di 40 soldi di denari per qualsiasi volta quando egli abbia trasgredito, e sia obbligato a restituire il cereale che ha preso in più, e sia prestata fede al giuramento di colui che sia andato con detta salma di cereali. Inoltre nessun Mugnaio o qualsiasi altro osi spezzare o rompere o far spezzare qualche chiusa dei mulini o del fossato di qualche mulino, sotto la pena e con la pena posta sopra sul <precedente> prossimo capitolo. Inoltre i mugnai possano e debbano prendere la molitura da colui a cui la biada appartiene, o dal suo inviato a misura rasa con la rasura fatta con un legno o con un ferro, prima che il cereale venisse pesato, sotto la pena di 100 soldi di denari, e sia obbligato a rendere la farina di quel cereale nel peso, entro tre giorni, da calcolarsi includendo il giorno in cui è stata accolto il cereale, sotto la pena di 40 soldi di denari Inoltre nessun mugnaio osi restare presso il “bussolo” del Comune dove i cereali sono venduti o acquistati, fino all’ora nona, sotto la pena già detta. Inoltre ogni Mugnaio sia obbligato a portare, ogni sera, all’abitazione del padrone del mulino, la molitura di quel giorno e della notte precedente, senza alcuna frode, sotto la detta pena. Inoltre tutti i Mugnai siano obbligati fare e provvedere che i mulini macinino di continuo, di giorno e di notte, pena 100 soldi di denari qualora, per colpa loro siano stati fermi, e siano obbligati a risarcire ed emendare il danno che i padroni dei mulini abbiano sostenuto e su ciò ci si attenga al giuramento dei padroni dei molini. Inoltre i Mugnai, ogni anno, siano obbligati e debbano fare qualche Capitano nel motivo di fare un cero nella festa di Santa Maria del mese di agosto; e siano obbligati a fare questo cero ogni anno, e allora il detto Capitano comandato a ciò perduri per quel mese soltanto, e non di più, sotto la pena di 100 soldi di denari per qualsiasi volta e per ognuno. E su qualunque dei già detti capitoli chiunque possa far un’accusa ed abbia la metà della condanna; e tutte le singole cose qui sopra scritte si intendano ed abbiano vigore per tutti i Mugnai della Città, e del distretto e per tutti i mulini della Città e del distretto.

       5 Rub.121I beccai ed i macellai.

   Decretiamo ed ordiniamo che per nessun Beccario <Macellaio> o Macellatore della Città di Fermo, qualche animale o qualche bestia, che debba essere venduta, resti o la faccia restare in qualche macelleria, per lo stato o per il vento o per qualche altra astuzia, sotto la pena di 100 soldi di denari da riscuotere dal trasgressore, sul fatto. E nessun Macellaio getti o faccia gettare il sangue, il marciume o qualche altra cosa immonda in qualche luogo, nelle piazze o nelle altre vie pubbliche o in luoghi ove possano rendere un cattivo odore a coloro che vi soggiornano e a coloro che dimorano negli alloggi, né dinanzi a detti alloggi o magazzini, sotto la pena di 20 soldi di denari da riscuotersi sul fatto. E nessuno bruci o faccia bruciare una animale porcino nella piazza del Comune né avanti agli alloggi della piazza, ma soltanto entro i detti loro alloggi, sotto la pena di 20 soldi da riscuotersi sul fatto. E nessun Macellaio acquisti carni morticine o malate né qualche bestia malata a motivo di rivenderla, neppure le rivenda a qualcuno, in alcun modo, sotto la pena di 10 libre di denaro per ciascuno e per qualsiasi volta da riscuotersi sul fatto. E nessun Macellaio venda un <dato> genere di carni al posto di altre carni: cioè carni malate per sane, quelle di scrofa per carni di maiale, di pecora per carni di castrato, di castroni per carni di capra, e così sulle simili, sotto la pena di 100 soldi di denari da riscuotersi sul fatto. E tutti i Macellai abbiano l’obbligo di scuoiare le carni di scrofa quando le tenessero per vendere in modo che si possano distinguere dalle carni di maiale, sotto pena di 20 soldi di denari, da riscuotersi sul fatto. Ma non debbano scuoiare le carni di maiale, se non quelle che colui che vuole acquistarle abbia chiesto di scuoiarle, eccetto per i maialini castrati per scuoiare i quali non abbiano l’obbligo. Inoltre questi Macellai siano obbligati a dare e vendere ad un giusto e buon prezzo le carni che abbiano venduto, sotto la pena di 10 soldi di denari per qualsiasi oncia di carni che abbiano dato in meno e su ciò sia data fede alla relazione dell’officiale, se egli stesso lo abbia scoperto, o anche al giuramento dell’acquirente. Inoltre questi Macellai abbiano l’obbligo nei mesi di maggio, giugno, luglio, agosto e settembre di vendere carni fresche, propriamente di quel giorno, nel quale abbiano macellato gli animali, ma da quel giorno in avanti; e dopo quel giorno, in cui le abbia macellate, non possano, neppure debbano vendere quelle carni, nei detti mesi, sotto pena di 20 soldi di denari, per qualsiasi volta, e per ognuno, da riscuotersi sul fatto. Negli altri mesi, in verità, possano e debbano vendere queste carni, e in quel giorno nel quale abbiano macellato e nel seguente, tuttavia non possano venderle né macellare nei giorni o nelle festività principali, sotto la pena di 20 soldi di denari. E siano eletti due uomini ad opera dei signori Priori del Popolo e del Vessillifero di giustizia, l’ufficio dei quali duri soltanto due mesi ed abbiano dal Comune, per loro salario, 20 soldi di denari per ciascuno; e l’officio di costoro sia tale, cioè che questi stessi abbiano l’obbligo di valutare tutte le carni. E affinché il modo di vendere venga posto meglio nelle loro valutazioni debbano far conoscere al signor Podestà e al signor Capitano o ai loro officiali e ai detti signori Priori e al Gonfaloniere, e secondo ciò che sia stato deliberato, così questi Macellai abbiano l’obbligo di vendere. Inoltre gli officiali di qualsiasi Rettore siano obbligati a tenere un paio di bilance e l’arnese ‘marco’, e il Tesoriere del Comune sia obbligato a consegnare ad essi queste e questo e a pesare e a controlla i pesi delle carni che fanno questi macellai, a richiesta di qualunque richiedente, ed anche secondo il proprio officio, se siano state pesate giustamente o no; e se abbiano scoperto qualcuno fra essi che non pratichi l’ordine e il detto modo, lo puniscano e condannino sul fatto alle dette pene. E se questi officiali siano stati negligenti nelle dette cose, o abbiano commesso una frode, debbano essere condannati a 10 libre di denaro durante il tempo del sindacato. E nessun Macellaio possa né debba vendere il pesce fresco, ma solamente i pescatori, né questi Macellai possano o debbano stare insieme con questi pescatori a vendere pesci né vicino ad essi né istruirli, sotto la pena di 10 libre di denaro. E nessun Macellaio mentre vende le carni osi pesare insieme con queste carni, né dare a peso la testa, o i piedi, o le unghie (di porco), né i visceri di alcun animale. E qualora qualcuno volesse le cose separate per sé, e non messe insieme con le altre, siano obbligati a darle al modo delle altre carni, ma ad un prezzo minore, sotto la pena di 20 soldi di denari da riscuotersi sul fatto. E nessuno Macellatore possa né debba salare le carni di maiale, fino all’ottava di san Martino, e chi abbia trasgredito sia punito sul fatto, a 20 soldi di denari e perda le carni. E a nessun Macellaio sia lecito porre qualche asse o banco oltre il consueto banco, avanti alla bottega ove lo stesso macellaio stesse stabilmente, sotto la pena di 20 soldi di denari da riscuotersi sul fatto. Inoltre a nessuno sia lecito stare a vendere o macellare carni al di fuori del banco della bottega, ma per <fare> questo sia obbligato a rimanere entro i detti ‘banchi’ del locale, sotto la pena di 20 soldi di denari per ognuno di loro da riscuotersi sul fatto. Inoltre ogni Macellaio che abbia arrostito una piccola scrofa per una porchetta, e questa avesse fatto qualche “feta” (filiazione) questo Macellaio sia punito e chiunque altro che facesse ciò e <la> vendesse per porchetta, con <pena> 40 soldi di denari. E nessun Macellatore debba tenere le carni avvolte nelle pelli dopo che siano state scuoiate, sotto la pena di 40 soldi di denari da riscuotersi sul fatto. E se qualcuno fra i Macellai abbia trasgredito in qualcuno di questi capitoli paghi le pene già dette, e nondimeno perda le carni; e ciò non sia intenso per i capretti o per gli agnelli. Inoltre a nessun Macellaio sia lecito fare o vendere carni nelle vigilie delle festività della Beata Maria Vergine o nelle vigilie degli Apostoli e delle Quattro “Tempora” <stagioni>; e chi abbia trasgredito paghi una pena di 100 soldi da riscuotersi sul fatto. E possa essere accusato e denunciato da chiunque e l’accusatore o il denunciatore abbia la metà della condanna. E ciascuno di questi Rettori sia obbligato a investigare e a punire sul fatto i colpevoli scoperti. Inoltre i Macellai siano obbligati a vendere tutte le carni, eccetto i capretti, a libra ed a peso secondo il modo detto, cioè i signori Priori del popolo, e il Vessillifero di giustizia, il Podestà e il Capitano, che vi saranno stati nel tempo, o quelli che sono interessati in modo particolare, siano obbligati e debbano in proprio nome, una volta nei singoli mesi, verificare la condizione delle carni, facendo acquistare sulle singole carni, o sugli animali, e facendo esami e indagini su tutte quelle che vengono usate nel tempo, in ogni modo col quale potranno con più sicurezza e debbano sapere e vedere tramite la detta esperienza, per quanti denari una libbra di quelle carni può essere data, e secondo le condizioni che abbiano trovato. E affinché questi Macellai possano dalla loro arte comodamente guadagnare, abbiano reddito, fissino il costo, come a loro sembrerà che convenga; e decidano su ciò, al più ogni singoli due mesi, per quanto prezzo debbano dare le libre di qualsiasi tipo di carni: purché una libbra sempre debba essere dodici once almeno; e secondo tale valutazione di estimo, la rendita e il comando, i macellai siano obbligati a vendere le carni, sotto la pena di 20 soldi di denari per ciascuno, e per qualsiasi volta da riscuotersi sul fatto. I signori Priori e il Vessillifero di giustizia siano obbligati di dare il prezzo valutato e il provento, entro i 10 giorni iniziali del loro officio, sotto la pena di 10 libre di denaro per ciascuno da riscuotersi nel tempo del loro sindacato. E nessun Macellaio osi vendere alcune carni senza la valutazione, l’estimo e tale provento ad essi data, sotto pena di 100 soldi di denari, per qualsiasi volta, da riscuotersi sul fatto. Il Notaio del Podestà e del Giudice dei danni dati debba investigare, indagare, e punire come sopra per queste cose; e questi Macellai possano essere accusati da chiunque, e l’accusatore abbia la metà della condanna.

       5 Rub.122I pesci da vendere.

   I Cittadini Fermani o i distrettuali, e anche forestieri possano portare pesci freschi alla Città di Fermo con motivo di venderli, tuttavia in modo tale che tutti i pesci, subito dopo che li abbiano posti sul banco, nello stesso tempo li tengano nel banco per vendere pubblicamente, non però dentro la porta della bottega, ma al di fuori, sotto la pena di 20 soldi di denari da riscuotersi sul fatto, e se abbia trasgredito sul fatto perda anche i pesci. E chiunque prenderà pesci nel mare o nei fiumi per vendere, dal Tronto fino al Potenza, sia obbligato a portarli alla Città di Fermo, e venderli nella piazza di San Martino e praticare le anzidette cose, conformemente alla detta pena. E a chiunque, tanto Cittadino quanto forestiero sia lecito di portare pesci a vendere nella Città di Fermo; purché debbano vendere tali pesci secondo la forma di questo capitolo. Tuttavia qualora essi non potessero vendere secondo la loro volontà, siano impegnati a venderli come possono in modo tale che siano venduti completamente in questa Città, dopo che li abbiano portato in questa Città, sotto la già detta pena. E nessuno acquisti o possa acquistare i pesci, se non per il cibo suo e della sua famiglia presso il Porto di San Giorgio, non altrove lungo la riva entro gli anzidetti confini, ma tuttavia coloro che abbiano voluto debbano fare l’acquisto soltanto nella Città di Fermo, sotto la pena di 100 soldi di denari, da riscuotersi sul fatto dal venditore e dall’acquirente e per ognuno degli stessi che abbia trasgredito da sé o per mezzo di altri. Tuttavia chiunque possa vendere o acquistare pesci cotti o salati, non in realtà altri <pesci>pesce d’altro modo, sotto la già detta pena. E tutti i pesci freschi e da qualsiasi parte piano provenienti nella Città di Fermo o al Porto di San Giorgio, o siano stati consegnati dai pescatori o da altri, debbano essere venduti al minuto dagli stessi portatori soltanto e non da altri. E a nessuno Fermano, o ad altri possano essere venduti questi pesci, né una loro parte con il motivo di portarli fuori Città per vendere al minuto al altri. Facendo salvo ciò che sia lecito e sia stato lecito agli abitanti del contado (o comitativi) e del distretto (o distrettuali) di acquistare a motivo di vendere ad altri comitativi, al minuto, per uso, per cibo e per necessità loro o della loro famiglia. E chiunque abbia portato pesci cotti o pesci congelati alla Città di Fermo o al Porto, soltanto colui che li porta, non un altro, possa e debba venderli, al minuto. E questo venditore sia obbligato, mentre si trovasse a vendere i detti pesci nella piazza, ad avere davanti a sé una bella Tovaglia e di non toccare con le sue mani, né fare alcuna sporcizia, né esercitare qualche turpe opera, nel momento che abbia venduto pesce congelato, sotto la pena di 20 soldi di denari. E non sia consentito ad alcun forestiero il vendere questi pesci, all’ingrosso, per portarli fuori dalla Città, sotto la pena di 100 soldi di denari, da riscuotersi sul fatto dall’acquirente e dal venditore e da chiunque di essi, e per chiunque in solido, e per il fatto stesso perda e debba perdere gli stessi pesci che pervengano al Comune di Fermo. Inoltre a nessuno sia lecito vendere pesci freschi nella Città di Fermo, se non a quelli che li abbiano presi con la propria barca; e chi abbia trasgredito sia punito sul fatto a 40 soldi di denari, per qualsiasi volta. Inoltre qualsivoglia abitante del Porto di San Giorgio nella abitazione propria o affittata, debba avere un solo posto di vendita sulla riva, o uno fra due vicini e una rete per pescare; e nel tempo quando il mare sarà stato calmo, abbia l’obbligo di pescare, e portare in Città il pesce che abbia preso per vendere, sotto la detta pena. E tutti e i singoli pescatori del Tronto fino Potenza siano obbligati e debbano portare alla Città di Fermo tutti i pesci che abbiano preso per vendere, così tuttavia che sia lecito a qualsiasi pescatore trattenere questi pesci per suo cibo, se abbia voluto. E sia anche lecito fare la vendita a tutti gli uomini di quel Castello da dove il pescatore proviene, se il Castello sia stato dentro le dette senaite <confini>, e portare i restanti pesci alla Città di Fermo, senza alcun intervallo <di tempo> e senza alcun altra consegna dei pesci, quanto, come è stato detto sopra; né osi portare o mandare questi pesci altrove che <non> alla Città  di Fermo, sotto la pena di 10 libre di denaro, per ciascuno e per qualsiasi volta, da riscuotere sul fatto; e i pesci siano perduti, per il fatto stesso, e arrivino al Comune. Sia anche lecito a chiunque ricevere impunemente i detti pesci che un altro portasse o prelevare da costui. Inoltre ogni forestiero che viene qualche volta al Porto di San Giorgio con le reti, e con barche per pescare, sia obbligato e debba scaricare in detto Porto tutti i pesci che prenderà, e senza alcun intervallo trasportare questi pesci alla Città di Fermo, e non portarli in un altro luogo; e se abbia trasgredito, perda per il fatto stesso pesci e barca, e siano assegnati al Comune di Fermo. Inoltre l’albergatore o chi accoglie qualche forestiero che viene per pescare al detto Porto abbia l’obbligo e debba dichiarare a lui e dirlo, affinché pratichi le cose già dette; altrimenti se non lo abbia detto, lui sia obbligato e debba risarcirgli ogni danno, che soffrisse da ciò. E la stessa cosa diciamo per il Capitano del Porto, che a costui debba dar informazione. E gli storioni e i pesci grandi o grossi oltre 20 libre, si rimarranno nelle piazze dall’ora terza in avanti, si vendano al minuto, a libra, secondo l’estimo di due uomini buoni e legali fra quelli che  ci saranno per le entrate dei Macellai. Inoltre chiunque pesca i pesci dal Castello di San Benedetto fino al Porto di S. Giorgio ed anche per tutto il distretto di Fermo, debba portarli alla Città di Fermo, e venderli in questa Città, sotto la pena di 10 libre di denaro da riscuotersi sul fatto da ciascuno e per qualsiasi volta; tuttavia possa trattenere per sé o per uso della sua famiglia e venderli agli uomini dei detti Castelli per loro o per uso delle loro famiglie. E quelli di San Benedetto, di Grottammare, di Marano, di Boccabianca possano vendere i pesci per tutto il giorno, quando essi stessi li abbiano presi e portano soltanto e non di più, sotto pena 10 libre di denaro per qualsiasi trasgressore e per qualsiasi volta, da riscuotersi sul fatto. Inoltre chiunque che porta pesci freschi per vendere, debba venderli nella piazza di mezzo, o di San Martino o di San Bartolomeo o di San Zenone; purché non li vendano nei borghi dei Macellai. Inoltre nessuno, che sia stato un Macellaio, possa né debba vendere, o comperare con il motivo di rivendere alcuni pesci freschi nella Città, e nel distretto di Fermo, né osi sostare presso o vicino ad una panca dove vengono venduti pesci da qualche pescatore durante il tempo in cui vengono venduti pesci in tre panche, o in altrettanto spazio; né avere qualche barca o una rete per pescare, né pescare con essi, eccetto il tempo di Quaresima, ed eccetto se abbia voluto tutta la barca, comperandola per pescare al di qua del Tronto e sino sopra il Potenza e con essa pescare dovunque e prendere pesci, e comperare da chiunque e portarli alla Città di Fermo, e venderli in questa Città, nel modo e nella forma già detti e non in altro luogo. E se qualcuno dei già detti abbia trasgredito, in qualcuno dei detti casi, venga punito con 10 libre di denaro qualsiasi volta e per ognuno, e possa essere accusato da chiunque e l’accusatore abbia la metà della condanna. E quelli che sono o saranno i controllori dei Macellai, siano e si intendano come controllori dei pesci e dei venditori di pesci. E questi controllori facciano indagini sollecitamente se si sia trasgredito ad opera di qualcuno, qualora abbiano scoperto qualche delinquente, subito lo debbano denunciare al signor Podestà o al Capitano, si usi piena fiducia alla denuncia di costoro o di una denuncia senza altra prova. E il Podestà o il Capitano debbano condannare nelle pene già dette i trasgressori; e i controllori debbano avere la metà di queste pene della condanna. E se qualcuno di questi stessi abbia commesso frodi nel tale loro officio, siano condannati dal signor Podestà e dal signor Capitano con 10 libre di denaro. Va aggiunto che i pesci freschi si debbano vendere prima dell’ora nona nel periodo estivo. Nel tempo invernale, in realtà, si possono vendere per tutto quel giorno: dall’ora anzidetta in avanti, l’officiale sia obbligato a buttare e far cadere i pesci sulla piazza, e a chiunque sia lecito prenderli e portarli via. E sia affidato all’arbitrio del Rettore dire quando sia considerato tempo estivo e invernale. In realtà possano e debbano essere venduti questi pesci secondo la decisione, la disposizione, la volontà del Podestà, del Capitano e degli estimatori, dei quali verrà parlato in seguito, quando costoro siano stati eletti, o di altri, che essi stessi o qualcuno di questi stessi abbia voluto incaricare, sia per il prezzo che per il peso. E se qualcuno abbia trasgredito, per ognuno e per qualsiasi volta venga punito a 10 libre di denaro. E i signori Priori e il Gonfaloniere di giustizia abbiano l’obbligo e debbano eleggere due estimatori per fare l’estimo dei detti pesci durante il tempo del loro governo, quando vengono eletti i Consoli dei mercanti, e l’ufficio di questi estimatori duri per due mesi, e siano eletti per contrada in modo successivo, e colui che per una volta sia stato in questo officio, non possa stare nello stesso fino ad un anno, sotto pena per i detti signori Priori e per il Gonfaloniere, qualora abbiano trasgredito, di 10 libre di denaro per ciascuno. E questi estimatori siano i controllori nel controllare le carni sopra i macellai. E chiunque sia stato Podestà o Vicario nei Castelli di Grottammare, Torre di Palme, Marano, S. Benedetto e Boccabianca, abbiano l’obbligo di far venire alla Città di Fermo, per la vendita, tutti i pesci che vengono pescati dagli uomini e dai pescatori di questi Castelli o di altri luoghi: purché tuttavia sia lecito ad essi trattenere la quarta parte degli stessi pesci, se l’abbiano voluto, negli stessi Castelli per il loro vitto. E ciò sia inteso per i detti Castelli, a meno che dal concilio di Fermo venissero presi provvedimenti in modo diverso.

       5 Rub.123I fornai.

   I fornai per il loro compenso per il ‘fornatico’ (compenso di produzione) possano prendere per ogni centinaio quattro panetti dalla quantità di pane che abbiano cotto, non tra i più grandi né tra i più piccoli ma tra i mezzani; per le torte, in realtà, possano prendere un solo panetto per ogni centinaio. E secondo questa razione, costoro, fornaie o fornai o tortaie ricevano in proporzione; e se abbiano trasgredito questi stessi, o qualcuno di essi, sia punito, sul fatto, con 20 soldi di denari per ognuno e per qualsiasi volta. Tuttavia i signori Priori e il Gonfaloniere di giustizia possano secondo il variare dei tempi (stagioni) e secondo il valore delle cose, decidere, ordinare e stabilire che costoro fornai o tortaie possano prendere un maggiore o minore quantità di panetti, come a loro parrà o piacerà. E se il pane, per negligenza o per difetto del fornaio venisse perduto, o non cotto bene, o cotto in parte, i fornai siano obbligati a restituire e risarcire; e in queste cose sia prestata fede alla semplice parola del padrone o della padrona di cui il pane sia stato, o del loro inserviente, senza alcun giuramento. E il Podestà o il Capitano siano obbligati di far giurare tutti i fornai e con un solenne contratto promettere, e da ogni loro uomo o donna, ricevere idonei fideiussori o garanti di praticare tutte le singole cose contenute in questo capitolo, e di svolgere l’officio dell’attività del forno in buona fede e senza frode, secondo la forma del capitolo anzidetti e sotto la pena contenuta nel presente capitolo. Inoltre ogni padrone del forno sia obbligato a avere un camino nel suo forno, o nella bocca del forno, da dove esca il fumo al culmine (tetto) dell’abitazione, in modo tale che i vicini da quel fumo non possono avere alcun danno, né ricevere un pericolo, sotto la pena di 100 soldi di denari. Inoltre questi fornai siano obbligati a cuocere il pane per ciascuno che lo manda o lo porta al suo forno, a richiesta di chi lo manda o lo porta, se a lui abbia detto prima l’ora opportuna, con tutta la legna propria, e senza ricevere nient’altro per la cottura di questo pane, se non soltanto il predetto compenso ‘fornatico’; e se chiedesse qualche altra cosa  in questa occasione, o rifiutasse di effettuare la cottura, venga per il fatto punito con 100 soldi di denari, e circa le dette cose sia prestata fede a colui del quale sia stato il pane o colui che abbia portato il pane a forno. E ogni fornaio abbia una fossa nell’abitazione, nella quale ha il forno, per mettere in essa carboni accesi o la brace del fuoco, e in essa debba radunarla, in modo tale che non possa arrecarsi alcun danno quando vi sarà stato il vento, che possa portare il fuoco a un ceppo, sotto la detta pena. E ogni tortaia, o fornaia o chiunque altra che abbia portato pane al forno, sia obbligata a riportarlo e riconsegnare, dopo che sia stato cotto, all’abitazione di colui del quale sia stato il pane, interamente quanto ne sia stato, senza diminuzione alcuna, sotto la pena di 20 soldi di denari per ognuno e per qualsiasi volta. E chiunque ha un forno nella Città, sia obbligato e debba, dopo portato via il pane, chiudere con chiavistello questo forno, soprattutto di notte, sotto la detta pena. E nessuna donna osi filare nella abitazione ove ci fosse un forno, né portare in tale abitazione una rocca, sotto la pena di 5 soldi di denari per ogni trasgressore e per qualsiasi volta. E il trasgressore su ciascuno dei detti capitoli possa essere accusato da chiunque e l’accusatore abbia la metà della pena.

       5 Rub.124I panificatori e venditori di pane.

   Nessuna persona venditrice ossia panificatrice permetta a qualcuno di toccare il pane nel paniere o cesti o in altro luogo nel quale tiene il pane per vendere, né lei stessa lo tocchi, se non con le mani lavate, ma abbia e sempre debba avere sopra il pane una tovaglia bianca e un bastone piccolo e sottile, della lunghezza di un piede, o quasi, con il quale coloro che vogliono acquistare il pane, possano toccare e capovolgere scoprendolo; e se il tale che vede il pane, abbia voluto detto pane, la venditrice, o la panificatrice gli dia il detto pane, cioè quello che lo vuol e che abbia toccato col bastone; e dopo che questo pane sia stato preso in mano o nel grembiule, o altrove dall’acquirente, non possa essere ricollocato nel detto cesto. Inoltre nessuna panificatrice o venditore osi tenere qualche maiale in piazza, e se abbia trasgredito in queste cose, venga punito sul fatto con 20 soldi di denari per ciascuno e per qualsiasi volta. Inoltre a nessuno dei già detti sia lecito acquistare cose commestibili prima dell’ora nona per rivenderle, sotto la pena di 20 soldi di denari. Inoltre a nessuno dei già detti, neanche ad altri sia lecito, mentre stesse a vendere il pane o le verdure, tenere una rocca o una conocchia né filare mentre stesse per queste cose; né per mettere ad alcuna che fila di stare con sé mentre vendesse le dette cose, né gli permetta di toccarle, sotto la pena già detta. E nessuna di queste, né alcun’altra donna, possa portare una conocchia nella piazza del Comune o nelle piazze, con la pena già detta di 20 soldi. Inoltre queste panificatrici e chiunque di altri venditori del pane siano obbligati a vendere il pane secondo la disposizione e l’ordinamento da farsi dai Regolatori del Comune, sotto la pena di due soldi di denari per ciascun pane, se non sia stato del peso ordinario; e debba perdere i pani, e debba esser dato, tramite l’officiale, ai carcerati o ai catturati. I Regolatori d’altra parte nel fare tale disposizione o ordinamento abbiano sempre considerazione del valore del grano secondo il corso del tempo. Inoltre nessuna panificatrice, venditrice, macellaio o chiunque altro che stesse o abitasse, o avesse dimora nei locali o nelle abitazioni dal corridoio che fu un tempo del signor Matteo Ugolini fino alla Torre che fu un tempo di Nicoluccio Ruggeri, osi acquistare volatili, lepri o altri <animali> selvatici, né tenere da vendere le loro carni né vendere, sotto la pena di 20 soldi di denari per ognuno, e trasgressore possa essere accusato e denunciato da chiunque e l’accusatore o il denunciatore abbia la metà della pena, e sia prestata fede al giuramento dell’accusatore o del denunciatore.

       5 Rub.125Commestibili che non possono essere acquistati entro i confini della Città.

   Inoltre vogliamo che a nessuno sia consentito comperare o far comperare fuori la Città o dalle sue mura, entro questi confini, cioè da Grottazzolina a Poggio Rainaldo dentro verso la Città di Fermo, e da Torre di palme dentro, cose commestibili con il motivo di rivenderle. E chi abbia trasgredito sia punito per il fatto stesso con 20 soldi di denari. E a nessuno sia consentito comprare o far comperare per suo conto o tramite un altro, con ilo motivo di rivendere polli, uova, formaggio, o alcune cose commestibili, in qualche altro luogo entro i detti confini, o fuori la Città, sotto la detta pena. Sia possibile, in realtà, dentro la Città, dopo l’ora nona, e non in modo diverso, nella detta pena, da riscuotersi sul fatto e per qualsiasi volta e per ogni trasgressore. E in ogni contrada venga eletto dai signori Priori e dal Gonfaloniere di giustizia, che ci saranno nel tempo, un solo uomo che sia il custode delle dette cose e denuncerà i trasgressori, e sia prestata fede al giuramento di ciascuno di questi stessi, ed abbia la metà della pena. E nessuno possa mettere il “cottimo” (dazio) sui frutti prima dell’ora nona, sotto la detta pena da riscuotersi sul fatto. E il Podestà abbia l’obbligo di investigare sulle già dette cose, e punisca i colpevoli scoperti con le già dette pene.

       5 Rub.126Il modo e la forma da offrirsi agli ospitatori.

   Inoltre Decretiamo che il Capitano o il Podestà insieme con i signori Priori e il Vessillifero di giustizia della Città di Fermo siano obbligati ad eleggere due buoni uomini e legali con età maggiore di 40 anni della Città di Fermo che debbano presiedere acciocché gli strumenti di misura degli ospit(ator)i che vendono biade al minuto, cioè le cose da offrire ai cavalli, siano bollati con il bollo del Comune, e acciocché coloro che ospitano diano ad essi il modo e la regola per vendere le cose da offrire, e secondo la misura e la regola che da questi sono date a loro e comandate da questi, così sia messo in esecuzione. E il Podestà il Capitano facciano eseguire quello che sia stato comandato da costoro, sotto la pena di 25 libre di denaro da trattenere dalla loro paga. E se qualche ospite sia stato scoperto trasgredire la regola e la misura comandate o prevaricare, sia con 100 soldi di denari per ciascuna volta. E se i detti due eletti siano stati negligenti nell’esercitare il loro ufficio, ciascuno di essi sia punito con 100 soldi di denari. Ed abbiano e debbono avere per loro salario 20 soldi di denaro per ciasuno e il loro ufficio duri sei mesi.

       5 Rub.127Nessuna persona prenda come ‘tenuta’ un possedimento del Comune.

   Inoltre Decretiamo che nessuna persona, in qualsiasi condizione e stato stia, osi o presuma, in alcun modo o potere, a causa di qualche debito, prendere o accettare, come ‘tenuta’ o possesso, d’autorità propria, né comperare i beni del Comune di Fermo: e cioè i prati, le altre cose, le fornaci, le <fosse> ‘carbonarie’, le fontane e il terreno delle fontane, gli stagni o altri beni immobili, o Castelli del Comune di Fermo. E chiunque nei tempi passati, avesse asportato questi beni con possesso, abbia l’obbligo di assegnarli e di rilasciarli ai signori Priori del popolo, e al Gonfaloniere a favore del Comune di Fermo entro 10 giorni dopo la condanna; e il trasgressore sia condannato con 50 libre di denaro, e la ‘tenuta’ presa su tali beni sia per il fatto stesso nulla e stia senza alcuna validità; tuttavia eccettuando il diritto proprio per chi l’ha presa se gli compete qualcosa contro quelli. E il Podestà e il Capitano siano obbligati, all’inizio del loro ufficio, di pubblicizzare che le dette cose siano inviolabilmente praticate.

       5 Rub.128 – Aiuto da darsi per coloro che vogliono fare una cisterna.

   Colui che fa o che fa fare una qualche cisterna entro le mura della Città, per la quale vengono spese 25 libre di denaro o più, colui che la fa deve avere dal Comune libre 10 di denari come contributo. E se qualcuno facesse una cisterna in questa Città, per la quale venissero spese quindici libre di denaro, per lui il contributo del Comune sia la terza parte.

E a nessuno debba essere fatto il pagamento, se. prima la cisterna non sia stata completata; ma dopo che questa è completata, il Podestà sia obbligato a fargli il pagamento, sotto la pena di 100 libre di denaro. E chiunque abbia fatto una cisterna in modo particolare, non sia obbligato a concedere un contributo per le cisterne delle contrade o per quelle da farsi dal Comune. Se qualcuno, abbia ricevuto, in passato, o riceverà in futuro qualche somma di denaro per una cisterna che non abbia completato, debba essere condannato a 10 libre di denaro, e sia obbligato a restituire col doppio il denaro ricevuto per tale motivo. E il Podestà e il Giudice di giustizia facciano una indagine sulle dette cose e possano sul fatto richiedere ai trasgressori questi soldi così ricevuti e prenderli per il Comune.

       5 Rub.129Vino e mosto da portarsi in Città, e sicurezza per coloro che vengono in questa Città per comperare tale vino e mosto.

   Inoltre decretiamo che sia lecito a tutti gli uomini dei Castelli e delle Ville del distretto di Fermo portare o far portare il loro mosto o vino, che abbiano ottenuto dai loro frutti, alla Città di Fermo o al Porto di San Giorgio, nei singoli anni, nonostante che qualche statuto del Comune di Fermo parli in modo contrario. Noi vogliamo che questo statuto, da questo momento deve essere di nessuna importanza, né efficacia, né validità. Inoltre decretiamo ed ordiniamo che chiunque abbia voluto venire nella Città di Fermo per acquistare o per portare il vino o il mosto al di fuori dalla Città di Fermo, vengano liberamente e tranquillamente e dimorino in questa, Nonostante alcune rappresaglie <rivalse> concesse o da concedersi; e il Podestà e il Capitano siano obbligati a pubblicizzare ciò nel giorno di mercato e in tempo opportuno.

       5 Rub.130Calce, pietre, sabbia, mattoni, coppi e i fornaciai.

   Decretiamo che i fornaciai abbiano l’obbligo di vendere la calce con quella misura con la quale viene misurato il grano; e se si sia trasgredito siano puniti in 20 soldi di denari per ognuno e per qualsiasi volta. E debbano fare i mattoni o le pietre squadrate e i coppi con la misura antica di lunghezza, larghezza e grandezza; e detta misura debba essere fatta e rinnovata, e tale misura sia posta nel fisco del Comune; questa misura sia guarnita di ferro in modo tale che chi l’abbia voluto possa da questa prendere il modello. Tale il rinnovamento deve essere fatto dall’officiale, cioè uno per contrada, da eleggersi per mezzo della “scarfina” (controllo) nel Consiglio quando vengono eletti gli altri officiali. E questi officiali così eletti possano e debbano fare la denuncia a riguardo alle cose contenute nel presente capitolo e denunciare tutti i trasgressori al Podestà e ai suoi officiali. E chiunque abbia fatto o abbia fatto fare una fornace di mattoni o di laterizi sia obbligato e debba fare o far fare due migliaia di coppi, pena 40 soldi di denari. E chiunque abbia falsificato tale calce, o i coppi, o i laterizi squadrati (cantoni), in qualunque modo, sia punito in 100 soldi di denari e risarcisca il danno a chi lo soffre; e per tale danno ci si attenga al giuramento del capomastro, che abbia murato questi ‘cantoni’, o che abbia disposto questi coppi; e su queste cose, si faccia un esame in modo sommario, senza chiasso, né parvenza di sentenza e in modo calmo. Inoltre nessuno debba portare ‘cantoni’ o coppi oltre il Tenna o oltre l’Ete, se non con il permesso del Podestà, del Capitano o del Consiglio, e esclusivamente per i Castelli del Comune di Fermo per edificare in questi Castelli, sotto la pena di 40 soldi di denari per il trasgressore. Aggiungiamo inoltre che nessuna persona della Città o del contado di Fermo ivi abitante, possa esportare e vendere calce a coloro che non sono sottomessi <alla Città> oppure fuori dal distretto di questa Città, sotto la pena di 10 libre di denaro, sul fatto, per ogni salma, e per qualsiasi volta, da esigere da ogni venditore o esportatore. Chi in realtà abbia fatto i ‘cantoni’ per sé, e per un suo edificio, e non con motivo di vendere, non sia obbligato a fare o far fare i coppi e due migliaia di coppi, come è stato detto sopra. Inoltre chi vende la sabbia siano obbligato a dare un moggio <misura> da dodici cassette, e qualsiasi volta misurare in modo che per opera dell’acquirente non si possa condonare. E chi abbia trasgredito, sia punito con 10 soldi per ogni moggio e risarcisca il danno a chi l’ha sofferto il danno, e per tale cosa ci si attenga al giuramento di costui che ha subito il danno, fino a 5 soldi di denari. E per tutte le cose dette sopra, e per qualunque di queste, il trasgressore possa essere accusato da chiunque e denunciato; e l’accusatore abbia la metà della pena.

       5 Rub.131I commercianti mettano in mostra un panno fuori dalle abitazioni o dalle botteghe.

Inoltre decretiamo che i commercianti e qualsiasi commerciante di panni, a richiesta di coloro che vogliono vedere i panni per acquistarli, siano obbligati di mostrare a costoro i panni, alla luce e al di fuori dei magazzini, sotto la pena di 20 soldi di denari per qualsiasi volta in cui abbiano trasgredito. Inoltre questi mercanti siano obbligati a mandare tali panni da vendere all’abitazione di chiunque voglia vedere questi panni, sotto la detta pena. Inoltre ogni panno, che venisse misurato di lana o di o di “zambellotto”, di “fagia” o “sindone” (lenzuolo, tovaglia?), o di velluto, debba essere misurato, così che non venga preso un panno, ma ogni commerciante sia obbligato a porre il panno doppio, se lo è, e così viene nella “pezza” nel banco; e porre un “braccetto” (misura) sopra detto panno per un palmo sotto i lenzuoli del panno, senza altra estensione del panno, e segnare alla fine di questo braccetto, sotto la pena di 100 soldi di denari a colui che abbia trasgredito per qualsiasi volta; e possa essere accusato e denunciato da chiunque, e l’accusatore abbia la metà della condanna.

       5 Rub.132I fornai non riscaldino il forno con nocchia di olive.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che i fornai o le fornaie non cuociano né debbano cuocere il pane, né che riscaldino il forno con le nocchie delle olive, se non con la licenza dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere, e questi detti signori Priori possano concedere questa licenza in tempi di carestia; e chi abbia trasgredito cuocendo in altro modo, o scaldando o facendo fuoco, paghi per ciascuna volta e per ciascuno 100 denari sul fatto. E ad ognuno sia lecito denunciare i trasgressori, e sia prestata fede al denunciatore o all’accusatore con un solo testimonio che ha visto; e il denunciatore o accusatore abbia la metà della pena. Inoltre decretiamo che le fornaie e le tortaie siano obbligate a dare la “vicenna” <Vicenda-turno?> e prendere il pane da chiunque vuole cuocere o far cuocere il pane. E la tortaia o le tortaie siano obbligate a consegnare il pane a numero, quando venisse portato al forno a cuocere; e riportarlo cotto con quel numero all’abitazione di quello da cui sia stata ordinata la cottura nel forno. E se non abbia venissero praticato queste cose, sul fatto venga punito e per qualsiasi volta con 20 soldi di denari e possa essere accusato o denunciato da chiunque e ci si attenga alla parola di un solo testimonio con giuramento, e l’accusatore o il denunciatore abbiano la parte come detto sopra.

       5 Rub.133Le osterie.

   Inoltre decretiamo che gli osti e chiunque che venda il vino al minuto alla spina sia obbligati e debbano vendere il vino puro per essi bollato nella botte dai dazieri, senza immissione di altro vino o di acqua, sotto la pena di 100 soldi di denari per ogni trasgressore e per qualsiasi volta. Inoltre questi venditori debbano avere vino alla spina ed avere e tenere il «petitto» (misuratore), mezzo petitto, la «terzarola» e la «fulgeta» con i bolli e giusti, “appodimati” o confrontati con le misure del Comune. Se qualcuno in realtà sia stato trovato avere questi vasi o qualcuno di essi non giusto, quand’anche siano stati bollati con il bollo prescritto, per ogni vaso non giusto sia punito con 20 soldi di denari. Se poi abbia avuti e tenuti questi vasi o qualcuno di essi giusti, ma non siano stati bollati con il bollo prescritto, paghi la pena di 10 soldi di denari. Se poi non sino bollati e non siano giusti, paghi per ogni vaso soldi 40 di denari e per qualsiasi volta. Se poi qualcuno di costoro sia stato trovato nel fare il “collaretto” <sul collo>, o non abbia dato il vaso pieno, per qualsiasi volta e per ogni “collaretto” paghi la pena di 5 soldi di denari. Inoltre siano obbligati a tenere i vasi rovesciati nei loro banconi, e quando qualcuno volesse il vino, portino la misura del vino presso la botte, né debbano tenere il vino in qualche vaso sul bancone, ma a coloro che vogliano acquistare lo diano dal vino della botte, sotto la pena di 10 soldi di denari per ognuno <trasgressore> e per qualsiasi volta.

       5 Rub.134Il lino da non battere (pestare) entro la Città.

   A nessuno sia lecito, senza la licenza dei signori Priori o del Vessillifero <Gonfaloniere?> di giustizia o del Capitano del popolo di questa Città, di battere il lino entro le mura della Città di Fermo, sotto pena di 40 soldi di denari per ogni trasgressore e per qualsiasi volta. E a chiunque sia lecito accusare e denunciare, e il denunciatore o l’accusatore abbia la metà della pena e nelle dette cose si presti fede alla relazione dell’officiale.

       5 Rub.135I Giudei non entrino nei Palazzi, che non vedano cose vietate, e che camminino con il segno.

   Vogliamo e con questa legge decretiamo allo scopo che sia tolta ogni materia di simonia, e con questa legge stabiliamo che nessun Giudeo possa o debba entrare nei Palazzi dei Rettori della Città di Fermo: cioè del Podestà, o nel palazzo del Capitano della Città di Fermo, nei quali essi, o qualcuno di stessi, facesse residenza. Se qualche Giudeo abbia trasgredito, sia punito sul fatto con libre 25 di denari; e il Podestà o il Capitano che permetta ad un Giudeo o ai Giudei di entrare, siano puniti con libre 100 di denari. Tuttavia sia lecito a Giudeo o ai Giudei entrare nel Dazio e nell’udienza del dazio e nel palazzo del Podestà o del Capitano quando questi Rettori o qualcuno di essi sostassero presso il banco della legge per rendere giustizia, senza pena; purché nella ora detta, né prima né dopo, questi Giudei salgano le scale o entrino in alcune stanze o nella stalla, sotto la detta pena. Inoltre non vogliamo che i detti Giudei, nel giorno del venerdì Santo, per tutto il giorno, ed anche nel giorno del Sabato Santo, fino ai vespri, quando suonano le campane, e nel giorno della festa del Santissimo Corpo di nostro Signore Gesù Cristo, fino ai vespri, hanno potere di uscire dalle abitazioni ed andare per le vie e le piazze, neanche tenere aperte le porte delle abitazioni, o stare alle finestre delle abitazioni, sotto pena di 40 soldi per ognuno e per qualsiasi volta, da prelevarsi sul fatto costoro o ad chiunque di essi che abbia trasgredito. Aggiungiamo inoltre che questi Ebrei siano obbligati e debbano portare il simbolo O evidente sul lato destro, e visibile avanti la mammella, e i maschi sulle proprie teste, anche un berretto dipinto di colore croceo (zafferano) o giallo; e le donne poi veli dello stesso colore e in modo simile nella Città o nel nostro contado, sotto la pena per ciascun trasgressore di 25 libre di denaro da riscuotersi sul fatto e senza alcuna condanna ad opera degli officiali; e coloro che lo scoprono abbiano la quarta parte della detta pena, ed ognuno li possa accusare. Si intenda inoltre che la scoperta sia vera, se venisse provata con la conferma di due testimoni o di un servo dell’officiale che ha fatto la scoperta o da un altro testimonio Cittadino o abitante del contado. Gli Ebrei di passaggio o in cammino in campagna o anche forestieri, possano andare, sostare e tornare, per tre giorni, nella nostra Città e nel contado, senza i detti segni, impunemente. Inoltre vogliamo che gli Ebrei, in nessun modo, possano stare, abitare, fare sosta amichevolmente, né possano tenere nelle proprie abitazioni botteghe né magazzeni, nelle abitazioni propri e neanche in quelle affittate, situate sulla strada maestra o con aventi i propri muri contigui alla detta strada, o con l’ingresso in qualche modo sulla strada oppure l’uscita. E se qualcuno nelle dette cose o in qualcuna di esse abbia trasgredito, per il fatto stesso incorra nella pena di 25 libre di denaro da riscuotersi sul fatto nel Comune, senza alcun processo né scrittura. E da chiunque possano essere accusati, e gli officiali abbiano l’obbligo di fare l’esecuzione, sotto la detta pena, qualora siano stati negligenti. Tuttavia possano stare impunemente ad esercitare l’arte degli stessi nei magazzini sulla strada dalla chiesa di San Bartolomeo al di qua verso la piazza San Martino. Inoltre vogliamo che a nessun Ebreo sia consentito vendere ai cristiani, carni “asciatata” <insaccata?>, né vinacce pigiate da un Ebreo, né ad alcun Cristiano sia lecito acquistare qualcosa da essi, sotto la pena di 100 soldi di denari per ogni trasgressore e per qualsiasi volta da riscuotersi sul fatto, e l’officiale che fa l’esecuzione abbia la quarta parte di tale pena.

       5 Rub.136La determinazione delle penalità per la costruzione dei muri della Città di Fermo.

   Tutti i notai della Città e contado di Fermo e gli altri restanti non notai che redigono qualche contratto nella Città o nel contado predetto, siano obbligati e debbano, quando redigono per iscritto pene sopra ogni contratto, sia che nel dare o nella consegna o nel conteggio di denaro, sia sopra a ciò che è stato fatto o sopra qualcosa da farsi, debbano mettere per iscritto per la metà di tale pena per il Comune della Città di Fermo, e per la costruzione delle mura di questa Città, pena per il Notaio trasgressore di 20 soldi di denari sul fatto da prelevare da lui. Se anche non abbia fatto ciò, nondimeno per l’autorità di questo statuto, sia egualmente, come se il Notaio avesse messo per iscritto una la metà per detto Comune e la detta costruzione. E il Sindaco del Comune che sarà addetto alle cause, debba esigere queste pene a vantaggio del Comune e la detta costruzione per la metà, e l’altra metà per la parte che pratica il contratto. E gli officiali del Comune siano obbligati e debbano, sotto la pena di 100 libre di denaro, e a richiesta del Sindaco del Comune costringere in modo reale e personale la parte che non pratica il contratto che incorre nella pena a pagare questa pena sul fatto senza chiasso, né parvenza di sentenza, soltanto dopo aver conosciuta la verità, senza processo, né solennità o sostanzialità di tribunali.

       5 Rub.137I cittadini che rifiutano di pagare le tasse dei possedimenti che hanno nel contado.

   Tutti e i singoli i Cittadini che rifiutano di pagare le tasse dei possedimenti con estimo nei Castelli del nostro contado o nei loro territori, imposte o da imporre dal Comune di Fermo, per mezzo del Podestà o altri officiali, quelli che ci ora e ci saranno nel tempo, a richiesta degli abitanti di tali Castelli, siano obbligati e debbano in modo reale e personale costringere costoro che si rifiutano di pagare, a pagare la loro rata fino alla completa soddisfazione di dette tasse; eccettuati i Cittadini che avessero sentenze che esplicitamente dichiarino che questi stessi non sono obbligati al già detto pagamento.

       5 Rub.138Non fare tratti secchi nel fiume Tenna.

   Nessuno di qualunque grado e condizione osi o presuma di fare secche nel fiume Tenna, o Ete sotto la pena di 25 libre di denaro per ogni trasgressore e per qualsiasi volta. E gli officiali del Podestà e del Capitano possano e debbano investigare su coloro che fanno tali secche di fiume e punire i colpevoli scoperti ed abbiano la quarta parte della pena che abbiano fatto pervenire in Comune. Ciò tuttavia sia inteso fino a passo di Sant’Elpidio a Mare, e andando da questo passo verso il mare, a tutti sia lecito fare secche nel detto fiume Tenna, impunemente.

       5 Rub.139I torrioni del Comune non siano dati in affitto.

   I torrioni del Comune in nessun modo siano dati a noleggio, né siano affittati alcuno, ma rimangano e siano sempre vuoti e liberi per il Comune. Inoltre nessuno possa né debba fare lavori, creare ostacoli o occupare nelle vicinanze delle mura del Comune, ma dette mura sempre siano libere e in ordine, sotto la pena di 25 libre di denari.

       5 Rub.140Non acquistare i frutti prima del tempo (non maturi).

   In questo modo fu stato deliberato, ordinato e decretato per i frutti acquistati e da acquistare prima del tempo <di maturazione> a un prezzo o a patto stabilito, cioè che nessuna persona della Città di Fermo e del suo contado o abitante o dimorante in essi, o che fosse forestiero, in qualsiasi condizione, dignità e stato si trovi o voglia essere, che non possa né debba né in alcun modo a lui sia lecito, in questa Città, nel contado, nelle fortezze, e nel distretto, comperare o far comperare dagli uomini o dalle persone di questa Città e del contado, neppure dai suoi abitanti, né da qualsiasi altra persona, alcun genere di frutti anzitempo ad un prezzo e a un patto stabile e “stucco” <forfettario fisso>, sotto la pena di 10 ducati al Notaio che fa il rogito per queste cose, (somma) da riscuotersi sul fatto dai già detti. E questa pena di 10 ducati sia intesa per ogni miliare di olio acquistato prima del tempo a patto fisso e “stucco”, per qualsiasi volta, e per la quantità di olio e di frutti qui scritti, com’è stato detto, e per ogni salma di grano, o di cereali, e per ogni salma di vino, per ogni rubbio di lino, per ogni salma di noci, per ogni salma di fichi, o per ogni salma di semi di lino, sollo la pena di 40 soldi di denari per ogni acquirente, venditore ed al Notaio che abbia fatto rogito delle dette cose, da riscuotersi sul fatto. Ma sia lecito e possa comperare e far comperare prima del tempo con i prezzi, con i quali tali frutti avranno valore nei tempi adatti, cioè secondo la valutazione da farsi da parte degli estimatori da eleggersi dalla Cernita, cioè per il grano, l’orzo, il farro grande, e circa ogni genere di cereali per tutto il mese di agosto, per il seme e per ogni rubbo di lino per tutto il mese di ottobre, e circa le noci e fichi per tutto il mese di Novembre, e circa l’oliva per tutto il mese di Gennaio, e circa l’olio per tutto il mese di marzo, prossimi futuri. E chiunque possa, con un solo testimonio, essere accusatore e guadagni la quarta parte di dette pene e sia tenuto segreto. Ed anche qualsiasi officiale della Città di Fermo o del suo contado, il quale per un suo ritrovamento o per una accusa a lui presentata da un accusatore esiga e faccia riscuotere, e faccia pervenire al Comune le già dette pene e guadagni e debba avere la quarta parte di queste pene. Inoltre che gli acquirenti dei detti frutti e delle dette cose acquistate anzitempo, nel caso in cui nella Città e nel contado i frutti già detti generalmente non si raccogliessero né si potessero reperire in ogni dove, siano tenuti soltanto dai venditori che possano riprendere i soldi pagati per i frutti o per le cose già dette, e in nessun modo possano rivalutare i frutti già detti. E similmente i venditori di detti frutti siano obbligati, e in tal modo possano essere costretti e debbano pagare e rendere i detti denari a questi acquirenti. Inoltre che i venditori di detti frutti non possano né debbano dare questi frutti ad un altro, o ad altri uomini e persone, se non colui o coloro ai quali abbiano venduto per il prezzo o per i prezzi con i quali saranno stimati nei tempi detti sopra, sotto le già dette pene da riscuotersi sul fatto dai detti venditori per qualsiasi volta in cui abbiano trasgredito. Inoltre qualsiasi Notaio che facesse rogito di acquisto dei detti frutti anzitempo a patto fisso o “stucco”, incorra sul fatto nella pena di 10 ducati da riscuotersi e da pagare per qualsiasi volta. E similmente nessuno Notaio possa né debba far rogito di qualche contratto di un deposito di olio, o di altri frutti, sotto la detta pena di 10 ducati, salvo per i prezzi da rendere adeguati e da valutare dagli estimatori nei tempi scritti sopra. E se detto Notaio dubitasse circa i detti contratti di deposito, che fossero fittizi, illeciti o usurai, abbia l’obbligo e debba dare giuramento alle parti contraenti, per dover dir ed avere la verità; ed anche le parti, cioè l’acquirente o il venditore di detti frutti siano obbligati di prestare il giuramento e dire la verità, sotto la pena di 10 ducati, tanto il Notaio che l’acquirente o il venditore già detti, se abbiano trasgredito; e infine questi contratti siano per il fatto stesso nulli, e non abbiano alcuna esecuzione, neppure meritino guadagno, ma siano ritenuti nulli e come non fatti. E il Podestà di questa Città  di Fermo e i suoi officiali, abbiano l’obbligo e debbano riscuotere e far riscuotere le pene già dette da ogni trasgressore in qualunque parte e in qualche capitolo, come sopra, ed abbiano e guadagnino la quarta parte di queste pene che abbiano fatto pervenire al Comune, o per una accusa di altri, o per sua indagine o scoperta, procedendo sempre ed eseguendo sul fatto, e tralasciando ogni solennità della legge, senza alcun processo, dopo aver trovata soltanto la verità del fatto. E se nelle dette cose o in qualcuna di esse, il detto Podestà o i suoi officiali fossero negligenti, per il fatto stesso, incorrano nella pena di 50 libre di denaro per ognuno degli stessi che fossero negligente o negligenti, da riscuotersi sul fatto stesso e da trattenere dalla loro paga.

       5 Rub.141I carri che non possono entrare in Città.

   I carrettieri con carri o chiunque altro con i carri, o con i cocchi, per l’avvenire, non possono entrare per le porte della Città, né portare qualcosa con essi entro la Città con detti carri, senza il permesso della Cernita, sotto pena di 25 libre di denaro per ognuno e per qualsiasi volta.

       5 Rub.142Le donne svergognate da scacciare dalla contrada e dal luogo in cui possono fare l’arte delle meretrici.

   Decretiamo ed ordiniamo che per mantenere le oneste abitudini e la pudicizia, che i signori Priori e i Regolatori abbiano la piena autorità e il potere di provvedere e di ordinare al Potestà e agli officiali, tutte le volte che, in qualche contrada della Città o del contado abitassero donne svergognate, e i vicini di quelle presentassero una querela per la disonesta vita, affinché le dette donne siano scacciate da detta contrada o siano allontanate e affinché vadano ad abitare in luoghi adeguati. Ma le meretrici possano avere la dimora ed abitare nelle abitazioni che sono all’ingresso o nei vicoli a cominciare dal magazzino degli eredi di Ludovico di Giovanni del Papa e il magazzino di Giovanni di Francesco di Assalti nella piazza, andando verso l’entrata fra i detti magazzini fino alla abitazione di Ludovico di Matteo Cicchi; purché nella via per la quale si va fra le abitazioni e l’albergo degli eredi Assalti e il forno e la abitazione degli eredi di Pierangelo non escano e non tengono la porta aperta, né che in detta via, in qualche modo, stiano sedute ed similmente che non stiano nella via per la quale si va alla chiesa di San Domenico fra gli alberghi; e se abbiano trasgredito incappino nella pena di 10 libre di denaro per ognuna e per qualsiasi volta.

        5 Rub.143Pena per coloro che vanno fuori Distretto a pagamento.

   Nessuno dalla Città o dal contado o abitante in essi vada al lavoro o a pagamento fuori dalla Città e dal contado sotto la pena di 20 libre di denaro per ogni trasgressore e per qualsiasi volta; e a chiunque sia lecito accusare, e sia tenuto segreto, e guadagni la metà della detta pena, da riscuotersi sul fatto, e a questa legge non siano sottoposti coloro che andassero fuori dalla Provincia per guadagnare con i lavori o con la paga.

       5 Rub.144La pena per coloro che vanno a macinare fuori dal distretto.

   I comitativi e gli abitanti nel nostro contado non possano né debbano andare a macinare fuori dal distretto e dal contado di Fermo; e i trasgressori perdano l’animale e la salma <peso del carico>; e che li scopre abbia la metà della pena, e chiunque possa accusare ed abbia la quarta parte di tale pena e l’accusatore sia tenuto segreto. Per l’autorità della presente legge a ciascuno sia negata la possibilità di recarsi fuori dal distretto per macinare.

       5 Rub.145Gli alimentari siano venduti al colmo.

   I signori Priori, e quelli che ci saranno nel tempo, abbiano l’autorità, insieme con i Regolatori, di sorvegliare affinché i comitativi una sola volta in ogni settimana mandino la farina, l’orzo e le cibarie in piazza e vendano al colmo ogni genere di cereali, di farina, e di legumi; sotto la pena di 20 soldi per ogni misura e per qualsiasi volta; facendo eccezione per il frumento o grano, che vendano a misura rasa. E qualsiasi officiale della Città e del contado abbia l’autorità e la giurisdizione di ricercare, di investigare e di fare la procedura sul fatto stesso contro tutti che trasgrediscano sulle già dette cose, in qualsiasi luogo, per l’esecuzione delle pene già dette, e costui guadagni la quarta parte della pena predetta di quanto avrà fatto pervenire al Comune per loro officio.

       5 Rub.146Il Cittadino e l’abitante nel contado, che fosse un lenone possa essere catturato come manigoldo.

   Nessuno della Città e del contado sia lenone, né possa tenere delle meretrici in questa Città e nel suo contado; e chi li tenesse sia catturato e possa essere catturato come un manigoldo, a disonore vituperio dello stesso trasgressore.

       5 Rub.147Vendita di legumi e di altre erbe (mangerecce).

   Coloro che vendono i legumi e altre erbe (mangerecce), per le quali sia possibile fare manipoli, non superino il prezzo di due denari per ogni manipolo. Ed egualmente si intenda per il cece fresco, e non sia possibile vendere ad arbitrio, sotto la pena di 20 soldi per qualsiasi volta in cui i venditori ambulanti abbiano trasgredito.

       5 Rub.148Sistemazione delle strade della Città.

   Allo scopo che le strade della Città abbiano la manutenzione e non siano danneggiate, decretiamo ed ordiniamo che sia incaricato un Cittadino per ogni contrada che abbia l’autorità ed il potere di ispezionare e far riparare queste strade, dove sono danneggiate, a spese e con acquisti da parte dei padroni delle abitazioni, i quali siano costretti a pagare queste spese per la maestranza, e tramite il Comune siano mandati e forniti i laterizi o i mattoni necessari. E l’officiale straordinario abbia l’attenzione di far togliere la sporcizia, e il letame, e altre immondizie da queste strade per suo dovere, secondo la forma dei nostri statuti che parlano di tale materia.

       5 Rub.149La legna non sia esportata per mare.

   A vantaggio dell’abbondanza che si deve avere nella Città e nel contado di Fermo, decretiamo ed ordiniamo che non sia esportato, in alcun modo, legname per mare, sotto la pena di 10 ducati per ogni nave piena di legnami, o per ogni imbarcatura con la quale si fa l’esportazione, e sul fatto sia riscossa la pena; e in questa pena, in pari modo, incorrano coloro che vendono questo legname da esportare, e gli aiutanti.

       5 Rub.150Prezzo e misura dei cerchi.

   Con questa legge decretiamo che, per il futuro, i cerchi o i cerchi di legno siano venduti nel modo e forma di seguito scritti, cioè la lunghezza e le misure di 10 piedi siano venduti otto bolognini per ogni coppia; poi successivamente scendendo fino all’ultimo grado la coppia dei cerchi della misura di sette piedi abbia la valutazione di sei bolognini; di cinque piedi quattro bolognini; e una coppia di cerchi di minore misura tre bolognini. E se siano stati di una maggiore lunghezza e di misura di 10 piedi, siano venduti ogni coppia in proporzionalmente, avendo rispettato i prezzi detti, e non siano venduti< a prezzi> al di sopra, sotto la pena di un ducato per quante volte sia stato trasgredito da qualunque venditore e per qualsiasi volta.

                                 FINE del libro quinto.

<Libro 6°>

INVOCATO IL NOME DELLA SANTA E INDIVIDUALE TRINITA’

 IL LIBRO SESTO DEGLI STATUTI DELLA CITTA’ DI FERMO FELICEMENTE INIZIA

       6 Rub.1Il dazio da pagare per libra.

   Col presente statuto decretiamo ed ordiniamo che per tutte le cose o mercanzie che venissero mandate nella Città di Fermo, tanto da un Cittadino quanto da un forestiero e che venissero esportate da questa Città o che venissero mandate attraverso il mare o per terra, o che vengano vendute o acquistate, e anche da uomini del contado di Fermo, che siano pagati dodici denari per libra, cioè sei denari per una parte; e ciò soltanto se tali mercanzie venissero vendute; e se queste cose o mercanzie non venissero vendute, coloro che le mandano siano obbligati a pagare il detto dazio di dodici denari per libra del prezzo. E l’officiale del dazio possa e a lui sia lecito di riscuotere il dazio per queste cose e mercanzie, e da chiunque a lui sembrerà opportuno o piacerà meglio che possa riscuotere. Se in realtà queste mercanzie o cose così mandate in questa Città non siano vendute, e colui che le porta le volesse portarle via e condurle e riportarle al luogo da dove le condusse, entro 10 giorni, da computarsi dal giorno quando queste cose o mercanzie siano state mandate, le possa riportare e portare via senza alcuno ostacolo e senz’alcun pagamento di dazio; e per portarle via e riportarle al luogo dal quale le condusse ci si attenga al giuramento di colui che le manda o le porta via. E se abbia voluto portarle via e condurle altrove, anziché al luogo dal quale le condusse, paghi il dazio del pedaggio per tali cose e mercanzie. E qualunque forestiero sia obbligato, oltre a pagare il dovuto dazio, di pagare un denaro per la metà per qualsivoglia libra del prezzo. Se, in realtà, qualcuno vendesse a qualche persona esente o franca tale venditore sia obbligato a pagare il dazio dimezzato; o se abbia comperato da uno esente o franco sia obbligato di pagare tutto il dazio per quella cosa. E questo statuto non abbia vigore per le cose speciali e mercanzie intorno alle quali e per le quali nel presente volume degli statuti fosse fatta menzione. E se per le dette cose e mercanzie fosse stato pagato il dazio per intero da parte di colui che le manda, vogliamo che l’acquirente non sia affatto tenuto a pagare e che possa esportare dalla Città e dal contado tali cose e mercanzie, liberamente e senza pagare alcun pagamento di dazio.

       6 Rub.2Il dazio dell’oliva che si vende o che si compra.

   Decretiamo ed ordiniamo che nella Città di Fermo, nelle Ville e nel Porto di San Giorgio siano riscossi sei denari da qualsivoglia venditore per qualsivoglia libra del prezzo dell’oliva che abbia venduto. E similmente se qualcuno acquistasse oliva nel contado di Fermo e nei detti luoghi, o l’abbia mandata e l’abbia condotta in questa Città, paghi il dazio già detto. E l’acquirente di questa oliva possa e debba riservare per sé il dazio dal detto venditore. Per l’acquisto e la vendita sia obbligato e debba, entro il secondo giorno dal giorno dell’acquisto, segnalare all’officiale del dazio e dare e confermare per iscritto, con la solita formalità, sotto la pena di 100 soldi di denari per qualsivoglia trasgressore.

       6 Rub.3Il dazio dell’olio.

Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia miliare di olio, che venisse mandato o venisse acquistato nella Città o nel contado di Fermo o nei detti luoghi, il dazio per esso venga pagato dal tempo dell’immagazzinamento se sia stato acquistato, cioè due fiorini d’oro e mezzo; e dopo aver pagato questo dazio sia lecito esportare, sia per mare che via terra, senza alcun altro pagamento. E se detto olio non fosse stato acquistato, ma fosse stato prodotto in qualche pistrino di questa Città e dei detti luoghi e fosse stato messo da parte o immagazzinato da qualche persona più di quanto sarebbe sufficiente per la vita sua, e della sua famiglia, per un solo anno, sia obbligato per detto olio così immagazzinato e messo da parte, dopo trascorso un mese dal giorno dell’immagazzinamento, a pagare il dazio indicato sopra, e per qualsivoglia metro di ‘morga’ <drupe macinate>; paghi dodici denari per libra della sua valutazione. E dopo pagato il dazio su questo olio e sulla ‘morga’, possa esportarlo dalla Città e del contado di Fermo, come sopra. E per qualsivoglia metro di olio che è macinato nel pistrino della Città, ad opera dei Cittadini, e degli abitanti della Città e del Porto e delle Ville, paghi per il dazio nel tempo in cui abbia voluto estrarre dal pistrino soldi 5 e denari 2.

       6 Rub.4Il dazio dell’olio da importare da terre non sottomesse a Fermo.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia miliare di olio che venisse mandato e condotto nella Città e nel contado di Fermo, dalle Terre non sottomesse alla giurisdizione temporale della Città di Fermo, poste al di là del fiume Tenna, venga pagato il dazio di un fiorino e mezzo e non di più. E se qualcuno consegnasse olio soggetto al luogo di olio non soggetto, il commerciante paghi o il dichiarante di detto olio, una pena di 25 libre di denari per qualsivoglia volta; e nondimeno il vetturino perda gli animali e la salma (peso). E se detto olio fosse condotto o passasse per il territorio e per il distretto di Fermo e non venisse caricato presso il Porto di Fermo, o in riva al mare, sia obbligato a pagare un dazio di due fiorini d’oro e mezzo per qualsivoglia miliare di olio.

       6 Rub. 5Il dazio del pistrino.

Decretiamo ed ordiniamo che da qualsivoglia pistrino che macina, cioè se macinerà qualsivoglia anno, per il dazio siano pagati soldi 40 di denari. E se non macinerà non sia obbligato a pagare. Inoltre Decretiamo che se rimarranno olive non macinate nell’anno seguente, per queste il dazio sia pagato al coltivatore di quell’anno nel quale le olive furono state raccolte, e non in alcun altro modo.

       6 Rub.6Il dazio delle drapperie dei panni.

   Decretiamo ed ordiniamo che chiunque abbia immesso una qualche quantità di panni nella Città, nel Porto, o in riva al mare, per via mare o per via terra, con lo scopo di rivendere in detta Città, nel Porto e nel contado, panni non tagliati, colorati, panni grossi, «carfagni e angelini, guarnelli, guelesi, e coltri; bordi <frange>, sindone <lenzuolo>, schiavine <veste villosa>, baldacchini di seta o dorati» o altre cose pertenenti alla drapperia, paghi il dazio, per la valutazione di questi stessi, di dodici denari per qualsivoglia libra ;del prezzo; e sia obbligato a presentare dette mercanzie all’officiale dei dazi, e di non sciogliere, né portare fuori dal palazzo dei dazi, senza il permesso dello stesso officiale dei dazi, sotto pena di 25 libre di denaro per qualsivoglia volta. E chiunque abbia portato detti panni o le cose già dette, pertenenti alla drapperia, e che non fosse d’accordo con l’officiale dei dazi sulla valutazione degli stessi panni e cose, che i signori Priori, quelli che ci saranno nel tempo, debbano designare un mercante per conto del Comune, e un altro sia designato per la parte del padrone dei panni o di colui che li mandasse per sua volontà; e questi stessi scelti facciano la valutazione, e si abbia come stabilita la valutazione fatta da loro, ed abbia validità e sia rispettata. E che se qualcuno portasse, in frode ai dazi, alcune cose unite ai detti panni o ai pezzi di detti panni, o delle fodere, e non le dichiarasse all’officiale dei dazi, perda tanto le cose portate e non dichiarate, quanto pure i pezzi dei panni o delle fodere, in cui venissero trovate mandate legate. Circa i panni tagliati o filati da mandare non sia obbligato a pagare alcun dazio; e minimamente per quelli che qualcuno portasse per il proprio uso o della famiglia.

       6 Rub.7Sui botticelli, i legnami e i cerchi.

   Decretiamo ed ordiniamo che chiunque conducesse, per via mare o per via terra, qualche legname per botticelli per il vino o per l’olio, e per questo legname risultasse pagato il dazio, e appunto con questo legname vengano fatti botticelli per vino e per olio, colui che li fabbrica sia obbligato a pagare il dazio a metà, cioè sei denari per qualsivoglia libra della valutazione di questi botticelli. E se qualcuno fabbricasse cerchi in Città o nel Porto di Fermo sia obbligato a segnalare all’officiale dei dazi tutta la quantità dei cerchi che abbia fatto ed elaborato e pagare dodici denari per qualsivoglia libra della loro valutazione.

       6 Rub.8Il dazio sul peso delle mercanzie.

   Decretiamo ed ordiniamo che chiunque abbia spedito o esportato, per mare o per terra, o abbia fatto acquisti o vendite nella Città, nel Porto o in riva al mare di Fermo, mercanzia che fosse pesata o misurata paghi come venditore per il dazio quattro soldi per qualsivoglia centinaio del peso o della misura, nonostante che fosse pesata, o no, con un’altra bilancia o i pesi di una qualsivoglia persona speciale.

       6 Rub.9Il dazio del lino, del peso e della misura e dei panni.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia rubbio di lino che viene venduto e viene pesato il venditore paghi un denaro oltre a un altro dazio. E parimenti per qualsivoglia ‘canna’ di panno, di lino o di canovaccio, un denaro per il dazio della misura. E che chiunque abbia venduto una certa quantità di panni di lana all’ingrosso paghi per qualsivoglia centinaio, fra l’acquirente e il venditore, otto denari. E chiunque sia obbligato e debba pesare o misurare con le bilance, le canne e le misure del Comune di Fermo; e chi abbia trasgredito, paghi per qualsivoglia volta, 40 soldi di denari, qualora abbia fatto la misura o il peso senza il permesso dell’officiale del dazio.

       6 Rub.10Sui forni.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia forno che cuoce il pane nella Città e nel Porto paghi per qualsivoglia anno 40 soldi di denari e chi gestisce il forno cioè porta la tavola sia obbligato a pagare.

       6 Rub.11Sulla pellicceria.

   Decretiamo ed ordiniamo che chiunque abbia esportato dalla Città o dal porto di Fermo pellicce elaborate, o “varri (pronti) schiroli” fatti di nuovo, l’esportatore paghi sei denari per libra della loro valutazione o dell’acquisto. Per quelle vecchie acquistate paghi dodici denari per qualsivoglia libra del prezzo.

       6 Rub.12Sui venditori ambulanti.

   Decretiamo ed ordiniamo che qualunque venditore ambulante o venditrice che vende mele, frutti, polli, uova o altre cose ‘selvatiche’ (non coltivate), sia obbligato a pagare mensilmente all’officiale dei dazi per ciascuno di questi 10 soldi di denari, purché non sia inteso per un forestiero che porta una cosa ‘selvatica’, mele, frutti o polli, e costui non sia obbligato a pagare tale dazio. E qualsivoglia rivenditore a posto fisso o un negoziante, o qualsivoglia altro che venda pane, orzo, o farro grande al minuto paghi per qualsivoglia mese 10 soldi all’officiale dei dazi, sotto pena di 100 soldi di denari.

       6 Rub.13Il dazio dei fornaciari e della conceria del cuoio.

   Decretiamo ed ordiniamo che chiunque abbia una qualche fornace con il motivo di fare e cuocere laterizi, coppi, pianche e calce, paghi, in qualsivoglia anno, all’officiale dei dazi, un fiorino d’oro. E chiunque abbia una fornace per cuocere vasi, e li cuocesse, paghi per qualsivoglia anno soldi 40. E se questi vasi fossero venduti all’ingrosso e abbia voluto esportare dalla Città, l’esportatore paghi, per qualsivoglia libra del prezzo, 6 denari e non di più. E chiunque abbia avuto una concia da cuoio e per conciare ed ivi questo cuoio da conciare verrà elaborato paghi 40 soldi per qualsivoglia anno. E se la detta calce, i coppi e i mattoni si esportassero, per mare o per terra, paghi per il dazio dodici denari per libra della loro valutazione. E nessuna persona osi o presuma portare a qualche abitazione della concia del cuoio per conciare in qualche casa, senza il permesso dell’officiale dei dazi, allo scopo che non venga frodato il dazio, sotto la pena di 25 soldi di denari per qualsivoglia volta. E ai pagamenti qui detti siano obbligati tanto i produttori quanto gli affittuari o uno di essi che sia il migliore per pagare, e sia lecito all’officiale dei dazi di costringere colui che egli abbia voluto tra questi stessi, a pagare detto dazio.

       6 Rub.14La misura dei cereali e delle altre mercanzie.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia salma di grano e di altra biada, di legumi, di semi di lino e di noci che venissero misurate nelle piazze del Comune, siano pagati, dal venditore, soltanto quattro denari. E nessuna persona, senza il permesso dell’officiale dei dazi, osi o presuma di misurare alcun genere di biade se non nella piazza di San Martino, pena 100 soldi di denari per ognuno e per qualsivoglia volta. E queste misure siano misurate nell’uso solito, cioè il grano e orzo siano rasati fino al ferro e siano quattro cassette <una salma> del grano e dell’orzo; per qualsivoglia salma di farro grande siano cinque cassette rasate fino al ferro. E una salma di noci, e dei fichi sia di sei cassette rasate fino al ferro. Le noci ed i fichi siano rasati dal venditore e non da altro. Una salma di castagne sia cinque cassette. Una salma di olive sia di quattro cassette rasate fino al ferro. L’oliva, in realtà, che verrà venduta debba essere misurata dal vetturino comune e non da un altro; e questo vetturino debba essere chiamato e consegnato dal padrone del pistrino, prima che inizi a macinare, e sia obbligato a giurare tutta la quantità oliva che abbia portato nel pistrino, al quale sia stato inviato, a segnalare all’officiale dei dazi, sotto la pena di 100 soldi. E chi abbia trasgredito nelle dette cose, sia condannato alla pena già detta; e la metà di questa pena sia per il Comune e l’altra per l’appaltatore dei dazi. Facendo salvo che sia lecito a qualsivoglia negoziante di vendere nel proprio posto o nelle piazze, fave, ceci o altri legumi senza penalità, al minuto, cioè ad ottave, a quarte, a coppi. E sempre nella piazza del Comune, ove si vendono cereali, sia obbligato ad essere presente un officiale con il bastone per misurare, e per rasare le misure nel modo dovuto, o per dirimere le controversie che di solito sorgono circa le misure fra l’acquirente ed il venditore.

       6 Rub.15Il dazio del pane.

   Decretiamo che qualsivoglia persona che produce pane da vendere nella Città di Fermo, nel Porto, sia obbligato e debba pagare il dazio, in qualsivoglia mese, all’officiale dei dazi, con 10 soldi di denari.

       6 Rub.16Il dazio pagato una sola volta su cose non è più da pagare.

   Decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno abbia pagato una sola volta il dazio per una certa cosa o mercanzia, possa trasportarla o far trasportare, esportare e vendere fuori dalla Città, senza un altro pagamento di dazio; e questo statuto non pregiudichi gli altri statuti inseriti nel presente volume, in virtù dei quali il dazio si debba pagare di terza mano o in modo diverso.

       6 Rub.17Sugli stracci dei panni.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia libra del prezzo dei panni cuciti di lana o di “guarnelli” di qualunque “stracceria” siano pagati dodici denari per libra; cioè sei denari per parte.

       6 Rub.18Il dazio delle noci, dei fichi e del seme di lino.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia libra del prezzo delle noci, dei fichi, e del seme di lino che sono venduti nella Città di Fermo e del suo distretto o che venissero esportati dalla Città di Fermo e del suo distretto, sia pagato il dazio di dodici denari per libbra, cioè sei denari per parte. Per l’esportazione in realtà se la gabella per questo acquisto sia stata pagata, non si paghi più.

       6 Rub.19Il legname verde e stagionato elaborato non sia esportato fuori dalla Città.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia botticello nuovo, che viene esportato dalla Città da chiunque, siano pagati per il dazio sei denari per libra del prezzo. Per i botticelli vecchi o secchi e per i barili nuovi, e per altro simile ad essi siano pagati dall’esportatore dalla Città di Fermo dodici denari per qualsivoglia libra del prezzo. E per qualsivoglia specie di legname nuovo condotto per mare o per terra e che verrà esportato dalla Città di Fermo, se non sia stato pagato il dazio, si paghino dodici denari per libra di prezzo; e se il dazio sia stato pagato, non si paghi più, e si possa esportare. Sia lecito tuttavia a chiunque di importare in Città botti o altre masserizie vecchie e usate di legname, per uso proprio senza pagamento di dazio, purché non si venda, in tal caso paghi il dazio.

       6 Rub.20Su coloro che mandano il lino graminato (verde) e scapezzato (pettinato) nella Città di Fermo.

   Decretiamo ed ordiniamo che qualsivoglia Cittadino o forestiero abbia importato nella Città e nel Porto di Fermo lino verde o pettinato, che sia venduto o no, paghi dodici denari per qualsivoglia libra del prezzo. Se in realtà venga venduto, paghi altrettanto, cioè, sei denari per parte.

       6 Rub.21 Su coloro che forniscono formaggio, melarance e nocciole.

   Decretiamo ed ordiniamo che chiunque abbia portato nella Città e nel Porto di Fermo e in riva al mare formaggio, melarance, nocciole paghi dodici denari per libra del prezzo; eccettuando il formaggio per il quale non ci sia l’obbligo di pagare, se non venga venduto e allora siano pagati sei denari per parte.

       6 Rub.22Sulla vendita della cera e delle spezie.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia libra del prezzo della cera, e delle spezie, cioè zafferano, pepe, zenzero, cumino o altre cose appartenenti alla spezieria siano pagati dodici denari per libra <del prezzo>, se il dazio non sia stato pagato. E se qualcuno abbia venduto cera elaborata in ceri, e candele, o immagini, siano stati pagati dodici denari per libra del prezzo, se il dazio della cera non sia stato pagato; e per tale pagamento ci si attenga al giuramento del venditore, o alla ricevuta del pagamento del dazio della detta cera.

       6 Rub.23   Sulla lana da vendersi in Città.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia libra del prezzo della lana, che viene venduta nella Città o nel Porto di Fermo, e nelle Ville, sia pagato il dazio di dodici denari cioè sei denari per parte. Ma se l’acquirente confezionasse i panni e abbia venduti questi panni all’ingrosso, questo acquirente della lana non sia tenuto a pagare il dazio, ma un <diverso> acquirente, cioè sei denari per libra del prezzo per l’acquisto di questi panni e il tale venditore di questi panni sia obbligato e debba, quando abbia venduto questi panni all’ingrosso, a darne notizia all’officiale dei dazi entro il secondo giorno, sotto la pena di 100 soldi di denari.

       6 Rub.24Sul carbone.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia libra del prezzo del carbone, che viene venduto in Città, o al Porto di Fermo, siano pagati 12 denari per libra.

       6 Rub.25Sulle castagne.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia libra del prezzo delle castagne vendute nella Città o nel Porto di Fermo siano pagati dodici denari per libbra, cioè sei denari per parte, o per la misura di qualsivoglia salma quattro denari, da pagarsi dal venditore.

       6 Rub.26Sul vetro elaborato.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia libra del prezzo del vetro elaborato siano pagati 12 denari per libbra fra l’acquirente e il venditore.

       6 Rub.27Sulla mola per i mulini.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia libra del prezzo della mola o della ‘macina’ per il mulino o per il pistrino che venisse portato nella Città o nel Porto di Fermo siano pagati dodici denari per libra sia che sia un Cittadino o un forestiero. E se allorché venisse condotta o venisse esportata, il padrone di questa mola non fosse presente, il signore esportatore o colui che la importa sia tenuto al pagamento del detto dazio.

       6 Rub.28 Non importare le mercanzie, se non attraverso le porte della Città.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessuna persona osi o presuma importare o portar via alcune mercanzie, o cose per le quali si pagasse il dazio, attraverso una porta della Città di Fermo, se non attraverso le porte di San Francesco, di Santa Caterina, di San Giuliano, e di San Marco sotto pena di 100 soldi e nondimeno paghi doppio il dazio.

       6 Rub.29Non mettere tributi del Comune.

   Decretiamo che nessuno osi imporre alcun gravame in qualche parte del suo possedimento senza il permesso e la volontà dell’officiale dei dazi, sotto la pena di 100 soldi di denari per qualsivoglia volta.

       6 Rub.30Sui vetturali e per i barcaioli.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessun Vetturino o Barcaiolo possa esportare o portare via dalla Città o dal Porto di San Giorgio, per via mare o per via terra, senza il permesso e la ricevuta dell’officiale del dazio del Comune, alcuna mercanzia, o cosa, sotto la pena di 50 libre di denaro, e nondimeno paghi un dazio doppio.

       6 Rub.31Sulle salme <pesi> degli Studenti, dei Religiosi e degli Officiali.

   Decretiamo ed ordiniamo che per le salme di cose o di strumenti dei libri, e di altre cose, tanto degli Officiali quanto dei Religiosi, degli studenti, degli Stipendiati, che venissero condotte nella Città o nel contado di Fermo, da ovunque vengano, anche ad opera dei Cittadini e degli abitanti del contado, e per le cose che si esportassero dalla Città e dal contado, per mare, o per terra, non sia pagato alcun dazio, ma possano liberamente essere importate ed esportate.

       6 Rub.32La dichiarazione dell’acquisto e della vendita di tutte le cose per le quali viene pagato il dazio.

 Decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno abbia importato, abbia acquistato o abbia venduto alcune cose, o mercanzie di qualunque genere siano o di qualità, nella Città, nelle Ville, o nel Porto di San Giorgio, per le quali si debba pagare il dazio, tanto il venditore quanto l’acquirente o colui che le importa o uno di questi, sia obbligato e debba darne notizia e denunciare all’officiale dei dazi del Comune entro il terzo giorno dal giorno dell’immissione, della vendita, e dell’acquisto di tali cose, sotto la pena di 100 soldi e del pagamento del dazio al doppio per ognuno e per qualsivoglia volta. E ad ognuno è possibile accusare e denunciare, e abbia la quarta parte della pena e sia tenuto segreto. E sia obbligato a pagare il dazio all’officiale del dazio, entro otto giorni, da calcolarsi dal giorno dell’importazione o dell’acquisto, sotto la detta pena.

       6 Rub.33L’arbitrio del Giudice e degli altri officiali riscossori del dazio del Comune.

   Decretiamo ed ordiniamo che sia lecito a qualsivoglia officiale addetto al dazio del Comune per la riscossione, di obbligare e costringere tutti i singoli che debbono pagare qualche dazio, di qualunque luogo siano, e di gravare costoro in modo reale e personale, fino a quando da essi non sia stato pagato il dazio per intero e con effetto, come e quando ad essi sembrerà opportuno o piacerà che sarà necessario e in maniera opportuna, libera ed impune, purché non scavalchi la forma dei presenti statuti. E il Giudice dei dazi nelle cose qui dette e riguardo alle dette cose possa fare la procedura senza chiasso, né parvenza di processo, avendo praticato o non praticato l’ordine della legge, sul fatto, dopo aver ricercata la sola verità, e per mezzo di atti giudiziari con informazioni sufficienti di qualunque sorta, ad arbitrio del detto Giudice contro qualsivoglia frodatore del detto dazio. E chiunque possa fare l’accusa e la denuncia dei frodatori dei dazi e riceva la quarta parte della pena e sia mantenuto segreto: E abbia questa quarta parte della pena che il Giudice farà pervenire al Comune, deve essere pagata dal Banchiere del Comune.

       6 Rub.34I riscossori dei dazi <o dazieri>.

   Decretiamo ed ordiniamo che il Giudice dei dazi, che ci sarà stato nel tempo, sia obbligato e debba egli stesso e i suoi officiali, due volte per qualsivoglia settimana, durante il proprio officio, sollecitare gli officiali dei dazi, e rivedere sempre più spesso i loro libri, o quaderni, e ciò affinché l’entrata sia bene collocata ed applicata negli scritti, e avere e ricevere per iscritto, tramite essi o qualsivoglia di essi, dovunque tutti i singoli non paganti il dazio; e finalmente ricercare questi stessi non paganti e farli gravare, così o in tal maniera che entro giorni otto, dal giorno del loro recupero, debbano aver pagato il loro dazio, sotto pena di 25 fiorini d’oro da prelevare e riscuotere a tale Giudice dal suo salario, nel tempo del suo sindacato; e possa e debba essere denunciato e accusato da chiunque.

       6 Rub.35L’aiuto e l’agevolazione da praticare con gli officiali dei dazi.

   Decretiamo ed ordiniamo che il Giudice di giustizia e dei dazi del Comune di Fermo, e il Podestà, il Capitano del popolo e chiunque degli altri officiali del Comune siano obbligati e debbano, ad ogni domanda e richiesta degli officiali dei dazi o degli appaltatori degli stessi, qualora appaltarli sia ottenuto conveniente per il Comune, catturare o far catturare coloro che ricusano di pagare il dazio, e costringerli o trattenerli fino a quando il dazio non sia stato pagato, sotto pena di 10 fiorini per qualsivoglia trasgressore per qualsivoglia volta. E li catturino e li facciano catturare, liberamente ed impunemente, tanto nelle case degli stessi quanto in altri luoghi della Città e del Comune di Fermo, se siano stati sospettati e fuggitivi, e condurli alla Curia e porli nel Palazzo e nelle carceri a volontà di questi officiali e appaltatori, fino a quando non sia stato pagato per intero il dazio. E i detti Podestà, Capitano, Giudice di giustizia e gli altri officiali del Comune siano obbligati a fare la stessa cosa, riguardo ai frodatori; cioè fornire aiuto, consiglio e sostegno a questi officiali dei dazi e agli appaltatori, a ogni loro richiesta, sotto la pena 25 fiorini d’oro da prelevare dalla loro paga, nel tempo del loro sindacato, per qualsivoglia volta quando abbiano trasgredito.

       6 Rub.36   Le penalità da riscuotere.

Decretiamo ed ordiniamo che il Giudice di giustizia e dei dazi sia obbligato a compilare un registro di tutti coloro che pagano qualche penalità per frode del dazio, o a motivo del dazio, e in esso far scrivere con ordine i nomi, i cognomi di coloro che pagano la penalità, con inserire ivi la somma, e il motivo, sotto la penalità di 25 libre di denaro, a detto Giudice, da riscuotersi dal suo stipendio per qualsivoglia volta quando abbia trasgredito.

       6 Rub.37Gli officiali posti a riscuotere i dazi.

   Decretiamo ed ordiniamo che qualsivoglia officiale addetto a riscuotere i dazi del Comune quando abbia trascurato di riscuotere qualche dazio, in maggiore o minore quantità, che sia dichiarata ed indicata nel presente volume degli statuti o in uno qualsivoglia di questi, il detto officiale sia obbligato e debba restituire con denaro proprio, tanto a colui dal quale abbia preso, quanto al Comune di Fermo, o alla tale persona, a richiesta della quale, il detto dazio venisse riscosso. E se abbia agito o abbia trascurato fraudolentemente, sia obbligato e debba pagare, oltre la somma trascurata, <anche> 10 libre al Comune o il doppio della somma trascurata o frodata. E da chiunque possa essere accusato e denunciato e costui abbia la quarta parte della pena, e sia tenuto segreto. Ed similmente questo statuto abbia vigore nei confronti degli altri officiali dei dazi addetti a registrare o a riscuotere, qualora nel loro officio abbiano commesso una frode o un errore.

       6 Rub.38Il divieto per l’avvocato e per il procuratore sul dazio.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessun Avvocato o Procuratore o qualsivoglia altro osi o presuma dinanzi all’officiale dei dazi del Comune di Fermo di fare l’avvocato, essere procuratore, o patrocinare, per qualsivoglia motivo di dazio, sotto la pena di 10 libre di denaro per ognuno per qualsivoglia volta, da riscuotersi sul fatto se non sia per richieste con chiamata, o costrizione.

       6 Rub.39Non riscuotere nulla più del dazio dovuto, né aggravarlo contro la forma del presente statuto.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessun officiale dei dazi, cittadino o forestiero, osi riscuotere o costringere qualcuno a pagare qualche dazio oltre la somma contenuta nel presente volume degli statuti, né aggravare qualcuno o alcuni a motivo del detto dazio, né per frode contro la forma dei presenti statuti, sotto la pena di 10 libre di denaro a vantaggio del Comune e con risarcimento alla parte con il doppio di ciò che sia stato riscosso oltre il dovuto.

       6 Rub.40Per cose non menzionate.

   Decretiamo ed ordiniamo che se dovessero comparire cose che non siano state nominate nel presente volume degli statuti e che fossero simili a quelle per le quali si dovesse pagare il dazio, che venga pagato il dazio secondo la somiglianza di quelle cose che fossero dichiarate dai detti statuti. E se capitasse o venisse mosso qualche dubbio che non sia stato dichiarato con una forma dei presenti statuti, sia fatta una dichiarazione e i signori Priori del popolo, o il Gonfaloniere di giustizia, per tale dubbio, la facciano fare da un solo cittadino da nominarsi per ogni contrada ad opera dei detti signori Priori. Tuttavia non venga pagato il dazio per la crusca, per la ginestra, per i fili di paglia, per la cenere, per i forconi, per i rastelli, e per gli acquaticci.

       6 Rub.41Le pene per coloro che agirono contro le disposizioni dei presenti statuti.

 Decretiamo ed ordiniamo che chiunque abbia agito contro la forma di qualche statuto contenuto nel presente volume, o abbia frodato qualche dazio, sia punito e condannato con 100 soldi di denari dal Giudice dei dazi, sul fatto stesso, senza alcun processo; facendo salvo il caso in cui vi fosse una pena speciale dichiarata nel presente volume degli statuti, e in questo caso sia obbligato a pagare quel dazio soltanto, e in minore quantità, dopo aver visto la condizione della persona e la qualità del misfatto. E riguardo a tutte le singole condanne, le pene che venissero riscosse ad opera dello stesso Giudice, o di un altro officiale, il quale fosse <addetto> a tale dazio, la metà delle stesse condanne e delle pene debba essere a vantaggio del Comune di Fermo, e in realtà, l’altra metà debba essere per l’appaltatore di tali dazi. E il Podestà, il Capitano del popolo o ciascuno di essi, e di qualsivoglia officiale degli stessi e altri officiali del Comune, per i dazi da riscuotere, siano obbligati e debbano dare aiuto, consiglio e sostegno, e dare gli inservienti a questi dazieri a loro richiesta, sotto la pena di 100 libre di denaro dalla loro paga. E allo stesso modo qualsivoglia officiale di ciascun Castello o Villa del contado di Fermo sia obbligato a dare aiuto e sostegno a questi dazieri, sotto la pena di 10 libre di denaro.

       6 Rub.42Sui tempi per pagare il dazio e a chi.

   Per evitare un errore, decretiamo ed ordiniamo che per tutte le cose e le mercanzie che venissero portate, con lo scopo di esportarle, per mare o per terra, o quelle che non siano esportate, per le quali si dovesse pagare il dazio, questo dazio di tali cose o mercanzie, appartenga, e sia competenza o debba essere pagato a colui o a quelli, a richiesta del quale o dei quali, tali dazi venissero riscossi al tempo del loro trasporto o della loro segnalazione e della denuncia. E similmente per l’olio immagazzinato, per il quale il dazio debba essere pagato da colui o coloro, a richiesta del quale o dei quali il dazio venisse incassato al tempo dell’immagazzinamento di questo olio, o del trasporto d’arrivo o sia esportato dalla Città o dal Porto di Fermo oppure no, o per mare, o per terra oppure no, anche se il tempo dell’appalto dei dazi fosse scaduto oppure no.

       6 Rub.43Per coloro che godono qualche immunità di dazi.

   Decretiamo ed ordiniamo che se in vigore di qualche statuto, o di un’altra legittima concessione che fosse stata praticata fino ad ora, fosse stato lecito, o fosse lecito a qualche Comunità, o a singole persone di questa Città o del contado, di importare o condurre per mare o per terra, alcune cose o mercanzie per la propria vita, e tale importatore o conduttore o colui che fa importare o condurre, disponesse di vendere le dette cose o mercanzie importate e condotte per la sua vita, sia obbligato a segnalare all’officiale del dazio le dette cose entro il secondo giorno dopo che le abbia vendute, e debba pagare il dazio dovuto secondo la forma dei presenti statuti. E chi abbia trasgredito, perda le cose vendute, o il loro prezzo, e nondimeno paghi un dazio doppio, e come pena 25 libre di denaro per qualsivoglia volta, e possa essere accusato da chiunque, e costui abbia la metà della pena e sia tenuto segreto.

       6 Rub.44Il dazio del vino venduto a salma o alla spina.

   Decretiamo che per il vino che viene venduto alla spina, per il dazio per qualsivoglia libra del prezzo si paghino sei soldi e otto denari. E se qualcuno abbia comperato vino all’ingrosso, cioè a salma con lo scopo di rivenderlo al minuto alla spina, per qualsivoglia libra del prezzo, paghi dodici denari oltre al detto dazio alla spina, cioè sei denari per parte. E ciò abbia vigore nella Città, al porto di Fermo, e nelle Ville già dette. E se qualcuno abbia portato vino o mosto comperato con lo scopo di rivenderlo nella Città, e nel Porto di Fermo e nelle Ville già dette, paghi dodici denari per qualsivoglia libra. Facendo salvo che sia consentito a chiunque di portare il mosto che sia di produzione propria, per tutto il mese di ottobre, senza pagamento di alcun dazio. E se lo abbia portato dopo detto mese, paghi dodici denari per libbra del prezzo della valutazione dello stesso. E se qualcuno abbia voluto esportare o lo abbia portato con lo scopo di esportare una qualche quantità di vino, per mare o per terra, fuori dal contado di Fermo e dalla riviera del mare, paghi per qualsivoglia salma di vino quattro soldi di denari e non sia affatto obbligato a pagare un altro dazio. Nessuno invece debba vendere e dare a qualcuno il vino a salma, o al minuto senza uno specifico permesso dell’officiale del dazio e la ricevuta dei detti officiali, sotto la pena di 100 soldi di denari per ognuno e per qualsivoglia volta. Aggiungiamo che per il vino che venisse venduto all’ingrosso o al minuto al tempo delle fiere, cioè per tutto il mese di agosto, e entro l’anno per opera di coloro che ospitano i forestieri, si debba pagare il dazio dovuto che è ordinato per la spina; ciò non abbia vigore per il vino che venisse venduto all’ingrosso, o al barile per opera dei cittadini o degli abitanti per il vitto di loro stessi e della famiglia.

       6 Rub.45Il dazio del magazzinaggio nel Porto di Fermo.

   Decretiamo che chiunque abbia portato nel Porto di San Giorgio battelli pieni di olio, o di vino, oppure vuoti, tanto nel magazzino del Comune, quanto in un’altra parte di detto Porto, paghi per qualsivoglia battello dodici denari. In realtà per qualsivoglia “collo” di altra mercanzia paghi quattro denari. Per qualsivoglia miliare di agli cinque denari; per qualsivoglia miliare di cipolle due soldi anche per cose simili a queste; e ciò per il dazio del magazzinaggio.

       6 Rub.46Nessun padrone di un naviglio possa caricare e scaricare qualche sua mercanzia senza il permesso di un Officiale.

   Decretiamo che nessun padrone di qualche nave, grande o piccola, debba caricare o far caricare alcune mercanzie o cose nella stessa nave, né scaricare da tale nave alcune mercanzie o cose senza un esplicito permesso dell’officiale del dazio, sotto la pena di 25 libre di denaro, e nondimeno per le stesse mercanzie e cose paghi un dazio doppio. E nessuno dalla riviera del mare, e dal Porto, o da altro luogo di tale riviera e anche dalla Città debba portare mercanzie nell’abitazione senza un permesso di tali officiali del dazio, né porti né consegni cose che venissero scaricate o caricate in qualche nave, oppure da qualche nave, sotto la pena di 100 soldi di denari.

       6 Rub.47Sulle navi e sulle barche.

   Decretiamo ed ordiniamo che se qualche nave o barca sia stata posta in riva al mare o nel Porto di Fermo e sarà caricata, paghi, se la nave fosse per 300 battelli per il dazio del trasporto navale (navigazione) tre fiorini. E se la nave sia per 100 vasetti, paghi un fiorino e mezzo. E se la nave sia per sessanta vasetti, paghi un fiorino. E se sia stata per 40 battelli fino a 100 e da 100 fino a 300 vasetti, paghi per la quota parte secondo la già detta quantità. e se sia stata una qualche barca o barcone da venti battelli fino a trenta, paghi per il trasporto navale 40 soldi di denari. E se la barca o il barcone sia stato da quindici vasetti, paghi sedici soldi di denari. E se sarà per dieci vasetti, paghi 10 soldi. E se sarà per cinque vasetti, paghi sei soldi. E chiunque sia venuto con una qualche barca e abbia dato un palombaro all’ormeggio o abbia dato un ponte verso terra e abbia avuto mercanzie in essa, per le stesse sia obbligato a pagare il dazio dovuto, come indicato sopra. E i padroni di dette navi o delle barche siano obbligati di pagare il detto trasporto navale, come detto sopra. E se i padroni fossero franchi o fossero assenti i marinai siano obbligati a pagare il detto trasporto navale e i loro mercanti. Inoltre se qualcuno abbia fatto di nuovo qualche nave o barca e l’abbia fatta fare nel Porto o sulla riva del mare, sia obbligato di pagare il dazio dovuto, cioè dodici denari per libbra del prezzo secondo la valutazione da farsi dall’officiale del dazio del Comune. Facendo salvo che venga dedotto il dazio per tutte le cose trasportate con la nave o con la barca o lavorate, per le quali sia stato pagato il dazio nella Città o nel Porto o nella sua riviera.

       6 Rub.48Sul rame nuovo e vecchio.

   Decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno, nella Città o nel Porto, abbia acquistato rame nuovo elaborato o vecchio <usato>; con lo scopo di esportarlo da questa Città o dal Porto, paghi, per qualsivoglia libra del prezzo del rame elaborato <nuovo> sei denari, e per il rame vecchio dodici denari per qualsivoglia libra dell’acquisto o della valutazione. Sia tuttavia lecito a chiunque di importare rame nuovo e usato per uso proprio ed egualmente masserizie usate, ma se lo abbia vendute, sia obbligato al dazio.

       6 Rub.49Il dazio sulla macelleria e sulle sue parti, e per coloro che mandano carni salate o fresche nella Città o nel Porto di Fermo.

   Decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno, nella Città o nel Porto di Fermo, abbia importato carni salate o fresche per la vita di se stessi, paghi, per qualsivoglia libra di carne, tre denari e sia obbligato a lasciare una prova alla porta <della città> e presentare all’officiale del dazio. E il daziere della porta sia obbligato a bollare, sotto la pena di 100 soldi di denari qualsivoglia volta quando abbia trasgredito nelle dette cose.

       6 Rub.50Per coloro che forniscono agnelli, capretti o maialini.

   Decretiamo che se qualcuno abbia importato nella Città o nel Porto di Fermo, oppure in questi abbia venduto un maialino, un agnello, un capretto, paghi per ognuno di questi da 20 soldi, diminuendo fino ad uno; e più di ciò, in realtà, paghi dodici denari per qualsivoglia libra del prezzo, facendo salvo quelli regalati o quelli portati per proprio uso.

       6 Rub.51Per coloro che acquistano agnelli, capretti e maialini con lo scopo di rivenderli.

Decretiamo che nessun albergatore, o qualsivoglia altro possa acquistare un agnello, un capretto, o qualche maialino o qualche altro animale vivo o macellato di recente, o salato con lo scopo di rivenderlo nel suo albergo, o altrove, se non paghi tre denari per qualsivoglia libra delle carni, sotto la pena di 100 soldi per qualsivoglia volta.

       6 Rub.52Gli animali che possono essere comperati dai macellai.

 Decretiamo ed ordiniamo che qualsivoglia Macellaio, o qualsivoglia altra persona acquistasse qualche animale vivo con lo scopo di rivenderlo al minuto, paghi per qualsivoglia libra delle carni tre denari. E se fossero carni bovine, paghi per qualsivoglia capo soldi otto, e per qualsivoglia capo di castrone soldi due; e per qualsivoglia capo di maiale, o scrofa, soldi quattro; e per qualsivoglia capo di pecora, o di capra, o di becco, 18 denari; per qualsivoglia capo di agnello, di capretto o di maialino, un soldo. E che questi macellai possano e debbano, trattenere, da tali venditori di animali, la metà della detta somma, che sono obbligati a pagare per il dazio, e non di più.

       6 Rub.53La vendita di carni da parte dei macellai e la loro pesatura di queste.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessun Macellaio o qualsivoglia altra persona, nella Città o nel Porto, volendo produrre carni da vendere, osi o presuma macellare o vendere qualche animale in qualche altro luogo se non nelle macellerie usate fino a questo momento, se non in presenza, con il permesso e con l’ordine dell’officiale del dazio del Comune; ed inoltre debba, tramite l’officiale del dazio, pesare, come di consueto, tale animale tutto ed intero con la ‘stadera’ del Comune. E che questo macellaio non possa e non debba macellare tale animale se prima non sia stato pesato come sopra, sotto pena di 100 soldi per qualsivoglia volta per il trasgressore. E possa essere accusato e denunciato da chiunque, e <costui> abbia la quarta parte della pena.

       6 Rub.54Il dazio sulle bestie vendute dai macellai da pagarsi entro una scadenza.

   Decretiamo che qualsiasi Macellaio o qualsivoglia altra persona che produce carni da vendere, sia obbligato e debba pagare, in qualsivoglia giorno di venerdì, per tutte le singole carni e animali da essi stessi vendute, il dazio ad essi spettante e prima e dopo ad ogni richiesta dell’officiale di questo dazio, sotto la pena di 100 soldi, qualsivoglia volta per il trasgressore.

       6 Rub.55I maialini da vendersi cotti <porchetta>.

   Decretiamo che per qualsivoglia maialino cotto da vendere da chiunque debbano essere pagati tre soldi di denari per qualsivoglia libra di carne. E detto maialino, prima della sua cottura, sia pesato senza le interiora.

       6 Rub.56Sulle carni da comperare per banchetti, suffragi e sposalizi.

   Decretiamo ed ordiniamo che chiunque compri carni per banchetti, sposalizi o suffragi del settimo giorno, sia obbligato e debba pagare il dazio di tre denari e non di più per libra delle carni che abbia comperato al di fuori delle macellerie del Comune; eccetto per un agnello, un capretto, un maialino per i quali non debba pagare se non dodici denari per ognuno. E queste carni non debbano essere colpite, o detti animali non debbono essere uccisi senza il permesso dell’officiale dei dazi del Comune, e debbano essere pesati, sotto pena di 100 soldi di denari per qualsivoglia volta per il trasgressore e con raddoppio del dazio.

       6 Rub.57Il dazio sui pesci.

   Decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno nella Città o nel Porto di Fermo abbia portato del pesce salato, o fresco, cotto, o seccato, paghi due soldi per qualsivoglia libra del prezzo, e sia obbligato far vedere i pesci all’officiale del dazio del Comune, e pesarli. Se qualcuno in realtà l’abbia esportato fuori dalla Città o dal contado di Fermo, paghi per qualsivoglia libra del prezzo, 5 soldi di denari per il dazio.

       6 Rub.58Sui maiali da macellarsi dai cittadini.

   Decretiamo ed ordiniamo che sia lecito a qualsivoglia cittadino o abitante della Città di Fermo, per la propria vita e della sua famiglia, di macellare, o di far macellare due maiali e non di più, purché sia scritto tramite l’officiale del dazio, con lo scopo che non si possa frodare il dazio, senza pagamento di alcun dazio; e se ne abbia macellati di più, paghi per qualsivoglia libra delle carni denari tre.

       6 Rub.59Sulle carni salate da esportare per mare.

   Decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno abbia portato nella Città di Fermo o nel Porto di San Giorgio le carni salate con lo scopo di esportarle per mare, paghi dodici denari per qualsivoglia libra del prezzo sulla loro valutazione. Se, in verità, abbia prodotto carni, nella Città o nel Porto con lo scopo di salarle, paghi, per qualsivoglia libra delle carni, tre denari. E a lui sia lecito di esportare tali carni per mare, a proprio piacere e volontà, senza alcun altro pagamento del dazio.

       6 Rub.60Sugli animali malati o morti che si possono vendere.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia animale infetto o malato, o morto, che venisse venduto alle porte della Città di Fermo o del Porto di San Giorgio, o nelle Ville già dette, venga pagato il dazio indicato sotto, cioè per qualsivoglia libra del prezzo della loro vendita, fino ad otto libre siano pagati due soldi per qualsivoglia libra del prezzo. E, in realtà, al di sopra fino a dodici libre di denaro siano pagati 30 soldi. E ancora sopra fino a 15 libre di denari siano pagati soldi 40 denari. E per il cuoiame e per le pelli di tali animali siano pagati dodici denari per libra, cioè sei denari per parte. E detti animali prima siano visti dall’officiale del dazio, e non si possano vendere senza il permesso di costui, sotto la pena di cento soldi di denari per ognuno e per qualsivoglia volta. E per i denari ricavati da queste pelli e carni ci si attenga al giuramento del venditore di questi animali.

       6 Rub.61Sulle pelli da importare nella Città e nel Porto.

   Decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno abbia portato nella Città o nel Porto di Fermo pelli di bue, o di bufalo, o di scrofa, o altre pelli, paghi per qualsivoglia libra di denaro sulla loro valutazione, dodici denari da qualunque parte provengano, e dopo pagato il dazio sia a lui lecito di esportare e vendere, senza alcun altro pagamento del dazio, facendo salvo che se qualcuno abbia voluto fare conciatura del cuoiame o delle pelli dei suoi animali, per sé e per la sua famiglia, non sia obbligato a pagare purché non le abbia vendute, e per questo ci si attenga al suo giuramento.

       6 Rub.62Sugli animali che i macellai debbano acquistare ed essere macellati entro un certo tempo.

    Decretiamo ed ordiniamo che qualsivoglia Macellaio, o qualsivoglia altra persona che produce carni da vendere, debba aver venduto al dettaglio gli animali che abbia comperato per la macellazione, o per un suo interesse, entro tre mesi da calcolarsi dal giorno dell’acquisto degli stessi animali. E se entro questa scadenza non abbia venduto o non abbia macellato presso tale macelleria, sia obbligato e debba pagare come pena di 100 soldi di denari, per il dazio dell’acquisto di questi animali, cioè dodici denari per libra. E se abbia tenuto questi animali per la <loro> vita, sia obbligato a pagare il dazio per una quota da indicarsi in seguito. E ciò non abbia vigore per i verri o per i castroni da comperare o da tenere dai macellai con lo scopo di macellarli nelle macellerie, e per questi sia consentito di tenerli fino a quando li abbiano macellati.

       6 Rub.63Sul cuoiame e sulle le pelli che debbano essere acquistate nella Città.

   Decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno abbia importato nella Città e nel Porto di Fermo cuoiame, o pelli di qualunque animale, paghi dodici denari per qualsivoglia libra del prezzo, facendo salvo per il cuoiame e per le pelli di animali venduti dai macellai, per le quali fosse stato pagato il dazio di tre denari per libra. Il macellaio che vuole esportare o gli acquirenti di queste stesse paghino sei denari per libra del prezzo sulla loro vendita e non di più.

       6 Rub.64   Il dazio dei cavalli, dei somari e delle altre bestie.

   Decretiamo che se qualcuno abbia portato nella Città di Fermo, o nel Porto, o nelle Ville e nel territorio di questa Città qualche cavallo, somaro, o somara, per ognuno paghi, per qualsivoglia libra del prezzo della loro valutazione o dell’acquisto, dodici denari per libra. E similmente per i buoi, le vacche, i muli, i maiali, le capre, le pecore e per gli altri animali siano obbligati a pagare nel detto modo. Se qualcuno, in realtà, abbia portato <ciò> per la propria vita, e abbia acquistato fuori dalla Città o dal contado di Fermo un cavallo o un ronzino per questi non sia obbligato a pagare (il dazio); ma se lo abbia venduto sia obbligato a pagare il dazio dovuto. Se, in realtà, qualcuno abbia pagato il dazio per un somaro, per un bue, o per gli altri animali, e abbia rivenduto questi stessi animali o qualcuno di essi, l’acquirente sia obbligato di pagare sei denari per libbra del prezzo per la sua parte. E similmente se siano passati per più mani, o i detti animali fossero stati rivenduti, l’acquirente sia obbligato di pagare altrettanto. E se qualcuno abbia venduto un cavallo o un altro animale per il quale non sia stato pagato il dazio nella Città o nel Porto di Fermo, o abbia esportato e abbia venduto quegli <animali> fuori dalla Città di Fermo, paghi dodici denari per qualsivoglia libra del prezzo. E tale venditore o esportatore sia obbligato a farlo sapere all’officiale dei dazi, entro il terzo giorno dopo il suo ritorno, sotto la pena di 100 soldi di denari, ed un dazio doppio.

       6 Rub.65Il dazio degli animali da allevamento ossia da tenere nei pascoli.

   Decretiamo che se qualcuno nella Città di Fermo, e nel suo distretto e nel Porto, e nelle Ville di Montone, Lognano, Monte Secco, Monte San Martino abbia tenuto o abbia avuto un bue, una vacca, un maiale o una scrofa, una pecora, un montone, capre, cavalle, o animali da soma, o un altro animale, paghi per qualsivoglia anno per ogni animale specificato nel modo qui scritto cioè:

-per qualsivoglia bue o vacca, giovenco o giovenca sopra un anno. s.10 d.0

-per qualsivoglia maiale o porca castrata sopra i tre                          s.5

-per qualsivoglia scrofa                                                                      s.6

-per qualsivoglia capra, caprone o irco                                               s.6

-per qualsivoglia pecora, o montone soldi 5 fino a 100 fra padrone e lavoratore; – sopra100, in realtà, soldi 9 per ognuno, a meno che il padrone non ne abbia; se non – 50 in tutti i luoghi; ma se abbia di più paghi il dazio di 9 soldi; eccettuati gli allevati di un anno

-per qualsivoglia cavalla, asina o mula da soma in dimora                s. 20 d.0

 Sono eccettuati e riservati tre buoi e due maiali per qualsiasi cittadino e abitante della Città di Fermo e delle dette Ville per la vita degli stessi, e di ciò non sono obbligati di pagare il dazio. E se non abbia avuto buoi da aratura o vacche da aratura, per questi non sia pagato come per i buoi detti sopra. E coloro che tengono tali animali siano obbligati e debbano, entro la scadenza del bando, segnalare all’officiale dei dazi anche gli allevati di un anno, come sopra, per i quali non si paghi nulla nell’allevarli in quell’anno intero, sotto la pena di 100 soldi per ognuno e per qualsivoglia animale non segnalato.

       6 Rub.66Il dazio dei cavalli da destinare al trasporto.

   Decretiamo che per qualsivoglia cavallo da darsi per il trasporto da parte dei cittadini o degli abitanti della Città di Fermo, si paghi, in qualsivoglia anno, il dazio di 20 soldi. E il tale che tiene un ronzino da vettura debba farlo registrare dagli officiale del dazio, sotto la pena di 100 soldi per qualsivoglia trasgressore.

       6 Rub.67Il dazio su “bozza” e su le parti e su le cibarie che sono vendute.

   Decretiamo che se qualcuno, tanto cittadino quanto forestiero, abbia venduto nella Città, nel Porto, o nelle Ville, qualche genere di cereali, paghi per il detto dazio, cioè per qualsivoglia salma di grano soldi otto e denari quattro, per qualsivoglia salma di orzo, di farro grande, di fava, di piselli, di ceci, o altri legumi soldi quattro e denari quattro; e l’acquirente paghi soldi due, facendo salvo quando questo grano, orzo, farro, fava o qualche cos’altro dei già detti fosse venduto agli albergatori o ad altri che fanno il pane da vendere, gli acquirenti paghino un dazio doppio, cioè di tutti questi detti, e otto soldi per qualsivoglia salma di grano, e quattro soldi per qualsivoglia salma di altro cereale o di legumi per la parte dell’acquirente. E parimenti chiunque altro abbia comperato ciò che è detto sopra con lo scopo di rivenderli al minuto, sia obbligato a pagare il dazio doppio indicato sopra. E che nessuno possa misurare questo cereale altrove anziché nella piazza del Comune e pesare con le misure del Comune, né portabile, né portar fuori dalla piazza queste misure del Comune fuori la piazza senza il permesso dell’officiale dei dazi, sotto la pena di 40 soldi di denari per qualsivoglia trasgressore e per qualsivoglia volta; e similmente per la farina. Se qualcuno, in realtà, abbia importato in questa Città o nel Porto qualche cereale acquistato nel contado, o al fuori dal contado, paghi, per qualsivoglia salma di cereale, metà del dazio per la sua parte, come sopra è stata indicata. Se qualcuno invece, desse o prendesse cereali, o li donasse per qualsivoglia altro motivo, il dazio sia pagato per metà da parte del ricevente, sotto la pena di 20 soldi per qualsiasi volta.

       6 Rub.68Il dazio su la farina.

   Decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno, tanto cittadino, quanto abitante del contado e di Porto di San Giorgio, abbia venduto farina di qualsivoglia cereale, o di legumi, ad altri anziché ai già detti albergatori o ad altri che fanno il pane da rivendere, paghi per qualsivoglia salma di farina sedici soldi, cioè dodici soldi da parte del venditore e quattro soldi da parte dell’acquirente. E se abbia venduto a questi albergatori o ad altri che fanno il pane da vendere, paghi un dazio doppio, cioè per qualsivoglia salma di farina per la sua parte soldi otto. E se la farina non fosse pesata in grano e fosse portata nella Città, paghi il dazio soltanto della pesa nel caso non si vendesse. E se detta farina fosse portata da chiunque, soltanto nella Città, nel Porto e nelle Ville già dette, e il grano di essa non fosse stato pesato, e questa farina fosse venduta, sia pagato per la pesa e per la vendita, come detto sopra. E se questa farina fosse importata nei detti luoghi da qualunque persona, e fosse di sua produzione, e il grano non fosse stato pesato, per questa farina paghi soltanto il dazio della pesa e niente oltre, se non fosse venduta; ma se fosse venduta, paghi per la pesa e la vendita, come sopra. E qualsivoglia portatore abbia l’obbligo, per detta farina, di lasciare una prova presso la porta <della Città> e farla vedere all’officiale dei dazi, sotto pena di 100 soldi per ognuno e per qualsivoglia volta.

       6 Rub.69La pesatura dei cereali.

 Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia centinaio del peso di qualunque cereale o di legumi con lo scopo di macinarli siano pagati per il dazio due soldi. E chiunque abbia l’obbligo di portare e di far portare questo cereale alle pese del Comune per la pesatura con le stadere del Comune, e altrove, sotto la pena di 100 soldi di denari e il pagamento del dazio dovuto, sotto la detta pena. E che qualsivoglia Mugnaio abbia l’obbligo e debba portare una ricevuta sottoscritta di mano dell’officiale del dazio in un sacco pesato, sotto la pena di 100 soldi per ognuno e per qualsivoglia volta e per qualsivoglia trasgressore.

       6 Rub.70Il dazio sulle cose date a cottimo.

 Decretiamo ed ordiniamo che per l’affitto di case, o locali affittati a pigione e per gli animali affittati a soccida, o per il terreno dato a cottimo, vengano pagati, per il dazio del cottimo, dodici denari per qualsivoglia libra del prezzo nella loro valutazione e per l’affitto, cioè sei denari dal lavoratore e sei denari dal concedente (conduttore). E se il cottimo venisse pagato in grano, otto soldi per salma e la metà per altre granaglie, per l’orzo, per farro grande o per altri.

       6 Rub.71Sul pane da portare nella Città o al Porto.

Decretiamo che se qualcuno abbia portato una certa quantità di pane in Città o al Porto, paghi per qualsivoglia centinaio di pane, dodici denari; tuttavia in modo tale che il pane non sia di un valore sopra i due denari. Qualora fosse di un valore e di un prezzo oltre due denari paghi per la quota parte, per quanto in più, secondo il numero e la quantità del pane.

       6 Rub.72Il dazio sugli animali dati in soccida (soci).

   Decretiamo ed ordiniamo che per tutti gli animali da affittare o da dare a ‘socita’ ( soci), o per fare laborerio, sia pagato metà dazio, cioè sei denari dell’estimo da farsi di essi; cioè per metà dell’estimo di essi da pagarsi dai conduttori, quando sia stata pagata da essi. E i detti locatori abbiano l’obbligo di fare la denuncia all’officiale dei dazi entro 10 giorni dal giorno in cui è stato fatto l’affitto.

       6 Rub.73Il dazio del mercato di Belmonte.

   Decretiamo ed ordiniamo che per ogni mercanzia o cosa che venisse venduta nel mercato di Belmonte, in un giorno di mercato, o in qualsivoglia strada attraverso la quale si va a tale mercato, nel giorno di mercato, si paghi per il dazio dodici denari per libra del prezzo, cioè sei denari per parte. E che se qualcuno abbia portato o abbia fatto portare dalla Città di Fermo, e dal Porto di Fermo a questo mercato alcune mercanzie o cose per le quali sia stato pagato il dazio in tale Città o al Porto, o abbia venduto queste cose nel detto mercato, non sia obbligato a pagare alcun dazio per tale vendita, ma l’acquirente soltanto sia obbligato a pagare all’officiale di questo mercato tutto l’intero dazio. Inoltre che se qualcuno abbia acquistato in questo mercato alcune mercanzie o cose, o animali con lo scopo di esportarli, e di portarli nella Città di Fermo con lo scopo di rivenderli, e di esportarli per mare, non sia obbligato a pagare il dazio in questo mercato; ma soltanto il venditore sia obbligato di pagare tutto l’intero dazio, e il tale acquirente debba tenere per sé questo dazio e pagarlo all’officiale del dazio di questo mercato. E ciò perché i detti acquirenti siano obbligati, allorché abbiano portato le dette cose nella Città di Fermo, a pagare il dazio su di esse. Inoltre che per qualsivoglia rubbio di lino, il venditore sia obbligato a pagare un denaro. E per qualsivoglia pezza di canovaccio quattro denari. E per qualsivoglia misura di ciascun centenario di panno di lana, che venisse venduto all’ingrosso, questo venditore sia obbligato pagare dodici denari. Inoltre chiunque abbia una cascina o una capanna coperta nel mercato di Belmonte, paghi per ciascuna e per qualsiasi mese dieci soldi di denari. Inoltre ad ognuno sia lecito, in giorno di lunedì precedente il giorno di mercato, e nel giorno del mercoledì seguente, di qualunque luogo sia, di venire con le mercanzie e con qualsivoglia cosa, e con gli animali a questo mercato e starvi tranquillo e sicuro. E che nessuno possa recare danno alla persona o alle cose; ma nell’andare, nello stare, nel ritornare sia libero e sicuro e incondizionato, nonostante alcune rivalse e condizioni; fatta eccezione per i banditi <esiliati> e per i condannati del Comune di Fermo, che fra i già detti non siano compresi. Non si possa, in questo mercato, fare accordi o costringere per qualche debito fatto in altro luogo, ma solamente per i debiti contratti per motivi riguardanti ed emergenti da questo stesso mercato. Inoltre qualunque Macellaio o un altro che producesse carni, o macellasse allo scopo di vendere carni in questo mercato, paghi questo dazio, cioè:

-per qualsivoglia maiale o maiale femmina, morti oppure macellati freschi o salati   s.8

-per qualsivoglia bue, vacca, vitello o vitella                                                               s.20

-per qualsivoglia castrone                                                                                             s.4

-per qualsivoglia pecora, irco o montone                                                                      s.3

-per qualsivoglia capretto o agnello                                                                               s.1

       6 Rub.74Il dazio sugli animali che avranno transitato nel Distretto di Fermo.

   Decretiamo che se qualche cittadino o forestiero conducesse alcuni animali nel territorio di Fermo, da fuori distretto di Fermo, con lo scopo di esportarli al di fuori da questo distretto, paghi

-per qualsivoglia castrone                                        s.2

-per qualsivoglia maiale o maiale femmina             s.5

-per qualsivoglia pecora, montone, capra o irco      s.1 d.6

-per qualsivoglia cavallo, o cavalla o mulo              s.20

Salvo che se non potesse vendere questi animali, e a loro sia lecito, se vogliono ricondurli da dove li abbiano portati, senza alcun pagamento di dazio. E se fosse capitato di vendere qualcuno di tali animali in questo distretto di Fermo, il venditore sia obbligato a pagare all’officiale dei dazi, incaricato a riscuotere il dazio del pedaggio, dodici denari per libra, detratto il dazio per gli animali venduti, che sia stato pagato per il già detto pedaggio. E i restanti animali non venduti, liberamente, possano essere portati ove i conducenti abbiano voluto.

       6 Rub.75Il dazio sul transito.

   Fu stabilito che il transito degli animali o di altre cose, per le quali debba essere pagato il dazio, da parte dei forestieri che transiteranno, verranno o cammineranno nel territorio e nel distretto di Fermo e del suo contado, della fortezza, e del distretto, paghi il dazio qui detto:

-per qualsivoglia bue, vacca, giovenco, vitella, somaro                    s.10

-per qualsivoglia maiale o scrofa                                                       s.5

-per qualsivoglia castrone                                                                  s.2

-per qualsivoglia pecora, montone, capra, caprone                           s.1 d.6

-per qualsivoglia cavallo, o cavalla, o mulo                                      s.20

-per qualsivoglia salma di grano, che venisse esportato fuori dalla Città di Fermo con lo scopo di esportarlo fuori da questo contado e dal distretto e transitasse per detto contado e distretto di Fermo            s.6

-per qualsivoglia salma di orzo, che fosse portato come sopra

-per qualsivoglia salma di spelta che fosse portato come sopra        s.4

-per qualsivoglia salma di fava, che fosse portata come sopra          s.5

-per qualsivoglia salma di ceci, o di legumi, di panico o mele          s.4

-per qualsiasi salma di vino, che fosse portato da chiunque per mare o per terra s.3

-per qualsivoglia salma di cera                                                          s.30

-per qualsivoglia metro di olio che venisse esportato                        s.5

-per qualsivoglia salma di miele                                                         s.20

-per qualsivoglia salma di panni colorati                           1 fiorino e mezzo

-per qualsivoglia salma di panni di “carfagno”                                 s.36

-per qualsivoglia salma di lana, che transitasse    mezzo fiorino       s.0

-per qualsivoglia salma di panni di lino1 fiorino                               s.0

-per qualsivoglia salma di canovaccio                                                s.40

-per qualsivoglia salma di cenci                                                         s.10

-per qualsivoglia salma di guarnelli   1 fiorino e mezzo                     s.0

-per qualsivoglia salma di lino                                                            s.0

-per qualsivoglia salma di lana                                                           s.30

-per qualsivoglia salma di accia filata                                                s.40

-per qualsivoglia salma di pelli non conciate                                     s.30

-per qualsivoglia salma di cuoiame grosso non conciato                   s.20

-per qualsivoglia salma di cuoiame conciato                                      s.40

-per qualsivoglia salma di bambagia elaborata                 fiorino 1    s.10

<p>-per qualsivoglia salma di bambagia non elaborata                     s.30

-per qualsivoglia salma di fichi secchi                                                s.4

-per qualsivoglia salma di peli dei cavalli                                           s.10

-per qualsivoglia salma di peli della coda dei cavalli                         s.0

-per qualsivoglia salma di rame elaborato                                          s.40

   E qualsivoglia salma delle dette cose e di tutte le altre cose per le quali spettasse pagare il dazio, si intenda e debba essere di 400 libre, se fosse di più o di meno ci sia l’obbligo di pagare per la quota parte. Inoltre se qualche Mulattiere, Vetturino, o qualunque altra persona in qualsivoglia condizione stia, tanto un abitante del contado, quanto un Cittadino che abbia esportato fuori dal contado, qualche mercanzia o cosa, per le quali dovesse pagare il dazio, o abbia esportate maliziosamente in frode del dazio, e non avesse pagato il dazio all’officiale dei dazi, o transitasse senza la ricevuta degli stessi officiali, sia punito con 25 libre di denaro

       6 Rub.76Il forestiero possa esportare dal contado tutte le mercanzie, eccettuando lino e canovaccio.

 Inoltre se qualche forestiero abbia acquistato in qualche Castello del contado di Fermo qualche mercanzia, o cosa, e la esportasse fuori da questo contado o l’avesse fatta esportare, dopo aver ottenuto il permesso, la possa esportare. E qualora fossero lino, canovaccio, lana, o qualcos’altro, per il quale sia obbligato a pagare il dazio, paghi sei denari per libra del prezzo e non di più, perché gli abitanti del contado non sono obbligati a <pagare> per l’assegna (tassa).

       6 Rub.77L’abitante del contado possa introdurre ogni mercanzia nel contado senza dazio, perché paga l’assegna.

 Inoltre se qualcuno del contado portasse in questo contado di Fermo qualche mercanzia o cosa, se questa sia soggetta a qualche dazio, non sia obbligato a pagare affatto per le dette cose perché paga l’assegna.

       6 Rub.78Chiunque asporta dalla Città e dal contado il lino, la lana, i panni, i canovacci, la semente, le noci o altra mercanzia, paghi il dazio.

    Inoltre se qualche abitante del contado, o Cittadino Fermano, o forestiero, in qualunque condizione stia, acquistasse lino, lana, panni di lino o di lana, canovaccio, semente di lino, noci, o qualunque altra cosa o mercanzia nella Città di Fermo, o in qualche Castello del contado di Fermo, e volesse esportarla, fuori da questa Città di Fermo, o l’avesse importata o l’avesse fatta importare, paghi per qualsivoglia libra del prezzo, per la parte di detto acquirente, sei denari e non di più.

       6 Rub.79Il forestiero che porta, soprattutto che vende qualcosa nel mercato di Belmonte, paghi il dazio, e possa portare indietro ciò che non vendesse.

   Inoltre se qualche forestiero venisse fuori della Città di Fermo al mercato di Belmonte con panni, animali o altra mercanzia, e vendesse in questo mercato in tutto od in parte, paghi il dazio che di solito si paga in detto mercato. E quello che non vendesse in detto mercato, se volesse lo possa portare indietro alla sua abitazione, o al luogo da cui lo condusse, e a lui sia lecito senza altro pagamento di dazio. E se lo volesse portare altrove, anziché al detto luogo, paghi il dazio dovuto per il passaggio, come è stato detto sopra, per quello che lo abbia portato indietro.

       6 Rub.80Sia lecito a qualche abitante del contado di barattare e vendere un bue malandato fuori dal contado.

   Inoltre se a qualcuno che abita nel contado di questa Città di Fermo capitasse che qualche bue, o vacca o un altro animale gli si sia deperito, e fosse di sua proprietà, e volesse cambiarlo, o vendere, sia a lui lecito di vendere o cambiarlo fuori del contado di Fermo, senza pagamento di dazio.

       6 Rub.81Sia lecito al forestiero portare indietro la mercanzia non venduta, dopo pagati 6 denari per libra di cose vendute.

   Inoltre se qualunque commerciante o forestiero che fosse al di fuori del contado di Fermo, volesse vendere panni o altra mercanzia o cosa, che fosse stata immessa e condotta nei Castelli di questo contado o attraverso gli stessi Castelli del contado, paghi sei denari per libra del prezzo di quello che abbia venduto. E quello che non potesse vendere, sia lecito di esportarlo e riportarlo nel luogo di prima dal quale lo portò, senza pagamento di dazio. E se lo volesse portare altrove, anziché al luogo di prima, dal quale lo portò, paghi il dazio del passaggio, come è stato dichiarato sopra.

       6 Rub.82A nessuno sia lecito esportare cereali fuori dal distretto, registrati nello stesso distretto e nel contado.

 Inoltre nessuna persona, sia Cittadino che forestiero, ed anche del contado di Fermo, in qualunque condizione si trovi, possa né debba esportare alcun genere di cereali, né di grascia fuori dal contado di Fermo, cioè cereale che sono sia nato e registrato nel contado e nel distretto di Fermo. Sia lecito agli abitanti del contado, fra loro stessi, vendere, comperare e portare mercanzie, perché pagano l’assegna.

       6 Rub. 83Sia lecito agli abitanti del contado tra di loro stessi di vendere, comprare e portare mercanzie perché pagano l’assetto <assegna>.

Inoltre sia lecito a chiunque del contado di Fermo e del suo distretto di vendere e comperare ogni mercanzia, e cosa, che si volesse fra se stessi, nel contado di Fermo, e portarla da un Castello ad un altro Castello del contado di Fermo, senza alcun pagamento di dazio, perché pagano l’assegna.

       6 Rub.84Qualsiasi forestiero recante mercanzie sia obbligato a pagare il dazio al primo daziere incontrato nel contado.

   Qualsivoglia forestiero che reca mercanzie sia obbligato a pagare il dazio al primo daziere incontrato nel contado. Inoltre se qualche commerciante o forestiero abbia portato o assoldato panni o qualche altra mercanzia, o cosa nel territorio e nel distretto del contado di Fermo, con lo scopo di vendere, paghi il dazio di sei denari per libra del prezzo per quelle cose al primo daziere o addetto alla riscossione del pedaggio che abbia trovato in questo contado; e questo officiale, o daziere, faccia la sua consueta ricevuta. E non sia obbligato a pagare in alcun altro luogo del contado. E sia lecito a questo commerciante di riportare ed esportare il residuo di detta mercanzia, che non potesse vendere in questo contado, senza alcun altro pagamento. Il dazio del passaggio.

       6 Rub. 85La gabella (dazio) sul passo.

   Questi sono gli statuti e gli ordinamenti del dazio del passaggio delle Terre qui scritte, cioè di tutte le Terre e i luoghi situati oltre i fiumi Chienti, Fiastra, Norcia, Visso, Camerino, Foligno e da tutte le altre terre e i luoghi situati oltre i detti fiumi, e in essi non sia compresa alcuna Terra o Castello, che è a confine con il contado di Fermo, né la Terra di Amandola, né Penna San Giovanni, né alcuna terra che confini o sia al confine del contado di Fermo; (statuti ed ordinamenti) fatti, stabiliti e rinnovati nell’anno 1376, nel mese di Maggio, per tutte le mercanzie che venissero o che fossero portate dalle dette terre, e che fossero portate per mare, e che venissero per mare, e venissero esportate fuori dal contado di Fermo, e venissero portate nelle dette terre e nei luoghi situati oltre i detti fiumi; come è stato detto sopra, paghi nel modo qui scritto, e si intenda come peso di qualsivoglia salma, 60 libre. Prima di tutto:

                                                              Per soma   \ x.per 100 peso \ x 10 peso

Zaffarano per soma                           Lib.17 s.10   \   s. 75 d.7           s.7 d.7

Seta sottile “marchiana” (Marche)    Lib.17 s.10   \   s.75 d.7            s.7 d.7

Faloppi (bozzoli) doppi e franchi.     Lib.2 s.0       \   s.8 d.21           s.0 d.11

“Fomicilli”                                         Lib.4 s.0       \  s.7 d.10            s.1 d.10

Seta portata dalla Puglia                    Lib.10 s. 0    \ s.40 d.6            s.4 d. 10

Cera                                                   Lib.2 s.0       \ s.8 d.11             s.0 d.11

Zucchero saldo                                  Lib.3 s.0       \ s.9 d.4               s.1 d.4

Polvere di zucchero                           Lib.1 s.10     \ s.6 d.8               s.0 d.8

Spezie minute e non minute              Lib.6 d.0       \ s.26 d.8             s.2 d.8

Pepe                                                   Lib.4 s.0       \ s.17 d.10           s.1 d.10

Mele                                                  Lib.0 s.10 s.3\ s.3 d.4               s.0 d.4

Allume di rocca                                Lib.0 s.10       \ s.2 d.2              s.0 d.4

Noccioli di mandorle                        Lib.1 s.0        \ s.4 d.6               s.0 d.6

Pinotti                                               Lib.1 s.0        \ s.4 d.5               s.0 d.6

Uva passa                                         Lib.0 s.10      \ s.12 d.2             s.0 d.2

Cumino                                            Lib.0 s.10      \ s.2 d.3               s.0 d.3

Panno colorato, Camertono, e Eugubino Lib.2 s.8\ s.15 d.2             s.1 d.6

Panni bisi e carfagni                        Lib.1 s.0        \ s.4 d.6               s.0 d.6

Stamegno <stame?>                         Lib.10 s.0      \ s. 44 d.6            s.4 d.6

Lana fina                                          Lib.4 s.0        \ s.17 d.10           s.2 d.8

Lana grossa bianca, o bisia              Lib.1 s.4        \ s.5 d.4               s.0 d.6

Panno di lino sottile                         Lib.3 s.0        \s.13 d.4              s.1 d.4

Bucaramo ailese                               Lib.6 s.0        \s.26 d.8              s.2 d.8

Guarnello d’ogni ragione                 Lib.3 s.8         \s.15 d.9             s.1 d.6

Canovaccio e borraccio                   Lib.1 s.0          \s.4 d.6               s.0 d.6

Fune, Spago, giganelli                     Lib.1 s.0          \s.4 d.6               s.0 d.6

Stoppa                                              Lib.0 s.5          \s.1 d.2               s.0 d.2

Lino Marchesiano                            Lib.0 s.10        \s.2 d.3               s.0 d.3

Lino Lombardo                                Lib.1 s.0          \ s.4 d.6              s.0 d.6

Panni Veronesi, Fiorentini, panni colorati fini Lib.5 \s.23 d.4-          s.2 d.4

Canova                                              Lib.0 s.10       \s.2 d.3               s. d.3

Merceria                                           Lib.6 s.0          \s.26 d.8             s.2 d.8

Stagno                                              Lib.0 s.15        \s.3 d.4               s.0 d.7

Ferro e piombo                                 Lib.0 s.10        \b.2 d.3              s.2 d.3

Acciaio                                             Lib.0 s.15        \s.3 d.4              s.0 d.6

Ferro lavorato                                   Lib.1 s.0          \s.4 d.6              s.0 d.6

Ferro lavorato da corazze                 Lib.1 s.10        \s.6 d.8              s.0 d.8

Metallo lavorato                               Lib.1 s.0         \s.5   d.4             s.0 d.7

Rame lavorato                                  Lib.1 s.10       \s.6 d.8               s.0 d.8

Rame non lavorato                           Lib.0 s.15      \s.3 d.4                s.0 d.4

Varri, per centinaio di numero          Lib.0 s.10      \s.10 d.0             s.0 d.0

Pellicceria non concia                      Lib.1 s.0         \s.4 d.6               s.0 d.6

Pelle francese                                    Lib.3 s.0        \s.13 d.4             s.1 d.4

Pelle lanute                                       Lib.0 s.10      \s.2 d.4                s.0 d.3

Corame grosso                                  Lib.0 s.15      \s.3 d.4               s.0 d.4

Pellicceria concia                             Lib.1 s.10       \s.6 d.8               s.0 d.8

Corame sottile concio                      Lib.1 s.10       \s.6 d.8               s.0 d.8

Soatto                                               Lib.1 s.10       \s.6 d.8               s.0 d.8

Carta bambagina                              Lib.1 s.1         \s.0 d.0               s.0 d.0

Carta pecorina                                  Lib.1 s.0         \s.4 d.6                s.0 d.6

Cenci e paratura di carta                  Lib.0 s.1         \s.1 d.2                s.0 d.1

Semente di lino, noce, e altre biade Lib.0 s.2         \s.0 d.6                s.0 d.0

Pelo di cavallo                                 Lib.0 s.10        \s.2 d.2               s.0 d.3

Fichi secchi                                      Lib.0 s.1         \s.1 d.0                s.0 d.3

Sego e sugna                                    Lib.0 s.10        \s.2 d.3               s.0 d.2

Pelo di coda di cavalli                      Lib.1 s.0          \s.4 d.5               s.0 d.3

Bambagia lavorata                            Lib.2 s.0        \s.8 d.11             s.0 d.11

Bambagia non lavorata                     Lib.1 s.0        \s.4 d.10             s.0 d.6

Sturuini                                             Lib.1 s.0        \s.4 d.6               s.0 d.6

Pesce salato                                      Lib.0   s.10     \s.4 d.6               s.0 d.3

Carne salata, e cacio                         Lib.0 s.10      \s.2 d.3               s.0 d.2

Legname lavorato d’ogni ragione    Lib.0 s.2         \s.0 d.8               s.0 d.3

Vetro lavorato d’ogni                       Lib.0 s.10       \s.2 d.3               s.0 d.3

Cenere da bicchieri e allume di feccia Lib.0 s.2     \s.2 d.3               s.2 d.0

Rocelle                                             Lib.0 s.10       \s.2 d.7               s.0 d.2

Panicella                                           Lib.0 s.2         \s.2& 2              s.0 d.0

Robbia, e guado                               Lib.0 s.5         \s.1 d.1               s.0 d.1

Scotano                                             Lib.0 s.2        \s.0 d.6               s.0 d.0

Pece                                                  Lib.0 s.4        \s.1 d.0                s.0 d.0

Piuma                                               Lib.0 s.5       \s.1 d.1                 s.0 d.2

Cote di pietra da rotare                    Lib.0 s.5        \s.1 d.2                s.0   d.2

Pesce apparecchiato                         Lib.0 s.3        \0 d.9                   s.0 d.0

Anici                                                Lib.0 s.6        \1 d.6                   s.0 d.1

Cinnamomo. ovvero cannella          Lib. s.0          \s.13 d.4              s.0 d.4

Zenzero                                            Lib.2 s.0        \s.13 d.11            s.1 d.11

Endico <indaco>                              Lib.2 s.0         \s.8 d.11             s.0 d.11

Verzino                                             Lib.2 s.0         \s.8 d11              s.0 d.11

Seta sottile di Romania                    Lib.10 s.0       \s.50 d.6             s.0 d.4

Seta grossa di Romania                    Lib. 5 s.0        \s.25 d.3             s.2 d.3

Grana                                                Lib.10 s.0      \s.40 d.6              s.4 d.6

Capelli, manotte gentili, e feltri       Lib.1 s.0        \s.4 d.6                 s.0 d.6

Stole                                                 Lib.0 s.3        \s.5 d.9                s.0 d.0

Cassia                                               Lib.0 s.8        \s.20 d.0              s.0 d.0

Vischio, e tormentina                       Lib.0 s.10      \s.2 d.3                s.0 d.3

Grano, riso                                       Lib.0 s.6        \s.0 d.0                s.0 d.0

Solfaro <solfato>                             Lib.0 s.8       \s.0 d.0                 s.0 d.0

Oro filato per libra di peso               Lib.0 s.4       \s.0 d.0                s.0 d.0

Argento lavorato indorato per libra di peso Lib.0 s.2 \s.0 d.0           s.0 d.0

Pater nostri di coralli per libra di peso Lib.0 s.1    \s.0 d.0                s.0 d.0

Pater nostri d’ambra per libra di peso Lib.0 s.1     \s.0 d.0                s.0 d.0

Avolio per libra di peso                    Lib.0 s.6         \s.0 d.0               s.0 d.0

Coltre di seta per una                       Lib.0 s.2         \s.0 d.0                s.0 d.0

Coltre di panno d’ogni ragione per una   Lib.0 s.10 \s.0 d.0              s.0 d.0

Schiavine <vesti villose> per una    Lib.0 s.1         \s.0 d.0                s.0 d.0

       6 Rub.86I caricatori e gli scaricatori.

    Inoltre decretiamo ed ordiniamo che qualsivoglia persona, Cittadino, o del distretto del contado di Fermo, in qualunque condizione si trovi, che abbia portato o abbia fatto portare, o abbia caricato o abbia fatto caricare una qualche quantità di olio, o alcune altre mercanzie di qualsivoglia qualità, presso qualche luogo o in qualche spiaggia della riviera del mare, dal Castello di Sirolo del contado di Ancona incluso fino al fiume Tronto incluso, sia obbligato e debba pagare all’officiale del dazio, o agli esattori di questa Città di Fermo, incaricati dal Comune di questa Città, o a coloro che hanno comperato i dazi di questa Città, un fiorino e mezzo per qualsivoglia miliare di olio. E per qualsivoglia centenario del valore, o dell’estimo di qualsivoglia altre mercanzie così condotte e caricate o scaricate in qualcuno dei detti luoghi di questa riviera o delle spiagge non sottoposte a questa Città, dodici denari per qualsiasi libra di denaro, come viene pagato in questa Città. E ciò sia inteso per i luoghi e per le spiagge non sottoposte a questa Città, e tali cittadini o distrettuali che portano o che fanno portare in detti luoghi o in tali spiagge l’olio o altre mercanzie qualsiasi, siano obbligati a segnalare ogni quantità dell’olio agli officiali del detto dazio, entro quindici giorni da calcolarsi dal giorno del trasporto, del caricamento o dello scaricamento di tali mercanzie, e dell’olio, sotto la pena di 10 fiorini d’oro per qualsivoglia miliare di olio e 5 soldi per qualsivoglia libra del valore o dell’estimo delle dette mercanzie; e la metà di questa pena sia per il Comune di Fermo e l’altra metà sia per il detto esattore del dazio, se il dazio fosse stato venduto <appalto>, altrimenti tutta per intero la detta pena pervenga in Comune. E sia lecito a chiunque di riferire i trasgressori, e <il delatore> sia tenuto segreto ed abbia la quarta parte della pena a motivo della sua denuncia o segnalazione.

       6 Rub.87Il dazio del sale, dei pascoli, del baratto e della “scarfina” non è da includere nelle vendite dei dazi.

   Con il presente statuto confermiamo e dichiariamo che qualora i dazi del Comune vengono appaltati e vengono deliberati, quando si facciano tale vendita e delibera, in nessun modo sia compresa, né si intenda compresa anche la vendita del dazio del sale, dei pascoli e della “scarfina”, neanche il dazio sul baratto, a meno che non avvenisse tramite un istrumento di vendita su di essi e con una chiara e specifica segnalazione <di essi> in detta vendita. E questo dazio di baratto non sia appaltato, senza che sia stato deliberato dal Consiglio Generale del Comune di Fermo.

       6 Rub.88Per coloro che portano i panni alle tintorie in Città.

   Affinché ai forestieri o ai circostanti che vogliono portare panni da colorare in questa Città, soprattutto affinché la comodità e l’arte della lana migliorino di giorno in giorno, vogliamo e dichiariamo e decretiamo che coloro che da fuori portano i panni da colorare non siano molestati, e che non siano obbligati a qualche pagamento del dazio e del tributo, nel portare e nel portar via detti panni. E similmente nessuno possa portar via né far portare via l’allume fuori dalla <detta> Città.

       6 Rub.89Gli abitanti del contado possano venire con sei buoi senza pagamento del dazio

   Gli abitanti del contado che vengano a fare un lavoro nel territorio della Città di Fermo, per il tempo futuro, possano venire e portare fino a sei buoi con una o due cavalle, senza alcun pagamento del dazio del pedaggio dei pascoli.

       6 Rub.90L’esenzione per coloro che fanno l’arte della lana.

   Coloro che vengono nella nostra Città per svolgere l’arte della lana e quelli che in detta Città svolgono la detta arte, soltanto per le loro cose, cioè masserizie, lana filata ed altre cose necessarie all’arte della lana, per le quali tramite il Notaio dei Regolatori siano obbligati a <fare> il conto con giuramento, siano esenti da qualsivoglia pagamento di dazio o tributo; eccettuati però i panni per i quali siano obbligati al pagamento del dazio.

       6 Rub.91I mercanti forestieri possano portare le loro mercanzie, e dal 15 luglio, e non vendendole possano portare via, senza dazio o tributo.

   Dato che si abbia un fruttato non piccolo di onore e di comodità dal mercato delle cose vendibili o dalle fiere, decretiamo solennemente che i commercianti esterni o forestieri possano, dalla metà del mese di luglio in poi, per le fiere, portare mercanzie senza alcun dazio; e se non abbiano venduto, non siano obbligati a pagare alcun dazio, ma che liberamente possano portarle via entro la scadenza stabilita.

       6 Rub.92Esenzione per i chierici sui dazi.

<Seguono atti ufficiali degli anni 1579; 1580; 1581; 1583>

   Decretiamo ed ordiniamo che tutti i singoli Chierici della Città, e del contado di Fermo e dimoranti in essi, siano esenti, liberi ed immuni, nella Città e nel contado, dal pagamento dei tributi sui beni delle Chiese, e degli Altari e sui beni del proprio patrimonio, cioè per quelle cose che questi Chierici avessero divisi dal padre, dal fratello o dai propri congiunti, ma per quei beni che possedessero come indivisi insieme con detti suoi padre, fratello e congiunti, siano obbligati di pagare i tributi. Inoltre <esenti> questi Chierici per il macinato del grano da trattenere per il vitto proprio e dei diaconi o degli scolari e degli inservienti propri, secondo il grado, e secondo la propria dignità. Siano anche liberi ed immuni in questa Città, anche per le altre cose che ad uso degli stessi appositamente essi stessi portassero in questa Città. È in nessun modo possano, né debbano per altri, se non per essi stessi, come è stato detto sopra, sotto le pene imposte dal reverendissimo signor Vescovo. Inoltre detti Chierici siano esenti ed immuni anche per il macinato delle proprie olive, cioè dei frutti delle loro Chiese o degli Altari o del proprio patrimonio, solamente quelli divisi dai suoi consanguinei. anche siano esenti ed immuni anche. E in nessun modo possano, né debbano comperare olive, né parti di olive, dai propri lavoratori, o cottimisti, né da qualunque altro, e se le comperasse, siano obbligati di pagare i dazi del macinato di dette olive se le facessero macinare. Inoltre questi chierici per il grano, il vino e gli altri frutti, che vendessero in questa Città, siano esenti ed immuni per la metà del dazio, per la parte cioè della vendita di detti grano, vino o altri frutti, e l’acquirente paghi la metà del dazio per la sua parte sua; e per la metà del dazio delle pensioni, delle case, dei cottimi dei propri possedimenti &lt; i chierici siano esenti anche per la parte propria. Inoltre i Chierici non possano né abbiano potere in alcun modo di esportare, né di far esportare il grano per mare, né per <via> terra, fuori del distretto di Fermo, né l’olio né gli altri frutti, neppure di vendere quelli liberi ed esenti dal pagamento delle tabelle da pagarsi per intero da parte dell’acquirente di detto grano o di altri frutti acquistati dai Chierici, ma per le dette cose, il dazio, per intero venga pagato dagli acquirenti, e se esportassero o volessero esportare, siano obbligati a pagare per intero il dazio, e il trasporto del grano al Comune di Fermo, come sono soliti <pagare> i secolari <laici>

\   Dichiarazione fatta sopra il predetto statuto e deliberazione e risoluzione che debba essere praticata con i Chierici sopra il pagamento e la riscossione dei dazi e dei pascoli cioè che fu ed è. 

   Essendo state fatte alcune differenze tra il reverendo Clero da una parte, e la Magnifica Comunità di Fermo, e i suoi gabellieri dall’altra sopra la riscossione delle gabelle, dei pascoli dei bestiami e del macinato, e in conseguenza nato un dubbio sopra lo statuto, libro 6 “Sulla esenzione dei Chierici” e sulla osservanza d’esso, e tutte le differenze trattate, e agitati dall’una parte, e dall’altra dinanzi agli Illustrissimi Sigg. Cardinali della sacra Congregazione delle Visite dei vescovi, e riferita la causa a N. S. ultimamente per ordine di Sua Santità, essendo <stato> scritto dall’Illustrissimo Cardinal Montalto all’Illustre e Reverendissimo Monsignor Pinello Vescovo di questa Città, di tenore, che detto statuto sia eseguito come è stato eseguito per l’addietro. Per l’esecuzione di tal ordine, e per maggior dichiarazione, e per toglier via qualsivoglia difficoltà, che potesse nascere da una e dall’atra parte, mediante i deputati dell’una parte, e l’altra sera avvenuto alla qui trascritta dichiarazione, e determinazione da osservarsi inviolabilmente in perpetuo net tempi futuri. Anzitutto, che si osservi lo statuto nella Rub.92 Libro sesto:

 Che i laici acquirenti da preti e da altri chierici paghino la metà della gabella, come è stato praticato. Che se alcun laico venderà ai Preti, o ad altre persone ecclesiastiche, sia tenuto a pagare l’integra gabella, sì come è stato praticato per antica e immemorabile consuetudine. Ed il medesimo si osservi nelle locazioni o affitti.

. Inoltre se gli concede, che di frutti, che raccolgono nei territori, tanto della Città, come dello Stato, de’ beni ecclesiastici, patrimoniali, o acquisiti, quando essi vogliono esportar a nome proprio fuori dal distretto o per mare, o per terra, siano esenti da ogni gabella, ma siano tenuti a pagare la tratta, come pagano i laici; eccettuando l’olio, e il vino, per i quali si paghi la metà della gabella, come è stato sempre praticato. Ma vendendo detti frutti, tanto olio, come vino, o qualsivoglia altra sorte di frutti e robe, ad altri che li esportassero, i compratori siano obbligati a pagare la metà della gabella, e tutta la tratta, nonostante alcun patto fatto fra di loro.

   Quanto al macinato otto some di grano siano franche (esenti) per ciascun Canonico che abiterà in comunione con le famiglie, some sei per un Curato o Prebendato che staranno in comunione, come detto sopra, some tre per ciascun altro Prete non Curato.

. Che quelli che staranno separati dalle famiglie, siano esenti dalla gabella del macinato per tutto quello che faranno.

. Che un Canonico non possa tenere nei pascoli più di 50 tra pecore e capre, e il Prebendato non ne possa tenere più di 25, comprendendovi quelle pecore e capre, che si ritenessero tanto nelle possessioni del Capitolo, quanto nelle loro particolari. E di questi animali i lavoratori, o socciari <soci> per allevare animali allevati a metà siano obbligati a pagare la metà di quel che pagano gli altri laici. E volendo ciascuno dei detti qui sopra tenere più del detto numero, tanto in particolare, come in universale, debbano pagare l’intero pascolo.

. Che per gli altri animali i preti siano liberi e esenti per la loro parte, ma i loro socciari <soci> e lavoratori siano obbligati alla metà di quel che pagano gli altri laici, il che non si intenda per quelli che si allevano per mercanzie, e in questo caso debbano pagare tutto quel che pagano i laici. 

\   In seguito furono rivolte preghiere nella Magnifica Cernita della Magnifica Città di Fermo che si è svolta il giorno 18 agosto del presente anno 1581, da parte del reverendo Capitolo e dei reverendi Canonici di questa stessa Città, del tenore scritto qui sotto, cioè.

Magnifica e prestantissima Cernita, Il capitolo e i canonici di questa lor Cattedrale desiderosi di esser loro figliuoli e di vivere in unione con cotesto pubblico, essendosi trattata la concordia della esazione riguardo alle gabelle, e ai pascoli tra gli deputati delle Magnifiche Signorie Vostre, e del detto capitolo, con l’aiuto del Signore Dio benedetto s’è ridotta a buonissimo termine, come per i Capitoli non nasceva <nessun altro disparere tra di loro, che nella somma, e quantità delle pecore. Poiché essendosi per il passato praticato, che il Prete abbia potuto ritenere numero indefinito di pecore, e tanta quante ha potuto ritenere, e per la metà sia stato sempre franco, ora restringendosi a 50, è parso, confidando nella molta benignità e cortesia loro, supplicarle che vogliano restar contente della quantità di ottanta, o più, o meno, rimettendosi sempre alla loro volontà, il che concederanno ai loro propri figliuoli, e li possono rassicurare che come per l’addietro non s’è mai goduta questa immunità, così anche si può sperare che si osserverà per l’avvenire, e riporteranno il tutto per grazia, assicurando che il detto capitolo vuol vivere in unione con loro, con il numero non solo di 50 pecore, ma con tante quante loro si compiaceranno. E perché è desiderio di imporre silenzio non solo su questo fatto, ma anche che tutto il clero della Città vi concorra, (al che farà ogni sforzo) e affinché non abbiano occasione di dolersi, poiché nei Capitoli per Prete non Curato gli s’è concesso un così poco numero di pecore, cioè 10; supplichiamo che vogliano provvedere che restino ancor loro consolati, e animarli alla concordia, e di questo si terrà obbligo, pregando Dio per tutti loro, che li conservi sempre.

   Sopra queste suppliche in quella Cernita, praticando le cose da praticare, fu fatta la decisione in questo modo, cioè il signor Felice Aurelio Consultore stimato e giurato circa la richiesta dei reverendi Canonici e Capitolo espresse il parere di dover dichiarare il numero delle pecore in questo modo, cioè per un Canonico sessanta, per un Curato 40, per un Presbitero 30, e per un altro non curato 20; per gli altri si abbiano i Capitoli come confermati. Questa decisione fu ottenuta <approvata> con fave nere di questo numero 59, nonostante due bianche in contrario.

   Io Silvio Sara Canonico e a ciò eletto e incaricato appositamente insieme con il Magnifico e Reverendo Signore Costanzo Grana canonico, dal Reverendo Capitolo Fermano, su rogito di ser Fabio Srangulini di Fermo Notaio del Capitolo, nel giorno 29 Marzo 1583. Accolgo ed accetto le cose dette sopra contenute in questi capitoli, e prometto di osservarle senza violazioni, essendo intervenuto il consenso del Santissimo Signore Nostro Papa, né diversamente né in altro modo. E in fede eccetera scrissi di mano propria.    Io Costanzo Grana canonico deputato accetto tutte le cose dette sopra, come sopra. E in fede eccetera scrissi di mano propria.   Noi Felice Aurelio, e Francesco Assaldi eletti e deputati dai Magnifici Signori Priori, e Regolatori della Magnifica Città di Fermo per decreto della Magnifica Cernita celebrata sotto il 13 di Novembre 1579, accettiamo, approviamo, e consentiamo a quanto si contiene sopra.   Io Felice Aurelio dico come di sopra.    Io Francesco Assaldi confermo come di sopra.  

\       Il tenore delle lettere, delle quali si fa menzione sopra, è tale, cioè

 All’Ill.mo e Molto Reverendo Sig. come Fratello Monsignor Vescovo di Fermo

 R. presentante ecc. omesso il sigillo all’interno in realtà – Illustre E Molto Reverendo Sig. Intorno al disparere nato tra il Clero, e la Città di Fermo sopra il statuto di detta Città Lib.6 Rub.92 titolo degli esenti chierici. Poiché lungamente si è disputato, intese le parti on informazioni d’Avvocati, e Procuratori, e inteso anco il parere di dui SS. Auditori di Ruota, si è riferita la causa a S. Santità, quale avendo inteso distintamente i capi controversi, e le allegazioni delle parti, mi ha commesso ch’io scriva a V.S. che levata ogn’altercazione sia eseguito detto statuto come è stato eseguito per l’addietro. Et Dio N. Signore la guardi dal male

Di Roma li 4 di Giugno 1580. Come Fratello a servirla. F(ra’) Felice Card. di Montalto

 Giorno 9 Giugno 1580, Roma.

   Il Magnifico Sig. Giovanni Battista Colucci, in quanto Oratore e Procuratore della Magnifica Città di Fermo presentò, le lettere dell’Illustrissimo e Reverendissimo Signor Cardinale di Monte Alto, scritte qui all’Illustre e Reverendo Signor Domenico Pinelli, per grazia di Dio e della Sede Apostolica Vescovo, e Principe Fermano, e chiese che siano ricevute e accolte, ecc. E costui Ill.mo e Rev. Sig. Vescovo ecc., le accolse, e ordinò che siano messe in pratica, siano registrate e siano restituite ecc. Così comandiamo. Il Sig. Vescovo.

       6 Rub.93Sul pagamento del dazio non si possa concedere perdono né scadenza.

   Per eliminare qualsivoglia inconveniente, sia stato stabilito che per i dazi a nessuno possa essere fatta la grazia, la remissione, né in alcun modo si facciano proposte e si deliberasse sopra il concedere queste grazie, sotto la pena di 25 ducati d’oro per ciascuno dei signori Priori trasgressori, e per il Cancelliere che le leggesse e scrivesse, cosicché in futuro in nessun modo né mezzo, per i soldi dei dazi da pagarsi al Comune di Fermo, e per i denari dovuti possa essere fatta una grazia, un termine o una dilazione, né alcuna sospensione, né in alcun modo il pagamento ai Gabellieri che hanno i dazi del Comune si possa impedire o ritardare né sopra detto pagamento che deve esser fatto, si proponga alcunché, si tratti, si deliberi o si riformi nelle Cernita e nel Consiglio, sotto le pene già dette per i predetti signori Priori e per il Cancelliere.

 *** 

Conferma di tutte le cose contenute in tutto questo volume degli statuti.

   Gli statuti e i plebisciti della nostra Città di Fermo, rivisti ristabiliti e dichiarati tutti e singoli scritti ed annotati in tutto questo volume, con decreto popolare quando fossero mandati; ad essere stampati nell’anno del Signore 1506, indizione nona, regnante Giulio Pontefice Massimo, come è piaciuto al Signore, decretiamo ed ordiniamo che siano e che debbano essere gli statuti e i diritti (leggi) civili della nostra Città e del contado e di tutti i luoghi sottomessi al dominio (giurisdizione) di Fermo; e vogliamo ed ordiniamo che questi siano praticati nella Città e nel contado e in tutti i nostri luoghi, e lo comandiamo, nonostante ogni qualsivoglia cosa che faccia contrasto. E con pubblico consenso della Città e del contado appositamente fu stato modificato per questi tutti e singoli, come pienamente risulta per mano di Bernardino Patimali, Notaio pubblico e Cancelliere del nostro Comune, nel rogito per questa cosa.

***

   Questi statuti finalmente con decreto del consiglio del giorno 21 luglio 1585, e della Cernita nel giorno 9 gennaio 1587 e con un altro decreto della stessa Cernita nel giorno 4 novembre 1588 furono di nuovo attentamente esaminati, dichiarati, avendo aggiunto e annesso alcune cose ricavate dalle delibere di riforma e successivamente pubblicate e infine mandate in stampa. \

***GLI STATUTI DELLA MAGNIFICA CITTA’ DI FERMO SONO COMPLETATI FELICEMENTE.

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  <Parte finale>

CAPITOLI EDITI SUL MERCATO E SULLA FIERA DELLA MAGNIFICA CITTA’ DI FERMO, IN AGOSTO, COME FURONO ORDINATI AD OPERA DEI CITTADINI CON DECRETO DI CERNITA.

– 1- II luogo ove si debba fare la fiera, cioè dove si debbano vendere gli animali, sia dove sinora è consuetudine; ma il luogo ove si vendono le altre mercanzie si intenda che è dentro la Città, nella piazza di San Martino, e lungo le strade maestre.

– 2- Inoltre che la detta fiera sia e che debba essere franca a tutti i forestieri che condurranno, compreranno o venderanno le loro mercanzie nella detta fiera, stando nel tempo che sotto si dichiarerà; cioè che possano mettere, portare, vendere o comperare ogni genere di merce e di animali senza alcun dazio, ovvero gabella; non estendendosi a coloro che vendessero grano, farina, pane, vino, olio all’ingrosso, carne da taglio e ogni altro genere di biada, e vettovaglie, espressamente specificando che la carne salata e il cacio che siano venduti a pezzi interi, non debbano pagare gabella; salvo che non si vendesse al taglio, ma i forestieri anche se vendessero carne salata e formaggio a taglio, non siano obbligati a pagare alcun dazio ovvero gabella.

– 3- Inoltre durante il tempo della fiera i Cittadini e i Contadini, i quali conducessero o vendessero o immagazzinassero, o comprassero o portassero qualche mercanzia, non siano tenuti a pagare alcuna gabella, dichiarando però che le robe che si avessero da immagazzinare, si debbano segnalare ai gabellieri, e finita la fiera i cittadini, a richiesta dei Gabellieri, con giuramento, siano obbligati a chiarire quello che gli avanza; ma espressamente si dichiara che di robe comperate per proprio uso non si paghi gabella. E se vi fosse qualche difficoltà per le cose che si vendessero o portassero, di qualunque specie siano, allora ci si attenga al giudizio di quei Cittadini che saranno incaricati come sovraintendenti della fiera con giuramento di colui che la vendesse o portasse o immagazzinasse; o in qualunque modo capitasse qualche dubbio; ma in tale modo da ultimare, esaminare e chiarire prima che si abbiano questi dubbi e differenze, tramite i Consoli dei mercanti di luglio e di agosto.

– 4- Inoltre che i mercanti forestieri possano mandare le loro mercanzie e le robe nel Porto e nella Città di Fermo entro l’anno come a loro capiterà e conservarle, e per riporle fino al tempo della fiera senza alcun dazio, né pagamento di gabella. Ma se prima del tempo della fiera le vendessero, siano obbligati, per quello che vendono, a pagare il dazio ovvero la gabella ai Gabellieri senza alcuna opposizione. E ciò abbia luogo per il passato, al presente e nell’avvenire. E si intenda che se le robe si inviassero tramite un commesso o per commenda <accomandita> si debbano immagazzinare tutte in un luogo che verrà stabilito tramite il Comune.

– 5- Inoltre che i mercanti e qualunque altra persona di qualsiasi stato e condizione essa sia, possano, nell’avvenire, per tutto il mese di agosto, in qualunque anno della fiera, liberamente vendere o comperare senza alcun pagamento di dazio o gabella. E siano iberi ed esenti da questi dazi e gabelle per tutto il mese di agosto, ed anche i mercanti forestieri possano portare tutte le mercanzie e le robe loro e farle portare per tutto il mese di settembre seguente in ogni anno quando la fiera si farà, senza pagamento di detti dazi o gabelle. Ma se qualcuno passasse con robe e con apparenza di franchigia, le portasse in tale tempo, con l’intenzione di non vendere nella detta fiera, mettesse roba, sia obbligato al dovuto pagamento delle gabelle.

– 6- Inoltre che a ciascuno sia lecito fare la senseria <mediazione> in questa fiera, purché sappia scrivere, affinché possa tener conto delle vendite che si fanno di mano sua, in modo che si abbia a far scrivere dal notaio dei sovrintendenti della fiera; altrimenti qualsiasi vendita, che viene fatta di loro mano, non sia valida.

– 7- Inoltre che questa fiera sia e debba essere franca e libera per ogni persona che ci verrà in modo che nessun Cittadino, Contadino o forestiero, di qualunque condizione e luogo egli sia, cioè durante il tempo di questa fiera, possa essere costretto né concordato da alcun suo creditore per qualche debito contratto prima del tempo di questa fiera, né per rappresaglia del Comune, né da parte di una persona speciale che avesse  <rivalsa> contro qualcuno, salvo per un debito che si contraesse o si facesse nella fiera, si debba fare accordo e costringere a quel che la ragione volesse.  E similmente non si possa, durante il tempo della fiera, giurare <affermando> qualcuno sospettato e fuggitivo, e così neanche si possa fare alcuna molestia durante questa fiera a quelli che fossero condannati per danni dati, ma anche essi siano iberi e sicuri.

– 8- Inoltre che la detta libertà e sicurezza non si intenda per qualche bandito, nemico, ribelle o traditore della santa Chiesa, e del Magnifico Comune di Fermo, e che non sia <una fiera> libera per coloro che commettessero azioni illecite o commettessero qualche delitto o misfatto durante questa fiera o in questa fiera, o fuori dalla fiera stessa, nel territorio di Fermo e del contado, o delle Terre raccomandate. Ma il Podestà e il Capitano e altri Officiali del Comune di Fermo, contro tali delinquenti, abbiano pieno arbitrio di punire e condannare nella persona o nei beni, secondo che a questi Officiali sembrerà opportuno e piacerà, in modo sommario, senza strepito, senza figura di giudizio, con piena facoltà di aggiungere o non diminuire tale pena, che in tale delitto si deve imporre; nonostante uno statuto o una delibera che dicesse il contrario.

– 9- Inoltre che si debba assestare e aggiustare il peso della quantità e provvedere che tutti gli altri pesi si aggiustino all’apparecchio <dispositivo> di quello.

– 10- Inoltre che si faccia il bussolo <sorteggio> dei sovraintendenti, i quali abbiano a intendere, esaminare e decidere in modo sommario tutte le vertenze che per comperare, e per vendere e per qualunque altro causa capitassero in questa fiera, e il Capitano e il Collaterale richiesti da loro di intervenire, debbano decidere, secondo ragione, le cose dubbiose e nessun Avvocato o Procuratore possa intervenire in tali cause, sotto la penalità di 25 libre, per ogni volta quando qualcuno trasgredirà.

– 11- Inoltre i Regolatori, che ci saranno nel tempo, affinché i mercanti siano contenti e volentieri restino e ritornino, provvedano comodamente e a buon prezzo assoldare <nel pagamento> l’affitto delle botteghe o case necessarie, e similmente provvedano che dal contado arrivino le vettovaglie, come meglio sembrerà a loro, purché ci sia abbondanza, e coloro della Città o del contado che faranno il pane e lo porteranno, o lo venderanno nella Città al tempo della fiera, non siano, per esso, obbligati ad alcun dazio, ovvero gabella.

*

0RDINAMENTI E CONSUETUDINE DEL MARE PUBBLICATI PER MEZZO DEI CONSOLI DI TRANI

   Al nome dell’Onnipotente Iddio. Amen. Anno 1603, prima indizione. Questi infrascritti ordinamenti, e ragione furono fatti, ordinati e provvisti e inoltre deliberati dai nobili e discreti uomini Messer Angelo de Bramo, Messer Simone de Brado, e conte Nicola di Roggiero della Città di Trani eletti Consoli nell’arte del mare tra i più competenti che si potessero trovare in questo golfo Adriatico.

(1)   Propongono, inoltre dicono, determinano e decidono questa infrascritta questione dell’arte del mare, la quale è fatta coì: che se alcuna nave grande, ovvero piccola, colpisse in terra per sfortuna, e fosse spartita la poppa dalla proda, la mercanzia che sta nella detta nave non sia tenuta a rinnovare questa nave. E se la questa nave non fosse spartita da poppa a proda, la mercanzia che sta in essa sia tenuta a rinnovare questa nave. E i marinari siano tenuti ad aspettare otto giorni per salvare i propri corredi. E qualunque marinaro che partisse innanzi la detta scadenza di otto giorni da questa nave, sia tenuto a pagare d’ogni denaro del suo salario, di 3 denari 10.

(2)   Questi Consoli propongono ancora, dicono e decidono, che qualunque equipaggiamento si perdesse, non sia tenuto d’andare a varea: salvo che questi equipaggiamenti non fossero “guasti”, ovvero venduti per sopravvivere le persone, la mercanzia, e anche la nave, qualora in questo caso fossero i detti equipaggiamenti, siano tenuti ad andare a varea.

(3)   Propongono, dicono, e decidono i detti Consoli, che se la mercanzia della nave fosse rubata da Corsari, questa mercanzia rubata sia tenuta ad andare a varea. E qualora esistessero <alcune> di queste mercanzie, che non fossero <state> rubate, tutte quelle che esistessero siano tenute di risarcire quella che fosse rubata. E il salario dei marinari non sia tenuto di risarcire nessuna mercanzia.

(4)   Questi Consoli del mare propongono, dicono, e decidono, che se una barca scoperta andasse contro terra a sfasciarsi, e si sfasciasse, la mercanzia non sia tenuta a risarcire la barca. E qualora la barca scoperta fosse in pelago in burrasca e i marinari di questa barca per questa sfortuna gettassero in mare la mercanzia per meglio salvarsi, la mercanzia, così perduta, deve andare a varea.

(5)   Questi Consoli propongono, dicono, e decidono che se una nave grande, ovvero piccola, fosse noleggiata, e caricata, e partisse del porto, e avesse fatta vela, e per caso tornasse in porto, qualora i mercanti ridomandassero la robba, e non volessero che questa nave la portasse più oltre, il padrone della nave deve avere tutto il nolo convenuto, come che se l’avesse portata dove i mercanti avessero voluto.

(6)   Questi Consoli propongono, dicono, e decidono, che qualunque nave, grande o piccola fosse caricata in porto, e innanzi che la detta nave si partisse dal porto i mercanti gli domandassero la lor mercanzia, il padrone della nave gli deve rendere la mercanzia, e lo stesso padrone deve avere, e ricevere da’ mercanti il mezzo del nolo convenuto.

(7)   Questi Consoli propongono ancora, dicono, e decidono che se questa nave fosse in porto per caricarsi, e i mercanti che l’avessero noleggiata e avessero promesso al padrone di dargli la mercanzia, <se> non la volessero poi dare, il padrone non può domandare altro che il quarto del nolo.

(8)   Questi Consoli propongono ancora, dicono, e dichiarano che se un padrone di nave andasse in luoghi vietati e ancora andasse in un porto dove non dovesse andare; salvo che non fosse per sfortuna, gabella, e ogni altro danno, in questo camino, e altri luoghi vietati avvenissero che i marinari di questa nave vietassero al padrone, e il padrone non lo volesse fare, sia tenuto il padrone a pagare tutto questo danno, e in caso che i marinari, e anche il padrone non conoscesse questo fatto, il danno tutto che avvenisse  deve andare in varea.

(9)   Questi Consoli del mare propongono, dicono, determinano, e decidono che un padrone non possa lasciare alcun marinaro, altro che non fosse per quattro cagioni, e difetti dello stesso marinaro: primo per il bestemmiare Dio; la seconda per esser mariolo; la terza per essere ladro; la quarta per lussuria: e per queste quattro cose il padrone possa lasciare il marinaro, e condurlo in terra ferma e fare <valere> le ragioni loro in terra ferma.

(10)   Questi Consoli del mare propongono, e decidono, che se un marinaro partisse con la nave dalla sua terra, e si ammalasse, egli deve avere tutta la sua parte.

(11)   Questi Consoli propongono e decidono i detti che se un marinaro si conducesse, ovvero partisse con la nave da casa sua, egli non può partire, né lasciare l’armeria <?cantiere> della detta nave: salvo che per tre cagioni e cose: la prima è, se egli fosse fatto padrone d’un’altra nave; la seconda se fosse fatto nocchiero; la terza è, se in tale viaggio avesse fatto voto di andare a San Giacomo, al Santo Sepolcro, o a Roma, e per queste tre cose ha cagione legittima di partire, e deve essere licenziato senza rifare altro interesse, o danno.

(12)   Questi Consoli del mare propongono ancora, dicono, e decidono che qualunque padrone portasse marinari a parte in nave grande, ovvero piccola, qualora un marinaro volesse partire, gli deve lasciare la metà di quello che dovesse avere, ovvero della parte sua.

(13)   Questi Consoli del mare propongono, dicono e decidono che qualunque padrone andasse con una (s)fortuna a vela e la sua vela si guastasse, sia suo tutto il danno. Ma se egli andasse a vela e dicesse ai marinai: “Cala ora, che io voglio mettere il terzarolo” e i mercanti e i marinai gli dicessero: questo che non cala, ma che tenesse duro, e tale vela si perdesse; in ciò sia tenuta di venire e andare a varea.

(14)   Questi Consoli del mare propongono ancora, dicono e decidono che se la nave fosse uscita, i marinai non debbono “levare” senza licenza del padrone, ovvero del nocchiero. E più a questo se la ‘garoppa’, ovvero se il canapo si mozzasse, <per> questo si deve andare a varea. Anche (quando) con loro litiga gli facesse forza e perdessero l’ancora, non sia tenuto a risarcire né andare a varea.

(15)   Questi Consoli del mare propongono, dicono e decidono che qualunque nave facesse vela dalla sua terra che <quando> noi gli togliamo libertà che non debba calare vie collare, né tenere sosta, né mollare sosta senza licenza del nocchiero. E stando la nave in porto, il nocchiero non possa trarre la nave dal porto senza licenza del padrone.

(16)   Noi Consoli detti proponiamo, diciamo, e sentenziamo che qualunque padrone che conducesse uno scrivano, questo debba essere giurato del suo comune, e essere buono, e leale. E questo padrone non possa fare scrivere nessuna cosa, che abbia con nessuno mercante, che non sia il mercante presente, ovvero altro testimonio.  E sia caso simile e sia termine con questi marinari, e se facesse altro, ovvero il contrario, e scrivesse, quel suo quaderno, ovvero libro <registro> non sia tenuto a nulla ragione, né ad esso si debba dare fede alcuna. E se questo scrivano ricevesse mercanzia dai mercanti, e gli mancasse, sia tenuto lo scrivano stesso a risarcirla: e il detto quaderno deve essere coperto di carta pecudina <pergamena>.

(17)   Questi Consoli del mare propongono, dicono, e decidono che qualunque padrone che avesse qualche mercanzia in nave, e gli bisognasse scaricare, o in porto, ovvero in spiaggia, come tale roba ha dato in barca, questo padrone subito per il fatto stesso è scapolo <senza contratto> e libero di tale roba e mercanzia così scaricata, e la stessa barca sia tenuta a risarcirla: salvo, che non la perdesse per sfortuna di mare, ovvero de’ corsari: e in questi due casi non sia tenuta.

(18)   Questi Consoli del mare propongono, dicono, e decidono che qualunque mercante, o altro uomo, desse mercanzia a qualche suo fattore, o ad altra persona, che gliela vendesse, senza alcun testimonio dell’assegnazione, se si deve credere al detto fattore, e volesse andare dritto alla ragione di Signoria <vertenza> egli abbia due testimoni diritti, e leali, e costoro debbano essere creduti, e si dia loro piena fede.

(19)   Questi savi Consoli del mare propongono, dicono e decidono che qualunque uomo che trovasse in mare roba che stesse attorno <dispersa>, gli sia lecito di prenderla e assegnarla alla Corte, e darla per scritto entro il terzo giorno dopo che l’ha trovata e presa; e di questa roba così ricevuta, quando il padrone d’essa si trovasse, ne debba avere la metà. E questa roba debba stare in mano della Corte 30 giorni continui; e qualora in capo ai 30 giorni il padrone non apparirà, né un’altra legittima persona per lui, la roba debba essere di colui che l’ha trovata.

(20)   Questi Consoli propongono, dicono, e decidono, che qualunque persona che trova robba sott’acqua, due parti di questa debbano essere di colui che la trova, e la terza parte debba essere del padrone di questa roba il quale abbia un segno di <tali> robe.

(21)   Propongono ancora e dichiarano che qualunque persona trovasse roba che avesse un segno, nessuno la debba toccare, sotto pena del triplo di quanto tale mercanzia così trovata fosse stimata, e di più in arbitrio della detta ragione, che si trovasse nella detta Terra.

(22)   Questi Consoli del mare propongono e dichiarano che qualunque nave facesse alcuna varea, si deve prendere il terzo per i corredi; perché i corredi non sono tenuti d’andare a varea, e non debbono essere mandati <a varea> se si perdessero, e così viceversa i corredi non debbono risarcire l’altra mercanzia.

(23)   Questi Consoli del mare propongono, dicono e decidono che qualunque persona che trovasse oro, argento, o perle, o altre cose di pregio e di valore, e non l’assegnasse al padrone, ovvero al nocchiero, o allo scrivano, e succedesse che di queste cose e d’altre si devesse fare varea, o per corsari, o per sfortuna del mare, le dette cose non si debbono risarcire, e qualora tali cose si perdessero, debbono andare a varea.

(24)   Questi Consoli del mare propongono, dicono, e decidono che se qualche padrone di nave portasse roba o mercanzia, non la possa trarre fuor dalla nave senza licenza del padrone della mercanzia. E se egli la portasse fuori senza tale licenza, e la mercanzia si perdesse, il detto padrone della nave la debba risarcire.

(25)   I savi Consoli del mare propongono, dicono e decidono che se qualche mercante noleggiasse qualche nave grande o piccola, e non ci fosse espresso il patto di scaricare, né di spacciare la nave, né per l’una parte, né per l’altra: perciò noi Consoli sentenziamo, che la nave essendo a chi la carica, non la deve aspettare se non otto giorni di tempo di bonaccia, e debba avere pagato il suo nolo. E se i detti mercatanti non volessero spacciare la nave, che la nave sia a rischio dei mercanti; e tale nave debba avere di salario quello che sarà determinato dai Consoli che saranno in quelle parti.

(26)   Questi Consoli del mare propongono, dicono e decidono che se un padrone avesse caricato la nave di mercanzia, e ci fosse sfortuna, e non ci fossero i mercanti, questo padrone, se bisognasse, possa gettare fuori con le sue mani la detta mercanzia. E nessuna ragione gli possa stare contro, perché lo fa per scampare le persone della nave, e le altre mercanzie, e tale roba e mercanzia così gittata deve andare a varea.

(27)   Questi Consoli propongono, dicono e decidono che se la nave fosse assalita, e percossa dai corsari, sentenziano, che il padrone possa fare accordi con questo corsaro, o per argento <denaro>, o per altra roba, e per mezzo di questo patto salvino la nave, e l’altra mercanzia, in assenza di mercanti in nave.

(28)   Questi Consoli del mare propongono e decidono che nessun padrone mai possa colpire nessun marinaro, ma il marinaro deve scampare, e andare a proda dinanzi alla catena del remeggio; e per tre volte deve dire: “Dalla parte della mia signoria non mi toccare” e se il padrone passasse la catena per batterlo, il marinaro si deve difendere: e se il marinaro occidesse il padrone, non sia tenuto al bando <esilio>.

(29)   Questi Consoli del mare propongono ancora e decidono che qualunque nave, grande o piccola, avesse messa mercanzia, e la nave facesse acqua ai mercanti, è lecito di non dargli più roba, e il padrone ha libertà di andare per i suoi fatti per scampare le persone e la nave.

(30)   Questi Consoli del mare propongono, dicono e sentenziano che nessun naviglio che sia in mare mai debba far patto, né convenzione alcuna, e se la facesse in mare con mercanti, o con marinari non valgano, siano di nessun valore, né per tali patti si possa chiedere, salvo, che non fosse in porto in luogo remeggiati in quattro, ovvero che lo scritto appaia dall’una parte e dall’altra, ovvero per mano dello scrivano, perché i testimoni non possono andare là dove vanno le navi.

(31)   Noi Consoli del mare proponiamo, e decidiamo che ciascuno padrone di nave abbia libertà di ‘riscuotere’ una nave, per sfortuna di mare, per corsari: e se gli abbisognassero i danari, abbia la libertà di prenderli sopra di essa, e della nave sia buon guardiano, e faccia quello che deve.

(32)   Questi Consoli del mare propongono, dicono e decidono che una galea che va ‘in corso’ si presentasse, e la nave avesse robba dentro, o in tutto, o in parte, e i mercanti rivolessero la loro roba e mercanzia, il padrone non sia tenuto a dargliela, salvo che i mercanti non gli affrancassero la nave.

 – Si concludono gli ordinamenti del mare pubblicati per mezzo dei consoli di Trani.

*

ORDINE CONSUETUDINE E DIRITTO DI VAREA SECONDO GLI ANCONETANI

   E’ stato stabilito e ordinato che se qualche naviglio si rompesse, ovvero pericolasse in mare, si debba fare varea della nave, così pure della mercanzia che sta nella nave, in questo modo e forma: cioè, che la nave sia obbligata a fare la varea con tutte le mercanzie, e tutte le mercanzie debbano fare varea con la nave. Nel qual caso si debba fare l’estimo della nave per mezzo di tre mercanti, i quali non fossero partecipi alla detta varea, secondo l’ordine di questo statuto. E questi tre mercanti si debbano eleggere per opera di quelli a cui appartiene la varea, cioè per ciascuna delle parti, e l’altro in comune; e questi eletti siano costretti a dichiarare la detta varea entro quattro mesi. E la detta dichiarazione che si farà per opera dei detti eletti, o per la maggior parte di loro, ciascuno dei detti siano tenuti di praticare, sotto la pena di perdere la parte che gli toccherà della varea, la quale venga ai detti partecipi.

   E dell’estimo che si farà della detta nave per opera dei detti eletti, se ne debba battere un terzo per i corredi, i quali non siano tenuti alla varea, e la detta mercanzia si debba stimare secondo il costo che fu di quella in quel luogo dove fu trovata la detta mercanzia, e il danno che fosse ricevuto si debba separare, cioè la nave con le mercanzie, e le dette mercanzie con la detta nave, per soldo, e per libra.

   E acciocché nella detta varea non si possa commettere malizia, non si possano mettere nella detta varea se non quelle cose, o mercanzie che fossero scritte per opera dello scrivano; salvo, che se si trovasse per alcuni essere messe nella detta nave migliori mercanzie che non fossero scritte per opera dello scrivano, allora in quel caso mettesse. E in vantaggio della detta barca le dette cose, o mercanzie migliori che non fossero scritte, e in svantaggio dei mercanti di cui fossero per l’inganno che commisse, si debba mettere per le mercanzie che avesse fatto scrivere.

   E affinché il presente statuto sia di maggiore intelligenza, dichiariamo che la detta barca si debba fare per la figura che qui si dichiarerà: cioè poniamo per figura che il naviglio per cui si deve fare varea con le mercanzie sia di valuta di 1500 fiorini, se ne vuole abbattere un terzo che non si mette per i corredi, né va a varea: restano fiorini 1000 al naviglio che si deve mettere alla varea. E le mercanzie che furono caricate nel detto naviglio nel luogo dove fu caricato costarono fiorini 4000 (quattro mila) e sono di quattro mercanti, e di quattro diverse mercanzie, una è cotone, altra è cenere, altra è pepe, e altra è zucchero, sicché a ciascuna di queste mercanzie è tenuta la barca per il quarto dei detti 1000 fiorini a fare la detta varea, che per i quattro ne tocca: fiorini 250. E ciascuna di quelle mercanzie che è di somma di fiorini 1000, è obbligata al naviglio, e alla detta varea.

   E se il naviglio e alcune di dette mercanzie fossero in tutto perdute, vogliamo che il naviglio perduto, e la mercanzia perduta non facciano varea uno con l’altro. E se non fossero perdute in tutto, ma fossero perdute in parte, allora la parte che non fosse perduta debba fare varea con quella che è perduta per soldo, e per libra, e restituire alla parte più danneggiata, cioè al naviglio con le mercanzie per soldo, e per libra il perduto con il non perduto.

  E simili ordine e forma si debbano praticare nella detta varea, se le mercanzie fossero altre mercanzie, o più, o meno, o di maggior, o di minor numero, e valuta: e così per il naviglio se valesse più, o meno.

   E la varea che si deve fare mercanzia con mercanzia, si faccia in questo modo; cioè, che non sia tenuto di far varea mercanzia con mercanzia se non in questo modo e forma: sapone con sapone, olio con olio, tele con tele, canavacci con canavacci, zafferano con zafferano, carte con carte, mandorle con mandorle, panno di lana con panno di lana, stoppa con stoppa, ferro, rame, stagno, piombo, acciaio, e metallo, tutte, e ciascuna di queste con ciascuna di quelle cose, vino con vino, noce e fichi con noce e fichi, carne con carne, cacio con cacio, mele con mele, legname con legname, fustagni con fustagni, funicelle e seta con seta e funicelle, bambagia con bambagia, o soda, o filata, zucchero, o polvere, e confetti, l’uno con l’altro, pepe con pepe, zenzero con zenzero, cinnamomo con cinnamomo, garofani con garofani, allume, cenere con cenere, e allume, incenso con incenso, noci moscate con noci moscate, mastici con mastici, ciambellotti con ciambellotti, drappi d’oro con drappi d’oro, drappi di seta con drappi di seta, lana con lana, lino con lino, cuoio con cuoio d’ogni generazione che sia lavorato, e conciato, cera con cera, pesce con pesce d’ogni generazione, biade con biade, e con legname, sego con sego lavorato, e non lavorato, pece con pece, datteri con datteri, uva passa con uva passa l’una con l’altra. e tutte le altre mercanzie che di sopra non sono nominate, facciano la varea col suo proprio, e simile.

   E ciascuna mercanzia non perduta, o ricuperata faccia varea con le altre mercanzie che fossero perdute secondo come è dichiarato di sopra.

   E tutte le mercanzie scampate si debbano deporre per quelli ai quali appartiene la varea, presso due persone comuni, alle quali non appartiene la varea. E questi depositari abbiano libertà di custodirle, e venderle secondo come sarà di vantaggio, e più utile delle mercanzie.

   E le mercanzie, ovvero la moneta che se ne trarrà, tenerle per sin tanto che si dichiarerà la detta varea. E nessuno dei detti mercanti debba toccare le dette mercanzie, né prelevare delle dette mercanzie per portarsele, se non che le tengano i detti depositari, sotto pena di perdere quello che gli toccasse dalla varea, per fin tanto che la detta varea non fosse dichiarata, nonostante che fosse segnata del suo segno.

   E fatta la detta dichiarazione, i detti depositari debbano fare varea delle dette cose, e consegnarle secondo la dichiarazione fatta per opera dei detti tre arbitri, o per due di loro.

   E questo statuto si debba praticare in ogni luogo dovunque il caso di varea intervenisse ai navigli e ai mercanti d’Ancona.

   Questo pertanto è dichiarato, che mercanzie che siano sotto coperta vive, non siano tenute ad alcuna cosa di varea con le mercanzie che fossero sopra coperta vive. Ma la mercanzia che fosse sopra coperta viva, sia tenuta a contribuire, e far varea alle mercanzie che fossero sotto coperta vive.

   Ancora dichiariamo, che l’aver di cassetta che fosse sopra coperta, cioè oro, argento, perle, pietre preziose, anelli, drappi d’oro e di seta, ciambellotti vari, armellini, e arnesi dei patroni, dei mercanti, dei passeggieri e di tutte le altre persone che fossero in nave, <roba> che fosse sopra coperta viva non si debba mettere a varea, né a profitto né a danno.

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    <Lettera Apostolica dell’anno 1578 >

GREGORIO XIII PAPA. O diletti figli, salute e Apostolica benedizione. La fedeltà e la singolare devozione vostra che è confermata nei nostri riguardi e verso la Sede Apostolica ci inducono ad accogliere volentieri le vostre richieste con la grazia di esaudirle. E così, propensi verso le vostre suppliche in questa incombenza, per effetto del presente atto di autorità Apostolica, con la nostra certa consapevolezza e con la pienezza della potestà apostolica, noi approviamo e confermiamo le tasse delle retribuzioni per i giudici e per i notai dei crimini della nostra Città Fermana come voi le avete assegnate e sono state confermate ad opera del nostro diletto figlio, il nobile uomo Jacopo Buoncompagni Governatore di questa città e inoltre le grazie, le facoltà, le immunità, i privilegi, gli indulti e tutti quanti gli statuti concessi ad opera nostra e degli altri Pontefici Romani nostri predecessori fino a quel segno per cui non tendono contro la libertà ecclesiastica né a pregiudizio della Camera Apostolica, e a queste cose noi aggiungiamo il vigore della validità perpetua e inviolabile e suppliamo ad ogni singolo difetto, tanto di diritto che di fatto, se mai, forse, intervenga in queste cose e comandiamo e ordiniamo che siano eseguite da tutti coloro ai quali compete. Decretiamo sin da ora non valido e nullo ciò che capiti fatto su ciò in contrasto, coscientemente o ignorantemente, da qualsiasi autorità, in modo diverso, nonostante le costituzioni e gli ordini Apostolici di Pio IV predecessore nostro, di felice memoria, sul dovere di registrare le grazie che concernono l’interesse della Camera Apostolica entro un certo tempo allora stabilito, nei registri di questa Camera o le grazie da aggiungervi. E non <valgano in contrario> tutti gli indulti, anche i privilegi, le consuetudini, gli statuti confermati e convalidati a favore della nostra Città Fermana, in qualsiasi modo dati, approvati, rinnovati che siano in contrasto contro le lettere apostoliche, anche con giuramento e con conferma Apostolica o con altro qualsiasi modo. Facciamo deroga per tutte le cose e consideriamo come espressi nel presente atto tutti i loro contenuti, in questo cambiamento della sorte, in modo speciale ed espressamente e quanto ora confermato resti nella sua validità nonostante qualsiasi cosa in contrasto. Data a Roma presso San Pietro con il segno dell’anello del Pescatore, il giorno 2 luglio 1578 anno settimo del nostro Pontificato. \         Cesare Gloterio

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TABELLA O TASSA DELLE MERCEDI (onorari) DEGLI UFFICIALI DELLA CURIA FERMANA.

   Per ordine dell’illustrissimo all’eccellentissimo signor Giacobbe Boncompagni Governatore perpetuo della Citta di Fermo, e del suo stato <la tabella> inviata per essere praticata inviolabilmente, dopo rivista e migliorata dal magnifico ed eccellentissimo signor Giovanni Maria Agnolo suo Luogotenente e gli infrascritti deputati dallo stesso eccellentissimo Signore.

   Confermata dal Breve di Gregorio XIII detto sopra e dal Breve della santità del signore nostro Sisto V, sotto la data a Roma, presso San Pietro, sotto l’anello piscatorio il giorno 10 febbraio 1586 posto sopra in principio degli statuti immediatamente avanti la prima pagina.

 1- Anzitutto, ogni Officiale quando arriva al suo officio sia tenuto e obbligato a far registrare nella cancelleria della Comunità la lettera, le patenti e l’autorizzazione ad esercitare il suo ufficio a lui concesso dai superiori.

2- Inoltre ogni depositario sia tenuto a fare la ritenuta delle tasse dei Segretari di tutti gli officiali, altrimenti sia obbligato con il suo proprio denaro.

3- Inoltre che il signor Luogotenente, l’Uditore, il Cancelliere, il Bargello, e gli altri Officiali del signor Governatore, o del Luogotenente siano obbligati a sottostare al sindacato secondo la consuetudine e il solito modo di fare.

4- Inoltre alle sentenze del signor Governatore, o del Luogotenente, tanto per le cause ordinarie quanto per le altre civili fatte in prima istanza si possa presentare appello al giudice ordinario degli appelli: in realtà nelle cause di modo sommario o delle persone povere debba essere ammesso l’appello non ritardando l’esecuzione.

5- Inoltre il signor Luogotenente, o altri per suo conto, o il suo Uditore possano ricevere la parcella con il modo scritto qui, cioè nelle cause penali per la sportula <compenso> l’Uditore prenda e possa prendere 6 fiorini e non di più, per la sentenza che assolva una pena capitale; ma se coloro che nello stesso tempo siano stati trovati carcerati per uno stesso reato, in un unico contesto e nello stesso tempo, siano stati due o più, anche mille in un solo processo o in diversi processi, le parcelle siano raddoppiate e abbia a prendere fiorini 12 soltanto, fra tutti anche se avesse riportato più sentenze; e lo stesso ordine sia praticato  nelle cause delle Comunità.

6- Inoltre possa prendere 3 fiorini per una sentenza che assolva una pena afflittiva senza la morte; ma se, per lo stesso reato, sono molti in un solo processo, o in diversi processi, in un unico contesto e nello stesso tempo e nelle cause delle Comunità le parcelle siano raddoppiate.

7- Inoltre per l’assoluzione da una pena pecuniaria o anche corporale nel caso di non pagamento <mancato> della pena pecuniaria un bolognino per ogni fiorino e non di più, purché non ecceda la somma di 3 fiorini al di sopra di 25 libre; sopra a ciò in verità non possa ricevere nulla e le parcelle siano raddoppiate nelle cause di più persone e delle Comunità come sopra.

8- Inoltre per l’ordinanza di cancellazione di un processo, nel quale oltre la querela ci sono indizi nulli, o niente quando non fosse stata fatta intervenire una sentenza di condanna.

9- Inoltre per le sportule nelle cause civili fino a 6 fiorini, il signor Uditore non possa prendere niente: in realtà sopra 6 fiorini, un bolognino per ogni fiorino soltanto, purché non eccedano 6 fiorini e non oltre per qualsiasi somma.

10- Inoltre per le parcelle nelle cause civili, nelle cause di “libello” <citazione> o su instrumenti, in cui fu stato fatto un processo ordinario e una sentenza definitiva sia intervenuta, venga praticato l’ordine scritto qui: al di sotto di 25 libre non possa prendere niente: al disopra in verità un bolognino per ogni fiorino purché non superino 6 fiorini.

11- Nelle cause di modo sommario, cioè dei luoghi pii, delle vedove, dei fanciulli, degli alimenti o per le retribuzioni, non possa prendere niente per le sportule qualora la sentenza pubblicata a favore degli anzidetti non sia di condanna alle spese.

12- Inoltre, nelle cause delle esecuzioni degli istrumenti, quando il processo non ci sia, per le sportule non possa ricevere niente.

13- Inoltre il signor Luogotenente, o un altro per suo conto, non possa, né abbia la facoltà di ricevere se non 2 fiorini per l’ammissione di un rescritto emanato da qualsiasi superiore dall’Urbe, sulle assoluzioni nelle <pene> capitali, anche se nel rescritto fossero nominati molti e, per le pene afflittive del corpo, un fiorino, e niente per le altre pene pecuniarie.

14- Inoltre per l’esame di un qualsivoglia testimone con gli articoli e gli interrogatori tanto nelle cause civili quanto in quelle penali non possa ricevere se non 6 bolognini tra il Giudice e il Notaio fatta eccezione per le cause del Comune di Fermo dei danni dati o delle gabelle <dazi> nelle quali non possa ricevere niente.

15- Inoltre per la interposizione di un decreto nel palazzo bolognini 4, in realtà, al di fuori, bolognini 8.

16- Inoltre per l’accesso al luogo della discordia nella Città bolognini 20, nel suo territorio un fiorino, in realtà, al di fuori dal territorio della città fiorini 2 e abbia la facoltà di avere le spese per ogni giorno fra le entrambe le parti e non di più e altrettanto abbia nelle cause di omicidi o <cause> dichiarate atrocissime per costituzione, ovvero per altre gravi per le quali sia capitato di andare a cavallo, purché il viatico di costui non ecceda la somma di 6 fiorini, e qualora sia stato di più, abbia solamente le spese: in realtà non possa ricevere niente nelle altre cause non possa andare a cavallo e se per caso sia andato a cavallo.

17- Inoltre, nelle cause civili, ove contestazioni non siano state prodotte per iscritto nel processo, in modo diverso che dalla mano del Notaio attuario, non possa ricevere le sportule a meno che il processo sia stato fatto altre volte.

18- Inoltre, nelle altre vicende, ovvero nella semplice cessione di beni o nella semplice quinquennale delle persone povere, egli non possa ricevere niente per le sportule, se una opposizione non sia intervenuta; se in realtà <questa> sia intervenuta, non possa ricevere oltre un fiorino o di meno ad arbitrio del Governatore o del Luogotenente.

IL SEGRETARIO

19- Per il bollettino niente <riceva> sull’esportazione del frumento, da un luogo ad un altro luogo della giurisdizione <fermana> , poiché spetta ai Magnifici Signori Priori, in realtà, al di fuori <della detta giurisdizione>, sotto e fino a 10 salme, bolognini 4; e da lì sopra, in realtà, un bolognino per qualsiasi salma, tanto se venga esportato attraverso  la terra, quanto per mare, e da lì sopra qualunque sia la quantità, un bolognino per ogni salma, dopo conteggiato il sigillo.

20- Inoltre per ogni lettera con sigillo in tutto possa prendere 4 bolognini e non di più.

21- Inoltre per un bollettino sul non importunare le donne nelle cose riguardanti la dote o le cose extradotali anche se gli abitanti nella stessa casa siano stati molti, 4 bolognini, <dopo> conteggiato il sigillo; in realtà, per una conferma bolognini 2.

22- Inoltre per un salvacondotto, nella pena capitale, uno scuto, in altre pene afflittive del corpo, un fiorino, nelle pecuniarie penali, 20 bolognini, nella pena dell’esilio, 8 bolognini, nelle cause civili, 6 bolognini, anche se siano stati molti gli obbligati in solido; in realtà, per una conferma o per una proroga (come) per la metà, dopo conteggiato il sigillo.

23- Inoltre per una licenza di denuncia delle armi, dopo conteggiato il sigillo, soltanto bolognini 6 e non di più, anche se fosse da prestarsi una cauzione sul non abusare.

24-Parimenti per una ‘alternativa’, anche gli obbligati in solido nella supplica se siano stati molti, 6 bolognini.

25- Inoltre in qualsivoglia caso e per qualunque causa, quando sia stato necessario apporre il sigillo senza la redazione di alcuna scrittura, abbia per un sigillo 2 bolognini.

IL CANCELLIERE <possa ricevere>

26- Anzitutto, se a questo Cancelliere, per qualche causa, sia capitato di andare a cavallo, debba avere per la sua paga un fiorino per ogni giorno, anche le spese per tre giorni soltanto; se siano stati molti, soltanto le spese.

27- Per una lettera patente, niente possa ricevere.

28- Inoltre per una fideiussione sull’attenersi alla legge in qualunque causa, anche capitale, 4 bolognini e se siano stati molti in un unico contesto, siano raddoppiati.

29- Inoltre per la produzione di qualsivoglia atto di istanza ossia di scrittura, bolognini 2 e non di più.

30- Inoltre per qualsiasi carta di copie che debba avere diciotto righe, bolognini 2: in realtà, nelle cause di molte persone e delle Comunità, bolognini 4 per qualsivoglia carta e parimenti per la registrazione di qualsiasi scrittura, chiesta da essere registrata, bolognini 2.

31- Inoltre per la pubblicazione di donazioni da comunicare, di qualunque quantità sia, 4 bolognini.

32- Inoltre per l’inclusione di un processo, per la lettura di una sentenza, e per l’assoluzione in una causa capitale, un fiorino; se in realtà fossero stati 2, o 3, o di più, non possa ricevere se non 2 fiorini, se le cose dette fossero state fatte in unico contesto, se i più, in diverse volte, bolognini 20 per ognuno e non di più.

33- Inoltre per l’inclusione di un processo, per la lettura di una sentenza, e per assoluzione in una causa dove venisse da imporre una pena principalmente afflittiva del corpo, o sotto condizione, dopo che sia andata in condizione al di qua della morte, per uno, bolognini 20; se fossero stati molti, un fiorino per l’unico contesto.

34- Inoltre per l’inclusione, per la cancellazione di una pena semplicemente pecuniaria, o corporale, sotto condizione, sotto 20 libre bolognini 6 e sopra, da lì, fino a 50 <libre> bolognini 16; se tutte o molte contemporaneamente siano comparse per la cancellazione, bolognini 16 tra tutte; se separatamente bolognini 8 per ciascuna e non di più.

35-Parimenti per l’assoluzione, o l’inclusione di un processo sul disprezzo di un comando, nel caso che l’abolizione possa essere richiesta, per ogni accusato che chiede di per sé l’abolizione per sé, bolognini 2, se in un unico contesto, per molti, bolognini 6 e non di più.

36- Inoltre nella registrazione di una supplica anche se in essa siano stati nominati molti, bolognini 4 nelle cause penali e civili; ma se siano stati molti nelle penali siano raddoppiati anche se siano stati mille.

37- Inoltre per la registrazione di richieste firmate dall’Ill.mo signor Governatore bolognini 8 e se, per a loro efficacia, capita di cancellare qualche processo in corso, sia praticato l’ordine detto sopra.

38- Inoltre per la cancellazione, e per l’inclusione di un processo o di una condanna sul disprezzo di un comando, in una causa criminale, allo scopo di informare, di evitare e di testimoniare abbia a ricevere bolognini 8 e non di più, anche se fossero stati nominati molti nel precetto e nella condanna, se in unico contesto o se separatamente ognuno paghi la medesima cosa.

39- Inoltre per l’inventario da darsi sui beni di un omicida, o chi abbia ferito mortalmente qualcuno, e in altre cause penali dove i beni venissero confiscati, un fiorino nella Città e nel territorio, nel Contado, in realtà, 2 fiorini, e le spese; niente, in realtà, negli altri casi.

40- Inoltre per esaminar un teste per <dare> l’informazione alla Curia non possa ricevere niente, anche se abbia garantito la cauzione sul presentarsi.

41- Inoltre per una sentenza da estrarre in forma pubblica in una causa capitale <di morte> non possa ricevere oltre un fiorino; e se venisse fatto un registro con la detta sentenza, possa ricevere per sua paga a ragione delle copie e oltre per la pubblicazione di tutto il registro 12 bolognini e non di più.

42- Inoltre non possa alcuno essere costretto a cancellare un processo dove niente sia stato provato, nemmeno che venga gravato per cancellare la detta causa.

43- Inoltre per una sentenza da estrarre in forma pubblica nelle altre cause al di qua della morte oltre al registro, come sopra, possa ricevere 12 bolognini e non più, anche quando siano stati molti.

44- Inoltre per estrarre un istrumento pubblico di fideiussione, di pace, o di qualsiasi altro atto, e altra qualità, anche per qualsiasi causa, non possa ricevere oltre 2 carlini fino a 100 fiorini, e da lì sopra un fiorino.

45- Inoltre per qualsivoglia rogito semplice, di qualsiasi fideiussione o di un altro istrumento tramite detto notaio rogante, possa ricevere 4 bolognini, e se siano molti, sia raddoppiato.

46- Inoltre per l’esame di qualsivoglia testimonio esaminato a richiesta della parte, possa ricevere bolognini 6 fra il Giudice e il Notaio e non di più.

47- Inoltre per una citazione con il corso di una commissione e con il sigillo, in tutto possa ricevere bolognini 8 e non di più, purché <la somma> non sia eccessiva.

48- Inoltre per la remissione, per la cancellazione, e per l’abolizione di un processo ordinario dei luoghi possa ricevere 6 bolognini e non di più.

49- Inoltre per un bollettino di scarcerare nelle cause capitali e afflittive del corpo principalmente o sotto condizione, dopo che sia venuta in condizione, 4 bolognini; in altre cause pecuniarie in realtà, bolognini 2, nelle cause civili niente.

50- Inoltre per i primi progetti tanto atteso di informazione quanto fatti per qualsiasi altro causa, non possa ricevere nulla né anche abbia la facoltà di applicare la tassa.

51 – Inoltre che le lettere recanti autorizzazioni amministrative debbano essere tassate come insolito, cioè di un bolognino per ogni castello per la diaria del Balivo e non oltre anche se avesse portato più autorizzazioni amministrative.

52- Inoltre quando qualcuno fosse stato trovato o fosse stato colto in flagrante reato non possa prendere alcunché per la cancellazione se non fosse stato necessario formare un processo sopra quel reato.

53- Inoltre i debitori civili non possano essere precettati, né condannati nella pena del disprezzo di un comando, se non fossero debitori da 10 libre di denari e sopra <a 10> se sia stato fatto in modo diverso, il precetto, la condanna e l’esecuzione siano e debbano essere nulle.

54- Inoltre il Cancelliere, o il suo Notaio o i <loro> sostituti non possono accogliere accuse di danni dati, né formare i processi sopra di loro, né in modo diverso intromettersi in dette cause di danni dati, in alcun modo e se si faccia in modo diverso siano cancellate e siano respinte gratis, senza alcun pagamento sotto la pena per il trasgressore ad arbitrio del signor Governatore o del Luogotenente.

55- Inoltre quando ad opera del magnifico Comune di Fermo alle Comunità dei suoi Castelli o dei loro Officiali siano state fornite notizie di alcune cause di reati, come è contenuto nei loro capitoli convenga praticare le cose dette, per evitare che qualcuno di essi sia punito due volte su un delitto o sia gravato in modo diverso nelle cancellazioni e negli affaticamenti delle persone, dato che il Cancelliere penale, <in servizio> nel tempo abbia e debba avere nella Cancelleria di qualsiasi Castello una copia o un transunto dei detti capitoli, poiché il non processare per mezzo di uno che non processa, sia competenza del suo officio e l’inquisizione non sia fatta in alcun modo, poiché nei casi di tali cose  la disanima compete solamente ai detti Castelli; e qualora l’inquisizione avvenga sia cancellata o condonata gratis senza alcuna mercede, sotto pena da imporsi al trasgressore, ad arbitrio del Governatore, o del Luogotenente <in servizio> nel tempo, oppure dei Sindacatori.

PLACET per quanto sta in uso <=Nota d’approvazione>

IL BARGELLO E GLI ESECUTORI

56- Il Bargello e gli altri Officiali e tutti i semplici esecutori di qualsiasi Curia per le esecuzioni nelle cause civili per le quali abbiano gli incarichi nella disposizione, un bolognino e non possa chiedere più d un fiorino, anche se la somma fosse al di sotto di un fiorino, neanche più di un fiorino per qualsiasi esecuzione per quanta sia la somma e l’importanza, e ciò venga praticato tanto nella Città quanto nel Contado.

57-Parimenti in vigore del braccio secolare un bolognino per qualsiasi fiorino, purché non superi la somma di 3 fiorini qualunque sia la somma e ciò sia inteso nei confronti di quelli soggetti alla giurisdizione <della Città>; in realtà, al contrario, per i forestieri venga praticato il solito.

58- Inoltre il catturato e posto nelle carceri per debiti civili, se ivi sia stato agevolato da altri creditori e riconfermato, non sia obbligato e possa essere costretto a pagare l’esecuzione se non per la metà.

59- Inoltre che gli Officiali e i detti esecutori non abbiano validità di fare alcuna esecuzione per debiti civili nella Città o nel Contado se non per una precedente disposizione dei giudici sottoscritta per mano di uno solo dei Notai del Collegiati, e non possano richiedere le esecuzioni se non per una nuova commissione e dopo trascorsi dieci giorni dal giorno dell’esecuzione fatta, in modo diverso l’esecuzione sia nulla e incorra nella pena di 10 libre per ogni volta e per ogni trasgressore.

60- Inoltre per le esecuzioni delle cause civili al di sotto di 25 libre, i Balivi possano fare l’esecuzione, al modo come finora fu stato praticato, purché abbiano una commissione per iscritto.

61- Inoltre gli esecutori non possano entrare in una casa per fare le esecuzioni per qualunque causa, senza la presenza di un solo vicino o di uno solo dei Massari, o di un Balivo, né prendere per l’esecuzione le cose vietate.

62- Inoltre per la cattura, la carcerazione e la custodia e per il bollettino delle misere persone, non possa ricevere nulla, ma siano rilasciate gratis e per amor di Dio, se così sia stato ingiunto nel bollettino dal Luogotenente e dal suo Uditore, purché paghi le spese: e se una persana sia o no una povera ci si attenga alla dichiarazione del Magnifico Signor Luogotenente.

63- Inoltre i carcerati da restituire alla Chiesa Cattedrale, secondo la forma degli statuti non debbano pagare nulla, eccetto le spese.

64- Inoltre per la esecuzione delle pene dei condannati penali debba avere un bolognino per ogni libra di quello che sia pervenuto di fatto alla Camera, purché non superi 4 fiorini.

65- Inoltre per l’esecuzione di obbligazioni fatte nella Camera si paghi al modo di quelle civili.

66- Inoltre per la cattura di una persona condannata alla pena capitale, dieci fiorini, dai beni del condannato, se ci siano stati, se invece no, del Fisco, in quanto sia stato catturato dal Bargello e dalla sua Curia e non in modo diverso, e nella eventualità in cui il condannato e catturato, come sopra, per qualche giusto causa venisse assolto, debba avere dal catturato soltanto la metà <della paga> della cattura, e non di più; se invece si facesse la composizione, paghi un bolognino per qualsiasi libra, purché non superi i 4 fiorini, e non oltre, come sopra, a meno che non sia stato esiliato, nel quale caso l’esecutore non abbia meno di 4 fiorini.

67- Inoltre per la cattura di una persona condannata principalmente ad una pena afflittiva del corpo in modo principale, o sotto condizione, se capita che l’esecuzione venga fatta sulla persona, 2 fiorini dal Fisco di quanto sia arrivato alla Camera, come sopra; se invece si facesse la composizione, debba avere un bolognino per qualsiasi libra, purché non superi la somma di 4 fiorini. Se, in realtà, venga graziato, o rilasciato per qualche altra causa senza il pagamento di alcuna pena, 2 fiorini e meno ad arbitrio del signor Governatore o del Luogotenente.

68- Inoltre se qualcuno sia stato catturato dalla Curia senza alcuna commissione del Giudice, e sia stato trovato innocente o non colpevole, non debba avere alcuna esecuzione, neanche una mercede del carcere.

69- Inoltre per una esecuzione di uno che si sia costituito spontaneamente per giustificare l’imputazione, non possa ricevere nulla eccettuate le spese.

70- Inoltre per l’esecuzione di un carcerato esistente nel Palazzo per ordine del Giudice, 4 bolognini, e meno, ad arbitrio del Giudice.

71- Inoltre per l’esecuzione di coloro che vengono spontaneamente per rispondere alla inquisizione, che risultassero da carcerare, non possa ricevere nulla.

72- Inoltre per un’esecuzione di un testimonio, il quale sia stato carcerato ad intimidazione allo scopo di trovare la verità, non debba ricevere nulla, e dovunque sia rilasciato gratis.

73- Inoltre per una esecuzione e una cattura di uno non condannato per una causa capitale <a morte>, il quale successivamente venisse assolto, nella Città e nel territorio, 12 bolognini; nel contado in realtà 5 carlini, in una causa afflittiva del corpo o in quella condizionale la metà, in realtà per un’altra causa semplicemente pecuniaria, la terza parte.

74- Per una esecuzione e per una cattura di un carcerato a richiesta del Padre o di un altro per correzione, carlini 2.

75- Inoltre per un’esecuzione di un condannato per disprezzo di un comando, nelle cause civili, 5 bolognini e non di più.

76- Inoltre gli esecutori siano obbligati ad eseguire le commissione con efficacia per tutta la quantità, in modo diverso non possano conseguire l’esecuzione o la mercede; e se abbiano detto che non hanno potuto fare l’esecuzione, non ci si attenga alla loro relazione, a meno che non presentino la garanzia dell’Ordinario dei luoghi, nel quale caso possano avere la loro paga; e nel caso che abbiano potuto fare l’esecuzione, e non abbiano fatto l’esecuzione, siano puniti ad arbitrio del Magnifico Signor Luogotenente, anche corporalmente.

77- Inoltre se capitasse il caso che per qualche omicidio, o per un altro reato dei più atroci, o per altri come sopra, per i quali sia stato necessario che il Bargello, o il Luogotenente con i suoi aiutanti andassero a cavallo, possa conseguire per ogni giorno un fiorino e le spese per sé e per gli aiutanti, e non possa stare più di tre giorni, e sia stato di più, non possa, oltre alle spese, chiedere niente.

78- Inoltre se talora il Bargello o gli altri esecutori fossero andati con i cavalli per condurre alla Città i catturati, presi dai Vicari o da uomini di legge, o in modo diverso dagli stessi esecutori, il Bargello, se abbia cavalcato con i cavalli con efficacia, abbia un fiorino, come sopra.

79- Inoltre se sia capitato che l’Uditore o il Cancelliere, per qualche giusto causa, cavalcasse con il cavallo, e conducesse con sé le guardie o gli aiutanti o altri della servitù, per essi non possano ricevere se non la dovuta paga contenuta nella tabella; in realtà per i detti aiutanti e per le guardie 12 bolognini, purché non superi il numero di quattro guardie, e non possano stare ivi oltre tre giorni, e niente se ci siano rimastati <per più> eccetto le spese.

80- Inoltre per un’esecuzione dei Signori Dazieri e per un’esecuzione di taglie della s(ignoria) del Signore Nostro e del Comune di Fermo possa ricevere un bolognino per ogni fiorino, purché non superi la somma di un fiorino.

81- Inoltre nessun esecutore possa esportare i pegni fuori dalla giurisdizione della Città tanto durante il suo officio, quanto dopo, sotto la pena del furto; ma debba consegnare quelli e darli al deposito addetto, nello stesso giorno se <sta> in Città, se nel contado entro due giorni dopo il rientro nella Città, e da costui ricevere la nota di ricevimento dei pegni.

82- Inoltre gli esecutori siano obbligati a restituire tutte le commissioni delle cause civili ai Notai, purché entro 10 giorni, con l’attestazione della esecuzione sul tergo <retro>, oltre le altre pene contenute nella tabella non possano ricevere niente, in modo diverso, per le esecuzioni di quelle, e sulle dette cose, venga fatto il sindacato, e debbano porle nella cassa destinata ed ordinata dal Collegio, per evitare frodi, con due chiavi, delle quali una debba stare presso il Bargello  per suo interesse, e l’altra presso il Notaio designato dal Collegio.

83- Inoltre gli esecutori che siano andati a fare un’esecuzione in nessun modo abbiano la facoltà di fare l’esecuzione sui beni proibiti per statuto; e debbano fare due specifiche ricevute in parole volgari <popolari> sui beni presi nell’esecuzione oppure nella tenuta <sequestro> – anche quando non richiesti – e una di queste <ricevute> va consegnata nelle mani di coloro contro i quali sia stata fata l’esecuzione, e l’altra <ricevuta>, in realtà, va consegnata al Vicario del detto Castello, oppure ad uno dei Massari del momento, sotto la pena per qualsivoglia trasgressore da imporsi, ad arbitrio dei Sindaci ai detti; e a queste ricevute sia prestata fede e facciano piena prova contro colui che le scrive; e il Cancelliere sia obbligato a praticare le dette cose nei già detti modo e forma, per quanto abbia preso qualcosa per sé, o qualcuno <abbia preso> a nome suo. E nella eventualità che egli abbia rifiutato di fare la ricevuta, costui che si rifiuta di dare un pegno in nessun modo incorra nelle pene, ma sia inteso che aveva agito giustamente, regolarmente e rettamente.

84- Inoltre i Giudici e il Bargello  e i suoi esecutori debbano essere soddisfatti del loro salario e della consueta paga: in modo diverso, non possano né abbiano facoltà che siano gravati gli uomini, se capiterà che vadano a cavallo, o in qualsiasi modo vadano contro qualche colpevole, non possano, né sia valido che, per la loro diaria e per la paga, aggravino <altri> se non il colpevole o i suoi beni, non i consanguinei loro, né le Comunità, quandanche i colpevoli non avessero alcunché in beni, dato che essi stessi <esecutori> o debbano essere soddisfatti della loro paga oppure <lo sano> per mezzo del Fisco e non vengano ad essere pagati in modo diverso. Invece si presuma che tutte le cose trovate nella casa di un delinquente siano beni suoi, e questi possano essere presi per l’esecuzione, dopo aver fatto uno scrupoloso inventario di tutti, e qualora, successivamente, fosse stato provato che tali beni sono di un altro, anziché del delinquente, senza alcuna spesa debbano essere restituiti ai veri padroni.

IL CUSTODE DELLE CARCERI

85- Prima di tutto per la sua paga, tanto per <le cause> civili quanto per le penali, per l’ingresso di qualsiasi carcerato, 2 bolognini, e altrettanto per l’uscita, e per ogni giorno che sia stato in carcere, un bolognino; ma se nello stesso giorno quando sia stato rilasciato, non possa ricevere alcunché oltre quanto per l’ingresso e l’uscita.

86- Inoltre per una carcerazione di qualcuno per un debito civile al di sotto di 20 bolognini, per ingresso e uscita, un bolognino e non di più.

87- Inoltre per la carcerazione per una causa del Comune, anche se siano stati in molti, un bolognino per qualsiasi giorno, e per ingresso e uscita. 4 bolognini.

88- Inoltre per la carcerazione di molti obbligati solidalmente, come sopra nel precedente Capitolo.

89- Inoltre se il detto Bargello e gli altri esecutori abbiano avuto e abbiano fatto pagare di più le esecuzioni ed le mercedi precisati in tutti i detti Capitoli, siano obbligati alla restituzione al doppio di essi e siano puniti con 10 libre e siano sottoposti al sindacato come sopra.

90- Inoltre nessuno dei detti officiali che sia di una qualche Terra o di una località nelle vicinanze della Città di Fermo per 40 miglia, possa stare in questa Città o nel Contado, in alcun officio o servizio con alcun Rettore, o Protettore di questa Città, se non in caso di necessità, nel quale non debba essere ammesso, se non con il consenso del Magnifico Signor Luogotenente e dei Magnifici Signori Priori.

91- Inoltre sia nominato dai Magnifici Signori Priori un Oste per dare ai carcerati le spese <di mantenimento> allo scopo di evitare maggiori spese di detti carcerati ed <evitare> frodi del custode delle carceri.

92- Inoltre qualora siano stati molti i debitori di un unico luogo, di una stessa persona e tutti i detti crediti risultino <scritti> per mano di un unico Notaio, per un minore dispendio del debitore e i creditori abbiano voluto che i loro debitori siano richiesti nello stesso momento con una unica requisitoria e non con molte, nella seconda lettera, o requisitoria da trasmettere, <indicare> fino a quanto<la somma> di debito sia venuto, e abbia tardato i giorni.

93- Inoltre se in tutti i detti Capitoli capitasse qualche dubbio, ci si attenga e ci si debba attenere al giudizio e all’arbitrio e dichiarazione del Magnifico Signor Luogotenente e dei Magnifici Signori Priori della Città di Fermo esistenti nel tempo.

94- Inoltre le cose contenute nella Tabella precedente debbono essere praticate sotto la pena, fin dove venga praticata la Bolla del signor <papa> per quanto riguarda il Magnifico Signor Luogotenente, 10 ducati oltre il doppio, e anche per quanto riguarda il Sig. Uditore, e per quanto riguarda il Cancelliere, per quanto riguarda i restanti altri Officiali, oltre la pena del doppio, ad arbitrio del Magnifico Signor Luogotenente del momento, secondo la qualità dei casi e dei tempi, o dei Sindaci al tempo del sindacato, da assegnarsi alla Camera dell’illustrissimo signor Governatore.

          Vista da me Giovanni Maria Brugnolo Luogotenente dell’illustris.mo ed eccell.mo signor Iacopo Boncompagni Governatore. E da me Pomponio Morfo, Stefano Sansovinno, Belisario Azolino e Gerolamo Vittori deputati ecc.

   Noi Iacopo Boncompagni Governatore della Città di Fermo confermiamo che sia da praticare inviolabilmente la tassazione qui messa. Iacopo Boncompagni Governatore.

                                                                            < Decreto>

In Nome di Dio Amen. Il magnifico ed eccellente signor Giovanni Maria Brugnolo di Pavia Luogotenente Generale nel Governo Fermano, stando nella sua Camera, eccetera, decretò ed ordinò che il Bargello e gli Esecutori esistenti nel tempo nel Governo Fermano debbano e siano obbligati, nelle esecuzioni da fare, tanto civili quanto penali, ad avere presso di sé e a manifestare ai condannati e ai debitori la causa per la quale si faccia l’esecuzione contro di loro, e se sia per una causa civile, oppure penale, e se sia per una pena pecuniaria oppure afflittiva del corpo e per quanta somma, e per richiesta di chi, sotto la pena di uno scuto per ciascuno e per ogni volta, da applicarsi ad arbitrio dei Magnifici Signori Luogotenenti che stanno in servizio nel tempo nel Governo, e ciò per giusti motivi che muovono il suo animo, e soprattutto affinché tutti sappiano ed abbiano la consapevolezza circa la paga e l’esecuzione che dagli stessi <condannati> debbano essere pagate ai detti Bargello e agli esecutori, nonché per eliminare i motivi delle estorsioni e delle frodi, eccetera, e in ogni migliore modo ecc. Fermo giorno 7 gennaio 1578.     Brugnolo Luogotenente     Giulio Cesare Megan. Cancelliere rogante

*< Anno 1586 >

RESCRITTO DELL’ILLUSTR.mo ED ECCELL.mo SIGNOR IACOPO MARCHESE BONCOMPAGNI GOVERNATORE PERPETUO DELLA MAGNIFICA CITTA’ FERMANA

   Recentemente ad opera di questa magnifica Città, è stato ottenuto riguardo ad alcune cause da istruirsi almeno per mezzo della Curia del signor Capitano della Città e dei Vicari dei Castelli del suo Contado rispettivamente.

   E’ stato confermato per mezzo del Breve della s(ignoria) del Signore nostro Sisto V, in data: Roma, presso San Pietro, con segno dell’anello del Pescatore, il giorno 10 Febbraio 1586 posto all’inizio degli Statuti, immediatamente avanti alla pagina prima.

   Dato che l’istituire le leggi e il praticarle sono cose necessarie tra le altre cose, a tutti qualsiasi i popoli, per vivere bene e felicemente, e dato che è cosa buona e giusta, sta bene a chi Presiede che renda liberi dai gravami insoliti i sudditi e le persone sotto la sua giurisdizione, per quanto possa. Pertanto la Comunità del popolo e gli uomini della Città e dello Stato Fermano desiderosi e abituati a vivere sotto le leggi e similmente desiderosi che gli altri vivano sotto queste, stando attualmente sotto il governo dell’Eccellenza Vostra, chiedono vivamente che sia comandato che i Capitoli scritti qui sotto e ciascuno di questi, per il vigore di un decreto perpetuo e di una legge, siano praticati in tutto e per tutto, con precisione da ciascuno di coloro a cui saranno stati rivolti e siano eseguiti in ogni modo, sotto pene da imporre ad arbitrio della stessa Eccellenza Vostra o del <vostro> successore nel governo, nel tempo, cercano di ottenere che i Capitoli e ciascuno di essi siano confermati e per quanto sia necessario essi e ciascuno di essi siano istituiti come norme, e siano conservati inviolabilmente, come detto prima. Anzitutto dato che ad opera del magnifico Comune di Fermo alcuni processi sui reati e sulle procedure siano stati concessi alle sue Comunità dei Castelli o agli loro Officiali di queste, come è contenuto nei loro Capitoli, e sia conveniente che le cose qui dette siano conservate, per impedire che nessuno venga punito due volte per uno stesso delitto, oppure, che, in altra maniera, nessuno sia aggravato con cassazioni <estinzioni>’ e con stanchezze delle persone, poiché il Cancelliere penale in carica nel tempo abbia o debba avere dalla Cancelleria di ciascun Castello una copia dei detti Capitoli o il transunto dato che è competenza del suo officio che non si processino quelli che non sono da processare a sua opera; e nei casi in cui l’indagine compete almeno a questi Castelli non si proceda in alcun modo alla inquisizione e se venga fatta, sia cancellata o sia rimessa senza altra mercede, sotto penalità per il trasgressore, da imporsi ad arbitrio del Governatore o del Luogotenente in carica nel tempo o da parte dei sindacatori. Inoltre qualsiasi causa, di qualunque valore sia stata, venga istruita in prima istanza e sia decisa con una sentenza definitiva da parte dei Vicari dei Castelli di questa magnifica Comunità <Fermana> e in tali cose il magnifico signor Luogotenente o gli altri Giudici di questa Città che ci sono attualmente e ognuno di quelli che ci saranno nel tempo, non si intromettano in alcun modo, né abbiano la facoltà di avocare a sé tali cause, piuttosto se qualcuno sia stato citato di fronte a questi, debbano rimandare coloro così citati e le loro cause ai loro <giudici> ordinari. E chi fa la parte attiva facendo sì che sia citato un suo debitore, come detto prima, in contrasto alla forma del presente Capitolo, sia punito con la penalità, per ciascuna volta, di 10 scudi da assegnare alla Camera della Eccellenza Vostra. E dato il fatto che i poveri di questo Stato sono vessati ogni giorno con gravissimi incomodi e dispendi, di fatto quelli citati di fronte a questi Vicari, ad istanza dei propri creditori, che prendono occasione dal disprezzo di un precetto, furono soliti fare il precetto di dover pagare il debito richiesto entro un certo tempo, sotto tale pena o di non uscire dal Palazzo senza che prima appaghino il creditore, e qualora il debitore non paghi nel tempo stabilito o senza che abbia appagato il creditore, o esca dal Palazzo, tali Vicari sono costretti a denunciare alla Curia Maggiore, come detto prima, coloro che disprezzano il precetto e viene poi formato il processo per questi, con grave danno per i poveri e per questi Vicari, senza che la Camera lucri alcunché, dato che tali processi siano cancellati per abolizione, mentre tutte le dette cose sono in contrasto contro la forma degli statuti di questa Città. Pertanto al fine di provvedere per l’indennità dei creditori in modo tale che i poveri debitori, per una causa tanto lieve, non siano vessati con gravissimi incomodi e con dispendi, né siano costretti ogni giorno ad accedere alla Città con grave loro danno, e neppure i Vicari siano privati dei propri emolumenti, piuttosto vengano trovati uomini probi e dotti, eletti ad esercitare tali offici; si fa richiesta che per mezzo dell’Eccellenza Sua, sia concessa la facoltà a tali Vicari, nelle cause civili inferiori a 10 scudi, di istruire le cause di quelli che disprezzano il loro precetto, e di portarle al dovuto termine, senza che abbiano l’obbligo di fare la notifica a qualche Curia di questa Città; e abbiano la facoltà di condonare le pene in tutto o in parte, con una grazia, come a questi stessi sia  gradito. Inoltre i Vicari di questi Castelli non siano obbligati né debbano fare la notifica alla Curia Maggiore di questa Città delle risse delle donne e degli imberbi, né per le parole ingiuriose, ma essi abbiano potere di istruire tali cause e portarle al termine nella dovuta conclusione, purché tali parole ingiuriose non sia state profferite contro un uomo graduato e stabilito in qualche dignità o contro i molto nobili dei Castelli. E in questo <ultimo> caso debbano fare la notifica alla detta Curia e non abbiano in nessun modo potere di intromettersi in tali cose, sotto una penalità da imporsi ad arbitrio del signor Luogotenente in carica nel tempo, contro i Vicari che abbiano trasgredito. Inoltre le Curie del magnifico signor Luogotenente non si intromettano in nessun modo né sotto alcun qualsiasi aspetto, neanche con pretesto di bandi di questa Curia, nell’istruire le cause che competono all’officio del signor Capitano sui danni dati, sulle turbative, sulle invasioni di vie, di ponti, di fontane, dei beni comunali, sul disprezzo di un precetto, sull’uccisione di animali, e su altre cose contenute negli statuti di questa Città; ma lasci, come è usanza, l’indagine di ciò all’anzidetto signor Capitano e ai Vicari ai quali ciò è concesso per opera dei capitoli e dei patti, tanto più che tali cause e l’istruirle e le pene sono state acquistate dalla Reverenda Camera ad opera di questa magnifica Comunità. Inoltre non si possano fare appello, né reclamare, né far ricorso, o parlare di nullità da parte di alcuno sulla sentenza emanata dal signor Capitano nei casi delle cose straordinarie e nelle altre cose contenute nel capitolo immediatamente precedente, ma la sua sentenza debba essere messa in esecuzione, nonostante alcuna inibizione del signor Giudice, nel caso che ci fosse stato un appello. E tuttavia tale Giudice <d’appello>, a richiesta dei tali detti sopra, sia obbligato a verificare l’inibizione. La sua sentenza pubblicata abbia validità e stabilità nelle dette cause, né possa parlarsi di nullità contro di lui, quandanche l’ordine delle leggi non venga praticato, purché sia intervenuta un’unica citazione. Tuttavia è possibile, in via di ricorso, presentare le richieste alla magnifica Cernita o al Consiglio speciale e addurre il suo gravame e da questa Cernita o dal Consiglio si faccia il provvedimento come meglio sarà conveniente concludere giuridicamente. Inoltre, dato che è lecito per la forma delle Costituzioni e della Tabella ora confermata dall’Eccellenza Vostra, che sia provveduto espressamente che gli Esecutori della Curia del Bargello che hanno i mandati esecutivi ad istanza dei creditori contro i loro debitori, siano obbligati a fare l’esecuzione effettiva contro questi debitori, in modo tale che questi creditori da ciò conseguano i loro crediti, altrimenti questi Esecutori non possano conseguire, né ottengano validamente, alcuna paga di tali esecuzioni; tuttavia gli Esecutori del Bargello non praticano ciò, ma ricevono da tali debitori i pegni, per se stessi soltanto, o per loro paga, <pertanto> si fa umile supplica alla stessa Eccellenza Vostra che comandi espressamente che queste Costituzioni e la Tabella in ciò vengano mantenute, sotto penalità del quadruplo da imporre agli Esecutori trasgressori, inoltre <penalità di> dieci scuti per ciascuna volta, da imporsi al signor Luogotenente, ogni qualvolta che dopo che sia stato richiesto, non abbia fatto in modo che ciò venga praticato. La penalità è da assegnare alla Camera della stessa Vostra Eccellenza. E tanto il signor Luogotenente quanto i detti Officiali e il Bargello possano essere costretti a pagare queste penalità, ad opera dei Sindacatori nei sindacati su questi stessi. Qualora questi Sindacatori abbiano trascurato di fare ciò, incorrano nelle medesime pene. Noi Iacobo Boncompagni Governatore della Città di Fermo confermiamo i Capitoli scritti qui sopra, in ogni miglior modo, eccetera. Iacopo Boncompagni Governatore.

                                                                     <Approvazione del 1578>

 Il giorno 2 aprile 1578 mercoledì. Su richiesta del signor Pellegrino Dominici procuratore della magnifica Comunità Fermana. Il magnifico ed eccellentissimo signor Dionisio Ratta Bolognese Dottore dell’uno e dell’altro Diritto, Luogotenente Generale per l’illustr.mo e eccellent.mo signor Jacopo Boncompagni Governatore perpetuo della magnifica Città Fermana e del suo Contado; stando nel Palazzo di sua solita residenza, secondo il Rescritto  per il predetto illustr.mo e rever.mo signore, in modo riverente accolse i Capitoli scritti sopra, e li approvò e ordinò che siano praticati inviolabilmente da parte di chiunque, soprattutto dal Cancelliere penale e dal Bargello e dai loro officiali, e a questi pertanto diede ordine che gli stessi <Capitoli> siano registrati e scritti nel registro della Cancelleria Penale e che le cose registrate siano restituite al soprascritto richiedente, sotto le penalità contenute negli stessi Capitoli ed altre da infliggere ad arbitrio della Sua Signoria e dei successori, eccetera. Tutte le dette cose furono redatte nella Sala dell’Udienza del predetto signor Luogotenente, e alla presenza ivi dei signori Giulio Latino e Vincenzo Cambio Avvocato e Procuratore di Fermo effettivamente testimoni.

 … Il giorno 4 dello stesso mese, venerdì. Tutte le cose dette sopra furono intimate al signor Giulio Cesare Meganino da Fossombrone Cancelliere Penale e al Capitano Latino Cambio da Monte San Martino, contattati personalmente, dopo aver rilasciato a costoro la copia, ad opera di me Notaio pubblico infrascritto. Io Gerolamo Maggiore da Fermo Notaio.

  < Esecuzioni >

Sabato giorno 6 Giugno 1579 – O Magnifico Signore: compare in giudizio personalmente il signor Domenico Teodoro Adami e nella data stabilita della citazione fatta dal Bargello della magnifica Città di Fermo e nella contumacia di chi non fa la comparizione, e alla presenza di Gregorio suo Cancelliere, disse ed espose, per mezzo di questo Bargello  e per mezzo del suo Luogotenente e dei loro sbirri ed esecutori, che ogni giorno si commettono molte estorsioni e avvengono esecuzioni tanto nella Città, quanto nello Stato, facendo pignoramenti ed esecuzioni contro i Padri per le condanne dei figli di famiglia che risultano condannati nel Curia della Signoria vostra Magnifica nella pena dei bandi e dato che queste cose sono in contrasto con la forma del diritto con grave danno di questi Padri e soprattutto di un certo Ancileo da Francavilla, e di Morisione da Montappone e di Rutilio da Monte Vidon <Corrado>, di Giovanni di Simone da Monteleone, contro i quali e contro ciascuno di essi, fecero varie esecuzioni ed estorsero per loro mercede una certa somma di denaro per le condanne dei figli di questo stessi. Pertanto in qualità di Sindaco della Città e dello Stato chiede e fa istanza che dalla vostra Signoria Magnifica si provveda sulle dette cose con un rimedio opportuno; eccetera; e in ogni miglior modo; eccetera. Alla presenza del detto Gregorio Cancelliere e in assenza del Bargello, a nome suo, e in tal modo rispondendo anche per lui e facendo il contraddittorio e dicendo che le cose, riferite sopra, le può fare per competenza di diritto; eccetera. Il magnifico signor Luogotenente nella seduta; ecc.; ammise le cose dette sopra, “e in quanto” e diede ordine di restituire le esecuzioni fatte, e nel futuro i Padri non debbano, in alcun modo, essere molestati per le condanne figli, purché questi figli non siano stati condannati alla pena capitale e alla confisca dei beni; eccetera; e in ogni miglior modo; eccetera. Alla presenza del detto signor Teodoro Sindaco accettante e referente di grazie sulla giustizia amministrata; ecc. e in ogni miglior modo; ecc.     Giordano Alessandrini, Notaio Curiale Fermano, attuario e stipulante il rogito.

*<Lettera Apostolica datata alla fine al 29 dicembre 1585 in tempo del papa Sisto V>

GREGORIO XIII PAPA – A tutti i fedeli cristiani che vedranno la presente lettera, salute e benedizione apostolica. Allo scopo di togliere il dissidio insorto non una sola volta, tra il venerabile fratello Vescovo Fermano e i diletti figli, la Comunità e gli uomini di quella Città, ci è sembrato opportuno prescrivere e comandare, all’una e all’altra parte, le cose che seguono. Anzitutto certamente le tasse delle mercedi ultimamente stabilite dallo stesso Vescovo e che dal suo cognome <Pinelli> sono dette Pinelliane, siano da ora in poi praticate così come furono corrette e moderate per nostro comando. Si stabilisca un Depositario nel riscuotere in futuro le pene dei reati e costui le riscuota e poi quanto prescritto del Concilio Tridentino sia applicato a favore dei luoghi pii. Il Vescovo non pratichi un uso ad arbitrio nell’imposizione delle pene, quando la pena è certa, ma esegua i sacri canoni, soprattutto la costituzione del papa Alessandro VI, di felice memoria, che inizia “Benché nelle cause delle fornicazioni adulterine e di reati simili”, il Vescovo abbia potere di fare indagini su queste cose tra i suoi sudditi, praticando tuttavia i sacri canoni. Il Procuratore del Fisco della Curia Vescovile non può esigere nulla a titolo di viaggio, per sé o per i suoi, quando egli, cavalcando, viaggia fuori della Città e attraverso la Diocesi per fare investigazioni e non sia lecito al Vescovo mandare costui, o un Commissario, o altri a fare investigazioni, in modo generale, in detta Diocesi, con riscuotere le spese di tale viaggio, ad eccezione quando a farne la richiesta sia la parte e questa dovrà allora pagare le spese. Inoltre il Procuratore del Fisco per nessuna ragione partecipi a queste pene pecuniarie. Gli Officiali del Vescovo siano sottoposti al sindacato soltanto presso lo stesso Vescovo e i superiori dli lui. Si mantenga la consuetudine nell’indagare sui danni dati, quale si praticava prima della venuta di questo Vescovo, e, in questi casi, il Capitano di appello e gli Officiali dei ‘danni dati’ e gli ‘straordinari’ della Città ed i Vicari dei luoghi dello Stato stesso facciano la procedura sui beni del clero amministrati ad opera dei laici o posseduti in altro modo, cosicché non si possa fare inibizione a questo clero per opera del Vescovo o dei suoi Officiali, se non quando lo stesso Vescovo l’abbia impedito, ma sia lecito a costoro di proporre le querele di ‘danni dati’ di fronte a questo Capitano o agli Officiali e ai Giudici e fare l’azione legale su costoro. Non siano aumentate le penalità oltre il consueto, a ragione di tali ‘danni dati’ sui beni ecclesiastici, ma siano riscosse secondo la forma degli statuti e delle delibere della Città e dei luoghi e delle Terre di questa Diocesi. In futuro le <tasse> vettigali o le gabelle per l’esportazione del frumento o di un altro genere di granaglie dalla terra di Monteverde verso altro luogo di questa Diocesi. In futuro i tributi o le gabelle per l’esportazione del frumento, o di altro genere di cereali dalla Terra di Monte Verde verso altro luogo di questa Diocesi, non siano imposte dal Vescovo, né siano riscosse in alcun modo. I Priori della Città, quando accompagneranno il Vescovo, secondo come a costoro stessi sembrerà opportuno, possano andare avanti o andare al seguito. Il Vescovo provveda al più presto per un Archivio in cui le dispense, i processi matrimoniali, le sentenze e i diritti di proprietà di tutti dei cittadini e degli abitanti della Diocesi e di coloro che fanno patrocinio per le cose pertinenti al Tribunale Ecclesiastico, siano collocati in modo separato e diligentemente conservati. Perciò ai venerabili fratelli Vescovi Anconetano, Maceratese e Osimano, comandiamo d’autorità di questo atto, che essi stessi, o due, o uno solo di essi personalmente o tramite un altro o altri, si prendano cura e si adoperino talché le cose che sono comandate e ordinate da noi con la presente lettera siano inviolabilmente praticate da tutti coloro a cui competono e a quelli che ne avranno competenza in futuro, costringendo tutti qualsiasi i contrari, e i ribelli di qualunque dignità, stato, grado, ordine e condizione siano stati, per mezzo delle censure e delle pene ecclesiastiche e degli altri rimedi del diritto e dell’azione, trascurando l’appello, dopo praticati i procedimenti legittimi da tenersi su queste cose, anche aggravando più spesso le stessa censure e le stesse pene, dopo aver richiesto l’aiuto del braccio secolare su ciò, quando sia stato necessario, nonostante le costituzioni e gli ordini apostolici e nonostante il giuramento, di conferma Apostolica, da parte delle già dette Comunità e della Chiesa di Fermo, e nonostante qualsiasi altra stabilità per mezzo di statuti, consuetudini, anche privilegi, indulti e lettere apostoliche, cose concesse in qualsiasi modo, confermate e innovate e ai contenuti di tutti questi facciamo deroga,  come se fossero inseriti, in ogni parola, nel presente atto, li consideriamo come sufficientemente espressi almeno in modo speciale, per l’efficacia delle cose dette prima, e nonostante qualsiasi cosa in contrasto. O almeno nonostante qualora sia stato fatto un indulto dalla Sede Apostolica su alcune cose in modo ripartito o comunitariamente ad alcuni su cose per le quali con una Lettera Apostolica non si possano interdire, sospendere o scomunicare, <deroghiamo> senza che noi facciamo menzione, parola per parola, pienamente ed espressamente di tale indulto. Data a Roma presso S. Pietro sotto <il segno> dell’anello del Pescatore, il giorno 29 di Dicembre 1585 <!> anno tredicesimo del nostro Pontificato <?1584>. Giovanni Battista Canopi,

*

RISPOSTE AI CAPITOLI ESPOSTI A NOME DELLA CITTA’ FERMANA E LE DELIBERAZIONI SULLE TASSE DEL TRIBUNALE DEL REV PADRE IL SIG. VESCOVO FERMANO. <Le risposte sono =R:=>

   Capitoli degli aggravi presentati dalla Comunità di Fermo contro Monsignor Vescovo con le risoluzioni della Illustrissima Congregazione.

   Le Signorie Vostre Illustrissime e Reverendissime ad alcuni capitoli degli aggravi che ora si fanno nel vescovato di Fermo, contra gli uomini della Città, e della sua Diocesi hanno rescritto che s’osservi il solito. E poiché in alcuni capitoli Sua Signoria Reverendissima e la Città non convengono nel ‘solito’, affermando lei esser in un modo, e la Città in un altro, per levare l’occasione della lite per l’avvenire, si desidera che in tutti i capitoli si facciano decreti chiari, e determinazioni conformi alla giustizia.

   E quanto al primo capitolo della Tassa delle mercedi nuovamente fatta da Sua Signoria Reverendissima e alterata oltre l’antico stile, si dice <avvenga> poiché non si trovava la Tassa solita antica mandata da ser Giacomo Carello Notaro a quel tempo nel Vescovato a Sua Signoria Reverendissima qui in Roma subito dopo che fu promossa al detto Vescovato, si debba in luogo di essa praticare la tassa secolare, che si usa nella Corte di Sua Eccellenza Illustrissima e questa è minore assai di quella Pinelliana fatta stampare nuovamente da Sua Signoria Reverendissima come si può vedere

=R:= “La Congregazione stabilì che la Tassa Pinelliana fosse da rivedere e da correggere, come fu fatto, e corretta fu consegnata al Vescovo”.

   Al secondo <cap.> sulle pene dei Malefici, tanto quelle riscosse quanto quelle che si riscuoteranno, essendo che queste pene facciano fruttare circa scudi duemila l’anno, pare che fosse conveniente che, o tutte, o la maggior parte si debbano distribuire per l’amore d’Iddio, e applicare a luoghi pii ad arbitrio di Sua Signoria Reverendissima, conforme a quello che dispone il Sacro Concilio, e non metterle ad uso proprio, come s’è fatto sinora, non aiutando i luoghi pii bisognosi, non restaurando la Chiesa Cattedrale, che tiene un grande bisogno, e non facendo molte altre opere buone e necessarie alla Città e alla sua Diocesi, e per questo si desidera si metta un Depositario che distribuisca le <somme di> dette pene ai luoghi pii ad arbitrio di Sua Signoria Reverendissima, e che tenga conto delle entrate, e delle uscite, e pare che una cosa simile fosse ordinata a Monsignor Camaiano già Vescovo d’Ascoli, perché facendosi in altra maniera la detta provvigione del Depositario sarebbe vana.

=R:=    “Che sia costituito un Depositario di queste pene, che in seguito siano attribuire ai luoghi pii secondo la prescrizione del Concilio, e il Reverendissimo signor Vescovo in futuro sia più mite nel riscuoterle”.

   Al terzo <cap.>, nella composizione delle pene non si deve eccedere <rispetto> alla pena delle Costituzioni, e l’arbitrio di Sua Signoria Reverendissima non ha da prevalere sulla pena certa determinata nelle dette costituzioni, ma solamente nei casi ammessi dalle leggi, né in questo si deve attendere allo stile <usato>, perché l’abuso causato dal Superiore, è maggiore: con l’autorità fa quel che gli pare, spesso, oltre che non consta quale sia il vero stile, e trattandosi del suo comodo non si deve dar fede in questo a Sua Signoria Reverendissima, nemmeno alla Città per la medesima ragione, però osservandosi la legge scritta, non si fa aggravio a nessuno.

=R:=    “Dal momento che c’è una pena certa, il signor Vescovo non faccia un uso ad arbitrio e siano praticati i sacri Canoni e particolarmente il capitolo: «E’ lecito, fuori dalle pene»”.

   Al quarto <cap.> nei casi delle fornicazioni, degli adulteri, e simili, per i quali parla la costituzione libro IV cap. LXIX si debba praticare questa costituzione, e si proceda nei detti casi a querela solamente di quelle persone, come dispone e vuole detta costituzione, e non ex officio, e per mezzo di inquisizione, come ha fatto S.S. Reverendissima per il passato, e oltre ai casi delle semplici fornicazioni, e delle pubbliche meretrici, e “soluti cum soluta” <di uno sciolto con una sciolta =dal coniugio> ha fatto pagare grosse <somme di> pene, ma anche in casi di adulterio e di stupri con diffamazione dei parentadi, dei matrimoni, e con morte di uomini, e con danno ha fatto la procedura per mezzo dell’inquisizione, come d<etto> sopra, e la detta costituzione, come fatta ultimamente, pare si debba praticare più presto che altra legge anteriore, e l’esperienza ancora lo insegna, che al tempo di S.S. Reverendissima ha causato cattivi effetti, come è detto sopra.

=R:=   “Il Vescovo possa e debba fare indagini sopra i delitti dei sudditi, cap.1 de officio ordinariorum <l’officio degli Ordinari>perciò siano praticati i Canoni.”

   Al quinto <cap.> il Fiscale cavalcando non debba farsi pagare alcuna mercede di spese di viaggio, come fa ora d’uno scudo al giorno per sé, vettura di cavallo, salario di sbirri, e spese per tutti, con grande pregiudizio delle genti, e spesso di coloro che non hanno colpa alcuna, dato che essendo lui <impegnato> per il Fisco non è giusto sia pagato dal reo, e nemmeno S. S. Reverendissima possa mandare questo Fiscale, o altri per la Diocesi a dover fare l’inquisizione generale facendosi pagare come detto sopra, e al Notaio mezzo scudo il giorno.

=R:=    “Piace che il Fiscale, o il Commissario non siano inviati a spese del reo, a meno che la parte chieda e questa deve pagare le spese.”

   Al sesto <cap.> nelle composizioni questo Fiscale non debba avere la parte ventesima, né porzione alcuna dal supplicante, ma dalla Camera, né più si faccia quel che si è incominciato a fare nei rescritti: cioè dopo pagati scuti tot, e concordato il Fisco, di ciò si osserva tutto il contrario nella Corte secolare di Sua Eccellenza Illustrissima.

=R:=     “Il Fiscale non partecipi per alcuna ragione delle pene delle condanne.”

   Al settimo <cap:> gli Officiali di Monsignor Vescovo debbano stare a sindacato alla fine del loro officio, le Signorie Vostre Illustrissime e Reverendissime hanno rescritto che nulla va innovato, il che pare duro alla Città essendo il sindacato introdotto dalla ragione e per terrore degli Officiali che volessero commettere estorsioni, e ciascuno deve rendere conto dell’amministrazione sua; e la Città ne ha un Breve da Nostro Signore <il Papa> da poter sindacare i suoi officiali, anche che fossero Prelati, si dice che per stare a <fare> sindacato si debbano mandare prima per tutta la Diocesi le lettere patenti informando riguardo al detto sindacato, dato che non basta far ‘bandi’ solamente a Fermo, la sera per la mattina, come si fa al presente, perché essendo la Diocesi grande, il sindacato è finito prima che pure si sappia che sia cominciato, così si osserva nella Corte secolare di sua Eccellenza Illustrissima.

=R:=    “La Congregazione mai ha ammesso il sindacato degli officiali del Vescovo, come viene richiesto, ma vuole che quelli quotidianamente obbligati al sindacato siano presso il Vescovo del luogo, e presso i Superiori.”

   All’ottavo, <cap.> S. S. Reverendissima non possa intromettersi nelle cause di ‘danni dati’, e di ‘straordinari’, turbative, occupazione di vie pubbliche, bruttura <monnezza> di strade, devastazione di ponti, di fontane, e altre cose comunali, quando occorrono farsi da laici lavoratori, <da> affittuari o servitori di Preti o della Chiesa, i quali non devono godere il privilegio del Prete o della Chiesa, ma come laici debbano in queste cause esser sottoposti al Giudice ordinario della Città, come nelle altre cause, e civili, e penali, secondo la forma.

=R:=    “Riguardo alla conoscenza dei danni sia praticato il modo di fare che veniva praticato prima della venuta dell’attuale Vescovo, se c’è consapevolezza di questa, e qualora in ciò sorgerà una difficoltà sulla consuetudine, la Congregazione lo deciderà.”

   E il fatto che S.S. Reverendissima ha cominciato ad introdurre un nuovo gravame, che, per mezzo di lettere ai Vicari Foranei, oltre le pene statutarie, aumenta le pene di ‘danni dati’ contro i laici che facessero danno sui beni di Chiese, o i Preti a chi fa pascolare una pecora tra le stoppie gli fa pagare uno scudo per pecora, mentre secondo lo statuto la “pena” è solamente d’un soldo, e applicano una parte di detta pena a sé medesimi, e quel che è peggio contro chi fa danni mandano precetti per dover informare e ne formano processi, e per un danno dato da più persone mandano più precetti per formare più processi, come si può dimostrare, ingrassando la Cancelleria <con incassi>, e in caso di turbative mandano persone a cavalcare talmente che è più la spesa, che la pena, ed è più la pena che la pecora, e pertanto si supplicano le Sue <loro> Signorie Illustrissime che si degnino proibire tal cosa.

=R:=    “A cagione dei danni inferti ai beni ecclesiastici, non siano aumentate le pene solite.”

   Al decimo <cap.> Sua Sig. Reverendissima non debba far pagare la nova gabella d’un ‘grosso’ per soma di grano, o <di> altre biade che si ricavano dal territorio di Monte Verde sua giurisdizione, in pregiudizio degli uomini che possiedono in detta giurisdizione, e in contrasto alla Bolla “In Coena Domini” che proibisce nuove gabelle, considerando che non sia stato solito pagarsi per il passato, come consta per <dichiarazione> fede di molti, e contro la ragione perché non si esporta fuori dalla Diocesi di S.S. Reverendissima, ma da luogo a luogo attraverso la sua giurisdizione, e da padroni delle possessioni, nelle quali queste granaglie, biade, e altri frutti sono registrati.

=R:=    “In seguito nessuna gabella sia pretesa per l’occasione detta, come ordinò anche il Santissimo Signor Nostro <Papa>.”

   All’undecimo <cap.> le Signorie VV. Illustrissime e Reverendissime si degnino dichiarare che quando il Magistrato accompagna Sua Sig. Reverendissima l’abbia a mettere in mezzo alla prima schiera, revocando ogni altro ordine in contrario, essendo questa l’intenzione del Nostro Signore <Papa>.

=R:=     “Sia praticato quanto stabilì il Santissimo Signore Nostro.”

   Al dodicesimo <cap.> e di fatto S.S. Rever.ma ha fatto buttare confusamente tutte le scritture della Cancelleria del Vescovato sopra una soffitta dove non si può andare per la bassezza del tetto, in preda alla polvere, e ai sorci, e così tra poco tempo si consumeranno tutte, e si perderanno le ‘dispense’, <gli atti> “se c’è evidenza”, i processi, le sentenze, i giuspatronati, e ogni altra cosa che vi era, in pregiudizio della Città e della Diocesi tutta, si supplicano le Signorie Vostre Illustrissime e Reverendissime che si degnino di ordinare che sua Sig. Rever.ma debba far prelevare tutte <queste scritture>, e subito accomodarle con buono ordine, come si deve, in una stanza del Vescovato, che non ci manca, e si spenda <prelevando dalle somme> delle pene di malefici tutto quello farà bisogno per un’opera di tanta importanza.

=R:=    “Provveda il Reverendissimo Signor Vescovo di un armadio nel quale siano diligentemente collocate le scritture, e ciò sia <fatto> quanto prima.”

   Al tredicesimo <cap.> inoltre si desidera che le cause si risolvano per mezzo della giustizia, facendosene istanza dai Procuratori e dagli Avvocati dei carcerati, e non si sia fatto soffrire nessuno come si fa, con allungare le spedizioni, acciocché quelli colpiti dal tedio nelle carceri, non vengano forzati a supplicare, o per dir meglio a quell’espediente nuovo e insolito, che per decreto si dice ‘dopo aver pagati scuti tot’, assolviamo e liberiamo.

=R:=    “Le cause, come saranno conformi alla legge, debbono essere svolte per mezzo del diritto e non con accordi.”

<Anno 1580>

TASSA PENALE DELLA CURIA VESCOVILE FERMANA Fatta nella Congregazione il giorno 29 Novembre 1580

-1-Per una visita della persona offesa nella Città non si prenda nulla perché si deve fare d’ufficio.

-2-Per simile visita fuori Città da fare per ordine del Vicario, nulla, per la causa indicata sopra.

-3-Per un teste informativo della Curia, non sia percepito assolutamente nulla, ma se per ordine del Vicario, per qualche causa, sarà stato costretto a prestare una cauzione, paghi come quando viene prestata la cauzione, e più sotto verrà indicato   bol.2

-4-Per la comparizione di qualche reo <accusato> che risponde alla querela, e per la Fidejussione bol. 4

-5-Per il precetto di comparire personalmente contro i delinquenti principali bol. – (0)

-6- Per la citazione per rispondere ad una inquisizione, nulla bol. –

-7-Per una lettera per requisitorie bol. 5

-8- Per il mandato di cattura, nulla, se questo sia fatta d’officio, ma se avviene su richiesta della parte querelante   bol. 5

-9-Per ogni cosa stabilita con il suo esame su ciascun reo carcerato, <da> colui che abbia voluto la copia del processo, nulla si paghi, poiché non viene pagato nella copia, se non per la visura quando la parte non avrà voluto la copia, e allora siano pagati bol.3

-10- Ma se siano stati costituiti molti fatti, solamente per quattro il Notaio possa avere soltanto la paga scritta sopra, riguardo alla visura soltanto, eccettuati i poveri.

-11- Se in realtà abbia voluto estrarre la copia del processo sia pagato come indicato sotto, ma nessuno sia costretto a ricevere la detta copia. –

-12- Quando invece il processo venga aperto, venga pagato come per le copie, come nel numero seguente. –

-13- E per le copie dei processi per ogni foglio in due pagine aventi 40 righe, bol.2

-14- Per il costituirsi del Procuratore nella causa, per la scelta del luogo e per ogni altro atto occorrente, fuorché per le cose espresse, bol.2

-15- Per l’esame di ciascun testimonio per la difesa con gli interrogatori della Curia bol.6

-16- Per il richiamo di uno stesso testimonio, con gli interrogatori, se d’ufficio non si paghi nulla, se a richiesta della parte bol.3

-17- E più o meno, considerata la lunghezza del lavoro, e l’interrogatorio, come abbia considerato conveniente il reverendo Signor Vicario, purché non ecceda bol.6

-18- Per ogni sequestro con la relazione bol.5

-19- Per la pubblicazione di detti testimoni, se viene fatta per il Fisco non si paghi nulla, ma a richiesta della parte bol.3

-20- Per ogni rinuncia, cioè della difesa. Come viene pagato per un altro atto giudiziale, o per una richiesta, una protesta, una comparsa come ai numeri 22 e 23.

-21- Per ogni referto di una ostetrica, o di un medico, di un chirurgo, di un ‘fisico’ o di qualche perito, ma a richiesta del Fisco assolutamente nulla, ma se a richiesta della parte bol.2

-22- Per la presentazione di qualche scrittura bol.1

-23- Per ogni atto con un decreto del Giudice o senza in una causa che sta facendo bol.2

-24- Per ogni fideiussione conservando la indennità bol.5

-25- Per la citazione per la sentenza, se a richiesta del Fisco nulla, se a richiesta della parte bol.5

-26- Per la intimazione di una sentenza di condanna bol.5

-27- Per un decreto di rilascio o di liberazione di un reo carcerato, senza alcun mandato, quando non è necessario bol.5

-28- Per l’invio e la registrazione di qualche supplica con decreto del Giudice bol.2

-29- Per la lettura di una sentenza sulla trasgressione di precetti, o l’assoluzione, l’abolizione e cancellazione di questi stessi, si paghi come prescritto nelle costituzioni della Marca.

-30- Per la lettura di una sentenza di assoluzione e di liberazione da una querela, da un’indagine e da un processo per qualsiasi delitto per il quale venisse da imporre qualche pena afflittiva del corpo, o del carcere perpetuo, o di carcere perpetuo, o di esilio perpetuo, o del remeggio, e per la cancellazione dei loro processi in vigore di quella sentenza, anche per tutto sia pagato come viene stabilito nelle dette costituzioni della Marca.

-31- Ma se sia capitato di fare la cancellazione di tali processi in forza di una supplica o di un decreto per qualche causa si paghino bol.24

-32- Per la lettura di una sentenza di assoluzione o di liberazione da una accusa, da una querela, da un’indagine e da un processo, e dalla sentenza venisse ad imporsi una pena pecuniaria, o del carcere a tempo, o dell’esilio bol.20

-33- E se sia capitato di fare la cancellazione dei processi ora indicati in forza di una supplica o di un decreto bol.24

-34- In verità per la lettura di una sentenza per una querela, un’inquisizione o un processo in casi o per motivi meno importanti bol.10

E se la cancellazione di tali processi dovrà essere fatta in forza della stessa sentenza bol.10

-35- In realtà da ultimo la cancellazione di tali processi sia stata fatta in forza di una supplica o di un decreto bol.10

-36- Ma se con una sola sentenza o con un decreto sia capitato di svolgere molte <cause> fra tutte secondo la qualità e la distinzione delle dette cause sia pagata soltanto una tassa raddoppiata.

-37- In realtà per la lettura di una sentenza, in parte di assoluzione e in parte di condanna, venga pagato come sopra espresso rispettivamente per i singoli casi.

-38- E per la cancellazione di tali processi da farsi in forza di detta sentenza, venga pagato in ragione di quanto espresso sopra nei singoli casi. E così anche venga inteso e si debba praticare se la cancellazione di tali processi sia stata da farsi in forza di una supplica o di un decreto.

-39- Per la copia di una sentenza con la sottoscrizione di mano di un Notaio in forma pubblica bol.12

-40- In realtà per una copia semplice e senza la sottoscrizione del Notaio bol.3

-41- Per un’autenticazione semplice e con la sottoscrizione del Notaio bol.5

-42- Per qualunque instrumento pubblico e autentic(at)o di una sentenza con attestazione la fede di legalità bol.17

-43- Per la sottoscrizione e la pubblicazione di un processo bol.12

-44- Per un istrumento di pace in tutto bol.4

-45- Per un istrumento di obbligo di composizione per la Camera bol.4

-46- Per un inventario da farsi in Città, o nel suo territorio, nei casi nei quali deve essere fatto, se ciò è per una causa d’officio, a richiesta del Fisco, nulla <da pagare>, ma se a richiesta della parte bol.20

-47- Per un inventario da farsi nella Diocesi per ordine del Giudice nei casi nei quali debba essere fatto oltre le spese di viaggio e le spese da tassare, fiorino 1. E quando quello sia a richiesta del Fisco, nulla -.

-48- Per la paga di un Notaio inviato fuori dalla Città per la preparazione di un processo per qualsivoglia causa penale, se quello viene mandato d’officio e a richiesta e istanza del Fisco non si paghi nulla; ma vada a spese dello stesso Fisco; se invece a richiesta della parte querelante, oltre alla vettura del cavallo, e alle spese da farsi per costui e per il cavallo, per ciascun giorno paghi fiorino 1

-49- E se <un Notaio> sia stato inviato nello stesso luogo contro molti; la stessa cosa, ma nulla è da prelevare dai rei <accusati>.

-50- Il Reverendo signor Vicario tuttavia, stia attento a non mandare i Notai a preparare un processo, eccetto siano i casi più lievi, ma vada egli stesso, o mandi un Commissario con un Notaio a spese di quelli che fanno l’istanza o del Fisco, o della parte.

*<Anno 1581>

.-. Riforma della tassa Pinelliana per il Bargello, per le Guardie, per il custode delle carceri, e per i Balivi della Curia Vescovile Fermana, tanto nelle cause penali, quanto nelle civili, fatta dall’Illustrissimo e Reverendissimo Cardinale di Santa Romana Chiesa sopra le consultazioni dei Vescovi delegati nel giorno 19 Maggio 1581.

1- Il Bargello abbia quel numero di guardie che il signor Vescovo al momento abbia giudicato espediente e abbia un balivo e per la persona di costui un cavallo e lo stesso signor Vescovo assegni per paga mensile alle singole guardie un fiorino e il doppio al Bargello affinché svolgano molto fedelmente il loro officio.

2- Uno solo fra le dette guardie, ad arbitrio del Vicario Generale, faccia la custodia delle carceri e gestisca la loro vigilanza fedelmente.

3- Il Bargello prima che cominci ad esercitare il suo officio presti, nelle mani dello stesso Vicario, il giuramento di esercitare bene e fedelmente il suo ufficio.

4- Inoltre presti una idonea cauzione, tanto per se stesso quanto per la servitù di non eccedere sulla tassa sotto indicata e di sottostare al sindacato alla fine del suo officio davanti ai Sindacatori nominati dal Vescovo o dal suo Vicario.

 – La tassa seguente sia praticata pertanto in tutti i casi, tanto puramente penali, quanto casi misti, come segue

NELLE CAUSE PENALI

5- Il Bargello, nelle cause penali per la cattura di ogni reo, fatta per ordine del Giudice nella Città, o nei suoi sobborghi percepisca in tutto 3 giuli.

6- Fuori dalla Città, in realtà, in tutti i luoghi della Diocesi per cinque miglia, 5 giuli.

7- Ma oltre cinque miglia come paga e per le spese tanto proprie quanto per le guardie, per la vettura del cavallo, per ciascun giorno nel quale probabilmente ad arbitrio del Vicario per la detta cattura gli sia capitato di stare lontano, 10 giuli.

8- E se gli sia capitato di catturare molti, oltre la somma dei detti 10 giuli, il Bargello

 per la rata da pagarsi da tutti insieme non pretenda dai singoli oltre 5 giuli per la loro cattura.

9- Ma per qualcuno trovato in flagranza di crimine e catturato per mero officio, non pretenda nulla, se non per la cattura, secondo le già dette tasse.

10- Quando, in realtà, il Bargello esce per qualche cattura, non possa condurre con sé se non un numero di guardie che deve essere stabilito dal Vicario.

11- Comandiamo inoltre che non si possa catturare qualcuno senza il mandato dal Giudice, se non trovato in flagranza di crimine, né sia valido che ricevano alcunché dai catturati per le catture di tal modo, per mero loro officio, e senza un mandato del Giudice e fatte nella Città o nella Diocesi, se non da quelli che saranno stati trovati realmente colpevoli, perché se sarà capitato che costoro siano assolti, non abbiano nulla, affatto.

12- Il Bargello in una cattura di un qualunque reo, per ordine del Vicario, o per mero officio, <quandanche> il colpevole è trovato in flagranza di reato, o in Città, o nella Diocesi, e inoltre costui sia trovato colpevole, tuttavia per la leggerezza del reato, o per altro giusta causa che muove l’animo del Vicario, venga da graziare e da rilasciare, tanto lo stesso Bargello, quanto i suoi esecutori non possano ricevere realmente nulla, ma solamente ciò che abbia stabilito il Vicario.

13- Al Bargello, se per un ordine della Curia sia capitato di andate a cavallo in qualche luogo della Diocesi per condurre nelle carceri vescovili qualcuno già trattenuto abbia 10 giuli, o in modo diverso come sopra al capitolo 6.

14- Il Bargello per la cattura di qualche testimonio per informazione della Curia, non possa prendere nulla affatto, qualora il catturato in qualche modo non sia stato trovato reo, e allora sia praticata la tassa espressa sopra.

15- Per la ritenzione o la carcerazione di uno che si è presentato spontaneamente, non riceva nulla se non le spese per il vitto, se queste sono somministrate.

   Per la carcerazione di uno trovato nel Palazzo non più che 6 bolognini.

16- Il Bargello, per le reali esecuzioni, tuttavia, contro i condannati in contumacia, per ogni e qualunque sua propria paga e per quella delle guardie, egli prenda un bolognino per ogni libra della somma, purché la sua paga non ecceda venti giuli in tutto e per il fatto stesso detta somma sarà applicata per i luoghi pii, secondo il decreto del Concilio Tridentino, oppure sarà data al Depositario delle pene.

17- Ma se <i Bargello> avrà fatto l’esecuzione al minimo, o per qualche parte soltanto, allora non riceva nulla, o per quella parte sola per la quale l’esecuzione sia stata fatta veramente.

18- Qualora sia capitato, in un caso permesso dalla legge, che il Bargello o le guardie per compilare un inventario con il Fisco o con il Notaio della Curia vescovile che si presenti nella Città o nei sobborghi, abbia un giulio.

19- In verità fuori Città o fuori dai sobborghi, in qualunque località della Diocesi, entro 5 miglia, 3 giuli.

20- Invece oltre le 5 miglia per paga e per le spese, tanto dello stesso Bargello quanto delle guardie e per la vettura del cavallo, se sia stata necessaria, per ciascun giorno durante il quale, essi per compilare tale inventario, abbia dovuto allontanarsi, ad arbitrio del Vicario, 8 giuli.

21- Dichiariamo che tanto il Bargello quanto le sue guardie per un inventario di tal fatta non possano presentarsi, se non per un esplicito mandato del Vicario, quando la presenza di essi sia stata necessaria, e allora vada da solo lo stesso Bargello, o con un tale numero di guardie oppure si presentino le guardie senza lo stesso Bargello, come ad esse dallo stesso Vicario sia stato comandato.

22- Vogliamo tuttavia che il Bargello e le guardie siano obbligati per tutti i beni mobili o semoventi, presi nell’esecuzione, di fare con vocaboli popolari la ‘fede’, le quietanze, o, come le chiamano, le ricevute, in doppia copia, anche quando essi non siano stati richiesti, e consegnare una di queste alla parte nei cui beni sia stata fatta l’esecuzione, l’altra, in realtà, per il promotore della Curia ed anche affinché di tutte le cose e denari ricevuti per la loro paga o a questi stessi presenti o ad altri paganti a nome di quelli, siano obbligati similmente a fare le quietanze per le parti che così le chiedono. A tali quietanze sia prestata fede e costituiscano piena prova contro colui che scrive.

NELLE CAUSE CIVILI

23- Per una esecuzione civile anche se sia al di sotto di un fiorino, il Bargello prenda un bolognino per tutti i singoli fiorini, purché per ogni esecuzione ammontante a qualsiasi somma, qualunque sia la somma o l’importanza, non possa esigere oltre un fiorino.

24- Dichiariamo ed ordiniamo che possa ricevere la detta paga, quando sia stata fatta l’esecuzione in tutto o in parte, con efficacia, e se sia stata fatta in parte, abbia la paga soltanto per quella parte, così come per una esecuzione sola vera e fatta con successo abbia soltanto una sola paga, e così per una vera esecuzione fatta con efficacia riceva soltanto un’unica paga, e qualora, per caso, l’esecuzione non venga fatta assolutamente non possa prendere nulla.

25- Per una esecuzione da parte di qualche braccio secolare stabilita dalla Curia Romana non si pretenda nulla oltre ciò che viene preso per la esecuzione da farsi d’autorità ordinaria, come sopra nel capitolo 23.

26- Per un arresto di qualche carcerato per un debito civile, non percepisca nulla.

27- Per una cattura in forza di un mandato per sospetto di fuga possa ricevere quello che per altre esecuzioni già è stato stabilito sopra.

SUL CUTODE DELLE CARCERI

28- Il custode delle carceri possa prendere non più di 2 bolognini dai singoli carcerati per l’entrata e altrettanto per l’uscita.

29- Per il tempo invece durante il quale fossero stati carcerati non esiga più di 1 bolognino per ogni singolo giorno da ciascuno di essi.

30- E questo venga praticato tanto nelle cause penali quanto nelle civili e in tutte le altre.

SUI BALIVI

31- Il Balivo per la presentazione di qualunque lettera emanata dalla Curia Vescovile e da farsi a qualsiasi persona, possa ricevere nella Città 1 bolognino.

32- Per una citazione, in realtà, fatta a voce in Città, 3 quattrini.

33- In realtà <fatta> fuori dalla Città per ogni miglio 1 bolognino.

34- E se sia capitato di accedere insieme con qualche Commissario, con un Fiscale, con un Notaio della Curia Vescovile, o anche con il Bargello, abbia 2 giuli, e mezzo, dopo conteggiate le spese nei singoli giorni.

35- Invece per il rilascio di qualche carcerato o da una causa criminale, da una mista o spirituale o civile non sia fatto alcun particolare mandato per iscritto con spesa, ma sia sufficiente la sentenza o il decreto del Giudice o un mandato fatto a voce.

36- Inoltre in tutte qualsiasi le esecuzioni, reali e personali, nei singoli casi venga assolutamente applicata la tassa prescritta sopra.

37- Escludiamo invece da tutte le singole paghe del Bargello e degli esecutori le persone povere e quelle che per mero officio, riguardano l’officio e la Curia per qualche interesse pubblico o privato.

38- E se sia capitato di avere dubbi sulla situazione di miserabilità e della povertà di qualcuno ci si attenga al giudizio del Vicario Generale.

39- Le altre cose non comprese o non specificate e quelle che sia capitato che in qualche modo si volgano nel dubbio riguardo alla tassa retro già scritta siano riservate ad una dichiarazione del signor Vescovo o del suo Vicario.

40- Da ultimo vogliamo che tutti i singoli, il Bargello, le guardie, i custodi e i Balivi pratichino inviolabilmente le dette tasse, né  prendano alcunché, neanche minimo, che spontaneamente o in altro qualsivoglia modo sia stato dato, sotto la pena di 50 scuti sul fatto stesso per opera di ogni trasgressore nei singoli capitoli, nelle parti e nelle componenti delle dette tasse, e si debba incorrere in esse, per ogni volta che si sia trasgredito, e sono da assegnarsi ai luoghi e alle opere pie ad arbitrio del detto signor Vescovo o del suo Vicario.

.*. Attesto che tutte le cose dette sopra concordano con i loro originali e per l’autenticità mi sono sottoscritto, e ho apposto il mio sigillo. Io Cesare Speziano Segretario della Congregazione dei detti illustrissimi e reverendissimi signori Cardinali della Santa Romana Chiesa.    Luogo † del sigillo

Furono date al Sig. Teodoro Adamo, oratore della Città Fermana, il giorno 19 del mese di Maggio 1581 del Pontificato del santo Padre in Cristo e Signore nostro Gregorio Papa XIII Anno nono del suo Pontificato.

.*.    Avendo gli illustrissimi e reverendissimi Sigg. Cardinali della sacra Congregazione delle Visite dei Vescovi fare alcune determinazioni, e risoluzioni sopra alcune richieste date per parte della Città di Fermo da capitolo a capitolo, come appaiono nelle scritture autentiche sottoscritte per mano di Monsignor Cesare Spiziano (!) Segretario della detta Congregazione con il solito sigillo, sotto la data del 16 di Novembre 1580 e sotto la data di 9 di Maggio 1581 consegnate a M(esser)  Teodoro Adamo Ambasciatore della Città di Roma li 19 del medesimo, Noi Domenico Pinello per la grazia di Dio Vescovo, e Principe di Fermo abbracciando le dette risoluzioni, e determinazioni, ordiniamo che siano eseguite, e praticate inviolabilmente. E per maggior dichiarazione e specificazione d’alcuni capitoli ambigui, o generali, o per togliere ogni occasione di nuove difficoltà con la presente dichiariamo, diciamo, e ordiniamo:

.-.  Sopra il capo della Tassa delle mercedi rivista e corretta dalla sacra Congregazione, ordiniamo che si stampi, si pubblichi, e se ne mandino copie in ciascuna Terra e luogo della Diocesi, acciò dopo pervenuta in notizia sia praticata, sotto la pena imposta nel cap. 40 che inizia “Infine vogliamo” e sotto altre pene maggiori, a nostro arbitrio.

.-. Al secondo <cap.> delle pene dei reati per l’esecuzione di detto rescritto noi dichiariamo Depositario delle dette pene e dopo che queste sono pervenute in mano sua, si debbono assegnare secondo la forma di detto rescritto.

.-. Al quarto <cap.> nei casi di fornicazioni, adulteri, stupri, e simili, avendo i suddetti illustrissimi nel Rescritto “Sia praticata la consuetudine” non essendo difforme la Costituzione della Marca lib.4 cap.69 e seguenti, rispetto al Canone del Concilio Tridentino Sess.24 cap.8 e sess.25 cap.14 dichiariamo, e ordiniamo che detta Costituzione praticata in antico in questo Vescovato, sia praticata inviolabilmente per l’avvenire, e non si possano formare processi in casi simili, contro la forma di detta Costituzione. E se si facesse in altro modo, i processi siano nulli, e si debbano cancellare gratis, e il Cancelliere possa esser sindacato su ciò, sotto la pena ad arbitrio dei sindacatori.

.-. Al settimo<cap.> gli Officiali debbano stare a sindacato alla fine del loro officio dichiariamo, e ordiniamo, che i Cancellieri e i sostituiti prima che prendano il loro officio debbano giurare in mano del nostro Vicario di esercitare bene e fedelmente il loro officio, e ugualmente dare idonea sicurtà de non eccedere la detta Tassa, e di stare al sindacato alla fine del loro ufficio, come deve ancora starci il Bargello per sé, e per i suoi collaboratori, secondo la determinazione fatta dalla sacra Congregazione nella riforma della Tassa di questo Bargello sotto la data di 9 di Maggio 1581 capp. 3 e 4. E la forma di questo sindacato sarà la seguente, cioè:

FORMA DEL SINDACATO

   I Sindacatori debbano essere il nostro Vicario, e un Cittadino Dottore da nominarsi dai Magnifici Sigg. Priori della Città nel tempo.

   Si intimi per tutta la Diocesi per mezzo di pubbliche lettere patenti il sindacato di questi Officiali, stabilendo prima il giorno quando ha da cominciare, dopo il ritorno delle dette patenti.

   Detto sindacato duri otto giorni, cioè cinque per dare le querele, e tre per giustificare, e risolvere; e in questi risultati, s’intendano detti Officiali assolti quando altrimenti non vengano condannati.

    Sulla sentenza da farsi da questi Sindacatori non si possa fare appello, né domandare ricorso, e appellandosi, anche per via del ricorso, non lo si ammetta se prima effettivamente non paga quanto sarà condannato, e in tale caso quello a favor del quale sarà data la sentenza debba fare un attuale deposito da restituirsi in caso di soccombenza.

   All’ottavo <cap.> la sacra Congregazione ha rescritto: “Si pratichi la consuetudine che si praticava prima della venuta dell’attuale Vescovo”. Noi informati di detta consuetudine per mezzo di testimoni degni di fede, e per mezzo di libri di questa Città non trovando altro in contrario nei libri del Vescovato, dichiariamo la detta consuetudine essere stata ed essere che il Capitolo dell’appello degli officiali dei ‘danni dati’ e straordinariati della Città e i Vicari del suo Stato hanno proceduto e procedano in simili cause secondo la detta domanda fatta. E per osservanza di setta consuetudine e di detto rescritto dichiariamo, e ordiniamo, che per l’avvenire ai detti Capitoli e Officiali di ‘danni dati’, e straordinariati, e officiali dello Stato non si inibisca, né si dia in nessun modo un impedimento. Né si possa vietare a persone Ecclesiastiche il poter far accuse nei casi simili innanzi ai detti Capitoli e Officiali e sia lecito a loro di poterle fare senz’altra nostra licenza. E questa licenza per il presente si concede indifferentemente a tutti, come dispone il Canone “Se un chierico … laico, fuori dal foro <giudiziario> di competenza”.

   Al nono <cap.> per mezzo di lettere ai Vicari Foranei hanno rescritto: “Non siano tolte le pene consuete” dichiariamo le pene solite essere le pene solite da pagarsi dai laici secondo la forma degli statuti, e secondo le delibere della Città, e delle Terre e dei luoghi della Diocesi.

   All’undicesimo <cap.> riguardo al viaggio che farà il Magistrato della Città con noi per accompagnarci, ordiniamo che si osservi tutto quello che l’Illustrissimo Cardinale Maffeo d’ordine del Signore Nostro ha scritto su ciò per mezzo di una sua <lettera> sotto la data di 9 di Maggio 1581, il contenuto della quale è questo.

= Copia della lettera scritta dall’Illustrissimo Sig. Cardinale Maffei =

.-.   A monsignor Vescovo di Fermo.  –  Molto Reverendo Sig. come fratello.

   Nelle risoluzioni che furono fatte in questa Congregazione sopra le di(vergenze) che erano tra Vostra Signoria e la sua Città e mandate qua un tempo fa, ve n’era una dell’undicesimo Capitolo spettante l’accompagnare il Vescovo come fanno i Priori, e fu detto che si praticasse quello che aveva ordinato il Signore Nostro. Ora l’Ambasciatore della Città ha fatto istanza a Sua Beatitudine per avere in iscritto la mente sua in quella materia, conforme all’osservanza che già era introdotta, contro la quale appariva una lettera della Congregazione del Concilio scritta d’ordine di Sua Santità prima dell’ultima risoluzione fatta in favor dei Priori. Ed essendo parsa al Signore Nostro la dimanda giusta, mi ha dato commissione che io scriva a Vostra Signoria che, nonostante qualsivoglia lettera in contrario, permetta che i Priori quando essi vogliono venire ad accompagnarla, vadano avanti di lei, oppure di dietro, come più a loro piacerà, perché essendo questo un atto volontario e di cortesia, Sua Santità non vuole che si faccia loro violenza alcuna, e così dovrà eseguire Vostra Signoria a cui mi raccomando con tutto il cuore. Da Roma li 9 Maggio 1581.

.-. Questa copia concorda con i suoi originali, e per fede ho messo la mia firma, ed ho apposto il mio sigillo oggi 22 Maggio 1581. Così è Cesare Speziano Segretario. \ Sigillo.

Quanto poi ai Capitoli 3; 5; 6; 10; 12 e 13, e ai rescritti dei detti Illustrissimi e Reverendissimi Sigg. Cardinali, per ciascuno di questi dichiariamo, vogliamo e ordiniamo, che si pratichino con precisione inviolabilmente, sotto le pene contenute in dette risoluzioni, e altre maggiori a nostro arbitrio.-.

Così diciamo, dichiariamo, stabiliamo e ordiniamo: Io Domenico Pinelli Vescovo Fermano. Data a Fermo sotto il giorno 29 Dicembre 1581.  Luogo † del sigillo      Aldovrandino Concetti Segretario

***

Stampato a Fermo presso Sertorio De Montibus. 1589.

<  Traduzione dal latino elaborata da Albino Vesprini, e Carlo Tomassini –    F I N E – Lode a Dio>

STATUTI DEL COMUNE DELLA CITTA’ E DEI CASTELLI DI FERMO

STATUTA FIRMANORUM. (Edizione) Firmi 1589. – Statuti dei Fermani

INVOCATO IL NOME DELLA SANTA ED INDIVIDUALE TRINITA’ IL LIBRO PRIMO INIZIA FELICEMENTE a

   Il libero arbitrio è stato concesso alla creatura del genere umano, formata da Dio Ottimo Massimo con somma provvidenza, e lui stesso, genitore generosissimo, massimo autore, artefice soprastante, ha creato tutte le cose, e ha voluto che tutte le cose create nell’orbe sottostante siano sottomesse al dominio di questa creatura <umana> per cui l’astioso maligno astutissimo, invidiando una felicità tanto grande, ha aggredito i nostri progenitori, con malvagità, deviandoli dal giusto corso della ragione e fuori dalla rettitudine dell’intenzione, e li ha fatti precipitare. Da ciò, come da un seme viziato, è stata procreata la mortalità <umana> che è andata deteriorandosi sempre maggiormente, peggiorando fino ad ogni scelleratezza perniciosa, accrescendo l’empietà, e appunto non ha reso, né lasciato sicuro nessun luogo per l’innocenza e per l’onestà.

   Ma colui che redime le cose decadute, corrobora quelle redente, le redime e le garantisce, ha provveduto con cuore generoso, offrendo leggi santissime, concedendo ministri dotati di somma rettitudine per dover ostacolare l’audacia dei malvagi e per difendere l’innocenza.

   Da ciò si ha che i probi e sapienti uomini Giuliano di ser Francesco della Contrada Castello, Antonio di Egidiuccio della Contrada Pila, il signor Cola del signor Vanne della Contrada San Martino, ser Chierico di Brunico della Contrada Fiorenza, Ansovino del signor Filippo della Contrada San Bartolomeo, il Maestro Filippo figlio del Maestro Domenico della Contrada Campoleggio, per opera del Consiglio Generale della Città, sono stati legalmente e solennemente deputati a fare gli Statuti della Città Fermana e del suo contado, delle fortificazioni e del distretto, come risulta scritto per mano di ser Cicco figlio del Maestro Nicoluccio da Fermo, Notaio e Cancelliere del Comune e del Popolo di questa Città. Costoro, per l’autorità, il vigore e l’arbitrio che, ad opera dello stesso Consiglio, è stato concesso a loro, fecero e ordinarono, decretarono e stabilirono i decreti, gli ordinamenti, gli statuti e i detti capitoli, a lode e a riverenza di Dio onnipotente e della sua Madre la Beata gloriosa Vergine Maria e dei Beati Apostoli Pietro e Paolo e dei gloriosi Apostoli, Santi Giovanni Evangelista e Bartolomeo e del Beato Martire Sabino, quali protettori e difensori del Popolo della Città Fermana, ad onore di tutta la Corte celeste e ad onore e riverenza della Sacrosanta Romana Chiesa e del Papa, santissimo padre in Cristo e signore nostro,  e ad onore di tutto il ceto dei Cardinali; e a trionfo ed esaltazione del Comune e del Popolo della Città Fermana e del suo contado, delle fortificazioni e del distretto; e ad onore e magnificenza dei signori Priori del Popolo e del Vessillifero di giustizia della Città Fermana e del suo contado, delle fortificazioni e del distretto, e per il progresso, l’unione e l’esaltazione perpetua del presente libero, pacifico e popolare Stato di questa Città Fermana e per la finale distruzione e perpetua estirpazione di qualunque attentatore o di chi voglia attentare contro le dette cose, o contro alcuna di queste dette, in qualsivoglia modo.

       Libro 1 Rub.1 – La venerazione della festa di Santa Maria del mese di agosto.

   Riteniamo sia cosa degna e un dovere, che principalmente tutti i Fermani, mostrino, in ogni maniera, una profonda riverenza verso la gloriosissima e beatissima Vergine Maria, massimamente nella festa dell’Assunzione nella metà del mese di agosto: ed anche in questa festa sia venerata Colei, che più degli altri, con la sua pietà, è solita proteggere la Città Fermana e i suoi Cittadini da ogni pericolo. Pertanto, confermando la consueta ed antichissima tradizione, decretiamo ed ordiniamo, che i signori Priori del popolo e il Vessillifero di giustizia, il Podestà e il Capitano, che ci saranno nel tempo, e chiunque di essi, siano obbligati e debbano, sotto il vincolo del loro giuramento, e sotto la penalità, per ciascuno, di 100 libre di denaro, adoperarsi e fare e occuparsi con fatti nel completamento dei servizi, affinché ogni anno nella festa dell’Assunzione di detta beatissima e gloriosissima Vergine Maria, che è a metà del mese di agosto,  per quanto si può, si faccia fare onorevolmente questa festa e che sia celebrata in questa Città al modo come la tradizione esiste da tempo antico; e alle calende <inizio> del mese di agosto se ne faccia l’annuncio pubblico, in continuazione, in questa Città con tutte le trombe e gli strumenti di questo Comune, con avvisi, affinché tutti i Sindaci dei Castelli della Città, e del contado di questa Città, e tutti quelli di Porto San Giorgio con la barca, e i Beccai <macellai>, i Mugnai <molinari>, i Calzolai, i Tabernari <osti>, tutti i singoli cittadini abitanti di questa Città, con tutti i loro ceri e le luminarie, anche tutti i singoli Mulattieri e Vetturali con le loro ‘lampade’ debbono preparare e coadiuvare in modo che nella vigilia di detta festa con le loro lampade, con decoro e in ordine, come è comandato ed è tradizione, si rechino alla chiesa cattedrale della detta Vergine Maria in detta Città, per fare offerte e per onorare questa festa, sotto la pena contenuta negli statuti della Città: e qualora la pena non sia stabilita, sotto la pena da riportare ad arbitrio del Podestà o del Capitano.

       1 Rub.2I ceri, le altre luminarie e le lampade da offrire nella festa della Beata Maria.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che il signor Podestà, il Capitano e qualsivoglia di questi e qualsivoglia altro officiale forense della Città di Fermo, che esercita l’officio, soprattutto in questa Città, durante il periodo di detta festa, sia obbligato e debba, nella vigilia di detta festa della beata Maria del mese di agosto, far fare un cero per ciascuno, a proprie spese, secondo ciò che ad essi piacerà, e con tali ceri andare alla detta chiesa ed offrire i detti ceri al Torchio <torcia> di detta chiesa e con esito lasciarli: e i Priori del popolo e il Gonfaloniere di giustizia e ciascuno di essi e qualsivoglia altro consigliere di detta Città, esattamente, sia obbligato a portare in tale festa un cero, ossia uno per abitazione e per fumante <famiglia>. E se i detti Priori e il Vessillifero e qualsivoglia di questi avranno trasgredito, siano puniti a 20 soldi di denaro nel tempo del loro sindacato, e ciascun consigliere punito a 10 soldi di denaro. E qualsivoglia altro focolare, o fumante che abita nella Città, ad eccezione delle persone miserabili, siano obbligati a mandare, o ad andare con le luminarie di cera nella predetta festa e nella detta chiesa insieme con quelli della propria contrada, per l’onore di questa festa, sotto pena di 5 soldi di denari per ciascun trasgressore tra costoro. Inoltre i fumanti <famiglie> e gli uomini del Porto di San Giorgio, e quelli che abitano in questo Porto, siano obbligati e debbano, di persona, venire a questa festa con le loro luminarie, e con una barca, come di tradizione, e offrire queste loro luminarie e la barca al detto Torchio; in modo tale tuttavia che, per la grandezza di questi ceri e delle luminarie da portare, non siano imposti né una modalità, né una forma; ma restino a volontà e ad arbitrio di qualsivoglia portatore; e i trasgressori, per ciascuna volta siano puniti con 10 soldi di denari, per ciascun trasgressore. Inoltre ciascuna società dei Macellai, dei Mugnai, dei Calzolai, degli Osti e degli Albergatori siano obbligati e debbano fare i preparativi e cioè i Macellai, i Calzolai, i Mugnai, nella vigilia di questa festa, preparino e abbiano preparato per ciascuna di queste società, un cero grande, elaborato ed ornato al modo consueto che sia del prezzo e del valore finora consueto; e questi Osti e Albergatori <abbiano portato> una taverna, oggetto elaborato e ornato al modo solito; e tutte queste società debbono andare alla festa nella vigilia con i detti ceri, con una taverna e con i lumi e offrire questi ceri in questa chiesa, questa taverna e questi lumi e con esito di lasciarli a questo Torchio; e ciò sotto la penalità di 50 libre di denaro per ciascuna società che trasgredisca nelle dette cose. Inoltre tutti i singoli i fumanti <famiglie> dei Castelli e delle Ville di questa Città, siano obbligati e debbano pagare ai Sindaci, ogni anno nel mese di agosto, prima di questa festa della beata Vergine Maria, 12 denari per ciascun focolare di questi Castelli, eccettuando, al contrario, i Castelli con i quali si avessero patti e essi finora non sono soliti pagare per i ceri di questa festa. I detti Sindaci da tutta questa somma di denaro siano obbligati a portare un cero per ciascun Castello di costo tale quale il pagamento di ciascun Castello; e questi Sindaci, una volta riuniti insieme, siano obbligati a portare tutti questi ceri accesi dalla Chiesa di Santa Lucia di Fermo a questa festa e offrirli nel detto Torchio; presso questa Chiesa di Santa Maria in tale vigilia di questa festa e agli officiali deputati presso questo Torchio e riguardo all’Operaria di questa Chiesa, fare ciò nell’ora in cui siano stati richiesti per opera del Sindaco di tale Comune Fermano o dell’officiale del signor Podestà, sotto penalità per ciascun Comune dei Castelli e delle Ville del quadruplo di ciò che è obbligato a soddisfare per questi ceri, da assegnare al detto Torchio e 30 soldi per ciascun Sindaco che non faccia o non porti ciò. Inoltre ciascun coltivatore di campi, cittadino del contado o estraneo o forestiero che fa l’aratura in un terreno fermano, paghi e sia obbligato a pagare ogni anno per un cero, da offrire in tale festa, 4 bolognini e ciascun bovaro 2 bolognini a richiesta dell’esattore. Inoltre gli Slavi che abitano in Città siano anche essi obbligati ad offrire un Cero in tale festa del peso di cera non inferiore a 80 libre; ma nell’anno successivo, la metà della misura (pedale) dell’avanzo, venga restituita a costoro, nei singoli anni. Inoltre tutti i mulattieri e gli asinari, che hanno muli e asini o altre bestie per vettura, e i fornaciari di questa Città debbano e siano obbligati a portare o far portare a questa Chiesa, nella vigilia di tale festa, ed offrire effettivamente e consegnare agli officiali dell’Operaria di questa Chiesa una salma di laterizi o di pietre angolari per ciascuno, sotto penalità di 25 soldi al trasgressore e per qualsivoglia volta. E questo signor Podestà e il Capitano e i loro officiali possano e debbano di fatto e senza alcun processo far pagare e riscuotere subito tutte e singole queste penalità, non appena abbia constatata la disobbedienza di costoro o di qualcuno degli stessi, e farle assegnare per il Torchio e per l’Operaria di questa Chiesa di Santa Maria. Il milite di questo sig. Podestà o del Capitano, oppure entrambi insieme, siano obbligati e debbano andare, con armi e a cavallo, insieme con i damigelli ed gli aiutanti di questo signor Podestà e del Capitano o di entrambi di questi, ed essere accompagnati dai trombettieri di questo Comune per sorvegliare per quanto possibile tutte le singole Società predette degli uomini del Porto, dei Sindaci dei Castelli e delle Ville, dei Macellai, dei Mugnai, dei Mulattieri e dei Vetturini, affinché non insorga alcuna rissa, in questa festa, sotto penalità di 100 libre di denaro da trattenere dal loro proprio salario al tempo del loro sindacato.

       1 Rub.3Gli Officiali da eleggersi per la custodia, per la conservazione delle entrate e per le cose dell’Operaria di questa chiesa di Santa Maria.

   Ad onore e riverenza alla Beata Vergine Maria siano eletti e debbano essere eletti, ogni anno, dai signori Priori del popolo e dal Vessillifero di giustizia della detta Città, circa alla fine del mese di luglio, un solo sacerdote, buon Cittadino e di vita onesta, e due altri cittadini buoni e idonei, e rispettosi della legge e insigni, e un solo Notaio esperto e rispettoso delle leggi, i quali siano chiamati Sindaci e officiali addetti alla custodia del Torchio <luogo delle torce> con tutte le cose e delle entrate dell’Operaria <laboratorio> di detta chiesa. E questi ricevano anche i lasciti, e i legati fatti e le cose da farsi per la costruzione e per l’Operaria della detta chiesa; e facciano le spese e le rivolgano all’Operaria di detta chiesa. Il Podestà e il Capitano ed ognuno di questi stessi o qualsivoglia altro officiale di questa Città, a richiesta di questi Sindaci e officiali o di uno di essi, siano obbligati e debbano costringere, in modo reale e nella persona, tutti coloro che debbono pagare qualcosa, a dare e consegnare a quest’Operaria, restituire e rilasciare, come se fossero debitori del Comune. L’officio di questi Sindaci e officiali e del Notaio duri un anno completo, iniziando dalle calende di agosto, e ultimando come seguita. Inoltre questi Sindaci e gli officiali siano obbligati a conservare le chiavi del Torchio, ossia dei Torchi, e delle Casse dell’Episcopato di Fermo. E ciascuno ne abbia una chiave, e in tali Torchi e casse debbano essere riposti e custoditi i singoli privilegi, gli istrumenti, le giurisdizioni e tutti gli altri diritti riguardanti questo Episcopato e il Comune di Fermo, ovunque fossero trovati, in mano di chiunque, e non possano essere venduti o alienati o in altra maniera essere dati ad alcuno né in alcun modo essere ceduti. E questi Sindaci e officiali siano obbligati a fare l’inventario dei già detti palli, privilegi, diritti attualmente esistenti e di altri che si presentassero nuovi. E si intenda che deve essere fatta la stessa cosa per la Città di argento e per la tavola d’argento. E tutte queste cose debbano essere custodite dai detti Sindaci e dagli officiali secondo il modo indicato sopra. E i detti privilegi, i diritti e le giurisdizioni, i patti e i palli che ci sono ora o che ci saranno in futuro, tra le entrate di detta chiesa, come piacerà ai detti Signori Priori e al Gonfaloniere e a detti officiali, e come agli stessi sembrerà più prudente, sono da depositarsi e ordinatamente conservarsi, soprattutto per i palli che debbono essere offerti in detta festa, ad opera dei Sindaci delle Terre di Monte Santo, di Monte Santa Maria in Giorgio, di Monterubbiano, e di Ripatransone, e di Montecosaro, le quali terre siano obbligate e debbono dare i detti palli al Comune di Fermo, annualmente in detta festa, come li donarono continuamente nei tempi passati, e tali cose siano depositate dai detti officiali nella cassa grande della detta Operaria, destinata a questo, e collocata nella sacrestia della detta chiesa, o in un altro luogo decoroso e sicuro, ove siano riposti. Inoltre i detti Sindaci e gli officiali siano obbligati a ricevere tutte le offerte e le entrate di qualsivoglia cosa che sia dovuta e da doversi dare a questa Operaria, e spendere quelle cose soltanto per tale Operaria e per altre cose necessarie ed evidenti e spendibili per i motivi della detta Operaria e di tale chiesa, e fare e avere un registro, nel quale, tramite il loro Notaio, tutte le entrate e le spese che venissero fatte e occorressero a loro tempo, siano messe per iscritto. E dopo aver ultimato l’anno del loro officio, siano obbligati a rendere e a consegnare, entro otto giorni, ai loro successori detto registro, e le dette cose, i diritti, i privilegi, i patti, i palli di detta chiesa e della Operaria, e tutti i denari che fossero nelle loro mani. E i detti loro successori, ricevuto il loro registro già detto, siano obbligati, entro altri otto giorni, a vedere, a calcolare e ad esaminare diligentemente il loro rendiconto già detto, e se abbiano trovato che sia avanzato qualcosa a quelli e che ancora non sia stato restituito, siano obbligati a riscuoterlo. In realtà il Notaio incaricato dai signori Priori e dal Gonfaloniere a tale ufficio, sia obbligato e debba scrivere il detto inventario per gli officiali o per i Sindaci, e in detto registro mettere per iscritto le entrate e le uscite, e scrivere, secondo il volere e l’ordine dei detti Sindaci e degli officiali o di uno degli stessi, tutte le cose che riguardino gli affari della detta chiesa e dell’Operaria. E chiunque fra i detti Sindaci e gli officiali e il Notaio abbia trasgredito nelle dette cose, o in qualcuna delle già dette, incorra per il fatto stesso nella penalità di 25 libre di denaro. Vogliamo inoltre che si intenda questo Notaio incaricato a tale officio, insieme con questi officiali e con i Sindaci dell’Operaria, che è lui, per l’autorità del presente statuto, il Sindaco del Comune di Fermo che riceve i palli e le altre offerte, che venissero fatte nella vigilia e nella detta festa di Santa Maria del mese di agosto, da quelle persone o dalle Comunità che sono obbligate per i palli e per fare altre offerte al Comune di Fermo e alla Chiesa già detta, ed egli debba rilasciare ricevuta per le cose che riceve. E per conto del Comune di Fermo, non ci sia altro Sindaco, né possa esserci per le dette cose. E questo Notaio abbia e debba avere, per le dette cose, quel salario che gli altri Sindaci del Comune sono stati soliti avere già nei tempi passati in tale caso, quando ricevono per conto del Comune, i palli e le altre cose. E le vendite e i passaggi di proprietà, e le concessioni fatte e da farsi in futuro dai già detti officiali e dagli operai o da ciascuno degli stessi, abbiano validità e rimangano stabili per l’autorità di questo statuto, né possano in alcun modo essere ritrattati; ma siano obbligati di presentare il rendiconto ai loro successori su tali passaggi di proprietà, soltanto circa il prezzo fatto e il denaro riscosso.

       1. Rub.4Le spese da farsi per i Sindaci delle comunità e per alcuni altri forestieri che vengono a detta festa.

   Per l’onore del nostro Comune decretiamo ed ordiniamo che i signori Priori del popolo e il Gonfaloniere di giustizia di detta Città, e i Regolatori del già detto Comune, secondo come da essi sarà stato deliberato, facciano e facciano fare le spese dall’erario e dal patrimonio di questo Comune per i Sindaci e per gli Ambasciatori delle terre di Monte Santo, Monte Cosaro, Monte Rubbiano, Monte Santa Maria in Giorgio e Ripatransone che vengono alla detta festa della Beata Maria con i palli e con i loro associati. E questi signori Priori e il Gonfaloniere di giustizia insieme con i già detti Regolatori siano obbligati e debbano provvedere e decidere circa le guardie armate per la vigilanza di questa festa e ingiungere ai Castelli del contado queste guardie armate: e i Castelli siano obbligati, secondo il volere e l’ordine dei detti Signori Priori e del Gonfaloniere a mandare queste guardie ben fornite ed armate per la vigilanza di detta festa e per la conservazione del presente dello Stato popolare, secondo come dai detti signori Priori e Gonfaloniere sarà ritenuto opportuno dover porre in assetto, in numero di quantità e nella modalità. E tali guardie siano obbligate e debbano stare in detta Città e andare insieme con gli officiali del signor Podestà o del Capitano attraverso questa Città per la detta custodia, secondo l’ordine di tali officiali. E a queste guardie si possano e si debbano dare le spese dall’erario del Comune, se a questi Signori Priori e ai Regolatori sembrerà cosa conveniente.

       1 Rub. 5La venerazione alla Santa Spina.

   Decretiamo ed ordiniamo che durante i festeggiamenti della Santa Croce del mese di maggio e del mese di settembre, e nel giorno del ‘Venerdì santo’, i signori Priori, il Gonfaloniere di giustizia, insieme con gli officiali della Città di Fermo, siano obbligati a pubblicamente venerare la santa Spina ed andare alla chiesa di Sant’Agostino in uno qualunque dei detti giorni, nei quali questa santissima Spina venga esposta pubblicamente, per tutto il giorno, dal mattino fino ai vespri, e i detti signori Priori debbano offrire due ceri del valore di un fiorino d’oro dall’erario e dal patrimonio del Comune di Fermo, per ciascuna volta.

       1 Rub. 6La festa del beato Bartolomeo apostolo da onorarsi singolarmente.

   Dato il fatto che il popolo della Città Fermana, nel giorno del beato Bartolomeo apostolo, fu liberato dal furore della Tirannia e affinché non siano lasciate in oblio le grazie che si accolgono donate da Dio, per l’intercessione dei meriti dei santi suoi, decretiamo ed ordiniamo che nei singoli anni, in perpetuo, per conservare la memoria molto lieta, nel giorno della festa, e nella vigilia di San Bartolomeo apostolo del mese di agosto, sia fatta e si debba fare qualche festa singolare, ad onore e riverenza del detto beato Bartolomeo, secondo la delibera e la volontà dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia, che lo saranno nel tempo, insieme con i Regolatori di questa Città. E i detti Signori Priori e Gonfaloniere per praticare la festa e la solennità da farsi in detta festa possano spendere dall’erario e dal patrimonio del detto Comune fino a 25 libre di denari senza alcun’altra delibera della Cernita o del Consiglio speciale o generale.

1 Rub.7I Sindaci e i procuratori da eleggersi in qualsivoglia chiesa della Città.

   Vogliamo e decretiamo che in ogni chiesa della Città di Fermo, siano eletti da tutti i parrocchiani, o dalla maggior parte di questi stessi, due Sindaci e i procuratori, uomini fedeli e idonei, i quali, entro dieci giorni dopo la loro nomina, facciano l’inventario dei beni stabili di tale chiesa in cui saranno stati eletti, e dei registri (libri), delle campane, dei paramenti e degli altri ornamenti e delle cose della detta chiesa, e di tutte le altre cose e dei beni e diritti di detta chiesa, affinché, nell’avvenire, non venga fatto un’alienazione di proprietà, neppure cosa alcuna illecita, né la dannosa negligenza più oltre danneggi queste stesse cose. E costoro siano obbligati anche a recuperare i beni ecclesiastici, a richiedere i lasciti e il pagamento di altri debiti, e altre cose da coloro che ingiustamente le possiedono, e ad accompagnare gli altri diritti ecclesiastici, facendo salvo tuttavia il diritto del Vescovo. E nel richiedere e riscuotere i detti lasciti, i singoli Notai di questa Città siano obbligati a notificare e far vedere ai detti Sindaci e ai Procuratori i singoli testamenti, i lasciti e i legati spettanti e pertinenti alle dette chiese. E se i proventi delle dette chiese non fossero sufficienti per i cappellani delle stesse chiese, i detti Sindaci e i Procuratori, mostrino, rendano e consegnino a questi stessi le cose recuperate per il sostentamento degli stessi, con la volontà della maggior parte dei Parrocchiani, e dopo aver calcolato il conto delle rendite delle dette chiese, volgano quanto avanza per l’utilità e per il comodo delle dette chiese. E questi Procuratori siano obbligati, entro i quindici giorni successivi, dopo ultimato il loro officio, a dare agli altri Procuratori che subentrano, un completo rendiconto dell’amministrazione delle dette chiese, sotto la pena di 50 libre di denari da prelevare a ciascun trasgressore ad opera del Podestà o del Capitano; né per questo sia conseguito alcun compenso; e decretiamo che questo sia eseguito nel distretto di Fermo. E se fosse riscontrato che qualche chiesa o monastero non abbia i Parrocchiani, sia fatta una disposizione per questi stessi, secondo il volere dei signori Priori e del Gonfaloniere di giustizia. Questi procuratori e i Sindaci qualora siano stati trovati colpevoli in qualcuna delle dette cose, sul fatto e senza processo, siano puniti ad arbitrio del Rettore, sino alla somma di 25 libre di denari, come pena, e restituiscano le altre cose. E fra i detti il Podestà e il Capitano e ciascuno degli stessi, abbia rispettivamente tutto il potere di investigare e di punire e di fare la procedura per mezzo di una indagine. Ed ogni parrocchiano, sia considerato e sia legittimo accusatore e denunciatore, a vantaggio della sua Chiesa.

       1 Rub.8I Palli da offrirsi alle seguenti chiese istituite nella Città di Fermo.

   Decretiamo ed ordiniamo che nei singoli anni venga dato un palio del valore di 100 soldi dall’erario del Comune di Fermo alle singole chiese istituite nella Città di Fermo, nelle quali stabilmente vengono celebrati i divini offici, nel giorno di festa di dette chiese: e sia dato anche nella festa di Santa Ada <?Anna> nella chiesa di San Savino. E ciò quando i signori Priori, e il Gonfaloniere di giustizia insieme con i Regolatori ritenessero opportuno che questi palli si debbano dare alle dette chiese, oppure a certune di queste o a qualcuna di esse.

       1 Rub. 9 Lo statuto della chiesa di San Salvatore.

   Il Podestà della Città di Fermo sia obbligato espressamente a recuperare, con tutti i modi adatti a tale scopo, la chiesa di Sant’Emidio posta al di là del fiume Tenna, che direttamente appartiene alla Chiesa di San Salvatore di Fermo, e a dare al Priore di detta chiesa l’aiuto, il consiglio e il sostegno per recuperare la stessa Chiesa, e i diritti sui beni della stessa, le pertinenze che servono a detta chiesa di San Salvatore. E il Podestà sia obbligato a fare la stessa cosa per le altre chiese di questa Città, allo scopo di recuperare i loro diritti.

       1 Rub.10I carcerati da offrire.

  Affinché i carcerati non siano tormentati nelle carceri, vogliamo che i signori Priori del popolo e il Gonfaloniere di giustizia della Città di Fermo, nella festa di Santa Maria del mese di agosto, mentre i divini offici vengono celebrati, quando questi stessi Signori andranno alla chiesa di Santa Maria, possano offrire due o tre tra i reclusi e i carcerati per i delitti e per le condanne ad essi inflitti, se costoro sono rimasti e stettero nelle carceri del Comune almeno per un mese; ma non a motivo di qualche debito civile verso una persona privata, e sempre che questi reclusi da offrire abbiano ottenuto dalla parte offesa la pace e il perdono dell’offesa fatta, in l’occasione di quell’offesa per la quale offesa erano stati condannati. E i detti signori Priori e il Gonfaloniere possano fare questa medesima cosa nella festa della Natività del Signore nostro Gesù Cristo e nella festa della Pasqua di Resurrezione. Negli altri tempi, poi, e nelle feste dello stesso Signore, in nessun modo facciano tali offerte né rilascino i detenuti senza un’esplicita licenza del Consiglio generale. E qualora in queste festività, nelle quali i detti carcerati e detenuti, possono essere offerti, ad opera dei detti Signori, vi fossero molti carcerati che fossero rimasti nelle dette carceri almeno durante detto tempo di un mese, e avessero ricevuto il perdono dalla parte offesa, come è stato detto sopra, allora siano rilasciati e offerti due o tre fra essi, secondo quanto ai detti Signori Priori e Gonfaloniere sarà sembrato opportuno, e secondo quanto questi stessi signori delibereranno o stabiliranno. E qualora tra di essi non vi sia accordo nello scegliere detti detenuti, allora che facciano la proposta e facciano fare la proposta nella Cernita che è stabilita in seguito, nel libro secondo di questo volume sotto la rubrica “Del modo di convocare i consigli”; e quello che sarà stato deliberato in detta Cernita, ciò si faccia, e offrano coloro che la detta Cernita delibererà; e qualora tale offerta venga fatta in un modo che sia diverso, l’offerta dei detti carcerati e dei detenuti non abbia validità per il diritto stesso. E i signori Priori e il Gonfaloniere che abbiano trasgredito sulle dette cose, senza praticare la detta formalità, incorrano nella pena di 100 fiorini d’oro per ciascuno e per qualsivoglia volta; e siano in obbligo per i danni e per gli interessi del Comune. E se la detta offerta dei detti carcerati sarà stata fatta con l’osservanza di dette formalità, allora le condanne, per le quali restavano in detto carcere, siano cancellate, e, inoltre, per questo motivo, i detti detenuti, così offerti, non possano essere vessati o infastiditi dal Comune né da persone speciali, ulteriormente, in nessun modo. Inoltre vogliamo che se qualcuno sia stato offerto, come è detto sopra, e successivamente avrà commesso un reato, e sarà stato condannato a causa di un delitto, non possa, per l’avvenire, essere offerto più in alcun tempo, ma sia obbligato sempre in carcere, se sarà stato possibile tenerlo, fino a quando non avrà scontato interamente la condanna, o la pena dovuta che abbia ricevuto secondo la condanna fatta per lui. E poiché in questi casi il più delle volte i poveri vengono oppressi, per effetto della presente legge sia cosa prudente che chiunque, in avvenire, allo stesso modo, facesse un’elargizione a una chiesa secondo la forma degli statuti, non paghi niente, né per il carcere, né per il bollettino del Cancelliere, né per alcuna cosa, in alcun modo ad un qualunque officiale o al Cancelliere, e nemmeno alla Comunità di Fermo. E gli emolumenti saranno di qualunque cancelleria. E ciò debba essere praticato in perpetuo da tutti. Rendiamo noto che tutte le singole le dette cose siano intese ed abbiano validità per i condannati per la persona.

                                    FINE del libro primo

<Libro 2°>

INVOCATO IL NOME DELLA SANTA ED INDIVIDUALE TRINITA’ INIZIA IL LIBRO SECONDO FELICEMENTE

          2 Rub.1La corsa del Palio.

   Decretiamo ed ordiniamo che alla corsa del Vellutato, o dello Scarlatto o del Palio di altro colore, che si farà nel giorno della Beata Maria Vergine del mese di agosto, nessuno osi né presuma procurare qualche contrarietà, né impedimento ai concorrenti a detto Palio, oppure dare ad alcuno degli stessi aiuto, consiglio o appoggio nella detta corsa, sia per i cavalli che corrono per detto Palio, sia per i cavallerizzi, o per un altro di questi stessi, nella corsa lungo il detto percorso fino al ricevimento di detto Palio: e chi fa il contrario venga punito a 25 libre di denari, e più e meno a discrezione del signor Podestà o del Capitano. E il Vellutato, lo Scarlatto o il Palio che verrà messo <per l’arrivo> nel percorso dei cavalli, anzitutto sia giudicato dai Priori del popolo e dal Gonfaloniere di giustizia, e quello che essi avranno giudicato giusto, sia posto, e non un altro, né possa successivamente cambiarsi; e quello che sarà legato, il vincitore lo abbia < a ottenere> come vincitore e non un altro. E anzitutto sia vinto il Palio stesso dal primo concorrente, e che vi arriva primo: e per secondo sia vinto dal cavallo che arriva secondo; terzo ed ultimo ad opera del terzo concorrente, che arriva(no) per la via del mare fino a Palazzo del Comune, come è consuetudine al mattino prima di pranzo e successivamente sia fatto il gioco dell’anello, (il gioco) del toro, come da consuetudine; e a questo gioco dell’anello possono correre, nella festa predetta, soltanto i concorrenti con l’asta con i sonagli.

       2 Rub.2Gli imbussolati <nomi>: il modo e il sistema di aprire le urne, e di estrarli; la conservazione delle urne e il ricambiare uno con un l’altro. <”spiciulatus, speciulati” = registrato-i>

   Decretiamo ed ordiniamo che la cassa in cui stanno le borse dei signori <nomi> Priori del popolo e del Vessillifero di giustizia e l’altra <cassetta> in cui stanno gli altri officiali rimangano nella sacrestia di Santa Maria dell’Episcopato <cattedrale> in altra grande cassa, come vi sono state riposte. E le chiavi della cassa dei signori Priori stiano così: una presso il Gonfaloniere di giustizia, un’altra presso il signor Capitano del popolo e un’altra presso il Priore di San Domenico. Per la cassa degli altri officiali, una chiave stia presso il detto Gonfaloniere e l’altra presso il detto Capitano, oppure, qualora sia vacante l’officio del Capitano, presso il Podestà. Per la grande cassa che sta nella detta sacrestia, una chiave stia presso questo Capitano del popolo oppure presso il Podestà, un’altra chiave presso il Guardiano di San Francesco, e un’altra presso il Priore di Sant’Agostino. Quando si dovrà fare l’estrazione dei signori Priori e degli altri officiali si rispetti questo ordine, cioè dopo che costoro già detti che tengono queste chiavi si sono incontrati, e dopo che, nel giorno precedente, si è fatto il bando per il Consiglio generale, e speciale della Città di Fermo, la detta cassa dove stanno le borse sia portata solennemente nel Consiglio, ad opera degli officiali del signor Capitano o del Podestà o dai collaboratori dei signori Priori, al suono di tromba. E quando l’estrazione sarà stata espletata <le borse> siano ricollocate in una modalità simile <all’avvio>. L’estrazione sia fatta in questo modo, cioè dopo che coloro che tengono chiavi avranno aperto la cassa, il mucchio delle borse di quelli che dovranno essere estratti viene preso dal Cancelliere e dopo aperta la borsa dei Signori o degli altri officiali della contrada che capita nel consueto ordine delle contrade, la si tiene in alto aperta. Allora il signor Capitano del popolo, o il Podestà estragga a sorte da tale borsa, di propria mano, una pallottola e visibilmente la ponga nella mano del Cancelliere il quale la tiene in alto mentre la apre e rende pubblici i nomi che sono scritti dentro. Coloro che si trovano scritti nella cartuccia che sta dentro la pallottola siano i Priori, così gli altri officiali per il tempo determinato, a cominciare felicemente dall’inizio del mese di luglio prossimo venturo dell’anno 1380 e proseguendo si procede. Poi la borsa si richiuda in modo visibile e la si riponga, e la cassa dopo chiusa venga riposta, come detto. Coloro che sono stati estratti da tali borse abbiano il potere, l’autorità, la giurisdizione e la piena facoltà, come loro attribuiti o da attribuirsi secondo la forma degli statuti e dei regolamenti di questa Città. E coloro che saranno stati gli estratti da queste borse siano obbligati e debbano accettare gli uffici per i quali siano stati estratti ed esercitarli, a meno che non abbiano avuto un giustificato motivo o un impedimento, cosa che sia affidata al discernimento e al giudizio dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia, del Capitano del popolo o del Podestà. E questa cassa non possa essere aperta pubblicamente, se non nella detta forma, soltanto nel Consiglio generale e speciale, senza alcun inganno, né alcuna estrazione possa avvenire in altro luogo, sotto una pena personale e di moneta per il signor Podestà, per il Capitano del popolo e per ciascuno dei signori Priori e Gonfaloniere di giustizia, da assegnare al Comune di Fermo e su ciò dovrà farsi poi un sindacato in modo speciale, nel tempo del loro sindacato. Anche il Cancelliere di questo Comune sia soggetto alla stessa pena, qualora non l’abbia impedito, per il fatto stesso, e qualora abbia permesso che l’apertura della cassa avvenisse in altro modo e soprattutto qualora ad opera dello stesso Cancelliere nel contare negli stessi Consigli non abbia procurato che siano stati presenti più di quaranta cittadini, oltre i signori <Priori>. Qualora peraltro capitasse che qualcuno che è uscito estratto tra i Signori Priori del popolo e Vessillifero di giustizia, iscritti nella cartuccia, sia morto o assente, o infermo o impedito in altro modo legittimo, cosa che affidiamo al discernimento e all’indizio <giudizio> del Capitano del popolo o del Podestà quando non ci sia il Capitano del tempo, in tal caso si ricorra ad un’altra borsa di <nomi> aggiunti o di registrati di quella stessa contrada e si estragga un altro a sorte nella forma già detta per il posto del tale che mancava. Qualora questo assente sia morto, allora il suo nome venga cancellato. Qualora egli sia assente oppure in altra maniera impedito, allora il suo nome decada dalla cartuccia estratta e sia iscritto tra i registrati della sua contrada. Qualora non ci sia alcuna borsa dli registrati, allora si provveda ad opera dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia e del Capitano del popolo o del Podestà, insieme con il Consiglio speciale per altri registrati di tale contrada e in modo che provvedano per quelli da mettere nella borsa come sembrerà meglio a loro. Nel caso che mancassero alcuni altri nomi nella borsa, oltre ai Priori e al Gonfaloniere di giustizia, quando non ci siano alcuni ordinati registrati al loro posto, si provveda per un altro della stessa contrada al posto di colui che non c’è, e ciò ad opera dei signori Priori insieme con lo stesso Consiglio, come vorranno provvedere al meglio. Qualora capitasse che qualcuno estratto per un officio sia assente o comunque impedito, e si sperasse tuttavia che dopo otto giorni il tale estratto possa accedere ad esercitare il detto officio, venga aspettato per questo tempo; qualora poi entro questo tempo non accedesse all’ufficio, si provveda per un altro, il giorno seguente, come sopra e si estragga un altro registrato a suo posto e il nome di costui sia posto tra i registrati secondo l’ordine già detto. Qualora poi al momento dell’estrazione, risultasse che costui stesso sia talmente assente o impedito che non possa accedere al detto esercizio entro otto giorni, in tal caso non si debba attendere, ma nello stesso giorno dell’estrazione si faccia l’estrazione di uno registrato o si provveda per un altro, come detto sopra. Qualora mancassero le pallottole nella borsa <di nomi> dei Signori <Priori>, allora saranno estratti i detti registrati in questo ordine, cioè estraendo quello che giungesse Gonfaloniere della Contrada, dalla borsa dei registrati del Gonfaloniere di tale contrada e da qualsiasi altra borsa di registrati di qualsiasi contrada venga estratto un Priore. E si proceda in questa forma per questi registrati da dover estrarre, fino a quando dureranno, purché i signori Priori e Gonfaloniere che saranno trovati nell’ultima pallottola, siano obbligati e debbano avere i Consigli <civici> opportuni e provvedere, e far provvedere per un’altra delibera della Città, da fare per il tempo successivo, come sembrerà più conveniente che si dovrà provvedere nel modo più vantaggioso negli stessi consigli, purché tuttavia tutti i singoli registrati e messi nella borsa siano estratti come è stato detto e ad essi non si possa arrecare alcuna offesa, in alcun modo. Qualora invece (non ci sia) capitasse che qualcuno tra i signori Priori del popolo e il Vessillifero di giustizia dopo che abbia intrapreso l’ufficio, entro otto giorni morisse o si ammalasse o sia in altro modo impedito talmente che non potesse esercitare l’officio, allora gli altri soci siano considerati che hanno ed esercitano la piena autorità e i poteri senza di lui e si faccia come se l’officio non sia di altro numero se non quello rimasto. E ciò qualora uno soltanto morisse o sia in un altro modo impedito. Invece qualora siano molti <impediti>, allora si proceda da uno <si vada> oltre per altri, facendo l’estrazione dei registrati e degli aggiunti a posto dei tali <impediti>, come sta ordinato sopra nella prima estrazione. Riguardo ad altri offici per i quali non sono state fatte le borse, gli officiali siano incaricati secondo la forma degli statuti e nell’ordine consueto, senza tuttavia derogare in alcunché per nessuno tra i presenti capitoli, e queste cose piuttosto debbano derogare da tutti, nel perdurare del presente statuto. Sono considerati e siano legittimi coloro che stanno nelle dette borse, abilitati per gli stessi offici per i quali sono stati messi nella borsa, purché siano oriundi dalla Città o dal contado di Fermo. In caso diverso la loro elezione non sia valida, nonostante nessuna eccezione o impedimento che venisse opposto e nonostante alcun statuto fatto o da farsi che contraddicesse in qualche cosa contro il modo di mettere nella borsa e in contrasto al detto ordine, e per <la validità> si faccia deroga a tali cose ed esse non siano ostacoli mentre perdura <valido> il presente statuto. E sia rispettata la forma data, cioè come capita da una contrada sia il Vessillifero di giustizia e da questa contrada non ci sia alcun Priore ed i Priori siano delle altre cinque contrade e in tal modo con il Vessillifero fanno sei. E questo Vessillifero, tra costoro, debba avere soltanto una sola voce <nel decidere> e una sola pallottola e non di più per conservare l’unione e la qualità. Aggiungiamo che non ci sia nessuno che possa farsi sostituire al governo a posto di un altro, se non con la rinuncia di colui che ceda il posto per un altro, con rinuncia fatta prima per ogni cosa del governo nelle mani del Comune, nonostante qualsiasi cosa.

       2 Rub.3Il potere dei signori Priori e il loro officio.

   L’officio dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia sia ed è questo: i signori Priori e il Gonfaloniere per la durata dei due mesi del loro officio siano, stiano, abitino e restino continuamente in un solo palazzo deputato per loro abitazione e nessuno per tutto il tempo della durata del loro officio si allontani in alcun modo da questo palazzo, né alcuno, per nessuna ragione né causa, vada fuori da questo palazzo se non per motivo di infermità o per fare i Consigli generali e speciali, oppure per il motivo di andare a far visita a qualche grande superiore temporale amministrativo> o spirituale che venga nella Città di Fermo e per il motivo di associarsi al vessillo del Gonfaloniere di giustizia del popolo, quando viene portato e dato allo stesso Gonfaloniere secondo la forma dello statuto riguardante il suo officio, inoltre a motivo di andare in chiesa per una pratica del culto divino e di andare a ispezionare per dover far riparare o rifare le mura del Comune, e anche se ci sia altra causa di necessità e che sia evidente per l’utilità del Comune; e allora costoro possano validamente uscire, inoltre <escono> qualora è data a loro o a uno di loro la licenza per effetto di una delibera. Inoltre se sia capitato che uno di loro durante l’officio sia morto, due di loro possano andare a dare onoranza al loro socio. Essi siano vigilanti giorno e notte e si adoperino e realizzino le cose più utili e più vantaggiose e di necessità del popolo del Comune di Fermo. Insieme con loro dimori di continuo il loro Notaio al fine di esercitare il suo officio secondo la forma degli statuti riguardanti l’officio del Notaio dei signori Priori del popolo. E il detto Gonfaloniere abbia tanta voce <d’autorità> nel compiere le singole cose, quanta ne ha ciascuno dei signori Priori del popolo. Per i vestiti i Priori e il Gonfaloniere indossino e debbano indossare palli lunghi o abiti lunghi fino ai calcagni, di panno tessuto con molta finezza, almeno di un colore rosso, o rosaceo, o paonazzo, o nero, o di seta oppure broccato, e <vestiti> non tanto corti, né di altro colore né di altro panno, quand’anche siano costretti e dovessero per voto indossare altri panni o colori. Per la loro custodia e per il servizio abbiano un cuoco e un norcino e sei damigelli vestiti con l’abito della divisa appropriata del Comune di Fermo. E una volta all’anno tutti loro singoli, a spese del Comune, debbano essere vestiti con uno stesso abito tra i detti vestiti, cioè nella festa dell’Assunzione della beata Vergine Maria del mese di agosto, <abiti> con sette braccia di panno per ciascuno, di estimo di un fiorino per ogni braccio. E coloro che non portano questi vestiti appropriati incorrano nella penalità di 10 bolognini per ciascuno di essi e per ciascuna giornata, con il salario di un fiorino per ciascuno e per ciascun mese ed anche con un salario minore, se c’è un’adunata tra i signori Priori, il Gonfaloniere e i collaboratori o i damigelli. In questo caso si conserva la detta convenzione di salario, e tale convenzione del salario, anche il costo dei vestiti, sia da pagare dall’erario e dai beni del Comune di Fermo per mezzo del Banchiere di questo Comune. E vogliamo che ciò si abbia ad iniziare dalle calende <giorno 1>del mese di giugno del 1383 e finendo come segue. E abbiano il cibo nel detto palazzo a spese degli stessi Priori. E per le spese degli stessi signori Priori e del Gonfaloniere, del Notaio di questi Priori, dei sei damigelli, e del Cuoco, abbiano da ogni ricchezza e dall’erario di questo Comune, 102 ducati d’oro per le spese nei due mesi del loro officio. Tuttavia questi damigelli per l’onore del palazzo in nessun modo possano essere Slavi né Albanesi. E il signor Podestà e il signor Capitano e i loro officiali e ogni altro officiale del Comune di Fermo insieme con questi signori Priori e con il Gonfaloniere, a richiesta loro, siano e debbano essere partecipi e insieme trattare, prendere provvedimenti e deliberare tutte le singole cose che considereranno utili e necessarie o opportune per il Comune sugli affari del Comune e delle singole persone dello stesso e mandare ad effetto le stesse delibere con tutti i modi. E nessuno che venisse eletto Priore o Gonfaloniere durante il tempo del suo officio di priorato assolutamente, non possa e non debba esercitare la sua professione, ma essere continuamente impegnato in questo officio per esercitare tale officio e per fare le cose utili e necessarie e opportune per questo Comune, come detto in precedenza, e adoperare sempre cura, sollecitudine, provvedimenti e attenzioni nell’essere, stare, dimorare, comprendere, pensare e provvedere e nel controllare i fatti di questo Comune e a vantaggio e per ogni cosa migliore e più utile per il popolo e per il Comune, dagli affari di questo Comune e sopra di essi, e per il Comune di Fermo. E né questi Priori, né il Gonfaloniere o neppure alcuno di essi, in occasione di tale loro officio, ricevano alcunché a modo di salario, di regalo, di premio, né direttamente, né in modo indiretto, né dal Comune, né da alcuna speciale persona, sotto le penalità contenute nel precedente capitolo, ma ricevano soltanto il salario dal Comune per le spese già dette. E tengano questa norma speciale: ciascuno di questi signori Priori divenga Priore dei Priori per dieci giorni e non di più. E durante questi dieci giorni i Priori e il Gonfaloniere siano tenuti ad obbedire e a sottostare a colui che sia stato Priore dei Priori in quelle cose che il detto Priore dei Priori avrà voluto imporre. E il Priore dei Priori debba proporre, e deliberare la proposta tra di loro, le cose che a lui sembreranno convenienti per i convocati, o almeno degli altri cinque, computato lo stesso Priore dei Priori fra i radunati. E senza la licenza di questo Priore dei Priori, nessuno tra questi Priori possa proporre né deliberare o rispondere per qualche cosa. Inoltre se sarà avvenuto che qualche Comunità, università, o superiore amministrativo (temporale) o spirituale scriva o mandi un ambasciatore ai signori Priori o al Comune di Fermo o in altro modo, a questo Comune o ai Priori sia data una elezione o qualsivoglia altra disposizione di mandare o di provvedere per costoro che così mandano o danno commissione per <eleggere> qualche officiale, con qualunque nome <di officiale> sia censito, né i detti Priori né il Gonfaloniere, né il loro Notaio, che ci siano nel tempo, né alcuno di loro durante il loro officio o per due mesi ad esso successivi, possano accettare un officio, di cui sopra si è scritto, né da se stessi, né per mezzo di un altro e non può farlo neanche alcun loro consanguineo, né un congiunto o un affine fino al terzo grado <di generazione> inclusivamente, da calcolare secondo il diritto Canonico, durante detto officio, <costoro> da sé o tramite altri; né durante i due mesi successivi, sotto la penalità di 1000 libre di denaro per ciascun trasgressore, per qualsivoglia volta, da imporre sul fatto e sia privato degli uffici e dei benefici della Città di Fermo in perpetuo per il fatto stesso che ha trasgredito. E questi signori Priori e il Gonfaloniere di giustizia siano obbligati, almeno una volta ogni mese, nel Consiglio generale fare proposte e farle proporre sul conservare il presente stato popolare pacifico <di Fermo>, inoltre debbono fare una proposta generale sulle dette cose e in avversione contro la malvagità della tirannia, sotto pena del giuramento prestato e di 100 fiorini di oro, per ciascuno da riscuotere di fatto dagli stessi nel tempo del loro sindacato. E in questo Consiglio, tutte le cose che sembreranno opportune ai signori Priori e ai loro Consiglieri possano essere deliberate, ottenute e decise, nonostante l’omissione di qualche solennità che sia richiesta dalla forma di qualche statuto, solamente al fine di conservare, e salvaguardare lo stato libero, pacifico e popolare di questa Città. E su ciò dovranno essere sindacati, in modo speciale. Questi Priori pratichino e debbano praticare la cura e la sollecitudine riguardo agli offici che vanno amministrati dai Rettori e dagli officiali del Comune di Fermo, per non far commettere una frode né una negligenza; e anche aver riguardo per i denari e per gli averi del Comune affinché non siano dilapidati né spesi in malo modo, né oltrepassando il modo dovuto o quanto esige l’ordine. E devono intervenire per tutte le altre cose del Comune che a loro sembreranno necessarie e utili. E qualora abbiano visto che in qualcosa si proceda male e il modo dovuto o l’ordine non si siano praticati, li facciano correggere e riportare, con tutti i modi, a ciò che è congruo e utile per il Comune e si torni alla giustizia e fare sì che sia praticata. E qualora in un Concilio generale o in quello speciale si siano dati ordini e fatte delibere che in qualche modo riguardassero un Rettore o un officiale o chiunque altro, costui al cui riguardo si sia trattato o riguardo al quale in qualche modo la cosa si riferisca, egli non possa essere presente né sia valido che egli sta in questo Consiglio, né alcun altro della sua famiglia possa stare o essere presente in questo Consiglio, né i fratelli carnali, né i consobrini, né i nipoti carnali, e consobrini, né i cognati carnali, né i generi, né i suoceri di colui per il cui vantaggio o svantaggio si tratta nel detto Consiglio. E qualora agissero in un modo diverso, per il diritto stesso quello che sia stato fatto non abbia validità. E qualora siano stati presenti < a ciò> i signori Priori e il Gonfaloniere essi facciano rendere assenti costoro. E questi Priori e il Gonfaloniere possano provvedere e deliberare tutte le singole cose che essi considereranno che saranno necessarie e utili da dover trattare, provvedere e deliberare per le necessità e per l’utilità del Comune, dopo aver convocato per ogni contrada le persone sagge che siano state o sembrassero loro essere le migliori a vantaggio del Comune e in presenza di ambedue i Rettori o con uno di essi o anche senza alcuno di questi, secondo come i Priori e al Gonfaloniere considereranno sia  meglio. E questi Rettori siano obbligati pienamente a far eseguire tutte le singole cose deliberate dai Consigli e dalla Cernita, a loro istanza. E questi signori Priori e il Gonfaloniere possano e abbiano la giurisdizione e l’autorità per far riunire questi Consigli a loro volontà nel loro palazzo, quando e tutte le volte e in ogni modo che essi abbiano voluto, o anche in altri palazzi, se così considerassero  opportuno <avvenga> con la presenza di questi Rettori, o di qualcuno di questi stessi, o anche in assenza di questi, e in tali Consigli proporre, deliberare e fare riforme sulle cose che servono allo stato buono, pacifico e popolare della Città di Fermo. E questi Rettori siano obbligati a mandare in esecuzione le decisioni provvedute e deliberate in tali Consigli o in qualcuno degli altri, quando un Rettore della Città sia presente, o sia assente, ci sia validità e resti stabilito, come se sia stato fatto con la loro presenza o con il loro consenso. E nessuna lettera da doversi mandare da parte del Comune, possa essere sigillata se non c’è il consenso partecipato di tutti i Priori o della maggior parte di questi, purché cinque di essi almeno siano in concordia, dopo che tra di loro la decisione sia stata mandata <a votazione> e sia stata conseguita, facendo votazioni con le fave nere e bianche. E nel momento quando la lettera viene sigillata, essi tutti riuniti insieme debbano stare presenti all’atto di sigillare, per il caso che ci sia qualche dissenso su ciò. E sul fatto che qualcuno abbia trasgredito su queste cose o su qualcuna di esse, costui sia punito sul fatto a 100 fiorini d’oro, anche a pena maggiore e più dura, nella realtà e nella persona, ad arbitrio del Rettore secondo quanto abbia comportato la qualità del reato. E durante il loro officio nessun Priore né il Gonfaloniere, che ci sarà nel tempo, possa andare in qualche ambasciata per il Comune di Fermo fuori dalla Città e dal contado, sotto la pena di libre 1000 per ciascuno e per ciascuna volta, penalità da prelevare sul fatto ad opera dei Rettori o del loro sindacatore. Questi Priori e il Gonfaloniere possano imporre nei predetti Consigli le penalità e i bandi e il Podestà o il Capitano o uno di questi stessi debba riscuotere e mettere in esecuzione questi bandi; i Banditori e i Divulgatori e i Balivi del Comune debbano stare agli ordini dei Priori e del Gonfaloniere e obbedire loro in tutte le singole cose opportune per questo Comune e fare i bandi del Consiglio e dei Consigli; e affinché possano eseguire al meglio il loro incarico abbiano due Balivi dei quali ciascuno riceva dal Comune tre libre ogni mese e alla festa dell’Assunzione della gloriosissima Vergine Maria del mese di agosto ricevere, ogni anno, una tunica, dagli averi e dalle spese del Comune di Fermo. E questi signori Priori e il Gonfaloniere siano obbligati, in tutti i giorni di venerdì del loro officio e debbano dare udienza pubblica e generale a qualsiasi persona che voglia dire qualcosa. E qualora capitasse che una richiesta sia stata fatta da qualcuno, per cose di competenza dei Priori e del Gonfaloniere di giustizia, costui, se non avrà dato per iscritto la petizione, non sia ascoltato da loro in altro modo e il Priore dei Priori faccia leggere tale petizione tra questi Priori e Gonfaloniere mentre il richiedente sta assente, e su questa richiesta essi insieme fanno delibera se quello che viene chiesto sia cosa giusta, o non sia giusta; e qualora essi facessero in maniera diversa, la delibera e il provvedimento non siano validi per il diritto stesso. E qualora (che mai avvenga) una discordia sorgesse o ci sia stato un contrasto tra il signor Podestà e il Capitano, che saranno in carica durante il tempo, questi signori Priori e il Gonfaloniere siano obbligati a fare, ad adoperarsi talmente e ad agire nel proprio palazzo in modo tale e con opere per avere un successo, giorno e notte, con tutte le loro possibilità, al fine che sia fatta concordia tra questi stessi; e qualora questi siano stati negligenti nel fare queste cose, ciascuno di essi, Priori e Gonfaloniere siano puniti a 50 libre di denaro. Inoltre questi signori Priori e il Gonfaloniere, qualsivoglia volta quando ci sarà stata una necessità, possano eleggere uno o più ambasciatori o oratori secondo come considereranno meglio per il Comune e mandare questo o questi ambasciatori o oratori, sempre con scritti i punti dell’ambasceria quando essa è portata soltanto nella provincia della Marca; ma per fuori dalla Provincia in realtà essi non possano trasmetterla senza un decreto della solenne Cernita, né eleggere né deputare in mancanza di qualche approvazione del Consiglio, che è dovuta, dopo che in Comune sia tenuta una copia riservata dei punti <del contenuto> dell’ambasceria già registrata nel registro del Comune ad opera del Cancelliere o di un Notaio a ciò deputato. Inoltre ogni lettera, che, per qualsiasi occasione, sia pervenuta al Comune, da qualunque comunità, luogo, signore, o da altra qualunque persona, venga assegnata ai signori Priori del popolo e al Gonfaloniere di giustizia e la riceva il Priore dei Priori, la apra e la consegni al Cancelliere per dover esser letta e tradotta in volgare, in presenza di questi Signori e del Gonfaloniere. Inoltre né il Podestà, né il Capitano, né alcun’altro possa, né debba proporre alcunché in Consiglio, né fare delibere senza la presenza di questi Priori e del Gonfaloniere e senza il loro consenso, sotto penalità 500 libre di denaro e qualora si facesse diversamente non c’è validità per il diritto stesso. Inoltre questi Priori e il Gonfaloniere di giustizia non si intromettano nelle cause nel conoscerle, affidarle e terminarle o agendo o facendo in modo diverso riguardo ad alcune cause criminali o civili o miste che siano discusse nella Curia del Podestà o del Capitano o di qualunque altro officiale della Città di Fermo o cause che siano capitate da discutere nel futuro, essi non facciano richieste dì nessuna cosa al Podestà o al Capitano o ad altro officiale del Comune di Fermo su qualche cosa o su una causa e neanche su qualcuno da condannare o da assolvere; e se essi abbiano trasgredito, siano puniti con 100 libre di denaro per ciascuno di essi e per ciascuna volta. Per una causa demandata nel percorso del secondo appello a questi Priori e al Gonfaloniere, essi possano e debbano darne commissione nel termine di otto giorni dal giorno quando siano stati richiesti dalle parti o da una delle due parti al fine che la causa sia ascoltata, conosciuta, e terminata soltanto con il Collegio o con i componenti il Collegio della Città, sotto penalità e per la pena di 25 libre di denaro da dover pagare sul fatto, qualora abbiano trasgredito e su questo abbiano il sindacato in modo speciale. E quelli che fanno l’appello, entro cinque giorni immediatamente dopo aver interposto l’appello, debbano chiedere di fronte a questi signori Priori che la causa venga commissionata e siano obbligati anche a far citare gli appellati entro questo termine di cinque giorni in modo che facciano la comparsa di fronte a questi signori Priori, al fine di dover porre i sospettati e gli audaci e qualora entro questi 5 giorni costoro che fanno l’appello non abbiano chiesto che queste cause siano commissionate ad opera dei signori Priori, né abbiano fatto citare gli appellati per porre i sospettati e gli audaci, come detto sopra, allora la causa di appello sia deserta e invalidata per il diritto stesso. Decretiamo anche che le seconde cause di appello che sono affidate per opera di questi signori Priori, siano giustificate chiaramente dai primi atti; facendo eccezione nel caso di reperimento di nuovi strumenti pubblici che possano e debbano essere ammessi in queste cause, dopo che, riguardo a questi sia fatto giuramento che si è avuta la novità della notizia. Siano obbligati in realtà e debbano dare la commissione di tutte le cause di appello entro la scadenza dei dieci giorni immediatamente successivi a cominciare dal giorno dell’interposizione, sotto penalità di 25 ducati per ciascun Priore, qualora non abbiano dato la commissione entro detta scadenza. Incorra parimenti nella pena di 25 ducati anche il Cancelliere se sarà dimenticato e non farà dichiarazione al contestato. E anche il Sindaco del Comune deputato per le cause qualora non si sia adoperato a sollecitare e non abbia procurato che le dette cause degli appelli siano assegnate entro la detta scadenza, incorra nella penalità già detta di 25 ducati da riscuotere sul fatto da tutti questi già detti quando essi abbiano trasgredito o trascurato nelle dette cose. E durante tutto il tempo del loro officio essi Priori, Gonfaloniere e il loro Notaio, o qualcuno di essi non possano incontrarsi in modo reale e personale né essere incontrati da altri, né possano farsi proporre in qualche consiglio su qualche loro propria questione o per un fatto proprio di qualcuno di questi stessi. Qualora abbiano trasgredito, tramite qualcuno o alcuni di loro stessi, non ci sia validità, per il diritto stesso, e nondimeno siano puniti con la detta penalità di 100 libre. E durante tutto il tempo del loro officio di Priori e di Vessillifero della giustizia e di Notaio, per le loro cause e vertenze, dopo il giorno del loro giuramento, non decorra per nessuna parte una scadenza, ma siano in quello stato in cui erano nel giorno del giuramento del loro officio, e se qualcuno di questi stessi abbia fatto una mancanza in detto officio o abbia commesso una frode o un inganno, sia punito a 100 libre di denaro per ciascuno e per ciascuna volta, ad opera del Giudice di giustizia o dei loro sindacatori senza alcuna solennità giudiziaria; e non sia assunto mai più a tale officio, ma anzi gli venga revocato e tolto. E il Giudice di giustizia sia obbligato e debba praticare tutte queste singole cose, e le faccia praticare, sotto la penalità di 100 libre di denaro. Inoltre questi Priori e Gonfaloniere non possano proporre provvedere o deliberare in alcun Consiglio, né tra di loro o in altro modo; né il Podestà o uno dei suoi officiali o il Capitano del popolo, neppure qualcuno dei suoi officiali o alcun altro officiale del Comune di Fermo vengano sindacati né verificati, se non dopo finito il tempo del proprio officio, sotto penalità di 500 libre di denaro e per ciascuna volta e per ciascuno di questi Priori e del Gonfaloniere; e per il vigore dell’autorità del presente statuto, per il fatto stesso, sia condannato a questa pena, e sia estromesso fuori dal collegio e dalla società del popolo di Fermo e non possa essere ammesso affatto a nessun legittimo atto. Inoltre essi non possano né provvedere, né deliberare su alcuna spesa da pagare da parte del Comune, per alcun motivo se non fino alla somma di 10 libre di denaro soltanto e per un motivo necessario e utile a favore del Comune; e sopra a questa somma possano spendere dai beni e dal denaro del Comune fino alla somma di 500 libre di denaro, dopo fatta la delibera e la provvisione su quello che debba essere speso, decidendo prima tra di loro insieme con i Regolatori del Comune e con i Capitani delle arti delle sei contrade, a maggioranza di questi stessi; ma per una somma superiore non possano fare spese, se prima non è stata fatta una simile delibera e la provvisione per questa spesa ad opera loro, insieme con Regolatori e con i Capitani delle arti e questa provvisione e la deliberazione ad opera di questi Priori e Gonfaloniere precedentemente sia portata ad un Consiglio speciale del popolo, <votando> con fave bianche e nere, secondo la forma degli statuti che esprimono questo argomento; e qualora s facesse in altro modo, quello che sia stato fatto non abbia validità, e non possa in nessun modo essere messo nelle uscite <spese> del Comune ad opera del Banchiere per qualsiasi richiesta di colore e qualora venisse a riscontrarsi che è stato computato nella <spese di> uscita del Comune, il Banchiere paghi di sua tasca; anche se, in altro modo, il Banchiere sia stato assolto riguardo al suo officio e alla sua amministrazione del ”Banchierato” <officio del banchiera>, ed egli rimane sempre obbligato verso il Comune sino a quando integralmente ed effettivamente abbia soddisfatto di tale dispendio a favore del Comune. Inoltre questi signori Priori e il Gonfaloniere nella circostanza in cui ci sia strepito nella Città o nel distretto oppure in qualche tempo di guerra ci sia una rivolta, in qualsiasi circostanza e in qualunque luogo sembrerà a loro che è cosa utile per il Comune, mandino, a spese del Comune, i custodi ai Castelli e ai fortilizi del Comune di Fermo e gli osservatori o gli arcieri, purché mandino idonei custodi e abitanti stabili della Città di Fermo. Inoltre non si possa fare nessuna procedura di inquisizione contro questi Priori e il Gonfaloniere di giustizia e il loro Notaio, né contro alcuno di questi, durante tutto il tempo di durata dell’officio, fino ad un anno dopo terminato questo officio, a motivo di qualche malefatta o quasi, a meno che se non si tratti di omicidio o di percosse fatte pubblicamente o di falsità di testimonianze o di documenti o di  rubare nelle strade, di bestemmia di Dio e dei santi, di tradimento, di violazione di vergini o sacre monache, e a meno che si riscontri che fece qualcosa, durante il loro officio di Priori, che abbiano ricevuto qualche somma di denaro per “baratteria” o che abbiano commesso una frode e tutto ciò <non> sia considerato e abbia luogo se non quando accusato o denunciato da colui che ne ha sofferto il danno; nel quale caso contro di loro o contro qualcuno di questi si possa fare la procedura. Inoltre questi Priori e il Gonfaloniere di giustizia non possano fare alcuna proposta nel Consiglio generale o in quello speciale se prima questa non sia stata deliberata ad opera dei signori Priori e Gonfaloniere di giustizia insieme con i Capitani delle arti, con i Regolatori e con gli uomini chiamati alla Cernita o ad opera della maggioranza tra di questi. Se si sia fatto in altro modo non ha validità per il diritto stesso. E il Cancelliere non possa né debba scrivere la proposta fatta sotto pena di 100 libre di denaro da riscuotere da lui sul fatto ad opera di qualunque officiale di questa Città, per ciascuna volta in cui si sia trasgredito. Inoltre essi non possano concedere alcuni offici o castellanie nella Città o nel contado, se prima questi offici non siano stato messi nel bussolo e <dati> a coloro che sono nel bussolo ed estratti dal bussolo, sotto pena di 100 libre di denaro, per ciascuno e per ciascuna volta quando si farà la trasgressione. E nondimeno quello che è stato fatto in violazione di questa forma, non abbia validità per il diritto stesso. Inoltre essi non possano, né debbano scrivere a favore di qualcuno che sia stato condannato per reati nei Castelli del contado, senza l’autorizzazione o la delibera della solenne Cernita, sotto penalità di 25 libre di denaro per ciascun Priore, per ciascuna volta quando abbiano trasgredito e penalità di 50 libre al Cancelliere del Comune per qualsivoglia volta in cui abbia scritto ciò. Inoltre essi non possano scrivere in nessun luogo una lettera, per uffici, per benefici o per conduzioni di armigeri a favore di qualcuno che richieda tali cose, e neppure qualora insorgessero controversie e liti tra i Cittadini o tra gli abitanti del contado, senza la delibera della detta Cernita, sotto la detta penalità. Inoltre questi Priori e il Gonfaloniere non possano prendere, né confermare, né cancellare nessuno degli stipendiari equestri, né i fanti senza il consenso, la presenza e la delibera dei Regolatori e della Cernita di almeno quattro buoni uomini per ciascuna contrada. Inoltre questi Priori non possano avviare né provocare alcuna guerra né combattimenti o un’impresa militare, né possano introdurre novità da cui potessero venire o seguire una guerra o qualche scandalo per questo Comune, né fare azioni audaci, senza il consenso espresso e la delibera del Consiglio generale o di quello speciale, sotto penalità di 1000 libre di denaro e anche maggiore nei beni e nella persona, ad arbitrio del Rettore. Riguardo a questo si faccia la procedura con validità e si faccia una indagine contro di essi o contro ciascuno di essi anche durante il tempo del loro officio e la pena predetta venga imposta a questi stessi. E colui che sia stato condannato in questa occasione ad una pena inferiore alla morte, diventi perpetuamente infame e sia privato dei benefici e degli onori del Comune. Inoltre i signori Priori non partecipano a nessuna delle cerimonie di nozze o di lutto o per la morte di qualcuno, eccettuando di padre, di figlio, di fratello carnale, di moglie, di sorella, di nipote o figlio del fratello o consobrino o altro suo congiunto o affine fino al secondo grado incluso come computato dal diritto canonico. Allora, in tale caso, chi è parente come detto, o affine <possa> andare insieme con qualcuno dei suoi soci Priori alle nozze, o al lutto. <Per i trasgressori> Penalità di 25 libre di denaro per ciascuno e per ciascuna volta. Inoltre essi non possano mandare nessuno degli esecutori nel contado, se non con il consenso dei Regolatori, sotto la detta penalità, per ciascuno e per ciascuna volta. Inoltre questi Priori e il Vessillifero e il Notaio, dopo espletato il loro officio, nel quinquennio successivo possano portare impunemente nella Città qualsiasi arma di offesa e di difesa, purché costoro tuttavia non la portino nel Palazzo dei Priori, o nel Consiglio generale o in quello speciale. Inoltre non possono concedere nessun salvacondotto, né sicurtà a nessuno, in modo indeterminato o senza stabilire la durata di tempo; e abbiano validità di stabilire fino a 10 giorni e non oltre, senza una delibera della Cernita di quattro buoni uomini per ciascuna contrada. E questo sia autorizzato anche per le cose passate. Questi salvacondotti concessi o da concedere ad opera dei signori Priori o della Cernita solenne debbano essere praticati in modo illeso e rispettato da parte degli officiali della Città e del contado di Fermo, sotto pena di 100 ducati da pagare sul fatto al Banchiere del Comune da ogni officiale trasgressore che non rispetti questi salvacondotti e sia privato del suo officio e si intenda esserne privato per l’autorità della presente legge. Questi salvacondotti non siano di pregiudizio per le cause civili da dove discutere di fronte a qualsiasi officiale, o commissario, arbitro, o conciliatore che amministra la giustizia in questa Città o nel suo contado. Nonostante questi salvacondotti, queste cause civili possano discutersi, indagarsi, investigarsi, terminarsi e decidersi dagli officiali, dai commissari, dagli arbitri e dai conciliatori, anche se questi salvacondotti siano stati concessi o si concedessero a qualcuna delle parti oppure ad entrambe le parti che hanno tra di loro la o le cause, il processo o i processi.

       2 Rub.4 Lo speciale divieto per i signori Priori e per il Gonfaloniere di giustizia, e per i Regolatori, anche per il Banchiere del Comune.

   Dato che coloro che gestiscono gli offici della Repubblica e coloro che hanno la direzione di questi stessi, debbono e sono obbligati ad astenersi dai propri comodi e la privata utilità per lo più < da questi> è preferita a quella pubblica, ciò non debba esserci: pertanto decretiamo ed ordiniamo che nessuno, in qualsiasi condizione si trovi, che disimpegni gli offici di Priore o di Gonfaloniere o di Regolatore o di Banchiere in occasione di qualsivoglia prestito in cose o in denaro che costoro avessero nel Comune di Fermo e neanche in occasione di qualche credito per qualche suo consanguineo o affine di primo o di secondo grado da calcolarsi secondo il diritto Canonico, osi o presuma di trattare, ordinare o deliberare o collaborare a che il debito anzidetto da parte di questo Comune in denaro o in cose di questo Comune sia pagato, sia dato o sia attribuito a se stesso o ad un suo consanguineo o ad un affine, se non, per sorte in generale si sia provveduto, si sia trattato e sia agito a favore di tutti gli altri i quali, in un caso simile, siano tenuti a ricevere al riguardo di un simile motivo o materia. E chi abbia trasgredito nelle dette cose o in qualcuna di queste, perda ciò che è tenuto a ricevere, o anche vogliamo che ciò che risultasse che abbia fatto per sé, o per i suoi consanguinei, come già detto, addivenga al Comune. E il Comune, per il fatto stesso, sia liberato. E oltre a ciò debba essere irremissibilmente condannato al doppio. E su ciò si debba fare il sindacato in modo speciale. In realtà con la pena di cento libre di denari sia punito l’officio del Priorato o dei Regolatori i quali deliberano o permettono le dette cose, per il fatto stesso e per ciascuna volta,0 per qualsivoglia Priore e Gonfaloniere e Regolatore.

       2 Rub.5L’officio del Gonfaloniere del Comune di Fermo.

   L’officio del Gonfaloniere generale della giustizia e del popolo sia questo, cioè dopo che è stata fatta la sua elezione , secondo la forma del capitolo riguardante la sua elezione, il Podestà e il Capitano del popolo, i Priori e il Consiglio speciale del popolo, nell’ultimo giorno di domenica del secondo mese dell’officio del predecessore, con il vessillo generale del popolo e della giustizia debbano accedere, dietro questo vessillo, verso il Palazzo del Comune, e ivi allora, con il Consiglio generale presso questo palazzo, colui che è stato eletto Gonfaloniere sia obbligato a fare l’accettazione di questo officio e a dare buoni ed idonei fideiussori sul dover agire ed esercitare questo officio, durante tutto il tempo del suo officio, in buona fedeltà e senza frode e secondo la forma dei capitoli e degli ordinamenti che riguardano il suo officio e secondo la forma del capitolo riguardante l’officio dei Priori. E questo statuto sia applicato in relazione al Gonfaloniere. Dopo che nel detto modo sono state concluse queste cose, il Podestà, il Capitano e Priori e gli altri tutti del Consiglio, insieme con questo Gonfaloniere e con questo vessillo debbano andare dietro questo vessillo ed entrare nella chiesa che sarà scelta dai signori Priori. Il Podestà e il Capitano o uno di costoro debba consegnare il vessillo nelle mani di questo Gonfaloniere e questo Gonfaloniere debba accogliere questo vessillo. Dopo queste cose il Podestà e il Capitano con questo vessillo e tutti del detto Consiglio devono tornare, dietro di lui, al Palazzo dei signori Priori e qui il vessillo viene riposto nella camera dello stesso Gonfaloniere nel Palazzo e qui debba essere continuamente tenuto e conservato e ben custodito. Questo vessillo non possa né debba essere prelevato né portato da questo signor Gonfaloniere né da qualcun altro, né in alcun esercito, o cavalcata, né ad alcun tumulto che ci sia o capitasse (oh, questo non sia) nella Città o nel distretto di Fermo. Non si può rimuovere né portare presso qualche luogo per una qualunque causa, senza la presenza, la licenza, il consenso del Consiglio generale o speciale e neanche di volontà dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere della giustizia, né della maggior parte di questi, se non quando avvenisse il rinnovo del Gonfaloniere. E questo può essere portato secondo la consueta tradizione al Palazzo del Comune e alla Chiesa, senza praticare solennità alcuna, ma al che non possa avvenire nulla su questo, andando e tornando con sollecitudine, con cautela e buon impegno. E allo scopo che questo vessillo possa essere associato con onore, il Podestà, o il Capitano nel giorno precedente è obbligato a mandare o far mandare ai Capitani delle Società <annunciando> che il giorno seguente essi debbano essere presenti per associarsi con questo vessillo insieme con tutte le loro Società. E a questi Capitani delle Società Il Podestà e il Capitano, possano imporre penalità, qualora non intervenissero, di soldi 5 per ciascuno. Questo Podestà e il Capitano siano obbligati e debbano eseguire o far eseguire queste cose, sotto la penalità di 500 libre di denaro dal proprio salario. A queste <pene> quando abbiano trasgredito debbono essere condannati ad opera degli avvocati del Comune o dei loro Sindaci. E tutte e singole le persone delle Società del popolo siano obbligate e debbano stabilmente andare al Consiglio quando il vessillo viene consegnato al Gonfaloniere. E il Capitano sia obbligato a far riunire e cercare in questo Consiglio tutti quelli di queste Società, singolarmente, e condannare tutti quelli che non vanno o non vengono a questo Consiglio <pena> di cinque soldi per ciascuno e per tutti e singoli coloro che non si recano o non vanno a questo Consiglio e riscuotere di fatto la pena, a favore di questo Comune, facendo eccezione per chi abbia avuto un giusto motivo e pertanto non sia affatto condannato. Allora nel tempo quando tutti i singoli saranno nella circostanza in questo Consiglio siano obbligati e debbano accompagnare questo Gonfaloniere sino alla abitazione, e anche i nuovi Priori quando ritorneranno da questo Consiglio, sotto la detta penalità. E questo Gonfaloniere sia obbligato e debba andare, armato di armi o senza armi, secondo l’opportunità, assieme con il detto vessillo, per volontà di questi Priori o nella loro maggior parte, a confermare il libero, buono e pacifico Stato del Comune di Fermo e del popolo. Inoltre quando sia capitato per qualche caso che il Podestà o il Capitano chiamano e ricercano i giurati del popolo o qualche parte di questi a dover esercitare il loro officio, in modo vantaggioso a favore dello Stato buono, libero e pacifico del Comune e del popolo, conservandolo e difendendolo e il detto Gonfaloniere insieme con i detti Priori e quelli del collegio siano obbligati e debbano riunirsi in un determinato luogo che viene scelto dai signori Priori o a loro maggioranza, allo scopo che gli anzidetti del popolo possano fare il seguito al detto vessillo e alle altre insegne del popolo e della Società del popolo nel modo che maggiormente li onori: queste cose quando saranno stati richiesti ad opera dei detti signori Priori o della maggioranza di questi stessi. E questo Gonfaloniere sia obbligato insieme con quelli del popolo, quando capitasse che qualche reato sia commesso (cosa che sia allontanata da Dio) sulla persona di qualche cittadino o sia commesso ad opera di qualcuno dei nobili della Città o del contado e assolutamente debba fare sì che non rimanga impunito un reato, con il pretesto di qualche autorità, e quando, dopo che è stata emanata la sentenza del Podestà o del Capitano riguardo a tale reato, entro quindici giorni, questo Podestà o Capitano non avranno fatto eseguire, secondo come dovrebbe avvenire per il diritto, la condanna e la sentenza che ci fosse, in occasione di questo reato, sulla persona o sulle cose del delinquente, allora insieme con 200 giurati del popolo, o di loro maggior parte ed anche insieme con altri buoni cittadini, se lo avrà considerato conveniente, debbano andare dal Podestà o dal Capitano, con le armi o senza queste, secondo come sarà stato necessario, e aiutare il Podestà o il Capitano con tutte le truppe per accedere, insieme con gli aiutanti del Rettore, alla abitazione di quel tale condannato o altrove, in modo che l’esecuzione della sentenza avvenga e la sentenza sia mandata in esecuzione e la vendetta<punizione> riguardo al reato commesso risulti per loro opera, affinché questo reato non rimanga senza punizione con il pretesto di qualche potenza. E nessuno osi né presuma con parole o con gesti offendere in qualunque modo, ingiuriare o ostacolare questo Gonfaloniere o qualcun altro del popolo che sta allora a seguirlo o voglia seguirlo, almeno con un ostacolo che sia di impedimento o ritardi l’esecuzione. E sia punito chi abbia trasgredito, ad arbitrio del Podestà o del Capitano. E qualora siano negligenti il Gonfaloniere o alcuni dei predetti 200 o alcuni altri del popolo, richiesti a dover fare le cose dette sopra, questo Gonfaloniere sia multato a 500 e ogni altro a 50 libre di denari. E nel periodo dei detti quindici giorni, durante i quali questi signori Podestà o Capitano o Gonfaloniere e gli altri predetti del popolo debbono far fare l’esecuzione predetta, nessuno della Città di Fermo osi tenere aperto alcun alloggio, fino a quando il castigo per questo reato non sarà avvenuto e sia stata fatta l’esecuzione nella persona o nelle cose, come già detto, sotto penalità di 10 libre di denaro per ciascuno e per ciascuna volta. E chiunque facesse impedimento, (cosa che non possa avvenire) in qualsiasi maniera, contro questo Gonfaloniere o contro qualcun altro del popolo o contro qualcuno del suo seguito, sia punito ad arbitrio del Podestà o del Capitano, dopo aver verificato la qualità del reato e la condizione della persona e del tempo e del luogo. Inoltre il signor Gonfaloniere insieme o senza questi Priori sia obbligato tuttavia, (dando tuttavia in precedenza l’informazione sulle dette cose al Podestà o al Rettore di questa Città deputato dal Comune di Fermo) a congregare in una determinata parte dell’abitazione o del Palazzo dei signori Priori, tutti i sei Capitani delle contrade, delle società del popolo, anche i capitani delle arti di queste società del popolo e trattare insieme con questi, per provvedere e disporre ogni singola cosa che sia considerata che sarà utile e necessaria a vantaggio della società e del collegio di questo popolo, per la sua salvezza e per il rinnovamento, bensì dopo che tra di loro sia stata realizzata questa disamina. E faccia venire tutti insieme alla presenza dei Priori per interrogarli e ammonirli per mezzo delle cose che sono state esaminate e provvedute e ultimate ad opera loro a favore dell’utilità e a comodità di questo popolo. E il signor Podestà e il Capitano e i Priori mettano in esecuzione come loro stessi Podestà e Capitano e Priori considereranno migliore espediente. E questi sei Capitani e gli altri delle contrade e delle società delle arti del popolo siano obbligati e debbano obbedire a questo Gonfaloniere e in queste e in altre cose spettanti al suo officio, a sua richiesta ed a suo mandato, sotto pena di cinque soldi di denaro per ciascuno e per ciascuna volta quando abbiano trasgredito e prendendo in considerazione la qualità del reato, esigendo una pena maggiore, ad arbitrio del Rettore.

       2 Rub.6L’elezione del Podestà e del Capitano.

   Decretiamo ed ordiniamo e con questa legge assicuriamo che il Podestà e il Capitano della Città di Fermo debba essere eletto nel modo qui dichiarato, cioè che i signori Priori del popolo e il Gonfaloniere di giustizia, nel primo mese del governo del Podestà o del Capitano nel Consiglio generale o in quello speciale facciano estrarre dalle cassette o dalle borse dove gli officiali, gli elettori del nuovo Podestà o del Capitano sono <scritti> sotto la penalità di 100 libre di denaro per ciascuno e per ciascuna volta quando non lo abbiano fatto. E questi elettori entro un mese da calcolare dal giorno dell’estrazione, facciano eleggere da loro stessi, o ad opera di altri, il nuovo Podestà o il Capitano, sotto pena di 100 libre di denaro, per ciascuno e per ciascuna volta, quando trasgredissero. La somma del loro salario, poi, viene da essi dichiarata nel tempo quando si debba fare l’elezione di questo Podestà; sia espresso anche il numero degli officiali e degli aiutanti. In modo simile si faccia anche per il Capitano, quando venisse eletto ad opera dei Sindaci, oppure di questi elettori o per mezzo di una lettera del Comune con i modi, i patti e le dette condizioni, cioè che il Podestà debba portare con sé o avere e tenere due Giudici buoni ed idonei d’età maggiore di 30 anni e di questi uno sia dottore di leggi e di questo dottorato egli debba informare i Priori e il Gonfaloniere che saranno in carica nel tempo, entro cinque giorni dopo il giuramento del Podestà, sotto pena di 100 fiorini d’oro. E il secondo giudice sia uomo esperto e questo dottore di leggi debba esercitare l’officio delle leggi civili; mentre l’altro giudice dovrà essere deputato come giudice nelle cose penali; inoltre avere due soci letterati della detta età, buoni ed idonei; cinque notai buoni, idonei ed esperti di età maggiore di anni 25, e di questi uno debba essere deputato ai reati, e uno alle cose straordinarie e i restanti tre Notai al governo dei nostri Castelli cioè del Porto, di Torre di Palme e di Marano <=Cupra Marittima>. Debba tenere quattro Damigelli, venti aiutanti o buoni tiratori e adatti a dover portare armi, quattro cavalli armigeri e un Cuoco. Non conduca con sé alcun officiale che provenga da qualche terra o luogo vicino alla nostra Città Fermana per 40 miglia, né possano condurre né tenere alcun officiale che sia stato condannato per la mala gestione del suo officio nella nostra Città, né alcun altro che sia stato al servizio del secondo Nerone <cioè> Rainaldo da Monteverde, un tempo tiranno di questa Città. La persona del Podestà e dei suoi officiali e aiutanti, dopo espletato l’officio, non può essere riconfermata né stare in alcuno officio o ministero del nostro Comune, fino al tempo che è limitato dai nostri statuti e ordini. In questo officio debba risiedere di persona, continuamente, e non pernottare fuori dalla Città, durante questo suo officio, se non c’è l’espressa autorizzazione del Consiglio e in tale occasione sia per l’utilità del Comune di questa Città, e in nessun modo per sua utilità o comodo proprio, sotto pena di 25 fiorini d’oro per ciascuna volta e per ciascun giorno. Non debba avere nulla per la carcerazione di qualcuno né per la custodia. Non debba detenere alcuno nel Palazzo per un debito civile oltre una giornata, ma lo debba mandare alle carceri del nostro Comune, dove costui debba stare costretto; né può detenere alcuno oltre una giornata nelle carceri del suo palazzo o nel palazzo stesso per una causa penale, se non nel caso in cui venga condannato principalmente nella persona o sotto condizione. Sia obbligato a mandare uno dei suoi officiali insieme con uno dei Regolatori del nostro Comune, ogni qualvolta sia stato richiesto, debba mandare a fare la presentazione ai Castellani delle Rocche del nostro contado, la presentazione della sua persona, dei suoi officiali e dei cavalli. Sia obbligato a fare la presentazione ai Regolatori del nostro Comune, a loro richiesta, due volte al mese. E affinché nelle presentazioni sia evitata ogni frode, dato che alcuni in modo particolare usano essere presentati come aiutanti, e questi fanno qualche arte nella Città, o sono Lenoni, con la presente legge si fa la prevenzione per cui nessuno degli aiutanti del Podestà o del Capitano o di qualunque officiale del foro, qualora abbiano esercitato qualche arte o siano Lenoni e non abitino nel palazzo, mai debbano essere ricevuti né essere accolti per aiutanti. Qualora si sia fatto in modo diverso, sia assolutamente assentato e mai ammesso alle presentazioni. Inoltre non debba ricevere, né profittare nulla oltre al detto salario e ai detti emolumenti e altre cose permesse e concesse dalla forma degli statuti del nostro Comune; se non quel che debba avere per ciascun catturato cioè quattro soldi nella piazza di San Martino per un debito civile; ma fuori da questa piazza, dentro la Città, otto soldi di denaro per ciascun catturato. Per tale occasione però nel Contado otto soldi per ogni aiutante e per ogni giorno. Per un debito di fisco non debba avere nulla, né debba ricevere, durante l’officio suo, nessun servizio, né regalo né dono ospitale, ma debba contentarsi soltanto del suo salario e degli emolumenti che gli sono concessi dalla forma dei nostri statuti e ordinamenti. A sue spese e a suo costo debba avere per il suo officio e metterci la carta opportuna, la cera e l’inchiostro. E infatti, prima del detto semestre debbano venire, lui e i suoi officiali e gli aiutanti presso questa nostra Città, e restare di persona nella Città per quattro giorni. E la venuta, la sosta, la permanenza e la partenza di lui, dei suoi officiali e degli aiutanti dovrà essere a suo rischio, pericolo e sorte, a sue spese e costi. E qualora la morte rapisse (non sia mai) la persona di questo Podestà durante il suo officio, si soddisferà il dovuto dell’infrascritto salario soltanto per la rata del tempo. Pertanto sia obbligato a permanere di persona al continuo esercizio dell’officio di questo governo insieme con tutti i singoli già detti e non tramite un vicario né un sostituto per tutto il detto tempo. E debba rimanere parimenti, dopo ultimato l’ufficio, per otto giorni continui per il sindacato o per il rendiconto insieme con questi suoi officiali e aiutanti. E nel frattempo, fino a quando questo sindacato non sarà stato definito con sentenza di assoluzione o di condanna (che non lo sia), la quarta parte del suo salario scritto sotto, debba stare a modo di deposito, presso il Banchiere del nostro Comune. Inoltre non debba né possa essere sindacato durante il tempo del suo officio, e qualora venga sindacato durante questo tempo, tale sindacato non abbia nessuna validità. e qualora il detto suo sindacato avvenisse nel detto tempo, debba pagare e lasciare al nostro Comune la terza parte del suo salario scritto sotto. Infine debba lasciare in questo Comune dalle cose sue proprie quattro buone balestre in stato sufficiente con i crochi o con buoni “bandoni”. E debba lasciare in questo Comune otto dei suoi pavesi <scudi>. In realtà il salario che egli debba ricevere dal nostro Comune per sé, e per questi suoi officiali, per gli aiutanti e per i cavalli, sarà di 2.720 (duemilasettecentoventi) libre di denari della nostra usuale moneta a suo tempo corrente in questa Città. Si aggiungano però queste condizioni in questo statuto: che questo Podestà non farà in modo né consentirà che il detto suo salario abbia ad essere aumentato, entro il tempo del proprio officio. E se capitasse che questo Podestà o qualcuno dei suoi officiali o degli aiutanti, durante il tempo del loro sindacato venisse condannato, o prima, oppure dopo per qualche ragione o causa, questo Podestà non chiederà poi mai rappresaglie, né alcuno di questi officiali, né riceverà rappresaglia alcuna dal loro Comune, né da qualunque altro Comune, né da un signore o Rettore; né essi useranno rappresaglie qualora fossero concesse contro un Comune o contro singole persone di questa Città o del suo distretto o di terra alcuna che è tenuta per questa Città, oppure è raccomandata a questa stessa. Egli rinuncerà espressamente a tali rappresaglie, a nome proprio e per ciascuno degli anzidetti, con una remissione plenaria e per questo farà solenne promessa ratificata validamente. E ciò sarà così praticato e debba essere stabile. E, dopo la sua accettazione egli farà fare la delibera legittimamente negli opportuni Consigli della sua terra. E porterà questa delibera con sé in forma pubblica e nell’iniziare il suo officio assegnerà e darà al Cancelliere del nostro Comune questa delibera. Inoltre questo Podestà non debba portare con sé, né tenere alcun Giudice né officiale che avesse un divieto nella nostra Città secondo la forma dei nostri statuti e questo tempo del divieto venga espresso specificamente ai Giudici e gli altri officiali nel dover mandare l’elezione. Quando poi si realizzerà l’elezione del Capitano del popolo, o del Giudice di giustizia, tutte le cose anzidette vengano espresse e ripetute nell’elezione di essi e di ciascuno di essi. Si fa salvo e si fa riserva che il salario e il numero degli officiali, degli aiutanti e dei cavalli, anche la consegna delle balestre e dei pavesi, rimanga e debba rimanere nei poteri e nella volontà dei signori Priori e del Gonfaloniere di giustizia e dei Regolatori, dei Confalonieri delle contrade, dei Capitani delle arti e della Cernita di quattro buoni uomini per ciascuna contrada, oltre ai già detti. E quello che questi faranno, diranno, e delibereranno, almeno a maggioranza dei già detti, riguardo e per il salario  e il detto numero degli officiali, e la consegna che dovrà essere fatta al nostro Comune, come già detto, abbia piena forza di validità, nonostante qualunque altro statuto che si esprima in contrario.

       2 Rub.7Il giuramento del Podestà e del Capitano, la loro autorità e l’officio.

   Ordiniamo che il Podestà della Città di Fermo sia e si intenda essere il Giudice ordinario della Città, del contado e del distretto di Fermo e per l’autorità del presente statuto e senza alcuna riserva di giurisdizione, abbia e debba avere e s’intenda che gli sono attribuiti, dati e concessi ogni potere e ogni giurisdizione sia di mero e misto impero, sia anche di qualsiasi giurisdizione con poteri di spada e senza, tanto nelle cause civili, come anche nelle penali e in quelle miste e senza alcuna riserva di giurisdizione. Ed è il suo Giudice dei reati deputato da lui stesso ai reati abbia e debba avere l’autorità e il potere di fare indagini e fare la procedura, a meno che non prevedesse altro la forma degli statuti, e tramite ogni via e giurisdizione in tutte le singole cause penali e miste e per tutti i singoli atti e in ogni e singolo atto che, in giudizio e fuori, riguardano e vertono su cause penali o cause miste fino alla sentenza esclusivamente. E queste sentenze debbano essere promulgate soltanto ad opera del Podestà e non da alcuno dei Giudici di esse, né dal vicario, se non in caso di assenza o di un altro legittimo e giusto impedimento; in questo caso vengano promulgate viene fatta dal suo Vicario per sentenze penali o miste. In realtà al Capitano della Città di Fermo siano e si intendano attribuiti i poteri e la giurisdizione assoluta negli appelli e negli appelli interposti e da interporre, tanto nelle cause civili quanto nelle criminali e in quelle miste. Peraltro si intenda e sia che i poteri e la giurisdizione sono negati a questo Capitano in ogni modo nelle prime cause civili e prime miste, se non sono intentate in modo principale e incidentale attraverso cause di appello o di nullità, o di domanda di riduzioni ad arbitrio di un buonuomo, o di restituzione all’integro; oppure la giurisdizione fosse stata attribuita o si attribuisse in futuro al Capitano in modo speciale quando si faccia per la forma di qualche statuto o tramite una delibera. In realtà nelle cause penali si intendano e siano concessi i poteri e la giurisdizione a questo Capitano di fare indagine, di fare la procedura, di condannare, di fare esecuzioni per i reati, i delitti e tutti gli eccessi al modo come per il Podestà. Sia praticata la prevenzione tra questi Rettori riguardo al dover fare indagini su tali reati attraverso la semplice consegna della copia alla camera, nonostante qualsiasi altro statuto contrario. Si fa salvo che sempre le denunce sui reati che i Sindaci del contado hanno dovere di far debbano essere consegnati soltanto al Podestà e alla sua Curia.

Inoltre tutti i poteri e la giurisdizione in ogni modo si intendano concessi e siano attribuiti  al Capitano sulla grascia (viveri) e contro coloro che esportano la grascia dalla Città o dal contado, e di dare esecuzione a tutte le singole sentenze penali, emanate da parte di qualsiasi Rettore di questa Città e compiere l’esecuzione, in modo personale e reale, come in esse si contiene, di fatto, senza processo alcuno e inoltre negli altri casi in cui la giurisdizione fosse concessa a lui, o gli fosse stata concessa dalla forma dei nostri statuti. E questo Podestà, e anche il Capitano giurino sui santi Vangeli di Dio, toccando corporalmente con la mano il libro, che egli governa, salvaguarda, regola e mantiene, per quanto a lui possibile, la Città Fermana e il suo contado e il distretto, le giurisdizioni, i privilegi, le cose, i beni mobili e immobili, la società e il collegio del popolo di questa Città, per l’esaltazione, la magnificenza e per l’onore della sacrosanta Chiesa Romana e del santo signore nostro Papa. E qualora alcuni beni del Comune di questa Città fossero stati perduti, con tutte le sue possibilità egli debba recuperarli e adoperarsi per recuperarli, e tenere le cose recondite e i segreti del Comune e non rivelarli ad alcuno in alcun modo e sempre dare il miglio consiglio a vantaggio del Comune. Egli è impegnato ad eseguire e a far eseguire e far adempiere ai suoi officiali tutti gli statuti di questo volume e le delibere e gli ordinamenti già fatti e quelli che si faranno, senza alcuna riduzione né eccezione; debba salvaguardare nei loro diritti le chiese, le persone ecclesiastiche, le vedove, i pupilli, gli orfani e altre persone misere e tutte le altre; debba per quanto possibile mantenere e regolare e gestire e favorire i Priori del popolo e i Gonfalonieri di giustizia e anche gli altri Confalonieri delle contrade, le arti e lo stesso collegio di questo popolo, e lo stesso popolo tutto e la sua libertà e la pace; debba permanere continuamente di persona ad opera sua e dei suoi officiali in questo officio per tutto il tempo del loro officio e di quello di ciascuno di loro, e per tutto il tempo del sindacato, a non abbandonarlo per alcuna ragione né motivo, fino al termine del suo officio, pernottando fuori dalla Città di Fermo e dal suo distretto, se non in servizio del Comune di Fermo; e in questo caso venga autorizzato a pernottare e assentarsi con la licenza e con il mandato del Comune. E senza l’espressa licenza del Consiglio generale poi non può recarsi nella sua patria o ad altro luogo, per sua utilità né per il comodo di esercitare un qualche officio o una Rettoria fuori dalla Città e dal contado, sotto pena di 25 fiorini d’oro per ciascun giorno e per ciascuna volta. Debba poi a fare il rendiconto di questo suo officio secondo la forma della sua elezione e secondo la lettera presentatagli per questo officio, insieme con tutti gli officiali, gli aiutanti e i cavalli ed egli si obblighi per essi principalmente e ne abbia dovere in ogni caso. Non chiederà l’arbitrato né lo farà chiedere nel Consiglio, né alcun’altra cosa contro la forma degli statuti del Comune. Né farà alcuna proposta, né la fa fare per la sua riconferma, né per essere rieletto come Podestà o come Capitano; né si adopererà a ciò per tutto il tempo del divieto secondo la forma dei nostri statuti. Si contenterà del suo salario senza alcun altro emolumento e non chiederà di più, né riceverà di più direttamente, né indirettamente, senza chiedere alcun “colore”, da sé o per mezzo dei suoi officiali, o dei famigliari o di altra persona sottomessa. Egli sosterrà, favorirà e proteggerà l’officio del signor Capitano e lo stesso signor Capitano di questa Città, userà deferenza per lui e per il suo officio secondo la forma degli statuti riguardanti il suo officio, e vicendevolmente da parte del Capitano verso il Podestà. E qualora sia capitato che qualcuno dei suoi officiali o dei suoi aiutanti, a motivo di qualche suo officio, fosse condannato dai “raziocinatori” del Comune o dal Sindaco del Comune, egli non chiederà rappresaglia alcuna e non ne accoglierà e non ne farà uso da parte di qualche signore, né da qualche Comune contro il Comune, né contro qualche altra persona speciale di questa Città o del suo distretto o di qualche Terra che fosse, o è tenuta a favore per il Comune di Fermo, in occasione della condanna che avvenisse di lui stesso o di qualcuno dei suoi aiutanti. Non riceverà per sé un servizio, né doni ospitali da alcun Cittadino o abitante del contado di questa Città, non si metterà né a mangiare né bere insieme con alcun Cittadino, o abitante del contado, o alcun altro che abita in Città o nel contado, se non insieme con i signori Priori e con il Gonfaloniere della giustizia, a meno che non avverrà di recarsi lui stesso nel territorio del contado di questa Città, fuori dalla Città, per alcuni fatti del Comune. Inoltre il Podestà, anche il Capitano e ogni altro Rettore siano obbligati a fare la presentazione di sé, dei suoi officiali, degli aiutanti e dei cavalli secondo la forma del precedente capitolo. Inoltre sia obbligato a mandare un officiale con i Regolatori secondo quanto espresso nel prossimo precedente capitolo. Inoltre sia obbligato a leggere le sentenze penali nel Consiglio generale alla presenza del Banchiere e del suo Notaio, e non in modo diverso, sotto penalità di 100 libre di denari per ciascuna volta e debba personalmente consegnare a questo Notaio la copia di queste sentenze penali in carta pergamena di mano del Notaio dei reati che le ha scritte o lette; subito dopo lette queste sentenze e per il Rettore che trasgredisse la penalità di 200 libre di denaro per ciascuna volta e per il Notaio dei reati, la penalità di 25 libre di denaro per ciascuna volta. E al termine del loro officio, nei quattro giorni prima della scadenza siano obbligati e debbano restituire e consegnare ai Regolatori di questo Comune tutti i suoi registri, i processi e le scritture e le filze tramite l’inventario, legati e sigillati con sigillo di questi Regolatori, purché questi registri abbiano le copertine di pergamena e in queste copertine siano dipinti gli stemmi di ciascuno di questi Regolatori, sotto la pena predetta. E il Rettore non possa ricevere né avere alcuna cosa né somma di denaro, da sé né tramite un altro, da parte di nessuna persona per l’occasione delle carceri o della custodia, sotto penalità di 100 libre di denaro per ciascuno, e per ciascuna volta, da prelevarsi da lui, sul fatto. Inoltre questo Rettore non possa tenere recluso qualcuno che è catturato per debito pecuniario, se non nelle dette carceri comunali poste del Girfalco per più di un solo giorno, non nel suo palazzo o nelle carceri o altrove, né può carcerare né far carcerare o far detenere alcuno altrove, sotto pena di 100 libre di denaro. In realtà per un delitto o un crimine per il quale la pena da dover imporre viene ad essere principalmente personale o sotto condizione, il Rettore possa detenere nel palazzo chiunque che sia da condannare a questa pena personale o farlo tenere nel suo palazzo o farla porre e custodire, a suo arbitrio di volontà, e per questa cosa non può ricevere né far prendere alcuna somma di denaro in nessun modo. Gli aiutanti del Rettore ricevano per ogni persona catturata per debito civile soldi quattro se nella Piazza di San Martino; e fuori dalla Piazza all’interno della Città, soldi otto; nel contado, poi, per ciascun giorno e per ciascun aiutante soldi otto, senza le spese. Per un debito fiscale il Rettore mandi i suoi aiutanti gratis. Egli adempirà tutte le singole cose in generale e le farà adempiere, tramite i suoi officiali e gli aiutanti, con buona fedeltà e senza frode, rimuovendo l’odio, le simpatie, il timore, le suppliche e ogni comodità speciale o disagio, cose che si sanno riguardare il suo officio. E quando sia aiutato e salvato da Dio, giurerà sui santi Vangeli sotto valore del suo giuramento e obbligando tutti i suoi beni e sotto la pena contenuta nello statuto, per le cose che in qualche modo abbia trasgredito, e con la pena di 200 libre di denari nei singoli capitoli già detti, nei quali non sia imposta una specifica pena per qualche trasgressione o mancato adempimento da parte di questo Rettore. Egli prometterà al Cancelliere comunale, che fa la stipula per questo Comune, o al Sindaco di questo Comune, solennemente a vantaggio del Comune stesso e delle particolari persone a ciò interessate, che adempirà tutte queste singole cose. E il Cancelliere di questo Comune che nel tempo sarà incaricato, darà lettura di tutte queste cose, nell’occasione del giuramento e presenterà ciò in tali scritti, che saranno redatti in forma pubblica. Si proceda e si compia in modo simile in ogni singola cosa nel giuramento del signor Capitano. E questo Capitano si contenti del suo salario e almeno degli altri emolumenti, come si procederebbe nella sua elezione oppure a motivo degli statuti del Comune di Fermo. Non né sia valido chiedere, né ricevere da questo Comune nient’altro, neanche da parte di persone particolari e speciali, sotto pena di 100 libre di denaro per ciascuna volta in cui trasgredisse. Inoltre questo signor Podestà sia obbligato, anche il Capitano, all’inizio del proprio officio, rivolgersi a tutti i singoli Consiglieri del Consiglio generale e di quello speciale e li faccia giurare che dovranno venire al Consiglio quando verrà dato un bando <annuncio> dall’Araldo e con la penalità di 500 libre di denari per il Podestà o per il Capitano se omettesse o di farlo.

       2 Rub.8Il divieto per gli officiali ‘forensi’ (forestieri).

   Decretiamo ed ordiniamo, con lo scopo di dover conservare il presente libero e popolare Stato e di sterminare i mali e di far memoria delle cose passate, che Giovanni Bartolini e ser Bartolomeo Gori da Arezzo, un tempo Podestà e Cancelliere di Fermo e Andrea da Spoleto e Matteo da Castello e anche tutti gli altri singoli ‘forensi’ che ci fossero stati nel tempo della tirannide del signor Rainaldo da Monteverde, per qualche officio o stipendio, o provvigione nella Città o nel contado di Fermo, non possano stare in alcun officio né in futuro, possano esercitare a stipendio nella Città di Fermo o nel suo contado. Se si facesse diversamente per il diritto stesso non c’è validità ed essi stessi e coloro che consapevolmente eleggessero questi o qualcuno di loro, incorrano per il fatto stesso nella penalità di 1000 fiorini d’oro per ciascuno e per ciascuna volta. Si intenda che ciò ha validità per tutte le singole le persone che sono delle abitazioni loro o sono consanguinei dei già detti Giovanni e Bartolomeo, Andrea e Matteo. Inoltre nessuno che venga da una Terra o da un luogo vicino alla Città di Fermo nello spazio di 40 miglia possa stare in alcun officio di questa Città o del suo contado, con qualche Rettore o pro Rettore di questa Città. Inoltre che nessuno che sia stato Prorettore nella Città di Fermo per la durata di cinque anni calcolati da quando ha ultimato il suo officio possa accedere a nessuno officio presso questa Città e neppure esercitarvelo. I Giudici che nel tempo siano stati in questa Città per qualche officio, non possano stare in questa Città in un officio, calcolando tre anni da quando hanno ultimato il loro officio. I militari e i notai abbiano <questo> divieto per due anni; e per sei mesi poi il divieto per i damigelli e per gli aiutanti. Quando si debba fare l’elezione di qualche Rettore o degli officiali della Città di Fermo sempre si faccia una informazione speciale di questi divieti, espressamente. Inoltre chiunque dei Rettori o degli officiali della Città di Fermo sia stato condannato per la sua mala amministrazione in questa Città di Fermo, non possa tornare per alcun officio in seguito presso questa Città e qualora si facesse diversamente per il diritto stesso non ha validità, ma sia subito annullato per il fatto stesso e colui che trasgredisce incorra nella pena di 200 libre di denaro per ciascuno e per ciascuna volta. Inoltre, sotto la già detta pena, nessuno possa essere eletto né assunto come Rettore della Città di Fermo o per qualche officio in questa Città di Fermo in modo principale e a sua opera in una Città o Terra o luogo dove <proveniva> al tempo di questa sua elezione a Rettore in detta Città <di Fermo> o principale officiale.  E qualora quando lo si eleggesse in modo diverso e accettasse per lo stesso diritto non c’è validità. E su ciò si faccia una informazione speciale anche per l’elezione da farsi di qualche Rettore di questa Città, in modo tale che da una stessa Città o dal contando, non ci siano Rettori nello stesso tempo. E neppure uno solo che proviene da uno stesso luogo sia successore nello stesso officio, di un altro che provenga dallo stesso luogo. Inoltre ordiniamo che il Podestà e qualsivoglia Rettore, stabilito in modo principale in questa Città di Fermo, sia obbligato a pagare la penalità per tutto quelle cose che fossero state commesse, fatte, perpetrate, trascurate, omesse da parte dei suoi officiali o famigliari o da qualcuno di questi nel detto officio e durante questo officio e per tutte le singole cose che si commettessero, perpetrassero, omettessero ad opera dei suoi officiali, o famigliari o da qualcuno di questi; tale Rettore debba pagare la condanna che è stata fatta o da farsi per tale cosa colpevole, al modo come se in modo principale fosse stato colpevole. E da ora, per l’autorità della presente legge egli sia e sia considerato fideiussore di tutti i singoli officiali, i famigliari e di qualsivoglia di questi stessi, e per l’autorità della presente legge si comprenda che ha rinunciato al beneficio della fideiussione e ad ogni altro beneficio che compete o competesse o potesse competere, nell’occasione già detta, a questo Rettore.

       2 Rub.9L’officio del Cancelliere.

   Decretiamo ed ordiniamo che il Cancelliere del Comune di Fermo sia e debba essere <originario> della Città di Fermo e sia obbligato a fare tutte le singole delibere e gli ordinamenti, anche i decreti e le decisioni che si facessero ad opera dei magnifici signori Priori del popolo e dal Gonfaloniere di giustizia, dalle Cernite, dalle delibere, dai Consigli speciali e generali anche dal parlamento di questa Città. Inoltre questo Cancelliere sia obbligato a fare di propria mano o a far fare ogni singola lettera missiva e responsiva, emanate da parte del Comune di Fermo, e tutti gli atti di concessioni, assoluzioni, rivendicazioni, grazie, alienazioni ed ogni contratto ad opera di questo Comune, e pertinenti a questo Comune, e questo Cancelliere debba fare il rogito delle dette cose. Questo Cancelliere sia obbligato a registrare le decisioni, le delibere e tutti i decreti scrivendoli di propria mano o di mano altrui; e pubblicare di propria mano tutti i singoli giuramenti dei signori Priori e del Vessillifero di giustizia e degli altri officiali di questo Comune; questo Cancelliere sia obbligato a farne la narrazione e la comunicazione. E per tutte le cose che sono di competenza del suo officio, nessun altro possa né debba intromettersi, se non per volontà che sia provenuta dallo stesso Cancelliere. Inoltre sia obbligato a tenere un registro grande degli atti che abbia fogli di pergamena o di papiro e in questo registro siano registrate tutte le delibere e gli ordinamenti di questo Comune, del Consiglio generale o speciale e le decisioni deliberate o da deliberare ad opera di coloro che deliberano, <tenere> inoltre un altro registro in cui vengano registrati i diritti di proprietà, i contratti del Comune e gli obblighi da soddisfare, le donazioni e i decreti; inoltre un altro registro in cui vengano scritte le decisioni che si fanno ad opera delle Cernite. Inoltre non possa scrivere nessuna proposta in alcun Consiglio, che nel giorno precedente, nella Cernita non sia stata prima deliberata e anche la delibera sia anche registrata, sotto pena di 50 libre di denaro da prelevare sul fatto. Qualora si facesse qualcosa diversamente non abbia valore per il diritto stesso. Inoltre non possa sigillare nessuna missiva con il sigillo del Comune se in una fase precedente non sia stata ottenuta con fave nere e bianche tra i Priori. Inoltre egli non possa leggere né scrivere o annotare nessuna proposta che fosse contraria alla forma degli statuti o di qualche statuto, sotto pena di 100 libre di denaro che debba sottrarre a se stesso. Se si fosse fatto diversamente non abbia validità. Questo Cancelliere inoltre sia obbligato e debba, sotto la pena di giuramento pretato, e con la penalità di 25 libre di denari, registrare al termine di ciascun bimestre, nei predetti registri, tutte le singole deliberazioni dei Consigli, le decisioni, le Cernite, i contratti, e le provvigioni del Comune, le cose fatte e celebrate nel bimestre predetto, in modo tale che al termine di ciascuno degli offici del priorato, risulti chiaramente che cosa è stato fatto e deliberato nel tempo dell’officio dei signori Priori. Inoltre questo Cancelliere, nei quindici giorni che precedono l’ultimazione di qualsiasi officio di un Rettore della Città di Fermo, che viene sindacato e debba essere sindacato ad opera di un Sindaco ‘forense’ da eleggersi ad opera dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia; sia obbligato e debba mandare una lettera per tutto il contado di Fermo per rendere noto alle comunità il sindacato di questo Rettore e a tutte le singole persone di questo contado, in modo tale che questo sindacato sia noto a tutti e coloro che vogliono fare lamentele su questo Rettore non possano addurre di non avere informazione di questo sindacato. Qualora il Cancelliere sia stato negligente in queste cose, incorra nella penalità di 50 libre di denaro per il fatto stesso, per ciascuna volta in cui abbia trasgredito e sia stato negligente.

       2 Rub.10L’officio del Notaio dei Signori.

   Decretiamo ed ordiniamo che il Notaio eletto, estratto dall’urna, e destinato al servizio dei signori Priori del popolo, e del Gonfaloniere di giustizia della Città di Fermo e per il loro incarico, sia obbligato e debba, giorno e notte, stare e dimorare con i signori Priori del popolo, co il Gonfaloniere di giustizia e nel palazzo di residenza loro, durante il tempo di due mesi del loro incarico, e di non allontanarsi da essi senza il loro permesso, sotto penalità di 25 fiorini d’oro per qualsivoglia volta che abbia trasgredito. E durante detto tempo sia obbligato scrivere e registrare ogni lettera spedita o ricevuta, i bollettini e tutte le altre scritture secondo il volere e il mandato dei signori Priori e del Gonfaloniere della giustizia: fino a tanto però che non si arresti dall’officio del Cancelliere, se non in quanto sia provenuto dalla volontà dello stesso Cancelliere.

       2 Rub.11L’officio e l’ordine che debbono essere tenuti dai Gonfalonieri delle contrade e dagli altri Cittadini delle dette contrade.

   Al fine di dare efficacia alla tutela del presente libero stato popolare di questa Città, e alla resistenza contro i tentativi di tutti quegli iniqui che vogliono perturbare questo stato di queste contrade, in qualsiasi modo, e al fine di mettersi contro quei disordini che sorgono casualmente improvvisi dai quali, in qualche modo questo Stato possa ricevere danni, decretiamo e disponiamo che tutte le volte che in questa Città o in qualche contrada di questa Città un disordine, un tumulto o un’adunata ci sia, insorga o si inizi, ad opera di chiunque o di altri qualsiasi, di qualunque condizione siano, quando verosimilmente, nell’effetto, ciò possa prestarsi ad essere un impedimento per questo Stato, su mandato o richiesta dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia o del Podestà o del Capitano del popolo di questa Città e anche da se stessi, tutti i singoli Confalonieri delle contrade di questa Città che tengono i vessilli piccoli di questo Comune, allorché si siano avveduti e ne abbiano fatto constatazione, siano obbligati e abbiano dovere cioè ciascuno nella sua contrada, ad esporre i vessilli davanti alla propria abitazione e adoperarsi, secondo le possibilità, a riunire o far riunire tutti e singoli quelli della propria contrada presso tale vessillo. E tutti costoro di questa contrada siano in obbligo e in dovere di andare a seguire questo vessillo e obbedire a questo Gonfaloniere. E questo Gonfaloniere, insieme con questo vessillo, e con quelli della contrada e costoro della contrada, tutti, siano obbligati ad andare e stare con armi e con mezzi di difesa, insieme con il detto Gonfaloniere e sotto questo vessillo per dover fare resistenza contro chiunque di coloro che vogliano turbare lo Stato e per andare al palazzo di residenza di questi signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia e obbedire e ottemperare a questi signori Priori e al Gonfaloniere in ogni singola cosa che a loro sia stata comandata da costoro e fare, compiere e adoperarsi per tutte le singole cose a vantaggio della salvaguardia di questo Stato. Equando questi Gonfalonieri abbiano trasgredito in queste cose o in qualcuna di esse, vengano puniti sul fatto con penalità di 100 libre di denaro, per ciascuna volta, omettendo ogni formalità e ufficialità, senz’altro, ad opera del Podestà o del Capitano, e nondimeno, per il fatto stesso, si faccia a costoro la privazione di ogni officio e di ogni beneficio di questo Comune. Chiunque altro, poi, di questa contrada che non si associa o ricusi di doversi associare come detto a questo vessillo e a questo Gonfaloniere, nel detto modo, sia punito per ciascuna volta a 25 libre di denaro. E per sostenere le spese che occorrono a questi Gonfalonieri, nel giorno del loro giuramento e dell’accoglienza di questo gonfalone, debbano ricevere dalle finanze di questo Comune un fiorino d’oro per ciascuno di essi stessi e il Banchiere del Comune debba darlo a loro.

       2 Rub. 12Il modo di riunire i Consigli, di presentare le proposte, di arringare e di deliberare in essi.

   Decretiamo e ordiniamo che ogni qualvolta, per qualche caso, bisognasse riunire il Consiglio generale o quello speciale oppure entrambi, la riunione non ha validità se non con il consenso e con la volontà dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia. E qualora lo si sia deciso per volontà di questi, il Podestà o il Capitano sia obbligato a che si faccia pubblicamente il bando per il concilio, un giorno per l’altro, o di mattina per la sera, a meno che non ci sia una causa o necessità urgente, nel quale caso, secondo come questi Priori daranno ordinanza, per il <Consiglio> generale o per quello speciale o per entrambi per cui si debba fare il bando pubblicamente per lo stesso giorno di Consiglio, i Consiglieri vengano al Consiglio. E se capitasse qualche caso di un Consiglio opportuno che, espressamente l’effetto della forma di qualche statuto, per il quale bisognasse far conoscere la causa, ossia che sia dichiarata dal banditore, allora venga comunicato che avviene per tale causa, e la commissione di tale modo sia fatta a costui in particolare. E dopo che sono stati fatti il bando e la sua relazione a questo Rettore e al Notaio delle delibere, gli stessi signori Priori e il Gonfaloniere, alla presenza di questi e del Podestà o del Capitano, quando a questi Priori e al Gonfaloniere sembrerà che sia necessaria la presenza di questi Rettori o di qualcuno di questi stessi e non in altro modo, facciano il Consiglio. E prima che venga fatta qualche proposta in questo Consiglio facciano e facciano fare, almeno un giorno prima, la Cernita in cui propongano e decidano quello che debba essere proposto nel Consiglio da fare. A questa Cernita debbano essere presenti i Regolatori insieme con questi signori Priori e con il Gonfaloniere, i Capitani delle arti, e i Gonfalonieri delle contrade, oppure nella loro maggior parte e almeno quattro uomini per ogni contrada, se sia utile per il Comune e questo debba essere espresso chiaramente per mezzo del Cancelliere del Comune. E quello che sia stato approvato e deciso ad opera degli anzidetti, lo si possa proporre in tale Consiglio, e qualora si facesse in altro modo non abbia validità in alcun modo quello che sarà stato così deliberato in questo Consiglio. E qualora i Priori e il Gonfaloniere non abbiano messo in pratica questa forma, siano puniti per ciascuna volta a 10 libre per ciascuno e quello che è stato fatto non abbia validità per il diritto stesso. E questi signori Priori e il Gonfaloniere non possano proporre alcunché, né deliberare nel Consiglio generale o speciale se non quello che è stato deciso di proporre nella detta Cernita, come già detto. Dopo aperta la riunione del Consiglio si debbano leggere, ad opera del Cancelliere o del Notaio delle delibere, le proposte in questo Consiglio in ordine e in serie. E successivamente, quando avvenisse il Consiglio per opera del Potestà o del Capitano o di un Vicario di questi, debba fare le proposte con la presenza, il consenso e la volontà dei Priori e del Gonfaloniere, altrimenti, qualora non ci sia la presenza del Podestà o del Capitano o di un Vicario loro, per mezzo del Gonfaloniere di giustizia. Queste proposte, una o più, siano fatte in modo chiaro e trasparente così che quelli del Consiglio capiscano bene e in maniera accessibile, sotto penalità di 25 libre di denaro per chi trasgredisca, o il Potestà o il Capitano o un Vicario di questi; inoltre 10 libre di denaro<penalità> al Cancelliere oppure al Notaio delle delibere, per qualsivoglia volta che si sia trasgredito ad opera di qualcuno di questi stessi. Dopo che sono state lette le dette proposte, come già detto, chi voglia fare un’arringa prima giuri nelle mani del Cancelliere o del Notaio delle delibere che egli consiglia con fedeltà e legalità per la pubblica utilità, poi si alzi presso il luogo dell’arringa, purché quelli che fanno l’arringa non siano più di sei in un solo Consiglio e non possano fare l’arringa più di questi sei, a meno che la gravità dell’affare non richiedesse altro modo e dai signori Priori e dal Gonfaloniere sia considerato utile. E nessuno osi esprime un consiglio o un’arringa nei Consigli, se non soltanto sulle cose proposte, sotto penalità di 10 libre di denaro per ciascuno e per ciascuna volta. E nessuna persona, senza la licenza dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia, possa dare consiglio né fare arringa se non sopra una sola proposta nei Consigli, se non una volta soltanto, facendo eccezione quando venissero letti gli statuti fatti ad opera degli statutari del Comune, nel tempo dell’approvazione di questi. E chi contravvenisse sia punito alla detta pena sul fatto, senza alcun processo. Dopo che sono state fatte così le consultazioni, questi Priori e il Gonfaloniere, alla presenza del Podestà o del Capitano o di uno dei loro vicari oppure senza questi, da sé, insieme con il Cancelliere o con il Notaio delle delibere, facciano la delibera su che cosa si debba mettere a votazione tra le cose dette nelle arringhe. Dopo che è stato così deciso e messo per iscritto per opera del Notaio delle delibere o del Cancelliere, questi si alzi e tutte le cose delle arringhe dette in questo Consiglio nelle arringhe siano lette a tutti in modo particolareggiato e distinto, per tutti, e dica apertamente una tale cosa detta dal tale, piace ai signori Priori e al Gonfaloniere che ciò, si metta a votazione. Dopo fatto questo, si alzi il Rettore e metta a votazione quella cosa detta che è stata decisa dai signori Priori e dal Gonfaloniere. E se tale cosa detta viene approvata nel modo come contenuto nello statuto che riguarda l’autorità del Consiglio, va bene; se al contrario non sia stata approvata, sia messa a votazione un’altra cosa dopo che questa è stata decisa dai signori Priori e dal Gonfaloniere, secondo la forma già detta. E per vincere la votazione sia sufficiente quando vincano due delle tre parti dei presenti <2\3>, fatta eccezione per i casi nei quali venga disposto in altro modo dagli statuti di questo volume. E la votazione si faccia con fave nere e bianche e non con lupini. Queste fave siano messe in un bussolo soltanto e in segreto con le mani di coloro che le raccolgono, nonostante qualsiasi consuetudine in contrasto. E questo debba essere praticato anche nel contado e nella giurisdizione. E dopo che sia stata fatta la delibera si legga questa delibera per mezzo del detto Notaio delle delibere o del Cancelliere prima che questo Consiglio si congedi; e tale ordine sia praticato in ogni proposta di per sé, in modo tale che in nessun modo una proposta venga mescolata con altra, quando su di essa sia richiesto di fare una votazione. E nessuno si allontani dal Consiglio fino a quando non sia stata letta la delibera dal detto Notaio, sotto pena di 10 soldi di denaro per ciascuno che trasgredisca. Vogliamo tuttavia che qualora si proponesse in Cernita o in qualche Consiglio generale o speciale qualcosa e la votazione proposta fosse perdente, qualora si tratti di dare il condono o la composizione per i cittadini esiliati i quali fossero esiliati o condannati per il motivo di turbamento dello stato, non possano essere di nuovo proposti se non dopo trascorso un anno dal giorno della votazione perduta. In realtà se si sia trattato di altre cose, non può essere fatta una proposta, fino a tre mesi dopo la votazione perduta. Qualora la votazione perduta abbia riguardato altre cose non si possa proporre di ripeterla, e di nuovo, se non dopo passato un mese da calcolare come sopra; e qualora si facesse in altro modo senza rispettare questa forma, quello che sia stato fatto non abbia validità per il diritto stesso. E i Priori e il Gonfaloniere e il Cancelliere e il Notaio delle delibere che agissero in modo contrario alle dette cose o abbiano scritto, incorrano nella pena di 25 libre di denaro, per ciascuno di questi stessi, e per ciascuna volta.

       2 Rub.13Il Consiglio speciale del popolo.

   Il Consiglio speciale della Città di Fermo sia e debba essere di un numero di 150, e non di un numero maggiore: e sia <composto> di persone popolari, e con un numero di persone popolari e non dai nobili da detta Città: e nessuno possa essere eletto, né chiamato in questo Consiglio, che non sia Cittadino Fermano, e di età di 25 anni almeno, avente un patrimonio di 50 libre almeno. E chiunque venga trovato in detto Consiglio, ed eletto in modo contrario alla detta forma, non abbia alcuna voce in detto Consiglio, come gli altri Consiglieri l’hanno. E non possa far parte di detto Consiglio se non un uomo soltanto di una singola abitazione. Aggiungiamo che nessuno possa essere eletto, posto o scritto in qualche Consiglio generale, o speciale se prima non sarà stato deliberato, e ottenuto nella Cernita.

       2 Rub.14L’autorità, la giurisdizione e il potere del Consiglio speciale.

   Il Consiglio dei 150 buoni uomini della Città di Fermo abbia poteri, abbia autorità sulle delibere e sul fare gli ordinamenti su tutto ciò che sia stato proposto ad opera del Rettore della Città di Fermo o del suo Vicario, dopo il consenso dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia. E qualunque cosa sia stata approvata in questo Consiglio ottenuta e deliberata con i due terzi delle parti presenti che stanno in questo Consiglio, abbia validità, obbligo e pieno vigore e venga mandato in esecuzione, come se fosse deliberato e deciso ad opera di tutto il Consiglio dei 300 o dal Parlamento di questa Città insieme con questo Consiglio; sempre tuttavia e anzitutto che quello che sia stato proposto, approvato e deciso in questo Consiglio dei 150, sia stato approvato nella Cernita dichiarata ed ordinata in conformità al capitolo che riguarda il modo di congregare i Consigli. E in questo Consiglio dei 150 quando esso venisse fatto, debbano essere presenti almeno ottanta Consiglieri. Quello che sarà stato deciso, come già detto, abbia piena stabilità di vigore, come se sia stato fatto e deciso ad opera di questo Consiglio al completo.

       2 Rub.15 Il Consiglio generale.

   Il Consiglio generale della Città di Fermo debba essere di numero non meno di 300 Consiglieri e non di un numero inferiore; e in questo Consiglio nessuno sia eletto che non sia Cittadino Fermano, che abita di continuo nella Città di Fermo, di età almeno di 25 anni, avente un patrimonio di non meno di 25 libre e l’estimo del padre sia a vantaggio del figlio di famiglia. Tuttavia nel detto Consiglio non possono essere eletti molti che abitano insieme in una sola abitazione <ma un eletto solo>. Chiunque, in realtà, sia stato eletto senza che abbia le dette cose, non abbia alcuna ‘voce’ nel detto Consiglio.

       2 Rub.16L’arbitrio del Consiglio generale.

   Con questa perpetua legge decretiamo che qualunque cosa sia proposta in detto Consiglio dei trecento, da un Rettore della Città di Fermo o da un suo Vicario con l’approvazione dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia che ci saranno nel tempo, purché vi siano presenti 150 Consiglieri di detto Consiglio, e ivi sia deliberata dai due terzi dei Consiglieri presenti, abbia validità e sia fatta valere, come se sia stata deliberata da tutto il Consiglio. E detto Consiglio abbia autorità e potere pieno di deliberare e di decretare tutte le cose che fossero proposte in detto Consiglio, ad opera dei signori Priori, o dal Rettore, come se avvenisse ad opera di tutto il parlamento e vi fossero deliberate.

       2 Rub.17Il modo di mandare la decisione con fave nere e bianche.

   Ordiniamo che le votazioni che si mettessero nelle Cernite, nei Consigli e siano messe a tutte qualsiasi le decisioni e si facciano con le fave nere per il sì e alle fave bianche per il no, ad opera del Priore dei Priori, o dal Capitano, o dal Podestà o dal loro vicario, o dall’altro dei due loro Vicari, o ad opera del Gonfaloniere di giustizia; e queste fave siano consegnate e riconsegnate segretamente e non visibilmente in mano ai raccoglitori. E questi raccoglitori segretamente le mettano nei bussoli e non possano immettere, né ricevere se non una singola fava soltanto per una sola volta, sotto pena di 10 libre di denari per qualsivoglia volta, e per ciascuna fava, per qualunque da immettere. E in ciò lo statuto sia preciso e che non si possa derogare ad esso: sempre in tutti e singoli i casi, qualsivoglia votazione di per sé sia partecipata con le fave nere e bianche, e non con altra maniera; E quanto fatto in modo diverso non abbia validità, né sia fatto valere.

       2 Rub.18Il modo di sospendere gli Statuti.

   Ogni volta che si tratti di sospendere qualche statuto, si pratichi questa procedura, cioè il Capitano del popolo, se c’è, o il Podestà, o il Vicario di qualcuno di loro, insieme con i Priori del popolo, con il Vessillifero di giustizia, con i Capitani delle arti o a maggioranza di questi e con altri, di cui sopra si menziona nel capitolo sul congregare i Consigli, si riuniscano nella Cernita che qui si debba fare o a maggioranza di questi stessi, insieme uniti. E ad opera del signor Capitano del popolo o del Podestà, o di qualcuno dei loro vicari, si faccia la proposta <per decidere> se la sospensione fosse utile o sulla evidente utilità per il Comune, riguardo a quello statuto della cui sospensione si debba trattare. E dopo che è stata fatta questa proposta, ad opera di qualcuno o di alcuni dei predetti si debba fare una arringa; e dopo l’arringa; e dopo fatta l’arringa e la consultazione su ciò, una sola cosa tra quelle dette sia messa a votazione con fave nere e bianche. E quando, ivi, a maggioranza di costoro presenti, sia stato deliberato che si faccia la sospensione <dello statuto> per cose migliori e per una maggiore utilità, dopo che anzitutto sia stato letto lo statuto di cui si tratta, parola per parola, in lingua volgare e distintamente e dopo fatta la delibera di tale forma, ciò venga riportato al Consiglio generale o a quello speciale, nel giorno seguente dopo la delibera o in seguito in modo tale che questa sospensione, prima, sempre si deliberasse in questa Cernita. E in questo Consiglio da farsi sulle cose predette, vi siano e debbano essere presenti almeno 150 Consiglieri e ivi si faccia la proposta sulla sospensione del detto statuto che venga letto in questo Consiglio in lingua volgare, interamente, al pieno discernimento di tutti i Consiglieri. Non si possa né debba fare in altra maniera <diversa> da come è stato detto. Dopo fatta questa proposta, si faccia l’arringa su di essa ad opera di qualcuno o di alcuni tra questi Consiglieri e dopo fatta l’arringa e la consultazione su questa proposta, sia fatta la votazione con fave bianche e nere. E qualora sia stata approvata la detta sospensione da tre parti di questi Consiglieri presenti in questo Consiglio, tale sospensione sia valida almeno per tale volta soltanto, nonostante qualche delibera che parli al contrario. Tuttavia in nessun modo si può sospendere, proporre né decidere su qualche statuto che trattasse dell’elezione del Podestà o del Capitano, o trattasse della riconferma di questi o di qualcuno di questi, o riguardasse il non concedere azione d’arbitrio ad un Rettore, o ad un officiale del Comune o riguardasse i loro offici, e di non dover aumentare il salario al Podestà o al Capitano o a qualche officiale del Comune per qualche ‘colore’ richiesto, e riguardasse il non dover fare doni a questi, né ad alcuno di essi, o il non spendere, in altro modo, denaro o un altro bene del Comune, oltrepassando e prescindendo dalla forma degli statuti del Comune. E nessun Rettore, Priore o Gonfaloniere né qualunque altro officiale del Comune di Fermo osi, né presuma far proposta né far deliberare in qualche Consiglio, o riunione o parlamento sull’aumentare il salario del Podestà, o del Capitano o di qualche altro officiale, direttamente o indirettamente, a favore dello stipendio dei sergenti, delle guardie o per qualsiasi ‘colore’ richiesto. E nessuno osi fare arringa affinché si facciano le cose anzidette o qualcuna di queste, neppure che venga creato o stabilito un Sindaco per rendere indenni questi Rettori, Priori e il Gonfaloniere, o altri o altro officiale o chiunque altro che proponesse, scrivesse, decidesse, o consentisse o arringasse. E nessuno osi assumere su di sé questo sindacato, né scrivere tale sindacato, o una proposta o una decisione. E qualora qualcuno abbia agito o detto il contrario di qualcuna delle dette cose, se sia stato il Podestà o il Capitano sia punito a 500 libre di denaro, se sia stato un altro officiale cittadino, o un “forense” <forestiero> sia punito con 300 libre di denaro e costui debba essere rimosso in entrambi i casi con infamia dall’officio suo e sia infame. Se, in realtà, un’altra persona particolare abbia fatto le dette cose, sia punito a 200 libre di denari con infamia.

       2 Rub.19I Regolatori, il loro officio, le entrate ed uscite del Comune, e i Revisori dei conti del Comune e il loro officio.

   L’ officio dei Regolatori del Comune e del loro Notaio sia questo cioè questi Regolatori ed i loro notai, dopo fatta la loro elezione, debbano fare il giuramento di esercitare legalmente e bene il loro officio e debbano stare e rimanere nel palazzo dei signori Priori nelle ore congrue e dovute, oppure in un luogo congruo e decoroso per dovere esaminare i debiti che di fronte a loro venisse chiesto che vengano soddisfatti e pagati dal Comune. E dopo che su ciò abbiano fatto la disamina e la decisone, si proceda con questa procedura, cioè dopo che questi signori Priori e il Gonfaloniere hanno esaminato il debito o altra cosa, qualora a loro sembrasse opportuno di concedere la bolletta su ciò, allora essi, con un loro mandato, debbano fare scrivere, di mano del Notaio dei signori Priori, la bolletta su questa decisione. E infine questa bolletta così dichiarata e scritta venga mandata ai Regolatori anzidetti, e questi Regolatori infine, dopo esaminato il debito richiesto e dopo che essi hanno dichiarato, tutti insieme, che il debito debba essere soddisfatto dalla Comunità ritualmente e ragionevolmente, e dopo fatta tra di loro questa decisione, siano obbligati e debbano far registrare questa bolletta dei signori Priori e del Gonfaloniere, sottoscritta di mano del Cancelliere dei signori Priori e del Gonfaloniere, e la fanno registrare e sottoscrivere ad opera del loro Notaio, e sottoscritta così, mandarla al Notaio del registro che la debba registrare. E questa ‘bolla’ registrata sia assegnata al Banchiere del Comune di Fermo che la tenga e la registri e infine la mandi in esecuzione, come è contenuto in essa, per soddisfare questo debito ed estinguerlo. E questi Regolatori e il loro Notaio siano obbligati ad avere presso di loro e tenere i registri degli officiali del Comune e i registri degli stipendiari del Comune e ad opera del Comune di Fermo si dovrebbe dare a questi officiali e stipendiari qualcosa a titolo di salario dal Comune; in modo tale che quando i debiti del Comune saranno esaminati, si possa vedere e conoscere pienamente se il debito chiesto è giusto, o no, e se l’officio o le cose per cui questo salario è richiesto, è stato compiuto dal richiedente o no. E qualora a questi risulterà chiaro e manifesto che questo officio è stato adempiuto, venga concessa la bolla; in caso diverso, no. E questa procedura sia mantenuta nel dovere esaminare ogni altro debito di questo Comune, cioè che il debito risulti che è liquido. E dopo fatta la decisione da parte loro sul dover concedere la ‘bolla’, il detto Notaio sia obbligato a scrivere in un solo registro che questo debito è stato dichiarato da doversi pagare. E dopo fatta e concessa questa ‘bolla’ (come è stato detto) per questo debito, cancellare questo debito e scrivere ivi come questa ‘bolla’ è stata concessa per pagare questo debito. Si debba fare diligentemente un’indagine nell’esaminare i debiti, e investigare prontamente e cautamente attraverso ogni via, nel miglior modo come si potrà, prima di concedere questa bolla <considerando> se il debito che è chiesto esista ovvero sia stato soddisfatto altra volta, se debba essere soddisfatto, o no, e se venga chiesto per giusta causa o non giusta. E qualora abbiano scoperto oppure altra volta abbiano ricevuto informazioni che qualcuno chieda qualche debito, già pagato o soddisfatto, siano obbligati e, sotto valore del giuramento fatto e sotto pena di 25 libre di denaro per ciascuno di questi stessi, debbano denunciare, senza ritardo, questa cosa al signor Capitano del popolo oppure ad un altro Rettore. E questo signor Capitano o il Rettore debba fare indagine contro quel tale chiedente e condannare il tale scoperto colpevole, fino alla somma di 100 libre, e più oppure meno, a suo arbitrio, considerando la qualità e la condizione della persona, e la quantità del debito pagato due volte. In questo caso non si applica lo statuto sulla pena per chi chiede un debito già pagato, posta nel registro dei reati. E quando viene concessa qualche ‘bolla’ per il salario di qualche officio del Comune per un officiale, il Notaio dei Regolatori sia obbligato a scrivere nel registro degli officiali, secondo l’elezione fatta di quel determinato officio in quale maniera è concessa a lui la ‘bolla’ per pagare il salario di tale officio, al fine che si possa meglio sapere in seguito, che questo debito o salario sia stato soddisfatto, affinché non possa essere richiesto né pagato una seconda volta con inganno a danno del Comune. Inoltre questo Notaio sia obbligato a scrivere da se stesso in un solo registro il giorno dell’arrivo e della partenza degli ambasciatori del Comune di Fermo e degli altri che hanno un salario o un salario di diaria o uno stipendio; similmente siano scritti i giorni singoli dell’attività loro, individualmente, nel registro di questi Regolatori, di mano del loro Notaio, al fine che si possa meglio sapere per quanti giorni e in quale maniera si debba concedere loro la ‘bolla’ del salario; e queste bolle non possano essere concesse in un modo diverso. E dopo che la ‘bolla’ è stata concessa, il Notaio scriva vicino lì dove ha scritto gli arrivi e le partenze degli ambasciatori e dei detti nunzi o di coloro che (come già detto) hanno fatto il servizio, per quale motivo questa ‘bolla’ è stata concessa per questo salario. E allora siano cancellati questo debito e i giorni detti, al fine che non si faccia un’altra ‘bolla’ su ciò. E quando si richiedesse qualche altro debito, quanto il salario di qualche officiale o di un ambasciatore, questi Regolatori non debbano concedere la ‘bolla’ se in precedenza essi non hanno visto e avuto l’istrumento, la sentenza, o la delibera del Consiglio in forma pubblica ed estratta dal registro originale del Comune, per quale cosa e per quanto tale debito fosse richiesto. E dopo concessa la ‘bolla’ di tale forma, di fronte a questi stessi, faccia o faccia fare la cancellatura su quell’istrumento di qualunque debito del Comune, sulla sentenza, o sulla delibera in vigore della quale viene fatta la richiesta di qualcosa al Comune. Questo <atto> con cancellatura lo tengano presso di loro e lo pongano e lo facciano porre in una filza. E dopo avere ultimato il loro officio debbano farne la consegna ai loro successori affinché sempre (all’occorrenza) si possa ritrovarlo, sempre tuttavia esaminando, prima che la bolla sia concessa da loro, come già detto, se tale debito sia giusto, o non sia giusto, come già detto. E affinché i Regolatori del Comune non concedano una ‘bolla’ a qualcuno e non facciano cose quando non dovessero farle, facciano fare un solo registro in cui, tramite il loro Notaio, siano scritti i singoli nomi di tutti coloro che devono ricevere qualcosa dal Comune. E non appena è stata concessa la bolla a qualcuno, pongano una cancellatura al debito in detto registro, affinché alcun pagamento non possa essere reiterato. E si salvaguardi la conformità, nelle ‘bolle’ da concedere e nei pagamenti da fare secondo l’ordine di questo registro. E i Regolatori che saranno stati in carica nel tempo, come sopra è espresso, quando abbiano visto che esistono debiti, mostrino queste ‘bolle’ e le concedano. Per le carte, per la cera, per l’inchiostro e per altre cose minute e necessarie al Comune, e su tali cose non si può far risultare alcun istrumento pubblico, né una sentenza, né una delibera, essi possano concedere le ‘bolle’ secondo come sembrerà più utile e meglio per il Comune e per ciascuna singola cosa tra queste stesse. E questi Regolatori debbano eseguire, col vincolo del giuramento, tutte queste cose, sotto pena di 50 libre di denaro per ciascuno e per qualsivoglia caso, quando abbiano trasgredito. Questi Regolatori non possano fare giammai le ‘bolle’ straordinarie dal denaro del Comune se non siano derivate da una delibera della Cernita, ad eccezione delle bolle riguardanti <spese> per la fabbrica e le riparazioni del palazzo, delle strade della Città, delle mura, e per gli oratori o ambasciatori che vengono mandati in Provincia; altrimenti <le bolle> siano totalmente nulle, e i Regolatori e il Notaio loro scrivente incorrano per il fatto stesso nella pena del doppio della somma contenuta nella detta ‘bolla’ <non valida>. E allo scopo che non si commetta una frode nel loro officio, vogliamo che ci siano due registri simili che vanno scritti dallo stesso Notaio nei quali sono registrati questi debiti e uno di questi registri debba restare presso i Priori e il Gonfaloniere del popolo e l’altro presso i detti Regolatori. E senza il consenso e la volontà dei signori Priori e del Gonfaloniere non pussa essere registrato alcun creditore né debitore in questo registro. Se in contrasto a ciò si scrivesse, la scrittura non abbia validità. E dopo ultimato il loro officio, debbano fare il rendiconto del loro officio, come è contenuto nel capitolo sul dovere dei rendiconti degli officiali. Inoltre nessuno dei Regolatori del Comune di Fermo, neanche il loro Notaio, durante il loro officio, non possa né debba acquistare o comperare alcun bene, una proprietà e qualsiasi cosa del Comune, né alcunché pertinente in qualche modo a questo Comune, da se stessi o tramite altri, per nessun titolo, diritto o motivo, in nessun modo, sotto penalità di 1000 libre di denaro per ciascuno e per ciascuna volta, da imporsi ad opera del Rettore di Fermo o del loro sindacatore, sul fatto, senza alcun processo, e per questa stessa cosa, qualora abbiano trasgredito, e siano privati e si intendano privati in perpetuo di tutti e i singoli gli uffici e i benefici della Città e del contado di Fermo. E il Rettore di Fermo e il Sindacatore di questi Regolatori e del loro notaio abbiano il mero e libero arbitrio per fare indagine sulle anzidette cose contro costoro e di punire con le dette pene chi abbia trasgredito. Eccetto che per furto e “baratteria” questi i sindacatori non possano essere sottoposti al sindacato su queste cose. Inoltre questi Regolatori debbano essere presenti a tutte e le singole riunioni di Credenza, e ai Consigli, presso i palazzi dei signori Priori e del Gonfaloniere, ad ogni loro richiesta. Inoltre debbono avere cura e sollecitudine per le gabelle e per le altre cose e per i beni del Comune, affinché questi beni non siano amministrati male, né dilapidati. Inoltre siano obbligati e debbano, due volte in ciascun mese, fare la presentazione di tutti e i singoli officiali e degli stipendiati del Comune di Fermo e dei collaboratori dei signori Priori. E dopo fatta questa presentazione, nel successivo Consiglio, subito, debbano far leggere i “puntati” <assenti>, se ve ne sono, e dopo che questi sono stati letti, siano obbligati a dare per iscritto i nomi di questi “puntati” al Notaio del registro e questo notaio del registro, insieme con i Regolatori e con il loro Notaio, debbano esaminare e scomputare tali puntature <degli assenti> dai loro salari o stipendi. E dopo fatto questo scomputo, per mezzo di una ‘bolla’ degli stessi Regolatori, anzitutto facciano registrare questa bolla e dopo aver registrata così questa ‘bolla’, la debbono mandare al Banchiere del Comune. E secondo questa bolla, questo Banchiere debba fare i pagamenti e per nulla in modo diverso, sicché nel dover fare a suo tempo i pagamenti ai Rettori, o agli stipendiati, si consideri quanto debba essere detratto, affinché il commettere frode alcuna non abbia validità. Queste sono le penalità delle puntature <di assenze> cioè per le persone del Podestà e del Capitano e del Giudice di giustizia 100 fiorini d’oro per ciascuno e per ciascuna puntatura, e per il Vicario del Podestà e del Capitano fiorini 50; per il Giudice dei reati fiorini 30; per ciascun milite fiorini 25; per ciascun Notaio fiorini 10; per ciascun damigello fiorini 5, per ciascun collaboratore fiorini 3 e per ciascun cavallo fiorini 4. Le pene in realtà della puntatura degli stipendiati del contado e dei Castelli di Fermo: per ciascuno stipendiato, sia soldato, sia cavaliere, perda la paga di un mese, per chi è riscontrato ‘puntato’ <assente>. Le pene poi di puntatura per gli officiali del contado e dei Castelli di Fermo, per ciascun officiale principale, fiorini 10, per il Vicario o per il Notaio fiorini 5; per ciascun collaboratore fiorini 3. Ma le pene per i Castellani siano fiorini 25 a ciascun castellano. E tutte queste singole pene delle puntature siano assegnate al Comune di Fermo. Inoltre uno solo dei Regolatori insieme con uno solo degli officiali del Capitano del popolo o del Podestà o di altro officiale, vada insieme una volta in ciascun mese almeno a dover fare la presentazione degli officiali del contado e dei Castelli e delle incaricati alle Rocche e degli altri stipendiati che ci fossero nel contado di Fermo e faccia questa presentazione con fedeltà e con diligenza e debba portare in iscritto e far leggere nel Consiglio del Comune tutti quelli ‘puntati’ nel contado. Egli debba segnare gli eletti per il Notaio del registro e per il Notaio dei Regolatori, che li registrino e facciano lo scomputo per mezzo di una loro bolla registrata, come già detto e li pongano nelle entrate del Comune e infine li consegnino al notaio del Banchiere che li registri e li ponga nelle entrate del Comune. E al momento del pagamento del tale Notaio, officiale o addetto alla rocca debba fare la detrazione dalla paga di costui. E ciascun Rettore sia obbligato per gli anzidetti a mandare uno solo dei suoi officiali con uno solo di questi Regolatori, ad ogni sua richiesta, per fare la rivisita di queste Rocche e le presentazioni, sotto pena per ciascun Rettore di 100 libre di denaro quando trasgredisca o quando rifiuti di fare le dette cose, per ciascuno e per ciascuna volta. I Regolatori, in realtà, e il loro Notaio, quando siano stati negligenti in queste cose o in qualcuna delle dette cose, o non abbiano compiuto queste cose o qualcuna di esse, siano puniti con la penalità di libre 50 di denaro, sul fatto, per ciascuno e per ciascuna volta, senza alcun processo. Inoltre tutti i singoli Rettori e gli officiali del Comune di Fermo sono obbligati e debbano praticare tutte le singole cose contenute in questo statuto, con vincolo di giuramento, con penalità di 100 libre di denari per ciascuno e per ciascuna volta quando abbiano agito in contrasto con le cose scritte sotto e scritte sopra o contro qualcuna di queste. E allo scopo non abbia validità che il Comune venga defraudato, si debbano dare e concedere i collaboratori a questi Regolatori per riscuotere le male paghe o altri debitori del Comune, o quelli che tengono qualcosa spettante a questo Comune. E questi Regolatori siano obbligati anche a rivedere, insieme con un officiale del Comune di Fermo e a considerare le fortificazioni delle Rocche e le cose che sono in esse, nel contado, cioè tanto le fortificazioni che vi stanno per il Comune di Fermo, come pure degli incaricati delle Rocche e dei Castellani. E quando vanno alla rivisita di queste Rocche portino con sé una copia dell’inventario della fortificazione di ciascun Castello o Rocca e facciano la relazione al Consiglio speciale per le cose non ritrovate. E il Capitano oppure il Podestà di Fermo, dopo aver preso visione di questa relazione, debbano punire e condannare sul fatto e senza nessun processo colui o coloro che abbiano commesso qualche frode riguardo alle fortificazioni di queste Rocche, con restituzione del triplo di quanto hanno defraudato al Comune e diano punizioni con altre pene, sul fatto e ad arbitrio del Rettore e per la cosa stessa <il colpevole> perda il suo salario e per il resto sia privato di ogni officio e di ogni beneficio del Comune di Fermo. E si faccia fede riguardo alle dette cose alla sola relazione dell’officiale e così si tenga <stabilito>. Inoltre riguardi principalmente l’officio di questi Regolatori <l’incarico> di rivedere e calcolare i registri e i rendiconti dei Banchieri del Comune, e di altri officiali nelle mani dei quali si sa per i soldi, per le cose e per i beni del Comune, entro quindici giorni dopo che la notizia sia arrivate a questi Regolatori e facciano scrivere subito nel loro registro, per mano del loro Notaio, quel calcolo che avranno trovato o deliberato e in ogni caso debbano consegnarlo al Notaio del registro in modo tale che ogni cosa risulti evidente nel registro di registrazione. Questi Regolatori siano obbligati alle anzidette cose, anche il loro Notaio e il Notaio del registro, sotto penalità di 25 libre di denaro per ciascuno di essi, e di fare tale restituzione del danno che è stato patito dal Comune a motivo della omissione di costoro, e di qualsivoglia di questi. E riguardo a tutto quanto è contenuto nel presente statuto e ad ogni altra cosa <dannosa> commessa per opera di questi o di uno di questi, in frode, a danno e a detrimento di questo Comune, questi Regolatori debbono essere sindacati quando hanno ultimato il loro officio, ad opera del Giudice di giustizia o del Capitano del popolo, secondo la forma dello statuto che sta nella rubrica che riguarda il sindacato dei signori Priori del popolo e altro.

       2 Rub.20L’officio del Banchiere e del suo Notaio.

   l’officio del Banchiere del Comune sia tale, cioè che prima di iniziare il suo officio faccia il giuramento corporale di reggere e di esercitare il suo officio bene, fedelmente e legalmente e senza frode e secondo la forma degli statuti del Comune di Fermo e di non venderlo, e dopo ultimato il suo officio fare un rendiconto sufficientemente delle cose fatte da lui nel medesimo officio e debba su ciò presentare idonei fideiussori. Faccia un giuramento simile anche il suo Notaio che sia Notaio pubblico di autorità imperiale o apostolica e debba giurare insieme con questo Banchiere nella sala grande del Palazzo insieme con altri cittadini, di fronte ai signori Priori. Qualora si sia fatto in modo diverso, i signori Priori respingano questo Banchiere e non ammettano questo Banchiere in alcun modo al giuramento. E il Cancelliere non faccia la stipula, né lo accolga, sotto la penalità di 10 ducati per ciascuno dei signori Priori e per il Cancelliere 5 ducati da trattenere sul fatto dal loro salario e da pagare qualora abbiano trasgredito. Essi possano e debbano eleggere ed estrarre un altro Banchiere tra quelli nel bussolo per esercitare l’officio di Banchierato, con un Notaio da prendere e da avere, come già detto. E questo Banchiere sia obbligato anzitutto ad avere la borsa che gli va consegnata a spese del Comune in cui sempre tenga i soldi di questo Comune e non in altra borsa. Inoltre questo Banchiere e il suo Notaio hanno obbligo di stare nel palazzo dei Priori al banco, dove sarà loro ordinato ed esercitare soltanto ad opera propria il loro officio e riporre i registri degli atti del loro officio dentro lo arci-scanno del Comune e non tenere fuori dal palazzo questi registri, né alcuno di questi, neppure portarli fuori dal luogo della loro residenza, né permettere in alcun modo di portarli fuori, neppure scrivere o fare in qualche modo alcuna scrittura né atto pertinente al loro officio in altro luogo, se non in questo detto. E ciascuno, tanto il Banchiere quanto il Notaio abbia il suo registro fatto da sé, in cui scrive le entrate e le uscite dei conti del Comune, e da se stessi e non per mezzo di un sostituto scrivano il giorno, la località, i testimoni in queste scritture; e quanto fatto in modo diverso non ha validità per il diritto stesso, con penalità per chiunque trasgredisca in una delle cose predette di 25 libre di denaro, per qualsivoglia volta. Inoltre il Notaio di questo Banchiere sia obbligato, tutte le volte che in Consiglio sono presentate le sentenze penali <fatte> nella Curia del Podestà o del Capitano, a stare presente per dover ascoltare queste sentenze insieme con il Notaio del Rettore che le legge e tenere nelle mani una pergamena di queste sentenze, scritta di mano del Notaio che legge nelle pergamene in quel momento; e dopo che la sentenza è stata proclamata la debba prendere con sé e riporla nel detto arci-scanno, sotto pena di 10 libre di denaro per ciascuna volta. E le sentenze penali non possano essere né presentate, né lette senza la presenza e la richiesta del detto Notaio, sotto pena, per ciascuna volta, di 100 libre di denaro per ciascun Rettore e per l’officiale che trasgrediscano e 100 denaro per il Notaio per ciascuna volta che le leggesse in modo diverso. E il Rettore o l’officiale che presenta le sentenze e il Notaio che le legge, qualora non abbia presentato le copie di queste sentenze, quando così queste sono lette o fatte conoscere, né le abbia date a questo Notaio del Banchiere, sia no puniti con la pena, per ciascuna volta, di 200 libre di denari; ma per il Notaio che legge la pena sia di 25 libre di denaro, per ciascuna volta. E il Banchiere e il suo Notaio facciano insistenza sollecitando che queste sentenze pubblicate siano messe in esecuzione. Inoltre questo Banchiere sia obbligato a custodire e a salvaguardare con diligenza e fedeltà, tutti i soldi e le cose pertinenti al Comune che dalle condanne e da altri modi siano pervenute nelle sue mani. Questo Banchiere e il suo Notaio, di mano propria, ciascuno nel suo registro, senza intervallo di tempo, debbono fare la registrazione delle entrate dei conti del Comune, nel modo e nella forma indicati sopra, sotto pena di 100 libre di denari per ciascuno e per ciascuna volta. Questo Banchiere non possa fare alcuna dichiarazione né contenuto dei soldi né di cosa che riguardasse il Comune, senza l’intervento di un pagamento manuale e della consegna, sotto penalità, per qualsivoglia volta e per ciascuno di loro di 100 libre di denaro  per il Banchiere e per il Notaio che scrive ciò, da esigersi sul fatto anche durante il loro officio, ad opera del Rettore o del Giudice di giustizia della Città di Fermo. E quello che venisse fatto in maniera diversa, non ha validità per il diritto stesso. E questo Banchiere non possa dare né pagare alcuna cosa né una somma di soldi di questo Comune o pertinenti a questo Comune a nessuno, se precedentemente non ha visto la bolla e il mandato dei signori Priori e del Gonfaloniere che sia scritta di mano del loro Notaio e segnata con il loro sigillo e approvata poi dai Regolatori del Comune, e al riguardo sottoscritta di mano del Notaio e ad opera di costoro dotata di sigillata, e contenente scritta la somma o la cosa e il motivo, anche la persona a cui si facciano la consegna o il pagamento, e dopo che questa bolla sia stata vista e sottoscritta dal Notaio del registro. In realtà non possa ricevere cosa alcuna né somma di soldi che siano pertinenti al Comune o di questo Comune in altro modo se prima non ha avuto la ‘bolla’ dei signori Priori, e del Gonfaloniere, scritta di mano del loro Notaio e sottoscritta solennemente e dotata di sigillo almeno con il loro sigillo piccolo e contenente <scritta> la somma o la cosa. E lo stesso Banchiere dopo ricevuta questa bolla, sia obbligato a scrivere di propria mano sotto questa stessa che ha ricevuto, e in quale giorno, la somma o la cosa ivi contenuta, e infine rimandarla al Notaio dei Regolatori e del registro, che la debbano registrare. E poi dopo che è stata così registrata egli la debba mandare al Notaio dei signori Priori che la debba subito mettere nella filza e conservare. Il Notaio del Banchiere debba registrare queste bollette che contengono le cose predette, aggiungendo solennemente il giorno della presentazione. Questo Banchiere infine debba mandare in esecuzione le cose contenute in essa. E lui stesso, come anche il suo Notaio, ciascuno sia obbligato a scrivere di propria mano nel suo registro le cose ricevute, date e pagate nei conti del Comune. E non sia lecito al Notaio nel fare la registrazione, né al Banchiere nel pagare e nell’eseguire secondo quanto contenuto in una bolletta sottoscritta, di cambiare l’ordine degli atti o delle scritture, posporre o mutare, sotto pena di perdita dell’officio e di 100 libre di denari per chi trasgredisca e per ciascuna volta, nei singoli casi anzidetti, da esigersi sul fatto. E se questo Banchiere non avesse di che soddisfare (in pagamento) quanto contenuto in tali bollette registrate, come già detto, il suo successore sia obbligato ad eseguire le dette cose secondo l’ordine delle scritture del suo predecessore, quando <la somma> sarà giunta nelle sue mani, dai soldi e dall’avere dal Comune. Il Banchiere comunale non possa spendere alcunché né pagare per le migliorie di qualche palazzo, dell’ospitalità, della masseria o di alcun’altra cosa del Rettore o di un officiale del Comune, senza la ‘bolla’ solennizzata nel detto modo, altrimenti restituisca dal proprio <avere>. E qualora risultasse che abbia speso a nome del Comune più di quanto stia nell’entrata che gli sia pervenuta per il Comune, venga imputato a lui stesso, a propria perdita. Egli non ammetta alcuna delega da nessuno, né una compensazione di alcun debito a cui il Comune fosse stato obbligato, per qualsiasi ragione o causa, ad eccezione di qualcosa (?) per cui il Comune fosse stato obbligato a risarcire quel tale, oppure chi delegasse a nome suo proprio o ereditario: in questo caso egli possa e debba farlo, dopo aver rispettato la solennità della detta bolla; con penalità per il Banchiere che trasgredisca in qualche cosa, di 100 libre di denaro per ciascuna volta. E quello che sia stato fatto in modo contrastante, non abbia validità per il diritto stesso. Aggiungiamo inoltre che questo Banchiere non osi, né presuma prelevare, spendere, né toccare senza una delibera della Cernita i denari dell’assetto <provviste> del contado, se non per il pagamento delle taglie. E se i signori Priori o i Regolatori lo comandassero, egli non sia obbligato ad obbedire; ma chi trasgredisca venga privato degli uffici e dei benefici per il fatto stesso e sia anche messo in carcere per riconsegnare e restituire i soldi prelevati dall’assetto. E da qui non sia scarcerato fino a quando non avrà ridato i soldi e abbia pagato per queste taglie da soddisfare. Questo Banchiere sia obbligato e debba pagare i soldi degli assetti per gli assetti, quelli delle arti per le arti, le cose ordinarie per le cose ordinarie, le altre cose per altre cose, secondo come sarà stato l’ordine, e pagare tutte le ‘bolle’ ordinarie e non straordinarie, senza una delibera della Cernita, sotto la pena predetta di privazione, con questa espressa dichiarazione che nel tempo del suo rendiconto da fare e da calcolare, i Regolatori non ammettano in alcun modo tali bolle straordinarie pagate, ma si intenda che il Banchiere stesso le abbia pagate con i suoi propri soldi. E qualora a motivo del prelievo da fare dei soldi dell’assetto, ad opera di questo Banchiere, avvenissero esecuzioni e corressero spese al Comune, allora ricadano sul detto Banchiere che sia obbligato e costretto a pagare dai suoi propri soldi dette spese e le esecuzioni da fare in occasione del pagamento delle taglie. E dopo che ha ultimato il suo officio non possa né debba scrivere né aggiungere nulla nel registro o bastardello, sotto pena di 50 ducati. E neppure il Notaio dei Regolatori faccia alcuna aggiunta nel registro. E questo Banchiere non possa, né ad opera sua, né tramite altri, comprare o ricevere da alcuno qualsiasi qualche diritto contro il Comune, né valga a prendere o trattenere <per sé> qualcosa dai soldi e dall’avere del Comune, a motivo di cosa acquistata o ricevuta o acquisita, sotto pena di cento libre di denaro per ciascuna volta. E tutto quello che sia stato fatto in modo contrastante non abbia validità per il diritto stesso. Egli perda il costo e restituisca quanto ricevuto o trattenuto del Comune, e il restituito sia assegnato al Comune. Su queste cose possa essere accusato da chiunque. Inoltre il Banchiere e il suo Notaio, durante il loro officio, non possa, ad opera propria né tramite altri, comprare o ricevere nessuna gabella del Comune o qualsiasi altra cosa o diritto del Comune, né cosa pertinente al Comune, né acquisirla, con nessun titolo o aspetto, sotto pena di 100 libre di denaro da riscuotere sul fatto da chiunque trasgredisca, per ciascuna volta, senza processo e perda la spesa insieme con la cosa o il diritto per il fatto stesso. Inoltre questo Banchiere paghi il salario al Podestà, al Capitano e a ciascun altro officiale del Comune, a ciascuno di questi, nel seguente modo: cioè la terza parte al termine dei primi due mesi, un’altra terza parte alla fine dei successivi due mesi, e la restante terza parte al termine del suo sindacato. E dopo ultimato questo sindacato e dopo fatto il rendiconto, se non avvenisse una condanna, sia fatto il pagamento, ma ricevendo prima, da questo Banchiere e dal Notaio del registro, a nome del Comune, la quietanza totale e sufficiente e finale, fatta da questo Rettore o dall’officiale per quanto potesse chiedere in occasione del salario del suo officio, diversamente si intenda che avesse pagato con i soldi propri. Inoltre questo Banchiere e il suo Notaio, non possano ricevere soldi o cose, né chiederli per una bolletta che abbia dato a qualcuno e l’abbia fatta nel far fede al Rettore o a un officiale sulla condanna che qualcuno abbia pagato, o per qualsiasi altra bolla o scrittura che abbia dato nel suo officio o abbia fatto. Ma piuttosto sia obbligato ciascuno di essi, gratis, a dare subito gratis e fare la bolla <ricevuta> di tale pagamento, e delle altre cose opportune, su richiesta o domanda di un tale solvente e di colui a cui spetta, sotto pena di 10 libre di denaro per ciascuno e per ciascuna volta. Questo Banchiere non riceva né faccia ricevere alcuna ricompensa, né dono, né premio o regalo ospitale da qualche persona alla quale il Comune o il Banchiere per il Comune dovesse qualcosa, per pagare tale debito, o per sbrigare il pagamento o per qualche altra occasione o motivo o ragione del suo officio; e se abbia trasgredito ad opera sua o tramite altri, prendendo qualcosa o trattenendola in qualche modo o per un colore qualsiasi richiesto da parte di colui con il quale il Comune fosse in debito per qualsiasi causa o su altro a nome di lui, sia punito ad opera del Podestà o del Capitano, anche durante il suo officio, o dopo, o anche ad opera del Sindacatore, per ciascuna volta, a libre 100 sul fatto e senza processo alcuno e tuttavia qualunque cosa abbia ricevuto o abbia tenuto nella detta occasione la debba lasciare e in più oltre a questo pagare il doppio al Comune e venga costretto a consegnarla nel predetto modo e per il resto sia escluso e privato in perpetuo, per ciò stesso, di ogni e singolo officio della Città e del contado di Fermo in perpetuo. E non si possa può fare appello, querela, reclamo, supplica di restituzione all’intero, o trattare di nullità o fare opposizione per la sentenza che si debba emettere, né per la pena da imporre per le dette cose contro questo Banchiere e il suo Notaio. E ciascun Rettore della Città di Fermo abbia libero arbitrio di fare indagine, investigazione e punizione e condannare i predetti sulle dette cose, sul fatto, senza processo alcuno. E le cose che contro costoro saranno state fatte o stabilite su ciò per qualcuna delle dette occasioni, il Rettore o l’officiale che stabilisce o fa in tal modo non debba o possa essere sindacato, né stare al sindacato se non soltanto per furto e “baratteria”. E qualora capitasse che si faccia una procedura sulle dette cose contro questo Banchiere, durante il suo officio e sia stato punito e condannato, venga deposto dal suo officio, per ciò stesso, e faccia il suo rendiconto al Comune entro il terzo giorno e chiunque sia considerato come legittimo accusatore e denunciatore sulle dette cose e sia tenuto segreto, e venga praticato per le cose passate, presenti e future. E questo Banchiere, anche il suo Notaio, abbiano dai soldi del Comune il salario consueto che lo stesso Banchiere validamente tiene per sé dai detti soldi, tuttavia interponendo la solennità della detta bolletta. E sia obbligato entro i detti tre giorni dall’ultimazione del suo officio, a riconsegnare ai Regolatori i suoi registri e le dette bollette dei conti anzidetti; e qualora entro tali tre giorni non lo abbia fatto, sia punito a libre 100 di denaro ad opera di qualsiasi Rettore. E dopo visto e fatto il rendiconto della sua amministrazione, ad opera di questi Regolatori deputati a ciò, i detti registri con le bollette dei pagamenti fatte dallo stesso Banchiere, debbano essere siano riposti in un sacchetto, tra le altre scritture del Comune. E qualora questo Banchiere, o il suo Notaio in questo loro officio abbiano commesso qualche frode in tale suo officio, in contrasto alla forma di questo statuto o di altri statuti che riguardano il suo officio, sia punito a libero arbitrio del Podestà, del Capitano, o del sindacatore, anche sul fatto e senza processo alcuno, considerando la qualità di reato, facendo salvi comunque gli statuti e le dette pene. Chiunque sia considerato legittimo accusatore e denunciatore riguardo alle dette cose. E questi Rettori possano fare indagini e investigare con libero arbitrio, anche senza praticare nessuna solennità, anche punire e condannare, come già detto. E ciascun Banchiere sia obbligato a tenere la copia di questo statuto, affinché l’allegare l’ignoranza sulle dette cose non sia valido. Inoltre nella mattinata quando i signori Priori e il Vessillifero di giustizia consegnano le chiavi e i sigilli del Comune ai loro successori nel loro officio, questo Banchiere sia obbligato ad mostrarsi, subito dopo fatta la riconsegna da parte di questi signori Priori e del Gonfaloniere, alla presenza di questi signori e di fronte a tutti gli astanti in questa consegna, e dica al tale successore nel suo officio, pubblicamente e apertamente: “Io consegna a te, tale, mio successore la borsa in cui è consuetudine che siano tenuti i soldi del Comune e in questa restituisco le rimanenze restituisco a te, cioè ‘tanti’ che stanno in questa borsa”. E qualora non ci sia alcun avanzo, allora consegna questa borsa vuota a lui e dica che a se stesso non avanza nulla, in modo che ivi a tutti gli astanti giunga la notizia se c’è qualche avanzo o no. E il Notaio del Banchiere successore sia obbligato a scrivere questa riconsegna di questa borsa, con ordine all’inizio del registro della sue entrate; poi questo Banchiere che abbia ultimato così il suo officio, e riconsegnato la borsa in tale modo, anche il suo Notaio siano obbligati, entro il terzo giorno a restituire e riconsegnare, ai Regolatori di questo Comune, quei registri delle entrate e delle uscite e di tutti i conti di questo Banchiere, in modo che sia visibile chiaramente la contabilità e si possa esaminarla. E qualora, nel rendere la contabilità, si sia riscontrato che questo Banchiere non abbia riconsegnato tutto intero il residuo dei soldi da restituire, nel momento della riconsegna di questa borsa, sia obbligato al doppio di ciò che avrebbe dovuto riconsegnare, se fosse obbligato allorquando ha riconsegnato la borsa e oltre a ciò sia punito ad arbitrio del sindacatore.

       2 Rub.21L’officio dei Consoli dei Mercanti.

   Questo sia l’officio dei Consoli dei negozianti per l’officio del consolato e del loro Notaio, cioè questi Consoli e il loro Notaio debbano stare continuamente nelle ore congrue, nel luogo consueto per il rendiconto e per esaminare ed ultimare tutte le questioni che vertono tra qualsiasi persone, sia cittadini che forestieri in occasione di un acquisto o di una vendita di mercanzie di cose mobili tanto effettuate, quanto da effettuare, attraverso il mare o per terra ad opera di chiunque, e di qualsiasi quantità siano state ed esaminare tutte le altre questioni per qualsivoglia motivo fino alla somma di 100 soldi di denari soltanto; purché la parte attiva giuri che debba ricevere per questa causa una somma non maggiore per non fare la divisione della somma per la stessa causa, e affinché non si commetta una frode in questa giurisdizione. E sempre si consideri quel che sia dovuto e non quello che viene richiesto. E quanto sia stato fatto in maniera difforme non abbia validità né regga per il diritto stesso. Nelle altre questioni poi o nelle cause, questi Consoli non possano intromettersi né possano esaminarle, né abbiano giurisdizione, se non quando spontaneamente i litiganti vorranno stare insieme alla loro presenza e spontaneamente faranno la lite e daranno le risposte di fronte a costoro; e su queste questioni che si dibattono di fronte ad essi, possano indagare e definirle in modo sommario, semplicemente e pacatamente, senza rumore e senza parvenza di processo, omettendo qualsiasi solennità e essenzialità, ma solamente con l’aver scoperto la verità del fatto. E siano obbligati a decidere qualsiasi cause vertenti di fronte a loro, delle quali fanno le indagini, senza <chiedere> il consenso delle parti e debbano ultimare entro 25 giorni da calcolare dal giorno della prima citazione, sotto pena di 25 libre di denaro per ciascuno e per ciascuna volta. Entro questa scadenza decidano le cause di cui hanno conoscenza per spontaneo consenso, se sono di prezzo di 25 libre di denaro o meno di questo, e sotto la detta penalità.  Nelle altre <cause> poi mantengano il modo ordinato e le scadenze ordinate nelle cause civili ordinarie che stanno nel registro delle cause civili. Questa scadenza nella Curia di questi Consoli decorra dal giorno della concessione della contumacia in tutti i giorni anche festivi che tuttavia non siano indotti al culto in onore di Dio; purché a costoro sia sempre chiaro, riguardo a queste cose, e manifestato per mezzo di un istrumento o di una scrittura, di mano del debitore o del promettitore della somma, o di qualche cosa, o per mezzo della confessione della parte, o tramite i testimoni, o per mezzo della prova semi-completa e tramite il giuramento della parte di colui dal quale questi Consoli dei negozianti considerano opportuno debba farsi. E il Podestà o il Capitano, in carica nel tempo, siano obbligati e debbano mettere in esecuzione le sentenze e i precetti pubblicati e fatti ad opera di questi Consoli secondo la giurisdizione degli stessi Consoli, costringendo la parte condannata in maniera reale e personale, come sembrerà più e conveniente a questi signori Rettori o ad uno di loro due che mettono in esecuzione i precetti o le sentenze. Nell’esercizio di questo loro officio questi Consoli possano imporre le pene e i bandi fino alla somma di 25 libre di denaro inclusivamente o meno di ciò, in considerazione della quantità e della qualità del fatto e della faccenda della causa. Il Podestà il Capitano o chiunque di questi sia obbligato a fare la riscossione di questi bandi imposti e da imporre ad opera di questi Consoli e a prelevare alla parte disobbediente, su richiesta di questi Consoli o della parte a favore della quale queste cose si fanno, e dopo trascorsi 10 giorni dal giorno del precetto fatto, <debba> fermare e far fermare nel Palazzo questi disobbedienti e mandare gli aiutanti ed il balivo del Comune a catturare colui o coloro che gli stessi consoli avranno voluto ed avranno dichiarato per questi debiti da pagare o per i bandi imposti nelle occasioni dette sopra, secondo la sentenza e il mandato di costoro. E questi Consoli siano obbligati a fare e a far fare tali cose, adempierle e metterle in esecuzione, come è stato detto sopra, e essi stessi e il loro Notaio debbano esercitare bene e legalmente questo officio, ed agire senza frode, e senza alcuna malizia e secondo la predetta maniera e se procedessero in modo difforme non c’è validità per il diritto stesso. E questi Consoli ed il loro Notaio all’inizio del loro officio debbano fare il giuramento di esercitare bene e legalmente questo officio e non possano avere alcun salario, né debbano averlo dal Comune né da persone speciali, se non secondo le scritture che fossero fatte in occasione di questo officio e percepire in questo officio secondo il modo e la forma data nel capitolo sul salario dei Notai delle banche civili di questa Città. Questo salario poi o guadagno venga diviso tra questi Consoli e il loro Notaio e ciascuno secondo la rata. E questi Consoli e il loro Notaio siano eletti in questo modo, cioè si usi un solo sacchetto in cui si ripongono tre marsupi e in uno di questi si ripongono sei cedole in pallottole di cera e ciascuna di queste pallottole <di nomi> contenga un avvocato o procuratore del collegio e iscritto in matricola, ed un negoziante, e un Notaio tra la contrada Castello e la contrada Pila; in un altro marsupio siano poste altre sei cedole nelle predette pallottole e ciascuna di queste contenga un avvocato o un procuratore del collegio, come detto sopra, e un negoziante, e un Notaio tra la contrada San Martino e la contrada Fiorenza; e la stessa forma e modo si pratichino in contrada San Bartolomeo e Campoleggio. E questo ordinamento si faccia ad opera dei signori Priori e del Gonfaloniere di giustizia e di due buoni uomini per <ciascuna> contrada. E questi Consoli e il Notaio siano estratti da questo sacchetto, finché durano queste cedole. Dopo finite queste, se ne fanno altre di nuovo nella forma e nel modo già detti. E le autorizzazioni delle tenute date e da darsi e da riceversi abbiano validità in base all’autorità dei Consoli a favore dei creditori contro i debitori. E queste tenute si tengano per l’autorità del presente statuto, e tali tenute siano messe in esecuzione come è contenuto nel capitolo sulle licenze e sulle tenute. E il presente statuto sia e debba essere preciso e deroghi per ogni altro statuto fatto, e provvigione e delibera fatte. E questi Consoli siano obbligati e debbano in tutto e per tutto adempiere questo statuto e non immischiarsi in altre questioni su cui non facesse l’indagine, secondo la forma del presente statuto. E se trasgredissero le cose contenute nel presente statuto, ciò che abbiano fatto non abbia validità per il diritto stesso, e gli officiali del Comune non siano obbligati ad eseguire le cose che fuori da tale giurisdizione si facessero. E questi Consoli siano obbligati ad esercitare il proprio officio da sé stessi, né lo possano affidare ad altri; tuttavia uno di loro due possa affidare all’altro la commissione di indagare sulle cause vertenti di fronte a loro esclusivamente, fino alla sentenza. In realtà, questi due poi siano obbligati a dare insieme le sentenze definitive e a pubblicarle; e si facesse diversamente la sentenza non abbia nessuna validità, in qualsiasi modo. Aggiungiamo che il loro Notaio sia obbligato e debba registrare e annotare tutti i loro atti e le sentenze nel registro da farsi nel tempo dell’officio dei Consoli e dopo ultimato il tempo dell’officio dei detti Consoli, restituisca al Notaio dei Regolatori il già detto registro che è stato reso pubblico. E questo Notaio dei Regolatori sia obbligato gratis e senza alcun compenso, a mostrare questo registro a chiunque pensa di essere interessato per le sue cose, tutte le volte che costui avrà voluto vedere e leggere questo registro.

      2 Rub.22L’officio del Massaro che debba provvedere e rivedere le masserizie e le fortificazioni del Comune.

   Sia e si intenda che è Massaro del Comune della Città di Fermo colui che è e sarà in futuro, il Sindaco del Comune per le faccende; colui che è e sia stato eletto per l’officio del registro del Comune sia e si intenda che è chiamato suo Notaio. Questo tale Massaro sia obbligato e debba fare scrivere a questo Notaio e debba far fare l’inventario di tutte le cose e le masserizie del Comune che stanno e che staranno nel palazzo dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia, del signor Podestà, del signor Capitano o del Giudice di giustizia o di qualsiasi altro officiale ‘forense’ di questo Comune, il quale avesse alcune masserizie o cose dai beni e dalle cose di questo Comune e debba farne la consegna ai signori Priori e agli altri detti officiali, nel primo giorno quando entrano nel palazzo di loro abitazione, con un rogito del notaio. E nel tempo in cui questi officiali debbano <alla fine> fare l’uscita dal palazzo, debba riscuotere da costoro il rendiconto di tali cose e delle dette masserizie e da loro debba riprendere le dette cose illese. Qualora questi signori Priori, il Podestà, e il Capitano o il Giudice di giustizia o gli altri officiali già detti non restituissero intatte le cose date e consegnate a loro, tramite questo Massaro, essi siano obbligati a fare il rimedio e farle rifare con il proprio loro salario. E il Sindaco che farà il sindacato di costoro o di qualcuno di essi, a richiesta del detto Massaro, nel tempo del sindacato, sia obbligato a far fare dal salario di questo tale officiale che ha perduto o rovinato le dette cose e a spese di questo officiale che non rimedia le cose già dette, o non le restituisce. E si faccia l’acquisto di altra cosa che sostituisca quella perduta o rovinata e sia ristabilita, in modo che le cose e le masserizie del Comune siano sempre mantenute e amministrate. Qualora questo Massaro o il suo Notaio siano risultati negligenti in qualcuna delle cose dette, e qualora si perdesse o si distruggesse qualcuna delle dette cose e non si facesse il recupero da parte di questi officiali, come detto sopra, per loro negligenza, oppure non lo esigessero, incorrano nella pena di 10 libre di denaro per ciascuna volta e per qualsiasi cosa o per detta masserizia e per ciascuno di essi, e tuttavia siano obbligati al recupero di queste cose o masserizie perdute o distrutte, a proprie spese. E il successore di questo Massaro sia obbligato a riscuotere il rendiconto dal suo predecessore o vedere gli inventari che il suo predecessore ha fatti con rogito notarile, e averne da lui la consegna, in modo che, con chiarezza e apertamente, si veda per difetto di chi le cose e le suppellettili siano perse. E chi avesse il difetto di aver fatto perdere o rovinare le masserizie che poi non fossero chieste o rimediate da questi officiali, sia obbligato a queste penalità e al già detto recupero.  

       2 Rub.23L’elezione dei Notai dei Tribunali dei banchi <dei giudici> civili e degli appelli e il loro officio.

   In questo modo i notai dei banchi per gli atti civili e per gli appelli siano eletti e il loro officio sia tale, cioè ogni Podestà all’inizio del suo officio o governo, nel Consiglio dei 150 faccia eleggere alle “scarfine” <controlli>, secondo il solito modo, quattro notai per <ciascuna> contrada, buoni, esperti, e legali, di età almeno di 25 anni. E costui debba sedere e stare presso i banchi delle cause civili insieme con il Podestà e con i suoi Giudici. Due di questi notai siano i notai degli appelli insieme con il Capitano e con il suo Giudice, oppure, qualora se non ci sia il Capitano, insieme stia con il Giudice di giustizia e degli appelli. E quelli che siano stati scelti per le cause civili, non possano stare all’officio degli appelli e viceversa i notai degli appelli non possano stare, né esercitare l’officio delle cause civili, durante detto tempo. E colui cui capitasse questa “scarfina”, non può trattenerla per sé se non è un Notaio buono, esperto e legale; ma, come è stato detto, eleggere un altro Notaio buono, esperto e legale. E il loro officio duri sei mesi, cioè dall’inizio dell’officio del Podestà fino alla fine del suo officio. E nessuno possa essere eletto a questo officio se non sia <uno> dei Cittadini e degli abitanti della Città di Fermo, almeno da più di venti anni, lui stesso, il padre e il nonno e se non abbia almeno l’età di 25 anni, come già detto. E qualora qualcuno abbia trasgredito, sia chi fa l’elezione, sia chi l’accetta, paghi la penalità di 10 libre di denaro. Questi Notai pertanto possano stare al servizio in questi offici tramite un Notaio sostituto, parimenti buono ed idoneo ed esperto e legale, il quale giuri di esercitare questo officio bene e legalmente. E <debbano> scrivere bene e fedelmente tutte le scritture pertinenti e spettanti al loro officio, per le quali saranno rogati. Inoltre chiunque di questi notai, sia di atti civili sia di appelli, sia obbligato e debba fare il calendario nei propri registri, cioè scrivere tutti i giorni di attività giuridica e quelli di riposo (feriati), con il motivo per cui sono di riposo. E quando uno abbia trasgredito, sia punito, sul fatto, a 10 libre di denaro, per ciascuno e per ciascuna volta e per il resto durante il tempo di questi sei mesi non possano sedere né stare presso i detti banchi.

       2 Rub.24L’officio dell’Avvocato e del Sindaco del Comune per le cause.

  Ordiniamo che per difendere i diritti e le cause del Comune, anche per adempiere e venire a conoscere i diritti di questo Comune, sia eletto un solo avvocato buono ed esperto e venga stabilito un solo Sindaco per il Comune, nel Consiglio. E costoro siano obbligati a difendere e trattare le cause del Comune sia nell’azione attiva, sia nella difesa. E questo Sindaco e questo avvocato abbiano un mandato speciale e generale per le cause, per ogni atto delle cause, con piena, libera e generale gestione sulle dette cose, come quando avessero un pubblico mandato sia nell’azione attiva, sia anche nella difesa in una causa principale e in appello. E l’officio di questi duri per un anno. E per il loro per il loro salario abbiano quello che sarà dichiarato ad opera dei signori Priori e dei Regolatori. E affinché non si commetta frode alcuna nei reati, siano obbligati e debbano vedere e studiare tutte e singole le denunce di reati e le accuse. E di mano di uno di loro due le debbono sottoscrivere prima che essi debbano consegnarle tramite i Sindaci o chiunque, ai Rettori della Città di Fermo, o ai loro officiali e costoro non possano riceverle senza questa sottoscrizione. Inoltre siano obbligati e debbano mettere a disposizione l’avvocatura, il consiglio e patrocinio per coloro che vogliono dare petizioni ai Rettori e ai loro officiali ‘forensi’, nel tempo del loro sindacato, ricevendo la mercede che compete, sotto penalità di perdere il loro salario e essere privati dell’officio quando contravvengono e abbiano usato negligenza e rifiutato di prestare questo patrocinio. Inoltre questo Avvocato e questo Procuratore per la difesa di persone povere e miserabili e di altre che non trovano un avvocato o un procuratore, sono obbligati e debbono fare da difensori per queste persone povere e miserabili e per altre persone che non trovano un Avvocato e un Procuratore, siano obbligati e debbano fare la difesa per queste persone povere e miserabili che non trovino altro Avvocato e Procuratore, ricevendo la mercede che compete. Qualora non lo facessero e fossero negligenti, perdano il salario. A questi Avvocato e Sindaco, allo scopo di renderli maggiormente solleciti per gli interessi del Comune, sia pagato ad opera del Comune un salario in ogni mese. Qualora essi siano trovati in qualche frode, incorrano nella penalità contenuta negli statuti. E tutti possano accusarli e lucrerebbero la metà di tali penalità e venga tenuto segreto il tale accusatore. Inoltre questo Sindaco nel tempo del sindacato del Podestà e del Capitano sia obbligato e debba comparire di fronte ai Sindacatori con una petizione formulata nell’inquisizione generale e dar questa, chiedere e attivare e praticare ogni diligenza in essa, in modo tale che il sindacato di costoro detti venga discusso con serietà. E questo Avvocato abbia almeno l’età di 25 anni e anche il Sindaco, almeno di questa età. E siano obbligati a scrivere un registro o un inventario di ogni singola causa e questione del Comune e lasciarlo ai successori. E chi abbia assunto questo officio non possa esservi per <successici> sei anni, calcolati da quando ha finito il suo officio.

       2 Rub.25 Gli officiali dei Castelli del Comune di Fermo da imbussolare.

                         Nomi dei Castelli Maggiori.

.   Poiché è opportuno che i Castelli del Comune di Fermo siano governati con giustizia e ricevano incrementi, sotto la protezione di questa Città, pertanto con questa legge decretiamo che i signori Priori del popolo e il Gonfaloniere di giustizia che ci sono ora e quelli che ci saranno nel tempo, insieme con i Regolatori, i Capitani dei collegi e dei riformatori, siano obbligati e debbano fare che siano messi nel bussolo quattro uomini per ogni contrada, che siano oriundi dalla Città di Fermo, competenti, idonei ed esperti ad esercitare gli offici e costoro siano tra i più competenti e tra i migliori di ciascuna contrada per i detti Castelli migliori e maggiori e questi quattro uomini così eletti ossia i loro nomi siano posti in un sacchetto o in un bussolo. E i nomi dei seguenti Castelli Maggiori siano posti in un altro bussolo. E ad opera del Gonfaloniere di giustizia venga estratto “alla scarfina” il nome di uno di quelli <che sono stati> posti nel detto bussolo in cui stanno i nomi dei detti quattro <uomini per ciascuna contrada. E poi da lui si estragga dall’altro bussolo in cui stanno i nomi del Castello. E chi capita, costui sia l’officiale, il Vicario, o il Podestà di quel Castello. E si faccia così con ordine fino a quando restano i detti Castelli maggiori. E colui che è estratto in tale modo, come gli capita, sia obbligato a dover dirigere quel Castello, sotto pena di 100 libre di denaro. E il suo officio dura per sei mesi e non oltre, salvo se, alla scadenza, il suo successore non arrivasse, sia obbligato ad aspettare il successore, e il suo officio duri fino all’arrivo del successore suo, e non possa abbandonare l’officio fino a quando il successore non viene. E a costui venga data la paga per la rata del salario e del tempo e debba dirigere il detto Castello secondo gli statuti e secondo la forma dei patti stabiliti tra il Comune di Fermo e questo Castello, ossia con gli uomini di questo Castello. Inoltre costui che è stato così estratto sia obbligato a giurare sui santi Vangeli di Dio, nelle mani di questi signori Priori, che eserciterà questo officio bene, legalmente e fedelmente e senza frode e secondo la forma di tali statuti di Fermo e dei detti patti, a servizio e agli ordini di questi signori Priori e del Gonfaloniere di giustizia.

   Nomi dei Castelli Maggiori: Castello di Grotte a Mare, Castello di Petritoli, Castello di Servigliano, Castello di Falerone, Castello o Terra di Monte dei Fiori, Castello di Sant’Angelo in Pontano, Castello di Loro, Castello di Mogliano, Castello di Monte Santo Pietro oltre il Tenna.

       2 Rub.26 – <Nomi dei Castelli Medi>

 Inoltre i signori Priori, e il Gonfaloniere insieme con i detti signori Regolatori e Capitani delle arti e con i detti riformatori <di delibere>, in maniera simile, siano obbligati a far mettere nelle borse sufficienti nomi di Notai e dei loro operatori e sufficienti per andare negli offici, sia della Città come pure del contado, per esercitare gli offici dei seguenti Castelli Medi. Il loro officio abbia la durata di sei mesi e non di più, a meno che il successore non giunga entro la scadenza, come sopra. E allo stesso modo siano messi in una borsa i nomi dei Castelli medi(ocri) e siano estratti come sopra. E colui a cui tocca sia obbligato, come sopra, ad andare, sotto la detta pena. Né alcuno fra quelli detti sopra e fra gli officiali che saranno detti nel seguito, possa essere riconfermato in qualche officio, sotto penalità di 100 libre di denaro al detto officiale che abbia accettato di essere confermato in qualche officio, tra quelli detti sopra, dei Castelli del contado, e tra quelli che saranno detti in seguito. E i detti officiali dirigano, secondo la forma già detta, agli ordini e nei servizi dei detti signori.

 Nomi dai Castelli medi: Castello di San Benedetto, Castello di Massignano, Castello di Campofilone, Castello di Altidona, Castello di Lapedona, Castello di Medio, Castello di Monte Giberto, Castello di Rapagnano, Castello di Torre di Palme, Castello di Belmonte, Castello di Monte Falcone, Castello di Smerillo, Castello di Torre San Patrizio, Castello di Monte Appone, Castello di Gualdo, Castello di Monte Attone, Castello di Marano, Castello del Porto <di Fermo>.

       2 Rub.27 – <Castelli minori>

   Inoltre i detti signori Priori e il Gonfaloniere unitamente con i detti signori Regolatori e con i Capitani delle arti, e insieme con i riformatori, siano obbligati a far mettere nella borsa altri Notai valenti e capaci, e anche i non notai, purché tuttavia siano capaci a dirigere gli offici sia della Città che del contado. I nomi di questi costoro e dei Castelli Minori scritti sotto siano estratti secondo l’ordine già detto. E a colui a cui tocca la “scarfina” del nome del Castello di qualche officio, sia obbligato a dirigerlo ed a non rifiutare e a non essere riluttante, sotto la penalità di 100 libre di denaro da prelevarsi ad opera del Rettore di Fermo, sul fatto stesso. L’incarico di costoro abbia la durata di sei mesi, come detto sopra, e anzitutto, come sopra, facendo il giuramento e dopo averlo fatto, gestiscano tale officio, come già sopra

Nomi dei Castelli Minori:

Castello di Moregnano, Castello di Moresco Castello di Trocchiaro,

Castello di Ponzano, Castello di Monte Guidone Combatte, Castello di Collina,

Castello di San Pietro Morico, Castello di Sant’Elpidio Morico, Castello di Ortezzano,

Castello di Monte Leone, Castello di Grottazzolina, Castello di Sant’Andrea,

Castello di Acquaviva, Castello di Petriolo, Castello di Mainardo,

Castello di Monturano, Castello di Francavilla, Castello di Magliano,

Castello di Ripa Cerreto, Castello di Monte Guidone Corrado, Castello di Massa,

Castello di Ripa Verde, Castello di Pedaso, Castello di Boccabianca,

Castello di Belluco, Castello di Castelletta presso Petriolo, Castello di Mercato,

Castello di Morumpadario, Castello di Guardia, Castello di Monte Aquilino,

Castello di Monte Verde, Castello di Partino, Castello di MonteVarmine,

Castello di Monte Rainaldo, Castello Fermano, Castello Bassio, Castello di Apezzana,

Castello di Alteta, Castello di Poggio di Rainaldo, Castello di Gabbiano,

Castello di Collicillo, Castello di Monte Sicco, Castello di Santa Maria Mater Domini,

Castello di Montone, Castello di Lognano, Castello di Monte San Martino presso Lapedona,

Castello di Monte Aponillo, Castello di Monte Vinardisco, Castello di Poggio Santa Lucia,

Castello di Poggio fuori le Grottazzolina, Castello di Chiarmonte, Castello sotto Sant’Elpidio,

 Castello di Bucchiano

       2 Rub.28Gli estratti dal bossolo debbono essere Cittadini Fermani.

   Questi officiali estratti in tale modo per la direzione di detti offici, o di qualche officio, non possano essere eletti, messi i nomi; nelle borse, o estratti per detti incarichi o per alcuno di essi, se non siano già Cittadini della Città di Fermo, o comitativi <abitanti> del contado di detta Città, abitanti di questa Città almeno da 10 anni continui, e almeno durante tale tempo, si segnalino o si siano segnalati per gli obblighi reali e personali al Comune di Fermo. Se qualcuno in verità in contrasto alla predetta formalità, e estraneo alle dette cose essa sia stato estratto, chiamato o nominato a detti offici, o a qualcuno di essi, la sua elezione e la nomina non siano valide. E quando qualcuno sia stato trovato ad esercitare qualcuno dei predetti offici, senza che la detta formalità sia stata praticata, incorra nella penalità di 500 libre di denaro sul fatto stesso per ciascuno di essi e per ciascuna volta: e qualunque cosa fatta da lui non abbia validità per il diritto stesso. E questi officiali che siano stati così estratti per i detti offici non possano né debbano assentarsi dai loro offici, né pernottare al di fuori dei Castelli che dirigono senza apposito permesso dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia, sotto penalità di 10 libre di denaro per ciascuna volta, quando abbiano pernottato fuori, e per ciascuno di essi, prelevando sul fatto la pena da essi, e da ciascuno di essi per opera del Rettore di Fermo, da applicarsi sul fatto. Essi possano da chiunque essere accusati e denunciati e l’accusatore o denunciatore abbia la metà della penalità che avrà fatto arrivare in Comune a ragione della sua accusa o denuncia.

       2 Rub.29 I Castellani delle Rocche del contado da mettere nel bussolo.

   Decretiamo ed ordiniamo che i signori Priori e il Vessillifero di giustizia, <ora> presenti e quelli che ci saranno nel tempo, siano obbligati e debbano mettere nella borsa i <nomi di> cittadini della Città di Fermo, che da loro saranno dichiarati idonei per inviarli a custodire le rocche e i fortilizi del contado e del distretto di Fermo. E colui che sia stato estratto per questa custodia, non possa rinunciare, se non per un motivo evidente, che i detti signori Priori e il Vessillifero possano accettare a loro discrezione: ed esistendo il detto motivo, successivamente, venga estratto un altro con la detta modalità, fino a quando sopra a ciò sia stato provveduto. Colui che così è stato estratto possa stare in tale rocca e nei fortilizi e debba per sei mesi e ulteriormente fino all’effettivo arrivo del successore, ma non oltre. E prima che acceda a tale custodia, egli presenti idonei fideiussori per mille fiorini d’oro ai detti Priori e al Gonfaloniere e al loro Cancelliere riguardo al custodire e conservare tale Rocca e il fortilizio e le fortificazioni in essi esistenti, le cose  che per il Comune di Fermo gli siano state consegnate, per la durata di detto tempo, <con la fideiussione> di riconsegnarle, dopo finito tale tempo, le stesse cose al castellano suo successore, o ad altri secondo gli ordini dei signori Priori e del Gonfaloniere; e se non avrà fatto ciò, egli incorra nella pena dei detti mille fiorini d’oro; che venga richiesta a lui stesso ed ai suoi fideiussori, e che si debba riscuotere a favore del Comune, se si sia trasgredito. E nondimeno a costui messo così di traverso, dopo che abbia agito in contrasto alle dette cose, si faccia l’amputazione della testa dalle spalle, cosicché muoia e tutti i suoi beni siano dati al pubblico dominio. E sia obbligato di andare a tale custodia con i servi e con le difese e con altre cose adatte, e obbligato su richiesta a fare la rassegna di coloro che furono assegnati a ciò. Inoltre nessun officiale e incaricato per la Rocca, o qualsiasi castellano di qualche Rocca, o fortilizio, senza esplicito permesso dei signori Priori e del Gonfaloniere di giustizia possa, né debba assentarsi da detto suo incarico, o Castellania, o Rocca, sotto la pena per chi agisca al contrario di 25 fiorini d’oro per ciascuna volta e anche ad una pena maggiore ad arbitrio del Podestà, da prelevargli sul fatto.

       2 Rub.30Il Sindacato dei signori Priori del popolo, del Vessillifero di giustizia, dei Regolatori e dei loro Notai.

   Affinché tutti e singoli coloro che dirigono gli offici del nostro Comune siano validi nel rendiconto plenario della loro amministrazione, e i minori e gli inferiori tutti traggano un buon esempio dai maggiori, decretiamo che i signori Priori e il Gonfaloniere di giustizia e i Regolatori del Comune abbiano un costante sindacato e debbono essere sindacati delle cose che gestiscono e amministrano, di quelle che trascurano e omettono nei loro offici. Ecco il modo: i signori Priori e il Gonfaloniere incaricati nel tempo, nel giorno quando fanno il giuramento del loro officio, siano obbligati a scegliere sei uomini Cittadini idonei, cioè uno per ciascuna contrada e un Notaio capace allo scopo di fare il sindacato dei loro predecessori, insieme con il Capitano o con il Giudice di giustizia di questa Città e nello stesso giorno comunicare a questo signor Capitano o al Giudice i nomi di questi sindacatori e del Notaio. E questo Capitano o il Giudice di giustizia e questi sindacatori dopo che precedentemente abbiano prestato il giuramento nelle mani del Capitano o del Giudice di esercitare l’officio di questo sindacato bene, fedelmente, legalmente, senza frode, dopo aver fatto cessare il rancore e la preferenza, e con incominciare, nel giorno successivo, questo sindacato e sindacare questi signori Priori e il Gonfaloniere di giustizia con investigare diligentemente e di fare indagine riguardo e sopra ogni e singolo reato, sulle cose commesse, trascurate e omesse da parte di costoro, nel tempo del loro officio contro la forma degli statuti del Comune di Fermo, e qualora essi abbiano riscontrato colpevoli costoro o qualcuno di essi, siano obbligati a punire e a condannare alle pene contenute nel libro degli statuti. Qualora invece riscontreranno che costoro hanno gestito bene e legalmente, siano obbligati ad assolvere. E il tempo o la scadenza di questo sindacato duri otto giorni e non oltre. E questi signori Priori e il Gonfaloniere che ci saranno nel tempo, e questo Capitano o il Giudice, anche questi sindacatori siano obbligati ad eseguire le cose già dette, sotto la penalità di 100 libre di denaro per ciascuno di essi. E questo stesso modo sia praticato nel dover fare il sindacato dei Regolatori e del loro Notaio, alla fine del loro officio.

       2 Rub.31Il sindacato degli officiali dei “forensi”.

   Il Podestà, il Capitano e i rimanenti officiali della Città di Fermo, dopo ultimato il loro officio siano obbligati e debbano, insieme con tutti e i singoli i loro officiali e collaboratori, essere sottoposti al sindacato sulle cose compiute, commesse, omesse e trascurate da parte loro e dei loro officiali e collaboratori, nel tempo del loro officio, e siano obbligati a rispondere per sé, e per questi stessi tutti e singoli e fare il rendiconto dell’amministrazione, della gestione ai sotto-sindaci che debbano essere eletti dai signori Priori che ci saranno nel tempo. E costoro siano Cittadini Fermani e tra essi almeno uno sia dottore in legge. Questi sindacatori debbano mandare una lettera nel territorio del contado e del distretto di Fermo, notificando a tutti i Castelli, alle Comunità e alle persone singolari dei Castelli e dei luoghi del contado, sul sindacato degli officiali da dover fare. Questi sindacatori, affinché si comportino più onestamente in questo sindacato e siano liberi da ogni frode, all’inizio giurino corporalmente, toccando con la mano le Scritture, dopo aver allontanato da essi le paure, le preferenze, le raccomandazioni, il pagamento, ogni altro favore umano, che essi esercitano bene questo sindacato, con giustizia e fedeltà, senza inganno né frode. Inoltre non ricevano nessuna polizza o lettera né richieste se non pubblicamente e apertamente presso il Banco della legge dove a tutti sia lecito parlare e comunicare e allegare i propri diritti; inoltre procedano e amministrino la giustizia e non permettano che vengano lacerate né sottratte in nessun modo le petizioni né le querele che debbono essere presentate di fronte a loro. Questi sindacatori siano obbligati ad adempiere queste cose, ogni singola, sotto penalità di 25 ducati per ciascuno e per ciascuna volta e in ognuno dei detti casi e sotto il vigore del prestato giuramento, come sopra. E questi officiali da sottoporre al sindacato siano obbligati a restare personalmente in Città negli otto giorni di continuo e non partirsene durante questo sindacato, e anche attraverso i procuratori deputati in modo speciale, possano e debbano essere consegnate le petizioni, le citazioni contro costoro e contro i loro officiali e famigli, entro il sesto giorno dopo che hanno concluso il loro officio e dopo fatta la risposta all’inquisizione generale di questo stesso sindacato. Dopo trascorsi questi otto giorni, nel giorno successivo, prima dell’ora terza costoro debbano o essere o condannati o assolti ad opera di questi Sindaci, sotto pena contro questi Sindaci, se non lo avranno fatto, <pena> di 25 scudi da assegnare al Comune di Fermo, e nondimeno l’officiale <giudicato> venga considerato assolto. Ogni Notaio della Città e del contado di Fermo, iscritto in <ruolo> matricola sia obbligato e debba scrivere, a richiesta di chiunque vuole chiedere <di far> le petizioni contro questi officiali, durante questo sindacato e non debbano differirle sotto pena di un ducato d’oro contro ciascuno <di essi> che ricusa e per ciascuna volta, ricevendo tuttavia la mercede che compete per la scrittura. Non sia possibile, né sia valido che si faccia un appello, né un reclamo, neppure chiedere un ricorso, né parlare di nullità, contro la sentenza che debba essere data nel sindacato di qualche officiale, se prima non si è fatto il pagamento di ciò cui fu condannato, secondo la forma del Breve di Pio IV di felice memoria, che fu ottenuto da parte della Città di Fermo come è registrato qui di seguito. Inoltre nessuno di questi officiali possa chiedere né far chiedere che qualcuno di loro sia sottoposto al sindacato durante il tempo in cui esercita il suo officio. E qualora questi Priori presentassero o facessero presentare proposte, incorrano nella penalità di 100 fiorini di oro per ciascuno e qualunque cosa si facesse in contrasto alle dette cose non abbia validità, per il diritto stesso. Aggiungiamo che in questo sindacato i sindacatori possano fare la procedura sommariamente, con semplicità e chiarezza, senza rumore né parvenza di processo, nei giorni anche di feste in onore di Dio, omettendo ogni solennità e sostanza processuale, soltanto dopo aver accertato la verità del fatto, fino ad aver concluso la sentenza. E il presente statuto sia di conclusione ultima e a deroga di tutti gli altri che riguardano il sindacato degli officiali “forensi” che siano in contrasto o al di fuori della forma di questo statuto.

                                               Pio quarto papa

Ai diletti figli i Priori e alla Comunità della nostra Città Fermana. Diletti figli, salute e apostolica benedizione. Di recente, i diletti figli oratori che avete destinati presso di Noi hanno presentato lamentele. Gli officiali deputati di tempo in tempo nella vostra Città Fermana, dopo che hanno concluso i giorni del loro amministrare, ad opera dei Sindaci <sindacatori>, vengono costretti, secondo i detti statuti e le consuetudini della Città, e secondo le costituzioni nostre provinciali e secondo la forma e il corso degli ordinamenti, a perorare una causa in alcuni giorni e a fare il rendiconto dell’amministrazione. Quando si vedono condannati dalle sentenze dei Giudici, costoro sperando di evadere impuniti, hanno preso l’abitudine di contrastare <le condanne> e chiedono il ricorso ai superiori, e con questa ragione e con tale metodo sfuggono all’esecuzione delle sentenze pubblicate contro di loro, oppure le impediscono e spessissimo fanno in modo che quelli che hanno fatto le querele contro di loro, per la povertà, non riescano a far proseguire queste cause, e affaticati dalle spese, dai travagli del ricorso e degli appelli, siano costretti a disertare il processo giudiziario. Da ciò deriva che i sindacati già detti rimangano impediti e senza punizione e le sentenze pubblicate dai Sindaci contro costoro rimangono trascurate e senza alcun effetto, con gravi danni per gli abitanti della Città vostra e con esempi perniciosi. Secondo i vostri statuti e per mezzo delle costituzioni provinciali, non sia concesso l’appello contro tal genere di sentenze <date> da sindacatori, da eleggersi come d’uso. Neanche alle persone sindacate sia concesso contrastare. Piuttosto, queste sentenze, dopo che sono state pubblicate, debbono essere messe in esecuzione prontamente, facendo cessare ogni ritardo e dilazione, affinché imparino ad esercitare i propri offici con rettitudine, questi officiali che sono certamente consapevoli che avranno a fare il rendiconto in breve tempo dei propri atti compiuti in bene o no, e che siano attenti alla giustizia per timore del giudizio. Questi vostri oratori  ci hanno supplicati umilmente che con benignità apostolica ci degnassimo di togliere questa prava consuetudine e abuso della vostra Città e di provvedere in altri modi per le dette cose a vantaggio del suo Stato. Pertanto Noi che abbiamo cura affinché la giustizia sia amministrata in ogni luogo, con fermezza, rivolgiamo l’attenzione specifica al felice Stato della vostra Città e per mezzo del presente scritto vi affidiamo e ordiniamo che, per l’avvenire, per le sentenze dei sindacatori che debbono essere eletti al <modo> solito, gli statuti che sono stati confermati da parte della Sede Apostolica e le costituzioni provinciali siano messi in pratica completamente, con precisione, nei modi de, e, seguendo la forma e il tenore di questi, e non permettiate che le sentenze di questo genere siano eluse, con pretesto di nessun appello interposto ad opera di coloro che sono sindacati e che le esecuzioni di esse per nessun accordo siano impedite o revocate, ma procuriate che subito le sentenze siano eseguite ad opera di quei sindacatori per praticare la giustizia secondo il tenore degli stessi statuti e delle costituzioni. Provvediamo tuttavia anzitutto che la parte attiva per la quale la sentenza è stata pubblicata e l’esecuzione sia rimasta eseguita, nonostante qualsiasi appello interposto ad opera della parte attiva, faccia il deposito <della penalità> in modo reale ed attuale per l’esecuzione <che poi sarà> da restituire subito, qualora sarà stata revocata la sentenza condannatoria ad opera de Giudice presso il quale si ebbe il ricorso o ad opera del revisore così dichiarato, in questo caso ciò che è stato depositato fatelo restituire senza ritardo allo stesso officiale. E vogliamo e comandiamo che si faccia in questo modo nonostante le cose messe in precedenza e nonostante qualsiasi contrarietà da costituzione apostolica, ordinamenti, leggi imperiali e da qualsiasi altra cosa. Data a Roma presso San Pietro, sotto l’anello del pescatore il giorno 23 ottobre 1581 anno secondo del Nostro Pontificato. \   Glorierio

       2 Rub.32Il sindacato degli Officiali dei Castelli del Comitato.

 Ordiniamo che chiunque del contado di Fermo sia stato officiale o Rettore in un Castello, in una comunità o Villa, oppure abbia amministrato un altro qualsivoglia officio per il Comune di Fermo, dopo ultimato il suo officio, entro il terzo giorno, si presenti di fronte al Giudice di giustizia ed ai Regolatori del Comune e questi Giudice e Regolatori debbano fare il sindacato su di lui ed riscuotere da lui il rendiconto della sua amministrazione e mandare una lettera al Castello o Villa in cui egli abbia svolto il suo officio in modo che sia lecito a chiunque voglia fare lamentele per tale officio, o chiedere a lui qualcosa per le cose che egli ivi ha compiute e comparire in loro presenza per dire quello che vogliono ed essi siano obbligati di fare una indagine contro quel tale e a investigare sulle cose commesse ivi e sulle cose gestite ad opera di tale officiale o amministratore nel suo officio. E senza clamore, senza parvenza di processo, questi Giudice e Regolatori, siano obbligati entro otto giorni dal giorno in cui l’officiale si sia giustificato, assolvere o condannare tale officiale. Qualora non lo facessero, dopo trascorsi questi otto giorni egli venga considerato come assolto e liberato da questo sindacato. Peraltro non è possibile fare appello contro la sentenza che debba essere da essi promulgata per tale sindacato, né fare reclamo, né parlare di invalidità o fare una diversa querela, né chiedere il rinnovo. E riguardo a questo sindacato, il Giudice di giustizia e i Regolatori non possano percepire nulla da parte del tale officiale, se non quanto per consuetudine si riceve e soltanto ciò che hanno da parte di questi Regolatori, sotto penalità contro chiunque trasgredisca di libre 25 libre di denaro per ciascuna volta e per ciascuno di essi. E qualora questo officiale non si presentasse entro detto terzo giorno dopo l’ultimo giorno del suo officio di fronte a questi Giudice e Regolatori, come già detto, e non desse il rendiconto della sua amministrazione e per quello dell’officio, si intenda che sia venuto meno ai doveri del suo officio e possa e debba essere punito pecuniariamente, ad arbitrio di questi Sindacatori e per il resto si intenda che sia stato privato di tutti singol offici e benefici del Comune di Fermo, in perpetuo.

       2 Rub.33I Banditori del Comune e il loro officio.

   Siano cinque, o più o meno, i Banditori del Comune di Fermo, come i signori Priori del popolo e il Gonfaloniere di giustizia e i Regolatori giudicheranno che sia opportuno. E questi banditori abbiano e debbano avere dal Comune di Fermo per loro salario annualmente il consueto salario per ciascuno di loro e ad opera del Comune di Fermo debbono ricevere per vestire un paio di panni per ciascuno di loro, una volta all’anno, nella festa di Santa Maria del mese di agosto. Tuttavia questo vestiario da fare in tal modo per loro sia distribuito come divisa del Comune di Fermo. E quelli che non indossano queste vesti distribuite incorrano nella pena di 10 bolognini per ciascuno e per ciascuna volta. Questi Banditori siano obbligati a stare in servizio stabilmente per questo loro officio, secondo le necessità, per il Comune, nella Città di Fermo e fuori nell’esercito e nella cavalcata, con un cavallo o un ronzino per ciascuno di loro, e secondo i patti stabiliti e le convenzioni fatte e da farsi tra questo Comune e gli stessi Banditori. Qualora qualcuno di essi Banditori non abbia avuto un ronzino o un cavallo e qualora non abbia compiuto le altre cose a cui è stato obbligato, o qualora non abbia espletato il suo officio in maniera fedele, sollecita e legale, non riceva alcun salario dal Comune. E senza l’autorizzazione dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia nessuno di loro vada fuori dal distretto di Fermo per esercitare l’officio della tromba né a usare la tromba presso alcuna Curia o per fornimento o per nessun altro motivo, sotto pena di 10 denari. Questi banditori siano obbligati inoltre a fare il bando di qualcosa, nel modo come ogni volta sarà stato ingiunto a loro da parte del Podestà o del Capitano o dei Priori o del Gonfaloniere di giustizia o da chiunque di loro, nella Città e nei luoghi consueti e soliti, sotto la predetta penalità a cui il Podestà o il Capitano debba condannare questi o qualcuno di essi. E questi banditori non possano prendere alcunché da qualcuno posto nel bando. Questi banditori inoltre debbano e siano obbligati, continuamente, nelle ore congrue, due di loro, a stare presso il Palazzo del Comune e due di essi presso il Palazzo del Popolo in modo che quando sarà stato opportuno si possa avere disponibilità, e siano obbligati con vincolo di giuramento e sotto la detta penalità, ogni volta che essi, per il Comune, facessero alcuni bandi generali, dopo aver premesso il suono della tromba, a fare il bando a voce alta, e senza alcuna frode né malizia, nei luoghi consueti. A questi suonatori di tromba sia lecito portare ogni tipo di armi, impunemente.

       2 Rub.34L’officio dei Balivi del Comune di Fermo.

    I Balivi del Comune di Fermo siano eletti in questo modo, cioè siano eletti due Balivi da ciascuna contrada, ad opera dei Consiglieri della Città, della propria contrada, “a scarfina”, oltre ai Balivi che debbono essere assegnati da parte dei Comuni dei Castelli del Comune di Fermo. E nessuno che sia stato eletto Balivo possa fare la sostituzione se non dalla propria contrada dalla quale egli è stato prima eletto. Qualora non venga reperito alcuno nella contrada, allora possano essere dati da un’altra contrada. E il Podestà sia obbligato a ricevere da ciascun Balivo e a far ricevere il giuramento e un fideiussore idoneo, almeno 10 libre di denaro sull’adempiere e esercitare questo officio con buona fedeltà e senza frode e secondo la forma degli statuti del Comune di Fermo. Qualora sia capitato che un Balivo faccia in modo falso una ambasciata o una relazione, sia punito sul fatto ad arbitrio del Podestà o del Capitano, dopo che sia stata verificata la qualità del reato. I loro copricapi o berretti si facciano e siano e debbano essere rossi con una crocetta bianca e facciano gli indumenti distribuiti e li portino indossati come distinta divisa del Comune di Fermo. Debbono portare sul capo questi copricapi ogni giorno, senza che siano coperti con alcun altro segno, né varietà, sotto penalità per ciascuno di loro che non porti il copricapo o il berretto nel detto modo, di 10 libre di denaro per ciascuna volta, da riscuotersi sul fatto. E sia eletto un solo Balivo in ciascun Castello o Villa e costoro possano fare ambasciate negli stessi Castelli e Ville. Come agli altri Balivi della Città, i copricapi anzidetti siano dati anche a questi Balivi dei Castelli e li debbono portare come detto sopra e con la detta penalità. E peraltro questi Balivi nel dover fare una citazione, siano obbligati ad esprimere ad uno di fronte a chi essi lo citano. E questi Balivi della Città abbiano il consueto salario. E tutti i Balivi, per ogni ambasciata che uno di questi Balivi abbia fatto in servizio e a richiesta di qualcuno, possano ricevere due denari da persone speciali a cui hanno fatto le ambasciate in Città quando è presente colui che dovesse esser citato; se non sia stato presente, soltanto quattro denari. Qualora invece abbiano dato una commissione dentro la Città, denari dodici; se l’abbiano data fuori per un miglio (miliare) nei pressi della Città abbiano e possano ricevere da colui al quale hanno dato la commissione per mandato della Curia, soltanto due soldi di denaro; ma qualora sia fuori da questa Città e più lontano di un miglio, dodici denari e non di più per ciascun miglio oltre al già detto miglio. E se abbiano fatto qualche ambasciata andando per Ville e per i Castelli della Città abbiano e possano ricevere soltanto sei denari per ogni miglio. Qualora qualcuno abbia agito in contrasto contro qualcuna delle dette cose, venga punito sul fatto a 10 soldi di denaro, per ciascuna volta. E nessun Balivo possa essere custode o “saltario” (difensore) né catturare né detenere alcuno nella persona o nelle cose che abbia portate fuori dalla Città in contrasto con il bando, non possa neanche denunciare qualcuno che abbia lavorato nei giorni festivi. Non possa neanche avere qualche altro officio della Città di Fermo o fuori questa, ma soltanto quello che compete all’officio di Balivo. E qualora qualche Balivo abbia citato qualcuno o abbia fatto una ambasciata che non abbia riferito o riportato per quel tal giorno e per la tale ora in cui abbia fatto la citazione, <come> gli sia stata imposta, sia punito a 10 soldi di denaro per ciascuna volta, anche a due soldi di denaro per colui del quale sia stata l’ambasciata. E nondimeno sia tenuto a rimborsare tutto il danno che il tale stesso abbia sostenuto e si creda al giuramento di costui riguardo alla colpa e riguardo al difetto del Balivo e anche sul danno fino alla somma di 5 soldi di denaro. Quando qualche Cittadino o uno del contado di questa Città volessero mandare questo Balivo ad un altro, dentro o fuori dalla Città per qualche suo fatto nelle cose che sono di competenza dell’officio di questo Balivo, sia obbligato e debba andare per la richiesta e la domanda del tale che lo vuole mandarlo, e questo Balivo possa ricevere per il viaggio dodici denari per ogni miglio, se sia stato dentro al contado o al distretto di Fermo; se invece sia stato fuori da questo contado o distretto, o fuori dalla Provincia della Marca, possa ricevere otto soldi di denaro per ciascun giorno e non di più, sia che sia andato per il Comune, sia per le persone singolari. E qualora uno abbia ricevuto di più o abbia rinunciato a fare un’ambasciata, il Podestà o il Capitano sul fatto siano obbligati, sul fatto a prelevargli 20 soldi di denaro e metà di questa penalità sia per il Comune e l’altra metà per l’accusatore. E nessun Balivo si allontani dalla Curia, ma ciascuno di essi debba continuamente rimanervi, quando non ha l’autorizzazione dal Rettore o da qualche altro officiale del Rettore per allontanarsi. E chi abbia trasgredito sia punito, per ciascuna volta, alla penalità di due soldi. E nessun Balivo osi né presuma portare, per un servizio disonesto, qualche donna Fermana al palazzo o in qualche Curia; e qualora l’abbia portata, paghi il bando di 10 libre di denari e qualora non lo pagasse sia colpito con la frusta pubblicamente attraverso la Città. E a nessun Balivo sia lecito portare alcuna arma offensiva né difensiva attraverso la Città, se non nel modo come la portano gli altri cittadini Fermani, con l’idonea tassa. I Balivi siano obbligati a fare le relazioni sulle ambasciate al Giudice o al Notaio, direttamente, non tramite altri, a voce o per iscritto e la relazione sia valida fatta in questo modo, ma non in altro modo. Quando alcuni siano stati posti in bando <esilio>, il bando è dato a notificare ai Balivi e ciascuno di questi Balivi possa ricevere da coloro che sono stati posti nel bando per il dovere di fare la notifica del bando, per il loro lavoro, quattro denari per ciascuno che sia notificato e per ciascuna volta, quando il bando avvenisse nelle Ville o nei Castelli riceva soltanto dodici denari per ciascun miliare (miglio) e non di più. E quando coloro ai quali il bando sia notificato fossero più di uno nel contado, tra tutti prendano questa somma. E qualora un Balivo abbia trasgredito nel ricevere di più, venga punito sul fatto, per ciascuna volta, a 20 soldi di denaro e possa essere accusato o denunciato da chiunque dei già detti, e metà del bando debba averla l’accusatore o denunciatore nei detti singoli capi di accusa e nei capitoli esposti nel seguito. E si dia fiducia al suo giuramento, cioè dell’accusatore o del denunciatore e il denunciatore sia tenuto segreto. Inoltre nessun Balivo possa essere fideiussore per qualcuno in occasione di qualche reato, in nessuna Curia della Città di Fermo e se abbia trasgredito, Ciascuno sia punito a 100 soldi, per ciascuna volta. E nessun Balivo possa né debba andare associato con un altro Balivo nella Città per qualche ambasciata in cause civili a richiesta di qualcuno. E quando più Balivi siano andati per una ambasciata, tutti insieme ricevano le dette somme e si faccia il pagamento soltanto per uno <tramite>. Inoltre qualora sia capitato che qualche Balivo prenda pegno per <darlo a> qualcuno, lo debba presentare a colui per la cui richiesta l’ha preso, nel giorno in cui lo ha ricevuto, oppure al Massaro dei pegni del Comune, se fosse deputato un Massaro a queste cose per il Comune di Fermo, sotto penalità di 40 soldi di denaro, per ciascuna volta. E qualora il Balivo al quale un officiale del Comune, dal quale egli abbia ricevuto il pegno, abbia detto e comandato <la consegna> nello stesso giorno nel quale questo officiale gli abbia detto e comandato, qualora non restituisse il pegno ricevuto <dandolo> a colui per il quale sia stato ricevuto, sia messo e chiuso in carcere e non venga rilasciato fino a quando non abbia riconsegnato questo pegno o il suo valore stimato. Per l’estimo di questo pegno si dia fiducia al giuramento di colui per il quale sia stato ricevuto, fino alla somma di 10 soldi ed anche di somma maggiore a volontà del Podestà, o del Capitano o di un altro officiale che ne ha competenza, considerando la condizione di vita della persona richiedente e nonostante ciò questo Balivo che non adempia queste cose sia punito a 20 soldi di denaro, sul fatto. E l’officiale del Comune quando dia il mandato ad un Balivo che dia gravame a qualcuno o alcuni, sia obbligato sotto penalità di 10 libre di denaro a dare la cedola a questo Balivo per iscritto con il nome di colui il quale debba essere aggravato e i pegni presi ad opera dei Balivi del Comune, quando siano presi ad opera della Curia del Comune, siano assegnati al Massaro del Comune e questo Massaro venga eletto per opera dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia e dei Regolatori, un Massaro buono ed idoneo, come sembrerà meglio a costoro. L’officio di questo Massaro abbia la durata di sei mesi e dopo ultimato l’officio di costui se ne elegga un altro nel detto modo. E chi sia stato una volta in questo officio, non possa stare in questo officio fino a due anni. E questo Massaro possa ricevere da ogni pignorato otto denari per sé e per il Balivo. Qualora siano molti i pegni presi a favore di uno solo, per lo stesso motivo, e assegnatigli nello stesso giorno, riceva altrettanto e non di più. E questo Massaro sia obbligato a dare al Balivo, subito dopo che a lui abbia consegnato il pegno quattro denari per ogni pegno. E se da una sola persona, nello stesso giorno, ricevesse molti pegni, dia allo stesso Balivo soltanto quattro denari e non di più. E il detto Massaro abbia un registro per detto officio, nel quale registro, subito, appena a lui sia stati consegnati i pegni, scriva in esso e quando avrà fatto la restituzione, scriva la restituzione con il giorno in cui sono stati presi o restituiti con il nome di colui di cui sono i pegni il nome e per mandato di chi fossero stati ricevuti. E questo Massaro sia obbligato a por rimedio per i pegni che fossero persi e che gli fossero stati assegnati; e per quello che il Balivo avesse assegnato, si stia alla relazione del Balivo quando abbia mostrato le cose scritte di mano di questo Massaro riguardo a questi pegni assegnati a lui. E il Massaro sia obbligato a dare questa scrittura ad ogni Balivo che gli consegni i pegni, sotto pena per il Massaro e per il Balivo che contravvengano nelle cose predette di 40 soldi di denaro per ciascuno e per ciascuna volta. Qualora tuttavia il Balivo ha preso qualche pegno da una persona, sia obbligato per il suo viaggio o per il lavoro a porre questo pegno fra la terza abitazione, dall’abitazione dove ha preso questo pegno e, all’apertamente, in modo tale che non possa andare perduto, e qualora si perdesse, sia obbligato a restituirlo, e se abbia trasgredito sia punito alla detta pena e riguardo al pegno o del valore stimato del pegno si dia fiducia al giuramento di colui a cui sia appartenuto il pegno. In generale, questi Balivi facciano ogni altra e singola cosa che è di competenza del loro officio, con fedeltà schietta e senza frode, né malizia alcuna e secondo la forma del presente capitolo e degli altri capitoli di questo volume che trattano del loro officio, sotto la pena e il bando scritti in questi capitoli. E non possano questi Balivi, né alcuno di loro, fare citazioni, se non per una sola, per ogni singolo giorno soltanto. Qualora le facessero per molti giorni, la citazione non sia valida per il diritto stesso, e colui che facesse tale citazione sia condannato a 25 soldi di denaro, per ciascuna volta e possa essere accusato da chiunque ed essere denunciato come detto sopra. Si faccia il pagamento a questi Balivi che siano pagati per il loro salario secondo la forma praticata fino ad ora.

       2 Rub.35L‘ufficio del custode delle carceri.

   I signori Priori e il Vessillifero di giustizia insieme con i Regolatori, nel mese di dicembre, dispongano e provvedano che un Cittadino Fermano buono ed idoneo divenga custode delle carceri e dei carcerati e il suo officio inizi dal primo gennaio e perduri per un anno. E questi Priori dopo che sia stato fatto pubblicamente l’annuncio all’asta attraverso la Città per quelli che vogliano essere custodi di questo carcere e dei carcerati con i patti dichiarati, dispongano e provvedano per questo custode o per un sovrintendente, secondo l’aggrado della loro volontà e dopo aver ricevuto fideiussori idonei, cittadini Fermani, di almeno 1000 fiorini d’oro da tale custode e soprintendente, sul dovere di custodire questo carcere e i carcerati con somma diligenza e sul dover presentare i carcerati ai Rettori, e sul dovere tenere indenni i Rettori, il fisco e le persone private riguardo a queste carceri. E questo custode per ogni carcerato possa e debba ricevere e avere quattro soldi nell’entrare e altrettanto nell’uscire, per ciascun giorno con notte due soldi. E nulla possa ricevere oltre questa somma direttamente o indirettamente sotto pena, quando abbia trasgredito, di 25 libre di denari per ciascuna volta, da prelevare sul fatto da lui. Nondimeno quello che abbia preso più di questa somma, sia costretto, sul fatto, a restituirlo al triplo. E questo custode sia obbligato, a richiesta di un qualsivoglia Rettore o di un officiale del Comune di Fermo a ricevere e custodire in queste carceri tutte le singole persone presentate a lui da parte di uno di loro e non darlo ad alcuno senza o contro la volontà del Rettore il quale ha richiesto di assegnare questo carcerato e neppure rilasciarlo senza l’espressa licenza di questo Rettore o officiale. E questo custode sia obbligato a fare e faccia un registro in cui per ciascun carcerato scriva il nome e il cognome del carcerato e il motivo per cui è detenuto ed a richiesta di chi è stato consegnato e il giorno della presentazione e del rilascio di uno qualsivoglia. Qualora, contrariamente a quanto detto, questo custode abbia rilasciato un carcerato, oppure qualche carcerato di quelli affidati a lui nelle carceri, sia evaso o fuggito, sia punito sul fatto, in modo reale e personale, ad arbitrio del Rettore senza alcun processo, dopo aver considerando e riflettuto sulla qualità e sulla quantità del fatto per cui <quello> era stato posto in carcere, e riguardo al danno sia costretto sempre a risarcire il danno che abbia fatto a qualcuno riguardo a ciò, con il doppio del danno fatto.

       2 Rub.36Le pitture da farsi delle porte.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che il Podestà, che ci sarà nel tempo, sia obbligato e debba, a spese del Comune di Fermo, sotto il vincolo del giuramento, far dipingere gli stemmi della Santa Madre Chiesa, del nostro signore il Papa e del Comune di Fermo, in ogni porta della Città di Fermo, ove non ci stessero.

       2 Rub.37Divieto per gli Officiali del Contado.

   Chiunque per conto del Comune di Fermo in qualche Castello o in un fortilizio, o Rocca del contado di Fermo sia stato in qualche officio in modo principale, oppure insieme con un altro, dopo che ha ultimato tale incarico non possa per un semestre stare, né essere eletto in qualche officio, o nell’amministrazione, o nella custodia nello stesso Castello, fortilizio o Rocca né in modo principale autonomo né insieme con un altro per il Comune, né essere eletto entro sei mesi da conteggiare dal giorno in cui ha ultimato l’incarico. Se qualcuno invece si sarà comportato al contrario, incorra per il fatto stesso nella pena di 50 libre di denaro e nondimeno non possa stare nell’officio e nell’amministrazione detta prima. Inoltre non possa stare in qualche Castello o Rocca o fortilizio del contado, per il Comune di Fermo, né essere, oltre sei mesi, in qualche officio, neanche esservi riconfermato, né essere prorogato oltre il detto tempo, senza uno speciale provvedimento del Consiglio Generale di questa Città, sotto la penalità di 50 libre di denaro contro ciascun trasgressore da prelevarsi sul fatto; e nondimeno non possa stare nel predetto officio: e ciò abbia luogo per le cose presenti, le passate e le future. Inoltre ordiniamo che nessun oriundo, né un abituale abitatore di qualche Castello del contado di Fermo, possa stare né essere in modo principale, né insieme con un altro, in qualche officio in qualche castello di questo contado che stia distante vicino dieci miglia o meno al Castello della sua origine, o della sua abitazione, neppure <possa> nel Castello della sua abitazione o della sua origine, sotto penalità di 25 libre di denaro, e nondimeno non valga che gestisca un officio, e per lo stesso diritto non abbiano validità le cose da lui fatte, né gli atti compiuti da lui.

       2 Rub.38Divieto per gli Officiali nella Città, e il cumulo degli offici.

   Al fine che gli offici siano estesi a più persone, decretiamo che chi sia stato nell’officio del Priorato o del Vessilliferato di giustizia o del Notariato di questo Priorato, per sei mesi calcolando dal giorno in cui abbia deposto tale officio, non possa stare nello stesso officio del Priorato, o del Vessillifetato, o del detto Notariato, né per il modo di estrazione da cassette <urne>, né per altro modo, né per elezione. Peraltro quando qualcuno sia stato in qualche altro officio, possa essere deputato ad altro, soprattutto se fosse nominato ad altro officio senza salario, quando sembri opportuno ai signori Priori e al Gonfaloniere, purché nell’avvicendarsi, non possa avere dal Comune molteplici e diversi offici insieme con il salario. In realtà colui che sia stato estratto Priore o Vessillifero, se venisse estratto Tesoriere o Regolatore o come altro officiale del Comune, non possa esercitare alcun altro officio, se non l’ufficio del Priorato o del Vessilliferato di giustizia e se sia stato estratto per qualche altro, < il nome> sia rimesso nella borsa. E qualora uno fosse stato estratto precedentemente ad un altro officio e successivamente fosse estratto come Priore o come Vessillifero, allora faccia le dimissioni da ogni altro officio ed eserciti l’officio di Priorato o del Vessilliferato, dimettendosi dal primo officio e il nome sia rimesso nella borsa da dove sia stato estratto. Inoltre colui che sia stato nell’officio del Priorato o del Vessilliferato di giustizia né egli stesso, non possano né il padre, né un figlio o il fratello carnale stare presso questo officio per sei mesi calcolati dal giorno quando egli ha ultimato l’officio. Inoltre vogliamo che chi sia stato nell’officio del Priorato o del Vessilliferato, da allora per sei mesi, non possa stare in questo officio, né nell’ufficio della Tesoreria o dei Regolatori o del Notariato loro. Inoltre colui che sia stato nell’ufficio dei Regolatori, o del Notaio dei Regolatori non possa essere Banchiere né Notaio del Banchiere da allora per sei mesi. Inoltre chi sia stato nell’officio dei Regolatori, o del Notariato dei Regolatori, non possa essere Banchiere, o Notaio del Banchiere da allora per sei mesi. Inoltre chi sia stato Banchiere o Notaio del Banchiere non possa stare nell’ufficio del Regolatori da allora entro il detto tempo di sei mesi. E che abbia trasgredito sia condannato a 100 libre di denaro da assegnare al Comune di Fermo.

       Rub.39Nessuno presuma di poter scacciare i cittadini o i distrettuali fuori dal Foro della Città di Fermo.

   Se qualcuno in modo principale <direttamente> o altrimenti, in qualsiasi altro modo, personalmente o tramite un altro a suo nome, o con mandato, tanto ad opera sua, o sia anche a opera di un altro a titolo di procuratore o di qualsiasi altro titolo, abbia portato o tentato o abbia cercato di portare fuori dal foro giuridico della Città di Fermo qualche Cittadino o abitante del contado o del distretto o dimorante Fermano o qualsivoglia altro, su una cosa o sopra una cosa soggetta e sottoposta alla giurisdizione del Comune di Fermo, senza espressa licenza dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia della Città di Fermo con <il Consiglio di> Cernita di quattro buoni uomini per <ciascuna> contrada e in qualsiasi modo  tentasse di farlo direttamente o indirettamente,  in occasione di qualche causa, o lite, o affare civile, o penale, o misto, o altro, comunque la cosa sia chiamata di qualsiasi diritto o nome, per il fatto stesso incorra nella penalità di 500 libre di denaro per ciascuna volta. La detta causa venga riportata alla Curia del Comune di Fermo e nondimeno chi trasgredisce decada per lo stesso fatto da ogni suo diritto. E qualsivoglia Rettore della Città di Fermo abbia libero arbitrio di fare la procedura, di investigare, di fare l’indagine, di punire e di condannare alla detta pena, contro tutti singoli coloro che commettono ciò, come già detto, anche sul fatto, senza alcuna scrittura o processo, omettendo ogni solennità e sostanza di statuti e di giurisprudenza.

       2 Rub. 40Nessuno Fermano o distrettuale, senza una licenza, osi andare <lontano> per uno stipendio o per una provvigione.

   Nessun Cittadino, o abitante del contado, o abitante del distretto Fermano, oppure abitante della Città o del contado di Fermo, in qualsiasi condizione o stato si trovi, osi né presuma in qualche modo andare o stare a pagamento, a provvigione, o a servizio al modo di armigero in qualche terra o luogo con una Comunità <Comune>, o con un signore, o con un nobile in qualsiasi stato o condizione si trovi, che fosse vicino 50 miglia, o meno,  alla Città di Fermo, senza un’ espressa licenza dei signori Priori del popolo o del Vessillifero di giustizia della Città di Fermo. Se qualcuno invece abbia trasgredito in qualche modo direttamente o indirettamente, in modo reale e personale, in compagnia o separatamente, sia punito ad arbitrio del Rettore.

       2 Rub.41Non si costruiscano nuovi fortilizi, né si ricostruiscano quelli distrutti.

   Stabiliamo ed ordiniamo che nessuna Comunità o persona privata, in qualsiasi stato o condizione si trovi, osi né presuma, in qualche modo, di costruire ex novo, edificare, o ricostruire qualche fortilizio, Rocca o Castello nel territorio della Città o del distretto di Fermo, senza un’esplicita licenza del Consiglio Generale della Città di Fermo, sotto multa in denaro e pena nella persona; e nondimeno qualsiasi cosa sia stata fatta in maniera diversa o in contrasto, sul fatto debba completamente essere distrutta a spese di chi l’ha fatta in contrasto alle dette cose, o a qualcuna delle dette cose.

       2 Rub.42L’officio degli Ambasciatori del Comune di Fermo.

   Decretiamo e ordiniamo che qualsivoglia Oratore o Ambasciatore, che debba essere eletto in qualsiasi legazione o ambasciata per il Comune, porti scritti i suoi mandati o l’ambasciata sua scritta con il sigillo del Comune, e le cose scritte rimangano negli atti del Comune di Fermo. E non sia lecito ad alcuno degli Ambasciatori dire nulla oltre l’ambasciata a lui imposta, né dire ulteriori cose che siano principalmente attinenti all’ambasciata stessa, e qualora tale Ambasciatore abbia trasgredito sia condannato a 100 libre di denaro e in perpetuo sia privato delle ambascerie del Comune di Fermo. E si eleggano come ambasciatori colui o coloro che sono i migliori e i più utili per il Comune secondo la volontà dei signori Priori e del Gonfaloniere, o a maggioranza di questi, essendo cancellati e annullati i capitoli che esponessero cosa in contrasto. E in calce o al termine della lettera che egli porterà per l’ambasciata a lui imposta, si scriva che il signore o la terra a cui è mandato non dia credito all’ambasciatore se non per le cose che sono state scritte in questi registri sotto i detti sigilli. E tale ambasciatore eletto non possa rinunciare a detta ambasciata se non avrà dimostrato per mezzo del medico o per mezzo di un testimone che egli è infermo. E il Podestà e il Capitano costringano tale ambasciatore a portare a termine la stessa ambasciata, per mezzo di una imposizione di bandi o di multe, oppure per qualsiasi altra via, come sembrerà ad essi che convenga. Inoltre vogliamo che un ambasciatore del Comune di Fermo che facesse un’ambasciata, non importa quanto, all’interno del contado di Fermo, sia che ritorni, sia che non ritorni in quel giorno, abbia dal Comune per le spese e per il vitto loro, per ciascun cavallo, 20 soldi di denaro in ciascuno giorno. Se, in realtà, facesse l’ambasciata fuori dal contado per le spese e il vitto, per un solo cavallo con un servitore quaranta soldi di denari. Se avrà portato molti cavalli, per ciascun cavallo che avrà portato abbia mezzo fiorino d’oro per ciascun giorno, e non di più, purché nessun ambasciatore possa portare più di tre cavalli. Se, in realtà, qualche ambasciatore sia stato mandato da questo Comune alla Curia di Roma, dell’Imperatore o del Re abbia per ciascun giorno, abbia come suo salario e per le spese per ciascun cavallo mezzo fiorino d’oro, purché nessun Ambasciatore possa condurre più di quattro cavalli a spese del Comune. E gli Ambasciatori facciano giuramento prima che vadano per queste ambasciate che non si intrometteranno a fare, né faranno alcuna ambasciata, se non quelle che siano stati date a loro per la parte del Comune di Fermo; e chi abbia trasgredito sia punito come è stato detto nel presente capitolo e non riceva nulla dal Comune per tale ambasciata. E gli ambasciatori siano costretti a fare come è stato detto, se non abbiano avuto una giustificazione, come espresso sopra nel presente capitolo o se non avranno dimostrato un motivo legittimo di sospetto di persona in occasione di una speciale inimicizia. Dopo che questi motivi sono stati comprovati, come è espresso sopra, nessuno che abbia avuto la giustificazione sia costretto ad andare contro sua voglia. E i signori Priori del popolo siano obbligati a far scrivere in un solo quaderno il giorno quando sia stato Ambasciatore e quando tornato abbia riferito: e sia scritto dal Notaio degli stessi Priori o dal Notaio del Tesoriere. E l’Ambasciatore sia obbligato a far redigere lo scritto per sé da questo Notaio, altrimenti non riceva nulla dall’ambasciata. E il Tesoriere sia obbligato a soddisfare questi ambasciatori nei detti salari, stabiliti a lui, a volontà di questi stessi e di coloro dai quali abbia preso i cavalli, secondo quanto è stato detto. Qualora non si facessero i pagamenti, questi ambasciatori non siano costretti ad andare in una ambasciata. E il pericolo dei cavalli mentre si svolgesse la detta ambasciata soggiaccia al Comune. Inoltre nessun possa essere così costretto a dover dare a affittare ad alcuno il suo cavallo o il ronzino per vettura se non ci sia stata l’usanza di affittare per vettura. E qualora qualche ambasciatore che sia parte dei militi del Comune sia stato in una ambasciata del Comune nel tempo quando il Comune di Fermo o tutti i militi del Comune di Fermo, o i militi della propria contrada, della quale fosse ambasciatore, stessero nell’esercito o in altro servizio del Comune, senza nessun stipendio, l’ambasciatore in tal caso non debba ricevere nulla dal Comune dal tempo detto sopra quando i militi siano stati in questo servizio. E nessun Fermano sia costretto a fare un’ambasciata a spese proprie, ma soltanto a spese del Comune. E qualsivoglia ambasciatore che sia andato in un’ambasciata del Comune e abbia voluto riconsegnare al Comune qualche cavallo viziato o guastato o magagnatosi in questa ambasciata, lo debba riconsegnare al Comune in quel giorno in cui ritornasse dalla ambasciata o nel giorno seguente; e qualora non lo abbia riconsegnato entro questa scadenza non sia ricevuto dal Comune, e non possa neppure ricevere un estimo <valutazione> di questo cavallo. Né alcun ambasciatore possa o debba riconsegnare al Comune di Fermo qualche cavallo condotto dallo stesso ambasciatore del Comune che fosse venuto meno per vecchiaia, per malattia o per disabilità del cavallo stesso, ma qualora per sua colpa sia stato magagnato e se lo consegnerà non venga ricevuto per il Comune.

       2 Rub.43Il Podestà, il Capitano e gli altri Officiali del Comune di Fermo non vadano a fare ambasciate.

   Inoltre ordiniamo e decretiamo che né il Podestà, né il Capitano né alcun altro officiale del Comune di Fermo, durante il tempo del loro incarico, neppure un officiale di qualcuno di questi stessi, o i servitori, andare in un’ambasciata del Comune di Fermo, con vincolo di giuramento, e sotto penalità di 100 libre di denaro dal loro salario per ciascuna volta quando abbiano fatto il contrario, se non qualora fosse di necessità che questi stessi o qualcuno di loro, andasse a visitare i Castelli, e quando occorresse che essi stessi si rechino alla Curia del signor Marchese per il parlamento generale. In questi casi ciascuno di loro abbia un certo salario, quale sembrerà essere opportuno ai signori Priori, al Gonfaloniere di giustizia e al Consiglio generale, e con un certo numero di cavalli quale sembrerà essere conveniente agli stessi Priori, purché <chi va> non possa avere più di 20 soldi di denaro per ciascun cavallo che avrà portato e per ciascun giorno. E nessuno debba dare in affitto <a pagamento> un cavallo del Comune a questi stessi, o a qualcuno di essi, in alcun modo o per alcun motivo e colui che abbia trasgredito sia punito a 10 libre di denaro; e possa essere accusato da chiunque e denunciato, fino a due anni e l’accusatore o il denunciatore siano tenuti segreti. E lo stesso Podestà e il Capitano che abbia ricevuto il cavallo siano obbligato ad altrettanto. E questo statuto non possa essere cancellato né si possa in qualcosa derogare. E il Notaio delle delibere e il Cancelliere sotto vincolo di giuramento e sotto penalità di 25 libre di denaro dal suo salario, non possa né debba in alcun modo fare o scrivere qualche proposta sulle cose già dette, salvo qualora l’andare nell’esercito o alla cavalcata sia stata una necessità per il Podestà o per il Capitano in base ad una delibera del Consiglio. E sia legittimo che debba avere dal Comune 20 soldi di denaro per ciascun giorno. E, per ogni cavallo o mulo che avrà portato, oltre al numero dei cavalli debba tenere secondo la forma della sua elezione nel servizio per il Comune, nell’esercito o nella detta cavalcata, purché il Podestà non ne possa condurne oltre 10 e il Capitano oltre 5, sotto la detta penalità. E nessun officiale del Comune di Fermo né alcun altro ‘forense’ <del foro> possa andare in giro nel distretto di Fermo a fare alcune esecuzioni per alcuni ‘assetti’, per dazi o per qualsiasi altri motivi, eccetto che per dare esecuzione alle condanne e possa allora andare senza che si dia a loro alcun altro salario né compenso, oltre al salario che è stato concesso loro a motivo del loro officio, oppure per la forma di qualche statuto di Fermo. E le esecuzioni tutte che siano da fare nel distretto di Fermo per qualunque causa, si facciano soltanto per mezzo di cittadini Fermani, e non per mezzo di altri, eccetto per le condanne. E questi esecutori siano eletti e incaricati dai signori Priori del popolo e dal Gonfaloniere di giustizia soltanto tra i cittadini. E vadano con la lettera di questi signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia, come è di consuetudine. E qualsivoglia esecutore abbia, per ciascun giorno in cui abbia fatto pernottamento per questa esecuzione, 20 soldi di denaro e non di più, calcolando il giorno di partenza e quello di ritorno alla Città di Fermo, sotto penalità per chi agisca contro questa modalità, o per ciascuno che va, anche per chi lo manda di 10 libre di denaro per ciascuno e per ciascuna volta. E i Sindaci dei Castelli non debbano obbedire oltre e contro questa forma stabilita né dare alcunché a costoro che vanno, contro questa forma, né pagare, sotto detta penalità.

       2 Rub.44Coloro che ricevono l’onore militare.

   Quando qualche Cittadino Fermano abitante nella Città di Fermo abbia voluto ricevere l’onore e la dignità della cavalleria e della milizia nella Città di Fermo debba avere dal Comune di questa Città di Fermo 100 libre di denaro dai beni e dall’erario di questo Comune e queste gli vengano date, contate ed assegnate interamente dal Comune di questa Città nel giorno in cui avrà assunto la detta dignità e l’onore.

       2 Rub.45Le vendite fatte di beni degli esiliati.

   Tutte e singole le vendite, le alienazioni o le cessioni già fatte o che si facessero in futuro ad opera dei Sindaci del Comune di Fermo dei beni degli esiliati o dei condannati <al bando> del Comune di Fermo o dei loro fidejussori o di altri beni del Comune abbiano validità e obblighino e ottengano una perpetua stabilità e debbano essere rispettate dal Comune di Fermo in maniera esatta ed inviolabile. E questo Comune sia obbligato a difendere tali vendite e alienazioni proteggendo gli acquirenti contro qualsiasi molestatori, salvo sempre il diritto di altri che pretendono qualche diritto sui beni predetti, e salvo il diritto del prezzo. E il prezzo debba essere restituito dal Comune agli acquirenti quando i detti beni venduti per legge sia dati indietro dai detti acquirenti.

       2 Rub.46L’officio del Notaio del Podestà che debba risiedere nel Porto.

    Il Notaio del Podestà che deve stare a Porto San Giorgio secondo la forma dell’elezione del Podestà, sia obbligato e debba catturare e far catturare tutti e singoli coloro che commettessero e facessero qualche reato di qualunque genere sia, e debba mandarli sotto fidata custodia a questo signor Podestà e alla Curia Fermana ed egli debba spiare e far spiare tutti i singoli “terrageni” <nativi dal territorio> anche i “forensi”<ospiti> che portassero armi di difesa e di offesa in questo Porto in contrasto alla forma dello statuto, in modo che quando alcuni cittadini saranno venuti a questo Porto dalla Città o da qualsiasi luogo, siano fermati e debbano depositare subito le armi che portassero presso il fondaco <magazzeno> del Comune di Fermo o nel suo ospizio, sotto la penalità contenuta nello statuto. E subito quando gli ospiti entrano nell’ospizio, colui che accoglie gli ospiti debba dire agli ospiti che non portino armi perché c’è il bando per queste stesse. Qualora l’ospitante non lo abbia fatto soffra la pena che dovrebbe patire l’ospite. E l’ospite non sia obbligato alla detta pena contenuta nello statuto del Comune di Fermo. E subito il detto Vicario mandi al Podestà l’ospitante che prima non abbia detto all’ospite che è proibito portare armi. E questo Vicario sia obbligato a gestire i tavoloni e i vasi e gli arnesi del Comune di Fermo e riceverli per mezzo di un inventario e renderli al Sindaco del Comune di Fermo; e qualora egli abbia trasgredito, sia punito a 10 libre di denaro, per ogni volta. E gli uomini di questo Porto siano obbligati e debbano obbedire a lui in tutte le cose che riguardano il suo officio. Qualora questo Notaio abbia commesso qualche frode o sia stato negligente in questo officio, subito sia espulso da questo officio. E questo Vicario sia obbligato, sotto la detta pena, a fare e a far fare la custodia notturna per mezzo di uomini di questo Porto riguardo al fatto che non accada alcun danno né furto in nessuna abitazione dello stesso Porto; cosicché non accada alcun danno o furto in alcuna abitazione dello stesso Porto; purché non siano posti a fare questa custodia le vedove, i pupilli e i vecchi di età maggiore di settanta anni, né le persone miserabili e purché questo officio non sia di pregiudizio a coloro che acquistarono e in futuro acquisteranno l’anzidetta gabella.

        Rub.47Il Podestà o il Capitano o il loro officiale siano obbligati, ogni qualvolta sarà necessario, recarsi fuori Città a proprie spese.

   Ogni volta che sia capitato e sia stato necessario che il Podestà, il Capitano o qualcuno di essi o un giudice, un milite di qualsivoglia di essi o altro officiale “forense” del Comune di Fermo vada in qualche luogo per ultimare qualche questione, oppure altrimenti per esercitare il suo officio, essi e ciascuno di essi che sia stato necessitato per queste cose, siano completamente obbligati ad andare, quando ce ne sia stata la necessità, senza salario, con i cavalli degli stessi Podestà o Capitano. E se agissero contrariamente, ciascuno di questi che abbia trasgredito sia punito dal suo salario a 25 libre di denaro per ciascuna volta. E il Tesoriere del Comune sia obbligato a prelevare la penalità dal salario dello stesso officiale e qualora questo Tesoriere non l’abbia prelevato, sia obbligato lo stesso Tesoriere a pagare di sue proprie spese al Comune. E i Regolatori del Comune non debbano, sotto la detta pena, fare la ‘bolla’ per questi Rettori, né per qualcuno di quelli già detti, neppure bollare la ‘bolla’ per qualcuno degli anzidetti e qualora abbia messo il bollo, questa ‘bolla’ non abbia validità. E nessun officiale, servitore o subalterno di essi, né alcuno di essi stessi possa, sotto detta pena, accettare o ricevere denaro alcuno o alcune cose da una persona speciale per qualche custodia o per una esecuzione o per qualche altro motivo in occasione di un qualche officio, sotto la detta pena, per ciascuno e per ciascuna volta. E il Podestà e il Capitano e per questi, ogni altro officiale del Comune nel suo officio sia obbligato e debba, con vincolo di giuramento, e sotto la detta pena, a praticare e a fare praticare ad opera dei loro officiali, dei servitori e dei subalterni tutte le singole cose contenute nell’anzidetto statuto.

       2 Rub. 48I Castellani non vanno accolti nel distretto di Fermo.

   Vogliamo ed ordiniamo che nessun Castello o Villa osi né presuma di accogliere qualcuno come Castellano del Castello, o della Villa né di fare qualche esenzione a qualcuno senza l’esplicito permesso dei signori Priori e del Gonfaloniere di giustizia da darsi per iscritto. E il Castello e la Comunità che abbia trasgredito siano puniti, per ciascuna volta, a libre 50 di denaro. Il Podestà ha l’obbligo di far conoscere questo capitolo agli uomini dei Castelli e alle Ville del contado e del distretto di Fermo.

       2 Rub.49Tutti quelli dei Castelli e delle Ville del Comune di Fermo debbano essere considerati cittadini.

    Inoltre decretiamo ed ordiniamo che tutti quelli dei Castelli e delle Ville del Comune di Fermo che abitano nei detti Castelli e Ville, e questi sono Castelli e Ville che pagano e fanno atti di subordinazione reali e personali nel Comune di Fermo, siano difesi in qualità di Cittadini Fermani e siano e siano considerati, in ogni cosa e per ogni cosa, Cittadini. Non intendiamo recar danno, con questo statuto, ad un beneficio ad essi concesso da un altro statuto inserito nel presente volume, riguardo al dimezzamento della pena per i delitti commessi dagli abitanti del contado. E coloro che in verità che non abbiano fatto atti reali e personali di sottomissione e da meno di cinque anni non li abbiano fatti al Comune di Fermo, e che non siano stati iscritti nel libro dei ‘fumanti’ <focolari> del Comune di Fermo, non siano considerati, né difesi come Cittadini e non godano di alcun privilegio goduto da Cittadini. Eccettuiamo coloro che abbiano le giuste e legittime immunità, e i patti dal Comune di Fermo, e dai signori Priori, e dal Vessillifero di giustizia di questa Città.

       2 Rub.50Il salario del Notaio e dei Balivi non debba essere ricevuto dai Sindaci dei Castelli e delle Ville.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che il Notaio del Podestà, che ci sarà nel tempo, debba accogliere e scrivere i Sindaci dei Castelli e delle Ville e costoro che sono diretti a vantaggio dei loro Castelli e delle Ville, siano obbligati e debbano, senza nessun salario, sotto penalità di 10 libre di denaro, e debbano scrivere i nomi, le presentazioni o i risultati dei sindacati, e comandare a costoro  che denuncino i reati, e facciano le altre cose a cui siano obbligati. Inoltre i balivi, che citassero questi Sindaci o alcuni altri dei Castelli e delle Ville, in qualunque occasione, o modo o motivo, in nessun modo possano né debbano ricevere nulla da costoro <sindaci>, per il loro lavoro, più di quanto a loro venisse concesso per disposizione degli statuti. E il balivo che abbia trasgredito sia condannato imperdonabilmente a 20 soldi di denaro e riguardo a ciò si creda al giuramento di colui dal quale ha ricevuto di più.

       2 Rub.51La libertà concessa a coloro che vengono per insegnare o per studiare nella Città di Fermo.

    Coloro che vogliono venire nella Città di Fermo per studiare, o per insegnare qualche scienza, o per praticare l’esercizio di qualche arte, liberamente e tranquillamente vengano con le loro cose, con la servitù e con persone, malgrado le azioni di rivalsa concesse o da concedersi in futuro a chicchessia.

       2 Rub.52I cittadini, dai quali il Comune di Fermo non ottiene rispetto, non siano difesi quali cittadini.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che i Cittadini e gli altri abitanti della Città dai quali il Comune di Fermo non riceva atti reali e personali o misti di sottomissione, non siano difesi al modo dei cittadini, né godano del beneficio di alcun statuto di questa Città. E tale statuto peraltro non sia inteso né venga applicato a coloro che hanno dal Comune di Fermo privilegi, immunità, ed esenzioni reali e personali o miste o qualcuna di queste.

       2 Rub.53 I Notai del Podestà, del Capitano, o del Giudice di giustizia, o di altro officiale forestiero non possano rivelare al pubblico i contratti.

   I notai del Potestà, del Capitano, del Giudice di giustizia o di ogni altro qualunque officiale ‘forense’ non ardiscano, né presumano scrivere o pubblicare alcun contratto né alcuni atti civili o statuti da cui possano ricevere qualche compenso o recepirlo dalle parti, o da persone speciali se non esclusivamente gli atti per i quali sono stati incaricati dal proprio Rettore e senza percepire un salario. E qualora abbino trasgredito, gli atti o gli altri contratti, per lo stesso diritto, non abbiano validità e incorrano nella penalità di 10 libre di denaro per ciascuno e per ciascuna volta. Inoltre nessun Notaio, né officiale tra gli anzidetti osi né presuma fare rogito o pubblicare qualche testamento, i codicilli, una donazione in occasione di morte, né altra ultima volontà, sotto pena di 100 soldi di denaro. Ma questo signor Podestà, il Capitano o il Giudice di giustizia e i loro officiali, a richiesta e a volontà di chiunque che essi detenessero nel loro carcere, e che dovesse essere condannato all’ultimo supplizio, siano obbligati e debbano chiamare e far accompagnare a quel tale così detenuto uno o due notai della Città per far scrivere l’ultima sua volontà se abbia voluto farla; sotto penalità al Podestà, al Capitano o al Giudice di giustizia, quando sia stato negligenti nelle dette cose, di 200 libre di denaro.

       2 Rub.54Il Podestà sia obbligato ad assegnare l’esenzione da imposte (franchigia) a coloro che vengono ad abitare nella Città. 

   Chiunque forestiero (forense) che sarà venuto, dal giorno di oggi in avanti, ad abitare nella Città di Fermo e avrà giurato la cittadinanza e di abitare in perpetuo in questa Città, e avrà voluto sottomettere se stesso e le sue cose sotto la giurisdizione della Città di Fermo e fare un acquisto nella Città secondo le sue possibilità, entro quattro mesi dal giorno dell’accoglienza, costui e costoro da qualunque luogo siano stati, siano accolti tra i Cittadini e si conceda a loro il privilegio della franchigia di dieci anni secondo la forma dello statuto o della delibera della Città di Fermo. E non siano di alcun giovamento il privilegio né l’immunità concessi, qualora colui o coloro a cui il privilegio della franchigia sia stato concesso, non abbiano fatto, entro il detto tempo di quattro mesi, l’acquisto, nonostante un capitolo, né alcun privilegio, e sia obbligato a pagare la tassa del ‘fumante’ <focolare> per la rata in proporzione della ricchezza delle sue cose e secondo l’imposizione del fumante, già fatta nel tempo e da farsi. E colui che verrà ad abitare nella Città Fermana e avrà avuto il privilegio della franchigia e sia stato accolto come Cittadino, anche se sia stato un figlio di una famiglia, sia considerato e trattato e reputato per ogni cosa e in tutte le cose, nei contratti, nei processi, nelle cause civili e penali, nella sua azione giuridica, e nel difendersi, nel disporre e nell’organizzare i suoi beni e nell’esercizio di qualsiasi cosa, come ogni padre di famiglia, nonostante la patria potestà sua. E qualora qualcuno degli anzidetti abbia fatto un acquisto con frode di qualche cosa che è posseduta dal venditore e non posseduta da colui che mostra che ha fatto l’acquisto, si presuma che l’acquisto sia stato fatto con frode e il venditore sia punito a 10 libre di denaro e di questo bando <penalità> la metà sia per l’accusatore o per il denunciatore. E quando colui che è stato accolto, abbia fatto l’acquisto, come è detto sopra, sia immune e esente da tutti gli atti reali e personali di sudditanza fino al detto tempo di dieci anni; ad eccezione per l’esercito e per il salario del Podestà, cose per le quali non sia e non debba essere immune, in realtà sia esente da ogni altro atto di sudditanza. E qualora un officiale gli imponesse qualcosa o gliela comandasse e lo gravasse per alcuni altri atti di sottomissione, egli non sia obbligato ad obbedire agli ordini dell’officiale; e l’officiale trasgressore sia punito nel tempo del sindacato a 10 libre di denaro. E un Sindaco che accolga costui come Cittadino venga disposto nel Consiglio generale della Città di Fermo; e il Notaio o il Cancelliere ne faccia rogito e da costui riceva le promesse e le stipule. Vogliamo inoltre che se gli anzidetti che venissero accolti tra i cittadini, o qualcuno di loro, prendessero moglie nella Città di Fermo o nel contado, e da questa sua moglie gli provenisse qualche podere, sia obbligato a pagare l’estimo del valore riguardante questo podere della moglie, nonostante la sua immunità. Inoltre diciamo la stessa cosa allorché a costui per la morte di qualcuno, provenisse qualcosa da un testamento o <da lascito> senza testamento, e sia obbligato a pagare al Comune l’estimo sulle cose pervenutegli in tale occasione, come non fosse esente né immune. Inoltre diciamo che il tale che fosse stato accolto come Cittadino sia obbligato e debba far scrivere l’acquisto che egli abbia fatto nel registro degli estimi del Comune di Fermo, nella contrada in cui abbia avuto l’abitazione, con il suo nome, come sono iscritti gli altri cittadini, in modo tale che l’acquisto e i possessi suoi appaiano con evidenza, affinché non si possa commettere una frode; e qualora egli abbia fatto in maniera diversa egli sia privato del privilegio e dell’immunità e dell’esenzione.

       2 Rub.55L’ immunità da concedersi alle persone che vengono e vogliono abitare nelle terre e nei possedimenti con estimo <dei beni> per le persone della Città di Fermo.

   Tutti coloro che, da oggi in seguito, di qualunque luogo siano stati, fuori dalla Città e dal contado di Fermo, verranno per abitare e per fare l’abitazione, la perpetua residenza, assieme con tutta la loro famiglia, se l’hanno avuta, in e sopra un possesso di qualche Cittadino della Città di Fermo e questa possessione sia stata descritta e posta nel registro degli estimi del Comune e da ciò venga pagato un estimo al Comune di Fermo, e fosse stato posto entro le seguenti senaite <delimitazioni a confine>, cioè dal trivio di Spirnachia direttamente fino al fiume Tenna, e sino al varco Tosiani di Tenna, fino al fiume, e direttamente dal detto Trivio Spirnachia, oltre da San Giovanni di Busio e da san Cipriano, di qua verso la Città <Fermo>, e Monte Rosario <Rosato>, e Colle Brunetti, e da Monte San Martino, e da Monte Morino fino al fiume Tenna, e fino al mare, e attraverso la strada del mare e dal Castello di Grotta Azzolina di qua verso la Città, e da Santa Polinaria o san Bartolomeo di Ponzino di qua, e dal Castello di Rapagnano di qua verso la Città, dovunque <sia> dentro o fra questi luoghi e confini, e qualcuno di questi verso la Città, e i Borghi della Città, da questi luoghi oltre, o in qualcuno di questi, se sono <possessi> negli estimi, come <detto> sopra; <costoro> non diano al Comune di Fermo nessun atto di sottomissione reale, personale né estimo, né fumante, ma siano liberi e esenti da tutte le singole dette cose, di qualunque genere siano e potessero essere. E il Podestà o il Capitano o i loro servitori, o un qualche altro officiale del Comune di Fermo, non facciano molestie né gravino costoro già detti o alcuno di essi, con nessuna prestazione di ossequi <atti di sottomissione>, in nessun modo, sotto pena di 100 fiorini d’oro dal loro salario e con vincolo di giuramento, ma siano obbligati a fare la difesa di questi stessi e dei loro beni e della famiglia. E qualora sia stato inferto a questi immigrati qualche danno ad opera di alcuni banditi <esiliati> o da chiunque altro, e se i nomi di danneggiatori non fossero conosciuti tale danno debba essere risarcito a costoro dal Comune di Fermo. E riguardo all’estimo dei danni si accetti quello che dicono coloro che hanno sofferto il danno, fino alla somma di 20 soldi di denaro, con giuramento, e per più di ciò fino a 100 soldi si accetti quanto essi dichiarano assieme con un testimone e con giuramento; e per più di ciò, con le prove di due o tre testimoni degni di fede; tuttavia in modo tale che qualora il danno, dato a costoro o a qualcuno di essi, sia stato causato da tali esiliati <condannati> del Comune di Fermo i quali avessero i padri, i fratelli e i figli, siano obbligati al risarcimento essi e non il Comune. E il Podestà sia obbligato e debba costringere questi al risarcimento, in modo reale e personale, con efficacia. Inoltre se qualcuno  abbia ucciso qualche bestia, o polli, oche e simili nelle case di abitazione di questi immigrati o di qualcuno di questi, oppure uno sciame delle api abbia fatto distruzioni in queste loro abitazioni, paghi per penalità 25 libre di denaro; ma se non abbiano fatto le dette cose dentro queste case, ma al difuori, nelle possessioni, o nelle vie pubbliche all’intorno di tale abitazione, per mezzo miliare, sia punito 10 libre di denaro e si faccia risarcimento a chi ha sofferto il danno con il doppio in ognuno dei casi già detti. Inoltre se qualcuno abbia percosso uno degli anzidetti <immigrati> oppure uno dei loro familiari, oppure abbia usurpato le loro cose, sia punito al doppio di quanto sarebbe punito se avesse offeso un altro o ne avesse usurpato le cose.

      2 Rub.56I nobili del Contado non paghino le collette <dazi>.

   Inoltre decretiamo e ordiniamo che i nobili del contado che vengono per far i servizi del Comune di Fermo a proprie spese e coloro che hanno possessi nella Città e nel contado o nelle pertinenze della Città di Fermo, e questi sono stati messi nell’estimo nei Castelli del Comune di Fermo, siano liberi ed esenti dalla prestazione di qualsiasi colletta. I “comitatensi” <abitanti del contado> infatti si intendano essere i nobili che stanno a servizio del Comune di Fermo con i loro cavalli ed a loro spese. E quei “comitatensi” che vogliono praticare questo capitolo siano obbligati a farsi iscrivere prima che venga imposta qualche dativa e facciano promessa di servire al Comune in tempo di guerra, a tutte loro spese e con propri cavalli ed armi, e per queste cose prestino cauzioni idonee e sicurtà. E da allora in poi non possano avere cavalli né stipendi dal Comune, e nondimeno essi siano obbligati a pagare per tutti i possessi di cui abbiano avuto abitudine di pagare la dativa al Comune e di quelle cose che sia venute e perverranno ad essi per qualunque motivo e qualora questi nobili si siano rifiutati di fare le cose qui dette, non possano godere del beneficio del presente statuto, e siano costretti alla prestazione delle dative imposte e da imporsi nel Comune di Fermo.

       2 Rub.57Il Notaio degli estimi del Comune di Fermo.

   Inoltre decretiamo e ordiniamo che i Notai degli estimi della Città di Fermo i quali aggiornano ed hanno gli estimi del Comune in carte bambagine, siano obbligati a scrivere questi estimi in fogli di pergamene e a ricopiare come debbono e per come sono stati eletti. E il Capitano futuro costringa coloro che non abbiano scritto le cose anzidette, né abbiano ricopiato in pergamene di scriverli e di ricopiarli in fogli di pergamene, come hanno obbligo e hanno dovere e il Capitano faccia dare loro le pergamene per questi estimi per mezzo del Tesoriere del Comune, e i Regolatori del Comune per queste cose concedano ad essi la ‘bolla’. E allo scopo che non avvenga alcuna frode per il Comune, quando i terreni, le case o altre cose sono cancellati e quando sono iscritti, siano obbligati e debbano riscuotere il giuramento da entrambe le parti che chiedessero che si faccia il cambiamento o l’iscrizione o la cancellazione in modo che non lo facciano con frode al Comune, e non per motivo di esimersi da qualche ‘fumante’ <tassa da focolare> del Comune, in tutto, né in parte né allo scopo di uscire fuori da qualche Consiglio. E chi abbia trasgredito sia punito a 10 libre di denaro. Riguardo alla copiatura nei fogli di pergamene, i Regolatori possano concedere loro le ‘bolle’ con il salario deciso per loro. In ciascuna contrada sia eletto un Notaio buono e legale per dover tenere il registro degli estimi della contrada in cui sia stato eletto. E questi Notai <siano eletti> nel modo e nella forma in cui vengono eletti il Notaio o i Notai che hanno gli stessi registri, sotto penalità di 25 libre di denaro; e dopo ultimato il loro officio siano obbligati a riconsegnare questi registri per i loro successori nell’officio, in presenza dei signori Priori e del Gonfaloniere di giustizia. E l’officio di questi Notai e di ciascuno di essi abbia la durata di soltanto un anno; e ultimato l’officio siano eletti altri nella forma predetta e si proceda a una nuova elezione. E colui che sia stato in questo officio non possa essere eletto dopo sino a 5 anni allo stesso officio. E dopo ultimato il tempo di un anno, questo Notaio sia obbligato e debba andare presso i signori Priori del popolo e presso il Gonfaloniere di giustizia, affinché sia eletto il suo successore, sotto la detta penalità. E il Podestà e il Capitano del popolo siano obbligati e debbano adempiere tutte le dette cose, con vincolo di giuramento e con penalità di 100 libre da pagare nel tempo del loro sindacato.

       2 Rub.58 Le pacificazioni sono da farsi ad opera del Podestà.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che il Podestà entro il primo mese del suo governo debba efficacemente adoperarsi per far fare tutte le paci fra i Cittadini Fermani, interponendo le sue parti, come a lui sembrerà convenire; purché tuttavia non costringa con sentenza coloro che rifiutano del tutto di fare pace.

        2 Rub.59Il Podestà o il Capitano o i loro officiali non dicano un’offesa ad alcuno.

   Inoltre Decretiamo ed ordiniamo che il Podestà o il Capitano o qualsivoglia altro officiale del Comune di Fermo non osi né presuma di dire né di fare un’offesa a nessun ‘arringatore’ nel Consiglio sotto la pena di 25 libre di denaro, per ciascuna volta quando abbia trasgredito in queste cose. Se in realtà si sia espresso altrove, non nei detti Consigli, sia condannato alla metà di detta penalità e il Sindacatore sia obbligato a prelevare questa pena dal loro salario durante il sindacato di costoro o di qualcuno di essi.

       2 Rub.60La libertà e la franchigia per coloro <immigrati> che da dieci anni abbiano abitato nella Città di Fermo e per i vassalli che vengono e che vogliono abitare nella Città. In questo caso nessuno possa essere Procuratore per i “forensi”.

   Inoltre decretiamo e ordiniamo che chiunque abbia abitato in modo continuativo nella Città di Fermo per dieci anni di tempo perdurante ed entro questo tempo non sia stato molestato né gravato di fronte al Giudice competente riguardo all’omaggio, alla fedeltà o al servizio nel dovuto e negli usi, non venga in seguito inquietato riguardo a qualcuna delle dette cose. E questa investigazione sia fatta sommariamente, senza spesa per quella persona che è convocata e non ci stia nessuno come “forense”, in tali casi, Avvocato o Procuratore, contro qualche Cittadino che fosse convocato sulle dette cose; e qualora abbia trasgredito, non sia ascoltato, e sia punito a 10 libre di denaro. E si intenda la stessa cosa per quelli che siano venuti ad abitare nel distretto di Fermo; purché in entrambi i casi, siano resi Cittadini e facciano un acquisto secondo la forma dello statuto. La stessa cosa diciamo riguardo agli uomini dei Castelli che siano venuti ad abitare presso la Città Fermana, se vi abbiano abitato per dieci anni e non siano vessati riguardo alle dette cose di fronte a un Giudice competente. Inoltre chiunque come “forense” sia venuto ad abitare nella Città di Fermo, o nel contado di questa, e abbia abitato in questa Città e nel contado o abiterà in futuro per dieci anni continui, senza molestia, né turbamento né interpellanza fatta riguardo a lui di fronte a un Giudice competente, non possa esser turbato e non ci sia validità di molestarlo da parte di alcuno, né che sia molestato a motivo di <tassa> di vassallatico o di omaggio, ma sia e si intenda liberato da ogni vassallatico e omaggio.

       2 Rub.61I Notai siano obbligati a redigere atti.

   Inoltre decretiamo e ordiniamo che un Notaio che è richiesto che faccia qualche istrumento, sia obbligato a scrivere questo istrumento e completarlo e darlo alle parti entro gli otto giorni successivi dal giorno quando ha fatto il rogito, dopo che dalle parti gli è stata data la mercede per il suo lavoro e per la carta. E se il Notaio abbia trasgredito, paghi la condanna di 5 soldi di denaro e ciascun Notaio debba scrivere per se stesso in un protocollo e in una ‘abbreviatura’ <nota> di qualsiasi contratto di rogito che egli debba scrivere e riportarvi gli anni del Signore, l’Indizione, il mese, il giorno, il numero, i pesi, le misure e le quantità dichiarate tra le parti, cose chiare e palesi e non oscure né confuse. E il Notaio sia obbligato a scriverlo allorché sarà stato richiesto, prima che le parti si allontanino da lui, e a leggere prontamente per tali parti contraenti quello che ha scritto e il Notaio alla fine di ogni contratto scriva: «Io … tale Notaio rogato scrissi» sotto pena per il Notaio che trasgredisca, di 100 soldi di denaro. E i contraenti prontamente dopo le dette cose, debbano pagare al Notaio, per il suo lavoro di rogito, la competente mercede, sotto pena di 20 soldi di denaro; e il Notaio entro l’ottavo giorno dopo queste cose, debba fare l’istrumento per le parti, se avranno voluto, sotto pena di 20 soldi di denaro e rendere nella forma ufficiale per le parti o per qualcuna di esse che lo abbia richiesto. E di tutto quello che sia restato nel rogito il Notaio sia obbligato a fare un protocollo in qualche libro registro e non su cartucce o cedole, sotto pena di 100 libre di denaro se non lo abbia fatto. Inoltre ciascun Notaio che sia stato chiamato a fare qualche istrumento e per fare il rogito di qualche contratto, sia obbligato ad andarci, sotto pena di 20 soldi di denaro, salvo che non abbia avuto un giusto motivo di giustificazione. Inoltre ciascun Notaio che sia stato chiamato o richiesto da qualcuno che volesse fare una protesta al Podestà, al Capitano o agli altri officiali, oppure volesse interporre un appello, sia obbligato ad andare e fare rogito sulle dette cose e scrivere questa protesta o appello e redigerla in forma pubblica e consegnarla a colui che lo ha indotto. E se abbia trasgredito, paghi il bando (condanna) di 25 soldi di denaro, e qualora colui che abbia indotto il Notaio per le dette cose non abbia pagato a questo Notaio la competente mercede, sia punito a 20 soldi di denaro e nondimeno sia obbligato a compensare.

       2 Rub.62Avere il Sindaco e il Procuratore per Fermo nella Curia Romana e nella Curia del signor Marchese <Marca Fermana>.

   Inoltre decretiamo e ordiniamo per il buon stato della Città di Fermo e affinché il Comune non incorra in un pericolo né in un danno e affinché non ci sia validità al decadere i suoi diritti, dato che molti processi e condanne sono fatti ad opera del Rettore della Marca Fermana e i Giudici della sua Curia contro il Comune e contro le persone della Città di Fermo e del suo distretto e dato il fatto che le cause di appello non proseguono, come per la maggior parte sono abbandonate. I signori Priori del popolo e il Gonfaloniere di giustizia, quando a loro sembrerà utile, possano eleggere un solo Sindaco per il Comune di Fermo il quale stia e debba stare nella Curia Romana o nella Curia del signor Marchese, o un solo Sindaco in una sola Curia e un altro nell’altra, come a loro sembrerà opportuno. Questi debbano tenere la difesa delle cause del Comune di Fermo e per essi e per ciascuno di essi possano e debbano decretare il salario che sia giusto e congruo. E questi signori Priori possano dichiarare a costoro questo salario. Questo salario venga imposto e riscosso insieme con il salario dei Podestà e del Capitano.

       2 Rub.63Le lampade dei mercanti della Città di Fermo.

   Decretiamo ed ordiniamo che otto lampade debbano esserci, ed ardere nella sera, e durante la notte, e essere accese sul crepuscolo vespertino, ossia fra il giorno e la notte, e per tutta la notte debbano permanere accese, e lungo la strada da San Martino fino la chiesa di San Matteo: e affinché questo sia fatto si debbono costringersi tutti i mercanti della Città a loro spese ad opera del Podestà. Inoltre ci siano dodici lampade allo stesso modo e forma, che debbano essere accese ed ardere nel modo anzidetto da San Matteo fino a San Zenone. E tutti i mercanti della Città, i quali nelle stesse vie e strade hanno le botteghe o i posti in stanze, siano obbligati a contribuire per le dette cose e lo facciano e si faccia e si debba fare a spese loro. E il Podestà faccia fare le dette cose con vincolo del giuramento.

       2 Rub.64Sia consentito ricusare uno statuto.

   Ordiniamo che chiunque abbia rinunciato a qualche statuto, non possa in seguito utilizzare il beneficio dello stesso statuto per il quale da lui sia stata fatta rinuncia; tranne quando in uno statuto di questo volume si trovasse scritto che in qualche <preciso> caso il beneficio di uno statuto non può essere rinunciato; allora, nonostante il presente statuto, sia salvaguardato ciò che in esso fosse disposto, e a questo o a questi <statuti>i non intendiamo derogare con il presente statuto.

       2 Rub.65 – Quando un affare del Podestà o di una persona speciale, venga trattato in un qualsiasi Consiglio, oppure nella Cernita, <costui> debba starsene lontano.

   Quando si sta trattando, in qualche Consiglio generale o speciale o in qualche Cernita o <adunanza> di Credenza su un fatto di qualcuno, del Podestà, del Capitano, o di altro officiale della Città di Fermo o di altra persona speciale e questo fatto o affare, riguardasse il comodo o l’incomodo di qualcuno degli anzidetti, vogliamo che in questo Consiglio, Cernita, o Adunanza non debba essere presente lo stesso tale officiale o altra singola persona il cui comodo o incomodo viene trattato, e neanche (siano presenti) i fratelli carnali, e consobrini, né i nipoti carnali e consobrini, né i generi, i suoceri, i cognati carnali dei costui, né coloro del cui comodo oppure incomodo sia sta trattando. Qualora questi sia stato presenti in questo Consiglio, Cernita, o Credenza, il tale officiale già detto o l’altra perdona speciale, del cui comodo oppure incomodo si trattasse non debba essere presente, neanche <presenti> i fratelli carnali e consobrini, e i nipoti carnali, consobrini, generi, suoceri e cognati carnali di costui o costoro del cui comodo oppure incomodo si trattasse. E qualora fossero <presenti> in tale Consiglio o Adunanza debbano allontanarsene e qualora non lo abbiano fatto e restassero presenti e quando in tale Consiglio, Cernita, o Credenza si compisse o deliberasse qualcosa nel servizio di costui, non abbia validità quanto sia stato fatto e deliberato a favore di costui. E i signori Priori e il Gonfaloniere di giustizia siano obbligati sotto penalità di 100 libre di denaro, ad espellere da questi luoghi il tale del cui fatto si trattasse e i già nominati qui, attinenti a ciò, e non <si debba> permettere che restino, e qualora siano stati negligenti nelle dette cose siano obbligati a pagare la detta penalità nel tempo del loro sindacato.

       2 Rub.66 – Quando qualcuno abitasse o avesse l’abitazione ai confini delle contrade, sia a lui lecito farsi registrare nella contrada dove più gli sia piaciuto.

   A colui che abita nel confine di due contrade, oppure al confine in mezzo a due contrade della Città di Fermo, sia lecito, e possa farsi registrare nella contrada dove lui abbia preferito nel registro dei ‘focolari’ <famiglie>, anche nel registro del Consiglio e in qualunque altro registro o scrittura che comprendesse le contrade e possa esercitare l’officio e usufruire del beneficio in detta contrada, dove sarà iscritto per il fumante e per il Consiglio e come gli altri di detta contrada fanno, e usufruiscono. Dopo scelta una contrada non possa recedere per un’altra contrada.

       2 Rub.67 – Il Podestà, il Capitano e gli altri Officiali del Comune siano obbligati e debbano fornire compiacimento di se stessi.

   Decretiamo e ordiniamo che tutte le porte dei Palazzi del Comune di Fermo e le porte del Palazzo del popolo, siano aperte dalla prima ora del giorno fino alla terza ora, e <poi> dall’ora nona fino al tramonto del sole, ad eccezione delle porte delle camere e nelle ore in cui mangiano o dormono, nei tempi consueti. E il Podestà o il Capitano e ciascuno di questi, quando abbiano trasgredito, venga punito per ciascuna volta a 50 libre di denari dal suo salario, da pagare al Banchiere del Comune di Fermo. Essi non possano porre una cedola o una scrittura di alcuni <uomini> nei muri o nelle stanghe, nelle colonne, né nelle porte, né in alcun altro edificio di questi palazzi, né possano proibire ad alcun Cittadino o abitante di Fermo che entri in questi palazzi nei tempi e nelle ore consuete. Tuttavia questo statuto non si applichi nelle porte del Palazzo dove sono i Priori del popolo e il Gonfaloniere di giustizia di questa Città.

       2 Rub.68 La custodia e l’immunità <nei castelli> di San Benedetto, di Monte Falcone e di Smerillo.

   Dato il fatto che molte e diverse novità sono viste che possano capitare ed avvenire in diversi tempi e che per i Castelli di San Benedetto del Tronto, di Monte Falcone, e di Smerillo e di Gualdo, per ciascuno di questi c’è necessità di un allestimento di fortificazioni, e noi volendo provvedere più accortamente alla custodia e alla difesa di essi, decretiamo e ordiniamo che quando i Castellani e i Sergenti sono mandati a custodire questi Castelli o qualcuno di questi, prima che questi Castellani, e Sergenti vi siano mandati o prima che vi vadano per tale custodia, a loro e a ciascuno di questi sia pagato da ogni avere e dall’erario del Comune tutto il salario che debbono riceverlo per sei mesi quando debbono stare a custodire questi Castelli. E il signor Podestà e il Capitano e i Priori del popolo e il Gonfaloniere di giustizia, che ci saranno nel tempo, siano obbligati e debbano, sotto vincolo di giuramento, sotto la penalità di 100 libre di denaro per il Potestà o per il Capitano e per ciascuno di questi; e <penalità> di 50 libre di denaro per ciascun Priore, e per il Gonfaloniere e debbano far fare il detto pagamento a questi Castellani e ai Sergenti per mezzo del Banchiere del Comune, secondo il loro potere, senza ritardo, a richiesta di questi Castellani, e per le custodie di ciascuno di tali Castelli, nel giorno in cui debbono iniziare la loro custodia. E questi Castellani e Sergenti e ciascuno di questi, sotto pena di 50 libre di denaro, per ciascuno di loro, siano obbligati a fare bene il servizio ed in ciascuno di questi Castelli, cioè nella Rocca dello stesso Castello, debbano aver continuamente e conservare le cose commestibili necessarie per il vitto che siano almeno durevoli per tre mesi per tutti gli aiutanti i quali debbono stare in queste Rocche. E questi Castellani e i Sergenti che staranno a custodire queste Rocche, non possano né debbano allontanarsi in nessun modo da questa custodia, ma debbano far residenza continuamente in queste Rocche, e coloro che, tra i Sergenti di ciascun Castellano tra gli anzidetti, debbano rimanere giorno e notte continuamente in ciascuna di queste Rocche cioè nella torre della stessa Rocca per fare la custodia. E colui che abbia trasgredito in qualcosa, sia punito con la pena dello statuto del Comune di Fermo. E il Podestà e il Capitano e ciascuno, ad opera propria, sia obbligato a mandare un suo milite o uno solo dei suoi notai insieme con i Regolatori del Comune o con qualcuno di questi, a fare la rivista delle Rocche del Comune di Fermo, secondo la forma dei nostri statuti, e a vedere se in queste ci siano fortificazioni adeguate e se i Castellani hanno tutti gli aiutanti che debbono avere. E questi Regolatori, uno solo o molti, che saranno andati a vedere le cose anzidette insieme con questo officiale, debbano fare segnare (la puntatura) se avranno trovato qualcuno che non avesse gli aiutanti dovuti; e sia accolta la relazione di costui e si dia piena fiducia a costui.

       2 Rub.69 Tutti i singoli abitanti del Castello di San Benedetto debbano sorvegliare bene questo Castello notte e giorno.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che tutti e i singoli abitanti del Castello di San Benedetto, che attualmente ci sono e che ci saranno in futuro, siano obbligati e debbano con sollecitudine, giorno e notte,

vigilare, occuparsi e usare attenzione a che questo Castello di San Benedetto sia ben custodito. E siano obbligati a risistemare gli steccati verso il mare e tenerli integri. E quelli, che siano andati ad abitare in questo Castello, siano liberi ed esenti dalla prestazione dei fumanti e di dazi (dative) fino a dieci anni dal giorno in cui siano venuti ad abitare in questo Castello, cosicché questi stessi non possano e non debbano, in alcun modo, essere molestati riguardo ai detti dazi.

       2 Rub.70 I mugnai debbono eleggersi i Capitani.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che il Podestà, il Capitano, o il Giudice di giustizia, quando iniziano il loro officio di uno di loro, o del loro governo, con vincolo del giuramento e sotto la pena di 50 libre di denaro da prelevare dal loro salario, siano tenuti e debbano riunire ed obbligare i Mugnai della Città per fare il Capitano tra gli stessi Mugnai, cioè uno solo nel primo corso superiore dei Molini e un altro nel corso inferiore dei Molini sotto i primi mulini situati in detto corso <d’acqua>. Questi Capitani siano obbligati a spese dei padroni degli stessi mulini a mandare l’acqua in una posizione di tale modo che i mulini possano in ogni tempo macinare e che gli uomini di questa Città, nel macinare, non abbiano a ricevere alcun danno nel macinare a causa della mancanza dell’acqua.

       2 Rub.71Vendite e donazioni fatte da qualcuno che divenisse Cittadino Fermano.

   Chiunque sia venuto nella Città di Fermo ad abitare con la cittadinanza e sia stato accolto come Cittadino di questa Città e, quando, a motivo di questa cittadinanza, abbia comprato una abitazione e alcuni possessi in Città o nel distretto di Fermo, oppure, a qualunque altro titolo, abbia acquistato questi possessi, non possa vendere questi possessi o abitazioni né alcuno di questi, né alienarli, né, con qualunque titolo trasferirli ad un altro tra i vivi, senza l’espressa licenza dei signori Priori del popolo e del Vessillifero di giustizia, insieme con i Regolatori del Comune affinché non eviti la cittadinanza né si allontani con la sua famiglia e con le altre cose sue; e questi signori Priori e il Gonfaloniere e i Regolatori possano concedere questa licenza quando a loro sembrerà opportuno

che tali cose non accadano a motivo di evitare la predetta cittadinanza. Se poi qualcuno abbia trasgredito e abbia fatto la vendita o altro contratto tra i vivi in contrasto contro la predetta forma dello statuto, senza aver ottenuto la licenza, come detto sopra, la vendita, l’alienazione e qualsiasi altro contratto fatto non abbia validità per il diritto stesso e la cosa venduta in tal modo pervenga al Comune e sia assegnata al Comune di Fermo e tanto l’acquirente quanto il venditore o chi celebri un altro contratto tra i vivi incorrano nella pena di 25 libre di denaro per il fatto stesso, per ciascuno di essi e debbano incorrervi senza alcuna sentenza e senza il ministero di alcun Giudice. E chi trasgredisce, su tutte queste cose dette sopra, possa da chiunque essere accusato o denunciato; e l’accusatore o il denunciatore abbia la metà del bando <condanna> cioè di queste 25 libre. Vogliamo anche che il Podestà e il Capitano e ciascuno di questi costringano e debbano costringere tutti singoli coloro che avessero promesso o promettessero la cittadinanza della Città di Fermo e i loro fideiussori ad abitare nella Città di Fermo, e a pagare le pene e i bandi già detti, sul fatto,  omettendo ogni solennità e sostanza del diritto e degli statuti, e in base al vedere e sapere se hanno fatto promesse, a richiesta del Sindaco del Comune o di un altro qualsiasi Cittadino o abitante di questa Città.

       2 Rub.72L’osservanza degli statuti.

    Il Podestà, il Capitano, qualsiasi altro officiale della Città di Fermo sia obbligato e debba praticare tutti i singoli statuti del Comune di Fermo che riguardano e concernono gli offici di essi stessi e di ciascuno di loro, sotto la pena contenuta negli stessi statuti. E se la pena non fosse aggiunta in questi, siano obbligati e debbano metterli in pratica, sotto la penalità per ognuno che trasgredisca, di 100 libre da prelevare, per ciascuna volta, dal salario loro, e di ciascuno di loro.

       2 Rub.73Che i terreni siano soggetti al pagamento dei tributi.

   Affinché gli estimi del Comune di Fermo non siano diminuiti, vogliamo ed ordiniamo che tutti i fondi rustici, e urbani, le abitazioni e tutti i possessi ubicati nella Città e nel contado di Fermo, siano e si intenda che debbano essere tributari, per l’avvenire, alle casse del Comune di Fermo, e registrati per gli oneri dei tributi e per le ‘collette’ <tasse> da imporsi in questo Comune di Fermo, e per tutti gli oneri da imporsi in questo Comune dal giorno odierno in poi, e siano obbligati e debbano essere obbligati dovunque questi possessi o qualcuno di essi siano indirizzati per questi oneri, nonostante alcuni privilegi, immunità, ed esenzioni concessi a chiunque, e da concedersi in futuro; sempre salvi i patti fatti e stabiliti tra il Comune di Fermo e gli abitanti del contado o i nobili del contado, o della Città di Fermo o altre private persone, per le quali cose non intendiamo derogare in alcunché con il presente statuto.

       2 Rub.74La parte delle vecchie condanne che va data agli Officiali.

   Affinché gli officiali abbiano materiale per eseguire le condanne vecchie, decretiamo e ordiniamo che il Podestà, il Capitano, il Giudice di giustizia, o il Bargello della Città di Fermo e ciascuno di questi, abbiano e debbano avere due soldi di denaro per ciascuna libra dei denari che abbiano fatto assegnare al Comune, a motivo della esecuzione delle precedenti condanne fatte ad opera dei loro predecessori e nei tre mesi antecedenti il loro officio. E il Banchiere del Comune, nel tempo in cui egli stesso abbia ricevuto la somma della condanna, sia obbligato a dare questi due soldi al tale officiale che fa l’esecuzione e a colui che fa l’esecuzione. Riguardo poi alle condanne fatte ad opera dei loro predecessori e di ciascuno di questi, ne tempo successivo ai detti tre mesi, prima dell’inizio del loro officio, non possano, né debbano ricevere nulla dal Comune né dal Banchiere del Comune, ma siano obbligati a eseguire senza un premio e senza ricevere niente denaro; e il Podestà e i suoi officiali possano eseguire le condanne fatte ad opera del Potestà, o del Bargello. E il Bargello, e ciascuno di coloro che fanno l’esecuzione delle condanne fatte ad opera del Podestà e del Capitano, ricevano i due soldi, purché l’officiale nulla riceva, dopo i detti tre mesi, per le vecchie condanne pubblicate e fatte dal predecessore, nonostante qualche altro statuto del presente volume che disponga il contrario. E vogliamo la deroga totale di esso in questa parte per mezzo del presente statuto.

       2 Rub.75La giurisdizione del milite del Podestà.

   Ogni Milite o il Socio del Podestà della Città di Fermo possa esaminare, e porre fine sulle cause civili che si svolgono davanti a lui, ed emettere la sentenza fino a 100 soldi e non per una somma maggiore né per una cosa di una maggiore somma; a meno che non sia avvenuto pacificamente, per volontà delle parti, e la loro giurisdizione non sia stata prorogata esplicitamente. E questo Milite, o il Socio, possano esaminare e portare alla fine le cause vertenti di fronte ad essi, in maniera sommaria, semplice, amichevole, senza chiasso né parvenza di processo, in ogni tempo, anche festivo, ad eccezione però delle feste fatte in onore di Dio, dopo trovata la sola verità del fatto, omettendo ogni solennità e sostanza dei processi.

       2 Rub.76Le deleghe da fare a qualcuno del denaro e di altre cose del Comune.

   In vigore e per l’autorità della presente legge sia fatto lo statuto e sia decretato, al fine che la nostra Repubblica abbia credito e, quando sarà stato opportuno, venga sovvenzionata con denari e al fine che le cose, una volta che saranno state deliberate, siano mantenute sempre stabili, e non siano rimosse, ogni delega e promessa di denari o di qualsiasi altra cosa delegata e promessa ad opera del Comune di Fermo, sia sempre valida, stabile e mandata in esecuzione, così pure, in futuro, ogni delega e promessa di denari e di qualsiasi cosa che si debbono delegare e promettere ad opera del Comune, e questa delega e la promessa, una volta che siano state fatte ad opera della Cernita e del Concilio, oppure si facessero di nuovo siano valide. E i signori Priori e i Regolatori, che ci saranno nel tempo, non possano fare proposte né farle fare in alcun modo nella Cernita e nel Consiglio, neppure rimuovere tali cose in altro modo, né ostacolarle per qualche richiesta o aspetto, né fare il contrario e così nessuno possa né debba dare consiglio, né fare un’arringa contraria a questa presente legge, sotto penalità a ciascun Priore e a ciascun Regolatore, e a chi faccia l’arringa o dia il consiglio,  per la penalità di 100 ducati da riscuotere sul fatto da chiunque faccia trasgredisse le cose già dette, penalità da assegnare alla Camera del Comune a vantaggio della costruzione delle mura.

       2 Rub.77I Militi e gli Officiali e del Capitano non possano entrare nelle abitazioni per le esecuzioni dei reati civili e dei danni dati.

   Per eliminare le lamentele che gli abitanti del contado fanno di continuo a causa di estorsioni, che vengono fatte dagli officiali che vanno per il contado per fare le esecuzioni, entrando nelle case di questi comitativi, e portando via cose commestibili e anche altri beni, con il massimo danno e pregiudizio per i comitativi, pertanto con l’autorità della presente legge decretiamo che, per l’avvenire, questi militi e gli officiali del Capitano e del Podestà, o i loro aiutanti, che vanno nel contado per fare esecuzioni, tanto reali, quanto personali, sia per i misfatti, che per i danni dati, e per i debiti civili, non possano entrare nell’abitazione, o nelle abitazioni di questi comitativi, né degli abitanti in questo contado, senza la presenza di due o almeno uno dei Massari della Credenza dei Castelli di questo contado; e qualora costoro abbiano trasgredito, per il fatto stesso, siano privati degli offici e siano licenziati da questa Città. E questi Massari di Credenza non appena sia stato stati cercati dai detti (officiali) o da qualcuno di essi, immediatamente, senza indugio o qualsiasi renitenza, sul fatto stesso e per lo stesso diritto, siano tenuti, debbano e siano obbligati ad andare, ed accedere con essi nelle abitazioni anzidette, sotto la pena di 10 libre di denaro per ogni Massaro trasgressore, o renitente, da riscuotersi e da assegnare al Comune di Fermo, a questo scopo che i predetti militi, officiali e i loro aiutanti non sottraggano o non portino via dalle dette abitazioni neppure le cose commestibili, né prendano in alcun modo il vino, né mangino, né bevano.

       2 Rub.78L’osservanza degli statuti delle Società e dei Castelli della Città di Fermo.

   Inoltre decretiamo che i signori Priori del popolo, e il Gonfaloniere di giustizia, il Podestà, il Capitano del popolo e gli altri officiali del Comune di Fermo non debbano praticare, né fare praticare altri statuti, né gli ordinamenti di qualche Castello, o Villa del contado di Fermo, né di qualche Società o del Collegio, se i detti statuti o ordinamenti non fossero approvati, ad opera della Cernita, nella maggior parte. E qualora fossero approvati e confermati dalla detta Cernita, e non siano stati in alcuna parte contrari a qualche statuto della Città di Fermo, che abbiano la piena validità di vigore. In verità, chi trasgredisce, anche coloro che fanno gli statuti anzidetti, o coloro che ne fanno uso, e che li allegano consapevolmente mentre non fossero stati approvati dai già detti, siano puniti con 25 libre di denaro e nondimeno in nessun modo i detti statuti e ordinamenti non abbiano valore automaticamente.

       2 Rub.79Tutti i pegni debbano essere consegnati al Depositario.

   Al fine che i pegni, che vengono presi, non siano persi, ma siano conservati sotto una buona custodia, con l’autorità della presente legge decretiamo che tutti i singoli officiali, e i Balivi di questa Città siano obbligati e abbiano dovere, nello stesso giorno nel quale un pegno o i pegni siano stati fatti, o siano stati comandati che si facciano, che li depositino o facciano depositare presso il Depositario dei pegni, da eleggersi e da destinarsi ad opera dei signori Priori e dei Regolatori sotto pena per ciascun officiale, o Balivo trasgressore di un fiorino da trattenersi, sul fatto, dalla loro paga, per ogni pegno, e per rimediare qualora il pegno fosse andato perduto. E questo Depositario dei pegni sia obbligato e debba descrivere tutti i pegni nel suo registro, o nel bastardello e annotare i nomi dei padroni e conservarli bene. E abbia per il suo lavoro 4 denari per ogni pegno al tempo della loro restituzione. E se detti pegni, dopo che siano stati consegnati a questo Depositario andassero perduti, lo stesso Depositario sia obbligato a restituire l’estimo o il valore dei pegni perduti. E così egli si obblighi, prometta e faccia fideiussione al tempo della sua elezione.

       2 Rub.80Il compenso da pagarsi agli Officiali del Contado per le scritture, per le esecuzioni reali e personali e per gli altri atti.

   Allo scopo di evitare lamentele, o illeciti pagamenti che vengono fatti agli officiali del contado sopra le richieste e le esecuzioni e altri atti civili, con la presente legge decretiamo che gli officiali del contado, per l’avvenire, per le richieste, o altri atti da farsi dinanzi a loro, per qualunque motivo e somma questi siano, non possano chiedere, né ricevere, per i debiti civili, più di un bolognino per ogni richiesta e per ogni atto. E così per le esecuzioni civili, tanto personali quanto reali civili, abbiano un bolognino per ogni singolo ducato, e non chiedano, né ricevano di più, cioè fino alla somma di 40 ducati, computando 40 Bolognini per singolo ducato. E sopra i 40 ducati in su, qualsiasi sia la quantità, non possano chiedere, né ricevere oltre Bolognini 40 per una escussione di detta somma, qualunque essa sia.

       2 Rub.81Elezione e officio del Bargello.

   I signori Priori del popolo e il Gonfaloniere di giustizia e i Regolatori, i Capitani delle arti, i Confalonieri delle contrade, insieme con quattro buoni uomini per ciascuna contrada da eleggersi ad opera di questi signori Priori, o dalla maggioranza di questi, ogni volta che ad essi sembrerà che sia utile per il Comune, abbiano la potestà, l’autorità, il pieno potere di eleggere, di chiamare o di nominare il Bargello nella Città e nel contado di Fermo. Questo Bargello, in questo officio, abbia con sé un bravo Notaio maggiore di 25 anni, sette aiutanti armigeri e due cavalli buoni e valevoli. In realtà il salario di detto Bargello, per lui, per la servitù, e per i cavalli anzidetti, debba essere di 500 libre di denaro della moneta corrente in Città e nel contado di Fermo, e con un salario maggiore o minore, secondo come sia stato previsto e deciso dai detti signori <Priori> o dagli altri già nominati, oppure <deciso> dalla maggior parte di questi stessi. Questo Bargello debba venire nella Città di Fermo, e stare in detta di Città, per tutto il suo tempo con la detta servitù, personalmente e di rimanere con i cavalli, con ogni suo rischio, e a sue spese. Inoltre sia obbligato, in maniera personale, all’esercizio continuo del detto officio, e che non lo eserciti tramite un sostituto. Debba, inoltre, portare la ‘mora’ nel nostro contado, nei fortilizi e nel distretto ed andare quasi di continuo con la detta scorta militare per esercitare il suo officio, con a suo carico tutti i pagamenti e le spese, né riceva alcunché gratis dalla comunità né da particolari persone. E debba fare la presentazione del detto suo Notaio, degli aiutanti e dei cavalli ai Regolatori del nostro Comune, ad ogni loro richiesta. Inoltre, dopo ultimato il suo officio, debba e sia obbligato a sottostare con il suo Notaio e con gli aiutanti al sindacato per 5 giorni, e presentare il rendiconto delle cose da lui gestite e amministrate, purché non siano obbligati se non per i furti e ‘baratteria’ egli stesso o i suoi aiutanti e il Notaio. Qualora egli stesso, o il suo Notaio, o qualcuno della sua servitù a causa del proprio officio (mai sia!) venisse condannato per qualche ragione, non chiederà, né farà chiedere qualche rivalsa (rappresaglia) contro la Città di Fermo, o il contado o qualche terra che aderisce al questa stessa Città, né contro persone speciali di questi luoghi, né farà uso di dette rivalse, alle quali esplicitamente rinuncerà a nome suo e dei suoi officiali e degli aiutanti, per le quali prometta come cosa decisa. Dopo l’accettazione del suo officio, legalmente, negli opportuni Consigli della sua detta terra, faccia deliberare le cose anzidette Egli sia obbligato a portare con sé questa delibera alla sua venuta e le debba presentare al Cancelliere del Comune di Fermo. Si aggiunge questa condizione, che qualora, durante l’officio anzidetto sia accaduto che il Bargello muoia (mai sia!) il salario a lui promesso venga pagato per la quota parte e non per intero, e oltre al detto salario non riceverà nulla se non ciò che a lui fosse stato concesso dalla forma dei nostri statuti. Non debba avere con sé alcun officiale o aiutante che sia stato al servizio del crudelissimo tiranno Rainaldo da Monteverde, o avesse qualche altra inibizione secondo la forma dei nostri statuti. Questo Bargello abbia l’ordinaria giurisdizione di investigare, di fare la procedura, di punire e condannare, in modo sommario, semplice, con calma, senza processo, né alcuna solennità contro ogni persona che esportasse, dalla Città di Fermo e dal contado di Fermo, le vettovaglie, le biade, i cereali, l’orzo, i legumi e per ogni altra cosa proibita dalla forma di qualche statuto e dell’ordinamento della Città di Fermo. E sia obbligato e debba, contro i questi già detti, fare indagini e investigare, condannare e punire quelli trovati colpevoli. E abbia e debba avere la quarta parte delle penalità, di quanto avrà fatto incassare al Comune di Fermo per detta ragione o a ragione della scoperta fatta ad opera sua oppure di un suo officiale, cosicché tre parti <della penalità> siano assegnate al Comune, e la restante quarta parte sia per il detto Bargello per le cose scoperte da lui e da un suo officiale. In realtà, qualora questo Bargello non abbia scoperto questi fraudolenti e coloro che portavano le biade o le dette vettovaglie, ma qualche accusatore o denunciatore sia sopraggiunto, quando legalmente avrà fornito le prove dell’accusa e della denuncia per mezzo di testimoni, o per mezzo di legali e sufficienti indizi, questo accusatore o denunciatore, a motivo di questa sua accusa o denuncia, abbia la quarta parte della penalità che fosse assegnata, con successo, al Comune; così che tre parti rimangano al Comune, e la restante <parte> sia dell’accusatore o denunciatore. Inoltre questo Bargello, quando catturasse e conducesse nel carcere del Comune qualche ‘bandito’ e condannato della Città di Fermo, nella persona, a motivo di una sommossa o di un attentato di turbare il presente Stato libero e popolare, egli abbia 100 libre di denaro dall’erario del Comune di Fermo, per ogni condannato e ‘bandito’ per la detta causa o ragione. Qualora poi catturerà un altro ‘bandito’ e condannato nella sua persona, per altra circostanza o motivo diversi dal turbare lo Stato, se sia stato condannato alla morte, in modo principale o sotto condizione, cosicché dovesse perdere la vita personale, abbia e che debba avere, per la detta occasione, e dal detto Comune e dal Banchiere del Comune 50 libre di denaro. Qualora di fatto si tratti di un bandito e condannato ad essere privato di qualche membro in modo principale, o sotto condizione, cosicché l’esecuzione venisse fatta in qualche membro di costui, il Bargello abbia da detto erario, dal Banchiere libre 25 di denaro. In realtà, qualora catturasse uno e conducesse il catturato e lo portasse nel carcere del Comune e presentasse qualche bandito e condannato contumace e per qualsiasi occasione per contumacia condannato <multato> in denari, egli abbia e debba avere, per questa ragione, due soldi per ogni libra di quella somma che con successo abbia fatto assegnare al Comune. E il Banchiere del Comune sia obbligato a pagare a questo Bargello le dette somme entro un mese dal giorno della esecuzione fatta al detto condannato nella persona o in un membro, e per il condannato in denari, entro il terzo giorno, dal giorno del pagamento che deve esser fatto da tale condannato; sotto penalità per detto Tesoriere se trasgredisce di 100 libre di denaro. Vogliamo tuttavia che qualora questo Bargello, o il suo Notaio o un suo aiutante offendesse qualcuno tra questi condannati (banditi) o uno di costoro che volessero prosciogliere le dette cose vietate fuori dal contado, o resistessero al detto Bargello, o al suo officiale o all’aiutante nell’esercita il suo officio, non sia soggetto ad alcuna pena. Inoltre, il detto Bargello sia obbligato, possa e debba punire e condannare tutti i singoli che, secondo la forma dei nostri statuti, arrecano danno di persona o con gli animali nei possedimenti o nelle cose di un altro; qualora egli stesso, o un suo officiale, abbia scoperto coloro che arrecano il danno, e in fragranza di reato, a ragione della sua scoperta, abbia la quarta parte della penalità, di quanto ha fatto incassare al Comune. Il Giudice di giustizia della Città di Fermo, nello stesso modo, ha e debba avere comunque le stesse cose, nonostante alcun statuto già fatto o che si farà che si esprima in contrario, e a codesto espressamente deroghiamo. Inoltre vogliamo che tutti i guadagni anzidetti concessi al Bargello riguardo a chi esporta le vettovaglie e le biade; anche i guadagni di colui che cattura questi banditi, siano intesi come richiesti e concessi al signor Podestà, al Capitano e al Giudice di giustizia e a ciascuno dei loro officiali, e a tutti gli altri officiali della Città e del contado di Fermo. Tutti singoli costoro, abbiano i detti guadagni quando catturassero i detti <delinquenti> o qualcuno degli stessi, e li scoprissero, nel modo come li avrebbe questo Bargello, se egli stesso scoprisse, o catturasse, o facesse tali cose. Inoltre vogliamo che non sia lecito a nessuno nella Curia del Bargello stornare, avocare o interporre, in altra maniera, le sue parti, a servizio dei tali trovati <colpevoli> per qualcuna delle dette cose vietate, specialmente al servizio di qualche esportatore o di uno che vuole esportare il grano, le biade o le vettovaglie in contrasto con la forma dei nostri statuti. Se, in realtà, qualcuno informato oppure non informato, sia venuto e avesse parlato a servizio degli anzidetti <delinquenti>, per il fatto stesso incorra nella penalità di 100 libre di denaro, da prelevargli ad opera del Bargello o di qualunque altro officiale e da assegnare al Comune di Fermo. Si aggiunte a questo statuto che quelli della Grascia<annona> della Città di Fermo, sotto penalità di 100 fiorini d’oro, non possano concedere il permesso di esportare le vettovaglie dal contado di Fermo, più di 5 salme di grano, orzo e di altre biade, senza il permesso dei signori Priori e del Gonfaloniere di giustizia e della Cernita che deve decidere su ciò, e in tale Cernita siano presenti i Regolatori, i Capitani delle arti, il Gonfaloniere delle contrade e quattro buoni uomini per ciascuna contrada, o la maggioranza di questi. E qualora si facesse in modo diverso, non abbia validità in alcun modo. E dato che già su cosa sia la “Grassia” (grascia) e cosa sia contenuto nel nome “grascia” è stato ripetuto il dubbio, in altra occasione, affermiamo e dichiariamo che nella parola “grascia” siano compresi e siano intesi il grano, l’orzo, la fava, il farro grande, le carni porcine, vive o macellate di recente. In verità al di fuori di queste cose qui dette, non vogliamo che altre cose di qualunque genere siano da comprendere nella parola “grascia”. Vogliamo anche che, se qualcuno nelle macellerie (beccarie) del Comune abbia comperato 20 libre di carni porcine, o meno di ciò, possa esportarle liberamente dalla Città e dal distretto di Fermo, e ciò abbia validità, senza pena.

       2 Rub.82I cittadini che sono al governo nell’officio del priorato.

   Decretiamo per il decoro e per l’utilità della Repubblica che tutti i Cittadini Fermani che stanno nell’ufficio del Priorato di questa Città e negli altri offici del Comune e non abitino al modo delle famiglie né hanno continua dimora in questa Città, come gli altri cittadini, da subito siano cancellati, rimossi e annullati dal già detto officio del Priorato e da ogni altro officio e beneficio del Comune di Fermo, e al posto di questi si mettano altri Cittadini Fermani che abitano al modo delle famiglie e hanno dimora continua con la propria famiglia in questa Città Fermana.

       2 Rub.83 Per coloro che non partecipano alla Cernita e al Consiglio e per chi ha difficoltà a parteciparvi.

   Con questa legge si dia avvertimento che tutti i cittadini che non venissero alla Cernita e al Consiglio, siano obbligati a fare un’investigazione, paghino e siano obbligati a pagare la penalità di 5 soldi, per ciascuno e per ciascuna volta, con queste condizioni che sempre per il giorno antecedente o alla sera per il giorno seguente quelli della Cernita siano contattati a voce o nella abitazione della propria abitazione e il Consiglio, a sera, venga proclamato come si usa, e nel giorno in cui avviene questa Cernita, oppure il Consiglio, si suoni la campana a rintocchi, poi a distesa. E dopo suonata in questo modo, subito si faccia e si debba fare un accertamento e quelli che saranno riscontrati che non stanno presenti in tale verifica, come <detto> sopra, siano segnati e quelli segnati così siano obbligati a pagare tale penalità e siano costretti. Aggiungiamo anche che qualora nello stesso giorno in cui avviene la Cernita fosse necessario avvisare la riunione di Cernita, allora i cittadini siano interpellati a voce e se non venissero siano obbligati a pagare questa penalità di 5 soldi. Ma quelli che fossero interpellati nell’abitazione e non a voce, in tal giorno per lo stesso giorno, non siano obbligati alla penalità e non siano obbligati neanche quelli che avessero una giustificazione giusta e legittima per non esser potuti venire: E nessuno venga al posto di un altro, la sua voce sia lasciata o rimessa ad alcun altro, con nessun patto, sotto pena di 10 ducati. In realtà i <cittadini> deputati che non sono stati iscritti non vengano in alcun modo, né possano venire, sotto la stessa penalità di 10 ducati, per ciascun trasgressore e per ciascuna volta.

       2 Rub.84Le chiavi delle carceri stiano nelle mani del Podestà.

   Le chiavi delle carceri stiano presso il signor Podestà nostro Fermano, ed egli stesso tenga queste chiavi; e la metà del lucro di queste carceri sia assegnato al Comune, e l’altra metà sia per questo Podestà il quale debba fare conoscere al Notaio dei signori Regolatori <il giorno> quando qualcuno sia stato in carcere e similmente il giorno in cui uscito. Inoltre l’esecuzione per le carceri avvenga ad opera del Potestà e dei suoi officiali e il premio dell’entrata e dell’uscita sia per il Capitano, ma la mercede delle carceri sia per i militari associati e per il Comune di Fermo, per la custodia dei carcerati.

       2 Rub.85I debitori del Comune siano iscritti nel registro di “specchio”.

   I debitori del Comune che sono nel registro del Comune e che ci saranno per il futuro siano obbligati a pagare il loro debito alla scadenza di due mesi immediatamente seguenti dopo il giorno del debito accordato, altrimenti, dopo trascorsa tale scadenza siano iscritti nel registro di “specchio” <copia>. E qualora dopo che siano stati iscritti nel registro di Copia, questi debitori venissero estratti per qualche Officio del Comune, per tale volta, soltanto, vengano cancellati e non vengano ammessi a tale officio estratto, come sopra. E il Notaio dei Regolatori sotto penalità di perdita del salario del mese in cui abbia trascurato di fare questo, sia obbligato a dichiarare, nel pubblico Consiglio, i debitori annotati nel detto registro, in modo che i loro nomi pubblicamente siano ascoltati.

       2 Rub.86Per coloro che fanno chiasso nelle Cernite e nei Consigli.

   Allorché un turbamento fosse imminente apertamente, a causa delle abitudini trascorse e disordinate, nelle Cernite e nei Consigli, e ne conseguirebbe la rovina del presente Stato popolare, se non si avesse a prendere un provvedimento di moderazione affinché si viva secondo le leggi e la giustizia in modo civile, urbano e con vera carità, e con grande dignità nei detti Consigli e Cernite, in modo che tutti i cittadini stiano conservando il decoro e non prorompano con gesti disonorevoli, per l’autorità della presente legge sia fatto lo statuto che qualora qualcuno nella Cernita o nel Consiglio si alzasse dal luogo dove egli siede e si muovesse contro qualche altro che sta nella Cernita o nel Consiglio, oppure stesse nel luogo dove lui siede e facesse minacce o dicesse parole ingiuriose, o facesse promesse contro qualcun che resta nella Cernita o nel Concilio, o facesse altra cosa contro la persona di qualcuno, o portasse turbamento alla detta Cernita o Consiglio in altro modo, oppure anche quando altercassero, giungessero alla rissa o alle mani in tale Cernita o Concilio, <costui> venga escluso dagli offici e dai benefici del Comune. I signori Priori che ci saranno nel tempo, sotto penalità di 25 ducati per ciascuno, anche per il Cancelliere del Comune sotto la penalità del salario di un mese, qualora non facesse un richiamo e non protestasse che questa legge sia mandata di esecuzione, essi nella stessa presente Cernita o Concilio siano obbligati e debbano mettere a votazione con fave, dichiarando che quel tale sia escluso dai detti offici e dai benefici del Comune; e chiunque vuole e approva che sia escluso dai detti offici e benefici del Comune consegni nel bussolo la sua fava nera del “sì”; e chi non vuole e non approva che il tale sia cancellato dai detti offici e benefici del Comune, consegni la sua fava bianca nel bussolo per il “no” e quando, dopo raccolte e contate le fave, per la parte in maggioranza venisse disposto, allora quel tale sia escluso dagli offici e dai benefici del Comune e sia considerato come escluso in perpetuo. Tuttavia incorra nella penalità di 5 soldi colui che in Cernita e in Concilio si alzasse dal suo posto e si recasse in un altro luogo per parlare con qualche Cittadino o in qualche modo parlasse oppure interrompesse il consigliere che sta nel luogo dell’arringa.

       2 Rub.87 La riscossione delle condanne, tanto dei reati quanto di danni fatti, e di altri debitori fiscali.

    Decretiamo la presente legge allo scopo che si riscuotano e si assegnino al Comune le condanne delle pene e i beni confiscati per il Comune e altri debiti, tanto delle dative, quanto di altre cose fiscali. I Regolatori e il loro Notaio, all’inizio dell’officio del Potestà e del Capitano, siano obbligati e debbano con diligenza e sollecitudine preoccuparsi che ad opera del Tesoriere, a questi Podestà e Capitano e alla loro Curia siano consegnati tutti gli esiliati e i condannati e i beni di quei condannati che sono stati confiscati per il Comune, e anche tutti i debitori del Comune, tanto per le dative quanto per altri beni. E questi Podestà e Capitano e i loro officiali siano obbligati e debbano fare riscossione di queste condanne e dei detti beni confiscati e dei detti debitori. E quando la lista di questi condannati, dei beni confiscati e degli altri debitori viene consegnata a questi Potestà e Capitano e alla loro Curia questi Regolatori con il loro Notaio debbano fare un rogito con la presenza dei testimoni, facendo protesta e assegnando per un salario a loro favore. E qualora non facessero la riscossione, da subito ciò venga computato nel loro salario per l’autorità della presente legge. E qualora questi Regolatori saranno negligenti e non osservassero le dette cose, subito siano privati dell’officio di Regolatori.

       2 Rub.88Le insegne del Comune non siano date in dono ai Rettori.

   Con questa legge decretiamo che i Priori del popolo in nessuna Cernita, o Consiglio possano né debbano proporre o far proporre mai che lo stendardo, il vessillo, né le insegne del Comune si donino, né che si paghino al Podestà, o ai Capitani, o ad altri Rettori. E nessuno possa fare arringa o dare un consiglio a che tali cose si donino ai detti Podestà e Rettori, sotto penalità di 100 ducati per ciascuno dei Priori e di chi fa l’arringa, e con privazione di tutti gli offici e dei benefici del Comune e sotto penalità di 25 ducati e di privazione dell’officio per il Cancelliere che faccia la scrittura e per chi acconsente.

       2 Rub.89Nell’ottenere i benefici <del Comune> venga offerto il favore ai Cittadini Fermani e del Distretto.

   Dato che è utile e lodevole che a godere dei benefici ecclesiastici siano piuttosto i Cittadini e i distrettuali della giurisdizione Fermana e della Diocesi anziché i forestieri, con la presente legge decretiamo che la Comunità Fermana, nell’avvenire, sempre in ostacolo a estranei e ‘forensi’, favorisca, intervenga ed operi, dovunque, presso il Sommo Pontefice, presso i reverendi signori Cardinali, presso il reverendo signor Vescovo Fermano e dovunque potrà essere necessario, con ogni modo, via, ragione, con lettere, con ogni sforzo e con tutte le forze affinché questi Cittadini <Fermani >e distrettuali conseguano questi stessi benefici, anziché altri esterni. Infatti non conviene che gli estranei occupino le cose che debbono essere dei Cittadini e dei distrettuali e pertanto in ciò non si ometta nulla di favorevole, tuttavia restando stabile la legge sullo scrivere una lettera per i benefici.

       2 Rub.90Come si possano fare le suppliche riguardanti i reati, il pagamento del capitale dei soldi e le grazie da ottenere.

   Per precludere le vie a quelli che vogliano fare suppliche che i reati restino senza punizione, decretiamo e comandiamo che i signori Priori, per il futuro, non possano né debbano accogliere le suppliche riguardanti i reati e le penalità dei gravi delitti oppure le condanne pecuniarie, se prima i delinquenti non abbiano ottenuto la pace dagli offesi, sotto pena di 10 libre di denaro per ciascun Priore e Cancelliere del Comune e per ogni volta che abbiano trasgredito. Dopo avuta questa pace e dopo che ne sia stata fatta fede per mezzo del rogito del Notaio di mano propria, nelle dette suppliche, essi possano ricevere queste suppliche e proporle nelle Cernite e nei Consigli, non in altra maniera: in precedenza i supplicanti abbiano pagato al Banchiere del Comune di Fermo sei denari per ciascuna libra della propria condanna dei soldi per le riscossioni. E di questo loro pagamento debba esserci riscontro nella detta supplica per mano di questo Banchiere o del suo Notaio, qualora le pene siano state meramente pecuniarie. Ma se le pene siano state condizionali e afflittive del corpo o taglio di membra, allora dopo che questi supplicanti precedentemente abbiano pagato due ducati di moneta a questo Banchiere e dopo che sia stata data la fede riguardo a tali pacificazione e pagamento, come qui sopra, essi possano riceverle e proporle, come detto sopra. Tuttavia si debba espressamente comprendere che nelle pene pecuniarie e in quelle condizionali, mai si possa fare il pagamento di soldi per riscossioni, né debba farsi oltre la somma di due ducati di moneta, nonostante che questa penalità pecuniaria ascendesse a somma maggiore, a ragione del pagamento di sei denari per ogni libra. A coloro che hanno fatto in tal modo le suppliche non si possano fare le grazie, né le condiscendenze di benefici, cioè della pace e del raddoppio delle penalità con un quarto aggiunto in più, a meno che non siano ottenute nelle Cernite e nei Consigli dai quattro quinti dei Cittadini <consiglieri> ivi presenti riuniti in sufficiente numero, con questa esplicita dichiarazione che sopra questi reati, processi e condanne di tali reati, cioè pene pecuniarie, non si possa soprassedere, né porre una scadenza, né si faccia altra grazia, né altra delibera, né concessione, né donazione a qualche chiesa, salvo sempre lo statuto riguardante l’offerta dei carcerati, neanche fare condiscendenza per qualche religione, per qualche persona, se non soltanto, almeno la remissione e la grazia dei benefici della pace, del pagamento, del raddoppio delle pene di un quarto aggiunto in più. A coloro che negano i reati, ai contumaci, a chi confessa, neanche si possa condiscendere con il beneficio della confessione, sotto pena di 25 libre di denaro a ciascun Priore, al Cancelliere del Comune, al Regolatore, al consigliere, da pagare sul fatto da costoro e da ciascuno di loro, per ogni volta quando abbiano trasgredito. E il Podestà e i suoi officiali siano obbligati e debbano riscuotere sul fatto queste penalità e farle riscuotere sul fatto, e senza alcun processo, ed abbiano la quarta parte di tali pene che nel tempo avranno fatto incassare al Comune, quando il Tesoriere del Comune le riceverà. E qualora da queste suppliche non si ottenessero le grazie, allora coloro che vogliano reiterare la supplica lo possano, facendo però salva la forma dello statuto nella rubrica che riguarda il modo di riunire il Consiglio riguardo al tempo di fare le proposte. Questi che vogliano fare le suppliche siano tuttavia obbligati a pagare di nuovo al Banchiere del Comune le dette riscossioni obbligate dei soldi. Quelli poi che ottengono la grazia nella Cernita e nel Consiglio riguardo alle dette condanne, entro un mese dal giorno della celebrazione del Consiglio, siano obbligati a pagare al Banchiere del Comune la tassa fatta dal Cernita e dal Consiglio. E dopo passata tale scadenza, queste grazie divengano nulle e siano considerate annullate. E coloro che non hanno fatto il detto pagamento non possano ulteriormente presentare una supplica per queste loro condanne, in nessun tempo, e le loro suppliche non siano accolte, sotto penalità di 10 ducati d’oro al Cancelliere dei Comune qualora abbia accettato queste suppliche, o le abbia lette. Inoltre i signori Priori non possano in alcun modo comandare agli officiali, né chiedere loro, né esortali, a che soprassiedano alle esecuzioni fatte, tanto reali che personali, riguardo alle dette condanne, prima che ci sia la delibera della Cernita, facendo salvo che se nella Cernita l’avessero ottenuto e l’esecuzione avvenga dopo la deliberazione della Cernita, in tal caso i signori Priori possano e debbano fare soprassedere, fino a quando non si facesse il Consiglio. Nelle pene condizionali, peraltro, si possa condiscendere a chi fa le suppliche, soltanto nella condizione, e non nella penalità pecuniaria, né alcuna parte di questa, per il motivo che questa non sia stata pagata secondo la forma degli statuti, dopo che si è incorsi nella condizione, e questa essendo pena principale pecuniaria, neppure alcuna sua parte, e questa per nessuna ragione né aspetto, possa essere rimessa né condonata sia incorso nella condizione principale pecuniaria. E per il diritto stesso, qualunque cosa sia stata fatta su ciò, senza aver eseguito tutte le cose qui sopra specificate, non abbia nessuna validità. E allo scopo di sbrigare le suppliche, i signori Priori, ogni settimana nel giorno di venerdì, siano obbligati e debbano fare il raduno e riunire la Cernita in cui soltanto le suppliche vengano lette e proposte. Riguardo alle pene capitali poi decretiamo che per il futuro tutti gli omicidi, i grassatori o gli assassini, i traditori e anche i ladri che per i delitti di tali tipi sono incorsi nelle pene capitali, qualora tal cose nel tempo saranno pervenute nelle mani del Comune di Fermo o dei suoi officiali scontino le loro dovute pene stabilite secondo la forma dello statuto. Quelli che non sia stato possibile che fossero catturati, stiano esuli per un intero decennio da calcolare dal giorno quando i reati e i delitti sono stati commessi, entro questo tempo, una loro supplica non abbia validità, né questi siano ascoltati, in alcun modo, né possano avere grazia alcuna nel Comune. Peraltro se dopo passato il decennio avranno voluto fare una supplica, a questi sia concessa l’ammissione, dopo avvenuta la pacificazione e dopo fattane fede per opera di un rogito di un Notaio su ciò. Non si possa fare la grazia né altro condono per una quantità minore di 100 ducati di oro per coloro che siano stati della Città e per quelli del contado non si possa per meno della somma di 50 ducati d’oro da pagare di fatto, non si possa fare condono a lui, o ad altro, neanche condiscendere, né che ci sia un compenso. Non ci sia validità, per il diritto stesso, qualora si sia trasgredito con qualcosa in contrasto alle dette cose, ma i signori Priori che facessero proposte, e quelli che consigliassero, e quelli che scrivessero, incorrano nella pena di 100 ducati d’oro, da pagarsi, sul fatto, e su queste cose una condiscendenza non possa né essere data né avuta.

       2 Rub.91I custodi da eleggersi nei Castelli in riva al mare.

   Decretiamo che nei Castelli della riviera del mare siano eletti i custodi, cioè dieci nel Castello di Torre di Palme, sei nel Castello di Boccabianca, dieci nel Castello di Marano <=Cupra Marittima>, dieci nel Castello di Grottammare, quattro nel Castello di San Benedetto, uomini buoni e legali in ciascuno di questi Castelli, come già detto, e abbiano la durata di un anno, e siano nei e dei detti luoghi. E siano eletti per mezzo dei Priori, del Gonfaloniere e del Capitano o del Giudice di giustizia che ci saranno nel tempo. Questi debbano e siano obbligati a fare la custodia con sollecitudine, notte e giorno, e fare indagini che nessuno dei detti Castelli, né di altrove, presuma né osi in alcun modo comprare, né riporre, il mosto o il vino da questi Castelli, né da altro luogo, o in dono, o in deposito o con altra accortezza, neanche trasferire o portare ciò in qualcuno di questi Castelli da altri vigneti; neppure il mosto o il vino che è dei vigneti propri di questi Castelli e del distretto della riviera marittima di questi Castelli. E per chi abbia trasgredito ci sia la condanna per la Comunità del Castello a 100 libre di denaro, e per una persona speciale a 25 libre di denaro. E qualora i detti officiali siano stati negligenti nel fare le indagini e nel fare le denunce, siano condannati a 10 libre di denaro. E qualora essi abbiano commesso frode o inganno, e qualsivoglia di questi officiali siano puniti e condannati a 25 libre di denaro a favore del Comune. Inoltre in qualsiasi denuncia o inquisizione da fare ad opera di questi officiali o a opera di qualcuno di essi, il Capitano o il Giudice, che ci sarà nel tempo, abbia pieno arbitrio di fare inquisizione sulle dette cose, contro coloro che non fanno le denunce e possa inquisire e condannare, con ogni maniera e metodo che egli voglia, quelli che trasgrediscono, secondo la forma scritta sopra.

                                                                  FINE del secondo libro.-.-.-.

<Libro 3°>

INVOCATO IL NOME DELLA SANTA E INDIVIDUALE TRINITA’

 IL LIBRO TERZO DEGLI STATUTI DELLA CITTA’ DI FERMO FELICEMENTE INIZIA

       3 Rub.1L’officio e la giurisdizione del Podestà e del Capitano e dei loro vicari nelle cause civili.

   Il Podestà e il suo Vicario dottore delle leggi, il Capitano e il suo vicario dottore delle leggi, insieme e separati, si intenda che siano e sono i Giudici ordinari in ogni causa, processo o affare civile e per l’autorità di questo statuto, abbiano l’ordinaria giurisdizione e la pienissima autorità e il pieno potere di udire, esaminare e portare a scadenza le cause civili e gli affari, di interporre ingiunzioni e decreti e di eseguire quelle cose che sono di misto impero e di gestire e fare generalmente tutte le singole cose, sia nel fare la procedura come anche nell’esaminare e portare a compimento quelle cose che vengono richieste nelle dette <cause> o che validamente appartenessero ad esse nella città di Fermo, nel contado e distretto.

       3 Rub.2Le citazioni nelle cause civili.

 Nelle cause e negli affari civili da 25 libre o di più, si pratichino il modo di citare e l’ordine qui messo. Quando una causa sia venuta o verrà ad essere agitata per una via e nel modo di un “libello”, cioè quando il reo <accusato> o colui contro il quale si desidera che si muova l’azione, sia stato però un abitante in Città e sia stato trovato personalmente, sia citato ed abbia validità citarlo per lo stesso giorno della citazione; quando in realtà non sarà trovato personalmente, si faccia e si possa fare ed abbia validità la citazione nel domicilio dell’abitazione di questo reo, per il primo giorno giuridico, immediatamente successivo dopo la citazione. Se però il reo o colui contro il quale si desidera muovere l’azione <in giudizio> sia stato del contado o del distretto di Fermo o sia stato trovato personalmente nella sua abitazione, cosa che vogliamo che sia sufficiente, sia citato per il secondo giorno validamente giuridico immediatamente successivo dopo la citazione, oppure per il primo giorno giuridico a questa immediatamente successivo. Queste citazioni, poi, contengano che il predetto reo verrà a dare la risposta alla parte attiva secondo la norma, nei giorni messi. Tuttavia, le relazioni di queste citazioni siano fatte e debbano farsi per iscritto con i Notari della Banca. E queste citazioni possano ed abbiano validità da farsi per semplice parola del Balivo e senza una commissione precedente del Giudice. E noi non esigiamo in alcun modo questa commissione. Nelle cause e negli affari civili di 25 libre o di meno, sia sufficiente ed abbia validità la citazione fatta per mezzo del Balivo con semplice suo parlare riguardo al reo personalmente o nel domicilio della sua abitazione, nel modo e nella forma qui premessi. Ma simili cause che non eccedono 25 libre siano ascoltate ed esaminate dai Giudici, in modo sommario, semplice e con calma, senza strepito, senza parvenza di processo e le portino a compimento e le decidano entro 20 giorni dal giorno della prima citazione e in tali cause e affari i Giudici pratichino e stabiliscono una scadenza o le scadenze a piacere della <loro> volontà, dopo aver ammesse o rifiutate le eccezioni, come queste a loro sembreranno opportune. Essi valgano e debbano portare a compimento tali cause e gli affari con atti scritti, oppure senza, come a loro sembrerà opportuno, anche senza scritti, e debbano portare a scadenza tali cause e affari. Ma i Giudici che non abbiano portato a compimento queste cause incorrano nella penalità di 100 libre di denaro, per ciascuna volta e per ciascun giorno e tuttavia questo Giudice o il suo successore sia obbligato a portare a compimento tale causa entro i 10 giorni immediatamente successivi, sotto la detta penalità. Inoltre allo scopo che siano tolti i dubbi e le contestazioni e le liti vogliamo che in qualsiasi caso e affare civile di qualunque somma o estimo si dia fede e si agisca secondo la relazione del Balivo sulle cose che sono state a lui affidate o pertinenti al suo officio o ministero. I forestieri poi che non hanno un’abitazione nella città di Fermo e debbano essere citati, il modo è il seguente, cioè per mezzo del Banditore del Comune, davanti alla Porta del Palazzo di questo Comune, dopo aver premesso il suono della tromba, quel tale fa citare ad alta voce colui di quel luogo che venga di fronte al Giudice a rispondere su quel diritto per cui intenda chiedere una certa ammontare di moneta e altre cose, entro il quinto giorno immediatamente successivo oppure più tardi, ad arbitrio del giudice, e con la cedola che contenga tutto questo effetto di citazione, affissa davanti alla porta del detto Palazzo in modo che sia notificato a chiunque voglia leggere. E questa citazione fatta nel detto modo abbia piena validità di vigore.

         3 Rub.3 Il modo e l’ordine per la procedura nelle <cause> civili ordinarie o di “libello”.

   In ogni causa e affare civile superiori a 25 libre di denaro in modo ordinario o da agitare con il “libello”, dopo preceduta la citazione del reo, come contenuto nel titolo che precede, la parte attiva (attore) legittimamente faccia la comparizione entro la scadenza di questa citazione. E qualora poi il reo così citato legittimamente faccia la comparizione da se stesso o per mezzo di altro a suo nome, come procuratore o comunque in altro modo, allora, per prima cosa, a entrambe o all’altra parte, si assegni una scadenza come sarà stato conveniente deciderla, per il primo giorno giuridico in cui prendere la copia dei mandati e fare l’opposizione contro le dette persone. Poi nel giorno successivo a queste cose, il Giudice si pronunci riguardo alle dette persone se siano legittimate o no. Qualcuno possa anche fare la comparizione a titolo di difesa per un altro, dopo aver presentato la legale cauzione. E tutte le singole cose già dette riguardo alle persone che intervengano a favore di un altro, siano praticate riguardo alle dilazioni e alle altre cose già dette, se allora le cose intermedie della causa siano intervenute. Sia sufficiente però, per dar prova di chi abbia il mandato, quando per mezzo di qualcuno dei Notari delle banche civili, si faccia fede al Giudice, anche soltanto a parole, che quella tale persona abbia il mandato come dice e viene asserito che ciò sia e lo stesso <notaio> ne faccia il rogito. E sia sufficiente anche per dare prova di chi ha il legittimo incarico, quando si faccia fede al giudice per opera di un altro non dei notai del giudice, anche solo a parole che tale persona che presenta se stessa come avente l’incarico legittimo, sia legittimata, e lo stesso Notaio faccia il rogito di questa legittimazione. Dopo fatta tale pronuncia, tuttavia, quando le tali persone compaiono nella medesima scadenza o nella prima, allorché le <parti> principali fanno la comparizione da se stesse, allora la parte attiva, di fronte al Giudice, anche semplicemente a parole, esponga ciò che chiede o che intende chiedere. Di seguito, la parte del reo <imputato> allora sia interrogata dal Giudice o dal Notaio della Banca se abbia un obbligo per le cose chieste oppure no. E se quel tale avrà risposto che non è obbligato alle cose chieste, allora il Giudice assegni una scadenza alla parte attiva a dare il “libello” e alla parte del reo a ricevere questo “libello”, per il terzo giorno allora immediatamente successivo, se sarà stato un giorno giuridico, altrimenti per il primo giorno giuridico immediatamente successivo. Però qualora la parte attiva non abbia presentato il “libello” entro la scadenza né l’abbia dato di fronte al Giudice, sia condannata immediatamente dal Giudice alle spese da moderare ad arbitrio del Giudice. E qualora la parte attiva in seguito avrà voluto fare di nuovo l’azione riguardo all’affare di prima già detto, di nuovo si proceda. Se in realtà la parte attiva abbia presentato il “libello” e lo abbia dato nel processo entro la scadenza stabilita, allora sia stabilita la scadenza per la parte di questo reo e sia assegnata di due giorni per chi abita in Città, ma di quattro giorni per chi abita nel contado o nel distretto, per comparire legittimamente entro la scadenza per dare risposta allo stesso “libello”, deliberatamente. La parte attiva peraltro entro la scadenza di questa citazione debba comparire legittimamente di fronte al Giudice per fare la procedura poi nella causa. E quando questa parte faccia così la comparizione, se il reo sarà comparso entro la scadenza legittimamente, , la lite venga contestata senza alcuna oggetto di contestazione. Si comprenda che tutte le contestazioni competono al reo e siano riservate a costui per autorità della presente legge, senza il ministero del Giudice, e si faccia giuramento riguardo alla calunnia se ci sia stata la richiesta, poi il Giudice dia all’una e all’altra parte la scadenza di tre giorni continui per porre e articolare, entro cui ciascuna parte debba aver avanzato le sue posizioni e gli articoli con precisione. E dopo che questi siano stati presentati, qualora sia stata presente la parte avversa cioè la principale e (qualora) l’altra parte, dopo che in precedenza sia stato posto il giuramento di calunnia, faccia ancora richiesta, dia risposta, facendo salvo il diritto di coloro che non hanno pertinenza o che non meritano la risposta. E per costoro si consideri come senza risposta, a comodo tuttavia e volontà di chi risponde e della sua parte se fosse stata data la risposta o si rispondesse a qualcuno al quale per diritto la risposta non fosse da dare. Qualora invece sia assente la persona principale e la parte avversa lo abbia desiderato, sia citata due volte con intervallo di due giorni per ciascuna citazione. E qualora chi è citato così due volte non abbia fatto la comparizione da sé, né per mezzo di un procuratore idoneo a rispondere, le posizioni e gli articoli per il diritto stesso si considerino come letti e dichiarati, senza il ministero del Giudice. Inoltre se la persona principale o il detto procuratore, che dalla voce del Giudice abbia ricevuto moniti su ciò, o ammonito su tale cosa, non abbia dato la risposta per le posizioni e gli articoli già messi, similmente siano considerati come letti e dichiarati; poi si dia all’una e all’altra parte la scadenza di 10 giorni continui per dare prova e per aver provato con precisione e in modo perentorio tutto quello che essi abbiano voluto e potuto secondo il diritto, con ogni modo e specie di prova, anche per mezzo di istrumenti <notarili>. E dopo trascorsa questa scadenza di 10 giorni si pubblichi e si faccia l’apertura al processo e all’una e all’altra parte sia prefissata ed assegnata con precisione e in modo perentorio la scadenza di 5 giorni per prendere la copia e fare l’opposizione e fare le dichiarazioni contro i testimoni e contro le cose dette e per dare prove e per aver dato prove contro gli atti e le cose prodotte e quelle contestate e opposte. Dopo trascorsi questi 5 giorni, il Giudice avvii la conclusione della causa con una delle parti o con entrambe e assegni la scadenza di 5 giorni ad entrambe per presentare gli allegati. Dopo trascorsi questi giorni, egli pronunci la sentenza per iscritto nella detta causa entro altri 5 giorni, sotto penalità di 50 libre da assegnare al Comune. Si fa salvo e si fa riserva che se entro questa scadenza di 5 giorni, l’altra parte abbia richiesto che dopo la scadenza la causa sia decisa da oppure con il consulto di un sapiente, allora il Giudice assegni ad entrambi le parti la scadenza di un giorno per consegnare a lui stesso, per iscritto, i sospettati o i fidati del collegio. E dopo che costoro sono state dati e assegnati, se le parti abbiano fatto un accordo per una persona di fiducia, a costui la causa venga affidata da essere esaminata. E queste siano le cariche del Giudice nella detta causa. Se tuttavia le parti nel detto giorno non si siano accordate su qualche persona di fiducia o su molti <di fiducia> del collegio, allora il Giudice scelga uno di fiducia, se esista, o un altro, a piacere della sua volontà, purché tuttavia costui non sia tra gli Avvocati delle parti, o non siano Avvocati nel numero dei due, dati come sospettati, di là degli Avvocati delle parti. E al posto di quelli così sospettati, ci sai validità che questi due vengano nominati e non oltre. Egli affidi la causa da esaminare a costui così eletto, e qualora costui, così eletto, entro 5 giorni dopo che il giudice gli abbia fatto fare l’assegnazione degli atti e del punto, avrà riconsegnato il suo consulto al Giudice, o l’avrà dato per iscritto, il Giudice secondo il consulto pronunci la sentenza e decida la causa, sotto la penalità predetta. Se in realtà, allo stesso Giudice, il detto consulto <richiesto> non sia stato dato, entro la detta scadenza di 5 giorni, lo stesso Giudice senza aspettare altri, entro i successivi altri 5 giorni pubblichi da se stesso la sentenza scritta, sotto la detta penalità. E in queste cose il Giudice possa allora decidere e dichiarare il salario del consultore <incaricato> come gli sembrerà conveniente. Ed egli faccia intervenire la parte richiedente che la causa sia decisa con il consulto di un sapiente, affinché depositi la causa, allorquando lo chieda e se questa trascura ciò, oppure lo ricusa, allora l’assenso e l’udienza a tale sua richiesta <di parte> siano negati. Nella detta causa il Giudice tuttavia si comporti e proceda in modo tale che, entro 60 giorni continui dal giorno quando è stato presentato il “libello”, qualora, nel modo già detto, si chiedesse nella causa il consulto di un sapiente; oppure entro 50 giorni continui dal giorno di presentazione del “libello”, come sopra, quando non è richiesto tale consulto, la già detta causa venga da lui con sentenza definitiva portata a conclusione, ultimata e decisa sotto penalità di 200 libre di denaro, per ciascuna volta in cui abbia trasgredito nelle cose già dette, e nondimeno sia obbligato a concludere la stessa causa per mezzo di una sua sentenza entro gli ulteriori 15 giorni prossimi successivi, sotto altra penalità, per il fatto stesso, di 100 libre di denaro, da assegnare al Comune. E su tutte queste cose espressamente si faccia il sindacato dopo ultimato il tempo del suo officio. Aggiungiamo anche che qualora il detto Giudice affidasse una causa a un consulto fuori dalla Città, quando sia stato richiesto da una parte e possa affidargliela e anche sia obbligato, allora e in tal caso fosse affidata fuori Città, il tempo che sopra si dice di 5 giorni, si dica 20 giorni e si intenda che questa scadenza di 5 giorni comprenda giorni 20 e nel frattempo non scorrano tempi intermedi. E il Giudice, quando affidasse una causa ad un consulto, manifesti le cose dubbie sulle quali c’è dissenso e dopo aver e fatto emergere i dubbi, mandi i dubbi al consultore insieme con gli atti e con gli allegati e debba pubblicare la sentenza secondo il consulto. Tuttavia aggiungiamo al presente statuto che sempre le dilazioni e le predette scadenze si intendano e siano continue tutte e singole. E tutti i singoli i giorni in tutte queste e singole scadenze anche nelle scadenze prestabilite per ultimare queste cause, trascorrano e siano calcolati per mezzo di una sentenza, eccettuati i giorni inaspettati senza lavoro, che siano dichiarati tali per una causa evidente ad opera dei signori Priori e del Vessillifero di giustizia insieme con il Potestà o con il Capitano, o anche senza, e costoro possano indirli per l’autorità di questo statuto. Si fa l’eccezione anche per le ferie delle messi e delle vendemmie, inoltre l’eccezione per i giorni introdotti in onore di Dio contenuti nello statuto sulle ferie. E per non mettere in pericolo le parti, il Giudice possa in questi giorni di ferie, esercitare queste attività giudiziarie e praticare le scadenze dell’atto se tale cosa a lui sembri che sia da praticare per una causa giusta o necessaria in tal modo.   Tuttavia, come detto prima, per il reo citato che non faccia la comparizione entro la scadenza della sua prima citazione o entro la scadenza che gli è stata data per ricevere il “libello” da sé stesso o per mezzo di un procuratore idoneo, il Giudice lo reputi contumace e, in tale sua contumacia, faccia il procedimento dopo che è stato prodotto il “libello” al Giudice stesso dall’attore o dalla sua parte e dopo che ad opera di questo attore è stato giurato che le cose contenute nel “libello” sono vere e hanno validità di verità, <dopo ciò> egli pronunci pertanto che l’attore e la sua parte saranno e siano da mettere nella tenuta e nel possesso corporale dei beni e delle cose del reo in tal modo contumace, con il primo decreto: primo riguardo ai beni mobili, secondo riguardo ai beni stabili, terzo riguardo ai nomi dei debitori secondo l’ammontare del debito espresso nel “libello” e dichiarato e <aggiungendo> un terzo in più e alle spese. E per le cose premesse da eseguire, il Giudice assegni e dia come esecutore il Balivo il quale ottenga fiducia per tale caso e si rispetti la relazione del Balivo che dichiara di non aver trovato beni mobili o immobili sui quali egli imponesse la parte attiva nella tenuta, affinché successivamente l’esecuzione del Balivo abbia validità e pervenga a che sia praticata da uno dei generi, ad un altro genere di beni e di cose, e non si esiga alcuna altra ufficialità. E saranno stata attuate le dette cose con azione personale o con quella che ha la natura di questa stessa. Qualora invece sia stato fatto con un’azione reale o azione mista, allora il Giudice reputa contumace il reo che non fa la comparizione entro la scadenza espressa sopra, e in tale sua contumacia egli pronunci che l’attore sarà da immettere nella tenuta o nel possesso corporale della cosa richiesta in base al primo decreto e per sé il Giudice dia il Balivo come esecutore su questo. Per rimediare tuttavia a questa contumacia dopo il decreto emanato dal Giudice e dopo che il Balivo successivamente ha dato tale tenuta, quando sia stato fatto con azione personale o che abbia senso di questa stessa, il reo abbia valido potere, entro i 30 giorni successivi, di fare la comparizione di fronte al Giudice, alla presenza della parte avversa o citata, e valga chiedere che tenuta o possessione corporale sia revocata in qualsiasi giorno anche non lavorativo (feriato); non così <per i giorni> in onore di Dio o dei santi. Dopo che tale petizione è stata fatta anche a parole, e dopo che chi fa la comparizione ha risarcito le spese legittime all’attore, e dopo che ha presentato un idoneo fideiussore di desistere dal processo e pagando il giudicato e anche dopo fatto il deposito di tali spese in base al mandato del Giudice, e dopo che il fideiussore è stato dato nel modo già detto, il Giudice possa e sia obbligato e debba revocare la tenuta e il possesso corporale e ristabilire e porre di nuovo il reo nel pristino stato. Qualora invece tale reo non abbia fatto la comparizione entro i predetti 30 giorni continui o neanche abbia fatto le dette cose, come già detto, il Giudice, a richiesta della parte attiva, proceda nel seguente modo, per aggiudicare e consegnare con il secondo decreto la cosa o le cose già dette, il debito e il terzo in più e le spese predette, cioè stabilisca all’attore un scadenza, come la avrà dichiarata conveniente, per informare e fare chiarezza al giudice riguardo al debito così chiesto, dopo aver fatto ammonizione o dopo aver citato su questo personalmente alla parte avversa nell’abitazione, dopo che il debito sia così liquidato e provato, il reo sia citato di persona o nell’abitazione affinché ponga e nomini un estimatore di tale cosa o cose, per la parte sua. E se costui abbia fatto la comparizione, il Giudice lo costringa a ciò, prima che si allontani, o se ricusa, a posto suo, il Giudice stesso con validità nomina e pone, per la parte di costui, questo estimatore, il quale sia tra i vicini di questa cosa o cose e uno che egli abbia considerato idoneo a ciò. Venga stabilito e nominato, però, un altro estimatore per la parte dell’attore. Il Giudice pertanto possa e abbia validità a costringere e forzare questi estimatori in modo personale e reale, anche con l’aver presi i pegni e con l’aver notificata una multa, a fare l’estimo di tale cosa o cose, e con in mezzo il loro giuramento, a riferire sull’estimo in modo fedele e senza frode. Dopo tale estimo fatto in questo modo e riferito a questo Giudice, o al suo Notaio delle Banche, il Giudice, a richiesta dell’attore, per mezzo della sua sentenza interlocutoria, dia e aggiudichi di pieno diritto, al reo citato su ciò, di persona o nella abitazione, tale cosa o cose per il detto debito e per il terzo in più e per le spese e ne faccia l’aggiudicazione di pieno diritto, sia che il reo faccia la comparizione, sia che no. Si fa riserva per il reo e per i suoi eredi che abbiano diritto e facoltà di recuperare e ricevere la detta cosa o cose, entro sei mesi, dopo la detta consegna e l’aggiudicazione, dopo che in primo luogo abbia pagato il debito all’attore, e le spese legittime già dette, tassate dal giudice, senza il detto terzo in più. Dopo trascorsi questi sei mesi, lo stesso reo non sia per nulla ascoltato su ciò. L’attore faccia completamente lucro dei frutti che durante questi sei mesi nel frattempo ha percepito, lui che ha meritato la tenuta e il possesso per effetto di tale aggiudicazione. Tuttavia il Giudice nelle dette cose e riguardo alle dette cose si comporti e proceda su di esse sì che entro 40 giorni continui dopo il primo decreto da calcolare dalla tenuta seguitane, giunga al detto secondo decreto; a meno che non sia intervenuta una terza persona da sé o tramite un altro a nome suo, che voglia impedire la predetta aggiudicazione, dal secondo decreto, per qualche diritto. Qualora questa intervenga, il Giudice gli stabilisca una scadenza di 10 giorni continui con precisione e decisione per dover spiegare e dare prova e aver provato riguardo ai suoi diritti con ogni modo e specie di prova per cui non si possa né si debba giungere a tale aggiudicazione. Questo Giudice possa anche a suo piacere prorogare questo scadenza ad altri 5 giorni immediatamente successivi. Dopo che sono trascorsi i detti 10 o 5 giorni egli abbia validità a concludere e debba terminare per mezzo della sua sentenza interlocutoria, imponendo il silenzio a un tale contraddittore, oppure ammettendolo, secondo come sembrerà a lui che diverrà giusto, sotto pena di 100 libre di denaro e su ciò si debba fare il sindacato. Ma dopo data la tenuta per effetto del primo decreto ed è stata fatta per mezzo del Balivo l’esecuzione con azione reale o mista, nel modo e nella forma scritti sopra, se peraltro il tale reo entro i 30 giorni continui immediatamente successivi avrà fatto la comparizione di fronte al Giudice da sé, o tramite un altro, e avrà voluto recuperare la tenuta e il possesso di quella cosa e riparare alla sua contumacia, allora il Giudice, dopo risarcite all’attore le spese di legge  o depositate per mandato del Giudice, secondo come abbia tassato, e dopo che è stato presentato legalmente un fideiussore legalmente idoneo all’attore o ad un altro che lo riceva a posto suo, riguardo al desistere dal processo giudiziario e di ubbidire alle cose giudicate, alla presenza oppure dopo che è stata citata la parte avversa di persona o nella abitazione, e in qualsiasi giorno non lavorativo, tuttavia che non sia <giorno> indotto in onore di Dio e dei Santi; egli revochi la tenuta e il possesso già detto e riponga il reo nel precedente stato. Tuttavia dopo trascorsi questi 30 giorni, quel tale reo non sia per nulla ascoltato riguardo e sopra al possesso, ma sia ascoltato colui che voglia fare l’azione <giudiziale> riguardo e sopra la proprietà di questo reo entro un anno continuo, cominciando immediatamente dopo questi 30 giorni, e non oltre. Ma quel tale mandato, dopo citata o no la parte, entro quindici giorni, dopo trascorso tale anno, dopo che ha dato prova ha e fatto fede al Giudice, <sul fatto> che quella cosa appartenga a lui stesso per il motivo espresso nel suo “libello”, stia sicuro e protetto nell’agire e nel fare opposizioni contro quel tale reo e contro gli eredi di lui e i successori con pieno diritto riguardo e sopra la detta cosa. Se tuttavia l’attore non avrà fatto le dette cose entro questi quindici giorni, allora il tale detto reo sia ascoltato riguardo alla proprietà, come già detto, fino a quando il detto attore abbia fatto la detta fede al Giudice. Se poi entro i detti 30 giorni o in seguito dopo detto anno, qualsiasi terza persona abbia fatto la comparizione di fronte al Giudice, e abbia detto da sé o tramite un altro, che egli ha qualche diritto sulla medesima cosa e pertanto chieda che sia rievocata quella tenuta, in quanto gli spetti o chieda che gli sia restituita o assegnata per un suo diritto o (chieda) che venga imposto il silenzio a chi sta sulla tenuta sopra questa cosa, per chi propone la tale cosa, il Giudice stabilisca e assegni con precisione e con precetto al richiedente la scadenza di 10 giorni immediatamente successivi, per dover dare prova e aver provato per mezzo di ogni modo e di ogni specie di prova anche tramite un istrumento, qualunque cosa avrà voluto e avrà potuto riguardo a ciò. E il Giudice qualora abbia voluto prorogare questa scadenza possa farlo per ulteriori 5 giorni successivi. Dopo trascorsi questi, il Giudice dirima la causa secondo le cose di prove fattegli, nei successivi 5 altri giorni e decida con un pronunciamento interlocutorio o con una sentenza, anche senza scritti, sotto penalità di 100 libre di denaro e riguardo a questo si debba fare il sindacato. Quando tuttavia il Giudice abbia interposto il primo decreto nella forma e nel modo scritti sopra, in un’azione personale o che abbia la natura di questa; quando peraltro il Balivo posto per l’esecuzione abbia riferito che egli non ha trovato beni mobili o immobili, né i nomi dei debitori sui beni del tale reo convenuto, sui quali valga dare la tenuta all’attore senza controversia, oppure abbia riferito che da parte di una terza persona questi beni sono posseduti, allora il Giudice, dopo fatta tale relazione, dia ordine immediatamente a due Balivi del Comune che sulle cose che non siano in controversia e non siano tenute da una terza persona, facciano l’esecuzione sui beni mobili e stabili di tale reo convenuto e sui nomi dei debitori, e per fare ciò, stabilisca e fissi la scadenza di otto giorni. E questi Balivi riferiscano per iscritto se abbiano trovato o abbiano conosciuto alcuni tali beni del reo, entro altri due giorni, o se non li abbiano trovati o non abbiano avuto notizia, riferiscano anche questo a voce o per iscritto e il Giudice dopo aver citati i possessori pronunci immediatamente un’escussione fatta legittimamente e che per lo stesso attore è aperta la via dell’ipoteca contro i possessori dei beni e dei pegni, qualora questi Balivi abbiano riferito che essi non hanno trovato tali beni del reo o di trovarne non sufficienti. E in questo caso l’attore presenti il “libello” di azione ipotecaria contro i possessori di tali beni del reo o dei pegni, e prosegua le altre cose e osservi come ordinatamente è scritto sopra. E questa <azione> ipotecaria abbia validità e che sia decisa entro le scadenze stabilite sopra e che sia terminata per mezzo della sentenza. Tuttavia quando qualcuno voglia intentare l’azione sua contro gli eredi, pur qualora l’attore abbia saputo che gli eredi sono stati nominati, presenti il “libello”, egli prosegua le rimanenti cose, come sopra. Se pure, tuttavia, l’attore non abbia saputo degli eredi nominati, allora a richiesta di tale attore, il Giudice faccia fare un proclama generale presso il banco del diritto e presso l’abitazione di abituale dimora del defunto; e qualora qualcuno voglia essere erede di quel defunto, si intende che fa l’azione <giuridica> contro gli eredi e voglia difendere i beni di lui, compaia in giudizio entro due giorni, ciò qualora il defunto sia stato abitante della Città <di Fermo>, oppure di giorni quattro qualora sia stato abitante del distretto, ed egli sarà per rispondere del <suo> diritto a quel tale attore o al richiedente, e per mezzo del Balivo, e tale proclama scritto sia affisso o applicato alla porta dell’abitazione di quel defunto. Quando invece gli eredi del detto defunto facciano la comparizione, si faccia la procedura contro di essi secondo la forma indicata sopra riguardo a chi fa la comparizione. Qualora, invece, <questi> non comparissero, né da se stessi né tramite un idoneo procuratore, si segua la forma suindicata contro i contumaci. Invece quando qualcuno voglia intentare la sua azione <giudiziaria> contro i pupilli o gli adulti, i furiosi o altri che siano sorretti dall’altrui tutela, o cura o che si trovano ad essere governati <da altri>, se pure questi pupilli, gli adulti e le dette persone abbiano i legittimi difensori, allora se facciano la comparizione, si proceda secondo la forma indicata sopra riguardo a chi fa la comparizione; qualora invece, questi difensori non facciano la comparizione, o, dopo che il Giudice ha fatto l’indagine, e questi <difensori> su ciò non ci siano, allora il Giudice, almeno dopo la prima citazione, non essendoci la comparizione di un difensore, dopo aver aspettato per otto giorni, per il suo officio possa e debba provvedere un solo difensore a tale persona indifesa per tale causa e chi è nominato per questo, oppure assunto dal Giudice sia costretto a prendersi la difesa della tale persona indifesa, e a proseguire la causa secondo la forma indicata, fino a giungere inclusivamente alla sentenza. E le scadenze prefisse per le cause e per le istanze inizino dal giorno in cui per quella persona, quel difensore sia stato presente al giudizio, e non prima. Tuttavia quel tale così assunto e nominato, per il diritto stesso. sia considerato e sia il legittimo difensore della tale persona e sia considerato al posto di uno legittimo; né si possa, né abbia validità in nessun modo che sia costretto a dare qualcosa, o a fare l’inventario. Se tuttavia il tale <procuratore> nominato e assunto abbia ricusato o abbia trascurato di subire e assumere tale difesa, in qualunque modo, contro il mandato del Giudice, sia privato per il fatto stesso dal collegio e non abbia validità che egli eserciti in seguito l’arte o l’esercizio o l’officio della procura o del notariato o della cancelleria; e qualora abbia presunto esercitarli contro queste cose, sia punito a libre 50 sul fatto per ciascuna volta. E ad opera del Giudice si provveda a favore di tale persona, allo stesso modo, con un Avvocato. E la stessa cosa sia considerata e sia stabilita, per mezzo di tutte le cose, contro l’Avvocato assunto e nominato così dal Giudice, qualora ricusasse o trascurasse di assumere e di esercitare tale avvocatura, come sopra è stato detto riguardo al procuratore. E tutte le singole cose contenute in questo statuto siano praticate, come sono state stabilite nella presente rubrica nelle cause maggiori 25 libre di denaro. In realtà, nelle cause invece di 25 libre o di minore ammontare, il Giudice possa e abbia validità a fare la procedura al primo e secondo decreto contro gli eredi e contro i possessori dei beni e dei pegni ed anche alla escussione, senza praticare nessuna solennità nelle dette cose, secondo il modo e il potere della seconda rubrica di questo libro che parla della detta somma. E abbrevi, a suo piacere, le scadenze e le dilazioni nelle cause e negli affari civili che non eccedano tale ammontare. Tuttavia, dato che vogliamo dare favori ai sudditi e tentiamo di abbreviare le liti, noi decretiamo che qualsivoglia Rettore della Città, entro 30 giorni continui, da calcolare dal giorno della prima citazione, con <atti> scritti o senza scritti, a piacere di volontà, e con quel potere, modo, forma e sotto quella pena come disposto nella seconda rubrica di questo libro riguardo alla somma di 25 libre o minore, in modo sommario, semplice, calmo, senza rumore, né parvenza di processo, ascolti, porti a termine e decida tutte e singole le dette liti e le cause cioè dei pupilli, degli orfani, dei poveri, dei pellegrini e delle persone miserabili che lasciamo valutare come tali ad arbitrio e a coscienza del Giudice, ed anche <le cause> delle doti delle donne, delle cose delle chiese, delle mercedi dei fabbri e dei lavoratori ed anche le cause dei lavori agricoli, delle opere di qualsiasi ammontare ed estimo esse siano. Inoltre nelle cause per danno inferto, per l’avviso di un’opera nuova, anche nelle cause e nelle controversie che si facessero riguardanti fiumi, termini, muri comuni, percorsi o vie, acquedotto, ripe, legno non arrecato, per raccogliere la ghianda o un frutto, per gli alberi posti a confine, per un muro da restaurare, per i molini, per le gronde (canali d’acqua), per le sotto-gronde, per le coperture o gli stillicidi, per restaurare le aperture, gli scoscendimenti, i ponti, per le fosse da rinnovare, per le separazioni da fare e in occasione queste cose, e per tutte le altre cose simili che noi lasciamo giudicare come simili ad arbitrio del Giudice, riguardanti un usufrutto, un uso, un’abitazione, le superfici, i corsi d’acqua e cose simili, e in generale per tutte le singole servitù reali e personali. E per tali cose il Rettore o il Giudice di fronte al quale si facesse una controversia o lagnanza o istanza per qualcosa del genere, possa e debba fare la procedura, esaminare e ultimare in modo sommario, semplice e chiaro, senza rumore né parvenza di processo, anche senza rispettare le scadenze, e le solennità del diritto e degli statuti, senza alcun processo e come gli sembrerà opportuno, dopo avuta, esaminata e considerata la sola verità del fatto e dell’informazione. E, qualora gli sembri utile, possa osservare con gli occhi le dette cose e costringere le parti tra le quali sia stata sorta la controversia sulle dette cose o la questione in modo che facciano un compromesso, o più (compromessi) di diritto e di fatto in maniera congiunta e separata, anche possa scegliere maestri d’arte per prendere visione di queste cose e per riferire al Giudice secondo la perizia della propria arte. E qualora queste parti abbiano trascurato o rifiutato di fare il compromesso o anche di scegliere i maestri d’arte a riferire sulle dette cose secondo la perizia della propria arte, il Giudice stesso o il Rettore possa scegliere e utilizzare i maestri o gli arbitri su ciò e con essi o con uno di essi impegnati su ciò, anche senza <alcuno>, possa far terminare la controversia, come detto prima. E qualsiasi cosa riguardo alle dette cose o intorno ad esse sia stata decisa dal Giudice abbia validità e resti stabile, per l’autorità di questo statuto, secondo una relazione, o il consenso di tali arbitri o maestri, nel caso che siano stati assunti, o anche egli da solo, in mancanza della presenza di costoro, ancorché non sia intervenuto un processo o uno scritto su ciò, né valga che <la sua decisione> si ritratti per alcun pretesto, né modo o causa. Il Giudice, tuttavia, nelle dette cose si comporti in modo che tale controversia debba aver portata a conclusione, entro 30 giorni continuati dal giorno della querela o della istanza fatta su ciò, sotto pena di 100 libre di denaro, mentre permangono nella loro validità gli statuti che impongono su ciò le scadenza di minor tempo. Inoltre vogliamo che nelle dette dilazioni e nelle scadenze o in altre qualsiasi dilazioni da dare ad opera di un Rettore o di un Giudice del Comune di Fermo, se l’ultimo giorno della dilazione o della scadenza cadesse in un giorno non lavorativo, si intenda che sia il giorno giuridico seguente per le dette scadenze e dilazioni. Aggiungiamo inoltre, per disbrigare le cause civili, che un Collaterale del signor Podestà, del Capitano e il Giudice di giustizia e tutti gli altri officiali di questa Città e del contado che hanno giurisdizione siano obbligati a praticare, con precisione e con determinazione, le scadenze e le dilazioni degli statuti, tanto nel fare la procedura, quanto nello svolgere e nel portare a termine queste cause civili. E non possano in nessun modo prorogare tali scadenze statutarie né altre, né disporre oltre quanto gli statuti dispongono, sotto e per la pena contenuta negli statuti; e qualora non vi sia determinata alcuna pena, incorrano nella penalità di 25 libre di denaro da prelevare sul fatto stesso, se abbiano trasgredito, nonostante qualsiasi modalità o consuetudine che siano state praticate fino ad ora nella Curia. E i Procuratori non possano né debbano, di loro volontà, chiedere nelle cause civili che si soprassieda in qualsiasi parte del processo, e in qualsiasi causa, tanto principale, quanto di appello, sotto la pena e per la pena di 25 libre di denaro per chi facesse il contrario, tanto per i Procuratori, quanto per il Giudice, per ciascuno di essi e per ciascuna volta, da pagare sul fatto e da ritirare, senza la presenza, il consenso e la volontà dei principali. E sin da ora sia cosa nullo, qualora sia stato fatto diversamente, in qualsiasi modo e non abbia validità per il diritto stesso.

       3 Rub.4Gli interrogatori da farsi nel processo, e le cose che sono adoperate come fondamento del futuro giudizio <processo>.

   Dato che spesso, prima che un giudizio sia ordinato, è necessario che alcuni interrogatori e le risposte si facciano nel giudizio, ed anche fare qualcosa in precedenza al fine dell’ordinamento di un giudizio futuro, come ad esempio nel rivendicare una cosa, in un giudizio per dividere un’eredità di famiglia, per spartire cose comuni per un socio, o quando qualcuno abbia voluto accordarsi con qualcuno come erede, o contro i beni, oppure dicesse che chiede o che ha qualche diritto sui beni di un qualunque defunto, oppure che agisca per restituire, o per tali simili cose, decretiamo e ordiniamo che ciascun Giudice o Rettore della Città riguardo a ciò che sia domandato o indagato, per la domanda di chi domanda o indaga, sia obbligato e debba fare gli interrogatori opportuni o coerenti riguardo alle dette cose e a simili e costringere a rispondere la parte inquisita per la risposta, in modo sommario, semplice e calmo, senza rumore e senza parvenza di processo e se gli sembrerà opportuno anche di persona, sul fatto, tuttavia dopo che la parte che chiede o indaga abbia prestato il giuramento sulla calunnia. E il Giudice o il Rettore già detto sia obbligato e debba fare e ordinare anche le altre cose che saranno necessarie o opportune nelle dette cose o in qualcuna di esse. E questo stesso Giudice o il Rettore non possa decretare e neanche la parte possa ottenere una dilazione né ritardi oltre i 10 giorni, al fine di deliberare su qualcuna tra le dette cose. Il Giudice tuttavia si comporti in modo tale che su quanto detto, la scadenza cioè 15 giorni non sia in nessun modo oltrepassata per porre la fine e portare a termine tale affare, sotto pena di 100 libre di denaro. Vogliamo che questo venga stabilito e ordinato e provveduto <cioè> che riguardo ad altre cose o altre persone o affari, la risposta o le altre cose che si facessero nelle dette cose o in qualcuna di esse, non generino né valgano a generare alcunché di danno a chi dà la risposta o a colui che fa qualcos’altro opportuno o necessario nelle cose dette prima. Se tuttavia qualcuno nelle dette cose o in qualcuna di esse, abbia rifiutato di eseguire o obbedire in modo contumace ai comandi del Giudice o del Rettore che fa l’interrogatorio oppure che dispone diversamente in qualcosa di quanto detto sopra, dopo il mandato o dopo la richiesta del Giudice su quello su cui sia stato interrogato o ingiuntogli in altro modo, per autorità di questo statuto, <costui> sia considerato e debba essere considerato come uno che ha fatto la confessione. E non debbano lamentarsi quelli che sono stati interrogati, o ammoniti, o comandati di rispondere se esistano gli eredi, quand’anche con prontezza e in modo immediato possa essere provveduto per essi con il fare l’inventario, in modo che non siano tenuti al di sopra delle potenzialità ereditarie.

       3 Rub.5Le ferie <giorni non lavorativi>.

   Nelle cause e negli affari che saranno trattati nella Curia del Podestà o del Capitano, del Giudice di giustizia e degli appelli o nella Curia dei Consoli dei Mercanti della Città di Fermo, ci siano ferie cioè il giorno della Natività di nostro Signore Gesù Cristo con i sette precedenti e i seguenti due giorni con anche la settimana successiva; il primo giorno (calende) di gennaio; il giorno dell’Epifania con i due giorni seguenti; il giorno di Carnevale con un solo giorno precedente e uno solo successivo; il giorno della Pasqua della Resurrezione con i sette precedenti e i seguenti due giorni con la settimana successiva; il giorno dell’Ascensione del Signore; il giorno della Pasqua di Pentecoste con i due successivi; il giorno della festa del Santissimo Corpo di nostro Signore Gesù Cristo; il giorno dell’Assunzione della beata Vergine Maria con i sette giorni precedenti e i seguenti sette; tutti i giorni delle festività della Vergine Maria; il giorno della Concezione della Vergine Maria; tutti i giorni di domenica e i giorni di venerdì e di sabato dopo le ‘none’ ore per tutto l’anno; tutti i giorni principali delle festività di tutti gli Apostoli, e degli Evangelisti; dei quattro Dottori della Chiesa; tutti i giorni delle festività del beato Giovanni Battista; il giorno del beato Lorenzo; il giorno del beato Nicola; il giorno del beato Stefano; il giorno del beato Martino; il giorno di sant’Agostino; il giorno del beato Francesco; il giorno del beato Domenico; il giorno del beato Michele Arcangelo, il giorno di sant’Angelo, il giorno d santa Caterina, della beata Lucia; il giorno della beata Margherita; il giorno della beata Maria Maddalena, il giorno della festa di tutti i Santi e quello successivo in cui si celebra l’officio dei Morti, il giorno del beato Pietro martire; il giorno del beato Savino; il giorno del beato abate Adam; il giorno del beato Bernardo; il giorno dell’indulgenza del beato Martino in Varano 14 ottobre, il giorno della festa di Santa Croce; il giorno della beata Anna; il giorno del beato Claudio; il giorno del beato Antonio da Vienne; il giorno del beato Salvatore; il giorno 2 giugno in memoria dell’eccidio del ferocissimo tiranno Rainaldo da Monteverde, memoria maledetta, e siano non lavorativi, i giorni delle Adunanze (Concioni), della Cernita e del Consiglio quando si fanno prima di pranzo e ai vespri si facciano le cause se le Adunanze siano terminate tempestivamente, e allora i Giudici seggano giuridicamente; e nel tempo delle Rogazioni o delle processioni si eserciti il diritto (giudiziario) a sera. Invece le ferie <per la raccolta>delle messi ci siano e durino, ogni anno dalla festa del beato Pietro del mese di giugno fino al primo di agosto; e ci siano le ferie delle fiere della Città Fermana dal primo agosto fino al primo settembre. Le ferie poi delle vendemmie comincino al primo ottobre e durino fino alla fine di ottobre. Inoltre siano non lavorativi tutti i giorni in cui le ferie fossero indette all’improvviso per una causa probabile. Tuttavia secondo la disposizione dello statuto posto nella rubrica terza o nel titolo di questo libro, oppure secondo la disposizione del titolo precedente, almeno ci sono giorni nei quali nelle cause e negli affari si può fare la procedura, o esaminare, in modo semplice e calmo, senza strepito, senza parvenza di processo; non abbiano luogo le ferie per le messi, per le vendemmie, per ferie improvvise già dette; sempre si fanno salvi i casi in cui espressamente c’è disposizione che si debbano svolgere le cause in tempo di queste ferie, e le dette ferie non siano di ostacolo, in nessun modo, per queste cause. In realtà nelle cause o negli affari penali abbiano validità l’investigare, il fare la procedura, anche il sentenziare e concludere per mezzo di sentenza, in tutti i giorni, anche in <quelli> stabiliti in onore di Dio, o non lavorativi. E non si possa mettere alcuna contestazione, né obiezione, né opposizione contro i processi, le investigazioni, le sentenze penali, neanche, contro ciò, fare appello, né reclamare o fare opposizione di nullità, né querelare in contrasto, né fare suppliche con un pretesto, con una causa, con un aspetto, che in giorni o in tempi non lavorativi, gli atti sono stati fatti o promulgati, o le cose fatte e promulgate. Tuttavia nessun Rettore, officiale o Giudice della Città possa né valga decidere né pronunciare, in alcun modo, una sentenza assolutoria, negli ultimi 10 giorni del suo officio, neppure pronunciarsi nelle cause penali né negli affari, anzi la facoltà di decidere e pronunciare tali sentenze assolutorie in tali 10 ultimi giorni gli sia interdetta completamente. E la faccenda sia di nuovo interamente portata a conclusione.

      3 Rub.6La sommaria disanima nelle cause dei ‘forensi’ e il danno da risarcire per mezzo di rappresaglie a favore di chi l’ha sofferto.

   Per tutte le singole cause civili e gli affari che siano svolte tra forestieri <o fuori dalla giurisdizione fermana> e cittadini o abitanti del distretto Fermano, anche tra i forestieri vicendevolmente, i Rettori della Città e i loro Giudici siano obbligati a fare investigazioni, determinarle e portarle a scadenza e debbano farlo in modo sommario, semplice, calmo, senza rumore, senza parvenza di processo, in ogni tempo, ad eccezione dei giorni non lavorativi in onore di Dio. E si faccia senza ‘libello’ per contestare la lite, senza giuramento di calunnia, senza praticare le solennità giuridiche, solo dopo aver ispezionato la verità del fatto o dell’affare, entro 20 giorni continui dal giorno in cui la causa o la controversia è stata introdotta o mossa. Essi siano obbligati e debbano, a richiesta della parte, eseguire e mandare di fatto in esecuzione la causa e aver portato a termine l’affare o qualunque cosa abbiano stabilito o decretato, omettendo ogni solennità e aspetto sostanziale, solo dopo aver riscontrata la verità del fatto, in modo reale e personale, insieme o separatamente, come abbia preferito la parte, contro le persone principali e i beni loro se sono maschi; e soltanto in modo reale contro gli eredi dei principali o dei successori anche contro le femmine, quantunque principali. Vogliamo tuttavia che nessun forestiero o persona non sottoposta alla giurisdizione civile e criminale del Comune di Fermo, in una causa civile o penale o in un affare contro un Cittadino o un abitante del distretto di Fermo, non sia in nessun molto ascoltato, se in precedenza non abbia presentato i fideiussori in relazione al fare risarcimento, al cittadino o all’abitante del distretto per le spese, in caso che si sia dato per vinto, e sul far cessare il processo e pagare il giudicato se si sarà fatto un accomodamento dal tale cittadino o abitante del distretto di Fermo o in una causa di accomodamento. E qualora egli non abbia voluto presentare questi fideiussori, cosa che sia lasciato all’arbitrio del Giudice, allora benché a presentar qualcosa sia obbligato quel cittadino, o abitante del distretto, a favore del medesimo forestiero o del tale non sottoposto alla giurisdizione di Fermo, che afferma che vuole fare accomodamento con il detto cittadino o abitante del distretto, su mandato del Giudice, tutto ciò che sia così da presentare, sia consegnato in deposito presso un mercante Fermano, che debba essere nominato dal Giudice. E questo deposito sta per rimanere fino alla scadenza che sarà stabilita ad arbitrio del Giudice al detto Cittadino o all’abitante del distretto, per dare prova di ciò che nel giudizio dell’accomodamento che fa o vuole fare di ciò, il Cittadino abbia dichiarato e abbia detto espressamente ciò che il forestiero debba rendere o pagare a lui e sia da imporre su ciò fino alla fine. Dopo ultimata questa faccenda il deposito venga restituito qualora il detto cittadino o il distrettuale non abbia dato prova di quello che egli pretende <ricevere>. Aggiungiamo che per i debiti tra un forestiero e un <altro> forestiero, contratti, fatti e obbligati fuori dalla città di Fermo e fuori dal suo contado e distretto, debiti d’obbligo prima del loro arrivo, dell’abitare, del sostare e del domicilio in questa Città, nel contado e nel distretto, il Podestà e il Capitano e gli altri officiali della Città e del contado non possano fare investigazione, né ascoltare, né amministrare la giustizia, ma siano totalmente negate la potestà, l’autorità e la giurisdizione agli stessi officiali su queste cause dei detti forestieri, nonostante tutte le cose che siano credute in contrasto. Inoltre se un Cittadino, un abitante o un distrettuale di Fermo, in occasione delle rappresaglie concesse contro i Cittadini, gli abitanti o i distrettuali di Fermo, a motivo del debito di qualche, Cittadino, abitante o distrettuale di Fermo, oppure in tale occasione abbia patito un danno, colui che lo ha causato oppure in occasione del quale il danno gli sia capitato o questo si sia avuto, sia obbligato al totale risarcimento, di fatto, in modo reale e personale nel dare risarcimento a chi l’ha sofferto.

      3 Rub.7Le cause fra cittadini abitanti del contado da concludere nella Città.

   Tutte le liti e le cause di qualunque genere fra un Cittadino o un abitante della città di Fermo o un abitante del distretto o del contado Fermano, o ivi abitante, da farsi o da avviare in modo attivo oppure passivo, vogliamo e decretiamo che debbano essere fatte o debbono essere mosse nella Città e nel tribunale di Fermo, con i patti e con alcune convenzioni fra il Comune di Fermo e con gli uomini di alcuni Castelli dello stesso contado, nonostante tutte le cose avviate o fatte che in realtà non vogliamo in alcun modo che siano da portate o da intendersi in relazione ai detti Cittadini e abitanti. E quanto fatto in altro modo, non abbia stabilità per il diritto stesso, e gli officiali della Città siano totalmente obbligati a mettere in pratica, con il vincolo del giuramento, il presente statuto, sotto la penalità di 200 libre di denaro.

       3 Rub.8I testimoni e loro esame.

   Il Giudice stesso faccia di persona l’esame dei testimoni e non un altro, se la questione sulla quale i testi vengono esaminati, sia stata di 50 libre di denaro oppure più di ciò. Se in realtà la causa sia stata al di sotto di 50 libre, allora agisca lui stesso oppure ordini che l’esame debba essere fatto da due Notai della Città di Fermo, non ricusati dalle parti, e l’incarico abbia validità. E l’esame precisamente venga fatto in modo che i testimoni palesino la regione di quanto dicono e della testimonianza, e qualsiasi affermazione insieme con la detta ragione venga registrata per iscritto. Tuttavia gli esaminatori dei testimoni, e coloro che trascrivono le cose dette dicono, stiano attenti alle parole da non far registrare per iscritto, per non scrivere né far scrivere qualcosa detto o una testimonianza del teste, con queste parole: «disse che sono vere le cose contenute nell’articolo, nella posizione <della causa>, nella istanza o nell’intenzione»; ma al contrario, che abbia detto che egli sa quanto per lungo, per largo e ordinatamente, e per come abbia fatto la testimonianza,  sia accolta la sua testimonianza, nel modo come fece la testimonianza, e di seguito sia trascritta, sotto penalità di 20 libre di denaro per ciascun trasgressore e per ogni volta. E nondimeno la testimonianza proibita o accolta in contrasto alla disposizione di questo statuto, sia di nessuna validità. E il Giudice stia avveduto in ciò e sopra a ciò prima di rendere pubbliche le attestazioni. I Rettori o i Giudici, nelle cause civili, penali o nelle miste, abbiano l’autorità e il potere di costringere chiunque in modo reale e personale e con altri mezzi della legge, con l’imposizione di una multa per addurre effettivamente la testimonianza ed anche senza processo come a loro sembrerà conveniente.

       3 Rub.9Coloro che fanno la confessione nel processo.

   Se qualcuno, con naturalezza, nel processo, abbia confessato che lui debba dare qualcosa, o qualche intenzione della parte avversaria, le parti del Giudice non siano altri di diverse che fare l’ingiunzione a chi ha fatto la confessione di pagare entro i 10 giorni successivi, o, anche, condannare colui che ha confessato, o pronunciarsi contro costui come a lui sembrerà che convenga. Se qualcuno inoltre abbia confessato nel processo, con qualcosa ammesso, o sotto qualche contestazione, o con aggiungere qualche altra cosa, il Giudice faccia a costui il precetto che paghi entro la detta scadenza di 10 giorni, o, come preferisca , condanni costui, o si pronunci contro costui, come detto sopra, riservando a costui la possibilità di fornire la prova, di avere provato la condizione ammessa, l’opposizione, o la detta cosa aggiunta, con precisione e con determinazione, entro la scadenza già detta di 10 giorni. Qualora ciò sia stato provato, tale precetto del Giudice, la detta disposizione, o la sentenza, non siano di alcun valore, ma generalmente sia come se non fossero stati fatti. Se invece ciò non sia stato provato, quel precetto, la sentenza o la disposizione restino validi e dal Giudice, tramite il suo officio, a richiesta della parte, in modo reale o personale, trascorsa detta scadenza, sia messo in esecuzione entro i 5 giorni prossimi successivi, o anche più tardi secondo la richiesta della parte, a meno che la parte che ha confessato, entro i detti 5 giorni, non abbia informato il Giudice su un patto di non chiedere, o di un pagamento fatto sopra a ciò o di una transazione seguita; nel quale caso che interviene nelle dette cose sopraggiungano, colui che ha confessato sia assolto dal Giudice.

       3 Rub.10Le parti e il giuramento.

  In tutte le singole cause e negli affari civili, eccettuati quelli per i quali si fa la constatazione in un pubblico istrumento, qualora la parte attiva (attore) voglia stare al giuramento del reo <accusato> o, anzi, riguardo e su una richiesta, oppure sull’intenzione di costui stesso di dire la verità su ciò, il Giudice sia obbligato e debba dare deliberazione al reo il quale o giuri o introducendo il suo giuramento, risponda con chiarezza su ciò a chi denuncia. E se colui al quale il giuramento è stato offerto, abbia giurato, il Giudice sia obbligato del tutto a seguire completamente il giuramento di costui, come chiaramente sia stato giurato, anche senza alcuna solennità di processo. Se, tuttavia, costui abbia rifiutato o non abbia voluto giurare, allora il Giudice riporti il giuramento al detto deferente, e come costui stesso abbia fatto il giuramento, il Giudice stabilisca e prosegua, facendo salvo sempre e con riserva in ognuno dei detti casi, talché, dopo fatto tale giuramento, la parte avversa abbia facoltà e potere di dare prova del contrario di ciò che sia stato giurato, e possa redarguire di spergiuro la parte che ha giurato, entro gli otto giorni continui immediatamente successivi, entro i quali i testimoni debbano aver fatto la loro deposizione e aver giurato, e qualsiasi altra prova che fosse pretesa riguardo a ciò, debba essere stata fatta. E qualora da tali cose provate il Giudice abbia constatato che colui che ha giurato ha spergiurato oppure è stato spergiuro, allora questo giuramento non sia per nulla un ostacolo per la parte avversa né si pensi che sia stato dannoso ad essa, e ciononostante colui che in tal modo sia stato spergiuro ed abbia così spergiurato, sia condannato alle spese e all’interesse a favore della parte avversa, anche quando non ce ne sia stata una richiesta, e per il Comune a 10 libre di denaro. E non si esiga alcuna petizione, nessuna contestazione della lite, né alcuna solennità, per dare prove e per redarguire riguardo allo spergiuro, come detto sopra; ma si porga la sola intenzione della parte, poi, come sopra, si faccia l’approvazione. E tutte le singole dette cose abbiano luogo nelle cause e negli affari che eccedano l’ammontare o l’estimo di 40 soldi. Invece nelle cause che non eccedano l’ammontare o l’estimo di 40 soldi riguardo allo spergiuro o contro un giuramento non si faccia affatto querela, non si attenda né sia domandato se il giuramento sia dovuto o non dovuto, neanche qualcos’altro, soltanto che sia stato fatto giuramento, e in questo caso i giuramenti ottengano piena stabilità e il fare querela di spergiuro sulle anzidette cose, o il fare indagine non abbiano validità.

       3 Rub.11Le cause e le liti di persone molto potenti

   Affinché la legge non sia violata, a causa dell’inopportuno potere di qualcuno, decretiamo che se qualcuno nella Città o nel distretto di Fermo, sia stato infastidito o tormentato ingiustamente nei suoi beni o nei suoi diritti da qualcuno più potente, da un chierico o da un laico, il Podestà il Capitano e i loro officiali difendano costui con tutti i modi e con tutti i rimedi opportuni difendano e lo guidino nei suoi diritti e si oppongono a tale potenza. Ma se qualcuno, a causa della povertà, non abbia le forze sufficienti per resistere a tale potenza, siano pagate le spese in tali cose, a costui, ad opera del Comune di Fermo, sotto penalità 100 libre di denaro e con il vincolo del giuramento per il Rettore che abbia trascurato di praticare ciò.

       3 Rub.1Esecuzione di un pubblico istrumento e di una scrittura privata.

   Quando qualcuno abbia presentato in un processo qualche istrumento pubblico senza garanzia o che ha una garanzia che non merita l’esecuzione tutelata al modo della garanzia, e abbia chiesto o abbia sollecitato che questo istrumento sia messo in esecuzione contro una o più persone principali, descritte in tale istrumento o contro gli eredi di esse o i successori, in occasione di un debito o di altra cosa contenuta in esso, a cui una condizione o un modo non siano stati aggiunti, oppure qualora siano stati aggiunti, l’ occasione sia stata espiata o il modo già adempiuto, il Giudice lo faccia fare l’esecuzione dell’istrumento stesso nel modo seguente, a richiesta di colui che lo presenta o di chi vi è interessato, cioè faccia che sia citata la parte avversa a che entro una scadenza, a sua discrezione, ma non più di 5 giorni; colui che ha prodotto <l’istrumento> compaia in giudizio con l’intenzione che soddisferà al richiedente in occasione di questo pubblico istrumento, prodotto contro di lui oppure per dichiarare la cagione per cui l’istrumento prodotto non debba essere messo in esecuzione. Se abbia fatto la comparizione e abbia chiesto una scadenza per fare opposizione contro il detto istrumento, il Giudice gli assegni la scadenza di 10 giorni per la opposizione contro questo stesso, facendo una o molte di queste eccezioni cioè falsità, pagamento, prescrizione, quietanza e patto di non chiedere, simulazione, altresì anche debito usuraio, cioè quelle eccezioni che egli abbia affermato di voler comprovare, mentre chieda che tale istrumento sia concesso a lui, entro quale scadenza debba dare e avere dato le prove di qualche contestazione, con precisione e perentoriamente, come detto sopra. Dopo trascorsi i 10 giorni di scadenza, il Giudice renda pubblico e apra il processo e nel renderlo pubblico egli assegni la scadenza di 5 giorni per fare l’opposizione contro le obiezioni o le cose prodotte o provate, in contrasto a questo istrumento e per dare le prove e aver comprovato entro tale scadenza. Dopo trascorsa la scadenzai di 5 giorni, il Giudice senza aspettare né ammettere un’altra prova, qualora di fatto il reo sia stato manchevole nelle cose di prova, egli dia soltanto l’esecuzione reale a tale istrumento e lo faccia eseguire per mezzo delle cose e dei beni del debitore descritto in questo stesso istrumento e del suo erede e del successore, senza alcuna solennità. Poi secondo la forma e il modo scritto nella terza rubrica di questo libro, proceda per l’ulteriore esecuzione. Qualora il reo abbia dato prove legalmente entro la detta scadenza di 10 giorni a difesa sua contro questo istrumento, allora il Giudice non dia esecuzione a questo istrumento, ma dichiari con il suo pronunciamento interlocutorio che non va eseguito e condanni alle spese, in qualsiasi di questi casi già detti, il vinto a favore del vincitore. Quando il reo citato, come nelle cose premesse, non compaia entro la scadenza della citazione, il Giudice proceda nel dare e nel concedere la tenuta <presa di possesso> per vigore di questo stesso istrumento, poi prosegua per il resto, come è scritto nella terza rubrica di questo libro. Se qualcuno abbia presentato in tribunale una scrittura privata o un’apodittica scritta con la presenza della mano del debitore o anche non scritta di sua mano, bensì da lui sottoscritta, la quale contenga qualcosa di autentico o corretto ed egli ne abbia chiesto l’esecuzione, si proceda nel seguente modo, cioè il reo sia citato per commissione del Giudice affinché compaia personalmente entro la scadenza, non maggiore di giorni 5, in tribunale a fare la ricognizione della scrittura o di tale apodittica così scritta, presentata come (detto) sopra. Quando egli si presenta personalmente il Giudice gli comandi che riconosca se la scrittura o la apodittica presentata sia stata scritta o sottoscritta di mano di lui stesso; qualora lo dichiari, il Giudice gli comandi che entro la scadenza dei successivi 10 giorni, debba  aver fatto il pagamento e appagato il creditore; tuttavia con la riserva che egli abbia facoltà che entro questa scadenza abbia a dare le prove per una o più delle dette contestazioni che abbia dichiarato gli competono, e quando egli abbia dato le prove e abbia provato la sua difesa entro la detta scadenza, tale precetto sia inefficace e di nessuna validità. Dopo passata questa scadenza di 10 giorni entro i quali questa difesa non sia stata presentata e neanche approvata, questo precetto rimanga stabile e si proceda all’ulteriore reale esecuzione per mezzo delle cose e dei beni del debitore, o degli eredi di costui o dei successori si esegua secondo l’ordine scritto nella terza rubrica di questo libro. Qualora invece il reo negasse che la già detta scrittura apodittica o la scrittura sia stata scritta di propria mano o sottoscritta, allora il Giudice, entro il terzo giorno dopo tale negazione faccia fare il confronto dei grafemi-lettere con le scritture di questo debitore e anche facendo sì che lo stessi rea scriva, o in altro qualsiasi modo, come gli sembrerà opportuno, facendo, o comandando affinché in ciò la verità risplenda. Qualora al Giudice risulterà che il debitore su ciò abbia detto falsità, lo costringa in modo reale e personale, come crederà opportuno, a pagare o appagare la parte attiva, senza badare ad alcuni diritti, opposizioni su ciò, o difese del reo stesso, e a motivo di questa sua falsità, vogliamo che egli sia privato dei tali cose a causa del suo mendacio. E nondimeno il Giudice punisca tale reo da solo e senza alcun processo a 100 libre di denaro sul fatto. Qualora invece il reo abbia fatto la comparizione non da se stesso, ma tramite un suo procuratore, allora il Giudice stabilisca la scadenza di tre giorni a questo presentatosi, affinché il principale si faccia presente per esaminare come detto sopra. E quando costui abbia fatto la comparizione, si proceda con lo stesso facendo come detto sopra. Qualora invece il principale non si sia presentato entro la detta scadenza, allora il Giudice, dopo aver ristabilito un’altra scadenza a tale procuratore, regolandosi a suo arbitrio e l’assegni subito e con precisione per quella stessa cosa. E qualora il principale abbia fatto la comparizione, con lui si faccia la procedura come sopra; qualora invece non ci sia la comparizione entro la detta scadenza, il Giudice pronuncia, in maniera interlocutoria, che l’anzidetta scrittura o apodittica debba essere stata considerata che è stata ed è riconosciuta e confessata e la consideri tale; poi proceda contro il reo per un’ulteriore esecuzione, come è scritto nella terza rubrica già detta. Al contrario, qualora qualcuno avrà voluto servirsi della scrittura privata o dell’apodittica contro gli eredi del debitore o del reo o contro un’altra terza persona, allora non si segua la detta procedura, ma quella ordinaria come è scritto nella terza rubrica di questo libro. E le cose già dette riguardo alla scrittura o all’apodittica abbiano validità sia che la scrittura sia stata annotata oppure sottoscritta da testimoni; sia che no. Il Giudice tuttavia abbia in ciò una procedura tale che l’affare o la causa giunga alla scadenza nelle dette cose, entro 30 giorni continui da calcolare dal giorno della presentazione dell’istrumento pubblico o della scrittura o dell’apodittica privata, sotto penalità di 100 libre di denaro, a meno che non sia il caso in cui colui che viene considerato colui che ha scritto questa scrittura o apodittica, oppure sia considerato che l’ha sottoscritta, sia assente della città di Fermo o dal suo distretto e il Giudice in verità abbia constatato legittimamente ciò. In questo caso il Giudice abbia potere di indulgere, a suo arbitrio, con maggiori rinvii. Aggiungiamo inoltre che una scrittura fatta dal debitore di propria mano con la sottoscrizione di due testimoni, dopo che ne è stata fatta la ricognizione, come sopra, abbia l’esecuzione in tutte le cose e per tutte le cose, procurata come se l’istrumento avesse garanzie.

       3 Rub.13Esecuzioni di atti di garanzia.

   Chiunque si sia obbligato con qualcuno a dovergli dare qualcosa, oppure a dover fare e con un rogito di notaio pubblico su ciò e per mezzo del pubblico istrumento fatto su ciò, queste parole vi furono scritte, cioè: “Io Notaio sottoscritto ho comandato alle dette parti oppure ai debitori che pratichino nel modo di garanzia tutte le dette cose”, e con parole simili oppure equipollenti che tuttavia contengono il precetto di garanzia, il Podestà e il Capitano e i loro Giudici, essi insieme oppure separatamente, quando hanno esaminato questo istrumento di garanzia e la sua forma, siano obbligati, e debbano metterlo in esecuzione in modo reale e personale, quando c’è la richiesta del creditore o degli eredi di costui o dei successori o di altri aventi tale diritto per ragione di qualsiasi denaro o di cose tra quelle contenute in questo istrumento, senza che sia da fare alcuna citazione o richiesta sul debitore o sul reo in esso nominato, in qualsiasi tempo anche festivo, quand’anche sia stato introdotto in onore di Dio, eccettuando i giorni del Natale del Signore, il primo giorno (calende) di gennaio e l’Epifania e la Pasqua di Resurrezione del nostro Signore Gesù Cristo, la festa di San Bartolomeo apostolo, la Pentecoste, l’Assunzione della Beata Vergine e nelle vigilie, e il giorno dei santi Pietro e Paolo apostoli, debbano mandare in esecuzione tale istrumento in modo reale o personale come piacerà a tale chiedente, catturando il debitore principale, o il reo nominato in esso, oppure lo stesso costituito, e tenendolo detenuto nel Palazzo o nelle carceri, a volontà del creditore, fino alla adeguata soddisfazione; purché dal giorno del precetto di garanzia siano passati 10 giorni e questo Notaio, per autorità di questo statuto, abbia pieni poteri di fare tale precetto. Sia tuttavia lecito a tale debitore o al reo catturato, di garantire fideiussori idonei di non allontanarsi dal palazzo del Rettore fino a quando non avrà soddisfatto il detto creditore e qualora avrà garantito, sia trattenuto nel palazzo e non sia messo in carcere, tuttavia a volontà del creditore. E qualora questo catturato si sia allontanato dal palazzo prima di fare questa soddisfazione <pagamento>, la detta esecuzione e si debba fare contro tali fideiussori, nella stessa forma e modo, come si doveva o poteva fare contro tale catturato, fino a quando effettivamente abbia soddisfatto il creditore, oppure sia piaciuto, espressamente, a questo creditore concedere licenza ai detti fideiussori o al reo. E queste cose dette sopra sulla esecuzione che va fatta in modalità personale, per vigore dell’istrumento di garanzia, ma non si eseguano in alcun modo contro le donne e neanche contro gli eredi scritti in tale istrumento, ma la sola esecuzione reale rivendichi l’adempimento. Vogliamo anche che qualora chi chiede abbia scelto l’esecuzione dell’istrumento di garanzia contro il ‘reo’ oppure l’esecuzione reale contro il debitore contenuto nell’istrumento o sui suoi beni, o anche l’esecuzione del detto istrumento sia stata chiesta contro gli eredi del ‘reo’ o contro una donna, anche principale, allora questi Rettori e i loro Giudici facciano l’esecuzione reale e siano obbligati e debbano farla e in modo sommario, semplice, calmo, senza rumore né parvenza di giudizio, senza ‘libello’ <citazione>, né contestazione della lite, o giuramento di calunnia, senza ‘libretto’, contestazione di lite, giuramento riguardo ad una calunnia, e omettendo ogni solennità e sostanza giuridica; purché tuttavia notifichi al tale debitore o al ‘reo’, almeno nella sua casa di abitazione che la tenuta sui suoi beni andrà ad essere presa, e dopo fatta questa denuncia, il Giudice a suo libero arbitrio, senza alcuna citazione, né requisizione del debitore o di questo ‘reo’, possa e debba a richiesta di chi chiede questa esecuzione dell’istrumento di garanzia, concederla in restituzione e come pagamento per l’ammontare contenuto in tale istrumento, o anche per l’interesse del creditore, quando l’ammontare non si trovasse espresso nello stesso istrumento, secondo l’estimo che dovrà essere fatta su tale cosa, che è stata presa in tenuta, ad opera di due estimatori tra i più vicini alla cosa presa in tenuta, che dovranno essere eletti e incaricati su ciò dal Giudice, a meno che le parti non abbiano concordato per eleggerli e li abbiano incaricati. E qualora in questo istrumento si contenesse che il debitore o il ‘reo’ debba dare, o consegnare al tale che chiede, o a colui che ne ha diritto, qualche cosa mobile o semovente o stabile o immobile, allora il Giudice sia obbligato e debba di fatto, nel modo e forma come detto sopra, a porre il chiedente nel possesso corporale di tale cosa contenuta nell’istrumento; e costui così messo e introdotto su questa cosa contenuta nell’istrumento, o anche in generale immesso in possesso sui beni del suo debitore per effetto del detto istrumento, per il debito ivi contenuto, con autorizzazione del Giudice invocato per tale fatto, sia sicuro in perpetuo su questa cosa sulla quale sia stato immesso e sia difeso continuamente in perpetuo ad opera della Curia del Comune di Fermo su queste cose, allontanando ogni contestazione, solamente contro il debitore segnalato in tale istrumento, e contro i suoi eredi e successori e per il resto questo debitore o ‘reo’ non sia in alcun modo ascoltato per ritirare i beni e le cose già dette. Vogliamo inoltre che per vigore di questo istrumento di garanzia, dopo presentato questo istrumento di garanzia di cui si dice sopra, abbia facoltà di praticare l’esecuzione reale e personale in modo congiunto o separato contro le persone scritte sopra, e dopo che ha scelto una via, non gli sia impedito di scegliere un’altra via, e abbandonare quella scelta prima; anzi la può variare a suo piacere di volontà, fino a quando avrà avuto il pagamento interamente per le cose contenute in tale istrumento; e colui che è nominato in questo non può fare opposizione né farla fare contro tale istrumento, né possano i suoi eredi o successori, non da sé, né tramite altri a suo nome; ma valgono le opposizioni predette o qualcuna di queste, cioè la falsità, il pagamento, la quietanza o il patto di non richiedere. Queste cose possono far fare opposizione ed essere dimostrate e lo debbano ad opera di chi è stato catturato in vigore di questo istrumento o, a nome di costui, ad opera di altri, entro 10 giorni da calcolare dal giorno della cattura; purché tuttavia la persona catturata nel frattempo non sia rilasciata. E qualora attraverso le prove di qualcuna di queste opposizioni sia risultato che qualcuno abbia fatto catturare ingiustamente uno, per vigore di tale istrumento, chi così abbia fatto catturare sia costretto sul fatto a rifondere interamente al catturato tutte le spese che costui abbia fatto per tale occasione; e chi così l’ha fatto catturare, nondimeno, venga costretto, ad opera del Giudice a pagare sul fatto e senza processo alcuno, a titolo di penalità 100 libre di denaro e una metà di questa sia data al Comune e l’altra sia per il catturato. E chiaramente queste contestazioni, o qualcuna di queste possono essere opposte, anche quando l’esecuzione reale sia stata fatta in vigore dell’istrumento di garanzia, o sia stata richiesta, purché tuttavia si debba fare l’opposizione e dare le prove, entro 10 giorni dal giorno di presentazione dell’istrumento, o dal giorno quando fu dato il possesso della tenuta, in vigore di questo istrumento. E queste opposizioni possono farsi ad opera del principale che fa la comparizione e non tramite qualcun altro a nome suo, a meno che il già detto fosse gravemente ammalato o fosse assente per qualche urgente necessità, che debba essere provata per mezzo di due testimoni degni di fede. Allora e in tale caso l’opposizione può essere fatta tramite altri a nome del principale. Tuttavia chiunque abbia fatto opposizione con una di queste contestazioni contro tale istrumento di garanzia o contro colui che lo abbia presentato, e non abbia prodotto le prove, come già detto, sia punito sul fatto, senza alcun processo, alla penalità di 25 libre di denaro, di cui la metà sia assegnata alla parte attiva (attore) e l’altra parte per il Comune. Non possono né venire opposte, né essere ammesse le contestazioni, né altre eccezioni, o difese simili, o altre cose di qualsiasi genere siano e queste non abbiano in alcun modo validità, e neanche può essere implorato l’officio del Giudice, né in alcun modo, possa essere concesso ciò contro tale istrumento o contro lui da sé, o altro producente, sotto un aspetto, un pretesto di altra difesa, di opposizione o di contestazione simile o dissimile, come espresso sopra. Contro questo strumento di garanzia non si può né impetrare né chiedere il beneficio di cessione dei beni e non lo si possa neanche ammettere, né accogliere in alcun modo. E questi Rettori e i loro giudici siano obbligati a praticare e far praticare il presente statuto in tutte le cose e per mezzo di tutte le cose, sotto pena di 100 libre di denaro per chiunque trasgredisca, penalità da imporsi per ogni volta e da prelevare infine dal salario degli stessi. Aggiungiamo inoltre che i cessionari abbiano l’esecuzione predisposta in tutte le cose, e per mezzo di tutte le cose, negli istrumenti di garanzia, e per l’efficienza di questo statuto, godano dei privilegi e delle prerogative, come anche i principali scritti in questi strumenti di garanzia.

      3 Rub.14Esecuzione di una scrittura fatta dal Notaio incaricato per scrivere i crediti dei mercanti.

   Decretiamo che due Notari legali e di buona fama, maggiori di 25 anni, Cittadini Fermani, siano estratti ed eletti dal numero di dodici che debbano essere posti e successivamente essere estratti da un sacchetto o marsupio. E l’officio di questi Notari sia tale, cioè che ciascuno di loro faccia e tenga un registro di 100 carte bambagine segnate con uno stesso segno e all’inizio di esso si scrivano gli anni del Signore, con l’indizione e con il nome del Papa e del Potestà che ci sarà nel tempo. E uno di questi Notari possa e abbia validità a scrivere tutte le credenziali e i crediti che si facessero da parte di qualche mercante o negoziante di qualsiasi condizione sia, della contrada Castello, di Pila e di San Martino. L’altro Notaio invece possa e abbia validità a scrivere tutte le credenziali e i crediti che ci fossero ad opera di qualche mercante o negoziante, di qualsiasi condizione sia, della contrada di Fiorenza, di San Bartolomeo e di Campoleggio, in occasione delle loro mercanzie o loro cose. E si sia praticata piena fede, chiaramente, a tale scrittura di mano dell’altro dei detti due Notari, purché tuttavia nella scrittura siano contenuti i nomi di due o più testimoni. E in ciascuna credenziale o credito siano scritti ad opera del predetto Notaio gli anni del Signore, l’indizione, il mese, il giorno, il luogo e il fatto che riguarda la cosa compiuta. E queste scritture trovate nel registro o nel quaderno, siano messe in esecuzione come istrumento di garanzia, ad opera del Potestà e del Capitano, o di qualcuno della loro Curia e anche dai Consoli dei Mercanti del Comune di Fermo. E tutte le singole cose provvedute e stabilite riguardanti l’esecuzione dell’istrumento di garanzia siano capite e siano richieste e abbiano luogo nell’esecuzione di questa scrittura. Tali Notai tuttavia per loro mercede per qualsiasi tale scrittura non possano ricevere più di 12 denari, fino a 25 libre, oltre ciò poi 18 denari soltanto per qualsiasi credenziale di qualsiasi ammontare sia; ma per la cancellatura di tale scrittura possano ricevere soltanto sei denari. Vogliamo inoltre che riguardo all’appagamento e al pagamento di questa credenziale venga data fede e sia valida la scrittura di tale notaio che contenga due testimoni, e valida anche la scrittura del detto mercante o negoziante anche carente di testimoni e di solennità. Tuttavia non sia valido né sia da chiedere, né da concedere un’esecuzione della cattura di una persona in vigore di tale scrittura, se non dopo trascorsi due mesi da calcolare dal giorno quando è stata fatta la credenziale; a meno che le parti non si siano accordate su un tempo o maggiore o minore; in questo caso si pratichi l’accordo. Tuttavia l’officio di tali notai non abbia validità di durare oltre un anno e se un Notaio che a ciò è stato estratto e deputato non abbia voluto esercitare una delle tali cose, a suo luogo un altro successivamente sia estratto e deputato.

       3 Rub.15Quali oggetti tra quelli posseduti non possano essere sequestrati

   In nessun modo, i panni da letto, di qualunque genere siano, il letto, la lettiga, gli indumenti da donna, o da uomo, i buoi, gli asini o le altre restanti cose domestiche possano essere annoverati né portati via in tenuta (possesso), a meno che il Giudice espressamente non abbia comandato di prenderle a seguito di una sicura conoscenza, dopo saputo il motivo. Inoltre nessun Balivo presuma, nell’occasione di fare un pignoramento, di entrare in qualche camera di qualcuno, quando in un’altra parte dell’abitazione sia capitato di trovare i pegni idonei, sotto pena 100 soldi di denaro da riscuotersi sul fatto.

       3 Rub.16Catturare il debitore sospetto e fuggitivo.

  Decretiamo che quando il debitore sia stato dichiarato sospetto e fuggitivo dal creditore o da un altro a suo nome, dopo che è stato prestato da lui il giuramento personale dinanzi al Podestà o al Capitano, o ai loro Giudici, <dicendo> che tale debitore non possiede un valore sufficiente in beni di qualunque genere per il debito preteso; inoltre se ad opera del Balivo del Comune di Fermo fosse stato riferito ai predetti Rettori che non si trova una tenuta di beni mobili o immobili del preteso debitore, libera da litigio o da controversia, il Podestà o il Capitano, o i loro Giudici richiesti per questo siano obbligati e debbano concedere la ‘famiglia’, a richiesta di tale creditore, o del suo procuratore o di altro legittimo amministratore, oppure far catturare tale debitore e trattenerlo nel palazzo o anche nelle carceri, oppure prendergli la proprietà, fino a quando non abbia appagato tale creditore o richiedente, oppure non abbia presentato a questo stesso idonei fideiussori riguardo al far cessare il giudizio, e pagando il giudicato. Se al contrario tale richiedente o creditore fosse stato trovato che era spergiuro, perché sapeva o pubblicamente era cosa nota, che tale debitore carcerato, al tempo di tale cattura, possedeva beni immobili o mobili sufficienti per il debito preteso, che venga condannato di fatto, ad arbitrio del Giudice, a pagare le spese legittime o fare il risarcimento a favore del tale catturato e al risarcimento: e nondimeno venga costretto, sul fatto, a pagare al Comune di Fermo 10 libre di denaro; salvo che per opera del Balivo non sia stato riferito quello che è già detto e giovi a scusare dalla condanna e dalla pena. Le cose che sono state già dette sul catturare il debitore, come sopra, naturalmente abbiano validità soltanto per un maschio; infatti una femmina purché tuttavia sia stata onesta e di buona vita, per un debito civile non possa essere carcerata di persona; invece la donna di malavita, possa essere carcerata come il maschio.

       3 Rub.17Il debitore che dimora nel contado.

   Decretiamo che i Sindaci e le comunità dei Castelli e delle Ville del distretto di Fermo, in base agli ordini del Giudice delle cause civili della Città, con cui da una lettera risulti, a richiesta del creditore, o di altro a nome di costui, nominato nella lettera, siano obbligati e debbano catturare il debitore nominato in essa, dimorante in un Castello o in una sua Comunità, e immediatamente presentarlo dinanzi al Rettore o al Giudice, di persona e con efficacia. Il Sindaco, invece, e la Comunità, che dopo tali ordini e la richiesta del creditore fatta sopra a ciò, abbiano trascurato di eseguire gli ordini del Giudice, siano costretti a pagare concretamente a tale creditore per intero il debito con le spese e con l’interesse, legittimi da tassarsi sul fatto dal Giudice. E’ riservato al Sindaco e alla Comunità il diritto di riscuotere dal debitore quello che è pagato in questa occasione. E si comprendano gli statuti e avvenga che tutte le dette cose siano state destinate anche ai nobili del contado, ai quali tali ordini saranno stati inviati e così saranno stati richiesti.

       3 Rub.18Revoca di sequestro sui beni di qualcuno altro piuttosto che del debitore.

   Quando sarà stata accolta e ottenuta una tenuta o un possesso di beni di un altro piuttosto che dal debitore preteso, o anche senza che sia stata praticata la forma data dalla terza rubrica di questo registro, il Giudice, che fa indagini riguardo ciò, sia obbligato e debba revocare, cancellare e annullare tale tenuta o possesso così accolto e fare indagine e terminare l’affare di tal genere in modo sommario, semplice e calmo, senza rumore, né parvenza di giudizio, senza “libello” (citazione), senza contestazione di lite, né giuramento di calunnia, e debba sul fatto punire colui che consapevolmente abbia preso tale tenuta o possesso con 10 libre di denaro di cui una metà sia per il Comune e l’altra metà per colui al quale il possesso o la tenuta saranno stati così tolti.  E al richiedente o al querelante su ciò sia sufficiente dare prova che la cosa o il possesso così accettato al tempo di tale accettazione egli lo possedeva o almeno lo teneva di fatto o che era suo per diritto di dominio o quasi, al fine della cancellazione, della revoca, dell’annullare tale tenuta e farne la restituzione e la reintegrazione nello stato precedente, affinché anzitutto colui che era stato spogliato sia ristabilito nel possesso e nel suo comodo.

       3 Rub.19L’alienazione di un pegno, tanto concordato quanto deciso da pretore.

   Decretiamo che il debitore sia obbligato e debba pagare effettivamente il pegno stabilito per accordo, o anche stabilito dal pretore entro i 10 giorni che Giudice, a richiesta del creditore, stabilisca al debitore e sia obbligato di decretare. Qualora invece, su ordine del Giudice, il debitore non abbia voluto pagare quel tale pegno, pagando al creditore per intero il debito e le spese, sia lecito al creditore, per opera sua o di un altro, vendere tale pegno, ad un prezzo conveniente; dopo aver ottenuto su ciò il permesso del Giudice, e se qualche cosa avanzasse oltre il debito e le spese, la renda del tutto al debitore entro il terzo giorno, sotto penalità di due soldi per ogni libra del detto superfluo. E qualsiasi acquirente di tale cosa sia in perpetuo sicuro contro il debitore e i suoi successori, e nel fare la parte attiva nel processo e nel difendersi su tali cose.

       3 Rub.20Il modo di prestare un patrocinio, e il compenso per i patrocinatori.

   Qualsiasi avvocato, procuratore, curatore per le cause o per una causa, e chi fa la parte attiva (attore nel tribunale) giurino di sostenere e difendere la buona e giusta causa. Chi invece si sia rifiutato dopo che gli è stato comandato o sia stato ammonito di giurare, non abbia validità di essere presente nella causa, né chiedere la retribuzione. Quando tuttavia sia stato prestato tale giuramento, ad opera del Notaio della causa esso sia redatto per iscritto, e tale scrittura sia ritenuta come validissima prova del patrocinio prestato. Qualora tale giuramento non compaia, mentre tuttavia non sia stato rifiutato, né trascurato contro l’ordine del Giudice, sia sufficiente la prova semipiena per provare il patrocinio prestato. E qualsiasi Giudice e officiale della Città, a richiesta di un Avvocato, di un Procuratore, di un curatore, e parimenti anche dell’attore (parte attiva), o di altro a nome loro, sia obbligato e debba, sotto penalità di 25 libre di denaro, costringere e sollecitare in modo reale e personale, il cliente o i suoi eredi a pagare il salario a tale avvocato, procuratore, o attore, in qualsiasi tempo, anche festivo, in modo sommario, semplice, calmo, senza rumore e senza parvenza di giudizio, o senza rispettare l’ordine, o anche di fatto e senza alcun processo. Il modo tuttavia di pagare il loro onorario sia questo, cioè: l’Avvocato nelle cause civili e criminali, pecuniarie o miste, nelle quali abbia prestato il patrocinio, abbia soldi 4 di denari per ogni fiorino, per il patrocinio di lui; e il Procuratore delle dette cause abbia soldi 2 per ogni fiorino. In realtà nelle cause penali corporali, ovvero afflittive del corpo di cosa inestimabile, un Avvocato abbia 10 fiorini, in realtà un Procuratore 5, con questa dichiarazione che il salario per l’Avvocato, qualunque sia l’ammontare della causa, non ecceda la somma di 10 fiorini. L’onorario in verità del Procuratore non ecceda l’ammontare di 5 fiorini. Peraltro in seconda istanza l’Avvocato, e il Procuratore già detti, se loro stessi furono nella prima istanza, abbiano la metà di detto salario. In realtà, qualora un altro Avvocato e il Procuratore siano stati in seconda istanza, o da qualunque giorno, abbiano lo stesso salario, che avrebbe avuto se fosse stati in prima istanza. In verità nella terza istanza, o in qualunque altra, quelli che furono in prima istanza, sempre abbiano in qualunque di queste, lo stesso onorario che ebbero nella seconda. E coloro che furono soltanto nella seconda, gli stessi abbiano in qualsiasi altra istanza, la metà dello stesso salario che avrebbero avuto nella seconda, se fossero stati nella prima. Specifichiamo invece che l’Avvocato e il Procuratore della parte soccombente abbia soltanto la metà di detti salari. In realtà per una semplice scritturazione fatta per il bastardello (registro delle minute), su richiesta del Procuratore, del curatore o dell’attore, fino a 10 ducati non possono essere chiesti, né è possibile tassare oltre 10 soldi. Dai 10 ducati e sopra, qualunque sia l’ammontare, il salario non ecceda 20 soldi di denaro. E le cose dette per il Procuratore siano praticate per il curatore, e per l’attore e per questi simili. E una terza parte di questi salari sia pagata all’inizio della causa, una terza parte all’apertura del processo, la restante poi alla fine della causa, tanto principale quanto di appello. E le dette cose siano praticate sia che il patrocinio sia stato prestato dinanzi ad un arbitro o anche dinanzi a un <giudice> conciliatore o a un commissario. E lo stesso modo si intenda per i salari per le dette persone dello Stato, come sopra per gli Avvocati, e ci sia per le dette persone, arbitri, i conciliatori, assunti da qualsiasi delle parti, e per i commissari deputati.

       3 Rub.21Nel tribunale non ammettere chi non abbia la matricola.

   L’officio di avvocatura, di procura, di un curatore o di un attore nelle cause civili, o il ministero debbano essere di competenza in modo pubblico e indifferente per i cittadini Fermani, ma non per i ‘forensi’ (forestieri). Perciò vogliamo che nessun forestiero, che non abbia iscrizione a matricola, e iscritto nella matricola degli Avvocati o dei Procuratori della Città di Fermo, non venga ammesso come Avvocato, Procuratore, attore o curatore di alcuno. Se invece, il forestiero non immatricolato, sia stato ammesso dal giudice per le dette cose, qualora non sia stato ammesso per volere delle parti, gli atti fatti tramite lo stesso giudice non abbiano validità per il diritto stesso, e lui che abbia ammesso tale patrocinante, incorra nella penalità di 25 libre di denaro.

       3 Rub.22L’officio e la mercede dei Notai delle banche.

   I Notai deputati per i giudizi civili, sia nelle cause principali, sia degli appelli, ad eccezione dei semplici contraddittori o dei consensi delle parti agli atti ed anche ad eccezione degli atti che sono permessi da qualche statuto, quando fatti soltanto a semplice parola delle parti, a meno che in nessun modo, possano né abbiano validità che scrivano o redigano le denunce, o gli atti o le cose fatte che concernono o riguardano le persone di una delle parti e le cose che queste stesse debbano fare, se non secondo quanto la parte a cui spetta abbia consegnato a loro stessi per iscritto. In realtà, sia punito chiunque abbia trasgredito sia punito sul fatto, per ciascuna volta, con penalità di 10 libre di denaro da pagare alla parte contro la quale si fa la scrittura e a favore dell’interesse di questa stessa parte, e nondimeno quello che è stato fatto in tal modo non abbia validità, né possa giovare, per lo stesso diritto, alla parte che fa fare ciò. Nei documenti siano obbligati a scrivere e a redigere gli atti che spettano al giudice secondo quello che sarà sembrato opportuno al giudice per i documenti. E ciascuno Notaio deputato agli atti civili sia obbligato e debba conservare tutte le singole scritture che gli sono state esibite dalle parti e riporle in una sfilza e farne la copia per le parti che la chiedono. E ciascuno di questi Notai, in qualsiasi causa in cui gli atti si debbano ricevere negli scritti, sia obbligato e debba fare un volume o un registro in cui, nei singoli giorni in cui si celebrano i detti atti, debba scrivere e registrare integralmente questi atti, parola per parola, come giacciono, sotto penalità per chi trasgredisce di un ducato di oro per ciascun atto e per ciascuna volta, da riscuotere sul fatto, ed è obbligato a pagare l’interesse alla parte lesa; e nondimeno, per lo stesso diritto, non abbia validità quello che è stato fatto in modo diverso. E questo notaio, per questo registro e per ciascuna carta sua o foglio scritto e registrato, contenente tot righe scritte e le cose dette qui sotto, questo Notaio abbia e debba avere da ciascuna delle parti per questa registrazione due soldi di denaro e dopo pagatagli la mercede, debba esibire al Giudice il registro delle carte e quello che lo stesso Notaio ha redatto in forma pubblica, e sia obbligato a lasciarlo fino a quando, ad opera del Giudice, non sarà passato in giudizio. E dopo che la causa è stata definita e terminata in modo perentorio, lo stesso Notaio debba assegnare tale registro e lasciarlo al Notaio dei signori Regolatori, consegnandolo nella Apoteca o ‘Per i Regolatori’ del Comune di Fermo. Inoltre il detto Notaio della causa sia obbligato e debba ogni volta che sia necessario e ci sia in qualche modo un dubbio su tale registro o su una parte di esso, presentare al Giudice la sfilza e gli atti originali integralmente, gratis e senza alcuna mercede, sotto la predetta penalità da riscuotere da lui, sul fatto, per ciascuna volta in cui sia stato trasgredito. Inoltre ciascuno di questi notai sia obbligato a scrivere tutti i singoli giorni e le ore utili e in quelle in cui il Giudice, sotto il quale egli scrive gli atti, siede per render giustizia. Invece il salario di questi notai sia tale, cioè anzitutto per la relazione della semplice cedola di citazione, fatta dal Balivo, abbiano quattro denari e se siano stati citati molti in una sola cedola, abbiano quattro denari per ciascuno; tuttavia in modo che l’ammontare non ecceda quattro soldi. Per la presentazione di una contumacia <abbiano> otto denari e se i contumaci siano stati molti, abbia quattro denari per ciascuno, oltre il primo; tuttavia in modo che l’ammontare non ecceda quattro soldi. Per una licenza concessa al Balivo che dia la tenuta nella contumacia della parte, se l’ammontare sia di 20 soldi o meno; <abbiano> denari dodici e se sono molti in una sola cedola, <abbiano> quattro denari per ciascuno, oltre il primo; in modo che non ecceda sei soldi. Da e oltre 20 soldi, fino a 100 <abbiano> due soldi e quando in una sola licenza sono in molti, dodici denari per ciascuno, oltre il primo, in modo che non ecceda otto soldi. Da 100 soldi sino a 10 libre, <abbiano> quattro soldi e quando sono molti, quattro denari per ciascuno, oltre il primo, in modo che non ecceda 10 soldi. Da 10 libre fino a 50, <abbiano> 10 soldi. Da 50 in su fino a 100, sei soldi. Da 100 fino a 1000 due soldi per centinaio. Da e sopra 1000 libre, per qualunque ammontare, o estimo, 40 soldi e non oltre. Tuttavia per le scritture registrate nei loro registri, tuttavia non invece nelle cedole soltanto avute, ricevano le dette somme, cioè quattro soldi per ogni foglio o carta. E questo foglio o carta abbia lo scritto almeno in 50 linee o trattini e ciascuna linea debba contenere almeno sedici vocaboli. E qualora la scrittura sia stata più breve oppure più prolissa sempre si paghi secondo la rata <parte>. Non si faccia, invece, il pagamento nel detto modo per i precetti fatti contro i <rei> confessi dopo il secondo decreto definitivo con sentenze delle cause civili tanto principali quanto di appelli primari e secondari; ma sia faccia in modo diverso cioè per un precetto fatto verso un <reo> confesso, se l’ammontare non ecceda il valore di 100 soldi ricevano dodici denari dalla parte; qualora però fosse maggiore ma non ecceda 25 libre <abbia> due soldi; se in realtà sia stato maggiore, ma non superi 50 libre, soldi tre; da qui, in su fino a 100 libre, soldi quattro. Qualora però sia maggiore, di qualsiasi ammontare o estimo, ricevano, per ciascun centinaio, dodici denari, purché non ecceda la somma di 20 soldi. Per il secondo decreto ricevano la metà di quello che sotto si dirà riguardo alla sentenza definitiva. Per una sentenza definitiva, poi, in una causa civile principale, se il valore non ecceda la somma di 100 soldi riceva da ciascuna parte tre soldi. Qualora poi sia di maggiore somma, ma non ecceda 10 libre riceva da qualsiasi parte soldi quattro. Se però l’ammontare sia maggiore ma non ecceda la somma di 25 libre, riceva 5 soldi da ciascuna parte. Se poi l’ammontare sia maggiore ma non ecceda 50 libre riceva da ciascuna parte otto soldi. Se poi fosse di ammontare maggiore ma non ecceda 200 libre riceva da ciascuna parte 20 soldi. Qualora poi sia di ammontare maggiore, ma non ecceda 500 libre riceva da ciascuna parte 30 soldi. Se poi sia di maggiore ammontare ma non supererà 1000 libre riceva da ciascuna parte 40 soldi. Se abbia superato le 1000 libre e di qualsiasi ammontare o valore sia stato, riceva da ciascuna parte da e sopra 1000 libre soldi 10 per ogni migliaio purché non ecceda la somma di libre 20. Qualora qualcuna delle parti fosse contumace non per questo, tuttavia, si riceva dalla parte presente più di tutti i detti casi.  E questi salari siano sufficienti riguardo alle sentenze e per queste, tanto per una sola persona oppure siano molte le persone in tale causa, da qualunque parte. Nelle cause poi di appello, ricevano per una sentenza definitiva, da scrivere e da registrare <il notaio> riceva soltanto secondo la predetta ragione, quanto deve ricevere per una sentenza definitiva di una causa principale. Inoltre <il notaio> per ogni foglio del registro, in una causa di appello, riceva quattro soldi nel modo e nella forma descritti sopra nel disporre gli altri atti che riguardano la sentenza definitiva di secondo decreto di precetto verso un <reo> confesso. Tuttavia, altri pagamenti da fare per gli atti o per le scritture nelle cause, pagamenti che non sono disposti o stabiliti né qui né in altro statuto, si facciano secondo le Costituzioni generali della Provincia della Marca.

       3 Rub.23I Notai siano stati iscritti nel Collegio o Matricola.

   I Notai o i segretari di notai, se non siano stati iscritti nella matricola dei Notai della Città di Fermo, e precedentemente già approvati nel pubblico Collegio, in nessun modo osino né presumano di fare istrumenti pubblici né qualche rogito di qualsiasi contratto, o testamento, né scrivervi né registrare. Chiunque, invece, abbia trasgredito, sia punito, sul fatto, ogni volta, con 25 libre di denaro. E nessuno Notaio della Città o del contado di Fermo osi né presuma di scrivere, registrare o pubblicare in qualche altro luogo, o registro o quaderno di alcuna persona, né a richiesta di qualcuno, i contratti o i rogiti dei quali egli sia stato richiesto; ma soltanto nel proprio bastardello (registro di minute), o nel registro, nel quale i notai sono soliti scrivere e registrare le loro scritture, sotto la pena di 50 libre di denaro, sul fatto, da riscuotersi per il fatto stesso, ad opera di qualunque officiale dinanzi al quale sia stato denunciato. E tale contratto non abbia validità per il diritto stesso e non abbia alcun vigore di stabilità, e < chi trasgredisce> possa essere accusato da chiunque, e l’accusatore abbia la quarta parte della condanna e sia tenuto segreto, e ciò abbia validità per il futuro.

       3 Rub.24Le scritture (abbreviature) e i protocolli dei Notai.

   Decretiamo che qualsiasi Notaio della Città e del distretto di Fermo per autorità del Podestà o del suo Giudice, del Capitano o del suo Giudice, abbia validità a pubblicare e a redigere nella pubblica forma tutti i singoli protocolli, gli atti e le scritture di qualsiasi Notaio morto, assente, o infermo, a richiesta di colui a cui interessa. E se in tali scritture o nei protocolli si trova questa parola “etc.” <et cetera> quel Notaio possa estendere la scrittura o il detto protocollo secondo come il Notaio che ha scritto tali cose fu solito fare la stesura o registrare per una cosa simile; se, al contrario, non si trova qualcosa che sia simile a quello, allora si faccia la stesura secondo la consuetudine comune degli altri notai della Città. Precisamente qualsiasi cosa così sarà stata copiata, pubblicata o scritta ottenga validità pienissima, nonostante alcunché altro contrario. Decretiamo anche che se in qualche protocollo o in qualche istrumento si trovi erroneamente scritto l’anno del Signore M.ccc. mentre doveva scriversi trecentesimo o se qualcosa di simile al Giudice sembri scritto erroneamente scritto cioè M.ccc al posto di quello scritto esattamente o per cosa simile, si faccia concordare l’anno con l’indizione contenuta nell’istrumento o nel protocollo; un errore o una dimenticanza non abbiano a viziare il premesso istrumento o il protocollo o altra qualunque scrittura non sono in alcun modo; anzi, nonostante tale errore, e neanche per qualche statuto o nonostante un diritto, esso ottenga pieno vigore di prova e faccia stabilità. Vogliamo inoltre che qualora nei protocolli o nelle scritture di un Notaio defunto, assente, o malato non si trovino le parole: “io tale Notaio …” eccetera oppure non si trovi la sua sottoscrizione mentre tuttavia al Giudice consta che tale scrittura o protocollo furono stati scritti per mano del detto Notaio defunto o assente ed a provare ciò basti la sola asserzione con giuramento di due notai della Città da scegliersi ad opera del Giudice, tali protocolli o scritture abbiano validità e ottengano piena stabilità, purché tuttavia non vengono a mancare le altre cose sostanziali. Inoltre decretiamo che se in qualche quaderno o in un bastardello (minuta) di qualche Notaio, cioè in principio o in qualsiasi altra parte si trovino scritti gli anni del Signore, le scritture e i protocolli successivi di mano dello stesso Notaio nei quali non ci sia esistano gli anni, si intendano fatti sotto l’anno e il millesimo < dell’atto> che precede. Le scritture poi che precedono tale anno e millesimo, se in esse non c’è un altro millesimo nel precedente, si intendano fatte nel millesimo immediatamente precedente e a motivo di ciò vogliamo che non si siano viziate in nulla. Inoltre decretiamo che se in un protocollo, in una scrittura, in un quaderno, in un bastardello, o foglio si trovino qualche contratto, testamento, o altre cose con scrittura di mano del detto Notaio, oppure non scritta di sua mano, ma che sia sottoscritta di mano di questo Notaio, tale contratto, testamento o scrittura pertanto siano considerati come se fossero stati scritti di mano del Notaio che li sottoscrive e con tutta pienezza abbiano validità e siano stabili e pertanto non è valido che sino viziati. E tutte le singole cose dette prima, abbiano vigore anche nelle cose presenti e passate e future o non decise in altri modi da sentenza o transazione e per quelle abbandonate. Vogliamo inoltre che i notai chierici o anche presbiteri possano fare rogiti di qualunque contratti, di ultime volontà o di altri qualsiasi atti e le scritture di questi abbiano fede <di certezza> come per gli altri notai, nonostante che siano presbiteri o chierici. Inoltre decretiamo che tutti i singoli notai che hanno i protocolli di un Notaio già defunto siano obbligati e debbano, sotto penalità di 50 libre di denaro per ciascuno, a fare l’inventario di tutti i protocolli del defunto e debbano consegnarlo al Notaio del Collegio dei notai, o nella Sacrestia dei Frati Predicatori. E in questo inventario siano posti, almeno, i nomi di quelli che fanno i contratti o fanno le disposizioni di altro modo, e segnati l’anno del Signore e il giorno.

       3 Rub.25Gli instrumenti già pagati da restituire.

   Se qualcuno abbia avuto un istrumento o un protocollo di qualche debito o credito, dopo fatto il pagamento o la remissione del debito o del credito che vi è contenuto, sia obbligato, su richiesta del debitore di quella volta, a rendere tale istrumento o protocollo a lui o a chi lui ha dato l’incaricato, entro 10 giorni da calcolare dal giorno in cui si è fatto il pagamento o la soddisfazione o la remissione, senza alcuna cancellazione, se sia stato richiesto, a meno che in esso non siano contenuti diversi contratti o scritture. E il creditore sia obbligato, su richiesta del debitore, di farne fare la cancellazione, a spese del debitore. Qualora tuttavia il creditore abbia smarrito tale istrumento o protocollo, il creditore sia obbligato a sue spese a fare un istrumento di quietanza per il debitore sul debito che gli è stato restituito o del quale è stato appagato, in modo che il debitore si mantenga indenne, e inoltre  prometta a lui che qualora l’istrumento perduto sarà pervenuto nelle sue mani o avrà avuto la facoltà di fare restituzione di esso, lo restituirà al debitore; e quando chiaramente questo creditore sia stato scoperto che egli tiene presso di sé tale istrumento, dopo <fattone> tale pagamento o la detta soddisfazione e dopo i detti 10 giorni, sia punito sul fatto a 10 libre da dover dare al debitore e nondimeno, di fatto, sia obbligato a riconsegnare l’istrumento <al debitore>. Inoltre decretiamo che qualora il debitore abbia dato un fideiussore o abbia dato un pagatore principale, il creditore dopo fattogli il pagamento o la soddisfazione del debito, sia obbligato a farne remissione e liberazione entro i 10 giorni successi, sotto pena di 25 libre di denaro, per metà al Comune e per l’altra metà a colui a cui dovette essere restituito il documento delle cose da pagare. Inoltre se qualcuno, contro qualcuno di fronte a qualche Giudice o arbitro nella Città o nel distretto di Fermo, si sia servito di qualche istrumento <di credito> dopo il pagamento e la soddisfazione del debito contenuto in questo istrumento o dopo fattane la quietanza,  quando chiaramente ciò sia stato constatato per mezzo di testimoni o per mezzo dell’istrumento di quietanza o remissione, colui che se ne sia servito in tal modo sia punito, sul fatto, <al pagamento> di quel tanto che già pagatogli, con falsità chiedeva che gli fosse pagato nuovamente, e per metà <penalità> sia per il Comune e per l’atra metà per colui contro il quale sia stato presentato l’istrumento. E le dette cose abbiano vigore per quelle passate, per le presenti e per le future. Si fa salvo per ciascun creditore che possa usare l’istrumento per quello che sia rimasto da pagare; e si fa salvo che la pena del presente statuto non abbia vigore se non quando si facesse la richiesta consapevolmente agli eredi e successori universali o singoli. Inoltre qualora qualcuno <creditore> abbia ricevuto una parte del debito, sia obbligato, sotto pena di 10 libre di denaro, a richiesta del debitore, a fare quietanza al debitore di quello che ha ricevuto, e questo abbia vigore anche nelle cose passate e nelle future.

       3 Rub.26La rivalsa del fideiussore contro il principale.

   Se qualche cittadino o abitante nella Città, o nel distretto di Fermo, o fuori <di questo>, abbia prestato garanzia, per un motivo qualunque, per qualcuno in un processo, e abbia pagato a posto di lui, il Podestà e il Capitano, e i loro Giudici, chi di essi fosse interpellato su ciò, dopo che ad opera di questo fideiussore sia stata data la fede legittima su tale pagamento, sia obbligato e debba costringere in modo effettivo e personale, anche mettere in carcere il principale, quando lo richiedano il fideiussore o gli eredi suoi o successori di costui, dopo aver rimosso ogni opposizione o proroga, senza libello (citazione)senza contestazione della lite, senza giuramento di calunnia, in modo semplice e calmo, senza rumore e senza parvenza di giudizio, sul fatto e senza alcun processo, affinché soddisfaccia e paghi al fideiussore, o ai detti eredi o suoi successori, per ciò che così sia stato pagato, e soddisfaccia per i danni, per le spese e per gli interessi. E allo stesso modo contro gli eredi, i successori di tale principale si proceda come sopra. E i beni dello stesso principale siano ipotecati e tacitamente obbligati a vantaggio per tale fideiussore, per i suoi eredi o successori, e per le cose già dette. E ogni vendita sui detti beni del fideiussore che egli abbia emanata ad opera del Sindaco del Comune, o di un altro, in occasione di detto pagamento; e ogni consegna data al fideiussore o agli eredi e successori suoi in pagamento sui detti beni, abbiano stabilità valida.

      3 Rub.27 Gli arbitri e i conciliatori.

   Gli atti degli arbitri, sia dei laici, sia dei chierici, con atti scritti o in qualunque forma siano stati pubblicati e fatti, rimangano stabili e decisi, purché tuttavia il compromesso sia sopravvenuto su ciò o il compromesso sia stato fatto giuridicamente e di fatto nel fare la procedura, e soltanto fatto giuridicamente nel dare la sentenza, ossia sia avvenuto di fatto soltanto oppure di diritto soltanto nel fare la procedura, e di diritto nel dare la sentenza. E permettiamo che davanti a questi arbitri si faccia appello, entro 5 giorni dopo la loro approvazione. Su coloro che fanno da conciliatori e da compositori amichevoli, che esaminano e concludono in base alla forma loro di compromesso, invece decretiamo che le loro decisioni di arbitri e le composizioni possano ridursi a un atti di arbitro come buono uomo, tuttavia dopo che su ciò sia stata presentata una semplice richiesta, senza rumore, né parvenza di giudizio, e senza processo alcuno, in qualsiasi tempo, <di raccolta> di messi, di vendemmie, e in altri giorni non lavorativi, anche improvvisi, e per quanto e nel modo, in base alla forma del loro compromesso, i conciliatori e i compositori amichevoli potevano esaminare e concludere. Pertanto abbia validità il richiedere queste riduzioni entro il quinto giorno dopo la composizione fatta, o dalla pubblicazione del lodo, ovvero dell’arbitrato, tanto di fronte al Giudice delle cause civili, quanto di fronte al Giudice d’appello, calcolando dal giorno dell’informazione ovvero della notifica. Tuttavia dopo passata questa scadenza, senza che sia stata fatta la richiesta di riduzione, questa composizione, il lodo, ossia l’atto di arbitro siano validi, stabili e considerati come giusti, equi, e si presuma che la parte che non chiese questa riduzione entro la detta scadenza, abbia rinunciato espressamente e con chiara consapevolezza riguardo all’iniquità e al dolo di detti atti di arbitro e della composizione e che in seguito non sia ascoltata in alcuna cosa contro la composizione e l’atto di arbitro già detti. Inoltre decretiamo e vogliamo che qualora due arbitri, o conciliatori assunti, fossero in discordanza, si possa assumere un terzo con la loro comune concordia. Se però non concordassero nello scegliere il terzo, allora ad opera del Podestà o del Capitano o di qualcuno della loro Curia, siano costretti a eleggere colui che essi stessi abbiano voluto, ovvero il Podestà o il Capitano lo eleggano. E quindi colui che è assunto ossia eletto come terzo, in uno dei detti modi, abbia potere di fare la sentenza, il lodo e l’arbitrato, come se fosse stato assunto, scelto o nominato dalle parti stesse con il loro comune consenso. Precisamente, la detta riduzione debba essere terminata ad opera del Giudice di fronte al quale essa sia stata richiesta, entro quindici giorni dopo la richiesta fattane. E dopo trascorsi questi giorni, rimanga valido il predetto arbitrato, se la riduzione non sia stata terminata. E, quindi, i detti arbitrati, gli atti di conciliatori, o le composizioni e le sentenze si mettano in esecuzione, secondo la forma data per l’esecuzione delle sentenze. E gli arbitri o i conciliatori e i compositori amichevoli siano obbligati e debbano ultimare, investigare, e portare a conclusione i loro atti di arbitri, o di conciliazioni e di ‘lodi’, entro 30 giorni continuativi dal giorno di accettazione da essi fattane. Vogliamo inoltre che qualora capiti che qualcuno di questi arbitri si assenti e verosimilmente avvenga che non possa ritornare entro un mese, ovvero quando nel compromesso è prevista la proroga per un certo breve tempo, cosicché non è verosimile che l’arbitro assente possa ritornare, entro la scadenza posta nel compromesso per ultimare la causa, allora il Giudice costringa e debba costringere la parte che ha scelto tale arbitro assente a sceglierne un altro, sul fatto e in modo sommario. E questo tale così scelto sia considerato surrogato al posto di chi è assente e sia pertanto come se fosse stato eletto sin dal principio e gli atti o le cose fatte per opera sua abbiano piena stabilità.

       3 Rub.28I compromessi da farsi fra congiunti.

   Se ci fosse qualche questione o controversa tra alcuni che siano stati vicendevolmente congiunti per consanguineità o affinità fino al terzo grado incluso da calcolare secondo il diritto canonico, il Podestà e il suo Giudice a richiesta di una qualsiasi parte, o di un altro qualsiasi richiedente, siano obbligati e debbano spingere le parti di questi così congiunti a dover fare un compromesso e a dover fare un compromesso generale di diritto o di fatto nel fare la procedura e nel sentenziare, presso qualcuno o presso alcuni congiunti o presso amici comuni che dovranno essere scelti da loro insieme e, costringendo costoro come sembrerà opportuno ai già detti, in modo reale e personale alle cose predette, entro 5 giorni successivi dopo che sia stata fatta la richiesta, sotto pena di 100 libre di denaro a tale Rettore o Giudice, sul fatto, da prelevare nel tempo del sindacato. E tali arbitri o conciliatori amichevoli siano obbligati ad accettare <l’incarico per> questo compromesso entro i tre giorni successivi dal giorno quando siano stati eletti, o nominati, o assunti e poi siano obbligati a terminare e ultimare del tutto entro un mese continuo da calcolare dal giorno della accettazione fatta. Da qualsiasi Rettore ovvero Giudice possano essere costretti a fare ciò e abbia validità e siano obbligati a richiesta di qualsiasi parte, sul fatto, in modo personale e reale. E qualora fossero discordi si proceda all’elezione di un terzo come contenuto nello statuto precedente. E i loro ‘lodi’, le sentenze o gli arbitrati e le composizioni possano ridursi all’arbitrato di un buon uomo e abbiano validità in tale modo, come si contiene nello statuto immediatamente precedente. Aggiungiamo inoltre al presente statuto e allo statuto precedente sugli arbitri che se entro i detti 30 giorni non abbiano concluso per mezzo di una sentenza la causa compromessa a loro, in qualsiasi modo, l’istanza del compromesso sia cancellata, e non possano agire per nulla ulteriormente su questa causa, se la volontà delle parti non abbia aggiunto per il compromesso altro maggior tempo <proroga>. Dopo trascorso questo tempo questa istanza sia annullata, come sopra. E gli arbitri che non abbiano fatto la conclusione entro questa scadenza, non debbano ricevere dalle parti nessun salario, né comodo. E qualora lo abbiano ricevuto siano obbligati a restituirlo alle parti, sotto pena del doppio, da esigersi su di essi, sul fatto, ad opera di un officiale del Comune. E il presente statuto abbia vigore nelle cose passate, nelle presenti e nelle future, purché siano cose non decise né ultimate per mezzo di una sentenza. E la detta causa compromessa che non sia stata terminata per mezzo di una sentenza entro il tempo <di scadenza> non possa avere ulteriore compromesso, se non sia avvenuto per volontà delle parti e nessuna parte possa essere costretta a fare il compromesso, nonostante lo statuto detto sopra che dichiara che i consanguinei siano costretti a fare un compromesso, a cui espressamente deroghiamo nel caso detto prima.

       3 Rub.29La divisione di beni comuni.

   Decretiamo e ordiniamo che chiunque in una comune eredità o in base ad altro motivo di una cosa comune non abbia voluto restare o tenere <in comunione> e abbia chiesto la divisione, il Podestà, e il suo Giudice, il Capitano e il suo Giudice che ne sia stato richiesto, per la petizione o per la requisizione di qualsiasi erede o socio, sia obbligato e debba costringere in modo reale e anche personale l’altro coerede o socio, uno solo o molti, a dover fare la divisione, in modo sommario, semplice e calmo, senza rumore, né parvenza di giudizio, senza il “libello” <citazione>, senza contestazione della lite, senza giuramento di calunnia, a motivo della sola semplice petizione fatta su ciò negli atti. E il Rettore o sia il Giudice che ne sia stato richiesto, sotto penalità di 500 libre di denaro, sia obbligato entro 20 giorni continui dal giorno di tale richiesta, a portare a scadenza tale affare; e ciò dopo che al Giudice sia risultato, per sola informazione avuta su ciò, che quella cosa è ereditaria o è comune in altro modo. Tuttavia i pupilli e gli adulti <tutelati> non possono richiedere la divisione se non con l’autorità dei tutori o dei curatori. Inoltre non c’è validità di potere provocare i propri fratelli minori o fratelli minori a 14 anni a fare qualche divisione se non dopo che hanno chiesto su ciò la licenza al Giudice e l’abbiano ottenuta e il Giudice ha potere di concederla se gli sembrerà opportuno. E in qualsiasi caso di divisione da dover fare, il <fratello> maggiore nel tempo <età> sia obbligato a fare la divisione e fare le partizioni congrue in tempo. E il minore <in età> abbia la scelta di prendere e scegliere <per primo>. E qualora insorgesse divergenza sul dubbio della loro età, chi sia il minore, sia lasciato <decidere> all’arbitrio del Giudice. E queste cose siano praticate, nella forma e nel modo, come già detto, riguardo alla divisione da fare. E questo abbia vigore, anche qualora la divisione fosse richiesta tra quelli che tra di loro non fossero vicendevolmente congiunti per consanguineità né per affinità. E le cose dette siano praticate in tale modo quando le parti sono alla pari nel bene indiviso o nell’eredità. Qualora invece tra di loro le parti dell’eredità o del bene non fossero uguali, allora chi ha la parte maggiore sia obbligato a far fare le parti e a dare a colui o a coloro che hanno la scelta minore. Aggiungiamo inoltre su ciò che qualora, per caso, colui al quale capitasse di fare la divisione, come sopra, abbia fatto una divisione non equa né giusta, ma con cattivo inganno o con frode e a danno di qualcuno a cui spettava di prendere una parte, sia lecito allo stesso querelante di fare la divisione paritaria e giusta, se egli lo voglia e lui prenda.

       3 Rub.30I muri in comune da farsi insieme.

   Se qualcuno avesse avuto l’abitazione accanto all’abitazione di un suo vicino, interclusa fra lui stesso e tale vicino, con assiti di legno, o con una parete con canne, o con vimini o con cose simili; e qualcuno di loro abbia voluto fare un tramezzo fra loro stessi, a richiesta di chi vuole fare il tramezzo, l’altro vicino sia obbligato, entro due mesi dalla richiesta di fare il tramezzo o di farlo fare, di altezza almeno tanto quanto tale paratia sia stata estesa; purché le spese fra le due parti non eccedano la somma di 10 libre di denaro e per di più, il vicino non sia un povero. Sia inteso inoltre l’essere povero se i suoi beni non valgano oltre 100 libre di denaro. I Rettori <del Comune di Fermo> siano obbligati a praticare questo statuto.

       3 Rub.31Coloro che hanno alberi in (un terreno) altrui e gli alberi che portano un impedimento al vicino.

   Se qualcuno abbia avuto un proprio albero sul suolo di un altro, il padrone dell’albero sia obbligato a vendere tale albero al padrone del suolo, e quello, a sua volta, sia obbligato di comperarlo ad un giusto prezzo da dichiararsi concordemente da due vicini da scegliere. Parimenti se qualcuno sopra il terreno del vicino abbia avuto un albero che porta ombra o un ostacolo per il vicino, sia obbligato a potarlo e tagliare i rami pendenti sopra il terreno del vicino, affinché non porti ostacolo. E la stessa cosa per un albero al confine o posto su una via con ostacolo per il vicino o sovrastante per l’altro. Inoltre se qualcuno, di qualsiasi età o sesso, abbia avuto qualche cuneo di terra di misura di un modiolo e mezzo, o di un numero minore accanto a questo da due parti, sia costretto di vendere a chi tale terreno è adiacente in modo migliore, e costui, a sua volta, sia obbligato a comperare ad un giusto prezzo da dichiararsi concordemente da due vicini da eleggersi concordemente. E questo non abbia vigore qualora qualcuno abbia il cuneo di terra vicino per sessanta canne alla Città o al Castello, oppure se vi abiti con tutta la sua famiglia. Inoltre questo statuto non abbia validità contro coloro che fanno tali cunei di terra, astutamente in frode di questo statuto, vendendo una parte del terreno affinché diventi un cuneo di terra. I chierici, tuttavia abbiano validità a servirsi del beneficio di questo statuto in qualunque modo.

       3 Rub.32 Le società, le colleganze e le cose comuni, e la ricerca di queste stesse.

   Se qualche Cittadino o abitante del distretto Fermano abbia fatto ovvero intrapreso qualche colleganza o un contratto di società o di colleganza con qualcuno per quanto riguarda le merci e sulle merci da trasportare per mare ovvero per terra, colui che abbia ricevuto tali merci, entro quindici giorni dopo che sia giunto alla Città di Fermo sia obbligato a far rendiconto con colui che abbia dato in tal modo le merci da trasportare, e a riconsegnare a lui i denari dovuti e le cose effettivamente, secondo le convenzioni loro, escludendo ogni contestazione. E chi riceve, a richiesta di colui che dà, sia costretto a praticare l’osservanza di queste convenzioni, in modo sia reale che personale e qualora abbia trascurato di eseguirle sia punito a 25 libre, sul fatto e per ciascuna volta. E tutti i Rettori della Città siano obbligati e debbano ad esaminare le questioni, e le cause da trattare su ciò, in modo sommario, semplice e calmo, senza rumore né parvenza di giudizio e a concluderle entro 30 giorni continui, sotto penalità di libre 100 di denaro <da prelevare> dal loro salario. Inoltre se qualcuno che sia andato al trasporto o al percorso, vi sia morto o, impedito in altro modo, da non aver forza di ritornare, e abbia consegnato alcune cose ad alcuni suoi soci o corrieri, questi soci o corrieri, o anche gli altri già detti sopra, siano obbligati, in qualsiasi modo queste cose siano pervenute a loro, senza essere interpellati e senza ritardo a riconsegnare, di fatto, tali cose ai successori del morto o dell’impedito, o a quelli che siano rimasti nell’abitazione di lui, entro 30 giorni dopo che siano tornati in Città; tuttavia dopo aver ricevuto idonea cautela dell’indennità e del pagato.  E le cose dette abbiano vigore anche per tutte le riconsegne di tutte qualsiasi le cose, fatte tra i mercanti Fermani fuori dalla Città e dal distretto di Fermo. E ogni Rettore e Giudice della Città, come detto sopra, per tutte le singole cose, proceda, faccia indagine e porti a conclusione e decida e anche faccia condanne, sotto la penalità già detta e di questa penalità una metà sia del Comune e l’altra metà sia per la parte. Inoltre decretiamo che i fratelli e i soci che hanno beni comuni, facendo crediti e debiti, possano anche qualcuno tra di loro stessi, a nome suo e dei fratelli e dei soci, per l’autorità del presente statuto, fare richieste ai debitori ed riscuotere, sia che l’istrumento del debito compaia, sia che non <compaia>, e sia che uno solo sia o non sia procuratore dell’altro, purché tuttavia a tale debitore o a tali debitori, con idonei fideiussori, si dia cauzione dell’indennità e di quanto pagato da avere per opera dell’assente, a giudizio di uno saggio tra gli stessi: E le cose dette abbiano vigore quando molti fratelli o soci siano contenuti in solo istrumento, o contratto, affinché quello che è stato fatto per mezzo di uno solo, ovvero con uno solo, debba valere come firmato e accettato tramite un altro. E chi è assente in nessun modo valga che si metta contro ciò che sia stato fatto tramite tale fratello o socio. Aggiungiamo alle cose dette sopra che se qualcuno abbia ricevuto una qualche consegna e sia andato e l’abbia portato oltre il mare, cioè oltre il Golfo, debba avere la quarta parte dal guadagno di questa consegna, e chi abbia ricevuto questa consegna debba andare e anche tornare, tutte le volte a spese di questa consegna, cioè il vitto per se stesso e il vitto per un unico servo, e a queste spese debba contribuire chi riceva questa consegna per la rata parte delle sue mercanzie e delle altre cose che egli porterà in questo percorso a meno che non sia stato concordato qualcos’altro tra le parti. E questo abbia validità nelle cose future e affinché sia placato ogni argomento di tafferuglio e risplenda la verità, decretiamo che ogniqualvolta ci fosse una questione tra due mercanti o tra altri operatori o tra altri chiunque, e tra questi si muovesse il dubbio su alcune cose date e su cose ricevute da una parte e dall’altra, e ad opera di una delle parti già dette si chiedesse che sia reso pubblico o che si esibisca il registro in cui stesse scritto l’affare tra di loro, allora il Giudice costringa e debba costringere il tale che ha il registro e gli eredi suoi ad esibire questo registro, in modo reale e personale, tralasciando ogni solennità giuridica; purché consti che il tale contro cui si fa la richiesta, ha questo registro. E se il far fede non si può avere in altro modo si chiarisca per mezzo di un giuramento, deferendo a tale disposizione il giuramento per dire se abbia presso di sé il registro sulle cose dette.

       3 Rub.33Le emancipazioni dei figli.

   Decretiamo che debbano essere fatte le emancipazioni dei figli dinanzi al signor Podestà, o al Capitano ovvero al Vicario di qualcuno di loro, nel Palazzo della loro residenza. E quelle fatte in un modo diverso, per lo stesso diritto, non reggano.

       3 Rub.34I tutori.

   Per provvedere i tutori decretiamo questo, che qualora un padre chiaramente abbia disposto nel testamento o con qualunque altra sua ultima volontà, i tutori a favore di un suo figliolo o dei suoi figlioli, quelli scritti o disposti stiano come tutori, e siano preferiti agli altri legittimi e assegnati. E questi tutori siano obbligati a soddisfare in modo idoneo, se pure la fiducia per loro è approvata dal testatore stesso. La madre pure abbia la potestà di ordinare i tutori per il figlio impubere o per i figli nel suo testamento o con altra ultima volontà, qualora i pupilli non abbiano il padre <vivente>. E ciò quando i beni del figlio o dei figli non abbiano valore più che 100 libre. Si pervenga ai tutori <dati> per legge quando manchino i tutori ordinati, detti sopra, nel testamento o con altra ultima volontà, si giunga ai tutori per legge in questo modo, cioè vogliamo infatti che la tutela sia data alla madre, poi, secondo un ordine, alla nonna, e queste siano considerate per legge e preferite ad altre e ad esse siano assegnati e vogliamo che abbiano a gestire da sé la tutela. E ciò quando i beni del pupillo, o dei pupilli non superano 100 libre. Se invece valgono sopra 100 libre, allora la madre o la nonna, secondo l’ordine, stia come tutrice insieme con il più idoneo parente del pupillo o dei pupilli senza che la prossimità sia tenuta in considerazione, ma soltanto dopo aver verificato l’idoneità. Se invece la madre o la nonna non ci fossero, con questo ordine si pervenga ai legittimi tutori: il Giudice, fatta la ricerca di legittimi tutori, ordini quel tutore fra essi, considerando soltanto che sia idoneo, senza che sia tenuta in considerazione la prossimità. Chi è stato così ordinato sia costretto dal Giudice a prendere la tutela per gli opportuni rimedi. Qualora invece non ci siano tutori per legge, allora il Giudice col consenso dei signori Priori e del Vessillifero di giustizia, dopo aver fatto l’indagine fra i buoni uomini idonei, uno o molti, come a lui sembrerà meglio, decida i tutori e comandi e costringa colui o coloro ad assumere la tutela per gli opportuni rimedi. E il Giudice mandi in esecuzione le dette cose sia per dovere del suo officio sia anche per la richiesta di chiunque. In realtà prima che i tutori mettano mano all’amministrazione, facciano l’inventario di tutti i beni, delle cose, e dei debiti e dei crediti del pupillo, in buona fede e senza frode; e facciano le altre cose, per le quali sono obbligati per legge, entro 10 giorni, dopo che i tutori siano stati assegnati. Qualora invece la tutrice, madre o nonna, abbia voluto passare a seconde nozze, allora si pervenga ai tutori legittimi, se esistono; altrimenti poi si pervenga a <tutori> assegnati, dopo aver rispettato il modo e la forma indicati sopra. Se qualcuno invece abbia voluto dispensarsi dalla tutela, abbia la facoltà di ciò entro otto giorni continui, da calcolarsi dal giorno della nomina e della disposizione, entro i quali abbia portato prove in modo perentorio e preciso per la sua dispensa, e debba averla provata con effetto. Queste dispense, tuttavia debbano essere considerate legittime con la consapevolezza e la disposizione del solo Giudice, e nonostante, in qualsiasi modo, una disposizione del diritto Comune circa queste cose.

       3 Rub.35I pazzi, gli squilibrati, i dissipatori, i muti e simili <minorati> e i loro curatori.

   I muti, i sordi, coloro che sono di mente diversamente sana debbano avere i curatori per lo meno per le cause. In realtà senza impedimenti essi stessi amministrino i loro affari e i beni da sé, non invece i curatori anzidetti. Invece i Giudici della Città aventi la giurisdizione, con diligente indagine a favore dei pazzi furiosi e dei mentecatti o per quelli che soffrono di una debolezza di mente e anche per i dissipatori palesi, stabiliscano i curatori degli affari e dell’amministrazione dei beni e per le cose da farsi. Infatti questi curatori, dando idonei fideiussori, o un fideiussore e per mezzo del giuramento debbano badare all’esercizio degli affari degli anzidetti, in modo fatto bene, fedelmente e legalmente, e debbano farsi le cose utili e le cose inutili debbano evitarsi, e le altre rimettersi a posto; facendo salvo sempre che la verità abbia vigore in un processo e fuori di esso. E se qualche persona, anche non parente per qualcuno di costoro che rimangono sotto il curatore, abbia esposto una lamentela a qualche Rettore o Giudice perché un curatore di qualcuno di costoro abbia commesso o commettesse una frode, una colpa, o una negligenza nella stessa curatela, tale Rettore o Giudice in modo sommario, semplice, calmo, senza rumore e senza parvenza di giudizio, e tralasciata anche ogni solennità giuridica, si informi riguardo a ciò. E avendo avuta la sola fede della cosa e la verità contro tali curatori, sul fatto, debba rimuovere costoro dalla curatela. Inoltre per tali curatori ci sia e venga stabilito quel salario che al Giudice che sembrerà che sarà giusto.

       3 Rub.36 Le prescrizioni.

   Tutti i singoli cittadini o abitanti della Città di Fermo, o del suo contado o del suo distretto, che abbiano tenuto e posseduto qualche cosa per lo spazio di un triennio senza contestazione, siano sopra a ciò sicuri per l’usucapione. Se qualcuno invece abbia tenuto e posseduto una cosa mobile o immobile, sia per sé, o fra lui stesso e i suoi gestori, per lo spazio di 20 anni continui senza titolo, purché tuttavia senza lite né contestazione, sia sicuro per la prescrizione del detto tempo e sia considerato, per l’autorità di questo statuto, come il vero padrone e possessore di tali cose. Inoltre se qualcuno abbia posseduto una qualche cosa immobile, senza lite né controversia, per il tempo di 10 anni, con giusto titolo fra i presenti, anche tra di lui stesso e i suoi agenti, sia sicuro per sempre sopra a ciò. E le cose anzidette o qualcuna delle anzidette, i sopra detti statuti, neppure qualcuno di essi rivendichino efficacia per quanto riguarda le cose ecclesiastiche, o pertinenti alle chiese, o contro le persone ecclesiastiche, o altrimenti privilegiate per diritto riguardo alle prescrizioni, oppure contro i pazzi furiosi o mentecatti, in nessun modo rivendichino efficacia per loro. Inoltre anche contro i minorenni, o contro gli assenti dalla Città di Fermo o dal suo distretto per una causa credibile o per un motivo di necessità, ma al contrario tutto il tempo della minore età e della predetta assenza venga detratto dalle dette prescrizioni, e venga considerato come non fosse trascorso. Qualora qualcuno invece, per il futuro abbia posto sotto obbligo <ipoteca> qualche debito, ossia l’abbia avuto ‘obbligato’ e non abbia richiesto tale debito, dal giorno in cui il contratto sia stato fatto entro 20 anni, o in altro modo nel frattempo per opera del debitore non fosse stato conosciuto, da quel momento in poi tale debito in nessun modo possa essere richiesto, e servirsi la scrittura fatta sopra di esso non abbia validità; ma per l’autorità della presente legge si debba intendere che il debito sia stato legittimamente pagato dal debitore. Inoltre se qualcuno abbia avuto o fatto fare qualche istrumento di debito o abbia fatto oppure abbia fatto redigere una scrittura privata scritta con mano del debitore e firmata, o non firmata da tre testimoni, e il debitore vivente in esso indicato, non abbia richiesto in tribunale il debito indicato nel contratto o nella scrittura entro 10 anni, da calcolarsi dal giorno del contratto di tale debito, tale contratto e tale scrittura, che entro il detto tempo durante la vita del debitore non sia stata mandata in esecuzione né richiesta in tribunale, successivamente, non possa essere mandata in esecuzione contro gli eredi o i successori del debitore deceduto, né da allora si possa fare azione o chiedere qualcosa riguardo a ciò. In realtà le dette cose non abbiano valore in nessun modo contro i minorenni, contro i pazzi furiosi o i mentecatti o contro gli assenti per un motivo credibile o di necessità, né contro le persone ecclesiastiche privilegiate per legge in altro modo. Inoltre le dette cose, ed ognuna di esse che recano le dette mete delle prescrizioni negli istrumenti di garanzia non rivendicano validità per sé, se non alla fine dopo trascorsi 20 anni fra i presenti e trent’anni fra gli assenti, dal giorno della stipula del contratto. Trascorsi questi anni come sopra, i detti contratti di garanzia siano assolutamente prescritti, e si abbiano e si intendano come cancellati o nulli, anche quando siano stati fatti con giuramento; e per questi e per altri contratti il giuramento non impedisca le prescrizioni. Scadute queste prescrizioni, il Giudice non possa dare esecuzione a tali contratti, pena di 10 ducati d’oro da pagarsi sul fatto per il Comune di Fermo, e da prelevare a questo Giudice e agli altri officiali che agiscano nell’esecuzione, per ciascuno e per ogni volta. Inoltre mossi per una somma eguaglianza vogliamo e con l’autorità della presente legge decretiamo che per tutti e qualsiasi i tempi di qualsiasi usucapione o della prescrizione decorsa o passata, al tempo della tirannide di Rainaldo da Monteverde, cioè dal 3 settembre dell’anno del Signore 1376 fino al giorno incluso 25 del mese di agosto dell’anno del Signore 1379, siano detratti, e tolti di mezzo e siano per l’autorità di questa legge dal tempo  dell’usucapione e della prescrizione già detta e si intenda restituito e da allora ci sia tanto tempo quanto passò nel detto tempo della tirannide del già detto <tiranno>. Aggiungiamo inoltre che i patrocini e i salari degli Avvocati e dei Procuratori si possano chiedere e riscuotere entro un triennio; e trascorso il triennio siano prescritti e coloro che li richiedono non siano ascoltati in alcun modo. Inoltre gli operai o i salariati che vengono assunti a giornata, e per lavoro giornaliero, debbano chiedere la mercede o il salario loro entro un anno, dal giorno dell’opera o del lavoro fatto, completato e dato dagli stessi operai. Inoltre similmente i servitori o i cottimisti che vengono assunti a mesata o per un tempo maggiore, siano obbligati e debbano chiedere e riscuotere la mercede o la paga degli stessi entro due anni prossimi futuri, dopo scaduto il tempo della loro assunzione; e trascorso detto tempo stabilito, come sopra, per detti operai, salariati, servitori e cottimisti da allora per l’autorità della presente legge si prescrivano e siano cose prescritte per lo stesso diritto. E così per il resto su ciò, in nessun modo o via, i detti operai giornalieri, i servitori o i cottimisti possano agire o chiedere contro i loro patroni o conduttori, ma ai già detti la via di poter ulteriormente chiedere <tali cose> e di agire <in tribunale> sia completamente preclusa.

       3 Rub.37Gli acquirenti di un bene stabile.

   Se qualcuno abbia acquistato un bene stabile e abbia tenuto questo stesso bene e l’abbia posseduto egli stesso o i suoi eredi ovvero i successori per se stessi, ovvero nel tempo computato insieme contemporaneamente del suo promotore ovvero predecessore, senza controversia per 10 anni continui da calcolare dal tempo dell’acquisto e della presa di possesso in modo pacifico e sereno, senza lite, né controversia; tale cosa non possa essere richiesta né portata via, né revocata a lui, né ai suoi eredi o successori, per un pretesto, un’occasione, una causa, o per un aspetto che di questa cosa prima sia stata fatta una donazione, una vendita, una cessione o un qualsiasi altro contatto ad opera del venditore stesso a un altro cittadino, o a uno del contado o del distretto o a un forestiero, nonostante le parole scritte in tale primo contatto cioè che stabilisce che egli possiede quella cosa a titolo precario di acquirente, di donatario, o di contraente in altro modo, oppure con altre qualsiasi parole o atti simili o equipollenti. Inoltre se qualcuno abbia venduto, donato o ceduto in altro modo ovvero alienato qualcosa prima ad uno solo o ad alcuni, in seguito ad un altro o ad altri, si intenda che costui siano preferibili <possessori> colui o coloro che all’inizio per primi hanno raggiunto il possesso vero e reale di questo bene, non invece quelli che hanno avuto il possesso finto o precario soltanto. E la disposizione di questo statuto abbia e ottenga vigore in tutti i singoli casi di questa rubrica ed anche attribuisca il diritto e l’effetto sia quando colui che possiede, e vuole difendersi, sia quando, per qualsiasi caso o modo, sia venuto meno dal possesso e voglia fare l’azione per ottenere questa cosa ovvero il possesso. E questo statuto abbia vigore per le cose presenti, passate e future.

       3 Rub.38Le cose acquistate pubblicamente oppure dai pirati.

   Inoltre se qualche Cittadino o un Fermano abitante del contado , o un abitante nel distretto di Fermo, abbia comperato da qualche persona forestiera una cosa mobile, visibilmente o pubblicamente, proprio di giorno, non di notte, e in un luogo non sospetto, e abbia affermato, comprovato che egli ha pagato il prezzo, anche detto con suo giuramento che egli  non aveva saputo che tale cosa fosse stata sottratta con un furto, anche se tale cosa sia stata ottenuta  da tale compratore, quello che la tiene non sia obbligato restituire il prezzo, a meno che al Giudice per qualche motivo non sia sembrato diversamente. Se qualcuno poi abbia comperato una cosa mobile o semovente da armigeri o da mercenari, o da pirati, o da corsari, e per caso si presentasse qualcuno che fosse il signore padrone di detta cosa, allora e in tal caso il compratore di questa cosa sia obbligato a restituire detta cosa e perda il prezzo pagato nell’acquistare la cosa già detta.

       3 Rub.39 – Non ci sia alcuno che soccomba in una causa civile a motivo di una richiesta non valida.

   Decretiamo ed ordiniamo che in seguito nessuno sia costretto a rendere pubblica un’azione <in tribunale> con qualche richiesta, o con un “libello” (citazione), ma chi ha competenza proponga soltanto il fatto adatto a chi di competenza per la causa; e a motivo nullità della richiesta, o per la richiesta non valida, nessuno soccomba.

        3 Rub.40I contratti falsi da reprimere.

   Se qualcuno abbia ricevuto qualche bene del valore di oltre 100 soldi o alcuni beni o una parte di questi a causa di una donazione fra vivi, o a causa di una morte, o come premio per una emancipazione, o a motivo di una vendita, o per un qualsiasi altro contratto o per qualunque titolo lucrativo fra vivi, per sua opera, oppure non lucrativo, ad opera sua o per mezzo di un altro, sia quando l’istrumento sia stato stipulato su ciò, sia che non <stipulato>, ed egli dopo morto il tale abbia manifestato che egli ebbe tale titolo su tale cosa ovvero sui beni e li abbia avuti e posseduti nel tempo della vita di quello sino alla morte <di lui>.

Tale contratto o titolo su tale cosa tale cosa ovvero beni, per l’autorità di questo statuto non abbia alcuna validità; a meno che dinanzi al Podestà, ovvero al suo Giudice, o davanti al Capitano, o davanti al Giudice di costui, il quale è consapevole e si è accertato di colui che si dice abbia fatto tale contratto o titolo abbia mostrato e insinuato e fatto pubblicare e abbia fatto mettere la firma in detto contratto o istrumento fatto su ciò tramite uno dei notai di detto Podestà o del Capitano. E non giovi a chi riceve tale contratto o titolo il fatto che colui che lo scrisse abbia fatto la confessione di possedere oppure abbia stabilito se stesso a possedere a nome precario di quello o di possedere in altro modo, neppure che abbia ricevuto tale cosa o tali beni in gestione, ma piuttosto gli sia necessario di aver raggiunto il possesso vero e corporale durante la vita di colui che abbia fatto tale titolo o il contratto ed anche necessiti che l’abbia occupato al tempo della morte del tale stesso ovvero di averlo ad opera sua propria o dell’erede di quello, altrimenti qualunque cosa sia stata fatta in modo diverso non abbia validità per il diritto stesso.

       3 Rub.41L’alienazione dei beni dei Minorenni.

   Le vendite, le donazioni, le alienazioni, i condoni, le cessioni, le quietanze, altresì le transazioni di tutte le cose, azioni, ovvero diritti, che gli adolescenti debbano fare in età minore di 25 anni, sotto qualunque forma, titolo, contratto, concetto di vocaboli non abbiano, né tengano validità in altro modo, se non è intervenuto su ciò il giuramento corporale di questi minorenni e se ivi la presenza e l’espressione del consenso di almeno due dei più prossimi consanguinei, se esistono non siano state presenti o intervenute, , oppure, quando essi non esistono, se non ci sia stato il consenso di almeno di due dei più prossimi affini di sesso maschile, se esistono, oppure del sesso femminile di 25 anni o più, considerando questa consanguineità o affinità da parte di coloro che pretendono essere tali consanguinei o affini soltanto dal giuramento; oppure qualora non ci sono tali consanguinei o affini, la presenza, l’autorità del Giudice, e l’assenso di due del vicinato di questi minorenni siano del tutto pienamente sufficienti. Debbano intervenire anche il consenso e l’autorità del curatore di questo adolescente minorenne, se abbia avuto un curatore. Qualora invece queste alienazioni o qualcuna di esse fossero fatte da minorenni oda pupilli, allora, e in tal caso, intervengano le dette solennità ed anche il consenso e l’autorità del tutore e del Giudice, sempre e in ogni caso debbano intervenire; e le cose fatte in modo diverso da questi minorenni e dai pupilli non abbiano validità per il diritto stesso e si presumano fatte con inganno ed estorte. Se qualcuno precisamente minore di 25 anni, di fatto maggiore di 14 anni che è riconosciuto laborioso e colui che in altro modo fosse abituato a esercitare pubblicamente il commercio, compiere azioni, esercitare la mercatura, allora a questo minore sia lecito fare tutte le cose al modo come anche chi è maggiorenne e le cose compiute a sua opera, benché abbiano omesso una delle dette solennità, tuttavia non siano annullate.

       3 Rub.42L’alienazione dei beni delle doti.

   Le vendite ossia tutte qualunque le alienazioni delle cose dotali con estimo o senza estimo che il marito abbia fatte non abbiano validità, se non dopo aver praticato le cose scritte qui, cioè che la moglie dia il suo consenso insieme con il consenso di due più prossimi consanguinei per tale vendita ossia alienazione, e lei stessa prometta che la stessa vendita da lei è considera stabile e che la mantiene stabile, e in ogni modo producendo un istrumento su ciò, e del tutto esigiamo che questo istrumento sia prodotto in ogni modo. Vogliamo anche che sia espresso il contraccambio di ciò che la moglie riceve dal marito. E questo cambio al tempo di tale vendita o alienazione, debba essere giustamente buono, un bene come la cosa di dote alienata ossia venduta e un bene immobile posto nella città di Fermo o nel suo distretto. Inoltre qualora il marito abbia venduto, abbia alienato o abbia ipotecato qualche bene obbligato a sua moglie ovvero ipotecato per cosa di dote o come la dote della moglie, tale vendita, obbligazione o alienazione non abbia validità né obblighi in altro modo se la moglie non abbia consentito e lei stessa non abbia giurato di considerare ciò <essere> stabile e inoltre, al tempo del consenso e del predetto giuramento, altrettanti beni rimangano al marito, tali che siano sufficienti in modo idoneo per la restituzione della dote alla moglie e per i creditori del marito di lei. Quando tuttavia tutte queste tutte singole cose non siano intervenute, non c’è validità nel generare un danno né alla moglie né ai suoi eredi o successori. Sia lecito tuttavia ad una moglie di alienare o obbligare i suoi beni dotali per una necessità sua o anche del marito o dei figli e di questa necessità si faccia legalmente la costatazione e <sia lecito> anche alienare e obbligare i beni in uso anche se non sussistano né una causa né una necessità ed anche senza cambio alcuno. Inoltre sia lecito alla moglie consentire a suo marito che faccia l’alienazione o l’ipoteca delle cose dello stesso marito, ipotecate per questa moglie per la dote, quando per suo marito e per i figli dello stesso suo marito siano imminenti una urgente necessità e una causa e di queste si dia informazione legalmente al Giudice; tuttavia ci sia il consenso di due consanguinei più prossimi di tale moglie che debbano consentire alle dette alienazione o obbligazione, se essi esistono, altrimenti di uno <di questi>, o qualora non esista alcun consanguineo, siano pienamente sufficienti su ciò il consenso e l’autorità del Giudice e anche l’autorità e il consenso del curatore che va dato a lei  su ciò quando la moglie sia maggiorenne. Quando tuttavia la moglie sia minorenne per ottenga la pienissima validità, intervenendo il giuramento di lei stessa e la insinuazione negli atti insieme con il consenso dei predetti consanguinei. Quando, in realtà, tali consanguinei di questa moglie non esistono, l’autorità del Giudice insieme con il consenso del curatore che le va dato abbia pienissima validità e sia sufficiente su ciò in tutti i singoli detti casi. Inoltre decretiamo, ordiniamo, e aggiungiamo alle cose già dette che la moglie possa vendere le cose dotali e le cose che ha in uso e le cose obbligate per le doti a lei; e le sia lecito dare consenso a suo marito che fa la vendita, anche senza alcun cambio e senza alcun’altra solennità degli statuti e senza la presenza dei consanguinei, qualora ci sia imminente una necessità urgente per il marito suo e per i figli suoi e anche per se stessa e di questa necessità si faccia informazione al Giudice e se il Giudice abbia dichiarato che esistono la necessità e la causa e che è necessità legittima e necessaria e che esiste il motivo di vendere ovvero di dare il consenso, allora questa moglie venda e consenta validamente senza che sia richiesto altro. E il contratto celebrato da lei in questo modo raggiunga la piena stabilità di vigore.

       3 Rub.43 Gli sponsali, il reddito dello sposo, il beneficio della sposa, e sotto l’amministrazione di chi la sposa e i suoi beni siano governati.

   Dato il fatto che alcuni carichi di spese per i contratti degli sponsali sono sostenuti dallo sposo, decretiamo e ordiniamo che quando sia che capiti che gli sponsali siano stati contratti tra maggiorenni in un settennio, seppure la sposa sia senza padre, lo sposo, dal giorno del contratto di sponsali, abbia completamente il lucro di tutti i singoli frutti della dote convenuta o costituita. Decretiamo inoltre che qualora la sposa non abbia avuto il padre, ma sia governata sotto un tutore, oppure abbia bisogno di un tutore, seppure lo sposo abbia il padre, tutta la tutela della stessa sposa sia devoluta a suo suocero, cioè al padre dello sposo completamente, e le cose e tutti i singoli beni di questa sposa, per autorità di questa legge, siano a lui affidati e vengano scritti in un inventario. E per la confezione di questo inventario, debba esserci e intervenire la presenza di un Giudice insieme con la presenza di due dei più prossimi consanguinei di questa sposa, se esistano, oppure con uno solo. Qualora invece lo sposo non abbia avuto il padre, i beni della stessa sposa siano amministrati completamente dallo sposo suo, se egli sta in età maggiore di 20 anni, dopo per sia stato fatto l’inventario, per sua opera, come sopra. E se sia capitato che si dissolveranno gli sponsali tra essi stessi, non siano tenuti, per lo meno, né il padre dello sposo, né lo stesso sposo al rendiconto dei frutti né dei proventi della detta dote, almeno in alcun modo, piuttosto vadano completamente per il guadagno dello sposo a motivo degli oneri che gli è capitato di sopportare, come già detto.

       3 Rub.44La restituzione delle doti nuziali.

   Qualora chiaramente un matrimonio sia stato dissolto, a causa della morte della moglie, dopo che il matrimonio era stato contratto con le dichiarazioni a parole in presenza e con il mutuo consenso, quand’anche non sia stata eseguita la copula carnale e non ci siano stati figli né figlie comuni, il marito lucri la metà della dote, e sia obbligato a restituire la restante. E qualora chiaramente questo marito non abbia ricevuto la dote, ma questa gli sia stata promessa e convenuta, possa chiedere e ottenere la metà di tale dote da chi l’ha promessa o dal suo erede. Per l’altra metà tuttavia una moglie per sua volontà possa far testamento. Il marito, o qualcuno a suo nome, non sia in nessun modo costretto a restituire le cose che sono state date soltanto per il conto o per l’arredo, ma faccia lucro di queste, nonostante tutti qualsiasi i patti dotali, o le leggi che esprimano il contrario. Qualora una moglie morendo abbia lasciato soltanto figli e figlie, avuti da un precedente matrimonio, il marito chiaramente faccia lucro della terza parte della dote e di tutto il conto e l’arredo; e sia obbligato a restituire completamente le restanti due parti. E il marito, oltre le dette cose, il marito non possa avere, tenere o chiedere se non soltanto la terza o metà parte sui beni e sulla dote della moglie, in occasione di qualsiasi patto intercorso fra loto e avere il conto, cose notate sopra.

 E contro queste terza o metà parte, la moglie non possa aggiungere nessun gravame tra i vivi, neppure nell’ultima volontà. E non abbia alcuna validità che si rinunci al presente statuto né in alcun modo valga fare il contrario, quand’anche si apponesse un giuramento, e qualora si facesse diversamente non abbia validità in nessun modo. E quando una moglie sia morta prima di suo marito,  avendo lasciati figli e figlie comuni, questo stesso marito non sia tenuto a restituire nulla della dote o del conto; ma i figli comuni, prima i maschi e, quando questi non ci siano, le femmine, abbiano queste cose, nonostante qualsiasi patto espresso in un istrumento dotale e nonostante che sia avallato anche con un giuramento in cui si contiene che se ci saranno stati i figli e se siano morti entro un dato tempo, e nonostante qualunque modo, né altro patto. E queste cose abbiano validità e riguardino le cose passate, le presenti e le future che non siano state decise per mezzo di una transazione o con una sentenza o non ci sia pendente una lite. Invece quando sia avvenuta la morte di una moglie <che ha avuto due matrimoni> ed ha lasciato i figli da entrambi i matrimoni, cioè dal precedente e dal successivo, qualora morisse, la sua dote e quello che resta del conto siano divisi e distribuiti, come sopra, tra i figli maschi oppure tra le femmine, in modo uguale, secondo le teste (persone) del precedente e del successivo matrimonio. Sia lecito tuttavia alla stessa moglie, nei detti tre casi, a piacere di sua volontà <testamentaria>, di disporre dei detti conto e dote, cioè della terza parte, per la sua anima, nonostante qualsiasi patto dotale posto in un istrumento e neanche per donazione a motivo delle nozze; questa cosa non valga in nessun modo a pregiudicare questa disposizione. E si pratichi la stessa cosa per una vedova. Qualora invece sia capitato che il matrimonio sia stato dissolto a motivo della morte del marito, anche se la dote sia stata in denari o in cose mobili o semoventi, allora gli eredi del marito o chiunque altro che sia da contattare per la restituzione della dote e del conto, abbia un anno calcolando dal giorno della morte del marito, per fare tale restituzione e non oltre; e nel frattempo, lei sia nutrita dagli eredi del marito, nel modo che sembrerà giusto a un Giudice. Qualora precisamente la dote sia stata in beni stabili ossia immobili allora entro quindici giorni da calcolare come sopra si faccia la restituzione di questa dote. E in questo caso il conto tanto con l’estimo fatto tanto non fatto, non possa richiedersi riguardo alla cosa oppure all’estimo, se non almeno quello che resterà al tempo della morte del marito, a meno che il prezzo del conto sia stato computato in dote. E la moglie non possa chiedere nulla, qualora dopo la morte del marito siano rimasti i figli comuni, per il vigore del patto di donazione a motivo delle nozze contenuto nell’istrumento dotale. Qualora, al contrario, non siano rimasti i figli comuni, allora la moglie possa chiedere e abbia secondo il patto convenuto. Vogliamo anche e ordiniamo che dopo dissoluto il matrimonio a causa della morte del marito, la moglie non possa avere, tenere, chiedere né lucrare nessuna veste nuziale e da ornato, ma soltanto vesti di uso quotidiano, oppure debba avere quelle di lutto con riguardo alla qualità delle persone. Inoltre la moglie, oltre le cose già dette sopra, nulla possa chiedere, tenere né lucrare sui beni del marito.

       3 Rub.45Le ultime volontà.

   Tutti i singoli testamenti scritti di mano di un notaio pubblico e legale, che hanno quattro testimoni in Città, e soltanto tre testimoni invece nel contado, senza calcolare nel numero dei testimoni il notaio, quand’anche i testimoni non siano richiesti, per l’autorità di questa legge, siano considerati e siano del tutto pienamente validi ed autentici e siano mandati in esecuzione ad opera di ciascun Rettore e Giudice della Città, come aventi le solennità e ogni sostanza del diritto e abbiano validità a che si agisca per il loro vigore e abbiano conseguenze e siano difesi, tuttavia a condizione che colui che fa il testamento sia abile a fare testamento secondo il diritto comune. Inoltre quando nel detto testamento si sia fatto un lascito di qualcosa, a qualsiasi titolo di lascito, omettendo il diritto di istituzione, per il figlio o per la figlia o per altri discendenti o anche ascendenti ai quali debba essere fatto un lascito secondo il diritto Comune per diritto di istituzione, nondimeno tale testamento abbia validità e permanga né valga che sia annullato né invalidato, con un pretesto e in nessun modo, ma si possa agire per il supplemento, qualora sia stato lasciato meno delle cose legittime. Inoltre quando qualcuno abbia fatto il suo testamento di fronte a cinque testimoni nella Città e quattro soltanto nel contado, anche non richiesti, che siano maschi e maggiorenni senza eccezione, vogliamo ed ordiniamo che questo testamento o ultima volontà che ha la prova dei detti testimoni pertanto abbia validità e resti e sia messo in esecuzione, come è stato detto sopra riguardo al testamento redatto nella forma pubblica, come fosse stato adibito per questo il numero legittimo dei testimoni e tutte le altre legali solennità vi fossero presenti. Inoltre quanto si presentino due o più testamenti di una stessa persona vogliamo che sempre l’ultimo che è stato redatto e questo prevalga sul precedente, anche in qualcuno dei modi già messi o scritti come già detto, nonostante che quella che è stato fatti anteriormente abbia anche una qualsiasi forma che lo ha solennizzato e sia avallato con giuramento, e quandanche vi siano state scritte e poste parole derogatorie in qualsiasi forma. Vogliamo i inoltre che i testamenti, i codicilli, o le donazioni a causa della morte e tutte quante le altre ultime volontà che riguardino i pii lasciti scritti di mano del notaio e contenenti i nomi di due testimoni anche non richiesti, abbiano del tutto piena validità e restino e siano messi in esecuzione, come fossero stati avallati con ogni solennità di diritto e avallati in forma sostanziale legalmente. Inoltre i codicilli e qualunque altra ultima volontà prima del testamento ossia scritti dopo dal notaio e contenenti i nomi di tre testimoni maschi, o anche non scritti dal notaio ma comprovati con quattro testimoni maschi, abbiano validità e vigore. Inoltre le donazioni per causa di morte, con la prova di tre testimoni di numero, abbiano del tutto piena validità e fermezza come se vi fossero presenti tutte le solennità di legge. Inoltre decretiamo che se qualcuno abbia scritto di propria mano un testamento, i codicilli, una donazione a causa della morte o altra qualunque ultima volontà, benché tale scrittura non si giovi di testimoni firmatari e neppure delle cose contenute in tale ultima volontà e neanche di un notaio e non abbia neppure le solennità né le forme sostanziali di legge, neppure contenga l’istituzione di un erede, nondimeno abbiano del tutto piena validità e vigore e siano messe in esecuzione secondo il loro tenore e contenuto. E questo testamento prevalga su qualsiasi altro fatto in precedenza quantunque avallato anche con il giuramento solenne o anche contenente qualsiasi parole derogatorie, purché che il giudice abbia la costatazione, o per mezzo di testimoni o con una prova idonea, che il testamento, i codicilli, la donazione a causa di morte o qualunque altra ultima volontà, già detti, sia scritto o siano stati scritti di mano di colui che ha fatto il testamento o i codicilli o che abbia formulato l’ultima altra sua volontà; e il giudice per suo officio, anche senza  un ordine né qualsiasi solennità, abbia potere valido di ricevere la fede di tale cosa e la prova, badando soltanto alla verità. Vogliamo anche che dopo aperto un testamento per la consanguineità del postumo, i legati e le cose fedecommesse particolari che in esso sono contenuti abbiano validità e restino. In generale decretiamo però che i Rettori della Città e i loro giudici deputati alle cose civili, cioè chiunque di questi sia stato richiesto su ciò, siano obbligati e debbano mettere in pratica e far praticare e mettere in esecuzione le ultime volontà già scritte sopra, anche qualsiasi altre volontà ordinate, in modo sommario, semplice e calmo, senza rumore né parvenza di giudizio. Aggiungiamo inoltre che i testamenti, i codicilli e qualsiasi altre ultime volontà redatte nel tempo della pestilenza e ordinate se hanno la prova di tre testimoni degni di fede, abbiano validità e permangano di pieno diritto come tutte le solennità e le forme sostanziali del diritto tanto civile, quanto municipale, fossero state usate, nonostante qualsiasi altre cose che agiscano in contrasto.

       3 Rub.46Le eredità, e i legati fatti all’ospedale di Santa Maria della Carità, e all’operaria di Santa Maria dell’Episcopato, e ad altri ospedali.

   Molte e innumerevoli cause incidono sui mortali e a motivo di queste, gli uomini non possono mantenere perennemente le cose che posseggono e per la grande moria passata proprio nell’anno del Signore 1349, molte e diverse persone che volevano scrivere i loro testamenti, i codicilli o le ultime volontà, hanno cessato di avere una possibilità di giurisperiti, anche di notai che scrivono i testamenti, i codicilli, le ultime volontà in occasione della detta morìa. Pertanto decretiamo e ordiniamo che ogni ultima volontà di chi è morente che sia comprovata almeno tramite due testimoni, anche non richiesti, e ogni testamento, codicillo e ultima volontà ossia qualunque altra scrittura fatta di mano del testatore, con o senza i testimoni, ovvero di mano di qualunque Notaio, e in questi <atti> venisse trovato qualche legato ovvero eredità, puramente ovvero senza condizione, o risultasse che ne è erede l’ospedale di Santa Maria Novella della Carità o i suoi poveri o qualche altare da dover fare o fatto in questa chiesa di Santa Maria, o risulti  un legato fatto a questa chiesa su qualsiasi beni, denaro, cose; e per mezzo di questa scrittura di mano propria dello stesso testatore o per opera di qualunque Notaio, nonostante che non ci sia la solennità del diritto o non potesse avere giuridicamente la validità per la mancanza delle solennità del diritto, purché, per qualcuno dei detti modi, si veda la volontà del testatore e di colui che da disposizioni di ultima volontà, ovvero in presenza di due testimoni, da quando sia stata presentata la scrittura di mano propria di chi ha scritto il testamento o di qualunque altro Notaio, ogni Giudice che ha giurisdizione su questo testamento, codicillo o ultime volontà, dopo aver visto e letto oppure dopo accolti questi almeno due detti testimoni, metta in esecuzione la pia volontà del testatore, in maniera sommaria, semplice, con calma e senza rumore né parvenza di giudizio, anche di fatto. Essi facciano fare la restituzione con efficacia, per mezzo dei detti modi o di qualcuno di essi, o in qualunque altro modo, a favore di questo ospedale e per i suoi poveri da parte di tutti qualsiasi coloro, fossero pure <persone> della detta Fraternità <di S. Maria>, i quali possedessero o tenessero i beni, il denaro o le cose del defunto che ne faceva disposizione durante quel tempo di forte moria, ovvero ne fossero possessori e detentori dopo. E abbia validità e stabilità e ottenga la piena stabilità del diritto e del vigore la scrittura su qualsiasi beni, denaro o cose, scritta di mano propria del testatore, anche di mano di qualunque Notaio, fatta nel detto tempo della morìa, nelle modalità del testamento, del codicillo o di qualsiasi altra volontà a favore di questo ospedale e per i suoi poveri, nonostante qualsiasi cosa posta sotto un titolo sui testamenti, o nonostante ogni altra cosa posta sotto altri titoli sul diritto Canonico e Civile che si esprimano in contrasto con le cose qui dette o contro qualcuna di queste. E le cose qui dette non siano da intendere per le cause e questioni decise e determinate. Vogliamo che le cose qui dette abbiano valore nelle cose presenti, in quelle passate e nelle future. E quello che qui sopra è stato detto riguardo all’Ospedale di Santa Maria della Carità, la stessa cosa diciamo e decretiamo per la chiesa di Santa Maria dell’Episcopato di Fermo e per ogni altro ospedale esistente nella Città e nel distretto di Fermo.

       3 Rub.47I legati fatti a favore dei luoghi pii o per scopi pii.

   Le cose donate con lasciti a favore di chiese o per altri luoghi pii, o per qualsiasi persona per motivi pii, di cui si abbia la constatazione per mano di un Notaio pubblico, o per mano di chi fa il lascito, o chi fa disposizioni nella ultima volontà a favore di scopi pii, come già detto, anche se tale ultima volontà non contenga né testi sottoscritti, né altri; purché tuttavia risulti che la scrittura è stata scritta di mano di quel tale, o è stata fatta in quel modo che sopra viene scritto nel titolo “La fede da avere sulle ultime volontà”, che l’ultima volontà sia di mano del testatore, oppure altre ultime volontà. Riguardo alla fede da avere che l’ultima volontà sia di mano di colui che faceva testamento, ovvero l’altra ultima volontà di chi ordine e di chi concede. I Rettori e i Giudici delle cause civili della Città di Fermo siano obbligati e debbano essere obbliga a fare che si soddisfaccia e che queste siano mandate ad esecuzione entro 10 giorni continui dal giorno della presentazione dell’istrumento dinanzi ad essi, e dal giorno dell’indagine fatta sopra a ciò, a meno che entro i detti 10 giorni una difesa legittima o con prove non sia stata allegata né provata sopra a ciò. Quando al contrario, non risulti, né per mano di un Notaio pubblico, né per mano di colui stesso che faceva il lascito, ma in modo diverso riguardo a tali lasciti, oppure si abbia constatazione su questi lasciti o si dica che ci sia la constatazione oppure viene affermato che risulta diversamente, la causa sia da muovere su ciò entro 20 giorni continui, pur omettendo tutte qualsiasi le formalità degli statuti e della legge, e sia assolutamente ultimata. E si intendano e siano gli stessi statuti, in tutto e per tutto nei lasciti donati per la costruzione e la riparazione dei ponti, e siano così.

       3 Rub.48 L’obbligo di fare l’inventario.

   Decretiamo e ordiniamo che chi è erede per testamento o senza testamento, sin dal giorno quando sia giunto all’eredità e in essa medesima sia immesso, entro i quindici giorni continui da calcolare, in modo esclusivo, dal tale giorno, faccia l’inventario dei beni e delle cose di debito e di credito di ereditario e dei legati lasciati, cose che siano giunte a sua informazione, anche senza aver chiamato i creditori, i debitori né i legatari, per l’autorità di questo statuto, anche senza intervento di un Giudice o di un Rettore. E chiaramente, dopo trascorsa questa scadenza in qualità di vero erede, sia che abbia fatto questo inventario entro detta scadenza, sia che non l’abbia fatto, sia costretto, per diritto, a rispondere ai creditori e ai legatari e agli altri che vogliono fare accordi con lui, nonostante le già dette leggi né qualcuna di queste o nonostante le costituzioni che concedono maggior tempo per la compilazione dell’inventario o che parlano della dilazione dello stesso inventario. Tuttavia tale inventario, seppure si faccia di fronte ad un Giudice per mezzo di un solo Notaio con la presenza di almeno due testimoni, abbia validità che sia scritto ossia fatto e abbia pienissimo vigore, fatto così. Se al contrario sia fatto altrove, non di fronte ad un Giudice, debbano intervenire, alla sua compilazione, due notai pubblici e almeno tre testimoni e uno di questi notai scriva l’inventario, poi l’altro Notaio si sottoscriva. E tale inventario, per l’autorità del presente statuto, abbia pienissimo vigore. I fidecommissari poi o gli esecutori ordinati e lasciati nell’ultima volontà, o quelli ordinati, o surrogati per mezzo di un Giudice, entro quindici giorni da quando abbiano saputo di essere in tal modo posti, ordinati, oppure surrogati, siano obbligati a redigere l’inventario dei beni del defunto e non osino esercitare per nulla l’officio dato a loro, prima di compilare questo stesso. Entro questi quindici giorni, essi possano rifiutare l’officio medesimo, e dopo trascorsi questi, se non abbiano così rifiutato, siano costretti ad esercitarlo immediatamente e in tutti i modi, e, per disposizione di questa legge, restino a ciò obbligati per costoro che ne hanno interesse.

       3 Rub.49Le successioni a chi non ha fatto testamento.

   Decretiamo e ordiniamo che al fine di conservare il ceppo dell’abitazione, e della famiglia e per il fatto che questi ricevono i nomi e sono conservati ad opera dei maschi, quando, per il resto, sia capitato che qualcuno o qualcuna muoia senza testamento con i figli maschi superstiti, di discendenti oppure di ascendenza o i trasversali consanguinei fino al terzo grado da calcolare secondo il diritto Canonico, le figlie femmine e anche la madre e le sorelle e tutte le altre femmine, tanto di discendenza, quanto di ascendenza e tutte le trasversali (consanguinee), tanto da linea maschile quanto da femminile e tutte le femmine consanguinee e tutti i cognati, sia maschi che femmine, siano esclusi da ogni successione e dall’eredità di colui che muore in tale modo <senza testamento> e tanto dai beni delle successioni e dall’eredità dei datori di doti quanto dei non datori di doti, e questi maschi abbiano la successione. Precisamente le femmine che abbiano la sorte di sopravvivere e quelle che dovevano ricevere per diritto la dote da parte della persona premorta, e quelle che fossero senza dote, abbiano la dote per dichiarazione del Podestà e dei Priori competentemente, facendo attenzione alla qualità delle persone e alla dignità dell’abitazione<casato-famiglia> e alle facoltà del patrimonio, con una informazione extragiudiziale, senza alcun ordine giudiziario. Le femmine non dotate abbiano le cose legittime dalla madre, quando non ci sono figli maschi superstiti, sui beni materni. E quando esistono questi maschi, esse hanno la successione su questi beni per metà delle cose legittime. Riguardo alla dote si pratichi lo statuto, di sopra, sulla restituzione delle doti. E qualora sia avvenuto che a sopravvivere sia la madre di colui che così è deceduto, la stessa madre debba avere la metà parte delle cose legittime sui beni del figlio ovvero della figlia ossia di altri, ovvero di altre discendenti che siano morte senza figli, e, quando la madre non ci sia <viva>, la nonna paterna<abbia> metà delle cose legittime. E in tutti i casi detti precedentemente, il morire senza testamento, si intenda morire senza poter fare testamento in tutti i casi detti sopra, tanto che un minorenne muoia senza poter fare testamento, tanto che sia un maggiorenne, nonostante qualsiasi cosa in contrario per il diritto comune, gli statuti, i decreti e le delibere. Vogliamo inoltre che lo statuto già detto possa essere allegato per fare l’interpretazione sui testamenti e sui discendenti con testamento.

       3 Rub.50L’esecuzione delle sentenze delle cause civili.

   Nelle cause civili, l’esecuzione delle sentenze emanate e promulgate da un Giudice o dai Giudici del Comune di Fermo, dai Consoli dei mercanti, da un arbitro, o da un conciliatore o da qualunque altro officiale che ne ha autorità, quando su di questi non siano stati fatti appello, né reclamo, neppure parlato di nullità, entro le scadenze entro i le quali sia lecito fare l’appello; neppure sia stata fatta la richiesta per la restituzione all’intero, ovvero per la riduzione all’atto di un arbitro di un buon uomo, entro tali scadenze, ovvero qualora entro i detti tempi si siano fatti l’appello, il reclamo, e si sia parlato di nullità oppure si sia chiesta la riduzione o la restituzione; e dal Giudice dell’appello sia stata confermata la sentenza, oppure siano scaduti i tempi decisionali, in modo tale che la prima sentenza rimanga stabile; ad opera dei Rettori o degli officiali del Comune di Fermo si faccia e si debba agire nel modo e nella forma che è scritta qui sotto, cioè dopo che la sentenza è stata prodotta di fronte al Giudice, si faccia la citazione alla parte contro la quale la sentenza sia stata pubblicata, affinché entro il termine di tre giorni in Città, ovvero di cinque giorni nel contado, venga e faccia comparizione di fronte al Giudice per dichiarare, e dimostrare la causa per cui la detta sentenza non debba eseguirsi contro quella. Qualora non faccia la comparizione, entro la detta scadenza, oppure nel fare la comparizione non faccia il contraddittorio, la sentenza venga eseguita in modo reale e personale, a volontà del creditore, e il condannato non abbia udienza fino a quando, secondo la forma della sentenza prodotta, non avrà appagato il creditore. Se precisamente la parte avversa abbia fatto la comparizione e abbia fatto l’opposizione all’esecuzione e abbia chiesto la copia della sentenza prodotta e abbia detto che vuol fare qualche obiezione contro la sentenza, allora gli sia stabilito il termine di cinque giorni per opporsi, per avere e per dare ogni prova che abbia voluto in opposizione a quella. E senza un’eccezione di falsità, di pagamento e di quietanza, e non possa far altre opposizioni, neanche simili. E dopo trascorsi questi cinque giorni, si fa procedura nella causa e al modo come si fa procedura in un istrumento di garanzia, pronunciando la sentenza sia da eseguire o non lo sia, secondo come al Giudice sembrerà che dovrà avvenire di diritto, condannando chi ha prodotto la sentenza, quando queste opposizioni o qualcuna di queste siano state provate, ovvero condannando chi propone queste opposizioni o qualcuna di queste, qualora non abbiano avuto le prove, come contenuto nello statuto sull’esecuzione di un istrumento di garanzia. E chi è stato vinto sia condannato alle spese a vantaggio del vincitore. Aggiungiamo a questo statuto che qualora il Giudice si sia pronunciato per far eseguire la sentenza, contro questo pronunciamento non si possa far appello, né reclamo, né chiedere la restituzione all’intero, né la riduzione con un arbitrato di un buon uomo, né il giudice debba ritardare l’esecuzione per alcuna delle dette cause né per altre qualsiasi, sotto pena di 100 libre di denaro da prelevare a lui nel tempo del sindacato e da devolvere a favore del Comune di Fermo.

       3 Rub.51 – Secondo quali diritti le cause civili e gli affari debbano concludersi.

   Decretiamo ed ordiniamo che i Rettori e i Giudici della città di Fermo, in tutte le singole cause, negli affari civili da decidersi e concludersi, per prima cosa ed anzitutto si attengano e pratichino gli statuti e gli ordinamenti della Città di Fermo; poi nel caso di questi non ci fossero, poi si attengano successivamente, alle Costituzioni generali della Provincia della Marca; e in terzo luogo, in loro mancanza di queste, poi si attengano ed osservino, successivamente, il diritto civile e e comune; e poi, nel caso di mancanza di questo, pratichino il diritto canonico. Mancando tutte queste e singole cose, le consuetudini della Città di Fermo non disapprovate, debbano essere praticate.

       3 Rub.52Le rappresaglie da concedersi.

   Decretiamo e ordiniamo come fare la procedura qualora qualche persona forestiera o una Comunità, ovvero un luogo non sottoposto alla giurisdizione del Comune di Fermo, fossero in obbligo verso un Cittadino Fermano, o verso qualche abitante della Città, ovvero del distretto di Fermo, ovvero verso qualche Comunità della stessa Città, per effetto di un contratto, o quasi, o per effetto di una malafatta, o quasi, o per un’altra qualsiasi causa; o, qualora in qualche terra o in qualche territorio di qualche terra fuori dal distretto di Fermo, sia stato causato un danno a un cittadino Fermano o a un abitante della stessa Città, del contado, o del distretto, o a qualche Comunità della stessa Città, o, qualora ad opera di qualcuno o di alcuni siano state rubate le cose di qualcuno dei predetti, e nella terra, o nel territorio fuori dal distretto e dal territorio della Città di Fermo, dove sia stata contratta o quasi contratta un’obbligazione sulle dette cose, o qualora qualcosa si stata commessa su qualcuna delle dette cose; sia stata negata la giustizia a un Cittadino Fermano o a un abitante della Città, del contado o del detto distretto oppure a una Comunità della stessa Città di Fermo già detta; ad opera del Podestà o degli officiali della terra o del detto territorio, qualora su ciò la querimonia o la querela siano state fatte o proposte ai signori Priori del popolo e al Vessillifero di giustizia della Città di Fermo e quando a questi sia fatta fede o conferma sulle dette cose e riguardo a queste, per mezzo di un testimone idoneo che depone la verità, oppure per mezzo di tre testimoni che fanno una deposizione su ciò riferendo la pubblica voce e la fama, dopo che il tale querelante, o altro a suo nome, abbia fatto di fronte ad essi il giuramento corporale riguardo e sopra le dette cose; si proceda con questo ordine, cioè i signori Priori e il Vessillifero di giustizia, su richiesta del tale querelante, siano obbligati e debbano destinare una lettera al Podestà o agli officiali della terra o del detto territorio, a nome del Comune <di Fermo>, per la restituzione e la degna soddisfazione da fare allo stesso querelante. Quindi questa lettera, qualora la causa o la questione sia stata sulla somma o sul valore di 10 libre o meno di questo, debbano farla una volta soltanto. Dopo che, tuttavia, hanno mandato questa lettera, come sopra detto, se a questi signori Priori o Vessillifero la restituzione o questo pagamento non siano risultati entro la scadenza che abbiano deciso di prestabilire, allora, dopo trascorsa questa scadenza, il Podestà o il Capitano che ci siano nel tempo, nella città di Fermo, entro gli otto giorni immediatamente dopo detta scadenza, per licenza e per volontà dei signori Priori e del Vessillifero di giustizia di questa Città, che ci siano nel tempo, siano obbligati e debbano dare e concedere al tale querelante anzidetto la (rivalsa di) rappresaglie o la licenza di catturare e arrestare le persone e le cose della terra o del detto territorio e degli uomini di questo, fino al degno appagamento dello stesso querelante, per la sorte principale, e per le sue spese e per l’interesse. Quando tuttavia la questione sta stata sulla somma o sul valore che superino 10 libere di denaro, allora, dopo fatta la querela o la querimonia, come sopra, anche dopo fatta la fede, o l’informazione e dopo fatto il giuramento nel modo e nella forma già detti, i signori Priori e il Vessillifero di giustizia, su richiesta del tale querelante siano obbligati e debbano destinare la lettera nel modo e nella forma già detti. E qualora poi entro la scadenza da loro prestabilita, come sopra, non sia risultato a questi che sia stata fatta la degna restituzione allo stesso querelante, allora, scaduto il detto termine, su richiesta del detto querelante, siano obbligati e debbano destinare i loro ambasciatori alla terra o al territorio già detto, e ai Reggenti del luogo, a spese del Comune <di Fermo>, una volta soltanto, come sopra, riguardo e per la restituzione da dover fare. E qualora poi questi ambasciatori non abbiano riferito che la restituzione sia stata fatta in modo idoneo, questi signori Priori e il Vessillifero di giustizia, che ci siano nel tempo, con vincolo di giuramento e sotto pena di 100 libre di denaro per ciascuno, su richiesta del tale querelante, entro gli otto giorni dopo il ritorno di detti ambasciatori, siano obbligati a fare proposte nel Consiglio generale, e in modo speciale sul dover concedere le rappresaglie contro le persone e i beni degli uomini della terra o del detto territorio, per la sorte e per le spese e per l’interesse dello stesso querelante. E qualunque cosa sia stata ottenuta in questo Consiglio, per l’autorità di questa legge, abbia validità e sia messa di esecuzione. E nessun Cittadino Fermano, o del distretto, osi né presuma di difendere in qualsiasi modo per i suoi o in altro modo qualsiasi, le cose degli uomini, della terra o del detto territorio, prese o sequestrate, su richiesta del tale querelante, in occasione di queste rappresaglie; facendo sempre salvi i patti avutisi tra il Comune di Fermo e i Comuni di Ravenna, di Pesaro, di Fano, di Senigallia e di altre terre. In realtà le rappresaglie concesse, una volta, dai signori Priori e dal Vessillifero di giustizia con il consenso del Consiglio generale o speciale o con delibera dello stesso Consiglio, abbiano validità e, rimangano stabili e perdurino. Quelle concesse in altra maniera o in modo diverso siano cancellate, e di nessuna validità, per l’autorità del presente statuto. Tuttavia possano, di nuovo, secondo la forma scritta sopra, essere concesse ed abbiano validità. Per il fatto poi che qualche Fermano o abitante di questa <Città> o del suo distretto, abbia acquistato alcune cose nella città di Venezia o altrove, in contrasto con la forma degli statuti o contro la consuetudine di quel luogo, e pertanto le abbia perdute o queste cose gli siano state rubate, non siano concesse affatto le rappresaglie. Inoltre quando qualche terra riscuota, dai Cittadini o da chi vi abita, o dai Fermani del distretto, qualche tassa del quadrante o del quarantesimo, oppure prenda qualcos’altro in una qualsiasi occasione, nella città di Fermo, altrettanto <denaro> si possa e sia valido prendere da tutti i singoli della stessa terra, in simile occasione. Inoltre qualora in qualche terra sia proibito esportare qualcosa o non si permetta ai mercanti o ai cittadini o agli abitanti Fermani esportarla da questa o dal suo territorio, si pratichi la stessa cosa contro gli uomini della medesima terra nella città di Fermo e nel suo territorio. Tuttavia nel presente statuto aggiungiamo questo e decretiamo che sia immutabilmente praticato che nessuno abbia potere in occasione di fare le rappresaglie di prendere, arrestare o impedire in alcun modo una persona che traporta o fa trasportare le granaglie verso la città di Fermo e neppure osi prendere, bloccare, né impedire le granaglie che sono portate verso o alla stessa Città. Inoltre chiunque ha la concessione di fare le rappresaglie sia obbligato e debba far scrivere in carta pergamena ad opera del Notaio dei Tesoriere tutte le cose che in occasione delle rappresaglie egli abbia preso, abbia fermato, o siano pervenute a lui; e se abbia fatto in modo diverso sia costretto a rendere il doppio di tutto ciò e nondimeno incorra nella pena di 10 libre di denaro da dare al Comune di Fermo, sul fatto stesso. Inoltre tutto quello che in occasione delle rappresaglie sia stato preso o fermato con lettera dei signori Priori o del Podestà o del Capitano o di qualche loro Giudice e in presenza di qualcuno di costoro, dopo tuttavia dopo che ne sia fatta l’asta, possa essere venduto e abbia validità a richiesta di colui a cui sono state concesse le rappresaglie e non in altro modo. Inoltre il Podestà o il Capitano non abbiano potere, né osino impedire qualcuno affinché non faccia uso delle rappresaglie concesse a lui. Inoltre quando qualche Castello o Comunanza o Comunità del distretto di Fermo facesse un’occupazione sulle cose o sui possessi di qualche Cittadino o abitante del contado o abitante di Fermo o fosse ricettatore di vassalli di qualcuno dei già detti, con pregiudizio per qualcuno di questi o in altra maniera prendesse la tenuta dei beni di qualcuno di essi, il Podestà e il Capitano e ciascuno di questi, sotto penalità di 200 libre di denaro, sia obbligato e debba dare e prestare aiuto, consiglio e favore sufficientemente ai detti Cittadino, o abitante di Fermo, o abitante del contado, fino a quando, questi possessi del vassalli o le cose, siano stati liberamente rilasciati e siano riportati alla condizione precedente. E questo capitolo o statuto sia praticato inviolabilmente in ogni sua parte.

       3 Rub.53I signori Priori del popolo e il Vessillifero di giustizia possano applicare tutte le rappresaglie.

   Parimenti decretiamo ed ordiniamo che i signori Priori del popolo e il Vessillifero di giustizia della Città di Fermo, che ci saranno nel tempo, possano e debbano fornire tutte le singole rappresaglie (rivalse) che i cittadini fermani hanno <ottenuto> contro qualsiasi uomini e persone, e possano fare le composizioni con quelli contro i quali le rappresaglie sono state concesse, con il Consiglio e senza il Consiglio, a loro arbitrio e volontà. E ciò egualmente sia inteso per le rappresaglie concesse contro un Comune e gli uomini della Città e del distretto di Fermo, e possano comporre in pace tutte le rappresaglie, in modo che tutti i singoli, contro i quali sono state concesse, possano e debbano venire con sicurezza nella città di Fermo.

       3 Rub.54Le prescrizioni contro gli Ebrei.

   Il Giudeo che ha, o che in futuro avrà qualcuno che di persona abbia obblighi, per qualche debito, per il quale risulta un istrumento con garanzia, oppure senza garanzia, o una ricevuta, o una scrittura fatta di mano dal debitore, o da altro qualunque modo il debito risultasse, e questo Giudeo non abbia richiesto tale debito al già detto suo debitore, dal giorno del contratto del debito, entro cinque anni continui allora immediatamente successivi, o quel debito non sia stato riconosciuto dal debitore nel frattempo, non abbia validità, né possa richiedere quel debito, e sia manchevole ogni azione <giuridica>, e si presuma che dal debitore il debito fosse stato pagato e il debitore sia difeso contro questo Giudeo, per l’autorità della presente legge, della prescrizione di cinque anni. E vogliamo che ciò abbia vigore per le cose passate, presenti e future.

       3 Rub.55Il giuramento degli Ebrei.

   Quando capiti che un Giudeo debba giurare sulla verità sopra qualche lite, causa o controversia, e del giuramento di costui si fosse stato dubitato, in altro tempo, vogliamo, e con questa perpetua legge decretiamo che ogni qualvolta che un Giudeo, o i Giudei dovessero giurare sulla verità da dire, in una causa, lite, o controversia già dette, l’officiale, dinanzi al quale deve essere prestato questo giuramento, comandi al Giudeo o ai Giudei, i quali debbano prestare giuramento sulla verità da dire, che pongano la mano sopra le scritture ebraiche; e con la mano del Giudeo che deve giurare tenuta sempre sopra queste scritture, il detto officiale dica a questo Ebreo, o Giudeo queste parole, cioè: – “Io tale officiale di Fermo, te, tale giudeo (si dica il nome del giudeo) <s>congiuro per lo nome di Dio del cielo e della terra, Dio d’Israel, per quello Dio, che comandò al popolo suo d’Israel, «Io sono il tuo Dio, che ti trassi di terra d’Egitto, e di casa di servitù, per quello Iddio che ti comandò ‘Non giurare il nome di Dio tuo a falsità, che non magnifica Dio colui che giura il nome suo a falsità’. E se confermerai, o confesserai la verità a le parole ch’io ti dirò, sopra le quali debbi rispondere la verità, giunga sopra de te e sopra li eredi tuoi tutte le benedizioni che furono scritte nei cinque libri della legge che Dio dette a Moisè nel monte Sinai. E se tu pergiurerai e non mi dirai la verità, o prevaricherai al detto giuramento, e alle scritture tue, corporalmente, possano venire e vengano sopra di te e dell’erede tuo e sopra l’erede dell’erede tuo, tutte le bestemmie, le quali si contengono nel registro di Moisè e non cessi da te la gotta, né lebbra, né palo in mano, e non ti perdoni Iddio se prevaricherai al detto giuramento che ti metta da canto a male da tutti li ebrei d’Israel con tutte le bestemmie del patto, che furono scritte nel libro della legge di Moisè. E questo giuramento debbi fare senza alcuno inganno, e non pensi in questo sacramento nessuna malignità, né malizia se non come Dio commise» – E dopo le predette cose sia narrato il fatto sopra il quale si debba dare risposta dal Giudeo: e l’officiale avverta sopra la risposta da farsi, così che la verità chiaramente si abbia.

       3 Rub.56Le cause con tre Giudici.

   Sulle cause dei pupilli, degli orfani, delle vedove, dei luoghi pii e delle miserabili persone, affinché questi pupilli, orfani, vedove, luoghi pii, e persone miserabili non siano danneggiati nei loro diritti e non siano oppressi, né a motivo dei dispendi per litigi si facciano dissipazioni, né queste cause siano tirate alla lunga, decretiamo e ordiniamo che il signori Priori presenti e quelli che ci saranno nel tempo, nella prima istanza delle cause per ogni domanda o richiesta di questi pupilli, orfani, vedove, luoghi pii e persone miserabili o di altri a loro nome, che ricorrono e chiedano difesa nella prima istanza delle cause, siano obbligati e debbano convocare e far convocare di fronte a costoro, il signor Podestà e il suo collaterale e il signor Capitano o il Giudice di giustizia di questa città di Fermo. E dopo che questi sono stati convocati e riuniti di fronte a questi signori Priori e dopo aver preavvertito e chiamato anche le parti che hanno il giudizio, la lite e la causa, questi signori Priori, per mezzo del Cancelliere del Comune, facciano sì che il giuramento sia prestato e comandino, toccando con le mani le Scritture sopra il Messale e il Crocifisso dipinto in questo Messale, queste cause o liti insieme e congiuntamente, entro un mese continuo, in modo sommario, in giorni non lavorativi e lavorativi, senza litigio, senza rumore né parvenza di giudizio, in modo semplice e calmo, dopo aver visto e ispezionato soltanto la verità del fatto, esaminino, facciano indagine e portino a conclusione giuridicamente e decidano, allontanando odio, simpatie, timore, preghiere, venalità, e ogni favoritismo umano; e di fronte a questi signori Priori rechino la sentenza, siano obbligati a recare e render pubblica la sentenza, e debbano, entro il detto mese immediatamente dopo il giorno del giuramento prestato, sotto la penalità di 25 ducati per ciascuno di questi stessi se siano stati negligenti e facessero il contrario. E le parti non possano in alcun modo né valgano a fare appello, reclamare, fare opposizione o parlare di nullità su questa sentenza, nella qualità di ultima e perentoria; ma questa sentenza si intenda che sempre e in ogni tempo abbia stabilità di vigore e abbia esecuzione preparata, e per l’autorità della presente legge, abbia valore e venga eseguita con ogni ordine e omettendo le solennità del diritto, nonostante tutti qualsiasi gli statuti, ordine, le delibere, le costituzioni e le leggi che siano in contrasto. E se questi signori Priori siano stati negligenti nelle predette cose e non abbiano praticato queste cose che sono di competenza del loro officio, incorrono anche nella penalità di 25 ducati per ciascuno di essi stessi, da prelevare nel tempo del loro sindacato, anche da assegnare anche a favore della Camera del Comune di Fermo, e di queste cose si faccia sindacato in modo speciale nel tempo del loro sindacato.

       3 Rub.57Le suppliche riguardanti le cause civili non siano accolte nel Consiglio di Cernita.

   Con questa salutare legge decretiamo che i signori Priori, che ci saranno nel tempo, per le cause civili, non possano, né ci sia validità, che propongano, trattino o deliberino qualche supplica, nelle Cernite, né nelle Delibere e non siano, in alcun modo, accettate le suppliche anzidette sulle dette cause civili, sotto pena 25 ducati d’oro per ciascuno di questi Priori quando trasgredissero, o per ciascun Cancelliere che le leggesse le dette suppliche. Ma queste cause sempre siano rinviate al signor Podestà o al signor Capitano, affinché facciano giustizia.

      3 Rub.58Fare il bando per il debitore contumace.

   Ogni volta che qualche debitore citato secondo la forma dei nostri statuti, sia stato contumace e non abbia dato risposta in un tribunale, da sé, o tramite un idoneo procurator, al creditore o al suo procuratore ad istanza del quale sia stato citato e, ad opera del Balivo del Comune, sia stata fatta al giudice una relazione sul fatto che non è possibile trovare una tenuta sui beni di tale debitore sia sufficiente per la somma chiesta, possa e debba essere messo al bando, se sia piaciuto al creditore o al suo procuratore. E il Podestà e i suoi officiali siano obbligati a fare il bando di questo tale contumace nella somma chiesta. E se egli entro un mese continuo dal giorno di questo bando, abbia fatto comparizione e abbia annullato la contumacia, offrendo un fideiussore idoneo per far sospendere il giudizio e assolvendo il giudicato, e abbia rifuso le spese alla parte attiva, non sia obbligato minimamente al bando. E dopo trascorso il detto mese, non abbia udienza né sia esente dal bando fino a quando non avrà soddisfatto integralmente il debito al creditore, anche le spese. Aggiungiamo che per mezzo di questo statuto non intendiamo derogare a nessuno statuto di questo volume <di Statuti> che dia disposizioni sul modo di fare la procedura contro un reo contumace; ma questi statuti permangano nel loro vigore e si possa fare la procedura al primo e al secondo decreto contro il reo, secondo la forma dello statuto, e non si tolga dal detto bando, né uno per mezzo di altro, fino a quando non avrà interamente pagato il creditore e questo debitore che ha ricevuto il bando possa essere preso e detenuto nella persona e dopo scaduto il termine di questo bando, e non debba essere rilasciato fino a quando, come detto sopra, non avrà pagato.

       3 Rub.59Quando le parti fanno un contratto si debba intendere in fiorini, non invece in ducati né al contrario.

   Decretiamo e ordiniamo che quando le parti facciano i contratti vicendevolmente e fanno promesse una parte all’altra, tra di loro, per una qualche somma di denaro, piccola o grande, oppure esse parlino in fiorini o sui fiorini si comprenda e vogliamo che si intenda su 40 Bolognini di argento. Esattamente <si intenda> riguardo ai ducati di buon oro e di media caratura e non di fiorino gigliato o altro fiorino, a meno che non sia stato detto espressamente tra le parti che non intendono sul ducato ma sul il fiorino gigliato o altro fiorino.

\\\Fine del terzo Libro di Statuti dei Fermani

                                                                 FINE del terzo libro

<Libro 4°>

INVOCATO IL NOME DELLA SANTA E INDIVIDUALE TRINITA’

 IL LIBRO QUARTO DEGLI STATUTI DELLA CITTA’ DI FERMO FELICEMENTE INIZIA

       4 Rub.1Per quali reati o delitti si possa fare la procedura nell’indagine giudiziaria.

   Vogliamo principalmente e decretiamo che da tutti i singoli Rettori e gli officiali presenti e futuri della Città di Fermo e del suo contado e distretto sia eseguito questo, cioè che non osino o presumano investigare o far procedura o intromettersi, insieme o separatamente, né in altro qualsiasi modo, su qualunque tutti e qualsiasi reati o delitti e che siano di qualsiasi specie o genere commessi in qualunque modo e forma, prima dell’anno del Signore 1379 e del giorno 24 del mese di agosto dello stesso anno, né per mezzo di una via o per un modo di accusa, né di denuncia e di investigazione, essi insieme o separatamente; piuttosto riguardo alle dette cose commesse prima dell’anzidetto anno e del detto giorno dell’anno, la facoltà di investigare, far procedura e punire sia a loro preclusa e interdetta completamente. Qualunque cosa, tuttavia, che sia stata fatta in modo diverso o in contrasto non abbia validità per la legge stessa per la disposizione di questo statuto e nondimeno chi trasgredisce o fa trasgredire in qualunque modo incorra nella pena di 1000 fiorini d’oro per il fatto stesso. Riguardo poi alle cose commesse dal detto anno e giorno, in seguito, e sulle cose che si commetteranno nel futuro decretiamo e ordiniamo che il Potestà e il suo Giudice dei reati, insieme o separatamente, abbiano l’ordinaria giurisdizione e il potere e la tutela di far procedura per mezzo di una via e un modo di investigazione sulla base del loro mero officio, anche senza che ci sia una precedente denuncia fatta per opera del Sindaco, riguardo e sopra tutti i singoli reati, i crimini e i delitti commessi nella Città di Fermo o nel suo contado e distretto, o anche fuori, tra i cittadini o tra gli abitanti del distretto di Fermo, <reati>commessi tra di loro al tempo del loro officio oppure entro un anno prossimo, riguardo e sopra i furti e le ruberie sempre e in ogni tempo, nonostante alcun statuto che dica il contrario, a meno che si siano stati fatte la procedura e l’investigazione in modo diverso o sia stata fatta la sentenza su tali cose. Si fa eccezione per i reati di parole di ingiurie ed inoltre di improperio e peri reati di percosse o di minacce a mano vuota, soltanto con il piede o con qualunque membro umano, senza intervento di alcun strumento né di oggetto purché tali percosse non siano state fatte nel collo o al di sopra del collo oppure da lì uscisse sangue, o fratture di un osso, di un nervo e di un membro, o della debilitazione duratura della funzionalità di un membro, e purché non segua la morte. Sono eccettuati anche i delitti tra i genitori e i loro figli o le figlie, la moglie, tra i consanguinei congiunti tra di loro come fratelli da uno o da entrambi i genitori, o congiunti vicendevolmente, come sorelle tra loro o fratelli tra loro, e congiunti fratelli con sorelle (come detto prima) o fra altri congiunti vicendevolmente che sono consanguinei o affini fino al terzo grado di consanguineità o affinità da calcolare secondo il diritto Canonico; o <reati> ad opera di un signore o una signora, o commessi da un patrono o da una patrona contro un servo, o una serva, un domestico o una domestica; <inoltra> a meno che il detto reato sia strato tale che ne consegue la frattura di un nervo, o di un membro, o la loro debilitazione permanente, o la cicatrice enorme sulla faccia e purché non seguisse la morte né avvenisse, o purché non sia stato un reato tale che da esso o per esso venisse imposta o potesse essere imposta una pena corporale o principalmente afflittiva del corpo, tuttavia non nel modo condizionale, per la forma di uno statuto di questo volume, o a meno che i reati non avvenissero o si commettessero contro qualche officiale del Comune di Fermo e del suo contado o distretto. Peraltro in tutti questi singoli casi è valido fare la procedura per mezzo di una investigazione ed è valido investigare sul delitto, nonostante ci siano congiunti o servi o famigli, a meno che ciò non sia provveduto espressamente in qualche statuto in questi casi o in qualcuno di essi. Si fa eccezione anche per tutti i singoli altri casi e per i reati sui quali per la forma di qualche statuto di questo volume risultasse negato il potere di fare indagine o di fare la procedura per mezzo di una ispezione o di un esame. I detti Rettori e i loro Giudici, insieme o separatamente, sempre e in qualsiasi tempo, abbiano validità e possano ispezionar attraverso la modalità dell’accusa o della denuncia <da parte> dell’ingiuriato o di chi ha subito principalmente l’ingiuria, su tutti i singoli reati, i crimini e i delitti indistintamente, commessi nel tempo del loro officio o entro l’anno che precede immediatamente, in realtà sui furti e sulle ruberie. Coloro che delinquono debbano in realtà essere condannati ed essere puniti, secondo la forma e la modalità o come permesso dagli statuti di questa Città. E queste stesse sentenze in realtà siano pronunciate per mezzo del Rettore principale, non per mezzo di un suo Giudice né di qualche officiale, a meno che ciò non si riscontri in quanto è stato permesso in modo eccezionale da qualche statuto di questo volume.

       4 Rub.2I Sindaci dei Castelli e delle Ville possano e debbano denunciare i reati.

     Ci rendiamo conto che sono stati presi i provvedimenti in bene e decretiamo che qualsivoglia Sindaco della Comunità di un Castello e di qualunque Villa della Città e del distretto di Fermo, ed anche il Sindaco del Castello di Porto S. Giorgio siano obbligati, possano e debbano riferire e denunciare agli infrascritti signori Podestà o Capitano, o alla loro Curia, e al Giudice dei reati, che cose successe, che siano state commesse nel Castello o nella Villa, o nel territorio del Castello o della Villa, o della comunità da cui egli è stato stabilito, entro 10 giorni da calcolarsi dal giorno in cui il reato o il delitto è stato commesso, sotto la pena di 10 libre di denaro per qualsiasi trasgressore e per qualsiasi volta da riscuotersi sul fatto. E la detta denuncia o reclamo sui delinquenti contenga e debba contenere quanti siano, e i reati, e contro chi sono stati commessi, con <la data del> tempo e con le altre formalità utili e consuete. Per l’esecuzione di ciò, qualsiasi Comunità di un Castello o di una Villa del contado e del distretto di Fermo, entro otto giorni dall’inizio dell’officio del Capitano o del Podestà sia obbligata a stabilire e ordinare e mandare alla Curia del Podestà e del Capitano, il suo Sindaco, pera eseguire le dette cose, con un sufficiente mandato e insieme con lui due Massari competenti, i quali siano di detta Comunità, e garantiscano pienamente e solennemente per l’anzidetto Sindaco, sotto pena 25 libre di denaro da riscuotersi sul fatto da qualsiasi Comunità negligente.

       4 Rub.3Il modo e la procedura da seguire nelle cause penali o miste.

   Il modo e la procedura che sia praticata circa le cause penali o miste è questo, cioè che dopo che è stata presentata la denuncia da un semplice denunciatore, o l’accusa da un accusatore in un tribunale di fronte al Rettore o al suo Giudice dei reati, chi fa la denuncia faccia giuramento, così pure chi fa tale accusa, che egli nel denunciare oppure nell’accusare non procede per movente di calunnia; e inoltre che egli fa la denuncia in base alle cose a lui riferite e ascoltate, se si tratta di un semplice denunciatore; se è l’accusatore faccia giuramento anche che egli può dar prove dell’accusa e che fa l’accusa soltanto secondo verità e che l’accusa sarà portata avanti fino alla fine, secondo la forma dello statuto; e inoltre presenti i fideiussori o un fideiussore idoneo e approvato di fronte al Giudice sul proseguire e presentare le prove per l’accusa prodotta tramite lui, secondo la forma degli statuti e sul pagare la penalità contenuta nei presenti statuti qualora faccia il contrario. Dopo fatto questo, come già detto, il Rettore o Giudice dei reati nello stesso giorno mandi una copia di tale accusa oppure della denuncia chiusa e con il sigillo del Rettore o del Giudice al Cancelliere del Comune. Poi il detto Rettore o il Giudice dei reati faccia fare la citazione al tale accusato o denunciato, in modo personale, o nella casa della sua solita abitazione con la presenza di alcuni del suo vicinato o di familiari o di due altri testimoni per mezzo del pubblico Balivo del Comune di Fermo; un cittadino o un abitante della Città, entro la scadenza di due giorni; un abitante nel contado o nel distretto, di quattro giorni, si presenti di fronte a lui per scagionarsi dall’accusa o dalla denuncia prodotta contro di lui. E questa citazione sia emanata e avvenga con <atti> scritti con espressa la nota del reato contenuto in tale accusa e denuncia, all’accusato o al denunciato in modo personale o nella casa di sua abitazione alla presenza dei vicini, come <detto> sopra, per mezzo del detto Balivo sia rilasciata a lui stesso la cedola e la citazione nei reati non si possa fare in altro modo. E ciò quando si procede contro un Cittadino o un abitante della Città o del contado, o del distretto. Quanto, in realtà, si procede contro un forestiero che abita fuori dal distretto di Fermo, tuttavia nella Diocesi Fermana, in una causa penale, il Giudice o Rettore faccia la citazione con questa procedura cioè per mezzo di una sua lettera che contiene la nota del reato o del delitto, faccia la citazione a colui contro il quale si fa il processo, che entro cinque giorni o più, secondo come il Rettore o il Giudice deciderà, in considerazione della distanza del luogo, che si presenti di fronte a lui per giustificarsi e scagionarsi dalla denuncia o dall’accusa prodotta contro di lui. E questa lettera sia mandata per mezzo del pubblico Balivo del Comune di Fermo alla Terra, o al luogo della diocesi Fermana dove colui contro il quale si fa il processo abita o risiede, oppure da dove è oriundo. E sia presentata per mezzo dello stesso Balivo al Rettore, al Giudice o all’officiale di quel luogo o Terra, di cui è stato detto, affinché la citazione sia valida a pervenire per notifica a colui contro il quale si fa il processo. Qualora il Balivo riferirà al Giudice che egli non ha potuto presentare questa lettera a causa del pericolo del viaggio o per altro caso che gli impediva l’accesso, questa citazione valga fatta per mezzo di un editto alle porte del palazzo del Rettore o dell’officiale, con la nota del reato, come sopra. E in tutte le singole cose scritte sopra, ad opera del Rettore e del Giudice si dia fede alla relazione del detto Balivo riguardo alle cose a lui affidate. Qualora però si fa il processo, in una causa penale, contro un forestiero di fuori dalla diocesi Fermana, si faccia la citazione a colui contro il quale si fa il processo, per mezzo del Balivo del Comune di Fermo con atti scritti tramite una lettera che contiene la nota di uno reato su cui si fa il processo. La lettera va affissa alla porta del palazzo di residenza del Rettore o del Giudice che processa con la scadenza di cinque giorni o di più, secondo come sembrerà opportuno al Rettore o al Giudice. Entro tale termine, colui contro il quale si fa il processo, possa e valga presentarsi a giustificarsi e a scagionarsi. E lo stesso modo sia praticato, in tutto e per tutto, nel mandare la copia e nel citare quando si fa il processo soltanto per investigazione, meramente sulla base dell’ufficio. E qualora la citazione sia stata fatta in altro modo, la sentenza che ne provenisse non abbia validità. Sempre sia fatto salvo quello che è previsto nello statuto sotto la rubrica: “Non si renda invalida la sentenza per una mancanza delle formalità penale”. a cui, con questo <statuto>, non si deroghi affatto.

       4 Rub. 4Come si fa il processo contro chi si costituisce nelle cause penali.

   Colui che è stato denunciato, accusato e inquisito quando si costituisce di fronte al Rettore o al Giudice dopo la citazione fatta su d lui, sia obbligato a rispondere all’accusa, alla denuncia o all’investigazione, in modo preciso e limpido, senza un contenuto di alcuna obiezione, dopo aver interposto il suo giuramento, confessando o negando il fatto sul quale si fa la procedura in tutto o in parte, come a lui sembrerà giusto, tuttavia in modo chiaro e aperto. E si intenda che tutte le obiezioni che competono a lui siano capite e per lui siano in una procedura di una causa riservata, senza il ministero di alcun Giudice. Dopo fatta la risposta in tal modo, qualora il reato sul quale si fa la procedura sia tale che da questa sia da imporre o provenga una penalità semplicemente pecuniaria in modo esclusivo e chiaro, il tale denunciato, accusato, o inquisito sia rilasciato, piuttosto debba essere dato alle carceri, dopo che ha presentato un fideiussore o più fideiussori approvati dall’approvatore sul dover pagare la condanna che da ciò capitasse che si faccia.  Qualora, in realtà, il reato, sul quale si fa la procedura, sia tale che, a motivo di esso, si possa o si debba imporre una pena corporale o principalmente afflittiva del corpo, in nessun modo debba essere rilasciato, ma al contrario debba essere assicurato alle carceri, affinché, in caso di condanna, subisca su ciò il suo supplizio, a seguito dell’assoluzione, su cui non sia stato fatto l’appello. Quando, in realtà, la pena da imporre avvenisse afflittiva del corpo non in modo principale, ma in mancanza della penalità pecuniaria o sotto condizionale, allora, se il tale denunciato, accusato o inquisito avrà voluto fare un pagamento e abbia pagato al Banchiere del Comune di Fermo la somma di denaro di tassa in occasione del reato o del delitto, o da imporre per la forma degli statuti, sotto condizione di recuperarla nel caso in cui avvenga che egli sia poi assolto, e di tale pagamento abbia informato il Rettore o il Giudice per mezzo di un atto scritto di mano del Notaio del Banchiere e sottoscritto da questo stesso Banchiere, debba essere rilasciato subito dal Rettor o dal Giudice. E in contrasto contro questa forma o modalità nessun Rettore o Officiale possa o osi detenere nelle carceri o nel palazzo qualche accusato, denunciato o inquisito ad opera sua o di un altro, sotto la pena di 200 libre di denaro, per ciascuno e per qualsiasi volta. E dopo che la risposta è stata fatta dal denunciato, dall’accusato o dall’inquisito, come detto sopra, il Rettore o il Giudice dei reati assegni al reo <accusato> una scadenza di dieci giorni successivi per fare ricorso e opposizione con qualsiasi cosa che vuole opporre e può, per fare ogni sua difesa, e produrre tutti i diritti e dare le prove e avere dato prove per mezzo di testimoni di istrumenti scritti e di ogni altro genere di prova, quello che egli vuole e può. E la medesima scadenza sia assegnata e debba essere assegnata all’accusatore o al denunciatore, quando il denunciatore o l’accusatore sia presente nel giorno della detta risposta, o nel seguente, a lui di persona oppure nella casa di sua abitazione o nel luogo che abbia scelto per le citazioni che su di lui si dovranno fare. Dopo trascorsi questi dieci giorni, in realtà, il Rettore o il Giudice renda pubblico e apra tutta la procedura e stabilisca al reo e all’accusatore o al denunciatore, quando stia presente, la scadenza di cinque giorni successivi per prendere la copia di tutto il processo e per fare dichiarazioni contrarie e opporsi e controbattere qualunque cosa vuole e può, oppure una scadenza maggiore ad arbitrio dello stesso Giudice; ed entro questo termine, e non oltre, l’una e l’altra parte possano, con azione  valida, fare le opposizioni, dare le prove contro le persone dei testi e contro le cose che dicono e contro i documenti scritti prodotti e fare opposizione alla procedura che segue e abbia validità per opera di entrambe le parti, o per una delle due parti, e non in seguito. E il Rettore o il Giudice e il Notaio dei reati, dopo aver fatto tale cosa pubblica, faccia per le parti una copia di tutte le cose già dette, sotto penalità di 200 libre di denaro per ciascuna volta. E, in realtà, dopo trascorsi questi cinque giorni o più stabiliti sulle dette cose dal Giudice, il Rettore o il Giudice dei reati faccia pubblicamente eseguire un bando che chiunque ha da fare nella Curia dei reati, entro il terzo giorno successivo, venga a fare allegato dei suoi diritti, se ne ha alcuni. Dopo che così sono passate queste scadenze, il Rettore o il Giudice e il suo Vicario, quando il Rettore sia stato impedito da una malattia o da altra probabile causa, o non potesse essere presente nel Consiglio per profferire la sentenza, debba pronunciare e portare a termine la causa e la procedura, secondo la forma o il permesso dagli statuti, per mezzo di una sentenza penale. Tuttavia prima che questa sentenza sia pubblicata, il Rettore o il Giudice nel giorno precedente faccia fare un bando pubblicamente che chiunque ha da fare qualcosa nella Curia in occasione di qualche reato si presenti <costituisca> nel giorno seguente a quello del bando presso il Consiglio e ascolterà la sentenza. E questo bando abbia validità per l’autorità del presente statuto, per quanto la citazione perentoria fatta legittimamente sulle parti, per ascoltare la sentenza. Così, tuttavia, si proceda e in modo tale che sempre entro 40 giorni da calcolare per coloro che si costituiscono, dal giorno della <loro> giustificazione, invece per i contumaci da calcolare dal giorno della prima citazione, tutti i processi iniziati ad opera di questo Rettore o Giudice siano portati a termine completamente per mezzo della sentenza. In realtà egli debba portare completamente a termine i processi del suo predecessore entro due mesi dal giorno in cui ha iniziato il suo officio. E dopo scaduti gli anzidetti termini, qualora il Rettore o il suo Giudice, non abbia portato a termine questi processi, non abbia ulteriormente la giurisdizione di indagare su di essi, né di portarli a termine in qualche modo; ma al contrario questi processi non finiti siano portati a termine dal successore suo, entro un mese da computare dal giorno dell’ingresso al suo officio. In realtà, il Rettore e il Giudice dei reati che sia stato negligente in queste cose, assolutamente debbano essere condannati dal Giudice degli appelli o dai suoi Sindaci alle pene che potevano risultare da tali processi che hanno trascurato di ultimare; e nondimeno debbano del tutto essere condannati a 50 libre di denaro in più. Inoltre affinché nessuno sia trovato che è stato gravato in qualche modo dal tedio delle carceri, decretiamo che quando, precedenza, un’accusa, un denuncia o un’indagine legittima non è stata fatta, oppure è stata tramessa oltre il tempo, in contrasto a<quanto> permesso, come assegnato sopra, e giungesse oltre i 10 giorni da calcolare dal giorno in cui sia pervenuto alla forza <detentiva> o al potere del tale Rettore o del Giudice, entro tali giorni il Rettore o il Giudice possa fare la procedura per mezzo di una inquisizione, di un’accusa o di una denuncia, in occasione di qualche reato o delitto nessuno possa essere detenuto nella persona, nelle carceri o nel palazzo, su mandato di qualche Rettore o di un Officiale del Comune di Fermo o ad opera di questi stessi. E quando, entro il detto tempo, non è stata formulata né un’indagine, né un’accusa, neppure è stata prodotta una denuncia contro un tale che è sotto la sua forza, <il Rettore> non ardisca in nessun modo di tenere questo stesso in detenzione, sotto la penalità di 500 libre di denaro per chiunque fa il contrario, e per ciascuna volta, da prelevare nel tempo del suo sindacato; ma il tale detenuto debba compiutamente essere rilasciato alla propria libertà, sotto la detta penalità, dopo che ha dato i fideiussori, uno o più, idonei o approvati, o anche offerti a tale Rettore o al Giudice, e non ricevuti da parte di costui, riguardo al presentare il tale detenuto agli ordini del Rettore o del Giudice, sotto una certa penalità che non eccede libre 300 di denaro e che sia da pagare non più che una sola volta, dopo scaduto questo termine di 10 giorni. E facciamo uno statuto per rimediare alle calunnie e alle cautele degli officiali che qualora sia risultato e da parte dei testimoni o dagli instrumenti o da altra prove che colui che è stato rilasciato così in un solo giorno e poi nello stesso<giorno> o nel seguente sia stato trovato nella forza <detentiva> del detto Rettore o del Giudice o di uno di essi, non si intenda che fu rilasciato o restituito alla sua libertà costui che, mentre già precedentemente era detenuto, poi si trovasse rilasciato, nondimeno ridotto per la seconda volta, così, detenuto. Ma questo Rettore o il Giudice che agisce in contrario e non eviti in nessun mondo la detta pena e nondimeno il tale detenuto sia rilasciato del tutto, come sopra.

       4 Rub.5Come si debba fare la procedura contro un contumace nelle penali.

   Per il fatto che l’accusato, il denunciato e l’inquisito sia stato citato nel modo e nella forma trasmessi sopra, se non si sia costituito nella scadenza assegnata o prestabilita su un ordine del Rettore o del Giudice o per la citazione su di lui così fatta, da allora scaduto detto termine il Rettore o il Giudice faccia esiliare quel tale così citato e lo faccia mettere pubblicamente al bando da tutta la Città di Fermo e dal suo contado e dal distretto tramite il pubblico Banditore del Comune, con quella somma o penalità alla quale il accusato, il denunciato e l’inquisito dovesse essere condannato, oppure potesse esserlo; e a costui assegni nello stesso bando la scadenza di tre giorni successivi, o una <scadenza> maggiore a suo arbitrio, e il giorno del bando dato non sia conteggiato affatto entro questa scadenza. Dopo dato e fatto questo bando il Giudice o il Rettore faccia notificare questo bando, per iscritto, alla persona, tramite un Balivo del Comune al Cittadino, o a colui che abita nella Città, o ad un abitante nel distretto, nel contado, in modalità personale, o nella casa della sua solita abitazione; in realtà per le cose restanti presso la porta del palazzo del Rettore o del Giudice. Questa notifica così fatta sia pienamente sufficiente, e dal giorno di tale notifica inizi la scadenza del detto bando, senza che il giorno della notifica sia conteggiato affatto. Qualora entro questa scadenza il tale posto al bando o esiliato si sia costituito in giudizio, al cospetto del Rettore o del Giudice, con lui si faccia la procedura nel modo e nella forma assegnati nel titolo precedente. Se in realtà non si sia costituito e abbia trascurato di costituirsi nella scadenza del detto bando, da allora trascorso la detta scadenza, in nessun modo venga ascoltato dal Rettore o da Giudice, se non per un reato riguardo al quale si fa la procedura per confessare totalmente, a meno che al Giudice sia sembrato opportuno non ammettere costui stesso per negare. E colui che in nessun modo si sia costituito dinanzi al Rettore o al Giudice nella scadenza del bando, né in seguito, prima della sentenza, per l’autorità del presente statuto sia e venga considerato contumace, e sia ritenuto che abbia confessato, e sia convinto del reato sul quale si fa la procedura contro di lui, e dopo trascorso il detto termine del bando sia valido che sia condannato, senza aspettare ulteriormente. E in tutti i singoli casi del presente statuto da parte del Rettore e del Giudice ci si attenga al ragguaglio del Banditore e del Balivo circa le cose che a questi stessi sono state comandate.

       4 Rub.6Che nessuno, suo malgrado, sia costretto a fare un’accusa e non si debba ammettere un denunciatore segreto.

   Desideriamo di porre rimedio alle frodi dei privati e dei Giudici, e decretiamo che nessuno sia costretto fare un’accusa, suo malgrado. Inoltre chi fa un’accusa o una denuncia segretamente o privatamente non sia ammesso, ma senza dubbio palesemente e pubblicamente il suo nome debba apparire negli atti scritti, a meno in quanto sia riscontrato che sia previsto, in modo speciale, da qualche statuto di questo volume, sotto la pena di 100 libre di denaro che incombe sull’officiale trasgressore, per qualsiasi volta. E per la legge stessa, tuttavia, non abbiano valore quanto fatto contro ciò e qualsiasi cosa ne sia stato conseguita.

       4 Rub.7Nelle cause penali, i minorenni, i figli di famiglia abbiano una legittima persona, e il beneficio su questi stessi.

   In modo generale decretiamo che il minorenne di venticinque anni e i figli di famiglia, maggiori tuttavia di quattordici anni, anche senza il consenso del curatore o del padre possano stare in una procedura penale, ed abbiano una legittima persona nelle formalità parte attiva e passiva, quando venga discussa una causa penale, o per mezzo di un’accusa, o di una denuncia o di un’indagine. Aggiungiamo alle cose già dette che i delinquenti minori di quattordici anni, tuttavia maggiori di 10 <anni>, siano puniti e condannati a metà della pena, con la quale vengono puniti gli altri maggiori di quattordici anni. In realtà i delinquenti minori di 10 anni siano puniti ad arbitrio del Rettore, tuttavia purché non superi la metà della pena, considerata la condizione del reato e la persona del delinquente e la persona sulla quale è commesso il reato.

       4 Rub.8In quale modo e quando nelle cause penali il procuratore, il tutore o il curatore o il padre vengono ammessi a favore di un figlio.

   Con la presente legge decretiamo che nei reati o nelle cause penali nessun procuratore sia ammesso nelle formalità attiva e passiva, a posto di un altro quando per il reato, sul quale si fa la procedura, una pena corporale o afflittiva del corpo dovesse o potesse essere imposta, in via principale o sotto condizione o in mancanza; se non dopo che, per mezzo del principale, contro il quale si fa la procedura, la giustificazione o la risposta siano state fatte; e allora il procuratore con validità sia ammesso per gli atti restanti, fino alla sentenza inclusa. Nella funzione di procuratore o nella funzione difensore di un altro, invece, in tutti i singoli casi, quando in via principale è stata stabilita una penalità pecuniaria, benché sotto condizione, o in mancanza <la pena> sia corporale o afflittiva del corpo, sia lecito a chi vuole di comparire per confessare il reato e insieme con ciò per pagare la pena pecuniaria a nome di colui, a favore del quale così si costituisse. In realtà il padre per un solo figlio, o per più figli di qualsiasi sesso; il marito per la moglie; il tutore o il curatore per minorenni non adulti, per uno o per più, di qualsiasi sesso, possano essere ammessi soltanto per accusare e non per giustificare; e debbano, anche nei detti casi, ma dopo fatta la giustificazione ad opera del principale, possano essere ammessi per le restanti cose, come è stato detto sul procuratore. In realtà per un esiliato, o per uno sottoposto al bando, di qualsiasi condizione o sesso sia, nessuno sia ammesso, sotto qualunque nome, se non per presentare un instrumento di pace, nel caso in cui dalla pace il reo venga sollevato, secondo la forma dei presenti statuti, purché tuttavia colui che presenta tale instrumento a favore del detto esiliato, prima di tutto abbia pagato dodici denari per ogni libra di quella quantità o somma, la quale è da dimezzare o da diminuire, in vigore della pace sulla condanna. Nelle pene in realtà da imporsi, meramente, semplicemente pecuniarie, attivamente o passivamente, il procuratore o gli altri detti sopra, nella funzione di cui sopra, siano ammessi ad ogni singola cosa nelle cause penali, tranne che per l’esiliato, come è stato detto; invece per negare in nessun modo vengano ammessi, per la funzione di cui sopra.

       4 Rub.9L’abolizione da concedersi.

   Inoltre con questa legge decretiamo che nessun Rettore, officiale o Giudice conceda ad alcuno l’annullamento di una qualsiasi accusa o di una denuncia di qualsiasi specie, neppure abbia validità che chieda ciò qualche accusatore, da se stesso o per mezzo di un altro, in nessun modo, sotto la pena di 100 libre di denaro per il Rettore o per il Giudice che la concede, e sotto la pena di 25 libre di denaro per colui che chiede <ciò> a nome di un altro. Invece non abbia validità quanto è stato fatto in modo diverso, per la legge stessa. Eccetto e salvo < il fatto> che l’abolizione possa essere chiesta con validità sull’accusa di disprezzo di un mandato, di disordine o di invasione di un possedimento o di una tenuta, e <ciò> esclusivamente fino alla sentenza, o a un solo giorno prima della lettura della sentenza, avendo pagati precedentemente 5 soldi al Comune da chi la chiede per qualsiasi accusato, e avendo fatta la garanzia del pagamento per mezzo di una bolla del Banchiere del Comune o del suo Notaio; e il Notaio dei reati debba registrare agli atti questa bolla, sotto la pena di 10 libre di denaro. E dopo fatto ciò, il Giudice pronunci che non si debba fare la procedura ulteriormente. E in tal modo tale processo sia concluso e si intenda che è stato concluso e il Rettore o il Giudice non possano ulteriormente fare la procedura su detto processo, altrimenti, per la legge stessa, quanto fatto in modo diverso non abbia validità. Aggiungendo correggiamo che, per la volontà del creditore e perché è stato soddisfatto, anche dopo notificata la sentenza o notificata la condanna, l’abolizione, non prima della sentenza, in qualsiasi momento, possa e valga che sia chiesta nelle cose consentite, come <detto> sopra, dopo che colui che richiede questa abolizione precedentemente ha pagato i 5 soldi al Banchiere del Comune per ogni condannato. Eccetto, tuttavia, che detta condanna non sia stata pagata precedentemente a questo Banchiere.

       4 Rub.10Le donne non siano costrette ad entrare nei Palazzi.

   Con la presente legge decretiamo che nessuna donna, di buona reputazione, venga costretta a entrare nel palazzo, da qualche Rettore o officiale, in qualche modo o per un gruppo richiesto, sotto la pena di 25 libre di denaro per il Rettore, per ognuno trasgressore. Sia fatto salvo e riservato che in tutte le cause penali, nelle quali potesse o dovesse essere imposta alla donna una pena corporale o afflittiva al corpo, in occasione di un’accusa, di un’inquisizione o di una denuncia precedente contro di lei, possa essere costretta, come un maschio, ed anche essere messa in carcere. Eccetto anche se sia stato condannata su qualche delitto; anche in questo caso, come un maschio, c’è validità che sia costretta e detenuta. In realtà negli altri casi, o atti, tanto civili quanto penali, sia sufficiente che la donna si costituisca dinanzi ad un Giudice o ad un officiale, in qualche Chiesa, per obbedire agli ordini di costui stesso.

       4 Rub.11I processi non iniziati da un Rettore <sono> da iniziarsi e ultimarsi da un altro.

   Noi desideriamo che i reati e i delitti siano puniti, e decretiamo che il Capitano e il Podestà e la loro Curia siano obbligati e debbano, entro 5 giorni dalla notifica fatta a loro, iniziare un processo riguardo e sopra un reato denunciato a loro. E se colui, a cui sia stato notificato prima, entro la predetta scadenza non abbia agito, un altro officiale, o la sua Curia, entro altri 5 giorni dopo la denuncia o la notifica fatta a lui, debba iniziare il processo su ciò e poi portarlo al termine, secondo come sarà stato per legge; purché, tuttavia, il reato sia tale che riguardo ad esso il tale Rettore, o il suo Giudice, abbia il potere di investigare propriamente per il suo officio. Dato che, in verità, talora succede che nasca una controversia fra i Rettori tra di loro e fra le parti in occasione di una prevenzione nel fare la procedura o nell’investigare sui delitti, decretiamo che si intenda e si debba intendere che colui che per primo abbia inviato la copia dell’accusa, della denuncia o dell’inquisizione sullo stesso reato al Cancelliere del Comune abbia la precedenza nel fare la procedura e nell’indagare sul reato. Su questa cosa ci si debba attenere alla semplice parola del detto Cancelliere, e la dichiarazione di costui ci si attenga e nient’altro sia richiesto ulteriormente.

       4 Rub.12Coloro che possano essere ammessi a testimoniare in penale e l’esame dei testimoni.

   Affinché la facoltà delle prove non sia angustiata, in alcun modo,  decretiamo che in tutte le singole cause penali, di qualsiasi modalità o genere siano, tanto le donne quanto gli uomini siano ammessi a esprimere la testimonianza, e siano ritenuti idonei purché, tuttavia, il testimone, uomo o donna, sia maggiore di quindici anni, e superiore ad ogni opposizione prima che esprima la testimonianza; e qualsivoglia testimone, di qualsiasi sesso, nella causa penale, giuri alla presenza della parte ammonita o citata legittimamente, e contro tale parte è stato portato o prodotto. E la dichiarazione e la testimonianza di qualsiasi testimonio in una causa penale per mezzo del Notaio dei reati siano scritte, per esteso, come viene testimoniato, non invece scrivendo in una modalità tale o simile, cioè “disse che erano cose vere” quelle contenute nell’accusa, nella denuncia, nell’indagine o nell’articolo; neanche scrivendo, “disse come un altro testimone”, o in modalità simile, sotto pena per il Notaio che scriva così, in contrasto alla proibizione di questo statuto, di 10 libre di denaro, per qualsiasi volta; e nondimeno, non sia prestata fede, in nessun modo a tali scritture fatte in tale modo. Circa la fedeltà e l’idoneità dei testimoni sia lasciato alla disposizione e alla considerazione o all’arbitrio del Giudice.

       4 Rub.13Le torture.

   Facciamo divieto a tutti i Rettori, ai Giudici e agli officiali di sottoporre o di far sottoporre qualcuno a qualche tortura, a meno che i legittimi indizi sul delitto precedono contro il torturando, secondo una disposizione del diritto Comune, sotto la pena di 500 libre di denaro per qualsiasi trasgressore e per qualsiasi volta.

       4 Rub.14Le sentenze penali da presentare in Consiglio e tramite chi possono essere presentate.

   Decretiamo che le sentenze condannatorie o assolutorie nelle cause penali nelle quali sia espresso il crimine o il delitto sul quale qualcuno sia condannato o assolto, possano e debbano essere pronunciate e promulgate, nelle solite modalità, anche nei giorni festivi in onore di Dio, nel Consiglio generale nel palazzo del Comune, e del popolo. E un bando sulle dette sentenze si debba far precedere, nel giorno che precede queste sentenze. E pertanto queste sentenze con validità debbano essere lette per mezzo di un Notaio dei reati, e abbiano il vigore e l’efficacia, come se siano stati lette dal Rettore principale o dal Giudice, purché dopo lette queste stesse, il Rettore principale, non il suo Vicario, con oracolo di viva voce, proclami che come è stato letto, così si sentenzia, così si ratifica o si conferma. Si fa salvo che quando il Rettore per infermità, o per un altro motivo, non potesse essere presente nel Consiglio per pronunciare le sentenze, siano pronunciate tramite il suo Vicario, come è stato detto sul Rettore.

       4 Rub.15In <giudizio> penale, quando e quali sentenze non possono essere pronunciate in Consiglio.

   I Rettori della Città di Fermo, in qualsiasi tempo del loro officio, possano portare qualsiasi sentenze penali; fatta eccezione, negli ultimi 10 giorni del proprio officio, minimamente pronuncino da se stessi le sentenze assolutorie sui crimini <penali> o sui delitti, e neanche le facciano pronunciare attraverso un altro, sotto penalità di 100 libre di denaro da prelevare a ogni trasgressore, per ciascuna volta. E tuttavia una sentenza assolutoria pubblicata così non abbia validità per la legge stessa e il negozio debba essere ultimato dagli stessi atti, nuovamente, per mezzo di una sentenza.

       4 Rub.16Il beneficio della confessione della pace.

   Consapevoli di convenire con la ragione, ordiniamo che, se qualcuno, contro il quale si fa la procedura su un crimine, nella sua prima risposta o discolpa, che ha fatto dinanzi al Giudice sul reato o sul delitto sul quale si fa la procedura contro di lui, spontaneamente, o candidamente o semplicemente abbia confessato il crimine o il delitto, per cui si fa la procedura contro di lui, la quarta parte nella pena originale pecuniaria stabilita per il reato, sia diminuita dalla condanna da farsi su lui stesso. In realtà, qualora abbia avuto anche la pace da colui, contro il quale è stato commesso il delitto, solo un giorno prima che la sentenza sia pubblicata, abbia porto una scrittura di tale pace dinanzi al Giudice, in forma pubblica, similmente un’altra quarta parte della detta pena originale sia diminuita. E qualora abbia avuto soltanto la pace, come è detto sopra, e abbia porto questa, nel modo anzidetto, una quarta parte soltanto di detta pena stabilita sia diminuita. E ciò in tutte le pene pecuniarie limitate o tassate. In realtà, nelle pene pecuniarie arbitrarie in tutto o in parte, i detti benefici o uno di questi due, avuto dal reo, e di cui abbia documentato, come detto sopra, soltanto dopo pubblicata la sentenza i benefici possano o debbano essere conservati, e per l’autorità di questo statuto si comprenda che sono conservati, e i detti benefici siano diminuiti dalla somma contenuta nella sentenza. E i detti benefici o qualcuno di essi non abbiano vigore nei casi nei quali ci si attenga alla relazione sul delitto di un officiale o di un servo del Rettore; in realtà mentre gli statuti di questo nostro volume che inibiscono i detti benefici, o qualcuno di essi, permarranno nel loro vigore, a questi in nessun modo si faccia deroga, né si desti un pregiudizio con questo statuto. Ed inoltre decretiamo che se la pena pecuniaria abbia annessa una pena corporale, o afflittiva del corpo, come condizione, la stessa condizione e la pena, siano aggiunte e abbiano luogo anche per quelli esposti precedentemente, o per quelle aventi gli anzidetti benefici della confessione e della pace.

       4 Rub.17In quali casi la pace sia operativa, oppure no.

   Decretiamo ed ordiniamo che in tutte le cause penali, nelle quali la pena del delitto, secondo la forma dello statuto del presente volume è semplicemente pecuniaria, e ha anche una condizione al modo di condizione annessa ad una pena corporale o afflittiva al corpo, il beneficio della pace giovi al reo <accusato> purché tuttavia, se ne abbia la constatazione di esso e sia prodotta, come sopra è dato nel titolo precedente, a meno che in qualche caso, non sia stato espressa altra cosa o il contrario con qualche statuto di questo volume. Per le pene puramente personali o afflittive del corpo, né la confessione né la pace siano utili, in nessun modo.

       4 Rub.18La pena da dimezzare per gli uomini dei Castelli, delle Ville del contado, e del distretto di Fermo.

   Vogliamo ed ordiniamo che le pene puramente e semplicemente pecuniaria e limitate anche determinate per mezzo degli statuti di questo volume, sia che siano pecuniarie, o, in carenza, condizionali e afflittive del corpo, pene che non sono arbitrarie, né in tutto né in parte, in una stessa sentenza o condanna e siano dimezzate dal Rettor per gli uomini del contado e del distretto di Fermo, se offendessero altro <cittadino> dello stesso contado o distretto nello stesso contado. In realtà le pene pecuniarie arbitrarie, in tutto o in parte, sia che, come condizione, abbiano sia che non abbiano annessa una pena corporale o afflittiva del corpo, per gli anzidetti uomini così colpevoli, o oltraggiosi, come è detto prima, siano dimezzate e si intendano dimezzate dopo la stessa sentenza o la condanna e non prima. Nelle pene, invece, stabilite per mezzo degli statuti di questa Città a motivo di danni dati, di parole ingiuriose, o diffamatorie, di bestemmie, o della maledizioni di Dio e dei santi, o di un vergognoso o inopportuno giuramento fatto e giurato per mezzo del nome di Dio, o dei Santi suoi, o in altro modo a disonore di Dio e dei Santi, o fatto o detto a disprezzo, qualsivoglia siano le pene stabilite, per detti uomini, il dimezzamento contenuto in questo statuto non abbia valore sulle pene stabilite per i delitti per i quali ci si attiene al resoconto dell’officiale, o di un servo del Rettore. Inoltre gli uomini di Porto San Giorgio siano trattati e siano puniti al modo come i Cittadini sui reati commessi da loro, in ogni cosa e per mezzo di ogni cosa, riguardo ai crimini. E questo statuto abbia valore nelle le cose passate, nelle presenti e nelle future. E questa pena così dimezzata sia capita e sia la pena originale per i delinquenti detti sopra e sia capita e valutata completamente come una pena originale.

       4 Rub.19Il raddoppio delle pene.

   Con questa legge decretiamo che le pene pecuniarie dei presenti statuti, o che siano puramente e semplicemente pecuniarie limitate e determinate, o siano pecuniarie arbitrarie, in tutto o in parte, o che siano pecuniarie principalmente e corporali in modo secondario, o che hanno annessa una pena corporale o afflittiva del corpo, siano raddoppiate e debbano essere raddoppiate, malgrado che non sia espresso dai Rettori, quando i reati o i delitti siano stati commessi nottetempo, cioè dopo il tramonto del sole e prima del sorgere del sole, o se sono stati commessi in presenza dei signori Priori del popolo e del Vessillifero di giustizia della Città di Fermo o di qualcuno di questi stessi durante il loro officio. Vogliamo anche che oltre al detto raddoppio colui che percuote qualcuno in presenza dei signori Priori del popolo nel palazzo della loro residenza, sia obbligato e debba sul fatto pagare 50 ducati d’oro al Comune di Fermo e sia posto nelle carceri e in nessun modo sia liberato dalle dette carceri fino a ché effettivamente abbia pagato, e sia anche ad esempio per gli altri, se questo delinquente sia stato dell’amministrazione e dell’officio del Priorato, da subito per l’autorità della presente legge, sia privato per sempre di tutti gli offici e benefici del Comune di Fermo. E qualora tale delinquente entro la scadenza di un mese dal giorno quando è stato commesso tale reato, non avrà pagato la detta pena di 50 ducati d’oro, gli sia amputata la mano destra e le dette cose per mezzo del Podestà o del Capitano di questa Città e della Curia di questi stessi siano eseguite, e siano mandate in esecuzione sul fatto e sommariamente, tralasciando ogni solennità della legge, essendo constatato il reato commesso, come sopra. E nella stessa pena incorrono i signori Priori, se fra questi stessi uno dei due Priori anzidetti, nel modo detto sopra, percuotesse l’altro dei detti Priori, acciocché la dignità di un Magistrato non venga deturpata; quandanche in presenza di qualche Rettore o di un suo officiale della Città, che sia del tribunale; o se siano state cose commesse in qualche Chiesa o alla porta di qualche Chiesa, o nella Città o nel contado, purché tuttavia entro il corpo della chiesa o alla porta, come già detto; o se siano state commesse in qualcuno di questi giorni, cioè nel giorno primo delle calende di gennaio, nel primo dell’Epifania del Signore, di Sant’Antonio del mese di gennaio, Purificazione della Beata Maria del mese di febbraio, primo del giorno della Quaresima o in qualunque giorno di venerdì del mese di marzo; nel giorno dell’Annunciazione della Beata Maria Vergine, della domenica degli ulivi <o delle palme>, o in qualunque giorno della settimana santa, nel giorno della Pasqua di Resurrezione del Signore, o in qualche giorno dei tre seguenti dopo lo stesso giorno, nel giorno della Pentecoste, o in qualcuno dei due giorni seguenti dopo detto giorno, nel giorno dell’Ascensione del Signore, nel giorno primo delle calende di Maggio, nel giorno della Natività del beato Giovanni Battista, nel giorno di qualsiasi fiera, nel giorno dell’Assunzione della Beata Maria Vergine del mese di agosto o nella sua vigilia; nel giorno del beato Bartolomeo apostolo, nel giorno della Natività della Beata Maria del mese di settembre, nel giorno della festa di Tutti i Santi, nel giorno della beata Caterina, nel giorno della beata Lucia, nel giorno della Natività del Signore o nella sua vigilia; nel giorno del beato Stefano, nel giorno del beato Giovanni Evangelista. E quando <i reati> siano state commessi nell’ultimo mese del governo del Podestà o del Capitano o se siano stati commessi contro qualcuno presso la casa o nella casa della sua solita abitazione, o presso il magazzino o il negozio proprio, o affittato dell’ingiuriato, o in questo, o presso un terreno di suo possesso, o nel terreno di possesso proprio, o affittato, oppure vicino alla detta casa, al magazzino, o al possedimento per 5 piedi vicino ai piedi del Comune, eccettuando nei furti, e nella loro asportazione, dato che a motivo del luogo non siano raddoppiati; o quando <i reati> siano stati commessi nel Palazzo della residenza dei signori Priori o del Vessillifero di giustizia o nel Palazzo della residenza del signor Podestà o del signor Capitano, o del Giudice di giustizia, oppure qualora siano stati commessi in presenza di qualche officiale di qualsiasi Castello del Comune di Fermo, tuttavia nell’abitazione, o nel luogo della sua residenza per il suo officio, oppure qualora siano stati commessi nel Girofalco <Girfalco>, o nella Piazza di San Martino in qualunque parte dell’estensione fin dove le catene delle strade terminano, o dove dall’angolo dell’abitazione del Giudice di giustizia in linea retta verso il Girone sino alle mura dello stesso Girone, e dove dalla casa di Jacopone di Vanne, o dall’angolo di questa stessa verso il Girone fino alle mura del Girone; anche sotto il portico della chiesa di San Martino, e in generale fin dove c’è questa stessa ampiezza, inclusivamente fino agli angoli delle vie, attraverso le quali si entra nell’ampiezza della detta piazza, e fino ai muri, o alle pareti che stanno tutto intorno, in qualunque via pubblica attraverso la quale si va al Girifalco, verso la piazza di San Martino in linea retta, o in qualunque via o strada maestra del Comune di Fermo, cioè dalla piazza di San Martino verso la porta di San Giuliano, o di San Marco, o di Santa Lucia in linea retta; o in qualcuna di queste porte, nella piazza di mezzo, dove sono le spezierie o dalla stessa piazza, in linea retta, fino alla porta di San Francesco, o nella stessa porta, o dalla porta di San Francesco fino a Porto di San Giorgio in linea retta attraverso la via del mare, o nella piazza di questo Porto, o in qualche porta di questo Porto, o nella strada di questo Porto, che inizia dalla chiesa di San Giorgio in questo Porto in linea retta, fino alla porta attraverso la quale si va presso il Castello di Torre di Palme o in riva al mare, fin dove si prolungano le mura di questo Porto verso il mare dentro al bastione <della baia> o nella via pubblica attraverso la quale si va dalla piazza di San Martino fino la chiesa di San Domenico in linea retta verso la casa degli eredi di Vanne di Guglielmo di Anselmo; o da questa casa nella via pubblica verso la porta di Santa Caterina in linea retta, o nella porta di Santa Caterina; o nel mercato di Belmonte. E nessuna pena possa essere raddoppiata, se non una sola volta, benché insieme concorrano due o più (condanne) dette prima. E affinché i Rettori, o gli officiali abbiano dubbi circa il raddoppio o siano vaganti nell’incertezza, il raddoppio sia fatto in questo modo, cioè che se una pena sia stato semplicemente pecuniaria, limitata, determinata, e anche certa, essi accumulino nella sentenza la pena semplice con l’aggiunta, o la duplicazione insieme. Se in realtà sia stato penalità pecuniaria arbitraria in tutto o in parte, allora prima indichino nella sentenza la pena semplice del reato, poi aggiungano anche altrettanto, indicando anche la somma di ragione di aggiunta o di raddoppio. E se la pena pecuniaria abbia annessa come condizione una <pena> corporale, o afflittiva del corpo, allora la stessa condizione sia e sia aggiunta nella pena raddoppiata, che sia stato o che venisse aggiunta, o che si dovesse assegnare nella pena semplice. Qualora invece per la forma di qualche statuto, su qualche reato commesso in qualcuno tra i detti luoghi, sia stato trovata come stabilita una pena certa e determinata, allora a ragione di tale luogo il detto raddoppio non sia fatto in alcun modo. In realtà le pene di ogni qualsiasi Cittadino, del contado o forestiero, che delinque negli stessi Castelli del contado, cioè nei palazzi di residenza degli officiali degli stessi Castelli, e dinanzi ai detti officiali, e nelle piazze, e nelle porte dei detti Castelli siano raddoppiate e debbano essere raddoppiate per mezzo di qualunque officiale o esaminatore dei detti reati.

       4 Rub.20 Le multe e le loro modalità.

   Inoltre acciocché per la paura della pena sia data fiducia ai Rettori e agli officiali e questi stessi e chiunque di essi possano pienamente esercitare i loro offici, decretiamo che il Podestà e il Capitano e chiunque di essi abbia il potere di multare e di punire al di fuori di un ordine e sul fatto per una somma fino a 50 libre di denaro inclusivamente, infliggendo cioè la multa per il primo precetto fino a 10 libre di denaro, per il secondo fino a 25, per il terzo fino al 50. E se colui al quale i tre precetti siano stati fatti, con imposizioni delle multe, per la sua disobbedienza o per la contumacia, soffrisse che il parlamento e il Consiglio si riuniscano, neanche prima, tuttavia, sarà stato obbediente al detto Rettore, sul fatto possa essere punito ad arbitrio del Rettore da 50 fino a 100 libre di denaro. Tuttavia i Giudici, i detti Rettori e i loro militi abbiano la facoltà di multare per la metà di dette somme, cioè per il primo, secondo e terzo (precetto), praticando la forma detta sopra per la rata di queste somme. E per mezzo dei Rettori, dei Giudici e dei detti militi, possano emanare altri precetti con una multa e con l’intimazione della penalità, come sopra, contro chiunque, fino alle dette somme e insieme e una sola volta in una sola voce. In realtà i Notai di questi Rettori abbiano la facoltà di multare fino a 25 soldi di denaro, purché tuttavia soltanto contro una sola persona non possano intimare una multa, se non una sola volta in un solo giorno, ma certamente ci debba essere sempre un intervallo di un giorno fra un precetto e l’altro. Tuttavia gli altri officiali della Città, secondo il modo loro assegnato dagli statuti che trattano del loro servizio, abbiano il potere di multare. Sempre d’altra parte il motivo, negli scritti, sia aggiunto da tali Rettori, dai Giudici e dagli officiali quando impongono le multe o le pene; e non ci sia validità ad oltrepassare tale modo. Anzi qualora facessero in modo diverso si intenda ricondotto al modo già detto. E quello che sia stato fatto in contrasto con il detto modo non abbia validità per la legge stessa, ma il Rettore o l’officiale trasgressore incorra per la cosa stressa nella penalità di cento libre di denaro e sia tenuto all’interesse per la parte. In realtà nell’esercito o nella cavalcata, questi Rettori abbiano la facoltà di imporre e di infliggere sul fatto qualsiasi multa e pena a loro arbitrio, non soltanto con parole a viva voce, ma anche mediante una lettera, o mediante la persona del Balivo o di un nunzio, con imposizione di multe o di pene, tanto nelle cause civili quanto anche in quelle penali, i precetti e i detti comandi possano esser fatti da costoro secondo il modo e la forma detta sopra, purché colui, contro il quale questi precetti vengono fatti o sono emanati, non altrimenti venga astretto per le stesse cose se non sia stato trovato di persona o non sia stato afferrato. E sulle cose già dette ci si attenga al resoconto del detto nunzio o Balivo o dell’Araldo che fa l’annuncio; e colui che disprezza tali precetti valga che sia accusato da chiunque, nonostante alcuno statuto.

       4 Rub.21Il tempo per pagare le condanne.

   Indulgiamo per tutti i condannati principalmente a pene pecuniarie principalmente, o, in carenza, sotto condizione, e con la presente legge decretiamo che chiunque da condannato abbia pagato al Banchiere del Comune di Fermo la condanna fatta a lui, entro 10 giorni da calcolarsi dal giorno della pubblicazione della sentenza, o prima della pubblicazione della sentenza, a costui stesso che ha pagato sia diminuita la quarta parte di tutta la pena originale sulla condanna fatta su di lui, e per l’autorità stessa  di questo statuto, senza il ministero di un Giudice, si comprenda che è assolto e libero. Aggiungiamo inoltre che i condannati a una pena pecuniaria, che hanno il perdono dall’offeso, e l’abbiano presentato nella scadenza e abbiano confessato il delitto, volendo pagare la pena entro il tempo, abbiano il pieno condono del raddoppio della pena, se per caso la pena sia stata doppia. Se qualcuno, in realtà, non abbia pagato effettivamente la condanna pecuniaria fatta su di lui entro i detti 10 giorni al detto Banchiere, oltre a tale condanna, sia obbligato pagare interamente anche una quarta parte della somma espressa nella condanna, sia che sia stato detto nella sentenza, sia che lo non sia, e nondimeno, non essendo stata pagata questa stessa, e per lui non abbia validità che la condanna sia cancellata. L’aggiunta o l’aumento di tale quarta parte non rivendichi di per sé un vigore, qualora alla condanna pecuniaria una pena corporale o afflittiva del corpo sia stato annessa. Tuttavia questo statuto non rivendichi per sé un vigore, se, per mezzo degli statuti di questo volume, sia stato trovato stabilito un maggiore o minore tempo per pagare le condanne o le pene.

       4 Rub.22Una sentenza penale non sia invalidata a motivo della carenza di una formula giuridica.

   Vogliamo ed ordiniamo che qualora su un crimine o su un delitto, per mezzo della confessione della parte, o per una legittima prova dei testimoni, o legittimamente altrimenti si faccia la constatazione sul crimine o sul delitto, quantunque una qualunque formula giuridica, nel processo, sia stata omessa, o sia stata trascurata, o l’ordine della legge o degli statuti del Comune di Fermo sia stato stravolto o non sia stato praticato, tuttavia non pertanto la sentenza sia nulla né da annullare, ma egualmente abbia validità e regga, come se l’ordine e la formula giuridica di ogni statuto e della legge siano stati praticati in pieno. Per qualche occasione, per le dette cose, quando si ha così la costatazione sul crimine, nessun Rettore, Sindaco o Giudice degli appelli possa dichiarare nulla, non valida, inefficace la sentenza pubblicata su tale crimine, né annullare, invalidare, rendere inefficace <questa>, né in qualche modo intraprendere qualche cosa contro questa stessa, sotto la penalità di 200 libre di denaro per il trasgressore; e nondimeno ciò che sia stato fatto contro ciò abbia validità per la legge stessa e neppure regga in alcun modo.

       4 Rub.23I beni dei condannati.

   Affinché nessuno sia oppresso per un reato di un altro né patisca danno alcuno, decretiamo ed ordiniamo che quando qualcuno sia stato condannato a morte, che per costui stesso sia stata fatta l’esecuzione, o no, i suoi beni in nessun modo si possano né si debbano confiscare, ma anzi, quelli provenienti da uno che non ha fatto un testamento, o per un diritto debbano essere conservati e siano riserbati per i successori debbano; fatta eccezione per i beni di chiunque sia stato condannato per tradimento o per ribellione, commessi contro la Città Fermana, o contro il suo Comune; e fatta eccezione per i condannati per eresia, per assassinio, per rapine stradali o per il vizio di sodomia; in tutti questi singoli casi i beni dei delinquenti debbano essere resi beni pubblici e confiscati <devoluti> al Comune di Fermo; e si capisca che sono stati confiscati anche se non sia stato espresso nella condanna; ma avendo riservato ai figli sempre la legittima, se non nel caso di detto tradimento o della ribellione. E dovunque si fa menzione dei beni di qualcuno resi pubblici, a meno che ivi apertamente si derogasse a questo statuto, per qualche motivo, si intenda e si faccia la stessa cosa. E va fatta eccezione per gli altri casi in modo speciale espressi negli statuti e in questo volume, circa il rendere i beni dei delinquenti, beni pubblici. Tali Statuti devono rimanere stabili nella loro validità.

       4 Rub.24Per coloro che bestemmiano e che maledicono Dio e i suoi santi e che giurano con malizia e in modi turpi, inopportunamente su di loro o mediante loro o contro le immagini o le figure loro fanno qualunque cosa.

   Allo scopo di reprimere i reati di coloro che presi da una istigazione diabolica presumono di profferire o fare bestemmie, parole o fatti a motivo dei quali abbiamo conosciuto che ne nascono pestilenze, terremoti, o fame nei territori, decretiamo con leggi più umane, che divine, e sanzioniamo con questa legge, che sarà per la validità perpetua, che se qualcuno abbia bestemmiato o abbia maledetto Dio, suo Figlio il Cristo o lo Spirito Santo, o la Beata Vergine Maria, o nominando uno o più dei loro i membri o delle parti di oscene, di uno o di un altro di loro stessi, o parlando con parole simili, in modo disonorante, sia punito con scudi 25 per qualsiasi volta. Inoltre se qualcuno abbia detto qualcosa per disprezzare Dio o qualcuno di questi santi o abbia profferito qualche simile parola turpe su di loro, o contro qualcuno di loro, similmente sia punito con la detta pena. Se, in realtà, una persona abbia bestemmiato o maledetto o imprecato qualche altro Santo o Santa di Dio con qualcuno dei detti modi o con simili, sia punita a 10 scudi. E in tutti i singoli i casi già scritti dal principio fino a qui, una persona che delinque, di qualsiasi sesso sia stata, qualora non abbia pagato la condanna fattagli o la pena impostagli secondo i detti modi, entro 10 giorni dopo pubblicata la condanna, o dopo la pena impostagli, sia posta alla catena o alla berlina per la prima volta, in realtà per altra volta sia tagliata effettivamente la lingua del tutto dalla sua bocca. Qualora, in realtà, qualcuno abbia fatto un giuramento per mezzo della testa, dei capelli, degli occhi, del naso, degli orecchi, delle mani, del petto, dei piedi, della corona, delle clavicole, delle ferite, del latte, del cuore, del fegato, del polmone, delle viscere, della milza e di cose simili a queste di Dio, o di Cristo, o della beata Maria Vergine, o dei Santi, o delle Sante di Dio, coloro che giurano fino alle membra dei Santi, siano puniti a scudi 5; ma quelli che giurano per mezzo delle membra di Dio, di Cristo o della Beata Vergine, siano puniti con scudi 10, per qualsiasi volta. E in tutti i singoli casi di tutto il presente statuto sia lasciato all’arbitrio del Rettore o del giudicante quel che possa e debba essere considerato simile a ciò. Se, in realtà, qualche persona abbia colpito, abbia inciso, abbia vituperato, o raschiato, o guastato, in tutto o in parte, una pittura, una figura o una immagine di Dio, del Cristo, della Beata Vergine, o di qualche Santo o Santa di Dio con un coltello, o con qualche genere di armi o con qualunque altro strumento di qualsiasi genere, oppure, in modo premeditato e con animo ostinato, abbia scagliato o messo pietre, legni, fango o alcune immondizie, contro di loro, o contro qualcuna di loro, oppure abbia percosso queste immagini, pitture o figure, o qualcuna di loro, o soltanto abbia colpito con le anzidette cose, o con qualcuna di esse, le immagini, le pitture, le figure anzidette o qualcuna di loro, anche soltanto con la mano o con un calcio nel volto di qualcuna delle pitture, delle immagini o delle figure dette prima, gli sia completamente amputata la mano destra oppure l’altra, soltanto una mano, fino a separarla da corpo, non entrambe, quella con cui le dette cose o qualcuna di esse siano state fatte. Il Podestà, il Capitano e il Giudice di giustizia e uno qualsiasi di questi, abbiano libero potere e autorità di fare indagini, di investigare e di punire sulle dette cose o su ciascuna di queste, tutti i singoli delinquenti di cui si fa menzione in questo statuto, con le pene descritte sopra, per ciascuna volta quando abbiano sono stati delinquenti, sul fatto, e senza alcun processo, subito appena sia stata fatta la constatazione di ciò. E riguardo alle dette cose tutte e singole e per ciascuna di queste anzidette, chiunque sia accolto e sia considerato come legittimo accusatore e denunciatore e sia tenuto segreto e abbia la metà della penalità pecuniaria e una metà del residuo di questa penalità sia del Comune e l’altro di chi fa l’esecuzione. Nei casi predetti meramente personali non abbia luogo alcun beneficio né di pace né di confessione. E nessuna persona che faccia un appello o una opposizione per nullità o un reclamo in qualunque maniera, sia ascoltata, in alcuno di questi casi, anzi, in qualsiasi occasione, il potere di fare appello, di reclamare, o di parlare di nullità sia completamente interdetta e negata per chiunque sia stato condannato, secondo la modalità e la disposizione del presente statuto, non fare appello, reclamare, o parlare di nullità, né da sé, né tramite altri a loro nome, né a nome di questo condannato.

       4 Rub.25Le pene per chi disturba i divini offici.

   Desideriamo che il divino officio sia celebrato con ogni pace e riverenza, e decretiamo che se qualcuno, in qualunque modo, abbia disturbato un divino officio, mentre è celebrato, o abbia procurato un ostacolo a coloro che celebrano in modo che non lo celebrino, e l’abbia fatto con consapevolezza, sia condannato e punito a 100 libre di denaro. E la stessa pena e lo stesso statuto siano capiti e siano a contrasto di coloro che disturbano le preghiere litaniche o coloro che le celebrano, o procurando un impedimento a loro o a qualcuno di loro, mentre sono celebrati; e la differenza di sesso non venga ammessa in nessun modo, nelle dette cose.

       4 Rub.26La pena per coloro che commettono un tradimento o una ribellione.

   Ognuno di qualunque sesso, che da qualche Castello, dai fortilizi, da una rocca, da una comunità o da una Villa del Comune di Fermo, abbia commesso o abbia fatto o abbia ordinato per fare o per commettere qualche defezione, ribellione o tradimento, o contro la Città Fermana, o contro il suo popolo, o contro il Comune, in qualunque modo abbia commesso, fatto, ordinato, o abbia trattato altra ribellione, defezione o rivelazione, venga trascinato alla coda di un asino attraverso la Città, poi sia appeso con una corda alle forche, in modo che muoia del tutto e anche sia punito, ad arbitrio del Rettore, con una pena più atroce, e tutti i suoi beni siano applicati al Comune. Se in realtà un Castello, una Villa abbia commesso, ordinato o fatto un tradimento, una ribellione o rivelazione contro questo Comune, gli svescioni, i ribelli o i traditori principali siano puniti con la pena detta sopra e il Castello o la Villa venga devastata e nello stesso posto, in futuro, non si possa costruire. E per queste cose e per qualsiasi di esse si possa essere accusati, indagati, e giudicati fino a quindici anni dopo che è stato commesso un tale reato, nonostante uno statuto che lo proibisca che non si possa, giudicare o punire sulle cose commesse prima di un certo tempo, e nonostante qualunque altro statuto o legge. Salvo sempre riservato che per le cose commesse prima dell’anno del Signore 1379 e il giorno 25 del mese di agosto del detto anno, anche se siano cose come quelle contenute in questo statuto, in nessun modo si possa far procedura né giudicare. E il presente statuto soltanto circa i reati commessi dopo detto anno e giorno e circa quelle verranno in futuro ad essere commesse per lo meno rivendichi per sé vigore. E se qualche persona per qualche occasione delle anzidette sia stata condannata o esiliata, mai abbia validità che ritorni o si riduca alla Città di Fermo.

       4 Rub.27Le pene per gli ambasciatori che eccedono gli ambiti del mandato.

   Diamo precetto che la forma e il modo del mandato e dell’ambasciata devono essere praticati da chiunque. Se ci sia stato qualcuno invece di tanto grande temerità che abbia ecceduto in un qualche modo, oltre gli ambiti dell’ambasciata o del mandato a lui imposti o affidati per mezzo dei signori Priori del popolo e del Vessillifero di giustizia o del Concilio o del Comune della Città di Fermo, e quando sarà stato inviato ambasciatore fuori Città per mezzo di questi o in altra maniera a nome del Comune, venga sul fatto punito, in modo reale e personale, ad arbitrio del Rettore, anche senza processo e senza alcuna formula giuridica, dopo aver considerato la condizione della persona e la qualità del fatto, e per il resto, per il fatto stesso ,in perpetuo, sia privato degli uffici, privilegi ed onori del Comune di Fermo.

       4 Rub.28Le pena di chi fa una conventicola, una cospirazione, una sommossa o cose simili.

   Con questa legge, che sarà valida in perpetuo, affinché tutti, in qualunque condizione o stato stiano, in perpetuo, si astengano da cose tali che, in qualsivoglia modo, potessero danneggiare, turbare o essere di pregiudizio al presente Stato popolare, libero, pacifico, e tranquillo, facciamo precetto che nessun terrigeno o forestiero o  <abitante> del distretto o del contado che sia ragguardevole o sia nobile, in qualunque stato o condizione stia, osi o presuma, pubblicamente o di nascosto, dire, ordinare o fare, trattare, o fare che sia fatto fare o sia trattato, o consentire o partecipare a qualche conventicola, o a una cospirazione, o a una combriccola popolare, o a una congiura, o ad un  tumulto, o ad uno schiamazzo nella Città di Fermo, o tra il suo popolo di questa Città, o nel Comune o nel suo contado o nel distretto, né incitare o aizzare nella Città di Fermo o nel suo contado o nel distretto, allo schiamazzo, alla congiura, alla sommossa, o allo scuotimento dello Stato presente, pacifico, libero, popolare e tranquillo della Città o del detto contado di Fermo, né fare o porre barricate o sbarre in qualche parte della detta Città, di persona o tramite altri a proprio nome, o con comando direttamente o indirettamente, nel tempo dello schiamazzo, della contestazione o in altro tempo, in modo che i Priori del popolo o il Vessillifero della giustizia generale, o gli altri Confalonieri delle Contrade e i Capitani delle società di questa Città, in qualsivoglia modo, non possano e non siano in potere di andare e di tornare liberamente e senza ostacolo né impedimento attraverso la detta Città per l’aiuto, per la difesa e per la protezione dello Stato pacifico, popolare tranquillo e libero del Comune e del popolo della detta Città e dei detti signori Priori e del Vessillifero di giustizia. Inoltre che nessuno dal contado o dal distretto di Fermo o un abitante di questo stesso contado o del distretto, in qualsiasi stato o condizione stia, o anche da altro luogo, in tempo di schiamazzo o di rivolta, osi né presuma venire verso la Città o dentro la Città di Fermo con armi o senza, destinare, portare o mandare, direttamente o indirettamente ad una parte, o a persone particolari, o ad una persona particolare di questa Città, genti, armi o cavalli, o altre cose qualunque, che influiscono o che fanno brigare, o consentire tacitamente o espressamente per un servizio di qualcuno, per un giovamento o in altra maniera qualsiasi, o per qualcuno, o per chiunque, o per gli anzidetti, o per qualcuno di essi, in qualunque maniera, o motivo, o richiesto schieramento, se non con uno speciale permesso e per un mandato esplicito dei signori Priori del popolo e del Vessillifero di giustizia di questa Città e del signor Podestà o del Capitano. Inoltre che nessuna persona, di qualunque stato o condizione sia, osi né presuma, pubblicamente o di nascosto, dire, ordinare, fare, consentire, trattare o procurare, in qualsiasi maniera o comunque, qualcosa per cui si possa derogare o arrecare in qualcosa un danno allo stato pacifico, libero, popolare, Comune e tranquillo di questa Città, né alla giurisdizione e ai suoi privilegi, o del contado e del distretto, né nelle cose già dette o in qualcuna di esse, dare o prestare aiuto, consiglio o sostegno o comunque di essere d’accordo a favore di uno di qualunque stato dignità o superiorità sia, neppure dargli consenso. Ma piuttosto se abbia saputo, abbia ascoltato, sentito o abbia capito qualcosa delle dette cose, immediatamente, celermente senza indugio, sia obbligato e debba dire, rivelare, divulgare, o manifestare quella cosa o quelle cose ai signori Priori del popolo e al Vessillifero di giustizia di questa Città e anche al Podestà e al Capitano, quelli che saranno incaricati nel tempo, e dire loro ed accusare coloro sulle cose dette o su qualcosa di queste dicono, ordinano, trattano, procurano o consentono; uno o più, chiunque siano stati, e nondimeno poter resistere e contraddire con tutte le possibilità, agli stessi che così dicono, ordinano, trattano, procurano o consento, come già detto, affinché qualcosa delle predette non venga eseguita né portata a termine. Se qualcuno invece di qualunque Stato o condizione si sia, abbia trasgredito o sia stato venuto o non abbia rispettato e non abbia adempiuto le dette cose o qualcuna di esse che sono contenute sopra nel presente statuto, sia punito, a libero volere del Podestà e del Capitano in maniera reale e personale, dopo aver valutato la condizione e la qualità del trasgressore e del fatto. In tutte queste e singole cose i detti Podestà e Capitano e ciascuno di questi abbia la pienissima giurisdizione, il potere e libero arbitrio di investigare a motivo del loro officio, di fare indagine e anche di far procedura in forza di una accusa o di una denuncia di chiunque; e di punire chi è trovato colpevole sulle cose dette o su qualcuna di esse, poi punirlo, a libero arbitrio, in maniera reale e personale, sul fatto, e senza formalità né obbligo di legge e di uno statuto, e omettendo ogni solennità. E con lo stesso libero arbitrio e la stessa maniera, si possa fare la procedura, e punire e condannare coloro che abbiano parlato male o in derisione o in altra maniera sconveniente del popolo, o della società del popolo, o dello stato popolare. E contro questi tutti i singoli, nel fare la procedura, nel condannare si capisca che tutte le singole dette cose siano ripetute e stabilite e abbiano luogo. E nelle dette cose o in qualcuna di queste non abbia affatto luogo nessun beneficio di pace, o di confessione né qualunque altro <beneficio> rivendichi per sé valore. Se qualcuno invece a causa delle cose dette o di qualcuna di esse, delle quali nel presente statuto si fa menzione, sia stato condannato alla privazione o alla perdita della persona o della vita non abbia vigore, in futuro, che egli ritorni in un modo qualunque alla Città di Fermo o nel suo contado o in essi, in nessun momento. Inoltre se qualcuno che abbia destato sospetti ai signori Priori o al Vessillifero di giustizia, o al Podestà, o al Capitano, che facesse qualcuna delle già dette cose, che attentasse, commettesse, o maneggiasse, palesemente o di nascosto, o in altra maniera, sullo stato popolare, libero e tranquillo di questa Città, sia stato ritenuto sospetto dai detti signori Priori e dal Vessillifero di giustizia o dal signor Capitano o dal Podestà o che facesse qualcosa o attentasse o commettesse o maneggiasse qualcosa a pregiudizio, a danno, o a disastro di questo stesso Stato o contro lo stesso Stato, in qualsivoglia e qualsiasi caso dei già detti, sul fatto e senza processo né scrittura, con libero arbitrio, il signor Podestà e Capitano e ciascuno di essi possa segregare, espellere dalla terra, e condannare al confino nella Marca, e fuori, per lo statuto che parla dello stabilire il confino o gli esili, o nonostante l’ostacolo di un altro statuto né, in alcun modo per una legge. E affinché gli officiali, non possano dichiarare, per un qualsiasi minimo reato, neppure usare quelle parole nel processo «Motivo per cui lo stato della Città si sarebbe potuto turbare, eccetera» decretiamo che quelle parole non possano essere usate in alcun processo, se non sia stato deliberato dal Podestà unitamente con il Capitano del popolo della Città di Fermo; e qualora il Capitano non sia stato <presente> in Città, allora, insieme con il Giudice di giustizia. E di questa cosa ci sia evidenza e debba essere evidente per mano del Notaio dei reati del già detto Podestà e per mano del Notaio del Capitano o del Giudice di giustizia. E se si facesse in maniera diversa, per la legge stessa, la sentenza da pubblicare su questo processo non abbia alcuna validità. E il Podestà e il Giudice che abbiano agito in contrasto alle dette cose incorrano nella penalità di 500 libre di denaro per ciascuno. E ad opera dei Sindaci si debba fare il sindacato, espressamente, sulle dette cose, nel tempo del suo sindacato.

       4 Rub.29Le pene per coloro che offendono i signori Priori del popolo, il Vessillifero della giustizia, il loro Notaio o il Cancelliere del Comune.

   Se qualche persona abbia offeso qualcuno tra i signori Priori del popolo o il Vessillifero della giustizia della Città di Fermo, si faccia la procedura in questo modo per le infrascritte offese, cioè qualora abbia proferito o abbia detto parole ingiuriose o minatorie, una o molte, per ciascuna volta venga punito con 50 libre. Se contro qualcuno di essi abbia fatto minacce con mano vuota, venga punito con 100 libre di denaro. Se con armi 200 libre. Se in realtà abbia percosso qualcuno tra i detti Signori con un bastone o con un altro strumento, senza sangue o anche a mano vuota con sangue o senza, la mano con la quale avrà percosso se sia stata una sola o entrambe le mani, se con ambedue abbia percosso, a costui stesso sia amputata o amputate totalmente, in modo tale che siano separate dal corpo. Se abbia percosso qualcuno degli anzidetti con armi di ferro, e da lì sia stato uscito sangue, venga punito alla morte, in modo che l’anima venga separata dal corpo. Se qualcuno invece abbia ucciso qualcuno fra gli anzidetti Priori o il Gonfaloniere durante il loro officio, venga punito con la <pena> capitale, in modo tale che esattamente muoia, e l’anima di lui venga separata dal corpo, e tutti i suoi beni siano resi pubblici, confiscati e annessi alla Camera del Comune di Fermo, affinché si passi come esempio, sia che la esecuzione sia fatta nella persona, sia che no. Se in realtà con alcuni dei detti modi offendesse il Notaio di questi signori Priori o il Cancelliere del Comune, sia punito con la pena doppia di quella con la quale verrebbe punito, se avesse offeso un altro Cittadino. Se qualcuno invece abbia ucciso il Cancelliere o il Notaio dei signori Priori durante il loro officio, sia punito con la <pena> capitale, in modo tale che esattamente muoia, e tutti i suoi beni siano resi pubblici, siano confiscati e siano annessi alla Camera del Comune di Fermo, sia che si faccia la esecuzione nella persona, sia che no. Inoltre se qualcuno abbia offeso qualcuno che sia stato Priore o Vessillifero di giustizia, entro i due mesi successivi dopo ultimato il suo officio, venga punito al doppio di quanto verrebbe punito se abbia oltraggiato un altro Cittadino. Inoltre chiunque abbia offeso qualcuno che sia stato Priore o Vessillifero di giustizia, entro un anno dopo deposto il loro officio di priorato o l’officio di vessillifero di giustizia, nell’occasione del detto loro officio, egualmente venga condannato e punito al doppio. Su queste cose il Podestà e il Capitano e ciascuno di loro abbiano il libero arbitrio di investigare e di punire sul fatto con le pene già dette, e senza altra formalità né processo o scrittura, tanto nel fare la procedura, quanto anche nel condannare.

       4 Rub.30Per stabilire il confino o la relegazione <condanne>.

   Affinché non si faccia la procedura con leggerezza e sconsideratamente per le liti, decretiamo che il Capitano, il Podestà e ciascuno di questi abbiano il libero arbitrio di esiliare o di porre al confino o di mandare i litiganti davanti a qualcuno di questi stessi, o davanti a qualche loro officiale nel palazzo della residenza di qualcuno di loro, se tali litiganti a parole o a fatti abbiano avuto con sé alcune armi, purché tuttavia la relegazione sia soltanto entro la Provincia della Marca e non oltre, per quanto sia duraturo l’officio di colui che fa la relegazione o pone al confino o vi manda. In realtà per i reati commessi non in presenza ma in assenza degli anzidetti, ciascuno dei detti Rettori abbia valido potere di esiliare i delinquenti o di porli al confino o mandarli al confino o di inviarli soltanto nel contado di Fermo, e per un tempo non maggiore di venti giorni, fuorché per parole ingiuriose dette in assenza degli anzidetti, e per queste cose non è lecito esiliare o porre o mandare a confino, se non in quanto fosse garantito da qualche statuto espressamente. E gli anzidetti Rettori a loro arbitrio possano fare e stabilire le dette relegazioni o porre o mandare a confino, oltre le altre pene contenute negli statuti. La persona in realtà relegata nel detto modo e in generale qualunque altra persona sia mandata o posta a confino, per la forma o della permissione di qualche statuto di questo volume, sia obbligata totalmente ad accondiscendere e obbedire e di non trasgredire, in nulla al Rettore che fa la relazione o che manda a confino, né possa assentarsi dalla Città di Fermo, durante il tempo della sua relegazione, in alcuna maniera, senza una speciale ed esplicita licenza di colui che relega; altrimenti, qualora abbia fatto in modo difforme, sia considerato totalmente come un ribelle della Città di Fermo, e possa e debba essere condannato come ribelle.

       4 Rub.31La Pena di coloro che offendono i Rettori o gli officiali della Città e del contado e della loro famiglia.

   Gli eccessi e i reati di ingiurie o degli offensori contro il Podestà o il Capitano, o qualcuno tra i loro officiali, o verso qualche altro Rettore o officiale del foro del Comune di Fermo, o verso un suo officiale, durante l’officio di quel Rettore o del già detto officiale del foro, il quale ha ricevuto l’oltraggio o l’offesa, o nel sindacato di lui, o nel venire al suo officio alla Città di Fermo, sia durante il viaggio nell’allontanarsi da questa, venga punito, sul fatto e in modo reale e personale, a libero arbitrio del Rettore, dopo considerate la qualità del fatto e la condizione delle persone; in realtà le cose commesse contro il Podestà, o contro il suo officiale siano punite dal Capitano o dalla sua Curia; in realtà le cose commesse contro un altro officiale del foro del Comune, o contro un suo officiale, o famiglio, siano punite dal Podestà o dal Capitano con l’anzidetto arbitrio. Se qualcuno in realtà abbia offeso qualche Cittadino Fermano, o un Rettore del contado, o del distretto, o un officiale di qualche Castello del contado o del distretto di Fermo, o un suo Notaio, nel luogo ove esercitasse il suo officio, durante il suo officiò, o durante il suo viaggio andando verso detto Castello per il suo officio, o ritornando da lì dopo averlo finito, oppure durante il suo officio; inoltre se qualcuno abbia oltraggiato un domestico, o un servo del Podestà o del Capitano o di un altro Rettore, o un officiale del foro, in qualsivoglia dei detti casi di questo paragrafo venga punito col doppio di quanto sarebbe punito un Cittadino che offende un Cittadino, e in tale doppio sia compresa la <pena> semplice; decretiamo e dichiariamo che contro tali offensori debba essere ed intendersi doppio come pena semplice e non raddoppiata.

       4 Rub.32Per i guastatori delle carceri.

   Chi, mentre sta in carcere, devasta il carcere pubblico della Città di Fermo, sia punito con la pena capitale; inoltre chi dopo l’effrazione dello stesso carcere, fuoriesce, sul fatto stesso, sia punito con la stessa pena; e sia tagliata la testa dalle spalle a chi intraprende la fuga dalle pubbliche carceri della Città, in modo tale che muoia del tutto. Inoltre qualora qualcuno stando fuori dal carcere, o non carcerato, consapevolmente, abbia rotto con inganno il pubblico carcere della Città, o abbia dato in prestito, o abbia affittato, o prestato, o dato o portato uno o più ferri o altri strumenti, uno o molti, a chi devasta o per devastare le dette carceri, sia punito con la detta pena del taglio della testa, così che muoia, sia che ci sia un fuoruscito, o fuggiasco, sia che no. Se in verità qualche persona sia fuggita non dalle dette pubbliche carceri, ma dal palazzo di qualche Rettore della Città o del contado, ad arbitrio del Podestà o del Capitano venga punito con 10 fino a 50 libre di denaro.

       4 Rub.33La pena di coloro che si oppongono alle esecuzioni della Curia o che impediscono la stessa esecuzione.

   Se qualche persona di fatto si sia opposta ai servitori del Podestà o del Capitano o di un altro officiale della Città di Fermo o a qualche Balivo del Comune per una commissione di qualcuno di loro, o per un mandato trasmesso; o chi abbia procurato un impedimento, soltanto di fatto, a qualche Balivo, o ad un famiglio dei detti officiali affinché chi così è stato inviato non esegua la commissione o il mandato ingiunto o fatto, e anche chi abbia permesso che il tale così inviato prenda da sé o con un altro il pegno o i pegni e si peggiori in altro modo, venga punito sul fatto e senza alcun processo a 5 libre di denaro e su queste cose sia prestata fede e ci si attenga al resoconto di codesto inviato con un teste oculare. Ed in ciò il beneficio della confessione abbia validità e non <quello> della pace. Aggiungiamo alle dette cose che se qualcuno abbia fatto fuggire o evadere o abbia procurato un impedimento, per cui qualcuno fugga o evada dalle mani di qualche officiale o di un famiglio di qualche officiale della Città di Fermo, e per l’occasione di questo impedimento il detto prigioniero, o chi sta nelle mani o nella forza del detto officiale o di un famiglio sia fuggito o sia evaso, o che sia stato catturato nell’occasione di un reato, o a richiesta di qualche creditore di questo catturato, o per qualunque altra ragione, il detto esecutore dell’impedimento o chi fa fuggire, come sopra, sia punito come quella pena, e sia obbligato a quella somma di denaro alla quale il detto fuggitivo o evadente era obbligato, e ad un quarto in più della penalità pecuniaria o del debito, da assegnare al Comune di Fermo. Se in realtà nella occasione di un reato, sul quale si dovesse imporre una pena corporale o principalmente afflittiva del corpo, o sia stata imposta, colui che procura il detto impedimento o chi fa fuggire sia punito, come sopra, e per ciascuna volta, ad una pena di 1000 libre di denaro, sul fatto, e senza alcun processo.

       4 Rub.34La pena per chi impedisce a qualcuno di fare testamento, o fare contratti o disporre altrimenti delle proprie cose.

   Coloro che, contro i comportamenti buoni, impediscono direttamente o di traverso ad una qualche persona di fare liberamente testamento, o in altra maniera disporre nell’ultima volontà dei suoi beni, o costringendo o in altra maniera non determinando a fare liberamente il testamento o di disporre, come già detto, sia punito e condannato a 200 libre di denaro. Per il fatto stesso perda ogni cosa o comodo di lei, che abbia, o potesse avere o gli spettasse sui beni o riguardo ai beni della tale persona ostacolata e in perpetuo ne sia privato di fatto, e in perpetuo. E con la stessa penalità sia punito chi abbia sedotto o abbia spinto un altro a fare ciò.

       4 Rub.35 Le carceri private.

   Desideriamo che il nefandissimo crimine di incarcerare in privato sia punito con l’ultimo supplizio e decretiamo che se ci sia stata qualche persona di tanto grande temerità che per una sua presunta autorità, contro i buoni costumi, abbia carcerato privatamente una qualche persona e l’abbia deprivata della propria libertà, incarcerata o coatta nell’abitazione, o altrove e l’abbia tenuta priva della libertà per lo spazio di 24 ore, o abbia fatto fare o commettere alcunché di questi atti, o abbia agito una persona da sola o sia stata associata chi abbia fatto o commesso o abbia fatto fare o commettere tale cosa, a lei stessa sia amputato il capo dalle spalle, tanto che muoia, e i suoi beni siano resi pubblici e incamerati e si intendano incorporati al Comune di Fermo, quand’anche nella sentenza non sia stato chiaramente espresso che deve essere fatta la confisca dei beni. Se qualcuno invece abbia imprigionato qualcun altro, come è stato detto sopra, e l’abbia tenuto nelle dette carceri e l’abbia privato della libertà per lo spazio di 23 ore, oppure meno, il tale che incarcera o che priva qualcuno della libertà venga punito e condannato per ciascuna ora con 25 libre di denaro.

       4 Rub.36Gli assassini e le loro pene e i mandanti che fanno percuotere per mezzo di sicari.

   Qualora una persona, nella Città di Fermo o nel suo contado o distretto, abbia fatto offendere una persona per mezzo di qualche assassino o con un modo di assassinio, con qualche genere di armi con effusione del sangue o senza, e dalla offesa non siano state inferte, fatte, né siano a seguire né la morte, né una cicatrice che rimanga in perpetuo sulla faccia, neanche una mutilazione, o una rescissione, o una debilitazione che sia duratura in perpetuo su qualche membro, o su un nervo, o su una funzione di un membro, né ci sarà, chi fa offendere così sia punito e condannato a libre 500. E qualora entro dieci giorni, da calcolare dalla emanazione della sentenza, non abbia pagato la condanna fattagli, sul fatto, gli siano rescisse interamente la lingua e insieme una mano tanto da separarle dal corpo. L’assassino che offende così sia condannato a 1000 libre di denaro e qualora non abbia pagato effettivamente questa somma entro cinque giorni da calcolare dalla emanazione della sentenza sia sospeso alla gola sulla forca, in modo tale che muoia del tutto. Se in realtà qualche assassino abbia percosso qualche persona o abbia offeso tanto che dalla percossa o dall’offesa sia seguita la morte o una cicatrice che rimarrà in perpetuo sulla faccia, o una rescissione, una mutilazione, o una debilitazione tale da restare duratura in qualche nervo o di un membro o nella funzione di un membro, siano state fatte o siano a seguire, in perpetuo, da ciò, questo stesso assassino che così percuote, o offende sia sospeso per la gola alla forca in modo che muoia del tutto e tutti i suoi beni siano resi pubblici. E in realtà chi abbia fatto o comandato di percuotere così o di offendere per mezzo del tale assassino, sia punito con la pena capitale in modo che muoia del tutto e tutti i suoi beni siano resi pubblici. Ma se qualcuno, su mandato e su committenza di qualche suo consanguineo fino al terzo grado incluso, da calcolare secondo il diritto Canonico, per la vendetta di una ingiuria inferta in qualsivoglia modo a tale mandante o al committente, abbia percosso o abbia offeso quel tale che precedentemente ha inferto ingiuria al tale mandante o al committente in vendetta d’ingiuria, non vogliamo che sia legato, né si punisca con questa pena di questo statuto, a meno che per mezzo di una corruzione di denaro o di altra cosa, abbia percosso o anche offeso per questa vendetta, ma tanto chi lo fa, quanto anche chi così offende siano puniti con pari pena, secondo le altre pene degli statuti. E non sia considerato assassino chi su mandato del tale consanguineo di cui si parla sopra, abbia offeso, come già detto, a meno che non abbia percosso o offeso per essere stato corrotto con denaro o con altra cosa oppure anche che abbia pattuito. E per il terrore e per sterminare gli assassini decretiamo che se qualcuno in qualche terra o luogo sia stato condannato come assassino ossia per assassinio, fuori dalla Città e dal distretto di Fermo, e su tale condanna esiste la costatazione per mezzo di un pubblico istrumento, se lui sia venuto nella Città o nel distretto di Fermo, e se qui viene scoperto,  debba essere condannato e punito nella persona e con <multa di> danaro con pari pena per l’assassinio commesso altrove, del quale si è avuta la constatazione, come già detto, dopo rinnovato il processo per mezzo del Rettore di Fermo o senza farlo, a libero arbitrio del Rettore. E per l’autorità del presente statuto, qualsivoglia forestiero <forense> fa o commette un assassinio o che in passato l’abbia commesso sia considerato e valutato come un vagabondo. Vogliamo anche che se un famoso assassino sia stato scoperto nella Città di Fermo, o anche nel contado e nel distretto o al Rettore consta che lui è un assassino o lo è stato, per mezzo di tre testimoni che testimoniano o depongono sulla pubblica voce e sulla fama riguardo a ciò, benché questo tale sia riscontrato come forestiero e benché nella Città di Fermo e nel suo distretto non abbia sbagliato al modo di un assassinio e neppure abbia commesso qui un assassinio, tuttavia sia punito nella persona e con <multa di> denaro ad arbitrio libero del Rettore. E qualora il Rettore abbia deciso di condannarlo a una pena inferiore alla morte,  del tutto lo scacci dalla Città di Fermo e dal distretto e lo condanni e sottoponga al bando perpetuo di denaro e di persona. Per assassino si intenda e si consideri, per l’autorità del presente statuto, chi, essendo stato corrotto o colluso con denaro o con altra cosa, o avendo pattuito, abbia offeso qualche persona, oppure l’abbia percossa per mandato altrui o di un altro committente a far fare, che interviene con la corruzione, o con patto di denaro, o altra qualsiasi cosa, o quando lui stesso, per un motivo e per la speranza di denaro o di altra cosa, lo abbia fatto da sé, di sua spontanea volontà; inoltre sia considerato e sia valutato e sia punito come l’assassino anzidetto, consapevolmente in tutto e per tutto, quando qualcuno sia stato un intermediario tra l’assassino e il mandante che fa commettere o fa fare l’assassinio, o sia intervenuto da depositario del denaro o di altra cosa, o chi sia intervenuto o ci sia stato messo in opera per di queste cose. Su tutte le cose contenute nel presente statuto si possa fare la procedura, fare indagine e punire su qualsiasi cosa che così sia stata commessa, come è contenuto nel presente statuto, al tempo dell’officio del Rettore che indaga o <al tempo> del predecessore, o antecedentemente entro 5 anni; e ciò sia praticato nelle cose future.

       4 Rub.37Coloro che intercettano, asportano, nascondono, sottraggono o invadono i beni mobili del Comune.

   Se qualcuno abbia asportato, afferrato, rapinato, sottratto, invaso, in qualsiasi modo, a danno del Comune, per autorità o per temerità propria, in passato, anche in futuro, i denari o altre cose pertinenti e spettanti o cose pervenute, o almeno che debbano pervenire a questo stesso Comune, o beni mobili pertinenti e spettanti o pervenuti o almeno che debbano pervenirgli, di qualsiasi genere, e in qualsiasi modo, oppure almeno abbia fatto, procurato o consigliato dolosamente, a danno del Comune, asportate, afferrare, rapinare, sottrarre, o invadere, sia obbligato alla restituzione effettiva di quanto così asportato, afferrato, rapinato, sottratto o invaso, oppure sia obbligato all’estimo di quello e sia punito al triplo in più, ad arbitrio libero del Rettore, anche sul fatto, senza alcun processo, né scrittura. E contro tutti e singoli coloro che in passato o in futuro abbiano sbagliato nelle dette cose o in qualcuna di esse, qualsivoglia Rettore della Città abbia arbitrio libero di investigare, di indagare e di fare la procedura e punire e condannare i colpevoli, come già detto, e abbia la quarta parte della penalità pecuniaria che avrà fatto pervenire effettivamente al Comune in occasione delle dette cose, o di qualcuna di esse. E questa quarta parte poi sia sottratta dai beni del tale condannato o punito e debba essere riscossa a favore del Comune. E il Rettore nell’occasione della condanna o della pena che avrà fatto o avrà stabilito contro qualcuno in occasione di qualcuna delle dette cose, non possa né debba essere sindacato né stare al sindacato, né esservi tenuto, se non solamente per furto e per baratteria (peculato). E nelle dette cose non abbia udienza alcuno che faccia appello, oppure faccia opposizione di nullità o che voglia opporsi. E qualsivoglia Rettore faccia fare il bando di questo statuto, una volta al mese, sotto penalità di 25 libre di denaro.

       4 Rub.38La pena per chi commette peculato o frode nel suo officio.

   Allo scopo che ognuno nel suo officio e nel suo servizio abbia le mani pulite con la presente legge decretiamo che se qualcuno che ha in qualche luogo dal Comune o per conto del Comune un officio pubblico o anche un’amministrazione pubblica nel suo officio, o nell’amministrazione o per riparo, o per considerazione del medesimo officio, o anche dell’amministrazione, abbia commesso, abbia fatto, o abbia esercitato o abbia fatto commettere, abbia fatto fare o abbia fatto esercitare qualche baratterie <peculato>, furto, estorsione, frode o un illecito guadagno o l’abbia comandato o vi abbia partecipato, oppure abbia ritenuto ciò fatto, accolto, o approvato, sul fatto venga punito con 200 libre di denaro, senza alcun processo né scrittura, e nondimeno <punito> anche alla restituzione di ciò che gliene sia stato pervenuto, o all’estimo di ciò e venga condannato e punito in più al decuplo per il Comune. E nondimeno qualsiasi cosa sia stata compiuta, fatta o avvenuta per riparo, con l’occasione o la considerazione, o con l’intervento di qualcuna delle dette cose, per la legge stessa, non abbia alcuna validità. Su tutte queste singole cose qualsivoglia Rettore della Città abbia libero arbitrio di investigare, di inquisire e di far procedura contro coloro che così delinquono, e di punire e di condannare con le pene già dette con lo stesso arbitrio. E per le sentenze così pubblicate o per le pene imposte per tale motivo non possa essere fatto appello, né fare opposizione di nullità contro le stesse. E il Rettore che così condanna o punisce per queste cose che abbia fatto o abbia stabilito, per la detta occasione, non possa essere sindacato, se non avesse fatto o anche avesse stabilito in tal modo ciò per mezzo di un furto o con baratteria <peculato>. E colui che così abbia condannato e punito abbia la quarta parte di quanto da ciò abbia fatto pervenire al Comune. E affinché non sorga il dubbio o si si discuta, o si faccia sulle dette cose che si debba intendere, come anzidetto, «in un officio pubblico» o anche «nell’amministrazione pubblica» o «dell’officio dello stesso», o anche «acquisizione; occasione considerazione» dell’officio o dell’amministrazione, in vigore dell’autorità perpetua di questo statuto, ciò che sia stato così affidato, o fatto, o comandato, partecipato, o accolto, ricevuto gradito, sia affidato all’arbitrio del Rettore.

       4 Rub.39La pena di coloro che commettono una ruberia, un furto di schiavi, o cose simili e portano al male una fantesca.

   Per mezzo di questa saluberrima legge decretiamo che se qualcuno nella Città o nei Castelli o fuori dalla Città e dai Castelli del Comune di Fermo, in qualche abitazione o percorso, o fuori dall’abitazione o fuori dal percorso nel distretto di Fermo, o anche in mare, o nella riva del mare abbia derubato qualche persona di 20 soldi o più di ciò o di una cosa o di cose di altrettanto valore per mezzo della violenza inferta a tale persona, o abbia preso o abbia catturato qualche persona con lo scopo di far riscattare costei o anche di rubare; sia sospeso alle forche con un laccio cosicché muoia, sia quando tale persona presa o catturata sia stata riscattata da sé stessa o per mezzo di un altro, sia anche che sia stata fatta una riscossione o no; e tutti i suoi beni siano resi pubblici <confiscati> al Comune. Con la medesima pena sia punito se qualcuno abbia fatto fare o comandato di fare o di commettere le dette cose o qualcuna di esse, o consapevolmente e dolosamente abbia partecipato a tali cose fatte o commesse; o abbia dato o prestato aiuto, consiglio e sostegno a chi commette o fa le dette cose o qualcuna delle dette cose; o per commettere o fare qualcuna delle dette cose. Inoltre se qualche ladro pubblico e famoso, o un rapinatore nella Città di Fermo o nel suo distretto, abbia fatto o commesso una ruberia, una rapina, un ladrocinio o un furto di una somma da estimo come scritti sopra, o maggiore, o di una cosa o di cose di tanto valore o di più, sia punito con la pena scritta sopra. E in qualsivoglia caso degli anzidetti, sia condannato alla restituzione della cosa o del denaro così sottratti e al risarcimento del danno, se qualcosa sia provenuto da ciò. Nondimeno per la legge stessa sia privato di un diritto se gli competa qualcosa in tale cosa sottratta. Inoltre se qualche persona fuori dal distretto di Fermo, abbia sedotto il figlio di un altro, o una figlia, sia che l’abbia posto o posta, sia che non l’abbia posto o posta nella potestà di un altro, commettendo un furto di schiavo, o no; purché tuttavia, in un modo o con un motivo disonesto e contro i buoni costumi abbia fatto e commesso così, e successivamente abbia condotto o abbia fatto condurre nella Città di Fermo o nel suo distretto il sedotto o la sedotta; o al contrario, se qualche persona così abbia sedotto così qualcuno o qualcuna nella Città di Fermo o nel suo distretto, come già detto, e successivamente abbia condotto o abbia fatta condurre il sedotto o la sedotta così fuori dalla Città o dal distretto di Fermo, in qualsivoglia dei detti casi sia punito con 500 libre di denaro. E se non abbia pagato la condanna a lui fatta o la pena a lui imposta entro dieci giorni da calcolare dal giorno della pubblicazione della sentenza, gli sia amputata la testa, in modo che muoia. In realtà che sia da intendere e debba essere inteso nei detti modi o in uno di essi, per «sedurre», «avere sedotto», o «avere condotto», o «avere fatto condurre» sia affidato e sia posto e resti posto nel libero arbitrio del Rettore. Inoltre nei casi di questo statuto, o in qualcuno di questi stessi il beneficio della pace non trovi luogo, né il beneficio della confessione sia praticato. E qualsiasi Rettore della Città abbia valido potere di fare la procedura, di informarsi e di punire sulle cose anzidette, sul furto di schiavi, sulla seduzione, sul trasporto degli anzidetti e su cose simili a queste, come già detto, fatte o commesse al tempo del suo officio o antecedentemente, tre anni prima. E ciò abbia validità per le cose future. Se qualcuno in realtà abbia sottratto o in altra maniera abbia trattenuto, senza il permesso del patrono qualche serva o fantesca di qualche Cittadino e di un abitante di questa Città e del suo contado, per la legge stessa, incorra nella pena di 10 ducati d’oro e di tre tratti di corda da compiere sul fatto, senza alcun processo. E il Podestà, che ci sarà stato nel corso del tempo, sia obbligato a riscuotere la detta pena; se non l’abbia riscossa e non l’abbia fatta riscuotere, allora, sia collocata e conteggiata nel salario di questo Podestà.

       4 Rub.40La pena di chi sottrae un bene mobile.

   Ognuno, di qualunque sesso, che porta via con la violenza a qualche persona qualche bene mobile di valore di 100 soldi di denaro o meno di ciò, una o più cose, o denaro fino a 100 soldi di denaro inclusivamente o meno, purché tuttavia non abbia fatto o abbia commesso ciò con l’animo né con il proposito di rubare, sia punito con 25 libre di denaro. Se in realtà abbia portato via, come già detto, denaro, o una cosa, o cose di un valore sino a 100 soldi, o superiore, fino a 10 libre inclusivamente, sia punito con 50 libre di denaro. Se in realtà abbia portato via, come già detto, denaro, o una cosa, o cose di un valore superiore alle 10 libre, di qualunque somma o estimo sia punito con 100 libre di denaro. In qualsiasi dei casi anzidetti sia condannato alla restituzione della cosa o del denaro così portato via, e all’estimo del danno, quando qualcosa così ne sia derivato; e nondimeno, per legge, qualora qualcosa in tale bene portato via apparteneva a lui stesso, ne sia privato sul fatto stesso. In realtà quando <ciò> sia avvenuto senza scopo, né proposito di derubare o di trafugare, la pena del ladrocinio o del furto non trovi applicazione nei casi di questo statuto. In realtà le dette pene o una qualsiasi di esse non abbiano applicazione contro colui che abbia portato via da qualche cosa rinvenuta o trovata che arrecava danno nel suo possedimento o bene.

       4 Rub.41La pena di coloro che impongono una taglia o fanno riscattare per mezzo di una taglia, o cose simili e <pena> dei loro messaggeri.

   Desideriamo rendere sicuri tutti i singoli contro l’arroganza e la superbia di alcuni che procurano o anche osano vergognosamente di applicare ai propri usi e di rapire la ricchezza altrui, e con questa legge decretiamo che se qualcuno sotto minacce o con la pressione della paura, abbia preteso da qualche persona denari o qualche cosa, da sé stesso, o per mezzo di un altro, a mezzo di una lettera di costui, o abbia imposto in tal modo una taglia a qualche persona; o abbia fatto in qualche modo sì che qualche persona sia sottoposta a riscatto per una cosa o con denaro in maniera reale o personale; sia punito ad arbitrio del Rettore. E con la stessa pena sia punito colui che nelle dette cose, o in qualcuna di esse, sia stato un messaggero o un ambasciatore, o abbia portato la lettera su ciò, qualora con consapevolezza abbia fatto un qualcosa come ciò, o abbia offerto aiuto o favore nelle dette cose o in qualcuna di esse.

       4 Rub.42L’omicidio.

   La ragione non tollera che si usi umanità verso coloro che sono disumani. Pertanto decretiamo che se qualche persona deliberatamente e di proposito, o abbia ucciso un uomo, o l’abbia abbattuto, fatto morire o l’abbia eliminato con la spada, con il veleno, o con qualunque altro mezzo, o in qualunque altro modo, o abbia fatto sì o abbia comandato che così fosse ucciso, distrutto o fatto morire o l’abbia fatto eliminare, e l’eliminazione sia stata completata, seppure egli, al tempo della condanna, fosse presente nel potere militare di un Rettore, sia punito con la pena capitale, in modo che muoia; e in questo caso i suoi beni in realtà non siano resi pubblici. Qualora, in realtà, al tempo della condanna, egli non sia stato presente nel potere militare di un Rettore, allora, sia condannato con la pena capitale, in modo che muoia, se in un qualche tempo sarà pervenuto nel potere militare del Rettore o del Comune. E in questo caso tutti i suoi beni siano resi pubblici <confiscati> e nella stessa sentenza siano conosciuti come pubblici. Qualsivoglia donna che deliberatamente e di proposito abbia fatto o abbia partorito un aborto sia punita con un modo e una pena simili. E anche qualsivoglia persona che abbia fatto accadere o nascere un aborto, oppure l’abbia comandato, sia assolutamente punita allo stesso modo e con la stessa pena, come sopra. In realtà, qualsiasi persona abbia prestato aiuto, consiglio o sostegno per le dette cose, o per qualcuna di quelle che sono contenute sopra, sia condannata a 1000 libre di denaro. Se entro dieci giorni, da calcolarsi dal giorno della pubblicazione della sentenza, non abbia pagato questa condanna, sia punito con la pena capitale, in modo che muoia. Se qualcuno invece abbia ucciso un uomo <persona> o l’abbia distrutto, fatto morire, o l’abbia eliminato, non di proposito e senza deliberazione, ma per caso, tuttavia coinvolgendosi in una qualche colpa, sia punito con 500 libre di denaro. E per le cose contenute nel presente statuto qualsivoglia Rettore possa investigare ed anche fare la procedura, indagare e punire, se qualcuna di queste stesse cose sarà stata commessa al tempo dell’officio di costui, o entro i successivi cinque anni, e questo statuto abbia validità nelle cose future.

       4 Rub.43I delitti, gli avvelenamenti, i negromanti e le cose simili.

   Se qualche persona abbia esercitato l’arte della stregoneria, dell’avvelenamento o della negromanzia, oppure se abbia fatto o abbia esercitato qualcosa in qualche modo pertinente alle dette cose o l’abbia fatta fare o esercitare, o accadere, di qualunque sesso sia, poi sia bruciata da viva con le fiamme ed i suoi beni siano resi pubblici <confiscati>.

       4 Rub.44L’adulterio, lo stupro, l’incesto, il rapimento di vergini, o di consacrate a Dio, l’omosessualità, l’empietà, l’accoppiamento proibito e cose simili; i lenoni <mezzani>.

   Vogliamo allontanare tutti dai crimini per mezzo del terrore della pena, decretiamo che se qualcuno abbia rapito, o abbia portato fuori da un monastero una suora o una monaca, contro la sua volontà, oppure volente, con la decisione della unione carnale con lei stessa o abbia fatto l’unione carnale alla fine, oppure non l’abbia fatta, sia punito con la pena capitale, e ad arbitrio libero del Rettore con peggiore pena, fino a che sia completamente morto. Inoltre sia punito con la pena scritta sopra, quando qualcuno abbia fatto unione carnale con una suora o una monaca dentro al monastero. Qualora poi questa abbia tentato di commettere o fare qualcuna delle dette cose o qualcuna di queste e sia pervenuto a qualche atto effettivo, anche se non ha portato a termine l’atto criminoso, sia punito con 1000 libre di denaro e qualora non abbia pagato questa penalità o condanna entro dieci giorni da calcolare dal giorno della pubblicazione della sentenza, gli sia tagliata spalle la testa, cosicché muoia. Se poi qualcuno con il motivo di violentare nella carne una reclusa e carcerata e chi vive da eremita, condiscendente o contro la sua volontà, o l’abbia rapita, o portata fuori dalla sua dimora, sia punito alla pena capitale, cosicché muoia. Sia affidato all’arbitrio del Rettore il significato di cosa si intenda quando una è chiamata «reclusa e carcerata e «vivente da eremita». Nei casi già detti e in qualsivoglia di essi, quando qualcuno sia condannato principalmente alla morte, anche i suoi beni sono resi beni pubblici <confiscati>, qualora, al tempo della condanna, egli non sia pervenuto e fosse nel potere militare del Comune, e se l’esecuzione avvenisse sulla persona, allora e in tale caso, i suoi beni non sono resi pubblici. Inoltre se qualcuno abbia violentato nella carne una sua consanguinea che sta nel primo, secondo, terzo, o quarto grado, sia condannato alla pena capitale cosicché muoia. Qualora abbia fatto soltanto un tentativo con il motivo di unirsela nella carne sia condannato a 500 libre di denaro. E in tutti i singoli detti casi la donna consanguinea di colui che unisce nella carne, e lei abbia sopportato di essere così unita, sia punita alla medesima pena come colui che la unisce nella carne. Se in realtà, qualcuno abbia violentato nella carne, contro la di lei volontà, una parente ‘affine’ legata con il grado primo, secondo, terzo, o quarto, o una vergine, sia punito con la pena capitale, cosicché muoia. Se in realtà <si unisce> con lei volente, allora il maschio e la femmina siano puniti, a 500 libre di denaro per ciascuno. E qualora non abbia pagato questa pena entro dieci giorni da calcolarsi dal giorno della pubblicazione della sentenza, ad arbitrio del Potestà, gli sia tagliata dal braccio la mano destra oppure la sinistra, così che a chi non paga sia separata dal corpo. Se in realtà, abbia fatto il tentativo soltanto con l’intento di violentarla nella carne, sia punito a 200 libre di denaro. Qualora, in realtà, qualcuno abbia fatto l’unione carnale con una sua parente ‘affine’ non vergine, che sta legata nel primo, secondo, terzo, o quarto grado, se contro la volontà di lei, sia punito con la pena capitale; se invece con lei volente, ciascuno di questi, tanto il maschio quanto la femmina, siano puniti a 200 libre di denaro; e se non abbia pagato questa pena entro dieci giorni da calcolarsi dal giorno della pubblicazione della sentenza, sia fustigato con flagelli nudo attraverso la Città di Fermo, si intende chi non paga; e qualora uno non abbia fatto l’unione carnale, ma qualora abbia tentato soltanto, con l’intento di violentarla, senza che sia avvenuta l’unione carnale, sia punito a 100 libre di denaro. E in tutti i singoli casi di questo statuto, il detto grado della consanguineità e dell’affinità debba essere calcolato e numerato soltanto secondo il diritto Canonico. Inoltre se una persona abbia fatto il coito carnale turpemente con qualche animale bruto, allora siano bruciati al fuoco, da vivo tanto colui che fa il coito, quanto l’animale vivo bruto. Inoltre se qualcuno abbia commesso il vizio di sodomia, in verità, colui che ha l’età maggiore di 18 anni, sia bruciato vivo al fuoco, cosicché muoia. Colui che subisce la sodomia con età maggiore di 14 anni sia punito a libre 200 di denaro. Inoltre se qualche Cristiano abbia fatto l’unione carnale con qualche Giudea o al contrario uno Giudeo l’abbia fatta con qualcuna Cristiana, egli sia bruciato vivo al fuoco, cosicché muoia: E quando lei sia stata passiva spontaneamente nell’essersi così unita nella carne, sia punita con la stessa pena con cui il maschio. Inoltre se qualcuno abbia fatto l’unione carnale con una vergine contro il diritto, e contro i buoni costumi, sia condannato a 1000 libre di denaro e se entro dieci giorni da calcolarsi dal giorno della pubblicazione della sentenza non abbia pagato questa penalità, gli sia tagliata la testa cosicché muoia. Qualora, in realtà, qualcuno abbia fatto il rapimento di qualche vergine o di qualche donna sposata di buona vita e di fama, con l’intento di farci l’unione carnale, sia punito alla pena capitale, cosicché muoia, sia che abbia fatto con lei l’unione carnale, sia che no. Se qualcuno poi abbia fatto soltanto il tentativo violento con l’intento di unirsi nella carne con qualcuna vergine, sia punito a libre 200 di denaro. Inoltre se qualcuno si sia unito nella carne con una moglie altrui di buona vita e di fama con lei volente, sia condannato a libre 200 di denaro e se non abbia pagato questa condanna entro dieci giorni da calcolarsi dal giorno della pubblicazione della sentenza, sia fustigato nudo con flagelli attraverso la Città di Fermo e nondimeno sia rimesso nel carcere e fino a quando non abbia pagato non sia affatto rilasciato. Qualora, in realtà, uno fa la violenza carnale fatta contro la volontà di lei, sia punito alla pena capitale. Il “fare un tentativo” poi va inteso come quando uno sia andato nell’abitazione di lei o sia entrato o sia voluto entrare nella possessione di lei o altrui, o l’abbia presa <addosso> sulla persona. E queste cose abbiano applicazione in qualsiasi caso di tentativo contenuto nel presente statuto; qualora, invece, non sia avvenuta l’unione carnale con lei, ma abbia fatto soltanto il tentativo con violenza, sia punito a 200 libre di denaro. Se qualcuno invece abbia fatto l’unione carnale, o l’abbia tentata, con la moglie altrui di vita e di fama non buone, né di buona fama, o abbia agito con colei volente, sia il maschio, sia la femmina siano puniti a libre 10 di denaro; in realtà, se contro la volontà di colei, questo <uomo> adultero sia punito a libre 25 di denaro. E al fine di aver prova che la tale donna sia o sia stata una donna di fama e di vita non buone e non oneste, sia sufficiente la prova della deposizione di quattro testimoni che riferiscono su ciò dalla pubblica voce e dalla fama. Inoltre se qualcuno abbia fatto l’unione carnale con una vedova di vita e di fama buone e oneste, con lei volente sia punito a 200 libre; se al contrario, abbia agito contro la volontà di lei sia punito a libre 1000, e qualora non abbia pagato questa penalità di 1000 libre, entro dieci giorni da calcolarsi dal giorno della pubblicazione della sentenza, sia punito con la pena capitale. Se peraltro abbia fatto con la vedova soltanto un tentativo nell’intento dell’unione carnale con violenza sia punito a 200 libre di denaro. Se poi uno abbia rapito tale vedova con violenza, sia che abbia fatto l’unione carnale sia che no, sia punito alla pena capitale, cosicché muoia. Se qualcuno abbia fatto l’unione carnale con una domestica sua o altrui con un patto o senza un patto, non coniugata, neanche vergine, tuttavia di vita onesta, sia punito con 25 libre di denaro a favore del Comune; e sia condannato a dare a questa donna, con cui si è accoppiato così, 500 libre di denaro in modo che per mezzo di ciò sia in grado di farsi una dote. Se, in realtà, questa domestica sia vergine o coniugata sia punito a 50 libre a favore del Comune; e sia condannato a dare 100 libre a colei vergine per la sua dote. Inoltre se qualcuno abbia fatto il tentativo con l’intento di unirsi nella carne, in modo violento, con una sua o altrui domestica coniugata, oppure non coniugata, anche vergine, sia punito a libre 10 di denaro. Qualora lui abbuia fatto soltanto un tentativo di unirsi, sia punito a 5 libre di denaro. Inoltre al fine di frenare la libidine delle sposate e delle vedove, decretiamo che una donna sposata che spontaneamente in modo passivo si sia unita nella carne, sia condannata a 500 libre di denaro, e qualora non abbia pagato questa condanna entro venti giorni da calcolarsi dal giorno della pubblicazione della sentenza, sia condannato alla pena capitale, cosicché muoia; e per il fatto stesso lei sia privata della sua dote e (questa) sia assegnata al marito. Invece una vedova che spontaneamente commette uno stupro sia punita a 200 libre di denaro. Tuttavia nel presente statuto generalmente decretiamo e facciamo statuto, cioè che nessun Rettore o Giudice della Città, che sarà stato in carica nel tempo, possa fare la procedura né l’investigazione sulle cose dette sopra nel presente statuto, se non soltanto per mezzo dell’accusa da parte di chi per tale cosa ha patito l’ingiuria, del marito, o anche del padre, del fratello carnale per entrambi o di un altro dei genitori o del patrono o del signore o zio della moglie così accoppiata nella carne. E se si facesse la procedura in altro modo che non sia per mezzo dell’accusa di qualcuno degli anzidetti, qualunque cosa succedesse non abbia validità per la legge stessa. Si fa eccezione per il vizio di sodomia e per l’accoppiamento carnale, o tentato con una monaca o con una religiosa carcerata o con una che vive da eremita; inoltre <eccezione> per il coito carnale di un Cristiano con una Giudea e di un Giudeo con una Cristiana. Si fa anche eccezione per il crimine dell’incesto fino al grado che è stato segnalato sopra. In questi casi il Potestà abbia l’arbitrio di fare l’inquisizione e di punire; tuttavia allorché una fama pubblica già precede; per avere la prova di questa fama sia sufficiente il numero di cinque testimoni degni di fede; e in questi casi eccettuati sia valido fare la procedura e indagare per mezzo dell’inquisizione. E in tutti i singoli casi del presente statuto, quando viene imposta una penalità pecuniaria, sia quando alla penalità pecuniaria sia stata annessa, in modo secondario una pena corporale, oppure in mancanza non sia stata annessa, il beneficio della confessione e della pace, queste insieme e separatamente siano praticati e tornino a vantaggio. <Non si pratichino>, tuttavia in altri casi. Chi commette però qualche lenocinio a una donna che non sia una pubblica prostituta, inoltre chi porta a seduzione qualche ragazza o ragazzo o donna con l’intento della libidine o del coito carnale, con modalità di lenocinio o anche di chi tenta di commettere un lenocinio sulla donna detta sopra, sulla ragazza o sul ragazzo, sia condannato e punito nella persona e nelle cose, ad arbitrio libero del Rettore. E riguardo a queste cose, il Rettore e il suo Giudice dei reati della Città di Fermo abbia arbitrio libero di fare indagine, di far la procedura per mezzo dell’inquisizione. E se qualcuno turpemente abbia sedotto qualche donna vergine o un’altra che non è pubblicamente prostituta né contro i buoni costumi con l’intento della propria o altrui libidine carnale e l’abbia condotta nella Città di Fermo o nel suo distretto, da qualche luogo fuori dal contado di Fermo, sia condannato alla stessa pena, sia che la tale sedotta sia stata prostituita, sia che no. E contro chi delinque si faccia inquisizione e sia fatta la procedura, come sopra, con lo stesso arbitrio libero. Aggiungiamo che allo scopo di dover reprimere gli atti turpi degli uomini, se qualcuno abbia baciato con violenza una vergine o altra donna di buona fama, qualora sia sotto il militare dominio del Comune di Fermo, sia punito alla pena capitale, cosicché muoia completamente; se tuttavia chi ha baciato sia fuggito, suo padre per lui sia obbligato a pagare al Comune la parte legittima e in questo caso si possa fare la procedura anche per mezzo dell’inquisizione, dell’accusa e della denuncia.

       4 Rub. 45I furti e l’agricoltore o il bifolco con patto che commette furto al patrono.

   Desideriamo che l’abominevole vizio del furto sia punito totalmente e decretiamo con la presente legge che se qualche persona di qualunque sesso abbia commesso qualche furto nella Città di Fermo o nel suo distretto su una somma o un valore di 20 soldi di denaro o di meno, sia punita in ciascuna volta a libre 25; in realtà, al di sopra di ciò, se la somma o il valore della cosa rubata sia inclusiva di 100 soldi di denaro o di meno, sia punita, in ciascuna volta, a libre 50. E in qualsivoglia dei detti casi qualora non abbia fatto il pagamento della condanna fattagli entro dieci giorni da calcolarsi dal giorno della pubblicazione della sentenza, sia fustigato nudo attraverso la Città. Se, in realtà, la somma o il valore del furto o della cosa rubata sia stato oltre 100 soldi di denaro e non superi libre 20 di denaro, il ladro sia punito a libre 100 di denaro. E qualora non paghi la condanna fattagli entro dieci giorni da calcolarsi dal giorno della pubblicazione della sentenza, sia fustigato nudo attraverso la Città e gli sia tagliato l’orecchio destro sicché sia staccato dal corpo. In realtà chi commette un furto di somma o di estimo o di valore sopra 20 libre, qualunque sia la somma, sia fustigato nudo con flagelli e gli sia tagliato l’orecchio in modo che da separarlo totalmente dal corpo. E queste cose siano capite e abbiano luogo per il primo furto. Per il secondo furto, in realtà, fatto nell’intervallo di almeno un giorno dopo il primo, su qualunque somma, estimo o su una cosa, al ladro sia estratto un occhio dalla testa sicché sia separato dalla testa. Se qualcuno, in realtà, oltre i due furti, abbia commesso un terzo furto o molti, anche fuori dal territorio di Fermo, sia sospeso alla gola sulla forca, cosicché muoia; quando tuttavia abbia commesso o abbia fatto il terzo furto, o il quarto o più, nella Città di Fermo o nel suo distretto o abbia contrattato il fatto altrove nella Città di Fermo o nel suo distretto, purché tuttavia tutti i suoi furti, che egli stesso ha commesso, superino la somma di 20 libre di denaro e, qualora non le eccedano, sia punito ad arbitrio del Rettore, nonostante che abbia commesso molti furti. Tale arbitrio però non si estenda e non sia esteso fino alla morte del ladro, ma al di sotto. E inoltre il delinquente sia condannato, in qualsiasi caso del presente statuto, a restituire la cosa rubata o l’estimo di questa e in più il doppio dell’estimo di essa. Un minorenne tuttavia al di sotto 14 di anni e maggiore di 10 anni, capace di inganno, quando commette qualche furto possa essere condannato, per ciascuna volta, fino a 20 libre inclusivamente e alla restituzione della cosa rubata e non di più né in altro modo nella persona o nelle cose, considerando anche la qualità del reato e altresì la condizione della persona. E in tutti questi singoli casi in cui è stata stabilita principalmente una pena pecuniaria non ci sia a vantaggio il beneficio della pace, ma quello della confessione ci sia. Tuttavia nei furti personali in maniera principale non è valido assegnare né la pace né la confessione. I ladri però che programmano i furti fatti altrove, nella Città di Fermo, o nel suo distretto o con questi stessi vengono in questa Città o distretto, per il primo e secondo furto siano puniti alle pene dette sopra, con le condizioni già scritte: per il terzo furto siano puniti a morte come detto sopra; e nondimeno siano costretti a riconsegnare le cose rubate con il doppio del loro estimo. I ladri notturni poi o i ladri diurni pubblici e famosi o i rapinatori che commettono o hanno commesso nella Città di Fermo o nel suo distretto un furto o una rapina, cose commesse o anche programmate altrove che commettono in questa Città e nel distretto, siano puniti ad arbitrio libero del Capitano e del Podestà nella loro persona, fino anche ad includere la morte. Vogliamo tuttavia e facciamo statuto riguardo a questi che siano da considerare e valutare soltanto come ladri pubblici famosi o come rapinatori, come sopra, e debbano e possano essere condannati, soltanto coloro che per tre volte abbiano fatto furti, o anche tre rapine, cose che nel processo e nella sentenza debbono essere espresse completamente, essi debbano e possano essere condannati; e in altro modo non possano essere puniti o condannati come ladri pubblici e famosi e come rapinatori. Inoltre coloro che sono stati trovati con le cose rubate o rapinate o fuggono con cose rubate o rapinate possano essere catturati da chiunque e bastonati e qualora si difendessero con le armi o con pugnale possono essere uccisi impunemente. Se però qualcuno abbia trovato nella sua casa di abitazione una persona sospetta che verosimilmente in quella casa ci stia per un furto o sia entrato a motivo di altri atti illeciti o non onesti, sia legittimo a chi lo trova e alla sua famiglia catturare quello così trovato e portarlo alla Curia e anche percuoterlo, senza pena,  finanche fino ad includere la morte, purché tuttavia poi si abbia la fede che questo tale ucciso sia entrato per un motivo illecito, altrimenti chi lo percuote o lo uccide sia punito alle pene degli statuti del presente volume. Aggiungiamo al presente statuto anche questo, che se qualche persona abbia rubato molte cose tutte insieme e in una sola volta, senza intervallo di tempo, debba essere condannata solamente per un solo furto. Gli statuti sui danni dati restino validi nel loro vigore e ad essi non fa affatto deroga il presente statuto. Inoltre se qualche padrone abbia accusato il suo agricoltore o lavoratore che egli ha con patto, riguardo ad un furto la cui la somma o l’estimo non superano 40 soldi, si debba stare al giuramento di questo padrone, né sopra tale accusa siano richieste altre prove; e in questo caso con validità il tale che è stato accusato viene condannato per tale cosa o somma che viene dichiarata sottratta con furto e <in più> ad altrettanto. Inoltre se qualche agricoltore senza apposita autorizzazione del suo padrone abbia venduto qualche lavoro con i buoi, sia condannato per ciascuna volta a 100 denari e la metà di questa condanna sia per il padrone che fa l’accusa di ciò. E si intenda che lo stesso statuto vale e si pratica nella stessa maniera nel caso in cui uno ha fatto patto di non lavorare se non il terreno o la possessione del padrone o del signore che fa il patto. Aggiungiamo anche che i lavoratori o i coloni che, ad opera propria o per mezzo di altri, senza l’autorizzazione del padrone della possessione, portano fuori o estraggono il grano, l’orzo, la spelta, le fave e ogni altro genere di frumento <cereale> da questa possessione in cui sono registrati, incorrono nella pena del furto per il quale non si possa fare la procedura se non riguardo all’accusa di questo padrone o del signore della possessione.

       4 Rub.46La pena di coloro che saccheggiano i beni di una eredità.

   Se qualche persona abbia saccheggiato una eredità giacente <con curatore> o abbia depredato alcune cose, ossia di questa stessa eredità, o abbia prestato aiuto al saccheggiatore per saccheggiare, o abbia consapevolmente fatto incetta delle cose saccheggiate, sia punito con 200 libre di denaro, e sia obbligato alla restituzione delle cose e dei beni saccheggiati oppure sia obbligato <a dare> il loro estimo. E oltre a ciò sia condannato al doppio di tale estimo a favore di chi è interessato. Né la pena, né la condanna del saccheggiatore giovino, in alcun modo, a vantaggio dell’incettatore, o del coadiutore dell’azione, ma senza dubbio, qualsivoglia di essi, che così abbia errato, come detto, sia punito e condannato.

       4 Rub.47Le cose falsificate.

   Affinché le falsità non siano commesse impunemente né facilmente, con la presente legge decretiamo che se qualche persona abbia composto o abbia fatto comporre un falso documento o abbia commesso qualche falsità in qualche documento, o abbia fatto che si commettesse; sia che ciò sia stato fatto cancellando, o cambiando, o diminuendo, o aggiungendo, o in altra maniera a pregiudizio della verità e della parte; gli sia amputata una mano, in modo che gli sia separata dal corpo, e per sempre sia un infame. Se, in realtà, qualcuno con consapevolezza abbia fatto uso di un istrumento falso, sia condannato a 100 libre di denaro; e qualora entro dieci giorni dal giorno di pubblicazione della sentenza, non abbia pagato questa condanna, gli sia amputata una mano, in modo che sia separata dal corpo. Inoltre se qualcuno abbia falsificato gli atti di qualche officiale della Curia, o abbia commesso una falsità in essi, sia anche che abbia falsificato la sentenza di qualche Giudice o di un officiale della Città, o abbia commesso in essa una falsità, in qualsivoglia dei detti casi sia condannato a libre 200 di denaro; e qualora, entro dieci giorni dal giorno di pubblicazione della sentenza, non abbia pagato questa condanna, gli sia completamente recisa una mano sicché sia separata dal corpo. Se qualcuno in realtà abbia falsificato, in occasione della morte, un testamento, o i codicilli, o una donazione, o abbia commesso o fatto, o fatto sì che fosse fatta, o abbia fatto commettere, una falsità in essi o in qualcuno di essi, in qualunque maniera o con qualsiasi qualità ciò sia stato fatto o commesso, o diminuendo, o aumentando o cancellando, o cambiando, a pregiudizio altrui e contro la verità, gli sia amputata una mano sicché sia staccata dal corpo, e per il fatto stesso, in perpetuo sia un infame. Qualora poi qualcuno abbia prodotto con consapevolezza qualche istrumento falso, un testamento, i codicilli, una donazione nella circostanza della morte, o una qualsiasi altra ultima volontà, o atti giudiziari, o altra scrittura privata, o altra sentenza, o cose simili, e, in realtà, non abbia fatto uso delle cose anzidette né di alcuno delle dette, a motivo della sola produzione di qualcuno di questi stessi, senza uso, sia condannato a 100 libre di denaro e, qualora entro dieci giorni dal giorno della pubblicazione della sentenza non abbia pagato ciò, gli sia amputata una mano, sicché sia staccata dal corpo. Inoltre se qualcuno abbia dettato consapevolmente o fraudolentemente, un qualche istrumento, un contratto, un testamento o altra ultima volontà, o un atto giudiziario, o una sentenza, o qualcosa di simile falso, sia condannato a 100 libre di denaro e se non le abbia pagato ciò entro dieci giorni dal giorno della pubblicazione della sentenza, sia completamente tagliata la lingua dalla sua bocca, e per il futuro, sia privato della sua arte <notarile>, per la legge stessa e sia infame in perpetuo, per lo stesso fatto. E in tutti i singoli casi sopra scritti nel presente statuto, colui che abbia fatto qualcuna delle già dette cose o le abbia fatte avvenire o commettere, come già detto, sia obbligato all’intero interesse per la persona che in qualche modo sia stata danneggiata da ciò e nondimeno costui debba essere mitriato <condannato> con la mitria <mitra> di disprezzo o di biasimo. Inoltre se qualche persona abbia portato o abbia presentato consapevolmente un falso testimonio in qualche causa civile, in un tribunale, o al di fuori, dinanzi a qualche Giudice ordinario, o delegato, ad un arbitro, o a un compositore, o dinanzi a qualche sostituto, o dinanzi a qualcuno di questi stessi, sia condannato a 100 libre di denaro e in perpetuo sia infame, e sia ‘mitriato’ come sopra, e nondimeno sia condannato all’intero interesse per la parte lesa. Se in realtà in una causa penale, dove avvenisse di doversi imporre o possa essere imposta una pena semplicemente pecuniaria, se il reato fosse vero, e qualche persona abbia portato o abbia presentato un falso testimonio, sia condannata a 100 libre di denaro e all’interesse per la parte lesa, e alla imposizione della mitra, come sopra, e nondimeno per il fatto stesso, in perpetuo, sia infame. Se in realtà qualche persona abbia portato o presentato un testimonio falso in una causa penale, in cui la pena, tutta sulla persona o in parte, in modo principale o condizionale, o in mancanza <di un modo>, arrivasse a dover essere imposta a colui contro il quale o a favore del quale il falso testimonio è o sia stato presentato, qualora il tale che presenta un falso testimonio per e sopra il reato già detto, sia condannato e sia punito con quella pena personale, con la quale sarebbe stato punito o condannato o dovrebbe essere punito e condannato colui, contro il quale il falso testimone è stato recato o presentato, qualora il reato o i reati siano veri; se, in realtà, qualcuno abbia presentato consapevolmente falsi testimoni soltanto e non ce ne sia stato l’uso nel processo, per ogni testimonio sia condannato esattamente a 50 libre di denaro; qualora, in realtà li abbia presentati in un processo e si sia fatto consapevolmente uso di essi, sia condannato a 100 libre di denaro per qualsivoglia testimonio, e nondimeno, per questa cosa sia obbligato del tutto a dare l’interesse alla parte lesa, e sia mitriato <condannato> come sopra. Inoltre se qualcuno abbia sedotto qualche testimonio o l’abbia ammaestrato per dire, fare o presentare un falso testimonio in una causa civile o penale, per ogni testimonio che così abbia sedotto o ammaestrato sia condannato esattamente a 25 libre di denaro. Inoltre se qualcuno a danno di un altro, o del fisco o di un privato, in modo diverso rispetto ai danni dati, per sé abbia modificato il nome, sia condannato a dieci libre di denaro e all’interesse per la parte lesa da ciò. Inoltre se qualcuno, con inganno e con consapevolezza, abbia diffamato qualche persona su qualche reato o su alcuni reati o delitti, con una scrittura, o senza, soltanto contro la verità, dovunque o dinanzi a chiunque lo abbia fatto, o abbia procurato che sia fatto, sia punito, senza remissione, alla pena del taglione, cioè a quella con cui dovrebbe essere punito il diffamato, se sia stato vero il crimine già detto. Inoltre se qualcuno abbia falsificato il sigillo del Comune, o il bollettino con la croce, in qualunque modo e in qualunque qualità, sia punito col fuoco e sia bruciato totalmente, cosicché muoia completamente, se sarà venuto in potere del Comune; e se non sarà venuto in potere del Comune, allora tutti i suoi beni siano ridotti pubblici del Comune di Fermo e siano confiscati e nondimeno sia condannato al fuoco, come sopra. Inoltre se qualcuno abbia falsificato o abbia commesso una falsità nel o con il detto sigillo o in qualsiasi modo con il sigillo o con il bollettino, o in qualunque altra maniera, sia punito con 500 libre di denaro; e qualora non abbia pagato questa condanna entro dieci giorni da calcolarsi dal giorno della pubblicazione della sentenza, gli sia amputata la mano destra, cosicché sia separata dal corpo. Se qualcuno invece abbia falsificato o alterato il bollettino del Comune dell’officio del Regolatori di questo Comune, o in qualunque modo abbia commesso una frode o una falsità nel sigillo sia condannato a 200 libre di denaro. Inoltre se qualcuno abbia falsificato, alterato o in qualunque modo abbia commesso una falsità nel sigillo del signor Podestà, o del Giudice di giustizia o del Capitano del popolo di questa Città, sia condannato e punito a 100 libre di denaro. Inoltre se qualcuno in realtà abbia falsificato, alterato, o in qualunque modo abbia commesso una falsità in qualche sigillo o nel bollettino della Gabella, e degli officiali deputati all’officio della riscossione delle Gabelle, o di chiunque altro della Città di Fermo, sia condannato a 100 libre di denaro. E in tutti i singoli casi già detti, il colpevole sia condannato al doppio a favore di chi ha sofferto il danno. Inoltre se qualche persona abbia commesso, o abbia fatto commettere qualche falsità diversa da quelle già dette, anche tacendo, o in qualunque altro modo, o nella sua arte o nel suo servizio di qualunque qualità, sia punito a 50 libre di denaro, e nondimeno sia condannato al tornaconto a favore della parte <passiva>. E in tutti i singoli casi di questa rubrica o statuto, il beneficio della pace in nessun modo rivendichi per sé alcun valore. E qualsivoglia Rettore possa fare la procedura, investigare, indagare e punire sulle cose le cose qualmente sono contenute sopra nel presente statuto, se siano state commesse al tempo del suo officio o antecedentemente entro i cinque anni prossimi.

       4 Rub.48La pena di coloro che costringono al parto.

   Aneliamo a impedire la tanto grande malvagità e allontanare le perfidie di coloro, i quali o le quali non aborriscono di subornare un parto e decretiamo che chi suborna un parto o fa subornare qualche parto, con inganno, consapevolmente e con falsità, sia condannato a 1000 libre di denaro, e, per la legge stessa, sia totalmente privato o privata di ogni utile dell’eredità o dei beni di colei il cui parto sia stato preteso con falsità, senza aspettare nessun altro fatto.

       4 Rub.49La pena dei fabbricanti o spacciatori di moneta falsa.

   A tutti vietiamo di battere e fabbricare una moneta falsa o di farla battere e fabbricare. Se ci sia stato qualcuno dispregiatore temerario di questo statuto, sia bruciato con le fiamme cosicché completamente muoia; e la casa nella quale, con la consapevolezza del padrone, la falsa moneta sia stata coniata o fabbricata, per ciò stesso, si intenda confiscata a favore del Comune stesso. Se in verità qualche persona con consapevolezza abbia speso o fatto spendere, qualora sia stato speso sopra 20 soldi, sia condannata a 200 libre di denaro. Se in realtà abbia speso o abbia fatto spendere soldi 20 di denari e al di sotto di ciò con consapevolezza, sia punita con 50 libre di denaro. E si intenda che è chi ha speso con consapevolezza o ha fatto spendere tale moneta, colui che in precedenza si è adoperato per cercare o procurare di avere tale moneta, e successivamente abbia speso o abbia fatto spendere la stessa, come è stato detto sopra.

       4 Rub.50La pena di coloro che rivelano le cose di fedeltà o i segreti del Comune.

   Per mezzo di ogni cosa, aneliamo che la fedeltà e il silenzio per il nostro Comune siano praticati da tutti i singoli, decretiamo ed ordiniamo che se ci sia stato qualcuno di tanto grande temerità che abbia rivelato, manifestato o reso note a chiunque le cose di fedeltà, sotto silenzio o segrete del nostro Comune, imposte o affidate a lui, per mezzo del Consiglio, dei Priori del popolo, o del Vessillifero di giustizia, o di un altro, o di altri a nome del Comune, congiuntamente <con altri> o separatamente, in maniera reale e personale, a libero arbitrio del Rettore, anche sul fatto <stesso> e senza alcuna solennità, tuttavia, dopo considerata la qualità del fatto, sia punito con la pena della privazione dell’officio e del beneficio del Comune di Fermo, almeno per un decennio.

       4 Rub.51La pena di chi reca un insulto insieme con un gruppo o senza.

   Ordiniamo che siano puniti in tale maniera i reati e i crimini di coloro che fanno un oltraggio insieme con un gruppo di persone, cioè che se qualcuno insieme con quattro o più persone impiegate, abbia fatto un oltraggio contro qualcuno presso la dimora o dentro la dimora di sua abitazione, o presso un magazzino o una bottega propria o in gestione dell’oltraggiato, o ivi, o presso un suo possedimento o in un possedimento, o in una piazza del Comune; se con armi, il principale o l’associato siano puniti con 200 libre di denaro. In realtà chiunque si è associato, o chi in tal modo, stia con questo tale sia punito con 100 libre di denaro. Qualora in realtà senza armi, il detto principale sia punito con 100 libre. In realtà chiunque così si associa sia punito con 50 libre. Se in realtà tale oltraggio sia stato fatto contro qualcuno, altrove, anziché in qualcuno dei detti luoghi, se con armi, il principale sia punito con 100 libre e chiunque si associa in tal modo sia punito con 50 libre di denaro. Se in realtà senza armi, il principale sia punito con 25 libre di denaro; in realtà chiunque si associa sia punito con libre dodici. Se qualcuno invece, così oltraggiato sia stato colpito in questo oltraggio, con armi, o con arnesi di ferro, o non di ferro, con spargimento di sangue, nell’abitazione, o presso l’abitazione, o presso il possedimento o nel possedimento, presso il magazzino o presso il negozio proprio o in affitto, o ivi, o in una piazza del Comune, il principale sia punito con libre 500 di denari, e qualora non le abbia pagate entro dieci giorni da calcolarsi dal giorno della pubblicazione della sentenza, a lui sia completamente amputata la mano destra sicché sia separata dal corpo. In realtà chiunque che così si associa sia punito con libre 200 di denaro, e qualora non le abbia pagate entro 10 giorni dal giorno della pubblicazione della sentenza, gli sia completamente amputata la mano destra, cosicché sia separata dal corpo. Se in realtà in tale oltraggio, fatto in qualcuno dei detti luoghi, l’oltraggiato sia stato colpito e a causa della percossa una cicatrice perpetua nella faccia, o nel collo, o una menomazione duratura per sempre, o un taglio con una menomazione duratura in perpetuo di un membro, di un nervo o della funzione di un membro, siano state fatte, siano state conseguite, siano state tali da permanere, il principale sia punito con 800 libre di denaro. Chiunque in realtà così si associa sia punito con 400 libre di denari; e qualora non abbiano pagato la propria condanna entro dieci giorni da calcolarsi dal giorno della pubblicazione della sentenza, sia al principale, come anche a colui che così si associa, sia amputata la mano destra, in modo che sia separata dal corpo. Quando in realtà sia morto colui così oltraggiato, si pratichi lo statuto sull’omicidio. Qualora invece il tale oltraggiato sia stato colpito senza sangue in alcuno dei detti luoghi, o presso qualcuno di questi, e senza cicatrice, e senza taglio o senza una menomazione, come detti prima, il principale certamente sia punito con 200 libre, e chiunque in realtà così si associa sia punito a 100 libre di denari. Se invece il tale sia stato oltraggiato insieme con l’anzidetto raggruppamento, altrove, anziché in qualcuno dei luoghi detti, e sia stato colpito con armi, o con strumenti di ferro, o non di ferro, e con sangue, e soltanto con la fuoruscita di sangue, e nessuna cicatrice nella faccia, né taglio nel collo tali che siano per rimanere in perpetuo, né una menomazione perpetua, anche senza sangue, né un taglio con menomazione perpetua di qualche membro, o di un nervo o della funzione di un membro siano state fatte, o siano seguite o sarebbero da seguire <in futuro> da tale percossa, il principale sia punito con 500 libre di denaro e in realtà chiunque così si associa sia condannato a 200 libre di denaro. E a chiunque degli anzidetti che non abbia pagato la propria condanna entro dieci giorni da calcolarsi dal giorno della pubblicazione della sentenza, sia completamente amputata la mano destra in modo tale che sia separata dal corpo. Qualora in realtà dalla detta percossa sia uscito soltanto sangue, senza nessuna cicatrice, né taglio, né la detta menomazione siano state fatte, né seguite né sarebbero a seguire <in futuro> il principale sia punito con 200 libre di denaro e chiunque così si associa sia punito con 100 libre. Se in realtà la percossa, nel detto oltraggio sia stata senza sangue, il principale sia punito con 100 libre di denaro e chiunque così si associa sia punito con 50 libre. E in qualsivoglia dei detti casi di questo statuto quando l’oltraggio e la percossa siano intervenuti, solamente le soprascritte pene rivendichino per sé valore, e su tali percosse non si esiga in maniera diversa. Se qualcuno invece in qualcuno dei luoghi dichiarati sopra o in altro luogo, abbia fatto un oltraggio, come detto, insieme con un raggruppamento e nell’oltraggio sia intervenuta una minaccia con armi o senza, senza una percossa, il principale oltre alla pena dell’oltraggio, sia punito a 50 libre di denaro e chiunque, in realtà, che così si associa sia condannato a 25 libre di denaro; e in questo caso la pena dell’oltraggio non sia confusa con la pena della minaccia. E affinché non si faccia revoca per il dubbio su chi sia stato il principale nel raggruppamento, che si comprende nel presente statuto, e <dubbio> su chi si associa, sia capito come principale colui che viene dichiarato dall’oltraggiato; ma se da costui non venisse dichiarato, sia affidato all’arbitrio del Rettore. E tutte le singole le dette cose abbiano vigore, quando quattro o in più di essi siano stati insieme con un principale inclusivamente per commettere queste cose o qualcuna di queste. Se invece l’oltraggio sia stato fatto senza un gruppo, contro qualcuno, nella casa o presso la casa dell’abituale sua abitazione, o presso il magazzino, o presso il negozio suo proprio o in affitto, o ivi, o presso un possedimento, o nel proprio possedimento, o in affitto dello stesso oltraggiato; se con armi, colui che fa l’oltraggio sia punito a 20 libre di denaro, se senza armi, a 10 libre di denaro. Se in realtà l’oltraggio sia stato fatto in altro luogo, non in alcuno o alcuna tra i detti luoghi, se con armi, chi oltraggia sia punito a 10 libre di denaro; se senza armi sia punito con 5 libre di denaro. E la pena di tale oltraggio sia confusa con la percossa, qualora una percossa sia stata fatta; invece non sia confusa insieme con la sola pena della minaccia, qualora sia intervenuta la sola minaccia senza alcun intervento di qualche percossa. E a questo presente statuto aggiungiamo che quando l’oltraggio si debba interpretare come fatto in casa o presso la casa dell’abitazione, o presso il magazzino, o presso un negozio detto prima, o ivi, o presso un possedimento, o nell’anzidetto possedimento dell’oltraggiato, o altrove, in tutti i singoli casi di questo statuto sia affidato all’arbitrio del Rettore, e sopra ciò incarichiamo la sua coscienza.

       4 Rub.52La pena di coloro che minacciano con armi o senza.

   Decretiamo di punire le minacce in questa maniera: se qualcuno abbia fatto minacce contro qualcuno con armi di ferro, o con parti ferrate, oppure con altre armi, cioè con un rametto o con un bastone o con un altro arnese non leggero, per ciascuna volta sia punito a 25 libre di denaro. Se qualcuno invece abbia sguainato o alzato qualcuna tra le dette armi e non abbia minacciato, sia punito per ciascuna volta con 100 soldi. Quando abbia fatto minacce contro qualcuno con una canna, o con una cinghia di cuoio o con un altro strumento leggero, sia punito, per ciascuna volta, a 10 libre. Tuttavia che cosa si debba intendere per strumento leggero, o non leggero, sia affidato all’arbitrio del Rettore. Se in realtà, abbia minacciato con una mano vuota, in direzione del collo o al di sopra a questo, contro qualcuno o contro la persona di qualcuno, sia punito con 5 libre di denaro e se da lì al di sotto, sia punito con 40 soldi. E la pena per l’oltraggio in nessun modo sia confusa insieme con la pena del minacciare o dello sguainare <un’arma>, neppure al contrario, ma qualsivoglia pena rivendichi vigore di per sé stessa.

       4 Rub.53La pena di chi colpisce con armi o senza.

   Aneliamo che sia punita con il provvedimento di questo statuto la temerità di coloro che percuotono, e decretiamo che se qualcuno abbia colpito qualche persona sul collo, o sopra il collo, con armi, o con uno o più strumenti, con mezzi ferrati o di ferro con un ferro di tali armi, con versamento di sangue, sia punito a 200 libre di denari per ogni percossa. E se da tale percossa la frattura o la rottura di un osso o del cranio siano state effettuate, o siano seguite, o abbiano a seguire, sia punito con libre 400. E se da tale percossa un segno enorme o una cicatrice sulla faccia o evidente sulla gola siano stati effettuati o siano seguiti, o abbiano a seguire, tali da rimanere in perpetuo, sia punito con libre 400; e qualora non le abbia pagate, entro un mese dal giorno della pubblicazione della sentenza, la mano destra gli sia completamente amputata, cosicché sia separata dal corpo. Qualora in realtà abbia tagliato il naso, o una parte di esso, un orecchio, o una sua parte, un labbro, o una sua parte, in modo che li abbia separati dalla faccia, oppure abbia accecato un occhio, o l’abbia cavato fuori, sia punito a libre 500; e se non abbia pagato questa pena o condanna entro dieci giorni da calcolarsi dal giorno della pubblicazione della sentenza, gli sia tagliato il naso, un orecchio o il suo labbro, come l’ebbe tagliato all’altro, e l’ebbe così separato; e così ebbe accecato o cavato l’occhio, similmente estratto, nella misura, più o meno, ad arbitrio del Rettore. Se in verità abbia colpito qualcuno al di sotto del collo con le dette armi, o con qualcuna di esse, con versamento di sangue, o senza, e se, a causa della percossa, una totale recisione o una debilitazione perpetua di un nervo, o di un osso o di un membro, o la funzione di un membro, siano stati effettuati o siano seguiti, o abbiano poi a seguire, sia punito con 400 libre; e se non abbia pagato questa pena entro un mese dal giorno della pubblicazione della sentenza, gli sia amputato o tagliato un membro simile, o un osso, o la funzione di un membro, come l’ha tagliato o ha debilitato l’altro o l’ebbe debilitato, o altra cosa, ad arbitrio del Rettore. Se in realtà dalla percossa fatta con qualcuna delle dette armi al di sotto del collo sia uscito solamente il sangue e nessuna delle dette cose sia stata effettata, né avrà a seguire, sia condannato a 100 libre. Se in realtà da tale percossa, con qualcuna delle dette armi, non sia uscito sangue, e la percossa sul collo o sopra al collo sia stata fatta con lividura, sia condannato a 100 libre per ogni percossa; se senza lividura sia condannato a libre 50. Se, tuttavia, abbia colpito dal collo in giù con qualcuna delle dette armi, se senza sangue, se con lividura, sia condannato a 50 libre; se senza lividure, a libre 25 per ciascuna percossa. Inoltre se con un solo colpo o con unico colpo siano state fatte più percosse con qualcuna delle dette armi, quando sia dal collo in su, chi percuote sia punito per il totale delle percosse per quante qualcuno è trovato colpito. Se in realtà siano state percosse fatte dal collo in giù o seguite con sangue, a libre 100, e se fosse stata una sola percossa soltanto, sia punito e condannato la sola. Se in realtà abbia colpito o ferito qualcuno con sangue, con qualche strumento bipartito, tripartito o con più parti, come le forbici, il bidente, il pettine, il rastrello, o simili, quantunque abbia fatto molte ferite con un solo colpo con tale strumento, sia punito a libre 200. Se in realtà dalla percossa fatta con qualcuna delle dette armi o con i detti strumenti, uno o più denti siano stati caduti o siano stati rotti, colui che ha percorso sia punito con 50 libre di denaro per qualsivoglia dente. Se in verità qualcuno abbia reciso totalmente o in parte la lingua a qualcuno, sia punito con 200 libre. Se in realtà qualcuno abbia reso in qualche modo un uomo eunuco o castrato, in qualunque modo, tanto che sia reso completamente menomato a procreare, sia condannato con libre 1000 di denaro; e se entro dieci giorni dalla pubblicazione della sentenza non le abbia pagate, gli sia tagliata la testa, cosicché muoia completamente. Se in realtà ad alcuno abbia inciso soltanto uno dei due testicoli o l’abbia tagliato, o l’abbia separato dal corpo, sia punito a 200 libre; e se non le abbia pagato entro dieci giorni dalla pubblicazione della sentenza, gli sia tagliata una mano, cosicché sia separata dal corpo. Se qualcuno invece con qualche vaso di terra, o con un altro strumento, o con un’asta, un bastone, un legno, una pietra, un legno, una roncola, una mazza piombata, e con cose simili a queste, o con qualcuna fra le armi aventi un ferro, anche non ferrate che sia stato tra una delle cose già dette, se abbia colpito sul collo o sopra il collo e dalla percossa sia uscito sangue, per ciascuna percossa sia punito a 100 libre. Se in realtà dalla percossa una cicatrice o un segno evidente sul collo o sulla faccia, o una menomazione perpetua di qualche nervo o di un membro o della funzione dei un membro, o la frattura di un osso o del cranio, o una rottura, con uno dei detti strumenti siano stati fatti, siano seguiti o avranno a seguire, sia punito con 200 libre. Se in verità abbia accecato un occhio o l’abbia cavato con la percossa fatta con qualcuno dei detti strumenti, sia condannato a 500 libre per ciascun occhio accecato o cavato; e se non abbia pagato questa condanna di 500 libre entro dieci giorni dalla pubblicazione della sentenza, gli sia cavato un suo occhio, o uno solo o ambedue, similmente come li ebbe cavati o accecati all’altro. Se in realtà per la percossa fatta con detto strumento sia caduto un dente dalla bocca di chi è stato percosso o sia stato rotto, sia punito e condannato a 50 libre per qualsiasi tale dente. Se in realtà abbia colpito soltanto dal collo in giù soltanto con sangue, con uno dei detti strumenti, o con simili, sia punito e condannato con 50 libre. Se invece abbia colpito con lividura, senza sangue, sul collo o sopra il collo, con uno dei detti strumenti, sia condannato a 100 libre; se senza lividura sia punito con 50 libre. Se in realtà abbia colpito dal collo in giù con lividura, oppure senza, con uno dei detti strumenti, sia punito con 25 libre di denaro. Se in realtà abbia colpito con una canna, una cinghia o con un altro strumento leggero simile a questi, dal collo in su, con sangue o con lividura soltanto, per ciascuna percossa sia punito con 40 libre; se senza sangue e senza lividura sia punito a 20 libre. E se in realtà da tale percossa con sangue, una cicatrice o uno segno evidente sul collo o sulla faccia o una menomazione perpetua di qualche nervo o di un membro, o la rottura di un osso o del cranio, o una frattura o abbia accecato un occhio o l’abbia cavato per la detta percossa, sia stata effettuata o sia seguita o sarà per poi seguire, sia punito in tutte le cose e per tutte le cose come se abbia colpito con un vaso di terra, come sopra. Se da tale percossa sia caduto un dente dalla bocca di chi è stato percosso, o sia stato rotto, sia punito con 20 libre di denaro per qualsiasi tale dente. Se in realtà abbia colpito dal collo in giù, con sangue, con tale leggero strumento più prossimo, o simile ad esso, sia punito con 20 libre di denaro. Se in realtà abbia colpito con lividura o in modo diverso senza sangue, sia punito con 10 libre di denaro. Se qualcuno in realtà abbia scagliato contro qualcuno una pietra o qualcuno dei detti strumenti, e non abbia colpito, sia punito per ognuno e per ciascuna volta a 5 libre di denaro. Se qualcuno in verità con un solo colpo con qualcuno dei detti strumenti abbia effettuato molte percosse, sia condannato secondo la distinzione fatta sopra per la stessa cosa su coloro che percuotono con armi di ferro sotto o sopra il collo. Se qualcuno invece con i denti abbia morso qualcuno con lividura o con sangue o con ambedue, sia punito con 50 libre di denaro, se senza lividura e senza sangue, sia punito con 25 libre. Se in realtà abbia morso con denti il labbro, il naso, o un dito, o un orecchio o una guancia o la gola, e abbia strappato o abbia fatto cadere la carne, sia condannato e punito con 100 libre. Inoltre se con tale morso abbia menomato un nervo, un membro o la funzione di un membro o l’abbia troncato in tutto o in parte, o abbia strappato la carne da qualche parte del corpo, che è descritta sopra, o l’abbia fatta cadere in terra, sia punito a 100 libre. E se talora si abbia avuto un dubbio, o sia introdotto un dubbio in qualche caso dei presenti o di altri statuti, di questo volume, su” forse che”, o su “quando” il segno o la cicatrice sia evidente, o sia enorme o sulla menomazione perpetua di un nervo, o di un membro, o della funzione di un membro o la frattura di un osso o di un dente, sia stata fatta la frattura, o sia seguita o avrà a seguire, sia affidato e ci si attenga al giudizio del Rettore, secondo il giudizio di due medici con giuramento. Se qualcuno invece con la mano vuota, con il braccio, con il gomito, con un calcio o con la testa, o con qualunque membro umano, o parte di un membro abbia colpito qualcuno al di sopra del collo, se da ciò sia uscito sangue, sia punito a 50 libre; se in realtà da ciò non sia uscito sangue, sia punito con 25 libre. Se in realtà abbia colpito al di sotto del collo così, se con sangue sia punito a 10 libre di denaro, se senza sangue a 100 soldi. Se in realtà da tale percossa sia stato accecato o cavato un occhio, o un osso sia stato debilitato in perpetuo, o sia stato spezzato, o un dente sia stato rotto, o sia stato sradicato, o sia stata fatta, sia seguita o avrà a seguire una menomazione perpetua di un nervo, di un membro, o la funzione di un membro, quel tale che così ha colpito sia condannato a 100 libre di denaro. E nel caso già detto, quando qualcuno con tale percossa abbia accecato un occhio o l’abbia cavato, se entro dieci giorni dal giorno della pubblicazione della sentenza non abbia pagato la detta condanna, gli sia completamente amputata una mano, cosicché sia separata dal corpo. Se qualcuno invece ad un altro abbia carpito o tirato la barba, o una parte di questa, o l’abbia tirata, o abbia tirato i capelli dalla testa, o un orecchio, o gli orecchi ad un altro, se da ciò non sia uscito sangue, sia punito con 25 libre; in realtà se da ciò il sangue sia uscito sia punito con 50 libre. Se in realtà con ciò abbia troncato un orecchio dalla testa o l’abbia separato tutto o una sua parte, sia punito con 100 libre; e se non abbia pagato questa condanna entro dieci giorni dalla pubblicazione della sentenza, gli sia amputata una mano sicché sia separata dal corpo. Se in realtà abbia spinto qualcuno senza farlo cadere a terra sia punito con 5 libre; se in realtà abbia fatto cadere chi è stato spinto, se da ciò non sia uscito sangue, sia punito con libre 10; se in realtà per detta spinta, o in occasione di essa il sangue sia uscito, colui che ha dato la spinta sia punito con 25 libre. Se in realtà qualcuno abbia spinto qualcun altro o l’abbia fatto cadere, e da ciò, o in occasione di ciò, un occhio sia stato cavato, o accecato, o se sia stata fatta, sia seguita o avrà a seguire la frattura di un osso, o la menomazione perpetua di un nervo, o di un membro, o della funzione di un membro, colui che ha dato la spinta così, sia punito con 200 libre di denaro. Inoltre se qualcuno abbia trascinato qualcun altro per terra o l’abbia tirato, se da ciò non sia uscito sangue, sia punito con 25 libre di denaro; e se in realtà da ciò il sangue sia uscito, sia punito con 50 libre. Se in realtà da ciò sia stato fratturato un osso, o una menomazione perpetua di un nervo, di un membro o della funzione di un membro, sia stata fatta o sia seguita o avrà a seguire, sia punito con 200 libre. Inoltre se qualcuno abbia tolto ad un altro dal capo un cappuccio o altro copricapo di un uomo o di una donna, o l’abbia fatto cadere, o abbia stracciato qualche indumento sul dorso di un altro, sia punito con 10 libre, anche al risarcimento col doppio del danno. In realtà, i reati dei minori di sedici anni commessi in qualcuno tra i questi casi, o in simili, siano puniti con una pena minore ad arbitrio del buon Rettore, dopo aver considerato la qualità del reato e la condizione delle persone, secondo la differenziazione fatta nella rubrica “Che i minorenni e i figli della famiglia abbiano una legittima personalità”.

       4. Rub.54La pena di coloro che percuotono un contrattista altrui.

   Desideriamo che si abbia un criterio e un modo più mite verso coloro che percuotono un contrattista altrui, o un servo, e decretiamo che se qualcuno con la mano, con un calcio o con armi, o con un qualunque altro strumento ferrato o non ferrato abbia colpito qualche contrattista altrui o un servo o una serva, oppure contro di essi abbia fatto un oltraggio, o abbia fatto minacce, o abbia sguainato qualche altra arma, sia punito nei modi principale o condizionale con metà della pena pecuniaria con cui verrebbe punito se abbia offeso un altro non contrattista o servo altrui; questa pena detta dimezzata si intenda e sia una pena semplice e originaria per i delinquenti già detti. Se qualcuno in realtà abbia colpito qualche altrui contrattista o servo o serva, con armi o con qualche altro strumento o con qualunque cosa in qualunque modo nella faccia, o nella gola, e da questa percossa, una cicatrice, o un segno stragrande potranno rimanere in perpetuo, sia punito e condannato a 100 libre di denaro. E per intendere chi sia l’altrui contrattista o servo, sia sufficiente la testimonianza di quattro che danno prova sulla pubblica voce e sulla fama riguardo a ciò. In verità il padrone o il patrono che percuote o flagella un suo servo o un contrattista di qualunque sesso, in nessun modo sia obbligato a qualche pena, a meno che nel flagellare o nel percuotere egli si sia comportato spietatamente e severamente. Tuttavia debba essere inteso come cosa fatta spietatamente e severamente soltanto allorquando una cicatrice nella faccia, o nel collo, il totale taglio o la menomazione duratura in perpetuo di un nervo, di un membro o la funzione di un membro o di un osso siano stati fatti, o avranno a seguire in perpetuo o un occhio sia stato accecato o sia stato cavato, o la carne sia stata separata dal corpo. Chiaramente quando avviene per questa atrocità e questa severità, al di qua della morte, tale padrone o patrono sia punito a 25 libre di denaro.

       4 Rub.55Il forestiero che offende un Cittadino.

   Desideriamo ostacolare i forestieri con la paura della pena, e decretiamo che se qualche forestiero, o chi non sia soggetto alla giurisdizione del Comune di Fermo, in qualsivoglia dignità, condizione o stato stia, il quale, nella Città o nel suo distretto, abbia offeso un Cittadino o un abitante del distretto, o sia stato promotore e autore di una rissa o di un oltraggio, ovvero <in un luogo> al di fuori del distretto di Fermo, abbia offeso o derubato nella persona uno stesso Cittadino o abitante del distretto, sia punito con il doppio di quella pena con la quale sarebbe punito un Cittadino che offenda un Cittadino. E ciò quando la pena è soltanto semplicemente pecuniaria e stabilita dalla forma di uno statuto di questo volume. In realtà se la pena del reato per un Cittadino contro un Cittadino sia anche puramente arbitraria, o corporale o afflittiva del corpo in modo principale o condizionale, allora tale forestiero, in modo reale e personale, insieme <con altri> o separatamente, sia punito ad arbitrio del Rettore, dopo valutate le condizioni delle persone e del fatto; mai, tuttavia, condanni ad una pena minore, tale forestiero, o uno non sottoposto <a Fermo>, come già detto, in confronto a chi fosse un Cittadino o uno sottoposto.

       4 Rub.56Le parole ingiuriose.

   Coloro che dicono o profferiscono una parola ingiuriosa contro qualcuno, anche se in un solo impeto, ne abbiano detto molte insieme, siano puniti con 40 soldi, per ciascuna volta. Se <le> abbiano dette dinanzi al Podestà o al Capitano o a qualcuno dei loro officiali nel Palazzo del Comune, o del popolo, siano puniti con 100 soldi. E nelle anzidette cose, senza dubbio, abbia per sé valore il beneficio della pace; e qualsivoglia Rettore, per tutte le singole dette cose, abbia potere di condannare e di punire, sul fatto, senza alcun processo né atto scritto.

       4 Rub.57La pena per coloro che ripetono gli improperi.

   Decretiamo che quando vengono pronunciate contro qualcuno parole ripetute di improperio per qualche atto o su una cosa del passato, o riguardanti colui contro il quale sono profferite, o chi abbia detto o profferito in qualche modo una cosa infamante o contro il decoro del padre, della madre, del fratello carnale, della moglie o di un altro consanguineo<dell’altro> fino al terzo grado incluso, da computarsi secondo il diritto Canonico, ci sia la punizione a 25 libre di denaro. Se qualcuno invece abbia esibito, con gli scritti o con la parola, una sua difesa ossia per conservare un suo diritto, scrivendo o facendo scrivere, o facendo un’opposizione, o in altra maniera, non sia obbligato affatto alla detta pena. In realtà, se qualcuno abbia detto che qualcuno è mentitore, per mezzo di queste parole, “tu dici menzogne”, o cose equipollenti, o abbia ripetuto a costui stesso improperi come, ad esempio: ‘cieco’, ‘zoppo’, ‘monco’, o cose simili o qualche difetto che gli sia soprastante, per concessione divina, o per opera di un altro, sia punito con 5 libre di denaro. E nei casi di questo statuto il beneficio della pace abbia vigore e giovi.

       4 Rub.58Coloro che, a propria difesa, offendono qualcuno, e la pena di chi rifiuta la giurisdizione del Comune.

   Decretiamo che è legittimo, senza pena, a ciascuno il difendersi, con moderazione per la sua tutela <di dignità> incolpata. Tuttavia, se qualcuno, a causa di qualche dignità, o di un privilegio, o di qualche ragione o motivo, si sia sottratto, o abbia voluto sottrarsi dalla giurisdizione del Podestà o del Capitano del Comune di Fermo, al fine di non essere punito per una offesa che egli abbia fatto contro qualcuno, o per un reato, ovvero affinché faccia accordi in modi civili , ossia non sia punito in maniera penale, secondo la forma e il modo o secondo le pene di questa Città, sia punito alla pena di 50 scuti e alla privazione degli offici o di qualunque dignità nella Città di Fermo e nel contado. E chiunque si sia associato, in qualche modo, a qualcuno che così si sia sottratto, o abbia voluto sottrarsi, per commettere un reato, ossia abbia prestato aiuto, consiglio o sostegno a lui per commettere ciò, sia obbligato come se egli stesso avesse commesso il reato. E questo statuto, in realtà, rivendichi valore per sé, se il convenuto principale in materia civile o penale a nome suo proprio abbia rifiutato la detta giurisdizione, e anche se l’abbia rifiutata a nome di altri, come procuratore, tutore, parte attiva, curatore o sindacatore, e in questo caso, quando abbia rifiutato a nome di un altro, lui stesso tutore, curatore, attore, procuratore o sindaco sia astretto al presente statuto. E nondimeno il tale signore a nome del quale le dette cose siano state fatte o dette, o sia stato rifiutato, possa essere leso nei beni e nelle cose, come sopra è stato detto.

       4 Rub.59La pena di coloro che infrangono la pace.

   Contro coloro che infrangono la pace decretiamo in maniera tale che se qualcuno abbia infranto o rotto la pace, o abbia percosso o abbia fatto percuotere, in qualche modo, anche senza percuotere né far percuotere, o in qualsivoglia altra maniera colui con il quale abbia fatto la pace, a motivo di tale percossa o dell’offesa fatta in qualunque modo, oltre alla pena sull’osservare la pace promessa, a causa della pace infranta sia punito con la pena contenuta nelle Costituzioni della Marca. E lo stesso statuto ci sia e sia riconosciuto qualora qualcuno abbia così offeso o abbia fatto offendere, percuotendo o facendo percuotere un qualche consanguineo di colui con il quale abbia fatto la pace, fino al terzo grado incluso, da computarsi secondo il diritto Canonico; solo quando abbia offeso o abbia fatto offendere nella detta maniera, soltanto infrangendo l’anzidetta pace, ma non per un nuovo motivo o per una offesa fatta a lui ad opera di quel tale.

       4 Rub.60Decreto del Consiglio sulle vendette trasversali, confermato dal Breve di Pio IV in data Roma 10 febbraio 1560.

   Allo scopo di reprimere e di ostacolare le intenzioni e gli animi dei perversi e degli empi, i quali mentre desiderano vendicarsi delle ingiurie, eccedono i limiti propri della vendetta dell’offensore con l’offesa a realtà trasversali, pertanto con questa saluberrima legge decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno, in futuro abbia fatto una qualche vendetta trasversale, cioè quando l’offesa sia stata soltanto verbale, il tale che così fa l’offesa incorra nella pena dell’esilio per un quinquennio; se invece l’oltraggio e l’offesa siano stati fatti sulla persona, seppure senza sangue, né frattura di un osso, sia esiliato per un settennio. Quando in realtà l’offesa sia stata con sangue o con la frattura di un osso, o con il troncamento di un membro, o con debilitazione o con un segno che rimane perpetuo, la pena per il tale che offende così sia l’esilio per un decennio, con la confisca di mezza parte di tutti i suoi beni e soltanto nel caso di troncamento di un membro e della debilitazione, la mano destra sia troncata e amputata in modo che sia separata dal corpo. E si intendano i detti esuli come fuori dalla Città e dalla giurisdizione Fermana. Se invece da qualcuna delle dette offese fatte di traverso sia seguita la morte di colui che così sia stato offeso, colui che offende, come ribelle e traditore del pacifico stato di questa Città, sia dipinto nella parete del palazzo Vecchio della Curia pubblicamente e palesemente, all’usanza per i traditori, e sia sottoposto al perpetuo esilio, con la confisca di tutti i suoi beni e la demolizione delle abitazioni. Abbiamo decretato che la grazia, il perdono o la clemenza non possano essere concessi da parte di chi ha il potere; e non rimanga, né abbia validità su tutte le singole pene dei detti casi quando fatta o conseguita, né giovi la pace <beneficio> in alcuno dei detti casi. Aggiungiamo e proclamiamo che le dette pene ed ognuna di esse si intendano imposte oltre a tutte le altre pene legali o statutarie, e queste pene anzidette abbiano vigore tanto per colui che faccia ciò, quanto per chi comanda che sia fatta una vendetta trasversale. Inoltre un’offesa proclamiamo fatta in modo trasversale, ogni qualvolta l’offeso o un altro congiunto per consanguineità o per affinità abbiano offeso non lo stesso offensore, ma un altro congiunto per consanguineità o per affinità. E a quel tale che offende in tal modo non giovi allegare un nuovo motivo, a meno che non abbia dato prove con chiarissime e legittime conferme che il motivo è effettivamente vero e non esiste per un sospetto. Inoltre la pena della demolizione delle abitazioni recuperi di per sé vigore anche contr coloro che commettano una vendetta trasversale sui figli della famiglia, come sopra, per la quantità che concorre alla <quota> legittima da assegnarsi nell’abitazione paterna, al fine di dover fare la demolizione. E similmente la comunione <di beni> non giovi.

       4 Rub.61Sul non offendere debbono essere dati i fideiussori.

   Al fine di rendere tutti protetti e sicuri decretiamo che se qualcuno dinanzi a qualche Rettore della Città abbia esposto di avere qualche sospettato che voglia offenderlo per precedenti minacce, per indizi o segni, per i quali verosimilmente qualcuno debba avere dubbi, tale Rettore, a richiesta o per sollecitazione di quel tale che ha sospetti, sia obbligato e debba costringere effettivamente, come sembrerà opportuno a lui, senza alcun processo, colui sul quale si ha timore o si ha il sospetto, e ad offrire allo stesso sospettoso o intimorito, idonei fideiussori o un idoneo fideiussore; e certamente anche per essere in guardia per quel tale che così è ritenuto sospetto e per promettere a nome suo proprio e dei suoi congiunti per consanguineità o per affinità fino al terzo grado da computarsi secondo il diritto Canonico, di non offendere il tale sospettoso, neppure i suoi congiunti per consanguineità o affinità fino al terzo grado da computarsi secondo il diritto Canonico, sotto una pena che il detto Rettore avrà stabilito a suo arbitrio da 100 libre fino a 1000. E questa pena sia pretesa effettivamente qualora ci sia stata una trasgressione da parte di chi dà garanzia o dai suoi fideiussori, senza processo alcuno, concorrendo anche i fideiussori quando il principale è trascurato. Tuttavia questi fideiussori abbiano il regresso verso la persona del tale principale e il tale principale sia costretto a salvaguardarli indenni nei loro beni per la loro indennità, sul fatto e senza alcun processo né scrittura, in modo reale e personale; e a domanda o a richiesta di costoro cioè di detti fideiussori. E qualsivoglia Rettore abbia il libero arbitrio di multare e di punire, anche di costringere nella persona, e di carcerare, e parimenti di inviare al confino ed esiliare colui che intimidisce o fosse sospettato fino a quando abbia dato garanzia o abbia dato sicurezza, come già detto, senza l’intervento di alcun processo né scrittura. Possa anche questo Rettore, se a lui sembrerà opportuno, costringere nel modo e nella forma già detti quel tale sospettoso o timoroso, al fine che stia in guardia e garantisca di non arrecare offese a colui che egli così per sé considera sospetto. D’altra parte disponiamo nel presente statuto che nessuno possa pretendere o chiedere tali fideiussori o un fideiussore, dei quali sopra si fa menzione, neppure possa deputarli, contro qualcuno che egli in precedenza abbia offeso, neanche dai consanguinei dell’offeso, né da alcuno degli affini, né possa considerare così sospettabili costoro già detti né alcuno di loro. Aggiungendo decretiamo anche ed ordiniamo che i signori Priori e i signori Regolatori abbiano la piena autorità, il potere e l’arbitrio di provvedere, comandare, come sopra, nel dare le dette fideiussioni e le cauzioni per non fare le offese fra le parti, fra le quali le risse e le inimicizie girano <tra consanguinei>, fino al terzo grado da computarsi  dal diritto Canonico, sotto le pene da imporsi ad opera dei detti signori Priori e Regolatori, anche di fare altre cose e costringere, relegare, esiliare, come sopra. Ed ancora i detti signori Priori e Regolatori debbano operare e interporsi per pacificare le dette parti, tuttavia non contro la volontà delle stesse parti, né prima del pagamento della penalità. E per l’osservanza della forma del presente statuto sulle multe da imporre, i precetti che saranno fatti dal Podestà o dal Capitano o dai detti signori Priori e Regolatori alle parti affinché si presentino, possano essere fatti anche con atti scritti, ed essere affissi nelle abitazioni di uno di qualche parte, non rintracciato, e siano di tanta validità quanta quando esibiti di persona, e coloro che non obbediscono siano condannati alla pena contenuta nel precetto. Ogni giorno debba essere fatto un precetto di tale modo, fino a che sia obbedito. Se qualcuno in realtà, tramite due testimoni idonei, con giuramento, sia confermato che permane fuori distretto, sia scusato.

       4 Rub.62La pena per chi dalla Città di Fermo o dai Castelli entra o esce non dalle porte, ma in altro modo.

   Se qualche persona sia entrata o uscita dalla Città di Fermo o da qualche suo Castello, anziché attraverso una pubblica porta del Comune, attraverso un altro luogo o con altra maniera, sia punito con 25 libre di denaro, per ciascuna volta.

       4 Rub.63La pena di che guasta o occupa le mura della Città o dei Castelli.

   Con questo statuto decretiamo che se qualche persona abbia rovinato o guastato o in qualche modo abbia rotto qualche muro della Città di Fermo o di qualche Castello, o abbia occupato qualche muro tale, con una presunta autorizzazione, o abbia costruito un altro muro nella vicinanze di esso e anche abbia collegato o abbia fabbricato, o abbia violato questo stesso in qualche maniera, rompendo o distruggendo o facendo cose simili, sia punito, per ciascuna volta, a 25 libre di denaro; e sia costretto a ricostruirlo tali allo stato antecedente a sue spese. Inoltre nessuna persona osi né presuma di fare un passaggio con animali o senza, attraverso le ripe della Città o di qualche Castello, o di scavare, tenere o anche occupare le dette ripe o qualcosa di esse, con una presunta autorizzazione, sotto la pena di 25 libre di denaro da riscuotere su qualsivoglia trasgressore e per ciascuna volta, sul fatto; e nondimeno sia costretto a ristabilire lo stato antecedente. E chiunque stia come legittimo accusatore e denunciatore delle dette cose e abbia la metà della detta pena pecuniaria.

       4 Rub.64Gli Incendiari e i distruttori dei molini e delle abitazioni e di opere simili.

   Affinché nessuno abbia vigore a vantarsi della propria malizia, decretiamo che se qualcuno abbia immesso il fuoco dolosamente, o lo abbia messo per motivo di bruciare qualche abitazione sita nella Città o nel distretto di Fermo, o abbia incendiato tale abitazione dolosamente; sia che tale abitazione sia sita dentro la Città, in un Castello, sia che in una Villa o altrove, purché qualcuno abbia abitato o sia stato solito abitare in essa, se tale colpevole sarà pervenuto al presidio del Comune, sia bruciato vivo con le fiamme, tanto che muoia; e il danno sia riparato con il doppio a favore di chi l’ha sofferto. Se invece non sarà pervenuto nel presidio del Comune, sia condannato alla medesima pena e alla riparazione del danno con il doppio, e in perpetuo sia in esilio nella detta condanna. E la stessa pena si intenda che è stata stabilita e ci sia contro colui che abbia immesso il fuoco dolosamente in qualche casolare con il motivo di incendiare o abbia incendiato, purché, tuttavia, qualcuno con la sua famiglia abbia abitato di continuo nel detto casolare o vi sia stato. Inoltre se qualcuno con il motivo di incendiare abbia immesso fuoco con inganno, ossia dato fuoco in qualche meta di grano o di altro cereale o in qualche abitazione, o casolare posti fuori dalla Città o da qualche Castello che non fossero luoghi abitati, né siano stati soliti abitarsi da qualcuno con la sua famiglia, oppure abbia devastato o rotto qualche mulino o qualche sua mola o macina, sia punito e sia condannato a 100 libre di denaro e alla riparazione con il doppio del danno a favore di chi l’ha sofferto. E se questa condanna non sia stata pagata entro 10 giorni dal giorno della pubblicazione della condanna, gli sia amputata la mano destra in modo che sia divisa dal corpo. Inoltre se qualcuno abbia devastato un’altrui abitazione o un casolare posti fuori dalla Città di Fermo, e non abitati da alcuna persona in alcun modo, sia condannato e punito con 25 libre di denaro, per ciascuna volta e riparare al doppio del danno, a favore di chi ha sofferto. E infine, in ogni caso di incendio qui non espresso, l’incendiario sempre sia obbligato a riparare con il doppio del danno a favore di chi l’ha sofferto, e ancora in più, questa pena, se quell’incendio sia stato fatto con astuzia e con malizia, sia stabilita dai Rettori della Città di Fermo, fino a 20 libre di denaro.

       4 Rub.65Gli Avvocati, i Procuratori, i Notai non siano accettati come fideiussori.

   Tutti i singoli officiali e i Rettori della Città di Fermo evitino totalmente di ammettere o di accettare per fideiussori o al posto dei fideiussori, coloro quelli che appartengono al collegio e sono registrati, gli Avvocati, e i Procuratori, i Notai delle banche <tesorerie> civili di Fermo. Se qualcuno invece fra i detti Avvocati, Procuratori o Notai di banche, contro la disposizione di tale modo, si trovi, almeno di fatto, accettato o ammesso tra i fideiussori in una causa civile o penale, o in un’altra occasione qualunque, per l’autorità di questo statuto, in nessun modo sia costretto né obbligato, e colui che l’accoglie in tal modo o chi lo accetta sia punito a libre 25 di denaro per ciascuno e per ciascuna volta. E tale fideiussione o promessa non possa essere avallata con un giuramento, al contrario questa stessa e qualsiasi cosa che consegua da ciò non abbia vigore per la legge stessa; e a questo statuto non si possa rinunciare espressamente, tacitamente, direttamente o indirettamente.

       4 Rub.66La pena di coloro che portano un’arma.

   Se qualcuno nella Città di Fermo, o nei suoi borghi, o nel Porto di San Giorgio abbia portato un’arma in contrasto al permesso dello statuto di questa Città, se ad opera di qualche officiale o dei loro cooperatori sarà stato rintracciato, sia punito in questo modo, cioè per un coltello che ferisce, o per una daga <spada corta> o per simili, con tre libre di denaro; per una spada, uno spontone <tipo asta>, uno stocco <tipo spada>, un falcione bergamasco <coltellaccio>, una lancia, un roncone o simili, per ognuno, e per ciascuna volta, con libre 5 di denaro; per una mazza ferrata, una roncola, o un bordone di legno ferrato o non ferrato, o per un bastone nocivo, con 40 soldi, per ciascuna cosa e per ciascuna volta. E sia affidata all’arbitrio del Rettore o del suo Vicario qualunque cosa debba essere considerata simile alle dette o ritenersi come simile, o considerarsi malefica. In verità per un altro coltello maggiore di un palmo, calcolato il manico, sia punito, per ciascuna volta, con 20 soldi. Se qualcuno invece sia stato rintracciato che porta le dette armi o qualcuna delle dette, di notte, dopo il tramonto del Sole e prima del sorgere del Sole, sia punito al doppio. Se invece sia stato rintracciato che porta una “gorzeria”, un “corinto”, una “bracciarola”, o altra arma da difesa sia punito con 20 soldi di denaro per qualsivoglia arma e per ciascuna volta. Se qualcuno invece, in qualche Castello del Comune di Fermo, sia stato rintracciato mentre porta qualcuna fra le armi di difesa ovvero di offesa descritte sopra, senza espressa licenza del Podestà o del Capitano della Città, sia punito con la metà di dette pene, attribuendo le singole pene alle singole persone. Inoltre nessun forestiero presuma di poter portare le armi offensive o difensive dentro la Città di Fermo o dentro il Porto di San Giorgio, e chi abbia trasgredito, per qualsivoglia delle dette armi offensive sia punito con 5 denari, e per ognuna delle armi difensive sia punito con soldi 20 di denaro e perda le armi e siano assegnate al Comune, e immediatamente dopo il ritrovamento siano consegnate ivi al Tesoriere; a meno che tale forestiero abbia dimostrato una giustificazione o una difesa legittima sulle dette cose; e lo stimare legittima o l’ammettere o il respingere sia affidato all’arbitrio del Rettore. E chiunque dà ospitalità ai forestieri, inoltre ogni custode delle porte della Città di Fermo e di Porto San Giorgio e degli altri Castelli siano obbligati a preavvertire ciascun forestiero allorquando sarà arrivato nel suo ospizio o presso le dette porte, che non porti un’arma attraverso la Città, il Porto o un altro Castello dove è tale ospizio, o dove egli fa la custodia; e qualora non abbia fatto ciò, sia costretto, sul fatto, a risarcirgli e a restituire con i propri beni, il danno nel quale tale forestiero sia incorso a motivo del portare tali armi. E il Podestà e il Capitano della Città con vincolo del giuramento, almeno una volta in qualsivoglia giorno, sia obbligato a inviare i suoi cooperatori per investigare, per fare controlli contro coloro che portano le armi già dette o qualcuna delle dette attraverso la Città. E dalla sola relazione dei cooperatori, sul fatto e senza processo alcuno, punisca e possa e abbia autorità di punire quelli trovati che le portano così, senza altra indagine né discussione. Se qualcuno invece (fatta eccezione per i Priori, o per il Vessillifero di giustizia di questa Città) di giorno o di notte abbia trasportato o portato qualcuna delle armi anzidette nel Consiglio, nel Parlamento o nella Congregazione o nel Palazzo del Comune, o del popolo, o della residenza degli stessi signori Priori o del signor Podestà o del Capitano, sia di giorno, sia di notte, sia punito sul fatto a libre 10 per ciascuna volta e perda le armi. E ciascuno sia ritenuto legittimo accusatore sulle dette cose e ci si attenga anche alla relazione dei cooperatori o dell’officiale. E in tutti i singoli casi di questo presente statuto, sia cosa propria dell’officiale nella sua elezione il rilasciare a suo arbitrio e il condurre qualcuno, così rintracciato, presso la Curia o di rilasciarlo ai fideiussori. E quello che i cooperatori di qualche officiale della Città, del Porto, o del contado va investigando o controllando attraverso la Città, il Porto o i Castelli contro coloro che portano così <le armi>, se qualcuno sia fuggito dal cospetto di tali cooperatori o non abbia permesso di essere controllato, egli abbia autorità di punire sul fatto al modo stesso come se gli fosse stato trovato un coltello atto a ferire, e si abbia fiducia e ci si attenga alla relazione su ciò, con giuramento, di due cooperatori di tale Rettore o dell’officiale. Inoltre se qualcuno abbia portato armi con sé davanti o dietro o a lato o vicino qualche bambino o ragazzo che porta un’arma, su richiesta di questo stesso, costui, a richiesta del quale le armi così erano portate sia punito, sul fatto, come se le portasse lui stesso. Inoltre nessuna persona, col pretesto di qualche dignità o di una familiarità o di un privilegio presuma di portare qualche arma, se non per il privilegio del Priorato o del Vessilliferato di giustizia. Se qualcuno invece abbia voluto scagionarsi dalla pena soltanto con qualche anzidetto pretesto, sia punito, sul fatto, con 25 denari: e in questo caso il padre per il figlio, il fratello per il fratello, siano obbligati e tale somma possa e valga riscuoterla da questi, se vivano in Comune o senza una divisione. Tuttavia ad ognuno nell’andare così fuori dalla Città, dal Porto, o da un castello, oppure nel tornare da uno di questi o nel venire alla Città, o al Porto o ad un Castello, e nel tornare da lì, sia lecito portare impunemente le armi muovendosi da qui per un percorso diretto, da una abitazione o da un ospizio verso una abitazione o un ospizio. E se qualcuno che sta andando, o venendo così o ritornando per un percorso diretto, sia stato rintracciato che porta palesemente un “galerio”, senza malignità, oppure che conduce un somaro, o che porta legna, erbe, paglia, fieno, olio, o cose simili, o porta una bevanda per i lavoratori, gli è lecito che abbia avuto armi con sé; tuttavia, se uno abbia fatto ciò senza malizia, non sia soggetto ad alcuna pena, e su ciò diamo incarico alla coscienza del Rettore. Inoltre ciascuno con esplicito permesso del Podestà o del Capitano, che risulti da una scrittura o da una ricevuta di questo Rettore, possa portare armi di difesa, dopo aver presentato un idoneo fideiussore, uno o più, sul non offendere con esse. Se invece con esse o con qualcuna di esse abbia colpito sulla faccia, o sulla testa con sangue, sia punito, per ciascuna volta, con 50 libre di denaro, oltre alle altre pene degli statuti. E i fideiussori siano obbligati a pagare questa somma, in modo reale e personale, anche se il principale non sia stato esaminato. Tuttavia il Podestà o il Capitano non concedano né abbiano potere di concedere a nessuno il permesso di portare armi di difesa insieme con i fideiussori o senza <questi>, eccettuati solamente i propri officiali o coadiutori. E nei casi di questo statuto, né il beneficio della pace, né quello della confessione rivendichi per sé vigore. Inoltre se qualcuno abbia portato qualsivoglia genere di armi di possibile offesa nel Girone di Fermo, sia punito, per ogni specie di armi, a 25 libre di denaro e per ciascuna volta. E chiunque possa accusare e denunciare coloro che portano le armi anzidette, in uno dei detti luoghi, ed abbia la metà della pena.

       4 Rub.67La pena di coloro che vanno in strada dopo il terzo suono della campana.

   A tutti vietiamo di camminare attraverso la Città, il Porto o qualche Castello della Città, senza una luce sufficiente, o con una torcia accessa o con un tizzone, dopo il terzo suono della campana, che si suona di sera per la custodia della Città, e prima del suono della campana che si suona al mattino per il giorno. Se qualcuno invece abbia agito in contrasto con questo o sia stato rintracciato da un officiale o dai coadiutori del Podestà, ad eccezione per quelli che siano stati trovati nel raggio di tre abitazioni vicino alla propria abitazione, sia punito, sul fatto con 10 soldi 10 di denari, per ciascuna volta. Tuttavia, gli studenti che vanno alle scuole, o i mugnai che vanno al mulino con somaro o quelli che tornano da lì, o i fornai o le fornaie, o i cursori, o quelli che vanno a portare olive a macinare per esercitare il proprio mestiere, non sono affatto obbligati dal siffatto statuto. Inoltre al presente statuto aggiungiamo che, per evitare la penalità, un solo lume sia sufficiente a più persone che vanno attraverso la Città, il Porto o un Castello. E per questo statuto né la pace né una confessione servano ad alcunché.

       4 Rub.68La pena di coloro che giocano ai dadi, o ad altro gioco proibito.

   Inoltre decretiamo che se qualcuno, nella Città o nel distretto di Fermo, abbia giocato segretamente, o di notte, a qualche gioco dei dadi o ai tasselli o a bastoncini, o con le carte da gioco, sia condannato a 10 libre di denaro. Se in realtà abbia giocato pubblicamente e di giorno sia punito con libre 5 di denaro, per ciascuna volta; se si gioca silenziosamente o palesemente a danaro sia condannato e punito a 50 libre di denaro, lo sia anche chi abita l’edificio, nel quale così sia stato fatto il gioco; e tuttavia “pubblicamente” sia riconosciuto se il luogo, nel quale così si gioca, in quei momenti non stia chiuso; inoltre colui che tiene le candele, o la luce per i giocatori, o chi presta denaro agli stessi, o chi concede gratis in altra maniera i dadi, o il taccuino , sia punito con la medesima pena, come il giocatore. Inoltre colui che così abbia prestato denaro al giocatore, perda il prestito, e i pegni, quando ne abbia presi alcuni per tal motivo sia obbligato a restituirli sul fatto. Gli istrumenti scritti o le obbligazioni e le garanzie in tale occasione, fatte o intraprese, per l’autorità di questo statuto non abbiano alcuna validità e i colpevoli di tal modo, sul fatto, possano e valga che siano puniti, senza processo alcuno, con le pene designate sopra. E sulle dette cose si presti fede, sul fatto, alla relazione di qualsivoglia coadiutore del Rettore, e il Rettore i cui coadiutori hanno scoperto tali delinquenti, abbia la quarta parte delle dette pene. E ognuno possa denunciare tali giocatori, e tale denunciatore abbia e debba avere la quarta parte di quello che sia pervenuto in Comune in occasione di tale denuncia e sia tenuto segreto colui al quale si presti fede, con un solo testimonio. Il Banchiere del Comune sia obbligato a dare la detta quarta parte a tale denunciatore senza altra attestazione di mano dei signori Priori o dei Regolatori, ma sia prestata fede soltanto alla semplice parola e alla dichiarazione del Podestà che dichiara allo stesso Tesoriere che tale denunciatore ha denunciato il detto giocatore o i detti i giocatori. Sia lecito invece a chiunque nell’esercito di giocare palesemente ai dadi, o nella cavalcata ai dadi e ai tasselli, o giocare ad azzardo, senza pena in qualunque modo e forma. Inoltre sia lecito ad ognuno nelle osterie e negli ospizi di giocare impunemente lo scotto, purché gli osti e gli albergatori già detti non tengano la abitazione, l’osteria o l’ospizio chiuso con una spranga o con catenacci o in qualsiasi altro modo. A nessuno in realtà sia lecito giocare a palla o un altro qualunque gioco presso o vicino alle Chiese, affinché i riti divini non siano impediti dai giochi, sotto pena di 10 soldi per ciascun trasgressore e per ciascuna volta.

       4 Rub.69La pena di chi nega la parentela, il notaio o cose simili.

   Desideriamo che tutti adducano la verità senza raggiro, e decretiamo che se qualcuno, in una causa civile o penale, abbia negato con qualunque parola che comporti la negazione, che qualcuno sia, o sia stato segretario, o defunto, o padre, o figlio, marito, o moglie, zio paterno, o zio materno o altro congiunto per affinità o per consanguineità, fino al terzo grado da computarsi secondo il diritto Canonico; se non abbia rinnegato tale negazione, nello stesso giorno o nel giorno seguente a quello in cui così abbia negato,  non l’abbia revocata né abbia confessato la negazione, quando poi tale cosa negata sia stata provata con quattro testimoni che su ciò offrono una testimonianza sulla voce pubblica e sulla fama, decretiamo anche che questa prova sulle dette cose è valida, quel tale che così nega o che così abbia negato, sia punito, sul fatto, senza alcun processo, a 10 libre.

       4 Rub.70La pena di chi richiede il pagamento di un debito già pagato, o più del debito.

   Vogliamo contrastare le frodi di coloro che in un processo abbiano chiesto un debito già pagato o in altro modo soddisfatto, anche senza una contestazione della lite, e decretiamo che se qualcuno abbia richiesto in tale modo un debito, come già detto, sia punito con 25 libre di denaro, sul fatto e senza alcun processo; e di questa pena la metà sia per il Comune e l’altra per colui al quale così viene chiesto, sia che costui abbia presentato una querela o un’accusa riguardo a ciò, sia che no. E con la stessa pena similmente sia chi richiede più del debito, e nondimeno decada da tutto. E al debitore siano raddoppiate le proroghe contro chi richiede prima della scadenza. Le emissioni tuttavia per coloro che richiedono su eredi o successori, universali o particolari, un debito già pagato, per l’anzidetta legge non abbiano luogo, a meno abbiano chiesto le emissioni, con consapevolezza, così, o dopo la protesta o dopo l’accertamento su tale pagamento, o sul pagamento emesso, come è detto sopra.

       4 Rub.71La pena di coloro che invadono o occupano un <bene> immobile o infastidiscono qualcuno nella sua proprietà.

   Sta nelle nostre intenzioni di reprimere con tutti i modi l’altrui protervia, per cui decretiamo che se qualcuno di propria autorità, con il contributo o con la comitiva di due, o di più abbia occupato o invaso la proprietà di un altro o un bene immobile con violenza, da se stesso o tramite un altro o tramite altri a suo nome, o abbia fatto fare qualcosa come questa nel nome anzidetto, o qualcosa tale sia stata fatta scacciando da tale bene o non permettendo che il possessore di tale bene o un altro a suo nome, di rioccupi o recuperi tale bene o la detta proprietà; il principale che fa ciò, o che lo fa fare, sia punito a 200 libre, per qualsiasi volta, e chiunque si associa a chi lo fa sia punito a 100 libre di denaro per ciascuna volta. Quando invece tale cosa sia stata fatta o commessa senza comitiva, chi lo commette o colui che lo fa commettere sia punito a libre 100 di denaro, e in qualsivoglia dei detti casi, egli perda, per il fatto stesso, e sia privato di ogni diritto che abbia su tale possesso o bene, o verso questo stesso, senza che sia aspettata una sentenza di tribunale. Se qualcuno invece abbia turbato o molestato, per la proprietà di cui si parla sopra, qualcuno in qualche altro modo rispetto ai già detti, con una comitiva, da sé o tramite un altro a suo nome, il principale sia punito con libre 100 di denaro e invece chiunque si associa alle dette cose sia punito con 50 libre di denaro. Se in realtà la comitiva non sia intervenuta, il principale che fa in questo modo o che lo fa fare sia punito con 50 libre. Gli operai invece e i salariati, che siano entrati senza alcuna intenzione di turbare o di danneggiare la proprietà di un altro, non siano obbligati affatto ad alcuna pena. Inoltre qualsivoglia Rettore della Città sia obbligato e debba con tutto il suo potere mantenere, e conservare anche difendere nei loro possedimenti gli abitanti distrettuali e i Cittadini della Città e coloro che ivi abitano e prestare ad essi aiuto e sostegno riguardo a ciò, e intraprendere contro chiunque coloro che, in qualunque dignità, privilegio o giurisdizione esistano, turbano o danneggiano questi stessi o i loro possedimenti o occupano o invadono i beni, come già detto, o vogliono fare qualcuna delle dette cose, e contro la violenza di chiunque. E nondimeno tale Rettore, dopo acquisita la fiducia, in modo sommario, semplice, tranquillo, senza chiasso, né parvenza processuale, sul fatto, reintegri chi è stato così depredato sul bene che possedeva al tempo della deprivazione e lo salvaguardi nel possedere il medesimo bene. E se qualcuno, con presunzione di autorità, abbia occupato in qualche modo, boschi, prati, pascoli o qualsiasi altre proprietà e beni del Comune, sia punito con 10 libre di denaro, e quello che ha occupato al Comune, lo reintegri nello stato precedente, insieme con il danno e con l’interesse. E qualora in qualcuno dei casi già detti sia intervenuto un accusatore, chi e stato vinto sia condannato alle spese legittime a favore del vincitore. Aggiungiamo ai casi anzidetti, ed anche dichiariamo che siano considerati invadere, perturbare e occupare tutti coloro che siano entrati in una proprietà altrui, nonostante che siano entrati con l’autorizzazione di qualche Giudice, e abbiano coltivato in qualche modo tale podere, o da esso abbiano registrato o abbiano percepito qualche frutto, senza che abbiano fatto una citazione.

       4 Rub.72 La pena di chi estrae o sposta i termini <a confine>.

   Decretiamo con il presente statuto che se qualcuno di propria autorità abbia cavato fuori o spostato uno o più termini <di confine> vicinale, all’insaputa o contro il volere del vicino o del padrone, sia condannato 25 denari, per ciascuna volta e per ciascun termine così estratto o spostato. Se tuttavia una lite sia stata originata fra alcuni su un termine o sui confini o per tale motivo, tale lite in modo sommario, sereno, senza chiasso, né parvenza processuale, entro 10 giorni dopo la querela fatta su ciò, debba essere conclusa dal Podestà, o dal suo Giudice o dal Giudice dei danni dati, come meglio a loro sarà sembrato essere opportuno, nonostante, in alcun modo, le festività solenni o introdotte in onore di Dio ovvero altre.

       4 Rub.73La pena di coloro che occupano una tenuta assegnata ad opera della Curia.

   Allo scopo che i decreti dei Rettori o dei Giudici non stiano in ludibrio, decretiamo che se qualcuno sia entrato nella tenuta di un suo bene o a lui spettante, che fu assegnato ad un altro ad opera di un Rettore o da qualche officiale del Comune di Fermo avente il potere sopra a ciò, sia punito sul fatto a soldi 40 per la sola entrata, se ne è stato consapevole, o gli sia stato notificato che tale tenuta era stata assegnata. Tuttavia colui che del quale tale bene sia stato <proprietà>, possa andare presso la Curia, entro otto giorni dopo tale assegnazione della tenuta, e chiedere e fare sì che tramite il Giudice questa stessa sia contrastata alla giusta quantità con un terzo in più. E qualora non abbia fatto ciò e così vi sia entrato, sia punito con la detta pena a meno che durante il tempo della sua difesa <giustificazione> dall’accusa fatta su ciò non abbia restituito effettivamente tale tenuta, cioè di fatto, non a parole. E in questo caso il Giudice, perché lasci tale tenuta ovvero la sgombri e non ne faccia uso, da se stesso, neppure tramite un altro, comandi la pena di 10 libre. Invece, tale tenuta possa essere trattenuta sino alla consegna del <pagamento> insoluto. L’accusa presentata sopra ciò, tuttavia, sempre possa essere revocata, secondo il modo e la forma tramandata sopra ciò nello statuto relativo sulla revoca da concedersi.

       4 Rub.74Coloro che offendono gli esiliati.

   Decretiamo in odio e in pena degli esiliati che se qualcuno abbia offeso, e se abbia anche ucciso, uno che è stato esiliato condannato a morte, in modo principale o sotto qualche condizione, non sia obbligato affatto ad alcuna pena. In realtà colui che offende un esiliato e un condannato nella persona, in modo principale o condizionale, tuttavia al di fuori dalla morte, tuttavia non sia impedito in altro modo dall’offesa, se la morte del tale esiliato non sia avvenuta. Qualora questa morte avvenga, chi colpisce tale esiliato sia punito con 500 libre di denaro. Tuttavia chi colpisce un esiliato e condannato non sia obbligato alla pena soltanto pecuniaria puramente e semplicemente, cioè fino a 50 libre di denaro o sopra a ciò, a meno che dall’offesa non siano effettuate, seguite o verranno a seguire una cicatrice che rimarrà per sempre sulla faccia, o un taglio totale o una frattura di qualche osso, o una menomazione perpetua di qualche nervo, o di un membro, o la funzione di un membro. Quando sono intervenuti questi casi o è intervenuto qualcuno di essi, il tale che offende sia punito a 100 libre di denaro. Qualora invece sia intervenuta la morte del tale esiliato, il tale che offende sia punito a 1000 libre e tuttavia, e se non le abbia pagate entro un mese dalla pubblicazione della sentenza, gli sia tagliata la testa dalle spalle in modo che muoia del tutto. Invece chi offende un esiliato e condannato <sia punito> a al di sotto e non oltre 50 libre, se però senza <causare> sangue, a 10 libre; qualora in realtà dall’offesa del tale esiliato e condannato il sangue sia uscito, sia punito a 25 libre di denaro. Qualora invece, la morte, o una amputazione o una frattura totale di qualche osso, o una menomazione perpetua di qualche nervo, o di un membro, o della funzione di un membro, o una cicatrice che rimarrà per sempre sulla faccia siano state effettuate, o seguite o che avessero a venire dall’offesa, sulla persona di tale esiliato e condannato, allora il tale che offende sia similmente punito e condannato, come se il tale offeso non fosse stato o non sarebbe stato da essere esiliato e neanche condannato.

       4 Rub.75Gli esiliati per le offese fatte contro i giurati del popolo.

   Vogliamo e decretiamo che quando qualcuno sia rimasto condannato e sia stato contumace in occasione di qualche offesa o di una percossa fatta contro qualcuno del collegio <dei giurati> del popolo, o contro qualcuno che per una ragione o un motivo sia stato nell’officio del collegio, o contro qualcuno facente o non facente parte del collegio, in occasione di una arringa fatta per mezzo di lui nel Consiglio generale del popolo, oppure in quello speciale, o in Credenza, o in qualche Cernita di uomini convocata per ordine del signori Priori e del Vessillifero, o contro qualche statutario del Comune, costui, per l’avvenire, non abbia potere di ritornare nella Città di Fermo o nel suo distretto, quand’anche abbia catturato qualche esiliato o condannato del Comune di Fermo, o anche benché sia stato presente in una forza <presidio> del Comune o di qualche Rettore; ma al contrario, sia esiliato dalla detta Città e dal suo distretto in perpetuo.

       4 Rub.76I forestieri che offendono i Cittadini debbono essere catturati.

   Affinché i forestieri non presumano di offendere i Cittadini né i Fermani del distretto, decretiamo che se qualche forestiero abbia offeso, con armi, qualche Cittadino o Fermano del distretto di Fermo, che sono presenti nel luogo di tale offesa o da dove il tale forestiero sia fuggito, se siano stati negligenti nel gridare o nell’inseguire tale forestiero, siano puniti con 25 libre di denaro, e il tale offensore forestiero immediatamente possa essere offeso dai Cittadino e da chiunque altro. Se invece tale forestiero abbia commesso un omicidio contro qualcuno degli anzidetti, quando che sia, anche con un intervallo <di tempo>, valga che sia impunemente offeso e ucciso. Se invece qualche Fermano, o abitante della Città o del distretto abbia ricettato qualcuno forestiero tale <esiliato>, o abbia prestato aiuto, consiglio o sostegno a questo stesso offensore, sia punito similmente a quella pena con cui il forestiero. E tale forestiero per sempre sia esiliato dalla Città di Fermo, né in modo alcuno valga che egli venga nella stessa Città o nel suo distretto, per l’occasione della sua cattura o anche della presentazione di un altro esiliato.

       4 Rub.77Coloro che si siano sottratti o si siano rifiutati a ragione di qualche privilegio.

   Decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno a causa di un privilegio clericale, o di una qualche dignità, o per altra ragione, abbia schivato la giurisdizione di Podestà, della sua Curia o di Capitano; o abbia rifiutata <il potere> da se stesso o per mezzo di un altro, o in qualche modo egli vi sia stato sottratto, qualora successivamente, in qualsiasi momento abbia dismesso l’abito clericale, o l’abbia ripudiato, o abbia preso moglie, sia punito da qualche Rettore sulle dette cose, e almeno per il reato da lui commesso, sia punito e condannato per mezzo di un’accusa, una denuncia o una inquisizione sul reato già commesso, secondo la forma degli statuti di Fermo, nonostante uno statuto che dispone che il Podestà o il Capitano non abbia potere di indagare e di punire per le cose commesse prima di un certo tempo. E il Podestà o il Capitano debba praticare questo statuto sotto la pena di 100 libre di denaro. E il detto Podestà, il Capitano o il Giudice di giustizia o un officiale di chiunque di questi stessi non possano proclamarsi non competente come Giudice sopra qualche processo civile o penale, a meno che le opposizioni (eccezioni) schivanti e provate non siano state opposte con atti scritti, sotto pena di 50 libre di denaro per ciascuna volta, quando abbia trasgredito, da riscuotergli nel tempo del suo sindacato e da assegnare al Comune di Fermo.

       4 Rub.78 – I malfattori che sono entrati nello stato religioso dopo un reato commesso.

   Non vogliamo che un’azione temeraria altrui rimanga impunita e decretiamo che se qualcuno abbia commesso qualche reato e poi sia entrato nell’esistenza religiosa e alla fine abbia apostatato; se non è stato ordinato con gli ordini sacri, possa e debba essere punito e condannato, per mezzo di un’accusa, una denuncia o un’indagine su tale reato, nonostante che già gli sia stata fatta l’assoluzione per quel reato, perché era entrato in religione, e anche nonostante uno statuto che proibisce di informarsi sulle cose commesse prima di un certo tempo.

       4 Rub.79I ricettatori di esiliati.

   Tutti coloro, di qualunque sesso, che hanno dato ricetto con consapevolezza a qualche esiliato e condannato del Comune di Fermo, anche se questo tale che è stato ricettato sia stato un congiunto in qualunque grado di consanguineità o di affinità con quelli che lo hanno ricettato, essi siano puniti nel modo infrascritto, cioè, se qualcuno abbia dato ricettacolo a qualche esiliato e condannato a motivo di un tradimento, o di una ribellione commessa contro il Comune di Fermo, o per il crimine di lesa maestà di questo Comune e del presente stato popolare, a costui sia tagliata la testa dalle spalle, in modo che muoia, e tutti i suoi beni siano resi pubblici <confiscati> e sia considerato ribelle perpetuo del Comune di Fermo. Se qualcuno in realtà abbia dato ricettacolo, con consapevolezza, ad un esiliato e condannato a morte in modo principale, o condizionale, per altro motivo, sia punito con 500 libre di denaro. Se qualcuno in realtà abbia dato ricettacolo ad un esiliato e condannato di persona o nella persona in modo principale, o condizionale, tuttavia al di fuori della morte, sia punito con 100 libre di denaro. Chiunque in realtà, con consapevolezza, abbia dato ricettacolo ad un esiliato e condannato in denaro soltanto, chi lo ricetta debba essere condannato al doppio di quanto a cui il ricettato era stato condannato, purché la detta pena da farsi su chi dà ricettacolo, non ecceda 100 libre di denaro. Un nobile di Fermo, abitante del contado, in realtà, che accoglie, con consapevolezza, un esiliato e anche condannato a morte, in modo principale, o condizionale, sia punito con la pena capitale, cosicché muoia. Se in realtà un tale nobile del comitato abbia dato ricettacolo, con consapevolezza, a qualche esiliato e condannato nella persona, in modo principale o condizionale, al di fuori della morte, o soltanto in denaro, sia punito a 1000 libre di denaro. E in qualsivoglia dei detti casi il tale nobile del contado che così ricetta <un esiliato condannato> per il fatto stesso sia privato in perpetuo di tutti i singoli diritti, e privilegi, immunità e di qualsiasi esenzione che ottenesse dal Comune di Fermo. Tuttavia qualsivoglia Comunità o Associazione generale del distretto di Fermo, che abbia dato permesso di stare o dimorare nel loro Castello, o dato ricettacolo, con consapevolezza, a qualche esiliato e condannato in occasione di una ribellione, o di un tradimento o per il crimine di lesa maestà del Comune di Fermo o del presente Stato popolare, sia punito con 1000 libre di denaro. Se in realtà la Comunità o l‘Associazione abbia ricettato, con consapevolezza, un esiliato e anche un condannato a morte in modo principale, o condizionale, per un altro motivo che non l’anzidetta, o, con consapevolezza, abbia permesso che questo stesso abitasse o dimorasse nel loro Castello, o nella Villa, sia condannata a 200 libre. Se in realtà, <la comunità> abbia dato ricettacolo o permesso di abitare, stare o dimorare, come è scritto sopra, tuttavia con consapevolezza, ad un esiliato e condannato, nella modalità personale, in forma principale o condizionale, o anche in modo pecuniario, al di fuori della morte, sia condannata a 50 libre di denaro. Inoltre qualsivoglia Comunità o Associazione del distretto di Fermo sia obbligata e debba adoperarsi per catturare e per far catturare, con ogni potere, tutti i singoli esiliati e condannati del Comune di Fermo che dimorano o vengono nei loro territori, e anche tutti i singoli delinquenti nei loro territori. Se, tuttavia, nelle dette cose esse siano state negligenti, siano punite con 50 libre, per ciascuna volta. Decretiamo ciò, tuttavia, in modo generale e con il presente statuto aggiungiamo che un esiliato e condannato, come viene notato sopra, si intenda che è stato ricettato con consapevolezza, da una singola persona o da una Comunità o da una Associazione, scritta sopra, e si intenda che è stata data consapevolmente con tolleranza la permanenza e la dimora al tale esiliato, dopo che il nome dell’esiliato e condannato sia stato notificato con lettera del Rettore della Citta a qualche Comunità o Associazione del Castello o della Villa, o quando il nome del detto esiliato o condannato sia stato scritto e posto pubblicamente e palesemente nella tabella pendente nella loggia di San Martino o in altro luogo a ciò deputato, o se il nome dell’esiliato e condannato sia stato letto pubblicamente nel Consiglio del Comune di Fermo. E intervenendo qualcuna di queste cose, l’ignoranza sulle dette cose non abbia validità da addurre, ma la conoscenza vera sulle dette cose sia presunta e considerata. Si intenda ricettare (dar ricettacolo) quando nel territorio della Città, del contado, o del distretto di Fermo, chi sia stato esiliato e condannato in tale modo sia stato ricevuto nell’abitazione o altrove, o associandosi a lui, siano stati dati cibo o bevanda o si abbia avuta con lui qualche correlazione.

       4 Rub.80La pena per coloro che prestano patrocinio, aiuto, consiglio e favore a qualcuno esiliato o condannato.

   Se qualcuno abbia prestato chiaramente nella forma principale un patrocinio a qualche esiliato e condannato del Comune di Fermo in occasione di qualche ribellione o di un tradimento o di un crimine di lesa maestà dello stesso Comune o del <suo> presente stato popolare, consapevolmente, con atti di procuratore o di avvocato, sia punito con la pena di 100 libre di denaro, per ciascuna volta, e da subito, per l’autorità del presente statuto, per tale esiliato e condannato, non sia reso in alcun modo un diritto in una causa civile o penale nell’azione attiva, neanche nella difesa in forma principale, o di conseguenze, ad opera di alcun Rettore né da un officiale del Comune di Fermo, sotto la penalità imminente di 100 fiorini d’oro per qualsivoglia trasgressore, Rettore o officiale , per ciascuna volta. In realtà non sia reso in alcun modo un diritto in una causa civile o penale ai condannati ed esiliati per reati diversi da quelli detti sopra, chiaramente nell’azione attiva, sotto pena di 25 libre di denaro per il trasgressore, Rettore o officiale, da imporsi per ciascuna volta. Se qualcuno invece abbia dato aiuto, consiglio o sostegno a qualche esiliato e condannato in occasione di una ribellione, di un tradimento, di <crimine di> lesa maestà del Comune o dello stato <suo> già detto, o facendogli comitiva, o prestando denari, o beni ad usura, o fornendo o offrendo a lui stesso cose commestibili o altre cose necessarie per il vitto, o in altra maniera senza dare ricettacolo, facendo in qualunque modo, sia punito con 300 libre di denaro. In realtà, chi presta aiuto, consiglio o sostegno ad esiliati e condannati per altri reati, non per quelli detti sopra, sia punito a 25 libre di denaro. Su queste cose, tuttavia, che sono contenute nel presente statuto, qualsivoglia Rettore abbia potere di fare una indagine e di punire con le dette pene con libero arbitrio. Invece per il provvedimento di questo presente statuto, non siano generati nessun pregiudizio e nessuna deroga allo statuto precedente, che dispone norme per i ricettatori degli esiliati, ma quello stesso <statuto> rimanga immutato e stabile nel suo vigore.

       4 Rub.81Beneficio dell’esiliato che presenta un altro esiliato.

   Con questa legge generale decretiamo che se qualcuno abbia catturato un esiliato e puramente e semplicemente condannato, per una qualche somma di denaro, che sta in contumacia fuor> dal Comune e dal distretto di Fermo, e l’abbia presentato effettivamente da se stesso o tramite un altro, alla forza <presidio> del Comune di Fermo o di qualche Rettore della Città, anche qualora il tale che ha catturato e ha presentato da sé, o tramite un altro, non sia uno condannato dal Comune di Fermo, ha il potere di ricevere, chiedere ed avere dalla pecunia e dai beni del Comune, 5 soldi per ogni libra della condanna di quel tale catturato e presentato. Tuttavia se l’esiliato e condannato, nel modo principale o condizionale, nella persona, o a morte, da un altro non esiliato e non condannato, sia stato catturato e presentato, come già detto, costui <catturatore> può percepire 100 libre di denaro dai beni di quel tale che è stato presentato, se si trovano, altrimenti ha il potere di percepirle, chiederle ed averle dai beni del Comune. Se qualcuno invece abbia catturato e abbia presentato, come già detto, qualche esiliato e condannato in occasione di una ribellione, di un tradimento o <di un crimine> di lesa maestà, o del presente stato popolare di questo Comune, quand’anche egli stesso sia stato esiliato e condannato in qualsiasi occasione, costui stesso sia considerato e sia assolto da questo esilio e dalla condanna, sia esente e libero e, per l’autorità di questo statuto, sia ristabilito nello stato precedente, e l’esilio e la condanna suoi siano considerati e siano cancellati, annullati e di nessuna efficacia. Se invece qualcuno abbia catturato e presentato, come detto sopra, un esiliato e condannato per altri reati anziché per gli anzidetti, e colui che lo cattura e così lo presenta fosse un esiliato e condannato ad una pena pari o minore di quel tale che è stato presentato, costui stesso che lo presenta sia liberamente esentato e assolto e sia ristabilito nello stato precedente, come sopra; e sia considerato e stia come se non sia stato esiliato e condannato. Ma quale pena si debba capire e considerare e avere come pari o minore fra le anzidette, sia affidato all’arbitrio del Rettore. E qualsivoglia Rettore e Giudice della Città, a domanda e richiesta di chi ha catturato e presentato, come sopra, sia obbligato e debba cancellare, annullare e invalidare la condanna e pronunciare, decidere e dichiarare che la condanna e l’esilio di tale presentatore secondo il modo scritto sopra sono annullati e invalidati; e debba far fare sopra a ciò un atto pubblico o una lettera opportuna. Aggiungiamo tuttavia, in generale, al presente statuto che in qualsiasi caso di esso chi ha catturato e presentato in forma principale sia soltanto un solo che goda e fruisca del frutto e del beneficio di questo statuto. E chi debba essere riconosciuto come principale nelle dette cose sia affidato all’arbitrio del Rettore. Tuttavia, per effetto di questa rubrica o statuto, non vogliamo in nessun modo pregiudicare né derogare ad un altro statuto che, in modo specifico, dà una disposizione in contrasto.

       4 Rub.82Gli Avvocati e i Procuratori che si accordano su una somma.

   Tutti i singoli Avvocati e Procuratori che fanno accordi su una somma della lite della causa o del bene che è discusso nel processo, siano puniti, sul fatto, a 25 libre di denaro, per ciascuna volta; e in tale lite o causa, in futuro, non siano ascoltati ulteriormente, e per il resto e siano infami per il fatto stesso, e per il resto, in futuro, non debbano esercitare l’officio della procura <procuratori> o dell’avvocatura e dal Giudice sia interdetto ad essi di esercitare e qualora esercitassero, per la legge stessa, ciò che abbiano fatto non abbia validità.

       4 Rub.83La pena degli accusatori che non hanno prove.

   E’ conveniente alla ragione che chi non abbia dato le prove sulla <sua> accusa subisca una pena. Decretiamo pertanto che se qualcuno abbia accusato chiunque di aver elaborato o costruito un istrumento falso e non abbia dato le prove, sia punito a 100 libre di denaro. Se in realtà abbia accusato su una elaborazione, o sull’uso di un documento falso, o su una testimonianza o una presentazione di una testimonianza falsa, e non abbia dato le prove, per ciascuna volta, sia punito a 50 libre di denaro. Se invece qualcuno abbia accusato chiunque di un omicidio, e non abbia dato le prove, sia punito a 200 libre. Se, in realtà, qualcuno abbia accusato chiunque di rapina o di un crimine di un carcere <sequestro> privato, o di un altro reato, per il quale, secondo la forma dei nostri statuti, potesse essere imposta o dovesse venire imposta una pena in tutto o in parte corporale, o principalmente afflittiva del corpo chiaramente in modo principale, non invece condizionale, e non abbia dato le prove, sia punito, per ciascuna volta, a 100 libre di denaro. Se, in realtà, abbia accusato chiunque di un reato, e la pena di questo fosse semplicemente pecuniaria o avesse annessa anche una pena corporale o afflittiva del corpo nella modalità condizionale, e non abbia dato le prove, sia punito a dodici denari per ciascuna libra di quella pecunia che il Rettore potesse o avrebbe potuto imporre all’accusato, quando il reato fosse stato vero e provato; purché tale pena di chi non dà prove non superi in alcun modo 100 libre di denaro. E gli anzidetti statuti e qualsivoglia di essi siano contemplati sull’accusatore che non sia stato un evidente calunniatore. Se invece sia stato un evidente calunniatore, sia obbligato in ogni modo alla pena del taglione. E non si intenda come evidente calunniatore solamente per il fatto che non abbia dato le prove. Tuttavia all’accusatore sia sufficiente per la sua giustificazione e per l’esenzione dalle dette pene, che abbia provato la sua accusa in modo semipieno. E in tutti i singoli casi sopra descritti, l’accusatore che non dà le prove, come già detto, possa essere punito e condannato alle dette pene, dall’officio del Rettore o del Giudice, o anche a richiesta della parte accusata, nella stessa istanza della detta accusa o anche subito dopo, anche con un intervallo. E sempre l’accusatore che così non dà le prove, sia condannato alle legittime spese a favore dell’accusato. Invece le dette pene non rivendichino di per sé un vigore, né alcuna di altre <pene>per le accuse di danni dati o per le invasioni, per le turbative o per le occupazioni delle tenute. In realtà i Sindaci dei Castelli o delle Ville del distretto di Fermo che denunciano reati secondo il loro officio, quandanche non abbiano prodotto prove, non siano obbligati ad alcuna pena, a meno che non siano stati in una evidente calunnia; e in questo caso, siano puniti secondo lo statuto, sopra, contro l’accusatore che fa una calunnia.

       4 Rub.84La pena di coloro che prestano aiuto, consiglio e favore per qualche reato o a chi commissiona qualche reato.

   Per il motivo di dover reprimere i delinquenti, decretiamo che nessuno osi né presuma, a parole o con opera o in qualsivoglia modo, prestare o offrire un aiuto, un consiglio o un favore per qualche reato o a chi commissiona qualche reato. Se qualcuno invece abbia fatto diversamente o in contrasto o si sia avvicinato, seppure la pena secondo la forma dei nostri statuti sia stata stabilita meramente e semplicemente pecuniaria, il tale che così trasgredisce o vi si avvicina debba essere condannato e punito a metà della pena con la quale il principale <delinquente> viene condannato o punito. Se in realtà il reato fu tale, la cui pena in modo principale o condizionale sia stata stabilita sulla persona, in tutto o in parte, o afflittiva del corpo in forma principale, o condizionale contro il delinquente principale, allora colui che abbia prestato aiuto, consiglio o favore al reato o a chi lo commissiona, ad arbitrio del Rettore, sia punito in modo reale o anche personale, tuttavia, non fino alla morte, e non peggio rispetto a colui a cui abbia prestato qualche tale aiuto, consiglio o sostegno. Mentre resteranno nella loro validità gli statuti di questo volume, i quali impongono una speciale pena per tale aiuto, consiglio o sostegno, in nessuna maniera, sia derogato ad essi tramite questo <statuto>.

       4 Rub.85Gli istigatori al duello, o alla guerra.

   Noi diamo ordine, proteggendo, che il bene e la pace si abbiano fra le singole persone e siano praticati; e se qualcuno nella Città o nel distretto di Fermo abbia provocato chiunque alla guerra, o da se stesso o tramite altri abbia invitato un altro al duello, sia punito con 50 scuti. E il Rettore abbia libero arbitrio di costringere a fare la pace e l’accordo, in modo reale e personale il tale che provoca, che invita o fa richiesta, e anche chi è stato provocato, chi è stato invitato e chi è stato richiesto. E se abbiano rifiutato, con libero arbitrio, possa ed abbia potere di multare o bandire o destinare al confine chi rifiuta.

       4 Rub.86L’esecuzione delle sentenze penali.

   Noi valutiamo che la legge e la giustizia sarebbero poca cosa se non avvenga l’esecuzione di queste stesse; perciò decretiamo ed ordiniamo che qualsivoglia Rettore o officiale del Comune di Fermo sia obbligato ad eseguire e mettere in esecuzione tutte le singole sentenze e le condanne penali pubblicate da loro stessi, che siano state ripresentate o abbiano avuto dei fideiussori nel processo contro i principali <colpevoli> o contro i fideiussori o contro il principale o anche simultaneamente per entrambi, ad arbitrio della loro propria volontà, entro un mese dal giorno della pubblicazione della sentenza, sotto la pena di 200 libre di denaro per qualsiasi sentenza che non sia stata messa in esecuzione. E nondimeno la somma contenuta in essa sia computata nel suo salario. In realtà, metta in esecuzione le sentenze pubblicate contro i contumaci con le cose e i beni di costoro, con diligenza, per quanto gli sarà stato possibile, in questo modo, cioè che questi officiali o i Rettori che pubblicano tali sentenze facciano e facciano fare un’indagine o un’investigazione su tutti i singoli beni mobili e immobili e sui nomi dei debitori e sui crediti di tali esiliati o condannati in contumacia e su ciò ci sia risultanza negli atti della Curia. E qualora abbiano trovato alcuni beni o cose, o i crediti, o i nomi dei debitori, li faccino registrare per iscritto e li facciano assegnare al Sindaco del Comune di Fermo deputato agli affari, ed anche al Notaio del Registro del Comune, in modo che l’impossessamento e l’incorporazione di questi si possano fare a vantaggio del Comune, e nel frattempo si faccia il sequestro di tali beni registrati e siano affidati a persone idonee. E questo Sindaco sia obbligato a impossessarsi di tali beni e poi a prendere e tenere o vendere tali beni a vantaggio del Comune. E qualora sia stata commessa una negligenza sulle dette cose, il Rettore ed il milite associato che abbiano trascurato che tali condanne siano eseguite siano obbligati a computarle nel proprio salario. Tuttavia il Sindaco negligente in tali cose, ad arbitrio del Rettore, valga che sia multato e sia punito fino a 10 libre di denaro e non oltre. Tuttavia sulle sentenze che siano state ristabilite o no, pubblicate nell’ultimo mese del governo di un Rettore, le dette pene non siano in vigore su un milite o su un Rettore, ma il successore e il suo milite associato, qualora non abbiano dato l’esecuzione a queste stesse entro un mese da quando hanno iniziato il loro officio, come già detto, incorrano nelle dette pene e nelle somme contenute nelle dette sentenze ristabilite non date in esecuzione, siano computate nel loro salario e debbano effettivamente esservi computate.

       4 Rub.87Un genere con un altro genere, un numero singolare con uno plurale, e viceversa, si concepiscano in modo simile.

   Con l’intento di dover eliminare i dubbi e le liti, con la presente legge decretiamo che il genere maschile, prenda insieme e si colleghi con il femminile e il neutro e al contrario, ed inoltre il numero singolare prenda insieme e si colleghi con il plurale e al contrario e sia stabilito in un genere o un numero, e sia riconosciuto e sia stabilito per l’altro nel medesimo modo. E ciò abbia vigore se la cosa, il caso, la disposizione, la materia o la cautela siano indifferenti, o così convenga o valga convenire nei detti generi e nei numeri all’uno come all’altro, o abbia vigore in tali cose. E ciò sia stato disposto e provveduto tanto nelle cause penali quando anche nelle cause civili o miste; salvi sempre gli statuti con i quali si trova che è stato provveduto l’opposto o il contrario.

       4 Rub.88I possedimenti dei Cittadini e i beni stabili non si debbono alienare, né trasferire a coloro che non sottoposti <a Fermo> e non fare parentela con coloro che non sono sottoposti.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessuna persona, in qualunque stato e condizione stia, senza un esplicito permesso e volontà dei signori Priori del popolo e del Vessillifero di giustizia di questa Città e del Consiglio speciale di questa Città, possa o debba in qualunque modo alienare o in qualunque modo trasferire alcuni beni immobili, i possedimenti, le abitazioni o i fortilizi, che sono siti nella Città di Fermo, o nel suo contado e nel distretto o al di fuori vicino ai confini del distretto di Fermo o del suo contado, o fuori, tuttavia vicino ai confini del distretto di Fermo e del suo contado, a qualche persona ecclesiastica o secolare non soggetti alla giurisdizione temporale o al dominio della detta Città o a qualcuno che non sostenga gli oneri della detta Città o del contado e che non sia un abitatore costante della detta Città o del contado. E se sia stato fatto in modo diverso l’alienazione o il contratto, per la legge stessa, siano nulli e di nessuna validità; e il detto bene così alienato o trasferito, per l’autorità della presente legge, senza alcun’altra sentenza, , per la legge stessa, sia riconosciuto e sia confiscato e assegnato al Comune di Fermo. E tal modo sia riconosciuto, se viene fatto con una ultima volontà, un testamento, i codicilli, una donazione a motivo della morte, o per qualsiasi altro motivo, o per un titolo di ultima volontà. Tuttavia, se chi aliena così o trasferisce nell’ultima volontà a coloro non sottoposti <a Fermo>, come è stato detto sopra, avesse consanguinei a lui congiunti fino al terzo grado incluso di consanguineità, da calcolarsi secondo il diritto canonico, e i detti congiunti fossero abitanti della Città o del contado di Fermo e sostenessero gli oneri del Comune di Fermo, allora e in tal caso, i detti consanguinei abbiano e debbano avere la successione di quei beni, così trasferiti con detto titolo, salva sempre la prerogativa del grado <terzo incluso>. Se in realtà i detti consanguinei non esistessero, allora i detti beni pervengano e debbano pervenire al detto Comune, e siano assegnati al detto Comune e siano confiscati. E per l’autorità della presente legge si abbiano e siano riconosciuti come beni pubblici e confiscati. Aggiungiamo inoltre che la stessa cosa sia riconosciuta e abbia vigore in mancanza di testamento per i beni mobili e stabili, così che coloro non sottoposti e anche questi stessi o gli autori degli stessi, se in nessun modo sostengono gli oneri del Comune di Fermo, siano stati oriundi dalla Città o dal contado di Fermo, in nessun modo né via possano né debbano avere la successione sui detti beni stabili o mobili che rimangono e esistono nella Città o nel contado di Fermo, né nel loro estimo, tanto senza testamento che con testamento o con qualsiasi altra ultima volontà. Inoltre decretiamo ed ordiniamo che nessuna persona in qualsiasi stato, grado, o dignità stia, osi o presuma, contrarre o far contrarre alcun matrimonio, gli sponsali sul presente o sul futuro, con qualche nobile o plebeo, o con qualsivoglia altra persona non sottoposta alla giurisdizione della detta Città, come è stato detto sopra, senza un esplicito permesso dei signori Priori del popolo e del Vessillifero di giustizia e del Consiglio della detta Città. E qualora avvenga in modo diverso, per l’autorità della presente legge, sia riconosciuto che tutti i beni dotali o non dotali di tale persona che sposa o che si fidanza, per il fatto stesso, sono stati assegnati e confiscati a favore del Comune della detta Città; e colui con il quale avvenisse il contratto, incorra nella pena di 500 fiorini d’oro da assegnarsi al detto Comune. E con una pena simile di 500 fiorini, siano puniti i mediatori o gli altri consanguinei e amici, i quali in tali cose prestassero loro l’aiuto, il consiglio e il sostegno; sia punito con simile pena anche il Notaio che per le dette cose o per qualcuna delle anzidette abbia accolto il rogito o il contratto o se abbia redatto l’atto per le dette cose. Su tutte queste singole cose i Sindaci del Comune siano obbligati a dare la denuncia al signor Podestà e alla sua Curia, al modo come sono obbligati a denunciare gli altri reati. E il Podestà, che ci sarà nel tempo, per suo officio, e su denuncia di chiunque, sia obbligato a fare la procedura sulle dette cose, e a punire quelli scoperti colpevoli, omettendo ogni solennità della legge, dopo aver trovato la sola verità del fatto. Inoltre nessuna persona osi o presuma di contrarre a parole il fidanzamento, al presente o al futuro, con qualche donna, senza il permesso e il consenso del padre della donna, se ci sia il padre; se in realtà non c’è il padre, senza il consenso della madre di tale donna, e di due consanguinei prossimi della tale donna che si sposa, o almeno di due fra essi, sotto la pena per tale donna che tollera di essere condotta alle nozze o per chi contrae il fidanzamento, e per chiunque tratta e chi contrae con lei il matrimonio, o il detto fidanzamento, di 500 libre di denaro, sul fatto e senza alcun processo, che debbono essere riscosse dal Podestà della Città di Fermo sulla sua dote, e da assegnare, sul fatto, al Comune di Fermo.

       4 Rub.89La pena di chi uccide o bastona gli animali di qualcuno.

   Se qualcuno abbia ucciso un cavallo, un bue, un asino o un mulo di un altro, sia punito a 25 denari. Se in realtà non l’abbia ucciso, ma l’abbia in altro modo percosso, se con menomazione di qualche membro, sia punito a 10 libre di denaro; se l’abbia percosso senza menomazione, in qualunque modo, con perdita di sangue, sia punito a 40 soldi di denari, per ciascuna volta. Se in realtà qualcuno abbia ucciso un maiale, una capra, una pecora o altro simile animale piccolo, sia condannato alla terza parte delle dette pene; e nei singoli detti casi, sia obbligato al risarcimento del danno, con il doppio, al padrone di detto animale. Sia tuttavia lecito ad ogni padrone del podere e ai suoi familiari, ed anche ai lavoratori dei poderi e agli altri che hanno diritto ai frutti, di percuotere e uccidere impunemente gli animali, le oche e i polli di un altro, quando li abbiano trovati a recare un danno nelle vigne, negli orti, e nei canneti coltivati e lavorati, o anche tra i cereali. E nelle dette cose sia sufficiente la prova di un solo testimonio che testimonia che abbia visto quel tale uccisore mentre ha ucciso, e abbia riconosciuto l’arrecare danno nei detti luoghi o in qualcuno dei detti luoghi. E il beneficio della pace avuta da parte del padrone degli animali percossi o uccisi, in detti casi, rivendichi per sé vigore.

       4 Rub.90I reati non esaminati entro un mese nel contado.

   Allo scopo che reati non siano coperti e non rimangano impuniti, decretiamo ed ordiniamo che i reati non esaminati, entro un mese dal giorno in cui il reato è stato compiuto, ad opera degli officiali dei Castelli e degli altri luoghi del contado e del distretto di Fermo, che hanno la giurisdizione di investigare su di essi, possano e debbano essere esaminati e puniti ad opera del Podestà della Città di Fermo. Dopo trascorso detto mese, questi officiali dei Castelli e degli altri luoghi del contado e del distretto di Fermo, in nessun modo, in seguito, si intromettano su questi reati e in nessun modo per essi sia valido di investigare su questi stessi e di punire, sotto pena di 25 ducati d’oro per qualsivoglia degli stessi officiali trasgressori e per ciascuna volta, da prelevare sul fatto. E qualsiasi cosa sia stata tentata e esaminata dagli stessi officiali, dopo la scadenza di detto mese, non abbia validità e sia nulla per la legge stessa. E i Sindaci dei detti Castelli siano obbligati a riferire su questi reati al Giudice dei reati del Podestà di Fermo, al modo come sugli altri reati; nonostante qualsiasi cosa che si ponga in contrasto.

       4 Rub.91La pena in cui i disobbedienti ai signori Priori incorrono.

   Dato che i regni vengono meno, né alcuno Stato potrebbe permanere dopo che l’obbedienza è stata distolta, con questa legge per reprimere la contumacia e la malignità dei disobbedienti, sia garantito che quando dai magnifici signori Priori verbalmente o per iscritto, si ordina qualcosa, o tramite i commissari, i legati, e gli officiali loro o tramite gli officiali dei Castelli, a nome o da parte degli stessi signori Priori, coloro, ai quali sia stato dato un ordine, siano obbligati ad obbedire, subito, senza contraddire. E coloro che, in realtà, abbiano trasgredito, debbano pagare sul fatto 25 ducati d’oro al Comune di Fermo, e siano torturati per 10 volte posti sul cavalletto. E al fine che si possa riconoscere chi sia disobbediente, l’officiale che così dà l’ordine, sotto la pena di 10 ducati d’oro da prelevare a lui sul fatto, sia obbligato a mandare ai signori Priori, in una lista il numero e i nomi di quelli che in tal modo disobbediscono.

       4 Rub.92Gli albanesi che vengono alla Città di Fermo e al suo contado siano puniti per i reati commessi fuori dal distretto, come se abbiano prevaricato in Città e nel contado.

   Con la finalità che i reati siano impediti, poiché gli Albanesi sembrano più propensi a fare i reati, con questa giustissima legge sia garantito che, per l’avvenire, gli stessi Albanesi che compiono alcuni reati e siano venuti condannati fuori dal distretto di Fermo e che dimorano nella Città o nel contado, non siano tranquilli avendo prevaricato, ma siano catturati, e siano puniti secondo le loro condanne e per qualsiasi reati, non diversamente come se abbiano prevaricato nella Città o nel contado.

       4 Rub.93La pena di coloro che commettono frode sul proprio prezzo <estimo>.

   Se qualcuno con frode al Comune abbia fatto togliere dal proprio estimo i possedimenti siti nel distretto della Città di Fermo, e stimati nel registro degli estimi della Città di Fermo, e l’abbia fatto mettere falsamente nell’estimo di qualcuno, in realtà nonostante il dominio o il quasi dominio, o il possesso della cosa posta nel detto estimo di qualcuno, non passi a colui che lo pone <per sé>; ma l’abbia fatto allo scopo che chi lo pone abbia una somma maggiore di estimo affinché possa essere un consigliere o affinché sua moglie possa portare un vestito scarlatto <pregiato>, o per altro motivo; quando quel tale che abbia tolto il suo estimo sia scoperto che egli possiede il detto bene, e che ne raccoglie i frutti; quand’anche esso sia stato cancellato dal suo estimo, colui che lo pone con frode sia punito con 25 libre di denaro e possa essere accusato da chiunque.

       4 Rub.94Le pene non stabilite per mezzo di uno Statuto.

   Una pena per quei reati che non è stata stabilita per mezzo degli statuti di questa Città, debba essere decisa e determinata a somiglianza delle altre pene degli statuti di questa Città; e per farla o dichiararla debbano accordarsi il Giudice di giustizia insieme con il Rettore o con il Giudice di costui. E sia riconosciuta come pena simile e come deciso e determinato correttamente quella a cui abbiano dato il consenso unanime, e quella sia la pena per tale reato. Se invece per mezzo di questi stessi fosse sembrato di non potere, in modo unanime, fare la procedura di cose simili per cose simili, allora, al delinquente per il reato, sia stabilita una pena reale, o personale, che concordemente avranno dichiarato o tassato a loro giudizio e volontà.

                                                             FINE del libro quarto

<Libro 5°>

INVOCATO IL NOME DELLA SANTA E INDIVIDUALE TRINITA’

 IL LIBRO QUINTO DEGLI STATUTI DELLA CITTA’ DI FERMO FELICEMENTE INIZIA

       5 Rub.1 L’officio e la giurisdizione del signor Capitano.

   Il Capitano del popolo della Città di Fermo e del suo distretto e del contado sia tenuto e debba esigere, mantenere e difendere, anche governare, per quanto possibile, le giurisdizioni del Comune e del popolo di questa Città e accrescere lo stato prospero e tranquillo del presente e libero popolare eccelso stato della Città di Fermo ed inoltre le società delle arti del popolo, e i Priori, i Confalonieri, i Capitani, i Consoli dei mercanti, e la giurisdizione loro, e lo stato prospero e tranquillo di queste arti e del popolo; praticare integralmente e fare praticare, senza alcuna diminuzione, gli statuti fatti, e ordinati, stabiliti, e deliberati e anche da dover fare per queste società e per il popolo ad opera di essi stessi. Per tutto quanto sia e potesse essere contro questo popolo e contro il Comune e inoltre contro gli statuti di questo volume e contro gli altri comunque pubblicati o da pubblicarsi per l’onore e per lo stato prospero, pacifico e tranquillo di questa Città, del popolo e della società delle arti di questa stessa Città, <il Capitano> non possa fare, né in alcun modo faccia fare, né consenta a chi voglia fare, né permetta di cambiare gli statuti, le proposte, gli ordinamenti e le delibere, ma, secondo il possibile, si sforzi per praticare, mantenere, custodire, difendere, governare, far crescere, e aumentare sempre, questi statuti e questo Comune e le società e le arti e questo popolo e il buono e pacifico stato prospero e tranquillo di questi stessi; e proibisca che avvenga, e punisca e respinga quanto fatto o inferto in vilipendio, ogni turbativa a pregiudizio, a pericolo o aggravio dei signori Priori del popolo e delle arti e delle Società del popolo, o di qualcuno di questo popolo, secondo la forma dei contenuti dello statuto, anche qualora gli statuti non lo esprimessero, secondo la forma del diritto comune, con ogni modo, via, norma e forma come meglio possibile. E lo stesso signor Capitano e il suo giudice e il vicario e chiunque di questi sia Giudice negli appelli civili e penali, giudiziari ed extra giudiziari e in tutte qualsiasi le querele e le restituzioni all’integro, e le riduzioni o le domande di riduzioni all’arbitrato di un buon uomo, da interporre di fronte a questi stessi o ad uno di questi, o devoluti presso questi o questo, o che di fronte a uno, o ad un altro di questi capiti che si faccia un appello o un reclamo o che si interponga la revisione all’arbitrato di un buon uomo, oppure capiti che si faccia un appello o sia chiesta la restituzione in integro o la riduzione all’arbitrato di un buon uomo di fronte a un Giudice, o ad un arbitro, o ad un collaboratore dell’arbitro recante incarico. Inoltre <il Capitano> stia come Giudice ordinario ed abbia la giurisdizione ordinaria riguardo a tutte le cose, sulle quali e riguardo alle quali in base alla forma degli statuti di questo volume ha il potere di investigare. E questo Capitano ad opera del Podestà, e dei suoi officiali e di altri qualsiasi officiali, pratichi e faccia praticare soprattutto gli statuti di questo volume e le altre delibere e gli ordinamenti tutti del Comune del popolo di questa Città, quelli fatti o da farsi a vantaggio del popolo e delle Società di questo popolo; e non faccia nulla né intervenga in contrasto a queste stesse cose o contro qualcuna di esse. E qualora abbia trovato altre cose contro questi statuti e contro gli ordinamenti o le delibere fatte a vantaggio di questo popolo e delle società non le eseguirà né le farà fare, né permetta che siano in alcun modo praticate, ma egli piuttosto farà in modo che siano considerate e fatte considerare totalmente come cose non fatte. E questo signor Capitano stia e debba stare insieme con i Sindacatori del Comune di Fermo a fare, a richiedere ed esigere il rendiconto del Podestà e dei suoi officiali e di tutti gli altri officiali del Comune di Fermo, sulle cose dell’officio loro e all’amministrazione dell’officio di questi stessi per le cose che abbiano compiuto o abbiano dato commissione di compiere e abbiano amministrato o abbiano fatto al di là o al di fuori o contro con la forma degli statuti e degli ordinamenti del Comune e di questo popolo. Il Capitano faccia e sia obbligato a fare ciò sotto pena di 100 libre di denari dal suo salario. E questo Capitano faccia eleggere questi sindacatori ad opera dei signori Priori e del Gonfaloniere di giustizia. E questo Capitano debba richiedere il braccio <d’aiuto> dei signori Priori e del Podestà a vantaggio del mantenimento, della difesa, dello sviluppo per lo stato pacifico e tranquillo della Città di Fermo, per il governo delle società del popolo e delle arti e per l’esercizio di tutte le singole cose spettanti al suo officio e per praticare al meglio la sua giurisdizione. E questi signori Priori e il Podestà, siano obbligati a concedere e dare aiuto, consiglio e favorire questo signor Capitano, secondo quanto la materia richiederà, secondo l’occorrenza delle cose fatte e come esigerà la qualità del fatto, al fine che egli possa esercitare il suo officio nel modo migliore. Inoltre, questo signor Capitano sia obbligato e debba condannare il Podestà e il milite, i Giudici, i notai e i famigli o gli sbirri suoi, con tutte le pene ed i bandi <d’esilio> contenuti nei capitoli del Comune di Fermo, qualora ci siano state trasgressioni contro questi o contro alcuni di questi capitoli, o lo abbiano fatto loro stessi oppure qualcuno di essi <Rettori> nel modo e nel senso di reato secondo la forma di uno statuto del Comune di Fermo. Faccia questo, sia per il suo officio, sia anche a richiesta di un qualsiasi Cittadino o di un abitante di Fermo, o del distretto, che faccia la denuncia o l’accusa, faccia procedura sommaria, semplice, e con calma, senza alcun comando, senza strepito, senza immagine di processo, secondo la forma degli statuti che trattano del punire i reati, e il Podestà sia obbligato ad esigere queste condanne a favore del Comune e debba fare queste cose nel tempo del sindacato di questo Podestà. In realtà il Capitano durante il tempo dell’officio del Podestà non possa far procedura né fare condanne contro costui <Podestà>, né contro i suoi officiali né contro i famigli per alcun crimine o reato, a meno che non avvenga per tradimento, o per malizia contro il presente stato del popolo, sotto penalità di 100 libre di denaro <da togliere> dal suo salario, per ognuna delle cose contenute in ciascuno dei predetti capitoli. E questo signor Capitano sia obbligato a far praticare e compiere tutte queste cose che sono contenute in ciascuno dei capitoli che parlano del suo officio, sotto la pena e le pene contenute in questi capitoli. Inoltre il signor Capitano debba far pervenire nella camera <per la cassa> del Comune di Fermo ogni moneta recuperata a opera sua <di Capitano> o ad opera dei Regolatori del Comune o di altra qualunque persona e non faccia dare come compenso nessuna somma. E al fine che non ci siano turbamento, né alcuna rivalità fra i detti Rettori, riguardo all’inquisizione sui reati, sopra i quali questo Capitano ha la stessa giurisdizione che ha anche il Podestà, vogliamo che nel caso in cui entrambi i Rettori facessero la procedura, colui che giunge per primo tramite il solo mandare la copia alla Camera abbia autorità a portare a termine il suo processo. In realtà il Rettore che fosse in anticipo, dopo avuta la certezza, debba pronunciare che riguardo a un processo avviato ad opera della sua Curia non si debbano far procedimenti, sotto penalità di 200 libre da prelevarsi al contravventore, sul fatto, per ciascuna volta. E ciascun Rettore, Podestà o Capitano debbano portare a termine i loro processi entro i termini che sono stabiliti e assegnati dagli statuti del Comune di Fermo che trattano di quella materia, sotto la penalità contenuta in questi statuti. E <il Capitano> sia obbligato, precisamente entro i primi quattro mesi del suo governo, a fare indagine o farla fare, esigere, portare a termine e assegnare tutti i prati, i pascoli, le selve e i boschi del Comune che siano stati posseduti fino a tale momento da qualsiasi persona o <da chi> li possedesse o li tenesse per il proprio uso, oppure la tenesse ad uso per il Comune, nonostante una vendita o una concessione o una qualche tenuta, né sotto qualche pretesto di queste stesse cose, e nonostante le accettazioni, o le consegne in restituzioni oppure in concessioni di questi prati, pascoli, selve, e boschi, fatte a chiunque. <Il Capitano> faccia queste inquisizione e requisizione ad opera sua propria e in base al suo officio, oppure su denuncia e istanza di chiunque chieda che la si faccia, insieme con due uomini che siano eletti per ciascuna contrada dallo stesso signor Capitano, dei signori Priori e dal Gonfaloniere, uomini buoni e fedeli che non siano quelli, detti prima, che hanno il possesso e la tenuta, e neanche tra i loro consanguinei o affini o senza neanche uomini per favore di piacere. E qualora abbia trovato qualcuno che ha già occupato o stia occupando queste cose, applichi la punizione contenuta nello statuto che riguarda chi occupa i possedimenti del Comune. E il Capitano sia obbligato a fare l’inquisizione su costoro. Inoltre questo Capitano sia obbligato e debba indagare e fare inquisizione contro tutti e singoli coloro della Città di Fermo e del suo distretto, che avessero dato, a qualsiasi titolo, avessero alienato le terre, i possedimenti posti nella Città di Fermo e nel suo distretto, a qualcuno o ad alcuni che non siano sottomessi alla giurisdizione della Città di Fermo e non corrispondessero dazi né tasse a questo Comune. E tutti quelli che questo signor Capitano avrà scoperto che hanno commesso reati su tali cose, li punisca e condanni secondo la forma dello statuto del Comune di Fermo. E questo signor Capitano inoltre sia obbligato e debba fare inquisizione contro tutti i singoli cittadini e gli abitanti del distretto i quali abbiano lasciato le proprie abitazioni ed abbiano traslocato per abitare altrove, in luoghi non soggetti al Comune di Fermo. Egli procuri in ogni modo che costoro ritornino entro un determinato tempo che egli dovrà assegnare loro affinché ritornino, con tutta la loro famiglia, alle proprie abitazioni che abbiano abbandonato. Qualora essi non siano tornati, condanni questi e ciascuno di loro alle pene da imporre a suo arbitrio, ed esiga queste condanne a favore del Comune. E si intenda che a questo Capitano siano concessi e attribuiti i poteri e ogni giurisdizione per tutti i singoli casi nei quali, per effetto di qualche statuto o delibera, si riscontra che i poteri gli sono attribuiti o concessi.

       5 Rub.2Sulla stessa giurisdizione del signor Capitano.

   Inoltre il signor Capitano sia obbligato a investigare e fare indagine e praticare l’articolo che parla del giorno di domenica e delle festività da rispettare. Inoltre il detto Capitano sia obbligato di indagare e di fare le procedure per suo officio a seguito della denuncia e dell’accusa fatta da chiunque, che su quanto detto possa essere fatta o da ognuno; e tale denunciatore sia tenuto segreto; e <il Capitalo agisca> contro tutti i singoli che osassero o presumessero di dire male, o sparlare, o pubblicamente o di nascosto, in qualche modo o per caso e in disonore e a vergogna ed insulto dell’officio del signor Podestà, dei signori Priori del popolo, e del Vessillifero di giustizia, del Collegio, o delle Società del popolo o di qualcuno di questi della Città di Fermo, e punisca i trasgressori con 100 libre di denaro fino a 25 libre di denaro a suo arbitrio. E il detto signor Capitano faccia pubblicamente annunciare <in bando> le dette cose attraverso la città all’inizio del suo governo, allo scopo che diventi noto chiaramente a tutti. Inoltre il detto signor Capitano, con sollecitudine, si applichi ad investigare i Beccai <macellai> che non fanno le carni e che delinquono contro la forma degli statuti, nella loro arte e nelle cose a cui sono obbligati, eccetera.

       5 Rub.3Sulla stessa giurisdizione del signor Capitano contro le signore che portano ornamenti vietati.

   Inoltre sia obbligato il detto signor Capitano ad investigare e fare indagine e fare ricerche contro le donne e le signore che portano ornamenti in contrasto alla forma degli statuti e punirle e condannarle secondo la forma degli statuti che parlano degli ornamenti delle donne durante il lutto per i morti.

       5 Rub.4Sulla stessa giurisdizione del signor Capitano.

   Inoltre <il Capitano>sia obbligato e debba in ogni mese investigare contro quelli i quali abbiano caricato o scaricato olio o altre mercanzie in qualche luogo della riva del mare o vicino al mare dal fiume Tronto e dal Tronto fino al fiume Potenza, in cui non si pagassero i dazi del Comune di Fermo o affinché non sia sottoposto integralmente alla giurisdizione di questo Comune; così che in questo stesso luogo, dal Comune di Fermo possano essere imposti la tassa o l’estimo o il focatico, come negli altri luoghi sottoposti a detta Città, e qualora egli abbia  trovato un delinquente di tal modo, lo debba punire in forma reale e personale a suo arbitrio secondo il modo del reato; purché le predette cose non abbiano validità in quei luoghi, che sono del distretto di Fermo, e purché legittimamente il Comune di Fermo può applicare le tasse.

       5 Rub.5Il signor Capitano sia obbligato a gestire l’officio daziario.

   Inoltre il detto signor Capitano sia obbligato e debba esercitare con precisione l’officio dei dazi da sé stesso, oppure tramite un suo Giudice, se lo abbia avuto, secondo i capitoli e gli statuti che parlano dei dazi. E nessun altro Giudice venga eletto ad esercitare questo officio daziario, tuttavia <facendo> sì che nelle mani di questo Capitano o dei suoi officiali non possa in alcun modo giungere denaro di detti dazi, né debba, in nessun modo, ma nelle mani del Tesoriere del Comune. E il Capitano e gli officiali che nelle dette cose abbiano commesso una frode siano puniti con 100 libre di denaro, per ognuno e per ciascuna volta.

       5 Rub.6Il Capitano possa avere esaminare tutti i misfatti.

   Parimenti il detto signor Capitano sia obbligato, possa e debba esaminare tutti i singoli misfatti, che il Podestà possa ed abbia autorità a sapere; dopo che il Capitano abbia iniziato ad esaminare questi misfatti, e ciò si intenda che ha cominciato per mezzo della trasmissione della copia alla Camera, il Podestà e il suo Giudice, in nessun modo, possa né debba intromettersi sul detto misfatto, neppure abbia la facoltà di sapere, né di fare alcun processo; e se abbia fatto qualcosa, in questo caso, per la legge stessa è nulla e di nessuna validità. Il detto signor Capitano possa, inoltre, sia obbligato e debba esaminare, ed anche portare a termine con la sua sentenza e definire con il consiglio del suo Giudice e dell’assessore, se l’abbia avuto, tutti i singoli misfatti. E debba finire e ultimare tutti i processi penali iniziati dal Podestà e dalla sua Curia e non finiti né ultimati entro la scadenza prevista negli statuti; e con lo stesso processo infliggere la condanna con le pene contenute nello statuto per quel tale misfatto, oppure debba assolvere, secondo come meglio avvenga per legge e venga praticata la giustizia. E questo Capitano debba sapere, completare, ultimare ed esaminare tutte le cose che competono al suo officio; e il Capitano sia obbligato in solido per un officiale, qualora abbia agito contro gli statuti e la forma di questi. E allo scopo che si conosca la verità, qualora i misfatti incominciati dal Podestà e dalla sua Curia, che siano individuati, o non lo siano, entro il detto tempo previsto nello statuto; e qualora detto tempo per procedere sia trascorso, o no, il Podestà, il Giudice e il suo Notaio siano obbligati e debbano nei singoli mesi, almeno a fine mese, mostrare gli atti a questo Capitano. E, viceversa, questo Podestà e la sua Curia per i processi di detto Capitano facciano in simile modo; e Il signor Capitale e la sua Curia siano obbligati a mostrare i loro processi da concludere con gli stessi modo e forma.

       5 Rub.7Il Capitano sia obbligato ad esigere <in esecuzione> le condanne.

   Inoltre questo Capitano e la sua Curia siano obbligati per tutte le condanne da lui stesso fatte e tuttavia richiamate entro i 20 giorni, a esigere <l’esecuzione> dopo che queste con sono state rifatte e notificate e effettivamente debba mandarle ad esecuzione e farle giungere in Comune, nelle mani del Tesoriere del Comune di Fermo, a favore dello stesso Comune che le riceve, sotto pena di 100 libre di denaro, e nondimeno siano conteggiate nel suo salario, e tramite i suoi officiali successori debbano essere riscosse entro 20 giorni dopo l’inizio del proprio ufficio. Egli possa anche eseguire o mandare all’esecuzione tutte le singole sentenze penali e le condanne penali emanate da qualunque Rettore in modo reale e personale, come è contenuto nella sentenza, sul fatto, senza alcun processo. Sias obbligato adi eseguire e a mandare in esecuzione anche le sentenze non richiamate o notificate in contumacia come e nel modo contenuto nello statuto dei reati sotto la rubrica “La esecuzione delle sentenze eccetera”.

       5 Rub.8Il Capitano faccia indagine contro coloro che offendono il Podestà e i suoi Officiali.

   Inoltra questo signor Capitano abbia la giurisdizione di indagare e fare la procedura in tutti i singoli misfatti, ingiurie, offese fatti e commessi contro la persona del Podestà e dei suoi officiali e servitori, e condannare i delinquenti alle pene contenute nell’articolo che parla degli stessi misfatti.

       5 Rub.9Il Capitano sia obbligato ad indagare su coloro che esportano vettovaglie.

   Inoltre <il Capitano> abbia giurisdizione di essere Giudice competente e ordinario per tutti i casi specificati sopra in ogni capitolo di tale natura degli statuti ed abbia la potestà di punire, di fare la procedura, ed esigere, come indicato in questi articoli. E sia inteso che è Giudice ordinario, e che ha la giurisdizione ordinaria, nonostante alcuni statuti e neppure alcuna legge civile o canonica, che si esprima in contrasto.

       5 Rub.10Condanne all’esilio da applicarsi da parte del signor Capitano.

   Il Capitano e i suoi officiali nell’imporre l’esilio abbiano quella giurisdizione che hanno il Podestà e i suoi officiali, contenuta nell’articolo sulla giurisdizione del Podestà e officiali circa l’esilio da imporre. Nell’esercito, in realtà, o nella cavalcata, nel parlamento Generale, nella controversia o nella rissa sia il Capitano che il Podestà possa imporre una pena a loro arbitrio, dopo aver esaminati la persona e la natura del fatto.

       5 Rub.11I Balivi (delle imposte) del signor Capitano.

   Il detto signor Capitano abbia e debba avere per esercitare il suo ufficio cinque Balivi che riscuotono le ‘scarfine’. E questi Balivi debbano di continuo stare con il Capitano e obbediscono a lui e ai suoi officiali e rivolgono la loro attenzione a tutte quelle cose che competono al loro ufficio o che comprendano essere di competenza dell’ufficio. E ognuno degli stessi Balivi abbia come proprio salario e come mercede dagli averi del Comune, salario da stabilirsi per ogni mese dai signori Regolatori. E debbano avere e presentare e portare continuamente sul capo in evidenza le fasce con sopra una croce bianca, come sta nel vessillo del Comune, allo scopo che siano riconosciuti dagli altri. E questi Balivi siano sottoposti alle pene, alle condanne e alle leggi a cui sono soggetti gli altri Balivi del Podestà, e ad opera dello stesso Capitano possano e debbano essere puniti e condannati a queste pene secondo la forma degli statuti del Comune di Fermo che si esprimono contro e a favore di essi.

       5 Rub.12In quali casi nella causa criminale sia lecito fare appello, ed in quali non lo è.

   Ordiniamo che prima della data della sentenza definitiva in qualche causa criminale non sia lecito fare un appello, e se sia stato fatto un appello, non sia ammesso dal Giudice degli appelli, sotto pena per il Giudice d’appello, che faccia il contrario, di 100 libre di denaro, e nondimeno si consideri come se l’appello non sia stato fatto. E il Giudice “controverso”, nonostante alcun appello o qualche divieto nella causa, proceda fino alla sentenza definitiva inclusa, e in questa sentenza definitiva tutti i diritti e le difese dell’oggetto siano e si intenda che sono completamente riservate anche senza l’intervento del Giudice, per l’autorità della presente legge. In verità, contro la sentenza definitiva personale, in tutto od in parte, si possa e si abbia validità a fare appello nel giorno della notifica della sentenza o nel giorno seguente. Possa essere fatta la presentazione di ciò davanti al Giudice “controverso”, o davanti al Giudice “per l’appello”, e tale presentazione, per legge, abbia validità. Il Giudice “per l’appello” sia obbligato e debba decidere e concludere tale appello, così presentato, entro otto giorni da calcolarsi dalla presentazione; e se non lo abbia concluso entro questo tempo, rimanga stabile la prima sentenza; e questa sia eseguita a piacere di volontà. E il Giudice “controverso” o il Sindaco del Comune addetto alle cause, dopo ricevute le lettere inibitorie, siano obbligati e debbano assegnare e presentare gli atti e tutto il processo avanti al Giudice “per l’appello”, e mandare i loro Giudici alla difesa e per la difesa ossia per difendere il suo processo e la sentenza, sotto pena di 100 fiorini d’oro per il Giudice “controverso”, se costui sia stato e restato negligente nelle dette cose. Questo scadenza di otto giorni nella causa a motivo della quale ci sia stato l’appello, non scorra se il Giudice “controverso” sia rimasto fermo o sia stato negligente nel presentare gli atti o le cose attivate nella causa in cui esiste l’appello fatto; facendosi eccezione per i casi già detti, nei quali non sia lecito appellarsi, sui quali di seguito si farà menzione: cioè del tradimento della Città o di qualche Castello, o dello sconvolgimento dello stato presente, dei latrocini, del lenocinio, del rapimento di vergini, di monache, o di <religiose> carcerate, oppure di percosse fatte nella persona di qualcuno dei signori Priori o del Vessillifero di giustizia, durante il loro ufficio; e neanche sia lecito fare appello contro le sentenze pronunciate circa i danni dati nella forma personale o con animali. Ma, in realtà, sia lecito fare appello entro 5 giorni continui da calcolarsi dal giorno della notifica della sentenza, per una sentenza definitiva in casi puramente pecuniari, o anche pecuniari in mancanza per i <casi> personali in tutto o in parte; e l’appello abbiano validità sia che sia stato presentato davanti al Giudice “controverso”, sia davanti al Giudice “per l’appello”. Il Giudice “per l’appello” debba ultimare questo appello entro 10 giorni continui dopo presentato l’appello. Il giudice “controverso” nell’appello fatto, debba mostrare gli atti e fare le altre cose come sopra è stato detto. E se il Giudice dell’appello non abbia concluso l’appello entro i detti 10 giorni continui, la prima sentenza rimanga stabile; e il Giudice “controverso” la metta in esecuzione a piacere di volontà, a meno che si sia rifiutato o non abbia presentato gli atti e tutto il processo; nel quale caso i tempi per concludere l’appello non decorrano. I <rei> contumaci tuttavia, nelle cause penali, siano privati del beneficio dell’appello. E in tutti i casi detti sopra, il Giudice “controverso” sia obbligato e debba fare la copia della sua sentenza, immediatamente in quel giorno, quando ne sia stato richiesto; diversamente i tempi <di scadenza> non decorrano fino a che non abbia fatto copia delle dette cose e per il fatto stesso egli incorra nella pena di 500 libre di denaro. E in tutti i singoli casi, nei quali viene fatto appello nelle cause penali, tutti i tempi <di scadenze>, tanto per interporre l’appello che per proseguire, quanto anche per proseguirlo e per concluderlo, si intendano e siano continui; e anche le feste introdotte in onore di Dio non li impediscano e non né abbiano valore per impedirlo.

       5 Rub.13Gli appelli delle cause civili.

   Ordiniamo che non sia lecito che si interponga un appello in alcun modo, prima della scadenza della sentenza definitiva in una causa civile o quando si spera che la sentenza definitiva sarà pronunciata; ma tutti gli incarichi, i diritti e le difese di parte siano riservate per la sentenza definitiva, e stiano riservate, e si comprenda che queste cose, per effetto dell’autorità della presente legge sono riservate, senza che intervenga un Giudice e esse tutte stiano riservate e debbano stare riservate nell’appello da interporre contro la sentenza definitiva e vengano ad essere esaminate e portate a termine ad opera del Giudice per l’appello. Contro una sentenza definitiva di un Giudice, in realtà, si può fare appello, anche reclamare a viva voce o per iscritto, anche parlare di nullità, ossia si inserisca in uno stesso solo appello, in forma principale oppure incidentale, o non, entro i 5 giorni continui, da calcolare dal giorno di emanazione della sentenza. E il Giudice dell’appello ha così le scadenze nell’abbreviare questo appello o la causa di nullità, in modo entro 30 giorni continuativi che vengano calcolati dal giorno in cui viene interposto l’appello o la causa di nullità, concluda, sotto penalità di 500 libre di denaro. Contro una sentenza di arbitri si possa fare appello o esporne la nullità, in forma principale oppure incidentale, entro 5 giorni continui da calcolare dal giorno del lodo <arbitrale> o della sentenza. E il Giudice porti a termine questa causa di appello o di nullità entro 20 giorni, dal giorno in cui è interposto l’appello o chiesta la nullità, sotto la detta penalità. Inoltre contro una sentenza degli arbitri, o dei compositori amichevoli, o contro i loro atti di arbitri o di composizioni o di facenti lodi si possa fare appello e parlare di nullità e anche far richiesta di un buon uomo come arbitro, entro i 5 giorni continui dal giorno della pubblicazione dell’atto dell’arbitro o del lodo o della composizione. E questo Giudice sia obbligato e debba portare a termine questa causa di appello e di nullità o di intervento di un buono uomo come arbitro, entro 20 giorni continui, dal giorno in cui si è interposto l’appello o la chiesta la nullità o l’intervento di un buono uomo come arbitro, sotto la detta pena. E in tutti i casi di questo statuto le scadenze date al Giudice nel portare a termine una causa di appello, di nullità, di intervento arbitrale di un buon uomo, di ridurre all’integro, siano e si comprenda che sono tempi in continuità, facendo eccezioni per le ferie per raccogliere le messi, per le vendemmie o per eventi improvvisi, per tutti gli altri giorni di ferie previsti da uno statuto sulle ferie da eccettuare e questi tempi siano tutti di ferie tolte di mezzo. Per volontà delle parti si possano fare proroghe tra la durata di questi tempi e anche il tempo intermedio prorogato per volontà delle parti non venga calcolato. In qualunque dei casi predetti, il Giudice che esamina queste cause sia obbligato sempre a condannare alle spese chi soccombe a vantaggio del vincitore. E in qualunque dei predetti casi, qualora il Giudice di appello non porti a termine entro questi tempi stabiliti per dover terminare una causa, rimanga sempre valida la prima sentenza definitiva, o interlocutoria e la parte intenda che ha approvato quanto fatto dal primo Giudice. In realtà le causa di reintegro, qualunque siano, debbano essere poste e discusse di fronte al Capitano o al Giudice di giustizia del Comune di Fermo e costoro debbano esaminare queste cause poste e portarle a termine entro 20 giorni continui dal giorno della richiesta o del reintegro. E in tutte le cause di appello si faccia la procedura in forma semplice, sommaria, calma, senza rumore, né parvenza di processo, sotto la penalità già detta. E prima che avvenga la sentenza definitiva non si possa né debba fare una qualche richiesta di reintegro, ma si comprenda che questa è riservata alla stessa sentenza definitiva, e al<poter> fare appello contro questa definitiva. In realtà contro chi interpone un secondo decreto o contro un qualsiasi precetto, o contro una sentenza interlocutoria che abbia la validità di <sentenza> definitiva, e questa definisca la faccenda in forma principale, e non sia posta in mezzo a una causa <per accordi> e non si spera che sia portata una sentenza definitiva sulla causa principale, dopo ciò, né oltre, si possa interporre un appello nella medesima istanza e si possa parlare di nullità, entro cinque giorni continui, dal giorno dell’interposizione o della presentazione del precetto o della sentenza. E questa causa di appello e di nullità debba essere portata a termine entro venti giorni continui dal giorno dell’interposizione, dell’appello, o della nullità. Inoltre vogliamo che quando entro i termini stabiliti per agire contro tali sentenze o contro qualcuna di esse, si sia interposto l’appello, il reclamo, il discorso di nullità, sia stato chiesto il reintegro o l’intervento di un buon uomo come arbitro, come già detto sopra, la parte che così fa l’appello, e che parla di nullità o che chiede l’intervento arbitrale di un buon uomo, o che chiede il reintegro, entro i cinque giorni continui, immediatamente successivi dopo l’appello o dopo le dette richieste, o una già detta, che fanno seguito immediatamente a questa causa da proseguire e <chi fa l’appello> faccia citare la parte avversa per la prosecuzione da farsi in questa causa. E qualora entro i detti cinque giorni, non abbia fatto ciò, il Giudice “controverso” possa e debba far la procedura in tale causa come se non ci fosse stato un appello, né una richiesta, né alcunché sia stato contraddetto in questa causa. Aggiungiamo che dopo scaduti i tempi già detti per l’appello, per la prosecuzione, per giungere a termine, come detto sopra, qualora ad opera del Giudice <per l’appello> la sentenza sia stata ritrattata oppure confermata e la causa sia andata deserta, non si possa ulteriormente dire alcunché, né lamentare, né opporre appello, né nullità, né reintegro, né intervento arbitrale di un buon uomo, in contrasto a questa sentenza fatta e pronunciata dal primo Giudice. Ma la sentenza pubblicata ad opera del Giudice “controverso” rimanga stabile e abbia ogni pienezza di vigore e venga messa in esecuzione, secondo la forma stabilita nel terzo libro delle cause civili nella rubrica sull’esecuzione delle sentenze delle cause civili e contro quanto è stato pronunciato dal primo Giudice. Aggiungiamo anche che non si possa fare appello, né reclamare, né parlare in nessun modo di nullità, né essere all’udienza, né con altro atto essere ammessi, contro quanto è stato scritto o debba essere scritto nel bastardello (minuta) degli istrumenti di garanzia e nelle sentenze, che siano passate su una cosa giudicata, secondo la forma degli statuti ad istanza della parte principale o del cessionario, o degli eredi stessi, o dei loro procuratori, degli agenti, dei tutori o dei curatori. Ma per l’autorità della presente legge, sia tolta completamente ogni facoltà di appello, di reclamo o di parlare di nullità, e sia preclusa la via per scrivere, come già detto. Similmente avvenga riguardo alle esecuzioni di gabelle, di frodi su queste, e di tasse e di altri debiti del Comune, a meno che questi debitori non abbiano prove in contrario.

       5 Rub.14Nulla sia innovato quando l’appello incombe.

   Ordiniamo che,  quando in qualche caso consentito dalla forma dei nostri statuti, sia stato interposto appello, o si sia parlato di nullità o si sia fatta richiesta di reintegro o si sia reclamato, il Giudice “controverso” che si esprime tanto contro l’appellante o reclamante, o contro chi parla di nullità, o contro chi chiede il reintegro come pure contro i loro beni o i fideiussori, non faccia alcun danno, né novità, per qualche richiesto motivo, sotto pena di 500 libre di denaro da togliere a lui, ciascuna volta quando abbia  trasgredito. E ciò si intenda quando abbia avuto contezza ossia sia stato informato che è avvenuto un appello, o un reclamo, o così sia stato parlato di nullità o che sia stato chiesto il reintegro o per un altro motivo qualunque; e su questo appositamente sia fatto il sundacato. È nondimeno, il Giudice dell’appello possa e debba revocare e ricondurre le cose contrastate e innovate nello stato primitivo. Incorra, come sopra, in questa pena anche la parte che innova.

       5 Rub.15Condanna del Giudice che non permetta di fare appello.

   Ordiniamo che nessun Rettore o un altro officiale crei ostacoli a qualcuno che vuole fare appello né proibisca a costui di fare appello, ma liberamente, nei casi ammessi da uno statuto consenta ad ognuno che vuole fare appello, sotto la pena di 500 libre di denaro, da prelevargli sul fatto. E si intenda che impedire o non permettere di fare appello, avviene qualora abbia tenuto uno prigioniero, o abbia inferto almeno un’altra cosa violenta a che non possa fare appello.

       5 Rub.16Si intendano per i primi e secondi appelli, tutti gli statuti che trattano le cause di appello.

   Vogliamo che tutti gli statuti che trattano di appelli o di cause di appello abbiano valore, e vogliamo che abbiano valore per le prime e le seconde cause di appello, ed abbiano il loro vigore tutte le realtà espresse da questi <statuti>, tanto per le scadenze, e per le proroghe concesse per fare appello, quanto per le proroghe concesse per proseguire e ultimare, e per tutte le altre cause comprese in questi statuti, e come già sopra è stato precisato sia da riferire alle prime e alle seconde cause di appello.

       5 Rub.17Gli statuti che si riferiscono al Capitano abbiano vigore per il Giudice di giustizia e viceversa.

   Parimenti decretiamo che se nella Città di Fermo non vi sia il Capitano del popolo o detto ufficio del Capitano sia vacante in questa Città e il Giudice di giustizia stia in questa Città, tutti gli statuti che si riferiscono al Capitano del popolo abbiano vigore per il Giudice di giustizia. E il Giudice di giustizia abbia quella giurisdizione, potestà e potere, come per effetto degli statuti di questo volume, il Capitano ha e possa avere. E viceversa, se in qualche statuto si menzionasse il Giudice di giustizia, e nella Città di Fermo questo Giudice non ci stia, ma ci stia il Capitano del popolo, si intenda che tali statuti, che parlano del Giudice di giustizia, in tutto e per mezzo di tutto <sono> nella persona del Capitano e siano parimenti quando parlassero del Capitano, e dal Capitano uniformemente debbano essere praticati ed adempiuti. Inoltre vogliamo che il Capitano del popolo e il suo Giudice o il Collaterale, ed anche il Giudice di giustizia già detto, ciascuno di questi, possano aver cognizione delle cause di appello, di nullità, del reintegro, della ricostituzione al giudizio di un onesto uomo, e sui dazi e sui danni dati e possono fare procedura contro le signore che portano ornamenti in contrasto contro la forma del presente statuto, o sul lutto dei morti, e sugli esagerati nei banchetti, e sul divieto del sale e delle vettovaglie e su tutte le altre cose, che venissero accordate a loro o a qualcuno per effetto della forma dei nostri statuti. Inoltre questo signor Capitano, o il suo vicario, il Giudice di giustizia e ciascuno di questi sia Giudice competente ed abbia la giurisdizione ordinaria di sindacare i signori Priori del popolo, e il Vessillifero di giustizia, i Regolatori, i Banchieri e gli altri officiali del Comune, anche i Vicari, ossia i Potestà dei Castelli del contado. E siano obbligati a condannare costoro, secondo la forma dei nostri statuti, se nel loro officio commettessero una frode, un inganno e una malignità, o facessero, o trascurassero qualcosa contro la forma dei nostri statuti. E quando avessero trascurato di fare le dette cose, questo signor Capitano incorra nella pena di 200 libre di denaro per ciascuna volta ed egli stesso, durante il tempo del sindacato, ad opera dei loro sindacatori debbano essere controllati per le predette cose. In realtà, in nessun modo si intrometta e non abbia giurisdizione nelle cause civili ordinarie o sommarie, e qualora abbia fatto diversamente, le cose trattate non abbiano validità, a meno che non sia stato per via di appello, di nullità, di reintegro, e di riconduzione all’arbitrio di un onesto uomo, come è stato detto sopra.

                                                             INCOMINCIANO I DANNI DATI <arrecati>

       5 Rub.18La giurisdizione e il potere del Giudice dei danni dati, delle vie, dei ponti e delle fontane.

   Decretiamo ed ordiniamo che il signor Capitano del popolo, chi ci sarà nel tempo, ovvero il Giudice di giustizia della Città di Fermo sia e si intenda che è Giudice competente e officiale dei danni dati, dei ponti, delle fontane ed abbia la piena giurisdizione sopra tutti i singoli statuti contenuti nel quinto libro degli statuti, di procedere, per via di inquisizione, di denuncia o di accusa, come a lui sembrerà opportuno, e di condannare i delinquenti nelle pene contenute negli statuti; in modo che non superi le pene contenute negli statuti. Tuttavia vogliamo che non indaghi su un campo con stoppia, su un campo lavorato o sodo, né possa far procedura per via di una inquisizione, né in altri casi inseriti negli statuti dei danni dati, nei quali l’inquisizione è vietata in modo speciale, ma soltanto per via di una accusa, a meno che il danno sia stato dato ad alberi o ai frutti degli alberi ivi esistenti, nel qual caso possa fare la procedura per via di accusa, di denuncia o di inquisizione, come a lui sembrerà opportuno, come è stato detto sopra. E le sentenze di costui abbiano validità e restino stabili, nonostante che nella procedura sia stata trascurata qualche solennità, purché non superi le pene inserite nello statuto dei danni dati, e purché riguardo al misfatto, il danno dato sia constatato dalla confessione, o dai testimoni, o da altre prove, come viene concesso dalla forma degli statuti. Salvo sempre ciò che è stato detto sopra, intorno ad un campo di stoppia o campo sodivo. Naturalmente, non possa indagare, se non riguardo agli alberi o altro, purché non si intenda il danneggiare i possedimenti con il tagliare gli alberi, o con la raccolta dei frutti fatta da qualcuno; nel qual caso da chi ha tagliato gli alberi non sia acquisito alcun diritto sul possedimento. E non abbia la giurisdizione di indagare in qualche modo su nessun altro dei danni dati, contenuti nel presente libro degli statuti, se non quando il fare la procedura e indagare l’opera siano stati omessi da parte dell’officiale dei danni dati, entro un mese da calcolarsi dal giorno in cui è stato commesso il crimine; dopo trascorso tale termine, il Podestà e il suoi officiali possano procedere e punire secondo la forma degli statuti.  Aggiungiamo anche al presente statuto che il Giudice di giustizia e dei dazi del Comune di Fermo ed anche il Capitano del popolo, quando il Capitano fosse presente nella Città di Fermo, ciascuno di questi stessi abbia giurisdizione d’ogni sorte di fare la  procedura, di indagare e di punire ogni reato, crimine, o qualunque eccesso, che siano stati commessi o che venissero commessi in futuro su qualche membro di qualsiasi ufficio pertinente a questo stesso e anche all’ufficio dei dazi, o a causa dei dazi o sulle cose si commettessero in frode per qualunque motivo con dolo o senza, anche quando avvenisse qualcosa contro la verità, oppure sia stato fatto al tempo del suo ufficio, punendo e condannando secondo la forma degli statuti della Città di Fermo, e imponendo e condannando in denaro propriamente secondo la forma degli statuti della Città di Fermo e imponendo soltanto le pene pecuniarie e condannando e non in modo diverso. Inoltre aggiungiamo che gli officiali dei danni dati della Città di Fermo non possano per il proprio semplice ufficio indagare se non sia stato per movente di una denuncia o di una accusa del proprietario contro coloro che arrechino danni con animali nei prati, dalle calende di novembre fino alle calende di marzo. In verità nelle altre stagioni possa investigare, punire e condannare secondo la forma dei nostri statuti a causa di un’accusa, di una denuncia o anche per il suo vero e propri officio.

       5 Rub.19Coloro che in prima citazione non siano venuti.

   Decretiamo ed ordiniamo che chiunque sia stato denunciato, accusato, segnalato o inquisito nella Curia o ad opera della Curia del signor Capitano o del Giudice di giustizia per le cose che riguardano la sua giurisdizione sopra i danni dati, debba fare la citazione soltanto alla persona o presso la casa di abitazione. E se costui entro la scadenza della citazione non si sia presentato, sia ritenuto come reo confesso per quelle cose per le quali si fa la procedura contro di lui, e sia condannato secondo la forma degli statuti che trattano la stessa materia. E se si facesse la procedura in modo diverso, senza che sia praticata la norma predetta da parte di detto officiale, il processo non abbia validità in alcun modo e neppure la sentenza.

       5 Rub.20Il signor Capitano mandi i suoi Notai a rintracciare coloro che hanno fatto un danno.

   Decretiamo ed ordiniamo che il signor Capitano sia obbligato a mandare gli officiali attraverso la città, per le contrade, per i borghi del Comune di Fermo, fuori e dentro, di giorno e di notte, al fine che rintraccino coloro che apportano danni contro la forma dei detti statuti. E l’officiale sia obbligato a mandare i suoi servi che vadano alle porte della Città di Fermo per vedere e controllare se ci siano alcuni che portano uve o alcuni frutti, o legna, o rami di oliva, per questo, affinché possa scoprire se portano cose dai loro poderi, oppure no. E quando abbiano trovato qualche delinquente in queste cose o in qualcosa di esse, condanni quei colpevoli con le pene contenute in questo volume degli statuti, secondo la forma degli statuti che trattano della materia. E le dette cose non siano praticate, né abbiano vigore nei Castelli del distretto di Fermo, i quali hanno il Podestà o il Vicario o un altro officiale che li governa, assegnato loro dal Comune di Fermo, sotto penalità per il signor Capitano, se abbia trasgredito in ciò, di 25 libre di denaro da prelevarsi al tempo del suo sindacato. Se qualcuno, insieme con un testimonio o soltanto con un Balivo, abbia detto di aver trovato o di aver visto uno che procurava un danno, la relazione del Notaio, o dell’officiale, o dell’aiutante di questo Capitano o del Giudice di giustizia, sia accolta e gli sia dato credito.

        5 Rub.21Un funzionario non riceva alcunché da alcuna persona.

   Decretiamo ed ordiniamo che l’officiale già detto eserciti il suo officio soltanto da se e non tramite alcun sostituto. Né che riceva da sé qualche regalo, né tramite altri da alcuna persona ecclesiastica o secolare <laica>, sotto la penalità di 50 libre di denaro per ciascuna volta che abbia trasgredito su ciò. E lo stesso signor Capitano abbia quattro Balivi dai Balivi del Comune di Fermo.

       5 Rub.22Il Capitano faccia e faccia fare un annuncio che non si dia danno di persona o con animali.

   Inoltre decretiamo che il signor Capitano già detto faccia e faccia pubblicizzare, all’inizio del suo officio, che nessuna persona produca un danno di persona o con animali, di giorno o di notte, contro la forma dei detti statuti.

       5 Rub.23Abolizione <revoca> della denuncia.

   Decretiamo ed ordiniamo che tutte le volte o in qualsiasi modo, nei danni dati con i passaggi o in altro modo si fosse proceduto in potere degli statuti dei danni dati, descritti nel presente volume degli statuti, o con la modalità dell’accusa, o della denuncia, o della indagine, possa essere richiesta l’abolizione <revoca> dall’accusatore, denunciatore o da parte di chi ha ricevuto qualche danno, fino alla lettura della sentenza compresa, e non successivamente; purché venga richiesta e possa essere richiesta tramite un cittadino o un abitante della Città, entro sei giorni, e da un abitante del contado entro 10 giorni, dalla difesa fatta per chi si è presentato, per il contumace sia calcolato dal giorno del bando. Chi chiede l’abolizione già detta paghi al Tesoriere del Comune cinque denari, altrimenti il richiedente questa revoca non sia dato ascoltato. E il Capitano sia obbligato ad ammettere questa revoca, dopo praticata la detta formalità; e quando questo Capitano non l’abbia, sia condannato con 25 libre di denaro per ciascuna volta che abbia trasgredito, e su ciò debba essere condannato dai Sindacatori durante il periodo del suo sindacato. Questa revoca in nessun modo sia ammessa in opposizione contro coloro che prendono o riconducono animali trovati a fare un danno; né sia ammessa nel caso che non sia stata fatta la presentazione degli animali da parte di chi l’ha catturati o condotti dal Giudice, o all’officiale competente entro il tempo stabilito dallo statuto sotto la rubrica “A chiunque sia consentito di propria autorità prendere gli animali <per danno>”. Vogliamo inoltre che per i ritrovamenti fatti dall’officiale del signor Capitano o del Giudice di giustizia, se abbiano trovato alcuni che arrecano danni con animali o senza, l’abolizione detta non sia ammessa o non venga accolta in alcun modo; ma sia totalmente interdetta la facoltà al richiedente. E se si ammettesse o accogliesse, il riceverla non abbia validità e sia punito con la già detta pena l’officiale che l’accoglie o l’ammette. E per l’accoglimento di detta abolizione, nel caso in cui si possa accogliere, l’officiale non possa né debba prendere qualcosa a titolo di compenso da alcuna delle parti, sotto la penalità già detta da trattenersi dal loro salario nel tempo del loro sindacato. Aggiungiamo che quando il padrone dei possedimenti, o chi ha subito il danno, conducesse l’officiale a trovare o vedere le persone o gli animali che hanno arrecato il danno, allora il patrono e colui che ha subito il danno possa revocare il ritrovamento per abolizione, dopo che sono stati pagati cinque soldi al Tesoriere del Comune. E l’officiale condotto per il motivo del detto ritrovamento, se la pena superasse la somma di 4 libre di denaro e sotto ciò, abbia per il suo lavoro quattro denari soltanto; e per pena sopra la detta somma, abbia dodici denari per ogni libra di denaro con la quale venisse condannato colui che arreca il danno, o il padrone degli animali trovati a dare il danno come sopra.

       5 Rub.24Danni fatti alle cascine (casette).

   Se qualcuno abbia fracassato una casetta, un’abitazione o un atterrato, esistente fuori dalle mura della Città o di un Castello, con la porta ferrata, e serrata, per la sola effrazione venga punito ciascuna volta con fiorini 25. Se, in realtà, dopo la detta effrazione, sia entrato in essa e abbia provocato un danno prendendo piccioni o polli esistenti in essa o uccidendoli, o provocando un altro danno qualsiasi, venga punito con 50 fiorini. Se poi qualcuno non abbia fracassato la casetta, l’abitazione o l’atterrato già detti nella porta ferrata, o nei serrati, ma abbia aperto la porta senza rottura della porta, né della casetta, per la sola apertura venga punito con 20 fiorini. Qualora, in realtà, dopo l’apertura, in quella abbia procurato un danno, venga punito come sopra è stato detto per la rovina del casolare; e sempre per il danno dato con il doppio del danno subito in tutti i casi predetti.

       5 Rub.25Coloro che debbono essere ammessi per accusare.

   Decretiamo ed ordiniamo che nei processi fatti o da farsi nella Curia del Capitano o del Giudice di giustizia sopra i danni dati, sia per l’accusare quanto per il difendere o per scagionare dall’accusa per i danni dati contenuti in questo volume, venga ammesso il figlio della famiglia <minorenne> e sia considerato come persona legittima, nonostante non abbia avuto il consenso del padre. E chiunque con età maggiore di 10 anni possa essere presente in detto giudizio, nonostante che non sia intervenuta l’autorità del tutore o del curatore; ed anche qualsiasi altro familiare, o lavoratore, colono, suo figlio, e servo, e qualsiasi altro familiare; e sia prestata fede al giuramento dell’accusatore, se abbia detto che egli vide, senza alcun’altra prova, secondo la distinzione di questi statuti, fino a quella somma. Ma a nessuno sia consentito, se non una volta soltanto in un mese, accusare nel modo principale con giuramento, sotto la pena di due ducati d’oro per ogni trasgressore e per l’officiale che accoglie l’accusa; e tuttavia quanto venga fatto in modo diverso sia nullo per il diritto stesso. E se qualcuno abbia fatto una accusa o denuncia calunniosa o falsa, venga punito ad arbitrio di questo Rettore, fino alla somma di 100 soldi di denaro. Se in realtà l’accusatore non abbia visto colui che ha fatto il danno e abbia voluto accusare persone incerte <non identificate>, sia ammesso a fare l’accusa e la denuncia di persone incerte in questo modo: cioè che egli accusa e denuncia le persone, tutte quelle che hanno detto e abbiano dato testimonianza che essi stessi hanno visto tali testimoni del detto anche se abbiano detto di se stessi ed abbiano dato testimonianza; e con la testimonianza di costoro, i delinquenti debbano essere condannati, quando se ne hanno le prove, secondo la forma degli statuti, senza fare alcun processo. L’officiale già detto possa e sia obbligato per suo officio ad investigare anche a richiesta di chiunque abbia detto che un danno viene dato ed è stato dato, qualora abbia voluto giurare che egli non conosce chi ha fatto il danno per il quale chiede di fare un’indagine. Decretiamo che in un’accusa o denuncia generale, chi accusa o chi denuncia non possa produrre più di sei testimoni del contado e otto della Città, e diversamente, al di fuori di questa forma, il Capitano o la sua Curia o qualsiasi altro officiale non debba ricevere alcuna accusa né denuncia generale, sotto la penalità di 25 libre di denaro.

       5 Rub.26Danni fatti di persona <direttamente>.

   Parimenti decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno sia entrato in un orto altrui recintato, per il solo ingresso venga condannato, ciascuna volta, a 40 soldi di denaro. Se poi, dopo esservi entrato, egli abbia arrecato un danno nell’orto recintato, sia condannato, ciascuna volta, a cento soldi di denaro in tutto per il danno e per l’accesso. Se poi <è entrato> in un orto non recintato venga condannato, per il solo ingresso, alla metà della pena detta sopra per l’orto recintato. Se, in realtà, dopo fatto l’ingresso abbia fatto un danno, per ciascuna volta venga condannato a 40 soldi di denaro: e non venga punito per l’ingresso, dopo fatto danno. Se qualcuno poi sia entrato nelle vigne coltivate o lavorate da altri, dalle calende di marzo fino alle calende di novembre, sia condannato per il solo ingresso ad un ducato d’oro; in realtà, in altri periodi sia condannato a cinque soldi di denaro per ciascuna volta. Se poi, dopo questo ingresso, abbia arrecato danno cogliendo uve acerbe o mature, oltre alla pena per questo ingresso, venga condannato 10 soldi di denari per ogni grappolo d’uva o di uva agreste. Se poi, in altra maniera, abbia dato un danno cogliendo olive, legno, o travetti, o canne, viti, o procurando un danno in altro modo in dette vigne, oltre alla pena per l’ingresso sia condannato a 20 soldi di denari per ciascuna volta. Se poi qualcuno sia entrato nella vigna di un altro, non coltivata né lavorata, o abbia ivi fatto un danno dopo l’ingresso, sia punito alla quarta parte di quella pena con cui sarebbe punito nelle vigne coltivate o lavorate. Se qualcuno abbia arrecato un danno in un canneto raccogliendo foglie o strappando le fronde “fatte” <mature>, venga condannato a 40 soldi di denaro per ciascuna volta. Se in verità abbia fatto un danno spezzando le cime delle canne, incorra nella pena di cinque bolognini per ciascuna cima e si possa fare la procedura anche contro quelli trovati mentre asportavano le predette cime, in cammino, o nell’abitazione, o che le tenevano altrove, o che le trasportavano E coloro che risolutamente negano al padrone o all’officiale di contare le cime trovate e di segnarle per la pena, possono essere puniti, ad arbitrio del padrone o dell’officiale, per il numero che essi stessi abbiano voluto o abbiano deciso nell’atto arbitrale. Se, in realtà, abbia spezzato le canne e le abbia portate via, sia punito, per ogni canna, alla stessa già detta pena. Tuttavia se qualcuno sia entrato nell’altrui possedimento, coltivato con qualche genere di cereali, di lino, di agrumi, o di legumi, dalle calende di aprile fino a quando il cereale o il legume, o il lino, o l’agrume ci stesse o rimanesse nei detti possedimenti, o in qualcuno degli stessi non tagliato o non estirpato, sia condannato per il solo ingresso con cinque soldi. Se poi abbia fatto un danno, dopo tale ingresso, oltre ai detti cinque soldi, sia condannato a 40 soldi per ciascuna volta. Eccetto che se qualcuno abbia dato un danno mietendo nel campo, o procurando in altro modo un danno, sia condannato a 40 soldi per ciascuna volta. Se poi qualcuno abbia fatto un danno di persona nei prati altrui custoditi, o nei foraggi segnalati di qualcuno, mietendo l’erba o il fieno, dalle calende di aprile fino alle calende di luglio, sia condannato per ciascuna volta a 20 soldi. Se qualcuno poi, abbia fatto danno sugli alberi del moro(gelso) cogliendo foglie da questi alberi, sia condannato per ciascuna volta a 40 soldi di denari. Se poi <qualcuno> abbi fatto un danno negli olmi, cogliendo le fronde, incorra nella pena di 10 soldi di denaro, per ciascuna volta, per ciascuno, e per ogni albero. Se qualcuno invece abbia fatto un danno nei frutti degli alberi domestici <privati>, o nei frutti degli ulivi, sia condannato a 100 soldi di denaro per ciascuna volta. In realtà, negli altri frutti non commestibili per gli uomini o non domestici, se qualcuno abbia fatto un danno, sia condannato a 10 soldi per ciascuna volta. E nei detti singoli capitoli, coloro che arrecano un danno, siano obbligati a risarcire col doppio del danno inflitto.

       5 Rub.27Pena per coloro che colgono le olive di altri.

   Se qualcuno abbia venduto, scambiato o in qualsiasi modo rubato o macinato o abbia fatto macinare o in qualche maniera abbia portato via o abbia tenuto anche una minima quantità di olive, chi non abbia nei poderi propri o coltivati con ulivi, se non abbia dimostrato da dove e da dove abbia avuto o abbia fatto l’acquisto, incorra nella pena di 10 scuti per ciascuna volta e per qualsiasi quantità, da assegnare per una metà al Comune di Fermo e per l’altra metà all’accusatore, e egualmente all’esecutore. Se poi le predette cose siano state commesse nei Castelli o nei luoghi che hanno notizie circa i misfatti e fruiscono delle loro pene, allora al Comune di Fermo sia assegnata la quarta parte della pena, una quarta parte al luogo predetto che è ha notizie, il rimanente poi di detta pena sia attribuito come sopra. E si possa fare la procedura, in queste cose già dette, per la via dell’accusa, della scoperta, dell’inquisizione, anche senza che la mala fama preceda, e l’accusatore sia tenuto segreto, e a costui sia prestata fede con giuramento e con un testimonio degno di fede. E nella stessa pena incorrano gli acquirenti e i ricettatori, contro i quali si possa fare la procedura come sopra; se non abbiano dichiarato di aver fatto l’acquisto da un proprietario o da uno che ha ulivi, e a questa legge soggiacciano anche le terze persone, per le cui mani le dette cose siano state commesse. E nella medesima pena incorrano coloro che hanno ulivi se fossero stati trovati a coglierle nei possedimenti di altri o ci fossero le prove che le hanno colte. E la stessa pena per le olive, nel modo e nella forma, come sopra, abbia valore per le melarance; e se non abbiano pagato questa pena per i casi già detti, entro un mese, allora siano puniti con la pena per furto. Parimenti non sia consentito ad alcuno raccogliere olive, come si dice popolarmente «per lo raccogliticcio» <trovare qua e là> senza il permesso del padrone del podere, sotto la pena di cinque soldi, e per questo permesso ci si attiene al giuramento del padrone.

       5 Rub.28Danni procurati con le bestie.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno abbia  immesso un cavallo, un bue, un somaro, una puledra, un mulo, un porco, una capra o una cavalla o animali a questi simili in una vigna coltivata o lavorata piena di uve e non vendemmiata, o in un orto, in un canneto coltivato o lavorato, oppure con essi o con qualcuno di questi abbia apportato un danno, dalle calende di marzo fino alle calende di novembre, qualora <avvenga> nelle vigne già dette, negli orti o nei canneti lavorati o coltivati, il custode degli animali paghi per il danno, per ciascuna volta, e per ognuno dei detti animali 40 soldi di denaro. Qualora <avvenga> in realtà nei campi seminati paghi il danno con 20 di denari per ciascuna volta e per ogni animale; qualora <avvenga> fra gli alberi che producono frutti commestibili per gli uomini esistenti altrove anziché nei detti luoghi, in ogni tempo, paghi 5 soldi di denari. Se, poi, nei giardini coltivati e lavorati delle melarance con animali grandi, il custode o il padrone degli animali paghi il danno dato, in ogni tempo, con la pena di 20 soldi di denari per ogni animale e per ciascuna volta. In realtà, con gli animali piccoli, 10 soldi di denari, per ogni singolo animale e per ciascuna volta. Dalle calende di novembre fino alle calende di marzo e in qualunque altro tempo, se sia stata fatta la vendemmia o nelle vigne coltivate, negli orti o nei canneti coltivati, per il danno, ciascuna volta e per ogni animale, paghi al Comune 20 soldi di denari nei campi seminati in verità soldi 5 di denari. E in ciascuno dei casi predetti sia risarcito il danno, con il doppio, a colui che l’ha subito. Se poi con le pecore o con una pecora, nelle vigne o negli orti coltivati abbia arrecato un danno dalle calende di maggio fino alle calende di novembre, il custode degli animali paghi e sia condannato, per ogni pecora per ciascuna volta, con soldi 5 di denari e nel canneto o in un campo di cereali o in un campo di fieno soldi due di denari. Se, in realtà, dalle calende di novembre fino alle calende di marzo in detti luoghi paghi per il danno per ogni animale e per ciascuna volta <la penalità> di dodici denari. Se, in realtà, <avvenga> in un campo per il fieno, <paghi> sei denari; se, in realtà, in altri luoghi anziché nei luoghi già detti, in ogni tempo e per ogni animale, per ciascuna volta paghi sei denari e risarcisca chi ha subito il danno con il doppio. Se, poi, con questi animali piccoli o con qualcuno di essi abbia portato un danno nei prati custoditi, nelle selve o tra gli alberi non privati, paghi dodici denari per ogni animale per ciascuna volta. Se, poi, gli animali grandi abbiano portato un danno dalle calende di maggio fino le calende di ottobre, cioè una cavalla in un prato tagliato o falciato o per il fieno custodito, paghi per il danno al Comune 20 soldi di denari. Gli altri animali grandi, nei detti tempi 10 soldi di denari. In realtà negli altri tempi ed anche nel detto tempo, se sia stato falciato il prato o fienato, dodici denari, e per prato si intenda che sia nel periodo in cui sia delimitato ogni campo. A nessuno sia consentito delimitare il terreno se non fino a sei modioli soltanto, e questo terreno sia e debba essere adatto per produrre fieno, né in alcun altro modo sia consentito segnare i limiti. E gli officiali in nessun modo, nelle cose già dette, abbiano la facoltà di fare la procedura in maniera diversa; e ciò che avessero fatto oltre le dette cose, sia nullo, dichiarando espressamente che il terreno sia inteso e che sia proprietà di colui dal quale è stato delimitato. Se, in realtà, l’immissione dei detti animali, anche il danno arrecato siano stati fatti astutamente, di giorno, oppure di notte, paghi il doppio delle dette pene. E come dati astutamente il danno e l’immissione degli animali, si intenda quando il custode sia stato trovato nel custodire i detti animali nei detti luoghi. E in tali danni dati con animali, o senza, sia prestata fede e ci si attenga al giuramento del padrone del podere o del lavoratore, o dei servi o di un servo e di chiunque di questi stessi, se abbiano visto arrecare il danno, fino alla somma di 20 soldi. E se abbia avuto un testimonio, gli sia prestata fede con il giuramento fino alla somma di 40 soldi di denaro per tutte le bestie che il testimonio abbia detto e abbia attestato che egli ha visto. In realtà, <per una somma> sopra a ciò con due testimoni sia punito con le pene indicate sopra. E in ogni caso, qualora qualcuno sia condannato per il danno arrecato debba essere condannato dallo stesso processo e dalla condanna al risarcimento del danno, al doppo, a favore di chi ha patito il danno, e per l’estimo di questo danno ci si attenga e sia prestata fede al giuramento del padrone del podere, fino alla somma di 20 soldi di denari. < Per una somma> superiore a ciò, in realtà, ci si attenga e sia prestata fede alla parola di due prossimi vicini che hanno giurato, fino a dieci poderi a lato del podere nel quale il danno dato sia stato posto; e <alla parola> degli eletti per il danno dato; purché nei singoli casi detti sopra ci si attenga alla parola del padrone, con il testimonio oculare, circa il danno a lui dato di notte; e in questo caso sia tenuta come prova piena e legittima. Inoltre il Notaio dei danni dati sia obbligato e debba, col vincolo del giuramento, sotto la pena di 25 libre di denaro dalla sua paga, investigare diligentemente nel tempo dell’indagine da farsi sul custode degli stessi animali nei casi sopra indicati. Decretiamo anche che le vigne e i canneti coltivati siano considerati coltivati, lavorato o lavorati anche se non siano stati lavorati nei tre anni e non oltre, allora precedenti. Se in realtà siano restati incolti per un tempo maggiore e non lavorati non siano considerati coltivate vigne e cose <non> coltivate e lavorate.

       5 Rub.29Pena per chi taglia un olivo o altri alberi.

   Se qualcuno contro o oltre il volere del padrone di un possedimento abbia tagliato qualche ulivo alla base, o lo abbia estirpato completamente o nella maggior parte, oppure in basso abbia tagliato un ramo o rami di qualche ulivo, o abbia rovinato i rami sia condannato con scuti 10. Se, in realtà, abbia tagliato qualche parte alla base di qualche ulivo, come per esempio come si dice staccando pezzi, non in tutto o nella maggior parte, sia condannato a 20 libre di denaro e debba risarcire col doppio il danno dato a colui che ha patito il danno. Se entro un mese, da computarsi dal giorno della notifica della sentenza, non abbia pagato queste condanne, debba essere frustato nella Città di Fermo, nudo e con le carni scoperte; e nondimeno risarcisca il danno col doppio a chi ha sofferto il danno. Se in realtà <abbia tagliato> un albero che sostiene una vite o predisposto per sostenere una vite, o qualche altro albero privato che produce frutti commestibili per gli uomini, o un albero di gelso dalla radice o al basso del fusto, sia condannato con 5 scuti per ciascuna volta. Se, in realtà, abbia tagliato i rami, o abbia estirpato piante di alberi, paghi la metà della già detta pena di 5 scuti; e la metà di questi bandi sia per il Comune e l’altra per chi ha sofferto il danno, e sia sufficiente la prova di un solo testimonio oculare in tutti i casi già detti. Se in realtà < abbia tagliato> alberi selvatici che non recano frutti commestibili per gli uomini, per ogni albero così tagliato dalla base del fusto o piede, sia condannato a due scuti per ciascuna volta. E se l’albero così tagliato sia stato grande e adatto per una costruzione, sia punito a scuti 5. Se in realtà <siano tagliate> piante piccole o rami secchi, per ogni albero o ramo secco o piccolo, o novello, per ognuna di esse così tagliate sia condannato a uno scuto per ognuna e per ciascuna volta. E questo non abbia valore per gli spini, le “vetiche” <legami>, le ginestre, e simili a questi, per i quali il danno dato sia punito con un fiorino per ogni salma. Se in verità abbia distrutto una fratta o una siepe, per la sola distruzione, sia condannato con due libre. Se abbia tagliato una fratta o una siepe oppure in altro modo l’abbia devastata, per ogni “passo” sia condannato a un fiorino. Se in realtà in questa siepe ci siano stati alberi di qualche specie di quelli già detti, e li abbia tagliato, nella detta siepe o confine, il delinquente sia punito con modalità simili alle già dette pene. È in tutti casi già detti se i danni già detti siano stati fatti di notte, il delinquente sia punito col doppio delle dette pene. E se qualcuno abbia portato via da qualche catasta, o da qualche mucchio o da qualche altro cumulo di legnami o di viti giacenti nel podere di qualcuno, incorra nella pena di uno scudo per ogni salma. Se in realtà abbia preso meno di una salma, a metà di detta pena. Se poi da qualche canneto abbia portato via fasci di canne, o foglie ‘fatte’, paghi per il bando 40 soldi di denaro per ciascuna volta e per ogni fascio di canne, o bracciata di canne in qualunque modo risulterà o sarà manifestato per mezzo di una prova piena o semi piena; e sia prestata fede al giuramento dell’accusatore fino alla somma di 20 soldi, senza alcun’altra prova se abbia detto che lui stesso abbia visto. E il danno, nei già detti capitoli, siano risarcito con il doppio del danno sofferto; e l’officiale possa e debba investigare d’ufficio sopra le già dette cose, fuorché per gli spini, le ginestre, le “vetiche”, le sanguinelle, o le spuntature o rametti minuti selvatici o simili a questi, per i quali non possa fare procedura sul ritrovamento; ma sopra le queste cose sia totalmente negato il potere e la giurisdizione di procedere e di investigare per il ritrovamento all’officiale dei danni dati.

       5 Rub.30Pena per chi taglia le viti.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che chiunque abbia tagliato qualche vite, se dal fusto o dalla radice, paghi la pena per ogni vite con 100 libre di denaro. Se poi abbia tagliato i capi <tralci> di detta vite, paghi per il danno 100 soldi di denari per ogni vite. Se in qualche modo abbia tagliato una vite diversamente, senza il permesso del padrone della vigna, purché rimangano i capi già detti, paghi la pena con 5 denari per ogni ramo di detta vite. Ci si attenga al giuramento del padrone della vigna riguardo al permesso dato dal padrone della vigna. E le predette pene non siano praticate per le viti esistenti nei possedimenti o nelle vigne non lavorate per un periodo di tre anni, trascorsi subito dopo dal tempo del taglio delle viti, o dei loro rami. Ma se qualcuno abbia tagliato una vite dal fusto o dalla base di questa vite in questo possedimento o vigna non lavorata per il detto periodo di tre anni, qualora questa vite sia stata potata entro il detto periodo, paghi la pena di 100 soldi di denaro. Se poi non abbia tagliato la detta vite dal fusto o dalla base, ma in qualche modo diverso, paghi la pena con 10 soldi di denari. Se poi non sia stata fatta la potatura entro il detto periodo, paghi per ogni fusto di detta vite con 5 soldi la pena di denari. E se qualcuno sia stato condannato per qualcuno dei detti motivi a 25 libre di denaro o sopra a ciò e non abbia pagato la detta condanna entro la scadenza che deve essere assegnata, per quella condanna, ad arbitrio del signor Capitano o dell’officiale dei danni dati, debba essere frustato sulle carni nude attraverso la Città. E se qualcuno abbia tagliato qualche pergolato entro le mura della Città o dei Castelli di Fermo, paghi la pena di 25 scuti, anche a più, o a meno ad arbitrio del signor Capitano secondo la qualità del danno; e in qualsiasi dei detti casi, risarcisca col doppio che è stato danneggiato. E per l’estimo del danno, in qualsiasi dei detti casi, sia prestata fede e ci si attenga al giuramento del padrone del possedimento fino alla somma di 100 soldi. In realtà sopra a ciò ci si attenga alla parola di due uomini confinanti con il podere dove il danno è stato fatto, fino a 10 possedimenti, da nominarsi da chi ha sofferto per il danno. Aggiungiamo a questo statuto: che l’esecuzione di questa pena corporale non possa essere fatta da alcun officiale del Comune di Fermo, qualora il condannato abbia voluto pagare la sua condanna entro un mese dopo che sia venuto sotto il potere militare del Comune di Fermo

       5 Rub.31Come debba essere emendato il danno fatto di giorno e di notte e da chi e per mezzo di chi.

   Decretiamo ed ordiniamo che se qualche danno sia stato fatto di giorno o di notte in un possedimento di qualcuno e non si sapesse per opera di chi (uno o più) il danno sia  stato fatto, se detto possedimento stesse nelle vicinanze di qualche Villa o di qualche Castello, la quale o il quale sia lontano mezzo miglio da detto possedimento, tramite gli uomini di detta Villa o del Castello più vicino a detto possedimento, dopo che non sia stato possibile sapere, trovare e rintracciare chi ha dato o coloro che hanno dato il danno, colui al quale appartenesse questo possedimento sia obbligato ad emendare questo danno dato; e sia prestata fede circa il danno dato al giuramento di chi ha sofferto il danno, fino alla somma di 20 soldi di denaro. In realtà, sopra a questa somma venga praticata la forma degli statuti relativi al risarcire i danni dati. se poi il danno dato sia stato nel possedimento di qualcuno, altrove, non nei detti luoghi, in qualche contrada o nel vicinato, i vicini nel detto modo, o coloro che hanno i possedimenti più vicini, cioè per 10 possedimenti tutto all’intorno al possedimento nel quale fosse fatto il danno, siano obbligati e debbano emendare tale danno a colui che ha sofferto il danno, in un modo simile a quello detto sopra. E a ciò similmente siano obbligati i fornaciai, i mugnai, i villani, i bifolchi, coloro che fossero stati, che fossero, o che avessero abitato a mezzo miglio accosto al podere nel quale sia stato fatto il danno. E ci si attenga e sia prestata fede al giuramento di colui che ha patito il danno riguardo ai detti vicini dimoranti o agli altri sopra. L’officiale già detto sia obbligato e debba praticare tutte le dette cose, con vincolo del giuramento, e sotto penalità di 10 libre di denaro da pagarsi col suo salario.

       5 Rub.32Coloro essere stati trovati dal Capitano o dai suoi Officiali e servi con frutti o con legna in Città, o in altra via, e che non hanno un possedimento o un lavoriero proprio.

   Decretiamo ed ordiniamo che se qualche persona ad opera del signor Capitano o del Giudice di giustizia o di un officiale o degli officiali di questi e di chiunque degli stessi, sia stata trovata con frutti o legna per terra, sulla via o sulla strada, e la stessa persona nella stessa contrada ove sia stata trovata, non avesse alcun possedimento proprio o un lavoriero, o se lo avesse ed in esso non ci fossero frutti trovati per se stessa, o legna, il signor Capitano ovvero i suoi officiali, che fossero tali nel tempo, contro la persona trovata con le dette cose, possano e debbano investigare, fare la procedura, punire e condannare alle pene dette sopra senza alcun’altra prova. Salvo quando tale persona trovata desse prova che portasse o prendesse i detti frutti o la legna col permesso del padrone del possedimento e di questo faccia costatazione e debba costatare e risultare mediante un pubblico instrumento o un giuramento delle signore padrone del podere almeno con un testimonio, il quale dichiari a parole che abbia dato e concesso tale permesso prima del danno dato trovato, allora il tale trovato non sia minimamente tenuto alla detta pena. Possa inoltre tale persona che porta i detti frutti essere accusata da chiunque e denunciata e sia prestata fede al giuramento dell’accusatore fino alla somma di 10 soldi di denaro. Aggiungiamo che se qualcuno sia stato trovato a portare legna di ulivi, o di alberi che producono frutti commestibili per gli uomini e di olmi con viti e <portasse> queste viti grosse, se non avrà informato che le ha tagliate nel proprio possedimento, o con un provato permesso del padrone, come sopra, sia obbligato a pagare un ducato d’oro per ognuno e per ciascuna volta. E possa anche essere accusato da chiunque e l’inchiesta sia fatta alla porta e dovunque dagli officiali dei danni dati.

       5 Rub.33Pena di chi ha tracciato un sentiero.

   Decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno abbia fatto, sopra un possedimento altrui, una via malignamente senza animali o una scorciatoia, venga punito con 20 soldi di denari per ciascuna volta; e se abbia procurato danni, venga punito con le pene sopra indicate, e nello statuto relativo ai danni dati, in seguito; se con animali venga punito con 20 soldi di denaro, e sia prestata fede al giuramento dell’accusatore; cioè al padrone del podere, se abbia detto che lui vide, o la sua servitù. E si intenda che fare malignamente una strada o una scorciatoia è quando la via comune è in buono stato e percorribile per farci camminare gli uomini e gli animali e non in altro modo. E per tutte le dette cose il signor Capitano e i suoi officiali non possano fare la procedura contro qualcuno o contro alcuni, se non a richiesta del padrone del podere.

       5 Rub.34Pena per colui che ha fatto un percorso (varco) sulla proprietà altrui.

   Decretiamo ed ordiniamo che chiunque abbia fatto un percorso attraverso un possedimento o un beneficio di qualcuno, qualora abbia fatto un percorso di persona sia punito con 20 soldi di denaro e sia prestata fede al padrone del podere riguardo a ciò. E se l’accusatore abbia potuto dare prova per mezzo di un solo testimonio chi abbia fatto il percorso sia punito con 40 soldi di denari. Se in realtà abbia fatto un passaggio con gli animali, con qualsiasi animale grande, oltre la pena predetta, sia condannato a 5 soldi di denari. E se qualcuno cavallo vi sia andato, paghi soltanto la pena per la persona, qualora di ciò abbia potuto dare la prova con due testimoni. E se non abbia potuto provare con due testimoni che abbia fatto il detto passaggio con animali, sia condannato a 20 soldi di denaro con il giuramento dell’accusatore o del denunciatore. E se abbia avuto un solo testimonio fino a 40 soldi di denari, come è stato detto sopra. E sia inteso l’aver fatto il passaggio allo scopo di accorciare il suo cammino, purché questo detto statuto non rivendichi per sé vigore nei luoghi ove non ci siano vie delimitate, ma secondo quello che nei tempi passati è stato consuetudine nella pianura di Monte Secco <a Fermo>, o in altri luoghi è stato consueto andare, così vadano. Se, in realtà, questo passaggio sia stato fatto su un campo di stoppia, paghi la metà di dette pene. E se per qualche possedimento incolto paghi la quarta parte delle dette pene. Qualora sia su qualche podere sodo, paghi la quarta parte delle dette pene. E circa le già dette cose l’officiale non possa d’ufficio fare la procedura se non a richiesta e per volere del padrone del podere. E ciò non abbia valore soltanto circa il passaggio dei cacciatori, ma se abbiano dato un danno siano puniti come è contenuto nello statuto sui danni dati, purché tuttavia detti cacciatori nei mesi di maggio, giugno e luglio non possano passare e fare caccia nei poderi con cereali. E questo statuto relativo al passaggio non rivendichi vigore contro un forestiero.

       5 Rub.35Nessuno Notaio possa sedersi al banco del signor Capitano o del Giudice.

   Allo scopo di evitare ogni sospetto decretiamo ed ordiniamo che nessun Notaio cittadino, né Cittadino, né alcun altro oltre gli officiali dello stesso signor Capitano, o del Giudice di giustizia possa stare né rimanere presso il banco del signor Capitano o del Giudice o dell’officiale di lui, in alcun modo o ingegno. Né lo stesso signor Capitano, il Giudice o l’officiale possa tenere al suo banco qualche altro Notaio, né farcelo sedere per scrivere alcuni atti di questo Giudice o dell’officiale. Né possa questo signor Capitano, o il Giudice o l’officiale, per la forma degli statuti, affidare il suo officio, sia per i danni dati, che per le vie, i ponti e le fontane, ad alcun Cittadino Fermano, sotto la pena di 50 libre di denaro dalla sua paga. Salvo che sia lecito a ciascuno, per suo volere, condurre al tavolo di detto Capitano, del Giudice e dell’officiale un Notaio qualunque per esercitare e scrivere copie e atti di sua pertinenza.

       5 Rub.36Il Capitano o il Giudice di giustizia debba produrre le sentenze.

   Decretiamo ed ordiniamo che il signor Capitano o il Giudice di giustizia sia obbligato e debba, due volte in ogni mese, fare le condanne per tutte le singole trasgressioni, inosservanze, colpe, delitti, danni dati, dal quale o per i quali risultasse qualche condanna. E di queste subito siano fatte due copie delle quali una debba stare presso di lui, e l’altra presso il Banchiere del Comune, in quel giorno nel quale vengono lette le condanne, e queste condanne rimangano presso questo Tesoriere. E lo stesso Capitano, il Giudice o l’officiale sia obbligato e debba sotto vincolo di giuramento riscuotere o di far riscuotere e fa pagare con successo queste condanne e le sentenze le condanne, sotto la pena di 25 libre di denaro dal suo salario; cioè le condanne che potessero essere riscosse legittimamente, comodamente, e debba far dare, far pagare e far pervenire al Banchiere del Comune di Fermo, che sia stato all’ufficio della Tesoreria il denaro riscosso o da riscuotere per le stesse condanne. Questo Tesoriere e il suo Notaio sia obbligato e debba restare il tempo utile nel palazzo del signor Capitano per ricevere il denaro e per pagare e per esercitare il loro ufficio e non altrove, come è obbligato il Tesoriere del Comune ed il suo Notaio. E il detto Capitano o il Giudice di giustizia si obbligato a fare prima le condanne poi le assoluzioni; e quando le condanne vengono cancellate, essi debbano tramite il Notaio del Banchiere di detto officiale, cancellare e scrivere in margine coloro che pagano le condanne, e un ordine simile sia praticato nelle cose già dette, come viene praticato e deve essere praticato dal Banchiere Generale del Comune di Fermo sotto la penalità di 10 libre di denaro per ciascuno e per ciascuna volta.

       5 Rub.37Il beneficio della confessione e della pace.

   Decretiamo e ordiniamo che chiunque sia stato accusato, denunciato, o inquisito di fronte al signor Capitano, al Giudice di giustizia o a un officiale loro o ad uno qualsiasi tra loro, per l’ingresso e il passaggio con bestie o senza, e nella prima comparsa o nella risposta che abbia fatto di fronte a questi stessi o a qualcuno di questi, spontaneamente, sinceramente e semplicemente abbia confessato le cose contenute nell’accusa, nella denuncia, o nella detta indagine, qualora, in realtà, antecedentemente alla lettura della condanna egli abbia avuto la pace da chi ha sofferto il danno ed abbia presentato questo istrumento di fronte a questi stessi nella forma pubblica, una parte della pena originale per il danno dato, di persona, o con animali, sia diminuita nella condanna che deve essere fatta su ciò stesso. Vogliamo tuttavia e dichiariamo espressamente che questo beneficio della pace non abbia vigore, ne sia dato nei casi già detti di danni dati, se non soltanto nella decisione di piante private e di quelli che producono frutti commestibili per gli uomini, e anche nella devastazione di casette e nei danni dati in queste casette dopo devastate. In realtà questo beneficio della pace non sia affatto esteso negli altri danni dati in qualsiasi modo. E il beneficio per il pagamento concesso entro una certa scadenza ai condannati per questi danni dati, non sia affatto esteso.

       5 Rub.38Pena per gli incendiari.

   Dato il fatto che molti enormi danni a causa della immissione del fuoco in qualche campo con paglia o con la stoppia, o in una fratta spessissimo avvengono o sono comparsi nei tempi passati, decretiamo ed ordiniamo che nessuna persona della Città di Fermo o del suo contado e distretto, o di altro luogo, o in alcun tempo osi né presuma, senza il permesso del signor Capitano del popolo o del Giudice di giustizia, che lo fossero nel tempo, immettere del fuoco in qualche campo con la stoppia, o in una fratta, o in un terreno incolto, o in una macchia, o nei manipoli, o in qualunque altro luogo, o modo e forma, sotto pena di condanna con 25 libre di denaro per ognuno e per ciascuna volta; e nondimeno sia obbligato a riparare il danno con il doppio a chi lo ha sofferto. E colui che abbia avuto il permesso del signor Capitano o dal suo Giudice o dal Giudice di giustizia, non sia obbligato affatto a pagare la pena al Comune al minimo, ma vogliamo che sia obbligato soltanto alla riparazione del danno a favore di chi ha sofferto il danno; purché chi chiede il permesso al signor Capitano o al suo Giudice o al Giudice di giustizia in primo luogo e prima di ogni cosa, sia obbligato e debba dare e mostrare ai detti signori Capitano o Giudice idonei fideiussori di non far danno ad alcuno col fuoco già detto, e se abbia fatto un danno, sia obbligato di riparare nel modo già detto.

       5 Rub.39Pena per chi arreca danno alle melarance.

   Decretiamo che coloro che entrano senza permesso dei padroni in un frutteto di melarance custodito, incorrano per il solo ingresso, nella pena di un oro oltre alla pena per il danno arrecato; fatta eccezione tuttavia per i frutteti che sono confinanti col mare con un percorso, talmente angusto che, col mare mosso, non si possa camminare per la spiaggia, o in altra maniera per necessità o a causa della ristrettezza o in altra maniera non si possa transitare, purché non ci sia un danno dato. Inoltre decretiamo e ordiniamo che se qualcuno abbia tagliato la base del fusto o un ramo di qualche pianta di melarance, di limone o del pomo di Ada, o di limoncella, venga condannato per ognuno e per ciascuna volta a 10 scuti. Se in realtà non abbia tagliato, ma abbia spezzato, o fatto un troncone per ciascuna volta e per ogni ramo o troncone venga condannato a due scuti. Se, in realtà, qualcuno abbia arrecato un danno in altra maniera, cioè cogliendo i frutti da questi alberi, o da qualcuno di essi, eccetto il limone, venga condannato a soldi 5 di denaro per ogni melarancia, fino a 10 melarance; e per più di 10 sia punito, per ogni melarancio, con tre soldi di denaro, per ciascuna volta, e per ogni limone con soldi 10 e sia fatta la pace e la confessione nelle dette cose. E in ognuno dei detti casi, sia obbligato e sia condannato nello stesso processo al risarcimento del danno con il doppio a favore di chi ha sofferto il danno; e debba essere fatto l’estimo da due prossimi vicini. E se in qualsiasi dei casi già detti, fatta eccezione per l’accedere, il condannato non abbia pagato al Comune entro un mese, dopo che sia venuto in potere del Comune di Fermo, debba essere frustato nudo attraverso la città; e per le già dette cose, se fatte di notte, le pene per ognuna delle dette pene, siano raddoppiate. E per tutte le dette cose il Podestà della Città di Fermo e i suoi Giudici, e il Giudice dei danni dati, e ogni altro officiale della Città o del contado di Fermo, o di un Castello, ove tali cose fossero fatte, possano e debbano investigare e condannare i delinquenti alle pene già dette, con il vincolo del giuramento e sotto la penalità di 25 libre di denaro da trattenere dal suo salario; tuttavia cosicché coloro che hanno questi pomi o i detti frutti siano obbligati e debbano portarli o farli portare alla Città di Fermo, cioè la terza parte degli stessi frutti e dei detti pomi, e presentarli dinanzi all’officiale delle gabelle della Città, dichiarando e affermando il numero e la quantità dei pomi e dei frutti che concorrono alla terza parte, e farli scrivere all’officiale delle gabelle della riva del mare; e chi abbia  trasgredito, per ciascuna volta quando siano stati richiesti e non abbiano portato, siano condannati a 10 libre di denaro per ciascuna volta. Coloro che in realtà fanno un danno sui frutti dei limoni, siano puniti e condannati a 10 soldi di denaro per ogni limone e per ciascuna volta e al risarcimento col doppio del danno. Aggiungiamo che i cacciatori e uccellatore non possano né abbiano potere di colpire o arrecare danno pregiudizievolmente alle basi dei fusti né ai rami degli alberi detti con qualche genere di bastoni o di canne, o di pietre, con cui possa essere arrecato un danno ai giardini o agli alberi, sotto la pena di 20 bolognini per ognuno e per ciascuna volta e per qualsiasi albero. Se in verità in detti giardini il danno sia stato fatto con animali, il padrone degli animali incorra nella pena di un fiorino per ogni animale e per ciascuna volta. E gli animali trovati possano impunemente essere uccisi, come negli orti, nelle vigne, nei canneti, in un campo di cereali, e oltre alle pene per gli animali, sia punito anche il custode con 25 libre di denaro, se li abbia introdotti intenzionalmente, e queste pene per la notte siano raddoppiate. Se qualcuno in realtà abbia rovinato la siepe o la fratta del giardino, incorra nella pena di dodici libbre.

       5 Rub.40Pena per coloro che si cambiano il nome.

   Se qualcuno che sia stato accusato, denunciato, inquisito, o in altra maniera interrogato dal signor Capitano, dal Giudice di giustizia o dal suo officiale, o richiesto di dichiarare il proprio nome dinanzi a qualcuno di questi stessi, e abbia mutato per sé il suo proprio nome, o del padre, per questo soltanto, sul fatto, senza alcun processo, sia condannato a 100 soldi di denaro e in queste cose abbia efficacia il beneficio della confessione.

       5 Rub.41A tutti sia consentito di propria autorità catturare gli animali trovati a far danno nella sua proprietà, e abbia la quarta parte.

   Decretiamo ed ordiniamo che sia lecito a chiunque, sia al padrone o alla sua servitù, sia ad un lavoratore o ai lavoratori e sia stato lecito prendere di sua autorità un animale o animali il quale o i quali egli abbia trovato mentre procurano un danno nei suoi possedimenti da lui coltivati, purché nella circostanza della cattura abbia la presenza di un testimone, il quale testimoni che l’animale è stato trovato nel fare così un danno, e che era e stava nel possedimento o nella coltivazione di colui che l’ha catturato; purché in quel giorno, in cui l’avesse preso, o nel seguente lo porti e lo conduca e lo presenti davanti all’officiale dei danni dati; altrimenti se non lo presentasse nel detto giorno o nel seguente, dinanzi a questo Giudice, per il fatto stesso, per la sola cattura e ritenzione, incorra nella pena di 25 libre di denaro, nella quale il Giudice dei danni dati, il Podestà, il Capitano o un loro officiale siano obbligati a condannare il tale che così ha cattura o ritiene e che non si è presentato nel detto modo. A nessuno sia consentito resistere contro colui che effettua la cattura e che conduce presso la Curia gli animali predetti in qualsiasi modo, sotto la pena già detta di 25 libre di denaro. E chiunque abbia catturato, durante un danno a lui dato, un qualche animale, di notte o di giorno, senza dover fare alcuna offesa, e l’abbia presentato lo stesso e l’abbia posto sotto il potere di detto Giudice o officiale, abbia la quarta parte della condanna di colui; e questo Giudice e l’officiale siano obbligati di farlo col vincolo del giuramento.

       5 Rub.42Danno fatto con i buoi, e con altri animali, il cui il malfattore non è reperibile.

   Parimenti decretiamo ed ordiniamo che se qualche danno sia stato dato in un possedimento di qualcuno, con buoi o altri animali, eccetto gli ovini, cioè in un campo di cereale, in una vigna o in un canneto e in un cumulo, o in un orto o in un campo di fieno custodito o delimitato e non venissero rintracciati coloro che fanno il danno con i buoi o con gli animali già detti, i bifolchi e i custodi dei buoi e deli animali già detti, che vi stanno al tempo dei danni dati, o che lavorano in quella contrada, ove ci fosse il danno dato, a mezzo miglio dal luogo ove ci fosse il danno dato, siano obbligati a risarcire il danno a colui che lo ha sofferto, e siano condannati, tra <loro> tutti, a 20 soldi di denaro a favore del Comune di Fermo. E il detto statuto non abbia vigore per il cereale e per il fieno dalle calende di agosto fino alle calende di aprile. E questi bifolchi, o custodi si presumano e riconoscano essere quelli che, al tempo di questo danno dato, fossero nella contrada ove questo danno è stato fatto, dove sono soliti, o staranno a fare qualche residenza, o a lavorare; a meno che non abbiano dato prova che nella detta circostanza di questo danno dato siano stati altrove, oltre mezzo miglio. E affinché, in modo chiaro, sia manifesto chi sono i bifolchi, all’inizio dell’officio del Capitano, e entro 5 giorni, dopo l’avviso pubblico da farsi tramite il presente signor Giudice di giustizia, siano obbligati a farsi iscrivere dal Notaio di questo signor Capitano, il quale scriva i loro nomi, e le contrade ove dimorano, e il numero dei buoi, sotto penalità di 50 soldi di denaro per ognuno degli stessi e per ciascuna volta, oltre al risarcimento del danno.

       5 Rub.43Il padrone non possa essere costretto a pagare una condanna fatta ad un servo o da un bifolco.

   Decretiamo ed ordiniamo che il signore o il patrono non possa essere obbligato dall’officiale dei danni dati, né da un altro in alcun tempo, a pagare qualche condanna fatta, o che in futuro venisse fatta riguardante qualche suo servitore, bifolco o inserviente, se non fino alla corrispondente quantità del salario stipendio per questo servitore, bifolco o inserviente. Nel dubbio se debba o no, o quanta somma; ci si attenga e si dia fede al giuramento del signore o del patrono. E questo statuto sia l’ultimo e derogatorio di tutti gli altri che si esprimono al contrario.

       5 Rub.44Parte da dare all’accusatore o denunciatore.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che l’accusatore o il denunciatore sempre, ed in ogni caso, abbia e debba avere la mezza parte della condanna, che venisse fatta dall’officiale nell’occasione dell’accusa o della denuncia fatta da lui, e la parte restante pervenga in Comune. E il Banchiere del Comune sia obbligato a pagare questa mezza parte al signor Capitano, al Giudice, o all’officiale dei danni dati, senza alcuna ricevuta, dopo aver visto la sola condanna.

       5 Rub.45Il Capitano il Giudice dei danni dati e i loro officiali siano obbligati a dare una copia al richiedente dell’accusa, della denuncia o dell’indagine.

   Decretiamo ed ordiniamo che riguardo a tutti i processi da farsi dal signor Capitano, o dal Giudice o dai suoi officiali sui danni dati, ciascuno di essi sia obbligato e debba consegnare una copia dell’accusa, della denuncia, o dell’indagine all’accusato, al denunciato o all’inquisito richiedente, oppure a quel procuratore nominato dall’accusato, dal denunciato o dall’inquisito dopo l’intervento a giustificazione, pena 25 libre di denaro per ognuno e per ciascuna volta, purché tale accusato, denunciato o inquisito, o il suo procuratore o qualsiasi altro per lui non posso opporre alcuna eccezione prima della sua giustificazione o prima della lite contestata, ma tutte le opposizioni siano per il fatto stesso siano riservate nella stessa giustificazione, senza l’intervento di un Giudice. E ciò che è stato detto sopra per i processi dei danni dati, egualmente venga inteso per i processi delle vie, delle strade, dei ponti e delle fontane di questa città.

       5 Rub.46 – I citati che non si presentano nel tempo stabilito.

   Decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno sia stato citato da un Balivo del Comune, personalmente, o nell’abitazione, un giorno per un altro, e non si sia presentato nella scadenza fissata nella citazione, possa essere multato dal Giudice o dai suoi officiali e essere gravato a mettere danari nella cassaforte, come sia sembrato convenire agli stessi officiali o a qualcuno di essi, fino alla somma di 5 soldi o meno, dopo valutata la qualità della persona e del fatto.

       5 Rub.47Gli esili da applicare da parte del signor Capitano e dei suoi Giudici e Officiali dei danni dati.

   Decretiamo ed ordiniamo che il signor Capitano o il suo Giudice o l’officiale sopra i danni dati, chi lo è nel tempo, sopra le vie, i ponti, le fontane, per esercitare il suo officio, possa e debba applicare una penalità per il primo avvertimento di 10 soldi di denaro o meno; per il secondo 20 soldi di denaro, o meno; per il terzo 40 soldi di denaro o meno; purché ognuno di questi avvertimenti sia fatto e debba essere fatto con un intervallo almeno di un giorno, e possa condannare in tal modo colui che disprezza l’avvertimento o il dispregiatore; ed esigere le stesse penalità dai detti o dagli stessi che disprezzano o che abbiano disprezzato gli avvertimenti e farle pervenire in Comune. E contro questi dispregiatori possa procedere con una indagine o in altro modo come a questo Capitano o al Giudice sembrerà conveniente; e i suoi Notai possano ordinare, comandare, o applicare penalità alla metà di dette pene, per esercitare la loro giurisdizione, in assenza del signor Capitano o del Giudice, nel modo e con la forma già dette. Queste metà di tali pene possano essere riscosse liberamente esigendole da questi disprezzatori dei comandi dei detti Notai, o di qualcuno degli stessi, con successo a favore del Comune di Fermo.

       5 Rub.48Gli esiliati della Curia del signor Capitano o del Giudice, da catturare.

   Inoltre decretiamo che sia lecito a chiunque di catturare e costringere un esiliato o gli esiliati della Curia del signor Capitano o del Giudice dei danni dati, o dei suoi officiali e presentarli ai detti signor Capitano o al Giudice o ai suoi officiali. E chiunque abbia presentato tale esiliato o esiliati, come è stato detto, abbia tre soldi per ogni libra della condanna di questo condannato, e ciò venisse e pervenisse in Comune. E il Banchiere del Comune del signor Capitano o del Giudice, a chiunque abbia presentato un esiliato o gli esiliati e i condannati, sia obbligato a pagare, nel modo già detto. E se il detto signor Capitano, o il Giudice non abbia fatto questa esecuzione, siano obbligati a pagare quella somma con il proprio salario.

       5 Rub.49Coloro che di notte sono trovati a far danno dall’Officiale o dai collaboratori del Giudice dei danni dati.

   Decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno sia stato trovato, di notte, dagli officiale o dagli aiutanti del Giudice, a recare danno, personalmente o con animali, in qualche altrui possedimento o in una cosa altrui, e abbia portato armi, per detti danni scoperti a lui, si possa e si debba fare la procedura dal detto signor Giudice o dal Capitano contro lo stesso e lo debba condannare al doppio di quella pena contenuta nello statuto posto nella Rubrica di cui sopra: “che nessuno bifolco possa portare un’arma” e questo sia raddoppiare la pena originale e principale per questo caso. E riguardo al ritrovamento delle armi ci si attenga e venga prestata fede alla relazione dell’officiale o dell’aiutante, o di uno degli stessi, senza alcun’altra prova.

       5 Rub.50Che nessuno porti con animali, o senza, legna, viti, canne, grosse o piccole, ed i danni fatti in recinzioni incustodite.

   Inoltre decretiamo che nessuno della Città di Fermo o del suo distretto o di altro luogo, osi o presuma di portare o di far portare da altrove, in testa, o sulle spalle, con animali o senza, alcuni legnami, le viti, le canne grosse o minute, anziché dai suoi possedimenti, e il trasgressore venga punito, per ciascuna volta con 10 soldi di denaro. E a nessuno inoltre sia lecito portare canne, pali o rami secchi anche dai propri poderi senza il bollettino del Cancelliere con il sigillo del Comune, sotto la pena di un aureo, per ognuno e per ciascuna volta; e chiunque possa accusare e guadagni la quarta parte. E il Giudice o l’officiale dei danni dati sia obbligato e debba investigare e scovare su costoro e condannare i colpevoli e nondimeno i danneggiatori possano essere accusati e denunciati da chiunque. Inoltre decretiamo che chiunque abbia arrecato un danno con buoi o con capre nelle recinzioni incustodite, paghi e sia condannato per ogni bue a 5 soldi di denaro, ed inoltre con altrettanto per ogni capra, e sia prestata fede al giuramento dell’accusatore se abbia detto e abbia giurato che tale danno sia stato fatto.

       5 Rub.51Il Capitano debba inviare uno dei suoi Notai nei Villaggi, nei borghi, e nei paesi e nelle contrade di Fermo per indagare su coloro che fanno danni.

   Decretiamo ed ordiniamo allo scopo che i danni non passino o rimangano impuniti, che il signor Capitano o il Giudice o l’officiale, chi lo sarà nel tempo, sia obbligato e debba, col vincolo del giuramento, e con la penalità di 25 libre di denaro dalla sua paga, per ciascuna volta quando abbia trascurato di praticare le dette cose ed inviare, di continuo di giorno e di notte, uno dei suoi notai e lo stesso Notaio di andare con gli aiutanti degli stessi, o di uno degli stessi, per i quartieri, paesi e le contrade fuori Comune di Fermo da fuori, per ricercare, e investigare o rintracciare coloro che portano danni, personalmente o con animali, nei possedimenti e nei luoghi di altri proibiti dalla forma degli statuti contenuti nel presente volume; e punire quelli trovati i colpevoli alle pene degli statuti inseriti nel presente volume degli statuti; purché tuttavia questo officiale non possa portare via con sé qualche custode delle porte che sta alla custodia delle porte, sotto la pena di 25 libre di denaro per ciascuna volta.

       5 Rub.52Pene da raddoppiarsi per danni fatti di notte.

   Decretiamo ed ordiniamo, affinché i danni arrecati di notte non rimangano impuniti, e poiché per la maggior parte vengono fatti occultamente, che per tutti i singoli danni dati nottetempo o di notte, personalmente o con animali, le pene debbano essere raddoppiate e il signor Capitano e il Giudice o il suo officiale siano obbligati e debbano, in questi danni dati, imporre in ogni tempo una pena doppia e abbia l’obbligo e debba riscuotere con successo, in modo tale che i danni clandestini non restino impuniti.

       5 Rub.53Che il signor Capitano o il Giudice dei danni dati non possa costringere alcuno prima che da lui sia fatta la sentenza di condanna.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che il signor Capitano o il Giudice dei danni dati non possa ne debba costringere qualcuno a pagare o a depositare una certa somma di denaro col pretesto di un qualche processo che venisse fatto dai detti signor Capitano o Giudice di giustizia, in qualche modo o con l’immaginazione di una qualche pena da applicarsi dal Comune di Fermo, se non dopo una sentenza di condanna per essi o per alcuno di essi; salvo nei casi nei quali in mancanza del pagamento di una pena pecuniaria, venisse imposta una pena corporale.

       5 Rub.54Pena per i forestieri che arrecano danno in un possedimento dei Cittadini e degli abitanti nel contado della Città di Fermo.

   Dato che è cosa decorosa e conforme alla ragione che ognuno che abbia fissato un diritto nei confronti di un altro, egli stesso fruisca dello stesso diritto, e spesso capita che le Terre circostanti, che non sono del contado di Fermo, smodatamente puniscono e condannano i Cittadini e gli abitanti del contado che con i loro animali procurano danni nei possedimenti di dette Terre esistenti fuori del contado, come detto, decretiamo ed ordiniamo che ognuno non Cittadino, né del contado che personalmente o con animali arreca un danno nei possedimenti dei Cittadini o degli abitanti del contado o nei possedimenti del Comune,  sostenga quella pena nella Città Fermana e sia condannato con la stessa pena per mezzo del signor Capitano o del Giudice di giustizia e dei danni dati, come sopporterebbero i Cittadini o i comitativi che arrecano danni personalmente o con animali nei possedimenti delle Terre o dei Castelli esistenti nelle Terre fuori dal contado o nei luoghi nei quali venisse fatta la punizione per le dette cose.  E affinché l’officiale dei danni dati sia reso più attendo per scoprire le dette cose, vogliamo che questo officiale per le cose dette sopra contenute in questo statuto, dopo che sono state scoperte da lui, abbia la mezza parte di quella pena che lo stesso officiale abbia fatto pervenire in Comune e che abbia riscosso con successo.

       5 Rub.55Che le condanne non siano cancellate fino a quando non è stato risarcito il signore che ha sofferto il danno.

   Parimenti decretiamo ed ordiniamo che l’officiale dei danni dati o il Banchiere del Comune di Fermo non possa e non debba cancellare o annullare una sentenza né qualche condanna, se prima dal condannato non sia stato risarcito il danno al padrone che ha sofferto il danno, sotto penalità per l’officiale o Banchiere di 10 libre di denaro se abbia trasgredito nelle dette cose.

       5 Rub.56Entro quanto tempo è possibile fare la procedura per i danni dati.

   Stabiliamo ed ordiniamo che per i danni dati personalmente o con animali, in qualunque possedimento, non si possa procedere in alcun modo, in seguito ad una accusa, una denuncia o un’indagine, dopo trascorso un anno dal giorno in cui è stato commesso il danno. E il processo fatto in tal modo, per lo stesso diritto sia nullo per l’autorità del presente statuto.

       5 Rub.57Non si possa, per la cancellazione di sentenze, ricevere alcunché.

   Parimenti decretiamo ed ordiniamo che nessun Notaio, che lo è ora, o che lo sarà nel tempo, all’officio dei danni dati o all’officio della cancellazione delle condanne non possa né debba, per la cancellazione di qualche condanna, prendere una qualche somma di denaro da colui la cui condanna o la sentenza viene cancellata, né da qualche altro per conto di quello, ma sia soddisfatto della sua paga; e se abbia  fatto in maniera diversa, venga punito al tempo del suo sindacato o del suo rendiconto a 10 libre di denaro per ciascuno e per ciascuna volta. E i predetti Notai non possano né debbano cancellare tali condanne dei danni dati, se prima non sia stato risarcito il danno subito, sotto la pena già detta.

       5 Rub.58Il Capitano il Giudice di giustizia non possa sottoporre alcuno alla tortura a causa dei danni dati.

   Decretiamo ed ordiniamo che il signor Capitano, il Giudice di giustizia o qualsiasi altro officiale dei danni dati non possa né debba, per il motivo di qualche danno dato, sottoporre qualcuno alla tortura, né a qualsiasi altro genere di tormenti, senza che sia spinto da un motivo legittimo; né possa trattenere qualcuno a causa di un testimonio circa il danno dato, o per un altro motivo, se non per un solo giorno, se la condanna o la pena ascendesse alla somma di 100 soldi di denari o meno. E se la condanna o la pena ascendesse ad una somma sopra di 100 denari fino a 25 libre di denaro, allora lo possa trattenere per due giorni. E se scendesse sopra detta somma di 25 libre di denaro <=125 libre> lo possa trattenere a suo arbitrio, più o meno, dopo aver considerato la qualità del misfatto e la condizione dei testimoni. E se abbia fatto in maniera diversa, venga punito a 25 libre di denaro. Inoltra non possa incatenare alcuno, né porlo alle catene a causa di un danno dato, o per altro motivo, ma soltanto punire alle pene contenute in questo statuto, sotto la detta pena; a meno che sia per più gravi danni dati, di giorno o di notte, o per la falsità dei testimoni. E in questi casi a lui sia consentito incatenare o porre alle catene come a lui sembrerà convenire. E per i danni più gravi, sia affidato all’arbitrio di costoro Capitano e Giudice.

       5 Rub.59La parte da dare all’Officiale dei danni dati.

   Decretiamo ed ordiniamo che il Capitano o il Giudice di giustizia e dei danni dati abbia e debba avere da tutti i singoli ritrovamenti fatti tramite da loro stessi o da ciascuno di loro, o degli stessi officiali, la quarta parte di quella pena che abbiano fatto pervenire al Comune. Questo statuto non rivendichi per sé vigore nei confronti degli officiali dei Castelli del contado di Fermo; e vogliamo che in nessun modo possono avere alcun che né la quarta parte questi officiali per i ritrovamenti fatti per loro mezzo. Inoltre aggiungendo vogliamo che lo statuto che concede all’officiale dei danni dati una parte dei ritrovamenti fatti da lui, sia inteso che abbia valore quando l’officiale trovasse coloro che fanno danni con animali, o senza, oppure fanno un passaggio o una scorciatoia in flagrante danno o passaggio e in maniera diversa questo statuto non rivendichi per sé alcun vigore. L’officiale del Comune di Fermo che può investigare circa gli ornamenti delle signore, abbia la quarta parte di quella pena che abbia fatto pervenire al Comune a causa degli ornamenti, o di coloro che portano ornamenti o vestiti contro la forma dei nostri statuti, se abbia trovato in fragranza di reato le donne che li portano, altrimenti no. Abbia tuttavia questo officiale la quarta parte di quello che abbia fatto pervenire a Comune, se abbia trovato qualcuno mentre agiva contro la forma dei nostri statuti che parlano del lutto per i morti, o dei banchetti, o dei doni, sia che li abbia trovate in flagrante reato, sia che no, purché per suo dovere e non per una denuncia o per un’accusa di qualcuno, il quale abbi trovato il delinquente e chi non rispetta i detti statuti.

       5 Rub.60Per i danni dati non possa essere concessa la grazia.

   Poiché di giorno in giorno vengono fatti innumerevoli danni, e con la speranza di ottenere la grazia nella Cernita crescono ogni giorno; pertanto, con l’autorità della presente legge, decretiamo che i signori Priori, che lo saranno nel tempo, in nessun modo possano accettare le suppliche dei danni dati, né debbano neppure proporle nelle Cernite e nei Consigli, né farle leggere dal Cancelliere, o da qualunque altro, sotto la pena di 25 libre di denaro per questi signori Priori, per ognuno degli stessi e similmente per il Cancelliere se così accettasse le dette suppliche, e le leggesse nelle Cernite o nei Consigli.

       5 Rub.61I custodi delle porte siano obbligati di andare con l’officiale dei danni dati.

   I custodi delle porte vadano e siano obbligati di andare, di giorno o di notte, ad accompagnare gli officiali dei danni dati, allo scopo che i reperimenti non siano trattenuti, ostacolati, o falsati e i signori Priori ed i Regolatori li possano condurre con loro, con una paga di 50 bolognini, per ogni mese e per ogni custode o portinaio, e quelli abbiano i registri di minute ove facciano scrivere i reperimenti di questi danni dati.

       5 Rub.62Pene per coloro che prendono i colombi nelle colombaie.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessuno presuma di tentare, o preparare o inserire qualche atto astuto, artificio, o ingegnosità con cui possa catturare qualche colombo nella colombaia; il trasgressore venga punito con 25 scuti per ciascuna volta. Se in realtà con questo atto astuto, con un artificio, o con ingegnosità abbia preso colombi, uno o più, incorra nella pena di 40 scuti. Se in realtà, qualcuno abbia preso qualche colombo o colombe, con la balestra, con l’arco, con un archibugio, o in qualunque altro modo, venga punito con la medesima pena per ogni colombo e per ciascuna volta. Se contro detti piccioni abbia tirato con una balestra, un arco, una cerbottana, con l’archibugio o con le mani o con qualsiasi altro attrezzo, in ogni luogo, anche se non abbia colpito, incorra nella stessa pena per ciascuna volta. E nei predetti casi a chiunque sia consentito accusare con un testimonio, e l’accusatore sia tenuto segreto, e costui guadagni la quarta parte della pena; e similmente l’officiale che fa l’esecuzione abbia la quarta parte di questa pena; il residuo poi pervenga al Comune, sul fatto, senza alcun indugio. Sia tuttavia consentito a tutti i singoli di catturare colombi selvatici o farli catturare nelle strade o nelle selve della Città di Fermo e anche del contado, e ivi preparare o far preparare e adattare le astuzie, gli artifici, o le ingegnosità, ottenendo prima il permesso dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere di giustizia di questa Città riguardo agli strumenti e alle cose da usare nelle dette strade e nelle selve della Città e dei Castelli del contado, che non hanno i vicari o il Podestà; nelle strade e nelle selve dei Castelli del contado che hanno il Podestà o i Rettori, dopo avuto ed ottenuto il permesso da costoro, Podestà e Vicario o da uno di essi. E i trasgressori che non hanno ottenuto questo permesso debbano essere puniti con le pene predette. E affinché si abbia una abbondanza e una fecondità di piccioni nella Città di Fermo, vogliamo che tutti e singoli coloro che fanno o che fanno fare qualche piccionaia adatta a tenere colombi, nel territorio della Città di Fermo fuori dalla Porta di detta Città, abbia e debba avere dal Comune di Fermo 25 libre di denaro dai beni di questo Comune.

       5 Rub.63Pena per coloro che prendono o uccidono i pesci nella fontana o nella pescheria.

   Decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno abbia prosciugato in tutto o in parte una fontana o una qualche piscina dove ci saranno pesci e in queste abbia gettato alcune cose nocive ai pesci con lo scopo di ucciderli o di prenderli, incorra nella pena di 100 scuti e di tre colpi di fune. Se in realtà in esse abbia immesso o gettato reti, o nasse o ami o qualsiasi altro arnese o artificio con i quali potessero prendere i pesci, incorra nella pena di 50 scuti. E queste pene, sul fatto e senza alcun processo siano riscosse, e assegnate al Comune di Fermo. E nondimeno il malfattore già detto sia obbligato al doppio a favore del padrone di detta fonte o piscina per il danno dato in questa fonte, nella piscina ed ai pesci. E riguardo a tutte le dette cose, e per ciascuna delle dette si abbia e sia considerato e sia legittimo l’accusatore e denunciatore, e sia tenuto segreto, e guadagni la quarta parte della pena, e l’altra quarta parte sia e debba essere dell’officiale che fa l’esecuzione di essa; si presti fede alla parola dell’accusatore con la parola di un testimonio con giuramento.

       5 Rub.64Pena per coloro che catturano o distruggono uno sciame di api.

   Decretiamo vogliamo che se qualcuno catturasse uno sciame di api, che stesse chiuso in qualche cavità o in un albero, o lo danneggiasse, o da quello estraesse miele, contro la volontà del padrone della cavità o dell’albero, incorra nella pena di 100 libre di denaro e nondimeno sia obbligato a risarcire al doppio il danno a colui che ha sopportato il danno nelle dette cose. E qualora non abbia pagato la pena entro 10 giorni, dal giorno in cui sia stato condannato, sia frustato nei luoghi pubblici e consueti della Città, come un furfante o un ladrone. E a costui giovi il beneficio della confessione e della pace solamente in ciò.

       5 Rub.65Nei casi in cui sia ammesso l’accusatore, negli stessi sia ammesso il denunciatore.

   Decretiamo ed ordiniamo che in qualsivoglia caso nel quale viene ammesso un accusatore per accusare dinanzi al Giudice per i danni dati, sia ammesso un denunciatore che in qualsiasi modo faccia una denuncia; e quel guadagno che l’accusatore consegue per qualche accusa, venga ottenuta dal denunciatore per qualunque denuncia fatta; nonostante alcuni statuti o ordinamenti che parlino al contrario. E il presente statuto sia rigoroso e costituisca una deroga.

       5 Rub.66I Sindaci dei Castelli e delle Ville della Città di Fermo, ai quali spetta, debbano prendere la copia di tutti i detti statuti contenuti nel presente volume.

   Decretiamo ed ordiniamo che tutti i Sindaci dei Castelli e delle Ville del distretto di Fermo, ai quali compete, siano obbligati e debbano prendere e far prendere la copia di questi statuti, contenuti nel presente volume, e degli ordinamenti dei danni dati e farli leggere nei loro Castelli e nelle Ville, cioè nel Parlamento pubblico; a questo scopo, affinché nessuno procuri o faccia procurare un danno personalmente o con animali nelle terre di altri, o nei possedimenti, col pretesto di qualche ignoranza dei detti <statuti>. I Sindaci siano obbligati a ricevere questa copia dei detti statuti, e debbano, entro il mese prossimo successivo, da calcolarsi dal giorno della pubblicazione dei presenti, sotto pena di 100 soldi di denaro per ogni Sindaco, e per ciascuna volta quando abbia trasgredito nelle dette cose.

                                                    INCOMINCIANO LE COSE STRAORDINARIE

       5 Rub.67I giorni festivi da celebrare nella Città e nel distretto di Fermo.

   A lode e riverenza dell’onnipotente Dio e della Beata Vergine Maria, e di tutti i Santi, affinché con le loro intercessione il Comune di Fermo sia governato in un buono, prospero e felice stato popolare, decretiamo che nessun cittadino o abitante di Fermo, o del suo distretto, faccia qualche attività servile o un lavoriero in queste festività: cioè della Natività del Signore nostro Gesù Cristo, di santo Stefano protomartire, San Giovanni Evangelista, Epifania del Signore, giorno del Venerdì Santo, giorno della Pasqua di resurrezione con due giorni seguenti, giorno della festa del Santissimo Corpo del Signore Gesù Cristo, giorno dell’Ascensione del Signore, tutte le festività della beata Maria Vergine, sotto il cui nome glorioso proclamato la Città Fermana sia governata, <nelle festività> di tutti i beati Apostoli, beato Lorenzo martire, beato Savino, il corpo del quale riposa in questa città, santa Croce, beato Giovanni Battista, san Michele Arcangelo, beato Nicola, beato Francesco, beato Domenico confessore, beato Agostino, beato Martino, san Zenone, san Gregorio Papa, san Vigo, beata Caterina vergine, nei giorni di tutte le Domeniche: in questi giorni di Domenica inoltre nessuno Notaio possa fare un contratto né alcuna scrittura pertinente all’ufficio notarile, sotto la pena di 100 soldi da esigersi sul fatto da ogni trasgressore e per ciascuna volta, tanto dal Notaio, quanto dai contraenti. E nondimeno i detti contratti e le scritture siano inefficaci o di nessuna validità. Salvo per i testamenti, per i matrimoni, per le riappacificazioni, le fideiussioni sul non offendere, i codicilli, o per qualsiasi altra ultima volontà, in cui sia consentito ai notai il rogito o redigere senza pena queste scritture. E a chiunque sia consentito di accusare i Notai, o coloro che fanno contratti non osservando le dette cose, e l’accusatore sia tenuto segreto e abbia la terza parte della pena. Ci si astenga da ogni attività servile, siano custoditi, siano venerati i giorni di S. Lucia vergine, della festività della basilica del Santo Salvatore in modo speciale. Nel giorno secondo di giugno nel quale fu estirpato il crudelissimo tiranno e il dragone Rinaldo da Monteverde con i suoi figli e seguaci, e nello stesso giorno i negozi non siano aperti in alcun modo o per una ingegnosità se i signori Priori e il Gonfaloniere di giustizia della Città ritengono opportuno che detto giorno sia solennizzato. E sopra queste cose, e circa tutte le dette cose il Notaio del signor Capitano, o del Giudice di giustizia, in tutti i giorni di Domenica debbano investigare per le piazze e le porte di Fermo e se abbia trovato qualcuno colpevole o che in altro modo ne abbiano conoscenza, puniscano o condannino a 10 soldi di denari sul fatto stesso, e si presti fede alla relazione dello stesso Notaio quando abbia riferito di aver trovato qualcuno e di aver trasgredito sulle dette cose. Si fa salvo che sia consentito a chiunque che vuole portare frutti, erbe, paglie, o di tirar fuori le granaglie dalle fosse con gli uomini e con gli animali i cereali, e per il motivo di mangiare e di bere acqua, e di portare la farina dai mulini: sia consentito a chiunque. E salvo che capitasse qualche necessità a qualcuno, o volesse diminuire il proprio sangue. E si fa salvo che per la furia del tempo, della pioggia, o della piena del fiume, sia consentito a chi abbia qualche cereale nell’aia, o il lino nel fiume, o la paglia nel campo, o qualcosa di simile a causa di detta furia o dei danni della pioggia, o a motivo di evitare la piena che trabocca; e chi abbia trasgredito venga punito, come è stato detto e inoltre sia condannato per ciascuna volta. E il signor Capitano il Giudice di giustizia sia obbligato e debba farlo scrivere questo statuto ed ogni sua parte nelle lettere da scrivere, da spedire da parte sua in tutti i Castelli e nelle Ville del distretto di Fermo, all’inizio del suo governo affinché pratichino questo capitolo scrupolosamente e lo facciano praticare inviolabilmente. E qualora questo signor Capitano o il Giudice di giustizia siano stati negligenti, perdano dal loro salario 50 libre di denaro. E parimenti i magazzinieri o i negozianti nei detti giorni possano impunemente vendere e dare a coloro che lo vogliono il pepe e tutte le cose commestibili; ed inoltre a tutti sia consentito portare a tutti l’olio e altri frutti commestibili per gli uomini, portandoli con i loro animali con il basto, o a salme e vendere impunemente le dette cose nelle piazze o in altri luoghi della città. Tuttavia qualche rivenditore non possa acquistare i detti frutti o olio, né farli acquistare da qualcuno con lo scopo di rivenderli, sotto l’impulso di un particolare pretesto, sotto la pena di 20 soldi per ognuno e per ciascuna volta da riscuotere sul fatto ad opera dell’officiale, il quale sia venuto a sapere per la sua scoperta o per qualche denuncia o per un’accusa. I barbieri possano agire e vedere nei negozi, a causa della necessità di diminuire il sangue <salasso> o per altre cose di tale natura per gli ammalati, soltanto all’interno della porta del negozio; purché queste eccezioni non abbiano validità né rivendichino per sé validità nei giorni domenicali, nei giorni della Natività del Signore, nella Pasqua di resurrezione, e a Pentecoste, o nei giorni festivi della beata Maria Vergine, ma siano preservati da ogni lavoro o occupazione e siano venerati. E non possa alcuno nei giorni di domenica, o pasquali, o nelle festività della beata Maria Vergine, mettere la sella o il basto ad un somaro né portare qualche ‘salma’ <carico> con animali, a meno che non sia per portare il corredo della moglie, che va dal marito. Contro ogni trasgressore la pena di 20 soldi di denaro senza alcuna remissione per ciascuna volta e per ogni trasgressore tanto Cittadino quanto forestiero. Vogliamo inoltre che se qualcuna delle dette festività capitasse nel giorno di sabato nel quale viene fatto il mercato di questa Città, allora si possano tenere i negozi aperti e questi negozianti e tutte le persone possano vendere impunemente qualsiasi ed ogni cosa, purché in detti negozi non venga fatto alcun lavoro manuale, se non la sola vendita delle cose e il loro acquisto, come è consuetudine nei giorni di mercato. Aggiungiamo alle dette cose che sia lecito a tutti coloro che vogliono andare per qualche indulgenza e poi ritornare possano impunemente condurre le bestie con il basto e con le ‘salme’ <carichi>.  E sia lecito ai tintori dei panni di lana, quando avessero il tino preparato per tingere e i panni nei tiratoi per essere tirati <allargati> e per toglierli dai detti tiratoi. Sia lecito, infine, fare tutte quelle cose che non facendole producessero qualche danno alla loro attività lavorativa. E similmente sia consentito a coloro che vogliono fuggire a causa della peste, di andare impunemente, e portare gli animali con il basto e con le some; ed egualmente ai mulattieri o agli altri forestieri che vengono da luoghi distanti della Città di Fermo per 40 miglia; e similmente ai mugnai e a coloro che vengono da luoghi che distano quaranta miglia dalla Città di Fermo, anche per quelli che vengono per le fiere, e sia lecito a coloro che fanno lavori, e ai loro servitori di mettere i basti per trasportare il vitto, cioè pane, vino e cose simili per i propri coloni e agricoltori, e sia lecito fare impunemente tutte le cose necessarie a vantaggio degli infermi e malati. Ciò nonostante alcuna cosa in contrasto. E i signori Priori non possano in alcun modo concedere il permesso nelle e sulle cose proibite sopra.

       5 Rub.68Libertà per coloro che vengono in piazza, sia al mercato.

   Nessuno che viene al mercato o alla fiera nella Città di Fermo, sia Cittadino sia abitante del contado o forestiero, possa essere preso o trattenuto, in qualsiasi modo, per debiti civili né per pagamenti dei cavalli, né per debiti civili delle loro Comunità.

       5 Rub.69Pena per coloro che esportano cibarie dalla Città e Distretto.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessuna persona osi né presuma di portare o far portare, grano, orzo, spelta, fave, ceci, carni vive o morte, fresche o salate, né alcun altro genere di cibarie, attraverso il mare o la terra, dalla Città o dal distretto di Fermo, con o senza un animale, allo scopo di esportarli dal distretto della Città di Fermo. E chi abbia trasgredito sia punito senza alcuna remissione a 100 libre di denaro, e nondimeno per il fatto stesso perda gli animali e le cibarie che abbia portato. Tre parti delle cose sequestrate, trovate o denunciate da qualcuno, se sarà provato, siano per il Comune e l’altra parte per il denunciatore o per lo scopritore o per chi sequestra, anche se lo scopritore sia stato un officiale del Comune. E chi porta, o fa portare in tale maniera, si intenda con lo scopo di esportare, anche quando sia stato trovato in cammino vicino o verso i termini o i confini del distretto di Fermo, purché non vada ad un mulino del distretto; e si intenda che ha l’intenzione di esportare chi andasse verso un mulino e superasse i confini del molino o chi non andasse per la giusta via verso un mulino. E si intenda che esporta, chi sia stato trovato condurre o portare qualche genere di cibarie entro i confini del distretto del contado di Fermo vicino agli stessi confini per un quarto miglio. È in ciascuno dei detti casi, il Podestà e il Capitano abbiano arbitrio di punire e condannare quelli trovati colpevoli, dopo aver esaminata la qualità del reato e delle persone, ad una pena minore o maggiore, sul fatto, in modo sommario, come a lui sembrerà convenire o piacerà. Salvo che se qualcuno portasse queste cibarie verso i Castelli del contado di Fermo dalla stessa Città o da un Castello ad un altro Castello per il motivo di suo proprio uso, con una ricevuta fatta dagli addetti alla ‘Grascia’ <vitto> del Comune di Fermo, non sia sottoposto minimamente ad una alcuna pena. Inoltre a nessuno sia lecito vendere il grano, l’orzo, o la spelta, né alcun altro genere di cibarie a qualche forestiero non sottomesso alla giurisdizione del Comune di Fermo, senza un esplicito permesso dei signori Priori della Città di Fermo, o anche dei ‘Grascieri’ di questa Città per il motivo di esportare fuori dal contado di Fermo o dal suo distretto, sotto pena di 100 libre di denaro, e <a penalità> maggiore o minore, ad arbitrio di questo Podestà o del Capitano che avesse conoscenza di queste cose. Aggiungendo diciamo che nessuno possa esportare dalla Città e dal contado e suo distretto, come sopra, né possa trasportare, condurre ad un altro mercato; o far portare formaggio, uova, polli, capretti, agnelli, maialini e tutti i volatili, e i legumi e tutti gli altri frutti commestibili per le persone umane, sotto le dette pene, come avessero esportato cibarie. Eccetto tuttavia che tutte queste cose possono essere esportate, senza penalità, per via mare, e alle fiere fuori distretto. Inoltre aggiungiamo che nessuno, di qualunque condizione sia, osi o presuma di poter esportare o di far esportare dalla Città, dal contado o dalle Terre riassegnate a questa Città, alcun genere di frumento o di altri cereali, allo scopo di portarli fuori dal territorio e dal controllo di forza della Città di Fermo, senza il permesso e il bollettino dei signori Priori e del Vessillifero di giustizia e del Podestà e per mano di uno dei Cancellieri di questa Città, e dopo che precedentemente abbia avuto una delibera solenne della Cernita, sotto la pena espressa e dichiarata negli statuti della Città di Fermo, nonostante qualsiasi ordinamento e delibera che applichino una pena minore; e di tale pena la quarta parte sia e debba essere per il Rettore o per l’officiale che ha comminato la pena, un’altra quarta parte sia per il denunciatore o accusatore; le due restanti parti pervengano al Comune di Fermo. E a chiunque sia lecito di accusare o di denunciare i frodatori e costui sia tenuto segreto. A questo denunciatore o accusatore sia prestata fede, dopo esaminata la qualità e la condizione della persona del detto denunciatore o accusatore. Se in realtà l’officiale della Città, o del contado, o delle Terre riportate alla sottomissione trovasse qualcuno che froda un incapace, e che esporta, come detto sopra, in fragrante reato, abbia e guadagni mezza parte della detta pena. E se chi commette una frode non abbia pagato la pena entro 10 giorni dal giorno della confessione, o dopo sia stato comprovato, sia frustato nudo attraverso la Città Fermana e i luoghi pubblici della Città; e nondimeno sia obbligato a pagare la penalità e per la pena già detta sia stata messo nelle carceri. Se in realtà un inserviente di qualcuno sarà stato trovato a fare una frode al detto incapace, o sarà stato denunciato o comprovato, come sopra, se questo inserviente si sia potuto catturare, immediatamente, sia frustato come sopra, e il padrone sia obbligato a pagare la detta pena pecuniaria con denaro suo proprio. E nelle dette cose gli officiali possano fare la procedura contro costoro con metodo di investigazione d’ufficio, di una denuncia o accusa, e punire e condannare i colpevoli scoperti sul fatto, in modo sommario, semplice, e calmo, omettendo ogni formalità, e solennità dei processi, soltanto dopo aver trovato la verità del fatto. In realtà l’officiale che fa l’indagine per competenza di ufficio debba avere la quarta parte della pena che abbia fatto pervenire al Comune, e tre parti vengano al Comune. E nessuno dai Castelli del contado e dalle Terre riassegnate possa andare ai mulini per macinare il frumento o altro cereale, senza la bolla del detto officiale; e se abbia trasgredito deve perdere l’asino e la salma <carico>, o un altro animale sopra cui abbia trasportato; e oltre a ciò sia obbligato a pagare a titolo di pena 10 libre di denaro. L’officiale delle Terre, o dei Castelli, dopo il ritorno dal molino debba riprendere e riportare il detto bollettino e trattenerlo presso di sé. Inoltre a nessuno sia lecito portare alcun genere di cereali da un Castello ad un altro senza il bollettino dei signori Priori, come sopra, e scritto e sottoscritto come sopra, sotto la già detta pena degli statuti contro coloro che fanno esportazioni fuori dal territorio di Fermo. E in questo caso non sia richiesta una delibera della Cernita, come sopra; e l’officiale abbia la parte in tutti i casi già detti, come sopra. Se in verità fosse vacante l’officio del Podestà o del Capitano del popolo, sia sufficiente il bollettino di quell’officiale che sarà in Città, con una bolla dei signori Priori e del Vessillifero di giustizia, come sopra. E queste cose rivendichino per sé valore per le cose passate, presenti e future e soprattutto per quelle compiute da sei mesi in qua. E i signori Priori e il Vessillifero di giustizia, quelli che lo sono ora, o <quelli> che lo saranno nel tempo, non possano trasgredire tali cose, né condonare in tutto o in parte le pene, né fare proposte nelle Cernita o nei Consigli affinché le dette pene siano condonate in tutto o in parte, né alcuno possa dare consiglio, né fare un’arringa, né il Cancelliere possa scrivere, sotto pena di 50 ducati d’oro per ogni trasgressore e per ciascuna volta. Inoltre vogliamo che i signori Priori, quelli che lo sono ora o <quelli> che lo saranno nel tempo, in ogni singolo anno debbano eleggere 10 Cittadini con pieno arbitrio; e questi eletti abbiano il potere, l’autorità, e il potere di far condurre grano o altre cibarie nella Città dai Castelli del contado, o da altri luoghi, come a loro sembrerà opportuno e piacerà stabilire nella vendita del frumento o dei cereali, e comandare ai Castelli affinché portino nella nostra Città e di fare tutte le cose, e di imporre pene come e secondo tutto il consiglio della Città Fermana. E gli officiali della Città siano obbligati a praticare gli ordini impartiti da questi stessi, e a riscuotere le pene, sotto la penalità di 100 libre di denaro da prelevare a questi nel tempo del sindacato, a ciascuno e per qualsiasi volta quando da essi o da qualcuno di essi sia stata fatta una trasgressione.

       5 Rub.70I pedaggi che non vanno riscossi.

   Inoltre nessun <Cittadino> privato, Castello, o Comunità del distretto di Fermo osi riscuotere qualche dogana, pedaggio o dazio da alcuni che transitano in qualunque luogo, e specialmente attraversando la riviera del mare, dal Tronto fino al Porto di San Giorgio; e se qualcuno abbia trasgredito, ad arbitrio del Capitano, venga punito come furfante e ladrone, a meno che non abbia avuto una commissione dal Comune di Fermo.

       5 Rub.71Nessuno da un Castello della riviera vada ad abitare altrove.

   Inoltre decretiamo che nessun che è abitante di Fermo, ora o in futuro, e verrà ad abitare nei Castelli della riviera, cioè al Porto di San Giorgio, o nel Castello di Torre di Palme, di Boccabianca, di Sant’Andrea di Grottammare e di San Benedetto, osi o presuma di andare ad abitare da una ad un altro castello; e se qualcuno abbia trasgredito, per qualsiasi volta sia punito a 25 libre di denaro; e tale Castello che accoglie tale uomo sia condannato a 50 libre di denaro: e nondimeno il tale sia costretto a tornare alla abitazione di prima; salvo che presso il detto Castello di San Benedetto sia lecito andare ad abitare a chi vuole, da qualsiasi luogo. E il Capitano abbia l’obbligo di notificare le dette cose ai detti Castelli, affinché osservino tutte le cose che contenute in questo capitolo. E chiunque sarà andato ad abitare presso il detto Castello di San Benedetto abbia la franchigia di non pagare il dazio fino a 10 anni e quelli saranno per venire siano considerati Cittadini <Fermani>.

       5 Rub.72Divieto del sale.

   Se qualcuno sia stato di tanta temerità che nella Città o nel contado di Fermo, senza il permesso del consiglio di questa Città, abbia recato, ovvero importato, o abbia fatto recare o importare da qualunque Terra, da qualunque luogo, da fuori del distretto di Fermo, una qualche quantità di sale, piccola, o modica, o grande, in qualunque modo, o, consapevolmente, abbia sia stato ricettore di quello così portato, o abbia fatto prendere dai ricettatori o abbia fatto comprare il sale o ne abbia fatto uso per sé, o per la sua famiglia, o lo abbia fatto usare, o per un qualche nome, modo, ragione, o aspetto, o causa l’abbia preso o ricevuto o l’abbia fatto prendere, o l’abbia fatto prendere , se non soltanto quello o da quello che viene venduto nella Città di Fermo o ad opera dello stesso Comune di questa Città, pubblicamente, o palesemente, di qualunque condizione sia tale temerario, sia punito con 50 libre di denaro o di più ad arbitrio del Rettore della Città di Fermo, in maniera reale e personale, sul fatto e senza alcun processo, per mezzo del Capitano o del Rettore, e il sale con gli animali e con le cose con cui il detto sale fosse recato in contrasto con il divieto del siffatto statuto, si intenda, per ciò stesso confiscato. E sulle dette cose si possa fare indagine e investigare ad opera di qualunque Rettore della Città di Fermo; e inoltre ognuno sia considerato come legittimo accusatore e denunciatore, e sia tenuto segreto sulle dette cose. E chi fosse trovato a importare il detto sale, possa essere preso da chiunque insieme con gli animali addetti al trasporto, e sia condotto al Rettore della Città di Fermo. E alle condanne fatte su tali cose non si possa porre appello, né querela, né ricorso o parlare, obiettare di nullità, né fare opposizione. E il Rettore, o qualche officiale fra costoro che abbiano fatto o sentenziato, in occasione delle dette cose, o di qualcuna fra esse, non possa in qualsiasi maniera essere sindacato sindacare, se non soltanto per un furto o un baratto commessi nelle dette cose, o in qualcuna di esse. E sulle condanne che avvenissero e sulle penalità che fossero pagate per le dette cose, o a occasione di esse, ogni denunciatore, relatore o scopritore abbia la quarta parte. I Rettori, in realtà, o gli officiali che abbiano scoperto anche personalmente le cose già dette, i trasgressori sulle dette cose o su qualcosa di esse, abbiano la quarta parte di quello che abbiano fatto giungere al Comune, e le restanti tre parti rimangano al Comune. Tanto gli scopritori, i relatori e i denunciatori, quanto pure i Rettori e gli officiali debbano avere questa quarta parte delle penalità <multe> che abbiano fatto pervenire in Comune, per i loro personali i ritrovamenti.

       5 Rub.73Vesti ed ornamenti delle donne.

   Come la vite che si allarga troppo in ogni parte deve essere confinata <potata> con il falcetto dell’esperto agricoltore, affinché si avanzi nel fruttare, così la vanità delle mogli, e il lusso, i quali non hanno moderazione nelle vesti, nell’oro e negli ornamenti, sono da reprimere con inviolabilissime leggi, in modo che le donne mantengano l’onorabilità e non riducano i mariti in miseria. Pertanto con questa perpetua legge facciamo una sanzione a che, in futuro, nessuna donna possa né debba esser vestito, né vestirsi con vesti di velluto, di broccato aureo o argenteo, né di seta; ma possano portare nelle maniche dei vestiti, soltanto, le due braccia al massimo tra i detti <vestiti> di velluto, broccato, o seta, ed altre due braccia in altri ornamenti, oltre alle maniche, e non oltre, sotto la pena di 10 ducati d’oro per qualsivoglia moglie e per ciascuna volta dalle doti delle mogli che li portano <nelle vesti>. E sul fatto, i mariti delle stesse possano essere costretti e vincolati a pagare questa pena. E gli officiali scopritori e gli esecutori con successo, abbiano una quarta parte delle dette penalità, e abbiano una quarta parte gli accusatori i quali debbono essere tenuti segreti; in queste accuse anche gli officiali esecutori abbiano una quarta parte, e in realtà il residuo di questa penalità sia del Comune di Fermo.

       5 Rub.74 I donativi.

   Dato il fatto che interessa alla Repubbliche avere Cittadini e abitanti facoltosi, decretiamo ed ordiniamo che nessuna persona della Città di Fermo o del contado osi, o presuma ad opera sua, o tramite altri con una schiera cercata, donare o far donare borse di seta, o di qualsiasi altro genere, o donare il denaro, o la cintura d’oro, o d’argento, il <tessuto> filato, le perle, o alcune altre cose, o qualche offerta di alcune cose, eccettuati i frutti, o i pomi <mele, pere> degli alberi, neppure ornamenti di qualsivoglia altro genere alla moglie sposata o a suo marito, o a qualcuno che li riceve a nome direttamente di questi stessi, o a nome di chiunque altro, o indirettamente o per qualche altra schiera richiesta per quel giorno nel quale il marito porta la moglie a abitazione sua, o qualcuno alla abitazione della moglie; o in un altro giorno nel quale le dette cose venissero fatte da costoro che ricevono i detti onori o qualcuno di questi stessi, o prima o dopo l’occasione già detta, sotto la pena di 5 libre di denaro, e ogni trasgressore debba essere condannato a questa pena, sia colui che fa il dono sia colui che lo riceve. E il Podestà e ogni altro officiale del Comune di Fermo, cioè chi per primo sia arrivato alla procedura per inquisire, sia obbligato e debba fare indagini contro i delinquenti, per <dovere> d’officio di questi stessi o di chiunque degli stessi, sia per una denuncia, e in seguito a denunce di qualunque informatore, e punire, e condannare quelli scoperti colpevoli, ed eseguire con successo le pene contro di questi. E il trasgressore nelle dette cose possa essere accusato e denunciato da chiunque e l’accusatore o il denunciatore abbia la quarta parte della penalità. E immediatamente, quando questa pena sia stata inflitta, i predetti officiali, o uno di questi stessi sia obbligato ad esigere questa pena sul fatto, senza chiasso, né parvenza di sentenza, neppure condanna alcuna, senza che nessun trasgressore e delinquente nelle dette cose goda del beneficio della pace

       5 Rub.75Il modo e il comportamento da praticare per le condoglianze dei morti.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessuna moglie debba uscire fuori da una abitazione, o stare o sostare avanti o vicino ad una abitazione, nella quale sia stato un corpo umano morto, o dalla quale il detto corpo debba essere portato via per la sepoltura, o nella quale in qualunque modo si faccia il lutto, non esclamando, o facendo qualche segno di tristezza battendo le mani, o tenendo la testa scoperta a causa del lutto; né alcuna moglie debba vestirsi di panni vedovili, o di vesti fuori dalla detta abitazione, né comparire altrove fuori da questa abitazione, al cospetto delle genti in tempo di lutto; ma per opera di donne debba vestirsi dentro la detta abitazione, e non da uomini, sotto la pena di 5 libre di denaro per ciascuna e per qualsiasi volta. E nessuna moglie, per il motivo di fare lutto, debba entrare dietro al cadavere nella Chiesa ove sarà da seppellire il corpo, oppure per tale motivo <andare> in altro luogo, o per altro motivo di lutto, sotto la detta pena. E dopo che il corpo sia stato portato a seppellire, o quando sia capitato che qualcuno muoia fuori Città, e sia sepolto, dopo fatti il lutto o la tristezza, nell’abitazione, nessuna donna presuma di tornare poi all’abitazione del lutto, per il motivo di compiangere quel corpo con l’occasione della tristezza, fatta eccezione per le mogli appartenenti a un grado di consanguineità o di affinità fino al terzo grado da calcolarsi secondo il diritto canonico; fatta eccezione anche per le donne vicine e prossime all’intorno per cinque abitazioni circa. E, in realtà, se qualcuna poi abbia fatto il contrario in qualcuna di quanto detto sopra o in seguito, venga punita con 100 soldi di denari, e al pagamento di tale pena possa essere costretto il marito per la moglie. E il marito, o il suo erede possa prelevarlo dalla dote di sua moglie nel tempo del matrimonio sciolto o dalla dote da restituire; e nondimeno se la donna sia uscita fuori dall’abitazione, o sia ritornata nella abitazione in contrasto alla forma di questo statuto, venga punita a 5 libre di denaro per qualsiasi volta. Fatto salvo e riservato che non siano punite con penalità quando qualche Religioso o Religiosa in qualche Monastero della Città morisse, le donne possono accedere a questo Monastero a motivo del lutto: purché nell’andare, nel sostare e nel tornare procedano con decoro e in silenzio e con un mantello. E nessun uomo, a motivo del fare lutto, entri nella detta casa, nel tempo del lutto, nella quale lo si facesse, sotto la detta pena. Fatto salvo che otto uomini, al massimo, possano entrare allora nella detta abitazione per portare a seppellire il corpo o per portare il corpo fuori da tale abitazione. Sopra queste cose il Podestà e il Giudice anzidetti abbiano potere di indagare e di fare la procedura e di punire; e siano obbligati a indagare con omettere ogni solennità e ordine della legge, sotto la penalità di 25 libre di denaro da pagarsi con il loro salario. Inoltre che nessun uomo o donna in occasione di un lutto o di qualche tristezza possa né debba vestirsi di nero, o di un altro colore, o con una veste che indichi tristezza, neppure lacerare i vestiti in qualche parte, né portare vesti lacerate o scucite, sotto la pena di 5 libre di denaro per ciascuno. Fatto salvo, secondo la consuetudine osservata fino a questo momento, che la moglie per il marito, il figlio o la figlia per il padre, il fratello per la sorella carnale e viceversa e il nipote carnale di qualunque sesso, e gli zii paterni, gli zii egli zii materni per i nipoti, possano portare panni e vesti di qualsiasi qualità anche indicanti tristezza, lacerate o scucite. E questa moglie, fino ad un anno da computarsi dalla morte di suo marito, possa portare una veste lacerata. In realtà le altre persone e gli anzidetti consanguinei eccettuati, come detto sopra, fino ad un mese soltanto non oltre, e dopo trascorse le dette scadenze possano portare tali vesti intessute e cucite fino ad un anno soltanto. Né qualcuno o qualcuna possa, né debba mandare alcun dono, né farlo mandare presso la abitazione dalla quale sia stato portato fuori un cadavere, o nella quale il lutto o la tristezza siano stati del giorno della morte, della tristezza ossia di lutto, e nei tre giorni seguenti, sotto la detta pena. Si fa eccezione per i consanguinei fino al terzo grado, da computarsi secondo il diritto Canonico, e per i vicini fino a tre abitazioni dall’una e dall’altra parte della abitazione. Inoltre decretiamo ed ordiniamo che con eccezioni per i corpi delle persone miserabili e dei poveri, che in beni non abbiano 100 libre, o quelli che a causa della povertà non possano fare la cassa e eccettuati gli uomini delle Fraternite che sono soliti flagellarsi, i quali possano essere sepolti con un sacco secondo la loro consuetudine, ed eccettuati i corpi dei Soldati, i quali possano essere sepolti a piacere di loro volontà, e non siano obbligati in alcunché dal presente statuto, ma siano considerati eccettuati totalmente; tutti gli altri corpi dei morti, tanto maschili quanto femminili, di qualunque condizione siano, debbano essere seppelliti e portati a seppellire con questo ordine, cioè in una cassa chiusa e coperta. E infine, nel fare l’accompagnamento del corpo alla Chiesa nella quale debbono essere sepolti, possano essere portati, soltanto otto ceri accesi e non di più. E possano accedere tutti i Frati di quel luogo dove il corpo sia da dover seppellire, con sei Frati di qualsiasi altro ordine, e non oltre, con tutti i Chierici della sua Parrocchia; se, in realtà di tale Chiesa e di un’altra Cappella; purché non possano esser presenti più di otto chierici laici. Se in realtà dovessero essere sepolti in qualche Chiesa Parrocchiale, o laicale, allora possano accedere tutti i Chierici di tale Chiesa, o di un’altra cappella: purché non possano essere presenti più di otto chierici laici, calcolati i chierici della sua Parrocchia. E possano anche accedere sei frati di ogni altro ordine di questa Città. E chi somministra o offre le candele ai questi chierici e ai frati che accompagnano il detto corpo, sia obbligato e debba porre nelle mani di questi stessi le candele accese. Invece i bambini piccoli <morti> entro un anno siano portati tra le braccia avvolti con pannolini di stoffa ricamata o di seta, o con altri panni a piacimento di volontà. Gli altri bambini morti in età maggiore di un anno fino a quattro, morti siano portati a seppellire sopra uno pavese <scudo> scoperto a piacimento; in pratica, da quattro anni in su siano portati in una cassa nel modo e forma già detti. Vogliamo anche e decretiamo che come offerta o oblazione dei chierici e dei frati, non si possano darsi più di quattro candele per ciascun Cappellano, Priore, Guardiano o Lettore di qualche Monastero, o della Chiesa secolare, e a qualche altro chierico non presbitero non più di una candela, e siano date accese come già detto. E ancora vogliamo e decretiamo che nessun uomo fuori dalla abitazione dalla quale viene portato via detto corpo del morto, nel giorno e nel tempo quando questo corpo viene portato a seppellire e nel giorno a questo precedente e nel successivo non debba parlare ad alta voce, né vociferare in qualunque modo, né fare il lamento funebre, o la tristezza del morto, né debba battere le mani o la faccia, o tirarsi i capelli in segno di tristezza, né stando avanti a detta abitazione né nell’andare alla Chiesa, o nel tornare dalla Chiesa, nella quale deve essere sepolto il detto corpo, ma possa <farlo> con voce sommessa e tacita a piacimento di volontà. E chi abbia agito in contrasto con le cose già dette, o contro qualcuna di queste, venga punito con 5 libre di denaro, sul fatto, senza processo. E l’erede o gli eredi del defunto, o chiunque altro che abbia fatto portare a seppellire detto corpo in contrasto con la detta forma di statuto, venga punito con 5 libre di denaro, per ciascuna volta. Coloro, tuttavia, che portano qualche corpo non in una cassa o ‘pavese’, in altra cosa in contrasto con la detta forma <statutaria>, sul fatto, senza alcun processo, venga punito con 50 soldi di denari, in qualsiasi volta e per ciascuno di questi stessi. Aggiungiamo che nelle esequie o negli offici rituali dei morti le campane in nessun modo fatte suonare a tristezza, e neanche nel mese di agosto, quando viene fatta la fiera, in un funerale di morti, affinché non venga indotto qualche sospetto di peste nei forestieri che vengono alla fiera.

       5 Rub.76I banchetti e le disposizioni da praticare in questi <funerali>.

   Decretiamo ed ordiniamo che chiunque abbia condotto la moglie ad un banchetto di nozze, o nel tempo in cui abbia fatto il banchetto per le nozze, non possa e non debba avere oltre 20 persone a mangiare nello stesso banchetto per l’una e l’altra parte, del marito e della moglie, eccettuati gli inservienti che stanno per il servizio e i domestici del marito stesso che abitano nella sua abitazione; e eccettuati i maschi e le femmine minori di quattordici anni e le donne non invitate. Vogliamo inoltre che entro un mese da calcolarsi dal giorno delle nozze contratte o del banchetto per le nozze, nessuno fra i consanguinei del marito faccia un banchetto, nel quale abbia <presenti> più di otto persone; fatta eccezione per i domestici e per i minori e per le persone nominate sopra, i quali possano senza pena essere presenti in tale banchetto. Vogliamo inoltre che chiunque abbia portato qualcuna ad essere sposata <matrimonio> o l’abbia mandata dal marito e in seguito abbia voluto ricondurre la stessa e suo marito presso la propria abitazione per pranzare, come per usanza, debba fare il banchetto a proprie spese. E il marito, o un altro che la riconduce a posto di quel tale, non debba fare alcun regalo né debba mandarlo in alcun modo. E in questo banchetto non possano banchettare se non la moglie e il marito e i consanguinei del marito e della moglie, i quali per l’una e l’altra parte siano in dieci e non di più, fatta eccezione per i domestici, i servitori e minori detti sopra. E chi abbia trasgredito nelle dette cose o in qualcuna di esse, sul fatto, senza alcun condono, né processo, sia punito a 5 libre di denaro per qualsiasi volta. In realtà negli altri banchetti, in qualunque modo venissero fatti, non possano essere invitati né possano essere presenti più di dodici persone per mangiare, fatta eccezione per i servitori e per le altre persone sopra eccettuati, che, senza pena, possono essere presenti ai banchetti di questa natura, e chi abbia trasgredito venga punito con la pena di 100 soldi di denari, per ciascuna volta, sul fatto, senza alcuna diminuzione e senza alcun processo, da riscuotersi dai delinquenti. Inoltre ogni Podestà della Città  di Fermo, chi lo è e chi lo sarà nel tempo, sia obbligato e debba, con il vincolo del giuramento, all’inizio del suo governo, e ogni mese, durante il suo officio, far pubblicizzare con bando nei luoghi pubblici e consueti, tutti gli statuti anzidetti sugli ornamenti delle donne, sul lutto per i morti, e in particolare sui banchetti, come sono scritti sopra sui singoli capitoli, sotto la penalità di 100 libre di denaro, da prelevare dal suo salario ad opera del Banchiere del Comune, nel tempo del suo sindacato, affinché questi stessi statuti giungano ai singoli e ne abbiano l’avvertimento.

       5 Rub.77A nessuno che non abbia avuto il permesso e la presenza e l’autorizzazione dell’officiale ossia del signor Capitano e dei vicini, sia lecito fare a una nuova opera, o fabbricare, o farla fare, o far fabbricare lungo la via pubblica o vicinale.

   Inoltre decretiamo che a nessuno sia consentito di fare una qualche nuova opera <costruzione>, o di fabbricare, o di farla fare, o di far fabbricare vicino a una qualche via pubblica, o vicinale, o in qualche altro luogo pubblico della detta Città, senza la presenza e l’autorità del signor Capitano ossia di un suo officiale, o del Giudice di giustizia, e di tre vicini prossimi. E chi abbia trasgredito, sia punito con 10 libre di denaro, per qualsiasi volta quando abbia trasgredito nelle dette cose. E nondimeno se abbia preso o occupato qualcosa della via pubblica, o vicinale, e il signor Capitano faccia riportare quanto costruito allo stato precedente e lo faccia demolire. E ciò abbia luogo entro la Città soltanto. Decretiamo anche che le dette cose abbiano vigore nei Castelli di questa Città i quali ricevono un officiale dal Comune di Fermo; purché tuttavia sia sufficiente avere la presenza di un officiale dello stesso Castello e di tre o due Massari dello stesso Castello incaricati del governo di questo stesso; anche i Sindaci di detto Castello e l’autorità di questi stessi. Invece negli altri Castelli che non hanno gli officiali dal detto Comune vogliamo che le dette cose debbano essere praticate, purché vi sia la presenza di un Sindaco e di quattro Massari di detto Castello. E se l’autorità di questi sia intervenuta il tale che costruisce l’opera nuova valga ad essere scusato dalla penalità di tal modo.

       5 Rub.78Nessuno possa vendere uve, o altri prodotti non maturi.

   Inoltre decretiamo e diamo ordine che nessuno possa vendere uva, pomi <mele, pere> ovvero alcuni frutti non maturi senza l’espressa licenza del signor Capitano o del Giudice di giustizia della Città di Fermo, e chi abbia trasgredito sia condannato a 20 soldi di denari. E chiunque possa accusare il tale trasgressore ed abbia la metà della pena, e sia prestata fede al giuramento dell’accusatore, e il nome di costui sia tenuto segreto.

       5 Rub.79Nessuno deve fare grance nella prima e nella seconda senaita.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che nessuno osi o presuma di avere una qualche grangia, o in luogo nel quale o nella quale abbia alcune pecore all’intorno della Città nelle prime e nelle seconde senaite <confini>. E chi abbia trasgredito sia obbligato a rimuovere da lì tale grangia, e venga punito con 25 libre di denaro. Fatto salvo che se abbia fatto dentro i detti confini tale grangia o l’abbia fatta fare in base alla volontà, al consenso e alla delibera dei signori Priori del popolo e del Vessillifero di giustizia e dei signori Regolatori di questa Città, non sia obbligato affatto alla detta penalità, né alla rimozione.

       5 Rub.80Nessuno abbia se non una sola grancia <pascolo> per ogni contrada ossia borgo.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessuno possa o debba avere, entro le senaite <delimitazioni> della Città di Fermo, se non una sola grangia <pascolo> soltanto per contrada o borgo; e se qualcuno abbia trasgredito, sia condannato dal signor Capitano o dal suo Giudice, a 50 libre di denaro. E nessuno, in alcun modo, con lo scopo di vendita, di sottomissione, di obbligazione, o per altra forma richiesta, direttamente o indirettamente, possa fare o avere più di una sola grangia, come sopra è stato detto, sotto la detta penalità, e sia obbligato a rimuovere la grangia fatta in contrasto con le dette cose.

       5 Rub.81Nessun bifolco possa portare alcuna arma.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessuno bifolco, custode di animali o pastore di animali possa, né abbia facoltà, fuori della Città Fermana, quando transita con gli animali e li custodisce, portare alcuna arma di offesa, se non soltanto un solo bastone, o uno stimolo <frusta> con una ‘arella’ <molestia> piana. E se qualcuno abbia trasgredito, ovvero sia stato scoperto, sia punito, per qualsiasi volta, con 10 libre di denaro dal Capitano o da un suo officiale. E per tutte le singole anzidette si presti fede e ci si attenga alla relazione dell’officiale del signor Capitano o del suo aiutante; e nondimeno possa essere accusato da chiunque; fatto salvo che sia lecito portare un falcione per fare la potatura, oppure una falce per mietere un cereale e il fieno, e una falce con l’asta o una roncola. E le dette cose si intendano e abbiano vigore in tempo di pace. In realtà, in tempo di guerra si possano portare liberamente anche armi per offendere. E quando ci fosse il dubbio se sia tempo di pace o di guerra sia affidato alla dichiarazione del Capitano del popolo o del Giudice di giustizia.

       5 Rub.82Nessuno possa tenere se non quattro buoi da stalla.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che nessuno possa o debba tenere o avere nelle dette grance o altrove più di quattro <animali> tra vacche e buoi da stalla, o giovenchi da stalla, e chi abbia trasgredito, chi li abbia avuti o li abbia tenuti, venga punito e condannato dal Capitano del popolo della Città di Fermo o da un suo officiale a 10 libre di denaro per ciascuno, e per qualsiasi volta e gli animali sopra il detto numero siano fatti diventare per il Comune di Fermo. Fatto salvo che il presente statuto non sia di pregiudizio alle grance, o ai padroni delle grance che hanno le grance nella pianura del <fiume> Tenna dai Castelli di Grottazzolina, Magliano e dalla pianura dello stesso fiume, e oltre detto fiume e nella pianura fino al mare e nella pianura dell’Ete e oltre l’Ete in modo simile, nonostante alcun statuto che dica il contrario.

       5 Rub.83Le vie e le strade sono da pulire e tener pulite ovunque nella Città.

   Decretiamo ed ordiniamo che ogni persona della Città di Fermo o abitatore o abitatrice di questa Città debba pulire e scopare bene e tener sgombrate da immondizie le vie e le strade in questa Città; cioè ogni persona davanti alla sua propria abitazione, o affittata per abitazione o in qualunque altro modo, così che chi abita e tiene la abitazione sia obbligato a ciò per tutte le immondizie, cioè la terra, i legnami, la rena, la cenere, il letame o qualche altra immondizia, sotto la pena di 5 soldi. E il signor Capitano, il Giudice o un officiale sia obbligato e debba far annunciare le dette cose attraverso la Città, quattro volte al mese, nel giorno di venerdì a sera per il giorno di sabato. Si fa  eccezione se qualcuno della Città facesse qualche opera in laterizio o in legno nella sua abitazione, e nell’occasione di tale lavoro abbia avanti alla sua abitazione pietre, legname, calce o rena, il signor Capitano, il Giudice o un officiale possa, per colui che ha le dette cose davanti alla abitazione sua, nell’occasione di detta opera, stabilire ed ordinare una scadenza adeguata, che al signor Capitano, al Giudice o all’officiale sembrerà che convenga; entro la quale, quel tale che vuole edificare debba, sia obbligato e possa fare la detta opera, e togliere tutte queste stesse cose e sgomberare e togliere dalle dette strade e vie davanti la detta abitazione, sotto la detta pena di 5 soldi di denaro per qualsiasi volta quando abbia trasgredito, se non levasse le dette cose. E nondimeno questo officiale sia obbligato e debba, quattro volte in ogni mese, mandare uno dei suoi Notai a controllare le mura della Città, soprattutto dalla parte anteriore e per vedere che i canaletti di tali mura non siano otturati; e anche per controllare che in prossimità di queste mura non sia gettata qualche immondizia o letame, o altra cosa che possa causare un ostacolo o un danno a queste mura; e se sia stato gettato, lo faccia togliere, e condanni colui che l’ha gettato alla detta pena. E inoltre controlli ed indaghi attraverso la Città se ci sono alcuni che abbiano agito contro le dette cose, o contro qualcuna di queste anzidette, descritte nel presente statuto; e sia prestata fede al rapporto di detto Notaio e dell’aiutante che andasse con tale Notaio, senza alcun’altra prova, dopo aver fatto prima una notificazione sulle dette cose, nei soliti luoghi di detta Città, per mezzo dei banditori del Comune, e questa notificazione debba essere scritta; e il detto Capitano, o il Giudice sia obbligato e lo debba fare e far fare, con il vincolo del giuramento e sotto la pena di 100 soldi di denari, quattro volte per ogni mese, come è stato detto sopra.

       5 Rub.84Penalità per chi produce immondizie nelle vie pubbliche.

   Inoltre decretiamo e con la presente legge sanzioniamo che nessuno getti attraverso qualche finestra o balcone, dall’alto, in qualunque modo, le acque né alcune altre immondizie sulle vie e sui luoghi pubblici, non pelli, né teste o corna di alcuni animali, o sporcizie, o in qualsiasi altro modo, sotto la pena di 20 soldi di denari per ciascuno e per qualsiasi volta quando sia stato trasgredito nelle dette cose. E nessuno, sotto la detta pena, getti qualche animale morto entro le mura della Città o in alcun luogo dove coloro che passano lungo la via debbano soffrire il fetore. E a nessuno sia lecito avere qualche finestra sopra le vie pubbliche, sopra le transenne o in altri luoghi attraverso i quali vengano gettate acqua, sozzura ossia qualche immondizia in detti luoghi o in qualcuno di essi, sotto la pena di 100 soldi di denari. E chiunque possa fare l’accusa per le dette cose scritte sopra o sotto, ed abbia e debba avere la metà della condanna, e ci si attenga e sia prestata fede al giuramento dell’accusatore con un solo testimonio. E nessuno, con alcuni ostacoli a danno dei confinanti, debba impedire un portico o un androne vicinale o un ingresso, e neanche possa fare <dislivello> un piede delle scale, o un passaggio secondo la forma degli statuti sotto la pena di 10 soldi di denari. E nessuno che reca sangue, in detti luoghi, osi gettare il sangue, sotto la detta pena, ma soltanto in una fossa che deve avere nel locale di lavoro o nella sua abitazione. E non sia lecito avere qualche passaggio o latrina o usarla, dalla quale una schifezza esca e scorra in qualche pozzo, o cisterna o fossa, dalla quale provenga fetore in <luogo> pubblico o per i vicini, sotto penalità di 10 libre di denaro. E ciascuno sia obbligato ad avere, avanti abitazione e a tenere la via piana in modo che l’acqua in modo diretto possa scorrere attraverso la stessa via, né egli alzi la via, né la elevi talmente che <l’acqua> scorra nella parte più bassa <della via> o entri nella abitazione di qualche vicino, o produca fastidio; né <alcuno> presuma di avere letame presso tali vie, né gettarlo o farlo gettare sicché a causa di ciò qualche immondizia arrivi nelle vie pubbliche o nelle piazze, sotto la pena di 10 soldi di denari, per tutte le volte quando da qualcuno sia stato trasgredito.

       5 Rub.85Per chi getta qualche bestia morta presso le mura.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessuno della Città di Fermo, né abitatrice, o abitante della stessa Città, osi o presuma gettare o far gettare qualche animale morto presso le mura del Comune, ossia nelle fosse e nelle carbonaie del Comune di Fermo, <nello spazio> di 50 canne, secondo la canna del Comune. E chi abbia trasgredito venga punito, per qualsiasi volta, con 10 libre di denaro.

       5 Rub.86Nessuno compri frutta altrove, se non nella piazza.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessun venditore ambulante o venditrice ambulante o qualche altro che vende al minuto, con qualunque nome sia stato considerato, possa o debba in alcun modo, né con ingegno, comprare o fare acquistare in altri luoghi piuttosto che nella piazza o nelle piazze pubbliche del Comune di Fermo, alcuni frutti, germogli, fichi, pere, mele, prugne, ciliegie, noci o altri frutti, nonché verdure, inoltre conigli <lepri>, e neanche qualche altro animale domestico vendibile, o non domestico, vivo o morto, inoltre una gru, una pernice, le quaglie, i tordi, le anatre, o i colombi, neppure possa comprare i detti frutti o le verdure se non da una persona conosciuta o dal padrone o dal lavoratore del podere, così che si sappia chiaramente da chi egli abbia fatto l’acquisto. E non possa acquistare i detti frutti, le verdure, gli animali e i volatili prima del suono della campana dell’ora nona. E chi abbia trasgredito venga punito, per qualsiasi volta, a 100 soldi di denari. E chi vende le dette cose o qualcuna di esse <trasgredendo>venga punito con la metà della detta pena, e possa essere accusato da chiunque, e l’accusatore abbia la metà della condanna e il nome dell’accusatore sia tenuto segreto. Nondimeno il Giudice o l’officiale già detto, che lo sarà nel tempo, sia obbligato e possa, per suo officio, investigare sulle cose già dette e condannare i colpevoli alle pene già dette. E similmente nessuno di questi stessi venditori ambulanti possa né debba andare, né sostare presso le porte della Città Fermana, o al di fuori per mezzo miglio con la Città di Fermo, per acquistare le dette cose predette o qualcuna di esse, sotto la pena già detta. E l’officiale che scopre quelli che agiscono in contrasto con le cose già dette, o contro qualcosa delle dette, possa condannare ed abbia la quarta parte dell’intera condanna.

       Rub.87Nessuno possa tenere alcuna ‘gravara’ <neve che si scioglie>.

   Inoltre decretiamo che nessuna persona osi o presuma di poter prendere la ‘gravara’ <neve che si scioglie> che scorre o defluisce attraverso le vie e le strade pubbliche della Città di Fermo e attraverso questa Città, con lo scopo di condurlo o immetterlo nella sua abitazione o ad altro luogo della Città, e affinché da lì qualcuno o qualcuna possa ricevere qualche danno o iattura, e chi abbia trasgredito sia punito qualsiasi volta con 100 soldi di denari. E chiunque possa accusare e denunciare chi delinque e il tale accusatore o denunciatore abbia la metà della condanna; e se qualcuno abbia sostenuto qualche danno da ciò con l’immissione di detta ‘gravara’, colui che ha immesso questa stesso ‘gravara’, sia obbligato e debba risarcire il detto danno a chi l’ha sofferto.

       5 Rub.88Nessuno getti dall’alto cose sudice ossia immondizia.

   Inoltre Decretiamo ed ordiniamo che a nessuno sia lecito gettare o far gettare acqua o altra sporcizia dall’alto, attraverso un balcone, una finestra, una transenna (di apertura), o da altro luogo dall’alto, o dall’abitazione dove abbia abitato o dimorato, sulle strade o sulle vie del Comune, o sui portici vicinali. E se questa acqua ossia qualche sporcizia abbia toccato qualcuno sia condannato con 100 soldi di denari per qualsiasi volta. Se in realtà non l’abbia toccato, sia condannato a 20 soldi di denari. E la metà di questa pena sia del Comune e l’altra dell’accusatore; e possa essere accusato e denunciato da chiunque, e <costui> sia tenuto segreto. E a nessuno sia lecito di avere in qualche parte della sua abitazione uno scarico dall’alto, a due canne del Comune di Fermo, o meno, vicino alla porta di qualcuno; e chi abbia trasgredito sia punito con 100 soldi di denari. Né ad alcuno sia lecito avere uno scarico più alto di un piede da terra, facendo salvo che con grucce <sostegni> purché non superi l’altezza del tetto di un suo vicino, né che l’acqua scorra attraverso il tetto.

       5 Rub.89Il Capitano o il Giudice debbono costringere i carrettieri, i vetturali e i mulattieri.

   Decretiamo ed ordiniamo che il Giudice dei danni dati, o il suo officiale possa obbligare i carrettieri e altri mulattieri e vetturini, nei giorni festivi, tuttavia non nei giorni di domenica né nelle principali festività della Beata Maria sempre Vergine, a portare la rena presso la strada o attraverso la strada del mare, e possa imporre le pene e riscuoterle sul fatto, come gli sembrerà opportuno, e nelle cose dette essi o uno di loro abbia piena facoltà e potere fino alla somma di 10 soldi di denari, per qualsiasi volta, o meno, dopo aver considerato la qualità delle persone e del fatto.

       5 Rub.90Il Giudice abbia libero potere di indagare e di fare la procedura contro tutti coloro che avessero asportato le pietre dalla via che sta presso la strada di San Francesco.

   Decretiamo ed ordiniamo che il signor Capitano, o il Giudice o l’attuale officiale o chi lo sarà nel tempo, abbiano la facoltà di investigare e di fare la procedura contro tutti quelli che avessero preso o prendessero le pietre della strada che va al mare, accanto alla strada di San Francesco o da questa strada e da altrove le cose del Comune, come ad esempio: legna, calce, pietre o altre cose preparate per l’utilità dei ponti, delle fontane o delle vie del Comune, e condannare questi stessi fino alla somma di 10 libre di denaro, e meno, dopo aver valutata la qualità del reato e abbia la facoltà e la giurisdizione per riscuotere. Inoltre il Giudice con due officiali da nominarsi dai signori Priori possa imporre una parte che egli abbia voluto della muratura e della costruzione della detta via ai vicini, che hanno le abitazioni lungo la stessa via e la strada, a piacimento di volontà, e <possa> esigere queste stesse, imporre pene e fare multe, secondo come al detto Giudice sembrerà opportuno, nonostante alcuni statuti e delibere. E il Giudice attuale, e chi lo sarà nel tempo, la detta strada <possa> far fare da chiunque che la detta strada sia costruita e riadattata, come a lui sembrerà essere utile al meglio, e fare una conduttura in questa strada per la salvaguardia della detta strada, con le entrate del suo Banchiere, per tre parti delle spese e per la quarta parte a spese dei vicini adiacenti. Per opera di questo Giudice o dei suoi officiali debbano essere dichiarati coloro che sono questi che sono adiacenti. Questa conduttura inizi ai piedi <in basso> del borgo della fontana ‘Solamen’ <ristoro> e sia proseguita in quel luogo o in quella parte dove sarà stato dichiarato e ordinato dal detto Giudice e dai detti officiali, come già detto. E il signor Giudice abbia l’obbligo e debba investigare diligentemente, ogni mese, su queste cose, con il vincolo del giuramento e sotto la penalità di 10 libre di denaro dal suo salario.

       5 Rub.91La giurisdizione del Giudice circa i ponti, le fonti, le vie e la parte del Giudice che egli avrà riscossa.

   Decretiamo ed ordiniamo che il signor Capitano abbia la piena giurisdizione, facoltà e potere sui ponti, sulle fontane e sulle vie da fare costruire, riparare e da conservare. Ed affinché le dette cose siano realizzate più speditamente, e si abbiano i denari per le opere opportune, decretiamo che il detto signor Capitano o il Giudice su <somme di> condanne o riscossioni al tempo dei predecessori dei debitori per il Comune, abbia per ogni libra, secondo il modo e la forma poste nel libro secondo alla rubrica “La parte da darsi agli officiali per le vecchie condanne” e sulle riscossioni che metterà in esecuzione e che farà pervenire in Comune, affinché la costruzione sia riparata e altre opere necessarie per il Comune siano realizzate e siano messe in esecuzione.

       5 Rub.92Nessuno getti letame o immondizia nella via del mare o dentro le mura.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che nessuno osi o presuma di gettare o far gettare qualche sudiciume o immondizia, né farli gettare sulla via ossia sulla strada del mare, o nei pressi delle mura della Città di Fermo, dalla parte interna o esterna lungo una canna <distante>. Chi abbia trasgredito nelle dette cose, o in qualcuna di esse, venga punito con 100 soldi di denari e il detto sudiciume giacente in tali luoghi o in qualcuno di questi, possa essere portato <via> o preso da lì, senza pericolo, da chiunque.

       5 Rub.93Nessuno debba caricare di spese qualche lavoratore.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessuna persona osi o presuma di dare o di far dare alcune spese o alimenti per mangiare o per bere a qualche lavoratore, o cottimista, o portatore di sporte, i quali fossero tenuti a cottimo e fossero condotti a lavorare o a fare qualche opera. E similmente nessun lavoratore, o cottimista o portatore di sporte, possa né debba chiedere né ricevere le spese o gli alimenti, sotto la pena di 20 soldi per ciascuno e per ciascuna volta. E chi dà e conferisce queste spese o gli alimenti, sia obbligato alla medesima pena. Facendo salvo che sia lecito a ciascheduno, al tempo delle messi <mietitura>, di dare le spese ai lavoratori, quando siano stati a trebbiare i cereali; e gli stessi lavoratori del grano possano, senza pena, ricevere le spese e gli alimenti per il giorno. E su queste cose il signor Capitano o il Giudice e il loro officiale o chiunque di questi stessi sia obbligato, possa e debba indagare, esaminare, punire e condannare i trasgressori alla detta pena, e nondimeno possa essere accusato da chicchessia, e si presti fede al giuramento dell’accusatore con il parlato di un testimonio. E ciò non abbia vigore per i muratori, i manovali o i carpentieri del legno. Il detto Giudice ed il signor Capitano siano obbligati a praticare e far praticare tutte queste cose, sotto la pena di 10 libre <prelevata> dalla propria paga e con il vincolo del giuramento.

       5 Rub.94Le strade o i portici vicinali da selciare.

   Decretiamo ed ordiniamo che il Giudice delle vie e dei danni dati del Comune di Fermo, colui che lo è ora, o chi lo sarà nel tempo, in questa Città, sia obbligato e debba, con il vincolo del giuramento e sotto la pena di 25 libre di denaro, a richiesta di qualunque richiedente, cioè tra i vicini, far costruire e fabbricare con pietre adatte ciò che sia stato richiesto, i portici o le vie vicinali poste nella Città di Fermo a spese dei vicini o adiacenti a detto portico o alla via, secondo la qualità delle abitazioni e secondo la condizione dei padroni delle stesse abitazioni, di tale fatta e maniera, e in tale maniera che siano idonee per camminarvi; e a fare queste cose entro un mese dopo che a loro sia stato chiesto, purché la maggior parte dei vicini sia d’accordo.

       5 Rub.95Le vie, ponti e le fontane da riattare e da riparare.

   Decretiamo ed ordiniamo che il signor Capitano, o il Giudice, o l’officiale delle vie e dei danni dati, chi c’è ora, e ci sarà nel tempo, con il vincolo del giuramento e sotto la pena di 25 libre di denaro, da pagare col suo salario, abbia l’obbligo e debba, a richiesta di qualunque richiedente o denunciante, di risistemare e far risistemare tutte le singole vie, tanto pubbliche, quanto vicinali, o le strade, i ponti, e le fontane, per l’uso comune di coloro che sono interessati e ai quali le dette vie, le strade, i ponti, e le fontane; e faccia riparare tutte le stesse singole strade e vie, dentro la Città e fuori, i ponti, e le fontane ad opera dei vicini e degli adiacenti e di coloro che vanno e che ritornano, e di tutti coloro i quali le tengono e quelli che, secondo la forma degli statuti, debbono risistemare queste stesse vie e gli stessi ponti e le fontane, e quelli a richiesta di qualunque richiedente sono soliti. E il detto signor Capitano o il Giudice abbiano l’obbligo di controllare o di far controllare tutte queste cose da qualcuno dei loro Notai e officiali, a richiesta di qualunque richiedente, o secondo il volere della maggior parte dei vicini e adiacenti alle dette vie, ai ponti e alle fontane. E costoro debbano essere convocati e richiesti, a domanda di un richiedente, personalmente o presso la abitazione della solita abitazione degli stessi, e in questa convocazione debbano essere contenuti i nomi e i cognomi di coloro che vengono convocati e in quale maniera i tali vengono convocati per il fatto della tale via, del ponte o della fontana e che questi stessi debbano, entro una certa scadenza stabilita dal Giudice, comparire legalmente dinanzi ai detti signor Capitano o al Giudice; e se non siano comparsi tutti, coloro che si vengono e che compariscono possano dare ordini e deliberare quello che a loro sarà piaciuto sulle dette vie, sui ponti e sulle fontane e per il rafforzamento, per la riparazione, per il vantaggio e per utilità delle dette strade, dei ponti e delle fontane; e sia praticato l’ordine anzidetto per tale via da dove sistemare o da dover mettere a nuovo; e ciò che sia stato deliberato dalla maggior parte degli stessi che si sono presentati, vicini o adiacenti o altri che debbono per interesse, abbia validità e sia stabilito per l’autorità del presente statuto. E il signor Capitano o il Giudice sia obbligato di mandare ad esecuzione la delibera anzidetta, fatta dalla stessa maggior parte. E i detti signor Capitano o il Giudice, o uno di loro due, sotto la detta pena, siano obbligati a forzare e costringere in modo reale e personale, con ogni modo e via, come ad essi, o ad uno di essi due, sembrerà opportuno, dopo tale imposizione e deliberazione fatta dai detti intervenuti, o dalla maggior parte degli intervenuti, nonostante l’assenza dei non intervenuti, a dare e far conoscer agli officiali comandati sopra le dette cose , per gli oneri e le spese delle dette vie, dei ponti e delle fontane, o della riduzione o del mutamento di questi stessi e per tutte le cose necessarie alle cose dette, (costringere) tutti i singoli vicini confinanti, e coloro che vanno e tornano attraverso questa stessa via, attraverso il ponte e per la stessa fontana, presso i loro possedimenti, inoltre tutti coloro che dovessero essere presenti, ai quali compete quanto da fare o da pagare per gli oneri e nelle spese delle dette vie, dei ponti e delle fontane, che dovessero essere riparati e murati di nuovo e essere messi secondo la delibera dei detti intervenuti o della maggior parte di questi stessi. E per tali cose, i detti signor Capitano o il Giudice o uno di loro due siano tenuti e debbano dare e prestare ascolto, consiglio, aiuto e sostegno. E se sia capitato di mettere una via nuova, un ponte, una fontana o siano creati, sia ordinati, sia risistemati, i detti signor Capitano o Giudice, sotto la detta pena, dopo che è stata fatta la detta delibera dalla maggior parte dei predetti vicini confinanti, e di coloro che vanno e vengono nella stessa via, sul ponte, o presso la fontana, come già detto sopra, di fronte al signor Capitano e il Giudice, già detti, siano obbligati e debbano sollecitare e costringere, tanto l’acquirente a comprare, quanto il venditore a vendere, in modo reale e personale, entro 10 giorni dopo la delibera fatta dagli anzidetti; tanto sul territorio lungo il quale si innovasse la costruzione e si realizzasse una via nuova , quanto sulla via vecchia. E se il venditore o l’acquirente si sia rifiutato di fare le dette cose, nel non voler vendere o acquistare, entro la detta scadenza di 10 giorni, il venditore o chi deve vendere, perda questa che deve essere venduta, la stessa cosa da vendere pervenga al Comune. E l’acquirente che abbia comperare e abbia dovuto comperare, sia obbligato a pagare al Banchiere del Comune che riceve il prezzo della detta cosa secondo la valutazione fatta di questa stessa cosa, presso l’officio degli anzidetti signori Capitano e del Giudice incaricati per le predette cose a favore del Comune di Fermo. Nondimeno questi acquirenti o venditori, di mala voglia, siano costretti dal detto Capitano o dal Giudice o da uno di questi, a fare la detta vendita e l’acquisto, secondo ciò che sia stato deliberato, come è compreso sopra. E tutte le singole dette cose in questo presente statuto abbiano vigore e vengano intese nella Città di Fermo, e nel suo territorio e nel distretto. E i detti Capitano e Giudice siano obbligati e debbano praticare e fare praticare e mettere in esecuzione <ciò>, sotto la pena dichiarata sopra e con il vincolo del giuramento.

       5 Rub.96Per coloro che abbiano occupato, e tengono occupata qualche via del Comune, oppure una <strada> vicinale, un ponte o una fontana o il terreno di questi stessi.

   Decretiamo ed ordiniamo che il signor Capitano o il Giudice o l’officiale dei danni dati, chi lo è ora, e chi lo sarà nel tempo, con il vincolo del giuramento, sotto la pena di 25 libre di denaro dalla sua paga, a richiesta di qualunque richiedente o denunciante od anche per suo officio, se abbia trovato qualcuno che occupi,  o abbia o tenga occupata qualche via del Comune, o una vicinale, una fontana, un ponte, o il terreno di una fontana, di un ponte, o di un via del Comune o di una via vicinale, sia obbligato e debba investigare o fare una indagine contro questi stessi tutti i singoli occupanti e detentori di tali vie, ponti, fontane e di un terreno delle vie, di un ponte e di una fontana, anzidetti, e punire e condannare, con le pene previste nel presente statuto, costoro che li detengono e le tenessero occupate le dette cose, e nondimeno far riconsegnare le cose occupate al Comune e riportarle allo stato precedente. E venga fatta una indagine ad opera del detto Capitano o del Giudice, e i più anziani o altri di detta contrada, ove sia stata fatta l’occupazione o l’invasione, siano esaminati e siano riaccolti. Il signor Capitano o il Giudice siano obbligati e debbano fare questa investigazione senza chiasso, né parvenza di sentenza, trascurando ogni solennità della legge, e in modo sommario e con calma, sia ricercata la verità per mezzo di sei uomini o di più, o di meno, di detta contrada o di altrove dove le predette cose siano state commesse, quando gli stessi o uno di essi lo considereranno conveniente, purché però il denunciatore non venga preso come testimonio sopra tali cose, e sia ritenuto come un denunciatore privato, che il signor Capitano o il Giudice o il suo officiale in nessun modo debba rivelare o far conoscere per giuramento, sotto la detta pena. E se il detto Capitano o Giudice abbiano trovato, tramite la propria indagine, che qualcuno occupasse o tenesse occupata qualcosa dei anzidetti vie, terreni, ponti, e fontane o dei terreni di questi stessi, tramite due o tre testimoni, facciano immediatamente restituire al Comune queste cose occupate e riportarle allo stato precedente; e nondimeno condannino quel tale che occupasse e tenesse occupate le anzidette cose. E condannino i colpevoli per queste cose a 10 libre di denaro, dopo aver rimosso un ricorso, un cavillo o un pretesto.

       5 Rub.97Pena per chi faccia immondizia nel piazzale di San Salvatore.

   Decretiamo ed inoltre ordiniamo che nessuno faccia immondizia né qualche sudiciume nel piazzale di San Salvatore; e in realtà il trasgressore venga punito, per qualsiasi volta, con 20 soldi di denari, e possa essere accusato da chiunque, e l’accusatore abbia la metà della pena e lui sia tenuto segreto.

       5 Rub.98Non debbono scorrere la “biblia” (liquami).

   Decretiamo ed anche ordiniamo che nessuno che “sportanario” (porta bisacce) né alcun’altra persona della Città di Fermo, o abitante di detta Città osi o presuma di gettare o di far gettare la “biblia” (liquami) in qualche via pubblica o vicinale dentro la Città dalle calende di maggio fino alle calende di novembre. E il trasgressore sia punito, per qualsiasi volta, a 100 soldi di denari e possa essere accusato da chiunque; e l’accusatore abbia la metà della condanna, e l’altra metà sia del Comune di Fermo. E il signor Capitano o il Giudice, chi ci sarà nel tempo, faccia fare bando pubblico per l’anzidetto statuto nella Città di Fermo, nei luoghi consueti, all’inizio del suo governo; e indaghi ogni settimana del detto mese di maggio, e faccia investigazione sulle anzidette cose, e i trasgressori siano condannati e puniti, alla detta pena, per ciascuno e per qualsiasi volta, rimuovendo ogni opposizione o occasione. E a chiunque di questa Città sia lecito di gettare liquami avanti la sua abitazione fino alle calende di maggio, purché non l’accetti dal balcone, o dalle finestre o dalla ‘trasanna’, o da qualche altra parte in alto oltre due piedi, secondo il piede <misura> del Comune; e chi trasgredisse soggiaccia alle dette pene. Inoltre che sia consentito a qualsiasi “sportanario” della Città di Fermo di creare un cunicolo in qualche parte della Città di Fermo, in una via pubblica a sue spese, per portare, sotto terra, la “biblia” fuori dalla Città. E il detto signor Capitano, o il Giudice possano e debbano esaminare ed indagare sulle dette cose.

       5 Rub.99Non scavare nei pressi del confine di qualcuno, o di un fossato o di una via.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessuno scavi a un piede (misura) dal confine di qualcuno, o di un fossato, o di una via; e se vuole fare un fossato piccolo o grande, sia obbligato a lasciare tanto <spazio> del suo terreno per quanto è ampio, profondo e largo lo stesso fossato, sotto la penalità di 40 soldi di denari per chi abbia trasgredito le cose predette. Ed entro 10 giorni dopo pubblicata la sentenza, sia obbligato e debba farlo riportare allo stato precedente e anche di riempirlo.

       5 Rub.100Nessuno possa scavare la terra sulle strade del Comune.

   Con la presente legge decretiamo che nessuno, di qualunque condizione o stato sia, osi o presuma di scavare la terra nelle vie del Comune dentro o fuori le porte della Città, né scassarla in alcun modo, sotto la pena di 100 soldi da riscuotere sul fatto da ogni trasgressore e per qualsiasi volta, e senza alcun processo. E chiunque possa accusare, e sia mantenuto segreto, ed abbia la quarta parte della detta pena. E similmente l’officiale abbia la quarta parte della detta pena per la scoperta e per l’esecuzione.

       5 Rub.101Le questioni dei confini si debbono decidere rapidamente.

   Decretiamo ed ordiniamo che se tra alcuni, della Città o del distretto di Fermo, vi sia qualche controversia per determinare i confini e per porre i termini <segnali>, si proceda con questo ordine: il signor Capitano o il Giudice dei danni dati, chi lo è ora e chi lo sarà nel tempo, con il vincolo del giuramento, e sotto la pena di 25 libre di denaro dal suo salario, sia obbligato e debba andare nel luogo della lite, e constatare se ci sono i termini antichi, allora ponga fine a tale lite, e decida secondo la posizione di questi termini antichi. Se invece non abbia trovato i termini, allora faccia ricorso alla coscienza e alla testimonianza dei padroni del tempo antico dell’uno e dell’altro podere, tra i quali i termini vanno posti; e secondo la coscienza e la testimonianza dei padroni del tempo antico dei detti poderi e dei vicini sia obbligato a decidere in tal modo. Se invece non si sia potuta avere la detta testimonianza, allora secondo gli instrumenti degli acquisti dell’uno e dell’altro, o di uno solo di questi due, quando qualche parte non avesse l’istrumento egli decida in modo valido la detta controversia, se può ultimarla comodamente.  Se in realtà qualcuna delle parti volesse e dichiarasse che decidesse che deve essere fatta questa controversia dei confini o dei termini, e che detta controversia debba decidersi con la collocazione di una siepi o di un fossato da farsi fra lui stesso e il suo vicino, allora se i detti confini sono da porsi sono e i termini sono da farsi fra l’una e l’altra parte delle vigne dell’uno e dell’altro, allora lo stesso Giudice faccia mettere o porre una siepe per i confini o una fratta a spese comuni, come allo stesso Giudice sembrerà conveniente. Se invece ci sia trovati a trattare dei confini e dei termini da fare tra un terreno aperto e qualche terra con vigna di alcuni, allora il Giudice immetta e faccia fare un fossato largo un piede e mezzo; e questo fossato debba immettere nel terreno aperto, a spese comuni dell’uno e dell’altro, cioè del terreno e della vigna. E questa lite e la vertenza e la questione per mezzo di questo fossato siano ultimate, e sia immessa una linea dritta attraverso quella parte, o raddrizzando sul terreno, come allo stesso Giudice sembrerà conveniente. E se per i confini ci sia una questione fra alcuni poderi aperti, lo stesso Giudice definisca questa stessa questione o con la collocazione dei termini o con il fare un fossato, in comune, nel terreno dell’uno e dell’atro; a spese comuni degli stessi vicini e di coloro che fanno la lite. E l’anzidetto Giudice stabilito dei danni dati sia obbligato e debba far praticare l’anzidetto statuto, sotto la pena di 25 libre di denaro dal suo salario. E in queste cose si faccia la procedura in modo sommario, e calmo, senza chiasso e senza parvenza di processo.

       5 Rub.102La pena per coloro che hanno una fornace entro le mura della Città di Fermo.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessuna persona osi o presuma di avere o di tenere qualche fornace di laterizi all’interno delle mura della Città di Fermo, ma lontano cinque canne dalle mura e dalle abitazioni della Città di Fermo, sotto pena di 10 libre di denaro e <il trasgressore> possa essere accusato e denunciato da chiunque, e l’accusatore o il denunciatore abbia la metà della condanna; e nondimeno <il trasgressore> sia obbligato a togliere la fornace; fatta eccezione per coloro che fanno vasi vetrificati e dipinti o non dipinti, o vetrificati, o no, i quali possano impunemente avere tale fornace, nonostante che qualche altro statuto dica il contrario.

       5 Rub.103Per le gronde <scoli>.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che gli scoli, dai quali sulle strade pubbliche discendano liquami o immondizie, siano tolti; e dovunque in Città venissero trovati alcuni scoli, attraverso i quali le cose putride scorrono da terra, siano murati e siano chiusi almeno per quattro piedi in altezza, lasciando tuttavia ai piedi dello scolo un solo foro adeguato, attraverso il quale le acque e le sporcizie anzidette escano e scorrano. E questo foro deve stare in ogni tempo chiuso, eccetto nel tempo della pioggia. E il Giudice deve praticare e fare praticare tutte le cose anzidette, e qualsiasi volta che abbia trovato un trasgressore, punisca con 10 soldi di denari. E la riscossione di detta pena sia fatta tramite il Giudice contro tutti coloro che hanno le abitazioni press il detto scolo dal capo <in alto> ai piedi <a terra>, così che detta somma di 10 soldi sia riscossa fra tutti e non da uno solo. E se sia capitato che da qualcuno di questi scoli, un grave danno giungesse ai vicini e possa essere modificato in qualche parte, vogliamo che il detto scolo, su richiesta dei vicini, debba essere murato a spese dei vicini, insieme con quello di cui è lo scolo. E nessuno possa avere una latrina <privato> vicino ad una via pubblica per quattro passi, che scorra nelle stesse vie, sotto la pena di 40 soldi di denari. E chiunque possa accusare e denunciare chi trasgredisce nelle dette cose, ed abbia la metà della condanna.

       5 Rub.104La pena per la pigiatura di uve non mature.

   Decretiamo che nessuno, in qualunque condizione si trovi, osi o presuma di pigiare l’uva agresta, o l’uva non matura prima delle calende di settembre, fuori dalla Città di Fermo; il trasgressore sia punito in realtà con 10 libre di denaro per qualsiasi volta. Fatto salvo che sia lecito a chiunque, che ha una vigna propria, di portare o di far portare impunemente due grappoli di uva agresta e tre grappoli di uve mature; e questo si intenda prima di tale tempo della vendemmia. In realtà nel tempo della vendemmia sia praticato lo statuto e l’usanza osservata fino a questo momento. Se qualcuno in verità abbia portato via o abbia fatto portare uva, o quella agresta, prima del tempo delle vendemmie contro o al di fuori della detta forma <di statuto> paghi per ogni grappolo di uva o di uva agresta soldi 5 di denaro.

     5 Rub.105I maiali non possono essere tenuti nella Città.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessuno osi o presuma di tenere nella Città di Fermo più due maiali, i quali inoltre in nessun modo possano, né debbono andare per le strade e per le piazze di detta Città, ma i padroni o i patroni di questi stessi siano obbligati e debbano tenere i detti maiali nelle abitazioni, sotto la pena di 10 soldi per ogni maiale e per qualsiasi volta quando si sia trasgredito, e questa pena sia riscossa sul fatto al patrono dei maiali senza alcuna diminuzione. L’officiale di questa pena, che abbia scoperto questi maiali in contrasto a tale forma <di statuto>, abbia e debba avere la quarta parte di ciò che abbia fatto pervenire al Comune.

       5 Rub.106Pene per coloro che lavano presso le fonti.

   Se qualcuno abbia fatto immondizia o sporcizie nelle fonti, o nei pozzi e nelle cisterne del Comune, oppure in essi o in qualcuno di questi stessi abbia lavato o gettato panni, cuoiame o qualche altra cosa sporca, oppure nei pressi di dette fontane nello spazio di due canne, in verità se nei pressi della fontana Fallera o della sua sorgente, nello spazio di 10 canne, secondo la canna del Comune, abbia lavato i panni anzidetti, o abbia fatto qualche altra sporcizia, o immondizie, sia condannato e punito per qualsiasi volta, sul fatto, e per ogni trasgressore a 20 soldi di denari. E l’officiale che scovasse il trasgressore, se abbia fatto la riscossione con successo, guadagni la quarta parte.

        5 Rub.107Coloro che possano andare in un Monastero di monache, impunemente.

   Vogliamo che i Sindaci, i fattori, i lavoratori e altri chiamati dalle monache per qualche cosa onesta e necessaria per loro o per il loro monastero, tutti i già detti allora, e soltanto in tale caso, possano accedere ed andare in tutti i monasteri delle Monache, riguardo alla pena per i secolari <laici> impunemente.

        5 Rub.108Le pecore che sono ammesse nei pascoli della Città di Fermo.

   Con la presente legge decretiamo e dichiariamo che in seguito le pecore da portare ai pascoli nel territorio della Città Fermana non superino e non possano superare il numero di cinquemila pecore, e di esse i padroni o i padroni, di qualunque grado e dignità siano, senza che si abbia avuto alcun riguardo, siano obbligati al pagamento dei pascoli secondo la forma degli ordinamenti. In realtà, i pecorari che conducono le pecore a questi pascoli siano obbligati, per tutto il mese di ottobre, di stare con le dette pecore sulle pianure di Girola, di Tenna, di San Tommaso, dell’Ete, allo scopo che non entrino nei poderi olivati, eccetto se i patroni dei poderi volessero che i detti pecorai conducano e trattengano le dette pecore nei loro poderi. Qualora però per caso con dette pecore provocassero un danno nei poderi degli altri, siano obbligati al pagamento della pena e al risarcimento del danno. E trascorso questo mese di ottobre i questi pecorai, con le dette pecore, possano venire in tutto il territorio, anche lungo i terreni olivati. Questo sempre resti chiarito che se con dette pecore o con altri animali dessero danno nei poderi presso le mandrie o gli stazzi delle dette pecore, per mezzo miglio, quei pecorai che stanno in tale maniera con le mandrie di tal modo <greggi> di pecore, entro l’anzidetto spazio, siano obbligati a risarcire il danno ai patroni di detti poderi, anche se questo danno non potesse essere provato per mezzi di testimoni, purché sia conosciuto che il danno sia stato provocato con le pecore o con altri animali di detti pecorai. E in ognuno degli anzidetti casi, e per quelli che sono detti nel seguito, si possa procedere anche per mezzo di accertamenti degli officiali dei danni dati o mediante accuse o denunce da farsi dai padroni dei poderi che hanno sofferto il danno, e per il pagamento della pena e per il risarcimento del danno, i pecorai e i patroni delle pecore e degli anzidetti animali siano obbligati per conto degli aiutanti o dei custodi di queste pecore e degli animali E al loro arrivo, <siano obbligati> a presentare due fideiussori per il pagamento della pena e del risarcimento di danni da causarsi per caso da costoro e dalle loro pecore e da altri animali. E questa pena si intenda che è e che sia di cinque soldi per ogni pecora, e per ogni altra bestia secondo la forma degli statuti; eccetto che se i detti pecorai entrassero nei poderi olivati, e ai piedi di detti ulivi non ci fosse <nessun> frutto, né a terra sotto gli stessi olivi, non siano obbligati alla pena; e allo stesso modo siano preservati se con le dette pecore entrassero nei poderi di quel territorio, dove possano comodamente pascolare e negli stessi non ci siano quattro o sei piedi <fusti> di ulivi. Inoltre i pecorai, i patroni e i custodi delle pecore o degli altri loro animali non possano in alcun modo portare armi vietate attraverso la Città e attraverso il suo territorio sotto la pena di due ducati d’oro, di giorno, e in realtà quattro ducati d’oro, di notte, da riscuotersi sul fatto.

       5 Rub.109Il compenso da prendere per gli animali condotti nel ricovero <stalla>.

   Con questo decreto, allo scopo che certi tavernieri e albergatori non possano riscuotere < <per pretesa> oltre ogni misura ed in un modo ingiusto, per gli animali condotti alla stalla, è stato stabilito che questi stessi osti o albergatori debbano accogliere gli animali nelle loro taverne o ospizi <stalle>, che venissero condotti e siano stati consegnati e dare loro da mangiare, e nutrirli; ma in cambio di un congruo compenso e di un pagamento, fra giorno e notte, possano chiedere o avere nient’altro se non un solo bolognino per ciascuna bestia grande, e per ogni bestia piccola un solo soldo fino a 10 animali piccoli; ma se gli animali piccoli siano stati in più di10, per ognuno di essi, oltre quel numero, sei denari, sotto la pena di 20 soldi che debbono essere pagati per qualsiasi volta  dal trasgressore, né possa essere avere condono.

       5 Rub.110I lebbrosi sono da mandarsi fuori dalla Città.

   Decretiamo ed ordiniamo che il Podestà e il Capitano faccia pubblicamente fare il bando che nessun lebbroso o lebbrosa osi o presuma di stare, abitare, o sostare nella Città di Fermo, o nelle vicinanze di questa Città per 100 canne. E se questo lebbroso o lebbrosa sia stato scoperto\a o fosse trovato\a che sta in questa Città, o nei pressi di questa Città, come detto sopra, il detto Podestà o il Capitano sia obbligato a mandarlo fuori da questa Città e dal confine, sotto pena per il Podestà o per il Capitano e per qualsia altro officiale di 50 libre di denaro se non abbia praticato le dette cose.

       5 Rub.111Le abitazioni da abbattersi a causa di un incendio.

   Se in qualche parte della Città si accendesse un fuoco <incendio>, o sorgesse in qualche abitazione – che Dio lo tenga lontano! – e per questa causa qualche altra fosse stata distrutta e devastata, e sia dagli uomini o dagli officiali della Città di Fermo, affinché detto fuoco non si allarghi alle altre abitazioni vicine, il Podestà, che ci sarà stato nel tempo, sia obbligato e debba far ricostruire, con i beni del Comune, la stessa abitazione distrutta o le abitazioni distrutte in questa occasione, entro un mese dopo che le predette cose si siano verificate. E il Podestà e il Capitano all’inizio del proprio ufficio elegga e faccia eleggere, per qualsiasi contrada, 50 uomini, dei quali uno sia il loro capo. Questi uomini giurino, sopra i santi Vangeli di Dio, all’inizio del governo del Podestà e del Capitano, di soccorrere, e di andare con gli attrezzi, ove detto fuoco si fosse acceso, e dare aiuto, affinché detto fuoco non avanzi. E se qualcuno contrastasse o si opponesse affinché non venisse abbattuta detta abitazione in quei momenti, venga punito con 50 libre di denaro. E se il Podestà e il Capitano non facessero riparare il danno fatto in queste abitazioni devastate, come è stato detto, venga punito e perda dal suo salario 50 libre di denaro. E se qualcuno prendesse furtivamente qualcosa, nel tempo dell’incendio, dai beni delle dette abitazioni, o nel vicinato, costui o costoro possano essere puniti ad arbitrio del Podestà.

       5 Rub.112Le abitazioni da non abbattersi.

   Affinché la Città non sia deformata, decretiamo ed ordiniamo che nella Città o nei borghi della Città di Fermo, o nei Castelli o nelle Ville della Città, nessuna abitazione possa essere distrutta né debba essere devastata in occasione di qualche reato o delitto; ma per le abitazioni dei delinquenti, se la abitazione deve essere confiscata per legge, siano dipinti gli stemmi del Comune di Fermo sopra le porte dell’abitazione entro 10 giorni dopo la confisca e la condanna da fare. Il Podestà e il Capitano pratichi le dette cose e le faccia praticare sotto la penalità del già detto giuramento. A nessuno inoltre sia consentito, per qualche ragione, lamare a terra o distruggere alcuna abitazione esistente nella Città di Fermo, senza il permesso dei signori Priori del popolo, del Vessillifero di giustizia, dei Regolatori e del Gonfaloniere delle contrade, sotto la pena di 50 libre di denaro, da assegnarsi al Comune di Fermo e della ricostruzione della abitazione.

       5 Rub.113Le terre da coltivare nella Città e nel distretto di Fermo.

   Il Podestà della Città  di Fermo, chi vi sarà nel tempo, abbia l’obbligo e debba, con il vincolo del giuramento e sotto la pena di 100 libre, all’inizio del suo officio, far fare il bando nei luoghi pubblici di questa Città, che qualsiasi abitante della Città  di Fermo, sia Cittadino che forestiero, sia obbligato e debba, ogni anno, coltivare o far coltivare da sé, o per mezzo di un altro, nel territorio di questa Città e nel suo distretto, sul suo o sul terreno di un altro, quattro modioli di terreno o di vigna, in modo tale che da ciò abbia la possibilità di ricavare e di raccogliere cereali o vino per lo scopo affinché in questa Città prosperi una abbondanza di cibarie, sotto pena di 10 libre di denaro per qualsiasi trasgressore, per ogni anno. E contro i delinquenti di tale modo, i detti Podestà e suoi officiali abbiano l’obbligo di investigare e di fare la procedura in seguito alla delazione e alla denuncia di chiunque; e per loro officio, una volta al mese, e debbano punire e condannare, sotto la detta pena, coloro che sono stati scoperti colpevoli. E da chiunque possa essere fatta l’accusa e la denuncia, ed abbia la quarta parte della pena. Da questi escludiamo le donne, i fanciulli, gli anziani maggiori di sessanta anni, e le altre persone gravate da malattia o impedite da un’altra giusta causa.

       5 Rub.114I servitori e contrattisti che si allontanano dai padroni prima del tempo garantito.

   Se qualche contrattista, aiutante o inserviente di qualcuno si allontanasse dalla abitazione del suo padrone e dal suo servizio a colui a cui promise di fare servizio, abbia l’obbligo per ogni giorno, nel quale non abbia prestato servizio, se sia stato un uomo, di dare al padrone o al detto patrono 10 soldi di denari. Qualora, in realtà, sia stata una donna, abbia l’obbligo di dare e pagare 5 soldi. E sia lecito a qualsiasi patrono o al padrone di catturare il servo o la serva o un discepolo che si è allontanato da tale servizio prima della fine del tempo promesso, o ricondurre costui o costei alla abitazione, senza pena; e spogliare lo stesso o la stessa e prendere le cose che ha con sé, e se nel catturarlo e ricondurlo bastonasse in qualsiasi modo costui o costei, senza giungere alla morte, <il padrone> non sia obbligato in alcun modo ad una penalità. E il Podestà e i suoi officiali abbiano l’obbligo, a richiesta del patrono di far catturare il servo o la serva che ha abbandonato il servizio, o che voglia allontanarsene o di far incarcerare, come sarà piaciuto al patrono. E il contratto fatto o l’obbligazione fatta al patrono o al padrone dal servo o dalla serva, con il patrono o padrone sul prestare servizio e sullo stare con lui o con lei, abbia valore e rimanga stabile e sia messo in esecuzione; nonostante sia fatta qualche eccezione per la minore età, o per qualche altra eccezione. E qualora sia capitato che un servo o serva percuotesse il padrone o il patrono o i suoi domestici, sia punito e sia condannato nel doppio di quanto i Cittadini venissero puniti, quando si bastonassero fra loro; e questo doppio sia intenda semplicemente per questo caso.

       5 Rub.115Le cassette e altri strumenti di misura del Comune.

   Ordiniamo che il signor Podestà e il Capitano e ciascuno di essi facciano tenere tutte le cassette precise e uguali e le loro misure e capacità, con le quali vengono misurati i cereali; e anche tutte le cassette con le quali il sale viene venduto e misurato; e le “canne” e le “braccia” con le quali viene misurato il panno di lana e di lino; e i barili con i quali il vino viene portato, secondo la misura del Comune. Queste misure del Comune su tutte le anzidette cose, devono essere collocate nella Loggia di San Martino, o altrove, ove sembrerà opportuno ai Priori del popolo. E secondo queste misure del Comune le altre debbano essere uguagliate e misurate; e dopo aver fatta questa comparazione di uguaglianza, queste misure si debbano bollare, e contrassegnare con il bollo del Comune ordinato dai detti signori Priori o dal signor Capitano del popolo o dal Podestà. Se qualcuno in realtà sia scoperto dagli officiali del Comune, o da altri, che non tiene bollate dette misure e con esse vendesse qualcosa, sia punito e condannato, per ciascuna volta, con 100 soldi di denari. E nessuna persona, in qualunque condizione si trovi, osi o presuma, nella Città o nel contado, vendere o acquistare una qualche quantità di vino a misura di barili, se i barili non siano giusti e veri secondo la misura del Comune di Fermo, er bollati con il bollo anzidetto. E nessun costruttore di barili osi o presuma di vendere alcuni barili adatti per il vino, se questi barili non siano stati da lui stesso aggiustati alla detta misura e bollati con il suo bollo. Se qualcuno, poi, in qualcuna fra le dette cose abbia trasgredito, venga punito con la pena di 20 soldi <di denari> per qualsiasi volta e per qualsiasi barile. E nessuno osi tenere barili non giusti e non bollati, come è stato detto, né usare questi stessi non giusti. E chi sia stato trovato tenerli o usarli sia punito con l’anzidetta pena dagli officiali del signor Podestà o del Giudice di giustizia. E ogni officiale, tanto del Podestà quanto del Giudice di giustizia, abbia l’obbligo di indagare e investigare, e punire quelli trovati colpevoli e condannarli, sul fatto, con modalità semplice, alle anzidette pene.

       5 Rub.116Le stadere e gli altri strumenti di misura.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che le “buzole” <cassette per misurare> per il grano di Porto di San Giorgio siano eguali alle “buzole” del Comune di Fermo. Il Podestà abbia cura con apporre il bollo il sigillo o in qualunque altro modo che gli sia stato possibile affinché le stadere e tutte le altre misure e i pesi, i marchi e le libre siano eguali e giusti, nel genere di ciascuna cosa. E se abbia trovato o abbia fatto trovare qualcuna delle dette misure o dei pesi, con la quale pubblicamente si fa commercio, essere falsa o non giusta, il Podestà sia obbligato prelevare a colui che la detiene 10 libre di denaro senza alcuna remissione; e tutti i marchi, e ciascuno di questi stessi siano e debbano essere di dodici once per libra; e abbiano in sé dodici once per ciascuna libra secondo la forma del marco di Lucca. E questa libra non sia minore di dodici once di Lucca. E tutti i marchi con i quali nella Città di Fermo qualcosa viene pesato, siano secondo il modo dei marchi di Lucca, e secondo questi stessi marchi si faccia nel dare e nel prendere. E ciò sia fatto ad opera Consoli dei mercati della Città di Fermo. Vogliamo che una stadera debba essere fatta e stare bene e forbita nella camera del Comune di Fermo; e che debba essere fatta un’altra a somiglianza di quella stessa; e chiunque ha questa stadera ogni settimana debba pulirla. E dal Consiglio generale di questa Città venga eletto un solo uomo per ogni contrada per la “scarfina” <controllo>. E questi eletti debbano fare indagine, vedere e investigare se le misure siano state buone e uguali, e bollate e adeguate. Essi abbiano per la bollatura di ogni stadera soltanto 10 denari. E coloro che abbiano trovato qualcuno che ha una misura falsata o un marco, o altro peso facciano la denuncia al Podestà, e il Podestà sia obbligato a prelevargli la condanna anzidetta. E la cassa debba essere larga sulla bocca quanto è nel fondo, diversamente sia considerata come falsa. E nessuno prenda il dazio per il posteggio da qualcuno che viene o che torna dalla Città di Fermo con qualcuno o con alcuni, e chi abbia trasgredito venga punito con 100 soldi di denari per il Comune; e ciò rimanga tutto nella provvidenza del Consiglio generale.

       5 Rub.117Fare uguali gli strumenti di misura nei Castelli e nelle Ville del Comune di Fermo, anche il modo di misurare i frutti.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che nel Castello di sant’Angelo in Pontano e in qualsiasi altro Castello e Villa della Città di Fermo ci siano e siano fatti <gli strumenti di> misure eguali alle misure del Comune di Fermo, cioè lo strumento della misura dei barili da vino, gli strumenti delle misure dei “metri” per misurare l’olio, le “buzette” <cassette> e le ‘quarte’ per vendere il grano e altre sostanze. E altre misure e i pesi, tutti secondo le misure ed i pesi della Città di Fermo. E nessuno possa vendere o acquistare con altro strumento di misura, se non secondo la misura di questo Comune, facendo le stesse misure eguali; e se qualcuno abbia trasgredito, venga punito per qualsiasi volta a 20 soldi di denari. E il Rettore, che nel tempo lo sarà stato in detto Castello di Sant’Angelo, e negli altri Castelli, abbia l’obbligo di mandare in esecuzione le dette cose con il vincolo del giuramento e sotto la pena di 10 libre di denaro dal suo salario. E su ciò chiunque possa accusare ed abbia la metà della pena; e la stessa cosa sia praticata negli altri Castelli e nelle Ville della Città di Fermo. Quando invece vengono misurate le noci, i fichi e altri frutti o pomi, tanto nella Città quanto nei Castelli e nelle dette Ville, vogliamo che siano misurate in questo modo, cioè che il venditore con un sacco o un altro vaso <contenitore> metta nella “buzetta” <cassetta>, e l’acquirente non metta la mano in essa, pena 40 soldi di denari per qualsiasi volta.

       5 Rub.118Non abbandonare l’incastellamento da qualche castello del Comune di Fermo.

   Decretiamo ed ordiniamo che qualunque castellano sia andato via da qualche Castello del Comune di Fermo, e da lì si sia allontanato con l’intenzione di abbandonare l’incastellamento, e sia andato ad abitare in qualche altra Terra, fuori dal distretto e dal contado di Fermo, venga punito dal Rettore in modo reale e personale a suo arbitrio. E si intenda abbandonare un incastellamento quando dopo l’interrogazione su di lui, non fosse ritornato, entro un mese, ad abitare con la sua famiglia nel Castello da cui sia allontanato. Se poi qualche castellano sia andato via da qualche Castello del Comune di Fermo, ove era solito abitare, e sia andato ad abitare in qualche altro Castello del contado di Fermo, sia obbligato a portarsi indietro e ritornare, entro un mese dopo l’ammonizione fatta su di lui presso il Castello dal quale sia andato via, sotto la pena di 50 libre di denaro. E i Sindaci di detti Castelli abbiano l’obbligo di interessarsi, sotto la detta pena, se qualcuno abbia trasgredito.

       5 Rub.119Sia lecito a coloro che hanno Mulini di prendere l’acqua alla sorgente dal terreno altrui, dove l’acqua viene raccolta per detto molino.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che qualunque Cittadino Fermano avesse un qualche mulino o mulini nel distretto, o nel territorio dei Fermani e <quando> la sorgente dell’acqua dove viene raccolta l’acqua per comodo e per utilità del detto molino, o dei detti mulini, o <quando> un fossato o i fossati di detti mulini fossero devastati dallo straripamento o dalla violenza del fiume o di un’altra qualunque circostanza o caso, colui o coloro dei quali siano stati i mulini o il molino, possano impunemente fare il prelievo dal terreno di colui o di coloro che possiedono <terre> vicino alla sorgente della detta acqua, e vicino ai fossati di tali mulini per il comodo e l’utilità di tali mulini; avendo fatto prima l’estimo e il pagamento del prezzo di questo terreno da chi sia stato il possessore di tale molino o dei mulini a favore di colui di cui il detto terreno sia stato oppure a favore di un altro per conto di costui; e questo estimo deve essere fatto per opera di due “buoni uomini” che debbono essere posti dalle parti, cioè uno per ciascuna parte; e qualora questi non fossero d’accordo sul prezzo, ne sia eletto un terzo dai signori Priori del popolo e dal Gonfaloniere di giustizia della Città di Fermo. Aggiungiamo che nessuno debba distruggere né in qualunque modo devastare le chiuse, i vallati, o i fossati dei mulini esistenti nel territorio di Fermo e nel suo contado col motivo di pescare o per altra occasione, tanto da causare un impedimento per questi mulini o per qualcuno di questi stessi, sotto la pena di 25 libre di denaro. E poiché, per lo più, le cose predette si fanno di notte, il malfattore non facilmente può essere rintracciato, vogliamo che, riguardo alla detta devastazione, sia prestata fede al giuramento del proprietario dei mulini o del mugnaio, o di un altro denunciatore o accusatore con un testimonio che abbia visto e sia prova completa nelle dette cose. E così il trasgressore sia obbligato a risarcire il danno col doppio a favore di chi lo ha sofferto.

       5 Rub.120I mugnai.

   Tutti i Mugnai dei mulini, specialmente delle acque dei fiumi Tenna, Ete, Aso prendano per la molitura un solo coppo soltanto da sedici coppi; tuttavia i signori Priori del popolo e il Vessillifero di giustizia, che vi saranno nel tempo, abbiano l’arbitrio di poter aumentare e diminuire questa molitura secondo il variare delle stagioni. Essi abbiano l’obbligo di pesare o di far pesare i cereali e far riportare la farina bollata senza indugio, a volontà di colui di cui sia stato il grano, o di un suo inviato. E se padrone o il suo inviato non sia stato presente, nondimeno il mugnaio sia obbligato a pesare i cereali o la farina, e riportarla all’abitazione per lui. E se la farina pesata sia stata trovata meno del solito o del modo dovuto, o con questa ci sia qualcosa di chicco di grano, o essa sia crocchiante, o macinata male, o scambiata, i detti mugnai siano obbligati a riparare e a risarcire. E sia lecito a chi ha sofferto il danno subito, trattenere dalle cose del mugnaio, o del suo inviato, che abbia riportato la farina, fino a quando il danno non sia stato risarcito e riparato. E se colui che ha sofferto il danno abbia voluto lasciar fare, e non abbia voluto il risarcimento del danno dal mugnaio, nondimeno il Podestà possa, a suo arbitrio, punir costui fino alla somma di 10 libre di denaro, e sia prestata fede a chi ha sofferto il danno e alla sua semplice parola con l’anzidetto giuramento, ed anche al giuramento di un familiare di colui del quale sia stato l’anzidetto grano. E affinché ogni inconveniente che può esser suscitato nelle dette cose sia eliminato, l’officiale della pesa o del dazio, che è l’incaricato di pesare, sia obbligato a non pesare e a non bollare alcuna farina che il mugnaio abbia voluto riportare all’abitazione di colui, del quale fosse la farina; a meno che il mugnaio, subito dopo la pesatura abbia caricato o abbia messo questa farina sul dorso sopra l’animale con lo scopo di portarla alla abitazione di colui di cui fosse, e allora la bolli e il detto Notaio è obbligato a bollarla, sotto pena di 100 soldi di denari per qualsiasi volta, quando questo Notaio abbia trasgredito, cioè quando la bollasse e non venisse riportata senza indugio e prontamente, come è stato detto. E nessuno mugnaio possa tenere nel molino alcun addetto ‘accattafarina’ se non colui che il padrone del molino abbia voluto e qualora il mugnaio ne abbia un altro, sia punito con 10 soldi di denari. E il Podestà all’inizio del suo governo sia obbligato a far presentare davanti a sé o ai suoi officiali, i mugnai e gli addetti per la farina e ad essi e a ciascuno di essi faccia che sia giurato e sia promesso e per mezzo di un solenne contratto, e per mezzo di fideiussori ricevere da costoro che praticheranno tutte le singole cose contenute in questo capitolo e di non rubare né di consentire ad alcuno di rubare, né commettere qualche frode nella farina o nei cereali nel suo officio del mulino. E qualsiasi mugnaio abbia l’obbligo di tenere bollati un coppo e mezzo coppo, e di questi coppi la “buzula” <cassetta> del Comune sia della capacità di sedici coppi, e tra queste “buzule”, ciascuna “buzula” sia della capacità di quattro quarte; e soltanto su tali cassette e sui coppi i mugnai siano obbligati a prelevare la molitura e non con altre cose, sotto la pena di 40 soldi di denari per qualsiasi volta; e sia prestata fede al giuramento di colui di cui siano stati i cereali o del suo inviato. E il Podestà abbia l’obbligo, ogni mese, di fare che quei coppi dei mulini siano verificati, misurati e investigati se siano stati giusti ed eguali, e bollati, come è stato detto; e qualora ne abbia trovato qualcuno falso e non bollato, punisca per ogni coppo così trovato, o non giusto, con 25 libre di denaro sul fatto, e su queste cose possa essere accusato da chiunque, e l’accusatore abbia la metà della condanna. Se in realtà lo abbia trovato non bollato, ma giusto, lo punisca a 10 libre di denaro. Se in realtà l’abbia trovato bollato e falso, sia punito con 25 libre di denaro, sul fatto, per qualsiasi volta; e chiunque per questo possa fare l’accusa, e fare la denuncia ed abbia la metà della condanna e prelevare altrettanto, sul fatto, a chi fa il bollo. E i mugnai abbiano l’obbligo di portare i cereali al mulino e di non mettere alcun ‘farinello’, se non quel tanto che il padrone del mulino abbia voluto, sotto la pena di 100 soldi di denari. E i padroni dei mulini abbiano l’obbligo di giurare, praticare e di far praticare dai loro mugnai tutte le singole cose dette sopra; e se abbiano trasgredito, di denunciarli al Podestà e alla sua Curia, il quale sul fatto li punisca quelli con le dette pene. Inoltre nessuna persona che ha un mulino in qualche “catasta” (raccolta d’acque) di mulini, né alcun altro, dopo che i canali sono stati posti e allocati in accordo comune e per volontà di coloro che avessero i mulini nella stessa “catasta” dell’acqua, possa abbassare né debba modificare, indebolire o ostruire in qualche modo, qualche canale, o una “composta” (terricciato) per cui l’acqua scorrente da tale “catasta” per tali molini o questi mulini o le loro ‘mole’ possano essere ostacolate in qualche maniera. E chi abbia trasgredito, sia punito sul fatto con 25 libre di denaro, per qualsiasi volta e risarcisca il danneggiato con il doppio del danno. E se i mulini o la “catasta” delle acque dei mulini o il terricciato, o la chiusa o qualcuna di queste siano stati devastati, talmente che ci fosse bisogno di fare riparazioni, se qualcuno tra i consoci abbia voluto fare la riparazione, possa liberamente fare la riparazione a sue spese; purché, tuttavia, gli altri consoci in seguito siano obbligati e, prima che i molini ricominciano a macinare, debbano risarcire queste spese per la rata parte, a colui che abbia fatto la riparazione o abbia fatta fare la riparazione, tali spese, dando fiducia per le spese a colui che abbia fatto queste spese, con il suo giuramento, e ciò debba essere fatto in modo sommario, semplice, e calmo, senza chiasso, né parvenza di sentenza, dopo aver conosciuta esclusivamente la verità. E il Giudice dinanzi al quale sia stata proposta una lagnanza sulle dette cose, possa e debba sul fatto costringere tali consoci alla restituzione delle dette cose, nel modo anzidetto, e ai danni, all’interesse e alle spese che per questa cosa abbia sostenuto colui che abbia fatto tali spese e in particolar modo se il denaro che ha speso per la detta riparazione l’abbia preso ad usura, nondimeno egli debba essere risarcito dai detti soci; e il detto Giudice entro un mese faccia restituire a sé, con esito, la somma propria e i danni. E chi fra i detti consoci, per la parte nelle anzidette spese a lui spettante, si rifiutasse e non lo volesse restituire o non l’abbia restituito, come è stato detto, la parte di quel suo mulino, o della “catasta” dell’acqua dei mulini sia applicata a colui che fabbrica o restaura e fa tali spese per l’intero si addossata colui che la fa. Inoltre questi mugnai, per ogni cereale che abbiano macinato, siano obbligato a prendere la detta molitura. Inoltre qualsiasi mulino o la “catasta” dell’acqua dei mulini abbia un suo difensore delle “taglie” (quote) quanto è per consuetudine da quella parte, dove venga arrecato meno danno, che non impedisca agli altri mulini che stanno sopra e per quelli sotto, quando venga fatto qualcosa per una riparazione, o per i “cessorio” (fuoruscita) di tale “catasta” d’acqua dei molini, dove macinino di meno. In realtà i proprietari dei mulini che non hanno le dette cose, siano puniti con 100 soldi di denari, per ciascuno. Inoltre ogni corso <d’acqua> dei mulini debba tenere e avere un Capitano per le riparazioni da farsi sui mulini e sui corsi d’acqua dei mulini, e i padroni dei mulini debbano eleggere costui entro il primo mese di governo del Podestà. E il Podestà costringa questi stessi a fare la detta elezione, e questi proprietari dei mulini siano obbligati e debbano obbedire in tutte le cose e per mezzo di tutte le cose a questo Capitano per il comodo e per l’utilità e per la riparazione o la risistemazione di questi mulini e dei corsi d’acqua, e per le altre cose necessarie di questi stessi mulini. E colui che sia stato il Capitano degli anzidetti possa imporre una condanna fra gli stessi nell’occasione dell’officio dei mulini, fino a 5 soldi di denari per qualsiasi volta, e ciò ogni qualvolta a lui sembrerà opportuno; e il Podestà, a richiesta di questo Capitano, sia obbligato a riscuotere sul fatto tale condanna. Inoltre in ogni “catasta” dell’acqua dei mulini ci deve essere un solo custode, che debba custodire i mulini di tale “catasta” e costui debba essere eletto da coloro stessi dei quali sia stata la “catasta”. Inoltre se qualcuno mandasse i detti cereali al mulino con il suo somaro, i Mugnai non possano ricevere se non soltanto un solo coppo raso per ogni salma di grano, o di un altro cereale, sotto la pena di 40 soldi di denari per qualsiasi volta quando egli abbia trasgredito, e sia obbligato a restituire il cereale che ha preso in più, e sia prestata fede al giuramento di colui che sia andato con detta salma di cereali. Inoltre nessun Mugnaio o qualsiasi altro osi spezzare o rompere o far spezzare qualche chiusa dei mulini o del fossato di qualche mulino, sotto la pena e con la pena posta sopra sul <precedente> prossimo capitolo. Inoltre i mugnai possano e debbano prendere la molitura da colui a cui la biada appartiene, o dal suo inviato a misura rasa con la rasura fatta con un legno o con un ferro, prima che il cereale venisse pesato, sotto la pena di 100 soldi di denari, e sia obbligato a rendere la farina di quel cereale nel peso, entro tre giorni, da calcolarsi includendo il giorno in cui è stata accolto il cereale, sotto la pena di 40 soldi di denari Inoltre nessun mugnaio osi restare presso il “bussolo” del Comune dove i cereali sono venduti o acquistati, fino all’ora nona, sotto la pena già detta. Inoltre ogni Mugnaio sia obbligato a portare, ogni sera, all’abitazione del padrone del mulino, la molitura di quel giorno e della notte precedente, senza alcuna frode, sotto la detta pena. Inoltre tutti i Mugnai siano obbligati fare e provvedere che i mulini macinino di continuo, di giorno e di notte, pena 100 soldi di denari qualora, per colpa loro siano stati fermi, e siano obbligati a risarcire ed emendare il danno che i padroni dei mulini abbiano sostenuto e su ciò ci si attenga al giuramento dei padroni dei molini. Inoltre i Mugnai, ogni anno, siano obbligati e debbano fare qualche Capitano nel motivo di fare un cero nella festa di Santa Maria del mese di agosto; e siano obbligati a fare questo cero ogni anno, e allora il detto Capitano comandato a ciò perduri per quel mese soltanto, e non di più, sotto la pena di 100 soldi di denari per qualsiasi volta e per ognuno. E su qualunque dei già detti capitoli chiunque possa far un’accusa ed abbia la metà della condanna; e tutte le singole cose qui sopra scritte si intendano ed abbiano vigore per tutti i Mugnai della Città, e del distretto e per tutti i mulini della Città e del distretto.

       5 Rub.121I beccai ed i macellai.

   Decretiamo ed ordiniamo che per nessun Beccario <Macellaio> o Macellatore della Città di Fermo, qualche animale o qualche bestia, che debba essere venduta, resti o la faccia restare in qualche macelleria, per lo stato o per il vento o per qualche altra astuzia, sotto la pena di 100 soldi di denari da riscuotere dal trasgressore, sul fatto. E nessun Macellaio getti o faccia gettare il sangue, il marciume o qualche altra cosa immonda in qualche luogo, nelle piazze o nelle altre vie pubbliche o in luoghi ove possano rendere un cattivo odore a coloro che vi soggiornano e a coloro che dimorano negli alloggi, né dinanzi a detti alloggi o magazzini, sotto la pena di 20 soldi di denari da riscuotersi sul fatto. E nessuno bruci o faccia bruciare una animale porcino nella piazza del Comune né avanti agli alloggi della piazza, ma soltanto entro i detti loro alloggi, sotto la pena di 20 soldi da riscuotersi sul fatto. E nessun Macellaio acquisti carni morticine o malate né qualche bestia malata a motivo di rivenderla, neppure le rivenda a qualcuno, in alcun modo, sotto la pena di 10 libre di denaro per ciascuno e per qualsiasi volta da riscuotersi sul fatto. E nessun Macellaio venda un <dato> genere di carni al posto di altre carni: cioè carni malate per sane, quelle di scrofa per carni di maiale, di pecora per carni di castrato, di castroni per carni di capra, e così sulle simili, sotto la pena di 100 soldi di denari da riscuotersi sul fatto. E tutti i Macellai abbiano l’obbligo di scuoiare le carni di scrofa quando le tenessero per vendere in modo che si possano distinguere dalle carni di maiale, sotto pena di 20 soldi di denari, da riscuotersi sul fatto. Ma non debbano scuoiare le carni di maiale, se non quelle che colui che vuole acquistarle abbia chiesto di scuoiarle, eccetto per i maialini castrati per scuoiare i quali non abbiano l’obbligo. Inoltre questi Macellai siano obbligati a dare e vendere ad un giusto e buon prezzo le carni che abbiano venduto, sotto la pena di 10 soldi di denari per qualsiasi oncia di carni che abbiano dato in meno e su ciò sia data fede alla relazione dell’officiale, se egli stesso lo abbia scoperto, o anche al giuramento dell’acquirente. Inoltre questi Macellai abbiano l’obbligo nei mesi di maggio, giugno, luglio, agosto e settembre di vendere carni fresche, propriamente di quel giorno, nel quale abbiano macellato gli animali, ma da quel giorno in avanti; e dopo quel giorno, in cui le abbia macellate, non possano, neppure debbano vendere quelle carni, nei detti mesi, sotto pena di 20 soldi di denari, per qualsiasi volta, e per ognuno, da riscuotersi sul fatto. Negli altri mesi, in verità, possano e debbano vendere queste carni, e in quel giorno nel quale abbiano macellato e nel seguente, tuttavia non possano venderle né macellare nei giorni o nelle festività principali, sotto la pena di 20 soldi di denari. E siano eletti due uomini ad opera dei signori Priori del Popolo e del Vessillifero di giustizia, l’ufficio dei quali duri soltanto due mesi ed abbiano dal Comune, per loro salario, 20 soldi di denari per ciascuno; e l’officio di costoro sia tale, cioè che questi stessi abbiano l’obbligo di valutare tutte le carni. E affinché il modo di vendere venga posto meglio nelle loro valutazioni debbano far conoscere al signor Podestà e al signor Capitano o ai loro officiali e ai detti signori Priori e al Gonfaloniere, e secondo ciò che sia stato deliberato, così questi Macellai abbiano l’obbligo di vendere. Inoltre gli officiali di qualsiasi Rettore siano obbligati a tenere un paio di bilance e l’arnese ‘marco’, e il Tesoriere del Comune sia obbligato a consegnare ad essi queste e questo e a pesare e a controlla i pesi delle carni che fanno questi macellai, a richiesta di qualunque richiedente, ed anche secondo il proprio officio, se siano state pesate giustamente o no; e se abbiano scoperto qualcuno fra essi che non pratichi l’ordine e il detto modo, lo puniscano e condannino sul fatto alle dette pene. E se questi officiali siano stati negligenti nelle dette cose, o abbiano commesso una frode, debbano essere condannati a 10 libre di denaro durante il tempo del sindacato. E nessun Macellaio possa né debba vendere il pesce fresco, ma solamente i pescatori, né questi Macellai possano o debbano stare insieme con questi pescatori a vendere pesci né vicino ad essi né istruirli, sotto la pena di 10 libre di denaro. E nessun Macellaio mentre vende le carni osi pesare insieme con queste carni, né dare a peso la testa, o i piedi, o le unghie (di porco), né i visceri di alcun animale. E qualora qualcuno volesse le cose separate per sé, e non messe insieme con le altre, siano obbligati a darle al modo delle altre carni, ma ad un prezzo minore, sotto la pena di 20 soldi di denari da riscuotersi sul fatto. E nessuno Macellatore possa né debba salare le carni di maiale, fino all’ottava di san Martino, e chi abbia trasgredito sia punito sul fatto, a 20 soldi di denari e perda le carni. E a nessun Macellaio sia lecito porre qualche asse o banco oltre il consueto banco, avanti alla bottega ove lo stesso macellaio stesse stabilmente, sotto la pena di 20 soldi di denari da riscuotersi sul fatto. Inoltre a nessuno sia lecito stare a vendere o macellare carni al di fuori del banco della bottega, ma per <fare> questo sia obbligato a rimanere entro i detti ‘banchi’ del locale, sotto la pena di 20 soldi di denari per ognuno di loro da riscuotersi sul fatto. Inoltre ogni Macellaio che abbia arrostito una piccola scrofa per una porchetta, e questa avesse fatto qualche “feta” (filiazione) questo Macellaio sia punito e chiunque altro che facesse ciò e <la> vendesse per porchetta, con <pena> 40 soldi di denari. E nessun Macellatore debba tenere le carni avvolte nelle pelli dopo che siano state scuoiate, sotto la pena di 40 soldi di denari da riscuotersi sul fatto. E se qualcuno fra i Macellai abbia trasgredito in qualcuno di questi capitoli paghi le pene già dette, e nondimeno perda le carni; e ciò non sia intenso per i capretti o per gli agnelli. Inoltre a nessun Macellaio sia lecito fare o vendere carni nelle vigilie delle festività della Beata Maria Vergine o nelle vigilie degli Apostoli e delle Quattro “Tempora” <stagioni>; e chi abbia trasgredito paghi una pena di 100 soldi da riscuotersi sul fatto. E possa essere accusato e denunciato da chiunque e l’accusatore o il denunciatore abbia la metà della condanna. E ciascuno di questi Rettori sia obbligato a investigare e a punire sul fatto i colpevoli scoperti. Inoltre i Macellai siano obbligati a vendere tutte le carni, eccetto i capretti, a libra ed a peso secondo il modo detto, cioè i signori Priori del popolo, e il Vessillifero di giustizia, il Podestà e il Capitano, che vi saranno stati nel tempo, o quelli che sono interessati in modo particolare, siano obbligati e debbano in proprio nome, una volta nei singoli mesi, verificare la condizione delle carni, facendo acquistare sulle singole carni, o sugli animali, e facendo esami e indagini su tutte quelle che vengono usate nel tempo, in ogni modo col quale potranno con più sicurezza e debbano sapere e vedere tramite la detta esperienza, per quanti denari una libbra di quelle carni può essere data, e secondo le condizioni che abbiano trovato. E affinché questi Macellai possano dalla loro arte comodamente guadagnare, abbiano reddito, fissino il costo, come a loro sembrerà che convenga; e decidano su ciò, al più ogni singoli due mesi, per quanto prezzo debbano dare le libre di qualsiasi tipo di carni: purché una libbra sempre debba essere dodici once almeno; e secondo tale valutazione di estimo, la rendita e il comando, i macellai siano obbligati a vendere le carni, sotto la pena di 20 soldi di denari per ciascuno, e per qualsiasi volta da riscuotersi sul fatto. I signori Priori e il Vessillifero di giustizia siano obbligati di dare il prezzo valutato e il provento, entro i 10 giorni iniziali del loro officio, sotto la pena di 10 libre di denaro per ciascuno da riscuotersi nel tempo del loro sindacato. E nessun Macellaio osi vendere alcune carni senza la valutazione, l’estimo e tale provento ad essi data, sotto pena di 100 soldi di denari, per qualsiasi volta, da riscuotersi sul fatto. Il Notaio del Podestà e del Giudice dei danni dati debba investigare, indagare, e punire come sopra per queste cose; e questi Macellai possano essere accusati da chiunque, e l’accusatore abbia la metà della condanna.

       5 Rub.122I pesci da vendere.

   I Cittadini Fermani o i distrettuali, e anche forestieri possano portare pesci freschi alla Città di Fermo con motivo di venderli, tuttavia in modo tale che tutti i pesci, subito dopo che li abbiano posti sul banco, nello stesso tempo li tengano nel banco per vendere pubblicamente, non però dentro la porta della bottega, ma al di fuori, sotto la pena di 20 soldi di denari da riscuotersi sul fatto, e se abbia trasgredito sul fatto perda anche i pesci. E chiunque prenderà pesci nel mare o nei fiumi per vendere, dal Tronto fino al Potenza, sia obbligato a portarli alla Città di Fermo, e venderli nella piazza di San Martino e praticare le anzidette cose, conformemente alla detta pena. E a chiunque, tanto Cittadino quanto forestiero sia lecito di portare pesci a vendere nella Città di Fermo; purché debbano vendere tali pesci secondo la forma di questo capitolo. Tuttavia qualora essi non potessero vendere secondo la loro volontà, siano impegnati a venderli come possono in modo tale che siano venduti completamente in questa Città, dopo che li abbiano portato in questa Città, sotto la già detta pena. E nessuno acquisti o possa acquistare i pesci, se non per il cibo suo e della sua famiglia presso il Porto di San Giorgio, non altrove lungo la riva entro gli anzidetti confini, ma tuttavia coloro che abbiano voluto debbano fare l’acquisto soltanto nella Città di Fermo, sotto la pena di 100 soldi di denari, da riscuotersi sul fatto dal venditore e dall’acquirente e per ognuno degli stessi che abbia trasgredito da sé o per mezzo di altri. Tuttavia chiunque possa vendere o acquistare pesci cotti o salati, non in realtà altri <pesci>pesce d’altro modo, sotto la già detta pena. E tutti i pesci freschi e da qualsiasi parte piano provenienti nella Città di Fermo o al Porto di San Giorgio, o siano stati consegnati dai pescatori o da altri, debbano essere venduti al minuto dagli stessi portatori soltanto e non da altri. E a nessuno Fermano, o ad altri possano essere venduti questi pesci, né una loro parte con il motivo di portarli fuori Città per vendere al minuto al altri. Facendo salvo ciò che sia lecito e sia stato lecito agli abitanti del contado (o comitativi) e del distretto (o distrettuali) di acquistare a motivo di vendere ad altri comitativi, al minuto, per uso, per cibo e per necessità loro o della loro famiglia. E chiunque abbia portato pesci cotti o pesci congelati alla Città di Fermo o al Porto, soltanto colui che li porta, non un altro, possa e debba venderli, al minuto. E questo venditore sia obbligato, mentre si trovasse a vendere i detti pesci nella piazza, ad avere davanti a sé una bella Tovaglia e di non toccare con le sue mani, né fare alcuna sporcizia, né esercitare qualche turpe opera, nel momento che abbia venduto pesce congelato, sotto la pena di 20 soldi di denari. E non sia consentito ad alcun forestiero il vendere questi pesci, all’ingrosso, per portarli fuori dalla Città, sotto la pena di 100 soldi di denari, da riscuotersi sul fatto dall’acquirente e dal venditore e da chiunque di essi, e per chiunque in solido, e per il fatto stesso perda e debba perdere gli stessi pesci che pervengano al Comune di Fermo. Inoltre a nessuno sia lecito vendere pesci freschi nella Città di Fermo, se non a quelli che li abbiano presi con la propria barca; e chi abbia trasgredito sia punito sul fatto a 40 soldi di denari, per qualsiasi volta. Inoltre qualsivoglia abitante del Porto di San Giorgio nella abitazione propria o affittata, debba avere un solo posto di vendita sulla riva, o uno fra due vicini e una rete per pescare; e nel tempo quando il mare sarà stato calmo, abbia l’obbligo di pescare, e portare in Città il pesce che abbia preso per vendere, sotto la detta pena. E tutti e i singoli pescatori del Tronto fino Potenza siano obbligati e debbano portare alla Città di Fermo tutti i pesci che abbiano preso per vendere, così tuttavia che sia lecito a qualsiasi pescatore trattenere questi pesci per suo cibo, se abbia voluto. E sia anche lecito fare la vendita a tutti gli uomini di quel Castello da dove il pescatore proviene, se il Castello sia stato dentro le dette senaite <confini>, e portare i restanti pesci alla Città di Fermo, senza alcun intervallo <di tempo> e senza alcun altra consegna dei pesci, quanto, come è stato detto sopra; né osi portare o mandare questi pesci altrove che <non> alla Città  di Fermo, sotto la pena di 10 libre di denaro, per ciascuno e per qualsiasi volta, da riscuotere sul fatto; e i pesci siano perduti, per il fatto stesso, e arrivino al Comune. Sia anche lecito a chiunque ricevere impunemente i detti pesci che un altro portasse o prelevare da costui. Inoltre ogni forestiero che viene qualche volta al Porto di San Giorgio con le reti, e con barche per pescare, sia obbligato e debba scaricare in detto Porto tutti i pesci che prenderà, e senza alcun intervallo trasportare questi pesci alla Città di Fermo, e non portarli in un altro luogo; e se abbia trasgredito, perda per il fatto stesso pesci e barca, e siano assegnati al Comune di Fermo. Inoltre l’albergatore o chi accoglie qualche forestiero che viene per pescare al detto Porto abbia l’obbligo e debba dichiarare a lui e dirlo, affinché pratichi le cose già dette; altrimenti se non lo abbia detto, lui sia obbligato e debba risarcirgli ogni danno, che soffrisse da ciò. E la stessa cosa diciamo per il Capitano del Porto, che a costui debba dar informazione. E gli storioni e i pesci grandi o grossi oltre 20 libre, si rimarranno nelle piazze dall’ora terza in avanti, si vendano al minuto, a libra, secondo l’estimo di due uomini buoni e legali fra quelli che  ci saranno per le entrate dei Macellai. Inoltre chiunque pesca i pesci dal Castello di San Benedetto fino al Porto di S. Giorgio ed anche per tutto il distretto di Fermo, debba portarli alla Città di Fermo, e venderli in questa Città, sotto la pena di 10 libre di denaro da riscuotersi sul fatto da ciascuno e per qualsiasi volta; tuttavia possa trattenere per sé o per uso della sua famiglia e venderli agli uomini dei detti Castelli per loro o per uso delle loro famiglie. E quelli di San Benedetto, di Grottammare, di Marano, di Boccabianca possano vendere i pesci per tutto il giorno, quando essi stessi li abbiano presi e portano soltanto e non di più, sotto pena 10 libre di denaro per qualsiasi trasgressore e per qualsiasi volta, da riscuotersi sul fatto. Inoltre chiunque che porta pesci freschi per vendere, debba venderli nella piazza di mezzo, o di San Martino o di San Bartolomeo o di San Zenone; purché non li vendano nei borghi dei Macellai. Inoltre nessuno, che sia stato un Macellaio, possa né debba vendere, o comperare con il motivo di rivendere alcuni pesci freschi nella Città, e nel distretto di Fermo, né osi sostare presso o vicino ad una panca dove vengono venduti pesci da qualche pescatore durante il tempo in cui vengono venduti pesci in tre panche, o in altrettanto spazio; né avere qualche barca o una rete per pescare, né pescare con essi, eccetto il tempo di Quaresima, ed eccetto se abbia voluto tutta la barca, comperandola per pescare al di qua del Tronto e sino sopra il Potenza e con essa pescare dovunque e prendere pesci, e comperare da chiunque e portarli alla Città di Fermo, e venderli in questa Città, nel modo e nella forma già detti e non in altro luogo. E se qualcuno dei già detti abbia trasgredito, in qualcuno dei detti casi, venga punito con 10 libre di denaro qualsiasi volta e per ognuno, e possa essere accusato da chiunque e l’accusatore abbia la metà della condanna. E quelli che sono o saranno i controllori dei Macellai, siano e si intendano come controllori dei pesci e dei venditori di pesci. E questi controllori facciano indagini sollecitamente se si sia trasgredito ad opera di qualcuno, qualora abbiano scoperto qualche delinquente, subito lo debbano denunciare al signor Podestà o al Capitano, si usi piena fiducia alla denuncia di costoro o di una denuncia senza altra prova. E il Podestà o il Capitano debbano condannare nelle pene già dette i trasgressori; e i controllori debbano avere la metà di queste pene della condanna. E se qualcuno di questi stessi abbia commesso frodi nel tale loro officio, siano condannati dal signor Podestà e dal signor Capitano con 10 libre di denaro. Va aggiunto che i pesci freschi si debbano vendere prima dell’ora nona nel periodo estivo. Nel tempo invernale, in realtà, si possono vendere per tutto quel giorno: dall’ora anzidetta in avanti, l’officiale sia obbligato a buttare e far cadere i pesci sulla piazza, e a chiunque sia lecito prenderli e portarli via. E sia affidato all’arbitrio del Rettore dire quando sia considerato tempo estivo e invernale. In realtà possano e debbano essere venduti questi pesci secondo la decisione, la disposizione, la volontà del Podestà, del Capitano e degli estimatori, dei quali verrà parlato in seguito, quando costoro siano stati eletti, o di altri, che essi stessi o qualcuno di questi stessi abbia voluto incaricare, sia per il prezzo che per il peso. E se qualcuno abbia trasgredito, per ognuno e per qualsiasi volta venga punito a 10 libre di denaro. E i signori Priori e il Gonfaloniere di giustizia abbiano l’obbligo e debbano eleggere due estimatori per fare l’estimo dei detti pesci durante il tempo del loro governo, quando vengono eletti i Consoli dei mercanti, e l’ufficio di questi estimatori duri per due mesi, e siano eletti per contrada in modo successivo, e colui che per una volta sia stato in questo officio, non possa stare nello stesso fino ad un anno, sotto pena per i detti signori Priori e per il Gonfaloniere, qualora abbiano trasgredito, di 10 libre di denaro per ciascuno. E questi estimatori siano i controllori nel controllare le carni sopra i macellai. E chiunque sia stato Podestà o Vicario nei Castelli di Grottammare, Torre di Palme, Marano, S. Benedetto e Boccabianca, abbiano l’obbligo di far venire alla Città di Fermo, per la vendita, tutti i pesci che vengono pescati dagli uomini e dai pescatori di questi Castelli o di altri luoghi: purché tuttavia sia lecito ad essi trattenere la quarta parte degli stessi pesci, se l’abbiano voluto, negli stessi Castelli per il loro vitto. E ciò sia inteso per i detti Castelli, a meno che dal concilio di Fermo venissero presi provvedimenti in modo diverso.

       5 Rub.123I fornai.

   I fornai per il loro compenso per il ‘fornatico’ (compenso di produzione) possano prendere per ogni centinaio quattro panetti dalla quantità di pane che abbiano cotto, non tra i più grandi né tra i più piccoli ma tra i mezzani; per le torte, in realtà, possano prendere un solo panetto per ogni centinaio. E secondo questa razione, costoro, fornaie o fornai o tortaie ricevano in proporzione; e se abbiano trasgredito questi stessi, o qualcuno di essi, sia punito, sul fatto, con 20 soldi di denari per ognuno e per qualsiasi volta. Tuttavia i signori Priori e il Gonfaloniere di giustizia possano secondo il variare dei tempi (stagioni) e secondo il valore delle cose, decidere, ordinare e stabilire che costoro fornai o tortaie possano prendere un maggiore o minore quantità di panetti, come a loro parrà o piacerà. E se il pane, per negligenza o per difetto del fornaio venisse perduto, o non cotto bene, o cotto in parte, i fornai siano obbligati a restituire e risarcire; e in queste cose sia prestata fede alla semplice parola del padrone o della padrona di cui il pane sia stato, o del loro inserviente, senza alcun giuramento. E il Podestà o il Capitano siano obbligati di far giurare tutti i fornai e con un solenne contratto promettere, e da ogni loro uomo o donna, ricevere idonei fideiussori o garanti di praticare tutte le singole cose contenute in questo capitolo, e di svolgere l’officio dell’attività del forno in buona fede e senza frode, secondo la forma del capitolo anzidetti e sotto la pena contenuta nel presente capitolo. Inoltre ogni padrone del forno sia obbligato a avere un camino nel suo forno, o nella bocca del forno, da dove esca il fumo al culmine (tetto) dell’abitazione, in modo tale che i vicini da quel fumo non possono avere alcun danno, né ricevere un pericolo, sotto la pena di 100 soldi di denari. Inoltre questi fornai siano obbligati a cuocere il pane per ciascuno che lo manda o lo porta al suo forno, a richiesta di chi lo manda o lo porta, se a lui abbia detto prima l’ora opportuna, con tutta la legna propria, e senza ricevere nient’altro per la cottura di questo pane, se non soltanto il predetto compenso ‘fornatico’; e se chiedesse qualche altra cosa  in questa occasione, o rifiutasse di effettuare la cottura, venga per il fatto punito con 100 soldi di denari, e circa le dette cose sia prestata fede a colui del quale sia stato il pane o colui che abbia portato il pane a forno. E ogni fornaio abbia una fossa nell’abitazione, nella quale ha il forno, per mettere in essa carboni accesi o la brace del fuoco, e in essa debba radunarla, in modo tale che non possa arrecarsi alcun danno quando vi sarà stato il vento, che possa portare il fuoco a un ceppo, sotto la detta pena. E ogni tortaia, o fornaia o chiunque altra che abbia portato pane al forno, sia obbligata a riportarlo e riconsegnare, dopo che sia stato cotto, all’abitazione di colui del quale sia stato il pane, interamente quanto ne sia stato, senza diminuzione alcuna, sotto la pena di 20 soldi di denari per ognuno e per qualsiasi volta. E chiunque ha un forno nella Città, sia obbligato e debba, dopo portato via il pane, chiudere con chiavistello questo forno, soprattutto di notte, sotto la detta pena. E nessuna donna osi filare nella abitazione ove ci fosse un forno, né portare in tale abitazione una rocca, sotto la pena di 5 soldi di denari per ogni trasgressore e per qualsiasi volta. E il trasgressore su ciascuno dei detti capitoli possa essere accusato da chiunque e l’accusatore abbia la metà della pena.

       5 Rub.124I panificatori e venditori di pane.

   Nessuna persona venditrice ossia panificatrice permetta a qualcuno di toccare il pane nel paniere o cesti o in altro luogo nel quale tiene il pane per vendere, né lei stessa lo tocchi, se non con le mani lavate, ma abbia e sempre debba avere sopra il pane una tovaglia bianca e un bastone piccolo e sottile, della lunghezza di un piede, o quasi, con il quale coloro che vogliono acquistare il pane, possano toccare e capovolgere scoprendolo; e se il tale che vede il pane, abbia voluto detto pane, la venditrice, o la panificatrice gli dia il detto pane, cioè quello che lo vuol e che abbia toccato col bastone; e dopo che questo pane sia stato preso in mano o nel grembiule, o altrove dall’acquirente, non possa essere ricollocato nel detto cesto. Inoltre nessuna panificatrice o venditore osi tenere qualche maiale in piazza, e se abbia trasgredito in queste cose, venga punito sul fatto con 20 soldi di denari per ciascuno e per qualsiasi volta. Inoltre a nessuno dei già detti sia lecito acquistare cose commestibili prima dell’ora nona per rivenderle, sotto la pena di 20 soldi di denari. Inoltre a nessuno dei già detti, neanche ad altri sia lecito, mentre stesse a vendere il pane o le verdure, tenere una rocca o una conocchia né filare mentre stesse per queste cose; né per mettere ad alcuna che fila di stare con sé mentre vendesse le dette cose, né gli permetta di toccarle, sotto la pena già detta. E nessuna di queste, né alcun’altra donna, possa portare una conocchia nella piazza del Comune o nelle piazze, con la pena già detta di 20 soldi. Inoltre queste panificatrici e chiunque di altri venditori del pane siano obbligati a vendere il pane secondo la disposizione e l’ordinamento da farsi dai Regolatori del Comune, sotto la pena di due soldi di denari per ciascun pane, se non sia stato del peso ordinario; e debba perdere i pani, e debba esser dato, tramite l’officiale, ai carcerati o ai catturati. I Regolatori d’altra parte nel fare tale disposizione o ordinamento abbiano sempre considerazione del valore del grano secondo il corso del tempo. Inoltre nessuna panificatrice, venditrice, macellaio o chiunque altro che stesse o abitasse, o avesse dimora nei locali o nelle abitazioni dal corridoio che fu un tempo del signor Matteo Ugolini fino alla Torre che fu un tempo di Nicoluccio Ruggeri, osi acquistare volatili, lepri o altri <animali> selvatici, né tenere da vendere le loro carni né vendere, sotto la pena di 20 soldi di denari per ognuno, e trasgressore possa essere accusato e denunciato da chiunque e l’accusatore o il denunciatore abbia la metà della pena, e sia prestata fede al giuramento dell’accusatore o del denunciatore.

       5 Rub.125Commestibili che non possono essere acquistati entro i confini della Città.

   Inoltre vogliamo che a nessuno sia consentito comperare o far comperare fuori la Città o dalle sue mura, entro questi confini, cioè da Grottazzolina a Poggio Rainaldo dentro verso la Città di Fermo, e da Torre di palme dentro, cose commestibili con il motivo di rivenderle. E chi abbia trasgredito sia punito per il fatto stesso con 20 soldi di denari. E a nessuno sia consentito comprare o far comperare per suo conto o tramite un altro, con ilo motivo di rivendere polli, uova, formaggio, o alcune cose commestibili, in qualche altro luogo entro i detti confini, o fuori la Città, sotto la detta pena. Sia possibile, in realtà, dentro la Città, dopo l’ora nona, e non in modo diverso, nella detta pena, da riscuotersi sul fatto e per qualsiasi volta e per ogni trasgressore. E in ogni contrada venga eletto dai signori Priori e dal Gonfaloniere di giustizia, che ci saranno nel tempo, un solo uomo che sia il custode delle dette cose e denuncerà i trasgressori, e sia prestata fede al giuramento di ciascuno di questi stessi, ed abbia la metà della pena. E nessuno possa mettere il “cottimo” (dazio) sui frutti prima dell’ora nona, sotto la detta pena da riscuotersi sul fatto. E il Podestà abbia l’obbligo di investigare sulle già dette cose, e punisca i colpevoli scoperti con le già dette pene.

       5 Rub.126Il modo e la forma da offrirsi agli ospitatori.

   Inoltre Decretiamo che il Capitano o il Podestà insieme con i signori Priori e il Vessillifero di giustizia della Città di Fermo siano obbligati ad eleggere due buoni uomini e legali con età maggiore di 40 anni della Città di Fermo che debbano presiedere acciocché gli strumenti di misura degli ospit(ator)i che vendono biade al minuto, cioè le cose da offrire ai cavalli, siano bollati con il bollo del Comune, e acciocché coloro che ospitano diano ad essi il modo e la regola per vendere le cose da offrire, e secondo la misura e la regola che da questi sono date a loro e comandate da questi, così sia messo in esecuzione. E il Podestà il Capitano facciano eseguire quello che sia stato comandato da costoro, sotto la pena di 25 libre di denaro da trattenere dalla loro paga. E se qualche ospite sia stato scoperto trasgredire la regola e la misura comandate o prevaricare, sia con 100 soldi di denari per ciascuna volta. E se i detti due eletti siano stati negligenti nell’esercitare il loro ufficio, ciascuno di essi sia punito con 100 soldi di denari. Ed abbiano e debbono avere per loro salario 20 soldi di denaro per ciasuno e il loro ufficio duri sei mesi.

       5 Rub.127Nessuna persona prenda come ‘tenuta’ un possedimento del Comune.

   Inoltre Decretiamo che nessuna persona, in qualsiasi condizione e stato stia, osi o presuma, in alcun modo o potere, a causa di qualche debito, prendere o accettare, come ‘tenuta’ o possesso, d’autorità propria, né comperare i beni del Comune di Fermo: e cioè i prati, le altre cose, le fornaci, le <fosse> ‘carbonarie’, le fontane e il terreno delle fontane, gli stagni o altri beni immobili, o Castelli del Comune di Fermo. E chiunque nei tempi passati, avesse asportato questi beni con possesso, abbia l’obbligo di assegnarli e di rilasciarli ai signori Priori del popolo, e al Gonfaloniere a favore del Comune di Fermo entro 10 giorni dopo la condanna; e il trasgressore sia condannato con 50 libre di denaro, e la ‘tenuta’ presa su tali beni sia per il fatto stesso nulla e stia senza alcuna validità; tuttavia eccettuando il diritto proprio per chi l’ha presa se gli compete qualcosa contro quelli. E il Podestà e il Capitano siano obbligati, all’inizio del loro ufficio, di pubblicizzare che le dette cose siano inviolabilmente praticate.

       5 Rub.128 – Aiuto da darsi per coloro che vogliono fare una cisterna.

   Colui che fa o che fa fare una qualche cisterna entro le mura della Città, per la quale vengono spese 25 libre di denaro o più, colui che la fa deve avere dal Comune libre 10 di denari come contributo. E se qualcuno facesse una cisterna in questa Città, per la quale venissero spese quindici libre di denaro, per lui il contributo del Comune sia la terza parte.

E a nessuno debba essere fatto il pagamento, se. prima la cisterna non sia stata completata; ma dopo che questa è completata, il Podestà sia obbligato a fargli il pagamento, sotto la pena di 100 libre di denaro. E chiunque abbia fatto una cisterna in modo particolare, non sia obbligato a concedere un contributo per le cisterne delle contrade o per quelle da farsi dal Comune. Se qualcuno, abbia ricevuto, in passato, o riceverà in futuro qualche somma di denaro per una cisterna che non abbia completato, debba essere condannato a 10 libre di denaro, e sia obbligato a restituire col doppio il denaro ricevuto per tale motivo. E il Podestà e il Giudice di giustizia facciano una indagine sulle dette cose e possano sul fatto richiedere ai trasgressori questi soldi così ricevuti e prenderli per il Comune.

       5 Rub.129Vino e mosto da portarsi in Città, e sicurezza per coloro che vengono in questa Città per comperare tale vino e mosto.

   Inoltre decretiamo che sia lecito a tutti gli uomini dei Castelli e delle Ville del distretto di Fermo portare o far portare il loro mosto o vino, che abbiano ottenuto dai loro frutti, alla Città di Fermo o al Porto di San Giorgio, nei singoli anni, nonostante che qualche statuto del Comune di Fermo parli in modo contrario. Noi vogliamo che questo statuto, da questo momento deve essere di nessuna importanza, né efficacia, né validità. Inoltre decretiamo ed ordiniamo che chiunque abbia voluto venire nella Città di Fermo per acquistare o per portare il vino o il mosto al di fuori dalla Città di Fermo, vengano liberamente e tranquillamente e dimorino in questa, Nonostante alcune rappresaglie <rivalse> concesse o da concedersi; e il Podestà e il Capitano siano obbligati a pubblicizzare ciò nel giorno di mercato e in tempo opportuno.

       5 Rub.130Calce, pietre, sabbia, mattoni, coppi e i fornaciai.

   Decretiamo che i fornaciai abbiano l’obbligo di vendere la calce con quella misura con la quale viene misurato il grano; e se si sia trasgredito siano puniti in 20 soldi di denari per ognuno e per qualsiasi volta. E debbano fare i mattoni o le pietre squadrate e i coppi con la misura antica di lunghezza, larghezza e grandezza; e detta misura debba essere fatta e rinnovata, e tale misura sia posta nel fisco del Comune; questa misura sia guarnita di ferro in modo tale che chi l’abbia voluto possa da questa prendere il modello. Tale il rinnovamento deve essere fatto dall’officiale, cioè uno per contrada, da eleggersi per mezzo della “scarfina” (controllo) nel Consiglio quando vengono eletti gli altri officiali. E questi officiali così eletti possano e debbano fare la denuncia a riguardo alle cose contenute nel presente capitolo e denunciare tutti i trasgressori al Podestà e ai suoi officiali. E chiunque abbia fatto o abbia fatto fare una fornace di mattoni o di laterizi sia obbligato e debba fare o far fare due migliaia di coppi, pena 40 soldi di denari. E chiunque abbia falsificato tale calce, o i coppi, o i laterizi squadrati (cantoni), in qualunque modo, sia punito in 100 soldi di denari e risarcisca il danno a chi lo soffre; e per tale danno ci si attenga al giuramento del capomastro, che abbia murato questi ‘cantoni’, o che abbia disposto questi coppi; e su queste cose, si faccia un esame in modo sommario, senza chiasso, né parvenza di sentenza e in modo calmo. Inoltre nessuno debba portare ‘cantoni’ o coppi oltre il Tenna o oltre l’Ete, se non con il permesso del Podestà, del Capitano o del Consiglio, e esclusivamente per i Castelli del Comune di Fermo per edificare in questi Castelli, sotto la pena di 40 soldi di denari per il trasgressore. Aggiungiamo inoltre che nessuna persona della Città o del contado di Fermo ivi abitante, possa esportare e vendere calce a coloro che non sono sottomessi <alla Città> oppure fuori dal distretto di questa Città, sotto la pena di 10 libre di denaro, sul fatto, per ogni salma, e per qualsiasi volta, da esigere da ogni venditore o esportatore. Chi in realtà abbia fatto i ‘cantoni’ per sé, e per un suo edificio, e non con motivo di vendere, non sia obbligato a fare o far fare i coppi e due migliaia di coppi, come è stato detto sopra. Inoltre chi vende la sabbia siano obbligato a dare un moggio <misura> da dodici cassette, e qualsiasi volta misurare in modo che per opera dell’acquirente non si possa condonare. E chi abbia trasgredito, sia punito con 10 soldi per ogni moggio e risarcisca il danno a chi l’ha sofferto il danno, e per tale cosa ci si attenga al giuramento di costui che ha subito il danno, fino a 5 soldi di denari. E per tutte le cose dette sopra, e per qualunque di queste, il trasgressore possa essere accusato da chiunque e denunciato; e l’accusatore abbia la metà della pena.

       5 Rub.131I commercianti mettano in mostra un panno fuori dalle abitazioni o dalle botteghe.

Inoltre decretiamo che i commercianti e qualsiasi commerciante di panni, a richiesta di coloro che vogliono vedere i panni per acquistarli, siano obbligati di mostrare a costoro i panni, alla luce e al di fuori dei magazzini, sotto la pena di 20 soldi di denari per qualsiasi volta in cui abbiano trasgredito. Inoltre questi mercanti siano obbligati a mandare tali panni da vendere all’abitazione di chiunque voglia vedere questi panni, sotto la detta pena. Inoltre ogni panno, che venisse misurato di lana o di o di “zambellotto”, di “fagia” o “sindone” (lenzuolo, tovaglia?), o di velluto, debba essere misurato, così che non venga preso un panno, ma ogni commerciante sia obbligato a porre il panno doppio, se lo è, e così viene nella “pezza” nel banco; e porre un “braccetto” (misura) sopra detto panno per un palmo sotto i lenzuoli del panno, senza altra estensione del panno, e segnare alla fine di questo braccetto, sotto la pena di 100 soldi di denari a colui che abbia trasgredito per qualsiasi volta; e possa essere accusato e denunciato da chiunque, e l’accusatore abbia la metà della condanna.

       5 Rub.132I fornai non riscaldino il forno con nocchia di olive.

   Inoltre decretiamo ed ordiniamo che i fornai o le fornaie non cuociano né debbano cuocere il pane, né che riscaldino il forno con le nocchie delle olive, se non con la licenza dei signori Priori del popolo e del Gonfaloniere, e questi detti signori Priori possano concedere questa licenza in tempi di carestia; e chi abbia trasgredito cuocendo in altro modo, o scaldando o facendo fuoco, paghi per ciascuna volta e per ciascuno 100 denari sul fatto. E ad ognuno sia lecito denunciare i trasgressori, e sia prestata fede al denunciatore o all’accusatore con un solo testimonio che ha visto; e il denunciatore o accusatore abbia la metà della pena. Inoltre decretiamo che le fornaie e le tortaie siano obbligate a dare la “vicenna” <Vicenda-turno?> e prendere il pane da chiunque vuole cuocere o far cuocere il pane. E la tortaia o le tortaie siano obbligate a consegnare il pane a numero, quando venisse portato al forno a cuocere; e riportarlo cotto con quel numero all’abitazione di quello da cui sia stata ordinata la cottura nel forno. E se non abbia venissero praticato queste cose, sul fatto venga punito e per qualsiasi volta con 20 soldi di denari e possa essere accusato o denunciato da chiunque e ci si attenga alla parola di un solo testimonio con giuramento, e l’accusatore o il denunciatore abbiano la parte come detto sopra.

       5 Rub.133Le osterie.

   Inoltre decretiamo che gli osti e chiunque che venda il vino al minuto alla spina sia obbligati e debbano vendere il vino puro per essi bollato nella botte dai dazieri, senza immissione di altro vino o di acqua, sotto la pena di 100 soldi di denari per ogni trasgressore e per qualsiasi volta. Inoltre questi venditori debbano avere vino alla spina ed avere e tenere il «petitto» (misuratore), mezzo petitto, la «terzarola» e la «fulgeta» con i bolli e giusti, “appodimati” o confrontati con le misure del Comune. Se qualcuno in realtà sia stato trovato avere questi vasi o qualcuno di essi non giusto, quand’anche siano stati bollati con il bollo prescritto, per ogni vaso non giusto sia punito con 20 soldi di denari. Se poi abbia avuti e tenuti questi vasi o qualcuno di essi giusti, ma non siano stati bollati con il bollo prescritto, paghi la pena di 10 soldi di denari. Se poi non sino bollati e non siano giusti, paghi per ogni vaso soldi 40 di denari e per qualsiasi volta. Se poi qualcuno di costoro sia stato trovato nel fare il “collaretto” <sul collo>, o non abbia dato il vaso pieno, per qualsiasi volta e per ogni “collaretto” paghi la pena di 5 soldi di denari. Inoltre siano obbligati a tenere i vasi rovesciati nei loro banconi, e quando qualcuno volesse il vino, portino la misura del vino presso la botte, né debbano tenere il vino in qualche vaso sul bancone, ma a coloro che vogliano acquistare lo diano dal vino della botte, sotto la pena di 10 soldi di denari per ognuno <trasgressore> e per qualsiasi volta.

       5 Rub.134Il lino da non battere (pestare) entro la Città.

   A nessuno sia lecito, senza la licenza dei signori Priori o del Vessillifero <Gonfaloniere?> di giustizia o del Capitano del popolo di questa Città, di battere il lino entro le mura della Città di Fermo, sotto pena di 40 soldi di denari per ogni trasgressore e per qualsiasi volta. E a chiunque sia lecito accusare e denunciare, e il denunciatore o l’accusatore abbia la metà della pena e nelle dette cose si presti fede alla relazione dell’officiale.

       5 Rub.135I Giudei non entrino nei Palazzi, che non vedano cose vietate, e che camminino con il segno.

   Vogliamo e con questa legge decretiamo allo scopo che sia tolta ogni materia di simonia, e con questa legge stabiliamo che nessun Giudeo possa o debba entrare nei Palazzi dei Rettori della Città di Fermo: cioè del Podestà, o nel palazzo del Capitano della Città di Fermo, nei quali essi, o qualcuno di stessi, facesse residenza. Se qualche Giudeo abbia trasgredito, sia punito sul fatto con libre 25 di denari; e il Podestà o il Capitano che permetta ad un Giudeo o ai Giudei di entrare, siano puniti con libre 100 di denari. Tuttavia sia lecito a Giudeo o ai Giudei entrare nel Dazio e nell’udienza del dazio e nel palazzo del Podestà o del Capitano quando questi Rettori o qualcuno di essi sostassero presso il banco della legge per rendere giustizia, senza pena; purché nella ora detta, né prima né dopo, questi Giudei salgano le scale o entrino in alcune stanze o nella stalla, sotto la detta pena. Inoltre non vogliamo che i detti Giudei, nel giorno del venerdì Santo, per tutto il giorno, ed anche nel giorno del Sabato Santo, fino ai vespri, quando suonano le campane, e nel giorno della festa del Santissimo Corpo di nostro Signore Gesù Cristo, fino ai vespri, hanno potere di uscire dalle abitazioni ed andare per le vie e le piazze, neanche tenere aperte le porte delle abitazioni, o stare alle finestre delle abitazioni, sotto pena di 40 soldi per ognuno e per qualsiasi volta, da prelevarsi sul fatto costoro o ad chiunque di essi che abbia trasgredito. Aggiungiamo inoltre che questi Ebrei siano obbligati e debbano portare il simbolo O evidente sul lato destro, e visibile avanti la mammella, e i maschi sulle proprie teste, anche un berretto dipinto di colore croceo (zafferano) o giallo; e le donne poi veli dello stesso colore e in modo simile nella Città o nel nostro contado, sotto la pena per ciascun trasgressore di 25 libre di denaro da riscuotersi sul fatto e senza alcuna condanna ad opera degli officiali; e coloro che lo scoprono abbiano la quarta parte della detta pena, ed ognuno li possa accusare. Si intenda inoltre che la scoperta sia vera, se venisse provata con la conferma di due testimoni o di un servo dell’officiale che ha fatto la scoperta o da un altro testimonio Cittadino o abitante del contado. Gli Ebrei di passaggio o in cammino in campagna o anche forestieri, possano andare, sostare e tornare, per tre giorni, nella nostra Città e nel contado, senza i detti segni, impunemente. Inoltre vogliamo che gli Ebrei, in nessun modo, possano stare, abitare, fare sosta amichevolmente, né possano tenere nelle proprie abitazioni botteghe né magazzeni, nelle abitazioni propri e neanche in quelle affittate, situate sulla strada maestra o con aventi i propri muri contigui alla detta strada, o con l’ingresso in qualche modo sulla strada oppure l’uscita. E se qualcuno nelle dette cose o in qualcuna di esse abbia trasgredito, per il fatto stesso incorra nella pena di 25 libre di denaro da riscuotersi sul fatto nel Comune, senza alcun processo né scrittura. E da chiunque possano essere accusati, e gli officiali abbiano l’obbligo di fare l’esecuzione, sotto la detta pena, qualora siano stati negligenti. Tuttavia possano stare impunemente ad esercitare l’arte degli stessi nei magazzini sulla strada dalla chiesa di San Bartolomeo al di qua verso la piazza San Martino. Inoltre vogliamo che a nessun Ebreo sia consentito vendere ai cristiani, carni “asciatata” <insaccata?>, né vinacce pigiate da un Ebreo, né ad alcun Cristiano sia lecito acquistare qualcosa da essi, sotto la pena di 100 soldi di denari per ogni trasgressore e per qualsiasi volta da riscuotersi sul fatto, e l’officiale che fa l’esecuzione abbia la quarta parte di tale pena.

       5 Rub.136La determinazione delle penalità per la costruzione dei muri della Città di Fermo.

   Tutti i notai della Città e contado di Fermo e gli altri restanti non notai che redigono qualche contratto nella Città o nel contado predetto, siano obbligati e debbano, quando redigono per iscritto pene sopra ogni contratto, sia che nel dare o nella consegna o nel conteggio di denaro, sia sopra a ciò che è stato fatto o sopra qualcosa da farsi, debbano mettere per iscritto per la metà di tale pena per il Comune della Città di Fermo, e per la costruzione delle mura di questa Città, pena per il Notaio trasgressore di 20 soldi di denari sul fatto da prelevare da lui. Se anche non abbia fatto ciò, nondimeno per l’autorità di questo statuto, sia egualmente, come se il Notaio avesse messo per iscritto una la metà per detto Comune e la detta costruzione. E il Sindaco del Comune che sarà addetto alle cause, debba esigere queste pene a vantaggio del Comune e la detta costruzione per la metà, e l’altra metà per la parte che pratica il contratto. E gli officiali del Comune siano obbligati e debbano, sotto la pena di 100 libre di denaro, e a richiesta del Sindaco del Comune costringere in modo reale e personale la parte che non pratica il contratto che incorre nella pena a pagare questa pena sul fatto senza chiasso, né parvenza di sentenza, soltanto dopo aver conosciuta la verità, senza processo, né solennità o sostanzialità di tribunali.

       5 Rub.137I cittadini che rifiutano di pagare le tasse dei possedimenti che hanno nel contado.

   Tutti e i singoli i Cittadini che rifiutano di pagare le tasse dei possedimenti con estimo nei Castelli del nostro contado o nei loro territori, imposte o da imporre dal Comune di Fermo, per mezzo del Podestà o altri officiali, quelli che ci ora e ci saranno nel tempo, a richiesta degli abitanti di tali Castelli, siano obbligati e debbano in modo reale e personale costringere costoro che si rifiutano di pagare, a pagare la loro rata fino alla completa soddisfazione di dette tasse; eccettuati i Cittadini che avessero sentenze che esplicitamente dichiarino che questi stessi non sono obbligati al già detto pagamento.

       5 Rub.138Non fare tratti secchi nel fiume Tenna.

   Nessuno di qualunque grado e condizione osi o presuma di fare secche nel fiume Tenna, o Ete sotto la pena di 25 libre di denaro per ogni trasgressore e per qualsiasi volta. E gli officiali del Podestà e del Capitano possano e debbano investigare su coloro che fanno tali secche di fiume e punire i colpevoli scoperti ed abbiano la quarta parte della pena che abbiano fatto pervenire in Comune. Ciò tuttavia sia inteso fino a passo di Sant’Elpidio a Mare, e andando da questo passo verso il mare, a tutti sia lecito fare secche nel detto fiume Tenna, impunemente.

       5 Rub.139I torrioni del Comune non siano dati in affitto.

   I torrioni del Comune in nessun modo siano dati a noleggio, né siano affittati alcuno, ma rimangano e siano sempre vuoti e liberi per il Comune. Inoltre nessuno possa né debba fare lavori, creare ostacoli o occupare nelle vicinanze delle mura del Comune, ma dette mura sempre siano libere e in ordine, sotto la pena di 25 libre di denari.

       5 Rub.140Non acquistare i frutti prima del tempo (non maturi).

   In questo modo fu stato deliberato, ordinato e decretato per i frutti acquistati e da acquistare prima del tempo <di maturazione> a un prezzo o a patto stabilito, cioè che nessuna persona della Città di Fermo e del suo contado o abitante o dimorante in essi, o che fosse forestiero, in qualsiasi condizione, dignità e stato si trovi o voglia essere, che non possa né debba né in alcun modo a lui sia lecito, in questa Città, nel contado, nelle fortezze, e nel distretto, comperare o far comperare dagli uomini o dalle persone di questa Città e del contado, neppure dai suoi abitanti, né da qualsiasi altra persona, alcun genere di frutti anzitempo ad un prezzo e a un patto stabile e “stucco” <forfettario fisso>, sotto la pena di 10 ducati al Notaio che fa il rogito per queste cose, (somma) da riscuotersi sul fatto dai già detti. E questa pena di 10 ducati sia intesa per ogni miliare di olio acquistato prima del tempo a patto fisso e “stucco”, per qualsiasi volta, e per la quantità di olio e di frutti qui scritti, com’è stato detto, e per ogni salma di grano, o di cereali, e per ogni salma di vino, per ogni rubbio di lino, per ogni salma di noci, per ogni salma di fichi, o per ogni salma di semi di lino, sollo la pena di 40 soldi di denari per ogni acquirente, venditore ed al Notaio che abbia fatto rogito delle dette cose, da riscuotersi sul fatto. Ma sia lecito e possa comperare e far comperare prima del tempo con i prezzi, con i quali tali frutti avranno valore nei tempi adatti, cioè secondo la valutazione da farsi da parte degli estimatori da eleggersi dalla Cernita, cioè per il grano, l’orzo, il farro grande, e circa ogni genere di cereali per tutto il mese di agosto, per il seme e per ogni rubbo di lino per tutto il mese di ottobre, e circa le noci e fichi per tutto il mese di Novembre, e circa l’oliva per tutto il mese di Gennaio, e circa l’olio per tutto il mese di marzo, prossimi futuri. E chiunque possa, con un solo testimonio, essere accusatore e guadagni la quarta parte di dette pene e sia tenuto segreto. Ed anche qualsiasi officiale della Città di Fermo o del suo contado, il quale per un suo ritrovamento o per una accusa a lui presentata da un accusatore esiga e faccia riscuotere, e faccia pervenire al Comune le già dette pene e guadagni e debba avere la quarta parte di queste pene. Inoltre che gli acquirenti dei detti frutti e delle dette cose acquistate anzitempo, nel caso in cui nella Città e nel contado i frutti già detti generalmente non si raccogliessero né si potessero reperire in ogni dove, siano tenuti soltanto dai venditori che possano riprendere i soldi pagati per i frutti o per le cose già dette, e in nessun modo possano rivalutare i frutti già detti. E similmente i venditori di detti frutti siano obbligati, e in tal modo possano essere costretti e debbano pagare e rendere i detti denari a questi acquirenti. Inoltre che i venditori di detti frutti non possano né debbano dare questi frutti ad un altro, o ad altri uomini e persone, se non colui o coloro ai quali abbiano venduto per il prezzo o per i prezzi con i quali saranno stimati nei tempi detti sopra, sotto le già dette pene da riscuotersi sul fatto dai detti venditori per qualsiasi volta in cui abbiano trasgredito. Inoltre qualsiasi Notaio che facesse rogito di acquisto dei detti frutti anzitempo a patto fisso o “stucco”, incorra sul fatto nella pena di 10 ducati da riscuotersi e da pagare per qualsiasi volta. E similmente nessuno Notaio possa né debba far rogito di qualche contratto di un deposito di olio, o di altri frutti, sotto la detta pena di 10 ducati, salvo per i prezzi da rendere adeguati e da valutare dagli estimatori nei tempi scritti sopra. E se detto Notaio dubitasse circa i detti contratti di deposito, che fossero fittizi, illeciti o usurai, abbia l’obbligo e debba dare giuramento alle parti contraenti, per dover dir ed avere la verità; ed anche le parti, cioè l’acquirente o il venditore di detti frutti siano obbligati di prestare il giuramento e dire la verità, sotto la pena di 10 ducati, tanto il Notaio che l’acquirente o il venditore già detti, se abbiano trasgredito; e infine questi contratti siano per il fatto stesso nulli, e non abbiano alcuna esecuzione, neppure meritino guadagno, ma siano ritenuti nulli e come non fatti. E il Podestà di questa Città  di Fermo e i suoi officiali, abbiano l’obbligo e debbano riscuotere e far riscuotere le pene già dette da ogni trasgressore in qualunque parte e in qualche capitolo, come sopra, ed abbiano e guadagnino la quarta parte di queste pene che abbiano fatto pervenire al Comune, o per una accusa di altri, o per sua indagine o scoperta, procedendo sempre ed eseguendo sul fatto, e tralasciando ogni solennità della legge, senza alcun processo, dopo aver trovata soltanto la verità del fatto. E se nelle dette cose o in qualcuna di esse, il detto Podestà o i suoi officiali fossero negligenti, per il fatto stesso, incorrano nella pena di 50 libre di denaro per ognuno degli stessi che fossero negligente o negligenti, da riscuotersi sul fatto stesso e da trattenere dalla loro paga.

       5 Rub.141I carri che non possono entrare in Città.

   I carrettieri con carri o chiunque altro con i carri, o con i cocchi, per l’avvenire, non possono entrare per le porte della Città, né portare qualcosa con essi entro la Città con detti carri, senza il permesso della Cernita, sotto pena di 25 libre di denaro per ognuno e per qualsiasi volta.

       5 Rub.142Le donne svergognate da scacciare dalla contrada e dal luogo in cui possono fare l’arte delle meretrici.

   Decretiamo ed ordiniamo che per mantenere le oneste abitudini e la pudicizia, che i signori Priori e i Regolatori abbiano la piena autorità e il potere di provvedere e di ordinare al Potestà e agli officiali, tutte le volte che, in qualche contrada della Città o del contado abitassero donne svergognate, e i vicini di quelle presentassero una querela per la disonesta vita, affinché le dette donne siano scacciate da detta contrada o siano allontanate e affinché vadano ad abitare in luoghi adeguati. Ma le meretrici possano avere la dimora ed abitare nelle abitazioni che sono all’ingresso o nei vicoli a cominciare dal magazzino degli eredi di Ludovico di Giovanni del Papa e il magazzino di Giovanni di Francesco di Assalti nella piazza, andando verso l’entrata fra i detti magazzini fino alla abitazione di Ludovico di Matteo Cicchi; purché nella via per la quale si va fra le abitazioni e l’albergo degli eredi Assalti e il forno e la abitazione degli eredi di Pierangelo non escano e non tengono la porta aperta, né che in detta via, in qualche modo, stiano sedute ed similmente che non stiano nella via per la quale si va alla chiesa di San Domenico fra gli alberghi; e se abbiano trasgredito incappino nella pena di 10 libre di denaro per ognuna e per qualsiasi volta.

        5 Rub.143Pena per coloro che vanno fuori Distretto a pagamento.

   Nessuno dalla Città o dal contado o abitante in essi vada al lavoro o a pagamento fuori dalla Città e dal contado sotto la pena di 20 libre di denaro per ogni trasgressore e per qualsiasi volta; e a chiunque sia lecito accusare, e sia tenuto segreto, e guadagni la metà della detta pena, da riscuotersi sul fatto, e a questa legge non siano sottoposti coloro che andassero fuori dalla Provincia per guadagnare con i lavori o con la paga.

       5 Rub.144La pena per coloro che vanno a macinare fuori dal distretto.

   I comitativi e gli abitanti nel nostro contado non possano né debbano andare a macinare fuori dal distretto e dal contado di Fermo; e i trasgressori perdano l’animale e la salma <peso del carico>; e che li scopre abbia la metà della pena, e chiunque possa accusare ed abbia la quarta parte di tale pena e l’accusatore sia tenuto segreto. Per l’autorità della presente legge a ciascuno sia negata la possibilità di recarsi fuori dal distretto per macinare.

       5 Rub.145Gli alimentari siano venduti al colmo.

   I signori Priori, e quelli che ci saranno nel tempo, abbiano l’autorità, insieme con i Regolatori, di sorvegliare affinché i comitativi una sola volta in ogni settimana mandino la farina, l’orzo e le cibarie in piazza e vendano al colmo ogni genere di cereali, di farina, e di legumi; sotto la pena di 20 soldi per ogni misura e per qualsiasi volta; facendo eccezione per il frumento o grano, che vendano a misura rasa. E qualsiasi officiale della Città e del contado abbia l’autorità e la giurisdizione di ricercare, di investigare e di fare la procedura sul fatto stesso contro tutti che trasgrediscano sulle già dette cose, in qualsiasi luogo, per l’esecuzione delle pene già dette, e costui guadagni la quarta parte della pena predetta di quanto avrà fatto pervenire al Comune per loro officio.

       5 Rub.146Il Cittadino e l’abitante nel contado, che fosse un lenone possa essere catturato come manigoldo.

   Nessuno della Città e del contado sia lenone, né possa tenere delle meretrici in questa Città e nel suo contado; e chi li tenesse sia catturato e possa essere catturato come un manigoldo, a disonore vituperio dello stesso trasgressore.

       5 Rub.147Vendita di legumi e di altre erbe (mangerecce).

   Coloro che vendono i legumi e altre erbe (mangerecce), per le quali sia possibile fare manipoli, non superino il prezzo di due denari per ogni manipolo. Ed egualmente si intenda per il cece fresco, e non sia possibile vendere ad arbitrio, sotto la pena di 20 soldi per qualsiasi volta in cui i venditori ambulanti abbiano trasgredito.

       5 Rub.148Sistemazione delle strade della Città.

   Allo scopo che le strade della Città abbiano la manutenzione e non siano danneggiate, decretiamo ed ordiniamo che sia incaricato un Cittadino per ogni contrada che abbia l’autorità ed il potere di ispezionare e far riparare queste strade, dove sono danneggiate, a spese e con acquisti da parte dei padroni delle abitazioni, i quali siano costretti a pagare queste spese per la maestranza, e tramite il Comune siano mandati e forniti i laterizi o i mattoni necessari. E l’officiale straordinario abbia l’attenzione di far togliere la sporcizia, e il letame, e altre immondizie da queste strade per suo dovere, secondo la forma dei nostri statuti che parlano di tale materia.

       5 Rub.149La legna non sia esportata per mare.

   A vantaggio dell’abbondanza che si deve avere nella Città e nel contado di Fermo, decretiamo ed ordiniamo che non sia esportato, in alcun modo, legname per mare, sotto la pena di 10 ducati per ogni nave piena di legnami, o per ogni imbarcatura con la quale si fa l’esportazione, e sul fatto sia riscossa la pena; e in questa pena, in pari modo, incorrano coloro che vendono questo legname da esportare, e gli aiutanti.

       5 Rub.150Prezzo e misura dei cerchi.

   Con questa legge decretiamo che, per il futuro, i cerchi o i cerchi di legno siano venduti nel modo e forma di seguito scritti, cioè la lunghezza e le misure di 10 piedi siano venduti otto bolognini per ogni coppia; poi successivamente scendendo fino all’ultimo grado la coppia dei cerchi della misura di sette piedi abbia la valutazione di sei bolognini; di cinque piedi quattro bolognini; e una coppia di cerchi di minore misura tre bolognini. E se siano stati di una maggiore lunghezza e di misura di 10 piedi, siano venduti ogni coppia in proporzionalmente, avendo rispettato i prezzi detti, e non siano venduti< a prezzi> al di sopra, sotto la pena di un ducato per quante volte sia stato trasgredito da qualunque venditore e per qualsiasi volta.

                                 FINE del libro quinto.

<Libro 6°>

INVOCATO IL NOME DELLA SANTA E INDIVIDUALE TRINITA’

 IL LIBRO SESTO DEGLI STATUTI DELLA CITTA’ DI FERMO FELICEMENTE INIZIA

       6 Rub.1Il dazio da pagare per libra.

   Col presente statuto decretiamo ed ordiniamo che per tutte le cose o mercanzie che venissero mandate nella Città di Fermo, tanto da un Cittadino quanto da un forestiero e che venissero esportate da questa Città o che venissero mandate attraverso il mare o per terra, o che vengano vendute o acquistate, e anche da uomini del contado di Fermo, che siano pagati dodici denari per libra, cioè sei denari per una parte; e ciò soltanto se tali mercanzie venissero vendute; e se queste cose o mercanzie non venissero vendute, coloro che le mandano siano obbligati a pagare il detto dazio di dodici denari per libra del prezzo. E l’officiale del dazio possa e a lui sia lecito di riscuotere il dazio per queste cose e mercanzie, e da chiunque a lui sembrerà opportuno o piacerà meglio che possa riscuotere. Se in realtà queste mercanzie o cose così mandate in questa Città non siano vendute, e colui che le porta le volesse portarle via e condurle e riportarle al luogo da dove le condusse, entro 10 giorni, da computarsi dal giorno quando queste cose o mercanzie siano state mandate, le possa riportare e portare via senza alcuno ostacolo e senz’alcun pagamento di dazio; e per portarle via e riportarle al luogo dal quale le condusse ci si attenga al giuramento di colui che le manda o le porta via. E se abbia voluto portarle via e condurle altrove, anziché al luogo dal quale le condusse, paghi il dazio del pedaggio per tali cose e mercanzie. E qualunque forestiero sia obbligato, oltre a pagare il dovuto dazio, di pagare un denaro per la metà per qualsivoglia libra del prezzo. Se, in realtà, qualcuno vendesse a qualche persona esente o franca tale venditore sia obbligato a pagare il dazio dimezzato; o se abbia comperato da uno esente o franco sia obbligato di pagare tutto il dazio per quella cosa. E questo statuto non abbia vigore per le cose speciali e mercanzie intorno alle quali e per le quali nel presente volume degli statuti fosse fatta menzione. E se per le dette cose e mercanzie fosse stato pagato il dazio per intero da parte di colui che le manda, vogliamo che l’acquirente non sia affatto tenuto a pagare e che possa esportare dalla Città e dal contado tali cose e mercanzie, liberamente e senza pagare alcun pagamento di dazio.

       6 Rub.2Il dazio dell’oliva che si vende o che si compra.

   Decretiamo ed ordiniamo che nella Città di Fermo, nelle Ville e nel Porto di San Giorgio siano riscossi sei denari da qualsivoglia venditore per qualsivoglia libra del prezzo dell’oliva che abbia venduto. E similmente se qualcuno acquistasse oliva nel contado di Fermo e nei detti luoghi, o l’abbia mandata e l’abbia condotta in questa Città, paghi il dazio già detto. E l’acquirente di questa oliva possa e debba riservare per sé il dazio dal detto venditore. Per l’acquisto e la vendita sia obbligato e debba, entro il secondo giorno dal giorno dell’acquisto, segnalare all’officiale del dazio e dare e confermare per iscritto, con la solita formalità, sotto la pena di 100 soldi di denari per qualsivoglia trasgressore.

       6 Rub.3Il dazio dell’olio.

Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia miliare di olio, che venisse mandato o venisse acquistato nella Città o nel contado di Fermo o nei detti luoghi, il dazio per esso venga pagato dal tempo dell’immagazzinamento se sia stato acquistato, cioè due fiorini d’oro e mezzo; e dopo aver pagato questo dazio sia lecito esportare, sia per mare che via terra, senza alcun altro pagamento. E se detto olio non fosse stato acquistato, ma fosse stato prodotto in qualche pistrino di questa Città e dei detti luoghi e fosse stato messo da parte o immagazzinato da qualche persona più di quanto sarebbe sufficiente per la vita sua, e della sua famiglia, per un solo anno, sia obbligato per detto olio così immagazzinato e messo da parte, dopo trascorso un mese dal giorno dell’immagazzinamento, a pagare il dazio indicato sopra, e per qualsivoglia metro di ‘morga’ <drupe macinate>; paghi dodici denari per libra della sua valutazione. E dopo pagato il dazio su questo olio e sulla ‘morga’, possa esportarlo dalla Città e del contado di Fermo, come sopra. E per qualsivoglia metro di olio che è macinato nel pistrino della Città, ad opera dei Cittadini, e degli abitanti della Città e del Porto e delle Ville, paghi per il dazio nel tempo in cui abbia voluto estrarre dal pistrino soldi 5 e denari 2.

       6 Rub.4Il dazio dell’olio da importare da terre non sottomesse a Fermo.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia miliare di olio che venisse mandato e condotto nella Città e nel contado di Fermo, dalle Terre non sottomesse alla giurisdizione temporale della Città di Fermo, poste al di là del fiume Tenna, venga pagato il dazio di un fiorino e mezzo e non di più. E se qualcuno consegnasse olio soggetto al luogo di olio non soggetto, il commerciante paghi o il dichiarante di detto olio, una pena di 25 libre di denari per qualsivoglia volta; e nondimeno il vetturino perda gli animali e la salma (peso). E se detto olio fosse condotto o passasse per il territorio e per il distretto di Fermo e non venisse caricato presso il Porto di Fermo, o in riva al mare, sia obbligato a pagare un dazio di due fiorini d’oro e mezzo per qualsivoglia miliare di olio.

       6 Rub. 5Il dazio del pistrino.

Decretiamo ed ordiniamo che da qualsivoglia pistrino che macina, cioè se macinerà qualsivoglia anno, per il dazio siano pagati soldi 40 di denari. E se non macinerà non sia obbligato a pagare. Inoltre Decretiamo che se rimarranno olive non macinate nell’anno seguente, per queste il dazio sia pagato al coltivatore di quell’anno nel quale le olive furono state raccolte, e non in alcun altro modo.

       6 Rub.6Il dazio delle drapperie dei panni.

   Decretiamo ed ordiniamo che chiunque abbia immesso una qualche quantità di panni nella Città, nel Porto, o in riva al mare, per via mare o per via terra, con lo scopo di rivendere in detta Città, nel Porto e nel contado, panni non tagliati, colorati, panni grossi, «carfagni e angelini, guarnelli, guelesi, e coltri; bordi <frange>, sindone <lenzuolo>, schiavine <veste villosa>, baldacchini di seta o dorati» o altre cose pertenenti alla drapperia, paghi il dazio, per la valutazione di questi stessi, di dodici denari per qualsivoglia libra ;del prezzo; e sia obbligato a presentare dette mercanzie all’officiale dei dazi, e di non sciogliere, né portare fuori dal palazzo dei dazi, senza il permesso dello stesso officiale dei dazi, sotto pena di 25 libre di denaro per qualsivoglia volta. E chiunque abbia portato detti panni o le cose già dette, pertenenti alla drapperia, e che non fosse d’accordo con l’officiale dei dazi sulla valutazione degli stessi panni e cose, che i signori Priori, quelli che ci saranno nel tempo, debbano designare un mercante per conto del Comune, e un altro sia designato per la parte del padrone dei panni o di colui che li mandasse per sua volontà; e questi stessi scelti facciano la valutazione, e si abbia come stabilita la valutazione fatta da loro, ed abbia validità e sia rispettata. E che se qualcuno portasse, in frode ai dazi, alcune cose unite ai detti panni o ai pezzi di detti panni, o delle fodere, e non le dichiarasse all’officiale dei dazi, perda tanto le cose portate e non dichiarate, quanto pure i pezzi dei panni o delle fodere, in cui venissero trovate mandate legate. Circa i panni tagliati o filati da mandare non sia obbligato a pagare alcun dazio; e minimamente per quelli che qualcuno portasse per il proprio uso o della famiglia.

       6 Rub.7Sui botticelli, i legnami e i cerchi.

   Decretiamo ed ordiniamo che chiunque conducesse, per via mare o per via terra, qualche legname per botticelli per il vino o per l’olio, e per questo legname risultasse pagato il dazio, e appunto con questo legname vengano fatti botticelli per vino e per olio, colui che li fabbrica sia obbligato a pagare il dazio a metà, cioè sei denari per qualsivoglia libra della valutazione di questi botticelli. E se qualcuno fabbricasse cerchi in Città o nel Porto di Fermo sia obbligato a segnalare all’officiale dei dazi tutta la quantità dei cerchi che abbia fatto ed elaborato e pagare dodici denari per qualsivoglia libra della loro valutazione.

       6 Rub.8Il dazio sul peso delle mercanzie.

   Decretiamo ed ordiniamo che chiunque abbia spedito o esportato, per mare o per terra, o abbia fatto acquisti o vendite nella Città, nel Porto o in riva al mare di Fermo, mercanzia che fosse pesata o misurata paghi come venditore per il dazio quattro soldi per qualsivoglia centinaio del peso o della misura, nonostante che fosse pesata, o no, con un’altra bilancia o i pesi di una qualsivoglia persona speciale.

       6 Rub.9Il dazio del lino, del peso e della misura e dei panni.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia rubbio di lino che viene venduto e viene pesato il venditore paghi un denaro oltre a un altro dazio. E parimenti per qualsivoglia ‘canna’ di panno, di lino o di canovaccio, un denaro per il dazio della misura. E che chiunque abbia venduto una certa quantità di panni di lana all’ingrosso paghi per qualsivoglia centinaio, fra l’acquirente e il venditore, otto denari. E chiunque sia obbligato e debba pesare o misurare con le bilance, le canne e le misure del Comune di Fermo; e chi abbia trasgredito, paghi per qualsivoglia volta, 40 soldi di denari, qualora abbia fatto la misura o il peso senza il permesso dell’officiale del dazio.

       6 Rub.10Sui forni.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia forno che cuoce il pane nella Città e nel Porto paghi per qualsivoglia anno 40 soldi di denari e chi gestisce il forno cioè porta la tavola sia obbligato a pagare.

       6 Rub.11Sulla pellicceria.

   Decretiamo ed ordiniamo che chiunque abbia esportato dalla Città o dal porto di Fermo pellicce elaborate, o “varri (pronti) schiroli” fatti di nuovo, l’esportatore paghi sei denari per libra della loro valutazione o dell’acquisto. Per quelle vecchie acquistate paghi dodici denari per qualsivoglia libra del prezzo.

       6 Rub.12Sui venditori ambulanti.

   Decretiamo ed ordiniamo che qualunque venditore ambulante o venditrice che vende mele, frutti, polli, uova o altre cose ‘selvatiche’ (non coltivate), sia obbligato a pagare mensilmente all’officiale dei dazi per ciascuno di questi 10 soldi di denari, purché non sia inteso per un forestiero che porta una cosa ‘selvatica’, mele, frutti o polli, e costui non sia obbligato a pagare tale dazio. E qualsivoglia rivenditore a posto fisso o un negoziante, o qualsivoglia altro che venda pane, orzo, o farro grande al minuto paghi per qualsivoglia mese 10 soldi all’officiale dei dazi, sotto pena di 100 soldi di denari.

       6 Rub.13Il dazio dei fornaciari e della conceria del cuoio.

   Decretiamo ed ordiniamo che chiunque abbia una qualche fornace con il motivo di fare e cuocere laterizi, coppi, pianche e calce, paghi, in qualsivoglia anno, all’officiale dei dazi, un fiorino d’oro. E chiunque abbia una fornace per cuocere vasi, e li cuocesse, paghi per qualsivoglia anno soldi 40. E se questi vasi fossero venduti all’ingrosso e abbia voluto esportare dalla Città, l’esportatore paghi, per qualsivoglia libra del prezzo, 6 denari e non di più. E chiunque abbia avuto una concia da cuoio e per conciare ed ivi questo cuoio da conciare verrà elaborato paghi 40 soldi per qualsivoglia anno. E se la detta calce, i coppi e i mattoni si esportassero, per mare o per terra, paghi per il dazio dodici denari per libra della loro valutazione. E nessuna persona osi o presuma portare a qualche abitazione della concia del cuoio per conciare in qualche casa, senza il permesso dell’officiale dei dazi, allo scopo che non venga frodato il dazio, sotto la pena di 25 soldi di denari per qualsivoglia volta. E ai pagamenti qui detti siano obbligati tanto i produttori quanto gli affittuari o uno di essi che sia il migliore per pagare, e sia lecito all’officiale dei dazi di costringere colui che egli abbia voluto tra questi stessi, a pagare detto dazio.

       6 Rub.14La misura dei cereali e delle altre mercanzie.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia salma di grano e di altra biada, di legumi, di semi di lino e di noci che venissero misurate nelle piazze del Comune, siano pagati, dal venditore, soltanto quattro denari. E nessuna persona, senza il permesso dell’officiale dei dazi, osi o presuma di misurare alcun genere di biade se non nella piazza di San Martino, pena 100 soldi di denari per ognuno e per qualsivoglia volta. E queste misure siano misurate nell’uso solito, cioè il grano e orzo siano rasati fino al ferro e siano quattro cassette <una salma> del grano e dell’orzo; per qualsivoglia salma di farro grande siano cinque cassette rasate fino al ferro. E una salma di noci, e dei fichi sia di sei cassette rasate fino al ferro. Le noci ed i fichi siano rasati dal venditore e non da altro. Una salma di castagne sia cinque cassette. Una salma di olive sia di quattro cassette rasate fino al ferro. L’oliva, in realtà, che verrà venduta debba essere misurata dal vetturino comune e non da un altro; e questo vetturino debba essere chiamato e consegnato dal padrone del pistrino, prima che inizi a macinare, e sia obbligato a giurare tutta la quantità oliva che abbia portato nel pistrino, al quale sia stato inviato, a segnalare all’officiale dei dazi, sotto la pena di 100 soldi. E chi abbia trasgredito nelle dette cose, sia condannato alla pena già detta; e la metà di questa pena sia per il Comune e l’altra per l’appaltatore dei dazi. Facendo salvo che sia lecito a qualsivoglia negoziante di vendere nel proprio posto o nelle piazze, fave, ceci o altri legumi senza penalità, al minuto, cioè ad ottave, a quarte, a coppi. E sempre nella piazza del Comune, ove si vendono cereali, sia obbligato ad essere presente un officiale con il bastone per misurare, e per rasare le misure nel modo dovuto, o per dirimere le controversie che di solito sorgono circa le misure fra l’acquirente ed il venditore.

       6 Rub.15Il dazio del pane.

   Decretiamo che qualsivoglia persona che produce pane da vendere nella Città di Fermo, nel Porto, sia obbligato e debba pagare il dazio, in qualsivoglia mese, all’officiale dei dazi, con 10 soldi di denari.

       6 Rub.16Il dazio pagato una sola volta su cose non è più da pagare.

   Decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno abbia pagato una sola volta il dazio per una certa cosa o mercanzia, possa trasportarla o far trasportare, esportare e vendere fuori dalla Città, senza un altro pagamento di dazio; e questo statuto non pregiudichi gli altri statuti inseriti nel presente volume, in virtù dei quali il dazio si debba pagare di terza mano o in modo diverso.

       6 Rub.17Sugli stracci dei panni.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia libra del prezzo dei panni cuciti di lana o di “guarnelli” di qualunque “stracceria” siano pagati dodici denari per libra; cioè sei denari per parte.

       6 Rub.18Il dazio delle noci, dei fichi e del seme di lino.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia libra del prezzo delle noci, dei fichi, e del seme di lino che sono venduti nella Città di Fermo e del suo distretto o che venissero esportati dalla Città di Fermo e del suo distretto, sia pagato il dazio di dodici denari per libbra, cioè sei denari per parte. Per l’esportazione in realtà se la gabella per questo acquisto sia stata pagata, non si paghi più.

       6 Rub.19Il legname verde e stagionato elaborato non sia esportato fuori dalla Città.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia botticello nuovo, che viene esportato dalla Città da chiunque, siano pagati per il dazio sei denari per libra del prezzo. Per i botticelli vecchi o secchi e per i barili nuovi, e per altro simile ad essi siano pagati dall’esportatore dalla Città di Fermo dodici denari per qualsivoglia libra del prezzo. E per qualsivoglia specie di legname nuovo condotto per mare o per terra e che verrà esportato dalla Città di Fermo, se non sia stato pagato il dazio, si paghino dodici denari per libra di prezzo; e se il dazio sia stato pagato, non si paghi più, e si possa esportare. Sia lecito tuttavia a chiunque di importare in Città botti o altre masserizie vecchie e usate di legname, per uso proprio senza pagamento di dazio, purché non si venda, in tal caso paghi il dazio.

       6 Rub.20Su coloro che mandano il lino graminato (verde) e scapezzato (pettinato) nella Città di Fermo.

   Decretiamo ed ordiniamo che qualsivoglia Cittadino o forestiero abbia importato nella Città e nel Porto di Fermo lino verde o pettinato, che sia venduto o no, paghi dodici denari per qualsivoglia libra del prezzo. Se in realtà venga venduto, paghi altrettanto, cioè, sei denari per parte.

       6 Rub.21 Su coloro che forniscono formaggio, melarance e nocciole.

   Decretiamo ed ordiniamo che chiunque abbia portato nella Città e nel Porto di Fermo e in riva al mare formaggio, melarance, nocciole paghi dodici denari per libra del prezzo; eccettuando il formaggio per il quale non ci sia l’obbligo di pagare, se non venga venduto e allora siano pagati sei denari per parte.

       6 Rub.22Sulla vendita della cera e delle spezie.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia libra del prezzo della cera, e delle spezie, cioè zafferano, pepe, zenzero, cumino o altre cose appartenenti alla spezieria siano pagati dodici denari per libra <del prezzo>, se il dazio non sia stato pagato. E se qualcuno abbia venduto cera elaborata in ceri, e candele, o immagini, siano stati pagati dodici denari per libra del prezzo, se il dazio della cera non sia stato pagato; e per tale pagamento ci si attenga al giuramento del venditore, o alla ricevuta del pagamento del dazio della detta cera.

       6 Rub.23   Sulla lana da vendersi in Città.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia libra del prezzo della lana, che viene venduta nella Città o nel Porto di Fermo, e nelle Ville, sia pagato il dazio di dodici denari cioè sei denari per parte. Ma se l’acquirente confezionasse i panni e abbia venduti questi panni all’ingrosso, questo acquirente della lana non sia tenuto a pagare il dazio, ma un <diverso> acquirente, cioè sei denari per libra del prezzo per l’acquisto di questi panni e il tale venditore di questi panni sia obbligato e debba, quando abbia venduto questi panni all’ingrosso, a darne notizia all’officiale dei dazi entro il secondo giorno, sotto la pena di 100 soldi di denari.

       6 Rub.24Sul carbone.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia libra del prezzo del carbone, che viene venduto in Città, o al Porto di Fermo, siano pagati 12 denari per libra.

       6 Rub.25Sulle castagne.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia libra del prezzo delle castagne vendute nella Città o nel Porto di Fermo siano pagati dodici denari per libbra, cioè sei denari per parte, o per la misura di qualsivoglia salma quattro denari, da pagarsi dal venditore.

       6 Rub.26Sul vetro elaborato.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia libra del prezzo del vetro elaborato siano pagati 12 denari per libbra fra l’acquirente e il venditore.

       6 Rub.27Sulla mola per i mulini.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia libra del prezzo della mola o della ‘macina’ per il mulino o per il pistrino che venisse portato nella Città o nel Porto di Fermo siano pagati dodici denari per libra sia che sia un Cittadino o un forestiero. E se allorché venisse condotta o venisse esportata, il padrone di questa mola non fosse presente, il signore esportatore o colui che la importa sia tenuto al pagamento del detto dazio.

       6 Rub.28 Non importare le mercanzie, se non attraverso le porte della Città.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessuna persona osi o presuma importare o portar via alcune mercanzie, o cose per le quali si pagasse il dazio, attraverso una porta della Città di Fermo, se non attraverso le porte di San Francesco, di Santa Caterina, di San Giuliano, e di San Marco sotto pena di 100 soldi e nondimeno paghi doppio il dazio.

       6 Rub.29Non mettere tributi del Comune.

   Decretiamo che nessuno osi imporre alcun gravame in qualche parte del suo possedimento senza il permesso e la volontà dell’officiale dei dazi, sotto la pena di 100 soldi di denari per qualsivoglia volta.

       6 Rub.30Sui vetturali e per i barcaioli.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessun Vetturino o Barcaiolo possa esportare o portare via dalla Città o dal Porto di San Giorgio, per via mare o per via terra, senza il permesso e la ricevuta dell’officiale del dazio del Comune, alcuna mercanzia, o cosa, sotto la pena di 50 libre di denaro, e nondimeno paghi un dazio doppio.

       6 Rub.31Sulle salme <pesi> degli Studenti, dei Religiosi e degli Officiali.

   Decretiamo ed ordiniamo che per le salme di cose o di strumenti dei libri, e di altre cose, tanto degli Officiali quanto dei Religiosi, degli studenti, degli Stipendiati, che venissero condotte nella Città o nel contado di Fermo, da ovunque vengano, anche ad opera dei Cittadini e degli abitanti del contado, e per le cose che si esportassero dalla Città e dal contado, per mare, o per terra, non sia pagato alcun dazio, ma possano liberamente essere importate ed esportate.

       6 Rub.32La dichiarazione dell’acquisto e della vendita di tutte le cose per le quali viene pagato il dazio.

 Decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno abbia importato, abbia acquistato o abbia venduto alcune cose, o mercanzie di qualunque genere siano o di qualità, nella Città, nelle Ville, o nel Porto di San Giorgio, per le quali si debba pagare il dazio, tanto il venditore quanto l’acquirente o colui che le importa o uno di questi, sia obbligato e debba darne notizia e denunciare all’officiale dei dazi del Comune entro il terzo giorno dal giorno dell’immissione, della vendita, e dell’acquisto di tali cose, sotto la pena di 100 soldi e del pagamento del dazio al doppio per ognuno e per qualsivoglia volta. E ad ognuno è possibile accusare e denunciare, e abbia la quarta parte della pena e sia tenuto segreto. E sia obbligato a pagare il dazio all’officiale del dazio, entro otto giorni, da calcolarsi dal giorno dell’importazione o dell’acquisto, sotto la detta pena.

       6 Rub.33L’arbitrio del Giudice e degli altri officiali riscossori del dazio del Comune.

   Decretiamo ed ordiniamo che sia lecito a qualsivoglia officiale addetto al dazio del Comune per la riscossione, di obbligare e costringere tutti i singoli che debbono pagare qualche dazio, di qualunque luogo siano, e di gravare costoro in modo reale e personale, fino a quando da essi non sia stato pagato il dazio per intero e con effetto, come e quando ad essi sembrerà opportuno o piacerà che sarà necessario e in maniera opportuna, libera ed impune, purché non scavalchi la forma dei presenti statuti. E il Giudice dei dazi nelle cose qui dette e riguardo alle dette cose possa fare la procedura senza chiasso, né parvenza di processo, avendo praticato o non praticato l’ordine della legge, sul fatto, dopo aver ricercata la sola verità, e per mezzo di atti giudiziari con informazioni sufficienti di qualunque sorta, ad arbitrio del detto Giudice contro qualsivoglia frodatore del detto dazio. E chiunque possa fare l’accusa e la denuncia dei frodatori dei dazi e riceva la quarta parte della pena e sia mantenuto segreto: E abbia questa quarta parte della pena che il Giudice farà pervenire al Comune, deve essere pagata dal Banchiere del Comune.

       6 Rub.34I riscossori dei dazi <o dazieri>.

   Decretiamo ed ordiniamo che il Giudice dei dazi, che ci sarà stato nel tempo, sia obbligato e debba egli stesso e i suoi officiali, due volte per qualsivoglia settimana, durante il proprio officio, sollecitare gli officiali dei dazi, e rivedere sempre più spesso i loro libri, o quaderni, e ciò affinché l’entrata sia bene collocata ed applicata negli scritti, e avere e ricevere per iscritto, tramite essi o qualsivoglia di essi, dovunque tutti i singoli non paganti il dazio; e finalmente ricercare questi stessi non paganti e farli gravare, così o in tal maniera che entro giorni otto, dal giorno del loro recupero, debbano aver pagato il loro dazio, sotto pena di 25 fiorini d’oro da prelevare e riscuotere a tale Giudice dal suo salario, nel tempo del suo sindacato; e possa e debba essere denunciato e accusato da chiunque.

       6 Rub.35L’aiuto e l’agevolazione da praticare con gli officiali dei dazi.

   Decretiamo ed ordiniamo che il Giudice di giustizia e dei dazi del Comune di Fermo, e il Podestà, il Capitano del popolo e chiunque degli altri officiali del Comune siano obbligati e debbano, ad ogni domanda e richiesta degli officiali dei dazi o degli appaltatori degli stessi, qualora appaltarli sia ottenuto conveniente per il Comune, catturare o far catturare coloro che ricusano di pagare il dazio, e costringerli o trattenerli fino a quando il dazio non sia stato pagato, sotto pena di 10 fiorini per qualsivoglia trasgressore per qualsivoglia volta. E li catturino e li facciano catturare, liberamente ed impunemente, tanto nelle case degli stessi quanto in altri luoghi della Città e del Comune di Fermo, se siano stati sospettati e fuggitivi, e condurli alla Curia e porli nel Palazzo e nelle carceri a volontà di questi officiali e appaltatori, fino a quando non sia stato pagato per intero il dazio. E i detti Podestà, Capitano, Giudice di giustizia e gli altri officiali del Comune siano obbligati a fare la stessa cosa, riguardo ai frodatori; cioè fornire aiuto, consiglio e sostegno a questi officiali dei dazi e agli appaltatori, a ogni loro richiesta, sotto la pena 25 fiorini d’oro da prelevare dalla loro paga, nel tempo del loro sindacato, per qualsivoglia volta quando abbiano trasgredito.

       6 Rub.36   Le penalità da riscuotere.

Decretiamo ed ordiniamo che il Giudice di giustizia e dei dazi sia obbligato a compilare un registro di tutti coloro che pagano qualche penalità per frode del dazio, o a motivo del dazio, e in esso far scrivere con ordine i nomi, i cognomi di coloro che pagano la penalità, con inserire ivi la somma, e il motivo, sotto la penalità di 25 libre di denaro, a detto Giudice, da riscuotersi dal suo stipendio per qualsivoglia volta quando abbia trasgredito.

       6 Rub.37Gli officiali posti a riscuotere i dazi.

   Decretiamo ed ordiniamo che qualsivoglia officiale addetto a riscuotere i dazi del Comune quando abbia trascurato di riscuotere qualche dazio, in maggiore o minore quantità, che sia dichiarata ed indicata nel presente volume degli statuti o in uno qualsivoglia di questi, il detto officiale sia obbligato e debba restituire con denaro proprio, tanto a colui dal quale abbia preso, quanto al Comune di Fermo, o alla tale persona, a richiesta della quale, il detto dazio venisse riscosso. E se abbia agito o abbia trascurato fraudolentemente, sia obbligato e debba pagare, oltre la somma trascurata, <anche> 10 libre al Comune o il doppio della somma trascurata o frodata. E da chiunque possa essere accusato e denunciato e costui abbia la quarta parte della pena, e sia tenuto segreto. Ed similmente questo statuto abbia vigore nei confronti degli altri officiali dei dazi addetti a registrare o a riscuotere, qualora nel loro officio abbiano commesso una frode o un errore.

       6 Rub.38Il divieto per l’avvocato e per il procuratore sul dazio.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessun Avvocato o Procuratore o qualsivoglia altro osi o presuma dinanzi all’officiale dei dazi del Comune di Fermo di fare l’avvocato, essere procuratore, o patrocinare, per qualsivoglia motivo di dazio, sotto la pena di 10 libre di denaro per ognuno per qualsivoglia volta, da riscuotersi sul fatto se non sia per richieste con chiamata, o costrizione.

       6 Rub.39Non riscuotere nulla più del dazio dovuto, né aggravarlo contro la forma del presente statuto.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessun officiale dei dazi, cittadino o forestiero, osi riscuotere o costringere qualcuno a pagare qualche dazio oltre la somma contenuta nel presente volume degli statuti, né aggravare qualcuno o alcuni a motivo del detto dazio, né per frode contro la forma dei presenti statuti, sotto la pena di 10 libre di denaro a vantaggio del Comune e con risarcimento alla parte con il doppio di ciò che sia stato riscosso oltre il dovuto.

       6 Rub.40Per cose non menzionate.

   Decretiamo ed ordiniamo che se dovessero comparire cose che non siano state nominate nel presente volume degli statuti e che fossero simili a quelle per le quali si dovesse pagare il dazio, che venga pagato il dazio secondo la somiglianza di quelle cose che fossero dichiarate dai detti statuti. E se capitasse o venisse mosso qualche dubbio che non sia stato dichiarato con una forma dei presenti statuti, sia fatta una dichiarazione e i signori Priori del popolo, o il Gonfaloniere di giustizia, per tale dubbio, la facciano fare da un solo cittadino da nominarsi per ogni contrada ad opera dei detti signori Priori. Tuttavia non venga pagato il dazio per la crusca, per la ginestra, per i fili di paglia, per la cenere, per i forconi, per i rastelli, e per gli acquaticci.

       6 Rub.41Le pene per coloro che agirono contro le disposizioni dei presenti statuti.

 Decretiamo ed ordiniamo che chiunque abbia agito contro la forma di qualche statuto contenuto nel presente volume, o abbia frodato qualche dazio, sia punito e condannato con 100 soldi di denari dal Giudice dei dazi, sul fatto stesso, senza alcun processo; facendo salvo il caso in cui vi fosse una pena speciale dichiarata nel presente volume degli statuti, e in questo caso sia obbligato a pagare quel dazio soltanto, e in minore quantità, dopo aver visto la condizione della persona e la qualità del misfatto. E riguardo a tutte le singole condanne, le pene che venissero riscosse ad opera dello stesso Giudice, o di un altro officiale, il quale fosse <addetto> a tale dazio, la metà delle stesse condanne e delle pene debba essere a vantaggio del Comune di Fermo, e in realtà, l’altra metà debba essere per l’appaltatore di tali dazi. E il Podestà, il Capitano del popolo o ciascuno di essi, e di qualsivoglia officiale degli stessi e altri officiali del Comune, per i dazi da riscuotere, siano obbligati e debbano dare aiuto, consiglio e sostegno, e dare gli inservienti a questi dazieri a loro richiesta, sotto la pena di 100 libre di denaro dalla loro paga. E allo stesso modo qualsivoglia officiale di ciascun Castello o Villa del contado di Fermo sia obbligato a dare aiuto e sostegno a questi dazieri, sotto la pena di 10 libre di denaro.

       6 Rub.42Sui tempi per pagare il dazio e a chi.

   Per evitare un errore, decretiamo ed ordiniamo che per tutte le cose e le mercanzie che venissero portate, con lo scopo di esportarle, per mare o per terra, o quelle che non siano esportate, per le quali si dovesse pagare il dazio, questo dazio di tali cose o mercanzie, appartenga, e sia competenza o debba essere pagato a colui o a quelli, a richiesta del quale o dei quali, tali dazi venissero riscossi al tempo del loro trasporto o della loro segnalazione e della denuncia. E similmente per l’olio immagazzinato, per il quale il dazio debba essere pagato da colui o coloro, a richiesta del quale o dei quali il dazio venisse incassato al tempo dell’immagazzinamento di questo olio, o del trasporto d’arrivo o sia esportato dalla Città o dal Porto di Fermo oppure no, o per mare, o per terra oppure no, anche se il tempo dell’appalto dei dazi fosse scaduto oppure no.

       6 Rub.43Per coloro che godono qualche immunità di dazi.

   Decretiamo ed ordiniamo che se in vigore di qualche statuto, o di un’altra legittima concessione che fosse stata praticata fino ad ora, fosse stato lecito, o fosse lecito a qualche Comunità, o a singole persone di questa Città o del contado, di importare o condurre per mare o per terra, alcune cose o mercanzie per la propria vita, e tale importatore o conduttore o colui che fa importare o condurre, disponesse di vendere le dette cose o mercanzie importate e condotte per la sua vita, sia obbligato a segnalare all’officiale del dazio le dette cose entro il secondo giorno dopo che le abbia vendute, e debba pagare il dazio dovuto secondo la forma dei presenti statuti. E chi abbia trasgredito, perda le cose vendute, o il loro prezzo, e nondimeno paghi un dazio doppio, e come pena 25 libre di denaro per qualsivoglia volta, e possa essere accusato da chiunque, e costui abbia la metà della pena e sia tenuto segreto.

       6 Rub.44Il dazio del vino venduto a salma o alla spina.

   Decretiamo che per il vino che viene venduto alla spina, per il dazio per qualsivoglia libra del prezzo si paghino sei soldi e otto denari. E se qualcuno abbia comperato vino all’ingrosso, cioè a salma con lo scopo di rivenderlo al minuto alla spina, per qualsivoglia libra del prezzo, paghi dodici denari oltre al detto dazio alla spina, cioè sei denari per parte. E ciò abbia vigore nella Città, al porto di Fermo, e nelle Ville già dette. E se qualcuno abbia portato vino o mosto comperato con lo scopo di rivenderlo nella Città, e nel Porto di Fermo e nelle Ville già dette, paghi dodici denari per qualsivoglia libra. Facendo salvo che sia consentito a chiunque di portare il mosto che sia di produzione propria, per tutto il mese di ottobre, senza pagamento di alcun dazio. E se lo abbia portato dopo detto mese, paghi dodici denari per libbra del prezzo della valutazione dello stesso. E se qualcuno abbia voluto esportare o lo abbia portato con lo scopo di esportare una qualche quantità di vino, per mare o per terra, fuori dal contado di Fermo e dalla riviera del mare, paghi per qualsivoglia salma di vino quattro soldi di denari e non sia affatto obbligato a pagare un altro dazio. Nessuno invece debba vendere e dare a qualcuno il vino a salma, o al minuto senza uno specifico permesso dell’officiale del dazio e la ricevuta dei detti officiali, sotto la pena di 100 soldi di denari per ognuno e per qualsivoglia volta. Aggiungiamo che per il vino che venisse venduto all’ingrosso o al minuto al tempo delle fiere, cioè per tutto il mese di agosto, e entro l’anno per opera di coloro che ospitano i forestieri, si debba pagare il dazio dovuto che è ordinato per la spina; ciò non abbia vigore per il vino che venisse venduto all’ingrosso, o al barile per opera dei cittadini o degli abitanti per il vitto di loro stessi e della famiglia.

       6 Rub.45Il dazio del magazzinaggio nel Porto di Fermo.

   Decretiamo che chiunque abbia portato nel Porto di San Giorgio battelli pieni di olio, o di vino, oppure vuoti, tanto nel magazzino del Comune, quanto in un’altra parte di detto Porto, paghi per qualsivoglia battello dodici denari. In realtà per qualsivoglia “collo” di altra mercanzia paghi quattro denari. Per qualsivoglia miliare di agli cinque denari; per qualsivoglia miliare di cipolle due soldi anche per cose simili a queste; e ciò per il dazio del magazzinaggio.

       6 Rub.46Nessun padrone di un naviglio possa caricare e scaricare qualche sua mercanzia senza il permesso di un Officiale.

   Decretiamo che nessun padrone di qualche nave, grande o piccola, debba caricare o far caricare alcune mercanzie o cose nella stessa nave, né scaricare da tale nave alcune mercanzie o cose senza un esplicito permesso dell’officiale del dazio, sotto la pena di 25 libre di denaro, e nondimeno per le stesse mercanzie e cose paghi un dazio doppio. E nessuno dalla riviera del mare, e dal Porto, o da altro luogo di tale riviera e anche dalla Città debba portare mercanzie nell’abitazione senza un permesso di tali officiali del dazio, né porti né consegni cose che venissero scaricate o caricate in qualche nave, oppure da qualche nave, sotto la pena di 100 soldi di denari.

       6 Rub.47Sulle navi e sulle barche.

   Decretiamo ed ordiniamo che se qualche nave o barca sia stata posta in riva al mare o nel Porto di Fermo e sarà caricata, paghi, se la nave fosse per 300 battelli per il dazio del trasporto navale (navigazione) tre fiorini. E se la nave sia per 100 vasetti, paghi un fiorino e mezzo. E se la nave sia per sessanta vasetti, paghi un fiorino. E se sia stata per 40 battelli fino a 100 e da 100 fino a 300 vasetti, paghi per la quota parte secondo la già detta quantità. e se sia stata una qualche barca o barcone da venti battelli fino a trenta, paghi per il trasporto navale 40 soldi di denari. E se la barca o il barcone sia stato da quindici vasetti, paghi sedici soldi di denari. E se sarà per dieci vasetti, paghi 10 soldi. E se sarà per cinque vasetti, paghi sei soldi. E chiunque sia venuto con una qualche barca e abbia dato un palombaro all’ormeggio o abbia dato un ponte verso terra e abbia avuto mercanzie in essa, per le stesse sia obbligato a pagare il dazio dovuto, come indicato sopra. E i padroni di dette navi o delle barche siano obbligati di pagare il detto trasporto navale, come detto sopra. E se i padroni fossero franchi o fossero assenti i marinai siano obbligati a pagare il detto trasporto navale e i loro mercanti. Inoltre se qualcuno abbia fatto di nuovo qualche nave o barca e l’abbia fatta fare nel Porto o sulla riva del mare, sia obbligato di pagare il dazio dovuto, cioè dodici denari per libbra del prezzo secondo la valutazione da farsi dall’officiale del dazio del Comune. Facendo salvo che venga dedotto il dazio per tutte le cose trasportate con la nave o con la barca o lavorate, per le quali sia stato pagato il dazio nella Città o nel Porto o nella sua riviera.

       6 Rub.48Sul rame nuovo e vecchio.

   Decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno, nella Città o nel Porto, abbia acquistato rame nuovo elaborato o vecchio <usato>; con lo scopo di esportarlo da questa Città o dal Porto, paghi, per qualsivoglia libra del prezzo del rame elaborato <nuovo> sei denari, e per il rame vecchio dodici denari per qualsivoglia libra dell’acquisto o della valutazione. Sia tuttavia lecito a chiunque di importare rame nuovo e usato per uso proprio ed egualmente masserizie usate, ma se lo abbia vendute, sia obbligato al dazio.

       6 Rub.49Il dazio sulla macelleria e sulle sue parti, e per coloro che mandano carni salate o fresche nella Città o nel Porto di Fermo.

   Decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno, nella Città o nel Porto di Fermo, abbia importato carni salate o fresche per la vita di se stessi, paghi, per qualsivoglia libra di carne, tre denari e sia obbligato a lasciare una prova alla porta <della città> e presentare all’officiale del dazio. E il daziere della porta sia obbligato a bollare, sotto la pena di 100 soldi di denari qualsivoglia volta quando abbia trasgredito nelle dette cose.

       6 Rub.50Per coloro che forniscono agnelli, capretti o maialini.

   Decretiamo che se qualcuno abbia importato nella Città o nel Porto di Fermo, oppure in questi abbia venduto un maialino, un agnello, un capretto, paghi per ognuno di questi da 20 soldi, diminuendo fino ad uno; e più di ciò, in realtà, paghi dodici denari per qualsivoglia libra del prezzo, facendo salvo quelli regalati o quelli portati per proprio uso.

       6 Rub.51Per coloro che acquistano agnelli, capretti e maialini con lo scopo di rivenderli.

Decretiamo che nessun albergatore, o qualsivoglia altro possa acquistare un agnello, un capretto, o qualche maialino o qualche altro animale vivo o macellato di recente, o salato con lo scopo di rivenderlo nel suo albergo, o altrove, se non paghi tre denari per qualsivoglia libra delle carni, sotto la pena di 100 soldi per qualsivoglia volta.

       6 Rub.52Gli animali che possono essere comperati dai macellai.

 Decretiamo ed ordiniamo che qualsivoglia Macellaio, o qualsivoglia altra persona acquistasse qualche animale vivo con lo scopo di rivenderlo al minuto, paghi per qualsivoglia libra delle carni tre denari. E se fossero carni bovine, paghi per qualsivoglia capo soldi otto, e per qualsivoglia capo di castrone soldi due; e per qualsivoglia capo di maiale, o scrofa, soldi quattro; e per qualsivoglia capo di pecora, o di capra, o di becco, 18 denari; per qualsivoglia capo di agnello, di capretto o di maialino, un soldo. E che questi macellai possano e debbano, trattenere, da tali venditori di animali, la metà della detta somma, che sono obbligati a pagare per il dazio, e non di più.

       6 Rub.53La vendita di carni da parte dei macellai e la loro pesatura di queste.

   Decretiamo ed ordiniamo che nessun Macellaio o qualsivoglia altra persona, nella Città o nel Porto, volendo produrre carni da vendere, osi o presuma macellare o vendere qualche animale in qualche altro luogo se non nelle macellerie usate fino a questo momento, se non in presenza, con il permesso e con l’ordine dell’officiale del dazio del Comune; ed inoltre debba, tramite l’officiale del dazio, pesare, come di consueto, tale animale tutto ed intero con la ‘stadera’ del Comune. E che questo macellaio non possa e non debba macellare tale animale se prima non sia stato pesato come sopra, sotto pena di 100 soldi per qualsivoglia volta per il trasgressore. E possa essere accusato e denunciato da chiunque, e <costui> abbia la quarta parte della pena.

       6 Rub.54Il dazio sulle bestie vendute dai macellai da pagarsi entro una scadenza.

   Decretiamo che qualsiasi Macellaio o qualsivoglia altra persona che produce carni da vendere, sia obbligato e debba pagare, in qualsivoglia giorno di venerdì, per tutte le singole carni e animali da essi stessi vendute, il dazio ad essi spettante e prima e dopo ad ogni richiesta dell’officiale di questo dazio, sotto la pena di 100 soldi, qualsivoglia volta per il trasgressore.

       6 Rub.55I maialini da vendersi cotti <porchetta>.

   Decretiamo che per qualsivoglia maialino cotto da vendere da chiunque debbano essere pagati tre soldi di denari per qualsivoglia libra di carne. E detto maialino, prima della sua cottura, sia pesato senza le interiora.

       6 Rub.56Sulle carni da comperare per banchetti, suffragi e sposalizi.

   Decretiamo ed ordiniamo che chiunque compri carni per banchetti, sposalizi o suffragi del settimo giorno, sia obbligato e debba pagare il dazio di tre denari e non di più per libra delle carni che abbia comperato al di fuori delle macellerie del Comune; eccetto per un agnello, un capretto, un maialino per i quali non debba pagare se non dodici denari per ognuno. E queste carni non debbano essere colpite, o detti animali non debbono essere uccisi senza il permesso dell’officiale dei dazi del Comune, e debbano essere pesati, sotto pena di 100 soldi di denari per qualsivoglia volta per il trasgressore e con raddoppio del dazio.

       6 Rub.57Il dazio sui pesci.

   Decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno nella Città o nel Porto di Fermo abbia portato del pesce salato, o fresco, cotto, o seccato, paghi due soldi per qualsivoglia libra del prezzo, e sia obbligato far vedere i pesci all’officiale del dazio del Comune, e pesarli. Se qualcuno in realtà l’abbia esportato fuori dalla Città o dal contado di Fermo, paghi per qualsivoglia libra del prezzo, 5 soldi di denari per il dazio.

       6 Rub.58Sui maiali da macellarsi dai cittadini.

   Decretiamo ed ordiniamo che sia lecito a qualsivoglia cittadino o abitante della Città di Fermo, per la propria vita e della sua famiglia, di macellare, o di far macellare due maiali e non di più, purché sia scritto tramite l’officiale del dazio, con lo scopo che non si possa frodare il dazio, senza pagamento di alcun dazio; e se ne abbia macellati di più, paghi per qualsivoglia libra delle carni denari tre.

       6 Rub.59Sulle carni salate da esportare per mare.

   Decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno abbia portato nella Città di Fermo o nel Porto di San Giorgio le carni salate con lo scopo di esportarle per mare, paghi dodici denari per qualsivoglia libra del prezzo sulla loro valutazione. Se, in verità, abbia prodotto carni, nella Città o nel Porto con lo scopo di salarle, paghi, per qualsivoglia libra delle carni, tre denari. E a lui sia lecito di esportare tali carni per mare, a proprio piacere e volontà, senza alcun altro pagamento del dazio.

       6 Rub.60Sugli animali malati o morti che si possono vendere.

   Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia animale infetto o malato, o morto, che venisse venduto alle porte della Città di Fermo o del Porto di San Giorgio, o nelle Ville già dette, venga pagato il dazio indicato sotto, cioè per qualsivoglia libra del prezzo della loro vendita, fino ad otto libre siano pagati due soldi per qualsivoglia libra del prezzo. E, in realtà, al di sopra fino a dodici libre di denaro siano pagati 30 soldi. E ancora sopra fino a 15 libre di denari siano pagati soldi 40 denari. E per il cuoiame e per le pelli di tali animali siano pagati dodici denari per libra, cioè sei denari per parte. E detti animali prima siano visti dall’officiale del dazio, e non si possano vendere senza il permesso di costui, sotto la pena di cento soldi di denari per ognuno e per qualsivoglia volta. E per i denari ricavati da queste pelli e carni ci si attenga al giuramento del venditore di questi animali.

       6 Rub.61Sulle pelli da importare nella Città e nel Porto.

   Decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno abbia portato nella Città o nel Porto di Fermo pelli di bue, o di bufalo, o di scrofa, o altre pelli, paghi per qualsivoglia libra di denaro sulla loro valutazione, dodici denari da qualunque parte provengano, e dopo pagato il dazio sia a lui lecito di esportare e vendere, senza alcun altro pagamento del dazio, facendo salvo che se qualcuno abbia voluto fare conciatura del cuoiame o delle pelli dei suoi animali, per sé e per la sua famiglia, non sia obbligato a pagare purché non le abbia vendute, e per questo ci si attenga al suo giuramento.

       6 Rub.62Sugli animali che i macellai debbano acquistare ed essere macellati entro un certo tempo.

    Decretiamo ed ordiniamo che qualsivoglia Macellaio, o qualsivoglia altra persona che produce carni da vendere, debba aver venduto al dettaglio gli animali che abbia comperato per la macellazione, o per un suo interesse, entro tre mesi da calcolarsi dal giorno dell’acquisto degli stessi animali. E se entro questa scadenza non abbia venduto o non abbia macellato presso tale macelleria, sia obbligato e debba pagare come pena di 100 soldi di denari, per il dazio dell’acquisto di questi animali, cioè dodici denari per libra. E se abbia tenuto questi animali per la <loro> vita, sia obbligato a pagare il dazio per una quota da indicarsi in seguito. E ciò non abbia vigore per i verri o per i castroni da comperare o da tenere dai macellai con lo scopo di macellarli nelle macellerie, e per questi sia consentito di tenerli fino a quando li abbiano macellati.

       6 Rub.63Sul cuoiame e sulle le pelli che debbano essere acquistate nella Città.

   Decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno abbia importato nella Città e nel Porto di Fermo cuoiame, o pelli di qualunque animale, paghi dodici denari per qualsivoglia libra del prezzo, facendo salvo per il cuoiame e per le pelli di animali venduti dai macellai, per le quali fosse stato pagato il dazio di tre denari per libra. Il macellaio che vuole esportare o gli acquirenti di queste stesse paghino sei denari per libra del prezzo sulla loro vendita e non di più.

       6 Rub.64   Il dazio dei cavalli, dei somari e delle altre bestie.

   Decretiamo che se qualcuno abbia portato nella Città di Fermo, o nel Porto, o nelle Ville e nel territorio di questa Città qualche cavallo, somaro, o somara, per ognuno paghi, per qualsivoglia libra del prezzo della loro valutazione o dell’acquisto, dodici denari per libra. E similmente per i buoi, le vacche, i muli, i maiali, le capre, le pecore e per gli altri animali siano obbligati a pagare nel detto modo. Se qualcuno, in realtà, abbia portato <ciò> per la propria vita, e abbia acquistato fuori dalla Città o dal contado di Fermo un cavallo o un ronzino per questi non sia obbligato a pagare (il dazio); ma se lo abbia venduto sia obbligato a pagare il dazio dovuto. Se, in realtà, qualcuno abbia pagato il dazio per un somaro, per un bue, o per gli altri animali, e abbia rivenduto questi stessi animali o qualcuno di essi, l’acquirente sia obbligato di pagare sei denari per libbra del prezzo per la sua parte. E similmente se siano passati per più mani, o i detti animali fossero stati rivenduti, l’acquirente sia obbligato di pagare altrettanto. E se qualcuno abbia venduto un cavallo o un altro animale per il quale non sia stato pagato il dazio nella Città o nel Porto di Fermo, o abbia esportato e abbia venduto quegli <animali> fuori dalla Città di Fermo, paghi dodici denari per qualsivoglia libra del prezzo. E tale venditore o esportatore sia obbligato a farlo sapere all’officiale dei dazi, entro il terzo giorno dopo il suo ritorno, sotto la pena di 100 soldi di denari, ed un dazio doppio.

       6 Rub.65Il dazio degli animali da allevamento ossia da tenere nei pascoli.

   Decretiamo che se qualcuno nella Città di Fermo, e nel suo distretto e nel Porto, e nelle Ville di Montone, Lognano, Monte Secco, Monte San Martino abbia tenuto o abbia avuto un bue, una vacca, un maiale o una scrofa, una pecora, un montone, capre, cavalle, o animali da soma, o un altro animale, paghi per qualsivoglia anno per ogni animale specificato nel modo qui scritto cioè:

-per qualsivoglia bue o vacca, giovenco o giovenca sopra un anno. s.10 d.0

-per qualsivoglia maiale o porca castrata sopra i tre                          s.5

-per qualsivoglia scrofa                                                                      s.6

-per qualsivoglia capra, caprone o irco                                               s.6

-per qualsivoglia pecora, o montone soldi 5 fino a 100 fra padrone e lavoratore; – sopra100, in realtà, soldi 9 per ognuno, a meno che il padrone non ne abbia; se non – 50 in tutti i luoghi; ma se abbia di più paghi il dazio di 9 soldi; eccettuati gli allevati di un anno

-per qualsivoglia cavalla, asina o mula da soma in dimora                s. 20 d.0

 Sono eccettuati e riservati tre buoi e due maiali per qualsiasi cittadino e abitante della Città di Fermo e delle dette Ville per la vita degli stessi, e di ciò non sono obbligati di pagare il dazio. E se non abbia avuto buoi da aratura o vacche da aratura, per questi non sia pagato come per i buoi detti sopra. E coloro che tengono tali animali siano obbligati e debbano, entro la scadenza del bando, segnalare all’officiale dei dazi anche gli allevati di un anno, come sopra, per i quali non si paghi nulla nell’allevarli in quell’anno intero, sotto la pena di 100 soldi per ognuno e per qualsivoglia animale non segnalato.

       6 Rub.66Il dazio dei cavalli da destinare al trasporto.

   Decretiamo che per qualsivoglia cavallo da darsi per il trasporto da parte dei cittadini o degli abitanti della Città di Fermo, si paghi, in qualsivoglia anno, il dazio di 20 soldi. E il tale che tiene un ronzino da vettura debba farlo registrare dagli officiale del dazio, sotto la pena di 100 soldi per qualsivoglia trasgressore.

       6 Rub.67Il dazio su “bozza” e su le parti e su le cibarie che sono vendute.

   Decretiamo che se qualcuno, tanto cittadino quanto forestiero, abbia venduto nella Città, nel Porto, o nelle Ville, qualche genere di cereali, paghi per il detto dazio, cioè per qualsivoglia salma di grano soldi otto e denari quattro, per qualsivoglia salma di orzo, di farro grande, di fava, di piselli, di ceci, o altri legumi soldi quattro e denari quattro; e l’acquirente paghi soldi due, facendo salvo quando questo grano, orzo, farro, fava o qualche cos’altro dei già detti fosse venduto agli albergatori o ad altri che fanno il pane da vendere, gli acquirenti paghino un dazio doppio, cioè di tutti questi detti, e otto soldi per qualsivoglia salma di grano, e quattro soldi per qualsivoglia salma di altro cereale o di legumi per la parte dell’acquirente. E parimenti chiunque altro abbia comperato ciò che è detto sopra con lo scopo di rivenderli al minuto, sia obbligato a pagare il dazio doppio indicato sopra. E che nessuno possa misurare questo cereale altrove anziché nella piazza del Comune e pesare con le misure del Comune, né portabile, né portar fuori dalla piazza queste misure del Comune fuori la piazza senza il permesso dell’officiale dei dazi, sotto la pena di 40 soldi di denari per qualsivoglia trasgressore e per qualsivoglia volta; e similmente per la farina. Se qualcuno, in realtà, abbia importato in questa Città o nel Porto qualche cereale acquistato nel contado, o al fuori dal contado, paghi, per qualsivoglia salma di cereale, metà del dazio per la sua parte, come sopra è stata indicata. Se qualcuno invece, desse o prendesse cereali, o li donasse per qualsivoglia altro motivo, il dazio sia pagato per metà da parte del ricevente, sotto la pena di 20 soldi per qualsiasi volta.

       6 Rub.68Il dazio su la farina.

   Decretiamo ed ordiniamo che se qualcuno, tanto cittadino, quanto abitante del contado e di Porto di San Giorgio, abbia venduto farina di qualsivoglia cereale, o di legumi, ad altri anziché ai già detti albergatori o ad altri che fanno il pane da rivendere, paghi per qualsivoglia salma di farina sedici soldi, cioè dodici soldi da parte del venditore e quattro soldi da parte dell’acquirente. E se abbia venduto a questi albergatori o ad altri che fanno il pane da vendere, paghi un dazio doppio, cioè per qualsivoglia salma di farina per la sua parte soldi otto. E se la farina non fosse pesata in grano e fosse portata nella Città, paghi il dazio soltanto della pesa nel caso non si vendesse. E se detta farina fosse portata da chiunque, soltanto nella Città, nel Porto e nelle Ville già dette, e il grano di essa non fosse stato pesato, e questa farina fosse venduta, sia pagato per la pesa e per la vendita, come detto sopra. E se questa farina fosse importata nei detti luoghi da qualunque persona, e fosse di sua produzione, e il grano non fosse stato pesato, per questa farina paghi soltanto il dazio della pesa e niente oltre, se non fosse venduta; ma se fosse venduta, paghi per la pesa e la vendita, come sopra. E qualsivoglia portatore abbia l’obbligo, per detta farina, di lasciare una prova presso la porta <della Città> e farla vedere all’officiale dei dazi, sotto pena di 100 soldi per ognuno e per qualsivoglia volta.

       6 Rub.69La pesatura dei cereali.

 Decretiamo ed ordiniamo che per qualsivoglia centinaio del peso di qualunque cereale o di legumi con lo scopo di macinarli siano pagati per il dazio due soldi. E chiunque abbia l’obbligo di portare e di far portare questo cereale alle pese del Comune per la pesatura con le stadere del Comune, e altrove, sotto la pena di 100 soldi di denari e il pagamento del dazio dovuto, sotto la detta pena. E che qualsivoglia Mugnaio abbia l’obbligo e debba portare una ricevuta sottoscritta di mano dell’officiale del dazio in un sacco pesato, sotto la pena di 100 soldi per ognuno e per qualsivoglia volta e per qualsivoglia trasgressore.

       6 Rub.70Il dazio sulle cose date a cottimo.

 Decretiamo ed ordiniamo che per l’affitto di case, o locali affittati a pigione e per gli animali affittati a soccida, o per il terreno dato a cottimo, vengano pagati, per il dazio del cottimo, dodici denari per qualsivoglia libra del prezzo nella loro valutazione e per l’affitto, cioè sei denari dal lavoratore e sei denari dal concedente (conduttore). E se il cottimo venisse pagato in grano, otto soldi per salma e la metà per altre granaglie, per l’orzo, per farro grande o per altri.

       6 Rub.71Sul pane da portare nella Città o al Porto.

Decretiamo che se qualcuno abbia portato una certa quantità di pane in Città o al Porto, paghi per qualsivoglia centinaio di pane, dodici denari; tuttavia in modo tale che il pane non sia di un valore sopra i due denari. Qualora fosse di un valore e di un prezzo oltre due denari paghi per la quota parte, per quanto in più, secondo il numero e la quantità del pane.

       6 Rub.72Il dazio sugli animali dati in soccida (soci).

   Decretiamo ed ordiniamo che per tutti gli animali da affittare o da dare a ‘socita’ ( soci), o per fare laborerio, sia pagato metà dazio, cioè sei denari dell’estimo da farsi di essi; cioè per metà dell’estimo di essi da pagarsi dai conduttori, quando sia stata pagata da essi. E i detti locatori abbiano l’obbligo di fare la denuncia all’officiale dei dazi entro 10 giorni dal giorno in cui è stato fatto l’affitto.

       6 Rub.73Il dazio del mercato di Belmonte.

   Decretiamo ed ordiniamo che per ogni mercanzia o cosa che venisse venduta nel mercato di Belmonte, in un giorno di mercato, o in qualsivoglia strada attraverso la quale si va a tale mercato, nel giorno di mercato, si paghi per il dazio dodici denari per libra del prezzo, cioè sei denari per parte. E che se qualcuno abbia portato o abbia fatto portare dalla Città di Fermo, e dal Porto di Fermo a questo mercato alcune mercanzie o cose per le quali sia stato pagato il dazio in tale Città o al Porto, o abbia venduto queste cose nel detto mercato, non sia obbligato a pagare alcun dazio per tale vendita, ma l’acquirente soltanto sia obbligato a pagare all’officiale di questo mercato tutto l’intero dazio. Inoltre che se qualcuno abbia acquistato in questo mercato alcune mercanzie o cose, o animali con lo scopo di esportarli, e di portarli nella Città di Fermo con lo scopo di rivenderli, e di esportarli per mare, non sia obbligato a pagare il dazio in questo mercato; ma soltanto il venditore sia obbligato di pagare tutto l’intero dazio, e il tale acquirente debba tenere per sé questo dazio e pagarlo all’officiale del dazio di questo mercato. E ciò perché i detti acquirenti siano obbligati, allorché abbiano portato le dette cose nella Città di Fermo, a pagare il dazio su di esse. Inoltre che per qualsivoglia rubbio di lino, il venditore sia obbligato a pagare un denaro. E per qualsivoglia pezza di canovaccio quattro denari. E per qualsivoglia misura di ciascun centenario di panno di lana, che venisse venduto all’ingrosso, questo venditore sia obbligato pagare dodici denari. Inoltre chiunque abbia una cascina o una capanna coperta nel mercato di Belmonte, paghi per ciascuna e per qualsiasi mese dieci soldi di denari. Inoltre ad ognuno sia lecito, in giorno di lunedì precedente il giorno di mercato, e nel giorno del mercoledì seguente, di qualunque luogo sia, di venire con le mercanzie e con qualsivoglia cosa, e con gli animali a questo mercato e starvi tranquillo e sicuro. E che nessuno possa recare danno alla persona o alle cose; ma nell’andare, nello stare, nel ritornare sia libero e sicuro e incondizionato, nonostante alcune rivalse e condizioni; fatta eccezione per i banditi <esiliati> e per i condannati del Comune di Fermo, che fra i già detti non siano compresi. Non si possa, in questo mercato, fare accordi o costringere per qualche debito fatto in altro luogo, ma solamente per i debiti contratti per motivi riguardanti ed emergenti da questo stesso mercato. Inoltre qualunque Macellaio o un altro che producesse carni, o macellasse allo scopo di vendere carni in questo mercato, paghi questo dazio, cioè:

-per qualsivoglia maiale o maiale femmina, morti oppure macellati freschi o salati   s.8

-per qualsivoglia bue, vacca, vitello o vitella                                                               s.20

-per qualsivoglia castrone                                                                                             s.4

-per qualsivoglia pecora, irco o montone                                                                      s.3

-per qualsivoglia capretto o agnello                                                                               s.1

       6 Rub.74Il dazio sugli animali che avranno transitato nel Distretto di Fermo.

   Decretiamo che se qualche cittadino o forestiero conducesse alcuni animali nel territorio di Fermo, da fuori distretto di Fermo, con lo scopo di esportarli al di fuori da questo distretto, paghi

-per qualsivoglia castrone                                        s.2

-per qualsivoglia maiale o maiale femmina             s.5

-per qualsivoglia pecora, montone, capra o irco      s.1 d.6

-per qualsivoglia cavallo, o cavalla o mulo              s.20

Salvo che se non potesse vendere questi animali, e a loro sia lecito, se vogliono ricondurli da dove li abbiano portati, senza alcun pagamento di dazio. E se fosse capitato di vendere qualcuno di tali animali in questo distretto di Fermo, il venditore sia obbligato a pagare all’officiale dei dazi, incaricato a riscuotere il dazio del pedaggio, dodici denari per libra, detratto il dazio per gli animali venduti, che sia stato pagato per il già detto pedaggio. E i restanti animali non venduti, liberamente, possano essere portati ove i conducenti abbiano voluto.

       6 Rub.75Il dazio sul transito.

   Fu stabilito che il transito degli animali o di altre cose, per le quali debba essere pagato il dazio, da parte dei forestieri che transiteranno, verranno o cammineranno nel territorio e nel distretto di Fermo e del suo contado, della fortezza, e del distretto, paghi il dazio qui detto:

-per qualsivoglia bue, vacca, giovenco, vitella, somaro                    s.10

-per qualsivoglia maiale o scrofa                                                       s.5

-per qualsivoglia castrone                                                                  s.2

-per qualsivoglia pecora, montone, capra, caprone                           s.1 d.6

-per qualsivoglia cavallo, o cavalla, o mulo                                      s.20

-per qualsivoglia salma di grano, che venisse esportato fuori dalla Città di Fermo con lo scopo di esportarlo fuori da questo contado e dal distretto e transitasse per detto contado e distretto di Fermo            s.6

-per qualsivoglia salma di orzo, che fosse portato come sopra

-per qualsivoglia salma di spelta che fosse portato come sopra        s.4

-per qualsivoglia salma di fava, che fosse portata come sopra          s.5

-per qualsivoglia salma di ceci, o di legumi, di panico o mele          s.4

-per qualsiasi salma di vino, che fosse portato da chiunque per mare o per terra s.3

-per qualsivoglia salma di cera                                                          s.30

-per qualsivoglia metro di olio che venisse esportato                        s.5

-per qualsivoglia salma di miele                                                         s.20

-per qualsivoglia salma di panni colorati                           1 fiorino e mezzo

-per qualsivoglia salma di panni di “carfagno”                                 s.36

-per qualsivoglia salma di lana, che transitasse    mezzo fiorino       s.0

-per qualsivoglia salma di panni di lino1 fiorino                               s.0

-per qualsivoglia salma di canovaccio                                                s.40

-per qualsivoglia salma di cenci                                                         s.10

-per qualsivoglia salma di guarnelli   1 fiorino e mezzo                     s.0

-per qualsivoglia salma di lino                                                            s.0

-per qualsivoglia salma di lana                                                           s.30

-per qualsivoglia salma di accia filata                                                s.40

-per qualsivoglia salma di pelli non conciate                                     s.30

-per qualsivoglia salma di cuoiame grosso non conciato                   s.20

-per qualsivoglia salma di cuoiame conciato                                      s.40

-per qualsivoglia salma di bambagia elaborata                 fiorino 1    s.10

<p>-per qualsivoglia salma di bambagia non elaborata                     s.30

-per qualsivoglia salma di fichi secchi                                                s.4

-per qualsivoglia salma di peli dei cavalli                                           s.10

-per qualsivoglia salma di peli della coda dei cavalli                         s.0

-per qualsivoglia salma di rame elaborato                                          s.40

   E qualsivoglia salma delle dette cose e di tutte le altre cose per le quali spettasse pagare il dazio, si intenda e debba essere di 400 libre, se fosse di più o di meno ci sia l’obbligo di pagare per la quota parte. Inoltre se qualche Mulattiere, Vetturino, o qualunque altra persona in qualsivoglia condizione stia, tanto un abitante del contado, quanto un Cittadino che abbia esportato fuori dal contado, qualche mercanzia o cosa, per le quali dovesse pagare il dazio, o abbia esportate maliziosamente in frode del dazio, e non avesse pagato il dazio all’officiale dei dazi, o transitasse senza la ricevuta degli stessi officiali, sia punito con 25 libre di denaro

       6 Rub.76Il forestiero possa esportare dal contado tutte le mercanzie, eccettuando lino e canovaccio.

 Inoltre se qualche forestiero abbia acquistato in qualche Castello del contado di Fermo qualche mercanzia, o cosa, e la esportasse fuori da questo contado o l’avesse fatta esportare, dopo aver ottenuto il permesso, la possa esportare. E qualora fossero lino, canovaccio, lana, o qualcos’altro, per il quale sia obbligato a pagare il dazio, paghi sei denari per libra del prezzo e non di più, perché gli abitanti del contado non sono obbligati a <pagare> per l’assegna (tassa).

       6 Rub.77L’abitante del contado possa introdurre ogni mercanzia nel contado senza dazio, perché paga l’assegna.

 Inoltre se qualcuno del contado portasse in questo contado di Fermo qualche mercanzia o cosa, se questa sia soggetta a qualche dazio, non sia obbligato a pagare affatto per le dette cose perché paga l’assegna.

       6 Rub.78Chiunque asporta dalla Città e dal contado il lino, la lana, i panni, i canovacci, la semente, le noci o altra mercanzia, paghi il dazio.

    Inoltre se qualche abitante del contado, o Cittadino Fermano, o forestiero, in qualunque condizione stia, acquistasse lino, lana, panni di lino o di lana, canovaccio, semente di lino, noci, o qualunque altra cosa o mercanzia nella Città di Fermo, o in qualche Castello del contado di Fermo, e volesse esportarla, fuori da questa Città di Fermo, o l’avesse importata o l’avesse fatta importare, paghi per qualsivoglia libra del prezzo, per la parte di detto acquirente, sei denari e non di più.

       6 Rub.79Il forestiero che porta, soprattutto che vende qualcosa nel mercato di Belmonte, paghi il dazio, e possa portare indietro ciò che non vendesse.

   Inoltre se qualche forestiero venisse fuori della Città di Fermo al mercato di Belmonte con panni, animali o altra mercanzia, e vendesse in questo mercato in tutto od in parte, paghi il dazio che di solito si paga in detto mercato. E quello che non vendesse in detto mercato, se volesse lo possa portare indietro alla sua abitazione, o al luogo da cui lo condusse, e a lui sia lecito senza altro pagamento di dazio. E se lo volesse portare altrove, anziché al detto luogo, paghi il dazio dovuto per il passaggio, come è stato detto sopra, per quello che lo abbia portato indietro.

       6 Rub.80Sia lecito a qualche abitante del contado di barattare e vendere un bue malandato fuori dal contado.

   Inoltre se a qualcuno che abita nel contado di questa Città di Fermo capitasse che qualche bue, o vacca o un altro animale gli si sia deperito, e fosse di sua proprietà, e volesse cambiarlo, o vendere, sia a lui lecito di vendere o cambiarlo fuori del contado di Fermo, senza pagamento di dazio.

       6 Rub.81Sia lecito al forestiero portare indietro la mercanzia non venduta, dopo pagati 6 denari per libra di cose vendute.

   Inoltre se qualunque commerciante o forestiero che fosse al di fuori del contado di Fermo, volesse vendere panni o altra mercanzia o cosa, che fosse stata immessa e condotta nei Castelli di questo contado o attraverso gli stessi Castelli del contado, paghi sei denari per libra del prezzo di quello che abbia venduto. E quello che non potesse vendere, sia lecito di esportarlo e riportarlo nel luogo di prima dal quale lo portò, senza pagamento di dazio. E se lo volesse portare altrove, anziché al luogo di prima, dal quale lo portò, paghi il dazio del passaggio, come è stato dichiarato sopra.

       6 Rub.82A nessuno sia lecito esportare cereali fuori dal distretto, registrati nello stesso distretto e nel contado.

 Inoltre nessuna persona, sia Cittadino che forestiero, ed anche del contado di Fermo, in qualunque condizione si trovi, possa né debba esportare alcun genere di cereali, né di grascia fuori dal contado di Fermo, cioè cereale che sono sia nato e registrato nel contado e nel distretto di Fermo. Sia lecito agli abitanti del contado, fra loro stessi, vendere, comperare e portare mercanzie, perché pagano l’assegna.

       6 Rub. 83Sia lecito agli abitanti del contado tra di loro stessi di vendere, comprare e portare mercanzie perché pagano l’assetto <assegna>.

Inoltre sia lecito a chiunque del contado di Fermo e del suo distretto di vendere e comperare ogni mercanzia, e cosa, che si volesse fra se stessi, nel contado di Fermo, e portarla da un Castello ad un altro Castello del contado di Fermo, senza alcun pagamento di dazio, perché pagano l’assegna.

       6 Rub.84Qualsiasi forestiero recante mercanzie sia obbligato a pagare il dazio al primo daziere incontrato nel contado.

   Qualsivoglia forestiero che reca mercanzie sia obbligato a pagare il dazio al primo daziere incontrato nel contado. Inoltre se qualche commerciante o forestiero abbia portato o assoldato panni o qualche altra mercanzia, o cosa nel territorio e nel distretto del contado di Fermo, con lo scopo di vendere, paghi il dazio di sei denari per libra del prezzo per quelle cose al primo daziere o addetto alla riscossione del pedaggio che abbia trovato in questo contado; e questo officiale, o daziere, faccia la sua consueta ricevuta. E non sia obbligato a pagare in alcun altro luogo del contado. E sia lecito a questo commerciante di riportare ed esportare il residuo di detta mercanzia, che non potesse vendere in questo contado, senza alcun altro pagamento. Il dazio del passaggio.

       6 Rub. 85La gabella (dazio) sul passo.

   Questi sono gli statuti e gli ordinamenti del dazio del passaggio delle Terre qui scritte, cioè di tutte le Terre e i luoghi situati oltre i fiumi Chienti, Fiastra, Norcia, Visso, Camerino, Foligno e da tutte le altre terre e i luoghi situati oltre i detti fiumi, e in essi non sia compresa alcuna Terra o Castello, che è a confine con il contado di Fermo, né la Terra di Amandola, né Penna San Giovanni, né alcuna terra che confini o sia al confine del contado di Fermo; (statuti ed ordinamenti) fatti, stabiliti e rinnovati nell’anno 1376, nel mese di Maggio, per tutte le mercanzie che venissero o che fossero portate dalle dette terre, e che fossero portate per mare, e che venissero per mare, e venissero esportate fuori dal contado di Fermo, e venissero portate nelle dette terre e nei luoghi situati oltre i detti fiumi; come è stato detto sopra, paghi nel modo qui scritto, e si intenda come peso di qualsivoglia salma, 60 libre. Prima di tutto:

                                                              Per soma   \ x.per 100 peso \ x 10 peso

Zaffarano per soma                           Lib.17 s.10   \   s. 75 d.7           s.7 d.7

Seta sottile “marchiana” (Marche)    Lib.17 s.10   \   s.75 d.7            s.7 d.7

Faloppi (bozzoli) doppi e franchi.     Lib.2 s.0       \   s.8 d.21           s.0 d.11

“Fomicilli”                                         Lib.4 s.0       \  s.7 d.10            s.1 d.10

Seta portata dalla Puglia                    Lib.10 s. 0    \ s.40 d.6            s.4 d. 10

Cera                                                   Lib.2 s.0       \ s.8 d.11             s.0 d.11

Zucchero saldo                                  Lib.3 s.0       \ s.9 d.4               s.1 d.4

Polvere di zucchero                           Lib.1 s.10     \ s.6 d.8               s.0 d.8

Spezie minute e non minute              Lib.6 d.0       \ s.26 d.8             s.2 d.8

Pepe                                                   Lib.4 s.0       \ s.17 d.10           s.1 d.10

Mele                                                  Lib.0 s.10 s.3\ s.3 d.4               s.0 d.4

Allume di rocca                                Lib.0 s.10       \ s.2 d.2              s.0 d.4

Noccioli di mandorle                        Lib.1 s.0        \ s.4 d.6               s.0 d.6

Pinotti                                               Lib.1 s.0        \ s.4 d.5               s.0 d.6

Uva passa                                         Lib.0 s.10      \ s.12 d.2             s.0 d.2

Cumino                                            Lib.0 s.10      \ s.2 d.3               s.0 d.3

Panno colorato, Camertono, e Eugubino Lib.2 s.8\ s.15 d.2             s.1 d.6

Panni bisi e carfagni                        Lib.1 s.0        \ s.4 d.6               s.0 d.6

Stamegno <stame?>                         Lib.10 s.0      \ s. 44 d.6            s.4 d.6

Lana fina                                          Lib.4 s.0        \ s.17 d.10           s.2 d.8

Lana grossa bianca, o bisia              Lib.1 s.4        \ s.5 d.4               s.0 d.6

Panno di lino sottile                         Lib.3 s.0        \s.13 d.4              s.1 d.4

Bucaramo ailese                               Lib.6 s.0        \s.26 d.8              s.2 d.8

Guarnello d’ogni ragione                 Lib.3 s.8         \s.15 d.9             s.1 d.6

Canovaccio e borraccio                   Lib.1 s.0          \s.4 d.6               s.0 d.6

Fune, Spago, giganelli                     Lib.1 s.0          \s.4 d.6               s.0 d.6

Stoppa                                              Lib.0 s.5          \s.1 d.2               s.0 d.2

Lino Marchesiano                            Lib.0 s.10        \s.2 d.3               s.0 d.3

Lino Lombardo                                Lib.1 s.0          \ s.4 d.6              s.0 d.6

Panni Veronesi, Fiorentini, panni colorati fini Lib.5 \s.23 d.4-          s.2 d.4

Canova                                              Lib.0 s.10       \s.2 d.3               s. d.3

Merceria                                           Lib.6 s.0          \s.26 d.8             s.2 d.8

Stagno                                              Lib.0 s.15        \s.3 d.4               s.0 d.7

Ferro e piombo                                 Lib.0 s.10        \b.2 d.3              s.2 d.3

Acciaio                                             Lib.0 s.15        \s.3 d.4              s.0 d.6

Ferro lavorato                                   Lib.1 s.0          \s.4 d.6              s.0 d.6

Ferro lavorato da corazze                 Lib.1 s.10        \s.6 d.8              s.0 d.8

Metallo lavorato                               Lib.1 s.0         \s.5   d.4             s.0 d.7

Rame lavorato                                  Lib.1 s.10       \s.6 d.8               s.0 d.8

Rame non lavorato                           Lib.0 s.15      \s.3 d.4                s.0 d.4

Varri, per centinaio di numero          Lib.0 s.10      \s.10 d.0             s.0 d.0

Pellicceria non concia                      Lib.1 s.0         \s.4 d.6               s.0 d.6

Pelle francese                                    Lib.3 s.0        \s.13 d.4             s.1 d.4

Pelle lanute                                       Lib.0 s.10      \s.2 d.4                s.0 d.3

Corame grosso                                  Lib.0 s.15      \s.3 d.4               s.0 d.4

Pellicceria concia                             Lib.1 s.10       \s.6 d.8               s.0 d.8

Corame sottile concio                      Lib.1 s.10       \s.6 d.8               s.0 d.8

Soatto                                               Lib.1 s.10       \s.6 d.8               s.0 d.8

Carta bambagina                              Lib.1 s.1         \s.0 d.0               s.0 d.0

Carta pecorina                                  Lib.1 s.0         \s.4 d.6                s.0 d.6

Cenci e paratura di carta                  Lib.0 s.1         \s.1 d.2                s.0 d.1

Semente di lino, noce, e altre biade Lib.0 s.2         \s.0 d.6                s.0 d.0

Pelo di cavallo                                 Lib.0 s.10        \s.2 d.2               s.0 d.3

Fichi secchi                                      Lib.0 s.1         \s.1 d.0                s.0 d.3

Sego e sugna                                    Lib.0 s.10        \s.2 d.3               s.0 d.2

Pelo di coda di cavalli                      Lib.1 s.0          \s.4 d.5               s.0 d.3

Bambagia lavorata                            Lib.2 s.0        \s.8 d.11             s.0 d.11

Bambagia non lavorata                     Lib.1 s.0        \s.4 d.10             s.0 d.6

Sturuini                                             Lib.1 s.0        \s.4 d.6               s.0 d.6

Pesce salato                                      Lib.0   s.10     \s.4 d.6               s.0 d.3

Carne salata, e cacio                         Lib.0 s.10      \s.2 d.3               s.0 d.2

Legname lavorato d’ogni ragione    Lib.0 s.2         \s.0 d.8               s.0 d.3

Vetro lavorato d’ogni                       Lib.0 s.10       \s.2 d.3               s.0 d.3

Cenere da bicchieri e allume di feccia Lib.0 s.2     \s.2 d.3               s.2 d.0

Rocelle                                             Lib.0 s.10       \s.2 d.7               s.0 d.2

Panicella                                           Lib.0 s.2         \s.2& 2              s.0 d.0

Robbia, e guado                               Lib.0 s.5         \s.1 d.1               s.0 d.1

Scotano                                             Lib.0 s.2        \s.0 d.6               s.0 d.0

Pece                                                  Lib.0 s.4        \s.1 d.0                s.0 d.0

Piuma                                               Lib.0 s.5       \s.1 d.1                 s.0 d.2

Cote di pietra da rotare                    Lib.0 s.5        \s.1 d.2                s.0   d.2

Pesce apparecchiato                         Lib.0 s.3        \0 d.9                   s.0 d.0

Anici                                                Lib.0 s.6        \1 d.6                   s.0 d.1

Cinnamomo. ovvero cannella          Lib. s.0          \s.13 d.4              s.0 d.4

Zenzero                                            Lib.2 s.0        \s.13 d.11            s.1 d.11

Endico <indaco>                              Lib.2 s.0         \s.8 d.11             s.0 d.11

Verzino                                             Lib.2 s.0         \s.8 d11              s.0 d.11

Seta sottile di Romania                    Lib.10 s.0       \s.50 d.6             s.0 d.4

Seta grossa di Romania                    Lib. 5 s.0        \s.25 d.3             s.2 d.3

Grana                                                Lib.10 s.0      \s.40 d.6              s.4 d.6

Capelli, manotte gentili, e feltri       Lib.1 s.0        \s.4 d.6                 s.0 d.6

Stole                                                 Lib.0 s.3        \s.5 d.9                s.0 d.0

Cassia                                               Lib.0 s.8        \s.20 d.0              s.0 d.0

Vischio, e tormentina                       Lib.0 s.10      \s.2 d.3                s.0 d.3

Grano, riso                                       Lib.0 s.6        \s.0 d.0                s.0 d.0

Solfaro <solfato>                             Lib.0 s.8       \s.0 d.0                 s.0 d.0

Oro filato per libra di peso               Lib.0 s.4       \s.0 d.0                s.0 d.0

Argento lavorato indorato per libra di peso Lib.0 s.2 \s.0 d.0           s.0 d.0

Pater nostri di coralli per libra di peso Lib.0 s.1    \s.0 d.0                s.0 d.0

Pater nostri d’ambra per libra di peso Lib.0 s.1     \s.0 d.0                s.0 d.0

Avolio per libra di peso                    Lib.0 s.6         \s.0 d.0               s.0 d.0

Coltre di seta per una                       Lib.0 s.2         \s.0 d.0                s.0 d.0

Coltre di panno d’ogni ragione per una   Lib.0 s.10 \s.0 d.0              s.0 d.0

Schiavine <vesti villose> per una    Lib.0 s.1         \s.0 d.0                s.0 d.0

       6 Rub.86I caricatori e gli scaricatori.

    Inoltre decretiamo ed ordiniamo che qualsivoglia persona, Cittadino, o del distretto del contado di Fermo, in qualunque condizione si trovi, che abbia portato o abbia fatto portare, o abbia caricato o abbia fatto caricare una qualche quantità di olio, o alcune altre mercanzie di qualsivoglia qualità, presso qualche luogo o in qualche spiaggia della riviera del mare, dal Castello di Sirolo del contado di Ancona incluso fino al fiume Tronto incluso, sia obbligato e debba pagare all’officiale del dazio, o agli esattori di questa Città di Fermo, incaricati dal Comune di questa Città, o a coloro che hanno comperato i dazi di questa Città, un fiorino e mezzo per qualsivoglia miliare di olio. E per qualsivoglia centenario del valore, o dell’estimo di qualsivoglia altre mercanzie così condotte e caricate o scaricate in qualcuno dei detti luoghi di questa riviera o delle spiagge non sottoposte a questa Città, dodici denari per qualsiasi libra di denaro, come viene pagato in questa Città. E ciò sia inteso per i luoghi e per le spiagge non sottoposte a questa Città, e tali cittadini o distrettuali che portano o che fanno portare in detti luoghi o in tali spiagge l’olio o altre mercanzie qualsiasi, siano obbligati a segnalare ogni quantità dell’olio agli officiali del detto dazio, entro quindici giorni da calcolarsi dal giorno del trasporto, del caricamento o dello scaricamento di tali mercanzie, e dell’olio, sotto la pena di 10 fiorini d’oro per qualsivoglia miliare di olio e 5 soldi per qualsivoglia libra del valore o dell’estimo delle dette mercanzie; e la metà di questa pena sia per il Comune di Fermo e l’altra metà sia per il detto esattore del dazio, se il dazio fosse stato venduto <appalto>, altrimenti tutta per intero la detta pena pervenga in Comune. E sia lecito a chiunque di riferire i trasgressori, e <il delatore> sia tenuto segreto ed abbia la quarta parte della pena a motivo della sua denuncia o segnalazione.

       6 Rub.87Il dazio del sale, dei pascoli, del baratto e della “scarfina” non è da includere nelle vendite dei dazi.

   Con il presente statuto confermiamo e dichiariamo che qualora i dazi del Comune vengono appaltati e vengono deliberati, quando si facciano tale vendita e delibera, in nessun modo sia compresa, né si intenda compresa anche la vendita del dazio del sale, dei pascoli e della “scarfina”, neanche il dazio sul baratto, a meno che non avvenisse tramite un istrumento di vendita su di essi e con una chiara e specifica segnalazione <di essi> in detta vendita. E questo dazio di baratto non sia appaltato, senza che sia stato deliberato dal Consiglio Generale del Comune di Fermo.

       6 Rub.88Per coloro che portano i panni alle tintorie in Città.

   Affinché ai forestieri o ai circostanti che vogliono portare panni da colorare in questa Città, soprattutto affinché la comodità e l’arte della lana migliorino di giorno in giorno, vogliamo e dichiariamo e decretiamo che coloro che da fuori portano i panni da colorare non siano molestati, e che non siano obbligati a qualche pagamento del dazio e del tributo, nel portare e nel portar via detti panni. E similmente nessuno possa portar via né far portare via l’allume fuori dalla <detta> Città.

       6 Rub.89Gli abitanti del contado possano venire con sei buoi senza pagamento del dazio

   Gli abitanti del contado che vengano a fare un lavoro nel territorio della Città di Fermo, per il tempo futuro, possano venire e portare fino a sei buoi con una o due cavalle, senza alcun pagamento del dazio del pedaggio dei pascoli.

       6 Rub.90L’esenzione per coloro che fanno l’arte della lana.

   Coloro che vengono nella nostra Città per svolgere l’arte della lana e quelli che in detta Città svolgono la detta arte, soltanto per le loro cose, cioè masserizie, lana filata ed altre cose necessarie all’arte della lana, per le quali tramite il Notaio dei Regolatori siano obbligati a <fare> il conto con giuramento, siano esenti da qualsivoglia pagamento di dazio o tributo; eccettuati però i panni per i quali siano obbligati al pagamento del dazio.

       6 Rub.91I mercanti forestieri possano portare le loro mercanzie, e dal 15 luglio, e non vendendole possano portare via, senza dazio o tributo.

   Dato che si abbia un fruttato non piccolo di onore e di comodità dal mercato delle cose vendibili o dalle fiere, decretiamo solennemente che i commercianti esterni o forestieri possano, dalla metà del mese di luglio in poi, per le fiere, portare mercanzie senza alcun dazio; e se non abbiano venduto, non siano obbligati a pagare alcun dazio, ma che liberamente possano portarle via entro la scadenza stabilita.

       6 Rub.92Esenzione per i chierici sui dazi.

<Seguono atti ufficiali degli anni 1579; 1580; 1581; 1583>

   Decretiamo ed ordiniamo che tutti i singoli Chierici della Città, e del contado di Fermo e dimoranti in essi, siano esenti, liberi ed immuni, nella Città e nel contado, dal pagamento dei tributi sui beni delle Chiese, e degli Altari e sui beni del proprio patrimonio, cioè per quelle cose che questi Chierici avessero divisi dal padre, dal fratello o dai propri congiunti, ma per quei beni che possedessero come indivisi insieme con detti suoi padre, fratello e congiunti, siano obbligati di pagare i tributi. Inoltre <esenti> questi Chierici per il macinato del grano da trattenere per il vitto proprio e dei diaconi o degli scolari e degli inservienti propri, secondo il grado, e secondo la propria dignità. Siano anche liberi ed immuni in questa Città, anche per le altre cose che ad uso degli stessi appositamente essi stessi portassero in questa Città. È in nessun modo possano, né debbano per altri, se non per essi stessi, come è stato detto sopra, sotto le pene imposte dal reverendissimo signor Vescovo. Inoltre detti Chierici siano esenti ed immuni anche per il macinato delle proprie olive, cioè dei frutti delle loro Chiese o degli Altari o del proprio patrimonio, solamente quelli divisi dai suoi consanguinei. anche siano esenti ed immuni anche. E in nessun modo possano, né debbano comperare olive, né parti di olive, dai propri lavoratori, o cottimisti, né da qualunque altro, e se le comperasse, siano obbligati di pagare i dazi del macinato di dette olive se le facessero macinare. Inoltre questi chierici per il grano, il vino e gli altri frutti, che vendessero in questa Città, siano esenti ed immuni per la metà del dazio, per la parte cioè della vendita di detti grano, vino o altri frutti, e l’acquirente paghi la metà del dazio per la sua parte sua; e per la metà del dazio delle pensioni, delle case, dei cottimi dei propri possedimenti &lt; i chierici siano esenti anche per la parte propria. Inoltre i Chierici non possano né abbiano potere in alcun modo di esportare, né di far esportare il grano per mare, né per <via> terra, fuori del distretto di Fermo, né l’olio né gli altri frutti, neppure di vendere quelli liberi ed esenti dal pagamento delle tabelle da pagarsi per intero da parte dell’acquirente di detto grano o di altri frutti acquistati dai Chierici, ma per le dette cose, il dazio, per intero venga pagato dagli acquirenti, e se esportassero o volessero esportare, siano obbligati a pagare per intero il dazio, e il trasporto del grano al Comune di Fermo, come sono soliti <pagare> i secolari <laici>

\   Dichiarazione fatta sopra il predetto statuto e deliberazione e risoluzione che debba essere praticata con i Chierici sopra il pagamento e la riscossione dei dazi e dei pascoli cioè che fu ed è. 

   Essendo state fatte alcune differenze tra il reverendo Clero da una parte, e la Magnifica Comunità di Fermo, e i suoi gabellieri dall’altra sopra la riscossione delle gabelle, dei pascoli dei bestiami e del macinato, e in conseguenza nato un dubbio sopra lo statuto, libro 6 “Sulla esenzione dei Chierici” e sulla osservanza d’esso, e tutte le differenze trattate, e agitati dall’una parte, e dall’altra dinanzi agli Illustrissimi Sigg. Cardinali della sacra Congregazione delle Visite dei vescovi, e riferita la causa a N. S. ultimamente per ordine di Sua Santità, essendo <stato> scritto dall’Illustrissimo Cardinal Montalto all’Illustre e Reverendissimo Monsignor Pinello Vescovo di questa Città, di tenore, che detto statuto sia eseguito come è stato eseguito per l’addietro. Per l’esecuzione di tal ordine, e per maggior dichiarazione, e per toglier via qualsivoglia difficoltà, che potesse nascere da una e dall’atra parte, mediante i deputati dell’una parte, e l’altra sera avvenuto alla qui trascritta dichiarazione, e determinazione da osservarsi inviolabilmente in perpetuo net tempi futuri. Anzitutto, che si osservi lo statuto nella Rub.92 Libro sesto:

 Che i laici acquirenti da preti e da altri chierici paghino la metà della gabella, come è stato praticato. Che se alcun laico venderà ai Preti, o ad altre persone ecclesiastiche, sia tenuto a pagare l’integra gabella, sì come è stato praticato per antica e immemorabile consuetudine. Ed il medesimo si osservi nelle locazioni o affitti.

. Inoltre se gli concede, che di frutti, che raccolgono nei territori, tanto della Città, come dello Stato, de’ beni ecclesiastici, patrimoniali, o acquisiti, quando essi vogliono esportar a nome proprio fuori dal distretto o per mare, o per terra, siano esenti da ogni gabella, ma siano tenuti a pagare la tratta, come pagano i laici; eccettuando l’olio, e il vino, per i quali si paghi la metà della gabella, come è stato sempre praticato. Ma vendendo detti frutti, tanto olio, come vino, o qualsivoglia altra sorte di frutti e robe, ad altri che li esportassero, i compratori siano obbligati a pagare la metà della gabella, e tutta la tratta, nonostante alcun patto fatto fra di loro.

   Quanto al macinato otto some di grano siano franche (esenti) per ciascun Canonico che abiterà in comunione con le famiglie, some sei per un Curato o Prebendato che staranno in comunione, come detto sopra, some tre per ciascun altro Prete non Curato.

. Che quelli che staranno separati dalle famiglie, siano esenti dalla gabella del macinato per tutto quello che faranno.

. Che un Canonico non possa tenere nei pascoli più di 50 tra pecore e capre, e il Prebendato non ne possa tenere più di 25, comprendendovi quelle pecore e capre, che si ritenessero tanto nelle possessioni del Capitolo, quanto nelle loro particolari. E di questi animali i lavoratori, o socciari <soci> per allevare animali allevati a metà siano obbligati a pagare la metà di quel che pagano gli altri laici. E volendo ciascuno dei detti qui sopra tenere più del detto numero, tanto in particolare, come in universale, debbano pagare l’intero pascolo.

. Che per gli altri animali i preti siano liberi e esenti per la loro parte, ma i loro socciari <soci> e lavoratori siano obbligati alla metà di quel che pagano gli altri laici, il che non si intenda per quelli che si allevano per mercanzie, e in questo caso debbano pagare tutto quel che pagano i laici. 

\   In seguito furono rivolte preghiere nella Magnifica Cernita della Magnifica Città di Fermo che si è svolta il giorno 18 agosto del presente anno 1581, da parte del reverendo Capitolo e dei reverendi Canonici di questa stessa Città, del tenore scritto qui sotto, cioè.

Magnifica e prestantissima Cernita, Il capitolo e i canonici di questa lor Cattedrale desiderosi di esser loro figliuoli e di vivere in unione con cotesto pubblico, essendosi trattata la concordia della esazione riguardo alle gabelle, e ai pascoli tra gli deputati delle Magnifiche Signorie Vostre, e del detto capitolo, con l’aiuto del Signore Dio benedetto s’è ridotta a buonissimo termine, come per i Capitoli non nasceva <nessun altro disparere tra di loro, che nella somma, e quantità delle pecore. Poiché essendosi per il passato praticato, che il Prete abbia potuto ritenere numero indefinito di pecore, e tanta quante ha potuto ritenere, e per la metà sia stato sempre franco, ora restringendosi a 50, è parso, confidando nella molta benignità e cortesia loro, supplicarle che vogliano restar contente della quantità di ottanta, o più, o meno, rimettendosi sempre alla loro volontà, il che concederanno ai loro propri figliuoli, e li possono rassicurare che come per l’addietro non s’è mai goduta questa immunità, così anche si può sperare che si osserverà per l’avvenire, e riporteranno il tutto per grazia, assicurando che il detto capitolo vuol vivere in unione con loro, con il numero non solo di 50 pecore, ma con tante quante loro si compiaceranno. E perché è desiderio di imporre silenzio non solo su questo fatto, ma anche che tutto il clero della Città vi concorra, (al che farà ogni sforzo) e affinché non abbiano occasione di dolersi, poiché nei Capitoli per Prete non Curato gli s’è concesso un così poco numero di pecore, cioè 10; supplichiamo che vogliano provvedere che restino ancor loro consolati, e animarli alla concordia, e di questo si terrà obbligo, pregando Dio per tutti loro, che li conservi sempre.

   Sopra queste suppliche in quella Cernita, praticando le cose da praticare, fu fatta la decisione in questo modo, cioè il signor Felice Aurelio Consultore stimato e giurato circa la richiesta dei reverendi Canonici e Capitolo espresse il parere di dover dichiarare il numero delle pecore in questo modo, cioè per un Canonico sessanta, per un Curato 40, per un Presbitero 30, e per un altro non curato 20; per gli altri si abbiano i Capitoli come confermati. Questa decisione fu ottenuta <approvata> con fave nere di questo numero 59, nonostante due bianche in contrario.

   Io Silvio Sara Canonico e a ciò eletto e incaricato appositamente insieme con il Magnifico e Reverendo Signore Costanzo Grana canonico, dal Reverendo Capitolo Fermano, su rogito di ser Fabio Srangulini di Fermo Notaio del Capitolo, nel giorno 29 Marzo 1583. Accolgo ed accetto le cose dette sopra contenute in questi capitoli, e prometto di osservarle senza violazioni, essendo intervenuto il consenso del Santissimo Signore Nostro Papa, né diversamente né in altro modo. E in fede eccetera scrissi di mano propria.    Io Costanzo Grana canonico deputato accetto tutte le cose dette sopra, come sopra. E in fede eccetera scrissi di mano propria.   Noi Felice Aurelio, e Francesco Assaldi eletti e deputati dai Magnifici Signori Priori, e Regolatori della Magnifica Città di Fermo per decreto della Magnifica Cernita celebrata sotto il 13 di Novembre 1579, accettiamo, approviamo, e consentiamo a quanto si contiene sopra.   Io Felice Aurelio dico come di sopra.    Io Francesco Assaldi confermo come di sopra.  

\       Il tenore delle lettere, delle quali si fa menzione sopra, è tale, cioè

 All’Ill.mo e Molto Reverendo Sig. come Fratello Monsignor Vescovo di Fermo

 R. presentante ecc. omesso il sigillo all’interno in realtà – Illustre E Molto Reverendo Sig. Intorno al disparere nato tra il Clero, e la Città di Fermo sopra il statuto di detta Città Lib.6 Rub.92 titolo degli esenti chierici. Poiché lungamente si è disputato, intese le parti on informazioni d’Avvocati, e Procuratori, e inteso anco il parere di dui SS. Auditori di Ruota, si è riferita la causa a S. Santità, quale avendo inteso distintamente i capi controversi, e le allegazioni delle parti, mi ha commesso ch’io scriva a V.S. che levata ogn’altercazione sia eseguito detto statuto come è stato eseguito per l’addietro. Et Dio N. Signore la guardi dal male

Di Roma li 4 di Giugno 1580. Come Fratello a servirla. F(ra’) Felice Card. di Montalto

 Giorno 9 Giugno 1580, Roma.

   Il Magnifico Sig. Giovanni Battista Colucci, in quanto Oratore e Procuratore della Magnifica Città di Fermo presentò, le lettere dell’Illustrissimo e Reverendissimo Signor Cardinale di Monte Alto, scritte qui all’Illustre e Reverendo Signor Domenico Pinelli, per grazia di Dio e della Sede Apostolica Vescovo, e Principe Fermano, e chiese che siano ricevute e accolte, ecc. E costui Ill.mo e Rev. Sig. Vescovo ecc., le accolse, e ordinò che siano messe in pratica, siano registrate e siano restituite ecc. Così comandiamo. Il Sig. Vescovo.

       6 Rub.93Sul pagamento del dazio non si possa concedere perdono né scadenza.

   Per eliminare qualsivoglia inconveniente, sia stato stabilito che per i dazi a nessuno possa essere fatta la grazia, la remissione, né in alcun modo si facciano proposte e si deliberasse sopra il concedere queste grazie, sotto la pena di 25 ducati d’oro per ciascuno dei signori Priori trasgressori, e per il Cancelliere che le leggesse e scrivesse, cosicché in futuro in nessun modo né mezzo, per i soldi dei dazi da pagarsi al Comune di Fermo, e per i denari dovuti possa essere fatta una grazia, un termine o una dilazione, né alcuna sospensione, né in alcun modo il pagamento ai Gabellieri che hanno i dazi del Comune si possa impedire o ritardare né sopra detto pagamento che deve esser fatto, si proponga alcunché, si tratti, si deliberi o si riformi nelle Cernita e nel Consiglio, sotto le pene già dette per i predetti signori Priori e per il Cancelliere.

 *** 

Conferma di tutte le cose contenute in tutto questo volume degli statuti.

   Gli statuti e i plebisciti della nostra Città di Fermo, rivisti ristabiliti e dichiarati tutti e singoli scritti ed annotati in tutto questo volume, con decreto popolare quando fossero mandati; ad essere stampati nell’anno del Signore 1506, indizione nona, regnante Giulio Pontefice Massimo, come è piaciuto al Signore, decretiamo ed ordiniamo che siano e che debbano essere gli statuti e i diritti (leggi) civili della nostra Città e del contado e di tutti i luoghi sottomessi al dominio (giurisdizione) di Fermo; e vogliamo ed ordiniamo che questi siano praticati nella Città e nel contado e in tutti i nostri luoghi, e lo comandiamo, nonostante ogni qualsivoglia cosa che faccia contrasto. E con pubblico consenso della Città e del contado appositamente fu stato modificato per questi tutti e singoli, come pienamente risulta per mano di Bernardino Patimali, Notaio pubblico e Cancelliere del nostro Comune, nel rogito per questa cosa.

***

   Questi statuti finalmente con decreto del consiglio del giorno 21 luglio 1585, e della Cernita nel giorno 9 gennaio 1587 e con un altro decreto della stessa Cernita nel giorno 4 novembre 1588 furono di nuovo attentamente esaminati, dichiarati, avendo aggiunto e annesso alcune cose ricavate dalle delibere di riforma e successivamente pubblicate e infine mandate in stampa. \

***GLI STATUTI DELLA MAGNIFICA CITTA’ DI FERMO SONO COMPLETATI FELICEMENTE.

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  <Parte finale>

CAPITOLI EDITI SUL MERCATO E SULLA FIERA DELLA MAGNIFICA CITTA’ DI FERMO, IN AGOSTO, COME FURONO ORDINATI AD OPERA DEI CITTADINI CON DECRETO DI CERNITA.

– 1- II luogo ove si debba fare la fiera, cioè dove si debbano vendere gli animali, sia dove sinora è consuetudine; ma il luogo ove si vendono le altre mercanzie si intenda che è dentro la Città, nella piazza di San Martino, e lungo le strade maestre.

– 2- Inoltre che la detta fiera sia e che debba essere franca a tutti i forestieri che condurranno, compreranno o venderanno le loro mercanzie nella detta fiera, stando nel tempo che sotto si dichiarerà; cioè che possano mettere, portare, vendere o comperare ogni genere di merce e di animali senza alcun dazio, ovvero gabella; non estendendosi a coloro che vendessero grano, farina, pane, vino, olio all’ingrosso, carne da taglio e ogni altro genere di biada, e vettovaglie, espressamente specificando che la carne salata e il cacio che siano venduti a pezzi interi, non debbano pagare gabella; salvo che non si vendesse al taglio, ma i forestieri anche se vendessero carne salata e formaggio a taglio, non siano obbligati a pagare alcun dazio ovvero gabella.

– 3- Inoltre durante il tempo della fiera i Cittadini e i Contadini, i quali conducessero o vendessero o immagazzinassero, o comprassero o portassero qualche mercanzia, non siano tenuti a pagare alcuna gabella, dichiarando però che le robe che si avessero da immagazzinare, si debbano segnalare ai gabellieri, e finita la fiera i cittadini, a richiesta dei Gabellieri, con giuramento, siano obbligati a chiarire quello che gli avanza; ma espressamente si dichiara che di robe comperate per proprio uso non si paghi gabella. E se vi fosse qualche difficoltà per le cose che si vendessero o portassero, di qualunque specie siano, allora ci si attenga al giudizio di quei Cittadini che saranno incaricati come sovraintendenti della fiera con giuramento di colui che la vendesse o portasse o immagazzinasse; o in qualunque modo capitasse qualche dubbio; ma in tale modo da ultimare, esaminare e chiarire prima che si abbiano questi dubbi e differenze, tramite i Consoli dei mercanti di luglio e di agosto.

– 4- Inoltre che i mercanti forestieri possano mandare le loro mercanzie e le robe nel Porto e nella Città di Fermo entro l’anno come a loro capiterà e conservarle, e per riporle fino al tempo della fiera senza alcun dazio, né pagamento di gabella. Ma se prima del tempo della fiera le vendessero, siano obbligati, per quello che vendono, a pagare il dazio ovvero la gabella ai Gabellieri senza alcuna opposizione. E ciò abbia luogo per il passato, al presente e nell’avvenire. E si intenda che se le robe si inviassero tramite un commesso o per commenda <accomandita> si debbano immagazzinare tutte in un luogo che verrà stabilito tramite il Comune.

– 5- Inoltre che i mercanti e qualunque altra persona di qualsiasi stato e condizione essa sia, possano, nell’avvenire, per tutto il mese di agosto, in qualunque anno della fiera, liberamente vendere o comperare senza alcun pagamento di dazio o gabella. E siano iberi ed esenti da questi dazi e gabelle per tutto il mese di agosto, ed anche i mercanti forestieri possano portare tutte le mercanzie e le robe loro e farle portare per tutto il mese di settembre seguente in ogni anno quando la fiera si farà, senza pagamento di detti dazi o gabelle. Ma se qualcuno passasse con robe e con apparenza di franchigia, le portasse in tale tempo, con l’intenzione di non vendere nella detta fiera, mettesse roba, sia obbligato al dovuto pagamento delle gabelle.

– 6- Inoltre che a ciascuno sia lecito fare la senseria <mediazione> in questa fiera, purché sappia scrivere, affinché possa tener conto delle vendite che si fanno di mano sua, in modo che si abbia a far scrivere dal notaio dei sovrintendenti della fiera; altrimenti qualsiasi vendita, che viene fatta di loro mano, non sia valida.

– 7- Inoltre che questa fiera sia e debba essere franca e libera per ogni persona che ci verrà in modo che nessun Cittadino, Contadino o forestiero, di qualunque condizione e luogo egli sia, cioè durante il tempo di questa fiera, possa essere costretto né concordato da alcun suo creditore per qualche debito contratto prima del tempo di questa fiera, né per rappresaglia del Comune, né da parte di una persona speciale che avesse  <rivalsa> contro qualcuno, salvo per un debito che si contraesse o si facesse nella fiera, si debba fare accordo e costringere a quel che la ragione volesse.  E similmente non si possa, durante il tempo della fiera, giurare <affermando> qualcuno sospettato e fuggitivo, e così neanche si possa fare alcuna molestia durante questa fiera a quelli che fossero condannati per danni dati, ma anche essi siano iberi e sicuri.

– 8- Inoltre che la detta libertà e sicurezza non si intenda per qualche bandito, nemico, ribelle o traditore della santa Chiesa, e del Magnifico Comune di Fermo, e che non sia <una fiera> libera per coloro che commettessero azioni illecite o commettessero qualche delitto o misfatto durante questa fiera o in questa fiera, o fuori dalla fiera stessa, nel territorio di Fermo e del contado, o delle Terre raccomandate. Ma il Podestà e il Capitano e altri Officiali del Comune di Fermo, contro tali delinquenti, abbiano pieno arbitrio di punire e condannare nella persona o nei beni, secondo che a questi Officiali sembrerà opportuno e piacerà, in modo sommario, senza strepito, senza figura di giudizio, con piena facoltà di aggiungere o non diminuire tale pena, che in tale delitto si deve imporre; nonostante uno statuto o una delibera che dicesse il contrario.

– 9- Inoltre che si debba assestare e aggiustare il peso della quantità e provvedere che tutti gli altri pesi si aggiustino all’apparecchio <dispositivo> di quello.

– 10- Inoltre che si faccia il bussolo <sorteggio> dei sovraintendenti, i quali abbiano a intendere, esaminare e decidere in modo sommario tutte le vertenze che per comperare, e per vendere e per qualunque altro causa capitassero in questa fiera, e il Capitano e il Collaterale richiesti da loro di intervenire, debbano decidere, secondo ragione, le cose dubbiose e nessun Avvocato o Procuratore possa intervenire in tali cause, sotto la penalità di 25 libre, per ogni volta quando qualcuno trasgredirà.

– 11- Inoltre i Regolatori, che ci saranno nel tempo, affinché i mercanti siano contenti e volentieri restino e ritornino, provvedano comodamente e a buon prezzo assoldare <nel pagamento> l’affitto delle botteghe o case necessarie, e similmente provvedano che dal contado arrivino le vettovaglie, come meglio sembrerà a loro, purché ci sia abbondanza, e coloro della Città o del contado che faranno il pane e lo porteranno, o lo venderanno nella Città al tempo della fiera, non siano, per esso, obbligati ad alcun dazio, ovvero gabella.

*

0RDINAMENTI E CONSUETUDINE DEL MARE PUBBLICATI PER MEZZO DEI CONSOLI DI TRANI

   Al nome dell’Onnipotente Iddio. Amen. Anno 1603, prima indizione. Questi infrascritti ordinamenti, e ragione furono fatti, ordinati e provvisti e inoltre deliberati dai nobili e discreti uomini Messer Angelo de Bramo, Messer Simone de Brado, e conte Nicola di Roggiero della Città di Trani eletti Consoli nell’arte del mare tra i più competenti che si potessero trovare in questo golfo Adriatico.

(1)   Propongono, inoltre dicono, determinano e decidono questa infrascritta questione dell’arte del mare, la quale è fatta coì: che se alcuna nave grande, ovvero piccola, colpisse in terra per sfortuna, e fosse spartita la poppa dalla proda, la mercanzia che sta nella detta nave non sia tenuta a rinnovare questa nave. E se la questa nave non fosse spartita da poppa a proda, la mercanzia che sta in essa sia tenuta a rinnovare questa nave. E i marinari siano tenuti ad aspettare otto giorni per salvare i propri corredi. E qualunque marinaro che partisse innanzi la detta scadenza di otto giorni da questa nave, sia tenuto a pagare d’ogni denaro del suo salario, di 3 denari 10.

(2)   Questi Consoli propongono ancora, dicono e decidono, che qualunque equipaggiamento si perdesse, non sia tenuto d’andare a varea: salvo che questi equipaggiamenti non fossero “guasti”, ovvero venduti per sopravvivere le persone, la mercanzia, e anche la nave, qualora in questo caso fossero i detti equipaggiamenti, siano tenuti ad andare a varea.

(3)   Propongono, dicono, e decidono i detti Consoli, che se la mercanzia della nave fosse rubata da Corsari, questa mercanzia rubata sia tenuta ad andare a varea. E qualora esistessero <alcune> di queste mercanzie, che non fossero <state> rubate, tutte quelle che esistessero siano tenute di risarcire quella che fosse rubata. E il salario dei marinari non sia tenuto di risarcire nessuna mercanzia.

(4)   Questi Consoli del mare propongono, dicono, e decidono, che se una barca scoperta andasse contro terra a sfasciarsi, e si sfasciasse, la mercanzia non sia tenuta a risarcire la barca. E qualora la barca scoperta fosse in pelago in burrasca e i marinari di questa barca per questa sfortuna gettassero in mare la mercanzia per meglio salvarsi, la mercanzia, così perduta, deve andare a varea.

(5)   Questi Consoli propongono, dicono, e decidono che se una nave grande, ovvero piccola, fosse noleggiata, e caricata, e partisse del porto, e avesse fatta vela, e per caso tornasse in porto, qualora i mercanti ridomandassero la robba, e non volessero che questa nave la portasse più oltre, il padrone della nave deve avere tutto il nolo convenuto, come che se l’avesse portata dove i mercanti avessero voluto.

(6)   Questi Consoli propongono, dicono, e decidono, che qualunque nave, grande o piccola fosse caricata in porto, e innanzi che la detta nave si partisse dal porto i mercanti gli domandassero la lor mercanzia, il padrone della nave gli deve rendere la mercanzia, e lo stesso padrone deve avere, e ricevere da’ mercanti il mezzo del nolo convenuto.

(7)   Questi Consoli propongono ancora, dicono, e decidono che se questa nave fosse in porto per caricarsi, e i mercanti che l’avessero noleggiata e avessero promesso al padrone di dargli la mercanzia, <se> non la volessero poi dare, il padrone non può domandare altro che il quarto del nolo.

(8)   Questi Consoli propongono ancora, dicono, e dichiarano che se un padrone di nave andasse in luoghi vietati e ancora andasse in un porto dove non dovesse andare; salvo che non fosse per sfortuna, gabella, e ogni altro danno, in questo camino, e altri luoghi vietati avvenissero che i marinari di questa nave vietassero al padrone, e il padrone non lo volesse fare, sia tenuto il padrone a pagare tutto questo danno, e in caso che i marinari, e anche il padrone non conoscesse questo fatto, il danno tutto che avvenisse  deve andare in varea.

(9)   Questi Consoli del mare propongono, dicono, determinano, e decidono che un padrone non possa lasciare alcun marinaro, altro che non fosse per quattro cagioni, e difetti dello stesso marinaro: primo per il bestemmiare Dio; la seconda per esser mariolo; la terza per essere ladro; la quarta per lussuria: e per queste quattro cose il padrone possa lasciare il marinaro, e condurlo in terra ferma e fare <valere> le ragioni loro in terra ferma.

(10)   Questi Consoli del mare propongono, e decidono, che se un marinaro partisse con la nave dalla sua terra, e si ammalasse, egli deve avere tutta la sua parte.

(11)   Questi Consoli propongono e decidono i detti che se un marinaro si conducesse, ovvero partisse con la nave da casa sua, egli non può partire, né lasciare l’armeria <?cantiere> della detta nave: salvo che per tre cagioni e cose: la prima è, se egli fosse fatto padrone d’un’altra nave; la seconda se fosse fatto nocchiero; la terza è, se in tale viaggio avesse fatto voto di andare a San Giacomo, al Santo Sepolcro, o a Roma, e per queste tre cose ha cagione legittima di partire, e deve essere licenziato senza rifare altro interesse, o danno.

(12)   Questi Consoli del mare propongono ancora, dicono, e decidono che qualunque padrone portasse marinari a parte in nave grande, ovvero piccola, qualora un marinaro volesse partire, gli deve lasciare la metà di quello che dovesse avere, ovvero della parte sua.

(13)   Questi Consoli del mare propongono, dicono e decidono che qualunque padrone andasse con una (s)fortuna a vela e la sua vela si guastasse, sia suo tutto il danno. Ma se egli andasse a vela e dicesse ai marinai: “Cala ora, che io voglio mettere il terzarolo” e i mercanti e i marinai gli dicessero: questo che non cala, ma che tenesse duro, e tale vela si perdesse; in ciò sia tenuta di venire e andare a varea.

(14)   Questi Consoli del mare propongono ancora, dicono e decidono che se la nave fosse uscita, i marinai non debbono “levare” senza licenza del padrone, ovvero del nocchiero. E più a questo se la ‘garoppa’, ovvero se il canapo si mozzasse, <per> questo si deve andare a varea. Anche (quando) con loro litiga gli facesse forza e perdessero l’ancora, non sia tenuto a risarcire né andare a varea.

(15)   Questi Consoli del mare propongono, dicono e decidono che qualunque nave facesse vela dalla sua terra che <quando> noi gli togliamo libertà che non debba calare vie collare, né tenere sosta, né mollare sosta senza licenza del nocchiero. E stando la nave in porto, il nocchiero non possa trarre la nave dal porto senza licenza del padrone.

(16)   Noi Consoli detti proponiamo, diciamo, e sentenziamo che qualunque padrone che conducesse uno scrivano, questo debba essere giurato del suo comune, e essere buono, e leale. E questo padrone non possa fare scrivere nessuna cosa, che abbia con nessuno mercante, che non sia il mercante presente, ovvero altro testimonio.  E sia caso simile e sia termine con questi marinari, e se facesse altro, ovvero il contrario, e scrivesse, quel suo quaderno, ovvero libro <registro> non sia tenuto a nulla ragione, né ad esso si debba dare fede alcuna. E se questo scrivano ricevesse mercanzia dai mercanti, e gli mancasse, sia tenuto lo scrivano stesso a risarcirla: e il detto quaderno deve essere coperto di carta pecudina <pergamena>.

(17)   Questi Consoli del mare propongono, dicono, e decidono che qualunque padrone che avesse qualche mercanzia in nave, e gli bisognasse scaricare, o in porto, ovvero in spiaggia, come tale roba ha dato in barca, questo padrone subito per il fatto stesso è scapolo <senza contratto> e libero di tale roba e mercanzia così scaricata, e la stessa barca sia tenuta a risarcirla: salvo, che non la perdesse per sfortuna di mare, ovvero de’ corsari: e in questi due casi non sia tenuta.

(18)   Questi Consoli del mare propongono, dicono, e decidono che qualunque mercante, o altro uomo, desse mercanzia a qualche suo fattore, o ad altra persona, che gliela vendesse, senza alcun testimonio dell’assegnazione, se si deve credere al detto fattore, e volesse andare dritto alla ragione di Signoria <vertenza> egli abbia due testimoni diritti, e leali, e costoro debbano essere creduti, e si dia loro piena fede.

(19)   Questi savi Consoli del mare propongono, dicono e decidono che qualunque uomo che trovasse in mare roba che stesse attorno <dispersa>, gli sia lecito di prenderla e assegnarla alla Corte, e darla per scritto entro il terzo giorno dopo che l’ha trovata e presa; e di questa roba così ricevuta, quando il padrone d’essa si trovasse, ne debba avere la metà. E questa roba debba stare in mano della Corte 30 giorni continui; e qualora in capo ai 30 giorni il padrone non apparirà, né un’altra legittima persona per lui, la roba debba essere di colui che l’ha trovata.

(20)   Questi Consoli propongono, dicono, e decidono, che qualunque persona che trova robba sott’acqua, due parti di questa debbano essere di colui che la trova, e la terza parte debba essere del padrone di questa roba il quale abbia un segno di <tali> robe.

(21)   Propongono ancora e dichiarano che qualunque persona trovasse roba che avesse un segno, nessuno la debba toccare, sotto pena del triplo di quanto tale mercanzia così trovata fosse stimata, e di più in arbitrio della detta ragione, che si trovasse nella detta Terra.

(22)   Questi Consoli del mare propongono e dichiarano che qualunque nave facesse alcuna varea, si deve prendere il terzo per i corredi; perché i corredi non sono tenuti d’andare a varea, e non debbono essere mandati <a varea> se si perdessero, e così viceversa i corredi non debbono risarcire l’altra mercanzia.

(23)   Questi Consoli del mare propongono, dicono e decidono che qualunque persona che trovasse oro, argento, o perle, o altre cose di pregio e di valore, e non l’assegnasse al padrone, ovvero al nocchiero, o allo scrivano, e succedesse che di queste cose e d’altre si devesse fare varea, o per corsari, o per sfortuna del mare, le dette cose non si debbono risarcire, e qualora tali cose si perdessero, debbono andare a varea.

(24)   Questi Consoli del mare propongono, dicono, e decidono che se qualche padrone di nave portasse roba o mercanzia, non la possa trarre fuor dalla nave senza licenza del padrone della mercanzia. E se egli la portasse fuori senza tale licenza, e la mercanzia si perdesse, il detto padrone della nave la debba risarcire.

(25)   I savi Consoli del mare propongono, dicono e decidono che se qualche mercante noleggiasse qualche nave grande o piccola, e non ci fosse espresso il patto di scaricare, né di spacciare la nave, né per l’una parte, né per l’altra: perciò noi Consoli sentenziamo, che la nave essendo a chi la carica, non la deve aspettare se non otto giorni di tempo di bonaccia, e debba avere pagato il suo nolo. E se i detti mercatanti non volessero spacciare la nave, che la nave sia a rischio dei mercanti; e tale nave debba avere di salario quello che sarà determinato dai Consoli che saranno in quelle parti.

(26)   Questi Consoli del mare propongono, dicono e decidono che se un padrone avesse caricato la nave di mercanzia, e ci fosse sfortuna, e non ci fossero i mercanti, questo padrone, se bisognasse, possa gettare fuori con le sue mani la detta mercanzia. E nessuna ragione gli possa stare contro, perché lo fa per scampare le persone della nave, e le altre mercanzie, e tale roba e mercanzia così gittata deve andare a varea.

(27)   Questi Consoli propongono, dicono e decidono che se la nave fosse assalita, e percossa dai corsari, sentenziano, che il padrone possa fare accordi con questo corsaro, o per argento <denaro>, o per altra roba, e per mezzo di questo patto salvino la nave, e l’altra mercanzia, in assenza di mercanti in nave.

(28)   Questi Consoli del mare propongono e decidono che nessun padrone mai possa colpire nessun marinaro, ma il marinaro deve scampare, e andare a proda dinanzi alla catena del remeggio; e per tre volte deve dire: “Dalla parte della mia signoria non mi toccare” e se il padrone passasse la catena per batterlo, il marinaro si deve difendere: e se il marinaro occidesse il padrone, non sia tenuto al bando <esilio>.

(29)   Questi Consoli del mare propongono ancora e decidono che qualunque nave, grande o piccola, avesse messa mercanzia, e la nave facesse acqua ai mercanti, è lecito di non dargli più roba, e il padrone ha libertà di andare per i suoi fatti per scampare le persone e la nave.

(30)   Questi Consoli del mare propongono, dicono e sentenziano che nessun naviglio che sia in mare mai debba far patto, né convenzione alcuna, e se la facesse in mare con mercanti, o con marinari non valgano, siano di nessun valore, né per tali patti si possa chiedere, salvo, che non fosse in porto in luogo remeggiati in quattro, ovvero che lo scritto appaia dall’una parte e dall’altra, ovvero per mano dello scrivano, perché i testimoni non possono andare là dove vanno le navi.

(31)   Noi Consoli del mare proponiamo, e decidiamo che ciascuno padrone di nave abbia libertà di ‘riscuotere’ una nave, per sfortuna di mare, per corsari: e se gli abbisognassero i danari, abbia la libertà di prenderli sopra di essa, e della nave sia buon guardiano, e faccia quello che deve.

(32)   Questi Consoli del mare propongono, dicono e decidono che una galea che va ‘in corso’ si presentasse, e la nave avesse robba dentro, o in tutto, o in parte, e i mercanti rivolessero la loro roba e mercanzia, il padrone non sia tenuto a dargliela, salvo che i mercanti non gli affrancassero la nave.

 – Si concludono gli ordinamenti del mare pubblicati per mezzo dei consoli di Trani.

*

ORDINE CONSUETUDINE E DIRITTO DI VAREA SECONDO GLI ANCONETANI

   E’ stato stabilito e ordinato che se qualche naviglio si rompesse, ovvero pericolasse in mare, si debba fare varea della nave, così pure della mercanzia che sta nella nave, in questo modo e forma: cioè, che la nave sia obbligata a fare la varea con tutte le mercanzie, e tutte le mercanzie debbano fare varea con la nave. Nel qual caso si debba fare l’estimo della nave per mezzo di tre mercanti, i quali non fossero partecipi alla detta varea, secondo l’ordine di questo statuto. E questi tre mercanti si debbano eleggere per opera di quelli a cui appartiene la varea, cioè per ciascuna delle parti, e l’altro in comune; e questi eletti siano costretti a dichiarare la detta varea entro quattro mesi. E la detta dichiarazione che si farà per opera dei detti eletti, o per la maggior parte di loro, ciascuno dei detti siano tenuti di praticare, sotto la pena di perdere la parte che gli toccherà della varea, la quale venga ai detti partecipi.

   E dell’estimo che si farà della detta nave per opera dei detti eletti, se ne debba battere un terzo per i corredi, i quali non siano tenuti alla varea, e la detta mercanzia si debba stimare secondo il costo che fu di quella in quel luogo dove fu trovata la detta mercanzia, e il danno che fosse ricevuto si debba separare, cioè la nave con le mercanzie, e le dette mercanzie con la detta nave, per soldo, e per libra.

   E acciocché nella detta varea non si possa commettere malizia, non si possano mettere nella detta varea se non quelle cose, o mercanzie che fossero scritte per opera dello scrivano; salvo, che se si trovasse per alcuni essere messe nella detta nave migliori mercanzie che non fossero scritte per opera dello scrivano, allora in quel caso mettesse. E in vantaggio della detta barca le dette cose, o mercanzie migliori che non fossero scritte, e in svantaggio dei mercanti di cui fossero per l’inganno che commisse, si debba mettere per le mercanzie che avesse fatto scrivere.

   E affinché il presente statuto sia di maggiore intelligenza, dichiariamo che la detta barca si debba fare per la figura che qui si dichiarerà: cioè poniamo per figura che il naviglio per cui si deve fare varea con le mercanzie sia di valuta di 1500 fiorini, se ne vuole abbattere un terzo che non si mette per i corredi, né va a varea: restano fiorini 1000 al naviglio che si deve mettere alla varea. E le mercanzie che furono caricate nel detto naviglio nel luogo dove fu caricato costarono fiorini 4000 (quattro mila) e sono di quattro mercanti, e di quattro diverse mercanzie, una è cotone, altra è cenere, altra è pepe, e altra è zucchero, sicché a ciascuna di queste mercanzie è tenuta la barca per il quarto dei detti 1000 fiorini a fare la detta varea, che per i quattro ne tocca: fiorini 250. E ciascuna di quelle mercanzie che è di somma di fiorini 1000, è obbligata al naviglio, e alla detta varea.

   E se il naviglio e alcune di dette mercanzie fossero in tutto perdute, vogliamo che il naviglio perduto, e la mercanzia perduta non facciano varea uno con l’altro. E se non fossero perdute in tutto, ma fossero perdute in parte, allora la parte che non fosse perduta debba fare varea con quella che è perduta per soldo, e per libra, e restituire alla parte più danneggiata, cioè al naviglio con le mercanzie per soldo, e per libra il perduto con il non perduto.

  E simili ordine e forma si debbano praticare nella detta varea, se le mercanzie fossero altre mercanzie, o più, o meno, o di maggior, o di minor numero, e valuta: e così per il naviglio se valesse più, o meno.

   E la varea che si deve fare mercanzia con mercanzia, si faccia in questo modo; cioè, che non sia tenuto di far varea mercanzia con mercanzia se non in questo modo e forma: sapone con sapone, olio con olio, tele con tele, canavacci con canavacci, zafferano con zafferano, carte con carte, mandorle con mandorle, panno di lana con panno di lana, stoppa con stoppa, ferro, rame, stagno, piombo, acciaio, e metallo, tutte, e ciascuna di queste con ciascuna di quelle cose, vino con vino, noce e fichi con noce e fichi, carne con carne, cacio con cacio, mele con mele, legname con legname, fustagni con fustagni, funicelle e seta con seta e funicelle, bambagia con bambagia, o soda, o filata, zucchero, o polvere, e confetti, l’uno con l’altro, pepe con pepe, zenzero con zenzero, cinnamomo con cinnamomo, garofani con garofani, allume, cenere con cenere, e allume, incenso con incenso, noci moscate con noci moscate, mastici con mastici, ciambellotti con ciambellotti, drappi d’oro con drappi d’oro, drappi di seta con drappi di seta, lana con lana, lino con lino, cuoio con cuoio d’ogni generazione che sia lavorato, e conciato, cera con cera, pesce con pesce d’ogni generazione, biade con biade, e con legname, sego con sego lavorato, e non lavorato, pece con pece, datteri con datteri, uva passa con uva passa l’una con l’altra. e tutte le altre mercanzie che di sopra non sono nominate, facciano la varea col suo proprio, e simile.

   E ciascuna mercanzia non perduta, o ricuperata faccia varea con le altre mercanzie che fossero perdute secondo come è dichiarato di sopra.

   E tutte le mercanzie scampate si debbano deporre per quelli ai quali appartiene la varea, presso due persone comuni, alle quali non appartiene la varea. E questi depositari abbiano libertà di custodirle, e venderle secondo come sarà di vantaggio, e più utile delle mercanzie.

   E le mercanzie, ovvero la moneta che se ne trarrà, tenerle per sin tanto che si dichiarerà la detta varea. E nessuno dei detti mercanti debba toccare le dette mercanzie, né prelevare delle dette mercanzie per portarsele, se non che le tengano i detti depositari, sotto pena di perdere quello che gli toccasse dalla varea, per fin tanto che la detta varea non fosse dichiarata, nonostante che fosse segnata del suo segno.

   E fatta la detta dichiarazione, i detti depositari debbano fare varea delle dette cose, e consegnarle secondo la dichiarazione fatta per opera dei detti tre arbitri, o per due di loro.

   E questo statuto si debba praticare in ogni luogo dovunque il caso di varea intervenisse ai navigli e ai mercanti d’Ancona.

   Questo pertanto è dichiarato, che mercanzie che siano sotto coperta vive, non siano tenute ad alcuna cosa di varea con le mercanzie che fossero sopra coperta vive. Ma la mercanzia che fosse sopra coperta viva, sia tenuta a contribuire, e far varea alle mercanzie che fossero sotto coperta vive.

   Ancora dichiariamo, che l’aver di cassetta che fosse sopra coperta, cioè oro, argento, perle, pietre preziose, anelli, drappi d’oro e di seta, ciambellotti vari, armellini, e arnesi dei patroni, dei mercanti, dei passeggieri e di tutte le altre persone che fossero in nave, <roba> che fosse sopra coperta viva non si debba mettere a varea, né a profitto né a danno.

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    <Lettera Apostolica dell’anno 1578 >

GREGORIO XIII PAPA. O diletti figli, salute e Apostolica benedizione. La fedeltà e la singolare devozione vostra che è confermata nei nostri riguardi e verso la Sede Apostolica ci inducono ad accogliere volentieri le vostre richieste con la grazia di esaudirle. E così, propensi verso le vostre suppliche in questa incombenza, per effetto del presente atto di autorità Apostolica, con la nostra certa consapevolezza e con la pienezza della potestà apostolica, noi approviamo e confermiamo le tasse delle retribuzioni per i giudici e per i notai dei crimini della nostra Città Fermana come voi le avete assegnate e sono state confermate ad opera del nostro diletto figlio, il nobile uomo Jacopo Buoncompagni Governatore di questa città e inoltre le grazie, le facoltà, le immunità, i privilegi, gli indulti e tutti quanti gli statuti concessi ad opera nostra e degli altri Pontefici Romani nostri predecessori fino a quel segno per cui non tendono contro la libertà ecclesiastica né a pregiudizio della Camera Apostolica, e a queste cose noi aggiungiamo il vigore della validità perpetua e inviolabile e suppliamo ad ogni singolo difetto, tanto di diritto che di fatto, se mai, forse, intervenga in queste cose e comandiamo e ordiniamo che siano eseguite da tutti coloro ai quali compete. Decretiamo sin da ora non valido e nullo ciò che capiti fatto su ciò in contrasto, coscientemente o ignorantemente, da qualsiasi autorità, in modo diverso, nonostante le costituzioni e gli ordini Apostolici di Pio IV predecessore nostro, di felice memoria, sul dovere di registrare le grazie che concernono l’interesse della Camera Apostolica entro un certo tempo allora stabilito, nei registri di questa Camera o le grazie da aggiungervi. E non <valgano in contrario> tutti gli indulti, anche i privilegi, le consuetudini, gli statuti confermati e convalidati a favore della nostra Città Fermana, in qualsiasi modo dati, approvati, rinnovati che siano in contrasto contro le lettere apostoliche, anche con giuramento e con conferma Apostolica o con altro qualsiasi modo. Facciamo deroga per tutte le cose e consideriamo come espressi nel presente atto tutti i loro contenuti, in questo cambiamento della sorte, in modo speciale ed espressamente e quanto ora confermato resti nella sua validità nonostante qualsiasi cosa in contrasto. Data a Roma presso San Pietro con il segno dell’anello del Pescatore, il giorno 2 luglio 1578 anno settimo del nostro Pontificato. \         Cesare Gloterio

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TABELLA O TASSA DELLE MERCEDI (onorari) DEGLI UFFICIALI DELLA CURIA FERMANA.

   Per ordine dell’illustrissimo all’eccellentissimo signor Giacobbe Boncompagni Governatore perpetuo della Citta di Fermo, e del suo stato <la tabella> inviata per essere praticata inviolabilmente, dopo rivista e migliorata dal magnifico ed eccellentissimo signor Giovanni Maria Agnolo suo Luogotenente e gli infrascritti deputati dallo stesso eccellentissimo Signore.

   Confermata dal Breve di Gregorio XIII detto sopra e dal Breve della santità del signore nostro Sisto V, sotto la data a Roma, presso San Pietro, sotto l’anello piscatorio il giorno 10 febbraio 1586 posto sopra in principio degli statuti immediatamente avanti la prima pagina.

 1- Anzitutto, ogni Officiale quando arriva al suo officio sia tenuto e obbligato a far registrare nella cancelleria della Comunità la lettera, le patenti e l’autorizzazione ad esercitare il suo ufficio a lui concesso dai superiori.

2- Inoltre ogni depositario sia tenuto a fare la ritenuta delle tasse dei Segretari di tutti gli officiali, altrimenti sia obbligato con il suo proprio denaro.

3- Inoltre che il signor Luogotenente, l’Uditore, il Cancelliere, il Bargello, e gli altri Officiali del signor Governatore, o del Luogotenente siano obbligati a sottostare al sindacato secondo la consuetudine e il solito modo di fare.

4- Inoltre alle sentenze del signor Governatore, o del Luogotenente, tanto per le cause ordinarie quanto per le altre civili fatte in prima istanza si possa presentare appello al giudice ordinario degli appelli: in realtà nelle cause di modo sommario o delle persone povere debba essere ammesso l’appello non ritardando l’esecuzione.

5- Inoltre il signor Luogotenente, o altri per suo conto, o il suo Uditore possano ricevere la parcella con il modo scritto qui, cioè nelle cause penali per la sportula <compenso> l’Uditore prenda e possa prendere 6 fiorini e non di più, per la sentenza che assolva una pena capitale; ma se coloro che nello stesso tempo siano stati trovati carcerati per uno stesso reato, in un unico contesto e nello stesso tempo, siano stati due o più, anche mille in un solo processo o in diversi processi, le parcelle siano raddoppiate e abbia a prendere fiorini 12 soltanto, fra tutti anche se avesse riportato più sentenze; e lo stesso ordine sia praticato  nelle cause delle Comunità.

6- Inoltre possa prendere 3 fiorini per una sentenza che assolva una pena afflittiva senza la morte; ma se, per lo stesso reato, sono molti in un solo processo, o in diversi processi, in un unico contesto e nello stesso tempo e nelle cause delle Comunità le parcelle siano raddoppiate.

7- Inoltre per l’assoluzione da una pena pecuniaria o anche corporale nel caso di non pagamento <mancato> della pena pecuniaria un bolognino per ogni fiorino e non di più, purché non ecceda la somma di 3 fiorini al di sopra di 25 libre; sopra a ciò in verità non possa ricevere nulla e le parcelle siano raddoppiate nelle cause di più persone e delle Comunità come sopra.

8- Inoltre per l’ordinanza di cancellazione di un processo, nel quale oltre la querela ci sono indizi nulli, o niente quando non fosse stata fatta intervenire una sentenza di condanna.

9- Inoltre per le sportule nelle cause civili fino a 6 fiorini, il signor Uditore non possa prendere niente: in realtà sopra 6 fiorini, un bolognino per ogni fiorino soltanto, purché non eccedano 6 fiorini e non oltre per qualsiasi somma.

10- Inoltre per le parcelle nelle cause civili, nelle cause di “libello” <citazione> o su instrumenti, in cui fu stato fatto un processo ordinario e una sentenza definitiva sia intervenuta, venga praticato l’ordine scritto qui: al di sotto di 25 libre non possa prendere niente: al disopra in verità un bolognino per ogni fiorino purché non superino 6 fiorini.

11- Nelle cause di modo sommario, cioè dei luoghi pii, delle vedove, dei fanciulli, degli alimenti o per le retribuzioni, non possa prendere niente per le sportule qualora la sentenza pubblicata a favore degli anzidetti non sia di condanna alle spese.

12- Inoltre, nelle cause delle esecuzioni degli istrumenti, quando il processo non ci sia, per le sportule non possa ricevere niente.

13- Inoltre il signor Luogotenente, o un altro per suo conto, non possa, né abbia la facoltà di ricevere se non 2 fiorini per l’ammissione di un rescritto emanato da qualsiasi superiore dall’Urbe, sulle assoluzioni nelle <pene> capitali, anche se nel rescritto fossero nominati molti e, per le pene afflittive del corpo, un fiorino, e niente per le altre pene pecuniarie.

14- Inoltre per l’esame di un qualsivoglia testimone con gli articoli e gli interrogatori tanto nelle cause civili quanto in quelle penali non possa ricevere se non 6 bolognini tra il Giudice e il Notaio fatta eccezione per le cause del Comune di Fermo dei danni dati o delle gabelle <dazi> nelle quali non possa ricevere niente.

15- Inoltre per la interposizione di un decreto nel palazzo bolognini 4, in realtà, al di fuori, bolognini 8.

16- Inoltre per l’accesso al luogo della discordia nella Città bolognini 20, nel suo territorio un fiorino, in realtà, al di fuori dal territorio della città fiorini 2 e abbia la facoltà di avere le spese per ogni giorno fra le entrambe le parti e non di più e altrettanto abbia nelle cause di omicidi o <cause> dichiarate atrocissime per costituzione, ovvero per altre gravi per le quali sia capitato di andare a cavallo, purché il viatico di costui non ecceda la somma di 6 fiorini, e qualora sia stato di più, abbia solamente le spese: in realtà non possa ricevere niente nelle altre cause non possa andare a cavallo e se per caso sia andato a cavallo.

17- Inoltre, nelle cause civili, ove contestazioni non siano state prodotte per iscritto nel processo, in modo diverso che dalla mano del Notaio attuario, non possa ricevere le sportule a meno che il processo sia stato fatto altre volte.

18- Inoltre, nelle altre vicende, ovvero nella semplice cessione di beni o nella semplice quinquennale delle persone povere, egli non possa ricevere niente per le sportule, se una opposizione non sia intervenuta; se in realtà <questa> sia intervenuta, non possa ricevere oltre un fiorino o di meno ad arbitrio del Governatore o del Luogotenente.

IL SEGRETARIO

19- Per il bollettino niente <riceva> sull’esportazione del frumento, da un luogo ad un altro luogo della giurisdizione <fermana> , poiché spetta ai Magnifici Signori Priori, in realtà, al di fuori <della detta giurisdizione>, sotto e fino a 10 salme, bolognini 4; e da lì sopra, in realtà, un bolognino per qualsiasi salma, tanto se venga esportato attraverso  la terra, quanto per mare, e da lì sopra qualunque sia la quantità, un bolognino per ogni salma, dopo conteggiato il sigillo.

20- Inoltre per ogni lettera con sigillo in tutto possa prendere 4 bolognini e non di più.

21- Inoltre per un bollettino sul non importunare le donne nelle cose riguardanti la dote o le cose extradotali anche se gli abitanti nella stessa casa siano stati molti, 4 bolognini, <dopo> conteggiato il sigillo; in realtà, per una conferma bolognini 2.

22- Inoltre per un salvacondotto, nella pena capitale, uno scuto, in altre pene afflittive del corpo, un fiorino, nelle pecuniarie penali, 20 bolognini, nella pena dell’esilio, 8 bolognini, nelle cause civili, 6 bolognini, anche se siano stati molti gli obbligati in solido; in realtà, per una conferma o per una proroga (come) per la metà, dopo conteggiato il sigillo.

23- Inoltre per una licenza di denuncia delle armi, dopo conteggiato il sigillo, soltanto bolognini 6 e non di più, anche se fosse da prestarsi una cauzione sul non abusare.

24-Parimenti per una ‘alternativa’, anche gli obbligati in solido nella supplica se siano stati molti, 6 bolognini.

25- Inoltre in qualsivoglia caso e per qualunque causa, quando sia stato necessario apporre il sigillo senza la redazione di alcuna scrittura, abbia per un sigillo 2 bolognini.

IL CANCELLIERE <possa ricevere>

26- Anzitutto, se a questo Cancelliere, per qualche causa, sia capitato di andare a cavallo, debba avere per la sua paga un fiorino per ogni giorno, anche le spese per tre giorni soltanto; se siano stati molti, soltanto le spese.

27- Per una lettera patente, niente possa ricevere.

28- Inoltre per una fideiussione sull’attenersi alla legge in qualunque causa, anche capitale, 4 bolognini e se siano stati molti in un unico contesto, siano raddoppiati.

29- Inoltre per la produzione di qualsivoglia atto di istanza ossia di scrittura, bolognini 2 e non di più.

30- Inoltre per qualsiasi carta di copie che debba avere diciotto righe, bolognini 2: in realtà, nelle cause di molte persone e delle Comunità, bolognini 4 per qualsivoglia carta e parimenti per la registrazione di qualsiasi scrittura, chiesta da essere registrata, bolognini 2.

31- Inoltre per la pubblicazione di donazioni da comunicare, di qualunque quantità sia, 4 bolognini.

32- Inoltre per l’inclusione di un processo, per la lettura di una sentenza, e per l’assoluzione in una causa capitale, un fiorino; se in realtà fossero stati 2, o 3, o di più, non possa ricevere se non 2 fiorini, se le cose dette fossero state fatte in unico contesto, se i più, in diverse volte, bolognini 20 per ognuno e non di più.

33- Inoltre per l’inclusione di un processo, per la lettura di una sentenza, e per assoluzione in una causa dove venisse da imporre una pena principalmente afflittiva del corpo, o sotto condizione, dopo che sia andata in condizione al di qua della morte, per uno, bolognini 20; se fossero stati molti, un fiorino per l’unico contesto.

34- Inoltre per l’inclusione, per la cancellazione di una pena semplicemente pecuniaria, o corporale, sotto condizione, sotto 20 libre bolognini 6 e sopra, da lì, fino a 50 <libre> bolognini 16; se tutte o molte contemporaneamente siano comparse per la cancellazione, bolognini 16 tra tutte; se separatamente bolognini 8 per ciascuna e non di più.

35-Parimenti per l’assoluzione, o l’inclusione di un processo sul disprezzo di un comando, nel caso che l’abolizione possa essere richiesta, per ogni accusato che chiede di per sé l’abolizione per sé, bolognini 2, se in un unico contesto, per molti, bolognini 6 e non di più.

36- Inoltre nella registrazione di una supplica anche se in essa siano stati nominati molti, bolognini 4 nelle cause penali e civili; ma se siano stati molti nelle penali siano raddoppiati anche se siano stati mille.

37- Inoltre per la registrazione di richieste firmate dall’Ill.mo signor Governatore bolognini 8 e se, per a loro efficacia, capita di cancellare qualche processo in corso, sia praticato l’ordine detto sopra.

38- Inoltre per la cancellazione, e per l’inclusione di un processo o di una condanna sul disprezzo di un comando, in una causa criminale, allo scopo di informare, di evitare e di testimoniare abbia a ricevere bolognini 8 e non di più, anche se fossero stati nominati molti nel precetto e nella condanna, se in unico contesto o se separatamente ognuno paghi la medesima cosa.

39- Inoltre per l’inventario da darsi sui beni di un omicida, o chi abbia ferito mortalmente qualcuno, e in altre cause penali dove i beni venissero confiscati, un fiorino nella Città e nel territorio, nel Contado, in realtà, 2 fiorini, e le spese; niente, in realtà, negli altri casi.

40- Inoltre per esaminar un teste per <dare> l’informazione alla Curia non possa ricevere niente, anche se abbia garantito la cauzione sul presentarsi.

41- Inoltre per una sentenza da estrarre in forma pubblica in una causa capitale <di morte> non possa ricevere oltre un fiorino; e se venisse fatto un registro con la detta sentenza, possa ricevere per sua paga a ragione delle copie e oltre per la pubblicazione di tutto il registro 12 bolognini e non di più.

42- Inoltre non possa alcuno essere costretto a cancellare un processo dove niente sia stato provato, nemmeno che venga gravato per cancellare la detta causa.

43- Inoltre per una sentenza da estrarre in forma pubblica nelle altre cause al di qua della morte oltre al registro, come sopra, possa ricevere 12 bolognini e non più, anche quando siano stati molti.

44- Inoltre per estrarre un istrumento pubblico di fideiussione, di pace, o di qualsiasi altro atto, e altra qualità, anche per qualsiasi causa, non possa ricevere oltre 2 carlini fino a 100 fiorini, e da lì sopra un fiorino.

45- Inoltre per qualsivoglia rogito semplice, di qualsiasi fideiussione o di un altro istrumento tramite detto notaio rogante, possa ricevere 4 bolognini, e se siano molti, sia raddoppiato.

46- Inoltre per l’esame di qualsivoglia testimonio esaminato a richiesta della parte, possa ricevere bolognini 6 fra il Giudice e il Notaio e non di più.

47- Inoltre per una citazione con il corso di una commissione e con il sigillo, in tutto possa ricevere bolognini 8 e non di più, purché <la somma> non sia eccessiva.

48- Inoltre per la remissione, per la cancellazione, e per l’abolizione di un processo ordinario dei luoghi possa ricevere 6 bolognini e non di più.

49- Inoltre per un bollettino di scarcerare nelle cause capitali e afflittive del corpo principalmente o sotto condizione, dopo che sia venuta in condizione, 4 bolognini; in altre cause pecuniarie in realtà, bolognini 2, nelle cause civili niente.

50- Inoltre per i primi progetti tanto atteso di informazione quanto fatti per qualsiasi altro causa, non possa ricevere nulla né anche abbia la facoltà di applicare la tassa.

51 – Inoltre che le lettere recanti autorizzazioni amministrative debbano essere tassate come insolito, cioè di un bolognino per ogni castello per la diaria del Balivo e non oltre anche se avesse portato più autorizzazioni amministrative.

52- Inoltre quando qualcuno fosse stato trovato o fosse stato colto in flagrante reato non possa prendere alcunché per la cancellazione se non fosse stato necessario formare un processo sopra quel reato.

53- Inoltre i debitori civili non possano essere precettati, né condannati nella pena del disprezzo di un comando, se non fossero debitori da 10 libre di denari e sopra <a 10> se sia stato fatto in modo diverso, il precetto, la condanna e l’esecuzione siano e debbano essere nulle.

54- Inoltre il Cancelliere, o il suo Notaio o i <loro> sostituti non possono accogliere accuse di danni dati, né formare i processi sopra di loro, né in modo diverso intromettersi in dette cause di danni dati, in alcun modo e se si faccia in modo diverso siano cancellate e siano respinte gratis, senza alcun pagamento sotto la pena per il trasgressore ad arbitrio del signor Governatore o del Luogotenente.

55- Inoltre quando ad opera del magnifico Comune di Fermo alle Comunità dei suoi Castelli o dei loro Officiali siano state fornite notizie di alcune cause di reati, come è contenuto nei loro capitoli convenga praticare le cose dette, per evitare che qualcuno di essi sia punito due volte su un delitto o sia gravato in modo diverso nelle cancellazioni e negli affaticamenti delle persone, dato che il Cancelliere penale, <in servizio> nel tempo abbia e debba avere nella Cancelleria di qualsiasi Castello una copia o un transunto dei detti capitoli, poiché il non processare per mezzo di uno che non processa, sia competenza del suo officio e l’inquisizione non sia fatta in alcun modo, poiché nei casi di tali cose  la disanima compete solamente ai detti Castelli; e qualora l’inquisizione avvenga sia cancellata o condonata gratis senza alcuna mercede, sotto pena da imporsi al trasgressore, ad arbitrio del Governatore, o del Luogotenente <in servizio> nel tempo, oppure dei Sindacatori.

PLACET per quanto sta in uso <=Nota d’approvazione>

IL BARGELLO E GLI ESECUTORI

56- Il Bargello e gli altri Officiali e tutti i semplici esecutori di qualsiasi Curia per le esecuzioni nelle cause civili per le quali abbiano gli incarichi nella disposizione, un bolognino e non possa chiedere più d un fiorino, anche se la somma fosse al di sotto di un fiorino, neanche più di un fiorino per qualsiasi esecuzione per quanta sia la somma e l’importanza, e ciò venga praticato tanto nella Città quanto nel Contado.

57-Parimenti in vigore del braccio secolare un bolognino per qualsiasi fiorino, purché non superi la somma di 3 fiorini qualunque sia la somma e ciò sia inteso nei confronti di quelli soggetti alla giurisdizione <della Città>; in realtà, al contrario, per i forestieri venga praticato il solito.

58- Inoltre il catturato e posto nelle carceri per debiti civili, se ivi sia stato agevolato da altri creditori e riconfermato, non sia obbligato e possa essere costretto a pagare l’esecuzione se non per la metà.

59- Inoltre che gli Officiali e i detti esecutori non abbiano validità di fare alcuna esecuzione per debiti civili nella Città o nel Contado se non per una precedente disposizione dei giudici sottoscritta per mano di uno solo dei Notai del Collegiati, e non possano richiedere le esecuzioni se non per una nuova commissione e dopo trascorsi dieci giorni dal giorno dell’esecuzione fatta, in modo diverso l’esecuzione sia nulla e incorra nella pena di 10 libre per ogni volta e per ogni trasgressore.

60- Inoltre per le esecuzioni delle cause civili al di sotto di 25 libre, i Balivi possano fare l’esecuzione, al modo come finora fu stato praticato, purché abbiano una commissione per iscritto.

61- Inoltre gli esecutori non possano entrare in una casa per fare le esecuzioni per qualunque causa, senza la presenza di un solo vicino o di uno solo dei Massari, o di un Balivo, né prendere per l’esecuzione le cose vietate.

62- Inoltre per la cattura, la carcerazione e la custodia e per il bollettino delle misere persone, non possa ricevere nulla, ma siano rilasciate gratis e per amor di Dio, se così sia stato ingiunto nel bollettino dal Luogotenente e dal suo Uditore, purché paghi le spese: e se una persana sia o no una povera ci si attenga alla dichiarazione del Magnifico Signor Luogotenente.

63- Inoltre i carcerati da restituire alla Chiesa Cattedrale, secondo la forma degli statuti non debbano pagare nulla, eccetto le spese.

64- Inoltre per la esecuzione delle pene dei condannati penali debba avere un bolognino per ogni libra di quello che sia pervenuto di fatto alla Camera, purché non superi 4 fiorini.

65- Inoltre per l’esecuzione di obbligazioni fatte nella Camera si paghi al modo di quelle civili.

66- Inoltre per la cattura di una persona condannata alla pena capitale, dieci fiorini, dai beni del condannato, se ci siano stati, se invece no, del Fisco, in quanto sia stato catturato dal Bargello e dalla sua Curia e non in modo diverso, e nella eventualità in cui il condannato e catturato, come sopra, per qualche giusto causa venisse assolto, debba avere dal catturato soltanto la metà <della paga> della cattura, e non di più; se invece si facesse la composizione, paghi un bolognino per qualsiasi libra, purché non superi i 4 fiorini, e non oltre, come sopra, a meno che non sia stato esiliato, nel quale caso l’esecutore non abbia meno di 4 fiorini.

67- Inoltre per la cattura di una persona condannata principalmente ad una pena afflittiva del corpo in modo principale, o sotto condizione, se capita che l’esecuzione venga fatta sulla persona, 2 fiorini dal Fisco di quanto sia arrivato alla Camera, come sopra; se invece si facesse la composizione, debba avere un bolognino per qualsiasi libra, purché non superi la somma di 4 fiorini. Se, in realtà, venga graziato, o rilasciato per qualche altra causa senza il pagamento di alcuna pena, 2 fiorini e meno ad arbitrio del signor Governatore o del Luogotenente.

68- Inoltre se qualcuno sia stato catturato dalla Curia senza alcuna commissione del Giudice, e sia stato trovato innocente o non colpevole, non debba avere alcuna esecuzione, neanche una mercede del carcere.

69- Inoltre per una esecuzione di uno che si sia costituito spontaneamente per giustificare l’imputazione, non possa ricevere nulla eccettuate le spese.

70- Inoltre per l’esecuzione di un carcerato esistente nel Palazzo per ordine del Giudice, 4 bolognini, e meno, ad arbitrio del Giudice.

71- Inoltre per l’esecuzione di coloro che vengono spontaneamente per rispondere alla inquisizione, che risultassero da carcerare, non possa ricevere nulla.

72- Inoltre per un’esecuzione di un testimonio, il quale sia stato carcerato ad intimidazione allo scopo di trovare la verità, non debba ricevere nulla, e dovunque sia rilasciato gratis.

73- Inoltre per una esecuzione e una cattura di uno non condannato per una causa capitale <a morte>, il quale successivamente venisse assolto, nella Città e nel territorio, 12 bolognini; nel contado in realtà 5 carlini, in una causa afflittiva del corpo o in quella condizionale la metà, in realtà per un’altra causa semplicemente pecuniaria, la terza parte.

74- Per una esecuzione e per una cattura di un carcerato a richiesta del Padre o di un altro per correzione, carlini 2.

75- Inoltre per un’esecuzione di un condannato per disprezzo di un comando, nelle cause civili, 5 bolognini e non di più.

76- Inoltre gli esecutori siano obbligati ad eseguire le commissione con efficacia per tutta la quantità, in modo diverso non possano conseguire l’esecuzione o la mercede; e se abbiano detto che non hanno potuto fare l’esecuzione, non ci si attenga alla loro relazione, a meno che non presentino la garanzia dell’Ordinario dei luoghi, nel quale caso possano avere la loro paga; e nel caso che abbiano potuto fare l’esecuzione, e non abbiano fatto l’esecuzione, siano puniti ad arbitrio del Magnifico Signor Luogotenente, anche corporalmente.

77- Inoltre se capitasse il caso che per qualche omicidio, o per un altro reato dei più atroci, o per altri come sopra, per i quali sia stato necessario che il Bargello, o il Luogotenente con i suoi aiutanti andassero a cavallo, possa conseguire per ogni giorno un fiorino e le spese per sé e per gli aiutanti, e non possa stare più di tre giorni, e sia stato di più, non possa, oltre alle spese, chiedere niente.

78- Inoltre se talora il Bargello o gli altri esecutori fossero andati con i cavalli per condurre alla Città i catturati, presi dai Vicari o da uomini di legge, o in modo diverso dagli stessi esecutori, il Bargello, se abbia cavalcato con i cavalli con efficacia, abbia un fiorino, come sopra.

79- Inoltre se sia capitato che l’Uditore o il Cancelliere, per qualche giusto causa, cavalcasse con il cavallo, e conducesse con sé le guardie o gli aiutanti o altri della servitù, per essi non possano ricevere se non la dovuta paga contenuta nella tabella; in realtà per i detti aiutanti e per le guardie 12 bolognini, purché non superi il numero di quattro guardie, e non possano stare ivi oltre tre giorni, e niente se ci siano rimastati <per più> eccetto le spese.

80- Inoltre per un’esecuzione dei Signori Dazieri e per un’esecuzione di taglie della s(ignoria) del Signore Nostro e del Comune di Fermo possa ricevere un bolognino per ogni fiorino, purché non superi la somma di un fiorino.

81- Inoltre nessun esecutore possa esportare i pegni fuori dalla giurisdizione della Città tanto durante il suo officio, quanto dopo, sotto la pena del furto; ma debba consegnare quelli e darli al deposito addetto, nello stesso giorno se <sta> in Città, se nel contado entro due giorni dopo il rientro nella Città, e da costui ricevere la nota di ricevimento dei pegni.

82- Inoltre gli esecutori siano obbligati a restituire tutte le commissioni delle cause civili ai Notai, purché entro 10 giorni, con l’attestazione della esecuzione sul tergo <retro>, oltre le altre pene contenute nella tabella non possano ricevere niente, in modo diverso, per le esecuzioni di quelle, e sulle dette cose, venga fatto il sindacato, e debbano porle nella cassa destinata ed ordinata dal Collegio, per evitare frodi, con due chiavi, delle quali una debba stare presso il Bargello  per suo interesse, e l’altra presso il Notaio designato dal Collegio.

83- Inoltre gli esecutori che siano andati a fare un’esecuzione in nessun modo abbiano la facoltà di fare l’esecuzione sui beni proibiti per statuto; e debbano fare due specifiche ricevute in parole volgari <popolari> sui beni presi nell’esecuzione oppure nella tenuta <sequestro> – anche quando non richiesti – e una di queste <ricevute> va consegnata nelle mani di coloro contro i quali sia stata fata l’esecuzione, e l’altra <ricevuta>, in realtà, va consegnata al Vicario del detto Castello, oppure ad uno dei Massari del momento, sotto la pena per qualsivoglia trasgressore da imporsi, ad arbitrio dei Sindaci ai detti; e a queste ricevute sia prestata fede e facciano piena prova contro colui che le scrive; e il Cancelliere sia obbligato a praticare le dette cose nei già detti modo e forma, per quanto abbia preso qualcosa per sé, o qualcuno <abbia preso> a nome suo. E nella eventualità che egli abbia rifiutato di fare la ricevuta, costui che si rifiuta di dare un pegno in nessun modo incorra nelle pene, ma sia inteso che aveva agito giustamente, regolarmente e rettamente.

84- Inoltre i Giudici e il Bargello  e i suoi esecutori debbano essere soddisfatti del loro salario e della consueta paga: in modo diverso, non possano né abbiano facoltà che siano gravati gli uomini, se capiterà che vadano a cavallo, o in qualsiasi modo vadano contro qualche colpevole, non possano, né sia valido che, per la loro diaria e per la paga, aggravino <altri> se non il colpevole o i suoi beni, non i consanguinei loro, né le Comunità, quandanche i colpevoli non avessero alcunché in beni, dato che essi stessi <esecutori> o debbano essere soddisfatti della loro paga oppure <lo sano> per mezzo del Fisco e non vengano ad essere pagati in modo diverso. Invece si presuma che tutte le cose trovate nella casa di un delinquente siano beni suoi, e questi possano essere presi per l’esecuzione, dopo aver fatto uno scrupoloso inventario di tutti, e qualora, successivamente, fosse stato provato che tali beni sono di un altro, anziché del delinquente, senza alcuna spesa debbano essere restituiti ai veri padroni.

IL CUSTODE DELLE CARCERI

85- Prima di tutto per la sua paga, tanto per <le cause> civili quanto per le penali, per l’ingresso di qualsiasi carcerato, 2 bolognini, e altrettanto per l’uscita, e per ogni giorno che sia stato in carcere, un bolognino; ma se nello stesso giorno quando sia stato rilasciato, non possa ricevere alcunché oltre quanto per l’ingresso e l’uscita.

86- Inoltre per una carcerazione di qualcuno per un debito civile al di sotto di 20 bolognini, per ingresso e uscita, un bolognino e non di più.

87- Inoltre per la carcerazione per una causa del Comune, anche se siano stati in molti, un bolognino per qualsiasi giorno, e per ingresso e uscita. 4 bolognini.

88- Inoltre per la carcerazione di molti obbligati solidalmente, come sopra nel precedente Capitolo.

89- Inoltre se il detto Bargello e gli altri esecutori abbiano avuto e abbiano fatto pagare di più le esecuzioni ed le mercedi precisati in tutti i detti Capitoli, siano obbligati alla restituzione al doppio di essi e siano puniti con 10 libre e siano sottoposti al sindacato come sopra.

90- Inoltre nessuno dei detti officiali che sia di una qualche Terra o di una località nelle vicinanze della Città di Fermo per 40 miglia, possa stare in questa Città o nel Contado, in alcun officio o servizio con alcun Rettore, o Protettore di questa Città, se non in caso di necessità, nel quale non debba essere ammesso, se non con il consenso del Magnifico Signor Luogotenente e dei Magnifici Signori Priori.

91- Inoltre sia nominato dai Magnifici Signori Priori un Oste per dare ai carcerati le spese <di mantenimento> allo scopo di evitare maggiori spese di detti carcerati ed <evitare> frodi del custode delle carceri.

92- Inoltre qualora siano stati molti i debitori di un unico luogo, di una stessa persona e tutti i detti crediti risultino <scritti> per mano di un unico Notaio, per un minore dispendio del debitore e i creditori abbiano voluto che i loro debitori siano richiesti nello stesso momento con una unica requisitoria e non con molte, nella seconda lettera, o requisitoria da trasmettere, <indicare> fino a quanto<la somma> di debito sia venuto, e abbia tardato i giorni.

93- Inoltre se in tutti i detti Capitoli capitasse qualche dubbio, ci si attenga e ci si debba attenere al giudizio e all’arbitrio e dichiarazione del Magnifico Signor Luogotenente e dei Magnifici Signori Priori della Città di Fermo esistenti nel tempo.

94- Inoltre le cose contenute nella Tabella precedente debbono essere praticate sotto la pena, fin dove venga praticata la Bolla del signor <papa> per quanto riguarda il Magnifico Signor Luogotenente, 10 ducati oltre il doppio, e anche per quanto riguarda il Sig. Uditore, e per quanto riguarda il Cancelliere, per quanto riguarda i restanti altri Officiali, oltre la pena del doppio, ad arbitrio del Magnifico Signor Luogotenente del momento, secondo la qualità dei casi e dei tempi, o dei Sindaci al tempo del sindacato, da assegnarsi alla Camera dell’illustrissimo signor Governatore.

          Vista da me Giovanni Maria Brugnolo Luogotenente dell’illustris.mo ed eccell.mo signor Iacopo Boncompagni Governatore. E da me Pomponio Morfo, Stefano Sansovinno, Belisario Azolino e Gerolamo Vittori deputati ecc.

   Noi Iacopo Boncompagni Governatore della Città di Fermo confermiamo che sia da praticare inviolabilmente la tassazione qui messa. Iacopo Boncompagni Governatore.

                                                                            < Decreto>

In Nome di Dio Amen. Il magnifico ed eccellente signor Giovanni Maria Brugnolo di Pavia Luogotenente Generale nel Governo Fermano, stando nella sua Camera, eccetera, decretò ed ordinò che il Bargello e gli Esecutori esistenti nel tempo nel Governo Fermano debbano e siano obbligati, nelle esecuzioni da fare, tanto civili quanto penali, ad avere presso di sé e a manifestare ai condannati e ai debitori la causa per la quale si faccia l’esecuzione contro di loro, e se sia per una causa civile, oppure penale, e se sia per una pena pecuniaria oppure afflittiva del corpo e per quanta somma, e per richiesta di chi, sotto la pena di uno scuto per ciascuno e per ogni volta, da applicarsi ad arbitrio dei Magnifici Signori Luogotenenti che stanno in servizio nel tempo nel Governo, e ciò per giusti motivi che muovono il suo animo, e soprattutto affinché tutti sappiano ed abbiano la consapevolezza circa la paga e l’esecuzione che dagli stessi <condannati> debbano essere pagate ai detti Bargello e agli esecutori, nonché per eliminare i motivi delle estorsioni e delle frodi, eccetera, e in ogni migliore modo ecc. Fermo giorno 7 gennaio 1578.     Brugnolo Luogotenente     Giulio Cesare Megan. Cancelliere rogante

*< Anno 1586 >

RESCRITTO DELL’ILLUSTR.mo ED ECCELL.mo SIGNOR IACOPO MARCHESE BONCOMPAGNI GOVERNATORE PERPETUO DELLA MAGNIFICA CITTA’ FERMANA

   Recentemente ad opera di questa magnifica Città, è stato ottenuto riguardo ad alcune cause da istruirsi almeno per mezzo della Curia del signor Capitano della Città e dei Vicari dei Castelli del suo Contado rispettivamente.

   E’ stato confermato per mezzo del Breve della s(ignoria) del Signore nostro Sisto V, in data: Roma, presso San Pietro, con segno dell’anello del Pescatore, il giorno 10 Febbraio 1586 posto all’inizio degli Statuti, immediatamente avanti alla pagina prima.

   Dato che l’istituire le leggi e il praticarle sono cose necessarie tra le altre cose, a tutti qualsiasi i popoli, per vivere bene e felicemente, e dato che è cosa buona e giusta, sta bene a chi Presiede che renda liberi dai gravami insoliti i sudditi e le persone sotto la sua giurisdizione, per quanto possa. Pertanto la Comunità del popolo e gli uomini della Città e dello Stato Fermano desiderosi e abituati a vivere sotto le leggi e similmente desiderosi che gli altri vivano sotto queste, stando attualmente sotto il governo dell’Eccellenza Vostra, chiedono vivamente che sia comandato che i Capitoli scritti qui sotto e ciascuno di questi, per il vigore di un decreto perpetuo e di una legge, siano praticati in tutto e per tutto, con precisione da ciascuno di coloro a cui saranno stati rivolti e siano eseguiti in ogni modo, sotto pene da imporre ad arbitrio della stessa Eccellenza Vostra o del <vostro> successore nel governo, nel tempo, cercano di ottenere che i Capitoli e ciascuno di essi siano confermati e per quanto sia necessario essi e ciascuno di essi siano istituiti come norme, e siano conservati inviolabilmente, come detto prima. Anzitutto dato che ad opera del magnifico Comune di Fermo alcuni processi sui reati e sulle procedure siano stati concessi alle sue Comunità dei Castelli o agli loro Officiali di queste, come è contenuto nei loro Capitoli, e sia conveniente che le cose qui dette siano conservate, per impedire che nessuno venga punito due volte per uno stesso delitto, oppure, che, in altra maniera, nessuno sia aggravato con cassazioni <estinzioni>’ e con stanchezze delle persone, poiché il Cancelliere penale in carica nel tempo abbia o debba avere dalla Cancelleria di ciascun Castello una copia dei detti Capitoli o il transunto dato che è competenza del suo officio che non si processino quelli che non sono da processare a sua opera; e nei casi in cui l’indagine compete almeno a questi Castelli non si proceda in alcun modo alla inquisizione e se venga fatta, sia cancellata o sia rimessa senza altra mercede, sotto penalità per il trasgressore, da imporsi ad arbitrio del Governatore o del Luogotenente in carica nel tempo o da parte dei sindacatori. Inoltre qualsiasi causa, di qualunque valore sia stata, venga istruita in prima istanza e sia decisa con una sentenza definitiva da parte dei Vicari dei Castelli di questa magnifica Comunità <Fermana> e in tali cose il magnifico signor Luogotenente o gli altri Giudici di questa Città che ci sono attualmente e ognuno di quelli che ci saranno nel tempo, non si intromettano in alcun modo, né abbiano la facoltà di avocare a sé tali cause, piuttosto se qualcuno sia stato citato di fronte a questi, debbano rimandare coloro così citati e le loro cause ai loro <giudici> ordinari. E chi fa la parte attiva facendo sì che sia citato un suo debitore, come detto prima, in contrasto alla forma del presente Capitolo, sia punito con la penalità, per ciascuna volta, di 10 scudi da assegnare alla Camera della Eccellenza Vostra. E dato il fatto che i poveri di questo Stato sono vessati ogni giorno con gravissimi incomodi e dispendi, di fatto quelli citati di fronte a questi Vicari, ad istanza dei propri creditori, che prendono occasione dal disprezzo di un precetto, furono soliti fare il precetto di dover pagare il debito richiesto entro un certo tempo, sotto tale pena o di non uscire dal Palazzo senza che prima appaghino il creditore, e qualora il debitore non paghi nel tempo stabilito o senza che abbia appagato il creditore, o esca dal Palazzo, tali Vicari sono costretti a denunciare alla Curia Maggiore, come detto prima, coloro che disprezzano il precetto e viene poi formato il processo per questi, con grave danno per i poveri e per questi Vicari, senza che la Camera lucri alcunché, dato che tali processi siano cancellati per abolizione, mentre tutte le dette cose sono in contrasto contro la forma degli statuti di questa Città. Pertanto al fine di provvedere per l’indennità dei creditori in modo tale che i poveri debitori, per una causa tanto lieve, non siano vessati con gravissimi incomodi e con dispendi, né siano costretti ogni giorno ad accedere alla Città con grave loro danno, e neppure i Vicari siano privati dei propri emolumenti, piuttosto vengano trovati uomini probi e dotti, eletti ad esercitare tali offici; si fa richiesta che per mezzo dell’Eccellenza Sua, sia concessa la facoltà a tali Vicari, nelle cause civili inferiori a 10 scudi, di istruire le cause di quelli che disprezzano il loro precetto, e di portarle al dovuto termine, senza che abbiano l’obbligo di fare la notifica a qualche Curia di questa Città; e abbiano la facoltà di condonare le pene in tutto o in parte, con una grazia, come a questi stessi sia  gradito. Inoltre i Vicari di questi Castelli non siano obbligati né debbano fare la notifica alla Curia Maggiore di questa Città delle risse delle donne e degli imberbi, né per le parole ingiuriose, ma essi abbiano potere di istruire tali cause e portarle al termine nella dovuta conclusione, purché tali parole ingiuriose non sia state profferite contro un uomo graduato e stabilito in qualche dignità o contro i molto nobili dei Castelli. E in questo <ultimo> caso debbano fare la notifica alla detta Curia e non abbiano in nessun modo potere di intromettersi in tali cose, sotto una penalità da imporsi ad arbitrio del signor Luogotenente in carica nel tempo, contro i Vicari che abbiano trasgredito. Inoltre le Curie del magnifico signor Luogotenente non si intromettano in nessun modo né sotto alcun qualsiasi aspetto, neanche con pretesto di bandi di questa Curia, nell’istruire le cause che competono all’officio del signor Capitano sui danni dati, sulle turbative, sulle invasioni di vie, di ponti, di fontane, dei beni comunali, sul disprezzo di un precetto, sull’uccisione di animali, e su altre cose contenute negli statuti di questa Città; ma lasci, come è usanza, l’indagine di ciò all’anzidetto signor Capitano e ai Vicari ai quali ciò è concesso per opera dei capitoli e dei patti, tanto più che tali cause e l’istruirle e le pene sono state acquistate dalla Reverenda Camera ad opera di questa magnifica Comunità. Inoltre non si possano fare appello, né reclamare, né far ricorso, o parlare di nullità da parte di alcuno sulla sentenza emanata dal signor Capitano nei casi delle cose straordinarie e nelle altre cose contenute nel capitolo immediatamente precedente, ma la sua sentenza debba essere messa in esecuzione, nonostante alcuna inibizione del signor Giudice, nel caso che ci fosse stato un appello. E tuttavia tale Giudice <d’appello>, a richiesta dei tali detti sopra, sia obbligato a verificare l’inibizione. La sua sentenza pubblicata abbia validità e stabilità nelle dette cause, né possa parlarsi di nullità contro di lui, quandanche l’ordine delle leggi non venga praticato, purché sia intervenuta un’unica citazione. Tuttavia è possibile, in via di ricorso, presentare le richieste alla magnifica Cernita o al Consiglio speciale e addurre il suo gravame e da questa Cernita o dal Consiglio si faccia il provvedimento come meglio sarà conveniente concludere giuridicamente. Inoltre, dato che è lecito per la forma delle Costituzioni e della Tabella ora confermata dall’Eccellenza Vostra, che sia provveduto espressamente che gli Esecutori della Curia del Bargello che hanno i mandati esecutivi ad istanza dei creditori contro i loro debitori, siano obbligati a fare l’esecuzione effettiva contro questi debitori, in modo tale che questi creditori da ciò conseguano i loro crediti, altrimenti questi Esecutori non possano conseguire, né ottengano validamente, alcuna paga di tali esecuzioni; tuttavia gli Esecutori del Bargello non praticano ciò, ma ricevono da tali debitori i pegni, per se stessi soltanto, o per loro paga, <pertanto> si fa umile supplica alla stessa Eccellenza Vostra che comandi espressamente che queste Costituzioni e la Tabella in ciò vengano mantenute, sotto penalità del quadruplo da imporre agli Esecutori trasgressori, inoltre <penalità di> dieci scuti per ciascuna volta, da imporsi al signor Luogotenente, ogni qualvolta che dopo che sia stato richiesto, non abbia fatto in modo che ciò venga praticato. La penalità è da assegnare alla Camera della stessa Vostra Eccellenza. E tanto il signor Luogotenente quanto i detti Officiali e il Bargello possano essere costretti a pagare queste penalità, ad opera dei Sindacatori nei sindacati su questi stessi. Qualora questi Sindacatori abbiano trascurato di fare ciò, incorrano nelle medesime pene. Noi Iacobo Boncompagni Governatore della Città di Fermo confermiamo i Capitoli scritti qui sopra, in ogni miglior modo, eccetera. Iacopo Boncompagni Governatore.

                                                                     <Approvazione del 1578>

 Il giorno 2 aprile 1578 mercoledì. Su richiesta del signor Pellegrino Dominici procuratore della magnifica Comunità Fermana. Il magnifico ed eccellentissimo signor Dionisio Ratta Bolognese Dottore dell’uno e dell’altro Diritto, Luogotenente Generale per l’illustr.mo e eccellent.mo signor Jacopo Boncompagni Governatore perpetuo della magnifica Città Fermana e del suo Contado; stando nel Palazzo di sua solita residenza, secondo il Rescritto  per il predetto illustr.mo e rever.mo signore, in modo riverente accolse i Capitoli scritti sopra, e li approvò e ordinò che siano praticati inviolabilmente da parte di chiunque, soprattutto dal Cancelliere penale e dal Bargello e dai loro officiali, e a questi pertanto diede ordine che gli stessi <Capitoli> siano registrati e scritti nel registro della Cancelleria Penale e che le cose registrate siano restituite al soprascritto richiedente, sotto le penalità contenute negli stessi Capitoli ed altre da infliggere ad arbitrio della Sua Signoria e dei successori, eccetera. Tutte le dette cose furono redatte nella Sala dell’Udienza del predetto signor Luogotenente, e alla presenza ivi dei signori Giulio Latino e Vincenzo Cambio Avvocato e Procuratore di Fermo effettivamente testimoni.

 … Il giorno 4 dello stesso mese, venerdì. Tutte le cose dette sopra furono intimate al signor Giulio Cesare Meganino da Fossombrone Cancelliere Penale e al Capitano Latino Cambio da Monte San Martino, contattati personalmente, dopo aver rilasciato a costoro la copia, ad opera di me Notaio pubblico infrascritto. Io Gerolamo Maggiore da Fermo Notaio.

  < Esecuzioni >

Sabato giorno 6 Giugno 1579 – O Magnifico Signore: compare in giudizio personalmente il signor Domenico Teodoro Adami e nella data stabilita della citazione fatta dal Bargello della magnifica Città di Fermo e nella contumacia di chi non fa la comparizione, e alla presenza di Gregorio suo Cancelliere, disse ed espose, per mezzo di questo Bargello  e per mezzo del suo Luogotenente e dei loro sbirri ed esecutori, che ogni giorno si commettono molte estorsioni e avvengono esecuzioni tanto nella Città, quanto nello Stato, facendo pignoramenti ed esecuzioni contro i Padri per le condanne dei figli di famiglia che risultano condannati nel Curia della Signoria vostra Magnifica nella pena dei bandi e dato che queste cose sono in contrasto con la forma del diritto con grave danno di questi Padri e soprattutto di un certo Ancileo da Francavilla, e di Morisione da Montappone e di Rutilio da Monte Vidon <Corrado>, di Giovanni di Simone da Monteleone, contro i quali e contro ciascuno di essi, fecero varie esecuzioni ed estorsero per loro mercede una certa somma di denaro per le condanne dei figli di questo stessi. Pertanto in qualità di Sindaco della Città e dello Stato chiede e fa istanza che dalla vostra Signoria Magnifica si provveda sulle dette cose con un rimedio opportuno; eccetera; e in ogni miglior modo; eccetera. Alla presenza del detto Gregorio Cancelliere e in assenza del Bargello, a nome suo, e in tal modo rispondendo anche per lui e facendo il contraddittorio e dicendo che le cose, riferite sopra, le può fare per competenza di diritto; eccetera. Il magnifico signor Luogotenente nella seduta; ecc.; ammise le cose dette sopra, “e in quanto” e diede ordine di restituire le esecuzioni fatte, e nel futuro i Padri non debbano, in alcun modo, essere molestati per le condanne figli, purché questi figli non siano stati condannati alla pena capitale e alla confisca dei beni; eccetera; e in ogni miglior modo; eccetera. Alla presenza del detto signor Teodoro Sindaco accettante e referente di grazie sulla giustizia amministrata; ecc. e in ogni miglior modo; ecc.     Giordano Alessandrini, Notaio Curiale Fermano, attuario e stipulante il rogito.

*<Lettera Apostolica datata alla fine al 29 dicembre 1585 in tempo del papa Sisto V>

GREGORIO XIII PAPA – A tutti i fedeli cristiani che vedranno la presente lettera, salute e benedizione apostolica. Allo scopo di togliere il dissidio insorto non una sola volta, tra il venerabile fratello Vescovo Fermano e i diletti figli, la Comunità e gli uomini di quella Città, ci è sembrato opportuno prescrivere e comandare, all’una e all’altra parte, le cose che seguono. Anzitutto certamente le tasse delle mercedi ultimamente stabilite dallo stesso Vescovo e che dal suo cognome <Pinelli> sono dette Pinelliane, siano da ora in poi praticate così come furono corrette e moderate per nostro comando. Si stabilisca un Depositario nel riscuotere in futuro le pene dei reati e costui le riscuota e poi quanto prescritto del Concilio Tridentino sia applicato a favore dei luoghi pii. Il Vescovo non pratichi un uso ad arbitrio nell’imposizione delle pene, quando la pena è certa, ma esegua i sacri canoni, soprattutto la costituzione del papa Alessandro VI, di felice memoria, che inizia “Benché nelle cause delle fornicazioni adulterine e di reati simili”, il Vescovo abbia potere di fare indagini su queste cose tra i suoi sudditi, praticando tuttavia i sacri canoni. Il Procuratore del Fisco della Curia Vescovile non può esigere nulla a titolo di viaggio, per sé o per i suoi, quando egli, cavalcando, viaggia fuori della Città e attraverso la Diocesi per fare investigazioni e non sia lecito al Vescovo mandare costui, o un Commissario, o altri a fare investigazioni, in modo generale, in detta Diocesi, con riscuotere le spese di tale viaggio, ad eccezione quando a farne la richiesta sia la parte e questa dovrà allora pagare le spese. Inoltre il Procuratore del Fisco per nessuna ragione partecipi a queste pene pecuniarie. Gli Officiali del Vescovo siano sottoposti al sindacato soltanto presso lo stesso Vescovo e i superiori dli lui. Si mantenga la consuetudine nell’indagare sui danni dati, quale si praticava prima della venuta di questo Vescovo, e, in questi casi, il Capitano di appello e gli Officiali dei ‘danni dati’ e gli ‘straordinari’ della Città ed i Vicari dei luoghi dello Stato stesso facciano la procedura sui beni del clero amministrati ad opera dei laici o posseduti in altro modo, cosicché non si possa fare inibizione a questo clero per opera del Vescovo o dei suoi Officiali, se non quando lo stesso Vescovo l’abbia impedito, ma sia lecito a costoro di proporre le querele di ‘danni dati’ di fronte a questo Capitano o agli Officiali e ai Giudici e fare l’azione legale su costoro. Non siano aumentate le penalità oltre il consueto, a ragione di tali ‘danni dati’ sui beni ecclesiastici, ma siano riscosse secondo la forma degli statuti e delle delibere della Città e dei luoghi e delle Terre di questa Diocesi. In futuro le <tasse> vettigali o le gabelle per l’esportazione del frumento o di un altro genere di granaglie dalla terra di Monteverde verso altro luogo di questa Diocesi. In futuro i tributi o le gabelle per l’esportazione del frumento, o di altro genere di cereali dalla Terra di Monte Verde verso altro luogo di questa Diocesi, non siano imposte dal Vescovo, né siano riscosse in alcun modo. I Priori della Città, quando accompagneranno il Vescovo, secondo come a costoro stessi sembrerà opportuno, possano andare avanti o andare al seguito. Il Vescovo provveda al più presto per un Archivio in cui le dispense, i processi matrimoniali, le sentenze e i diritti di proprietà di tutti dei cittadini e degli abitanti della Diocesi e di coloro che fanno patrocinio per le cose pertinenti al Tribunale Ecclesiastico, siano collocati in modo separato e diligentemente conservati. Perciò ai venerabili fratelli Vescovi Anconetano, Maceratese e Osimano, comandiamo d’autorità di questo atto, che essi stessi, o due, o uno solo di essi personalmente o tramite un altro o altri, si prendano cura e si adoperino talché le cose che sono comandate e ordinate da noi con la presente lettera siano inviolabilmente praticate da tutti coloro a cui competono e a quelli che ne avranno competenza in futuro, costringendo tutti qualsiasi i contrari, e i ribelli di qualunque dignità, stato, grado, ordine e condizione siano stati, per mezzo delle censure e delle pene ecclesiastiche e degli altri rimedi del diritto e dell’azione, trascurando l’appello, dopo praticati i procedimenti legittimi da tenersi su queste cose, anche aggravando più spesso le stessa censure e le stesse pene, dopo aver richiesto l’aiuto del braccio secolare su ciò, quando sia stato necessario, nonostante le costituzioni e gli ordini apostolici e nonostante il giuramento, di conferma Apostolica, da parte delle già dette Comunità e della Chiesa di Fermo, e nonostante qualsiasi altra stabilità per mezzo di statuti, consuetudini, anche privilegi, indulti e lettere apostoliche, cose concesse in qualsiasi modo, confermate e innovate e ai contenuti di tutti questi facciamo deroga,  come se fossero inseriti, in ogni parola, nel presente atto, li consideriamo come sufficientemente espressi almeno in modo speciale, per l’efficacia delle cose dette prima, e nonostante qualsiasi cosa in contrasto. O almeno nonostante qualora sia stato fatto un indulto dalla Sede Apostolica su alcune cose in modo ripartito o comunitariamente ad alcuni su cose per le quali con una Lettera Apostolica non si possano interdire, sospendere o scomunicare, <deroghiamo> senza che noi facciamo menzione, parola per parola, pienamente ed espressamente di tale indulto. Data a Roma presso S. Pietro sotto <il segno> dell’anello del Pescatore, il giorno 29 di Dicembre 1585 <!> anno tredicesimo del nostro Pontificato <?1584>. Giovanni Battista Canopi,

*

RISPOSTE AI CAPITOLI ESPOSTI A NOME DELLA CITTA’ FERMANA E LE DELIBERAZIONI SULLE TASSE DEL TRIBUNALE DEL REV PADRE IL SIG. VESCOVO FERMANO. <Le risposte sono =R:=>

   Capitoli degli aggravi presentati dalla Comunità di Fermo contro Monsignor Vescovo con le risoluzioni della Illustrissima Congregazione.

   Le Signorie Vostre Illustrissime e Reverendissime ad alcuni capitoli degli aggravi che ora si fanno nel vescovato di Fermo, contra gli uomini della Città, e della sua Diocesi hanno rescritto che s’osservi il solito. E poiché in alcuni capitoli Sua Signoria Reverendissima e la Città non convengono nel ‘solito’, affermando lei esser in un modo, e la Città in un altro, per levare l’occasione della lite per l’avvenire, si desidera che in tutti i capitoli si facciano decreti chiari, e determinazioni conformi alla giustizia.

   E quanto al primo capitolo della Tassa delle mercedi nuovamente fatta da Sua Signoria Reverendissima e alterata oltre l’antico stile, si dice <avvenga> poiché non si trovava la Tassa solita antica mandata da ser Giacomo Carello Notaro a quel tempo nel Vescovato a Sua Signoria Reverendissima qui in Roma subito dopo che fu promossa al detto Vescovato, si debba in luogo di essa praticare la tassa secolare, che si usa nella Corte di Sua Eccellenza Illustrissima e questa è minore assai di quella Pinelliana fatta stampare nuovamente da Sua Signoria Reverendissima come si può vedere

=R:= “La Congregazione stabilì che la Tassa Pinelliana fosse da rivedere e da correggere, come fu fatto, e corretta fu consegnata al Vescovo”.

   Al secondo <cap.> sulle pene dei Malefici, tanto quelle riscosse quanto quelle che si riscuoteranno, essendo che queste pene facciano fruttare circa scudi duemila l’anno, pare che fosse conveniente che, o tutte, o la maggior parte si debbano distribuire per l’amore d’Iddio, e applicare a luoghi pii ad arbitrio di Sua Signoria Reverendissima, conforme a quello che dispone il Sacro Concilio, e non metterle ad uso proprio, come s’è fatto sinora, non aiutando i luoghi pii bisognosi, non restaurando la Chiesa Cattedrale, che tiene un grande bisogno, e non facendo molte altre opere buone e necessarie alla Città e alla sua Diocesi, e per questo si desidera si metta un Depositario che distribuisca le <somme di> dette pene ai luoghi pii ad arbitrio di Sua Signoria Reverendissima, e che tenga conto delle entrate, e delle uscite, e pare che una cosa simile fosse ordinata a Monsignor Camaiano già Vescovo d’Ascoli, perché facendosi in altra maniera la detta provvigione del Depositario sarebbe vana.

=R:=    “Che sia costituito un Depositario di queste pene, che in seguito siano attribuire ai luoghi pii secondo la prescrizione del Concilio, e il Reverendissimo signor Vescovo in futuro sia più mite nel riscuoterle”.

   Al terzo <cap.>, nella composizione delle pene non si deve eccedere <rispetto> alla pena delle Costituzioni, e l’arbitrio di Sua Signoria Reverendissima non ha da prevalere sulla pena certa determinata nelle dette costituzioni, ma solamente nei casi ammessi dalle leggi, né in questo si deve attendere allo stile <usato>, perché l’abuso causato dal Superiore, è maggiore: con l’autorità fa quel che gli pare, spesso, oltre che non consta quale sia il vero stile, e trattandosi del suo comodo non si deve dar fede in questo a Sua Signoria Reverendissima, nemmeno alla Città per la medesima ragione, però osservandosi la legge scritta, non si fa aggravio a nessuno.

=R:=    “Dal momento che c’è una pena certa, il signor Vescovo non faccia un uso ad arbitrio e siano praticati i sacri Canoni e particolarmente il capitolo: «E’ lecito, fuori dalle pene»”.

   Al quarto <cap.> nei casi delle fornicazioni, degli adulteri, e simili, per i quali parla la costituzione libro IV cap. LXIX si debba praticare questa costituzione, e si proceda nei detti casi a querela solamente di quelle persone, come dispone e vuole detta costituzione, e non ex officio, e per mezzo di inquisizione, come ha fatto S.S. Reverendissima per il passato, e oltre ai casi delle semplici fornicazioni, e delle pubbliche meretrici, e “soluti cum soluta” <di uno sciolto con una sciolta =dal coniugio> ha fatto pagare grosse <somme di> pene, ma anche in casi di adulterio e di stupri con diffamazione dei parentadi, dei matrimoni, e con morte di uomini, e con danno ha fatto la procedura per mezzo dell’inquisizione, come d<etto> sopra, e la detta costituzione, come fatta ultimamente, pare si debba praticare più presto che altra legge anteriore, e l’esperienza ancora lo insegna, che al tempo di S.S. Reverendissima ha causato cattivi effetti, come è detto sopra.

=R:=   “Il Vescovo possa e debba fare indagini sopra i delitti dei sudditi, cap.1 de officio ordinariorum <l’officio degli Ordinari>perciò siano praticati i Canoni.”

   Al quinto <cap.> il Fiscale cavalcando non debba farsi pagare alcuna mercede di spese di viaggio, come fa ora d’uno scudo al giorno per sé, vettura di cavallo, salario di sbirri, e spese per tutti, con grande pregiudizio delle genti, e spesso di coloro che non hanno colpa alcuna, dato che essendo lui <impegnato> per il Fisco non è giusto sia pagato dal reo, e nemmeno S. S. Reverendissima possa mandare questo Fiscale, o altri per la Diocesi a dover fare l’inquisizione generale facendosi pagare come detto sopra, e al Notaio mezzo scudo il giorno.

=R:=    “Piace che il Fiscale, o il Commissario non siano inviati a spese del reo, a meno che la parte chieda e questa deve pagare le spese.”

   Al sesto <cap.> nelle composizioni questo Fiscale non debba avere la parte ventesima, né porzione alcuna dal supplicante, ma dalla Camera, né più si faccia quel che si è incominciato a fare nei rescritti: cioè dopo pagati scuti tot, e concordato il Fisco, di ciò si osserva tutto il contrario nella Corte secolare di Sua Eccellenza Illustrissima.

=R:=     “Il Fiscale non partecipi per alcuna ragione delle pene delle condanne.”

   Al settimo <cap:> gli Officiali di Monsignor Vescovo debbano stare a sindacato alla fine del loro officio, le Signorie Vostre Illustrissime e Reverendissime hanno rescritto che nulla va innovato, il che pare duro alla Città essendo il sindacato introdotto dalla ragione e per terrore degli Officiali che volessero commettere estorsioni, e ciascuno deve rendere conto dell’amministrazione sua; e la Città ne ha un Breve da Nostro Signore <il Papa> da poter sindacare i suoi officiali, anche che fossero Prelati, si dice che per stare a <fare> sindacato si debbano mandare prima per tutta la Diocesi le lettere patenti informando riguardo al detto sindacato, dato che non basta far ‘bandi’ solamente a Fermo, la sera per la mattina, come si fa al presente, perché essendo la Diocesi grande, il sindacato è finito prima che pure si sappia che sia cominciato, così si osserva nella Corte secolare di sua Eccellenza Illustrissima.

=R:=    “La Congregazione mai ha ammesso il sindacato degli officiali del Vescovo, come viene richiesto, ma vuole che quelli quotidianamente obbligati al sindacato siano presso il Vescovo del luogo, e presso i Superiori.”

   All’ottavo, <cap.> S. S. Reverendissima non possa intromettersi nelle cause di ‘danni dati’, e di ‘straordinari’, turbative, occupazione di vie pubbliche, bruttura <monnezza> di strade, devastazione di ponti, di fontane, e altre cose comunali, quando occorrono farsi da laici lavoratori, <da> affittuari o servitori di Preti o della Chiesa, i quali non devono godere il privilegio del Prete o della Chiesa, ma come laici debbano in queste cause esser sottoposti al Giudice ordinario della Città, come nelle altre cause, e civili, e penali, secondo la forma.

=R:=    “Riguardo alla conoscenza dei danni sia praticato il modo di fare che veniva praticato prima della venuta dell’attuale Vescovo, se c’è consapevolezza di questa, e qualora in ciò sorgerà una difficoltà sulla consuetudine, la Congregazione lo deciderà.”

   E il fatto che S.S. Reverendissima ha cominciato ad introdurre un nuovo gravame, che, per mezzo di lettere ai Vicari Foranei, oltre le pene statutarie, aumenta le pene di ‘danni dati’ contro i laici che facessero danno sui beni di Chiese, o i Preti a chi fa pascolare una pecora tra le stoppie gli fa pagare uno scudo per pecora, mentre secondo lo statuto la “pena” è solamente d’un soldo, e applicano una parte di detta pena a sé medesimi, e quel che è peggio contro chi fa danni mandano precetti per dover informare e ne formano processi, e per un danno dato da più persone mandano più precetti per formare più processi, come si può dimostrare, ingrassando la Cancelleria <con incassi>, e in caso di turbative mandano persone a cavalcare talmente che è più la spesa, che la pena, ed è più la pena che la pecora, e pertanto si supplicano le Sue <loro> Signorie Illustrissime che si degnino proibire tal cosa.

=R:=    “A cagione dei danni inferti ai beni ecclesiastici, non siano aumentate le pene solite.”

   Al decimo <cap.> Sua Sig. Reverendissima non debba far pagare la nova gabella d’un ‘grosso’ per soma di grano, o <di> altre biade che si ricavano dal territorio di Monte Verde sua giurisdizione, in pregiudizio degli uomini che possiedono in detta giurisdizione, e in contrasto alla Bolla “In Coena Domini” che proibisce nuove gabelle, considerando che non sia stato solito pagarsi per il passato, come consta per <dichiarazione> fede di molti, e contro la ragione perché non si esporta fuori dalla Diocesi di S.S. Reverendissima, ma da luogo a luogo attraverso la sua giurisdizione, e da padroni delle possessioni, nelle quali queste granaglie, biade, e altri frutti sono registrati.

=R:=    “In seguito nessuna gabella sia pretesa per l’occasione detta, come ordinò anche il Santissimo Signor Nostro <Papa>.”

   All’undecimo <cap.> le Signorie VV. Illustrissime e Reverendissime si degnino dichiarare che quando il Magistrato accompagna Sua Sig. Reverendissima l’abbia a mettere in mezzo alla prima schiera, revocando ogni altro ordine in contrario, essendo questa l’intenzione del Nostro Signore <Papa>.

=R:=     “Sia praticato quanto stabilì il Santissimo Signore Nostro.”

   Al dodicesimo <cap.> e di fatto S.S. Rever.ma ha fatto buttare confusamente tutte le scritture della Cancelleria del Vescovato sopra una soffitta dove non si può andare per la bassezza del tetto, in preda alla polvere, e ai sorci, e così tra poco tempo si consumeranno tutte, e si perderanno le ‘dispense’, <gli atti> “se c’è evidenza”, i processi, le sentenze, i giuspatronati, e ogni altra cosa che vi era, in pregiudizio della Città e della Diocesi tutta, si supplicano le Signorie Vostre Illustrissime e Reverendissime che si degnino di ordinare che sua Sig. Rever.ma debba far prelevare tutte <queste scritture>, e subito accomodarle con buono ordine, come si deve, in una stanza del Vescovato, che non ci manca, e si spenda <prelevando dalle somme> delle pene di malefici tutto quello farà bisogno per un’opera di tanta importanza.

=R:=    “Provveda il Reverendissimo Signor Vescovo di un armadio nel quale siano diligentemente collocate le scritture, e ciò sia <fatto> quanto prima.”

   Al tredicesimo <cap.> inoltre si desidera che le cause si risolvano per mezzo della giustizia, facendosene istanza dai Procuratori e dagli Avvocati dei carcerati, e non si sia fatto soffrire nessuno come si fa, con allungare le spedizioni, acciocché quelli colpiti dal tedio nelle carceri, non vengano forzati a supplicare, o per dir meglio a quell’espediente nuovo e insolito, che per decreto si dice ‘dopo aver pagati scuti tot’, assolviamo e liberiamo.

=R:=    “Le cause, come saranno conformi alla legge, debbono essere svolte per mezzo del diritto e non con accordi.”

<Anno 1580>

TASSA PENALE DELLA CURIA VESCOVILE FERMANA Fatta nella Congregazione il giorno 29 Novembre 1580

-1-Per una visita della persona offesa nella Città non si prenda nulla perché si deve fare d’ufficio.

-2-Per simile visita fuori Città da fare per ordine del Vicario, nulla, per la causa indicata sopra.

-3-Per un teste informativo della Curia, non sia percepito assolutamente nulla, ma se per ordine del Vicario, per qualche causa, sarà stato costretto a prestare una cauzione, paghi come quando viene prestata la cauzione, e più sotto verrà indicato   bol.2

-4-Per la comparizione di qualche reo <accusato> che risponde alla querela, e per la Fidejussione bol. 4

-5-Per il precetto di comparire personalmente contro i delinquenti principali bol. – (0)

-6- Per la citazione per rispondere ad una inquisizione, nulla bol. –

-7-Per una lettera per requisitorie bol. 5

-8- Per il mandato di cattura, nulla, se questo sia fatta d’officio, ma se avviene su richiesta della parte querelante   bol. 5

-9-Per ogni cosa stabilita con il suo esame su ciascun reo carcerato, <da> colui che abbia voluto la copia del processo, nulla si paghi, poiché non viene pagato nella copia, se non per la visura quando la parte non avrà voluto la copia, e allora siano pagati bol.3

-10- Ma se siano stati costituiti molti fatti, solamente per quattro il Notaio possa avere soltanto la paga scritta sopra, riguardo alla visura soltanto, eccettuati i poveri.

-11- Se in realtà abbia voluto estrarre la copia del processo sia pagato come indicato sotto, ma nessuno sia costretto a ricevere la detta copia. –

-12- Quando invece il processo venga aperto, venga pagato come per le copie, come nel numero seguente. –

-13- E per le copie dei processi per ogni foglio in due pagine aventi 40 righe, bol.2

-14- Per il costituirsi del Procuratore nella causa, per la scelta del luogo e per ogni altro atto occorrente, fuorché per le cose espresse, bol.2

-15- Per l’esame di ciascun testimonio per la difesa con gli interrogatori della Curia bol.6

-16- Per il richiamo di uno stesso testimonio, con gli interrogatori, se d’ufficio non si paghi nulla, se a richiesta della parte bol.3

-17- E più o meno, considerata la lunghezza del lavoro, e l’interrogatorio, come abbia considerato conveniente il reverendo Signor Vicario, purché non ecceda bol.6

-18- Per ogni sequestro con la relazione bol.5

-19- Per la pubblicazione di detti testimoni, se viene fatta per il Fisco non si paghi nulla, ma a richiesta della parte bol.3

-20- Per ogni rinuncia, cioè della difesa. Come viene pagato per un altro atto giudiziale, o per una richiesta, una protesta, una comparsa come ai numeri 22 e 23.

-21- Per ogni referto di una ostetrica, o di un medico, di un chirurgo, di un ‘fisico’ o di qualche perito, ma a richiesta del Fisco assolutamente nulla, ma se a richiesta della parte bol.2

-22- Per la presentazione di qualche scrittura bol.1

-23- Per ogni atto con un decreto del Giudice o senza in una causa che sta facendo bol.2

-24- Per ogni fideiussione conservando la indennità bol.5

-25- Per la citazione per la sentenza, se a richiesta del Fisco nulla, se a richiesta della parte bol.5

-26- Per la intimazione di una sentenza di condanna bol.5

-27- Per un decreto di rilascio o di liberazione di un reo carcerato, senza alcun mandato, quando non è necessario bol.5

-28- Per l’invio e la registrazione di qualche supplica con decreto del Giudice bol.2

-29- Per la lettura di una sentenza sulla trasgressione di precetti, o l’assoluzione, l’abolizione e cancellazione di questi stessi, si paghi come prescritto nelle costituzioni della Marca.

-30- Per la lettura di una sentenza di assoluzione e di liberazione da una querela, da un’indagine e da un processo per qualsiasi delitto per il quale venisse da imporre qualche pena afflittiva del corpo, o del carcere perpetuo, o di carcere perpetuo, o di esilio perpetuo, o del remeggio, e per la cancellazione dei loro processi in vigore di quella sentenza, anche per tutto sia pagato come viene stabilito nelle dette costituzioni della Marca.

-31- Ma se sia capitato di fare la cancellazione di tali processi in forza di una supplica o di un decreto per qualche causa si paghino bol.24

-32- Per la lettura di una sentenza di assoluzione o di liberazione da una accusa, da una querela, da un’indagine e da un processo, e dalla sentenza venisse ad imporsi una pena pecuniaria, o del carcere a tempo, o dell’esilio bol.20

-33- E se sia capitato di fare la cancellazione dei processi ora indicati in forza di una supplica o di un decreto bol.24

-34- In verità per la lettura di una sentenza per una querela, un’inquisizione o un processo in casi o per motivi meno importanti bol.10

E se la cancellazione di tali processi dovrà essere fatta in forza della stessa sentenza bol.10

-35- In realtà da ultimo la cancellazione di tali processi sia stata fatta in forza di una supplica o di un decreto bol.10

-36- Ma se con una sola sentenza o con un decreto sia capitato di svolgere molte <cause> fra tutte secondo la qualità e la distinzione delle dette cause sia pagata soltanto una tassa raddoppiata.

-37- In realtà per la lettura di una sentenza, in parte di assoluzione e in parte di condanna, venga pagato come sopra espresso rispettivamente per i singoli casi.

-38- E per la cancellazione di tali processi da farsi in forza di detta sentenza, venga pagato in ragione di quanto espresso sopra nei singoli casi. E così anche venga inteso e si debba praticare se la cancellazione di tali processi sia stata da farsi in forza di una supplica o di un decreto.

-39- Per la copia di una sentenza con la sottoscrizione di mano di un Notaio in forma pubblica bol.12

-40- In realtà per una copia semplice e senza la sottoscrizione del Notaio bol.3

-41- Per un’autenticazione semplice e con la sottoscrizione del Notaio bol.5

-42- Per qualunque instrumento pubblico e autentic(at)o di una sentenza con attestazione la fede di legalità bol.17

-43- Per la sottoscrizione e la pubblicazione di un processo bol.12

-44- Per un istrumento di pace in tutto bol.4

-45- Per un istrumento di obbligo di composizione per la Camera bol.4

-46- Per un inventario da farsi in Città, o nel suo territorio, nei casi nei quali deve essere fatto, se ciò è per una causa d’officio, a richiesta del Fisco, nulla <da pagare>, ma se a richiesta della parte bol.20

-47- Per un inventario da farsi nella Diocesi per ordine del Giudice nei casi nei quali debba essere fatto oltre le spese di viaggio e le spese da tassare, fiorino 1. E quando quello sia a richiesta del Fisco, nulla -.

-48- Per la paga di un Notaio inviato fuori dalla Città per la preparazione di un processo per qualsivoglia causa penale, se quello viene mandato d’officio e a richiesta e istanza del Fisco non si paghi nulla; ma vada a spese dello stesso Fisco; se invece a richiesta della parte querelante, oltre alla vettura del cavallo, e alle spese da farsi per costui e per il cavallo, per ciascun giorno paghi fiorino 1

-49- E se <un Notaio> sia stato inviato nello stesso luogo contro molti; la stessa cosa, ma nulla è da prelevare dai rei <accusati>.

-50- Il Reverendo signor Vicario tuttavia, stia attento a non mandare i Notai a preparare un processo, eccetto siano i casi più lievi, ma vada egli stesso, o mandi un Commissario con un Notaio a spese di quelli che fanno l’istanza o del Fisco, o della parte.

*<Anno 1581>

.-. Riforma della tassa Pinelliana per il Bargello, per le Guardie, per il custode delle carceri, e per i Balivi della Curia Vescovile Fermana, tanto nelle cause penali, quanto nelle civili, fatta dall’Illustrissimo e Reverendissimo Cardinale di Santa Romana Chiesa sopra le consultazioni dei Vescovi delegati nel giorno 19 Maggio 1581.

1- Il Bargello abbia quel numero di guardie che il signor Vescovo al momento abbia giudicato espediente e abbia un balivo e per la persona di costui un cavallo e lo stesso signor Vescovo assegni per paga mensile alle singole guardie un fiorino e il doppio al Bargello affinché svolgano molto fedelmente il loro officio.

2- Uno solo fra le dette guardie, ad arbitrio del Vicario Generale, faccia la custodia delle carceri e gestisca la loro vigilanza fedelmente.

3- Il Bargello prima che cominci ad esercitare il suo officio presti, nelle mani dello stesso Vicario, il giuramento di esercitare bene e fedelmente il suo ufficio.

4- Inoltre presti una idonea cauzione, tanto per se stesso quanto per la servitù di non eccedere sulla tassa sotto indicata e di sottostare al sindacato alla fine del suo officio davanti ai Sindacatori nominati dal Vescovo o dal suo Vicario.

 – La tassa seguente sia praticata pertanto in tutti i casi, tanto puramente penali, quanto casi misti, come segue

NELLE CAUSE PENALI

5- Il Bargello, nelle cause penali per la cattura di ogni reo, fatta per ordine del Giudice nella Città, o nei suoi sobborghi percepisca in tutto 3 giuli.

6- Fuori dalla Città, in realtà, in tutti i luoghi della Diocesi per cinque miglia, 5 giuli.

7- Ma oltre cinque miglia come paga e per le spese tanto proprie quanto per le guardie, per la vettura del cavallo, per ciascun giorno nel quale probabilmente ad arbitrio del Vicario per la detta cattura gli sia capitato di stare lontano, 10 giuli.

8- E se gli sia capitato di catturare molti, oltre la somma dei detti 10 giuli, il Bargello

 per la rata da pagarsi da tutti insieme non pretenda dai singoli oltre 5 giuli per la loro cattura.

9- Ma per qualcuno trovato in flagranza di crimine e catturato per mero officio, non pretenda nulla, se non per la cattura, secondo le già dette tasse.

10- Quando, in realtà, il Bargello esce per qualche cattura, non possa condurre con sé se non un numero di guardie che deve essere stabilito dal Vicario.

11- Comandiamo inoltre che non si possa catturare qualcuno senza il mandato dal Giudice, se non trovato in flagranza di crimine, né sia valido che ricevano alcunché dai catturati per le catture di tal modo, per mero loro officio, e senza un mandato del Giudice e fatte nella Città o nella Diocesi, se non da quelli che saranno stati trovati realmente colpevoli, perché se sarà capitato che costoro siano assolti, non abbiano nulla, affatto.

12- Il Bargello in una cattura di un qualunque reo, per ordine del Vicario, o per mero officio, <quandanche> il colpevole è trovato in flagranza di reato, o in Città, o nella Diocesi, e inoltre costui sia trovato colpevole, tuttavia per la leggerezza del reato, o per altro giusta causa che muove l’animo del Vicario, venga da graziare e da rilasciare, tanto lo stesso Bargello, quanto i suoi esecutori non possano ricevere realmente nulla, ma solamente ciò che abbia stabilito il Vicario.

13- Al Bargello, se per un ordine della Curia sia capitato di andate a cavallo in qualche luogo della Diocesi per condurre nelle carceri vescovili qualcuno già trattenuto abbia 10 giuli, o in modo diverso come sopra al capitolo 6.

14- Il Bargello per la cattura di qualche testimonio per informazione della Curia, non possa prendere nulla affatto, qualora il catturato in qualche modo non sia stato trovato reo, e allora sia praticata la tassa espressa sopra.

15- Per la ritenzione o la carcerazione di uno che si è presentato spontaneamente, non riceva nulla se non le spese per il vitto, se queste sono somministrate.

   Per la carcerazione di uno trovato nel Palazzo non più che 6 bolognini.

16- Il Bargello, per le reali esecuzioni, tuttavia, contro i condannati in contumacia, per ogni e qualunque sua propria paga e per quella delle guardie, egli prenda un bolognino per ogni libra della somma, purché la sua paga non ecceda venti giuli in tutto e per il fatto stesso detta somma sarà applicata per i luoghi pii, secondo il decreto del Concilio Tridentino, oppure sarà data al Depositario delle pene.

17- Ma se <i Bargello> avrà fatto l’esecuzione al minimo, o per qualche parte soltanto, allora non riceva nulla, o per quella parte sola per la quale l’esecuzione sia stata fatta veramente.

18- Qualora sia capitato, in un caso permesso dalla legge, che il Bargello o le guardie per compilare un inventario con il Fisco o con il Notaio della Curia vescovile che si presenti nella Città o nei sobborghi, abbia un giulio.

19- In verità fuori Città o fuori dai sobborghi, in qualunque località della Diocesi, entro 5 miglia, 3 giuli.

20- Invece oltre le 5 miglia per paga e per le spese, tanto dello stesso Bargello quanto delle guardie e per la vettura del cavallo, se sia stata necessaria, per ciascun giorno durante il quale, essi per compilare tale inventario, abbia dovuto allontanarsi, ad arbitrio del Vicario, 8 giuli.

21- Dichiariamo che tanto il Bargello quanto le sue guardie per un inventario di tal fatta non possano presentarsi, se non per un esplicito mandato del Vicario, quando la presenza di essi sia stata necessaria, e allora vada da solo lo stesso Bargello, o con un tale numero di guardie oppure si presentino le guardie senza lo stesso Bargello, come ad esse dallo stesso Vicario sia stato comandato.

22- Vogliamo tuttavia che il Bargello e le guardie siano obbligati per tutti i beni mobili o semoventi, presi nell’esecuzione, di fare con vocaboli popolari la ‘fede’, le quietanze, o, come le chiamano, le ricevute, in doppia copia, anche quando essi non siano stati richiesti, e consegnare una di queste alla parte nei cui beni sia stata fatta l’esecuzione, l’altra, in realtà, per il promotore della Curia ed anche affinché di tutte le cose e denari ricevuti per la loro paga o a questi stessi presenti o ad altri paganti a nome di quelli, siano obbligati similmente a fare le quietanze per le parti che così le chiedono. A tali quietanze sia prestata fede e costituiscano piena prova contro colui che scrive.

NELLE CAUSE CIVILI

23- Per una esecuzione civile anche se sia al di sotto di un fiorino, il Bargello prenda un bolognino per tutti i singoli fiorini, purché per ogni esecuzione ammontante a qualsiasi somma, qualunque sia la somma o l’importanza, non possa esigere oltre un fiorino.

24- Dichiariamo ed ordiniamo che possa ricevere la detta paga, quando sia stata fatta l’esecuzione in tutto o in parte, con efficacia, e se sia stata fatta in parte, abbia la paga soltanto per quella parte, così come per una esecuzione sola vera e fatta con successo abbia soltanto una sola paga, e così per una vera esecuzione fatta con efficacia riceva soltanto un’unica paga, e qualora, per caso, l’esecuzione non venga fatta assolutamente non possa prendere nulla.

25- Per una esecuzione da parte di qualche braccio secolare stabilita dalla Curia Romana non si pretenda nulla oltre ciò che viene preso per la esecuzione da farsi d’autorità ordinaria, come sopra nel capitolo 23.

26- Per un arresto di qualche carcerato per un debito civile, non percepisca nulla.

27- Per una cattura in forza di un mandato per sospetto di fuga possa ricevere quello che per altre esecuzioni già è stato stabilito sopra.

SUL CUTODE DELLE CARCERI

28- Il custode delle carceri possa prendere non più di 2 bolognini dai singoli carcerati per l’entrata e altrettanto per l’uscita.

29- Per il tempo invece durante il quale fossero stati carcerati non esiga più di 1 bolognino per ogni singolo giorno da ciascuno di essi.

30- E questo venga praticato tanto nelle cause penali quanto nelle civili e in tutte le altre.

SUI BALIVI

31- Il Balivo per la presentazione di qualunque lettera emanata dalla Curia Vescovile e da farsi a qualsiasi persona, possa ricevere nella Città 1 bolognino.

32- Per una citazione, in realtà, fatta a voce in Città, 3 quattrini.

33- In realtà <fatta> fuori dalla Città per ogni miglio 1 bolognino.

34- E se sia capitato di accedere insieme con qualche Commissario, con un Fiscale, con un Notaio della Curia Vescovile, o anche con il Bargello, abbia 2 giuli, e mezzo, dopo conteggiate le spese nei singoli giorni.

35- Invece per il rilascio di qualche carcerato o da una causa criminale, da una mista o spirituale o civile non sia fatto alcun particolare mandato per iscritto con spesa, ma sia sufficiente la sentenza o il decreto del Giudice o un mandato fatto a voce.

36- Inoltre in tutte qualsiasi le esecuzioni, reali e personali, nei singoli casi venga assolutamente applicata la tassa prescritta sopra.

37- Escludiamo invece da tutte le singole paghe del Bargello e degli esecutori le persone povere e quelle che per mero officio, riguardano l’officio e la Curia per qualche interesse pubblico o privato.

38- E se sia capitato di avere dubbi sulla situazione di miserabilità e della povertà di qualcuno ci si attenga al giudizio del Vicario Generale.

39- Le altre cose non comprese o non specificate e quelle che sia capitato che in qualche modo si volgano nel dubbio riguardo alla tassa retro già scritta siano riservate ad una dichiarazione del signor Vescovo o del suo Vicario.

40- Da ultimo vogliamo che tutti i singoli, il Bargello, le guardie, i custodi e i Balivi pratichino inviolabilmente le dette tasse, né  prendano alcunché, neanche minimo, che spontaneamente o in altro qualsivoglia modo sia stato dato, sotto la pena di 50 scuti sul fatto stesso per opera di ogni trasgressore nei singoli capitoli, nelle parti e nelle componenti delle dette tasse, e si debba incorrere in esse, per ogni volta che si sia trasgredito, e sono da assegnarsi ai luoghi e alle opere pie ad arbitrio del detto signor Vescovo o del suo Vicario.

.*. Attesto che tutte le cose dette sopra concordano con i loro originali e per l’autenticità mi sono sottoscritto, e ho apposto il mio sigillo. Io Cesare Speziano Segretario della Congregazione dei detti illustrissimi e reverendissimi signori Cardinali della Santa Romana Chiesa.    Luogo † del sigillo

Furono date al Sig. Teodoro Adamo, oratore della Città Fermana, il giorno 19 del mese di Maggio 1581 del Pontificato del santo Padre in Cristo e Signore nostro Gregorio Papa XIII Anno nono del suo Pontificato.

.*.    Avendo gli illustrissimi e reverendissimi Sigg. Cardinali della sacra Congregazione delle Visite dei Vescovi fare alcune determinazioni, e risoluzioni sopra alcune richieste date per parte della Città di Fermo da capitolo a capitolo, come appaiono nelle scritture autentiche sottoscritte per mano di Monsignor Cesare Spiziano (!) Segretario della detta Congregazione con il solito sigillo, sotto la data del 16 di Novembre 1580 e sotto la data di 9 di Maggio 1581 consegnate a M(esser)  Teodoro Adamo Ambasciatore della Città di Roma li 19 del medesimo, Noi Domenico Pinello per la grazia di Dio Vescovo, e Principe di Fermo abbracciando le dette risoluzioni, e determinazioni, ordiniamo che siano eseguite, e praticate inviolabilmente. E per maggior dichiarazione e specificazione d’alcuni capitoli ambigui, o generali, o per togliere ogni occasione di nuove difficoltà con la presente dichiariamo, diciamo, e ordiniamo:

.-.  Sopra il capo della Tassa delle mercedi rivista e corretta dalla sacra Congregazione, ordiniamo che si stampi, si pubblichi, e se ne mandino copie in ciascuna Terra e luogo della Diocesi, acciò dopo pervenuta in notizia sia praticata, sotto la pena imposta nel cap. 40 che inizia “Infine vogliamo” e sotto altre pene maggiori, a nostro arbitrio.

.-. Al secondo <cap.> delle pene dei reati per l’esecuzione di detto rescritto noi dichiariamo Depositario delle dette pene e dopo che queste sono pervenute in mano sua, si debbono assegnare secondo la forma di detto rescritto.

.-. Al quarto <cap.> nei casi di fornicazioni, adulteri, stupri, e simili, avendo i suddetti illustrissimi nel Rescritto “Sia praticata la consuetudine” non essendo difforme la Costituzione della Marca lib.4 cap.69 e seguenti, rispetto al Canone del Concilio Tridentino Sess.24 cap.8 e sess.25 cap.14 dichiariamo, e ordiniamo che detta Costituzione praticata in antico in questo Vescovato, sia praticata inviolabilmente per l’avvenire, e non si possano formare processi in casi simili, contro la forma di detta Costituzione. E se si facesse in altro modo, i processi siano nulli, e si debbano cancellare gratis, e il Cancelliere possa esser sindacato su ciò, sotto la pena ad arbitrio dei sindacatori.

.-. Al settimo<cap.> gli Officiali debbano stare a sindacato alla fine del loro officio dichiariamo, e ordiniamo, che i Cancellieri e i sostituiti prima che prendano il loro officio debbano giurare in mano del nostro Vicario di esercitare bene e fedelmente il loro officio, e ugualmente dare idonea sicurtà de non eccedere la detta Tassa, e di stare al sindacato alla fine del loro ufficio, come deve ancora starci il Bargello per sé, e per i suoi collaboratori, secondo la determinazione fatta dalla sacra Congregazione nella riforma della Tassa di questo Bargello sotto la data di 9 di Maggio 1581 capp. 3 e 4. E la forma di questo sindacato sarà la seguente, cioè:

FORMA DEL SINDACATO

   I Sindacatori debbano essere il nostro Vicario, e un Cittadino Dottore da nominarsi dai Magnifici Sigg. Priori della Città nel tempo.

   Si intimi per tutta la Diocesi per mezzo di pubbliche lettere patenti il sindacato di questi Officiali, stabilendo prima il giorno quando ha da cominciare, dopo il ritorno delle dette patenti.

   Detto sindacato duri otto giorni, cioè cinque per dare le querele, e tre per giustificare, e risolvere; e in questi risultati, s’intendano detti Officiali assolti quando altrimenti non vengano condannati.

    Sulla sentenza da farsi da questi Sindacatori non si possa fare appello, né domandare ricorso, e appellandosi, anche per via del ricorso, non lo si ammetta se prima effettivamente non paga quanto sarà condannato, e in tale caso quello a favor del quale sarà data la sentenza debba fare un attuale deposito da restituirsi in caso di soccombenza.

   All’ottavo <cap.> la sacra Congregazione ha rescritto: “Si pratichi la consuetudine che si praticava prima della venuta dell’attuale Vescovo”. Noi informati di detta consuetudine per mezzo di testimoni degni di fede, e per mezzo di libri di questa Città non trovando altro in contrario nei libri del Vescovato, dichiariamo la detta consuetudine essere stata ed essere che il Capitolo dell’appello degli officiali dei ‘danni dati’ e straordinariati della Città e i Vicari del suo Stato hanno proceduto e procedano in simili cause secondo la detta domanda fatta. E per osservanza di setta consuetudine e di detto rescritto dichiariamo, e ordiniamo, che per l’avvenire ai detti Capitoli e Officiali di ‘danni dati’, e straordinariati, e officiali dello Stato non si inibisca, né si dia in nessun modo un impedimento. Né si possa vietare a persone Ecclesiastiche il poter far accuse nei casi simili innanzi ai detti Capitoli e Officiali e sia lecito a loro di poterle fare senz’altra nostra licenza. E questa licenza per il presente si concede indifferentemente a tutti, come dispone il Canone “Se un chierico … laico, fuori dal foro <giudiziario> di competenza”.

   Al nono <cap.> per mezzo di lettere ai Vicari Foranei hanno rescritto: “Non siano tolte le pene consuete” dichiariamo le pene solite essere le pene solite da pagarsi dai laici secondo la forma degli statuti, e secondo le delibere della Città, e delle Terre e dei luoghi della Diocesi.

   All’undicesimo <cap.> riguardo al viaggio che farà il Magistrato della Città con noi per accompagnarci, ordiniamo che si osservi tutto quello che l’Illustrissimo Cardinale Maffeo d’ordine del Signore Nostro ha scritto su ciò per mezzo di una sua <lettera> sotto la data di 9 di Maggio 1581, il contenuto della quale è questo.

= Copia della lettera scritta dall’Illustrissimo Sig. Cardinale Maffei =

.-.   A monsignor Vescovo di Fermo.  –  Molto Reverendo Sig. come fratello.

   Nelle risoluzioni che furono fatte in questa Congregazione sopra le di(vergenze) che erano tra Vostra Signoria e la sua Città e mandate qua un tempo fa, ve n’era una dell’undicesimo Capitolo spettante l’accompagnare il Vescovo come fanno i Priori, e fu detto che si praticasse quello che aveva ordinato il Signore Nostro. Ora l’Ambasciatore della Città ha fatto istanza a Sua Beatitudine per avere in iscritto la mente sua in quella materia, conforme all’osservanza che già era introdotta, contro la quale appariva una lettera della Congregazione del Concilio scritta d’ordine di Sua Santità prima dell’ultima risoluzione fatta in favor dei Priori. Ed essendo parsa al Signore Nostro la dimanda giusta, mi ha dato commissione che io scriva a Vostra Signoria che, nonostante qualsivoglia lettera in contrario, permetta che i Priori quando essi vogliono venire ad accompagnarla, vadano avanti di lei, oppure di dietro, come più a loro piacerà, perché essendo questo un atto volontario e di cortesia, Sua Santità non vuole che si faccia loro violenza alcuna, e così dovrà eseguire Vostra Signoria a cui mi raccomando con tutto il cuore. Da Roma li 9 Maggio 1581.

.-. Questa copia concorda con i suoi originali, e per fede ho messo la mia firma, ed ho apposto il mio sigillo oggi 22 Maggio 1581. Così è Cesare Speziano Segretario. \ Sigillo.

Quanto poi ai Capitoli 3; 5; 6; 10; 12 e 13, e ai rescritti dei detti Illustrissimi e Reverendissimi Sigg. Cardinali, per ciascuno di questi dichiariamo, vogliamo e ordiniamo, che si pratichino con precisione inviolabilmente, sotto le pene contenute in dette risoluzioni, e altre maggiori a nostro arbitrio.-.

Così diciamo, dichiariamo, stabiliamo e ordiniamo: Io Domenico Pinelli Vescovo Fermano. Data a Fermo sotto il giorno 29 Dicembre 1581.  Luogo † del sigillo      Aldovrandino Concetti Segretario

***

Stampato a Fermo presso Sertorio De Montibus. 1589.

<  dal latino elaborata da Albino Vesprini, e Carlo Tomassini –    F I N E – Lode a Dio><  Traduzione dal latino elaborata da Albino Vesprini, e Carlo Tomassini –    F I N E – Lode a Dio>

<  Traduzione dal latino elaborata da Albino Vesprini, e Carlo Tomassini –    F I N E – Lode a Dio>

Medioevo

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