Anno 1396 nello Stato Fermano. I Varano da Camerino a Smerillo: una rocca

Gabrile Nepi storiografia fermana

Assedio e conquista della rocca di Smerillo

Smerillo, piccolo e coraggioso paesino del Fermano, è posto a 806 metri di altitudine, gemma incastonata nel verde preappenninico! Gli è a fianco Monte Falcone Appennino, col quale ripete l’etimologia degli accipitriformi o meglio dai falchi: falco columbario (da nicchia) per Smerillo; falco peregrinus per Monte Falcone. Importantissimo nel medioevo, Smerillo contava 27 vassalli. Di esso parlano molte pergamene degli Archivi Statale e Arcivescovile di Fermo.

Fra Smerillo e Monte Falcone, talora in lotta fra loro, sorge un piccolo convento detto Luogo di Sasso da cui, con il frate marchigiano Matteo da Bascio (in Pennabilli), nel 1525 partì la scintilla della fondazione dell’Ordine francescano dei Cappuccini che oggi conta 12000 frati, sparsi in tutto il mondo. Fermo, la città di Girfalco (falchi ovunque, oggi!) teneva molto a Smerillo che, con Monte Falcone, erano due rocche imprendibili verso ovest.

Ma “con cùpido sguardo” i Duchi di Camerino, i Varano, agognavano a Smerillo. Verso l’interno, era uno dei più muniti baluardi strategici, ostacolo alla loro espansione. I Varano comprarono i custodi (tali Luzio e Antonio) della rocca; si fecero aprire la fortezza e il ghiotto boccone passò ai duchi di Camerino.

Figurarsi lo sdegno di Fermo. Smerillo era ribelle! Smerillo doveva essere riconquistato, e subito. Mobilitò le truppe della città e del comitato (civitatis et comitatus) e al rullo dei tamburi, bandiere al vento, corse ad assediare il castello ribelle; “die XIII mensis maii… ceperunt castrum Smerilli”, annota lo storico Anton di Nicolò. Era il 13 maggio 1396. Fu un veni, vidi, vici! L’assedio fu subitaneo, massiccio e vittorioso; anche se il cassero resisteva, il paese fu subito ripreso e Smerillo tornò nell’orbita politica fermana.

Ora nel piccolo centro, che nel 1944 all’indomani della Liberazione, si costituì in Territorio Libero di Smerillo, tutto è pace. L’aria pura e incontaminata; le acque, limpide e fresche, invitano i turisti. In alto, il cassero imponente e austero ricorda fremiti di battaglie; i falchi “dai silenzi dell’effuso azzurro” intrecciano “in tarde ruote digradanti / il nero volo solenne”. Le mura massicce nei ruderi rievocano, dopo quasi sei secoli, quel sabato fatale e fatidico: l’assedio del 13 maggio 1396, posto dalla città del girfalco al castello che si fregia pure del nome di un “falco”: lo smeriglio!

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Anno 1355 a Fermo elenco dei comuni dello Stato Fermano e Costituzioni di Egidio Albornoz

NEPI Gabriele

Tre importanti pergamene contengono l’elenco dei possedimenti di Fermo alla metà del Trecento

Era il 22 settembre 1355. Il Papa, da 46 anni risiedeva in Avignone e varie località delle Marche (come gran parte del resto l’intero Stato Pontificio) cercavano di sottrarsi all’autorità pontificia, tanto più che il “capo” era al di là delle Alpi.

Il ghibellino Gentile da Mogliano, era riuscito a impadronirsi di Fermo e per tutto lo Stato Pontificio correvano fremiti di ribellione. La cosa impensieriva il francese Papa Clemente VI (Pietro Roger) e in modo speciale il suo successore Innocenzo VI (il francese Stefano Aubert) il quale, da Avignone, spedì nel suo Stato il Cardinale Egidio Albornoz, spagnolo, nel 1353 che con senno, astuzia, e quando occorreva con la forza, recuperò a poco a poco tutto lo Stato Pontificio. Nel 1355 poi, il Cardinale giunse a Fermo, vi insediò la Curia e vi rimase a lungo.

Assolse la città dalla scomunica in cui era incorsa per essersi schierata con Gentile da Mogliano; le tolse l’interdetto e la reintegrò nel possesso delle rocche, castelli e località già di sua pertinenza. Poi, con tre distinte lettere di precetto (litterae praecepti) ordinò ai comuni, terre e castelli di inviare a Fermo dei procuratori, per prestare giuramento di fedeltà nelle sue mani e per assolvere ad ogni obbligo dovuto alla città di Fermo.

Nei seguenti tre documenti, conservati nell’Archivio di Stato fermano, si scorgono le annotazioni delle avvenute o non avvenute notifiche agli interessati, e sono molto importanti per la storia del Fermano, dato che costituiscono l’elenco ufficiale dei possessi di Fermo. Le tre pergamene sono numerate 998; 1347;1850; ognuna raggruppa un discreto numero di Comuni, in totale 60.

Il primo gruppo elenca i Comuni di: Longiano, Torchiaro, Ponzano, Santa Maria, Monte Giberto, Petritoli, Montevidon Combatte, Ortezzano, De Medio, Collina, Sant’Elpidio Morico, Monte Leone, Monsampietro Morico, Servigliano, Smerillo, Monte Falcone, Castel Manardo, Belmonte, Grottazzolina, Villa Montone.

Il secondo gruppo è costituito da: Monte Secco, Porto S. Giorgio, Torre di Palme, Lapedona, Monte San Martino, Altidona, Pedaso, Boccabianca, Marano (oggi Cupramarittima), Sant’Andrea, Grottammare, S. Benedetto del Tronto, Mercato, Borumpadaro (questi ultimi due erano castelli siti nei pressi di San Benedetto), Acquaviva Picena, Massignano, Gabbiano, Cossignano, Monte Rubbiano, Moresco.

Il terzo gruppo, convocato con pergamena n. 1850 (le altre sono la 998 e 1347), era composto da: Monte Urano, “Podium Raynaldii”, Torre San Patrizio, Monte San Pietro <Pietrangeli>, Rapagnano, Magliano, Ripa Cerreto, Alteta, Mogliano, Petriolo, Loro (Piceno), S. Angelo in Pontano, Gualdo, Falerone, Montappone, Massa, Monte Vidon Corrado, Monte Verde (attualmente in Monte Giorgio), Francavilla d’Ete.

Attraverso la lista dei Comuni convocati, abbiamo l’esatta consistenza di quello che nel 1355 era lo Stato di Fermo, che estendeva il suo dominio da San Benedetto e Acquaviva Picena a vari Comuni, come Gualdo, Petriolo, Sant’Angelo in Pontano e altri dell’attuale Provincia di Macerata.

L’anno dopo, l’Albornoz emanò le Costituzioni Egidiane (Aegidianae Constitutiones), che rappresentarono l’ossatura dell’Amministrazione pontificia fino alla metà del secolo scorso. Con esse, fra l’altro, le città marchigiane erano distinte in maggiori, grandi, mediocri, piccole, minori.

Le maggiori erano: Ancona, Fermo, Camerino, Ascoli, Urbino. Pesaro e Macerata seguivano, a distanza, le grandi.

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VANGELO secondo GIOVANNI con commento del biblista MIOLA Gabriele (1934-2017)

Il biblista Miola Gabriele porge il VANGELO SECONDO GIOVANNI

Presentazione e Prologo

 

Vangelo (in greco: euaggelion) non è un prodotto letterario, ma un messaggio salvifico: ._ di Gesù; ._ su Gesù. Dall’annuncio <predicazione> allo scritto: ._ non esposizione storico cronachistica; ._ ma una testimonianza della fede.

Il Vangelo di Giovanni ci presenta una Cristologia alta che si può riassumere in quattro aspetti o modelli:

.a- Modello comune ai sinottici e a Paolo: Gesù è il Figlio unigenito inviato dal Padre al mondo (Gv 3,16) chiarendo che Gesù e il Padre sono una sola cosa (10,30). Nei sinottici si esprime la vicendevole conoscenza (cfr 14.10s; Mt 11,27 e paralleli).

.b- Giov. parte dall’affermazione della preesistenza del Verbo, venuto nel mondo perché gli uomini diventino figli di Dio: 1,12s.

.c- Del “ Figlio dell’uomo “ Giov. dà un’escatologia ‘presenziale’: ora si compie il giudizio. “Il Figlio dell’uomo è disceso dal cielo” (3,13; 6,38.42 e al.) e chi lo accoglie sperimenta la salvezza: egli dalla croce attira tutti a sé (12,32) e dalla croce regna (capp. 18-19); con la risurrezione sale là dove era prima (6,62; 20,17). Nei sinottici c’è una escatologia apocalittica (cfr Mt 24-25)

.d- Giov. afferma la rivelazione personale di Gesù, nei seguenti modi:

._ con l’affermazione assoluta “ Io sono “ (8,24. 28; 13,19);  con l’affermazione nominale “Io sono = il pane della vita (6,35.51); = la luce del mondo (8,12); = la porta del gregge (10,7.9);  = il buon pastore (10,11.14); = la risurrezione (11,25); = la vita (15,1.5). Inoltre con l’affermazione della sua immanenza con il Padre e con lo Spirito nel discorso dopo l’ultima cena (14,16ss.25ss; 15,26s; 16,7-15)

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Gv 1, 1-18 Prologo: ermeneutica

(Nota: sono stati riletti ed assemblati per significato due manoscritti del prof. Miola)

Questo prologo non è una introduzione sui temi da sviluppare nel seguito; indica piuttosto l’opera divina di salvezza nel vangelo pienamente di dimensione spirituale cfr 3,16. E’ un inno che rivela Dio-Verbo con frasi brevi e rapide. Non ha l’andamento di una composizione letteraria perché è catechesi e liturgia. Il messaggio fondamentale è l’annuncio della fede nel Figlio unigenito del Padre.

Gv 1, 1-18 L’inizio parte dal Logos, ma il punto di partenza è la storia cioè il Logos incarnato che è Gesù e quindi la storia della salvezza e si risale da Gesù al Logos e se ne vedono le conseguenze nella storia dell’uomo. Il movimento del pensiero dell’inno è la posizione della persona umana verso il Logos. Gv risale al Verbo da Gesù che è Dio-uomo operoso tra il suo popolo. Dice Barret: “La storia esplica la teologia e la teologia interpreta la storia”.

Nel Prologo viene espressa la pienezza di grazia del Verbo, “dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia” (1,16). I termini: Verbo, Grazia, Pienezza sono usati solo qui, non tornano nel seguito del Vangelo giovanneo.

Notiamo come si muove il pensiero nell’inno di prologo. Al centro (vv.12-13) c’è l’umanità orientata verso il Verbo.

Il principio e la preesistenza del Verbo (1,1) e il suo essere nella storia, vita e luce delle persone (vv. 1-5). La storia della salvezza si svolge in ondate successive: ognuna contiene tutto; ma progredisce verso nuovi orizzonti.

Il Verbo eterno è all’origine di ogni realtà (v.3). Egli prende la carne umana con cui si rende chiaramente visibile, con la stessa fragilità materiale delle altre persone (v.4). L’umanità riceve da lui la vita ed avrà in lui il destino definitivo eterno (v.12b.13b). Egli pone la sua abitazione tra le persone e manifesta con miracoli la gloria divina per farsi accogliere. Alle persone che lo accolgono dona il potere di avere l’adozione a figli di Dio (v.12). Gesù è la luce, grazia e verità per Israele (v.17) e per tutti e illumina i fedeli cristiani. Sal. 118,27 “Il Signore è Dio, egli ci illumina”.

Il simbolo dell’aquila risulta attribuito all’evangelista Giovanni: cfr. Ap. 4,7; Ez. 1,10 a motivo di questo prologo già dai tempi di Sant’Ireneo.

Gv.1,1: “In principio era il Verbo”: cfr Genesi 1,1: “all’inizio” esprime un significato assoluto, preter-temporale: prima di ogni inizio esiste il Verbo. Da Gs 1,4 “Dio separò la luce dalle tenebre”: termini usati da Giovanni per il Verbo.

v.2: “in principio … era” nel senso forte di permanenza nell’essere, in opposizione a Gv 1,3 “tutto è stato fatto per mezzo di Lui”: il senso forte di esistenza nella durata permanente è opposto al divenire del mondo creato. Questa anteriorità del Verbo in relazione alla creazione e quindi anche al suo carattere “sovra-terrestre” per cui il Verbo sconosciuto gli uomini si è fatto conoscere, entrava tra gli uomini incarnandosi (v.14). Il Verbo non è legato al divenire delle cose per la sua eternità. “Il Verbo era presso Dio” (v.2).

La preesistenza del Verbo è la sua presenza presso Dio eterno che anche avanti alla creazione non era solo, aveva con sé la sua Parola e questa Parola (Verbo) è distinta da Dio. “Era presso” nell’esegesi sta ad indicare il dinamismo interno alla divinità, la ‘processione’ divina (come procedono Padre, Figlio, Spirito). La distinzione indicata da Giovanni non verte sulla natura di Dio, ma sulle persone divine: “il Dio” indicato con l’articolo “il” in greco (il Dio) sta ad indicare la persona del Padre: “presso” il Padre cfr 2Cor 13,13 “La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore ‘del’ Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con voi tutti”.

“Il Verbo era Dio” (1,1b). Qui soprattutto è indicata l’unità che è unità di natura nella distinzione delle persone, tra le quali il Verbo permaneva “era”. In Gv 7,29 Gesù dice: “Io lo conosco perché vengo da Lui (Padre) ed Egli mi ha mandato” e 8,42 dice ai Giudei “Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato”; 16,28 “Sono uscito dal Padre sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo e vado al Padre”.

Presso” il Padre è conferma e insiste sull’unità del Verbo con Dio dopo averne indicato la distinzione: Gv. 10,30 “Io e il Padre siamo una cosa sola”. L’evangelista chiude il ciclo della corrispondenza dei pensieri espressi riprendendo l’idea dell’ultima frase: “Egli era in principio presso Dio” (v.2): unisce le prime due frasi all’idea dell’anteriorità del Verbo rispetto alla creazione e con l’idea della sua presenza preesistente presso Dio, richiama Pr 8,27-29-31 “Quando egli fissava i cieli, io ero là (…) quando stabiliva al mare i suoi limiti (…) Quando disponeva le fondamenta della terra, io ero con lui come artefice ed ero la sua delizia ogni giorno: giocavo davanti a lui in ogni istante, giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo”. Gv 1,3 sul ruolo del Verbo nella creazione.

Il significato di “Verbo” è analizzato in varie maniere. Nella filosofia greca “verbo” indica la parola divina e l’ordine e la ragione del mondo creato più o meno immanente. L’evangelista Giov. è considerato da alcuni come un autore di pensiero ellenista del secondo secolo. In particolare Filone, seguace della filosofia platonica, riferiva il Verbo alla Sapienza divina. L’apostolo Giov. si fonda sul pensiero del Vecchio Testamento e sulla base della sua esperienza personale di Cristo, in riferimento all’inizio della Genesi (Dio creò) e al Verbo incarnato, il Figlio di Dio, di cui i lettori avevano ricevuto referenze precise.

v.3: “Tutto è stato fatto per mezzo di Lui e senza di Lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste”.  Dopo aver espresso all’inizio del prologo la relazione del Verbo con Dio, l’evangelista Giov. esplica il ruolo totale del Verbo nella creazione. Nella frase iniziale il significato è affermato, (forma positiva) in parallelo nella seconda frase viene usata la forma negativa. Il Verbo preesisteva, le cose create vengono generate per mezzo di Lui, ma separate da Lui. Al v. 16 “Noi tutti abbiamo ricevuto”. In Gv 15,5 “Io sono la vita, voi i tralci …. senza di me non potete far nulla”. Lui è l’esistenza degli eventi: “In Lui era la vita” (v.4) sin dal creare. Le traduzioni più antiche preferibili dicono che tutto ciò che esiste (v. 3) ha avuto da Lui la vita (v. 4). “In Lui” la vita è sbocciata nel mondo con la creazione, il Verbo è sorgente della vita e infonde la vita in ciò che fu fatto. Anche nella filiazione dei credenti (Figli di Dio).

v.4b: “La vita era la luce degli uomini”. La luce materiale per gli uomini è sorgente (v.3) di vita sul piano naturale. Gv 1,3 “Dio disse: sia la luce! E la luce fu”. Gs 1,24-29 “Dio disse: la terra produca esseri viventi secondo la loro specie (…) Facciamo l’uomo a nostra immagine secondo la nostra somiglianza (…) maschi e femmine li creò Dio e li benedisse. Dio disse loro: siate fecondi e moltiplicatevi (…) Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona” così la vita.

In sintonia: Gv 1,9 “Veniva al mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo”. Ogni persona riceve la vita che è partecipata dal Verbo alle creature. La vita è identificata con il Verbo che è luce autenticamente creatrice, ed è vita che si emana compartecipandosi alla natura. Dio che è l’origine della vita è aperto nel donare ed espandere la vita. Chi l’accoglie nasce da lui; v. 13 “Da Dio sono stati generati”. Vita-luce generatrice. In Gs 1,3 la luce è creata prima della vita che appare quasi in conseguenza della luce. Si può salire al significato soprannaturale come “Io sono la luce del mondo” Gv 3,19; 8,12; 9,5. La luce induce la vita perché la genera. Giov. chiarisce la prospettiva dell’incarnazione della Parola e la prospettiva atemporale.

v.5: “La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta”. S. Cirillo d’Alessandria spiega che la luce è la parola di Dio che illumina l’intelligenza umana; le persone che non vogliono accoglierla e comprenderla sono tenebre. Il Verbo incarnato è di fronte alle tenebre che non si sono fatte illuminare dalla luce, non l’hanno accolta con il credere a Lui. S. Giovanni Crisostomo nota un combattimento tra tenebre contro luce, in cui quelle saranno vinte perché non saranno mai in grado di superare la luce. Questa interpretazione si può riferire ad un fatto naturale materiale, non interpone l’incarnazione.

Va considerato che Giovanni non dice mai per le persone che esse siano semplicemente “tenebre”. Le tenebre sono distinte dalle persone cfr 8, 12, ma succede che vivono e camminano nelle tenebre “chi segue me non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” cfr 12,35. Chi è credente è illuminato A Cana “Egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui” (Gv 2,11). Lc 1,78-79 “Grazie alla tenerezza e misericordia del nostro Dio, ci visiterà un sole che sorge dall’alto, per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre”.

Il mondo che è avverso a Dio è satana che nell’Antico Testamento significa l’avversario, l’antico serpente tentatore che spinge al male; nel Nuovo Testamento satana è l’anticristo che impedisce l’azione salvifica di Cristo. La Sapienza “paragonata alla luce risulta più radiosa, a questa, infatti, succede la notte, ma la malvagità non prevale sulla sapienza” (Sap 7,20-30)

Il Verbo è il progetto della creazione e il realizzatore dell’atto creativo. Vita e luce sono due importanti simboli giovannei, in cui è espresso il progetto vitale umano. Il Verbo è vita e luce delle persone (Sal 118,27): lui costituisce il fondamento e la finalità dell’umano esistere. L’ottimismo giovanneo è espresso nella certezza della vittoria della luce sulle tenebre. Il Verbo (Parola) nella sua vita è luce delle persone, è la realtà che risplende e illumina nell’essere compresa, accolta. Tuttavia talora viene contrastata.

La frase Gv 1,6-8: “Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni” da alcuni studiosi è considerata come aggiunta alla struttura originaria dell’inno del prologo che riprenderebbe al v. 9. L’apostolo evangelista sa che questo Giovanni profeta è mandato da Dio e quindi lo considera in rapporto con Gesù, ma il Battista non è la luce, come un gruppo di Giovanniti poteva aver pensato.

v.7 “Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di Lui”. Nel contesto storico della redazione di questo vangelo, i cristiani erano di fronte ai giovanniti, discepoli di Giovanni Battista “l’ultimo dei profeti”. Gv 19,36. Per l’attesa del profeta cfr Dt 18,15.18. Il Battista è testimone della luce verso il Gesù storico che è la vera luce. Il testimone agisce per portare le persone alla fede. Testimonia nel vedere e capire.

Giovanni Battista testimonia la presenza del Messia- Figlio di Dio ripieno di grazia e di verità. Ma il credere si realizza in un contesto conflittuoso tra luce e tenebre nella storia del mondo. La luce è ricevuta, ed è anche respinta: il profeta testimonia il mistero di salvezza (At 2,48).

v.9: “Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo” (cfr Sal 139,12: “le tenebre sono come luce”). L’evangelista esprime la vicenda della luce-Verbo presente nella storia e nel mondo in diversi aspetti e modi: – per Israele, – per Gesù, – per la comunità cristiana, –  per il mondo delle tenebre (demoni) e – per il mondo della luce (accoglienza).

Per Israele c’è la luce che viene dalla parola dei profeti. Luce da Gesù stesso in Mt 2, 1-12 che sta tra Erode che vuole uccidere il bimbo e i magi che hanno visto la stella sua in oriente e dalla sua luce sono guidati al luogo di Betlemme.

Luce e tenebre nella comunità cristiana a cui l’apostolo scrive: 1 Gv 1,6: “Se diciamo di essere in comunione con Lui (Dio) e camminiamo nelle tenebre, siamo bugiardi e non mettiamo in pratica la verità”. Gesù storico si trova di fronte a gente che accoglie come pure a gente che non accoglie Lui che è in luce del mondo.

Altra traduzione del v.9 “Egli era la luce vera, che, venendo nel mondo, illumina ogni uomo”.  “Vera” è la luce che non mente, è autenticamente verace, veritiera. Dire: “Dio vero” esprime opposizione agli idoli; esprime la qualità di colui che è realmente ciò che significa il suo vocabolo. Da lui “ogni uomo” è illuminato: pagani, giudei (i “suoi”), i credenti in Cristo, tutte le persone, senza separazione. Luce “venuta nel mondo” nel manifestarsi al mondo; nel v.14 è precisato nell’incarnazione di colui che venne ad abitare in mezzo a noi.

v.10: “Egli era nel mondo ed il mondo fu fatto per mezzo di Lui eppure il mondo non lo riconobbe”. Il mondo è il cosmo cioè l’insieme degli esseri creati, comprese le persone umane e le potenze ostili e quelle fedeli al Verbo-Cristo. Il mondo in sé non è cattivo e Dio lo ama. In 3, 15-17 “Dio infatti non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di Lui”. Di fatto il mondo non credente ha rifiutato di ricevere il messaggio del Verbo ed è per questo che l’evangelista spesso dà connotazione negativa: Gv 17,33 “Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio; io ho vinto il mondo”. 1 Gv 5,19 “Noi sappiamo che siamo da Dio, mentre tutto il mondo sta in potere del maligno”. Anche Gv 12,31 e 14,30 “Il principe di questo mondo contro di me non può nulla”.

Il Verbo si fa presente nel mondo nell’attuare la sua potenza creatrice. Sant’Agostino scrive che è come l’artigiano che regge la sua opera: per la sua presenza di maestà Egli ha fatto quanto ha fatto; per la sua presenza Egli governa quanto ha fatto; così dunque Egli era nel mondo come Colui per cui il mondo fu fatto.

Qui non si indicano tanto gli uomini di fronte al Verbo incarnato, quanto piuttosto il mondo umano in generale e quello pagano in particolare, che di fronte al creato, avrebbero dovuto conoscere il creatore e non l’hanno conosciuto (Rom 1, 19-23; Sap 13, 1 ss.).

Quel mondo che lo “conobbe” lo accolse non solo intellettualmente come notizia, ma nel suo significato semita che implica il penetrare nell’intimità della persona con l’amore personale cfr Ger 22,16; Os 4,6 “Perisce il mio popolo per mancanza di conoscenza. Poiché tu rifiuti la conoscenza, rifiuterò te come il mio sacerdote; hai dimenticato la legge del tuo Dio ed anch’io dimenticherò i tuoi figli”.

Il pensiero di Gv. 1,10 chiarisce che il Verbo di Dio era nel mondo poiché da lui fu fatto questo mondo; gli uomini con le loro forze della ragione avrebbero dovuto conoscerlo e servirlo come Dio; ma non l’hanno fatto. Inoltre al v. 11: “Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto”: così l’accogliere nella propria casa. Gesù dalla croce disse a Giovanni: “Ecco tua madre!” E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé. Accogliere il Verbo incarnato in tutte le sue manifestazioni cfr Es 19,5 “Mia è tutta la terra”. Ez. 37,27 “In mezzo a loro sarà la mia dimora. Io sarò il loro Dio e il loro saranno il mio popolo”. Accoglienza da parte del popolo ebraico che era il popolo di Dio, dato il fatto che la “Parola” divina l’aveva reso popolo eletto.

L’accoglienza v.12: “A quanti l’hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono al suo nome”. Nei manoscritti ci sono diverse lezioni e le traduzioni non concordano. San Giovanni Crisostomo nel commentare questo testo spiega: “Ai credenti che erano stati generati da Dio per il battesimo, Cristo ha dato potere di diventare figli di Dio, cioè di santificarsi progressivamente fino allo stato perfetto di figli di Dio che sarà quello del cielo”. Nel battesimo si è già figli di Dio, ma questo dato si manifesterà in cielo alla presenza del Padre: 1Gv 3,2 “Carissimi noi fin da ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando Egli si sarà manifestato, noi saremo simili a Lui, perché lo vedremo così come egli è”.

L’apostolo evangelista Gv esorta alla fede con le parole di Gesù (12,36): “Mentre avete la luce, credete nella luce, per diventare figli della luce”. Significa: Cristo, l’unigenito del Padre (1, 18) ha donato alle persone che hanno creduto in Lui, di diventare essi stessi figli di Dio. Si tratta della generazione divina di Cristo di cui parlano i Padri nel 2º secolo: Giustino, Ireneo, la Lettera degli Apostoli e nel 3º secolo: Tertulliano, Ippolito, nel 4º secolo: Metodio d’Olimpia, Apollinare di Laodicea, Ambrogio, Gerolamo, Agostino. Si intende: figli nel Figlio mediatore.

L’attuale testo greco del prologo unisce il versetto 12 con il v. 13 e viene a significare che coloro che accettano Gesù, credendo a lui, hanno il potere di diventare figli di Dio. v.13: “I quali [figli] non da sangue, né da volere di carne, né da volere di un uomo, ma da Dio sono stati generati”. Nel linguaggio semitico “sangue e carne” indicano l’umanità in quanto soggetta alla corruzione fisica, in opposizione a Dio che è eterno, incorruttibile cfr Mt 16,17;1 Cor 15,50; Ebr 2,14 “Poiché i figli hanno in comune il sangue e la carne, anche Cristo, allo stesso modo ne è diventato partecipe, per ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo”. In Eb 2,13 “Eccomi io e i figli che Dio mi ha dato” da Isaia 8,18. L’ apostolo Giov. si riferisce alla procreazione umana (v. 13b) dando una preminenza all’iniziativa dell’uomo mosso da un volere di desiderio o di concupiscenza nel significato del vocabolo greco.

Nel v. 11 si parla di quelli che non l’hanno accolto, poi nel v.12 di quelli che l’hanno accolto. Forse c’è un accenno al fatto che Israele come popolo non lo ricevette, solo alcuni ebrei credettero in Lui, e forse si fa cenno implicito alla profezia del “resto di Israele” (Ger 23,3 e altri).  Gv 4,2s ”Egli attesta ciò che ha visto e udito, eppure nessuno accetta la sua testimonianza. Chi ne accetta la testimonianza, conferma che Dio è veritiero”. Accogliere è ricevere nel senso di credere cfr 3,11 s; 5,43s; 12,46-50. “Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna…” (12,48). Al contrario a chi crede è “dato potere”. Ad avere ogni potere assoluto sulla vita propria e su quella degli altri è il Verbo e solo lui lo concede: Gv 10,18; 19,10; 17,2; 5,27. Coloro che accolgono Cristo ricevono “il potere” di diventare figli di Dio: questa vita di figli è dono da parte di Dio, ma i figli conservano il potere di riceverla e accettarla. Il senso generale è che il Verbo ha concesso loro di essere i figli cfr Apo 13,5-7. Le persone che credono ricevono potere dal Cristo.

Nell’inno giovanneo la generazione eterna nel Verbo (al v. 18) è unita alla nascita temporale nell’incarnazione tanto da essere un tutt’uno. Giov. parla del Verbo nel seno del Padre e ama unire esprimendo i due aspetti diversi: Gv 3,3 “In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio”.

Nel v. 14 del prologo “si fece carne” si nota una opposizione tra la Parola di Dio (Verbo) e l’uomo nella sua carne che connota la sua debolezza, l’essere soggetto alla corruzione (cfr 3,6; 17,3) ma capace di ricevere un soffio vivificatore che viene dall’alto e che è sorgente divina di incorruttibilità (uscita dalla corruzione). I donatisti negavano la realtà dell’umanità di Gesù, Giov. riafferma e conferma che il Verbo non cessò di essere Dio in carne umana cfr 2 Gv 7.

“E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (v.14).  1Gv 4,2: “In questo potete riconoscere lo spirito di Dio; ogni spirito che riconosce Gesù Cristo venuto nella carne è da Dio”. In opposizione l’anticristo è seduzione che spinge a non voler riconoscere la divinità di Gesù, Dio venuto ad abitare nella carne. L’abitare nelle referenze bibliche è fatto sotto la tenda è un verbo ricco di senso comunitario: Dio sta in mezzo al suo popolo (presenza). Quando, nell’esodo, il popolo abitava nel deserto sotto la tenda, Dio venne in mezzo a loro ad abitare nella tenda fatta alzare a Mosè. Dio manifestava visibilmente la sua presenza con la nuvola di gloria che ricopriva la tenda stessa: Es 40,34 ss; 33,9 s, e Dio si intratteneva a parlare con Mosè. Dio rimane dunque con il suo popolo abitando come lui. Questo indica la presenza divina in Israele cfr Num 12,5; Sam 7,6; Sal 78,60.

Da qui l’espressione passa ad indicare una presenza di Dio in mezzo al suo popolo in vari modi: in Sion, nel tempio, nella Gerusalemme rinnovata dei tempi messianici, quella dei veri adoratori: “Adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano” (Gv 4,23). In Ap 21,3 “Ecco la tenda di Dio con gli uomini; egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio”. L’abitare in Sir 24,8 serve a prendere l’eredità in Israele. Giov. dice che il Verbo fattosi uomo abita nella sua carne come in una tenda che diventa come luogo della sua rivelazione.

Con questa presenza e coabitazione v. 14.b “noi vedemmo la sua gloria”. Abbiamo veduto, la gloria di Dio, guardando con gli occhi del corpo, fisicamente. Dio stesso si rende presente e in diversi modi esercita la sua presenza: cfr Es 24,17 si manifesta in visione; Es 15,1-7; 16,7ss si manifesta con la potenza operatrice di prodigi. Nel banchetto di nozze a Cana l’evangelista nota che Gesù manifesta la sua gloria (2,11); la gloria di Dio manifestata anche nella resurrezione di Lazzaro (11,40). C’è anche la gloria contemplata direttamente da Giov. nella trasfigurazione di Gesù sul monte Lc 9,28-36, dove i due uomini, Mosè ed Elia conversavano con Lui “apparsi nella gloria” (v. 31).

Quale gloria? “Gloria come di unigenito dal Padre pieno di grazia e di verità” (v. 14.b). Gloria in qualità di unico Figlio, non una gloria per paragone, ma – per l’affermazione e – gloria di provenienza dal Padre in quanto Figlio che è dotato di gloria.

Spesso Gv associa l’idea dell’Unigenito a quella della sua missione da parte del Padre. Mandato a salvare cfr 3,15-17 “Bisogna che sia innalzato il Figlio, perché chiunque crede in Lui abbia la vita eterna”. 1Gv 4,9 “In questo si è manifestato l’amore di Dio in noi; Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di Lui”. Questa missione del Figlio da parte del Padre è l’idea ricorrente nel Vangelo di Giovanni 6,46; 9,16.33; 16,28; 17,8: “Le parole che tu [Padre] hai dato a me, io le ho date a loro.  Gloria perché è “Pieno di grazia e di verità”. Il verbo unigenito ha la pienezza di amore e di fedeltà anche con il suo popolo cfr Es 34,6 “Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà”.

Nella fase di passaggio dal Vecchio al Nuovo Testamento, il sacerdote Zaccaria, padre del Battista, preannuncia il vero cammino di fede: Lc 1,78 ss “Grazie alla tenerezza e misericordia del nostro Dio, ci visiterà un sole che sorge dall’alto per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte, e dirigere i nostri passi sulla via della pace”.

Nel V.T. il senso fondamentale del vocabolo ‘grazia’ è l’essere buono verso gli altri e fargli del bene, in forza di un’obbligazione morale, più che di giustizia, ad esempio in una alleanza. Quando i testi si riferiscono a Dio che ha questa virtù, allora agisce la benevolenza di Dio verso il popolo con cui ha stretto il suo patto d’elezione, per cui si manifesta giusto e pieno di bontà che è amore misericordioso.

L’Unigenito amato dal Padre è pieno di “Verità”. Nella relazione tra persone la verità è fedeltà. Il senso fondamentale di verità esprime stabilità, fermezza, solidità ad esempio di un patto o altro. In altre parole quando si dice che Dio è pieno di misericordie e di fermezza si intende che le sue promesse e i suoi patti non hanno pentimenti, sono sinceramente stabili, nonostante che gli uomini abbiano difetti. Nell’antica alleanza questo concetto restava fondamentale, nonostante gli errori del popolo eletto. La verità dell’impegno divino pervade tutta la vecchia alleanza, come proclama, tra l’altro, il salmo 89, anche Num 14,18; Ne 9,17; i Sal 86,15; 25,10; 57,3 e 40,11: “La tua verità e la tua salvezza ho proclamato. Non ho celato il tuo amore e la tua fedeltà alla grande assemblea”.

L’apostolo Giov. indica la massima, definitiva, permanente manifestazione della misericordia e della fedeltà di Jahvè che si realizza in Gesù suo Figlio unigenito. Le parole sono riprese in Rom 15,8 “Per mostrare la fedeltà nel compiere le promesse dei padri”. Lo fa con il culto al servizio del Padre: Eb 2,17 “Sommo sacerdote misericordioso e degno di fede nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati”.

L’apostolo torna a parlare del precursore di Cristo dicendo (v.15) che il Battista gli “rende testimonianza e grida: “Ecco l’uomo di cui dissi: – Colui che viene dopo di me, mi è passato avanti, perché era prima di me-” (Gv 1,30). Gesù gli passa avanti perché preesiste e perché porta la salvezza definitiva al popolo. Il Battista è narrato ai vv. 30-34 come testimone del fatto che Gesù è il Figlio di Dio e quindi superiore a lui per importanza e per dignità. In Gv 8,58 lo stesso Gesù dice: “In verità, in verità: vi dico: prima che Abramo fosse, io sono”. “Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia” (v.16).

La spiegazione dell’esegesi alessandrina insiste sul fatto che Gesù era prima del Battista perché noi tutti abbiamo (già) ricevuto dalla sua pienezza. Egli è la pienezza di divinità in forza della unione ipostatica. La sua pienezza di vita divina è comunicabile e viene comunicata a noi. Cfr Col 2,9 ss “E’ in Lui che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità, e voi partecipate alla pienezza di Lui che è il capo di ogni Principato ed ogni Potenza”.

Nel donare “Grazia su grazia” non fa un’accumulazione del dono dal Vecchio al Nuovo Testamento, con una sovrabbondanza; è da intendere meglio come grazia in relazione ed interscambio con un’altra grazia; due grazie: quella di Cristo e la nostra sono poste l’una in faccia all’altra e si corrispondono. L’alleanza di Mosè con la legge (Es 33-34) e l’alleanza nuova del Verbo che si è fatto carne, rivelano il Padre (Gv 1,14-18).

“La grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo (v. 17) e nel v. 14 queste erano attributi divini, che diventano qualità inerenti all’uomo, come Origene interpreta che sono disposte nel cuore umano dall’opera di Gesù Cristo, Verbo incarnato. Per il rivelarsi del Padre cfr Os 4,6: “Voglio l’amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocausti”. La pietà verso Dio è operosa. Al v. 3: “Tutto è stato fatto per mezzo di Lui” (v.3).

Per le persone umane la nuova unione con Dio per mezzo del Verbo è una realtà che esiste nell’atto che la pienezza nel Cristo si riversa sui fedeli. Col 2,9 ss: “E’ in Lui che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità, e voi partecipate della pienezza di Lui”. Il profeta Geremia 31,33 ha annunciato: “Questa sarà all’alleanza che io concluderò con la casa di Israele (…) Porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore”. Mentre la legge di Mosè fu impressa da Jahvè sulle lastre di pietra, ora la legge viene scritta nel cuore. Nel Vecchio Testamento Dio è totalmente elevato sopra le la creatura la quale non può mai vederlo. Ora c’è una rivelazione che procede verso il compimento totale: v.18: “Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che nel seno del Padre, Lui lo ha rivelato”. In Es 33,20; Giud 13,21 ss; Is 6,1 ss. la visione diretta di Dio è riservata per la vita futura in un altro mondo.  1Gv 32,2 “Noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato.”.

L’esegesi alessandrina smentisce chi parlasse di Gesù soltanto uomo, mentre è il Dio unigenito. L’evangelista Gv ripete il Figlio ‘Unigenito’ (3,16.18) ‘l’amato’ proprio come Figlio unico. Lui solo può dirci tutto del Padre e svela anche i suoi segreti di affetto e di amore: cfr Gv 6,46; 10,15 e Lc 10,22. La traduzione di alcuni antichi padri cambia la punteggiatura: “Dio non l’ha mai visto nessuno eccetto il Figlio unigenito che è Dio nel seno del Padre. Lui ci ha condotti” (nel regno di Dio, come per Lazzaro). In Lc 16,22: “Il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo”.

Il Verbo unigenito ci porta nel seno del Padre facendoci partecipare alla sua filiazione (vv. 12-13) e alla conoscenza che Lui ha del Padre suo e nostro (v. 18). Diventiamo e restiamo figli di Dio rinascendo nell’acqua e nello Spirito che ci immette nella sua intimità. Gv 3,5: “Se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio”. Cfr Gv 3,3.

 

VANGELO secondo GIOVANNI

1, 1 – 12

Capitolo 1                                  < Il Verbo è luce e vita>

1In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.

2Egli era, in principio, presso Dio:

3tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.

4In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; 5la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta.

°(Giovanni è testimone per destare la fede)

6Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. 7Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui.

8Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. 9Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo.

10Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto.

11Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. 12A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome,

 

_________ Queste note derivano dagli scritti del sacerdote Gabriele Miola biblista a Fermo

 

Cap. 1. “inizio” cfr Pr 8,22s; Sir 24,3ss; Is 55,11; Gn 1-1-5. Il Verbo (=Parola) ‘era’ Dio (v.1) realtà prima della creazione; era ‘presso’ Dio cioè rivolto al Padre. Dalla divinità del ‘Verbo’ alla creazione ‘per mezzo’ (v.2) di lui, con la sua mediazione, secondo il progetto che è il Verbo stesso nel ruolo di dare origine alla realtà esistente (v.3) che da lui riceve ‘vita, finalità del vivere; e ‘luce’ (v.4), il senso della realtà tutta è nello stesso Verbo. Si è fatto ‘carne’ con la fragilità umana che lo rende debole. Le ‘tenebre’ (v.5) sono il rifiutare la sua presenza; al contrario della fede ‘accolta’, conosciuta, fatta propria, accogliente.

Inserto su Giovanni ’mandato’ (v.6) come profeta che annuncia la presenza della salvezza. Non è il ‘principale’, è soltanto il ‘testimone’(v.7) che sta a servire nel dare la fede per la ‘luce’ vera, Gesù Cristo che vince le tenebre. La sua ‘testimonianza’ (v.8) porta gli ‘uomini’ a ‘credere’, ad opera della sua ‘luce’ da comprendere cfr: Is 1,3; e ‘vedere’ cfr. Lc 2, 9 (stella per i magi); Simeone Lc 2,32. Il Verbo accolto ‘illumina’ il mondo, le persone, il popolo Israele. Il ’mondo’ (v.9) è il cosmo con tutte le creature che sono governate dal Verbo e sono libere di accoglierlo oppure non accoglierlo (v.10). La ‘sua gente’, Israele, i ‘suoi’, il popolo eletto (con un traditore Gv 12,37; 13,21) non sempre sono accoglienti (v.11); e ’quanti’ sono accoglienti (v.12 cioè le persone libere,) ricevono il potere per esser generate come ‘Figli’ (v.12 adottivi) per dono gratuito di Dio, “non dalla carne (cfr Is 40,6ss) né da volere del sangue” (v.13), discendenza nelle fragilità umane, pur condivise dal Verbo che le ‘abita’ (v.14) cfr Sir 24,8; Zc 2,14, ed è come tenda ospitale per ’noi’ (discepoli) comunità di fronte ai segni della ‘gloria’ sua (cfr Gv 2,11) del Padre ‘mio’ e ‘vostro’  Gv 20,17, con una ‘pienezza’ che viene donata e fruita v.16 (cfr Os 2,22; Es 24,6) nella ‘verità’ della gloria dell’Unigenito divino (Gv 4,23). Il Battista (v.15) riconosce presente il Figlio di Dio Gv 1,30-35; Lc 1,5; 13-17; 3,3; Mt 3,7-12; Mc 1,9-11. E ’grazia su grazia’ in duplice riferimento, a Gesù-Dio e alle persone salvate, nel passaggio dalla ’legge’, antica alleanza, alla figliolanza per mezzo di Gesù Cristo (v.17) messia, Figlio di Dio ’mai visto’ nell’antica alleanza, Dio tripersonale (Padre, Figlio, Spirito) Gv 15,26; Mt 18,29; Gv 15,26; Lc 11,13 «Chi vede me vede il Padre» Gv 11,45ss

 

 

1, 13 – 34

13i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.

14E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi;

e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito

che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità.

15Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me».

16Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia.

17Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.

18Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato.

19Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». 20Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». 21Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. 22Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». 23Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaia».

24Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. 25Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». 26Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, 27colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». 28Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

°(L’agnello di Dio toglie il peccato)

29Il giorno dopo, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! 30Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. 31Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele». 32Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. 33Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. 34E io ho visto e ho testimo-

 

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1,19-34 Nella vita pubblica (nella prima Pasqua per Gesù riferita), la testimonianza del Battista, in due giorni consecutivi. Prima il Battista dà una risposta in negativo: dice di sé: “Non sono il Cristo” v.20; 3.28; poi in positivo: “E’ il Figlio di Dio” v.34. Dice di Gesù che è “l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo” v.29 cfr Is 53,7; Es 29,38ss.  è la persona su cui è sceso lo Spirito 1,32 cfr 7,39; 14,26; 20,22; è il Figlio di Dio (v.34) e dà lo Spirito (v.33 battezza).

v.1,29 Gesù “toglie il peccato” può significare: – prende su di sé; anche: –  porta via, perché con Gesù è arrivata la possibilità che cessi il peccato del mondo in quanto c’è la “conoscenza” di Dio

 

Gv 1, 35 – 2, 6

niato che questi è il Figlio di Dio».

                                                                                      °(I discepoli vanno con Gesù e vedono)

35Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli 36e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». 37E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. 38Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa Maestro –, dove dimori?». 39Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.

40Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. 41Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – 42e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.

43Il giorno dopo Gesù volle partire per la Galilea; trovò Filippo e gli disse: «Seguimi!». 44Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro. 45Filippo trovò Natanaele e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret». 46Natanaele gli disse: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi». 47Gesù intanto, visto Natanaele che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». 48Natanaele gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». 49Gli replicò Natanaele: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». 50Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!». 51Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo».

Cap. 2*                                                                       °(Inizio dei segni alle nozze di Cana)

1Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. 2Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. 3Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». 4E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». 5Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». 6Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei

 

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cfr 1Gv 3,5s; Is 42,7; 53,6 e il perdono.

1,35-51 I primi discepoli: vv.35.43 In due giorni, dualismo, simbolismo. Verbi principali: vedere; seguire; testimoniare. – ’Vedere’ come esperienza della persona, del suo essere v.39; “Dove abiti?” (v.38 in greco: menein) indica qual’è la tua vita, il tuo modo di esistere. – ‘Seguire’ è sequela ed esperienza vv.37—40.43. –  ‘Testimoniare’: i discepoli diventano testimoni gli uni agli altri vv.40.45; ma la fede sboccia nell’incontro con Gesù vv.42.46-49

I titoli di Gesù: Rabbi v.38; Messia v.41; Figlio di Dio v.49; re d’Israele; Figlio dell’uomo v.51; Gesù è la ‘dimora’ di Dio; cfr Gs 28,12 Giacobbe (=Israele) a Betel Dt 32,9; Is 9,7

 

 

Gv 2, 7 – 22

Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. 7E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. 8Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. 9Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo 10e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».

11Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui. 12Dopo questo fatto scese a Cafàrnao, insieme a sua madre, ai suoi fratelli e ai suoi discepoli. Là rimasero pochi giorni.

°(Il tempio purificato e la fede)

13Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. 14Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. 15Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, 16e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». 17I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divorerà.  18Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». 19Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». 20Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». 21Ma egli parlava del tempio del suo corpo. 22Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla

 

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Cap.2 in due momenti: – vv.1-12- Le nozze di Cana; vv.13-22; – La purificazione del tempio. I vv.23-25 del cap. 2 vanno congiunti con il capitolo 3. I capp. 2-4 formano un’unità: da Cana a Cana.  v. 1 a Cana: si conclude la prima settimana di attività di Gesù. v.11 dà la dimensione della lettura del ‘segno’: – l’inizio dei segni (in greco: archè = il primo), anche il prototipo dei ‘segni’ (greco: semeion; segni, non miracoli); – la sua ‘gloria’ (in greco, doxa, termine giovanneo); – “credettero” a lui (eis= in lui): per risposta al ‘segno’ essi arrivano a comprenderne la ‘gloria’.

v.2 Le nozze e il banchetto e il vino sono motivi messianici dell’Antico Testamento: – Le nozze Is 54,4-8; 62,4-5; Ger 2,2; Ez 16,23. – Il banchetto Is 25,6s. – Il vino Am 9,13s; Os 14,7; Ger 31,12. – v.10 il “vino buono” alla fine del banchetto.

v.4 La “mia ora” cfr Gv 12,23.27; v.17,1. La madre chiamata “donna” 19,25 sul Golgota: cfr Cristologia; mariologia; ecclesiologia

vv.13-22 La purificazione del tempio; – v.13 Festa di Pasqua. – v.14. Tempio: già nell’Antico Testamento la polemica dei profeti sul tempio 2 Sam 7; Am 4,4; Ger 7; Mal 3,1-4. – v.17 Dissacrato il tempio per mercato e (re)azione di Gesù (Mc 11,16)

v.18 richiesta di un ‘segno’ e del titolo d’autorità; – v.20 la ricostruzione del secondo tempio nell’anno 19 a. C.; – vv.19-20-21 in tre giorni (numero 3). Dimensione pasquale escatologica (Gv 2,29-22; distruzione Mt 23.

 

 

Gv 2, 23 – 3, 13

parola detta da Gesù.

23Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. 24Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti 25e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.

Capitolo 3*                                                                           °(La rigenerazione e la fede)

1Vi era tra i farisei un uomo di nome Nicodèmo, uno dei capi dei Giudei. 2Costui andò da Gesù, di notte, e gli disse: «Rabbì, sappiamo che sei venuto da Dio come maestro; nessuno infatti può compiere questi segni che tu compi, se Dio non è con lui». 3Gli rispose Gesù: «In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio». 4Gli disse Nicodèmo: «Come può nascere un uomo quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?». 5Rispose Gesù: «In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio. 6Quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito. 7Non meravigliarti se ti ho detto: dovete nascere dall’alto. 8Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito».

9Gli replicò Nicodèmo: «Come può accadere questo?». 10Gli rispose Gesù: «Tu sei maestro d’Israele e non conosci queste cose? 11In verità, in verità io ti dico: noi parliamo di ciò che sappiamo e testimoniamo ciò che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza. 12Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo?

°(Dio ha dato suo Figlio per il mondo)

13Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio

 

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Dimensione spirituale- ecclesiologica: 1 Cor 3,16s; 2Cor 6,14-7,1; Ef 2,18-22; 1Pt 2,3-6; Eb 12,18-24 tempio celeste.

Cap. 3 Nicodemo. Parti: – vv. 1-15 Dialogo con di Nicodemo; – vv. 16-21. – 31-36 Riflessione teologica <Dio ha mandato il Figlio>; – vv. 22-30 Testimonianza di Giovanni Battista; – vv.31-36 <Il Padre ama il Figlio.>

Tre rivelazioni di Gesù sono introdotte da “in verità” vv.3.5.11. – Andamento del dialogo di ricerca sulla base di domande e risposte a doppio significato: greco: – anoden = dall’alto; di nuovo; – ghennao = nascere: spiritualmente; fisicamente; – pneuma= soffio, vento; Spirito. – Opposizioni nei vocaboli; dall’alto_ dal basso; carne_ Spirito; la realtà fisica _segno di una realtà spirituale. Per comprendere il segno occorre l’apertura della fede cfr 2,23 basata sui segni in 3,2 Nicodemo riconosce il maestro. In 3,11-13; 14-15 la fede è basata sulla persona di Gesù; – Fede: Nicodemo, come tanti, vede i segni, ma è invischiato nella ‘carne’; deve ‘convertirsi’ e credere alla testimonianza di Gesù cioè ‘rinascere’ vv. 3.5.6.7. Si passa dalla ‘rigenerazione’ e si va alla fede vv. 11-13. Fede è credere in Gesù come Salvatore e credere a Gesù glorioso. – Battesimo: vv.5ss. acqua; (forse aggiunta nella prospettiva battesimale); acqua “che zampilla per la vita eterna” 4,10 cfr Num 21,6-9.

vv.13-15 Il Figlio innalzato: sulla croce; e alla destra del Padre.

 

 

Gv 3, 14 – 4, 3

dell’uomo. 14E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, 15perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. 16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. 19E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. 20Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. 21Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

°(«Chi crede nel Figlio ha la vota eterna»)

22Dopo queste cose, Gesù andò con i suoi discepoli nella regione della Giudea, e là si tratteneva con loro e battezzava. 23Anche Giovanni battezzava a Ennòn, vicino a Salìm, perché là c’era molta acqua; e la gente andava a farsi battezzare. 24Giovanni, infatti, non era ancora stato gettato in prigione.

25Nacque allora una discussione tra i discepoli di Giovanni e un Giudeo riguardo alla purificazione rituale. 26Andarono da Giovanni e gli dissero: «Rabbì, colui che era con te dall’altra parte del Giordano e al quale hai dato testimonianza, ecco, sta battezzando e tutti accorrono a lui». 27Giovanni rispose: «Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è stata data dal cielo. 28Voi stessi mi siete testimoni che io ho detto: “Non sono io il Cristo”, ma: “Sono stato mandato avanti a lui”. 29Lo sposo è colui al quale appartiene la sposa; ma l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è piena. 30Lui deve crescere; io, invece, diminuire».

31Chi viene dall’alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla secondo la terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. 32Egli attesta ciò che ha visto e udito, eppure nessuno accetta la sua testimonianza. 33Chi ne accetta la testimonianza, conferma che Dio è veritiero. 34Colui infatti che Dio ha mandato dice le parole di Dio: senza misura egli dà lo Spirito. 35Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa. 36Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui.

Cap. 4 *                                                                                         °(La donna samaritana)

1Gesù venne a sapere che i farisei avevano sentito dire: «Gesù fa più discepoli e battezza più di Giovanni» – 2sebbene non fosse Gesù in persona a battezzare, ma i suoi discepoli –, 3lasciò allora la Giudea e si diresse di nuovo verso la Galilea. 4 Doveva

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  1. 16-21 Il giudizio è incluso nella fede; è l’uomo che si giudica da se stesso accettando, o rifiutando la fede. La fede è “fare la verità” nell’accogliere il piano salvifico di Dio.

Cap. 4  Premessa sui rapporti non facili tra i Giudei e i Samaritani. Temi: – v. 16 Il vero

 

Gv 4, 4 – 28

perciò attraversare la Samaria. 5Giunse così a una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: 6qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. 7Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». 8I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. 9Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. 10Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». 11Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? 12Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». 13Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; 14ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». 15«Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua».

°(L’acqua viva è Gesù)

16Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». 17Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. 18Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». 19Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! 20I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». 21Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. 22Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. 23Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano.

°(«I campi biondeggiano per la mietitura»)

24Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». 25Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». 26Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».

27In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». 28La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente:

 

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mistero: l’acqua viva è Gesù; – vv.10.14 che rinnova la vita e che si rivela. – La samaritana: 5 mariti cfr 2Re 17,24-34; – come la sposa di Osea che segue i suoi amanti, adultera. – vv.20.25 Le fughe della donna. – vv.21.24 Il culto in «spirito e verità» culto animato dalla potenza dello Spirito e dalla rivelazione di Gesù.

 

Gv 4, 29 – 51

29«Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». 30Uscirono dalla città e andavano da lui.

31Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». 32Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». 33E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». 34Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. 35Voi non dite forse: “Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura”? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. 36Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. 37In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. 38Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».

°(Gesù è vero Salvatore del mondo)

39Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». 40E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. 41Molti di più credettero per la sua parola 42e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».

°(La fede di un pagano e il figlio guarito)

43Trascorsi due giorni, partì di là per la Galilea. 44Gesù stesso infatti aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella propria patria. 45Quando dunque giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero, perché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme, durante la festa; anch’essi infatti erano andati alla festa. 46Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. 47Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire. 48Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». 49Il funzionario del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». 50Gesù gli rispose: «Va’, tuo figlio vive». Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino. 51Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!».

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  1. 40-42 il Messia atteso dai Samaritani; rivelazione di Gesù con l’accoglienza nella fede prelude alla Chiesa di Samaria cfr At 1,8; 8,5-8

Gesù e i discepoli: – la missione: v.34 è il cibo di Gesù; – v.37 il seme (Gesù) e la mietitura (i discepoli); – vv.43-54 il secondo miracolo

vv.42-45 vv. di passaggio: tensione sull’accoglienza tra v. 44 e 45 forse da riferire alla fede dei Galilei come, o a quella dei Giudei a Gerusalemme 2,23. – Credere senza vedere: guarigione vv.45-54 episodio parallelo a Mt 8,5-13 e Lc 7,1-10 con elementi da Mt 15,21-28. – v.48 Tensione fra la fede e i segni che si risolve al v.53

Roccia (= Cristo) cfr 1Cor 10,4; Es 17,1-7; Nm 20,1-3 cfr sui pozzi Gen 21,23; 24,12-21; 26,15-23; Es 2,16-20 (Mosè liberatore).

 

Gv 4, 52 – 5, 14

52Volle sapere da loro a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un’ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato». 53Il padre riconobbe che proprio a quell’ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive», e credette lui con tutta la sua famiglia. 54Questo fu il secondo segno, che Gesù fece quando tornò dalla Giudea in Galilea.

Cap. 5*                                                                            °(Di sabato il paralitico guarito)

1Dopo questi fatti, ricorreva una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. 2A Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, vi è una piscina, chiamata in ebraico Betzatà, con cinque portici, 3sotto i quali giaceva un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici. [4] 5Si trovava lì un uomo che da trentotto anni era malato. 6Gesù, vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo era così, gli disse: «Vuoi guarire?». 7Gli rispose il malato: «Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, un altro scende prima di me». 8Gesù gli disse: «Àlzati, prendi la tua barella e cammina». 9E all’istante quell’uomo guarì: prese la sua barella e cominciò a camminare. Quel giorno però era un sabato. 10Dissero dunque i Giudei all’uomo che era stato guarito: «È sabato e non ti è lecito portare la tua barella». 11Ma egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: “Prendi la tua barella e cammina”». 12Gli domandarono allora: «Chi è l’uomo che ti ha detto: “Prendi e cammina”?». 13Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato perché vi era folla in quel luogo. 14Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: «Ecco: sei guarito! Non peccare più, perché

 

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Cap. 5 – Unità di opere di Gesù e del Padre. Parti: – vv.1-10 La guarigione. – vv.10-18 Discussione sul sabato. – vv.19-47 Discorso (dialogo e monologo) di Gesù. – vv19-30 Le opere del Padre e del Figlio; – vv.31-47 Le testimonianze di Gesù sono Giovanni Battista, il Padre, le Scritture.

vv1-10 Il miracolo cfr Mc 2,3-12 e paralleli: – v.1 una festa e la festa; – v.2s movimento dell’acqua; – v.4 (non c’è) omesso; – v.5 spiegazione del miracolo. Nella tradizione popolare incentrata su una casa, (Betesda: bet.hesed: casa della grazia o misericordia) i malati speravano in un’acqua ‘miracolosa’. Giov. vuol affermare che Gesù è l’unico salvatore di fronte a ‘guaritori’. Racconto polemico in confronto della religiosità popolare pagana; Gesù salva l’ultimo, quello che non poteva salvarsi. Gesù salva per mezzo non dell’acqua miracolosa, ma della parola, della fede. Novità: insieme della guarigione con la fede. L’ordine di fare quello che di ‘sabato’ non si poteva fare, (in bene): cfr Es 31,12-18; 20,8-11; Ez 20,12-20 e altro.

Polemica sul sabato e l’opera di Gesù. Il sabato e il suo significato – come riposo e riposo escatologico Gen 2,2s; e 20,8-11 – tradizione dei padri: gioia del dono di Dio Is 56,6s; – segno di consacrazione del popolo Es 31,13-17; – segno di liberazione Dt 5,12-15; – Il sabato nella precettistica farisaica e il comando del Signore. – Il sabato nella polemica sinottica cfr Mc 2,23-36; Mt 12,1-8; Lc 14,1-6. Si sottolinea la salvezza dell’uomo; e Gesù è Signore del sabato. Questo testo echeggia la polemica della Chiesa con il giudaismo. Il sabato in Gv è: – l’unione di Gesù con il Padre; – la continuità dell’azione divina: da cui l’accusa di bestemmia v.17s.

vv.14-30 Le opere sono del Padre e del Figlio;  ;- Struttura dei vv.: 19-29 Gesù e il Padre; – Il Padre è colui che dona, ama (greco didonai) vv. 20.26; – vv.21-30 Gesù: luce e giudizio: soterio-

 

Gv 5, 15 – 36

non ti accada qualcosa di peggio». 15Quell’uomo se ne andò e riferì ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo. 16Per questo i Giudei perseguitavano Gesù, perché faceva tali cose di sabato. 17Ma Gesù disse loro: «Il Padre mio agisce anche ora e anch’io agisco». 18Per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo, perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio.

°(Le opere del Padre e del Figlio)

19Gesù riprese a parlare e disse loro: «In verità, in verità io vi dico: il Figlio da se stesso non può fare nulla, se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa allo stesso modo. 20Il Padre infatti ama il Figlio, gli manifesta tutto quello che fa e gli manifesterà opere ancora più grandi di queste, perché voi ne siate meravigliati. 21Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi egli vuole. 22Il Padre infatti non giudica nessuno, ma ha dato ogni giudizio al Figlio, 23perché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato.

24In verità, in verità io vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. 25In verità, in verità io vi dico: viene l’ora – ed è questa – in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e quelli che l’avranno ascoltata, vivranno. 26Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso anche al Figlio di avere la vita in se stesso, 27e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell’uomo. 28Non meravigliatevi di questo: viene l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce 29e usciranno, quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna. 30Da me, io non posso fare nulla. Giudico secondo quello che ascolto e il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.

°(Sono testimoni Giovanni, il Padre e le scritture)

31Se fossi io a testimoniare di me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera. 32C’è un altro che dà testimonianza di me, e so che la testimonianza che egli dà di me è vera. 33Voi avete inviato dei messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza alla verità. 34Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché siate salvati. 35Egli era la lampada che arde e risplende, e voi solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce. 36 Io però ho una testimonianza

 

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logia. – vv.24-29 Il Figlio è colui che obbedisce e per questo ha il “potere di avere la vita e di giudicare”.

vv.31-47 I diversi testimoni di Cristo nello sfondo di un processo: – il Padre dà testimonianza al Figlio attraverso le opere che il Padre stesso gli dà a compiere vv. 31.36.37; – testimonianza da Giovanni Battista; – e testimonianza dalle Scritture vv.39-40. Conseguenza: la vera gloria del Figlio è opposta alla ‘gloria’ del mondo, alla gloria propria che cercano i Giudei. Dio lo si conosce aprendo il cuore, non cercando nelle tenebre la propria gloria.

 

 

Gv 5, 37 – 6, 12

superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato. 37E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, 38e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato. 39Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me. 40Ma voi non volete venire a me per avere vita. 41Io non ricevo gloria dagli uomini. 42Ma vi conosco: non avete in voi l’amore di Dio. 43Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi accogliete; se un altro venisse nel proprio nome, lo accogliereste. 44E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio? 45Non crediate che sarò io ad accusarvi davanti al Padre; vi è già chi vi accusa: Mosè, nel quale riponete la vostra speranza. 46Se infatti credeste a Mosè, credereste anche a me; perché egli ha scritto di me. 47Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?».

Cap. 6*                                                                                               °(Gesù nutre le folle)

1Dopo questi fatti, Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, 2e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. 3Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. 4Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei.

5Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». 6Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. 7Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo». 8Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: 9«C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». 10Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini. 11Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano. 12E quando furono saziati,

 

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Cap. 6 – (E’ interrotta la continuità dei capp. 5 e 7 cfr sinottici: 2 racconti; Mc sezione dei pani Mc 6,30-42 e 8,1-10). Parti: – Moltiplicazione dei pani vv.1-15. – Gesù cammina sulle acque vv.16-25. – Il discorso sul pane della vita vv. 26-59. – Crisi e professione di fede da Dt e At – “Questa parola è dura”; professione di fede vv.60-71.

vv.1-15 Nel miracolo ci sono particolarità di Gv.: – vv.1-3 Gesù al primo giorno; in Mc i discepoli (‘essi’ 3b). – v.2 La folla segue per i “segni” cfr 2,23. – v.4 Ricordo della Pasqua: preparazione al tema dell’esodo e della Pasqua. – vv.5.6.8.10-13 L’iniziativa di Gesù nei confronti degli apostoli Filippo, Andrea; Gesù distribuisce il pane. – v.11 Richiamo all’Eucaristia che Gv non racconta; – vv.12-13 Pezzi (clasmata) raccolti; – Confronto con i miracoli analoghi dell’A. T. Es 16,16s; Nm 11,22; Eliseo in 2Re 4,42-44 si sottolinea l’abbondanza.

 

 

Gv 6, 13 – 30

disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». 13Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato. 14Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». 15Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo.

°(Il segno di Gesù che cammina sulle acque)

16Venuta intanto la sera, i suoi discepoli scesero al mare, 17salirono in barca e si avviarono verso l’altra riva del mare in direzione di Cafàrnao. Era ormai buio e Gesù non li aveva ancora raggiunti; 18il mare era agitato, perché soffiava un forte vento. 19Dopo aver remato per circa tre o quattro miglia, videro Gesù che camminava sul mare e si avvicinava alla barca, ed ebbero paura. 20Ma egli disse loro: «Sono io, non abbiate paura!». 21Allora vollero prenderlo sulla barca, e subito la barca toccò la riva alla quale erano diretti.

22Il giorno dopo, la folla, rimasta dall’altra parte del mare, vide che c’era soltanto una barca e che Gesù non era salito con i suoi discepoli sulla barca, ma i suoi discepoli erano partiti da soli. 23Altre barche erano giunte da Tiberìade, vicino al luogo dove avevano mangiato il pane, dopo che il Signore aveva reso grazie. 24Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. 25Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?». 26Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. 27Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». 28Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». 29Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato». 30 Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai?

 

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vv.14s profeta” Dt 16,15 (festa delle capanne). Gesù ritirandosi evita l’equivoco zelota della falsa attesa messianica di un re; – Confronto tra l’attesa della folla e la vera ricerca di Dio. I Giudei in fondo cercano se stessi non il dono di Dio; – Gesù è il superamento di Mosè (manna).

vv.16-21 Gesù va incontro ai discepoli sulle acque. Gv parla della tempesta, ma non dice che Gesù calma la tempesta (come in Mc), piuttosto che si rivela per quel che egli è: “Io sono” v.20

vv.22-59 Il discorso di Cafarnao è un discorso ad ondate successive che tornano sullo stesso tema, precisandolo <”cibo che rimane per la vita eterna” v.27>; – vv.22-29 introduttivi ai temi: 22-25 riallaccio al miracolo del pane; – vv.25-29 proposta a Gesù; – v.27; chiarificazione; – v.28-29 Risposta di Gesù sul fare le opere di Dio. Già qui sono racchiusi e anticipati i temi: – contrapposizione tra Gesù e la manna; – accenno ai motivi cristologici: vita eterna; cibo dato da Gesù stesso; – l’azione del Padre; – la fede.

vv.30-58 Il discorso eucaristico: un serrato conflitto tra la rivelazione di Dio e l’incredulità

 

 

Gv 6, 31 – 53

°(La manna e Gesù pane di vita)

31I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo». 32Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. 33Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». 34Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». 35Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai! 36Vi ho detto però che voi mi avete visto, eppure non credete. 37Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, 38perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. 39E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. 40Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno». 41Allora i Giudei si misero a mormorare contro di lui perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». 42E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?». 43Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. 44Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 45Sta scritto nei profeti: E tutti saranno istruiti da Dio. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. 46Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. 47In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna. 48Io sono il pane della vita. 49I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; 50questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. 51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

52Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 53Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non

 

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dell’uomo: – due quadri: 32-48 (credere per la vita eterna) e 50-58 (pane di vita eterna); – i vv.32-50 incentrati tra la fede in Gesù e l’identità di Gesù (cibo); – i vv.50-58 incentrati sul pane che dà la vita: il corpo dato di Gesù (forse aggiunto in un secondo momento?). I due quadri forse si collegano e si concludono in un confronto tra la manna e il pane di Gesù v.32 (saldatura: i vv.48-58 fanno da cerniera) v. 58: vi si intravvedono le linee fondamentali di tutto il discorso: – il confronto d’opposizione tra Gesù che è vita, e la manna; – la rivelazione di Gesù e l’attesa dei Giudei; – l’opposizione tra l’antica e la nuova alleanza (che è Spirito).

Temi teologici: “Io sono il pane vivo disceso dal cielo” v. 51: quel “Io sono” svela l’identità di Gesù sotto l’aspetto della sua origine celeste e sotto l’aspetto della sua dimensione salvifica. Gesù è un’esistenza in dono: sia dono di Dio per noi; sia dono perché l’uomo sia ‘dono’ per gli altri.

v.52 “Come può costui darci la sua carne da mangiare?” Opposizione tra opere e fede. Il problema è riconoscere chi è Gesù: per la folla e per i Giudei è – Gesù di Nazaret e conoscono il padre e la madre; – è un profeta al v.14 di una certa prospettiva messianica; – da costui cercano opere v.30 (segno).

 

Gv 6, 54 – 70

mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 58Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

°(Pietro dice: “Tu sei il Santo di Dio”)

59Gesù disse queste cose, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao. 60Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?». 61Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? 62E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? 63È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. 64Ma tra voi vi sono alcuni che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. 65E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre».

66Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. 67Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». 68Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna 69e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio». 70Gesù riprese: «Non sono

 

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v.38 “colui che mi ha mandato” ma non si aprono alla fede (pisteuen eis = credere in), ad accogliere Gesù per avere la vita «Io sono il pane della vita» vv.35-39. “Questo è il pane disceso dal cielo; non come quello che mangiarono i vostri padri e morirono” v. 58. Si esprime il senso del superamento della manna, avviato già nell’ A. T. cfr Dt 8,2s; Sal 78,24ss.; Sap 16,26 dove manna indica la parola di Dio. E’ chiaro il senso del compimento in rapporto alla Sapienza che fa invito Prov 9,5s; Sir 24,19ss; Is 55,11-13.

v.54 “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna”: – ‘Vita’ in Gv è salvezza: – è una vita “dono”; universale “per tutti”; vita presente e futura; – vita è grazia, dono per chi si apre alla fede: è un essere dato a Gesù vv.37.39 attirato dal Padre, ammaestrato da Dio vv.44.45.

v.55 “La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda”; i vv.51-58 hanno come centro l’eucaristia. Anche se Gv non ne racconta l’istituzione, il contesto del cap. 6 è uguale: nel tradimento dei capi, di Giuda, di Pietro; inoltre nel senso del pane spezzato e il vino dato: senso della vita data in dono, data ‘per’…- Gv. esprime chiaramente il rapporto tra fede e sacramento, sottolinea il vicendevole rapporto, decentrando nella prima parte il senso della fede e nella seconda parte la realtà del segno sacramentale: ‘carne-sangue’.

vv.60-70 La crisi dei discepoli dubbiosi. Gv pone in questo contesto quello che nei sinottici è la crisi ‘galilaica’(“chi dice che io sia”) Mc 8,27ss. anche qui con il risvolto della confessione di Pietro. Lo sconcerto è capire Gesù, la sua origine, la sua identità v. 62, l’uomo che si affida alla carne non lo comprende, bisogna aprirsi allo Spirito v.63.

Giuda e Pietro: Giuda è la figura emblematica di chi è chiuso in se stesso v.70, posseduto dal diavolo che divide da Dio. Pietro a nome di tutti confessa che i “discepoli” hanno “creduto” e “conosciuto” che Gesù è il Santo di Dio, cioè colui che appartiene a Dio. Gesù è diverso, sfugge ai nostri schemi e può offrire una vita nuova, quella di Dio.

 

Gv 6, 71 – 7, 18

forse io che ho scelto voi, i Dodici? Eppure uno di voi è un diavolo!». 71Parlava di Giuda, figlio di Simone Iscariota: costui infatti stava per tradirlo, ed era uno dei Dodici.

Cap. 7*                                                                             °(Gesù rifiutato e Gesù creduto)

1Dopo questi fatti, Gesù se ne andava per la Galilea; infatti non voleva più percorrere la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo. 2Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, quella delle Capanne. 3I suoi fratelli gli dissero: «Parti di qui e va’ nella Giudea, perché anche i tuoi discepoli vedano le opere che tu compi. 4Nessuno infatti, se vuole essere riconosciuto pubblicamente, agisce di nascosto. Se fai queste cose, manifesta te stesso al mondo!». 5Neppure i suoi fratelli infatti credevano in lui. 6Gesù allora disse loro: «Il mio tempo non è ancora venuto; il vostro tempo invece è sempre pronto. 7Il mondo non può odiare voi, ma odia me, perché di esso io attesto che le sue opere sono cattive. 8Salite voi alla festa; io non salgo a questa festa, perché il mio tempo non è ancora compiuto». 9Dopo aver detto queste cose, restò nella Galilea.

10Ma quando i suoi fratelli salirono per la festa, vi salì anche lui: non apertamente, ma quasi di nascosto. 11I Giudei intanto lo cercavano durante la festa e dicevano: «Dov’è quel tale?». 12E la folla, sottovoce, faceva un gran parlare di lui. Alcuni infatti dicevano: «È buono!». Altri invece dicevano: «No, inganna la gente!». 13Nessuno però parlava di lui in pubblico, per paura dei Giudei.

°(«Non giudicate secondo le apparenze»)

14Quando ormai si era a metà della festa, Gesù salì al tempio e si mise a insegnare. 15I Giudei ne erano meravigliati e dicevano: «Come mai costui conosce le Scritture, senza avere studiato?». 16Gesù rispose loro: «La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato. 17Chi vuol fare la sua volontà, riconoscerà se questa dottrina viene da Dio, o se io parlo da me stesso. 18Chi parla da se stesso, cerca la propria

 

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Capp. 7-8 (Introduzione) i due capp. sono una raccolta di materiale eterogeneo, in cui sono riunite insieme alcune controversie di Gesù con i Giudei: – la polemica sul sabato 7,19-14 si riferisce al cap. 5 (fuori posto); – L’episodio dell’adultera 7,58-8,11 è interpolato; – L’unità è data dal clima di controversia intorno alla persona di Gesù e tende a svelare la persona di Gesù; dialettica creata nello sfondo della festa delle capanne

Divisione del contenuto: – vv. 7,1-10 Gesù va all’insaputa dei parenti alla festa delle capanne. – vv. 7,11-8,30 Discorsi polemici sull’identità di Gesù e annuncio del suo ritorno al Padre. vv. 8,31-59 Discorso polemico più unitario di accusa da parte di Gesù: i Giudei sono figli del diavolo.

Elementi ricorrenti: – risponde alle obiezioni sulla messianicità di Gesù: – sappiamo da dove viene 7,27. – Non è figlio di Davide 7,41-43. – Pretende di dare libertà a chi è già libero 8,33. – Pretende di essere contemporaneo di Abramo 8,52-58.

L’opposizione che Gesù trova fa introdurre in maniera più esplicita il tema del ritorno al Padre mediante la passione e la croce 7,30s; 8,14.21s.28.

  1. 1-10 Gesù alla festa: – confronto d’ opposizione tra Gesù e i parenti: I parenti misurano sulla base della gloria personale e dei relativi tempi opportuni. Gesù misura sulla volontà e i tempi del Padre cfr Mc 3,20-21: Gesù giudicato “fuori di sé” per la sua attività

 

Gv 7, 19 – 38

gloria; ma chi cerca la gloria di colui che lo ha mandato è veritiero, e in lui non c’è ingiustizia. 19Non è stato forse Mosè a darvi la Legge? Eppure nessuno di voi osserva la Legge! Perché cercate di uccidermi?». 20Rispose la folla: «Sei indemoniato! Chi cerca di ucciderti?». 21Disse loro Gesù: «Un’opera sola ho compiuto, e tutti ne siete meravigliati. 22Per questo Mosè vi ha dato la circoncisione – non che essa venga da Mosè, ma dai patriarchi – e voi circoncidete un uomo anche di sabato. 23Ora, se un uomo riceve la circoncisione di sabato perché non sia trasgredita la legge di Mosè, voi vi sdegnate contro di me perché di sabato ho guarito interamente un uomo? 24Non giudicate secondo le apparenze; giudicate con giusto giudizio!».

°(L’origine di Gesù e il suo ritorno al Padre)

25Intanto alcuni abitanti di Gerusalemme dicevano: «Non è costui quello che cercano di uccidere? 26Ecco, egli parla liberamente, eppure non gli dicono nulla. I capi hanno forse riconosciuto davvero che egli è il Cristo? 27Ma costui sappiamo di dov’è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia». 28Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: «Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure non sono venuto da me stesso, ma chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete. 29Io lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato».

30Cercavano allora di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettere le mani su di lui, perché non era ancora giunta la sua ora. 31Molti della folla invece credettero in lui, e dicevano: «Il Cristo, quando verrà, compirà forse segni più grandi di quelli che ha fatto costui?». 32I farisei udirono che la gente andava dicendo sottovoce queste cose di lui. Perciò i capi dei sacerdoti e i farisei mandarono delle guardie per arrestarlo. 33Gesù disse: «Ancora per poco tempo sono con voi; poi vado da colui che mi ha mandato. 34Voi mi cercherete e non mi troverete; e dove sono io, voi non potete venire». 35Dissero dunque tra loro i Giudei: «Dove sta per andare costui, che noi non potremo trovarlo? Andrà forse da quelli che sono dispersi fra i Greci e insegnerà ai Greci? 36Che discorso è quello che ha fatto: “Voi mi cercherete e non mi troverete”, e: “Dove sono io, voi non potete venire”?».

°(Fonte dello Spirito: «Chi ha sete venga a me e beva »)

37Nell’ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù, ritto in piedi, gridò: «Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva 38chi crede in me. Come dice la Scrittura: Dal

 

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vv.11-24 Festa delle capanne, festa della gioia: – la dottrina di Gesù. – La reazione di fronte a Gesù e alla sua predicazione come nei sinottici Mc 6,1-6 e paralleli, ma qui a Gerusalemme; – la dottrina di Gesù è vera perché lui fa la volontà del Padre; ed è nel seno del Padre: vv.21-24 – Prova ne è la vera interpretazione della legge del sabato.

  1. 25-36. Lo Spirito e l’origine di Gesù: – vv.26ss. L’obiezione sul fatto che di Gesù si conosce il luogo di origine dà occasione a Gesù di precisare la sua origine; – v.32  Tensione tra la folla  vv. 25.31 e tra i capi che mandano le guardie ad arrestarlo.  vv.33s.-36 questo da occasione di precisare come lui torna al Padre, liberamente.

 

 

Gv 7, 39 – 8, 11

suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva». 39Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non vi era ancora lo Spirito, perché Gesù non era ancora stato glorificato. 40All’udire queste parole, alcuni fra la gente dicevano: «Costui è davvero il profeta!». 41Altri dicevano: «Costui è il Cristo!». Altri invece dicevano: «Il Cristo viene forse dalla Galilea? 42Non dice la Scrittura: Dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il villaggio di Davide, verrà il Cristo?». 43E tra la gente nacque un dissenso riguardo a lui. 44Alcuni di loro volevano arrestarlo, ma nessuno mise le mani su di lui. 45Le guardie tornarono quindi dai capi dei sacerdoti e dai farisei e questi dissero loro: «Perché non lo avete condotto qui?». 46Risposero le guardie: «Mai un uomo ha parlato così!». 47Ma i farisei replicarono loro: «Vi siete lasciati ingannare anche voi? 48Ha forse creduto in lui qualcuno dei capi o dei farisei? 49Ma questa gente, che non conosce la Legge, è maledetta!». 50Allora Nicodèmo, che era andato precedentemente da Gesù, ed era uno di loro, disse: 51«La nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?». 52Gli risposero: «Sei forse anche tu della Galilea? Studia, e vedrai che dalla Galilea non sorge profeta!». 53E ciascuno tornò a casa sua.

Cap. 8*                                                                                         °(Gesù salva l’adultera)

1Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. 2Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. 3Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e 4gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. 5Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». 6Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. 7Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». 8E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. 9Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. 10Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». 11Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».

 

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Cap. 8    Gesù perdona l’adultera (v.11) cfr la legge Lv 20,10; di 22,22. Gli scribi (mai nominati da Gv) fanno un approccio malevolo, non sono sinceri, vogliono trovare capi d’accusa contro Gesù. – Gesù li coinvolge: il giudizio di Dio è su tutti i peccatori. – Gesù esprime il giudizio di Dio perdonando e chiedendo conversione.

vv.12-20: Gesù luce del mondo (v.12) affermazione di rivelazione: – Gesù è luce che illumina come il padre; – è luce di vita, felicità e gioia. – Gesù è luce che si oppone e vince le tenebre. – Solo per mezzo di Gesù luce si rivelano Dio e la sua luce. La testimonianza che Gesù dà è radicata nella sua origine dal Padre, che i Giudei non vogliono riconoscere, mentre Gesù che compie la volontà del Padre e non la propria: non cerca la sua gloria cfr 5,31.44. I Giudei giudicano secondo la carne, cioè solo all’esterno, vedono l’apparenza e sono incapaci di leggere più profondamente

 

Gv 8, 12 – 30

°(Gesù, luce che vince le tenebre)

12Di nuovo Gesù parlò loro e disse: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita». 13Gli dissero allora i farisei: «Tu dai testimonianza di te stesso; la tua testimonianza non è vera». 14Gesù rispose loro: «Anche se io do testimonianza di me stesso, la mia testimonianza è vera, perché so da dove sono venuto e dove vado. Voi invece non sapete da dove vengo o dove vado. 15Voi giudicate secondo la carne; io non giudico nessuno. 16E anche se io giudico, il mio giudizio è vero, perché non sono solo, ma io e il Padre che mi ha mandato. 17E nella vostra Legge sta scritto che la testimonianza di due persone è vera. 18Sono io che do testimonianza di me stesso, e anche il Padre, che mi ha mandato, dà testimonianza di me». 19Gli dissero allora: «Dov’è tuo padre?». Rispose Gesù: «Voi non conoscete né me né il Padre mio; se conosceste me, conoscereste anche il Padre mio». 20Gesù pronunciò queste parole nel luogo del tesoro, mentre insegnava nel tempio. E nessuno lo arrestò, perché non era ancora venuta la sua ora.

°(«Io sono» e il mondo che non crede)

21Di nuovo disse loro: «Io vado e voi mi cercherete, ma morirete nel vostro peccato. Dove vado io, voi non potete venire». 22Dicevano allora i Giudei: «Vuole forse uccidersi, dal momento che dice: “Dove vado io, voi non potete venire”?». 23E diceva loro: «Voi siete di quaggiù, io sono di lassù; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo. 24Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non credete che Io Sono, morirete nei vostri peccati». 25Gli dissero allora: «Tu, chi sei?». Gesù disse loro: «Proprio ciò che io vi dico. 26Molte cose ho da dire di voi, e da giudicare; ma colui che mi ha mandato è veritiero, e le cose che ho udito da lui, le dico al mondo». 27Non capirono che egli parlava loro del Padre. 28Disse allora Gesù: «Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono e che non faccio nulla da me stesso, ma parlo come il Padre mi ha insegnato. 29Colui che mi ha mandato è con me: non mi ha lasciato solo, perché faccio sempre le cose che gli sono gradite». 30A queste sue parole, molti credettero in lui.

 

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perché guidati dalla carne e sono di fatto staccati da Dio.

vv.21-30: ”Io sono” e il peccato: – nell’andare al Padre, Gesù rivela la sua identità, cioè l’essere-‘con’, espressione suprema di Dio e della sua presenza armoniosa. – Il peccato di morte è il rifiuto di questo dono, di questa presenza, come il peccato contro lo Spirito Santo cfr Mc 3,29.

  1. 31-59 I veri figli di Abramo e i figli del diavolo: – tutta la discussione verte su un confronto tra Gesù e i Giudei: Gesù conosce il Padre e lo rivela e quindi può dare la libertà vera che viene da Dio, e si manifesta nella fede del padre Abramo.

I Giudei non conoscono Dio e quindi non possono essere in sintonia con Gesù, sono perciò schiavi del male e figli non di Abramo, ma del diavolo

 

 

 

Gv 8, 31 – 48

°(Il Figlio di Dio e i figli del diavolo)

31Gesù allora disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; 32conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». 33Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: “Diventerete liberi”?». 34Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. 35Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre. 36Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. 37So che siete discendenti di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi. 38Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro». 39Gli risposero: «Il padre nostro è Abramo». Disse loro Gesù: «Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. 40Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l’ha fatto. 41Voi fate le opere del padre vostro». Gli risposero allora: «Noi non siamo nati da prostituzione; abbiamo un solo padre: Dio!». 42Disse loro Gesù: «Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato. 43Per quale motivo non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alla mia parola. 44Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna. 45A me, invece, voi non credete, perché dico la verità. 46Chi di voi può dimostrare che ho peccato? Se dico la verità, perché non mi credete? 47Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Per questo voi non ascoltate: perché non siete da Dio». 48Gli risposero i Giudei: «Non

 

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Tre note: – libertà e verità; – le due origini; – sfida tra Gesù e Giudei.

vv.31-36. Libertà e verità; – v.32 Il confronto parte dall’affermazione di Gesù: “conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”. – I Giudei (anche i credenti v.31) sono convinti di essere liberi, nella verità, dalla parte di Dio. – Gesù afferma che sono schiavi del peccato e quindi non conoscono la verità e sono dalla parte del diavolo. Tutto punta sull’affermazione: “la verità vi farà liberi” v.31. Ma quale verità e quale libertà? In Gv ‘verità’ non è la contemplazione dell’essere e nell’adeguare l’intelletto alla realtà, come nella visione greca; non è nemmeno esclusivamente la “fedeltà di Dio” nell’adempiere alle promesse; ma la verità è la persona di Gesù e il piano di salvezza svelato in lui Gv 14,6.17; 15,26 e 16,23 lo Spirito di verità.

vv.35s Libertà è adesione a Gesù e al piano di Dio, è comunione filiale con Dio, come il figlio nella casa è libero: Verità e libertà vengono dall’ascolto della parola di Dio in Gesù; chi non lo ascolta è schiavo del peccato. Dualismo etico: verità e libertà vengono dall’accettazione della propria origine, cioè dalla realtà filiale. Gv applica all’uomo quello che dice di Gesù, il Figlio.

vv.37-47-. Le due origini (Dio e diavolo). È il momento più duro del confronto. Qui Gv non ha presente solo lo scontro tra Gesù e i Giudei, ma anche quello della ‘Sinagoga’ e della ‘Chiesa’ e più ampiamente quello della incredulità e della fede. La contestazione di Gesù: (“siete figli non di Abramo ma del diavolo”) parte dalla realtà, cioè voi rifiutate la mia parola, cercate di uccidermi,

 

 

Gv 8, 49 – 9, 8

abbiamo forse ragione di dire che tu sei un Samaritano e un indemoniato?».49Rispose Gesù: «Io non sono indemoniato: io onoro il Padre mio, ma voi non onorate me. 50Io non cerco la mia gloria; vi è chi la cerca, e giudica. 51In verità, in verità io vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno». 52Gli dissero allora i Giudei: «Ora sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: “Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno”. 53Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?». 54Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: “È nostro Dio!”, 55e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi: un mentitore. Ma io lo conosco e osservo la sua parola. 56Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia». 57Allora i Giudei gli dissero: «Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?». 58Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono». 59Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.

Cap. 9*                                                                       °(Il cieco guarito e le opere del Padre)

1Passando, vide un uomo cieco dalla nascita 2e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». 3Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. 4Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. 5Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». 6Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco 7e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe» – che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. 8Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano:

 

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quindi voi siete figli non di Abramo, come voi dite, ma del diavolo e infatti il diavolo è “menzognero” (ingannatore) e “omicida fin dall’inizio”. Qui c’è una teologia della storia, non solo una polemica con i Giudei: questi stanno a rappresentare chiunque rifiuta la verità cioè la rivelazione di Gesù.

vv.48-52 -. La sfida reciproca tra i Giudei e Gesù. Da una parte i Giudei rimangono fermi nella nelle loro incomprensioni e accuse: – v.48 “Sei un samaritano … un indemoniato”. v.53 “Chi pretendi di essere?”. – Dall’altra parte Gesù conferma le sue asserzioni:  “Chi osserva la mia parola non vedrà la morte in eterno” v.51.

vv.55.58 -. “Il Padre, io lo conosco e osservo la sua parola”. – Prima che Abramo fosse, Io Sono” v.58. È la risposta e la ‘pretesa’ di Gesù; è la sfida nella storia.

Cap. 9.

Aspetti generali da considerare: racconto, paralleli, richiami. Inoltre struttura e prospettiva. Capitolo lineare nel racconto: si riallaccia ai capitoli precedenti nel ‘libro dei segni’ dove è sottolineato il tema della vita: nascita, acqua che dà la vita; il pane di vita. Qui predomina il tema della luce, che rimanda a 8,12: “Io sono la luce del mondo”. – Racconto parallelo al cap. 5 sul

 

 

Gv 9, 9 – 24

«Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?».

°(Rifiuto e fede al ”profeta”)

9Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». 10Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». 11Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». 12Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so». 13Condussero dai farisei quello che era stato cieco: 14era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. 15Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». 16Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. 17Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». 18Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. 19E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». 20I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; 21ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». 22Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. 23Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!». 24Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era

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paralitico: in tutte le due c’è la piscina, il miracolo è compiuto di sabato, occasione di contrasto; – tutt’e due hanno come sfondo il battesimo che era chiamato ‘illuminazione’ Ec 6,4; 10,32; Ef 5,14. – Richiamo al prologo 1,5: contrasto tra luce e tenebre 1,5. Qui chi era cieco viene illuminato, ma chi crede di vedere è invece cieco.

Analisi delle parti: – vv.1-7 Al racconto, seguono gli interrogativi. – vv.8-12 Il cieco interrogato dalla gente. – vv.13-17 Domande dei farisei. – vv. 18-23 I genitori interrogati dai Giudei. – vv.24-34 I Giudei interrogano di nuovo il cieco guarito. – vv.35-40 Incontri di Gesù: Con il cieco, la fede; v.41 con i Giudei l’incredulità

Prospettive: fede e incredulità: – Da una parte il cammino di fede del cieco con un uomo ‘chiamato Gesù’ v.11, un profeta v.17, un inviato “viene di Dio” v.33, ”credo, Signore” v.38; – Dall’altra parte un’incredulità dei giudei. Prima riconoscono il miracolo vv.19.17, poi mettono in discussione lo stesso miracolo. Il cieco tre volte dice di non sapere vv.12.25.36 e tre volte i farisei dicono di sapere vv.16.24.29

Racconto: vv.1-7 l’iniziativa è di Gesù; il centro è la questione della causa della malattia: “chi ha peccato?” ma a Gesù non interessa l’origine della sofferenza. vv.3.5 L’atteggiamento dinanzi alla sofferenza e lo scopo della sua missione: Gesù è proteso a manifestare le opere di Dio e la sua signoria sul sabato, da qui segue la polemica.

v.7: “Va’ e lavati” riferimento Naamàn 2Re,5 e alla prova della fede: ‘inviato’ è participio passato= è acqua mandata per la salvezza (participio presente= inviante= causa di salvezza).

 

Gv 9, 25 – 10, 3

stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». 25Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». 26Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». 27Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». 28Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! 29Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». 30Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. 31Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. 32Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. 33Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». 34Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.

°(“Io credo, Signore”)

35Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». 36Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». 37Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». 38Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui. 39Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». 40Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». 41Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane».

Cap. 10*                                                                             °(Io sono la porta delle pecore)

1«In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. 2Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. 3Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli

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vv.8-35 i dialoghi o interrogatori mettono in evidenza i due dati: luce _ tenebre; apertura la fede _ chiusura degli animi. Essere cacciati dalla sinagoga significa essere banditi dalla famiglia, dalla comunità, dalla società religiosa.

vv.36-41 La conclusione mette in evidenza la decisione dinanzi a Gesù, luce per il cieco; tenebre per i Farisei. La polemica tra Chiesa e Sinagoga sull’identità e sull’origine di Gesù in rapporto al significato del sabato. Si nota la dimensione battesimale come si sviluppa nel cammino ecclesiale catecumenale.

Cap. 10 – Il tema è Gesù pastore, il Figlio di Dio. Il brano è piuttosto composito e rivela più mani. Tre parti: – vv.1-21 le parabole e la spiegazione. – vv.22-39 La ripresa del tema e ampliamento alla festa della dedicazione. vv.40-42 Breve sommario conclusivo. Tutto il capitolo è ricco di riferimenti all’Antico Testamento, rapportati alla persona di Gesù, forse sviluppati in clima post pasquale, partendo da affermazioni di Gesù.

Prima parte: parabole e spiegazione: vv.1-21 Qui sono raccolte tre piccole parabole: vv.1-3 il pastore e il ladro; vv.3-5 il pastore conosciuto e l’estraneo; vv.11-13 il pastore e il mercenario; vv.7-10 la spiegazione delle parabole. Nei vv.1-5 riferimento alla vita palestinese del pastore, il

 

 

Gv 10, 4 – 20

chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. 4E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. 5Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». 6Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.

7Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. 8Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. 11Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. 12Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; 13perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.  14Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, 15così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. 16E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. 17Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. 18Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio». 19Sorse di nuovo dissenso tra i Giudei per queste parole. 20Molti di loro dicevano: «È indemoniato ed è fuori di sé; perché state ad ascoltarlo?».

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completo riferimento è Ez 34 e Sal 23 dove si sottolinea l’amore di Dio, la scelta, la conoscenza reciproca, la preoccupazione, la ricerca, la condanna dei cattivi pastori: cfr Mt 9,36ss “erano come pecore senza pastore”; c’è anche il tema della sequela vv.4-5, spesso richiamato in Gv che si esprime nella reciproca “conoscenza”.

v.6 l’incomprensione: Gv 9,40s, è un tema noto ai sinottici cfr Mc 4,11 e Mt 13,10-17. L’incomprensione non riguarda solo le parabole, ma la rivelazione della persona di Gesù: cfr 12,34-41. In Gv la spiegazione non solo delle parabole, anche di chi è Gesù viene affidata allo Spirito cfr 14,25s e 16,25s.

vv.7-10 La spiegazione della breve parabola: la porta dell’ovile; e un’affermazione cristologica: in rapporto ai pastori perché solo chi passa per la porta cioè Gesù è un pastore legittimo; in rapporto ai fedeli perché solo attraverso la porta cioè attraverso Gesù si entra nel Regno.

vv.11-18 Nella terza parabola il pastore vero e il mercenario sono contrapposti, e unico è l’ovile: vv11-13 pastore buono vedi Ez 34 e Sal 23. – Aspetto polemico nei confronti dei capi religiosi e dei farisei come Ez 34. v.14 le pecore “conoscono” il pastore; i farisei (pecore non vere) non lo “conoscono”. vv.15-18 Il vero pastore da che cosa si conosce? Egli “dà la vita per le pecore”: riprende v.11 e dà il motivo della conoscenza da parte delle pecore e degli altri. Il dare la vita per le pecore è un atto di amore per tutti: per Israele e per le “genti” altre pecore nella situazione della comunità giovannea. Il dare la vita è un atto di piena libertà di Gesù e nello stesso tempo di obbedienza al comando del Padre. Libertà e obbedienza unite si radicano nell’essere Figlio (Trinità) e nella sua umanità.

vv.19-21 La polemica e gli interrogativi su Gesù: indemoniato? _ Non indemoniato

 

Gv 10, 21 – 41

21Altri dicevano: «Queste parole non sono di un indemoniato; può forse un demonio aprire gli occhi ai ciechi?».

°(«Io sono il buona Pastore»)

22Ricorreva allora a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era inverno. 23Gesù camminava nel tempio, nel portico di Salomone. 24Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando ci terrai nell’incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente». 25Gesù rispose loro: «Ve l’ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me. 26Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore. 27Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. 28Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. 29Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre.

°(Io e il Padre siamo una sola realtà)

30Io e il Padre siamo una cosa sola». 31Di nuovo i Giudei raccolsero delle pietre per lapidarlo. 32Gesù disse loro: «Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre: per quale di esse volete lapidarmi?». 33Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per una bestemmia: perché tu, che sei uomo, ti fai Dio». 34Disse loro Gesù: «Non è forse scritto nella vostra Legge: Io ho detto: voi siete dèi? 35Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio – e la Scrittura non può essere annullata –, 36a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo voi dite: “Tu bestemmi”, perché ho detto: “Sono Figlio di Dio”? 37Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; 38ma se le compio, anche se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre». 39Allora cercarono nuovamente di catturarlo, ma egli sfuggì dalle loro mani. 40Ritornò quindi nuovamente al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui rimase. 41Molti andarono da lui e dicevano: «Giovanni non ha compiuto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era

 

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I vv.22-39 riprendono i termini precedenti: le pecore, la conoscenza, il dono della vita, ma si amplificano nella prospettiva dell’identità di Gesù, affermata come in un grande processo in cui Gesù viene condannato per bestemmia e si tenta di lapidarlo vv.31.39. Lo sfondo è il tempio e la festa. Nei vv.22-31 si amplia il tema, con l’aggiunta che le pecore non potranno essere separate o rapite perché gliele ha date il Padre, che è più grande di tutti e con lui il “Figlio” è “una cosa sola” v.30 affermazione dell’identità di Gesù, da cui la condanna e il tentativo di lapidazione. I vv.32-39 sono come la difesa dopo la prima condanna. Gesù porta due prove: le opere e la Scrittura: le sue opere testimoniano la sua unione con il Padre. La sacra Scrittura è interpretata con metodo rabbinico prendendo alla lettera l’espressione più “siete dei”, non in senso metaforico. Un nuovo tentativo di lapidazione. I Sinottici pongono il processo nel Sinedrio cfr Mt 26,3. Gv lo fa sviluppare in tutta la vita di Gesù, spesso a Gerusalemme capp. 5; 9; 11 sullo sfondo del tempio.

vv.40-42 preparano il cap.11: Gesù non sta a Gerusalemme: – Confronto tra Gesù e Giovanni Battista; – Fede e non fede

 

Gv 10, 42 – 11, 17

vero». 42E in quel luogo molti credettero in lui.

Cap. 11*                                                          °(Per la gloria di Dio la morte di Lazzaro)

1Un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. 2Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. 3Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».

4All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». 5Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. 6Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. 7Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». 8I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». 9Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; 10ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui».

11Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo». 12Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». 13Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. 14Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto 15e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». 16Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».

°(Il dolore di Gesù che è risurrezione)

17Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro.

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Cap. 11 Alla fine del ‘libro dei segni’ Gv dà molto risalto alla risurrezione di Lazzaro che prelude alla risurrezione di Gesù, con l’affermazione: “Io sono la risurrezione e la vita” v.25.

Parti: – vv.1-4 antefatto. – vv.5-16 Gesù e i discepoli.  vv.17-37 Gesù a Betania e le sorelle di Lazzaro. vv.38-44 Il miracolo. vv.45-53 La reazione delle persone.

Qui non c’è prima il miracolo e poi l’approfondimento, ma si arriva al miracolo dopo due dialoghi di Gesù: prima con gli apostoli (5-16), poi con le sorelle di Lazzaro (17-37) entro i quali si intreccia il significato del segno per l’identità di Gesù. Il libro dei segni si conclude con due episodi che esprimono il senso delle affermazioni di Gesù e su Gesù: cfr prologo 1,4-5 “Io sono la luce; io sono la vita”.

La risurrezione di Lazzaro nell’economia del Vangelo di Gv ha analogia con la ‘trasfigurazione’ nei Sinottici e rafforza la fede degli apostoli prima dello scandalo della croce.

vv.1-3 Presenta i personaggi e il luogo: Lazzaro, Marta, Maria. Per Marta e Maria cfr Lc 10,38-44. Per l’unzione di Maria, forse Gv pensa a Lc 7,37 o anticipa il racconta seguente Gv 12,1-8

vv.4-16 l’atteggiamento incomprensibile di Gesù, quello di aspettare, prima di andare da Lazzaro, serve a chiarire i diversi atteggiamenti dinanzi alla morte (cfr v.37); v.4 per Gesù la morte e non solo quella di Lazzaro è “per la gloria di Dio” e del Figlio. v. 8 Per i discepoli la morte crea paura; vv.11-13 non capiscono che Gesù parla della morte come di un “sonno”. vv.14-16 Gesù invita ad avere certezze, a camminare di giorno (vv.9s) e i dodici con Tommaso lo seguono anche se non lo capiscono.

vv.17-37 Incontro con Marta e Maria. Il dialogo con le sorelle esprime la fede di Marta e di

 

Gv 11, 18 – 44

18Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri 19e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. 20Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. 21Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! 22Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». 23Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». 24Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». 25Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; 26chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». 27Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo». 28Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». 29Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. 30Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. 31Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro.

32Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». 33Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, 34domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». 35Gesù scoppiò in pianto. 36Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». 37Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».

38Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. 39Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». 40Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». 41Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. 42Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». 43Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». 44Il morto uscì, i piedi e le mani

 

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Maria, inoltre esprime la fede della comunità cristiana giovannea. Il racconto tiene presenti i costumi ebraici del tempo di Gesù: le condoglianze duravano una settimana; i parenti e gli amici andavano a far visita ai parenti del defunto. Il dolore di Marta e Maria è condiviso da Gesù vv. 33.35. Il cammino della fede di Marta: dalla risurrezione nell’ultimo giorno ad accogliere l’annuncio: ”Io sono la resurrezione e la vita” perché Gesù è il Messia e il Figlio di Dio vv.24-27. La vita e la risurrezione che vincono la morte sono legati a Gesù che è la vita e la risurrezione che operano fin da adesso e superano la morte.

vv.38-44 Il miracolo di Lazzaro. Si sottolinea il quarto giorno per dare più risalto al miracolo; si richiama il motivo iniziale: la morte per la gloria di Dio (v.40). Il clima di preghiera evidenzia da una parte che la vita è dono e dall’altra che Gesù manifesta Dio come sorgente della vita di cui lui è strumento.

 

Gv 11, 45 – 12, 4

legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberatelo e lasciatelo andare».

°(Gesù doveva ”morire per la nazione”)

45Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui. 46Ma alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro quello che Gesù aveva fatto. 47Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dissero: «Che cosa facciamo? Quest’uomo compie molti segni. 48Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione». 49Ma uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno, disse loro: «Voi non capite nulla! 50Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!». 51Questo però non lo disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell’anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; 52e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. 53Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo. 54Gesù dunque non andava più in pubblico tra i Giudei, ma da lì si ritirò nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Èfraim, dove rimase con i discepoli.

55Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione salirono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. 56Essi cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano tra loro: «Che ve ne pare? Non verrà alla festa?». 57Intanto i capi dei sacerdoti e i farisei avevano dato ordine che chiunque sapesse dove si trovava lo denunciasse, perché potessero arrestarlo.

Cap. 12*                                                                           °(La cena a Betania e l’unzione)

1Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. 2E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. 3Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo. 4Allora Giuda Iscariota, uno dei

 

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vv.45-53 La reazione dinanzi al miracolo: prima reazione: fede e incredulità v.45s. Un certa ironia del racconto: colui che dona la vita viene condannato alla morte, affinché il popolo conservi la vita e si salvi!

Lettura teologica della morte di Gesù: – morte per raccogliere in unità i figli di Dio vv51.52: – coinvolgimento del sommo sacerdote nel piano di Dio che, proprio nelle decisioni degli uomini, fa passare il suo progetto; – l’unità nel V. T. era il ritorno dei figli di Israele dispersi nella terra: qui si insinua che l’umanità è dispersa e che l’unità nella vita della risurrezione si compirà.

I vv.54-57 preparano i fatti del cap. 12 e seguenti

Cap.12: chiude il libro dei segni e apre il libro della passione e della glorificazione: – v.7 l’unzione di Betania prelude 19,38-42 l’unzione della sepoltura. – 12,12-19 Gesù proclamato re prelude 18,28 davanti a Pilato e Gesù re deriso; 12,20-30 l’annuncio della morte prelude cap.19 il racconto con la descrizione della morte.

vv.1-11 la cena e l’unzione di Betania. Il racconto sta anche nella tradizione sinottica, ma in diversa prospettiva Mc 14,39; Mt 26,6-13 e paralleli. Mc e Mt lo pongono a Betania, ma a casa

 

12, 5 – 18

suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: 5«Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». 6Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. 7Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché essa lo conservi per il giorno della mia sepoltura. 8I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me». 9Intanto una grande folla di Giudei venne a sapere che egli si trovava là e accorse, non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti. 10I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Lazzaro, 11perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.

°(L’ingresso messianico a Gerusalemme”)

12Il giorno seguente, la grande folla che era venuta per la festa, udito che Gesù veniva a Gerusalemme, 13prese dei rami di palme e uscì incontro a lui gridando:

«Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele!».

14Gesù, trovato un asinello, vi montò sopra, come sta scritto: 15Non temere, figlia di Sion! Ecco, il tuo re viene, seduto su un puledro d’asina.

16I suoi discepoli sul momento non compresero queste cose; ma, quando Gesù fu glorificato, si ricordarono che di lui erano state scritte queste cose e che a lui essi le avevano fatte. 17Intanto la folla, che era stata con lui quando chiamò Lazzaro fuori dal sepolcro e lo risuscitò dai morti, gli dava testimonianza. 18Anche per questo la folla gli era andata incontro, perché aveva udito che egli aveva compiuto questo

 

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di Simone il lebbroso; la donna sconosciuta unge il capo di Gesù; è come un’unzione regale, non fanno nome dei discepoli che protestano; Lc 7,36-50 lo pone in Galilea, egualmente in casa di Simone, ma non dice che era lebbroso; la donna è una peccatrice. Gv sembra conoscere Mc e Lc: lo pone a Betania, ma in casa di Lazzaro, Marta e Maria; fa i nomi: la donna Maria, il discepolo che protesta è Giuda; la donna profuma non la testa (come in Mc e Mt) ma i piedi e glieli asciuga con i capelli (come in Lc); il gesto della donna in Gv Mt e Mc è un gesto preparativo della morte di Gesù: unzione per Gesù che è il Messia, ma egli va alla morte (v.7) prelude al 19,38-42.

Gesù e i poveri: Gesù smaschera una sollecitudine per i poveri quando è ipocrita e nasconde altri interessi vv.4-6.8; la presenza di Lazzaro in Gv 1-10 era un simbolo e la decisione di vendere il profumo è letta con ironia. I vv.9-10 preparano la pericope seguente: – curiosità della gente, – rifiuto del sinedrio.

vv.12-19 ingresso a Gerusalemme. Il racconto è in tutti i vangeli; è l’ingresso di un rabbi in chiave messianica (v.16); vedi l’aggiunta ”il re d’Israele” v.13 (come i Lc 19,38 e M 11,10 = il regno del padre David); citazione del Sal 118,25s. ‘Osanna’ significa: ‘dona la salvezza’ (hosi’a na ebraico). La citazione di Zac 9,9s mette in evidenza il tipo di regalità di Gesù in opposizione a quella della gente vv.13.16; da una parte c’è l’attesa popolare e farisaica cfr 6,15 di una regalità politica, legata alle letture di Dan 7,14 e Sal 2,7; dall’altra parte un’attesa che i discepoli compresero dopo la risurrezione sulla base di Zac 9,9: umiltà e obbedienza, come è messo in luce nel racconto della passione Gv 18-19. I vv. 16-19 mettono in evidenza tre modi differenti di leggere la figura e la regalità di Gesù: uno v.18 degli apostoli alla luce della risurrezione; altro modo v.17 della gente alla luce del miracolo; altro v.19 dei farisei con rabbia e impotenza: “la gente gli corre dietro”.

 

 

Gv 12, 19 – 34

segno. 19 I farisei allora dissero tra loro: «Vedete che non ottenete nulla? Ecco: il mondo è andato dietro a lui!».

°(E’ l’ora che sia glorificato sulla croce)

20Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. 21Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù». 22Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. 23Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. 24In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. 25Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. 26Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. 27Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! 28Padre, glorifica il tuo nome». Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!».

29La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». 30Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. 31Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. 32E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». 33Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire. 34Allora la folla gli rispose: «Noi abbiamo appreso dalla Legge che il Cristo rimane in eterno; come puoi dire che il Figlio dell’uomo deve essere innalzato? Chi è questo Figlio dell’uomo?».

 

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  1. 20-36 la gloria attraverso la morte nel cap. 19. Il brano è una teologia della croce e della salvezza universale all’interno della comunità giovannea dove sono presenti i ‘greci’ che non sono gli ellenisti, ma i pagani timorati di Dio e simpatizzanti della religione ebraica; si rivolgono a Filippo e Andrea che hanno nomi greci; essi vogliono ‘vedere’ nel significato pregnante di conoscere, credere, seguire. La risposta di Gesù è in un quadro teofanico: la voce che viene dal cielo v.28 come nei sinottici nella trasfigurazione. I termini sono molti: l’ora, la gloria- innalzamento- croce; il dono di sé come il chicco che muore, il frutto del dono-croce: “Attirerò tutti a me”. – ‘L’ora’ che era annunciata, fino a questo momento non era venuta cfr 2,4; 7,30; 8,20, adesso l’ora è presente e si manifesta nel chicco di grano che per portare il frutto deve morire v.24. Nei sinottici il chicco- seme è la “parola di Dio” Mt 13,3-8 e paralleli; in Gv è Gesù stesso. Seguono due sentenze riprese dai sinottici v.25s che segnano che sono l’applicazione della parabola del chicco-seme. La gloria e la morte in croce: non sono due momenti, ma hanno un’unica prospettiva che è quella di rivelare chi è Gesù e qual’è la sua missione. Gv anticipa qui la preghiera che i sinottici pongono nel Getsemani: “salvami da quest’ora” v.27. – La gloria del Padre, data al Figlio, si esprime nelle opere al presente e poi nella risurrezione “l’ho glorificato e lo glorificherò”; la gloria che il Figlio dà al Padre si esprime nell’obbedienza sofferta: “l’anima mia è turbata” v.27. – Dall’incontro della gloria data dal Padre e di quella data dal Figlio vengono due frutti: quello della salvezza: “attirerò tutti a me” per coloro che crederanno nella gloria della croce e seguiranno Gesù come servi v.26; e il frutto della condanna per il principe di questo mondo e

 

 

12, 35 – 48

°(«Camminate mentre avete la luce»)

35Allora Gesù disse loro: «Ancora per poco tempo la luce è tra voi. Camminate mentre avete la luce, perché le tenebre non vi sorprendano; chi cammina nelle tenebre non sa dove va. 36Mentre avete la luce, credete nella luce, per diventare figli della luce». Gesù disse queste cose, poi se ne andò e si nascose loro.

37Sebbene avesse compiuto segni così grandi davanti a loro, non credevano in lui, 38perché si compisse la parola detta dal profeta Isaia: ‘ Signore, chi ha creduto alla nostra parola? E la forza del Signore, a chi è stata rivelata?’ 39Per questo non potevano credere, poiché ancora Isaia disse: 40Ha reso ciechi i loro occhi e duro il loro cuore, perché non vedano con gli occhi e non comprendano con il cuore e non si convertano, e io li guarisca!

41Questo disse Isaia perché vide la sua gloria e parlò di lui. 42Tuttavia, anche tra i capi, molti credettero in lui, ma, a causa dei farisei, non lo dichiaravano, per non essere espulsi dalla sinagoga.

43Amavano infatti la gloria degli uomini più che la gloria di Dio.

44Gesù allora esclamò: «Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato; 45chi vede me, vede colui che mi ha mandato. 46Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre. 47Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo. 48Chi mi rifiuta e

 

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i suoi seguaci v31. Cristo è innalzato, Satana è precipitato Lc 10,18. L’inno della kenosis (umiliazione) e dell’innalzamento, cantato dalla Chiesa e riportato da Paolo (Fil 2,6-11) trova qui la sua esplicazione e annunzio: la croce è kenosis come morte di condanna; è innalzamento e come fatto visivo è ancor più come fatto di obbedienza e di fede.

  1. 34-36 la folla obietta che il Messia deve rimanere per sempre e non capisce che rimarrà per sempre attraverso la croce e la risurrezione. Gesù non risponde all’obiezione, ma esorta ad uscire dalle tenebre dell’incredulità e a camminare nella luce della fede.

vv.37-50 conclusione del libro dei segni in due parti: una come riflessione a partire da Isaia e l’altra come giudizio espresso da Gesù. È il problema che si pone la comunità giovannea e che ci poniamo anche noi.

I vv.37-41 sono due citazioni di Isaia 53,1 e 6,9: la prima riguarda l’inizio del quarto carme del ‘servo’ 53,1: la figura del servo come è presentata da Isaia era inaspettata e insospettabilmente si è realizzata in quella figura e da qui l’interrogativo: “chi ha creduto alla nostra predicazione?” v.38. C’erano i ‘segni’, ma questi hanno aperto la strada solo a chi era ben disposto. È un richiamo a Dt 29,2s per Israele ed è una conclusione del libro dei segni che si definisce in rapporto a credere e all’incredulità (1,11; 2,11): fede per chi, attraverso i segni, ha oltrepassato Gesù di Nazaret ed ha creduto al Cristo e Signore; al contrario, incredulità per chi si è fermato solo a Gesù di Nazaret. La seconda citazione da Isaia scandaglia il fatto e il mistero dell’incredulità. Gv nota che il profeta già parlava di Gesù v.40. La citazione è riportata dai Sinottici (Mt 13; Mc 4) in relazione all’annuncio del regno in parabole; Gv l’applica direttamente a Gesù.

vv.42-50 sul tema del rifiuto e del giudizio. Il rifiuto per tornaconto v.42. Una fede non proclamata non è una fede vera. I capi dei giudei, alcuni almeno, sarebbero convinti della missione di Gesù, ma non hanno il coraggio di proclamarlo per paura di essere cacciati dalla sinagoga. Qui forse finiva il capitolo, tanto più che nel v.36 si diceva che Gesù se ne andò altrove.

 

Gv 12, 49 – 13, 8

non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho detto lo condannerà nell’ultimo giorno. 49Perché io non ho parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire. 50E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me».

Cap. 13*                                                                     °(Servizio e dono: Gesù lava i piedi)

1Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine. 2Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, 3Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, 4si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. 5Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto. 6Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». 7Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». 8Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!».

 

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I vv.44-50 riprendono il tema della luce e del giudizio che spesso ritorna in Gv. (Forse inseriti da altra mano come riflessione conclusiva al libro dei segni).

v.50 Il punto di partenza è l’unità del Padre e del Figlio per cui chi non accoglie il Figlio rimane nelle tenebre ed è sottoposto al giudizio da quella stessa parola che non ha accolto. Qualche esegeta sottolinea la presenza di termini del Deuteronomio 18,18: la missione del profeta e 31,26-29 e 32,45-47 e della Parola come comando e vita che però non è stata accolta da chi non crede.

 

Capitoli 13-21. Seconda parte del Vangelo Gv capp.13-20.21. Si può fare una suddivisione chiara: – capp. 13-17 ultima Cena di Gesù con i discepoli e discorsi di addio e ‘testamentari’; – capp. 18-19 la passione e la morte; – cap. 20 la risurrezione di Gesù; – cap. 21 cap. aggiunto: la Chiesa: Pietro e Giovanni. In Gv 14,31 c’è una prima conclusione: “alzatevi andiamo via di qui”. Questo fa supporre che i capp. 15-17 sono una ripresa dei temi precedenti capp. 13-14. I temi sviluppati nelle due parti si possono dividere così: – 13,1-35 Lavanda dei piedi e comandamento nuovo v.34 (e Giuda); – 13,36-14,14 Gesù e il Padre “io sono la via, la verità e la vita”. – 1,15-31 Il tema del Consolatore, che è lo Spirito è ripreso in 15,26-27 e 16,4-15.  – Cap. 15,1-25 la vera vite e il comandamento nuovo (ripresa e inclusione da 13,35). – Cap. 16,16-33 dipartita e ritorno: unito col tema dello Spirito. Cap. 17 la preghiera di Gesù. \

Cap. 13 –  1-3 introduzione solenne non solo all’episodio della lavanda dei piedi, anche a tutti i discorsi. Il gesto della lavanda dei piedi, vv.13,13ss introduce i discorsi ultimi di Gesù nel genere del ‘testamento’ cioè delle ultime raccomandazioni del morente: Gen 47-50; Gs 23-24; To 14; 1Mac 2,49-70; 2Mac 7,1-42; At 20; 17-38; “Pt 1; Tim 1,12-17 altro. Lo scopo dei discorsi che hanno come sfondo storico la Pasqua di Gesù, ma per sottolineare la Pasqua della Chiesa che continua l’opera e il ‘destino’ di Gesù, è quindi di interpretare la morte e la risurrezione di Gesù; di descrivere la natura della nuova vita nella quale sono inseriti i discepoli con la morte e la risurrezione di Gesù; di far vedere la vita della Chiesa che riesprime, nelle persecuzioni che subisce, la persona di Gesù, la sua morte e risurrezione.

13, 4-17 la lavanda dei piedi: gesto-segno vv.4-5 che provoca una domanda v.6 a cui segue la spiegazione vv.12-17. Il valore del segno? gesto di umiltà (lavare i piedi) o simbolo: incarnazione,

 

Gv 13, 9 – 20

Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». 9Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». 10Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». 11Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri». 12Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? 13Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. 14Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. 15Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi. 16In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. 17Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica.

°(Il tradimento)

18Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto, ma deve compiersi la Scrittura: Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno. 19Ve lo dico fin d’ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io Sono. 20In verità, in verità io vi dico: chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato». 21Dette queste cose, Gesù fu profondamente turbato e dichiarò: «In verità, in verità io vi dico: uno di voi mi tradirà».

 

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battesimo, eucaristia? Facilmente l’umiltà è fondamentale e l’altro valore è dedotto e secondario.

L’introduzione al gesto di lavare i piedi vv.1-3 sottolinea la piena libertà e consapevolezza del gesto che è l’“ora di passare” attraverso la morte al Padre, alla ascensione- innalzamento- glorificazione. [Gesù] “sapendo” v.1 sottolinea consapevolezza e volontà personale. Gv usa il verbo greco ‘agapao’ che sottolinea l’aspetto spirituale dell’amore (più profondo di ‘fileo’ e al contrario di ‘orao’) e dice che è ‘definitivo’ e al più ‘alto grado’ (greco ‘telos’).

Pietro e Gesù vv.6-9. Pietro con la protesta rivela non tanto il rifiuto dinanzi all’umiltà del Maestro, ma l’incomprensione dinanzi al mistero della croce come nei Sinottici Mc 8,32 e paralleli. “lo capirai dopo” cioè dopo la risurrezione come in Gv 2,22 (tempio) e 12,16 (innalzamento). La prospettiva è messianica e cristologica.

v.8 “Non avrai parte con me” ‘parte’ significa eredità, nel concetto profondamente biblico teologico nel ricevere la terra di Palestina: comunione spirituale ed escatologica con Dio. Qui il senso è spirituale ed escatologico di comunione con il Cristo.

v.10 introduce la simbologia battesimale; una ‘sola volta’ forse in polemica con le abluzioni rituali del fare come servilismo o altro.

vv.12-17 il gesto della lavanda è interpretato nel senso del servizio e dell’amore sull’esempio del maestro. Tema trattato da Lc 22,24-26.  v.16 proviene da Is 56,2. Mt 10,24s nel discorso missionario; Lc 6,40 amore e servizio comunitario.

v.17 si introduce il tema della beatitudine, ma in un contesto differente dai Sinottici e in 20,29 in rapporto alla fede. Il brano è una rivelazione della persona di Gesù come Figlio: il Figlio è un dono e servizio all’uomo. La sequela, quindi, non è aspetto di morale, ma di identità cristiana.

  1. 18-30 Annunzio del tradimento di Giuda. Era stato già annunciato in 6,70s e 12,4ss: nel v.18 “non parlo di tutti voi” si congiunge con “sarete beati”. Giuda certamente non segue il maestro e non è ‘beato’;  v.19 attraverso il tradimento si rivelerà definitivamente la presenza di Dio accanto all’uomo, “Io sono” colui che è vicino nella persona di Gesù; v.20 è un’aggiunta presa dai Sinottici;

 

Gv 13, 21 – 38

22 I discepoli si guardavano l’un l’altro, non sapendo bene di chi parlasse. 23Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. 24Simon Pietro gli fece cenno di informarsi chi fosse quello di cui parlava. 25Ed egli, chinandosi sul petto di Gesù, gli disse: «Signore, chi è?». 26Rispose Gesù: «È colui per il quale intingerò il boccone e glielo darò». E, intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda, figlio di Simone Iscariota. 27Allora, dopo il boccone, Satana entrò in lui. Gli disse dunque Gesù: «Quello che vuoi fare, fallo presto». 28Nessuno dei commensali capì perché gli avesse detto questo; 29alcuni infatti pensavano che, poiché Giuda teneva la cassa, Gesù gli avesse detto: «Compra quello che ci occorre per la festa», oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri. 30Egli, preso il boccone, subito uscì. Ed era notte.

 °(Nell’addio il Comandamento Nuovo)

31Quando fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. 32Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. 33Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. 34Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. 35Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri». 36Simon Pietro gli disse: «Signore, dove vai?». Gli rispose Gesù: «Dove io vado, tu per ora non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi». 37Pietro disse: «Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!». 38Rispose Gesù: «Darai la tua vita per me? In verità,

 

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vv.21-30 Tre gesti: il gesto di Gesù, quello del discepolo che Gesù amava; quello di Giuda sono in totale antitesi; – Giovanni reclinato sul petto di Gesù presenta l’amore di Dio. – Giuda che prende il boccone sperimenta la presenza di Satana. Il racconto serve anche da ammonimento alla comunità a non scandalizzarsi dei tradimenti e del peccato al suo interno; inoltre a non presumere di sé perché il peccato è sempre possibile. Vi campeggia anche il tema giovanneo della crisi: ‘era notte’ v.30 mette in risalto la tenebra scelta da colui che tradisce perché si è lasciato prendere da Satana (v.27).

vv.31-38 Nel contesto del tradimento di Giuda e della predizione del rinnegamento di Pietro c’è “il comandamento nuovo.” v.31: il tradimento di Giuda svelato inaugura già la passione di Gesù e quindi il suo rendere gloria a Dio e Dio rende gloria al Figlio. La passione è la via per tornare al Padre, dove ora i discepoli non possono andare.

v.34 Il comandamento nuovo porta a compimento la legge (nuovo in greco entole, -non nomos =norma; ed è novità cainos= nuovo e non neos=recente) non solo nuovo cronologicamente, ma qualitativamente.

Il comandamento ha un valore cristologico perché riferito a Cristo: “amatevi come io vi ho amato” (Gv 15,12) cioè ha lui come modello e riferimento, ma anche lui come motivo “poiché io ho amato”: Cristo è causa dell’amore vicendevole “gli uni gli altri” (detto per tre volte). Il contesto del comandamento nuovo è quello della croce, del dono totale e dell’alleanza nuova che esprime il dono totale di Dio in Gesù. Ultimo aspetto: l’amore vicendevole ha valore di “segno” quindi apre alla fede affinché altri credano.

 

Gv 14, 1 -12

in verità io ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte.

Cap. 14*                                                                        °(«Io sono la via la verità e la vita»)

1Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. 2Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? 3Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. 4E del luogo dove io vado, conoscete la via». 5Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». 6Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. 7Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». 8Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». 9Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? 10Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. 11Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.

°(Gesù offre lo Spirito nel mistero Trinitario)

12In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io

 

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Prendiamo il tema dello SPIRITO nel N. T. (greco: pneuma):

– Spirito di Dio Mt 1,18; 3,11. – Spirito buono At 21,8s. Spirito cattivo Mc 6,7; 1,23.

– Spirito dell’uomo Lc 8,55. Mc 2,8; – Spirito dei defunti Lc 24,37. – Spirito vitale, vento Gv 3,8.

-.Lo Spirito alla nascita di Gesù Lc 1,35; Mt 1,18; – Lo Spirito nella vita di Gesù: – al battesimo Mc 1,10 e paralleli; – nelle tentazioni Mt 4,1 e paralleli; – in Galilea Lc 4,14; – nel cacciare i demoni Mt 12,28; Lc 12,20; – nella missione di Gesù Lc 4,16-20; – la preghiera di Gesù Lc 10,21; . la bestemmia contro lo Spirito M3, 28s; paralleli; – Lo Spirito del risorto Gv 7,38; 20,22; At 2,53. – Lo Spirito del Figlio che inabita e prega Gal 4,6; Rom 8,9; Fil 1,19. – Lo Spirito di Dio che è in Gesù Cristo, Figlio, – e che opera mediante lui.

Espressioni ternarie Rom 15,16.30 (santificante); 1Cor 6,11; 12,4-6; Ef 4,4-6; – Spirito nel mistero trinitario 2Cor 13,13; Mt 28,20; At 2,33; Gv 14,26; 15,26; 16,13-15.

– Lo Spirito nel cristiano viene dato, mandato, elargito, ricevuto inabita Rom 5,5; 1Cor 6,11; Tt 3,5s.; Gal 4,6; figli -Abbà nel Figlio, nella profondità del cuore, inserito nella Trinità Gal 5,16-25; Rom 8,5-17. –

– Lo Spirito e la Chiesa cfr At 2 e al. 2Cor 3,3, 1Cor 12,4.7.11

…….\   Capitoli 14-16  \

Prendiamo il tema dello Spirito nei discorsi di Gesù nell’ultima Cena Gv 14,15s.25s; (15.31);  15,26s;  16,5-15 Questi passi hanno uno sviluppo che si può indicare: – 14,15-18 Richiamo introduttivo, pone il tema della presenza dello Spirito; – 14,25-26 e 16,12-15 La funzione di ‘insegnamento’ dello Spirito; – 15,26-27 e 16,7-11 La funzione di ‘testimonianza’ dello Spirito; – 14,15-18 La promessa dello Spirito Santo.

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Cap. 14. Il tema dello Spirito in Gv è da intendere come la chiave ermeneutica della cristologia e dell’ecclesiologia, senza lo Spirito non si può comprendere il passato la ‘storia’ di Cristo e la sua rivelazione, né il presente di Cristo nella Chiesa.

 

Gv 14, 13 – 26

compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. 13E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. 14Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò. 15Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, 17lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. 18Non vi lascerò orfani: verrò da voi. 19Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. 20In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. 21Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».  22Gli disse Giuda, non l’Iscariota: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?». 23Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. 24Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.  25Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. 26Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.

 

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v.16 Spirito “Consolatore” (Paracleto in greco = avvocato). L’inizio del Paracleto è in rapporto al contesto della Chiesa: – assenza di Gesù; – persecuzione e odio del mondo; – la fine dei testimoni diretti. Da qui la funzione dello Spirito di insegnare e testimoniare. – “Un altro Paracleto”: il ‘primo’ è Gesù; lo Spirito cristiano continua l’opera di Gesù che continua così la sua presenza: «Non vi lascio orfani» v.18.

v.17 Lo Spirito viene per i discepoli e non per il mondo. Il mondo non può ricevere lo Spirito; è radicalmente incapace, per costituzione, il motivo è perché “non lo vede e non lo conosce”: i due verbi indicano una ‘profondità ed esperienza’: il mondo rimane all’esterno dell’esperienza di Gesù e non ne comprende la manifestazione, la realtà profonda. È radicalmente incapace perché il mondo è esteriore, è carne, lo Spirito è la profondità di Dio e del suo amore in Gesù. E’ Gesù che prega il Padre (14,15) affinché mandi “un altro Consolatore”. Questo perché c’è conoscenza e unità tra il Padre e Gesù.

Lo Spirito è detto “Spirito di verità”. Verità in Gv non ha il senso greco dell’essenza dell’essere il quale si svela e si fa contemplare; né il significato strettamente ebraico di solidità, stabilità; né la gnostica realtà divina che si raggiunge fuggendo dalla storia (dualismo metafisico); ma ha il senso di rivelazione di Dio nella storia per mezzo di Gesù, per cui Gesù è la verità (la via e la vita v.6). Lo Spirito di verità rivela Gesù e la sua opera. Lo Spirito “rimane (con i discepoli) per sempre” 14,16 Gv indica non solo vicinanza, ma ‘intimità’ (nel vocabolo greco) ed è “ospite presso” i discepoli (par’imin) che lo accolgono, in comunione di vita (en imin) 14,17

vv.25-26. La prima funzione dello Spirito è quella di “insegnare”. Nella storia della salvezza ci sono due momenti: quello di Gesù e quello dello Spirito che è quello della Chiesa. Lo Spirito non è un “concorrente”, ma è mandato dal Padre nel “suo nome” cioè di Gesù e la sua funzione è quella di “insegnare facendo ricordare”: non un ricordo ripetitivo, ma di approfondimento e di comprensione (cfr 2,17.22; 12,16), di novità, di interpretazione

 

 

Gv 14, 27 – 15, 20

°(«Vi do la mia pace »)

27Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. 28Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. 29Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate. 30Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il principe del mondo; contro di me non può nulla, 31ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io agisco. Alzatevi, andiamo via di qui».

Cap. 15*

°(«Rimanete in me e io in voi »)

1«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. 2Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. 3Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. 4Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. 5Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. 6Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. 7Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. 8In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli. 9Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. 10Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. 11Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.

°(«Amatevi gli uni gli altri» suo esempio»)

 

12Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. 13Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. 14Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. 15Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. 16Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. 17Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri.

 °(I testimoni e l’odio del mondo)

 

18Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. 19Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia. 20Ricordatevi della parola che io vi ho detto: “Un servo non è più grande del suo padrone”. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la

 

 

Gv 15, 21 – 16, 4

vostra. 21Ma faranno a voi tutto questo a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato. 22Se io non fossi venuto e non avessi parlato loro, non avrebbero alcun peccato; ma ora non hanno scusa per il loro peccato. 23Chi odia me, odia anche il Padre mio. 24Se non avessi compiuto in mezzo a loro opere che nessun altro ha mai compiuto, non avrebbero alcun peccato; ora invece hanno visto e hanno odiato me e il Padre mio. 25Ma questo, perché si compisse la parola che sta scritta nella loro Legge: Mi hanno odiato senza ragione.

°(La testimonianza vince)

26Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; 27e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.

Cap. 16*                                                                         °(Le opere dello Spirito di Verità)

1Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi. 2Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. 3E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me. 4Ma vi ho detto queste cose affinché, quando verrà la loro ora, ve ne ricordiate, perché io ve l’ho

 

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Il centro di questa rilettura è la morte-risurrezione di Gesù che si vive nella sequela di Gesù all’interno della comunità cristiana.

Cap.16    v.16,12-15 sono uno sviluppo dei precedenti 14,25s. Il Cristo è il significato della storia, ma gli apostoli ora non lo possono capire. Lo capiranno dopo, quando verrà lo Spirito di verità e li condurrà alla verità cioè alla comprensione di Gesù, interamente. Si sottolinea la unità -dipendenza dello Spirito da Gesù: “prenderà del mio” sta a indicare che il centro della verità- rivelazione è Gesù e che lo Spirito non porterà un’altra rivelazione (dello Spirito). Il far progredire”, cioè la novità, è sempre un tornare a Gesù e alla sua missione. C’è un’analogia con la missione di Gesù: Gesù parla del Padre, di quel che ha visto e udito presso il Padre; lo Spirito parla di Gesù. Il testo dice che vi condurrà “dentro” (greco: eis). Lo Spirito guida nel condurre ad un rapporto personale e intimo con Gesù e in questo rende gloria a Gesù.

v.13 “annunzierà le cose future”: le cose future sono l’escatologia, non la cronaca del futuro, ma le cose presenti lette alla luce della ‘escaton’ della morte-risurrezione di Gesù in cui si è espresso un giudizio di Dio sul mondo e il peccato.

vv.7-11 < (cfr 15,26.27): la funzione della testimonianza cfr 15,26: il testo è nel quadro delle persecuzioni che subiranno i discepoli e della loro testimonianza. Il mondo odia Gesù e quindi anche i discepoli, rifiuta le opere che Gesù ha compiuto e non ne accetta la testimonianza, la validità. Invece lo Spirito e quindi i discepoli per mezzo dello Spirito renderanno testimonianza di chi è Gesù. Si tratta di un grande giudizio, ma il tribunale è la storia, non i tribunali terreni singoli: si tratta di un dibattito pro o contro Gesù. I discepoli saranno i testimoni di Cristo dinanzi al mondo, mentre lo Spirito è testimone nei loro cuori sorreggendone la fede di fronte alla miscredenza e alla contestazione del mondo. – Nel ricevere l’annuncio della partenza di Gesù i discepoli sono nella tristezza. I discepoli sono la comunità giovannea, sperimenta la solitudine per l’assenza di Gesù, ma afferma la fede che il tempo presente è più ricco di quello storico di Gesù perché c’è lo Spirito. Condizione per la venuta dello Spirito è che Gesù se ne vada, cioè verrà dopo la sua morte e risurrezione.

 

 

Gv 16, 5 – 22

detto. Non ve l’ho detto dal principio, perché ero con voi. 5Ora però vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: “Dove vai?”. 6Anzi, perché vi ho detto questo, la tristezza ha riempito il vostro cuore. 7Ma io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito; se invece me ne vado, lo manderò a voi. 8E quando sarà venuto, dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio. 9Riguardo al peccato, perché non credono in me; 10riguardo alla giustizia, perché vado al Padre e non mi vedrete più;

°(Per il testimoni afflizioni e gioia)

11riguardo al giudizio, perché il principe di questo mondo è già condannato.  12Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. 13Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. 14Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. 15Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. 16Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete». 17Allora alcuni dei suoi discepoli dissero tra loro: «Che cos’è questo che ci dice: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”, e: “Io me ne vado al Padre”?». 18Dicevano perciò: «Che cos’è questo “un poco”, di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire». 19Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: «State indagando tra voi perché ho detto: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”? 20In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia. 21La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo. 22Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò

 

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16,8 “dimostrerà la colpa del mondo”: dinanzi a chi? Non dinanzi al mondo stesso (questo avverrà nel giudizio escatologico), ma convincerà, dinanzi ai discepoli che per la presenza dello Spirito si renderanno conto del peccato, dell’errore del mondo. Lo Spirito cioè rende testimonianza ai discepoli sostenendoli nella loro fede verso Gesù mentre il mondo li rifiuta, essi nel conforto della testimonianza dello Spirito nei loro cuori condannano il mondo. È il giudizio dei profeti.

v.9 “riguardo al peccato”: lo Spirito attesterà ai discepoli che il rifiuto di Cristo è peccato, è andare contro Dio e contro l’uomo.

v.10 “riguardo alla giustizia” testimonia che il Padre renderà giustizia al Figlio, che l’amore che sembrava perdente, è invece vittorioso.

v.11 “riguardo al giudizio”: lo Spirito attesta che il principe di questo mondo è già condannato, cioè i discepoli per lo Spirito saranno in grado di vedere che nella morte e risurrezione di Gesù si è operata la condanna del principe di questo mondo. I discepoli con la propria vita, nella fedeltà al Signore, nonostante le persecuzioni, esprimono un giudizio di condanna del mondo e di esaltazione della croce come rivelazione del primo piano di Dio per l’uomo i,n Gesù Cristo.

 

 

Gv 16, 23 – 17, 13

di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia. 23Quel giorno non mi domanderete più nulla. In verità, in verità io vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà. 24Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena.

25Queste cose ve le ho dette in modo velato, ma viene l’ora in cui non vi parlerò più in modo velato e apertamente vi parlerò del Padre.

  °(«Io ho vinto il mondo»)

 

26In quel giorno chiederete nel mio nome e non vi dico che pregherò il Padre per voi: 27il Padre stesso infatti vi ama, perché voi avete amato me e avete creduto che io sono uscito da Dio. 28Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo e vado al Padre». 29Gli dicono i suoi discepoli: «Ecco, ora parli apertamente e non più in modo velato. 30Ora sappiamo che tu sai tutto e non hai bisogno che alcuno t’interroghi. Per questo crediamo che sei uscito da Dio». 31Rispose loro Gesù: «Adesso credete? 32Ecco, viene l’ora, anzi è già venuta, in cui vi disperderete ciascuno per conto suo e mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre è con me. 33Vi ho detto questo perché abbiate pace in me. Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!».

Cap. 17*

°(«Conoscano te e colui che hai mandato »)

1Così parlò Gesù. Poi, alzàti gli occhi al cielo, disse: «Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. 2Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. 3Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. 4Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare. 5E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse. 6Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. 7Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, 8perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato.

°(«Padre! Custodisci coloro che mi hai dato»)

 

9Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. 10Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. 11Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi. 12Quand’ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura. 13Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia.

 

 

Gv 17, 14 – 26

14 Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. 15Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. 16Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. 17Consacrali nella verità. La tua parola è verità. 18Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; 19per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità.

 

 °(«Tutti siano una cosa sola»)

20Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: 21perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. 22E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. 23Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me. 24Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poiché mi hai amato prima della creazione del mondo. 25Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato. 26E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro».

Cap. 18*                                                                                   °(Gesù tradito si consegna)

 

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Cap. 17: <Gesù prega il Padre per la sua glorificazione che avviene sulla croce. Prega che i discepoli siano consacrati nella verità e nell’unità, mentre vengono odiati dal maligno, ma hanno la vita eterna. Prega per il mondo che deve convertirsi a credere.>

\ Capp. 18-19 \   LA PASSIONE DI GESU’ –

Dal cap. 18 i fatti narrati da Gva sono paralleli con i sinottici, mentre nel precedente vangelo dei ‘segni’ e nei discorsi di addio son pochi i paralleli con i sinottici. Ciò significa che il racconto della passione era parte del kerigna, e si è concretizzato presto in una narrazione unitaria: la passione e la croce sono uno scandalo e sembrano contraddire la presenza del Regno; bisognava allora narrarlo e mostrare come in esso invece il Regno e le promesse si realizzavano. Questo ‘confermava’ la comunità perseguitata nella fede.

Differenze tra Gv e i sinottici: Gv tralascia: (-) la preghiera di Gesù al Getsemani; (-) alcune scene di oltraggio in ambito giudaico; (-) il processo giudaico, per quello di Anna solo un preliminare; (-) il grido di Gesù sulla croce.

Gv dà maggiore spazio al processo romano ed ha modifiche complementari per la scena della croce, e per le parole di Gesù in croce. Si tratta non di ricordi afferenti, ma di una reintegrazione. Gv già nel vangelo dei segni aveva introdotto il senso della vita, della passione e della morte di Gesù, ora lo mette sotto gli occhi del lettore.

Il senso dei racconti giovannei: – Gv ha il costante il riferimento all’ora già annunciata nel vangelo dei segni (Gv 7,30.44; 8,20.59; 10,39) questa ora che è venuta, è accettata liberamente (“Su alzatevi” 14,31) e la porta a compimento (19,30).

Campeggia in tutto il racconto la figura maestosa di Gesù, sicché dal processo si deduce che non è Gesù ad essere giudicato, ma è lui che giudica Israele e il mondo. Non sono i Giudei e Pilato,

 

Gv 18, 1 – 18

1Dopo aver detto queste cose, Gesù uscì con i suoi discepoli al di là del torrente Cedron, dove c’era un giardino, nel quale entrò con i suoi discepoli. 2Anche Giuda, il traditore, conosceva quel luogo, perché Gesù spesso si era trovato là con i suoi discepoli. 3Giuda dunque vi andò, dopo aver preso un gruppo di soldati e alcune guardie fornite dai capi dei sacerdoti e dai farisei, con lanterne, fiaccole e armi. 4Gesù allora, sapendo tutto quello che doveva accadergli, si fece innanzi e disse loro: «Chi cercate?». 5Gli risposero: «Gesù, il Nazareno». Disse loro Gesù: «Sono io!». Vi era con loro anche Giuda, il traditore. 6Appena disse loro «Sono io», indietreggiarono e caddero a terra. 7Domandò loro di nuovo: «Chi cercate?». Risposero: «Gesù, il Nazareno». 8Gesù replicò: «Vi ho detto: sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano», 9perché si compisse la parola che egli aveva detto: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato». 10Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori, colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l’orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco. 11Gesù allora disse a Pietro: «Rimetti la spada nel fodero: il calice che il Padre mi ha dato, non dovrò berlo?».

  °(Pietro nell’ora della testimonianza)

12Allora i soldati, con il comandante e le guardie dei Giudei, catturarono Gesù, lo legarono 13e lo condussero prima da Anna: egli infatti era suocero di Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno. 14Caifa era quello che aveva consigliato ai Giudei: «È conveniente che un solo uomo muoia per il popolo».

15Intanto Simon Pietro seguiva Gesù insieme a un altro discepolo. Questo discepolo era conosciuto dal sommo sacerdote ed entrò con Gesù nel cortile del sommo sacerdote. 16Pietro invece si fermò fuori, vicino alla porta. Allora quell’altro discepolo, noto al sommo sacerdote, tornò fuori, parlò alla portinaia e fece entrare Pietro. 17E la giovane portinaia disse a Pietro: «Non sei anche tu uno dei discepoli di quest’uomo?». Egli rispose: «Non lo sono». 18Intanto i servi e le guardie avevano

 

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ad avere potere, ma è Gesù che esprime la vera regalità: 19,11.  Il racconto di Gv svela la vera natura di Dio che dona il suo Figlio (3,16).

La passione con la risurrezione è il vero grande “segno “ globale che raccoglie e riassume tutti gli altri che già hanno dato delle linee interpretative su Gesù. Questo è il segno che cambia effettivamente la storia.

18,1-12 L’arresto di Gesù: – il racconto del Getsemani presenta dati concreti, come il giardino al di là del Cedron, il drappello di soldati. Ma ha le caratteristiche di una ‘teofania’, lo svelamento dell’evento e della persona di Gesù; – Gv non riporta la preghiera e il turbamento di Gesù (che aveva già richiamati 12,27), ma chiarisce la libertà sovrana di Gesù (v.4) per quel che doveva avvenire. Lascia liberi i discepoli v.8. Rifiuta la violenza v.11. – Il suo racconto ha un andamento ‘teofanico’ nel richiamare per tre volte «Sono io» (vv.5.6.8) che può essere semplicemente un’autopresentazione, ma è anche il richiamo al nome di Dio. Di fatto i soldati cadono a terra. Gv vuol mettere in evidenza che chi viene arrestato si autoconsegna perché è giunta l’ora di offrire se stesso in dono a Dio e agli uomini.

vv.13-27 Nel palazzo di Anna non si svolge un vero processo, ma solo un’istruttoria informale. Anna rinvia il processo al mattino da Caifa sommo sacerdote, ma non viene narrato;

 

Gv 18, 19 – 38

acceso un fuoco, perché faceva freddo, e si scaldavano; anche Pietro stava con loro e si scaldava. 19Il sommo sacerdote, dunque, interrogò Gesù riguardo ai suoi discepoli e al suo insegnamento. 20Gesù gli rispose: «Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla di nascosto. 21Perché interroghi me? Interroga quelli che hanno udito ciò che ho detto loro; ecco, essi sanno che cosa ho detto». 22Appena detto questo, una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù, dicendo: «Così rispondi al sommo sacerdote?». 23Gli rispose Gesù: «Se ho parlato male, dimostrami dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?». 24Allora Anna lo mandò, con le mani legate, a Caifa, il sommo sacerdote.

25Intanto Simon Pietro stava lì a scaldarsi. Gli dissero: «Non sei anche tu uno dei suoi discepoli?». Egli lo negò e disse: «Non lo sono». 26Ma uno dei servi del sommo sacerdote, parente di quello a cui Pietro aveva tagliato l’orecchio, disse: «Non ti ho forse visto con lui nel giardino?». 27Pietro negò di nuovo, e subito un gallo cantò.

 

 °(«IO SONO RE»)

28Condussero poi Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio. Era l’alba ed essi non vollero entrare nel pretorio, per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua. 29Pilato dunque uscì verso di loro e domandò: «Che accusa portate contro quest’uomo?». 30Gli risposero: «Se costui non fosse un malfattore, non te l’avremmo consegnato». 31Allora Pilato disse loro: «Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra Legge!». Gli risposero i Giudei: «A noi non è consentito mettere a morte nessuno». 32Così si compivano le parole che Gesù aveva detto, indicando di quale morte doveva morire. 33Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». 34Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». 35Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». 36Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». 37Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonian-

 

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L’istruttoria verte sull’insegnamento di Gesù (v.19) e non arriva alla proclamazione dell’identità di Gesù. I sinottici riferiscono che si parla di bestemmia. Gv mette in luce la funzione di vigilanza del sinedrio sulle nuove dottrine e il rifiuto dell’insegnamento di Gesù. Lo schiaffo v.22. Il vero processo a Gesù era già avvenuto in tutto il vangelo

La fermezza e lucidità della testimonianza di Gesù è in contrapposizione con la debolezza e la presunzione di Pietro 7.18.25.27

vv.28-19,16: Gesù dinanzi a Pilato: – è un racconto molto più ampio di quello dei sinottici: nell’economia del racconto giovanneo occupa un terzo. Gv dà importanza a questa narrazione

 

 

Gv 17, 39 – 19, 12

za alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». 38Gli dice Pilato: «Che cos’è la verità?». E, detto questo, uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: «Io non trovo in lui colpa alcuna. 39Vi è tra voi l’usanza che, in occasione della Pasqua, io rimetta uno in libertà per voi: volete dunque che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». 40Allora essi gridarono di nuovo: «Non costui, ma Barabba!». Barabba era un brigante.

Cap. 19*                                                                       °(Gesù flagellato e coronato di spine)

1Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. 2E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora. 3Poi gli si avvicinavano e dicevano: «Salve, re dei Giudei!». E gli davano schiaffi. 4Pilato uscì fuori di nuovo e disse loro: «Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui colpa alcuna». 5Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: «Ecco l’uomo!». 6Come lo videro, i capi dei sacerdoti e le guardie gridarono: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io in lui non trovo colpa». 7Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una Legge e secondo la Legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio».  8All’udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura. 9Entrò di nuovo nel pretorio e disse a Gesù: «Di dove sei tu?». Ma Gesù non gli diede risposta. 10Gli disse allora Pilato: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?». 11Gli rispose Gesù: «Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall’alto. Per questo chi mi ha consegnato a te ha un peccato più grande».

     °(L’azione giudiziaria)

12Da quel momento Pilato cercava di metterlo in libertà. Ma i Giudei gridarono: «Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque si fa re si mette contro Cesare».

 

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per svelare chi veramente è Gesù. – La costruzione della scena è ampia e abile: i Giudei non entrano nel pretorio (18,28), quindi Pilato deve fare da tramite tra gli accusatori giudei e l’accusato Gesù. Pilato esce quattro volte e rientra tre volte: il racconto si suddivide in sette scene con al centro la scena degli oltraggi 19,1-3

Cap. 19  –     I Giudei e Pilato, più che due interlocutori concreti, rappresentano due tipi: i Giudei, il potere religioso del mondo, Pilato, quello politico. Gv aveva parlato dell’opposizione del “mondo” a Gesù divenuta concreta nella presenza di Giudei che sono menzionati ben 22 volte e di Pilato di fronte a Gesù che è il vero giudice che condanna l’ipocrisia del potere religioso giudaico e la pretesa imperialistica del potere politico: essi si appoggiano vicendevolmente, ma vengono smascherati. Risaltano così la regalità di Gesù e il suo giudizio. Il racconto tende a mettere in evidenza gli elementi regali: 19,2-3 nelle burla dei soldati ci sono la corona di spine, il mantello di porpora, il saluto dei soldati. 19,4-6 sono insegne di re la corona e la porpora. Nella scena della presentazione fatta da Pilato: “Ecco l’uomo”; 19,12-14; ecco “il vostro re” proclamazione solenne.

Nel giudizio, i Giudei e Pilato, giudici umani ipocriti, si ricattano: i Giudei volevano la condanna di Gesù senza darne ragione; Pilato si lava le mani. Gesù costringe a scegliere tra lui e Barabba, tra lui e Cesare. (Commento ai sette quadri cfr Maggioni, B., I racconti della passione di G. C. C.E.A.M. 1996)

 

Gv 19, 13 – 27

13 Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette in tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà. 14Era la Parasceve della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: «Ecco il vostro re!». 15Ma quelli gridarono: «Via! Via! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Metterò in croce il vostro re?». Risposero i capi dei sacerdoti: «Non abbiamo altro re che Cesare». 16Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso.

  °(Crocifissione)

Essi presero Gesù 17ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota, 18dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall’altra, e Gesù in mezzo. 19Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei». 20Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco. 21I capi dei sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: «Non scrivere: “Il re dei Giudei”, ma: “Costui ha detto: Io sono il re dei Giudei”». 22Rispose Pilato: «Quel che ho scritto, ho scritto». 23I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti, ne fecero quattro parti – una per ciascun soldato – e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. 24Perciò dissero tra loro: «Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca». Così si compiva la Scrittura, che dice: Si sono divisi tra loro le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte. E i soldati fecero così.

25Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala.

°(La Madre e il figlio)

26Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». 27Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.

 

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19,17-42: Crocifissione, morte e sepoltura di Gesù. Il racconto è analogo, ma diverso da quello dei sinottici; è carico di simbolismi e di riferimenti all’A. T. che sono come il commento che Gv fa. Nella morte di Gesù si vede che il disegno di Dio viene portato a “compimento”. Sviluppo in cinque scene.

vv.17-22 Gesù al calvario e la scritta per la condanna: Giovanni vi insiste perché vi vede ironicamente la proclamazione a tutti, in tre lingue, della regalità di Gesù.

vv.23-24: la divisione delle vesti; richiamata dagli sinottici è sottolineata da Gv “fecero proprio così”. Solo Gv parla della tunica indivisa che è di richiamo da una parte alla divisione dei Giudei e dall’altra all’unità della Chiesa derivante dalla croce come già annunciato Gv 11,52.

vv.25-27La Madre e il discepolo Gv. La scena  è più che un atto di pietà filiale; ha forti richiami simbolici: la “Madre” di Gesù”, “donna”, “ora” cfr Gv 2,1-11; inoltre nell’A. T.: Gen 3,15: inimicizia tra il serpente e la donna: qui il serpente mentre sembra vincere, in realtà viene vinto dalla discendenza della donna che è Gesù Cristo;  Is 66,7 le doglie del parto di Sion madre; 60,4 Sion, donna che riunisce i suoi figli. Maria è segno- simbolo della nuova comunità, la Chiesa che raccoglie e genera nel dolore i suoi figli.

 

 

Gv 19, 28 – 42

28Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete». 29Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca.

 

 °(«E’ compiuto» )

30Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito.

31Era il giorno della Parasceve e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. 32Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. 33Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, 34ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. 35Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. 36Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso. 37E un altro passo della Scrittura dice ancora: Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto.

38Dopo questi fatti Giuseppe di Arimatea, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. 39Vi andò anche Nicodèmo – quello che in precedenza era andato da lui di notte – e portò circa trenta chili di una mistura di mirra e di àloe. 40Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura. 41Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto. 42Là dunque, poiché era il giorno della Parasceve dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù.

 

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  1. 28-30 La morte di Gesù. Singolarmente Gv contrariamente ad altre volte dove usa il vocabolo ‘pleros’ che indica un compimento e un riempimento qualsiasi, in questo brano usa per tre volte il vocabolo ‘telos’ per indicare il completamento definitivo che conclude e termina tutto un piano che è il piano della rivelazione che avviene sulla croce. – “Ho sete” indica un aspetto fisico, ma indica anche colui che ora chiede da bere (cfr 4,7) ed anche colui che disseta tutti (cfr v.34 e7,37s). – “Spirò”: rese lo spirito, o meglio “consegnò” lo spirito con un doppio significato di ‘morì’ e del dono dello Spirito dall’obbedienza di Gesù fino alla croce.

vv.31-37: significato della morte di Gesù. Il testo narrativo è altamente simbolico e teologico.

v.31 I Giudei chiesero la rimozione del corpo in riferimento non solo al sabato, ma alla prescrizione di Dt 21,22s che proibiva di lasciare il cadavere del condannato appeso perché avrebbe contaminato la terra ‘santa’ dell’eredità. Serve a sottolineare lo scandalo della croce.

vv.32-34 Sangue e acqua dal costato di Gesù. Il dono di Gesù è totale e il riferimento è a 7,37ss per l’acqua battesimale e per il dono dello Spirito, e a 6,54 al sangue dato nell’eucaristia. Gv ne dà testimonianza, non per un gusto antidoceta che sottolineasse la vera umanità di Gesù, ma per il forte senso teologico che sottolinea con due riferimenti all’Antico Testamento: cfr Es 12,46

 

Gv 20, 1 – 11

Cap. 20*

°(La tomba è vuota ma non manomessa)

1Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. 2Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». 3Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. 4Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. 5Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. 6Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, 7e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. 8Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. 9Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti. 10I discepoli perciò se ne tornarono di nuovo a casa.

 

  °(Il risorto si manifesta)

11Maria invece stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si

 

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mette in evidenza che Gesù è il vero agnello pasquale il cui sangue porta salvezza; e Zac 12,10 sintesi dei capp. Zac 9-14 esprime il fatto che il pastore rifiutato diventa salvezza per chi lo invoca con fiducia ed è sorgente zampillante di vita cfr Gv 13,1. Così per Gv la croce è il momento sintesi che rivela il compimento della missione di Gesù nell’obbedienza e nell’amore al Padre; rivela anche il momento in cui nasce la Chiesa come unione dei credenti ed inoltre il momento in cui vengono donati lo Spirito, i sacramenti, la salvezza.

vv.38-42 la scena della sepoltura prepara il cap. 20 sulla risurrezione.

Cap. 20   –      Tutto il capitolo ha un’impalcatura unitaria: prima Maria di Magdala al sepolcro vede la tomba vuota, poi l’avviso dato agli apostoli, e accorrono Pietro Giovanni: queste due scene si chiudono con “vide e credette” v.8 e Gv conclude che non avevano compreso le Scritture, sottintende che, se le avessero comprese, avrebbero dovuto credere senza vedere. Nella seconda fase l’apparizione a Maria e le apparizioni agli apostoli, la prima volta senza Tommaso, poi con Tommaso presente. Si conclude con la fede di Tommaso v.28, e con l’elogio di chi crede senza aver visto v.29.

Come insieme di materiali, nel suo vangelo Gv è più vicino a Lc. Con Mt e Mc ha solo in comune lo sfondo del sepolcro vuoto e della missione delle donne (in Gv è solo Maria).

L’importanza del racconto mostra l’impostazione di Gv. L’aspetto fondamentale è che la fede non si pone e non deve fermarsi al Gesù ‘terreno’ e nemmeno al costatare direttamente. – Gv sottolinea quando avvengono le apparizioni: – nel “giorno dopo il sabato” v.1; – “La sera di quello stesso giorno” v.19; e  – “otto giorni dopo” v.26:  vuol dare risalto alla ‘domenica’ che alla fine del primo secolo aveva già sostituito il ‘sabato’ nella comunità cristiana.

Con la sua risurrezione Gesù si trova in una nuova condizione: è presente, ma deve salire al Padre v.17; è concretamente reale v.20 “mostrò loro le mani e il costato”. – La comunità ne fa esperienza nel dono dello Spirito; nel perdono v. 22s e con una fede basata non sul vedere fisico, ma sulle Scritture v.9 e in un nuovo rapporto con Gesù risorto v.29.

20, 1-18 Maria di Magdala e i discepoli al sepolcro. Da un punto di vista letterario nella prima scena vv.1-2 Maria al sepolcro ha come parallelo quella dei sinottici, ma qui si parla solo di

 

Gv 20, 12 – 19

chinò verso il sepolcro 12e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. 13Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto». 14Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. 15Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo». 16Gesù le disse: «Maria!». Ella si voltò e gli disse in ebraico: «Rabbunì!» – che significa: «Maestro!». 17Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”». 18Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e ciò che le aveva detto.

19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!»

 

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Maria; rimane una traccia del plurale in quel “Non sappiamo dove l’hanno posto”. Qui gli angeli non danno alcun messaggio. E’ una scena di introduzione alla seconda scena con Pietro e Giovanni, (il discepolo che Gesù amava) che è tipica di Gv, e forse ha un riscontro in Lc 24,12.

vv.3-10: I due discepoli al sito sepolcro: prima viene inserito il racconto per dire che la testimonianza non è soltanto di una donna (!), ma anche di Pietro e dell’altro discepolo cioè di due testimoni. Poi viene detto che i panni del defunto erano deposti in maniera ordinata e quindi il corpo non è stato trafugato. Questi sono motivi apologetici. Infine emergono i ruoli differenti di Pietro di Giovanni (cfr anche v.21). Pietro indica la comprensione della fede e il ministero; Giovanni l’intuizione della fede, della profezia.

vv.11-18 Si può notare un materiale diversificato con le prime due scene. Questa terza scena mette in evidenza due cose, sia il cammino, l’apertura verso la fede di Maria; sia la condizione nuova di Gesù e quindi anche della fede: – Maria prima è tutta bloccata nel pensiero del corpo di Gesù trafugato per cui non si accorge degli angeli, non si accorge di Gesù. Non le basta il vedere (che è ambiguo) ma deve sentire il nome suo, che esprime una conoscenza di intimità e solo allora si apre alla fede: “Ho visto il Signore” v.18. – Il centro del racconto è in quel “Non mi trattenere” v.17: Gv vuole esprimere la nuova condizione di Gesù e quindi della fede di Maria. La prospettiva di Gv in tutto il Vangelo è il Gesù che viene dal Padre e torna al Padre. La risurrezione non è il compimento, ma lo è il tornare al Padre. In senso storico salvifico, la risurrezione è un momento intermedio: morte, risurrezione, ascensione; di per sé una realtà unica. Quel “Non mi trattenere” è un invito a Maria e ai discepoli a vedere la vera dimensione della fede che termina in Gesù “Signore” dei beni messianici della Chiesa.

La scena degli angeli è ripresa dai sinottici, ma qui essi non danno alcun messaggio. La scena dei due discepoli è ‘inserita’. I sinottici puntano al kerigma pasquale; qui Gv punta alla nuova condizione di Gesù.

vv.19-23 Apparizioni ai discepoli e missione: – La realtà di questo Gesù risorto: le ferite, anche la condizione nuova per cui Gesù entra a porte chiuse. – Dalla paura alla gioia, il cammino dei discepoli vv.19-20. La paura viene dal mondo qui espresso dai Giudei (cfr 7,13; 9,22; 12,42). La gioia e la pace sono doni messianici di Gesù risorto che siede alla destra del Padre.

 

 

Gv 20, 20 – 31

  °(«Io mando voi»)

20 Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io

mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

°(«Beati quelli che pur non avendo visto crederanno»)

24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». 27Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». 28Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

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La missione affidata da Gesù agli apostoli è universale, senza limiti e ha la sua sorgente nel Padre. Quel “come il Padre ha mandato me” ha valore di similitudine e di causalità, e la somiglianza (come) esprime lo stile di Gesù e lo indica agli apostoli come stile caratterizzato da obbedienza al Padre e da accoglienza verso gli uomini, non da condanna (il giudizio è insito nel rifiuto dell’annuncio).

  1. 20.22  “soffiò”: questo segno di Gesù è simbolo di una nuova creazione (Gen 2,7; e Zac 37) che viene da Gesù risorto. Egli è capace di strappare l’uomo alla morte e al peccato (cfr Ez 36,26s) con il perdono con il rimettere i peccati o non rimetterli. Tutto questo è opera dello Spirito di Gesù risorto. Il dono dello Spirito e la missione sono affidati alla comunità in cui però gli apostoli svolgono un ruolo particolare. Gv (come nel cap. 21) tiene sempre presente il rapporto stretto tra autorità-istituzione e profezia-carisma, senza escluderli, ma vedendoli sempre in unità.

vv.24-31: La beatitudine della vera fede è credere senza vedere. La seconda apparizione di Gesù ad otto giorni di distanza riprende i temi precedenti: (1) la vera realtà di Gesù risorto; (2) l’esperienza della fede nel culto.

Ma lo scopo è quello di sottolineare la vera fede nel tempo della Chiesa e il passaggio dalle Cristofanie alla testimonianza. Nel tempo del Gesù storico, visione e fede erano abbinati, ora basta la testimonianza di chi ha visto e trasmette la fede con la testimonianza. Nel tempo della Chiesa si esprime la fede matura nel Gesù “Signore”. Questa fede non passa più attraverso il vedere, ma attraverso la testimonianza.

La ‘visione’ del Gesù storico non è più ripetibile, è trasmissibile solo per la via della testimonianza. Ma l’esperienza di Gesù-Signore è sempre ripetibile per chi crede attraverso il dono della pace e della gioia messianica.

 

CONCLUSIONE. Segni e fede sono stati sottolineati in tutti i racconti giovannei: morte e risurrezione è il segno globale che matura nella fede in Gesù Figlio di Dio come espresso nel prologo (“il Verbo era Dio”) e nella fede sta la vita.

 

 

Gv 20,30 – 21, 1 – 20

<Prima Conclusione: CREDERE PER VIVERE>

30Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Cap. 21*

1Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: 2si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli. 3Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.

4Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. 5Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». 6Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. 7Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. 8Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri. 9Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. 10Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora».

11Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. 12Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. 13Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. 14Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.

15Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». 16Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». 17Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. 18In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». 19Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi». 20Pietro si voltò e vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, colui che nella cena si era chinato sul suo petto e gli aveva domandato: «Signore, chi è che ti tradisce?».

 

 

Gv 21, 21-25

21Pietro dunque, come lo vide, disse a Gesù: «Signore, che cosa sarà di lui?». 22Gesù gli rispose: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa? Tu

seguimi». 23Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa?».

24Questi è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera. 25Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere.

<Molti biblisti dubitano che il cap. 21 sia un’aggiunta fatta nella comunità cristiana giovannea.>

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Appendice A

A- STRUTTURA E TEMI DEL VANGELO DI GIOVANNI

 

In Gv si possono notare quattro parti:

Il prologo (1,1-18);

Il libro dei segni rivelatori (1, 19-12,50);

Il libro della glorificazione (capp. 13-20);

L’epilogo (cap.21).

Prologo 1, 1-18 “In principio”. Il prologo indica il tema generale del Vangelo:

“il Verbo si è fatto carne”.

Capp. 1, 19-12,50 Il libro dei segni o la manifestazione della gloria del Figlio dinanzi al Padre.

1,19-2,1 Testimonianza del Battista nella prima settimana dell’attività di Gesù.

1,29.35.43; 2,1: il Battista e Gesù vv.1,19-34 nella prima Pasqua 3, 22-36; 5, 33-36

sinottici: Mc 1,2 e paralleli \\; Mt 11,2-24 e\\; Mc 9,9-13 e \\

2,1-4,54: da Cana a Cana (2,1-11) il segno alle nozze, passaggio al nuovo blocco di temi:

la novità di Cristo e la reazione di diverse persone di fronte a lui:

2,13-25 scaccia (i mercanti) dal tempio.

3,1-15 Nicodemo.

3,16-21 Il Figlio mandato nel mondo.

3,22-30 Testimonianze del Battista.

4,1-29 La Samaritana e il Messia: il culto in spirito e verità.

4,39-42 Testimonianze dei samaritani.

4,43-59 Testimonianze del Padre: un funzionario e guarigione del figlio.

Capp. 5-10: Feste giudaiche a Gerusalemme; seconda Pasqua:

5,1-30 La guarigione del paralitico e la polemica sul sabato.

5,31-47 Opposizione alla rivelazione. Testimonianze per Gesù.

6,1.21 Gesù in Galilea moltiplica il pane poi cammina sulle acque.

6,22-50 Il Pane della vita eterna.

6,51-66 Nella sinagoga di Cafarnao.

6.67-70 Confessione di Pietro. Festa delle capanne

7,1-52 Gesù acqua viva. Rivelazione messianica e tentativo di arrestare Gesù (7,40-52).

8,1-11 Gesù perdona l’adultera.

8,12-30.48-59 Gesù e la sua gloria: “Io sono”.

Cap 9 Gesù luce del mondo. Festa della dedicazione: “porta; pastore; Figlio di Dio”.

Cap. 10 Decisione di uccidere Gesù.

Cap. 11 Miracolo di Lazzaro e congiura del sinedrio.

Cap. 12 Festa della terza Pasqua, la gloria. Collegamento tra la 3° e 4° parte.

Verso l’ora della gloria. Fino al cap. 12 Gesù parla al popolo;

Dal cap. 13 Gesù parla “ ai suoi “. Giudei increduli; commiato e invito di Gesù (12,37-50).

Cap. 13,1-35 Il libro della glorificazione. All’ultima cena Gesù lava i piedi ai suoi.

Il comandamento nuovo.

Capp. 14-16: promessa e compiti dello Spirito Santo (14,15-31e 16); “amatevi” (15,12-17)

Cap. 17, 1-26 Gesù prega per sé; per i discepoli; per i credenti futuri.

Capp.18-20 Passione, morte e risurrezione di Gesù

Gv 20 Apparizioni. Beatitudine nella fede. (20,19-29 prima conclusione.

Gv 21,1-19 vita della Chiesa e discepolato; 21,20ss attesa del ritorno di Gesù;

seconda conclusione.

 

Appendice B

 

B – IL VANGELO DI GIOVANNI E I SINOTTICI

1.-: Unità di fondo con i Sinottici

– C’è una unità di fondo di Gv con i Sinottici, pur tra differenze

La vicenda va dal battesimo di Gesù nel Giordano alla sua morte e risurrezione

Fondamentalmente si va dalla Galilea a Gerusalemme anche in Gv:

cfr ’l’ora’ 2,4; 7,30; 8,20; 13,1; 12,23; 17,1; 12,27; 16,4.21

La dimensione di ‘divergenze e confronti’ tra Gesù e l’ambiente: come nei Sinottici

cfr 2,13-22; tempio 4,1-42; 6 come nei sinottici

Il discorso riservato ai ‘suoi’ Gv 12,37-43.44.50 e capp. 13-17 cfr Mc 13 discorso escatologico;

Lc 22,24-38 le raccomandazioni

I fatti reali compiuti da Gesù, i miracoli (in greco: sèmeia = segni) come ‘fatti e parole’ e testimonianze della messianicità di Gesù cfr 20,30. Nella teologia di Giovanni i “segni” non sono soltanto “simboli”.

In Gv prevale il discorso teologico; ma Gv è attento anche ai particolari concreti:  Betania al di là del Giordano 1,28 . Cana di Galilea 2,1-11 . Ennòn vicino a Salìm 3,23 . Sicar, il pozzo di Giacobbe 4,5-11 . La piscina di Betesta a cinque portici 5,2; . La piscina di Siloè a Gerusalemme 9,7; Efraim in Perea 11,54; ‘litòstratos’; Gabbatà 19,13

 

2.-: Differenze tra Gv e i Sinottici

 

differenza temporale: vedi le Pasque 2,13; 6,4; 12,1 (cfr 5,1)

differenza spaziale: vedi Gesù a Gerusalemme 2,13; 5,1; 7-12

 Per le feste (Pasqua v.a-) festa delle Capanne 7,2; festa della Dedicazione 10,22

La cena pasquale e la morte Gv 18,28; 19,42 e Sinottici

 La vocazione dei primi apostoli Gv 1,35-50 e Sinottici

 La cacciata dal tempio Gv 2,13-22 e Sinottici

Il numero dei miracoli che in Gv sono sette: . a Cana 2,1-11 . Figlio del funzionario 4,46-54 . Paralitico cap.5 . Moltiplicazione dei Pani . Gesù cammina sulle acque . il cieco cap. 9 . Lazzaro cap. 11

 

3.-: Il problema del linguaggio

 

a-lettura “teologica” dei fatti della vita di Gesù

b- I “discorsi” di Gesù in Gv hanno uno stile “teologico”.

c- il linguaggio si trova su un piano superiore di simbolo:

Idee madre teologiche: vita, luce, verità, nascita da Dio;

Le formule «Io sono» 4,26; 6,20; 8,58; 13,19; 18,5s; e «Rimanete in me» 15,4.9

Le contrapposizioni: ._ ‘luce-tenebre’ (1,4s; 12,35); ._ ‘via-morte’ (11,25; 14,6); ._ essere: ‘dal basso- dall’alto’ 3,31; ._ ‘verità-menzogna’ (1,17; 14,5; 8,44.55)

Espressioni a doppio significato . ‘innalzare’ (3,14; 12,32); . ‘vedere’ (9,39-41). Ciò rivela che questi “discorsi” non debbono essere presi in senso storico.

Il modo di parlare di Gesù è uguale a quello dell’evangelista Gv: ad esempio: . Prologo  La conclusione 12,36-50 . Capitolo 3,16-21.31-36 . Prima lettera Gv

 

In conclusione ci troviamo di fronte ad una redazione teologica, ad un a trasposizione del messaggio di Gesù nella teologia giovannea.

 

4.-: Alcuni problemi di critica testuale

 

5,3b-4 il moto delle acque e l’angelo

7,53-8,11 l’adultera

Capp. 5 e 6 forse in posizione da invertire: 4,54 in Galilea cui seguirebbe 6,1;

poi 5,1 a Gerusalemme cui seguirebbe 7,1-10 dalla Galilea in Giudea.

Frasi fuori posto: 14,31 segnale di partire che avviene solo 18,1. E conclusioni: 20,30s e 21, 24s

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Appendice C

 

C.-: AUTORE DEL QUARTO VANGELO 

 

a- La tradizione della Chiesa

Ireneo (180-190) dice: “Giovanni, il discepolo del Signore, lo stesso che si era adagiato sul suo petto, pubblicò il Vangelo nel periodo della sua permanenza ad Efeso in Asia (AH 3,1-2)

Eusebio di Cesare (+338 ca.) nella sua Storia della Chiesa (III,32) riferisce che Papia di Gerapoli dichiarava di aver ricevuto la dottrina della fede da persone vicine agli apostoli, ma lui non vide questi di persona. E tra i discepoli del Signore oltre all’apostolo Giovanni (che Papia non aveva incontrato) egli indicava un “presbitero” Giovanni da lui incontrato. Nella seconda e nella terza lettera di Gv compare un misterioso “presbitero” che poteva esser vissuto nella comunità giovannea di Efeso.

b- Difficoltà:  il vangelo di Gv non ha un linguaggio come i sinottici . Questo rivela un ambiente giudaico ellenista. L’espressione «il discepolo che Gesù amava» 13,23; 19,26; 20,2; 21,7. 20 rivela un terzo uomo; così pure il valore della testimonianza vedi 19,35; 21,24.

c- Ipotesi: di fatto Gv di Zebedeo fu ad Efeso, e sta all’origine della tradizione raccolta dalla cerchia dei presbiteri.  Un presbitero raccoglie la tradizione giovannea e gli dà il colore letterario e teologico, (e chiama Giovanni «il discepolo che Gesù amava») inoltre è autore delle tre lettere Gv.

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Appendice D

D – LA COMUNITA’ GIOVANNEA

 

Comunità Giovannea e formazione del Vangelo di Giovanni

                         (cfr R. E. Brown, Introduz. al Vang. di Gv)

 

a- una comunità che condivide la stessa fede in Gesù con le altre comunità Gv capp.1-3:

gli stessi apostoli, anche se chiamati in luoghi differenti 1,35-51;

gli stessi titoli a Gesù: Rabbi, Messia, Figlio dell’uomo, re d’Israele, quello di cui parlano Mosè e la Legge;

gli stessi miracoli ma con letture differenti <vedi paralleli> Gv 4,47-54 cfr Mt 8,5-13 figlio del funzionario; Gv 5 il paralitico; Gv 6 moltiplicazione dei pani cfr Mc 6,30-44 e paralleli Gv 9 cieco; Gv 11 Lazzaro … Giairo

La morte e risurrezione di Gesù

Anche le stesse parole Gv 6,51 e Lc 22,19; Gv 3,5 e Mt 18,3

 

b- una comunità che ha membri che derivano da ambienti particolari la loro impronta: forse alcuni dalla comunità di Qumram. Chi? . Giovanni Battista? . Il secondo discepolo di Gv 1,40?  Altri dal gruppo degli Esseni?  Persone che avrebbero portato quella visione: luce-tenebre; verità-falsità; la Legge come acqua di vita?

 

c- Una comunità in cui giuoca un ruolo particolare «il discepolo che Gesù amava» come testimone e interprete e già discepolo (facilmente) del Battista (ma forse non dei dodici apostoli?) conosciuto dal sommo pontefice (Gv18,15); forse redattore del Vangelo e che lascia supporre una identificazione con Giovanni apostolo.

 

d- In questa prima comunità giovannea fatta da giudeo-cristiani dovettero entrare presto alcuni nuovi gruppi, come ad esempio: . Giudei contrari al tempio 4,21; anche At 6,7, ma contrariamente 2,46; 3,1 . Samaritani 4,39-42 con una cristologia dall’alto, non ‘davidica’.

Questo portò ad una rottura con la ‘Sinagoga’ che viene indicata ormai con “i Giudei”: per gli indizi cfr 9,22 e viceversa 9,28s “quel tale; 13,33 “Giudei”; 10,34; 15,25 la “loro legge”; 16,2 i Giudei che condannano i cristiani, sono anche quelli che condannarono Gesù. Cfr anche le lotte tra “giudei” e i cristiani At 7, 58-60; 12, 2-3

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Appendice E

 

E – LA CRISTOLOGIIA DELLA COMUNITA’ GIOVANNEA

 

La tradizione samaritana aspettava un nuovo “maestro”, come Mosè, venuto dal cielo. E’ qui che si sviluppa la teologia alta su Gesù: . “venuto dall’alto” 3,13-21; 5,20; 6,46; 7,16 . E’ la “Parola che è presso Dio” 1,1-14 . E’ “luce” 1,9s; 8,12: 9,5 . “Ha visto il volto di Dio” 3,13; 5,37 . “E’ una cosa sola con il Padre” 10,30; 14,9.

Questa teologia poi nella Chiesa è diventata vincente (secc. III-IV) e con questa si sono spiegate altre affermazioni simili cfr 1Cor 8,6; Fil 2,6; Col 1,15-18. I ‘giudei’ vedono in questa comunità giovannea l’eresia contro il Dio unico di Dt 6,4; cfr 10,33; 8,58s e l’espressione del nome divino: «Io sono».

— Le conseguenze tirate dalla comunità giovannea:

La ‘sostituzione’ del primo Israele con la comunità giovannea.

Cfr l’opposizione tra 1,11 e 1,12 vedi 13,1=  “i suoi”.

I  ‘Giudei’ come “figli del diavolo” e “peccatori” 8,44.47; 9,41; 8,24

I ‘Giudei’ e “Israele” secondo la carne, e i cristiani nati dall’alto o secondo lo Spirito

cfr 1,13.47; 3,3-7

E’ avvenuta la sostituzione del culto giudaico cfr 2,19-22; 1,14.17; Es 40,34

Superamento delle feste “giudaiche” in Gesù vedi: .  “Sabato” e Gv 5,17 . “Tabernacoli” (preghiera per l’acqua) e Gv 7,37s . “Dedicazione”: Gesù è il vero consacrato 10,36 . “Agnello” pasquale e Gv 19,31-34

Un nuovo aspetto della “escatologia” già “realizzata” ora in Gesù e nella comunità, cfr il ‘giudizio già avvenuto’, ad esempio 3,13; 6,62: Gesù è venuto e ha già giudicato il “mondo” cfr 16,28; 3,17-21; la “vita eterna” non da attendere (Mc 10,38; Mt 18,8s) in Gv è già presente 5,24; 11,26 con l’essere Figlio di Dio cfr Gv 1,12 e Lc 6,35; 20,36

Tuttavia la comunità giovannea sa mettere insieme il “tradizionale” e il “nuovo” senza deviare: una cristologia alta e una bassa (ad esempio cfr 10,30 e 14,28) uno escatologia finale e quella “realizzata”.

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Giovanni e i Gentili

Per l’impostazione teologica della comunità giovannea era più facile che il Vangelo fosse accettato tra i “gentili” e i “greci” e forse un cenno a questo passaggio, dello spostamento ad Efeso, sta in 7,35.

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La comunità giovannea e gli altri

La cristologia della comunità giovannea è incentrata su Colui che è disceso “dall’alto” (3,16 e il prologo 1,1-18) e ha formato la “comunità” (cfr 1Gv 1,3 comunione) dei fratelli tra cui regna l’amore 13,34s; 15,12ss ma ha di fronte coloro che non credono

Il “mondo” come “uomini”, “creazione” amati da Dio 1,29; 4,42; 6,33.51; 10,36; 12,47; 17,21

ma soprattutto dai capp. 14-17 una presentazione negativa del “mondo” cioè che rifiuta di credere, rifiuta la luce e quindi è nelle tenebre:

Giudizio sul mondo, 9,39; 12,31-36

Incompatibilità tra “mondo” e Gesù 16,20; 17,14.16; 18,36 e il suo Spirito 14,17; 16,811

Il mondo odia Gesù e i suoi seguaci 7,7; 15,18-19; 16,20

Gesù vince il mondo e ne scaccia il principe 16,33; 12,31; 14,30 e non prega per esso 17,9

Questa tematica ‘Gesù-mondo’ rivela la concretezza della comunità giovannea nel mondo.

Il termine “Giudei” rivela: . La polemica con i farisei e la legge (5,16; 7,19.22.24; 9,13.16) . La non accettazione di Gesù (6,52; 7,15.49) . Inoltre la controversia con la “Sinagoga” sulla “divinità di Gesù” (5,39s.45ss; 6,31-33; 7,21-24; 8,31-57; 10,34-36): i “giudei credenti in Gesù” venivano gettati fuori: questo specialmente dopo la fine di Gerusalemme, dopo Jonenia (90 d.C.)

I “seguaci di Giovanni Battista” (per l’esistenza: At 18,24-26 e 19,1-7) si rifanno ancora al Battista e non accettano Gesù. Questo spiega il continuo sottolineare nel vangelo Gv il ruolo del Battista come preparazione a Gesù (3,22.26; Mt 11,2-16 e paralleli), e tutti i riferimenti 1,9 (non è la luce); 1,15.30 (è dopo Gesù); 1,19-24 e 3,28( non è il Messia, Elia, il profeta); 3,29 (non è lo sposo; deve diminuire); 40,41 (non ha operato miracoli); 5,33s (è per rivelarlo a Israele).

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Il Vangelo Gv come opera sorta nella comunità giovannea

 

Questo Vangelo sorto nella comunità giovannea rivela inoltre tracce dei rapporti di questa comunità con altri gruppi cristiani, che però sono guardati criticamente 8,31ss; 6,66;

I “cripto cristiani” sono ebrei cristiani rimasti per paura nelle Sinagoghe 12,42s. Velatamente questa situazione di tensione la troviamo nel cap. 9: cieco nato 9,22s.33-38. Per dei giudei cristiani era forse motivo di ‘prudenza’ rimanere all’interno della Sinagoga; la comunità Giovanni invece si mostra più radicale 2,23-25 e a differenza di Nicodemo e Giuseppe da Arimatea 19,38s.

I “Giudeo- cristiani con una fede inadeguata”. Alcune sottolineature del Vangelo di ci fanno supporre una posizione critica nei confronti dei discepoli che probabilmente sono Giudei cristiani 6,59-66 (6,60 da riferire a 6,41. 53); 7,2-13: chi sono qui i “fratelli”? ._ Si può fare riferimento a Gal 1,19 e 2,9? ._ Gv 8,31-59 chi sono questi “Giudei che avevano creduto in lui” ? v.31; ._ Si può supporre una polemica della comunità giovannea che aveva una cristologia alta (cfr «Io sono» v.58) con i cristiani delle Sinagoga che rimproverano Gesù di essere “samaritano” v.48? ._  C’è una polemica tra i cristiani “samaritani” e gli “ebrei seme di Abramo”? ._ Riflette la comunità giovannea già la polemica che sta in Ignazio d’Antiochia circa i “Giudei” nei riguardi della divinità di Gesù e dell’eucaristia?

La comunità giovannea e le comunità cristiane

Il fatto che c’è una tensione tra Pietro e il “discepolo che Gesù amava” fa supporre che esistesse una differenziazione tra la comunità giovannea e le comunità apostoliche rappresentate da Pietro. I testi sono: _ 13,23-26 la cena . 18,15 il discepolo prediletto entrò nel palazzo di Caifa e Pietro no . 16,32 Giov. sta sotto la croce e Pietro è fuggito . 20,2-10 Giov: arriva per primo alla tomba e crede . 21,7 Giov. riconosce Gesù . 21,20-23 Giov. rimane finché egli torni.

Si riconosce tuttavia che anche le “comunità apostoliche” fanno parte dei “suoi” (13,6; 14,5.8.22) e hanno visto il Signore risorto (20,19-24; 21,2).

Li differenzia: una cristologia più alta 1,18.  Il concetto di “discepolato” come vicinanza a Gesù più che quello di “apostolato” 21,15-17: «mi ami» per Pietro come un riscatto e invece “il discepolo che Gesù amava”.  Accentuata la presenza di Gesù nella comunità più per mezzo del Paraclito 14,15-17; 16,13 che non sulle istituzioni: gli apostoli e i successori At 20,28ss e l. pastorali

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Appendice F

F – Antropologia ed escatologia

 

.a- Dualismo: luce-tenebre. L’uomo è avvolto nelle tenebre e dominato dal demonio 8,44.

La luce viene da Gesù, anzi egli è la luce: la si accoglie con la fede.

In Gv la fede equivale alla conversione; nei Sinottici (in greco: pistis-metanoia): non crede chi non vuole convertirsi 3,16-21

 

.b- La salvezza in Gv è già presente con la fede; il non credere, il rifiuto di Gesù è già morte 8,24.51. La fede implica la prassi, il fare la verità, compiere la parola di Gesù 12,47; 17,17.

Nel cuore dell’uomo si decide della sua esistenza e la sua salvezza (escatologia presidenziale).

 

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Ecclesiologia

In Gv l’ecclesiologia è legata alla funzione di “Pastore” di Gesù (cap. 10) comunicata a Simon Pietro (cap. 21); alla fede (6,68) e all’amore di Pietro (21,15ss).

A Pietro è legato il ‘pastorato’, agli apostoli tutti il perdono e la remissione dei peccati: 20,21-23. Nella Chiesa si celebrano i sacramenti: Gv fa riferimento al Battesimo (3,3-5; 19,34s) e all’Eucaristia (6,51-58).

In Gv ci sono pochi accenni alla escatologia ultima, come in 6,39. 44. 45; per il resto la salvezza è già presente; ma vedi 1Gv 3,1s. – «Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. 2Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.

3Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro. 4Chiunque commette il peccato, commette anche l’iniquità, perché il peccato è l’iniquità. 5Voi sapete che egli si manifestò per togliere i peccati e che in lui non vi è peccato. 6Chiunque rimane in lui non pecca; chiunque pecca non l’ha visto né l’ha conosciuto.»

 

 

 

 

 

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Domenica XIV tempo ordinario anno A parroco don Mario Blasi evangelizza Mt 11,25ss

Blasi don Mario parroco evangelizza XIV domenica tempo ordinario anno A  Matteo 11, 25ss

Mt 11,25-30)

TI BENEDICO, O PADRE, SIGNORE DEL CIELO E DELLA TERRA, PERCHE’ HAI NASCOSTO QUESTE COSE AI SAPIENTI E AGLI INTELLIGENTI E LE HAI RIVELATE AI PICCOLI”.

Gesù ringrazia Dio Padre, Signore del Cielo e della terra, perché da Lui ha ricevuto tutto il Suo Amore; solo il Figlio ama di un Amore infinito il Padre e solo il Padre ama il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare.

Il Padre, per mezzo del Figlio, fa conoscere queste cose, cioè il il Suo Amore a questa piccola fragile creatura umana. I piccoli a cui viene rivelato l’amore di Dio e da essi accolto sono i poveri delle Beatitudini ai quali spetta il Regno dei Cieli. I poveri delle Beatitudini sono coloro che accolgono l’amore di Cristo e insieme con Lui e come Lui lo portano ai fratelli. I poveri delle Beatitudini sono coloro che danno adesione gioiosa a Cristo e portano questa gioia nel cuore del fratello bisognoso che incontra per risollevarlo dalla sua indigenza morale e materiale.

“Quelli che la società ha reso poveri sono proclamati beati perché ci sarà chi si prenderà cura di loro. E quelli che decidono volontariamente di vivere poveri, vengono chiamati beati perché il Padre si prende cura di essi. A chi diventa responsabile della felicità del proprio fratello, Gesù garantisce che il Padre stesso si farà carico della sua felicità” (A.Maggi).

A rivelare oggi la grandezza dell’amore di Cristo spetta alla Chiesa, cioè a tutti i battezzati. Il battezzato che non si lascia guidare dall’amore di Cristo, non comprende il significato della sua vita.

“Imparate da me che sono mite ed umile di cuore”.

Gesù non comanda, non impone. Solo il padrone comanda e lo schiavo obbedisce. Il cristiano è figlio, non schiavo. Il Padre celeste non comanda, ma vuole che sia imitato. “Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro“. “Siate completi come è completo il Padre vostro celeste“.

Il messaggio di Gesù va proposto a tutti con amore e non imposto. Il compito di ogni credente e di ogni comunità cristiana è quello “di immergere ogni persona, tramite l’amore, nell’Amore di Dio, un Amore che perdona…, un Amore che non ama per essere amato, ma ama soltanto per il gusto dell’Amore” (A.Maggi).

“Ti benedico o Padre, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli”.

sapienti e gli intelligenti sono contrapposti ai piccoli: gli eletti, i santi, i giusti.

Gesù si rivolge con il Suo sguardo a coloro che accolgono il Suo messaggio. Prima di tutto loda e ringrazia il Padre, Signore del Cielo e della terra, il Creatore che sostiene con la Sua potenza ogni cosa. Gesù benedice Dio Padre; il Suo messaggio di Amore, rifiutato dai sapienti, dai re, dai grandi, dai potenti, da quelli che possiedono la terra, dai sacerdoti, dagli scribi, dai farisei, è accolto, è rivelato ai piccoli, ai giusti, agli eletti, a quelli che ascoltano e vivono la Sua Parola.

La rivelazione di Dio Padre che si manifesta in Gesù è sconvolgente. Dio Padre trasmette a Gesù, Suo Figlio, la Sua stessa capacità di Amore: lo Spirito.

Gesù, Uomo vero, si comporta come Dio. Gesù è come Dio. Egli presenta un Dio, non buono, ma assolutamente buono. Dio è Amore che desidera comunicarsi a tutti. Dio dona il Suo Amore non per i meriti degli uomini, come dicono gli scribi e i farisei, i sapienti, ma per i loro bisogni. Dio non premia i buoni e castiga i cattivi, come dicono gli intelligenti, ma dona il Suo Amore che non va meritato ma accolto come dono gratuito.

Più uno è nel bisogno, più l’Amore di Dio si fa efficace. Il Dio di Gesù comunica Amore, amore che va prolungato agli altri.

La buona notizia di Gesù -Vangelo- è completamente diversa dall’insegnamento dei sapienti e dei dotti del Suo tempo.

Dio non esclude nessuno dal Suo Amore. L’uomo, per quanto sia grave la sua situazione, non è mai escluso dal Suo Amore. E’ dono gratuito, non va meritato, ma accolto!

“Venite… Prendete… Imparate”.

“Venite”: Gesù si rivolge agli affaticati e agli oppressi, cioè a coloro che sono gravati dalle preoccupazioni della vita e quelli che stanno per cadere di fronte alle difficoltà della propria fede.

“Prendete”, “Il mio carico è leggero“: il cristiano deve vivere gioioso il messaggio ricevuto e lo deve trasmettere.

“Imparate”: il discepolo deve essere come Gesù, mite ed umile per avere gioia nel cuore.

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Blasi don Mario parroco evangelizza nella domenica XIII tempo ordinario anno A Mt 10,37ss

Domenica XIII tempo ordinario anno A Matteo 10, 37-42 parroco don Mario Blasi

“Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me”.

Fondamento della vita delle persone e dell’esistenza sociale è la famiglia: è asilo e protezione per ogni uomo. Se si distrugge la famiglia la società va in rovina e la persona perde la propria sicurezza.

Perché Gesù chiede al Suo discepolo la separazione dalla sua famiglia? Il messaggio di Gesù è sconvolgente! E’ un messaggio che ha in sé una forza vitale che supera la morte: la Risurrezione. “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna ed io lo risusciterò nell’ultimo giorno“.

Davanti a questo messaggio è necessario prendere decisioni definitive. L’uomo, creato con amore da Dio, ha dentro di sé un anelito straordinario di vivere. “Il trovare e il cercare la vita è profondamente radicato in ogni uomo“.

Gesù solo appaga questo profondo desiderio di vita. Egli solo dona la vera Vita. I genitori danno una vita che viene meno. La vita che Gesù dona è incorruttibile ed eterna. Nel Suo Amore Gesù non esclude nessuno. In qualunque situazione si trovi la persona, Egli le trasmette una vita che non viene mai meno.

“Chi avrà perduto la sua vita per causa mia la troverà”.

Gesù, nella vita terrena, è stato sempre fedele a Dio e solidale con gli uomini. “Gesù non ha avuto come fine il perdere la propria vita”, ma viverla pienamente e gioiosamente per ridare all’uomo la capacità di assomigliare al Padre celeste praticando un amore simile al Suo. “Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro“.

Perdere la vita per il discepolo significa spenderla amando i fratelli così come sono, compiere il proprio dovere con gioia, realizzare la giustizia nei confronti di ogni uomo, vedere le necessità dei fratelli e andare loro incontro per risolverle, costruire una società dove tutti possono avere un lavoro per vivere nella dignità dei figli di Dio.

La vita va instancabilmente spesa per gli altri per ritrovarla con Gesù, pienamente realizzata.

“CHI AMA IL PADRE E LA MADRE PIU’ DI ME NON E’ DEGNO DI ME; CHI AMA IL FIGLIO O LA FIGLIA PIU’ DI ME NON E’ DEGNO DI ME”.

Gesù, Uomo-Dio, che dona la vita indistruttibile, deve essere messo al di sopra di tutto e di tutti. Chi non riconosce la Sua straordinaria grandezza, è incapace di essere Suo discepolo. Davanti a Lui tutti i valori umani devono essere messi al secondo posto. Gesù chiede adesione totale fatta con amore sincero. Egli, però, chiede di essere amato attraverso questa piccola fragile creatura umana: “Amatevi l’un l’altro come io ho amato voi“.

I legami familiari non si devono mai rinnegare, non devono però essere ostacolo all’adesione gioiosa con il Cristo. I familiari, come ogni altra persona, vanno amati con lo stesso amore di Cristo che ha dato la vita per la salvezza di tutti. Gesù è Dio. Solo Gesù dona la vita con amore.

Il discepolo deve essere disponibile a tutto per seguirlo e deve portare il Suo amore ad ogni uomo perché sia gioioso.

“Chi avrà trovato la sua vita la perderà

e chi avrà perduto la sua vita per me, la troverà”.

Chi accoglie Gesù, il Suo messaggio di amore, ha dentro di sé una vita indistruttibile che supera la morte.

Chi considera la vita terrena come vera vita, di fatto la perderà.

“Chi insegue il potere, il successo e la ricchezza, con la morte avrà la sua esistenza completamente distrutta e annichilita, e chi, invece, mette la propria vita al servizio del bene degli altri, già su questa terra, ha una vita di una qualità tale che la morte non potrà scalfire e che oltrepassa la soglia della morte, continuerà in un crescendo di pienezza di vita”.

“Chi crede, ha una vita capace di superare la morte. Chi invece vive ripiegato su se stesso, lavorando soltanto per il proprio io, per il proprio tornaconto, per la propria ricchezza, chi vive non comunicando vita agli altri, ma sottraendo vita agli altri, chi non vive facendosi pane agli altri, ma toglie il pane dalla bocca degli altri, questa è una persona che piano piano soffoca, fino a spegnere l’energia vitale che aveva dentro di sé e quando arriva la morte biologica, sarà anche la morte dell’individuo, la morte per sempre, la morte seconda” (A.Maggi).

 

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Mario Blasi parroco evangelizza domenica XII tempo ordinario anno A. Mt 10,26ss

Domenica XII del tempo ordinario anno A Matteo 10, 26ss evangelizzazione di don Mario Blasi

“NON TEMETE… QUELLO CHE VI DICO NELLE TENEBRE DITELO NELLA LUCE”.

Il credente in Cristo è chiamato ad essere luce, cioè vita vera; per essere luce deve accogliere nel cuore l’amore del Maestro; amore che diventa sorgente di vita per superare le prove di ogni giorno.

L’amore di Cristo accolto dona al credente gioia e una vita indistruttibile che supera la stessa morte. L’amore di Cristo ha la capacità di portare l’esistenza umana nella sfera di Dio.

“Non temete”.

Il cristiano deve portare sempre la letizia nel cuore perché il messaggio di Gesù sia rivelato gioiosamente a tutti. “Ciò che ora è nascosto nelle tenebre sarà detto alla luce del sole e rivelato pubblicamente. Ciò che ora si può appena mormorare all’orecchio (a causa dei pericoli esterni) sarà proclamato sui tetti”.

Il cristiano deve sempre avere l’amore di Cristo nel cuore e grande fiducia in Lui. Il cristiano non si deve mai abbattere nelle difficoltà anche se il risultato davanti agli uomini sembra misero o nullo. Come il sole nascente ha ragione sulla notte, così il messaggio di amore di Gesù si diffonde piano piano.

“Non temete”.

Il cristiano deve sapere che la sua vita è semrpe nelle mani di Dio, è al sicuro da ogni pericolo. “Gli uomini possono accanirsi contro la vita del corpo, possono anche soffocarla, distruggerla, ma non hanno alcun potere sulla vera vita che sfugge ad ogni attacco”. L’amore di Cristo  una vita capace di superare la soglia della morte. “La vera vita che Dio assicura in maniera definitiva non può essere diminuita né tolta dagli uomini, neppure attraverso l’annientamento della vita corporale”.

“Non temete”.

Dio è Padre. Egli veglia su tutta la Sua Creazione. Egli è Provvidenza anche per gli esseri più piccoli, anche i passeri. Voi valete più di molti passeri. In qualunque situazione si trovi, il credente deve percepire di essere amato da Dio che veglia, quando esce e quando entra, da ora e per sempre.

Non abbiate timore”.

Gesù manda i Suoi discepoli ad annunziare il Regno di Dio. Essi lo devono proclamare alla luce del giorno; devono salire sui tetti, cioè sui punti più alti della città dove la voce può propagarsi al massimo. Sono mandati a diffondere la Parola di Gesù senza timore, la devono proclamare con coraggio e non devono evitare il confronto con alcuno. Non devono avere la paura nel cuore, la parola sia trasmessa con coraggio. Il rifiuto non generi timore! La cattiva volontà dell’uomo non accetta il messaggio di vita di Gesù.

La Parola può subire sconfitte nelle vicende della storia, ma Gesù esorta: “Non abbiate paura“. Egli infonde fiducia anche in virtù di un possibile martirio. Il martirio terrorizza ogni uomo, anche il discepolo di Gesù.

Il male vero, per Gesù, è dentro l’uomo: la cattiveria, l’egoismo. Il discepolo è chiamato a non temere la morte del corpo, ma la perdizione totale della persona: “Non la morte, ma la perdizione“.

La Parola di Gesù ha in sé una forza irresistibile che supera la morte del corpo e, a suo tempo, porta il frutto anche in questo mondo di tenebra.

La Parola di Gesù va accolta nel silenzio e nel raccoglimento, con amore. E’ una Parola che plasma la vita e dà gioia nel cuore; sia donata a tutti con franchezza per costruire una società giusta e fraterna.

“Voi valete più di molti passeri”.

Il discepolo di Gesù, davanti a Dio, conta moltissimo. Dio Padre, Signore del cielo e della terra, si prende cura di tutto, ma in modo particolare del discepolo di Suo Figlio.

Se la vita e la morte di un passero non sono trascurabili agli occhi di Dio, tanto più sarà preziosa la vita dei Suoi fedeli“.

Anche la morte dei fedeli è preziosa agli occhi di Dio. I veri discepoli siano liberi da ogni timore e fiduciosi nella premura del Padre. “Se cadiamo nelle mani degli uomini, sofferenza e morte ci colpiscono tramite la violenza umana, ma siamo certi che tutto viene da Dio… Siamo nelle mani di Dio. Quindi, non abbiate timore”.

“Quello che vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio annunciatelo dalle tenebre”.

     discepoli di tutti i tempi sono mandati ad annunciare il messaggio di Gesù dalle tenebre alla luce del giorno e sui punti più alti della città: i tetti.

La Parola di Gesù salva, deve essere diffusa con rapidità in tutto il mondo. La sapienza di Gesù è profondamente diversa da quella degli uomini. La sapienza umana, derivante dall’esperienza, si manifesta lentamente e con incertezza. “Se il saggio, a causa della fugacità della parola, è tenuto piuttosto a tacere, il discepolo deve diffonderre la parola senza timore. Non gli è consentito trattenersi dall’esprimerla o evitare timorosamente il confronto”. Nessuno può fermare di diffondere la Parola di Gesù, in essa agisce lo Spirito di Vita che soffia quando, dove e come vuole. Solo la Parola di Gesù salva e guida l’uomo alla pienezza della vita. “La salvezza sta nel mantenersi saldi fino alla fine”.

Non abbiate dunque paura”.

Chi può ucciderre il corpo non ha il potere di uccidere l’anima. “Dinanzi alla minaccia che la società oppone, non bisogna intimorirsi. Il messaggio non può essere nascosto, e proclamarlo è il compito proprio del discepolo”. Il discepolo sa che la sua sorte è simile a quella del Maestro: dalla morte alla Risurrezione.  Lungo il corso della storia il popolo di Dio non è esente da difficoltà: è rifiutato e perseguitato. Dio però salva. La Parola di Gesù deve essere diffusa, porta l’uomo alla pienezza della vita. La Parola di Gesù trasforma la persecuzione in beatitudine.

La sofferenza non è l’ultima parola della vita degli uomini, ma la RisurrezioneDio non abbandona mai le Sue creature, per questo non bisogna avere paura. Nessuno è dimenticato da Dio.

“Non c’è motivo di vivere nel timore, perché gli uomini possono sopprimere la vita fisica, il corpo, ma non la persona”. Il discepolo di Gesù di ogni tempo deve vivere sereno perché nulla accade all’insaputa di Dio. A Dio nulla sfugge, il Suo Amore abbraccia tutti.

“Se il Padre non perde di vista nemmeno due passeri, figuriamoci i Suoi figli”. Gesù spiega chiaramente i motivi che devono sostenere i discepoli: la certezza di essere nelle mani del Padre, la certezza di condividere la  croce, ma anche la Risurrezione.

Gesù immette nel cuore la certezza che nessuno può far nulla per togliere la vita vera. Ringraziamo con cuore vero per questa certezza che il Signore ci dona.

 

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Corpo e Sangue di Gesù anno A Giovanni 6, 51ss don Mario Blasi evangelizza

Don Mario Blasi evangelizza il Corpo e  Sangue di Cristo anno A

“Io sono il Pane della vita”.

     La festa del Corpo e del Sangue del Signore ricorda il mistero della Sua presenza in mezzo a noi. E’ il mistero della comunione profonda di Dio con gli uomini realizzato nel Corpo e nel Sangue di Gesù “dato per noi”.

La festa del Corpo e del Sangue di Gesù ricorda il dono dello Spirito del Suo Amore attraverso la Sua realtà umana.

Due sono i verbi che Gesù adopera: mangiare e bere. Gesù deve essere assimilato. “Assimilare la carne e il sangue del Figlio è posto in costante rapporto con il dono della vita: vita eterna”. La vita eterna consiste nel rimanere in una unità profonda con Gesù.

Il Corpo di Gesù e il Suo Sangue sono detti vero cibo e vera bevanda: essi nutrono la vera vita dell’uomo in maniera perfetta.

La vera vita dell’uomo è amareLa carne e il sangue di Gesù sono dono del Suo Amore infinito agli uomini. Con la Sua carne Gesù manifesta e comunica il Suo Amore di bontà. Egli rende visibile l’Amore di Dio agli uomini: lo rende concreto e storico.

L’umanità di Gesù non è solo il luogo in cui Dio si rende presente, ma è dono per tutti: Dio instaura, per mezzo di Gesù, una comunione sul piano umano. Dio si avvicina all’uomo e stabilisce con lui una unione profonda per inserirlo nella Sua sfera divina.

Con la Sua carne, dunque, Gesù apre il Cielo agli uomini: “Vedete il cielo ormai aperto”.

Dio si rivela in Gesù nella Sua trascendenza e comunica il Suo Spirito che salva.

“Chi mangia di questo pane vivrà in eterno”.

L’umanità di Gesù deve essere assimilata. “L’adesione a Gesù non si ferma all’esterno. Egli non è un modello esteriore da imitare, ma una realtà interiorizzata. Questa unione intima cambia la realtà interiore del discepolo. Produce la sintonia con Gesù e fa vivere identificati con Lui”.

Solo Gesù è l’Uomo vero: è l’immagine vera di Dio nel creato. Chi assimila Lui è anche uomo vero. Chi è vero uomo in Gesù deve essere pane spezzato per i fratelli. Deve essere amore di Dio donato.

Dio vuol creare una umanità nuova dove la vita umana sia pienamente realizzata.

Il progetto di Dio sugli uomini è: “L’amore di tutti e di ciascuno per tutti”.

Il “pane della vita” sostiene i cristiani in questo mondo inaridito da ideologie di morte

“Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”.

Il dono di Gesù agli uomini è la Sua carne! Gesù non dona il Suo Spirito di Amore al di fuori della Sua realtà umana: la Sua carne.

Con la Sua realtà umana, Gesù manifesta e comunica il Suo Spirito di bontà; rende visibile l’Amore di Dio agli uomini. “Non vi è dono dello Spirito dove non c’è dono della carne. Attraverso di essa il dono di Dio si rende concreto, storico e diventa realtà per l’uomo”.

La carne, l’umanità di Gesù, non è solo luogo in cui Dio si rende presente, ma si trasforma nel dono di Gesù al mondo, dono dell’Amore del Padre. Dio instaura con l’uomo una comunione sul piano umano in Gesù e per mezzo Suo.

Dio sempre si avvicina all’uomo e stabilisce con lui una unione profonda di amore. L’uomo, però, molte volte, è indifferente alla bontà di Dio.

Questa piccola creatura Dio la vuol portare nella Sua sfera divina. Gesù è Colui che apre il cielo all’uomo: “Vedete il cielo ormai aperto“.

Dio si rivela in Gesù nella Sua trascendenza. Dio è come Gesù. Dio si rende presente in Gesù. “Non esistono doni divini che non abbiano espressione nella carne, nella realtà umana di GesùDio dona il Suo Spirito, ma lo esprime e lo comunica con la carne di Gesù.

“La mia carne è vero cibo, il mio sangue vera bevanda”.

Solo Gesù rende l’uomo vero uomo: immagine di Dio nel creato.

Solo Gesù, con il Suo Amore, trasforma la realtà interiore dell’uomo.

Solo Gesù stabilisce con l’uomo comunione di vita.

“Chi mangia di questo pane vivrà in eterno”.

Due sono i pani discesi dal cielo: la manna nel deserto per il popolo ebreo in cammino per la libertà e Gesù Pane disceso dal cielo per la vita del mondo.

“La manna non condusse quelli che la mangiarono fino alla terra promessa. Gesù, Pane vero, porta, a chi gli dà adesione, alla terra promessa.

Chi è vero uomo in Cristo deve essere pane spezzato per i fratelli: Amore di Dio donato!

“IN VERITA’ IN VERITA’ VI DICO: SE NON MANGIATE LA CARNE DEL FIGLIO DELL’UOMO E NON BEVETE IL SUO SANGUE, NON AVRETE IN VOI LA VITA”.

Gesù è fonte di vita e di Risurrezione.

LA VITA è in mezzo a noi! Gesù è il Dio con noi. Egli non abbandona mai il Suo fedele.

Nel Pane Eucaristico è presente la Sua realtà divina con tutta la sua ricchezza di Amore. Gesù si dona all’uomo. L’Eucaristia è il momento in cui Gesù si mette a servizio della comunità e le dona la Sua forza perché abbia la capacità di ascoltare e di vivere il Suo messaggio.

Ogni fedele, che partecipa all’Eucaristia, deve percepire l’Amore di Dio e lo deve trasmettere agli altri. L’Amore di Dio accolto lo deve far dilagare nel fratello che incontra.

Il cristiano non è colui che ama il fratello per amore di Gesù, ma è colui che con Gesù e come Lui porta il Suo Amore nel cuore di ogni uomo.

L’Eucaristia è dunque l’Amore di Dio donato all’uomo. Ogni cristiano deve partecipare all’Eucaristia per accogliere questo Amore che dona vita e gioia piena. L’Eucaristia è il momento in cui il fedele si sente amato non per i propri meriti, ma perché sente che Dio è Amore. Amore che dona una vita indistruttibile e una gioia che non viene mai meno.

L’Eucaristia è il momento in cui il cristiano ringrazia con gioia Dio perché gli dà la possibilità di partecipare alla festa del Suo Amore e del Suo perdono; è il momento in cui accoglie il dono dello Spirito Santo che aiuta a superare tutte le prove della vita e guida alla pienezza della vita senza fine.

“Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue

dimora in me ed io in lui”.

L’Eucaristia è la dimora di Dio con gli uomini. “Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il Dio con loro” (Ap. 21,3).

L’Eucaristia è anche un cibo che nutre, sostiene e guida l’uomo verso la meta. E’ un cibo che, se assimilato, rende l’uomo simile a Cristo.

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Blasi don Mario parroco evangelizza domenica SS. TRINITA’ anno A. Gv 3,16ss

Evangelizzazione Santissima Trinità anno A  prima domenica dopo Pentecoste tempo ordinario. Parroco Blasi don Mario Giovanni 3, 16ss

(Gv 3, 16-18)

“Dio ha tanto amato il mondo da dare il Suo Figlio unigenito”.

Dio si prende sempre cura dell’uomo. Dio gli va continuamente incontro.

L’uomo, con le sue forze, non può raggiungere Dio. “Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino per amore del suo nome“.

Dio condivide la storia dell’uomo. Gesù, Buon Pastore, manifesta e rende visibile l’Amore di Dio. Egli prende sempre l’iniziativa per andare verso chi sbagliavuole che l’uomo scopra la gioia di essere amato da Dio; per questo motivo va in cerca della pecorella smarrita.

Dio è come Gesù. Dio manda nel mondo Gesù perché in Lui risplenda il Suo Amore. Amore destinato a tutti gli uomini. Solo il Suo Amore salva. “Salvarsi è passare dalla morte alla vita definitiva”. La salvezza si ottiene per mezzo di Gesù. “In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati”.

“Chi crede in Lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato”.

Tutti gli uomini sono pronti davanti ad una scelta: o sono a favore di Gesù o sono contro di Lui.

L’indifferenza non è possibile. “Davanti all’offerta dell’Amore di Gesù non si può dire che sì o rifiutarsi di accettarlo. L’uomo deve prendere una decisione”. “Se di fatto vi sono degli esclusi dalla salvezza lo si deve al rifiuto dell’offerta che Dio compie in Gesù”.

“Chi dà la sua adesione a Gesù assecondando il piano di Dio, non è sottoposto al giudizio, perché Dio non agisce come un giudice, ma come datore di vitaChi si rifiuta si condanna da sé“.

Chi accetta l’Amore di Dio rivelatosi in Gesù, diventa figlio di Dio. Il cristiano, figlio di Dio, deve praticare nella vita lo stesso amore di Cristo. L’Amore di Cristo deve essere accolto e ridonato.

Il credente, con questo amore accolto e ridonato, è chiamato a continuare una umanità nuova.

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Blasi don Mario parroco evangelizza Pentecoste anno A

PENTECOSTE (Gv 20, 19-23))

“ALITO’ SU DI LORO E DISSE: RICEVETE LO SPIRITO SANTO“.

Il giorno della Risurrezione Gesù dona lo Spirito Santo ai Suoi discepoli ed essi fanno l’esperienza di essere amati.

Chi è amato ama. Il cristiano fa proprio l’amore di Gesù, si identifica con Lui e manifesta il suo amore con la misericordia, il perdono e la generosità. “Con Gesù e come Gesù, con la forza e la spinta di amore (lo Spirito) che il Padre continuamente dona, dirige verso il fratello, così difficile da amare, la stessa energia con la quale viene amato” (A.Maggi).

Lo Spirito di amore donato da Gesù e accolto rende l’uomo completamente libero e capace di giungere allo sviluppo di tutte le sue capacità. Chi accoglie il suo amore diventa “l’uomo nuovo”, aperto a tutte le novità in sintonia con Dio che “fa nuove tutte le cose” e “rinnova la faccia di tutta la terra”.

Mediante la potenza dello Spirito Santo, che proviene da Gesù risorto, incomincia un mondo nuovo. I discepoli ri-creati e mossi dallo Spirito, sono resi capaci di trasmettere una vita che distrugge il male.

“A chi rimetterete i peccati saranno rimessi”.

I discepoli ricevono il potere di perdonare le colpe, offrendo il perdono a quelli che lo chiedono. Perdono che non si ottiene per i propri meriti, ma per l’amore di Dio donato e accolto nel cuore.

Dio crea così nell’uomo un cuore nuovo. Dio crea in questa piccola creatura una vera Risurrezione.

I cristiani, ricreati e risuscitati, devono testimoniare nel mondo che “lo Spirito di Gesù è potenza capace di fare nuovi tutti e tutto”.

Gesù risorto dona la pace, la gioia e la forza per portare nel mondo il Suo Amore. Amore che deve essere donato a tutti!

Il messaggio di Gesù va proclamato a tutti con la parola e la vita, ma non deve essere imposto a nessuno.

E’ amore che deve essere accolto.

(Gv 20, 19-23)

“Venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: Pace a voi”.

La pace è il dono del Signore risorto. E’ il sommo bene che il Risorto dona agli apostoli.

La pace è il saluto, ma è molto di più di un saluto. La pace di Gesù esprime il rapporto giusto e gioioso che una persona deve avere con se stessa, con gli altri e con il creato. Esprime la condizione di totale benessere in cui l’uomo deve vivere.

Gesù si presenta ai Suoi discepoli di Sua iniziativa. Essi non lo attendono, né lo cercano. Gesù viene e si fa riconoscere con i segni della croce.

Le tracce del Suo martirio lo accompagnano. La Sua Risurrezione non fa dimenticare la croce: la trasfigura. I segni della crocifissione manifestano la Sua identità. Il Risorto è proprio Colui che è stato crocifisso. La Sua presenza, però, è diversa da quella terrena. Gesù si presenta a porte chiuse ed è improvvisamente al centro. Su di Lui si posa lo sguardo di tutti i discepoli.

“I discepoli gioirono”.

Dalla paura si passa alla gioia. Tutti si rallegrano al vedere il Signore.

La pace è dono del Risorto, anche la gioia è dono promesso da Gesù. “Rimanete nel mio amore… Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia perfetta“.

Il cristiano partecipa della stessa gioia di Cristo. E’ gioia che affonda le sue radici nell’Amore di Cristo.

Rimanete nel mio amore“. La pace e la gioia sono i segni per riconoscerlo.

“Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”.

Gesù manda nel mondo i Suoi discepoli per portare pace e gioia. Tutti devono riconoscere il messaggio di Amore di Gesù. Amore che Egli ha ricevuto dal Padre.

“L’Amore del Padre che, attraverso il Figlio, si apre nel mondo, è disponibile ad accogliere tutta la realtà anche nei suoi aspetti più problematici. Mondo è la creazione affidata da Dio all’uomo e legata al suo destino. Mondo è l’umanità che Dio ama e per la quale ha donato il Figlio. Mondo è anche quella porzione di umanità che rifiuta l’amore di Dio. L’Amore di Dio è disponibile anche per questa porzione di mondo“.

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ASCENSIONE DEL SIGNORE anno A evangelizza don Mario Blasi Parroco

Ascensione evangelizzazione di don Mario Blasi Parroco Mt 28,16ss

ASCENSIONE DEL SIGNORE (Mt 28, 16-20)

GLI UNDICI DISCEPOLI ANDARONO IN GALILEA SUL MONTE CHE GESU’ AVEVA LORO FISSATO. QUANDO LO VIDERO GLI SI PROSTRARONO INNANZI; MA ALCUNI DUBITAVANO”.

Il giorno della Risurrezione l’Angelo dice alle donne: “Dite ai discepoli di andare in Galilea“. Quando Gesù appare alle donne dice: “Dite ai miei fratelli di andare in Galilea, là mi vedranno“.

Gesù non fissa loro un monte, eppure gli undici vanno su di un monte indicato da Gesù. Qual è questo monte? L’Evangelista Matteo indica solo un monte in Galilea: quello delle Beatitudini. Nel Vangelo il monte sta ad indicare la presenza di Dio con gli uomini. Il monte non è dunque un luogo, ma una verità. E’ il luogo in cui l’uomo incontra la divinità. L’Evangelista dice: “Volete sperimentare la presenza di Gesù Risorto? Andate al monte delle Beatitudini“.

Colui che accoglie e vive il messaggio delle Beatitudini fa l’esperienza di Gesù Risorto. Gesù si incontra sul monte. I discepoli lo vedono, lo riconoscono, si prostrano e lo adorano. E’ vivo. Colui che è passato attraverso la persecuzione e la morte è lì, è presente! Perché allora i discepoli dubitano? Di che cosa dubitano? I discepoli sono chiamati ad essere lo splendore divino nel creato, splendore che si ottiene accogliendo l’amore di Cristo per poi ridonarlo con il dono di sé.

I discepoli si sentono incapaci a questa missione e dubitano. Gesù dice:

“Andate… ammaestrate… battezzate nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo… Io sono con voi”.

Gesù manda i Suoi a proclamare il Suo messaggio perché ogni uomo sia immerso nell’amore infinito del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. E’ un compito difficile. I discepoli si sentono incapaci, ma Gesù dice loro: “Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo“.

Gesù non parte per un cielo lontano, ma rimane con i Suoi.

“Chi pratica le Beatitudini fa l’esperienza di una presenza continua e profonda di Gesù nella propria esistenza”. “Chi vuole sperimentare una vita di una qualità nuova e indistruttibile, chi vuole sperimentare l’incontro con Gesù vivo e vivificante, basta che si collochi sul monte delle Beatitudini”. (A.Maggi)

Cristiano, occupati del bene di tuo fratello, Dio si prenderà cura del tuo bene! Questo è l’insegnamento delle Beatitudini.

“Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi, alcuni però dubitavano”.

E’ la prima e l’ultima volta che Gesù incontra i Suoi discepoli, dopo la Sua Risurrezione, secondo il Vangelo di Matteo.

Essi si prostrano e lo riconoscono Signore, “ma alcuni dubitavano“. Perché il dubbio rimane nel loro cuore?

La Risurrezione appartiene al mondo di Dio, a questo mondo si accede con la fede. Non tutti hanno la stessa fede e si sentono incapaci di seguire Gesù. Seguire Gesù non è facile; essere portatori di vita come Lui è difficile. Anche ai discepoli che dubitano Gesù dice:

“Andate”.

Gesù prende le persone così come sono e dà ad esse il potere di servire e di amare! Non bisogna aspettare di essere pronti per andare ad annunciare il messaggio di Gesù secondo le proprie idee.

Andando verso gli altri con l’amore di Cristo, si cresce nella fede. L’Amore del Risorto che alberga nel cuore del credente spinge sempre ad andare verso gli altri per annunciare un messaggio che dona vita. Le energie vitali di Cristo si trasmettono con una vita gioiosa, con una fede accolta e ridonata.

“Ammaestrate tutte le genti”.

Gesù vuole che il Suo messaggio di Amore sia comunicato a tutti. Il Suo Amore non è rivolto ad un solo popolo, ma a tutte le nazioni. Tutti gli uomini devono fare l’esperienza del Suo Amore.

Egli è l’unico Signore: ama e dona vita a tuttiEgli è l’unico Figlio dell’unico Padre che trasmette vita piena e capacità di amare. Ora Gesù dà il potere ai discepoli di immergere (battezzare) ogni uomo nella bontà infinita di Dio Padre che comunica vita. Anche i discepoli che dubitano sono mandati.

Ogni uomo è chiamato a sperimentare la presenza amorosa del Padre e del Figlio, Vero Uomo, e dello Spirito Santo che separa l’uomo dalla sfera del male.

Andare per le strade del mondo a portare il messaggio di Gesù è un compito difficilissimo, ma i discepoli non sono soli. Il Risorto rimane con loro per sempre per aiutarli a praticare ciò che Egli ha insegnato.

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