MIOLA mons. Gabriele nel Foglio Ufficiale Ecclesiastico della diocesi di Fermo anno 1987 n. 2 pp. 25- 38
LA CHIESA FERMANA IN STATO DI SINODO
A modo di premessa
- a) Mi trovo a fare questa relazione inaspettatamente. Non nel senso che mi sia stato detto ieri, ma nel senso che fino al giugno scorso ci si aspettava che altra persona l’avesse fatta. Ma appena un mese fa, nell’agosto, mi è stato detto di fare per un anno il presidente della commissione preparatoria del Sinodo e così in questi giorni, tra gli impegni pastorali, ho trovato dei ritagli per raccogliere qualche idea per questa relazione, che vuol essere semplice, non dotta, e anche breve.
- b) Ecco una scheda sul percorso dell’idea di un sinodo diocesano.
1 ) La prima idea del sinodo è sorta con la realizzazione della visita pastorale in Diocesi.
Il Foglio Ufficiale (F.U.) dà delle note organizzative sulla visita pastorale e termina dando degli obiettivi. (F. U. 1979 n. 4). L’ultimo è cosi formulato (lettera e): “preparare elementi e condizioni per il sinodo diocesano” (pag. 22).
2) Nella tre-giorni Dell’anno scorso (19-21 settembre) già si accennava alla Chiesa fermana in stato sinodale, e fu preparata una bozza per un lavoro preparatorio e per la formazione di una commissione pre-sinodale.
3) Il primo nucleo della commissione preparatoria fu stabilito dal Vescovo il 14 ottobre ’85 e tenne la prima riunione il 21 dello stesso mese.
Si discusse: a) sul concetto di Chiesa locale e di sinodo nella Chiesa; b) sul coinvolgimento più ampio possibile di organismi come il Consiglio Pastorale Diocesano (CPD), il Consiglio Presbiterale (CP), la Consulta dei laici e altri. Si decise: a) di allargare la commissione preparatoria con altri presbiteri e con i laici; b) di preparare un documento da chiamare “Lineamenta” che fosse la base per una presa di coscienza sul sinodo in tutta la Diocesi.
4) La commissione ampliata (cfr. F.U. 1986 n. 1 – 2 pag. 152) tenne la riunione il 2 dicembre ’85 e discusse la prima “bozza dei lineamenta, preparata da don Paolo Petruzzi e don Giovanni Cognigni, il 20 dello stesso mese. Si dette mandato agli stessi di rifonderla sulla base delle indicazioni emerse.
5) Il 6 febbraio 1986 fu invitato Mons. Giovanni Conti di Reggio Emilia, segretario del sinodo di quella Diocesi, per illustrare la propria esperienza.
6) Nella riunione del 17 marzo ’86 fu discussa la seconda bozza dei “ Lineamenta”, che furono in linea di massima approvati con delle indicazioni di miglioramento. Ne è venuto fuori il documento consegnato.
Nota sulle Abbreviazioni dei testi citati: — Testi conciliari: DV (Dei Verbum: sulla Divina Rivelazione), LG (Lumen Gentium: sulla Chiesa), SC (Sacrosanctum Concilium: sulla liturgia), GS (Gaudium et Spes: la Chiesa nel mondo contemporaneo). CD (Christus Dominus: sul ministero dei Vescovi). PO (Presbyterorum Ordinis: sul ministero dei preti), OT (Optatam Totius: sulla formazione sacerdotale), AA (Apostolicam Actuositatem: sull’apostolato dei laici), AG (Ad Gentes: sulle missioni), PC (Perfectae Caritatis: sulla vita religiosa), OE (Orientalium Ecclesiarum: sulle Chiese orientali), UR (Unitatis Redintegratio: sull’ecumenismo), NAE (Nostra Aetate: sulle religioni non cristiane), DH (Dignitatis Humanae: sulla libertà religiosa), GE (Gravissimum Educationis: sull’educazione cristiana), IM (Inter Mirifica: sui mezzi di comunicazione sociale).
—Testi applicativi: ES (Ecclesiae Sanctae: sull’applicazione di alcuni decreti conciliari), EI (Ecclesiae Imago: direttorio pastorale dei Vescovi).
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- IL SINODO IN DIOCESI
I- La celebrazione dei Sinodi è un fatto antico nella Chiesa, inizia già dal tempo apostolico (At. 15); i Sinodi hanno segnato le svolte e le epoche della storia della Chiesa. Fa parte potremmo dire della struttura stessa della Chiesa.
Con l’offuscarsi della teologia della Chiesa locale si pensò da qualcuno che l’epoca dei Concili generali e dei sinodi particolari fosse finita.
Il Vaticano II non solo è stato un grande fatto conciliare, ma ha indicato la sinodalità come un elemento portante della vita della Chiesa, sia universale che particolare.
Vediamo alcuni testili. Il decreto sull’ufficio pastorale dei Vescovi (Christus Dominus) così si esprime: “Ora questo santo Sinodo Ecumenico desidera che la veneranda istituzione dei Sinodi (e dei Concili) riprenda nuovo vigore, per provvedere più adeguatamente e più efficacemente all’incremento della fede e alla tutela della disciplina nelle varie Chiese, secondo le mutate circostanze dei tempi” (n. 36b).
Subito dopo il Concilio, nel motu proprio Ecclesiae Sanctae di Paolo VI (1966) per l’applicazione dei decreti conciliari si dice, a proposito del Consiglio Pastorale Diocesano, che ha il compito anche “di cooperare alla preparazione del Sinodo Diocesano e curare l’applicazione degli Statuti del Sinodo” (III, 20).
Nel 1973 la Congregazione dei Vescovi emise il Direttorio Pastorale dei Vescovi (EI), documento ampio e significativo di applicazione soprattutto della CD, dopo aver parlato dell’attività dei Vescovi nelle Diocesi secondo la linea del triplice munus, dedica il cap. VI (III, 6) al Sinodo e alla visita pastorale, come due momenti fondamentali del ministero del Vescovo e della vita della Diocesi.
Vediamo cosa dice il sul Sinodo Diocesano ( EI n. 162 — 163) e la sua preparazione (164):
- Secondo una norma di attività pastorale tramandata da secoli e poi codificata dal concilio Tridentino, nel governo pastorale del vescovo trovano un posto di preminenza il sinodo diocesano e la visita pastorale.
Il vescovo deve sentirsi intensamente impegnato alla preparazione, programmazione ed attuazione di entrambi questi momenti pastorali, in forme rinnovate ed adattate alle necessità attuali della Chiesa.
- Il sinodo diocesano che viene convocato e diretto dal vescovo e al quale sono chiamati, secondo le prescrizioni canoniche, chierici, religiosi e laici, è l’assemblea nella quale il vescovo, servendosi dell’opera di esperti in teologia, pastorale e diritto, e utilizzando i consigli delle diverse componenti della comunità diocesana, esercita in modo solenne l’ufficio e il ministero di pascere il gregge affidatogli, adattando le leggi e le norme della Chiesa universale alla situazione particolare della diocesi, indicando i metodi da adottare nel lavoro apostolico diocesano, sciogliendo le difficoltà inerenti all’apostolato e al governo, stimolando opere ed iniziative a carattere generale, correggendo, se mai serpeggiassero, gli errori circa la fede e la morale.
Il sinodo offre anche l’occasione di celebrazioni religiose particolarmente adatte all’incremento o al risveglio della fede, della pietà e dello spirito di apostolato in tutta la diocesi.
- Perché si svolga bene e risulti veramente proficuo allo sviluppo della comunità diocesana, il sinodo dev’essere preparato con cura, sia con l’elaborazione delle materie da trattare sia con l’interessamento dell’opinione pubblica e delle coscienze dei fedeli per mezzo di idonee informazioni. Il vescovo costituisce tempestivamente le commissioni preparatorie, formate non solo di chierici ma anche di religiosi e laici scelti con cura: esse studieranno sia nel capoluogo della diocesi sia nelle singole foranie gli argomenti da proporre al sinodo, ne esamineranno i vari aspetti (teologia, liturgia, diritto canonico, attività socio-caritativa, apostolato specializzato, vita spirituale) e redigeranno gli schemi dei decreti, risoluzioni, provvedimenti, ecc., che il vescovo insieme al consiglio presbiterale e anche, se egli lo crederà, al consiglio pastorale esaminerà, e quindi deciderà se presentare o meno all’assemblea sinodale.
Al tempo stesso il vescovo ha cura che in tutta la diocesi si diano ai fedeli abbondanti informazioni sull’avvenimento ed una frequente predicazione sull’importanza del sinodo per la vita e le istituzioni della Chiesa, si illustrino i problemi e le proposte che il sinodo dovrà esaminare, si solleciti la consapevole riflessione e la spontanea collaborazione di tutti i membri della comunità diocesana, anche al di fuori delle commissioni preparatorie.
Infine il vescovo non si stancherà di chiamare l’intera Chiesa diocesana a preghiera intensa durante il tempo della preparazione e dello svolgimento del Sinodo, trattandosi di cosa tanto rilevante.
2) Dopo il Concilio e le indicazioni applicative, il Codex Juris Canonici codifica e disciplina la materia e pone il Sinodo diocesano come la prima nelle strutture interne della Chiesa particolare. Nella sezione riguardante le Chiese particolari al titolo terzo, che tratta della struttura interna delle Chiese particolari, il primo capitolo è riservato al Sinodo diocesano e abbraccia i can. 460 – 468.
Per il momento ci interessano solo i primi due canoni:
460: Il Sinodo diocesano è l’assemblea dei sacerdoti e degli altri fedeli della Chiesa particolare, scelti per prestare aiuto al Vescovo diocesano in ordine al bene di tutta la comunità diocesana.
461: Il Sinodo diocesano si celebri nelle singole Chiese particolari quando, a giudizio del Vescovo diocesano, sentito il consiglio presbiterale, le circostanze lo suggeriscono.
A venti anni dal Vaticano II, nonostante i mezzi di comunicazione, lo sviluppo dell’informazione anche teologica, le normative venute dalla Santa Sede e dalla CEI, credo che non ci sia strumento migliore per accogliere, recepire e fare nostro lo spirito e la mentalità del Vaticano II, che un Sinodo diocesano, se preparato bene e ben condotto.
3) Il soggetto del Sinodo diocesano.
Chi celebra il Sinodo è la Diocesi, che si ritrova ad affrontare i problemi della vita diocesana (Sinodo significa proprio “convenire insieme e percorrere insieme la stessa strada”): il pastore con il suo presbiterio e i fedeli nelle diverse componenti. Non parliamo ora di coloro che saranno chiamati a partecipare alle assemblee conclusive, che potremmo indicare fin d’ora con il nome di “sinodali” o “padri sinodali”, ma di coloro che lo debbono preparare. In questo lavoro è coinvolta tutta la Diocesi.
Il decreto CD dice che il Sinodo deve servire a “provvedere più adeguatamente e più efficacemente all’incremento della fede” e il Direttorio dei vescovi dice che il Sinodo deve “adattare le leggi e le norme della Chiesa universale alla situazione particolare della Diocesi”. Ora questo è possibile solo con una larga partecipazione di tutti: dei presbiteri, dei religiosi e religiose, delle parrocchie, dei consigli diocesani e parrocchiali, dei gruppi, associazioni e movimenti.
Il Sinodo non può ridursi ad una serie di decreti imposti dall’autorità e nessuno di noi lo vuole anche perché sappiamo quanto le cose imposte rimangano sulla carta.
4) Facciamo solo un rapido cenno alla storia dei Sinodi nella nostra Diocesi. Premetto che non ho potuto fare una ricerca accurata né sono uno storico. Ho dato uno sguardo allo scaffale dei Sinodi diocesani nella nostra biblioteca del seminario e vi ho trovato gli atti stampati di otto Sinodi diocesani a partire dal 1680 fino al 1900.
Ho chiesto poi notizie all’archivista dell’archivio diocesano, prof. don Emilio Tassi, che mi ha procurato la fotocopia della posizione dei Sinodi fermani, redatta dal Borgia, e i Sinodi partono dal 1473, quello fatto da Angiolo di Preneste o Palestrina, e poi passa al 1567 quello in cui fu decisa l’erezione del seminario secondo gli statuti tridentini; seguono numerosi Sinodi fatti dai vescovi Giannettini, Bandini, Strozzi, Dini, Rinuccini, Paolo e Giannotto Gualtieri e il Borgia: in questo catalogo dei Borgia, che arriva fino al 1750, risultano venti Sinodi; in una bozza di catalogazione risultano poi nel ‘700 quelli di Minucci; nei 1845 quello del card. De Angelis e nel 1900 quello di Papiri.
Non spetta a me analizzare questo materiale, ma in genere si può dire che riguardano soprattutto la vita del clero, l’amministrazione dei beni, alcuni aspetti della vita religiosa e liturgico-rubricali. Ma sono sempre atti solenni della Chiesa o meglio delle sue autorità; oggi particolarmente, ricuperata la teologia della Chiesa locale, abbiamo una occasione propizia e in un certo senso nuova per un coinvolgimento vero del popolo di Dio sotto la guida del pastore, il vescovo.
La teologia prevalente che vedeva nel vescovo un amministratore della Diocesi a nome del Papa e della Curia Romana ha fatto diradare i Sinodi diocesani, ma oggi invece siamo sollecitati a celebrarli.
5) Il periodo di preparazione del Sinodo.
A noi interessa ora dare uno sguardo a questo periodo che ci sta dinanzi fino al 1989.
Mons. Arcivescovo ha fissato la celebrazione del Sinodo ai 1989 in occasione del IV centenario della erezione di Fermo a Metropolia.
Abbiamo quindi tre anni di lavoro, che potrebbero essere così suddivisi.
La direzione del lavoro in questo periodo dovrebbe essere tenuta dalla Commissione preparatoria.
- anno pastorale 1986 – 87: dovrebbe essere l’anno per una presa di coscienza in tutta la Diocesi del cammino verso il Sinodo: strumento proposto, ma non unico, dovrebbe essere il documento chiamato, sulla scia di altri proposti in questi ultimi anni per Sinodi generali e convegni nazionali, “lineamenta”. Ci ritorneremo sopra.
- anno pastorale 1987 – 88: la Commissione preparatoria raccoglie il materiale dalle parrocchie, dai diversi istituti come: consigli parrocchiali, diocesani, e da gruppi ecclesiali, movimenti e associazioni. Un materiale che deve essere elaborato.
- anno pastorale 1988 – 89: preparazione degli schemi da sottoporre come materiale di discussione ai “sinodali”, materiale che potranno accettare o respingere, rielaborare o rivedere nel corso dei lavori sinodali.
Fermiamoci un momento a dare uno sguardo a questi tre anni di preparazione.
A questo primo anno dovrebbe essere fondamentale, il più importante. C’è da porsi questa domanda: che cos’è stato il Vaticano II per noi? Sono trascorsi 20 anni: che cosa è passato del Vaticano II nella nostra vita, nella nostra Diocesi?
Un Sinodo diocesano dopo un grande Concilio non può avere altro scopo che quello di calare spirito, direttive, decreti del Concilio Generale nella Chiesa locale, evidentemente non come fatto burocratico, ma come fatto di fede.
Potremmo fare una analogia: come dopo Trento si senti l’urgenza dei Sinodi diocesani per recepirne le direttive, cosi oggi. La “recezione” di un Concilio è fatto essenziale al Concilio stesso.
Certamente questo lavoro non è nuovo in Diocesi. Guardando al periodo post-conciliare dobbiamo dire che di lavoro se n’è fatto! Mi limito a richiamare soltanto le settimane teologiche e/o le tre-giorni pastorali:
1972: in seminario a Fermo: 19-23 giugno
tema: La Chiesa, mistero di salvezza. Come presentare la fede all’uomo d’oggi.
relatori: insegnanti del nostro Istituto Teologico (IT)
1973 : in seminario a Fermo: 22 – 28 giugno
temi: a) L’impegno del cristiano nel mondo: nel campo del lavoro e della politica (22 – 23 giugno)
- b) Evangelizzazione e sacramenti: teologia e pastorale del battesimo e della cresima (25 – 27 – 28 giugno)
- c) Presentazione del catechismo dei bambini (26 giugno a Loreto: convegno regionale organizzato dalla CEM)
relatori a Fermo: insegnanti del nostro IT
1974: in seminario a Fermo: 16-19 settembre temi: a) La penitenza
- b) Il catechismo dei fanciulli relatori: insegnanti del nostro IT
1975: a Villa Immacolata di Pescara: 25 -29 agosto; 15-19 settembre temi:
- a) Parola di Dio e vita ecclesiale
- b) Chiesa e sacramenti: il matrimonio
- c) Seminario e pastorale vocazionale relatori: insegnanti del nostro IT
1976: a villa Immacolata di Pescara: 5 – 9 luglio; 30 agosto – 3 settembre
tema: Crescere nella verità e nel dono di sé: morale fondamentale e questioni speciali (sessualità) relatori: — prof. d. L. Spallacci
— prof. d. E.- Chiavacci (cfr. Dispense)
1977: a Vanezze di Bondone (Trento): 26 giugno – 1 luglio; 28 agosto – 2 settembre
tema: I ministeri nella Chiesa
relatori: 1°. settimana: prof. p. A. Marranzini
2°settimana: insegnanti del nostro IT
1978: a Frontignano di Ussita: 26 – 30 giugno; 28 agosto – 1 settembre tema: La Penitenza (cfr. Dispense) relatori: insegnanti del nostro IT
1979: in seminario a Fermo: 10-13 settembre tema: in preparazione alla visita pastorale
- a) La visita pastorale
- b) Parrocchia e movimenti
- c) Situazione economico-amministrativa: istituzione del FDC relatori: presbiteri diocesani
1980: a Frontignano di Ussita: 23 – 27 giugno; 25 – 28 agosto
temi: a) I beni ecclesiastici (cfr. inserto nel F.U. 1980 n. 6)
- b) Piano pastorale diocesano per le vocazioni (cfr. opuscolo stampato)
relatori: a) avv. Boitani, avv. Ciaffi, dott. Centioni, Aprea e presbiteri diocesani
- b) d. Giovanni Crocetti
1981 : – ad Aprica (Sondrio): 28 giugno – 3 luglio
– in seminario a Fermo: 8-11 settembre
tema: Presbitero e comunità (cfr. F.U. 1981 n. 4) relatori: mons. Pino Colombo e presbiteri diocesani
1982: – a Folgarida (Trento): 28 giugno – 2 luglio
– in seminario a Fermo: 30 agosto – 2 settembre
tema: Fede, morale, laicità (cfr. F.U. 1983 n. 1)
relatori: prof, della Cattolica di Milano: d. G. Grampa e prof. Colasanto
1983: – a Mazzin di Fassa (Belluno): 19-24 giugno
in seminario a Fermo: 29-31 agosto
tema: in preparazione al biennio per il Congresso Eucaristico Diocesano (CED):
Eucaristia, Comunione e Comunità (cfr. F.U. 1984 n. 1 – 2) relatori: mons. C. Ghidelli. prof. A. Degli Espositi, insegnanti del nostro IT
1984: in seminario a Fermo: 29 – 33 agosto.
tema: Il giorno del Signore (cfr. F.U. 1985 n. 2 – 3) relatori insegnanti del nostro IT
1985: in seminario a Fermo: 19-21 settembre.
tema: La Chiesa fermana a 20 anni dal Concilio (cfr. F.U. 1986 n. 1-2) relatori: insegnanti del nostro IT
Non parliamo della visita pastorale e del C.E.D., di cui ha già parlato mons. Arcivescovo.
Questo lavoro evidentemente non era che un riflesso del lavoro postconciliare: non dimentichiamo che in questi stessi anni sono usciti i catechismi della CEI e tutti i nuovi riti dei sacramenti, che sono stati presentati e commentati nelle riunioni zonali e in altri incontri.
Tutte queste cose sono state richiamate anche anno scorso nella tre-giorni: la Chiesa fermana a 20 anni dal Concilio. E ritorna la domanda: qual’è stata la recezione del Concilio nella nostra Diocesi?
Il problema non è solo nostro: la stessa domanda se l’è fatta la CEI per l’Italia, il Sinodo generale straordinario dell’85 per tutta la Chiesa.
Non per giustificarci, ma sentite cosa dice la CEI nel documento “Il rinnovamento liturgico in Italia: a 20 anni dal Concilio”, documento preparato dopo un’ampia inchiesta in tutta Italia (n. 3 e 5):
- Sebbene sia prematuro azzardare una valutazione definitiva dell’opera intrapresa, i cui frutti maturi si potranno cogliere solo tra qualche generazione, è tuttavia possibile offrire riflessioni per un bilancio del lavoro fatto e dei risultati già conseguiti, alla luce dell’esperienza di questi primi anni di rinnovamento. Tra i punti all’attivo si possono indicare i seguenti:
— l’impegno, mantenuto fedelmente, di completare entro un numero di anni ragionevolmente breve la promulgazione di quasi tutti i nuovi libri liturgici, dotati, ciascuno, di importanti “introduzioni” teologico-pastorali;
— l’adozione praticamente universale delle nuove forme liturgiche da parte dei presbiteri e delle comunità;
— il favore assai vasto che la liturgia, cosi rinnovata, semplificata nella forma e resa più intelligibile con l’adozione della lingua volgare, ha incontrato presso
comunità e singoli fedeli.
Esistono tuttavia dei nodi ancora irrisolti, tra i quali ricordiamo:
— l’adozione dei nuovi libri e dei nuovi riti non è sempre stata accompagnata da un proporzionato rinnovamento interiore nel vivere il mistero liturgico e da quell’aggiornamento culturale, teologico e pastorale che la riforma avrebbe invece richiesto:
— talvolta si ha l’impressione che un nuovo formalismo, forse meno appariscente ma ugualmente infecondo e illusorio, stia sostituendosi all’antico. In altri casi invece si è dovuta lamentare una smania poco motivata per cambiamenti ingiustificati;
— non sembra che l’assemblea abbia preso ovunque coscienza della propria funzione nell’azione liturgica.
- Se la riforma liturgica non ha prodotto tutti quei frutti che era lecito attendersi, ciò è dovuto sia alla esiguità del tempo trascorso sia alla mancata comprensione dello spirito e dei fini della riforma liturgica da parte dei fedeli e di molti operatori pastorali.
La causa di questa incomprensione è da ricercare nella scarsa familiarità dei fedeli al linguaggio (parole e segni) e alla spiritualità della liturgia e nella carente formazione liturgica degli stessi ministri del culto.
A questo punto bisognerebbe riflettere sul Vaticano II e qualcuno a cui avevo sottoposto lo schema di questa conversazione mi diceva di insistere fortemente sui contenuti: questa persona non aveva molta fiducia che i contenuti del Vaticano II fossero stati recepiti.
In parte ha ragione, ma non credo sia il caso qui di presentare i contenuti che dovrebbero passare negli schemi prima e poi nei decreti del Sinodo; questo sarà il lavoro da fare in questo primo anno: lavoro di approfondimento e di verifica sulla nostra realtà.
Mi limiterei a dire che il Vaticano II ha una sua originalità perché non ha affrontato un solo tema o respinto una eresia, ma, come aveva indicato Papa Giovanni, ha guardato la vita della Chiesa per svelarne il vero volto, come l’ha voluta il Signore. Le quattro Costituzioni Dogmatiche (DV, LG, GS, SC) sono come quattro pilastri, legati strutturalmente tra di loro da una lettura teologica che ha segnato la svolta più profonda del Vaticano II: il passaggio da una teologia prevalentemente dottrinaria e relegata nella manualistica ad una teologia più esistenziale ed ecclesiale che ha come fondamento la parola sovrana di Dio, che è entrata nella storia e raduna il popolo di Dio, forma cioè la Chiesa (DV – LG), che si fa serva e ministra della salvezza donata da Dio al mondo (GS) e ne celebra le opere salvifiche facendo memoria e attualizzando il piano di Dio in Cristo (SC). Il Vaticano II, come del resto tutti i concili, non si esaurisce in una serie di decreti da applicare, ma ha dietro e dentro una mens teologica che bisogna cogliere e vivere: in altre parole per applicare il Concilio bisogna capirne lo spirito.
I decreti e le dichiarazioni girano tutti intorno a quelle problematiche, particolarmente a quelle ecclesiologiche e di vita ecclesiale: la CD riguarda i vescovi e sviluppa il capitolo terzo della LG, la PO e la OT riguardano i preti e la loro formazione e sviluppano il n. 28 dello stesso capitolo; la PC sviluppa il capitolo quinto della LG mettendo in risalto la vita religiosa come dono alla Chiesa e segno escatologico del regno; la AA sviluppa una delle novità più vistose del Vaticano II, i laici, del capitolo quarto della LG; la AG riguarda l’aspetto missionario della Chiesa già accennato nel capitolo secondo n. 13 e 17 e la OE e la UR tocca i problemi dell’ecumenismo sviluppando quanto detto nel capitolo secondo sul popolo di Dio n. 15 e 16.
Le dichiarazioni invece riguardano problemi già trattati nella GS: la DH sulla libertà religiosa, la NAF le religioni non cristiane e il dialogo; la IM e GE, due problemi tipici del nostro tempo cioè i mezzi di comunicazione e il problema educativo.
E’ evidente che ci interessa tutto l’arco dei documenti del Vaticano II, ma soprattutto ci interessa approfondirne lo spirito.
La Diocesi deve lavorare insieme, nelle sue diverse componenti, per modellarsi su questo spirito e la preparazione al Sinodo è un momento quanto mai opportuno per l’approfondimento e il dialogo nelle parrocchie e nei diversi organismi: “il dialogo e la corresponsabilità nella Chiesa trovano una espressione particolarmente intensa negli organismi di comunione diocesani e parrocchiali. Essi sono come il segno rappresentativo della comunità ecclesiale nella articolazione e complementarietà dei ministeri e carismi: sono il luogo nel quale le voci, le necessità, le intuizioni, le prospettive di tutti si fondono in un progetto comune per far crescere la comunità nella verità e nella carità, che è la finalità e l’anima di tutte le strutture (e di ogni associazione, movimento e gruppo) presenti nella vita della Chiesa” (da il Liber Synodalis della Diocesi di Brescia citato da “Settimana” 1986 n. 32). E ora veniamo ai LINEAMENTA. E’ il primo strumento (non runico) che viene offerto per la riflessione sul dopo Concilio nella nostra Chiesa fermana, per mettersi in atteggiamento e spirito di sinodalità, per trovare un punto di riferimento unitario a tutto il lavoro.
La prima parte offre spunti per analizzare i 20 anni del post-concilio in Diocesi, coglierne ombre e luci (cfr. i paragrafi del cap. 1°) e indicare l’importanza di un Sinodo nella vita diocesana, lo spirito sinodale e gli strumenti di operatività (cfr. paragrafi del 2° e 3° cap.): la seconda parte vuol offrire un centro nodale alla cui luce dare unità ai lavori: esso è stato indicato nel concetto e realtà fondamentale della Chiesa, che è l’evangelizzazione: si parte dal primato della parola di Dio, creatrice e rinnovatrice della storia dell’uomo, che illumina la sua attività sociopolitica, la dimensione dialogale e di carità verso i fratelli, per rendere infine testimonianza di questa parola celebrando le opere di Dio nella preghiera e nella liturgia.
Queste pagine sono solo uno strumento e come tutti gli strumenti per lavorare possono essere adattati o cambiati: non pretende di essere uno strumento perfetto, vuol solo aprire la strada. Chiede di essere letto con attenzione e anche con pazienza.
Come articolarne la lettura e l’approfondimento durante l’anno nelle parrocchie, nei consigli parrocchiali, nei distretti e nelle zone, come pure nelle associazioni, movimenti e gruppi è da precisare successivamente, ma certamente bisognerà coniugare l’iniziativa della segreteria del Sinodo con quella della base.
Per ora a livello diocesano sono stati programmati solo due incontri o assemblee diocesane sui temi della Chiesa: uno a gennaio e uno in maggio.
- Sull’attività prevedibile nel secondo e terzo anno di preparazione al Sinodo, appena un cenno.
Il secondo anno lo prevederei come il periodo per raccogliere il materiale, suggerimenti, progetti, per gli schemi da sottoporre poi ai “sinodali”.
E’ il tempo della concretezza, di guardare al futuro della nostra Diocesi e di dare delle linee direttive, che possano guidare la vita e l’attività diocesana per un buon
lungo periodo. Unico criterio e punto di riferimento è di calare nella nostra vita lo spirito del Vaticano II, e le norme applicative di esso già date dai diversi organismi a ciò deputati. Non si tratta di inventare tutto, ma di essere attenti ad uno spirito: per questo il lavoro del secondo anno è strettamente legato al primo.
Chi deve presentare questo materiale? Tutti possono farlo, ma certamente prima di tutti: le parrocchie. Il parroco con il Consiglio Pastorale Parrocchiale, con i diversi gruppi o associazioni; i distretti e le zone pastorali; il Consiglio Pastorale Diocesano e la consulta dei laici ecc.
E’ evidente che bisogna farsi osservatori attenti delle cose della nostra Diocesi, sempre in rapporto allo spirito del Vaticano II, e valutare le cose con quel sano senso critico, che sa rilevare le discrepanze tra una prassi e le finalità che si vorrebbero raggiungere.
Si può anche dire che è bene farsi aiutare in questo lavoro anche da persone esperte sia della nostra stessa Diocesi sia chiamate da fuori.
- Il terzo anno, l’88 – 89, di questo periodo di preparazione al Sinodo, dovrebbe servire alla preparazione degli schemi dei decreti da sottoporre ai sinodali per la discussione. Questo sarà compito della commissione preparatoria sulla base del materiale raccolto.
Non si può prevedere ora nulla, ma certo bisognerà tener presenti l’ambito pastorale e l’ambito amministrativo: in questo si convoglierà tutta la materia che riguarda p.e. la Curia e i suoi uffici; le zone e i distretti pastorali; il consiglio presbiterale; la vita spirituale, amministrativa, pastorale ed ecclesiologica del clero; in quello, sulla linea cristologica del triplice munus, tutta la pastorale che abbraccia gli ambiti della parola: evangelizzazione, catechesi, dialogo; servizio-carità: nella Chiesa e nel rapporto col mondo; la lode al Signore nella celebrazione della preghiera e dei sacramenti; e i vari ministeri che attuano il progetto.
In conclusione non mi prospetterei grandi sogni, ma come frutto del Sinodo mi aspetterei una crescita nella comunione della Chiesa locale, nella corresponsabilità e nella capacità di collaborazione nella ricchezza dei ministeri e un direttorio come guida della vita delle parrocchie e di tutta la realtà diocesana.
- SPIRITUALITÀ’ DEL SINODO
Visti sommariamente alcuni aspetti organizzativi del Sinodo, bisogna spendere alcune parole sulle condizioni ineludibili per una vera celebrazione del Sinodo. Li riassumerei cosi:
- Bisogna partire dalla consapevolezza che il Sinodo è un dono, una GRAZIA che il Signore fa alla Diocesi. I doni del Signore, questo è Vangelo, sono dati per essere trafficati: il Sinodo comporta impegno, lavoro, dialogo, collaborazioni, tempo e denaro, aspetti burocratici e legislativi, ma tutto questo non fa che evidenziare il dono. Noi siamo abituati a fare applicazioni sulla parabola dei talenti a livello individuale, ma questo è:
- una Grazia fatta alla nostra Chiesa particolare, alla Diocesi. Un Sinodo chiede assolutamente di entrare in una prospettiva diocesana, di avere quello spirito ecclesiale che riconosce nella Chiesa nostra locale, la Chiesa nostra madre che ci ha generato alla fede. Dobbiamo aprire lo sguardo sulla Chiesa tutta, ma che è presente in questa nostra Chiesa locale. La Chiesa locale non è infatti una parte amministrativa della Chiesa universale, ma è la Chiesa qui ed ora.
Il problema della diocesanità è un problema urgente e grave, che trova già la sua risposta e la sua prospettiva nel P e 2A capitolo della LG sulla “De Trinitate Ecclesia” e sul popolo di Dio nelle diverse componenti e non nella frammentarietà di visioni particolari. Una Chiesa che guarda verso il futuro della Chiesa e non il futuro di gruppi particolari.
La Chiesa italiana in questi anni ‘80 ci ha chiamati a riflettere su “Comunione e comunità” proprio per farci crescere nella dimensione di quel dono che è l’apice della vita cristiana, la comunione con Dio e con i fratelli, nelle nostre comunità più o meno distratte o lacerate. Già accogliere il Sinodo come una grazia, e non una grazia fatta ad un singolo, ma a tutti attraverso la Diocesi, è un atteggiamento di apertura e buon presupposto per una buona collaborazione.
D’ altra parte Paolo ci ha insegnato che i doni del Signore sono per il bene di tutti: i carismi personali o di gruppo vanno fatti fruttificare per quel corpo unitario che è la Chiesa locale, la nostra Diocesi. Mi augurerei quello sguardo che era tipico dei. profeti che guardavano lontano non per se stessi, ma per una Gerusalemme rinnovata, per un popolo santificato dall’amore di Dio.
- Proprio perché il Sinodo è una “grazia” del Signore, perché questa fruttifichi e abbiamo ad esserne degni, deve sempre essere accompagnata dalla preghiera. Preghiera di lode e di ringraziamento perché ci dona di entrare nel progetto della sua Chiesa, preghiera di impetrazione perché abbiamo a far fruttificare questo dono, di invocazione, di perdono, perché spesso sciupiamo il suo dono.
Il Sinodo deve essere vissuto nella preghiera continua, direi immersi in uno spirito di preghiera, come il pesce nell’acqua. Direi che la preghiera, e solo la preghiera, può creare la vera atmosfera del Sinodo.
Questa preghiera deve essere una preghiera diocesana e in quanto tale va strutturata nei tempi e nei modi.
Penserei a momenti di preghiera unitaria, quasi rappresentativa di tutta la Diocesi, con almeno un’assemblea diocesana in cattedrale, da tutte le parrocchie, proprio come preghiera per il Sinodo; le singole parrocchie come tali dovranno pregare per il Sinodo, nelle diverse occasioni per la preghiera dei fedeli sia nella liturgia sia fuori di essa; le associazioni, i movimenti e i gruppi debbono pregare perché attraverso il Sinodo ognuno trovi il suo vero posto nella Chiesa locale dove sviluppare il proprio carisma; i 14 monasteri della Diocesi e i religiosi e le religiose sentiranno la preghiera per il Sinodo come una deputazione per una presenza continua davanti al Signore; infine i singoli fedeli sappiano che quanto chiedono al Signore per la propria comunità diocesana è accettato ed esaudito.
- Da ultimo vorrei dire che il lavoro per il Sinodo è un lavoro che va fatto in umiltà. Il Sinodo non è un’occasione per affermare i propri punti di vista e le proprie proposte, ma è il tempo di grazia concessoci per creare insieme come popolo di Dio, che dà testimonianza in mezzo al mondo del dono ricevuto e della salvezza che il Signore offre a tutti.
Riassumerei cosi questo concetto di un lavoro di umiltà, che riguarda evidentemente la Diocesi come tale e tutti i collaboratori. La Diocesi non può mettersi dinanzi al Sinodo quasi per poter menare un vanto e dire che ha fatto il Sinodo, sarebbe l’atteggiamento più deleterio, né il singolo può prendere il Sinodo come una palestra dove mostrare le proprie capacità. Ma:
- a) occorre partire dalla consapevolezza che si lavora per il “Regno”, per il bene spirituale della Diocesi, per la crescita nella fede, nella carità e nella speranza;
- b) l’umiltà fa avere il coraggio della proposta, della profezia: non un atteggia-
mento di voler mantenere l’esistente, ma fortemente missionario; non la paura di cambiare ma la gioia della novità del Vangelo;
- c) questo richiede capacità di ascolto, o meglio di sapersi ascoltare vicendevolmente; non la pretesa di prevalere, ma di far valere le ragioni del “regno”; la capacità di prendere seriamente le altre proposte e di valutare per il positivo che contengono;
- d) Paolo ai Tessalonicesi diceva: “Esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono” (1 Tes. 5, 21): il periodo del Sinodo è il periodo della critica, in senso positivo, cioè dell’esercizio del giudizio, e dell’autocritica nel saper rivedere le proprie posizioni e con quello spirito di docilità che non dice: voi decidete, poi io faccio quel che voglio; ma nel senso della umiltà che ci fa sottomettere alla Chiesa e allo Spirito.
don Gabriele Miola
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PER LA RICOSTRUZIONE DEL C.S.I. IN DIOCESI
Ai Preti e ai Religiosi parroci
Carissimo,
si è ricostituito il Consiglio provvisorio circoscrizionale del Centro Sportivo Italiano (CSI) della Diocesi di Fermo, di cui comunico i componenti.
Il CSI si propone, come da statuto, di promuovere un movimento sportivo giovanile che vive l’esperienza dello sport come momento di educazione, di maturazione umana e di impegno in una visione ispirata alla concezione cristiana dell’uomo e della realtà.
In Diocesi, realisticamente, il CSI potrebbe contribuire alla sintesi tra pastorale giovanile e pastorale del tempo libero, incluse le iniziative a carattere sportivo e ricreativo.
A questo punto pensiamo bene ristrutturare su nuove basi e con maggiore impegno il servizio del CSI per una maggiore presenza in Diocesi; pertanto alcuni membri del Consiglio verranno a farle visita per un incontro ricognitivo riguardante gli scopi sopra indicati.
Con l’augurio che la proposta del CSI possa aiutare i nostri ragazzi e giovani a maturare come persone e cristiani saluto cordialmente. \ don Gabriele Miola, vicario generale\ Fermo, li 30 marzo 1987
- — Comunico che in data 26 febbraio 1987 mons. Arcivescovo ha nominato Consulente Ecclesiastico Diocesano per il CSI il rev. Taccari don Agostino.
COMPOSIZIONE PRESIDENZA
Sig. Screpanti Marino Via Salette, 92/A Tel. 0734/620762 – 63023 Fermo (AP)
Don Agostino Taccari Via F. Crispi, 1/A Tel. 0733/509220 – 63020 Loro Piceno (MC)
Sig. Sansolini Marco Via Palestro 33 Tel. 0734/993527 – 63018 Porto Sant’Elpidio (AP)
Sig. Vallasciani Primo Via Giacinti 18 Tel. 0734/55211 – 63020 Rubbianello (AP)
Sig. Ceriscioli Carlo C.da S. Valentino Tel. 0733/507370 – 62020 Loro Piceno (MC)
Sig. Trasatti Fabrizio Via Mazzini, 7 Tel. 0734/215315 – 63023 Fermo (AP)
Sig. Frizzo Stefano C.da Salette Tel. 0734/620778 – 63023 Fermo (AP)
Sig. Recchioni Lauro Via Pergolesi, 40 Tel. 0734/993949 – 63018 Porto Sant’Elpidio (AP)
Sig. Lattanzi Mauro C.da Grazie Piastra, 38 Tel. 0733/507094 – 62020 Loro Piceno (MC)
Sig. Minnucci Marco Via Mazzini, 95 Tel. 0734/992685 – 63018 Porto Sant’Elpidio (AP)
Sig. Moreschini Aldo Via Pozzetto Tel. 0734/55291 – 63020 Rubbianello (AP)
Sig. Mazzante Sauro Via Ungaretti, 14 Tel 0734/994171 – 63018 Porto Sant’ Elpidio (AP)
Sig. Spinelli Mauro Via R. Lenzio Tel 0734/55237 – 63020 Rubbianello (AP)
Don Gabriele Moroncini Parrocchia Sacro Cuore Tel. 0734/55223 – 63020 Rubbianello (AP)