STORIA AMMINISTRATIVA E URBANISTICA A FALERONE DAL 1491 AL 1757 dalle notizie del governo di Fermo

NOTIZIE SULL’AMMINISTRAZIONE COMUNALE DI FALERONE collegata a Fermo
1491 -1757
I documenti qui riferiti riguardano alcune delle autorizzazioni che l’autorità amministrativa della città e governo dello Stato di Fermo, secondo gli Statuti dei castelli fermani, concedeva per le richieste presentate dalle Comunità locali al Consiglio di Cernita.
Per Falerone vengono riferite una quarantina di richieste approvate nel periodo di tempo negli anni dal 1491 al 1757. L’autore di queste sintesi, l’avvocato fermano Giuseppe Nicola Erioni difendeva la città contro le rivalse di indipendenza espresse dai castelli sottomessi che lamentavano di essere oberati nelle spese o tasse fermane.
Per un’indicazione molto sintetica dei contenuti degli atti basti accennare alle richieste per le riduzioni delle pene, più spesso per le opere murarie di privati sulle muraglie del castello e su alcuni torrioni, o ponte o scalinata.
L’autorità comunale esercitava la facoltà privativa nello scegliere il fornaio, il mugnaio, l’oste, il cancelliere, l’esattore locale e altri incarichi e ciò comportava la redazione di capitolati sottoposti all’approvazione Fermana.
Il Vicario che la città teneva nel castello per la durata di sei mesi, veniva talora proposto dai massari locali che erano ascoltati. Era facilitata la pacificazione tra i castelli confinanti in discordia, e scrivevano gli accordi fatti tra di loro.
Traduzioni dal volume: RATTA “ Summarium. Firmana concessionum” “Pro Illustrissima Civitate Firmi. Contra Castra Comitatus Firmi” Roma 1768. Autorizzazione chieste da Falerone a Fermo da pag. CCXVII a CCXXVIII.
01- Alcune persone di Falerone inviarono al Consiglio di Cernita delle città di Fermo la loro richiesta di grazia a favore di Amellini Cicco, faleronese, che, con l’aiuto di suo nipote Piero Marini, aveva falsificato un testamento scritto da un notaio, per cui erano stati condannati a pagare 300 libbre di denari e a subire il taglio di una mano. Il Consiglio di Cernita, il 10 maggio 1491, accoglieva la richiesta di non fare loro l’amputazione della mano, ma che pagassero altra penalità di 100 ducati aurei, somma destinata a costruire le mura fortificare il castello di Acquaviva.
\ 02- Inoltre l’autorità Fermana accolse la richiesta di Giovanni di Nicola Pauluzzi e di Giovanni di Nicola Petitti, faleronesi, condannati per falsa testimonianza nel testamento redatto dal notaio Ser Domenico, alla penalità di 100 libbre di denari e di portare la “mitria” secondo la legge degli statuti. Il consiglio fermano toglieva la condanna della “mitria” pagando ciascuno di essi 50 fiorini di monete al Comune di Fermo, somma destinata parimenti a fortificare la rocca di Acquaviva.
\ 03- Altra condanna riguardava il faleronese Antonio di Domenico che il giudice Nicola, podestà predecessore, aveva condannato alla morte per l’omicidio contro Venanzio Bernabei, faleronese, che aveva preso 12 alberi in un suo terreno. Il Consiglio di Cernita decise di commutare la pena con pagamento di 100 ducati al Comune.
\ 04- Nella Cernita del 4 ottobre 1532 fu deliberato sulla richiesta di Marino di Arcangelo, faleronese, condannato dal vice podestà Domenico Picenio alle pene della fustigazione e del taglio di un orecchio per il furto commesso nella casa di Domenico di Jacopo da Monsampietro Morico, ove rubò una vacca con vitello, valore di 45 fiorini in tutto. Fu commutata la pena con pagamento di 25 fiorini in contanti.
\ 05- Il Consiglio fermano di Cernita, in data 23 febbraio 1601, deliberava sulla richiesta di Vincenzo Bertucci, faleronese, per la concessione di uso un torrione. Veniva esaudito, ma con l’onere dei lavori di restauro e il dominio di questo torrione restava al Comune di Fermo.
\ 06- Il Consiglio fermano, in data 18 maggio 1601, accoglieva la supplica di maestro Simone da Falerone che chiedeva di costruire una scala in un vicolo chiuso, per fare un ingresso alla sua abitazione. Veniva autorizzato a condizione che non ci fosse danno per i vicini.
\ 07- Il giorno 10 maggio 1602 Conferma alla Comunità di Falerone, che aveva fatto i capitoli della locazione dell’appalto del pubblico mulino.
\ 08- Il 22 gennaio 1616 Conferma fermana per i capitoli sopra il forno e per il decreto presentato dai deputati faleronesi contro chi causasse danni al fiume Salino, con la penalità per ogni volta, di cinque fiorini per chi causasse danni al Salino.
\ 09- Il Consiglio di Fermo, il 16 aprile 1616, dava conferma ai capitoli scritti dai deputati faleronesi con gli appaltatori dei mulini della Comunità di Falerone.
\ 10- Il 22 febbraio 1616 il Consiglio fermano approvava la nomina per Ieronimo Sinfonio da Falerone, a Vicario fermano a Mogliano, nei prossimi sei mesi, perché aveva esercitato l’ufficio con fedeltà e diligenza.
\ 11- Il 16 giugno 1617 Fermo accoglieva la supplica Sestilio di Catervo di Falerone per costruire di nuovo un ponte nelle muraglie del castello per comodità della sua casa. I Priori e Regolatori di Fermo davano incarico ad un cittadino per vedere il luogo in modo che non vi fosse alcun pregiudizio del pubblico o del privato.
\ 12- Fermo confermava i capitoli degli appalti del forno di Falerone erano stati aggiornati dai deputati faleronesi e il 20 gennaio 1621.
\ 13- Il 5 agosto 1621, la Cernita deliberava a favore di due richiedenti: per i torrioni e altre muraglie castellane. Diomede Amici da Falerone chiedeva gli fosse concesso un torrione scoperto esistente presso un suo orto, contiguo alle mura castellane e si offriva a coprirlo. Il capitano Sacripante Saraceni da Monte Vidon Combatte chiedeva la licenza di poter alzare il torrione del forno contiguo alle sue case al livello di queste. Per evitare pregiudizio al pubblico, e ai privati era stato incaricato Valerio Sanfonio. Faceva obbligo che li mantenessero a loro spese con riservata giurisdizione di Fermo che la esercitava in occasione di guardie o altri bisogni.
\ 14- Il 19 agosto 1622 la Cernita di Fermo accolse la domanda rinnovata da Diomede per la concessione di un torrione antico diroccato e scoperto, contiguo al suo orto, offrendosi lui ad accomodarlo a sue spese, con patto di darlo alla Comunità di Falerone per ogni bisogno del castello.
\ 15- La licenza di fare una cisterna nelle mura castellane fu data da Fermo il 22 luglio 1624 a Giacomo Arcangeli da Falerone, con la relazione fatta da Ludovico Savini sul fatto che non vi era danno alcuno.
\ 16- Il Consiglio fermano accoglieva la richiesta di conferma della nomina del Vicario fermano a Falerone per messer Andonezzo Andonezzi, il 27 agosto 1627.
\ 17- La Cernita, in data 27 agosto 1631, accoglieva la supplica di Giacomo Arcangeli da Falerone di poter alzare una muraglia per circondare il sito contiguo alla sua casa. Valerio Sanfoni era incaricato per un sopralluogo in modo che il muro fosse alto tanto che non vi si potesse salire sopra.
\ 18- La Cernita del 10 settembre 1631 approvava una delibera con cui la Comunità di Falerone aveva risoluto in parlamento che nessun Massaro potesse proporre alcun Vicario per riforme a Falerone sotto pena della privazione dell’ufficio e penalità di scudi 10.
\ 19- Approvazione Fermana ai Massari di Falerone, il 28 dicembre 1632, per la surrogazione dei consiglieri locali assenti o impediti. Il giorno 26 si era fatta l’estrazione dei nomi dei Massari. Il capo Massaro era malato e degli altri tre suoi compagni due erano assenti ed uno abitava in campagna. Ottennero di poter fare un’altra estrazione.
\ 20- La Cernita confermava il 31 agosto 1632 i capitoli della Comunità di Falerone sopra il forno del pane venale, rivisti dai deputati. Confermato Quirino Massi.
\ 21- Sostituzione del Vicario di Falerone in data 18 novembre 1633 a seguito della rinuncia presentata da Ser Gio. Battista Severino, allora Vicario che doveva assentarsi a motivo di una lite che egli aveva a Roma. Il Magistrato Fermano provvedeva a sostituirlo.
\ 22- Messer Giacomo Arcangeli da Falerone presentò la domanda per la licenza di poter fabbricare una grotticella per uso di conservare i suoi vini dentro la casa in questo castello, occupando per una “canna” circa sotto terra verso la piazza della Comunità. La relazione fu fatta da Urelli Rosati. Il 3 febbraio 1634 la licenza gli veniva accordata con obbligo di risarcire eventuali danni.
\ 23- I deputati di Falerone avevano rivisto i capitoli con il cancelliere e con l’esattore locale. Il 24 settembre 1636 ne ebbero conferma dalla città di Fermo.
\ 24- Ricevuta la richiesta dei Massari e della Comunità di Falerone, che voleva fare il macello in un sito di fortificazione della muraglia comunale, il 4 aprile 1637 la Cernita fermana faceva fare il sopralluogo per decidere.
\ 25- Su richiesta della Comunità di Falerone per ottenere la conferma di messer Antonio Adonolfi a Vicario nell’ufficio di Vicario di Falerone, il Consiglio fermano lo approvò il 20 febbraio 1637.
\ 26- Ser Gio. Battista Antici di Montottone, Vicario fermano di Falerone, ottenne incarico sostituendo Ser Ancideo Pioranetti nello stesso vicariato, in data 28 settembre 1638.
\ 27- Il 2 novembre 1639 la Cernita approvò la richiesta di far permutare gli uffici di vicariato, quando messer Giuliano Capeccio da Monte Vidon Corrado era Vicario al Loro Piceno e messer Giovanni Doria Vicario di Falerone, nel semestre passato e si scambiarono le sedi per il semestre successivo.
\ 28- La richiesta fatta dalla Comunità di Falerone di ultimare ed accomodare le strade pubbliche del suo territorio, fu esaminata il 14 dicembre 1639, con delibera di far agire i Massari e il Vicario di Falerone ed eseguire i lavori nella larghezza delle strade secondo gli statuti.
\ 29- Tra Falerone e Penna San Giovanni erano nati screzi poi si erano accordatii con capitoli e convenzioni in forma scritta. Il Consiglio fermano li approvò il 29 aprile 1639.
\ 30- Il 2 gennaio 1640 Consiglio della città di Fermo concedeva licenza ai sindaci di Falerone per fare un foro nelle muraglie, con obbligo di rimurarlo entro 10 mesi nella stessa forma attuale.
\ 31- La Cernita il 18 maggio 1641 confermava i capitoli con l’oste, presentati dalla Comunità di Falerone.
\ 32- Il Consiglio Fermano il 28 dicembre 1643 confermava i capitoli fatti dalla Comunità mdi Falerone con l’ufficio dei danni dati, tramite i suoi deputati.
\ 33- Il 18 marzo 1645 furono confermati da Fermo i capitoli che la Comunità di Falerone aveva fatti, tramite i deputati, con l’oste locale.
\ 34- Alcune Comunità, tra le quali anche Falerone, erano state condannate dall’autorità Fermana perché non avevano fatto presentare i balivi per dare sicurtà di riportare i malefici, chiesero di ottenere il condono il 28 aprile 1645.
\ 35- Il 18 agosto 1645 l’autorità Fermana, dato che la Comunità di Falerone chiedeva la licenza per fare una stanza per il macello, dispose che si procedesse con il sopralluogo.
\ 36- Messer Giuliano Capecci chiese di poter sostituire nel Vicariato di Falerone suo nipote messer Giacinto Perozzi e l’autorità Fermana glielo concesse il 27 ottobre 1655.
\ 37- I sindaci del monastero femminile di Falerone, nel ricostruire il loro monastero avevano necessità di introdurre i materiali necessari e gettar fuori il terriccio, per cui chiedevano di aprire una porticella nelle muraglie del castello. Il 22 aprile 1672 l’autorità Fermana autorizzava quest’apertura con obbligo di richiuderla al compiersi dei lavori, entro sei mesi.
\ 38- Il Consiglio della Comunità di Falerone aveva deliberato di proibire ai massari locali di proporre nei parlamenti o nei consigli ogni memoriale dei danni dati nella Selva della Piaggia e negli altri beni comunali sotto precisate penalità. L’autorità fermana in data 11 dicembre 1676 confermava questo decreto faleronese stabilendo che le somme delle penalità fossero devolute a favore del mantenimento delle campane del Duomo diocesano.
\ 39- Il Consiglio Fermano faceva ingiunzione, il 30 maggio 1704 alla Comunità di Falerone di dover stipulare l’strumento per il concordato con i gabellieri di scudi quattro all’anno in perpetuo per la gabella in occasione delle due fiere annuali concesse dal sovrano. Il magistrato Fermano con i regolatori decideva di stipulare questo istrumento conforme a quello praticato con altri castelli.
\ 40- Per la festa dell’Assunta, il 15 agosto 1745, la Comunità di Falerone inviava il suo Cancelliere con la solita offerta ad effetto di assistere alla pubblica cavalcata.
\ 41- Il 3 ottobre 1757 l’autorità fermana concedeva un sito richiesto dai Frati Francescani Conventuali di Falerone per una porta da farsi nelle mura del castello. Prima di procedere ai lavori i Massari avrebbero esaminato il sito più adatto e l’estensione della nuova porta.
….Digitazione di Vesprini Albino

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BLASI MARIO PARROCO S. MARIA EVANGELIZZA DOMENICA XIX B VANGELO Gv 6

XVIII DOMENICA ORDINARIA (Gv6,24-35)

S.Lidia

“Voi mi cercate perché vi siete saziati… procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna “.

L’uomo, per vivere con dignità, non solo ha bisogno del pane fatto dalle sue mani, che alimenta la sua vita passeggera, ma ha anche bisogno del Pane della vita: Gesù. Egli solo alimenta la vita definitiva. Gesù è il Pane della vita e questo Pane lo dona a chi gli dà adesione piena. Egli è l’Uomo sul quale il Padre ha messo il Suo sigillo.

Il Pane di Gesù non è come la manna che gli ebrei mangiarono lungo il cammino del deserto: la manna manteneva la vita che perisce.

Gesù dona un Pane di origine divina che supera la morte.

La gente socialmente debole va da Gesù e a questa gente Gesù promette un Pane che appaga la vera fame dell’uomo. Gesù esorta la gente ad avere l’alimento per la vita terrena e quello che dura senza fine.

Il Pane che dona Gesù contiene il Suo Amore e sviluppa e costruisce e realizza la vita piena.

L’alimento procurato con la fatica dell’uomo finisce, l’alimento di Gesù dona la vita che non muore. Porre tutta la speranza nel pane donato dal lavoro dell’uomo significa negare all’uomo la dimensione dello spirito, significa ridurlo alla carne e accettare la propria distruzione.

“Io sono il Pane della vita “.

Gesù è il Pane che dona la vera vita. Egli è il dono continuo di Dio; dono che sazia la fame di ogni uomo; dono dell’Amore di Dio che abbraccia l’uomo intero. Solo Gesù dà la vita definitiva, piena, unica, degna dell’uomo. L’uomo si realizza tramite l’adesione a Gesù. Gesù come Pane divino assicura il successo della liberazione dell’uomo che, per suo mezzo, sfugge alla morte.

Gesù, come Pane, comunica all’uomo fin da ora la vita propria del mondo definitivo. Solo con Gesù l’uomo evita il fallimento e raggiunge la meta.
(da J.Mateos/J.Barreto)

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BLASI MARIO PARROCO SANTA MARIA EVANGELIZZA domenica XVIII B Gv 6,24ss

XVIII DOMENICA ORDINARIA (Gv 6,24-35)

“Voi mi cercate perché vi siete saziati… procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna “.

L’uomo, per vivere con dignità, non solo ha bisogno del pane fatto dalle sue mani, che alimenta la sua vita passeggera, ma ha anche bisogno del Pane della vita: Gesù. Egli solo alimenta la vita definitiva. Gesù è il Pane della vita e questo Pane lo dona a chi gli dà adesione piena. Egli è l’Uomo sul quale il Padre ha messo il Suo sigillo.

Il Pane di Gesù non è come la manna che gli ebrei mangiarono lungo il cammino del deserto: la manna manteneva la vita che perisce.

Gesù dona un Pane di origine divina che supera la morte.

La gente socialmente debole va da Gesù e a questa gente Gesù promette un Pane che appaga la vera fame dell’uomo. Gesù esorta la gente ad avere l’alimento per la vita terrena e quello che dura senza fine.

Il Pane che dona Gesù contiene il Suo Amore e sviluppa e costruisce e realizza la vita piena.

L’alimento procurato con la fatica dell’uomo finisce, l’alimento di Gesù dona la vita che non muore. Porre tutta la speranza nel pane donato dal lavoro dell’uomo significa negare all’uomo la dimensione dello spirito, significa ridurlo alla carne e accettare la propria distruzione.

“Io sono il Pane della vita “.

Gesù è il Pane che dona la vera vita. Egli è il dono continuo di Dio; dono che sazia la fame di ogni uomo; dono dell’Amore di Dio che abbraccia l’uomo intero. Solo Gesù dà la vita definitiva, piena, unica, degna dell’uomo. L’uomo si realizza tramite l’adesione a Gesù. Gesù come Pane divino assicura il successo della liberazione dell’uomo che, per suo mezzo, sfugge alla morte.

Gesù, come Pane, comunica all’uomo fin da ora la vita propria del mondo definitivo. Solo con Gesù l’uomo evita il fallimento e raggiunge la meta.

(da J.Mateos/J.Barreto)

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BLASI PARROCO DON MARIO EVANGELIZZA DOMENICA XVII B CHIESA SANTA MARIA

XVII DOMENICA ORDINARIA (Gv 6,1-15)

“C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci”.

Con la condivisione dei pani, Gesù manifesta la Sua straordinaria bontà per i bisognosi.

Quando c’è la condivisione sincera, il pane non manca a nessuno.

La nostra Madre Chiesa ha il compito di rendere visibile la generosità di Gesù attraverso la generosità dei Suoi figli.

La Chiesa dona la vita di Cristo a tutti, vita che si esprime e si celebra nell’Eucaristia.

La folla, vedendo che Gesù comunica vita ai deboli, ha nel cuore la speranza che Egli la comunichi a tutti: vita più umana.

Quelli che accorrono a Lui sono economicamente e socialmente deboli. Essi comprendono che Gesù li può aiutare ad uscire dalla loro miseria. Seguono Gesù, non solo perché hanno bisogno della guarigione fisica, ma hanno anche nel cuore una speranza nuova. Tutti vanno a Lui spontaneamente.

Colui che ha in sé la vita e la promette e ne dispone, si preoccupa di tutto ciò che è necessario per vivere. Gesù, per sfamare la folla, si serve di un ragazzino che dona tutto quello che possiede. Il poco pane lo dona. Gesù non si sostituisce al ragazzo, ma chiede la sua collaborazione. Il ragazzo è simbolo della Chiesa che ha pochi mezzi per sfamare la gente.

“La comunità di Gesù si presenta quindi davanti al mondo come un gruppo socialmente umile, senza alcuna pretesa di potere, né di dominio, dedito al servizio degli uomini”.

“Fateli sedere “.

Gesù ordina che tutti siano adagiati sull’erba come uomini liberi (al tempo di Gesù gli uomini liberi mangiavano adagiati). I discepoli devono dare a tutti gli uomini la coscienza della loro dignità.

Nel luogo dove si trova Gesù, risplende la gloria di Dio, cioè il Suo Amore.

Gesù è Colui che manifesta la bontà di Dio tra gli uomini. Solo l’Amore di Gesù accolto e ridonato conduce l’uomo allo sviluppo pieno. Gesù solo rende l’uomo pienamente libero e adulto.

(da J.Mateos/F.Camacho)

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BLASI DON MARIO EVANGELIZZA XVI DOMENICA B CHIESA SANTA MARIA

XVI DOMENICA ORDINARIA (Mc 6,30-34)

“Venite in disparte, in un luogo solitario e riposatevi un po’ “.

Gesù accoglie i discepoli ritornati dalla missione. Essi lo informano sulla loro attività. Gesù, dal loro racconto, comprende che essi non hanno assimilato il Suo insegnamento. Hanno proclamato cose per le quali non avevano ricevuto l’incarico; hanno limitato la loro attività al territorio e ai circoli ebraici. Hanno proposto il nazionalismo ebraico.

“Il compito per cui erano stati inviati era invece molto diverso: entrare in contatto con ogni tipo di persona. Essi non hanno eseguito le Sue indicazioni. Al loro ritorno Gesù non si è congratulato con loro, non dà ad essi nessun segno di approvazione e nemmeno fa cenno dell’attività da loro svolta. I dodici, infatti, hanno falsato il Suo messaggio chiudendo la porta ai pagani del Suo insegnamento”.

Essi, dunque, hanno la necessità di assimilare il messaggio di Gesù. Questo è reso vano dal continuo traffico di persone. C’è bisogno di una sosta per riflettere e per stare con Lui e assimilare così il Suo insegnamento.

“Si mise ad insegnare loro molte cose “.

“Gesù prefigura un mondo nuovo, molto diverso rispetto a quello che i Suoi contemporanei potevano immaginare: un mondo di fratellanza tra i popoli dove scompaiano gli odi razziali e religiosi, una società fraterna, solidale e creativa. Gesù vuole condurre gli uomini tutti alla pienezza della vita. Per realizzare tutto ciò Egli è disposto a dare la vita. Per realizzare il Regno di Dio, cioè una nuova società umana, è necessaria la collaborazione responsabile dell’uomo. L’uomo deve cioè aprire il suo cuore al dono dell’amore di Dio.

Lo Spirito dell’amore di Cristo accolto trasforma l’uomo in una creatura nuova. Gesù crea l’uomo nuovo cancellando il suo passato peccaminoso, immettendo nel suo cuore il Suo Amore e la Sua Vita”.

Gesù dona a tutti il Suo Amore. L’uomo è chiamato solo ad accoglierlo. Amore che non è limitato ad un popolo solo, ma a tutti i popoli.

Gesù dona il Suo Amore a chi è disposto a cambiare la vita peccaminosa e si impegna a creare una società giusta.

(da J.Mateos/F.Camacho)

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BLASI DON MARIO PARROCO EVANGELIZZA XV DOMENICA B chiesa Santa Maria

XV DOMENICA ORDINARIA (Mc 6,7-13)
“Gesù chiamò i dodici e incominciò a mandarli a due a due “.

Gesù invia i Suoi discepoli a due a due per i villaggi vicini perché comunichino a tutti il Suo messaggio di vita. Essi sono chiamati per servire tutti senza pregiudizi; devono testimoniare quale sia l’attività di Gesù. Non devono predicare o proclamare il messaggio, ma viverlo. Devono esortare gli uomini a cambiare vita; devono avere con tutti un rapporto sincero senza differenze.

Attraverso il contatto umano devono donare l’amore di Gesù agli uomini di ogni luogo e cultura. Non devono chiudersi in se stessi, ma devono essere aperti al servizio di tutti. Devono cioè portare ad ogni persona, senza pretese di superiorità, il messaggio di Gesù.

Gesù invia i Suoi discepoli a tutti senza pretese di alcun tipo. Per il viaggio, infatti, non devono avere nulla. Non devono essere autosufficienti, ma devono dipendere dalla bontà degli altri. Devono avere fiducia di tutti. Vanno sprovvisti di tutto per la fiducia negli altri. Essi devono constatare l’esistenza di persone accoglienti al di là di ogni religione e devono accettare ciò che offrono loro.

L’accoglienza dei poveri è la prova dell’amore disinteressato. Attraverso la condotta dei poveri devono capire qual è il messaggio di Gesù: uguaglianza, fraternità, solidarietà fra tutti gli uomini, al di là delle defferenze culturali e religiose. I discepoli devono capire che Dio vuole portare alla pienezza di vita ogni persona senza distinzione. Dio è Padre dell’umanità intera e il Suo amore deve essere trasmesso a tutti gli uomini.

“Se non vi ascolteranno, andatevene “.

Il messaggio di Gesù va proposto con amore, ma mai imposto.

I discepoli non devono imporre la loro presenza, ma devono rispettare la libertà degli altri e non devono polemizzare con chi li rifiuta.

Il messaggio di Gesù è per il bene dell’uomo, ma chi lo rifiuta si allontana dall’amore di Dio e va verso la rovina.

(da J.Mateos/F.Camacho)

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BLASI DON MARIO PARROCO EVANGELIZZA NELLA XIV domenica B. a Santa Maria

XIV DOMENICA ORDINARIA (Mc 6,1-6)

“Che sapienza è mai questa che gli è stata data? E questi prodigi compiuti dalle sue mani? Non è costui il carpentiere? “.

Gesù ha terminato la Sua predicazione in Galilea. Ha annunciato una Nuova Alleanza basata sulla libertà e sull’Amore. Ha esposto in parabole il segreto del Regno di Dio. Ha offerto una nuova vita agli oppressi.

Molti hanno aderito alla Sua persona, ma non hanno aderito ancora al Suo messaggio.

L’insegnamento di Gesù impressiona l’uditorio.

E’ un sapere nuovo, la sua novità rende sospetta la sua origine.

L’insegnamento di Gesù nella Sua terra non produce l’effetto prodotto a Cafarnao: Gesù perde prestigio.

Il popolo sa che Gesù non è un rabbino, né ha frequentato alcuna scuola che lo abbia abilitato all’insegnamento. Non è un intellettuale né ha fatto studi ufficiali. Tutti pensano che la dottrina di Dio si studia nelle scuole rabbiniche. Gesù non le ha frequentate. Egli è solo un artigiano, non offre alcuna garanzia. Tutti conoscono il suo mestiere, la sua madre. E’ figlio di Maria. Gesù viene identificato in base alla relazione con la madre e non con il padre, come era uso fare. L’appellativo di figlio, non solo implica la generazione, ma anche la somiglianza con il padre. Gesù non segue l’insegnamento del padre, cioè quello della tradizione della sua famiglia, che è simile a quella degli ascoltatori. Tutti si scandalizzano perché Gesù osa sfidare il centro dell’istituzione religiosa, mettendo in discussione la dottrina e gli ideali.

“Un profeta non è disprezzato che nella sua casa “.

Gesù si definisce profeta. Egli parla e agisce in nome di Dio che lo ha incaricato a comunicare un messaggio nuovo. Il Suo messaggio non dipende dal sapere umano, ma proviene da Dio.

Egli deve rivelare la grandezza dell’Amore di Dio per gli uomini. Gli uomini, però, si dimostrano ostili alla persona e all’opera di Gesù.

Gesù non può far nulla. Il rifiuto dell’uomo blocca l’efficacia dell’amore di Dio. (da J.Mateos/F.Camcho)

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SERVIGLIANO Notizie sulle conferme del governo di Fermo alle delibere comunali serviglianesi anni 1600- 1743

SERVIGLIANO – NOTIZIE SULL’ANTICA AMMINISTRAZIONE PER LE LICENZE CHE FURONO AUTORIZZATE DAL CONSIGLIO DELLO STATO DI FERMO. ANNI 1600-1743.
Sintesi dal volume: RATTA, “Summarium. Firmana concessionum …. Roma 1768, pp.401-405 e 456. Documenti forniti da ERIONI Giuseppe Nicola
-Anno 1600 dicembre 15. Il capitano Ballitto otteneva licenza di vendere il terreno di 12 salme di semina a confine con le terre del cavaliere Giovanni Pauli nobile, con facoltà per gli acquirenti forestieri.
-Anno 1607 gennaio 26. Gaspare Micone otteneva i capitoli per gestire il pubblico forno del pane.
-Anno 1616 agosto 5. Adanolfo Adanolfi, assente in precedenza, otteneva di essere inserito nel bussolo per gli incarichi.
-Anno 1617 marzo 13. La fiera di Servigliano era prolungata dal sabato santo 25 marzo al mercoledì dopo Pasqua .
-Anno 1619 giugno 3. Decreto del Comune di Servigliano per le pene contro gli usurpatori dei beni della comunità serviglianese.
-Anno 1622 marzo 16. Prolungata la fiera dal Sabato Santo (26 marzo) al giovedì dopo Pasqua < sei giorni>.
-Anno 1631 agosto 27. La comunità di Servigliano otteneva la conferma del vicario ser Marino Consolino.
-Anno 1637 settembre 18. Coriolano Simonetti, notaio, otteneva di essere inserito nel bussolo dei notai per l’ufficio di vicariato.
-Anno 1638 marzo 29. La fiera del Piano a Servigliano si prolungava al 13 aprile.
-Anno 1643 aprile 20. Confermati i capitoli del Comune di Servigliano per il macellaio.
-Anno 1673 giugno 23. Gli eredi di Battista di Felice costruivano sopra il torrione comunale che dovevano restaurare a loro spese.
-Anno 1675 aprile 19. Nicola di Cunio otteneva la licenza di costruire una piccola casa sopra le mura castellane serviglianesi con relazione fatta dal capitano Pavolo Emilio Monti.
-Anno 1678 marzo 12. Le terre della possessione dei signori Morelli da Sarnano, a Servigliano in contrada Piani e Molino, venivano acquistatela Cesare Manardi da Amandola, con autorizzazione del Consiglio fermano. Si faceva obbligo di pagare le tasse.
-Anno 1682 gennaio 20. Don Giuseppe Mancino da Servigliano otteneva il sito per fabbricare ampliando la propria abitazione con relazione fatta da Ludovico Graziani.
-Anno 1691 luglio 5. Autorizzazione pubblica per il capitano Iacomo Filippo Gualtieri.
-Anno 1691 agosto 9. Il capitano Giacomo (o Iacomo) Filippo Gualtieri otteneva l’uso del torrione da restaurare presso le mura castellane vicino alla sua casa con relazione di Antonio Maria Adami.
-Anno 1709 luglio 4. Carlo Gualtieri da Servigliano otteneva autorizzazione pubblica per il sito di una strada da fare nuova con relazione di Domenico Raccamadoro, a ciò deputato, lasciando in uso la vecchia strada.
-Anno 1719 aprile 14. Giovanni Ottavio Gonfaloni da Servigliano otteneva la pubblica autorizzazione per il sito dove costruire un edificio con relazione fatta da Concetto Orlandi.
-Anno 1731 gennaio 23. Il capitano Ludovico Tancredi otteneva l’autorizzazione pubblica del sito per costruire un ponte, con relazione fatta da Francesco Spaccasassi.
-Anno 1739 maggio 12. Saverio Gentili otteneva l’autorizzazione pubblica per il sito dove voleva fabbricare, con relazione fatta da Bartolo Pacini.
-Anno 1743 settembre 25. Il Comune di Servigliano scriveva una lettera al Consiglio fermano per poter rinnovare il bussolo del successivo bimestre per i massari propri e inviava a questo scopo un commissario a Fermo.
-Anno 1617 marzo 19. Nello stesso volume a pag. 456 si legge la relazione di risposta alla lettera del podestà di Servigliano, Luzio Cordella fermano, che chiedeva i commissari deputati dal Consiglio fermano per assistere alla fiera che si faceva a Servigliano nella pianura di Santa Maria del Piano. Le persone deputate da Fermo porteranno i bollettini, il sigillo e la cera rossa (ceralacca] da scrivere per l’estrazione della grascia, in località “Li Brecciaroli”. I bollettini dovevano essere riconsegnati ai Priori fermani. Per queste cose da compiere si faceva obbligo con penalità di 1000 scudi di oro dalla Camera (Apostolica) in caso di inadempienze.
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In sintesi il Comune di Servigliano otteneva conferma dal Consiglio di Fermo per le proprie delibere su alcune competenze pubbliche. Le più frequenti, con l’accrescersi della popolazione, riguardavano le abitazioni da ampliare sopra le torri delle mura castellane serviglianesi, come negli anni 1673, 1675, 1691 oppure più spesso per nuovi fabbricati (1682, 1709, 1719, 1731, 1739). Un evento importante era la fiera del Piano, prolungata per più giorni nel periodo pasquale (anni 1617, 1622, 1638), con vendita della “grascia” il località “Li Brecciaroli”, compilando appositi bollettini da consegnare ai Priori di Fermo come si scrisse nel 1617. Oltre che dare incarichi per la gestione del pubblico forno (1607) e della macelleria (1643) il Comune interveniva contro gli usurpatori dei beni comunitari, dato che si verificavano abusi. Del bussolo per estrarre i pubblici ufficiali si scrisse nel 1616, 1631,1637, 1643.

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DOCUMENTO DELLA PACE SANCITA TRA AMANDOLA E MONTE SAN MARTINO CON ESENZIONE DI TASSE E CONCORDIA PER I CONFINI anno 1559 traduzione dal latino

Pace tra i comuni di Amandola e di Monte San Martino 24 agosto 1559. Documento dell’archivio di Macerata, fondo Curia Generale della Marca di Ancona, fascicolo “Paces” edito da Cecchi Dante, in “Studi Maceratesi”, 3. Macerata 1968 pp. 148-150. Traduzione dal latino.
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Nel nome di Dio, Amen. Nell’anno 1559, indizione seconda, vacante la Sede Apostolica per la morte del pontefice massimo Paolo IV, di felice memoria, il giorno 24 agosto. Sia chiaramente noto a quelli che vedranno, leggeranno e useranno il presente istrumento pubblico di pace che mentre negli anni trascorsi verteva una discordia che era sorta e continuava fra la comunità e le persone della Terra di Amandola da una parte e dall’altra parte la comunità e le persone della Terra di Monte San Martino, riguardo alla riscossione della gabella o vettigale del pedaggio, furono presentate o date le fideiussioni nella Curia Generale della Marca Anconetana di non fare offese da una parte e dall’altra, sotto penalità di 2000 scuti d’oro da applicare alla Camera Apostolica, così più o meno e come meglio si deve vedere più ampiamente nell’istrumento di queste cauzioni date, comprendendo che si fa riferimento in tutto e per tutto a questo istrumento, e nel presente felicissimo giorno, con il favore e consenso di Dio ottimo massimo venga completamente rimosso il litigio con le discordie per mezzo della transazione e dichiarazione dei magnifici uomini incaricati, il signor Tarquinio Urbano da Monte San Martino dotato di ampio e pieno mandato a farlo da parte della sua comunità di Monte San Martino e il signor Nonio Picuccio da Amandola parimenti per vigore dell’amplissimo mandato fatto nella sua persona dalla comunità di Amandola, in modo da agire, nonché cambiare, in tutto e completamente l’eliminazione il pagamento della gabella o vettigale del predetto pedaggio della piazza e di qualsiasi altra cosa, sia dentro che fuori queste terre di Monte San Martino e di Amandola; inoltre sia fatta perenne perenzione dei confini tra queste parti e i termini siano affissi e murati tra questi castelli, come più precisamente risulta scritto dai nostri notai rogati a ciò e in tal modo da una parte e dall’altra si rimuovono ogni lite ed ogni causa di lite tra queste comunità e le loro persone. Pertanto avvenga che i magnifici uomini cioè Adriano Gallo, uno dei magnifici signori Priori della terra di Amandola, messer Tommaso Corvino e ser Bartolomeo Fermano, sindaci della comunità e degli uomini della Terra di Amandola che rappresentano la completa università di Amandola da una parte e dall’altra parte i rappresentanti della completa università di Monte San Martino i magnifici uomini Giuliano Cervini, uno dei magnifici signori Priori della terra di Monte San Martino e Pietro di Michele sindaco del comune e delle persone della Terra di Monte San Martino. Questi tutti predetti rendano grazie altissime a Dio immortale creatore dei cieli, esultando a motivo di questa terminazione, fine e rimozione del pagamento di queste gabelle e della loro riscossione e per l’affissione dei termini. Essi desiderano giungere alla pace e alla pienissima concordia, come si addice ai buoni seguaci di Cristo, per gli incarichi predetti delle loro università, affinché si viva insieme con fraterna benevolenza. Si sono presentati di fronte a noi notai sottoscritti e ai testimoni sottoscritti e in ogni miglior modo, via, diritto, causa e forma con cui maggiormente e meglio e con piena validità giuridica si può e si deve fare, ed essi, per gli incarichi predetti poterono e dovettero spontaneamente con consapevolezza certa di loro e di ciascuno di essi, di proprio moto e di volontà deliberata, senza alcun errore di diritto o di fatto, senza violenza, senza né danno, né timore, né frode, né indotti né sedotti da alcuna avversa macchinazione facendo intervenire il bacio della pace e lo stringersi la mano, tra di loro e l’un l’altro vicendevolmente, per gli incarichi predetti, fecero la pace e il generale condono di ogni singola ingiuria a parole o di fatto, in qualsiasi modo e comunque fossero avvenute, fino a questo giorno tra le stesse università e le persone singole della terra di Amandola e della terra di Monte San Martino, ponendo fine perpetua per tutte singole le predette ingiurie verbali e fattuali, come sopra. Le dette parti promisero questa pace per mezzo della solenne stipulazione che interviene con gli incarichi predetti. Ciascuna di esse comunità promise a noi notai in qualità di persone pubbliche e facenti fede, presenti, stipulanti e riceventi a nome e nelle veci di quanti sono, e saranno interessati o in qualsiasi modo in futuro avranno interesse di avere pace stabile, gradita e durevole in perpetuo nei tempi venturi e non compiere nulla contro questa pace, né dire, né venire, né contrapporre alcunché in giudizio fuori, sotto le pene contenute nelle sacre costituzioni della Provincia. Questa pace non sia considerata infranta a causa di parole ingiuriose, né per insulto senza armi, né per risse di donne o di minori di 14 anni. E la predetta pace parimenti non sia considerata infranta quando cinque uomini o meno, da una parte e dall’altra di qualcuna di queste università offendessero le persone dell’altra di esse, eccetera. Le parti predette rinunciano all’eccezione di pace non fatta, eccezione di condono o riconciliazione delle offese che non siano state stipulate così e eccezione che sia stato detto diversamente da come presentemente scritto, e in generale ad ogni eccezione di inganno, di male, eccetera. Essi obbligano, per l’osservanza delle cose predette, ogni singolo bene loro e di ciascuno di queste comunità nella forma della Camera Apostolica, eccetera. E per accrescere vigore e fermezza e validità alle cose contenute in questo istrumento di pace, le dette parti giurarono e ciascuna di esse giurò per mezzo dei santi Vangeli di Dio, toccando con mano corporalmente le scritture, che le cose predette contenute nel presente istrumento sono state e sono tutte e singole vere e di rispettarle, osservarle, compierle pienamente e non agire contro, né tentare, né dire, né venire in contrario in qualsiasi modo, né richiesta, né colore, in giudizio o fuori, di diritto o di fatto, sotto l’obbligazione di ipoteca come già detto e con il presente giuramento fatto dalle stesse parti. E sopra tutte singole queste cose richiesero e ciascuna di esse richiese da noi notai che si facesse uno o più atti pubblici. Le parti predette hanno dato completa facoltà e poteri a ciascun notaio pubblico di togliere del tutto e cancellare l’strumento delle predette fideiussioni date tra queste comunità di Monte San Martino e di Amandola. Redatto, fatto e stipulato nei confini dei detti paesi di Amandola di Monte San Martino, cioè nel termine o presso il termine affisso murato poco sopra la Fonte detta di Coccio da sole, presso i beni dell’uno e dell’altro territorio delle dette Terra, eccetera: erano ivi presenti gli uomini prudenti ser Giulio Rampacono da Montelparo, il mastro Orazio Camparano da Castignano, ser Ludovico Cesari da Belmonte e ser Giovanni Bonaventura da Gualdo, castello del contado di Fermo come testimoni richiesti, chiamati in particolare ed avuti per le cose predette. Ed io Prospero Silvagi da Monte di Nove, notaio pubblico di imperiale autorità e giudice ordinario, attualmente cancelliere e notaio delle delibere del Comune e delle persone della Terra di Amandola fui presente alla predetta pace e ad ogni e singola cosa detta sopra, mentre ciò si compiva e avveniva, per il rogito di ciò, insieme con ser Costanzo Ricci da Monte San Martino, cancelliere delle persone e della magnifica comunità di Monte San Martino. Io notaio surrogato a scrivere scrissi fedelmente e feci l’atto pubblico e per fare fede di ogni singola cosa detta sopra ho apposto il mio sigillo e il mio nome. Mi servo di questo segno † io sottoscritto pubblico notaio. Ed io Costanzo Ricci notaio pubblico da autorità imperiale attualmente cancelliere della mia terra di Monte San Martino intervenni e fui presente a questa pace e ad ogni singola cosa scritta e a ciò surrogato insieme con Prospero Silvagi da Monte di Nove, attualmente onorabile cancelliere e giudice ordinario e notaio delle delibere della magnifica comunità e delle persone della Terra di Amandola, io notaio surrogato a scrivere, ho scritto con rogito e atto pubblico. A far fede delle predette cose ho apposto il mio sigillo e il mio nome ed ho firmato segno di me † notaio predetto.
———— Digitazione di Vesprini Albino ———-
Sintesi. I Comuni di Amandola e Monte San Martino fecero pace e remissione insieme con il rito della pace per il pedaggio ai confini tra di loro, abolendo le gabelle.

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MASSA FERMANA alcuni documenti di storia amministrativa urbanistica tradotti dal latino anni 1601 -1731

CARTE DI STORIA AMMINISTRATIVA URBANISTICA DI MASSA FERMANA per nuove costruzioni. Fonte: ERIONI, G.N., “Pro illustrissima Civitate Firmi contra Castra Comitatus Firmi”, in RATTA, Summarium. Firmana concessionum”, Roma 1768. pp. MCCLX-CCLXI. Conferme delle delibere comunali da parte del Consiglio di Cernita e del governo dello Stato di Fermo.
~1- Anno 1601 febbraio 24. La comunità del castello di Massa otteneva conferma da Fermo per dare licenza ad alcune persone concedendo luoghi fuori questo castello per fabbricarvi, senza alcun danno per le vie pubbliche.
~2-Anno 1602 dicembre 14. Il Comune di Massa otteneva licenza dal Consiglio di Fermo per la decisione di cambiare il percorso di una via con il consenso dei confinanti.
~3- Anno 1616 aprile 15. La comunità di Massa era stata condannata perché non aveva dato sigurtà di denunciare i malefici ed aveva chiesto condono. Il Consiglio fermano fece grazia della metà della pena, come aveva fatto con altre comunità condannate per la stessa causa.
~4- Anno 1618 agosto 3. Messer Giovanni Francesco Guerrieri da Massa aveva chiesto licenza di poter ampliare un ponte appoggiato su due case e la comunità di Massa gli aveva dato consenso non essendoci alcun danno né al pubblico, né ai privati. La Cernita fermana decise che si desse incarico ad un cittadino che facesse il sopralluogo e la relazione per decidere poi la concessione.
~5- Anno 1619 luglio 24. Con l’approvazione della comunità di Massa, Messer Annibale guerriero da Massa desiderava fabbricare nel torrione di questo castello, senza danni né al pubblico, né ai privati, come risultava dalla relazione fatta dal signor Onorio Guerrieri, incaricato dai Priori fermani. Il Consiglio fermano autorizzava la licenza.
~6- Anno 1677 maggio 16. La comunità di Massa aveva una causa pendente per i danni della scarpata nel pendio delle mura castellane ad opera di Annibale Guerrieri e il Consiglio fermano deputò un giudice, in applicazione delle norme dello Statuto.
~7- Anno 1700 31 luglio 7. Approvata da Fermo la richiesta di un luogo fabbricabile presentata da Giovanni Battista Franceschini, con annessa la relazione del signor Concetto Orlandi.
************** digitazione di Vesprini Albino
Questi documenti sono le autorizzazioni chieste dagli amministratori di Massa al Consiglio di Fermo, secondo gli Statuti dei Castelli Fermani in vigore, con un vicario fermano nel castello che si affiancava ai massari locali che dovevano informare i Priori Fermani dei fatti criminali che accadevano a Massa.
SINTESI: Nuove abitazioni fuori dal castello di Massa (1601 e 1731); rinnovato il percorso di una strada (1602); ponte che collega due case (1618); fabbricare sopra il torrione (1619); danni al pendio delle mura castellane (1677).

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