SAN PAOLINO A FALERONE ANTICA CHIESA VESCOVILE dagli inventari di don Angelo De Minicis 1845

SAN PAOLINO DI FALERONE

( Nelle Rationes Decimarum Italiae, Marchia edite Citta del Vaticano 1950, la chiesa di san Paolino di Falerone  negli anni 1290-1299, è ricordata più volte, esattamente  ai numeri 5702 .6170. 6779. 7014. 7129. 7352 con il preposito o preposto)

 

DE MINICIS don Angelo, Inventario della Prepositura di San Paolino, anno 1845

<Notizie estratte e rilette ortograficamente>

“La Chiesa parrocchiale di san Paolino vescovo di Nola è situata nel territorio di Falerone, sopra un colle poco distante dal fiume Tenna.

Non si conosce precisamente l’epoca della sua fondazione, ma il suo disegno, la costruzione, i bassorilievi inseriti nel muro ai lati dell’Altare, i capitelli delle colonne mostrano essere opera del secolo XIII.

Nell’anno 1372 Catelina moglie di Petruccio di Nicola da Falerone nel testamento lasciò una legato di soldi venti alla chiesa di san Paolino, documento nell’archivio dei Padri Minori Conventuali.

Presso la chiesa di san Paolino risiedevano gli antichi Preposti; situata sopra un colle che forma quasi il centro della sua Parrocchia.

( Anno 1845) E’ lunga palmi romani novanta e larga palmi trenta circa ed ha un torrione annesso e pare che sia mozzo, sulla cui sommità è collocata una piccola campana. In questa chiesa si trova(va) un solo altare aderente al muro ed è dedicato a san Paolino, è stato rinnovato nello stesso anno (=1845) con due colonne, capitelli e cornicione tutto murato ed adorno di stucchi.

Vi è aggiunta nuovamente la sagrestia nel primo piano del torrione. Spesi circa sessanta scudi, che – scriveva don Angelo –  ho voluto impiegare a gloria di Dio e del suo santo titolare ed Avvocato (=protettore).

Nell’inventario degli arredi e mobili ivi esistenti il preposto don Angelo De Minicis elenca: pianeta, camice, corporale, calice più prezioso, messale, sopratovaglie, ampolline, cartegloria, candelieri; un inginocchiatoio ed un tavolino.

Nella chiesa: sopra la custodia dell’altare una bella immagine di Maria ss.ma della Misericordia con cornice. Inoltre un confessionale ed il pulpito.

Presso detta chiesa risedettero gli antichi parroci di San Paolino.

( In altro scritto del don Angelo DE MINICIS, sulle chiese esistenti a suo tempo a Falerone si offrono notizie su alcuni parroci del secolo XVI: Il più antico Preposto che si conosca è Domenico Battista Balducci, il quale nel 10 dicembre 1542 fu assistente al rev.mo monsignor Ludovico Furconio dell’Aquila, vescovo di Giovinazzo, mentre consacrò la chiesa di S. Sebastiano. Il Parroco Balducci risiedette presso questa chiesa rurale fino alla sua morte, la cui  data in un manoscritto del De Minicis è indicata all’anno 1562, poi precisata in altro manoscritto al 1568, in base agli Istromenti raccolti da Giacomo Arcangeli (1526-1580) nell’Archivio Pubblico di Falerone. Don Francesco Balducci, subito dopo don Domenico Battista, amministrò questa Parrocchia.  Dimostrò ogni diligenza e religione, e il Pubblico Magistrato, cioè Paraninfo Fortunati, celebre medico. Giandomenico Fortunati, Baldo e Girolamo di Piersante, a nome di tutto il  popolo e specialmente dei parrocchiani, per l’autorità di cui erano rivestiti, elessero, fecero e deputarono il rev.do don Francesco Balducci di Falerone, come rettore e preposto di S. Paolino ed egli accettò. Poi fu supplicato il sommo pontefice Pio V affinché volesse confermare l’elezione, la quale non fu confermata perché irregolare e senza il previo concorso, come ordina il sacro concilio di Trento. Onde nello steso anno 1568 fu eletto Preposto Giovanni Battista Capranica. Il primo preposto che abbia risieduto entro il paese, pare che sia questo Capranica, il quale avrà fatto dipingere l’immagine di san Paolino nella sua casa parrocchiale, posta dinanzi al monastero antico delle monache. L’immagine di san Paolino  quasi affatto cancellata   posta entro un arco di stile gotico, con bassorilievi scolpiti in pietra all’intorno.)

In paese andarono ad abitare anche i parroci che risiedevano (prima) presso le loro chiese rurali: il Parroco di S: Margherita e quello di S. Stefano, rifabbricando entro il paese di Falerone a spese comuni col Parroco di S. Giovanni Battista in forma più ampia la Chiesa Parrocchiale di S. Giovanni Battista per decreto di monsignor Giovanni Battista Maramonti Vescovo Uticense e Visitatore Apostolico, mandato da Pontefice Gregorio XIII nell’anno 1573. Questi parroci agivano comunitariamente con turno settimanale di reggenza.

Il Parroco di San Paolino ha il titolo di Preposto ed è la dignità immediata dopo il Priore di Santa Margherita, come appare dal decreto di mons. Rinuccini arcivescovo di Fermo, dato 27 maggio 1627, confermato da mons. Giannotto Gualtieri arciv. di Fermo con decreto di sacra Visita il 19 giugno 1671.

Nella chiesa di San Giovanni Battista il quarto Altare laterale, situato alla destra dell’ingresso principale della chiesa, è dedicato a San Paolino Vescovo di Nola e titolare della Prepositura, a cui spetta mantenerlo.

Il 13 dicembre vi si celebra la Messa con devozione. Entro la custodia di detto Altare si conserva la reliquia di san Paolino.

 ( Dal manoscritto di don Angelo sulle consuetudini delle chiese faleronesi, risulta che il giorno 22 giugno, festa di San Paolino, titolare della Prepositura, si cantano i primi e secondi vespri. Alla mattina Messa solenne presieduta dal Parroco settimanale. Il Preposto la mattina della festa va nella chiesa rurale di San Paolino e si fa accompagnare da quattro o cinque sacerdoti, i quali tutti celebrano qui ed amministrano i santi sacramenti al popolo. Si canta l’ultima Messa ed i Preposto predica dall’Altare. Ma non vi è obbligo di officiare detta Chiesa).

La conservazione di questa chiesa e dei sacri arredi spetta al preposto della stessa San Paolino. Nella seconda festa di Pasqua di Resurrezione di nostro Signor Gesù Cristo, il clero, la Comunità, le Confraternite vestite della loro uniforme vanno insieme processionalmente a visitare questa chiesa. Appena giunta la processione, uno di questi Padri Minori Conventuali canta la Messa e dopo il Vangelo, il Predicatore della Quaresima fa il suo discorso.

Il preposto di San Paolino, per antichissima consuetudine dà trattamento ai membri della Comune e delle persone civili di Falerone, con ciambelle, salame, fritto, lesso ed arrosto, mangiando in piedi.

Dopo ciò dà trattamento a sedere ai sacerdoti, al capo della Comune, al Predicatore e alle persone più ragguardevoli, aggiungendo alle sopraddette vivande, li “cacioni”, le uova lesse, la minestra, un secondo fritto, lo stufato, il formaggio e la frutta se si trovano.

Il preposto di S. Paolino è anche rettore della chiesa rurale della Madonna delle Grazie situata un miglio lontano dal paese di Falerone. Questa chiesa ha una epigrafe con data 1603 (anno in cui fu fondata).

 

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MASSIGNANO DUE MILLENNI CRISTIANI E GLI ULTIMI QUARANT’ANNI Libro – don Mario Angelini

Massignano

Presentazione del nuovo libro: “Due millenni di fede cristiana …. 40 anni insieme …”

a cura di Angelini Mario. Tipografia Rosati Pedaso 2020

Sono conosciute a Massignano le molte realizzazioni che testimoniano l’operosità costante dei cristiani di moltissime generazioni, come si vede negli edifici delle chiese, nelle creazioni di pittura, di scultura, di argenteria e insieme nel vissuto delle persone che manifestano lo Spirito del battesimo nella fede, nella speranza in Cristo e nella carità.

Massignano è una cittadina d’altura che ha l’aria salubre e il paesaggio godibile che aiutano ad essere operosi. Di recente è edito il libro che collega la storia di due millenni di cristianesimo al presente e la proietta nel futuro.

Si valorizzano e si mantengono in buone condizioni le creazioni dell’arte e della cultura.

Lodevole è il fatto che i parrocchiani condividendo il Vangelo e i sacramenti, da parte loro sostengono le iniziative della parrocchia. PARROCCHIA è una parola che deriva dal verbo greco “paroikeo” che significa “abitare, stare insieme in una località” condividendo le esperienze.

Dall’epoca antica di Roma, la villa del primo secolo della famiglia di Masinio, ”Villa del podere Masiniano”, ha lasciato il nome Massignano.  La millenaria storia ha camminato con vicende e il cristianesimo ha valorizzato al meglio e continua ancor oggi la speranza cristiana rinnova la società perché opera con lo Spirito Santo e allieta la vita popolare dei Massignanesi. La bellezza è la consapevolezza goduta da chi medita il dono della vita.

La presenza della fede cristiana è stata alimentata dai cristiani che qui iniziarono a battezzarsi con San Marone martirizzato nel Piceno alla fine del primo secolo. La diocesi di Fermo conserva le reliquie di questo martire evangelizzatore.

Le persecuzioni hanno distrutto molte antiche testimonianze.  Rimane molto significativa e davvero interessante l’epigrafe del secolo quinto trovata in territorio massignanese sul versante del fiume Menocchia presso l’antichissima chiesa di San Pietro, ora diruta. Nella lapide è incisa la croce onorata da due colombe, segno delle anime e vi sono scritti i nomi della famiglia dei due sposi cristiani Paolo ed Eufemia.

I ruderi di un’altra chiesa paleocristiana sono a Villa Santi dove si stabilirono i monaci benedettini con un loro monastero. Senza voler elencare le chiese più antiche, accenniamo ad una decina di esse ben documentate. La chiesa di san Felice  e quella di san Gervasio dei benedettini farfensi hanno documenti sin dall’anno 867. Presso Boccabianca sul finire del XII secolo risultano documentate due chiese: una di santa Giuliana e l’altra dei santi Benedetto e Claudio. Nel 1188 è menzionata la chiesa di S. Quirico. Nell’eredità del conte di Forcella in questo territorio un testamento dell’anno 1199 le chiese di S. Adaucto, San Gregorio, San Giacomo.

Il progetto di vita dei religiosi benedettini è espresso nel motto: “prega e lavora”. Lo hanno diffuso favorendo la tranquillità delle famiglie distribuite nell’insediamento sparso sul territorio.

Questa spiritualità popolare è caratterizzata dall’attenzione verso gli altri sicché le persone non usano lamentare i timori delle solitudini individuali. I canti, le meditazioni, le sacre funzioni hanno sempre incoraggiato i genitori e i figli a mantenere viva la fede nelle famiglie.

Nel museo parrocchiale permangono molti oggetti benedetti: calici, patene, pissidi, ostensori ed altri di uso liturgico che fanno comprendere quanta partecipazione ci sia sempre stata a Massignano all’Eucaristia. Molti antichi dipinti e gli arredi sono pervenuti a noi per merito dei parroci, dei confratelli e consorelle di pie unioni che hanno sostenuto con tenacia le creazioni utili al culto cristiano.

Un documento dell’anno 1828 fa conoscere che la famiglia Laurantoni donò i propri beni alla confraternita del Suffragio che divenne composta da 130 persone, uomini e donne che partecipavano alle celebrazioni eucaristiche per le quali i papi avevano concesso privilegi spirituali di indulgenze celebrando nell’altare maggiore di San Giacomo.

Di singolare rilevanza il culto della Madonna di Loreto che è documentato nel 1406 come dedicazione di altare nella chiesa di san Giacomo. Con pii lasciti i fedeli di Massignano sostenevano questo culto di cui si ha un’eco nel pregevole dipinto della tavola del 1450 del pittore Vittore Crivelli dove il Natale è espresso raffigurando la Madre che prega inginocchiata davanti al Figlio di Dio incarnato. Le feste mariane continuano.  E la campana dell’AVE Maria ricorda l’annunciazione e l’incarnazione di Gesù Cristo.

Le feste liturgiche hanno suscitato motivazioni valide a vivere nella pace, nella collaborazione. Permangono vantaggiose le forme religiose sostenute e ordinate dai vescovi nella prioria di San Giacomo, nella pievania dei santi Gervaso e Protasio, nella chiesa di Santa Giuliana, anche a Villa Santi.

Per la volontaria generosità della gente, il culto è stato abbellito con l’arte e il decoro si apprezza in architravi, colonne, cornici, pitture, oggetti di argenteria. Sono opere artistiche ancor oggi visibili e fruibili.

Nello spirito della cristiana fraternità, fin dal secolo XVII il vescovo fermano decise che restasse aperto a Villa Santi un ospedale per le necessità dei pellegrini e dei poveri. L’aumento della popolazione ha fatto creare nuove parrocchie: nel 1842 Santa Maria della misericordia e nel 1961 a Villa Santi.

L’arcivescovo di Fermo, cardinale Gabriele Ferretti, nella visita pastorale del 1838 diede nuovo assetto all’amministrazione dei beni ecclesiastici per le parrocchie, per le scuole e per gli ospedali. A Massignano, a servizio dei parrocchiani, c’erano due diaconi ed il maestro che insegnava nella scuola pubblica era un suddiacono.

Si usavano fare le processioni per benedire le campagne. Gli agricoltori ponevano una croce fatta con legno di canne tra le coltivazioni e vi mettevano un rametto di ulivo benedetto in parrocchia la domenica delle palme.

Sono stati conservati molti edifici sacri perché sono stati rafforzati o completamente ricostruiti in modo che fossero accoglienti, decorosi, luminosi e ampi.

E’ una cultura storica di tradizione antica. Nel 1772 Giuseppe Callisto Gentili di Massignano, personalità politica vissuta a Roma, ha fatto un lascito notarile dei suoi beni e oggetti alla confraternita del Santissimo Sacramento per sostenere le necessità di culto. Sicché nel 1779 si iniziò a demolire l’edificio della vecchia chiesa di San Giacomo e lo si ricostruì nuovo, come si vede oggi.

Nello stesso tempo si procuravano aiuti per la sopravvivenza delle persone povere. Qui esistevano i monti frumentari che prestavano grano, anche il monte pecuniario per prestiti di denaro. Qui c’è la tradizione dell’ospitalità e si pratica degno rispetto per le persone di passaggio. Presso la prioria di San Giacomo c’erano locali di ospitalità. E durante l’ultima guerra molte persone bisognose hanno trovato un valido soccorso ad opera delle donne e della gioventù di Azione Cattolica.

La parrocchia ha sempre sostenuto la formazione della gioventù e Massignano ha dato vocazioni sacerdotali e religiose anche di missionari, e di persone dedite al bene del prossimo. I parroci hanno sempre promosso la famiglia unita nell’unico matrimonio con i doveri di paternità, maternità e filiazione. La formazione cristiana ha favorito un ambiente umano valido, sano e utile a migliorare la società civile.

La popolazione ed i visitatori fruiscono dell’eredità del passato perché mai la storia della parrocchia si è dissociata dalla vita sociale e in questa cittadina tutti ricordano che le celebrazioni delle feste sono fatte nella libera partecipazione solidale.

In questo clima rimane diffusa la fiducia nel Papa, oggi verso papa Francesco che incoraggia tutti alla fraternità operosa. Sappiamo che, pur tra varie fragilità, non cessa il miglioramento che viene sostenuto dallo Spirito di Dio, sicché l’esperienza cristiana delle molte generazioni apre la speranza ad un futuro migliore. La Chiesa è sostenuta dall’uomo-Dio e dalla Madre dello stesso salvatore, Maria, la generosa madre della Chiesa e dell’umanità.

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Fermo nel 1252 contrattava la cittadinanza Fermana agli abitanti dei castelli. Liber contracuum

FERMO CONCORDA LA CITTADINANZA FERMANA con abitanti di SERVIGLIANO; MONTELEONE, MONSAMPIETRO, MONTOTTONE; MONTEFALCONE; MONTEGIORGIO; MONTERUBBIANO

Nel registro “LIBER CONTRACTUUM” del Comune di Fermo riferibile all’anno 1252 secondo gli studi editi da G. Borri (in Studia Picena 2012 pagg. 32-33) ecco i nomi di alcune persone che diventano cittadini Fermani

\= SERVIGLIANO 0   Baligano Raynalduci di Servigliano ha giurato la cittadinanza e promise di fare acquisto di 40 libre fino a metà anno.

Pietro Venissi di Belugo (contrada serviglianese oggi Bellugo) fece giuramento e <promise> acquisto di 6 libre e mezze. Fu fideiussore per lui Iacobo del maestro Iacobo.

Passerono de Carbono  Poioli di Valle Mariani (contrada serviglianese presso il fiume Ete, alias Marano) fece giuramento ed ha le possessioni.

Iacobo Dulci di Valle Mariani fece giuramento e acquisto di 25 libre. (vedi nota)

Iacobo di Santa Maria Ete de Valle Mariani giurò la cittadinanza.

\=MONTELEONE= Atto Petri da Catigliano (contrada antica monteleonese a confine con Montelparo) Rainaldo Valterii da Catigliano giurarono la cittadinanza.

\=MONSAMPIETRO MORICO= Angelo di Schivana (slavo?) da Monsampietro giurò e disse di aver fatto acquisto di 30 libre.

\=MONTOTTONE= Nicola del signor Raynaldi da Montottone e Carbono suo fratello giurarono la cittadinanza.

\=MONTEFALCONE= Marco Berardi che fu di Montefalcone e dimora <a Fermo> in contrada San Bartolomeo giurò <la cittadinanza> e promise di fare acquisto di cento soldi: fideiussore Atto Giberti.

\=MONTEGIORGIO= Benvenuto Biviani di Monte Santa Maria (oggi Montegiorgio) giurò ed ha la terra in contrada Rapagnano come contenuto nel testamento che Benvenuto Carboni fece per mezzo del notaio Benvenuto.

\=MONTERUBBIANO= Giovanni Mieli da Monterubbiano giurò <la cittadinanza> e fece acquisto di 25 libre: <fideiussore> per lui Acurri Murario.

.-.-.-Annotazione di storia toponomastica di SERVIGLIANO: sulla collina presso il fiume Ete di Servigliano esiste la chiesa di Santa Lucia e questa località era detta “Marana o Mariani” ed è spontaneo pensare la chiesa di “Santa Maria Ete de Valle Mariani” che è qui documentata per non ripetere santa Maria (in Strata) che esiste, non lontano, a Curetta abbia preso l’attuale nome di S. Lucia le cui origini risalgono al tempo dei monaci benedettini Farfensi del secolo X.

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1799 DOCUMENTI PICENI OCCUPAZIONE NAPOLEONICA INSORGENTI NAPOLETANI GOVERNO AUSTRIACO AD ANCONA

Documenti dell’intervento degli insorgenti napoletani nelle Marche. Quaderni dell’Archivio storico arcivescovile di Fermo  n° 29 anno 200 pp. 89-112

DOCUMENTI RELATIVI ALLE INSORGENZE NEL PICENO NELL’ANNO 1799

a cura di Carlo Tomassini

Documento n. 1 sull’invadenza dei sovrani nelle decisioni di culto cattolico = Giuseppinismo

Lettere di Pio VI e Giuseppe II d’Asburgo – 3 e 19 agosto 1782

= PIO VI. Prevalendoci di quella amichevole libertà che piacque alla M.V. gentilmente esibirci, cioè che quando avessimo inteso che fosse per farsi da V.M. alcuna mossa, che avessimo creduta discorde dalle buone regole e pregiudizievole alla Religione, ne avessimo scritto confidenzialmente in dirittura alla M.V. Quindi è che essendoci pervenuto all’orecchio che V.M. vada pensando di togliere tutti i fondi alle Chiese ed agli ecclesiastici della sua monarchia, e ridurli semplici pensionarj, non possiamo dispensarci di pone in vista che se si effettuasse un tal pensiero, ridonderebbe alla Chiesa una lacrimevole lesione ed ai buoni uno scandalo irreparabile. Non è di nostra ispezione entrare nel politico e nell’economico de’ suoi Stati – benché in questa parte non cediamo a qualche Affezionato suo per ogni di lei giusto vantaggio — tuttavia non dobbiamo prescindere dai riflessi di deperizione delle rendite ecclesiastiche che coll’amministrazione da farsi dai secolari dei fondi non propri, dell’infrazione dei patti stabiliti fra’ suoi antecessori e diverse province, della ferita apportata alla Costituzione degli Stati, della violazione delle disposizioni dei pii fondatori, delle conseguenti pretensioni, che susciterebbero i loro eredi di rivendicare gli stessi beni: tutto ciò lo lasceremo da parte, come oggetti alieni dal nostro ministero, e che non sfuggiranno dalla penetrazione di V.M. Parleremo soltanto di ciò che non possiamo omettere per debito di coscienza, e le diciamo che il privare le chiese e gli ecclesiastici del possesso dei loro fondi temporali è in dottrina cattolica un errore manifesto, condannato dai Concili, esecrato da’ santi Padri e qualificato dai più rispettabili scrittori per dottrina velenosa, per dogma scellerato. Ed infatti per sostenere una tal massima a pro del sovrano, convien ricorrere ai falsi insegnamenti dei Valdesi, dei Vecleisti e degli Ussiti e di quanti altri pur sono andati d’accordo con loro, e specialmente dei liberali infetti del tempo. Non dobbiamo qui annoiare con una tessitura di citazioni nelle quali si legge che quelli che mettono mano ai beni della Chiesa per loro profitto, Rei sunt damnationis Ananie et Saphire et oportet eiusmodi tradere satane ut spiritus salvus sit in die Domini. Solo ci ristringeremo a riscrivere quanto nel XII secolo avvertì Giovanni patriarca d’Antiochia, che quantunque scismatico, non poté soffrire l’abuso del Principe che voleva, come utile, disporre a favore de’ suoi Stati dei fondi delle Chiese, così scrivendo: “Essendo tu uomo corruttibile, mortale e di corta vita, osi di dare ad un altro uomo quello che non hai? E se dici di donare quello che hai, e pensi che siano tue le cose di Dio, fai Iddio te stesso. Qual uomo dotato di senno chiamerà ciò provvidenza ed utilità e non piuttosto trasgressione, disubbidienza estrema e perniciosissima iniquità? Come può essere e dirsi cristiano chi profana le cose, siano qualsivogliano, (de)dicate e consacrate al nostro Iddio e celeste re Cristo?” Sappiamo che i contraddittori, male interpretando ed abusando di alcuni testi delle sacre Lettere, credono di ben stabilire in questa parte i loro errori, ma noi senza venire ad un esame di tali maligne applicazioni, domandiamo a V.M. se in dicendo gli stessi autori, che in forza di altri testi delle sacre Scritture non si può ammettere nel mondo sovranità, crederebbe la M. V. che tali testi scritturali fossero chiari e convincenti per l’assunto onde doversi spogliare della sua sovranità per salvar l’anima? Noi crediamo anzi chi penserebbe il contrario, ed in così pensando, penserebbe come pensiamo anche noi. E lo stesso dee dirsi dell’altro, in cui li nemici seguenti della Chiesa, gli eretici, li cattolici di apparenza, i falsi maestri, e gli adulatori dei Principi, attribuiscono ai medesimi in base dei passi della Scrittura, il diritto di togliere alla Chiesa e ai suoi ministri la proprietà ed il possesso de’ loro beni. Dovrebbero pur sapere costoro che i Leviti d’Israello possedevano vaste campagne ed intere città e che come fondi santificati erano inalienabili ed in pertinenza del Sacerdozio. E perché dunque non conciliare il libro del Levitico, dei Numeri, dei Re con le altre espressioni che a chi non sa sembrano fra di loro contraddittorie e far lo stesso con i testi del Vangelo e con gli Atti degli Apostoli, come hanno fatto i santi Padri per tacciare, con manifeste eresie, di contraddizioni i sacri Libri dettati dalla stessa divina Sapienza? Facciamo uso di questi riflessi non perché possiamo mai persuaderci che V. M. abbia cuore di non rendere di peggiore condizione le Chiese, di qu(anto) sono le famiglie particolari, e di seguitare l’esempio di soli Principi Protestanti e segregati dalla nostra Comunione, ma affinché la M.V. senta in poche righe ciò che gli dee aver detto alcuno degli odierni pensatori. Non dissimuliamo che purtroppo alcuni fra i molti ecclesiastici faranno di tali beni un uso mai retto: ma che da ciò? Forse questa sarà ragione per farne uno spoglio ed una appropriazione chiamata sacrilega e farla generale a danno della Chiesa, dei successori e di quelli che l’impiegano secondo i dettami delle sacre Ordinazioni? Nei colloqui avuti con V. M. non entrammo in questa materia, che a termini di particolare temporaneo sequestro, e non ci siamo dimenticati di aver dette delle ragioni per le quali ci parve la M.V. persuasa a doversene astenere. Ma se ci avesse proposto il dubbio di una illimitata privazione per passare i beni delle Chiese all’amministrazione de’ secolari, le avre(mm)o aggiunto ragioni molto più rinforzate con le quali l’avre(mm)o convinta deporne il pensiero.

Quello che la mancanza di apertura non ci diede adito allora di fare colla viva voce, l’abbiamo fatto in ristretto colla presente, la quale, se non avesse eguale efficacia, farebbe conoscere a tutto il mondo cattolico che V.M. non ha fatto alcun conto dei nostri suggerimenti o che presto se n’è dimenticata: giacché in questa sola novità si conviene il rovesciamento di quelle massime cattoliche che ci permise di rilevare. Preghiamo di cuore il Signore che faccia sempre risplendere nell’effettivo Governo della M.V. quelle proteste del suo attaccamento alla purità della Religione in modo che mai restino deluse da fatti contrari. Fin qui ci siamo prevalsi di altra mano più corrente e più facile a leggersi della nostra, per affatigar e tanto di meno la vista di V.M. Con questa rispettosa dichiarazione passiamo ad abbracciarla con pienezza di affetto e col darle la Patema Apostolica Benedizione: Datum Romae apud s. Mariam Maiorem die 3 augusti 1782, pontificatus nostri anno VII. Pius pp. VI.

\ <RISPOSTA DELL’IMPERATORE>

= GIUSEPPE: Ho l’onore di rispondere a posta corrente alla lettera che là S.V. viene di scrivermi sul supposto che io voglia togliere tutti i fondi alle Chiese ed agli ecclesiastici e ridurli tutti ad essere semplici pensionarj. Le relazioni delle persone che mi procurarono già l’alto onore di vedere la S.V. alla mia residenza mi hanno anche senza dubbio procurata questa nuova testimonianza in scritto della sua amicizia e del suo zelo apostolico. Non posso dir altro, senza stendermi in lunghezze, se non che il supposto pervenuto alle sue orecchie, come la S.V. si esprime, è falso e senza andar cercando i testi tanto della Scrittura, che dei santi Padri, però sempre soggetti ad interpretazioni e spiegazioni, tengo una voce in me, che mi dice quello come Legislatore e Protettore della Religione mi convien di fare e di tralasciare. E questa voce coll’aiuto della divina grazia e col carattere onesto ed equo che mi sento, non può mai indurmi in errore. Se la S. V. vuole restar persuasa di questa verità, come lo spero, la prego anche di credermi con più filiale attaccamento e rispetto: 19 agosto 1782 Giuseppe.

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Documento n. 2 Sulla cessazione dello Stato Pontificio:

P. Vincenzo Maria Strambi, anno 1798

(…) Se poi si domandasse sia espediente e vantaggioso che la Chiesa abbia dominio e Principato, vi si può rispondere che la cosa è assai dubbia e controversa anche presso le persone più savie e meglio affezionate alla stessa Chiesa. Imperocché se per una parte l’aver dominio è stato proprio perché dia alla Chiesa e ai suoi Ministri una maggior libertà nel promulgare la volontà dell’Altissimo e facilità maggiore nello stabilirne i mezzi per bene eseguirli. Per l’altra parte l’essere la Chiesa e i suoi Ministri privi di ricchezza e di dominio, pare che li mantenga più raccolti nel servizio di Dio, più distaccati dalle cose terrene, più umili in tutta la loro condotta, più affabili e più solleciti del bene del Prossimo, e cosi più amabili a Dio ed agli uomini.

Il certo si è che siccome l’uomo veramente savio si accomoda a tutte le disposizioni della provvidenza, e di quelle si prevale per adempire i disegni dell’Altissimo in bonum. Così quando una certa necessità, come la chiama S. Bernardo De Consideratione lib. 4, c. 3, faceva che si ritenesse dominio, e Principato, gli Ecclesiastici santi colla loro virtù tutto facevano servire all’accrescimento della gloria di Dio. Così mentre, non senza sovrana disposizione di Dio, la Chiesa resta priva di dominio, Dominus abstulit; gli Ecclesiastici che hanno veramente lo spirito del Signore e della sua Chiesa, non trascureranno di raccogliere da questa privazione tutti i preziosi vantaggi, che se ne possono ricavare.

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Documento n. 3

Omelia del Cardinale Chiaramonti: Libertà, fraternità, democrazia

Omelia del Vescovo di Imola (futuro Pio VII), anno 1798

«La libertà cara a Dio e agli uomini è una facoltà che fu donata all’uomo, è un dominio di poter fare e non fare, ma sempre sotto la legge divina ed umana. Non esercita ragionevolmente la sua libertà chi si oppone alla legge baldanzoso e ribelle;1 non esercita ragionevolmente la sua libertà chi contraddice a Dio e alla temporale sovranità, chi vuol seguire il piacere e lasciare l’onestà, chi s’attiene al vizio ed abbandona la virtù… La forma di governo democratico, adottata fra di noi, o dilettissimi fratelli, no, non è in opposizione colle massime fin qui esposte, né ripugna al Vangelo: esige anzi tutte quelle sublimi virtù che non s’imparano che colla scuola di Gesù Cristo, e le quali, se saranno da voi religiosamente praticate, formeranno la vostra felicità, la gloria e lo splendore della vostra repubblica » (…)

« Decidete quanto conferiscano i precetti del Vangelo, le tradizioni degli Apostoli e dei grandi filosofi Padri e Dottori cristiani a conservare la pace, a far risplendere la vera grandezza dello stato democratico, a fare di tanti uomini, dirò così, tanti eroi di umiltà, di prudenza nel governare, di carità nel fraternizzare fra loro stessi e con Gesù Cristo… Il luminoso oggetto della nostra democrazia dev’essere di stabilire la massima possibile unione di sentimenti, di cuori, di forze fisiche e. morali, onde ne derivi una soave fratellanza nella società (…) nella democrazia studiatevi di essere della massima possibile virtù e sarete i veri democratici: studiate ed eseguite il Vangelo e sarete la gioia della repubblica…

La religione cattolica sia l’oggetto più prezioso del vostro cuore, della vostra divozione e di ogni altro vostro sentimento. Non crediate che ella si opponga alla forma di governo democratico. In questo stato, vivendo uniti al vostro Divin Salvatore, potete concepire una giusta fiducia dell’eterna salute, potete operare la felicità temporale di voi stessi e dei vostri simili e procurare la gloria della repubblica e delle autorità costituite. Sì, miei cari fratelli, siate buoni cristiani e sarete ottimi democratici ».

 

Documento n. 4  – Giuramento del Vescovo di Fano –

26 febbraio 1798

Voi ora siete Sovrano, o mio Popolo, e Dio, il grande Iddio vi ha dato questa sovranità. Io sono, o Popolo, il vostro Vescovo. E fu Dio che mi chiamò e per mezzo del suo Vicario mi ha assunto a carico così tremendo.

I regolatori voi siete di quelle vie che conducono l’uomo ad essere felice in terra, ed io sono il regolatore di quelle vie che conducono l’uomo ad essere felice in Cielo.

Io adoro nelle vostre mani le democratiche leggi, ma voi adorate ancor nelle mie, le leggi dell’Evangelo.

Oh sante leggi dell’Evangelo, qua, a me, oggi, che vi consegni al mio Popolo, onde egli che è Sovrano sia mai sempre democratico senza colpa, democratico con virtù. Oh, leggi democratiche, qua, a me, pure in quest’oggi. Voi avete, o Popolo, alle leggi dell’Evangelo quell’ossequio che è ben dovuto alle leggi dell’Evangelo di Gesù Cristo: morir piuttosto che violar questa legge.

Io debbo alle vostre leggi, ubbidienza e rispetto, e tal rispetto e ubbidienza che ognuno impari a rispettarle e ubbidire.

Ohimè! Se ardito io fossi di violarle, sarei colpevole di più delitti, sarei meritevole di molte pene. Ma o quali atroci pene voi pure avreste non solo in terra, ma anche all’inferno, se violate un sol precetto dell’Evangelo, se vi scostaste dagli esempi del Crocifisso:

Io no, che esser non voglio reo di in ubbidienza alle vostre leggi, ma voi nemmeno esser lo dovete a quelle che già vi imposi a nome del vostro Dio.

Deh, rammentate, o Popolo, in vostro cuore, rammentate quei giuramenti che faceste là nel Battistero, ché io, anch’io con giuramento m’obbligo al mio dovere.

GIURO, ecco, o Dio le mie parole, ecco la mia promessa, giuro fedeltà al democratico attual governo, giuro obbedienza alle sue leggi, ma ad un tempo a voi giuro fedeltà e ubbidienza, o mio Dio, fedeltà ed ubbidienza adorabili Comandamenti e alla vostra Chiesa

Oh, sacerdoti, o ministri del Divin Culto, giuro anche per voi, e Dio riceva in religioso olocausto i nostri inviolabili giuramenti.

Sebbene, ah, perché, o mio popolo, anzi miei figli, mia corona e mio gaudio, perché non posso giurare anche per voi. Voi sì che potete adesso formarvi i vostri rappresentanti, le vostre leggi, ma poi, formati gli uni, formate le altre, dovete anche voi rispettare entrambe, e ubbidire con fedeltà. E’ Dio che così vuole, quel sapientissimo Dio, che arbitro e regolatore delle sorti del mondo, le dispone e modera a suo talento.

Voi qui vedete tra i vostri concittadini, quegli che rappresentano la vostra sovranità.

Essi rispetteranno sempre la Religione, terranno da voi lontani i fulmini di Gesù Cristo, onoreranno l’infallibile successore di Pietro e la sua fede, saranno scudo e difesa al cattolico Culto, al sacro tempio, ai suoi ministri, ma tutti insieme custodi ed esecutori delle vostre leggi, ne esigeranno veglianti e solleciti l’adempimento.

Fra questa loro rappresentanza, non è ella tale che al dir di Paolo, vi obbliga ad adorare in esso gli altri decreti, e le disposizioni del vostro Dio, con spirito d’ubbidienza? Eh, sì pur dunque ubbidienza, anche per voi o mio popolo, fedeltà e ubbidienza all’attuai vostro Governo e agli attuai vostri rappresentanti. Ma avvertite questo spirito di fedeltà, questo spirito d’ubbidienza ove più vigoroso lo trovate, se non tra gli augusti veli di Religione?

Adempiansi queste leggi che io vostro Pastore vi addito nell’Evangelo e sarete Sovrani ad un tempo e sudditi integerrimi e virtuosi.

Oh, beato quel Popolo ove nelle massime e nei costumi, trionfa il Vangelo, perché trionfano insieme con lui, la pace il buon ordine, la giustizia!

Beato quel popolo ov’è la Repubblica protetta dal Crocifisso, e il Crocifisso difeso dalla Repubblica, mentre con sì mirabile unione, resta assicurato il doppio bene all’uomo in ordine alla terra e al Cielo.

Cari miei figli, mentre io su questo Altare, consapevole dei miei voti e delle antiche mie lagrime, Altare che mi mostra le sacre ceneri del mio Vescovo Fortunato, Altare che mi ricorda i favori e i voti dell’Ammirabile Madre Maria, mentre io deposito i miei già formulati giuramenti, voi venerateli con Religione. Son giuramenti del vostro Vescovo. Ma ad un tempo accoppiate ad essi le vostre risoluzioni, fervide risoluzioni d’osservare la santa legge di Dio, d’amarvi in Dio, d’essere cittadini nelle vostre intraprese, diretti sempre alle intenzioni di Dio

Oh, Dio, piovete amoroso Sole dal Cielo, che infiammi di carità, illumini le nostre menti, ecciti in cuore, generosi affetti di religione e di Fede.

Rendete santo il Pastore, rendete sante la Greggi onde tutti possiamo un giorno cantarvene, nell’eterna Gerusalemme, inno più giulivo e festoso, del festoso inno giulivo, che ora sciogliamo qui ai piedi del vostro Altare.

Nota: questo foglio, probabilmente portato da don Valeriano Orazi segretario del vescovo di Fano e canonico a Santa Vittoria, ov’è rilegato nel registro n° VI “Iura”, carte 359-360.

 

Documento n. 5  – Proclama di Fernando re di Napoli –

14 novembre 1798 ( trascrizione resa ortografica)

= FERDINANDO IV per la grazia di Dio re delle Sicilie e di Gerusalemme, infante di Spagna, duca di Parma, Piacenza, gran Principe ereditario delle Toscane etc.

Quantunque fin dal principio delle rivoluzioni politiche, che da qualche tempo hanno turbato la tranquillità in varie parti del mondo, avessimo noi procurato di provvedere alla costante sicurezza dei nostri reali Stati e Domini col tenerle lontane le perniciose massime e i seduttori, riordinare ed accrescere le nostre forze armate, stringere con più forti nodi le alleanze con le potenze amiche, stipulare trattato di Pace con la Repubblica Francese, ed esaudire ogni altro mezzo di operazioni pacifiche: pure nondimeno ci siamo trovati nella dura circostanza di vedere in pericolo la quiete ed indennità dei nostri Stati per motivo dell’inaspettata mutazione di Governo del limitrofo Stato Romano, accompagnata dalla sovversione di ogni sano stabilimento, dal danno della santa religione cattolica e da civili discordie e luttuose scene di massacri e depredazioni. Questi avvenimenti, l’imprevista occupazione dell’Isola di Malta di nostra regia pertinenza e le continue minacce di prossima invasione nei nostri Domini, confermate da apparecchi guerrieri e da movimenti di truppe alla volta di questo Regno di Napoli, ci hanno indotto a prendere altri più efficaci provvedimenti, onde allontanare dai nostri Domini qualunque danno e pericolo. Abbiamo pertanto determinato di fare avanzare il nostro reale esercito dentro lo Stato Romano fin dove l’urgenza lo richiederà, con la ferma volontà di ravvivarvi la cattolica religione, farvi cessare l’anarchia, le stragi e le depredazioni, ricondurvi la Pace, e porlo sotto il regolare Governo del suo legittimo Sovrano. Dichiariamo ai nostri amatissimi sudditi, agli abitanti dello Stato Romano, ed agli altri popoli dell’intera Italia che (lungi dal muovere guerra contro alcuna Potenza) il solo desiderio di provvedere alla loro sicurezza e di rendere il dovuto onore alla religione ci ha mosso a questa intrapresa nella quale Noi col soccorso del sommo Dio, secondati dai validi aiuti dei nostri grandi alleati e dall’opera delle Nazioni Italiane, speriamo avere felicissimi eventi. Noi stessi alla testa dei prodi soldati del nostro invitto esercito, dirigeremo le loro operazioni militari e ci impegneremo di fare uso delle loro forze nei soli casi di resistenza e di aggressione, mentre in ogni altro rivolgeremo le nostre cure soltanto agli indicati sacri oggetti della Religione e del riordinamento del Governo dello Stato Romano. Con tale prevenzione adunque esortiamo gli abitanti tutti del detto Stato Romano di deporre le armi nel momento dell’ingresso del nostro esercito nel loro territorio; di conformare a quelle disposizioni che saremo per dare in favore di essi e della salvezza comune, di facilitare con i possibili mezzi e aiuti la nostra giustissima intrapresa, e di essere sicuri che Noi, facendo uso della nostra naturale giustizia e clemenza, non solo proteggeremo e ricompenseremo i buoni e virtuosi, ma ancora raccoglieremo con paterno affetto i traviati che, pentiti dei propri errori, volontariamente ritorneranno nel diritto sentiero e si sottoporranno al nostro comando.

Inculchiamo pertanto a tutti di abbandonare ogni idea di vendetta per il danno che per la passata rivoluzione gli uni avessero agli altri arrecati e di astenersi da qualunque sorta di eccesso di rappresaglia, sotto pena della nostra reale indignazione, di essere trattati i contravventori come nemici della pubblica sicurezza.

Esortiamo parimenti i Generali e Comandanti di qualunque esercito estero di far subito ritirare tutte le loro truppe fuori dal territorio romano, senza prendere ulteriormente parte nelle avventure di quello Stato la cui sorte per ragione di vicinanza e per altri legittimi motivi interessa principalmente la nostra Regia Podestà. Infine manifestiamo che dal punto in cui il nostro esercito sarà entrato nel territorio Romano, vi sarà libera comunicazione tra le sue popolazioni e quelle del Regno, del quale per provvedere alla sussistenza delle Reali truppe ed al bisogno degli abitanti dello Stato Romano, faremo nel medesimo trasportare i generi necessari di viveri ed altre occorrenze.

Dal Quartiere Generale di S. Germano 14 novembre dell’anno 1798. Ferdinando

  1. Acton

(Nel registro VI “Iura” dell’archivio capitolare Santa Vittoria in Matenano, cc.362s. Nota: la guerra del re di Napoli contro la Repubblica Romana, risulta dichiarata il 23 novembre 1798 nel “Distinto ragguaglio della totale disfatta riportata sul formidabile esercito napoletano dalle invitte falangi della Grande Nazione” stampa dell’epoca.)

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Documento n. 6 –  <Sottomissione pacifica>

Ascoli 5 febbraio 1799

= LIBERTA’   REPUBBLICA ROMANA   EGUAGLIANZA

LA MUNICIPALITÀ’ D’ASCOLI

Alle Popolazioni vicine, Perdono, e Pace per le Communi Armate del Tronto. Dopo varie trattative in iscritto, e a voce colla mediazione nostra, e per mezzo de’ virtuosi Ecclesiastici, Secolari, e Regolati, spediti in tutte le Comuni, il General Francese dimostrando la sua brama di fare cessare i disordini, e risparmiare le conseguenze funeste di una spedizione di Truppe sulle nostre Campagne, trovò il Comandante, e Capitani delle Popolazioni armate, nelle medesime disposizioni di procurare il maggior bene; Quindi in risposta ad un foglio dei prelodati Capitani de’ 4 Febraro furono sottoscritti i seguenti Articoli fissati dal prode, ed umanissimo Generale.

Ascoli 5 Febbraro 1799 V.S. 17 Piovoso, Anno 7. della Repubblica Francese.

Il Generale Francese vede con piacere, che i Montagnoli Insorgenti vogliono acconsentire alla Pace.

Le Truppe Francesi non possono farne, che di onorevole, e di giusto: in conseguenza il Generale Francese animato dal desiderio della Pace, non può donarla, che alla Condizione di già descritta cioè:

  1. Perdono generale per tutte le Communi.
  2. Tutte le Communi daranno un Ostaggio della loro sincerità alla Pace.
  3. Questi Ostaggi saranno sotto la risponsabilità di un’abitante di Ascoli.
  4. Niuno sarà ricercato nella sua passata condotta.
  5. Non sarà levata alcuna requisizione alle circostanze insorte.
  6. Nel Caso, in cui non possa trovarsi un Ostaggio ne’ Villaggi, il Generale Francese accetterà un Abitante, o Prete di Ascoli, che rappresenterà questo Villaggio. (…) Firme di 22 Comandanti (omesse)

 

ARTICOLO ADDIZIONALE

Se non si sono posti gli Articoli relativi al servizio della Religione, alle Campane, e alle Prediche, è perché questi Articoli non possono incontrare alcuna difficoltà poiché già sono accordati dal Capo medesimo delle Truppe, il quale da vari giorni ha dato l’ordine di far suonare le Campane, ed hà protette tutte le Chiese, e promesso il libero esercizio del culto; poiché in fine la facoltà la più intiera sopra questo punto è già accordata da un Proclama del Generai Dahesmer. Per scanzo di ogni equivoco, il Generale Francese conferma le disposizioni a questo riguardo.   Ascoli 17. Piovoso Anno 7. DARGOUBET

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Documento n. 7 <Gli Insorgenti sono Napoletani>

PROCLAMA 26 maggio 1799 a Servigliano

Per FERDINANDO IV Re delle Due Sicilie e di Gerusalemme, ecc.

Il conte CLEMENTE NAVARRA

Brigadiere delle Truppe arrolate in massa, Napol. e Pontificie

«Ergete la fronte, Popoli generosi del Piceno. Eccovi il felice momento di ravvivare la nostra Santa Religione, di rimostrare il nostro attaccamento al Sovrano e di sottrarci da questa anarchia che sì barbaramente ci opprime. Correte tutti alle armi, e ricordatevi di quel ch’è scritto nelle Sagre Carte nel libro di Judith, cap. 15, v. 6: Omnis itaque regio omnisque Urbs electam Juventutem armatam misit post eos, et persecuti sunt eos in ore gladii quousque pervenirent ad extremitatem finium eorum.

Io vi chiamo a difendere la causa comune, fidate in Dio, nei grandi alleati, nel coraggio avito… Si agirà col massimo rigore delle leggi, perché ritorni il buon ordine, facendo noto a tutti con questo Editto, che in ciascun paese siano reintegrate le Magistrature, alle quali inculco di proibire affatto, che truppe di gente armata dal capriccio, col pretesto della buona causa, vadino scorrendo per le campagne e paesi, arrestando delle persone, e farsi lecito di saccheggiare, fucilare, ed incendiare. Chiunque ardirà ciò tentare sarà considerato come nemico dello Stato, e punito come tale. Ogni truppa armata dovrà dall’invitto mio generale de Donatis, o da me dipendere, né si riconosceranno altre truppe, che quelle da Noi disposte, ma gli abitanti tutti siano preparati a prendere le armi al suono delle campane a martello; ed accorrere al bisogno, se mai truppa nemica ardisse attaccarci, avvertendo, che quel paese, che tardasse ad accorrere, sarà dichiarato ribelle, e come nemico della patria militarmente castigato. Epperò voi tutti del clero, e specialmente voi, Pastori delle Anime, concorrete ad una impresa così gloriosa, e destate con vivezza le scintille della Pietà, e del languente costume, e fate risorgere fra le vostre contrade la purità della infallibile Nostra Religione, e tentare ogni mezzo coll’esempio, e colla voce, perché ritorni in noi quella pace, che finora ci è stata sì barbaramente rapita. Chiunque vorrà con Noi prendere le armi in questa sì nobile gara, si presenti a me, e agli Uffiziali maggiori per avere le necessarie istruzioni e per essere autorizzati colle patenti del Re delle Due Sicilie e più d’ogni altro io chiamo coloro che con eguale valore e fedeltà diedero prova allorché erano aggregati alle truppe Pontificie.

Dato dal Quartiere gen. di Servigliano, questo dì 26 maggio 1799. »

Documento n. 8 <per l’insorgenza>

PROCLAMA: Ascoli 27 maggio 1799

= FERDINANDO IV PER LA GRAZIA DI DIO RE DELLE DUE SICILIE DI GERUSALEMME ECC.

  1. DONATO ANTONIO DE DONATIS GENERALE IN CAPO DELL’ESERCITO IN MASSA PER LA SUA MAESTÀ’, CHE DIO LA GUARDI

«Popoli di Acquaviva aprite ormai gli occhi alla luce del giorno. Sentite la voce di uno, che ama il vostro vero bene. O Voi stringete le armi in favore delle nostre vittoriose truppe, ed allora troverete in Noi un amico sincero, ed affettuoso, che lungi dal prendere vendette delle vostre insolenze passate addosserà la valida protezione e di Voi, e delle sostanze vostre: o vi dichiarate nostri nemici, ed allora aspettatevi pure, che Noi con tutte le nostre forze affronteremo i vostri fuochi, vi piomberemo addosso, vi saccheggeremo usando ogni rigore militare. Pensate a Voi: decidete con prontezza e dentro due ore mandatene la risposta ».

Ascoli, 27 maggio 1799.

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Documento n. 9

<Insorgenza: 26-29 Maggio 1799 a Castel Clementino>

Dì 26 del corrente mese di Maggio: si manifestò a Castel Clementino il piano di una controrivoluzione da eseguirsi con l’aiuto e intesa degli Insorgenti Napoletani, alla cui testa si pose Clemente Navarra con la carica di Brigadiere a lui conferita da D. Donato De Donatis, generale in capo dell’Armata in massa Napoletana. Con l’intesa, come dicono, che la mattina seguente dovesse ivi giungere l’avanguardia di tale armata. La mattina del divisato giorno si cercò che i Parroci di detto luogo avessero predicato dall’altare di doversi tutti venire contro i francesi; ma i Parroci mostrarono ripugnanza di farlo, e il curato Burocchi per non esserci obbligato pensò di celebrare nella sua chiesa. Nonostante s’inalberò la Bandiera Napoletana, e si affissero editti con i quali s’invitava il popolo ad unirsi e si ordinava il ristabilimento delle antiche magistrature. La Terra di Santa Vittoria si accomodò per prima a seguire tale piano. Vi si atterrò l’Albero, si unirono delle persone, e alla testa uscì il noto Majeschi il quale si mostrò meno impegnato. Dietro tali incitamenti il giorno appresso 27 detto, la campana di Castel Clementino, che aveva cominciato a suonare a martello insieme col tamburo la sera innanzi seguitò a fare lo stesso

fin dalle otto della mattina e lo stesso si fece in Santa Vittoria, per adunare gente. Il dopopranzo di tale giorno si sentì simile furore e rimbombo di tamburo in M. S. Martino dove però non accorsero se non pochissimi contadini, che, sentito il motivo, amarono meglio di tornarsene alle loro faccende della campagna.

Ieri mattina 28 si intese lo stesso suono in Sant’Angelo <in Pontano> dove era stato dichiarato capitano Giuseppe Gentili. Per buona sorte di questo luogo, la commissione di fare lo stesso fu data all’Egamennoni insieme con la patente di capitano e i proclami da affiggersi, con ordine di eseguire tutto appena qui ritornato. Ma poiché la patente l’aveva presa per forza, come dice, non eseguì punto l’addossatagli commissione, cosicché questo luogo si preservò immune fra l’incendio che ardeva in ogni intorno, e siamo stati solo spauriti di quello che facevano gli altri, fino alle ore 14 circa del giorno di ieri, quando si intesero dalla parte di Castel Clementino delle scariche di moschettieri, che, ignorando noi cosa significassero, senza pensare alla zuffa che vi seguì col distaccamento della truppa francese e insorgenti, non sapevamo indovinare la causa. Se ne concepì però un sospetto, al vedere per mezzo del cannocchiale, che truppa di gente dalla parte di Falerone andava direttamente a quel luogo, e passava il fiume senza scalzarsi. L’eccidio seguito fu poi saputo da persone che, per curiosità di sapere, s’inoltrarono verso quella parte e più in dettaglio si raccontò iersera, e questa mattina. I morti insorgenti sono stati almeno venti. Tra questi il figlio del Navarra che fu incontrato dalla truppa vicino al molino di Falerone, mentre con 50 insorgenti circa, andava in Falerone, e il capitano benedetto Gualtieri fu ucciso poi in casa al tempo del saccheggio, che fu dei più feroci, con altri vari dei quali non so il nome, e fra questi la persona che stava a suonare le campane a martello, la quale fu sbalzata dalla torre. Secondo le relazioni che giungono, oltre allo spoglio generale fatto in tutte le case di quanto vi era – e vi era molto in alcune specialmente, che non si persuadevano di tale visita – vi è stato il massacro di tutto il mobilio che non si poteva trasportare. I cristalli e i vetri delle finestre furono rotti, i parati lacerati, i comò, i tavolini, le sedie, fatti in pezzi. Insomma si fece un macello e di carne e di roba, come ognuno può figurarsi e come si sentirà più dettagliatamente in appresso.

La sera innanzi <27> di questo tragico fatto si erano fatti arrestare e condurre in quel quartiere generale (così denominato quel luogo dal proclama) il Valeriani e il Venantini di Santa Vittoria; altri di là erano fuggiti, come avevano fatto parimenti altri da Falerone, il cui popolo, come quello di Montegiorgio, era stato il primo ad accorrere per arruolarsi.

Il Brigadiere Navarra si salvò con la fuga, e così si salvarono altri uniti con lui, che presero la fuga chi per una parte e chi per un’altra. La truppa poi che si aspettava dalla parte di Ascoli la mattina del 27 non era giunta e non giunse, perché a Mont’Alto trovò delle resistenze. Il Majeschi che aveva tanto brigato è restato morto anche lui. Raccontano che alle ore 4 del 26 partisse dal quartiere

generale e se tornasse a Santa Vittoria, cosicché non fu presente alla zuffa, ma inteso poi quanto successo, dicono che tornasse là per comprare delle robe prese nel saccheggio e che da quattro contadini fosse ammazzato avendogli trovato addosso molti “pezzi duri”.

Non mancò poi neppure qui una scenetta e fu che alle (ore) 19 circa di ieri 28 si presentò il capitano Giuseppe Gentili con sette altre persone del seguito, entrati per la porta del forno, i quali direttamente andarono alla porta del convento di San Francesco, andando dicendo per la strada Napoletani! Napoletani!

Appena smontato di cavallo il capitano suddetto, invece di entrare in convento, fece sul momento arrestare Giovanni Vecchi che passava in quel punto, e poi per la stessa strada, se ne ritornarono indietro senza far altro. Giunti avanti alla casa di lui, si fece incontro la moglie che si mise con le lacrime a scongiurarli di lasciarle il marito; ma il capitano diceva di condurlo al quartiere generale (che non so dove fosse) e gli altri di farlo a pezzi fuori della porta come Giacobino e supposto reo di aver <informato> i francesi perché venissero contro Castel Clementino. Il fatto è che lo condussero fino a San Rocco, ma poi, sopraggiunto il padre e don Santi Luccarini, li cominciarono a pregare di nuovo del rilascio; e sul giuramento che prestò don Santi che non fosse Giacobino, e che non aveva mai avuto alcun carreggio lo dimisero e se ne andarono per i fatti loro.

Ecco la storia genuina dell’accaduto nelle nostre vicinanze, e qui preghiamo Dio che le cose finiscano così. Ma temo di peggio. Pacifico Cornacchia di Santa Vittoria, arrestato dai contadini, fu condannato a Mont’Alto. Andreozzi restò ferito in faccia. Marinelli scampò la morte fuggendo in certi fossi. Majeschi rimase ucciso. Tutti questi andavano uniti a Castel Clementinoper ottenere dal comandante francese che non facesse andare la truppa a Santa Vittoria, dove si credeva <fosse> diretta dopo il sacco di Castel dementino.

(Autore anonimo probabilmente faleronese di un manoscritto n. 946 presso la biblioteca comunale di Macerata qui riferito in trascrizione corretta per l’ortografia)

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Documento n. 10 <

<Proclama di parte napoletana con gli insorgenti al soldo del re di Napoli>

IL COMANDANTE GENERALE DELLA MONTAGNA GIUSEPPE CELLINI AI POPOLI DELLO STATO PONTIFICIO – INDIRIZZO –

Ascoltate, o Popoli amici, la voce di chi ama il vostro bene. Non è più tempo giacere in una colpevole inerzia, e sostenere più lungamente una fatale indifferenza. Tutti i vostri Fratelli limitrofi all’Abruzzo Ultra e Citra colle anni in mano già sono in Campo. Essi sull’esempio dei valorosi Sanniti, e da loro scortati, han combattuto e son vincitori. Entro le mura de’ loro Paesi più non spira liberamente l’aria impura, né alcun Francese, né verun perfido Giacobino. Sì l’uno, che l’altro si trova fra’ ceppi, o pallido fugge, e ramingo. Quanto audace si mostra questa infida genìa nel vederci avviliti, tanto vile or si dimostra vedendo il nostro coraggio, l’unione e i progressi delle nostre armi. Queste già spiegano su una ben larga estensione la sua energia. E’ stato un punto, un punto solo investir Norcia, Cascia, Visso, Serravalle, Ponte della Trava, Camerino, Ascoli, Mandola, Comunanza, 5. Vittoria, Montalto, Monte di Novo, Affida ecc. ecc. occuparli, e sollevarli. E’ brava la gente, che muove all’impresa, esperti i Duci che la guidano.

Or siam giunti al felice momento, in cui tutta la fiorente un dì, ed ora languida, e desolata Marca è per prendere l’Armi su cui dietro al divin soccorso, è riposta la propria, e l’altrui salvezza. Correte, o Popoli amici, correte ad unirvi con Noi. Non dubitate, la vittoria è nostra. Non vi è più da temere. I Mari, che bagnano la bella Italia, appena reggono a sostenere gl’immensi Legni Inglesi, Moscoviti, Lusitani, Ottomani. Poche di essi si sono presentati in Ancona, e pochi colpi di Cannoni han fatto sentire a quella bloccata città; e nondimeno han destato in essa la più spaventevole costernazione.

L’invitte Falangi Austro-Russe sono arrivate a Bologna. A Soffia è giunto il real Principe di Napoli con il Figlio del Gran Signore conducente un Esercito sorpendentissimo. Da altra parte vola a prestarci aiuto l’immortale Cardianal Ruffo. Noi ci troviamo con numerosa Leva in Massa, al cui fianco vedesi la intrepidezza, il coraggio, la vittoria. Fiancheggiati, protetti, alleati, assistiti da tante Forze, ditemi, vi può essere da temere? Non vi fate ingannare da certi spiriti deboli, o maliziosi Allarmi, Allarmi.

A ciò vi obligano i doveri della propria coscienza, l’amor della Patria, la fedeltà giurata al Sovrano, la Professione di nostra Santa Religione, la quale, sussistendo, per altro breve tempora Cabala Filosofica, Ateistica, Massonica, va ad annientarsi nei nostri Paesi; vi obbliga il bene delle vostre Famiglie, la tenera vostra Figliolanza, che riclama il Cristiano costume, e la sana educazione; vi obbligano il pericolante onore delle vostre Mogli, il pudore compromesso delle vostre Figlie, i beni già invasi, i diritti violati, le proprie persone colle minacce, e colle armi tante volte investite. Se all’aspetto di santi motivi, e di sì potenti aiuti voi non vi scotete, voi siete colpevoli. Tremate. Il colpo desolatore poco

sta a piombarvi sulle Persone, e sulle Sostanze. Odiosi a Dio, al Sovrano, al Popolo fedele, che aspettar mai non vi dovete di avverso? Deh! riunitevi con noi, e non soffrite alcun disastro.

Giacobini, rovesciatori del Trono, sacrileghi invasori de’ Beni Ecclesiastici, Profanatori de’ Luoghi Sacri, Distruttori dell’Ordine sociale, Increduli, Miscredenti, Depravatori del buon Costume, Soldati della Cabala Ateistica voi impallidite, e ponete le ali ai piedi. Ma, che giova? L’arco feritore è rivolto contro di voi. Molti de’ vostri pari o son caduti, o son fra le ritorte. Lo so, voi fuggite: ma dove alla fine miseri andrete? Ovunque strascinate l’indegna esistenza, seguiravvi il rimorso tormentatore: ovunque troverete nemici; ovunque l’odio, l’esecrazione vi accompagnerà. Giacobini ricredetevi. Ancora siamo in tempo. Abbracciate anche voi la difesa della Causa comune, e sarete salvi. Ma se per altro breve spazio vi restarete ostinati nel partito Filosofico, guai a voi; siete perduti. Tremate.

In Camerino dal Quartiere Generale 5, Giugno 1799 G. Cellini Comand. Gener. In Capite.

In Camerino 1799. Per Vincenzo Gori.

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Documento n. 11

<Difesa repubblicana>

Ascoli 4 giugno 1799

LIBERTA’           EGUAGLIANZA      REPUBBLICA FRANCESE

Dal Quartiere Generale d’Ascoli li 16 Pratile Anno VII della

Repubblica Francese una, ed indivisibile.

MONNIER Generale di brigata Comandante in Ancona, e ne’ tre Dipartimenti riuniti in istato d’Assedio

La Città d’Ascoli, divenuta il soggiorno de’ Briganti Abruzzesi, ha posto il Dipartimento nel rischio di perdersi. Gli Abitanti di questa Città ribelle avevano già presa la Coccarda rossa, e trasformate in autorità Monarchiche le autorità tutte della Repubblica. Essi han dirette le orde de’ Briganti co’ quali eransi unite, e quest’uomini infami, vantando il nome di Dio, del Re, e de’ Preti, han commesso i più detestabili eccessi sulle persone, e se ne hanno usurpato tutte le mobili proprietà, ovunque si son presentati. Le prime lor vittime sono state le Comuni di Offida, di Castorano, di Colli, dì Pagliare, di Monte Prandone, e nelle Campagne che se estendono fino a Montalto.

Non potendo sì fatti eccessi non eccitare la generale indignazione, debbon essi risvegliare tutta l’energia delle autorità Civili, e precisamente dalle Guardie

Civiche, per opporsi vigorosamente alle intraprese, che tentar potessero nuovamente gli enunciati Briganti.

Le Truppe Repubblicane si misero in moto: I Briganti sono stati battuti a S. Benedetto, a Ripatransone, in Acquaviva. Hanno fatta la lor ritirata in Ascoli, e là si erano fortificati. La Città La presa d’assalto dopo due ore di combattimento. Questo giorno è stato spettatore delle nostre complete vittorie, e gli scellerati sono stati puniti. Tutti coloro, che non hanno imitato il lor Generale nella fuga, sano caduti sotto i colpi Repubblicani.

Le Truppe, ch’io lascio nel vostro Dipartimento, occupano delle posizioni vantaggiose. Sarà però stabilita, sotto la sorveglianza dell’Amministrazione Dipartimentale, un Cordone sul Tronto composto della Guardia Civica. Una colonna mobile si metterà subito in azione per portarsi su tutti i punti minacciati, ed occupati dai Briganti suddetti.

Ogni Brigante arrestato sarà fucilato sull’istante. Le Comuni, che non si opporranno al loro ingresso, incorreranno nelle pene già significate nel Proclama del giorno 14 (2 giugno).

Signato MONNIER

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Documento n. 12

<Ladronecci degli insorti>

luglio 1799, Ascoli

GIUSEPPE COSTANTINI ALIAS SCIABOLONE COMANDANTE LE TRUPPE IN MASSA PER SUA MAESTÀ’

FERDINANDO IV E POTENZE ALLEATE

Io sono informato dei continui ladroneggi che tuttodì si commettono sì in mobili che in bestiami a svantaggio di pacifici contadini. Sono esacerbato oltremodo per tali misfatti e ne prenderò le misure le più forti. Sotto pretesto di nuocere ai giacobini, si commettono l’empietà le più esacrande. Nessun individuo ha il diritto di ciò fare, ancorché il sapete, ma compete al solo sovrano. E’ questo un procedere che si oppone alla Religione Cattolica ed alle leggi di qualunque Governo. Il fulmine del castigo sta per piombare sopra a quelli che invece di desistere da un tal procedere non restituiranno sull’istante ciò che ànno rubato contro ogni diritto di natura e contro la legge di Dio. Io parto sì per unirmi al prode Generale La-Hoz e battere i Francesi; ma guai a quelli che prenderanno a scherzo questa mia risoluzione. Sarò inesorabile anche co’ miei più stretti di sangue.

Ordino però che subito si rimettino i massari ne’ rispettivi paesi i quali formeranno un processo a quelli ritengono o hanno preso bestiami.

Tutti gli abitanti de’ paesi e contadini si uniranno ad arrestare questi

perturbatori del buon ordine. In caso disperato e di resistenza, li autorizzo a far fuoco a tal razza di gente tanto perniciosa alla società.

Questo ordine stampato che sarà, voglio sia affisso in ogni paese e pubblicato nelle Chiese dai rispettivi curati.

Dal Quartier Generale di Lisciano 16 luglio 1799.

LUIGI ANELLI Segretario.

 

Documento n. 13 <Governo nelle Marche in mano dell’Austria>

Macerata, 20 agosto 1799

L’IMPERIALE – REGIA – PONTIFICIA REGGENZA DELLA MARCA DI FERMO E DI ANCONA

EDITTO

Per supplire alle immense spese, che seco porta il mantenimento di una Truppa attualmente impiegata alla difesa di una causa tanto nobile, e gloriosa, necessita ricorrere sull’istante a dei temperamenti quanto pronti, altrettanto capaci a produrre tutto ciò, che faccia d’uopo al servizio della medesima. Avrebbe voluto l’imperiale-Reggia-Pontificia Reggenza dispensarsi dall’addossare alle Popolazioni qualunque più piccolo peso, ma I’ urgenza dell’affare, e la santità della causa, che si è impresa a trattare, e che siam prossimi a sentire finalmente decisa, esiggono nuovi sforzi da tutti. Quindi è, che dopo le più mature riflessioni, e li scandagli più esatti, quello essendosi creduto il temperamento meno sensibile di ricorrere all’imposizione di un Testarico, regolato però, e diviso nel caso presentaneo in quattro diversi gradi, si è trovata nella circostanza di determinare, come appresso.

Primo = Tutti gl’individui delle Famiglie Nobili, o ascritte in primo grado in qualunque Città, o Terra, comprese in questa Classe le Comunità Religiose, dovranno subito sborsare in mano dei rispettivi Esattori pubblici a quest’effetto deputati uno scudo per cadauna Testa, con l’obbligo di pagare per ciscun Uomo o Donna di servigio paoli tre moneta di rame.

Secondo = Tutti gl’individui delle Famiglie del secondo ceto, o grado, del primo , e secondo de’ Castelli, e de’ Mercanti saranno tenuti per lo stesso titolo pagare bajocchi 40 per cadauno, t ame sopra.

Terzo = Tutti gl’individui delle Famiglie di qualunque altro grado, o ceto saranno obbligati pagare bajocchi dieci per ciascuno come sopra.

Quarto = Tutti li Coloni dovranno pagare bajocchi cinque per ogni testa come sopra.

Macerata dalla Reggenza 20 Agosto 1799.

(Omissis)

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Documento n. 14

<Ricordo dei Napoletani a Pedaso> 1799

= È giunto finalmente in questo nostro castello di Pedaso la Real Truppa dell’Invitto Re delle due Sicilie, comandata dal prode Generale Don Donato de Donatis tanto da noi aspettato, e desiderato, ad oggetto di condursi sotto la Piazza di Ancona, dentro la quale i malvagi Francesi e i loro cinque Partitari sonosi riuniti fuggendo. Mercé un tal forte e valoroso soccorso speriamo ora vicino l’esterminio di quella perfida gente, che resiste ancora alle forze delle Potenze alleate, e speriamo altresì di vedere sollecitamente restituita l’intera tranquillità a queste nostre contrade. Intanto, siccome abbiamo ammirato la moderatezza di detta Real Truppa, che, per li vari provvedimenti dati dal riferito signor Generale, non ha recato la menoma molestia e niun danneggiamento agli interessi ed alle persone di questo castello nostra patria, così ne produciamo un completissimo Avviso al pubblico, onde tutti si esultino di giubilo e di contentezza.

Pedaso, 25 agosto 1799.

Li residenti

NICOLA BERNARDINI, Vie. for. e Dep. eccl.

PROTASIO TEODORI, Govern. locale,

BENEDETTO ROSSI, Segretario.

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Documento 15 <Armistizio tra Austriaci e Napoleonici ad Ancona >

13 novembre 1799

LIBERTA’             EGUAGLIANZA           REPUBLICA FRANCESE

Ancona Assediata li 23 Brumale Anno 8vo della Republica

Tra il Generai di Brigata. MONNIER’ Comandante in Capo la Divisione di Ancona autorizzato, dal Consiglio di Guerra tenuto a questo effetto di trattare la Resa di Ancona.

Ed il Sig. Barone di FRELICH Luogotenente Generale di Sua Maestà Imperatore, e Re, Comandante in Capo le Truppe che assediano Ancona.

La. presente Capitolazione è stata discussa, risoluta, decretata irrevocabilmente nel modo che siegue.

 

ARTICOLO PRELIMINARE

Il Generale Comandante la Divisione d’Ancona, e le Truppe sotto i suoi ordini considerando, che la Capitolazione ¡1 « Fano segnata li 8 Termidoro scorso tra le Truppe Repubblicane Francesi, ed il Sig. Comand. le Truppe Russo-Turche è  stata. Violata nella sua esecuzione per lo stesso Comandante.

Considerando, che la morte sarebbe preferibile al disonore di trattare con delle Autorità che non conoscono il Diritto delle genti.

Vista la situazione, in cui si trova la divisione d’Ancona, e vista la quarta, ed ultima intimazione di resa fatta dal Sig. Barone FRELICH, Luogotenente Generale al servizio di Sua Maestà Imperatore, e Re, Comandante, in capo le: Truppe assedianti Ancona.

Dichiara, che egli non vuole entrare in Negoziazioni, che colle Truppe, ed il detto Luogotenente Generale al servizio di S. M. Imperatore, e Re.

 

CAPITOLAZIONE – ARTICOLO I.

Le Truppe della Guarnigione di Ancona, e Forti annessi al giorno, ed ora, che saranno convenuti, sortiranno dalla Piazza con tutti gli onori della Guerra, cioè: Con Tamburo battente, Bandiere spiegate, Miccio acceso, avendo alla testa due pezzi di Cannone di Campagna coi loro Cassoni, più uno d’Infanteria per rendersi in Francia per la via di terra la più comoda; Soldati, Ufficiali, Generali, ed ogni Militare si di terra, che di mare il Console della Republica Francese, gl’ Impiegati, e agenti Civili, e Militari porteranno seco le loro Armi, Effetti, e Proprietà personali di qualunque genere.

Saranno riguardate come Truppe della Divisione di Ancona, e saranno trattate sotto tutti i rapporti come Truppe della Republica Francese i Cisalpini, Romani, ed altri Italiani formati in Legioni, Battaglioni, o Compagnie, che portano le armi nella detta Divisione.

ARTICOLO II

La Divisione sarà accompagnata, e protetta nella sua marcia sino ai Posti awanzati dell’Armata Francese in Italia da un determinato corpo di Truppe Imperiali Comandate da un Uffiziale dello Stato Maggiore.

ARTICOLO III

La Divisione, che si porterà in Francia per la via che essa giudicherà la più comoda,, marcierà a spese di S.M. Imperatore, e Re:

Ogni Militare, o impiegato riceverà la Razione di ogni genere, e l’alloggio competente al suo grado secondo le Leggi, e Regolamenti Francesi. La marcia non sarà, forzata, ma regolata militarmente dietro quella dell’Infanteria Francese. Il Genera MONIER Comandante la Divisione farà di concerto coll’Uffiziale di Stato Maggiore Austriaco la determinazione dell’alloggio, o accampamento, se sarà giudicato convenevole, come, pure delle ore di partenza, e luoghi di dimora.

Risposta: Le Truppe della Guarnigione di Ancona, e dei Forti annessi sortiranno nel giorno, ed ora convenuta dalla Piazza con tutti gli onori di Guerra richiesti per rendersi in Francia come Prigionieri di Guerra, e non serviranno contro S.M. Imperiale, e contro i suoi Alleati che dopo un perfetto Cambio.

La Truppa deporrà le Armi nel luogo che sarà fissato da un Articolo Addizionale; i soldati e sotto Uffiziali conserveranno le loro muciglie, il Generale Comandante la Divisione, il Console della Repubblica Francese, i Generali, Uffiziali di terra, o di mare, gli Impiegati Civili e Militari conserveranno le loro Armi, Cavalli secondo i loro Gradi, ed i loro Effetti Personali.

Il Generale FRELICH volendo dare una prova di stima alle Truppe della Guarnigione per la Difesa coraggiosa, e contro ogni aspettativa, che esse hanno fatto, accorda ai Sotto Uffiziali il diritto di portare le loro Sciabole per rendersi al loro destino.

E per dare alla Divisione tutta, non meno che al General MONNIER, che la comanda un attestato della considerazione particolare, e della stima di nazione a Nazione contraenti, gli concede una Guardia di onore composta di quindici Uomini a Cavallo montati, armati equipaggiati, e di trenta Carabinieri Armati.

ARTICOLO IV

Sarà accordato a spese di S. M. Imperatore, e Re il numero de’ Carri attaccati, necessarj al trasporto degli Effetti personali degli Uffiziali, Impiegati, Consigli d’Amministrazione, e dei Depositi dei Corpi della Divisione: Il numero dei detti Carri sarà, convenuto d’appresso lo stato dei bisogni, che fornirà il Commissario di Guerra Francese

Il Generale Com. la Divisione, il Console della. Republica Francese, i Generali di Brigata Lucotte, Pino, Palombini, il Capo dello Stato Maggiore della Divisione, i Comandanti del Genio, e dell’Artiglieria, il Pagatore della Divisione, i Commiissarj di Guena, e della Marina Francese, l’Agente del Commissario Civile sono autorizzati di condurre ognuno il. loro Carro coperto pel trasporto delle loro Carte di Amministrazione, come di. Contabilità, ed i loro Effetti personali qualunque.

Risposta: Accordato ma a condizione che sarà Consegnato, da chi ne avrà il dritto, al Sig. Generale Barón di FRELICH l’attestato, che le Balle degli Uffiziali e Furgoni coperti non contenghino effetti di proprietà pubblica.

ARTICOLO V

I Bastimenti da Guerra della Repub. Francese, e Corsari coi loro Uffiziali, Impiegati in Amministrazione, ed Equipaggi si renderanno in uno dei Porti della Republica nello stato che si. ritrovano al momento della sottoscrizione della Capitolazione, muniti di Passaporto, e sotto la garanzia di S. M. Imperiale.

I viveri saranno forniti a spese della detta Potenza a ragione del viaggio.

Risposta:

INAMMISSIBILE ma se le Corsare la LUPE e la VENDETTA uscite dal Porto, e potendosi ripresentarsi di nuovo, rientreranno dopo la Capitolazione, li Marinari, che ne compongono l’Equipaggio, avranno la medesima sorte, che le Truppe esistenti attualmente nella Piazza.

ARTICOLO VI

I Malati dello Spedale della Divisione che potranno essere trasportati, lo saranno a spese di S. M. Imperatore, e Re coi viveri, e medicamenti e Casse di Chirurgia, ed Uffiziali di Sanità sufficienti pel viaggio d’Ancona in Francia.

Gli Ammalati, che senza pericolo, non potranno essere trasportati, resteranno in Ancona; essi saranno protetti come un Deposito Sacro, e trattati come gli Ammalati di S. M. Imperiale.

La Divisione li confida alla lealtà ed umanità della Nazione Austriaca.

II  General MONNIER gli determinerà il numero degli Uffiziali di Sanità, ed Infermieri indispensabili sotto la sorveglianza d’un Uffiziale Militare Francese, e di un Commissario di Guerra.

Subitochè il detto Uffiziale, Commissario richiederanno il trasporto dei Convalescenti o per mare, o per terra, secondochè sarà più convenevole al loro stato, gli verrà religiosamente accordato.

ARTICOLO VII

I Prigionieri fatti tanto durante il corso dell’Assedio d’Ancona che nelle Spedizioni precedenti, e che sono in Ancona, o sopra i Bastimenti Russo-Turchi o nella Divisione occupata dal Sig. Generale FRELIGFI, saranno resi da una parte, e dall’altra immediatamente dopo la sottoscrizione della presente Capitolazione e parteciperanno delle disposizioni contenute ne’ suoi Articoli.

Risposta:

ACCORDATO, per li Prigionieri Francesi solamente, che si troveranno ancora nella Divisione del Sig. Generale FRELIC

ARTICOLO VIII.

Tutti gli Individui di qualunque Nazione, o Religione essi siano abitanti nella Città d’Ancona , o che vi si trovino, e segnatamente gli Ebrei non potranno essere inquietati, molestati, né ricercati direttamente, o indirettamente essi, e le loro famiglie sul sospetto, e per la manifestazione delle loro opinioni civili, politiche, e religiose, come per li fatti che sono risultati, pendente il cangiamento del Governo nel Territorio Romano.

Questa disposizione risguarda quei fra loro, che hanno preso le armi, o esercitato degli impieghi Civili, o Amministrativi durante quest’epoca, e che verrebbero molestati per le loro ingerenze.

Risposta:

Il Governo Austriaco farà rispettare il diritto delle Genti verso li Cittadini senza distinzione di opinioni, o Religioni, purché si sottomettino alle leggi.

ARTICOLO IX.

La Commissione Amministrativa d’Ancona, i Membri anteriori delI’Amministrazioni Centrali dei Dipartimenti del Tronto, Musone, e Metauro, dei loro Tribunali, e Municipalità, gl’impiegati in tutti questi corpi Politici, ed i Patriotti della Republica Romana, come pure li Cittadini., e Sudditi delle Potenze alleate della Republica Francese, che vorranno seguire la Divisione d’Ancona, Essi, le loro Famiglie, ed effetti avranno la liberà più intera, né potranno essere ritardati, né impediti sotto qualunque pretesto.

Risposta.

L’Autorità Militare proteggerà l’esecuzione del presente Articolo, uniformandosi alla risposta fatta nel precedente Articolo.

ARTICOLO X.

Le Vendite, e Cessioni dei Beni, fondi situati in Ancona, e suo Territorio, come anche nei Dipartimenti Musone, Tronto, e Metauro sì autorizzate dal Consolato Romano, che dalla Repubblica Francese saranno mantenute inviolabili

Risposta:

Il Sig. Generale FRELICH non puoi decidere, e lascia l’assoluzione di questo articolo ai Gabinetti.

ARTICOLO XI

Li Cittadini Francesi, e loro alleati potranno alienare, o fare trasportare come a loro più piacerà per terra o per mare a loro spese gli effetti, e mercanzie da loro acquistate sino a quest’oggi.

Risposta:

Accordato; se gli Effetti, e Mercanzie non provengono dai Bastimenti, e Carichi presi dai Corsari sopra i Sudditi di S.M. Imperiale, e che non sarebbero stati giudicati di buona preda.

ARTICOLO XII

Sarà permesso alle persone comprese negli Articoli 8. 9.10. 11. di disporre delle loro Proprietà fondarie, e mobiliarie di venderle, o alienare, o percepirne l’entrate, come a loro piacerà: potranno egualmente in caso di vendita, o alienazione trasportarne esse medesime l’amontante, o inviarlo a loro piacimento nei luoghi, ch’essi desidereranno in Oro, Argento, Viglietti a ordine, o Cambiali.

Le suddette Persone potranno in conseguenza nell’intervallo dei sei mesi a contare dal giorno della sottoscrizione della Capitolazione continuare esse medesime la vendita dei loro Beni, e l’esigenza dei loro Crediti con tutta quiete, se esse non amano meglio abbandonare il Paese colla Divisione d’Ancona, e lasciare i Procuratori generali, e speciali, i quali godranno della protezione, di cui avrebbero goduto restando in Ancona.

Risposta:

ACCORDATO, se i Beni, di cui si tratta non erano di pertinenza dell’Antico Governo, delle Comunità Religiose soppresse; o dei Particolari Emigrati.

ARTICOLO XIII.

I Consoli di Spagna, e di Genova avranno la facoltà di restare in Ancona per lo spazio di sei mesi per terminarci i loro interessi con tutta garanzia delle loro Persone, Famiglie, Proprietà, e Carte Personali, o risguardanti le loro Amministrazioni, se meglio non amano ritirarsi colla Divisione d’Ancona, ed in tal caso saranno trattati come il Console della Rep. Francese.

Risposta:

I detti Consoli saranno rispettati, e protetti.

ARTICOLO XIV.

Se vi fosse qualche Articolo nella presente Capitolazione soggetto o qualche oscurità sarà interpretato secondo I’equità a favore della Divisione d’Ancona.

ARTICOLI ADDIZIONALI.

  1. La Cassa del Pagatore della Divisione, i Viveri, ed effetti dei magazzeni della Rep. Francese saranno rimessi appresso ricevuta nelle mani dell’Assediarne, segnata che sarà la Capitolazione.
  2. L’artiglieria dei Forti, del Porto, della Piazza, ed oggetti annessi, le Piante, e Carte relative alle Fortificazioni, ed all’interesse militare del Paese, saranno rimesse ai Commissarj , che saranno destinati per riceverli, dopo averne fatto Inventario, e rilasciata Ricevuta.
  3. Li disertori dell’una, e l’altra parte saranno restituiti.

Risposta:

CONVENUTO per li Disertori Austriaci solamente

  1. Per la garanzia, ed esecuzione di tutti gli Articoli della Capitolazione saranno dati degli ostaggi, ed il Sig. Barone di FRELIC Tenente Generale Commandante le Truppe Assedianti Ancona si rende responsabile della sicurezza della

Divisione dal momento dell’occupazione dei Posti sino al suo destino, come anche dei danni che potrebbero esser fatti a quelli, che la compongono.

  1. Segnati che saranno gli Articoli della Capitolazione, i Picchetti delle Truppe di S. M. Imperatore, e Re occuperanno le Porte di Francia, e Farina in numero eguale, e congiuntamente ai Francesi.
  2. Ventiquattro ore dopo la sottoscrizione dei ridetti Articoli le Truppe della Divisione d’Ancona evacueranno i Forti, e la Piazza in una sola Colonna con tutti gli onori della Guerra ottenuti nell’Articolo primo: si renderanno il medesimo giorno a Sinigaglia con le loro armi, che deporranno, eccettuati li Militari, ed Impiegati, che devono conservarle.

Risposta:

Convenuto, ma la Truppa Prigioniera deporrà le sue Armi a Fiumesino.

Fatto, convenuto, e decretato in Ancona li 23. Brumale an. 8, della Republica Francese una ed indivisibile.

Il Generale di Brigata Comandante la Divisione d’Ancona MONNIER

Sottoscritto Piè della Croce 13 Novembre 1799.

FRELIH Tenente Generale

DOCUMENTI RELATIVI ALLE INSORGENZE NEL PICENO NELL’ANNO 1799

a cura di Carlo Tomassini

Documento n. 1

Lettere di Pio VI e Giuseppe II d’Asburgo – 3 e 19 agosto 1782

= PIO VI. Prevalendoci di quella amichevole libertà che piacque alla M.V. gentilmente esibirci, cioè che quando avessimo inteso che fosse per farsi da V.M. alcuna mossa, che avessimo creduta discorde dalle buone regole e pregiudizievole alla Religione, ne avessimo scritto confidenzialmente in dirittura alla M.V. Quindi è che essendoci pervenuto all’orecchio che V.M. vada pensando di togliere tutti i fondi alle Chiese ed agli ecclesiastici della sua monarchia, e ridurli semplici pensionarj, non possiamo dispensarci di pone in vista che se si effettuasse un tal pensiero, ridonderebbe alla Chiesa una lacrimevole lesione ed ai buoni uno scandalo irreparabile. Non è di nostra ispezione entrare nel politico e nell’economico de’ suoi Stati – benché in questa parte non cediamo a qualche Affezionato suo per ogni di lei giusto vantaggio — tuttavia non dobbiamo prescindere dai riflessi di deperizione delle rendite ecclesiastiche che coll’amministrazione da farsi dai secolari dei fondi non propri, dell’infrazione dei patti stabiliti fra’ suoi antecessori e diverse province, della ferita apportata alla Costituzione degli Stati, della violazione delle disposizioni dei pii fondatori, delle conseguenti pretensioni, che susciterebbero i loro eredi di rivendicare gli stessi beni: tutto ciò lo lasceremo da parte, come oggetti alieni dal nostro ministero, e che non sfuggiranno dalla penetrazione di V.M. Parleremo soltanto di ciò che non possiamo omettere per debito di coscienza, e le diciamo che il privare le chiese e gli ecclesiastici del possesso dei loro fondi temporali è in dottrina cattolica un errore manifesto, condannato dai Concili, esecrato da’ santi Padri e qualificato dai più rispettabili scrittori per dottrina velenosa, per dogma scellerato. Ed infatti per sostenere una tal massima a pro del sovrano, convien ricorrere ai falsi insegnamenti dei Valdesi, dei Vecleisti e degli Ussiti e di quanti altri pur sono andati d’accordo con loro, e specialmente dei liberali infetti del tempo. Non dobbiamo qui annoiare con una tessitura di citazioni nelle quali si legge che quelli che mettono mano ai beni della Chiesa per loro profitto, Rei sunt damnationis Ananie et Saphire et oportet eiusmodi tradere satane ut spiritus salvus sit in die Domini. Solo ci ristringeremo a riscrivere quanto nel XII secolo avvertì Giovanni patriarca d’Antiochia, che quantunque scismatico, non poté soffrire l’abuso del Principe che voleva, come utile, disporre a favore de’ suoi Stati dei fondi delle Chiese, così scrivendo: “Essendo tu uomo corruttibile, mortale e di corta vita, osi di dare ad un altro uomo quello che non hai? E se dici di donare quello che hai, e pensi che siano tue le cose di Dio, fai Iddio te stesso. Qual uomo dotato di senno chiamerà ciò provvidenza ed utilità e non piuttosto trasgressione, disubbidienza estrema e perniciosissima iniquità? Come può essere e dirsi cristiano chi profana le cose, siano qualsivogliano, (de)dicate e consacrate al nostro Iddio e celeste re Cristo?” Sappiamo che i contraddittori, male interpretando ed abusando di alcuni testi delle sacre Lettere, credono di ben stabilire in questa parte i loro errori, ma noi senza venire ad un esame di tali maligne applicazioni, domandiamo a V.M. se in dicendo gli stessi autori, che in forza di altri testi delle sacre Scritture non si può ammettere nel mondo sovranità, crederebbe la M. V. che tali testi scritturali fossero chiari e convincenti per l’assunto onde doversi spogliare della sua sovranità per salvar l’anima? Noi crediamo anzi chi penserebbe il contrario, ed in così pensando, penserebbe come pensiamo anche noi. E lo stesso dee dirsi dell’altro, in cui li nemici seguenti della Chiesa, gli eretici, li cattolici di apparenza, i falsi maestri, e gli adulatori dei Principi, attribuiscono ai medesimi in base dei passi della Scrittura, il diritto di togliere alla Chiesa e ai suoi ministri la proprietà ed il possesso de’ loro beni. Dovrebbero pur sapere costoro che i Leviti d’Israello possedevano vaste campagne ed intere città e che come fondi santificati erano inalienabili ed in pertinenza del Sacerdozio. E perché dunque non conciliare il libro del Levitico, dei Numeri, dei Re con le altre espressioni che a chi non sa sembrano fra di loro contraddittorie e far lo stesso con i testi del Vangelo e con gli Atti degli Apostoli, come hanno fatto i santi Padri per tacciare, con manifeste eresie, di contraddizioni i sacri Libri dettati dalla stessa divina Sapienza? Facciamo uso di questi riflessi non perché possiamo mai persuaderci che V. M. abbia cuore di non rendere di peggiore condizione le Chiese, di qu(anto) sono le famiglie particolari, e di seguitare l’esempio di soli Principi Protestanti e segregati dalla nostra Comunione, ma affinché la M.V. senta in poche righe ciò che gli dee aver detto alcuno degli odierni pensatori. Non dissimuliamo che purtroppo alcuni fra i molti ecclesiastici faranno di tali beni un uso mai retto: ma che da ciò? Forse questa sarà ragione per farne uno spoglio ed una appropriazione chiamata sacrilega e farla generale a danno della Chiesa, dei successori e di quelli che l’impiegano secondo i dettami delle sacre Ordinazioni? Nei colloqui avuti con V. M. non entrammo in questa materia, che a termini di particolare temporaneo sequestro, e non ci siamo dimenticati di aver dette delle ragioni per le quali ci parve la M.V. persuasa a doversene astenere. Ma se ci avesse proposto il dubbio di una illimitata privazione per passare i beni delle Chiese all’amministrazione de’ secolari, le avre(mm)o aggiunto ragioni molto più rinforzate con le quali l’avre(mm)o convinta deporne il pensiero.

Quello che la mancanza di apertura non ci diede adito allora di fare colla viva voce, l’abbiamo fatto in ristretto colla presente, la quale, se non avesse eguale efficacia, farebbe conoscere a tutto il mondo cattolico che V.M. non ha fatto alcun conto dei nostri suggerimenti o che presto se n’è dimenticata: giacché in questa sola novità si conviene il rovesciamento di quelle massime cattoliche che ci permise di rilevare. Preghiamo di cuore il Signore che faccia sempre risplendere nell’effettivo Governo della M.V. quelle proteste del suo attaccamento alla purità della Religione in modo che mai restino deluse da fatti contrari. Fin qui ci siamo prevalsi di altra mano più corrente e più facile a leggersi della nostra, per affatigar e tanto di meno la vista di V.M. Con questa rispettosa dichiarazione passiamo ad abbracciarla con pienezza di affetto e col darle la Patema Apostolica Benedizione: Datum Romae apud s. Mariam Maiorem die 3 augusti 1782, pontificatus nostri anno VII. Pius pp. VI.

 

<RISPOSTA DELL’IMPERATORE>

= GIUSEPPE: Ho l’onore di rispondere a posta corrente alla lettera che là S.V. viene di scrivermi sul supposto che io voglia togliere tutti i fondi alle Chiese ed agli ecclesiastici e ridurli tutti ad essere semplici pensionarj. Le relazioni delle persone che mi procurarono già l’alto onore di vedere la S.V. alla mia residenza mi hanno anche senza dubbio procurata questa nuova testimonianza in scritto della sua amicizia e del suo zelo apostolico. Non posso dir altro, senza stendermi in lunghezze, se non che il supposto pervenuto alle sue orecchie, come la S.V. si esprime, è falso e senza andar cercando i testi tanto della Scrittura, che dei santi Padri, però sempre soggetti ad interpretazioni e spiegazioni, tengo una voce in me, che mi dice quello come Legislatore e Protettore della Religione mi convien di fare e di tralasciare. E questa voce coll’aiuto della divina grazia e col carattere onesto ed equo che mi sento, non può mai indurmi in errore. Se la S. V. vuole restar persuasa di questa verità, come lo spero, la prego anche di credermi con più filiale attaccamento e rispetto: 19 agosto 1782 Giuseppe.

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Documento n. 2

Sulla cessazione dello Stato Pontificio: P. Vincenzo Maria Strambi, anno 1798

(…) Se poi si domandasse sia espediente e vantaggioso che la Chiesa abbia dominio e Principato, vi si può rispondere che la cosa è assai dubbia e controversa anche presso le persone più savie e meglio affezionate alla stessa Chiesa. Imperocché se per una parte l’aver dominio è stato proprio perché dia alla Chiesa e ai suoi Ministri una maggior libertà nel promulgare la volontà dell’Altissimo e facilità maggiore nello stabilirne i mezzi per bene eseguirli. Per l’altra parte l’essere la Chiesa e i suoi Ministri privi di ricchezza e di dominio, pare che li mantenga più raccolti nel servizio di Dio, più distaccati dalle cose terrene, più umili in tutta la loro condotta, più affabili e più solleciti del bene del Prossimo, e cosi più amabili a Dio ed agli uomini.

Il certo si è che siccome l’uomo veramente savio si accomoda a tutte le disposizioni della provvidenza, e di quelle si prevale per adempire i disegni dell’Altissimo in bonum. Così quando una certa necessità, come la chiama S. Bernardo De Consideratione lib. 4, c. 3, faceva che si ritenesse dominio, e Principato, gli Ecclesiastici santi colla loro virtù tutto facevano servire all’accrescimento della gloria di Dio. Così mentre, non senza sovrana disposizione di Dio, la Chiesa resta priva di dominio, Dominus abstulit; gli Ecclesiastici che hanno veramente lo spirito del Signore e della sua Chiesa, non trascureranno di raccogliere da questa privazione tutti i preziosi vantaggi, che se ne possono ricavare.

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Documento n. 3

Omelia del Vescovo di Imola (futuro Pio VII), anno 1798

<Ecco le linee direttive dell’Omelia del Cardinale Chiaramonti: Libertà, fraternità, democrazia>.

«La libertà cara a Dio e agli uomini è una facoltà che fu donata all’uomo, è un dominio di poter fare e non fare, ma sempre sotto la legge divina ed umana. Non esercita ragionevolmente la sua libertà chi si oppone alla legge baldanzoso e ribelle;1 non esercita ragionevolmente la sua libertà chi contraddice a Dio e alla temporale sovranità, chi vuol seguire il piacere e lasciare l’onestà, chi s’attiene al vizio ed abbandona la virtù… La forma di governo democratico, adottata fra di noi, o dilettissimi fratelli, no, non è in opposizione colle massime fin qui esposte, né ripugna al Vangelo: esige anzi tutte quelle sublimi virtù che non s’imparano che colla scuola di Gesù Cristo, e le quali, se saranno da voi religiosamente praticate, formeranno la vostra felicità, la gloria e lo splendore della vostra repubblica » (…)

« Decidete quanto conferiscano i precetti del Vangelo, le tradizioni degli Apostoli e dei grandi filosofi Padri e Dottori cristiani a conservare la pace, a far risplendere la vera grandezza dello stato democratico, a fare di tanti uomini, dirò così, tanti eroi di umiltà, di prudenza nel governare, di carità nel fraternizzare fra loro stessi e con Gesù Cristo… Il luminoso oggetto della nostra democrazia dev’essere di stabilire la massima possibile unione di sentimenti, di cuori, di forze fisiche e. morali, onde ne derivi una soave fratellanza nella società (…) nella democrazia studiatevi di essere della massima possibile virtù e sarete i veri democratici: studiate ed eseguite il Vangelo e sarete la gioia della repubblica…

La religione cattolica sia l’oggetto più prezioso del vostro cuore, della vostra divozione e di ogni altro vostro sentimento. Non crediate che ella si opponga alla forma di governo democratico. In questo stato, vivendo uniti al vostro Divin Salvatore, potete concepire una giusta fiducia dell’eterna salute, potete operare la felicità temporale di voi stessi e dei vostri simili e procurare la gloria della repubblica e delle autorità costituite. Sì, miei cari fratelli, siate buoni cristiani e sarete ottimi democratici ».

 

Documento n. 4

Giuramento del Vescovo di Fano – 26 febbraio 1798

Voi ora siete Sovrano, o mio Popolo, e Dio, il grande Iddio vi ha dato questa sovranità. Io sono, o Popolo, il vostro Vescovo. E fu Dio che mi chiamò e per mezzo del suo Vicario mi ha assunto a carico così tremendo.

I regolatori voi siete di quelle vie che conducono l’uomo ad essere felice in terra, ed io sono il regolatore di quelle vie che conducono l’uomo ad essere felice in Cielo.

Io adoro nelle vostre mani le democratiche leggi, ma voi adorate ancor nelle mie, le leggi dell’Evangelo.

Oh sante leggi dell’Evangelo, qua, a me, oggi, che vi consegni al mio Popolo, onde egli che è Sovrano sia mai sempre democratico senza colpa, democratico con virtù. Oh, leggi democratiche, qua, a me, pure in quest’oggi. Voi avete, o Popolo, alle leggi dell’Evangelo quell’ossequio che è ben dovuto alle leggi dell’Evangelo di Gesù Cristo: morir piuttosto che violar questa legge.

Io debbo alle vostre leggi, ubbidienza e rispetto, e tal rispetto e ubbidienza che ognuno impari a rispettarle e ubbidire.

Ohimè! Se ardito io fossi di violarle, sarei colpevole di più delitti, sarei meritevole di molte pene. Ma o quali atroci pene voi pure avreste non solo in terra, ma anche all’inferno, se violate un sol precetto dell’Evangelo, se vi scostaste dagli esempi del Crocifisso:

Io no, che esser non voglio reo di in ubbidienza alle vostre leggi, ma voi nemmeno esser lo dovete a quelle che già vi imposi a nome del vostro Dio.

Deh, rammentate, o Popolo, in vostro cuore, rammentate quei giuramenti che faceste là nel Battistero, ché io, anch’io con giuramento m’obbligo al mio dovere.

GIURO, ecco, o Dio le mie parole, ecco la mia promessa, giuro fedeltà al democratico attual governo, giuro obbedienza alle sue leggi, ma ad un tempo a voi giuro fedeltà e ubbidienza, o mio Dio, fedeltà ed ubbidienza adorabili Comandamenti e alla vostra Chiesa

Oh, sacerdoti, o ministri del Divin Culto, giuro anche per voi, e Dio riceva in religioso olocausto i nostri inviolabili giuramenti.

Sebbene, ah, perché, o mio popolo, anzi miei figli, mia corona e mio gaudio, perché non posso giurare anche per voi. Voi sì che potete adesso formarvi i vostri rappresentanti, le vostre leggi, ma poi, formati gli uni, formate le altre, dovete anche voi rispettare entrambe, e ubbidire con fedeltà. E’ Dio che così vuole, quel sapientissimo Dio, che arbitro e regolatore delle sorti del mondo, le dispone e modera a suo talento.

Voi qui vedete tra i vostri concittadini, quegli che rappresentano la vostra sovranità.

Essi rispetteranno sempre la Religione, terranno da voi lontani i fulmini di Gesù Cristo, onoreranno l’infallibile successore di Pietro e la sua fede, saranno scudo e difesa al cattolico Culto, al sacro tempio, ai suoi ministri, ma tutti insieme custodi ed esecutori delle vostre leggi, ne esigeranno veglianti e solleciti l’adempimento.

Fra questa loro rappresentanza, non è ella tale che al dir di Paolo, vi obbliga ad adorare in esso gli altri decreti, e le disposizioni del vostro Dio, con spirito d’ubbidienza? Eh, sì pur dunque ubbidienza, anche per voi o mio popolo, fedeltà e ubbidienza all’attuai vostro Governo e agli attuai vostri rappresentanti. Ma avvertite questo spirito di fedeltà, questo spirito d’ubbidienza ove più vigoroso lo trovate, se non tra gli augusti veli di Religione?

Adempiansi queste leggi che io vostro Pastore vi addito nell’Evangelo e sarete Sovrani ad un tempo e sudditi integerrimi e virtuosi.

Oh, beato quel Popolo ove nelle massime e nei costumi, trionfa il Vangelo, perché trionfano insieme con lui, la pace il buon ordine, la giustizia!

Beato quel popolo ov’è la Repubblica protetta dal Crocifisso, e il Crocifisso difeso dalla Repubblica, mentre con sì mirabile unione, resta assicurato il doppio bene all’uomo in ordine alla terra e al Cielo.

Cari miei figli, mentre io su questo Altare, consapevole dei miei voti e delle antiche mie lagrime, Altare che mi mostra le sacre ceneri del mio Vescovo Fortunato, Altare che mi ricorda i favori e i voti dell’Ammirabile Madre Maria, mentre io deposito i miei già formulati giuramenti, voi venerateli con Religione. Son giuramenti del vostro Vescovo. Ma ad un tempo accoppiate ad essi le vostre risoluzioni, fervide risoluzioni d’osservare la santa legge di Dio, d’amarvi in Dio, d’essere cittadini nelle vostre intraprese, diretti sempre alle intenzioni di Dio

Oh, Dio, piovete amoroso Sole dal Cielo, che infiammi di carità, illumini le nostre menti, ecciti in cuore, generosi affetti di religione e di Fede.

Rendete santo il Pastore, rendete sante la Greggi onde tutti possiamo un giorno cantarvene, nell’eterna Gerusalemme, inno più giulivo e festoso, del festoso inno giulivo, che ora sciogliamo qui ai piedi del vostro Altare.

Nota: questo foglio, probabilmente portato da don Valeriano Orazi segretario del vescovo di Fano e canonico a Santa Vittoria, ov’è rilegato nel registro n° VI “Iura”, carte 359-360.

 

Documento n. 5

Proclama di Fernando re di Napoli – 14 novembre 1798 (ortografico)

= FERDINANDO IV per la grazia di Dio re delle Sicilie e di Gerusalemme, infante di Spagna, duca di Parma, Piacenza, gran Principe ereditario delle Toscane etc.

Quantunque fin dal principio delle rivoluzioni politiche, che da qualche tempo hanno turbato la tranquillità in varie parti del mondo, avessimo noi procurato di provvedere alla costante sicurezza dei nostri reali Stati e Domini col tenerle lontane le perniciose massime e i seduttori, riordinare ed accrescere le nostre forze armate, stringere con più forti nodi le alleanze con le potenze amiche, stipulare trattato di Pace con la Repubblica Francese, ed esaudire ogni altro mezzo di operazioni pacifiche: pure nondimeno ci siamo trovati nella dura circostanza di vedere in pericolo la quiete ed indennità dei nostri Stati per motivo dell’inaspettata mutazione di Governo del limitrofo Stato Romano, accompagnata dalla sovversione di ogni sano stabilimento, dal danno della santa religione cattolica e da civili discordie e luttuose scene di massacri e depredazioni. Questi avvenimenti, l’imprevista occupazione dell’Isola di Malta di nostra regia pertinenza e le continue minacce di prossima invasione nei nostri Domini, confermate da apparecchi guerrieri e da movimenti di truppe alla volta di questo Regno di Napoli, ci hanno indotto a prendere altri più efficaci provvedimenti, onde allontanare dai nostri Domini qualunque danno e pericolo. Abbiamo pertanto determinato di fare avanzare il nostro reale esercito dentro lo Stato Romano fin dove l’urgenza lo richiederà, con la ferma volontà di ravvivarvi la cattolica religione, farvi cessare l’anarchia, le stragi e le depredazioni, ricondurvi la Pace, e porlo sotto il regolare Governo del suo legittimo Sovrano. Dichiariamo ai nostri amatissimi sudditi, agli abitanti dello Stato Romano, ed agli altri popoli dell’intera Italia che (lungi dal muovere guerra contro alcuna Potenza) il solo desiderio di provvedere alla loro sicurezza e di rendere il dovuto onore alla religione ci ha mosso a questa intrapresa nella quale Noi col soccorso del sommo Dio, secondati dai validi aiuti dei nostri grandi alleati e dall’opera delle Nazioni Italiane, speriamo avere felicissimi eventi. Noi stessi alla testa dei prodi soldati del nostro invitto esercito, dirigeremo le loro operazioni militari e ci impegneremo di fare uso delle loro forze nei soli casi di resistenza e di aggressione, mentre in ogni altro rivolgeremo le nostre cure soltanto agli indicati sacri oggetti della Religione e del riordinamento del Governo dello Stato Romano. Con tale prevenzione adunque esortiamo gli abitanti tutti del detto Stato Romano di deporre le armi nel momento dell’ingresso del nostro esercito nel loro territorio; di conformare a quelle disposizioni che saremo per dare in favore di essi e della salvezza comune, di facilitare con i possibili mezzi e aiuti la nostra giustissima intrapresa, e di essere sicuri che Noi, facendo uso della nostra naturale giustizia e clemenza, non solo proteggeremo e ricompenseremo i buoni e virtuosi, ma ancora raccoglieremo con paterno affetto i traviati che, pentiti dei propri errori, volontariamente ritorneranno nel diritto sentiero e si sottoporranno al nostro comando.

Inculchiamo pertanto a tutti di abbandonare ogni idea di vendetta per il danno che per la passata rivoluzione gli uni avessero agli altri arrecati e di astenersi da qualunque sorta di eccesso di rappresaglia, sotto pena della nostra reale indignazione, di essere trattati i contravventori come nemici della pubblica sicurezza.

Esortiamo parimenti i Generali e Comandanti di qualunque esercito estero di far subito ritirare tutte le loro truppe fuori dal territorio romano, senza prendere ulteriormente parte nelle avventure di quello Stato la cui sorte per ragione di vicinanza e per altri legittimi motivi interessa principalmente la nostra Regia Podestà. Infine manifestiamo che dal punto in cui il nostro esercito sarà entrato nel territorio Romano, vi sarà libera comunicazione tra le sue popolazioni e quelle del Regno, del quale per provvedere alla sussistenza delle Reali truppe ed al bisogno degli abitanti dello Stato Romano, faremo nel medesimo trasportare i generi necessari di viveri ed altre occorrenze.

Dal Quartiere Generale di S. Germano 14 novembre dell’anno 1798. Ferdinando

  1. Acton

(Nel registro VI “Iura” dell’archivio capitolare Santa Vittoria in Matenano, cc.362s. Nota: la guerra del re di Napoli contro la Repubblica Romana, risulta dichiarata il 23 novembre 1798 nel “Distinto ragguaglio della totale disfatta riportata sul formidabile esercito napoletano dalle invitte falangi della Grande Nazione” stampa dell’epoca.)

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Documento n. 6

Ascoli 5 febbraio 1799: sottomissione pacifica

= LIBERTA’   REPUBBLICA ROMANA   EGUAGLIANZA

LA MUNICIPALITÀ’ D’ASCOLI

Alle Popolazioni vicine, Perdono, e Pace per le Communi Armate del Tronto. Dopo varie trattative in iscritto, e a voce colla mediazione nostra, e per mezzo de’ virtuosi Ecclesiastici, Secolari, e Regolati, spediti in tutte le Comuni, il General Francese dimostrando la sua brama di fare cessare i disordini, e risparmiare le conseguenze funeste di una spedizione di Truppe sulle nostre Campagne, trovò il Comandante, e Capitani delle Popolazioni armate, nelle medesime disposizioni di procurare il maggior bene; Quindi in risposta ad un foglio dei prelodati Capitani de’ 4 Febraro furono sottoscritti i seguenti Articoli fissati dal prode, ed umanissimo Generale.

Ascoli 5 Febbraro 1799 V.S. 17 Piovoso, Anno 7. della Repubblica Francese.

Il Generale Francese vede con piacere, che i Montagnoli Insorgenti vogliono acconsentire alla Pace.

Le Truppe Francesi non possono farne, che di onorevole, e di giusto: in conseguenza il Generale Francese animato dal desiderio della Pace, non può donarla, che alla Condizione di già descritta cioè:

  1. Perdono generale per tutte le Communi.
  2. Tutte le Communi daranno un Ostaggio della loro sincerità alla Pace.
  3. Questi Ostaggi saranno sotto la risponsabilità di un’abitante di Ascoli.
  4. Niuno sarà ricercato nella sua passata condotta.
  5. Non sarà levata alcuna requisizione alle circostanze insorte.
  6. Nel Caso, in cui non possa trovarsi un Ostaggio ne’ Villaggi, il Generale Francese accetterà un Abitante, o Prete di Ascoli, che rappresenterà questo Villaggio. (…) Firme di 22 Comandanti (omesse)

 

ARTICOLO ADDIZIONALE

Se non si sono posti gli Articoli relativi al servizio della Religione, alle Campane, e alle Prediche, è perché questi Articoli non possono incontrare alcuna difficoltà poiché già sono accordati dal Capo medesimo delle Truppe, il quale da vari giorni ha dato l’ordine di far suonare le Campane, ed hà protette tutte le Chiese, e promesso il libero esercizio del culto; poiché in fine la facoltà la più intiera sopra questo punto è già accordata da un Proclama del Generai Dahesmer. Per scanzo di ogni equivoco, il Generale Francese conferma le disposizioni a questo riguardo.   Ascoli 17. Piovoso Anno 7. DARGOUBET

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Documento n. 7

PROCLAMA 26 maggio 1799 a Servigliano per l’insorgenza

Per FERDINANDO IV Re delle Due Sicilie e di Gerusalemme, ecc.

Il conte CLEMENTE NAVARRA

Brigadiere delle Truppe arrolate in massa, Napol. e Pontificie

«Ergete la fronte, Popoli generosi del Piceno. Eccovi il felice momento di ravvivare la nostra Santa Religione, di rimostrare il nostro attaccamento al Sovrano e di sottrarci da questa anarchia che sì barbaramente ci opprime. Correte tutti alle armi, e ricordatevi di quel ch’è scritto nelle Sagre Carte nel libro di Judith, cap. 15, v. 6: Omnis itaque regio omnisque Urbs electam Juventutem armatam misit post eos, et persecuti sunt eos in ore gladii quousque pervenirent ad extremitatem finium eorum.

Io vi chiamo a difendere la causa comune, fidate in Dio, nei grandi alleati, nel coraggio avito… Si agirà col massimo rigore delle leggi, perché ritorni il buon ordine, facendo noto a tutti con questo Editto, che in ciascun paese siano reintegrate le Magistrature, alle quali inculco di proibire affatto, che truppe di gente armata dal capriccio, col pretesto della buona causa, vadino scorrendo per le campagne e paesi, arrestando delle persone, e farsi lecito di saccheggiare, fucilare, ed incendiare. Chiunque ardirà ciò tentare sarà considerato come nemico dello Stato, e punito come tale. Ogni truppa armata dovrà dall’invitto mio generale de Donatis, o da me dipendere, né si riconosceranno altre truppe, che quelle da Noi disposte, ma gli abitanti tutti siano preparati a prendere le armi al suono delle campane a martello; ed accorrere al bisogno, se mai truppa nemica ardisse attaccarci, avvertendo, che quel paese, che tardasse ad accorrere, sarà dichiarato ribelle, e come nemico della patria militarmente castigato. Epperò voi tutti del clero, e specialmente voi, Pastori delle Anime, concorrete ad una impresa così gloriosa, e destate con vivezza le scintille della Pietà, e del languente costume, e fate risorgere fra le vostre contrade la purità della infallibile Nostra Religione, e tentare ogni mezzo coll’esempio, e colla voce, perché ritorni in noi quella pace, che finora ci è stata sì barbaramente rapita. Chiunque vorrà con Noi prendere le armi in questa sì nobile gara, si presenti a me, e agli Uffiziali maggiori per avere le necessarie istruzioni e per essere autorizzati colle patenti del Re delle Due Sicilie e più d’ogni altro io chiamo coloro che con eguale valore e fedeltà diedero prova allorché erano aggregati alle truppe Pontificie.

Dato dal Quartiere gen. di Servigliano, questo dì 26 maggio 1799. »

Documento n. 8

PROCLAMA: Ascoli 27 maggio 1799 per l’insorgenza

= FERDINANDO IV PER LA GRAZIA DI DIO RE DELLE DUE SICILIE DI GERUSALEMME ECC.

  1. DONATO ANTONIO DE DONATIS GENERALE IN CAPO DELL’ESERCITO IN MASSA PER LA SUA MAESTÀ’, CHE DIO LA GUARDI

«Popoli di Acquaviva aprite ormai gli occhi alla luce del giorno. Sentite la voce di uno, che ama il vostro vero bene. O Voi stringete le armi in favore delle nostre vittoriose truppe, ed allora troverete in Noi un amico sincero, ed affettuoso, che lungi dal prendere vendette delle vostre insolenze passate addosserà la valida protezione e di Voi, e delle sostanze vostre: o vi dichiarate nostri nemici, ed allora aspettatevi pure, che Noi con tutte le nostre forze affronteremo i vostri fuochi, vi piomberemo addosso, vi saccheggeremo usando ogni rigore militare. Pensate a Voi: decidete con prontezza e dentro due ore mandatene la risposta ».

Ascoli, 27 maggio 1799.

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Documento n. 9

Insorgenza: 26-29 Maggio 1799 a Castel Clementino

Dì 26 del corrente mese di Maggio: si manifestò a Castel Clementino il piano di una controrivoluzione da eseguirsi con l’aiuto e intesa degli Insorgenti Napoletani, alla cui testa si pose Clemente Navarra con la carica di Brigadiere a lui conferita da D. Donato De Donatis, generale in capo dell’Armata in massa Napoletana. Con l’intesa, come dicono, che la mattina seguente dovesse ivi giungere l’avanguardia di tale armata. La mattina del divisato giorno si cercò che i Parroci di detto luogo avessero predicato dall’altare di doversi tutti venire contro i francesi; ma i Parroci mostrarono ripugnanza di farlo, e il curato Burocchi per non esserci obbligato pensò di celebrare nella sua chiesa. Nonostante s’inalberò la Bandiera Napoletana, e si affissero editti con i quali s’invitava il popolo ad unirsi e si ordinava il ristabilimento delle antiche magistrature. La Terra di Santa Vittoria si accomodò per prima a seguire tale piano. Vi si atterrò l’Albero, si unirono delle persone, e alla testa uscì il noto Majeschi il quale si mostrò meno impegnato. Dietro tali incitamenti il giorno appresso 27 detto, la campana di Castel Clementino, che aveva cominciato a suonare a martello insieme col tamburo la sera innanzi seguitò a fare lo stesso

fin dalle otto della mattina e lo stesso si fece in Santa Vittoria, per adunare gente. Il dopopranzo di tale giorno si sentì simile furore e rimbombo di tamburo in M. S. Martino dove però non accorsero se non pochissimi contadini, che, sentito il motivo, amarono meglio di tornarsene alle loro faccende della campagna.

Ieri mattina 28 si intese lo stesso suono in Sant’Angelo <in Pontano> dove era stato dichiarato capitano Giuseppe Gentili. Per buona sorte di questo luogo, la commissione di fare lo stesso fu data all’Egamennoni insieme con la patente di capitano e i proclami da affiggersi, con ordine di eseguire tutto appena qui ritornato. Ma poiché la patente l’aveva presa per forza, come dice, non eseguì punto l’addossatagli commissione, cosicché questo luogo si preservò immune fra l’incendio che ardeva in ogni intorno, e siamo stati solo spauriti di quello che facevano gli altri, fino alle ore 14 circa del giorno di ieri, quando si intesero dalla parte di Castel Clementino delle scariche di moschettieri, che, ignorando noi cosa significassero, senza pensare alla zuffa che vi seguì col distaccamento della truppa francese e insorgenti, non sapevamo indovinare la causa. Se ne concepì però un sospetto, al vedere per mezzo del cannocchiale, che truppa di gente dalla parte di Falerone andava direttamente a quel luogo, e passava il fiume senza scalzarsi. L’eccidio seguito fu poi saputo da persone che, per curiosità di sapere, s’inoltrarono verso quella parte e più in dettaglio si raccontò iersera, e questa mattina. I morti insorgenti sono stati almeno venti. Tra questi il figlio del Navarra che fu incontrato dalla truppa vicino al molino di Falerone, mentre con 50 insorgenti circa, andava in Falerone, e il capitano benedetto Gualtieri fu ucciso poi in casa al tempo del saccheggio, che fu dei più feroci, con altri vari dei quali non so il nome, e fra questi la persona che stava a suonare le campane a martello, la quale fu sbalzata dalla torre. Secondo le relazioni che giungono, oltre allo spoglio generale fatto in tutte le case di quanto vi era – e vi era molto in alcune specialmente, che non si persuadevano di tale visita – vi è stato il massacro di tutto il mobilio che non si poteva trasportare. I cristalli e i vetri delle finestre furono rotti, i parati lacerati, i comò, i tavolini, le sedie, fatti in pezzi. Insomma si fece un macello e di carne e di roba, come ognuno può figurarsi e come si sentirà più dettagliatamente in appresso.

La sera innanzi <27> di questo tragico fatto si erano fatti arrestare e condurre in quel quartiere generale (così denominato quel luogo dal proclama) il Valeriani e il Venantini di Santa Vittoria; altri di là erano fuggiti, come avevano fatto parimenti altri da Falerone, il cui popolo, come quello di Montegiorgio, era stato il primo ad accorrere per arruolarsi.

Il Brigadiere Navarra si salvò con la fuga, e così si salvarono altri uniti con lui, che presero la fuga chi per una parte e chi per un’altra. La truppa poi che si aspettava dalla parte di Ascoli la mattina del 27 non era giunta e non giunse, perché a Mont’Alto trovò delle resistenze. Il Majeschi che aveva tanto brigato è restato morto anche lui. Raccontano che alle ore 4 del 26 partisse dal quartiere

generale e se tornasse a Santa Vittoria, cosicché non fu presente alla zuffa, ma inteso poi quanto successo, dicono che tornasse là per comprare delle robe prese nel saccheggio e che da quattro contadini fosse ammazzato avendogli trovato addosso molti “pezzi duri”.

Non mancò poi neppure qui una scenetta e fu che alle (ore) 19 circa di ieri 28 si presentò il capitano Giuseppe Gentili con sette altre persone del seguito, entrati per la porta del forno, i quali direttamente andarono alla porta del convento di San Francesco, andando dicendo per la strada Napoletani! Napoletani!

Appena smontato di cavallo il capitano suddetto, invece di entrare in convento, fece sul momento arrestare Giovanni Vecchi che passava in quel punto, e poi per la stessa strada, se ne ritornarono indietro senza far altro. Giunti avanti alla casa di lui, si fece incontro la moglie che si mise con le lacrime a scongiurarli di lasciarle il marito; ma il capitano diceva di condurlo al quartiere generale (che non so dove fosse) e gli altri di farlo a pezzi fuori della porta come Giacobino e supposto reo di aver <informato> i francesi perché venissero contro Castel Clementino. Il fatto è che lo condussero fino a San Rocco, ma poi, sopraggiunto il padre e don Santi Luccarini, li cominciarono a pregare di nuovo del rilascio; e sul giuramento che prestò don Santi che non fosse Giacobino, e che non aveva mai avuto alcun carreggio lo dimisero e se ne andarono per i fatti loro.

Ecco la storia genuina dell’accaduto nelle nostre vicinanze, e qui preghiamo Dio che le cose finiscano così. Ma temo di peggio. Pacifico Cornacchia di Santa Vittoria, arrestato dai contadini, fu condannato a Mont’Alto. Andreozzi restò ferito in faccia. Marinelli scampò la morte fuggendo in certi fossi. Majeschi rimase ucciso. Tutti questi andavano uniti a Castel Clementinoper ottenere dal comandante francese che non facesse andare la truppa a Santa Vittoria, dove si credeva <fosse> diretta dopo il sacco di Castel dementino.

(Autore anonimo probabilmente faleronese di un manoscritto n. 946 presso la biblioteca comunale di Macerata qui riferito in trascrizione corretta per l’ortografia)

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Documento n. 10

IL COMANDANTE GENERALE DELLA MONTAGNA GIUSEPPE CELLINI AI POPOLI DELLO STATO PONTIFICIO – INDIRIZZO –

Ascoltate, o Popoli amici, la voce di chi ama il vostro bene. Non è più tempo giacere in una colpevole inerzia, e sostenere più lungamente una fatale indifferenza. Tutti i vostri Fratelli limitrofi all’Abruzzo Ultra e Citra colle anni in mano già sono in Campo. Essi sull’esempio dei valorosi Sanniti, e da loro scortati, han combattuto e son vincitori. Entro le mura de’ loro Paesi più non spira liberamente l’aria impura, né alcun Francese, né verun perfido Giacobino. Sì l’uno, che l’altro si trova fra’ ceppi, o pallido fugge, e ramingo. Quanto audace si mostra questa infida genìa nel vederci avviliti, tanto vile or si dimostra vedendo il nostro coraggio, l’unione e i progressi delle nostre armi. Queste già spiegano su una ben larga estensione la sua energia. E’ stato un punto, un punto solo investir Norcia, Cascia, Visso, Serravalle, Ponte della Trava, Camerino, Ascoli, Mandola, Comunanza, 5. Vittoria, Montalto, Monte di Novo, Affida ecc. ecc. occuparli, e sollevarli. E’ brava la gente, che muove all’impresa, esperti i Duci che la guidano.

Or siam giunti al felice momento, in cui tutta la fiorente un dì, ed ora languida, e desolata Marca è per prendere l’Armi su cui dietro al divin soccorso, è riposta la propria, e l’altrui salvezza. Correte, o Popoli amici, correte ad unirvi con Noi. Non dubitate, la vittoria è nostra. Non vi è più da temere. I Mari, che bagnano la bella Italia, appena reggono a sostenere gl’immensi Legni Inglesi, Moscoviti, Lusitani, Ottomani. Poche di essi si sono presentati in Ancona, e pochi colpi di Cannoni han fatto sentire a quella bloccata città; e nondimeno han destato in essa la più spaventevole costernazione.

L’invitte Falangi Austro-Russe sono arrivate a Bologna. A Soffia è giunto il real Principe di Napoli con il Figlio del Gran Signore conducente un Esercito sorpendentissimo. Da altra parte vola a prestarci aiuto l’immortale Cardianal Ruffo. Noi ci troviamo con numerosa Leva in Massa, al cui fianco vedesi la intrepidezza, il coraggio, la vittoria. Fiancheggiati, protetti, alleati, assistiti da tante Forze, ditemi, vi può essere da temere? Non vi fate ingannare da certi spiriti deboli, o maliziosi Allarmi, Allarmi.

A ciò vi obligano i doveri della propria coscienza, l’amor della Patria, la fedeltà giurata al Sovrano, la Professione di nostra Santa Religione, la quale, sussistendo, per altro breve tempora Cabala Filosofica, Ateistica, Massonica, va ad annientarsi nei nostri Paesi; vi obbliga il bene delle vostre Famiglie, la tenera vostra Figliolanza, che riclama il Cristiano costume, e la sana educazione; vi obbligano il pericolante onore delle vostre Mogli, il pudore compromesso delle vostre Figlie, i beni già invasi, i diritti violati, le proprie persone colle minacce, e colle armi tante volte investite. Se all’aspetto di santi motivi, e di sì potenti aiuti voi non vi scotete, voi siete colpevoli. Tremate. Il colpo desolatore poco

sta a piombarvi sulle Persone, e sulle Sostanze. Odiosi a Dio, al Sovrano, al Popolo fedele, che aspettar mai non vi dovete di avverso? Deh! riunitevi con noi, e non soffrite alcun disastro.

Giacobini, rovesciatori del Trono, sacrileghi invasori de’ Beni Ecclesiastici, Profanatori de’ Luoghi Sacri, Distruttori dell’Ordine sociale, Increduli, Miscredenti, Depravatori del buon Costume, Soldati della Cabala Ateistica voi impallidite, e ponete le ali ai piedi. Ma, che giova? L’arco feritore è rivolto contro di voi. Molti de’ vostri pari o son caduti, o son fra le ritorte. Lo so, voi fuggite: ma dove alla fine miseri andrete? Ovunque strascinate l’indegna esistenza, seguiravvi il rimorso tormentatore: ovunque troverete nemici; ovunque l’odio, l’esecrazione vi accompagnerà. Giacobini ricredetevi. Ancora siamo in tempo. Abbracciate anche voi la difesa della Causa comune, e sarete salvi. Ma se per altro breve spazio vi restarete ostinati nel partito Filosofico, guai a voi; siete perduti. Tremate.

In Camerino dal Quartiere Generale 5, Giugno 1799 G. Cellini Comand. Gener. In Capite.

In Camerino 1799. Per Vincenzo Gori.

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Documento n. 11

Difesa repubblicana: Ascoli 4 giugno 1799

LIBERTA’           EGUAGLIANZA      REPUBBLICA FRANCESE

Dal Quartiere Generale d’Ascoli li 16 Pratile Anno VII della

Repubblica Francese una, ed indivisibile.

MONNIER Generale di brigata Comandante in Ancona, e ne’ tre Dipartimenti riuniti in istato d’Assedio

La Città d’Ascoli, divenuta il soggiorno de’ Briganti Abruzzesi, ha posto il Dipartimento nel rischio di perdersi. Gli Abitanti di questa Città ribelle avevano già presa la Coccarda rossa, e trasformate in autorità Monarchiche le autorità tutte della Repubblica. Essi han dirette le orde de’ Briganti co’ quali eransi unite, e quest’uomini infami, vantando il nome di Dio, del Re, e de’ Preti, han commesso i più detestabili eccessi sulle persone, e se ne hanno usurpato tutte le mobili proprietà, ovunque si son presentati. Le prime lor vittime sono state le Comuni di Offida, di Castorano, di Colli, dì Pagliare, di Monte Prandone, e nelle Campagne che se estendono fino a Montalto.

Non potendo sì fatti eccessi non eccitare la generale indignazione, debbon essi risvegliare tutta l’energia delle autorità Civili, e precisamente dalle Guardie

Civiche, per opporsi vigorosamente alle intraprese, che tentar potessero nuovamente gli enunciati Briganti.

Le Truppe Repubblicane si misero in moto: I Briganti sono stati battuti a S. Benedetto, a Ripatransone, in Acquaviva. Hanno fatta la lor ritirata in Ascoli, e là si erano fortificati. La Città La presa d’assalto dopo due ore di combattimento. Questo giorno è stato spettatore delle nostre complete vittorie, e gli scellerati sono stati puniti. Tutti coloro, che non hanno imitato il lor Generale nella fuga, sano caduti sotto i colpi Repubblicani.

Le Truppe, ch’io lascio nel vostro Dipartimento, occupano delle posizioni vantaggiose. Sarà però stabilita, sotto la sorveglianza dell’Amministrazione Dipartimentale, un Cordone sul Tronto composto della Guardia Civica. Una colonna mobile si metterà subito in azione per portarsi su tutti i punti minacciati, ed occupati dai Briganti suddetti.

Ogni Brigante arrestato sarà fucilato sull’istante. Le Comuni, che non si opporranno al loro ingresso, incorreranno nelle pene già significate nel Proclama del giorno 14 (2 giugno).

Signato MONNIER

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Documento n. 12

Ladroneggi degli insorti, luglio 1799, Ascoli

GIUSEPPE COSTANTINI ALIAS SCIABOLONE COMANDANTE LE TRUPPE IN MASSA PER SUA MAESTÀ’

FERDINANDO IV E POTENZE ALLEATE

Io sono informato dei continui ladroneggi che tuttodì si commettono sì in mobili che in bestiami a svantaggio di pacifici contadini. Sono esacerbato oltremodo per tali misfatti e ne prenderò le misure le più forti. Sotto pretesto di nuocere ai giacobini, si commettono l’empietà le più esacrande. Nessun individuo ha il diritto di ciò fare, ancorché il sapete, ma compete al solo sovrano. E’ questo un procedere che si oppone alla Religione Cattolica ed alle leggi di qualunque Governo. Il fulmine del castigo sta per piombare sopra a quelli che invece di desistere da un tal procedere non restituiranno sull’istante ciò che ànno rubato contro ogni diritto di natura e contro la legge di Dio. Io parto sì per unirmi al prode Generale La-Hoz e battere i Francesi; ma guai a quelli che prenderanno a scherzo questa mia risoluzione. Sarò inesorabile anche co’ miei più stretti di sangue.

Ordino però che subito si rimettino i massari ne’ rispettivi paesi i quali formeranno un processo a quelli ritengono o hanno preso bestiami.

Tutti gli abitanti de’ paesi e contadini si uniranno ad arrestare questi

perturbatori del buon ordine. In caso disperato e di resistenza, li autorizzo a far fuoco a tal razza di gente tanto perniciosa alla società.

Questo ordine stampato che sarà, voglio sia affisso in ogni paese e pubblicato nelle Chiese dai rispettivi curati.

Dal Quartier Generale di Lisciano 16 luglio 1799.

LUIGI ANELLI Segretario.

 

Documento n. 13

REGGENZA a Macerata, 20 agosto 1799

L’IMPERIALE – REGIA – PONTIFICIA REGGENZA DELLA MARCA DI FERMO E DI ANCONA

EDITTO

Per supplire alle immense spese, che seco porta il mantenimento di una Truppa attualmente impiegata alla difesa di una causa tanto nobile, e gloriosa, necessita ricorrere sull’istante a dei temperamenti quanto pronti, altrettanto capaci a produrre tutto ciò, che faccia d’uopo al servizio della medesima. Avrebbe voluto l’imperiale-Reggia-Pontificia Reggenza dispensarsi dall’addossare alle Popolazioni qualunque più piccolo peso, ma I’ urgenza dell’affare, e la santità della causa, che si è impresa a trattare, e che siam prossimi a sentire finalmente decisa, esiggono nuovi sforzi da tutti. Quindi è, che dopo le più mature riflessioni, e li scandagli più esatti, quello essendosi creduto il temperamento meno sensibile di ricorrere all’imposizione di un Testarico, regolato però, e diviso nel caso presentaneo in quattro diversi gradi, si è trovata nella circostanza di determinare, come appresso.

Primo = Tutti gl’individui delle Famiglie Nobili, o ascritte in primo grado in qualunque Città, o Terra, comprese in questa Classe le Comunità Religiose, dovranno subito sborsare in mano dei rispettivi Esattori pubblici a quest’effetto deputati uno scudo per cadauna Testa, con l’obbligo di pagare per ciscun Uomo o Donna di servigio paoli tre moneta di rame.

Secondo = Tutti gl’individui delle Famiglie del secondo ceto, o grado, del primo , e secondo de’ Castelli, e de’ Mercanti saranno tenuti per lo stesso titolo pagare bajocchi 40 per cadauno, t ame sopra.

Terzo = Tutti gl’individui delle Famiglie di qualunque altro grado, o ceto saranno obbligati pagare bajocchi dieci per ciascuno come sopra.

Quarto = Tutti li Coloni dovranno pagare bajocchi cinque per ogni testa come sopra.

Macerata dalla Reggenza 20 Agosto 1799.

(Omissis)

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Documento n. 14

<RICORDO DEI NAPOLETANI A PEDASO>

– 25 agosto 1799

È giunto finalmente in questo nostro castello di Pedaso la Real Truppa dell’Invitto Re delle due Sicilie, comandata dal prode Generale Don Donato de Donatis tanto da noi aspettato, e desiderato, ad oggetto di condursi sotto la Piazza di Ancona, dentro la quale i malvagi Francesi e i loro cinque Partitari sonosi riuniti fuggendo. Mercé un tal forte e valoroso soccorso speriamo ora vicino l’esterminio di quella perfida gente, che resiste ancora alle forze delle Potenze alleate, e speriamo altresì di vedere sollecitamente restituita l’intera tranquillità a queste nostre contrade. Intanto, siccome abbiamo ammirato la moderatezza di detta Real Truppa, che, per li vari provvedimenti dati dal riferito signor Generale, non ha recato la menoma molestia e niun danneggiamento agli interessi ed alle persone di questo castello nostra patria, così ne produciamo un completissimo Avviso al pubblico, onde tutti si esultino di giubilo e di contentezza.

Pedaso, 25 agosto 1799.

Li residenti

NICOLA BERNARDINI, Vie. for. e Dep. eccl.

PROTASIO TEODORI, Govern. locale,

BENEDETTO ROSSI, Segretario.

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Documento 15

ARMISTIZIO PACATO, 13 novembre 1799

LIBERTA’             EGUAGLIANZA           REPUBLICA FRANCESE

Ancona Assediata li 23 Brumale Anno 8vo della Republica

Tra il Generai di Brigata. MONNIER’ Comandante in Capo la Divisione di Ancona autorizzato, dal Consiglio di Guerra tenuto a questo effetto di trattare la Resa di Ancona.

Ed il Sig. Barone di FRELTCH Luogotenente Generale di Sua Maestà Imperatore, e Re, Comandante in Capo le Truppe che assediano Ancona.

La. presente Capitolazione è stata discussa, risoluta, decretata irrevocabilmente nel modo che siegue.

 

ARTICOLO PRELIMINARE

Il Generale Comandante la Divisione d’Ancona, e le Truppe sotto i suoi ordini considerando, che la Capitolazione ¡1 « Fano segnata li 8 Termidoro scorso tra le Truppe Repubblicane Francesi, ed il Sig. Comand. le Truppe Russo-Turche è  stata. Violata nella sua esecuzione per lo stesso Comandante.

Considerando, che la morte sarebbe preferibile al disonore di trattare con delle Autorità che non conoscono il Diritto delle genti.

Vista la situazione, in cui si trova la divisione d’Ancona, e vista la quarta, ed ultima intimazione di resa fatta dal Sig. Barone BRELICH, Luogotenente Generale al servizio di Sua Maestà Imperatore, e Re, Comandante, in capo le: Truppe assedianti Ancona.

Dichiara, che egli non vuole entrare in Negoziazioni, che colle Truppe, ed il detto Luogotenente Generale al servizio di S. M. Imperatore, e Re.

 

CAPITOLAZIONE – ARTICOLO I.

Le Truppe della Guarnigione di Ancona, e Forti annessi al giorno, ed ora, che saranno convenuti, sortiranno dalla Piazza con tutti gli onori della Guerra, cioè: Con Tamburo battente, Bandiere spiegate, Miccio acceso, avendo alla testa due pezzi di Cannone di Campagna coi loro Cassoni, più uno d’Infanteria per rendersi in Francia per la via di terra la più comoda; Soldati, Ufficiali, Generali, ed ogni Militare si di terra, che di mare il Console della Republica Francese, gl’ Impiegati, e agenti Civili, e Militari porteranno seco le loro Armi, Effetti, e Proprietà personali di qualunque genere.

Saranno riguardate come Truppe della Divisione di Ancona, e saranno trattate sotto tutti i rapporti come Truppe della Republica Francese i Cisalpini, Romani, ed altri Italiani formati in Legioni, Battaglioni, o Compagnie, che portano le armi nella detta Divisione.

ARTICOLO II

La Divisione sarà accompagnata, e protetta nella sua marcia sino ai Posti awanzati dell’Armata Francese in Italia da un determinato corpo di Truppe Imperiali Comandate da un Uffiziale dello Stato Maggiore.

ARTICOLO III

La Divisione, che si porterà in Francia per la via che essa giudicherà la più comoda,, marcierà a spese di S.M. Imperatore, e Re:

Ogni Militare, o impiegato riceverà la Razione di ogni genere, e l’alloggio competente al suo grado secondo le Leggi, e Regolamenti Francesi. La marcia non sarà, forzata, ma regolata militarmente dietro quella dell’Infanteria Francese. Il Genera MONIER Comandante la Divisione farà di concerto coll’Uffiziale di Stato Maggiore Austriaco la determinazione dell’alloggio, o accampamento, se sarà giudicato convenevole, come, pure delle ore di partenza, e luoghi di dimora.

Risposta: Le Truppe della Guarnigione di Ancona, e dei Forti annessi sortiranno nel giorno, ed ora convenuta dalla Piazza con tutti gli onori di Guerra richiesti per rendersi in Francia come Prigionieri di Guerra, e non serviranno contro S.M. Imperiale, e contro i suoi Alleati che dopo un perfetto Cambio.

La Truppa deporrà le Armi nel luogo che sarà fissato da un Articolo Addizionale; i soldati e sotto Uffiziali conserveranno le loro muciglie, il Generale Comandante la Divisione, il Console della Repubblica Francese, i Generali, Uffiziali di terra, o di mare, gli Impiegati Civili e Militari conserveranno le loro Armi, Cavalli secondo i loro Gradi, ed i loro Effetti Personali.

Il Generale FRELICH volendo dare una prova di stima alle Truppe della Guarnigione per la Difesa coraggiosa, e contro ogni aspettativa, che esse hanno fatto, accorda ai Sotto Uffiziali il diritto di portare le loro Sciabole per rendersi al loro destino.

E per dare alla Divisione tutta, non meno che al General MONNIER, che la comanda un attestato della considerazione particolare, e della stima di nazione a Nazione contraenti, gli concede una Guardia di onore composta di quindici Uomini a Cavallo montati, armati equipaggiati, e di trenta Carabinieri Armati.

ARTICOLO IV

Sarà accordato a spese di S. M. Imperatore, e Re il numero de’ Carri attaccati, necessarj al trasporto degli Effetti personali degli Uffiziali, Impiegati, Consigli d’Amministrazione, e dei Depositi dei Corpi della Divisione: Il numero dei detti Carri sarà, convenuto d’appresso lo stato dei bisogni, che fornirà il Commissario di Guerra Francese

Il Generale Com. la Divisione, il Console della. Republica Francese, i Generali di Brigata Lucotte, Pino, Palombini, il Capo dello Stato Maggiore della Divisione, i Comandanti del Genio, e dell’Artiglieria, il Pagatore della Divisione, i Commiissarj di Guena, e della Marina Francese, l’Agente del Commissario Civile sono autorizzati di condurre ognuno il. loro Carro coperto pel trasporto delle loro Carte di Amministrazione, come di. Contabilità, ed i loro Effetti personali qualunque.

Risposta: Accordato ma a condizione che sarà Consegnato, da chi ne avrà il dritto, al Sig. Generale Barón di FRELICH l’attestato, che le Balle degli Uffiziali e Furgoni coperti non contenghino effetti di proprietà pubblica.

ARTICOLO V

I Bastimenti da Guerra della Repub. Francese, e Corsari coi loro Uffiziali, Impiegati in Amministrazione, ed Equipaggi si renderanno in uno dei Porti della Republica nello stato che si. ritrovano al momento della sottoscrizione della Capitolazione, muniti di Passaporto, e sotto la garanzia di S. M. Imperiale.

I viveri saranno forniti a spese della detta Potenza a ragione del viaggio.

Risposta:

INAMMISSIBILE ma se le Corsare la LUPE e la VENDETTA uscite dal Porto, e potendosi ripresentarsi di nuovo, rientreranno dopo la Capitolazione, li Marinari, che ne compongono l’Equipaggio, avranno la medesima sorte, che le Truppe esistenti attualmente nella Piazza.

ARTICOLO VI

I Malati dello Spedale della Divisione che potranno essere trasportati, lo saranno a spese di S. M. Imperatore, e Re coi viveri, e medicamenti e Casse di Chirurgia, ed Uffiziali di Sanità sufficienti pel viaggio d’Ancona in Francia.

Gli Ammalati, che senza pericolo, non potranno essere trasportati, resteranno in Ancona; essi saranno protetti come un Deposito Sacro, e trattati come gli Ammalati di S. M. Imperiale.

La Divisione li confida alla lealtà ed umanità della Nazione Austriaca.

II  General MONNIER gli determinerà il numero degli Uffiziali di Sanità, ed Infermieri indispensabili sotto la sorveglianza d’un Uffiziale Militare Francese, e di un Commissario di Guerra.

Subitochè il detto Uffiziale, Commissario richiederanno il trasporto dei Convalescenti o per mare, o per terra, secondochè sarà più convenevole al loro stato, gli verrà religiosamente accordato.

ARTICOLO VII

I Prigionieri fatti tanto durante il corso dell’Assedio d’Ancona che nelle Spedizioni precedenti, e che sono in Ancona, o sopra i Bastimenti Russo-Turchi o nella Divisione occupata dal Sig. Generale FRELIGFI, saranno resi da una parte, e dall’altra immediatamente dopo la sottoscrizione della presente Capitolazione e parteciperanno delle disposizioni contenute ne’ suoi Articoli.

Risposta:

ACCORDATO, per li Prigionieri Francesi solamente, che si troveranno ancora nella Divisione del Sig. Generale FRELIC

ARTICOLO VIII.

Tutti gli Individui di qualunque Nazione, o Religione essi siano abitanti nella Città d’Ancona , o che vi si trovino, e segnatamente gli Ebrei non potranno essere inquietati, molestati, né ricercati direttamente, o indirettamente essi, e le loro famiglie sul sospetto, e per la manifestazione delle loro opinioni civili, politiche, e religiose, come per li fatti che sono risultati, pendente il cangiamento del Governo nel Territorio Romano.

Questa disposizione risguarda quei fra loro, che hanno preso le armi, o esercitato degli impieghi Civili, o Amministrativi durante quest’epoca, e che verrebbero molestati per le loro ingerenze.

Risposta:

Il Governo Austriaco farà rispettare il diritto delle Genti verso li Cittadini senza distinzione di opinioni, o Religioni, purché si sottomettino alle leggi.

ARTICOLO IX.

La Commissione Amministrativa d’Ancona, i Membri anteriori delI’Amministrazioni Centrali dei Dipartimenti del Tronto, Musone, e Metauro, dei loro Tribunali, e Municipalità, gl’impiegati in tutti questi corpi Politici, ed i Patriotti della Republica Romana, come pure li Cittadini., e Sudditi delle Potenze alleate della Republica Francese, che vorranno seguire la Divisione d’Ancona, Essi, le loro Famiglie, ed effetti avranno la liberà più intera, né potranno essere ritardati, né impediti sotto qualunque pretesto.

Risposta.

L’Autorità Militare proteggerà l’esecuzione del presente Articolo, uniformandosi alla risposta fatta nel precedente Articolo.

ARTICOLO X.

Le Vendite, e Cessioni dei Beni, fondi situati in Ancona, e suo Territorio, come anche nei Dipartimenti Musone, Tronto, e Metauro sì autorizzate dal Consolato Romano, che dalla Repubblica Francese saranno mantenute inviolabili

Risposta:

Il Sig. Generale FRELICH non puoi decidere, e lascia l’assoluzione di questo articolo ai Gabinetti.

ARTICOLO XI

Li Cittadini Francesi, e loro alleati potranno alienare, o fare trasportare come a loro più piacerà per terra o per mare a loro spese gli effetti, e mercanzie da loro acquistate sino a quest’oggi.

Risposta:

Accordato; se gli Effetti, e Mercanzie non provengono dai Bastimenti, e Carichi presi dai Corsari sopra i Sudditi di S.M. Imperiale, e che non sarebbero stati giudicati di buona preda.

ARTICOLO XII

Sarà permesso alle persone comprese negli Articoli 8. 9.10. 11. di disporre delle loro Proprietà fondarie, e mobiliarie di venderle, o alienare, o percepirne l’entrate, come a loro piacerà: potranno egualmente in caso di vendita, o alienazione trasportarne esse medesime l’amontante, o inviarlo a loro piacimento nei luoghi, ch’essi desidereranno in Oro, Argento, Viglietti a ordine, o Cambiali.

Le suddette Persone potranno in conseguenza nell’intervallo dei sei mesi a contare dal giorno della sottoscrizione della Capitolazione continuare esse medesime la vendita dei loro Beni, e l’esigenza dei loro Crediti con tutta quiete, se esse non amano meglio abbandonare il Paese colla Divisione d’Ancona, e lasciare i Procuratori generali, e speciali, i quali godranno della protezione, di cui avrebbero goduto restando in Ancona.

Risposta:

ACCORDATO, se i Beni, di cui si tratta non erano di pertinenza dell’Antico Governo, delle Comunità Religiose soppresse; o dei Particolari Emigrati.

ARTICOLO XIII.

I Consoli di Spagna, e di Genova avranno la facoltà di restare in Ancona per lo spazio di sei mesi per terminarci i loro interessi con tutta garanzia delle loro Persone, Famiglie, Proprietà, e Carte Personali, o risguardanti le loro Amministrazioni, se meglio non amano ritirarsi colla Divisione d’Ancona, ed in tal caso saranno trattati come il Console della Rep. Francese.

Risposta:

I detti Consoli saranno rispettati, e protetti.

ARTICOLO XIV.

Se vi fosse qualche Articolo nella presente Capitolazione soggetto o qualche oscurità sarà interpretato secondo I’equità a favore della Divisione d’Ancona.

ARTICOLI ADDIZIONALI.

  1. La Cassa del Pagatore della Divisione, i Viveri, ed effetti dei magazzeni della Rep. Francese saranno rimessi appresso ricevuta nelle mani dell’Assediarne, segnata che sarà la Capitolazione.
  2. L’artiglieria dei Forti, del Porto, della Piazza, ed oggetti annessi, le Piante, e Carte relative alle Fortificazioni, ed all’interesse militare del Paese, saranno rimesse ai Commissarj , che saranno destinati per riceverli, dopo averne fatto Inventario, e rilasciata Ricevuta.
  3. Li disertori dell’una, e l’altra parte saranno restituiti.

Risposta:

CONVENUTO per li Disertori Austriaci solamente

  1. Per la garanzia, ed esecuzione di tutti gli Articoli della Capitolazione saranno dati degli ostaggi, ed il Sig. Barone di FRELIC Tenente Generale Commandante le Truppe Assedianti Ancona si rende responsabile della sicurezza della

Divisione dal momento dell’occupazione dei Posti sino al suo destino, come anche dei danni che potrebbero esser fatti a quelli, che la compongono.

  1. Segnati che saranno gli Articoli della Capitolazione, i Picchetti delle Truppe di S. M. Imperatore, e Re occuperanno le Porte di Francia, e Farina in numero eguale, e congiuntamente ai Francesi.
  2. Ventiquattro ore dopo la sottoscrizione dei ridetti Articoli le Truppe della Divisione d’Ancona evacueranno i Forti, e la Piazza in una sola Colonna con tutti gli onori della Guerra ottenuti nell’Articolo primo: si renderanno il medesimo giorno a Sinigaglia con le loro armi, che deporranno, eccettuati li Militari, ed Impiegati, che devono conservarle.

Risposta:

Convenuto, ma la Truppa Prigioniera deporrà le sue Armi a Fiumesino.

Fatto, convenuto, e decretato in Ancona li 23. Brumale an. 8, della Republica Francese una ed indivisibile.

Il Generale di Brigata Comandante la Divisione d’Ancona MONNIER

Sottoscritto Piè della Croce 13 Novembre 1799.

FRELIH Tenente Generale

DOCUMENTI RELATIVI ALLE INSORGENZE NEL PICENO NELL’ANNO 1799

a cura di Carlo Tomassini

Documento n. 1

Lettere di Pio VI e Giuseppe II d’Asburgo – 3 e 19 agosto 1782

= PIO VI. Prevalendoci di quella amichevole libertà che piacque alla M.V. gentilmente esibirci, cioè che quando avessimo inteso che fosse per farsi da V.M. alcuna mossa, che avessimo creduta discorde dalle buone regole e pregiudizievole alla Religione, ne avessimo scritto confidenzialmente in dirittura alla M.V. Quindi è che essendoci pervenuto all’orecchio che V.M. vada pensando di togliere tutti i fondi alle Chiese ed agli ecclesiastici della sua monarchia, e ridurli semplici pensionarj, non possiamo dispensarci di pone in vista che se si effettuasse un tal pensiero, ridonderebbe alla Chiesa una lacrimevole lesione ed ai buoni uno scandalo irreparabile. Non è di nostra ispezione entrare nel politico e nell’economico de’ suoi Stati – benché in questa parte non cediamo a qualche Affezionato suo per ogni di lei giusto vantaggio — tuttavia non dobbiamo prescindere dai riflessi di deperizione delle rendite ecclesiastiche che coll’amministrazione da farsi dai secolari dei fondi non propri, dell’infrazione dei patti stabiliti fra’ suoi antecessori e diverse province, della ferita apportata alla Costituzione degli Stati, della violazione delle disposizioni dei pii fondatori, delle conseguenti pretensioni, che susciterebbero i loro eredi di rivendicare gli stessi beni: tutto ciò lo lasceremo da parte, come oggetti alieni dal nostro ministero, e che non sfuggiranno dalla penetrazione di V.M. Parleremo soltanto di ciò che non possiamo omettere per debito di coscienza, e le diciamo che il privare le chiese e gli ecclesiastici del possesso dei loro fondi temporali è in dottrina cattolica un errore manifesto, condannato dai Concili, esecrato da’ santi Padri e qualificato dai più rispettabili scrittori per dottrina velenosa, per dogma scellerato. Ed infatti per sostenere una tal massima a pro del sovrano, convien ricorrere ai falsi insegnamenti dei Valdesi, dei Vecleisti e degli Ussiti e di quanti altri pur sono andati d’accordo con loro, e specialmente dei liberali infetti del tempo. Non dobbiamo qui annoiare con una tessitura di citazioni nelle quali si legge che quelli che mettono mano ai beni della Chiesa per loro profitto, Rei sunt damnationis Ananie et Saphire et oportet eiusmodi tradere satane ut spiritus salvus sit in die Domini. Solo ci ristringeremo a riscrivere quanto nel XII secolo avvertì Giovanni patriarca d’Antiochia, che quantunque scismatico, non poté soffrire l’abuso del Principe che voleva, come utile, disporre a favore de’ suoi Stati dei fondi delle Chiese, così scrivendo: “Essendo tu uomo corruttibile, mortale e di corta vita, osi di dare ad un altro uomo quello che non hai? E se dici di donare quello che hai, e pensi che siano tue le cose di Dio, fai Iddio te stesso. Qual uomo dotato di senno chiamerà ciò provvidenza ed utilità e non piuttosto trasgressione, disubbidienza estrema e perniciosissima iniquità? Come può essere e dirsi cristiano chi profana le cose, siano qualsivogliano, (de)dicate e consacrate al nostro Iddio e celeste re Cristo?” Sappiamo che i contraddittori, male interpretando ed abusando di alcuni testi delle sacre Lettere, credono di ben stabilire in questa parte i loro errori, ma noi senza venire ad un esame di tali maligne applicazioni, domandiamo a V.M. se in dicendo gli stessi autori, che in forza di altri testi delle sacre Scritture non si può ammettere nel mondo sovranità, crederebbe la M. V. che tali testi scritturali fossero chiari e convincenti per l’assunto onde doversi spogliare della sua sovranità per salvar l’anima? Noi crediamo anzi chi penserebbe il contrario, ed in così pensando, penserebbe come pensiamo anche noi. E lo stesso dee dirsi dell’altro, in cui li nemici seguenti della Chiesa, gli eretici, li cattolici di apparenza, i falsi maestri, e gli adulatori dei Principi, attribuiscono ai medesimi in base dei passi della Scrittura, il diritto di togliere alla Chiesa e ai suoi ministri la proprietà ed il possesso de’ loro beni. Dovrebbero pur sapere costoro che i Leviti d’Israello possedevano vaste campagne ed intere città e che come fondi santificati erano inalienabili ed in pertinenza del Sacerdozio. E perché dunque non conciliare il libro del Levitico, dei Numeri, dei Re con le altre espressioni che a chi non sa sembrano fra di loro contraddittorie e far lo stesso con i testi del Vangelo e con gli Atti degli Apostoli, come hanno fatto i santi Padri per tacciare, con manifeste eresie, di contraddizioni i sacri Libri dettati dalla stessa divina Sapienza? Facciamo uso di questi riflessi non perché possiamo mai persuaderci che V. M. abbia cuore di non rendere di peggiore condizione le Chiese, di qu(anto) sono le famiglie particolari, e di seguitare l’esempio di soli Principi Protestanti e segregati dalla nostra Comunione, ma affinché la M.V. senta in poche righe ciò che gli dee aver detto alcuno degli odierni pensatori. Non dissimuliamo che purtroppo alcuni fra i molti ecclesiastici faranno di tali beni un uso mai retto: ma che da ciò? Forse questa sarà ragione per farne uno spoglio ed una appropriazione chiamata sacrilega e farla generale a danno della Chiesa, dei successori e di quelli che l’impiegano secondo i dettami delle sacre Ordinazioni? Nei colloqui avuti con V. M. non entrammo in questa materia, che a termini di particolare temporaneo sequestro, e non ci siamo dimenticati di aver dette delle ragioni per le quali ci parve la M.V. persuasa a doversene astenere. Ma se ci avesse proposto il dubbio di una illimitata privazione per passare i beni delle Chiese all’amministrazione de’ secolari, le avre(mm)o aggiunto ragioni molto più rinforzate con le quali l’avre(mm)o convinta deporne il pensiero.

Quello che la mancanza di apertura non ci diede adito allora di fare colla viva voce, l’abbiamo fatto in ristretto colla presente, la quale, se non avesse eguale efficacia, farebbe conoscere a tutto il mondo cattolico che V.M. non ha fatto alcun conto dei nostri suggerimenti o che presto se n’è dimenticata: giacché in questa sola novità si conviene il rovesciamento di quelle massime cattoliche che ci permise di rilevare. Preghiamo di cuore il Signore che faccia sempre risplendere nell’effettivo Governo della M.V. quelle proteste del suo attaccamento alla purità della Religione in modo che mai restino deluse da fatti contrari. Fin qui ci siamo prevalsi di altra mano più corrente e più facile a leggersi della nostra, per affatigar e tanto di meno la vista di V.M. Con questa rispettosa dichiarazione passiamo ad abbracciarla con pienezza di affetto e col darle la Patema Apostolica Benedizione: Datum Romae apud s. Mariam Maiorem die 3 augusti 1782, pontificatus nostri anno VII. Pius pp. VI.

 

<RISPOSTA DELL’IMPERATORE>

= GIUSEPPE: Ho l’onore di rispondere a posta corrente alla lettera che là S.V. viene di scrivermi sul supposto che io voglia togliere tutti i fondi alle Chiese ed agli ecclesiastici e ridurli tutti ad essere semplici pensionarj. Le relazioni delle persone che mi procurarono già l’alto onore di vedere la S.V. alla mia residenza mi hanno anche senza dubbio procurata questa nuova testimonianza in scritto della sua amicizia e del suo zelo apostolico. Non posso dir altro, senza stendermi in lunghezze, se non che il supposto pervenuto alle sue orecchie, come la S.V. si esprime, è falso e senza andar cercando i testi tanto della Scrittura, che dei santi Padri, però sempre soggetti ad interpretazioni e spiegazioni, tengo una voce in me, che mi dice quello come Legislatore e Protettore della Religione mi convien di fare e di tralasciare. E questa voce coll’aiuto della divina grazia e col carattere onesto ed equo che mi sento, non può mai indurmi in errore. Se la S. V. vuole restar persuasa di questa verità, come lo spero, la prego anche di credermi con più filiale attaccamento e rispetto: 19 agosto 1782 Giuseppe.

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Documento n. 2

Sulla cessazione dello Stato Pontificio: P. Vincenzo Maria Strambi, anno 1798

(…) Se poi si domandasse sia espediente e vantaggioso che la Chiesa abbia dominio e Principato, vi si può rispondere che la cosa è assai dubbia e controversa anche presso le persone più savie e meglio affezionate alla stessa Chiesa. Imperocché se per una parte l’aver dominio è stato proprio perché dia alla Chiesa e ai suoi Ministri una maggior libertà nel promulgare la volontà dell’Altissimo e facilità maggiore nello stabilirne i mezzi per bene eseguirli. Per l’altra parte l’essere la Chiesa e i suoi Ministri privi di ricchezza e di dominio, pare che li mantenga più raccolti nel servizio di Dio, più distaccati dalle cose terrene, più umili in tutta la loro condotta, più affabili e più solleciti del bene del Prossimo, e cosi più amabili a Dio ed agli uomini.

Il certo si è che siccome l’uomo veramente savio si accomoda a tutte le disposizioni della provvidenza, e di quelle si prevale per adempire i disegni dell’Altissimo in bonum. Così quando una certa necessità, come la chiama S. Bernardo De Consideratione lib. 4, c. 3, faceva che si ritenesse dominio, e Principato, gli Ecclesiastici santi colla loro virtù tutto facevano servire all’accrescimento della gloria di Dio. Così mentre, non senza sovrana disposizione di Dio, la Chiesa resta priva di dominio, Dominus abstulit; gli Ecclesiastici che hanno veramente lo spirito del Signore e della sua Chiesa, non trascureranno di raccogliere da questa privazione tutti i preziosi vantaggi, che se ne possono ricavare.

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Documento n. 3

Omelia del Vescovo di Imola (futuro Pio VII), anno 1798

<Ecco le linee direttive dell’Omelia del Cardinale Chiaramonti: Libertà, fraternità, democrazia>.

«La libertà cara a Dio e agli uomini è una facoltà che fu donata all’uomo, è un dominio di poter fare e non fare, ma sempre sotto la legge divina ed umana. Non esercita ragionevolmente la sua libertà chi si oppone alla legge baldanzoso e ribelle;1 non esercita ragionevolmente la sua libertà chi contraddice a Dio e alla temporale sovranità, chi vuol seguire il piacere e lasciare l’onestà, chi s’attiene al vizio ed abbandona la virtù… La forma di governo democratico, adottata fra di noi, o dilettissimi fratelli, no, non è in opposizione colle massime fin qui esposte, né ripugna al Vangelo: esige anzi tutte quelle sublimi virtù che non s’imparano che colla scuola di Gesù Cristo, e le quali, se saranno da voi religiosamente praticate, formeranno la vostra felicità, la gloria e lo splendore della vostra repubblica » (…)

« Decidete quanto conferiscano i precetti del Vangelo, le tradizioni degli Apostoli e dei grandi filosofi Padri e Dottori cristiani a conservare la pace, a far risplendere la vera grandezza dello stato democratico, a fare di tanti uomini, dirò così, tanti eroi di umiltà, di prudenza nel governare, di carità nel fraternizzare fra loro stessi e con Gesù Cristo… Il luminoso oggetto della nostra democrazia dev’essere di stabilire la massima possibile unione di sentimenti, di cuori, di forze fisiche e. morali, onde ne derivi una soave fratellanza nella società (…) nella democrazia studiatevi di essere della massima possibile virtù e sarete i veri democratici: studiate ed eseguite il Vangelo e sarete la gioia della repubblica…

La religione cattolica sia l’oggetto più prezioso del vostro cuore, della vostra divozione e di ogni altro vostro sentimento. Non crediate che ella si opponga alla forma di governo democratico. In questo stato, vivendo uniti al vostro Divin Salvatore, potete concepire una giusta fiducia dell’eterna salute, potete operare la felicità temporale di voi stessi e dei vostri simili e procurare la gloria della repubblica e delle autorità costituite. Sì, miei cari fratelli, siate buoni cristiani e sarete ottimi democratici ».

 

Documento n. 4

Giuramento del Vescovo di Fano – 26 febbraio 1798

Voi ora siete Sovrano, o mio Popolo, e Dio, il grande Iddio vi ha dato questa sovranità. Io sono, o Popolo, il vostro Vescovo. E fu Dio che mi chiamò e per mezzo del suo Vicario mi ha assunto a carico così tremendo.

I regolatori voi siete di quelle vie che conducono l’uomo ad essere felice in terra, ed io sono il regolatore di quelle vie che conducono l’uomo ad essere felice in Cielo.

Io adoro nelle vostre mani le democratiche leggi, ma voi adorate ancor nelle mie, le leggi dell’Evangelo.

Oh sante leggi dell’Evangelo, qua, a me, oggi, che vi consegni al mio Popolo, onde egli che è Sovrano sia mai sempre democratico senza colpa, democratico con virtù. Oh, leggi democratiche, qua, a me, pure in quest’oggi. Voi avete, o Popolo, alle leggi dell’Evangelo quell’ossequio che è ben dovuto alle leggi dell’Evangelo di Gesù Cristo: morir piuttosto che violar questa legge.

Io debbo alle vostre leggi, ubbidienza e rispetto, e tal rispetto e ubbidienza che ognuno impari a rispettarle e ubbidire.

Ohimè! Se ardito io fossi di violarle, sarei colpevole di più delitti, sarei meritevole di molte pene. Ma o quali atroci pene voi pure avreste non solo in terra, ma anche all’inferno, se violate un sol precetto dell’Evangelo, se vi scostaste dagli esempi del Crocifisso:

Io no, che esser non voglio reo di in ubbidienza alle vostre leggi, ma voi nemmeno esser lo dovete a quelle che già vi imposi a nome del vostro Dio.

Deh, rammentate, o Popolo, in vostro cuore, rammentate quei giuramenti che faceste là nel Battistero, ché io, anch’io con giuramento m’obbligo al mio dovere.

GIURO, ecco, o Dio le mie parole, ecco la mia promessa, giuro fedeltà al democratico attual governo, giuro obbedienza alle sue leggi, ma ad un tempo a voi giuro fedeltà e ubbidienza, o mio Dio, fedeltà ed ubbidienza adorabili Comandamenti e alla vostra Chiesa

Oh, sacerdoti, o ministri del Divin Culto, giuro anche per voi, e Dio riceva in religioso olocausto i nostri inviolabili giuramenti.

Sebbene, ah, perché, o mio popolo, anzi miei figli, mia corona e mio gaudio, perché non posso giurare anche per voi. Voi sì che potete adesso formarvi i vostri rappresentanti, le vostre leggi, ma poi, formati gli uni, formate le altre, dovete anche voi rispettare entrambe, e ubbidire con fedeltà. E’ Dio che così vuole, quel sapientissimo Dio, che arbitro e regolatore delle sorti del mondo, le dispone e modera a suo talento.

Voi qui vedete tra i vostri concittadini, quegli che rappresentano la vostra sovranità.

Essi rispetteranno sempre la Religione, terranno da voi lontani i fulmini di Gesù Cristo, onoreranno l’infallibile successore di Pietro e la sua fede, saranno scudo e difesa al cattolico Culto, al sacro tempio, ai suoi ministri, ma tutti insieme custodi ed esecutori delle vostre leggi, ne esigeranno veglianti e solleciti l’adempimento.

Fra questa loro rappresentanza, non è ella tale che al dir di Paolo, vi obbliga ad adorare in esso gli altri decreti, e le disposizioni del vostro Dio, con spirito d’ubbidienza? Eh, sì pur dunque ubbidienza, anche per voi o mio popolo, fedeltà e ubbidienza all’attuai vostro Governo e agli attuai vostri rappresentanti. Ma avvertite questo spirito di fedeltà, questo spirito d’ubbidienza ove più vigoroso lo trovate, se non tra gli augusti veli di Religione?

Adempiansi queste leggi che io vostro Pastore vi addito nell’Evangelo e sarete Sovrani ad un tempo e sudditi integerrimi e virtuosi.

Oh, beato quel Popolo ove nelle massime e nei costumi, trionfa il Vangelo, perché trionfano insieme con lui, la pace il buon ordine, la giustizia!

Beato quel popolo ov’è la Repubblica protetta dal Crocifisso, e il Crocifisso difeso dalla Repubblica, mentre con sì mirabile unione, resta assicurato il doppio bene all’uomo in ordine alla terra e al Cielo.

Cari miei figli, mentre io su questo Altare, consapevole dei miei voti e delle antiche mie lagrime, Altare che mi mostra le sacre ceneri del mio Vescovo Fortunato, Altare che mi ricorda i favori e i voti dell’Ammirabile Madre Maria, mentre io deposito i miei già formulati giuramenti, voi venerateli con Religione. Son giuramenti del vostro Vescovo. Ma ad un tempo accoppiate ad essi le vostre risoluzioni, fervide risoluzioni d’osservare la santa legge di Dio, d’amarvi in Dio, d’essere cittadini nelle vostre intraprese, diretti sempre alle intenzioni di Dio

Oh, Dio, piovete amoroso Sole dal Cielo, che infiammi di carità, illumini le nostre menti, ecciti in cuore, generosi affetti di religione e di Fede.

Rendete santo il Pastore, rendete sante la Greggi onde tutti possiamo un giorno cantarvene, nell’eterna Gerusalemme, inno più giulivo e festoso, del festoso inno giulivo, che ora sciogliamo qui ai piedi del vostro Altare.

Nota: questo foglio, probabilmente portato da don Valeriano Orazi segretario del vescovo di Fano e canonico a Santa Vittoria, ov’è rilegato nel registro n° VI “Iura”, carte 359-360.

 

Documento n. 5

Proclama di Fernando re di Napoli – 14 novembre 1798 (ortografico)

= FERDINANDO IV per la grazia di Dio re delle Sicilie e di Gerusalemme, infante di Spagna, duca di Parma, Piacenza, gran Principe ereditario delle Toscane etc.

Quantunque fin dal principio delle rivoluzioni politiche, che da qualche tempo hanno turbato la tranquillità in varie parti del mondo, avessimo noi procurato di provvedere alla costante sicurezza dei nostri reali Stati e Domini col tenerle lontane le perniciose massime e i seduttori, riordinare ed accrescere le nostre forze armate, stringere con più forti nodi le alleanze con le potenze amiche, stipulare trattato di Pace con la Repubblica Francese, ed esaudire ogni altro mezzo di operazioni pacifiche: pure nondimeno ci siamo trovati nella dura circostanza di vedere in pericolo la quiete ed indennità dei nostri Stati per motivo dell’inaspettata mutazione di Governo del limitrofo Stato Romano, accompagnata dalla sovversione di ogni sano stabilimento, dal danno della santa religione cattolica e da civili discordie e luttuose scene di massacri e depredazioni. Questi avvenimenti, l’imprevista occupazione dell’Isola di Malta di nostra regia pertinenza e le continue minacce di prossima invasione nei nostri Domini, confermate da apparecchi guerrieri e da movimenti di truppe alla volta di questo Regno di Napoli, ci hanno indotto a prendere altri più efficaci provvedimenti, onde allontanare dai nostri Domini qualunque danno e pericolo. Abbiamo pertanto determinato di fare avanzare il nostro reale esercito dentro lo Stato Romano fin dove l’urgenza lo richiederà, con la ferma volontà di ravvivarvi la cattolica religione, farvi cessare l’anarchia, le stragi e le depredazioni, ricondurvi la Pace, e porlo sotto il regolare Governo del suo legittimo Sovrano. Dichiariamo ai nostri amatissimi sudditi, agli abitanti dello Stato Romano, ed agli altri popoli dell’intera Italia che (lungi dal muovere guerra contro alcuna Potenza) il solo desiderio di provvedere alla loro sicurezza e di rendere il dovuto onore alla religione ci ha mosso a questa intrapresa nella quale Noi col soccorso del sommo Dio, secondati dai validi aiuti dei nostri grandi alleati e dall’opera delle Nazioni Italiane, speriamo avere felicissimi eventi. Noi stessi alla testa dei prodi soldati del nostro invitto esercito, dirigeremo le loro operazioni militari e ci impegneremo di fare uso delle loro forze nei soli casi di resistenza e di aggressione, mentre in ogni altro rivolgeremo le nostre cure soltanto agli indicati sacri oggetti della Religione e del riordinamento del Governo dello Stato Romano. Con tale prevenzione adunque esortiamo gli abitanti tutti del detto Stato Romano di deporre le armi nel momento dell’ingresso del nostro esercito nel loro territorio; di conformare a quelle disposizioni che saremo per dare in favore di essi e della salvezza comune, di facilitare con i possibili mezzi e aiuti la nostra giustissima intrapresa, e di essere sicuri che Noi, facendo uso della nostra naturale giustizia e clemenza, non solo proteggeremo e ricompenseremo i buoni e virtuosi, ma ancora raccoglieremo con paterno affetto i traviati che, pentiti dei propri errori, volontariamente ritorneranno nel diritto sentiero e si sottoporranno al nostro comando.

Inculchiamo pertanto a tutti di abbandonare ogni idea di vendetta per il danno che per la passata rivoluzione gli uni avessero agli altri arrecati e di astenersi da qualunque sorta di eccesso di rappresaglia, sotto pena della nostra reale indignazione, di essere trattati i contravventori come nemici della pubblica sicurezza.

Esortiamo parimenti i Generali e Comandanti di qualunque esercito estero di far subito ritirare tutte le loro truppe fuori dal territorio romano, senza prendere ulteriormente parte nelle avventure di quello Stato la cui sorte per ragione di vicinanza e per altri legittimi motivi interessa principalmente la nostra Regia Podestà. Infine manifestiamo che dal punto in cui il nostro esercito sarà entrato nel territorio Romano, vi sarà libera comunicazione tra le sue popolazioni e quelle del Regno, del quale per provvedere alla sussistenza delle Reali truppe ed al bisogno degli abitanti dello Stato Romano, faremo nel medesimo trasportare i generi necessari di viveri ed altre occorrenze.

Dal Quartiere Generale di S. Germano 14 novembre dell’anno 1798. Ferdinando

  1. Acton

(Nel registro VI “Iura” dell’archivio capitolare Santa Vittoria in Matenano, cc.362s. Nota: la guerra del re di Napoli contro la Repubblica Romana, risulta dichiarata il 23 novembre 1798 nel “Distinto ragguaglio della totale disfatta riportata sul formidabile esercito napoletano dalle invitte falangi della Grande Nazione” stampa dell’epoca.)

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Documento n. 6

Ascoli 5 febbraio 1799: sottomissione pacifica

= LIBERTA’   REPUBBLICA ROMANA   EGUAGLIANZA

LA MUNICIPALITÀ’ D’ASCOLI

Alle Popolazioni vicine, Perdono, e Pace per le Communi Armate del Tronto. Dopo varie trattative in iscritto, e a voce colla mediazione nostra, e per mezzo de’ virtuosi Ecclesiastici, Secolari, e Regolati, spediti in tutte le Comuni, il General Francese dimostrando la sua brama di fare cessare i disordini, e risparmiare le conseguenze funeste di una spedizione di Truppe sulle nostre Campagne, trovò il Comandante, e Capitani delle Popolazioni armate, nelle medesime disposizioni di procurare il maggior bene; Quindi in risposta ad un foglio dei prelodati Capitani de’ 4 Febraro furono sottoscritti i seguenti Articoli fissati dal prode, ed umanissimo Generale.

Ascoli 5 Febbraro 1799 V.S. 17 Piovoso, Anno 7. della Repubblica Francese.

Il Generale Francese vede con piacere, che i Montagnoli Insorgenti vogliono acconsentire alla Pace.

Le Truppe Francesi non possono farne, che di onorevole, e di giusto: in conseguenza il Generale Francese animato dal desiderio della Pace, non può donarla, che alla Condizione di già descritta cioè:

  1. Perdono generale per tutte le Communi.
  2. Tutte le Communi daranno un Ostaggio della loro sincerità alla Pace.
  3. Questi Ostaggi saranno sotto la risponsabilità di un’abitante di Ascoli.
  4. Niuno sarà ricercato nella sua passata condotta.
  5. Non sarà levata alcuna requisizione alle circostanze insorte.
  6. Nel Caso, in cui non possa trovarsi un Ostaggio ne’ Villaggi, il Generale Francese accetterà un Abitante, o Prete di Ascoli, che rappresenterà questo Villaggio. (…) Firme di 22 Comandanti (omesse)

 

ARTICOLO ADDIZIONALE

Se non si sono posti gli Articoli relativi al servizio della Religione, alle Campane, e alle Prediche, è perché questi Articoli non possono incontrare alcuna difficoltà poiché già sono accordati dal Capo medesimo delle Truppe, il quale da vari giorni ha dato l’ordine di far suonare le Campane, ed hà protette tutte le Chiese, e promesso il libero esercizio del culto; poiché in fine la facoltà la più intiera sopra questo punto è già accordata da un Proclama del Generai Dahesmer. Per scanzo di ogni equivoco, il Generale Francese conferma le disposizioni a questo riguardo.   Ascoli 17. Piovoso Anno 7. DARGOUBET

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Documento n. 7

PROCLAMA 26 maggio 1799 a Servigliano per l’insorgenza

Per FERDINANDO IV Re delle Due Sicilie e di Gerusalemme, ecc.

Il conte CLEMENTE NAVARRA

Brigadiere delle Truppe arrolate in massa, Napol. e Pontificie

«Ergete la fronte, Popoli generosi del Piceno. Eccovi il felice momento di ravvivare la nostra Santa Religione, di rimostrare il nostro attaccamento al Sovrano e di sottrarci da questa anarchia che sì barbaramente ci opprime. Correte tutti alle armi, e ricordatevi di quel ch’è scritto nelle Sagre Carte nel libro di Judith, cap. 15, v. 6: Omnis itaque regio omnisque Urbs electam Juventutem armatam misit post eos, et persecuti sunt eos in ore gladii quousque pervenirent ad extremitatem finium eorum.

Io vi chiamo a difendere la causa comune, fidate in Dio, nei grandi alleati, nel coraggio avito… Si agirà col massimo rigore delle leggi, perché ritorni il buon ordine, facendo noto a tutti con questo Editto, che in ciascun paese siano reintegrate le Magistrature, alle quali inculco di proibire affatto, che truppe di gente armata dal capriccio, col pretesto della buona causa, vadino scorrendo per le campagne e paesi, arrestando delle persone, e farsi lecito di saccheggiare, fucilare, ed incendiare. Chiunque ardirà ciò tentare sarà considerato come nemico dello Stato, e punito come tale. Ogni truppa armata dovrà dall’invitto mio generale de Donatis, o da me dipendere, né si riconosceranno altre truppe, che quelle da Noi disposte, ma gli abitanti tutti siano preparati a prendere le armi al suono delle campane a martello; ed accorrere al bisogno, se mai truppa nemica ardisse attaccarci, avvertendo, che quel paese, che tardasse ad accorrere, sarà dichiarato ribelle, e come nemico della patria militarmente castigato. Epperò voi tutti del clero, e specialmente voi, Pastori delle Anime, concorrete ad una impresa così gloriosa, e destate con vivezza le scintille della Pietà, e del languente costume, e fate risorgere fra le vostre contrade la purità della infallibile Nostra Religione, e tentare ogni mezzo coll’esempio, e colla voce, perché ritorni in noi quella pace, che finora ci è stata sì barbaramente rapita. Chiunque vorrà con Noi prendere le armi in questa sì nobile gara, si presenti a me, e agli Uffiziali maggiori per avere le necessarie istruzioni e per essere autorizzati colle patenti del Re delle Due Sicilie e più d’ogni altro io chiamo coloro che con eguale valore e fedeltà diedero prova allorché erano aggregati alle truppe Pontificie.

Dato dal Quartiere gen. di Servigliano, questo dì 26 maggio 1799. »

Documento n. 8

PROCLAMA: Ascoli 27 maggio 1799 per l’insorgenza

= FERDINANDO IV PER LA GRAZIA DI DIO RE DELLE DUE SICILIE DI GERUSALEMME ECC.

  1. DONATO ANTONIO DE DONATIS GENERALE IN CAPO DELL’ESERCITO IN MASSA PER LA SUA MAESTÀ’, CHE DIO LA GUARDI

«Popoli di Acquaviva aprite ormai gli occhi alla luce del giorno. Sentite la voce di uno, che ama il vostro vero bene. O Voi stringete le armi in favore delle nostre vittoriose truppe, ed allora troverete in Noi un amico sincero, ed affettuoso, che lungi dal prendere vendette delle vostre insolenze passate addosserà la valida protezione e di Voi, e delle sostanze vostre: o vi dichiarate nostri nemici, ed allora aspettatevi pure, che Noi con tutte le nostre forze affronteremo i vostri fuochi, vi piomberemo addosso, vi saccheggeremo usando ogni rigore militare. Pensate a Voi: decidete con prontezza e dentro due ore mandatene la risposta ».

Ascoli, 27 maggio 1799.

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Documento n. 9

Insorgenza: 26-29 Maggio 1799 a Castel Clementino

Dì 26 del corrente mese di Maggio: si manifestò a Castel Clementino il piano di una controrivoluzione da eseguirsi con l’aiuto e intesa degli Insorgenti Napoletani, alla cui testa si pose Clemente Navarra con la carica di Brigadiere a lui conferita da D. Donato De Donatis, generale in capo dell’Armata in massa Napoletana. Con l’intesa, come dicono, che la mattina seguente dovesse ivi giungere l’avanguardia di tale armata. La mattina del divisato giorno si cercò che i Parroci di detto luogo avessero predicato dall’altare di doversi tutti venire contro i francesi; ma i Parroci mostrarono ripugnanza di farlo, e il curato Burocchi per non esserci obbligato pensò di celebrare nella sua chiesa. Nonostante s’inalberò la Bandiera Napoletana, e si affissero editti con i quali s’invitava il popolo ad unirsi e si ordinava il ristabilimento delle antiche magistrature. La Terra di Santa Vittoria si accomodò per prima a seguire tale piano. Vi si atterrò l’Albero, si unirono delle persone, e alla testa uscì il noto Majeschi il quale si mostrò meno impegnato. Dietro tali incitamenti il giorno appresso 27 detto, la campana di Castel Clementino, che aveva cominciato a suonare a martello insieme col tamburo la sera innanzi seguitò a fare lo stesso

fin dalle otto della mattina e lo stesso si fece in Santa Vittoria, per adunare gente. Il dopopranzo di tale giorno si sentì simile furore e rimbombo di tamburo in M. S. Martino dove però non accorsero se non pochissimi contadini, che, sentito il motivo, amarono meglio di tornarsene alle loro faccende della campagna.

Ieri mattina 28 si intese lo stesso suono in Sant’Angelo <in Pontano> dove era stato dichiarato capitano Giuseppe Gentili. Per buona sorte di questo luogo, la commissione di fare lo stesso fu data all’Egamennoni insieme con la patente di capitano e i proclami da affiggersi, con ordine di eseguire tutto appena qui ritornato. Ma poiché la patente l’aveva presa per forza, come dice, non eseguì punto l’addossatagli commissione, cosicché questo luogo si preservò immune fra l’incendio che ardeva in ogni intorno, e siamo stati solo spauriti di quello che facevano gli altri, fino alle ore 14 circa del giorno di ieri, quando si intesero dalla parte di Castel Clementino delle scariche di moschettieri, che, ignorando noi cosa significassero, senza pensare alla zuffa che vi seguì col distaccamento della truppa francese e insorgenti, non sapevamo indovinare la causa. Se ne concepì però un sospetto, al vedere per mezzo del cannocchiale, che truppa di gente dalla parte di Falerone andava direttamente a quel luogo, e passava il fiume senza scalzarsi. L’eccidio seguito fu poi saputo da persone che, per curiosità di sapere, s’inoltrarono verso quella parte e più in dettaglio si raccontò iersera, e questa mattina. I morti insorgenti sono stati almeno venti. Tra questi il figlio del Navarra che fu incontrato dalla truppa vicino al molino di Falerone, mentre con 50 insorgenti circa, andava in Falerone, e il capitano benedetto Gualtieri fu ucciso poi in casa al tempo del saccheggio, che fu dei più feroci, con altri vari dei quali non so il nome, e fra questi la persona che stava a suonare le campane a martello, la quale fu sbalzata dalla torre. Secondo le relazioni che giungono, oltre allo spoglio generale fatto in tutte le case di quanto vi era – e vi era molto in alcune specialmente, che non si persuadevano di tale visita – vi è stato il massacro di tutto il mobilio che non si poteva trasportare. I cristalli e i vetri delle finestre furono rotti, i parati lacerati, i comò, i tavolini, le sedie, fatti in pezzi. Insomma si fece un macello e di carne e di roba, come ognuno può figurarsi e come si sentirà più dettagliatamente in appresso.

La sera innanzi <27> di questo tragico fatto si erano fatti arrestare e condurre in quel quartiere generale (così denominato quel luogo dal proclama) il Valeriani e il Venantini di Santa Vittoria; altri di là erano fuggiti, come avevano fatto parimenti altri da Falerone, il cui popolo, come quello di Montegiorgio, era stato il primo ad accorrere per arruolarsi.

Il Brigadiere Navarra si salvò con la fuga, e così si salvarono altri uniti con lui, che presero la fuga chi per una parte e chi per un’altra. La truppa poi che si aspettava dalla parte di Ascoli la mattina del 27 non era giunta e non giunse, perché a Mont’Alto trovò delle resistenze. Il Majeschi che aveva tanto brigato è restato morto anche lui. Raccontano che alle ore 4 del 26 partisse dal quartiere

generale e se tornasse a Santa Vittoria, cosicché non fu presente alla zuffa, ma inteso poi quanto successo, dicono che tornasse là per comprare delle robe prese nel saccheggio e che da quattro contadini fosse ammazzato avendogli trovato addosso molti “pezzi duri”.

Non mancò poi neppure qui una scenetta e fu che alle (ore) 19 circa di ieri 28 si presentò il capitano Giuseppe Gentili con sette altre persone del seguito, entrati per la porta del forno, i quali direttamente andarono alla porta del convento di San Francesco, andando dicendo per la strada Napoletani! Napoletani!

Appena smontato di cavallo il capitano suddetto, invece di entrare in convento, fece sul momento arrestare Giovanni Vecchi che passava in quel punto, e poi per la stessa strada, se ne ritornarono indietro senza far altro. Giunti avanti alla casa di lui, si fece incontro la moglie che si mise con le lacrime a scongiurarli di lasciarle il marito; ma il capitano diceva di condurlo al quartiere generale (che non so dove fosse) e gli altri di farlo a pezzi fuori della porta come Giacobino e supposto reo di aver <informato> i francesi perché venissero contro Castel Clementino. Il fatto è che lo condussero fino a San Rocco, ma poi, sopraggiunto il padre e don Santi Luccarini, li cominciarono a pregare di nuovo del rilascio; e sul giuramento che prestò don Santi che non fosse Giacobino, e che non aveva mai avuto alcun carreggio lo dimisero e se ne andarono per i fatti loro.

Ecco la storia genuina dell’accaduto nelle nostre vicinanze, e qui preghiamo Dio che le cose finiscano così. Ma temo di peggio. Pacifico Cornacchia di Santa Vittoria, arrestato dai contadini, fu condannato a Mont’Alto. Andreozzi restò ferito in faccia. Marinelli scampò la morte fuggendo in certi fossi. Majeschi rimase ucciso. Tutti questi andavano uniti a Castel Clementinoper ottenere dal comandante francese che non facesse andare la truppa a Santa Vittoria, dove si credeva <fosse> diretta dopo il sacco di Castel dementino.

(Autore anonimo probabilmente faleronese di un manoscritto n. 946 presso la biblioteca comunale di Macerata qui riferito in trascrizione corretta per l’ortografia)

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Documento n. 10

IL COMANDANTE GENERALE DELLA MONTAGNA GIUSEPPE CELLINI AI POPOLI DELLO STATO PONTIFICIO – INDIRIZZO –

Ascoltate, o Popoli amici, la voce di chi ama il vostro bene. Non è più tempo giacere in una colpevole inerzia, e sostenere più lungamente una fatale indifferenza. Tutti i vostri Fratelli limitrofi all’Abruzzo Ultra e Citra colle anni in mano già sono in Campo. Essi sull’esempio dei valorosi Sanniti, e da loro scortati, han combattuto e son vincitori. Entro le mura de’ loro Paesi più non spira liberamente l’aria impura, né alcun Francese, né verun perfido Giacobino. Sì l’uno, che l’altro si trova fra’ ceppi, o pallido fugge, e ramingo. Quanto audace si mostra questa infida genìa nel vederci avviliti, tanto vile or si dimostra vedendo il nostro coraggio, l’unione e i progressi delle nostre armi. Queste già spiegano su una ben larga estensione la sua energia. E’ stato un punto, un punto solo investir Norcia, Cascia, Visso, Serravalle, Ponte della Trava, Camerino, Ascoli, Mandola, Comunanza, 5. Vittoria, Montalto, Monte di Novo, Affida ecc. ecc. occuparli, e sollevarli. E’ brava la gente, che muove all’impresa, esperti i Duci che la guidano.

Or siam giunti al felice momento, in cui tutta la fiorente un dì, ed ora languida, e desolata Marca è per prendere l’Armi su cui dietro al divin soccorso, è riposta la propria, e l’altrui salvezza. Correte, o Popoli amici, correte ad unirvi con Noi. Non dubitate, la vittoria è nostra. Non vi è più da temere. I Mari, che bagnano la bella Italia, appena reggono a sostenere gl’immensi Legni Inglesi, Moscoviti, Lusitani, Ottomani. Poche di essi si sono presentati in Ancona, e pochi colpi di Cannoni han fatto sentire a quella bloccata città; e nondimeno han destato in essa la più spaventevole costernazione.

L’invitte Falangi Austro-Russe sono arrivate a Bologna. A Soffia è giunto il real Principe di Napoli con il Figlio del Gran Signore conducente un Esercito sorpendentissimo. Da altra parte vola a prestarci aiuto l’immortale Cardianal Ruffo. Noi ci troviamo con numerosa Leva in Massa, al cui fianco vedesi la intrepidezza, il coraggio, la vittoria. Fiancheggiati, protetti, alleati, assistiti da tante Forze, ditemi, vi può essere da temere? Non vi fate ingannare da certi spiriti deboli, o maliziosi Allarmi, Allarmi.

A ciò vi obligano i doveri della propria coscienza, l’amor della Patria, la fedeltà giurata al Sovrano, la Professione di nostra Santa Religione, la quale, sussistendo, per altro breve tempora Cabala Filosofica, Ateistica, Massonica, va ad annientarsi nei nostri Paesi; vi obbliga il bene delle vostre Famiglie, la tenera vostra Figliolanza, che riclama il Cristiano costume, e la sana educazione; vi obbligano il pericolante onore delle vostre Mogli, il pudore compromesso delle vostre Figlie, i beni già invasi, i diritti violati, le proprie persone colle minacce, e colle armi tante volte investite. Se all’aspetto di santi motivi, e di sì potenti aiuti voi non vi scotete, voi siete colpevoli. Tremate. Il colpo desolatore poco

sta a piombarvi sulle Persone, e sulle Sostanze. Odiosi a Dio, al Sovrano, al Popolo fedele, che aspettar mai non vi dovete di avverso? Deh! riunitevi con noi, e non soffrite alcun disastro.

Giacobini, rovesciatori del Trono, sacrileghi invasori de’ Beni Ecclesiastici, Profanatori de’ Luoghi Sacri, Distruttori dell’Ordine sociale, Increduli, Miscredenti, Depravatori del buon Costume, Soldati della Cabala Ateistica voi impallidite, e ponete le ali ai piedi. Ma, che giova? L’arco feritore è rivolto contro di voi. Molti de’ vostri pari o son caduti, o son fra le ritorte. Lo so, voi fuggite: ma dove alla fine miseri andrete? Ovunque strascinate l’indegna esistenza, seguiravvi il rimorso tormentatore: ovunque troverete nemici; ovunque l’odio, l’esecrazione vi accompagnerà. Giacobini ricredetevi. Ancora siamo in tempo. Abbracciate anche voi la difesa della Causa comune, e sarete salvi. Ma se per altro breve spazio vi restarete ostinati nel partito Filosofico, guai a voi; siete perduti. Tremate.

In Camerino dal Quartiere Generale 5, Giugno 1799 G. Cellini Comand. Gener. In Capite.

In Camerino 1799. Per Vincenzo Gori.

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Documento n. 11

Difesa repubblicana: Ascoli 4 giugno 1799

LIBERTA’           EGUAGLIANZA      REPUBBLICA FRANCESE

Dal Quartiere Generale d’Ascoli li 16 Pratile Anno VII della

Repubblica Francese una, ed indivisibile.

MONNIER Generale di brigata Comandante in Ancona, e ne’ tre Dipartimenti riuniti in istato d’Assedio

La Città d’Ascoli, divenuta il soggiorno de’ Briganti Abruzzesi, ha posto il Dipartimento nel rischio di perdersi. Gli Abitanti di questa Città ribelle avevano già presa la Coccarda rossa, e trasformate in autorità Monarchiche le autorità tutte della Repubblica. Essi han dirette le orde de’ Briganti co’ quali eransi unite, e quest’uomini infami, vantando il nome di Dio, del Re, e de’ Preti, han commesso i più detestabili eccessi sulle persone, e se ne hanno usurpato tutte le mobili proprietà, ovunque si son presentati. Le prime lor vittime sono state le Comuni di Offida, di Castorano, di Colli, dì Pagliare, di Monte Prandone, e nelle Campagne che se estendono fino a Montalto.

Non potendo sì fatti eccessi non eccitare la generale indignazione, debbon essi risvegliare tutta l’energia delle autorità Civili, e precisamente dalle Guardie

Civiche, per opporsi vigorosamente alle intraprese, che tentar potessero nuovamente gli enunciati Briganti.

Le Truppe Repubblicane si misero in moto: I Briganti sono stati battuti a S. Benedetto, a Ripatransone, in Acquaviva. Hanno fatta la lor ritirata in Ascoli, e là si erano fortificati. La Città La presa d’assalto dopo due ore di combattimento. Questo giorno è stato spettatore delle nostre complete vittorie, e gli scellerati sono stati puniti. Tutti coloro, che non hanno imitato il lor Generale nella fuga, sano caduti sotto i colpi Repubblicani.

Le Truppe, ch’io lascio nel vostro Dipartimento, occupano delle posizioni vantaggiose. Sarà però stabilita, sotto la sorveglianza dell’Amministrazione Dipartimentale, un Cordone sul Tronto composto della Guardia Civica. Una colonna mobile si metterà subito in azione per portarsi su tutti i punti minacciati, ed occupati dai Briganti suddetti.

Ogni Brigante arrestato sarà fucilato sull’istante. Le Comuni, che non si opporranno al loro ingresso, incorreranno nelle pene già significate nel Proclama del giorno 14 (2 giugno).

Signato MONNIER

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Documento n. 12

Ladroneggi degli insorti, luglio 1799, Ascoli

GIUSEPPE COSTANTINI ALIAS SCIABOLONE COMANDANTE LE TRUPPE IN MASSA PER SUA MAESTÀ’

FERDINANDO IV E POTENZE ALLEATE

Io sono informato dei continui ladroneggi che tuttodì si commettono sì in mobili che in bestiami a svantaggio di pacifici contadini. Sono esacerbato oltremodo per tali misfatti e ne prenderò le misure le più forti. Sotto pretesto di nuocere ai giacobini, si commettono l’empietà le più esacrande. Nessun individuo ha il diritto di ciò fare, ancorché il sapete, ma compete al solo sovrano. E’ questo un procedere che si oppone alla Religione Cattolica ed alle leggi di qualunque Governo. Il fulmine del castigo sta per piombare sopra a quelli che invece di desistere da un tal procedere non restituiranno sull’istante ciò che ànno rubato contro ogni diritto di natura e contro la legge di Dio. Io parto sì per unirmi al prode Generale La-Hoz e battere i Francesi; ma guai a quelli che prenderanno a scherzo questa mia risoluzione. Sarò inesorabile anche co’ miei più stretti di sangue.

Ordino però che subito si rimettino i massari ne’ rispettivi paesi i quali formeranno un processo a quelli ritengono o hanno preso bestiami.

Tutti gli abitanti de’ paesi e contadini si uniranno ad arrestare questi

perturbatori del buon ordine. In caso disperato e di resistenza, li autorizzo a far fuoco a tal razza di gente tanto perniciosa alla società.

Questo ordine stampato che sarà, voglio sia affisso in ogni paese e pubblicato nelle Chiese dai rispettivi curati.

Dal Quartier Generale di Lisciano 16 luglio 1799.

LUIGI ANELLI Segretario.

 

Documento n. 13

REGGENZA a Macerata, 20 agosto 1799

L’IMPERIALE – REGIA – PONTIFICIA REGGENZA DELLA MARCA DI FERMO E DI ANCONA

EDITTO

Per supplire alle immense spese, che seco porta il mantenimento di una Truppa attualmente impiegata alla difesa di una causa tanto nobile, e gloriosa, necessita ricorrere sull’istante a dei temperamenti quanto pronti, altrettanto capaci a produrre tutto ciò, che faccia d’uopo al servizio della medesima. Avrebbe voluto l’imperiale-Reggia-Pontificia Reggenza dispensarsi dall’addossare alle Popolazioni qualunque più piccolo peso, ma I’ urgenza dell’affare, e la santità della causa, che si è impresa a trattare, e che siam prossimi a sentire finalmente decisa, esiggono nuovi sforzi da tutti. Quindi è, che dopo le più mature riflessioni, e li scandagli più esatti, quello essendosi creduto il temperamento meno sensibile di ricorrere all’imposizione di un Testarico, regolato però, e diviso nel caso presentaneo in quattro diversi gradi, si è trovata nella circostanza di determinare, come appresso.

Primo = Tutti gl’individui delle Famiglie Nobili, o ascritte in primo grado in qualunque Città, o Terra, comprese in questa Classe le Comunità Religiose, dovranno subito sborsare in mano dei rispettivi Esattori pubblici a quest’effetto deputati uno scudo per cadauna Testa, con l’obbligo di pagare per ciscun Uomo o Donna di servigio paoli tre moneta di rame.

Secondo = Tutti gl’individui delle Famiglie del secondo ceto, o grado, del primo , e secondo de’ Castelli, e de’ Mercanti saranno tenuti per lo stesso titolo pagare bajocchi 40 per cadauno, t ame sopra.

Terzo = Tutti gl’individui delle Famiglie di qualunque altro grado, o ceto saranno obbligati pagare bajocchi dieci per ciascuno come sopra.

Quarto = Tutti li Coloni dovranno pagare bajocchi cinque per ogni testa come sopra.

Macerata dalla Reggenza 20 Agosto 1799.

(Omissis)

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Documento n. 14

<RICORDO DEI NAPOLETANI A PEDASO>

– 25 agosto 1799

È giunto finalmente in questo nostro castello di Pedaso la Real Truppa dell’Invitto Re delle due Sicilie, comandata dal prode Generale Don Donato de Donatis tanto da noi aspettato, e desiderato, ad oggetto di condursi sotto la Piazza di Ancona, dentro la quale i malvagi Francesi e i loro cinque Partitari sonosi riuniti fuggendo. Mercé un tal forte e valoroso soccorso speriamo ora vicino l’esterminio di quella perfida gente, che resiste ancora alle forze delle Potenze alleate, e speriamo altresì di vedere sollecitamente restituita l’intera tranquillità a queste nostre contrade. Intanto, siccome abbiamo ammirato la moderatezza di detta Real Truppa, che, per li vari provvedimenti dati dal riferito signor Generale, non ha recato la menoma molestia e niun danneggiamento agli interessi ed alle persone di questo castello nostra patria, così ne produciamo un completissimo Avviso al pubblico, onde tutti si esultino di giubilo e di contentezza.

Pedaso, 25 agosto 1799.

Li residenti

NICOLA BERNARDINI, Vie. for. e Dep. eccl.

PROTASIO TEODORI, Govern. locale,

BENEDETTO ROSSI, Segretario.

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Documento 15

ARMISTIZIO PACATO, 13 novembre 1799

LIBERTA’             EGUAGLIANZA           REPUBLICA FRANCESE

Ancona Assediata li 23 Brumale Anno 8vo della Republica

Tra il Generai di Brigata. MONNIER’ Comandante in Capo la Divisione di Ancona autorizzato, dal Consiglio di Guerra tenuto a questo effetto di trattare la Resa di Ancona.

Ed il Sig. Barone di FRELTCH Luogotenente Generale di Sua Maestà Imperatore, e Re, Comandante in Capo le Truppe che assediano Ancona.

La. presente Capitolazione è stata discussa, risoluta, decretata irrevocabilmente nel modo che siegue.

 

ARTICOLO PRELIMINARE

Il Generale Comandante la Divisione d’Ancona, e le Truppe sotto i suoi ordini considerando, che la Capitolazione ¡1 « Fano segnata li 8 Termidoro scorso tra le Truppe Repubblicane Francesi, ed il Sig. Comand. le Truppe Russo-Turche è  stata. Violata nella sua esecuzione per lo stesso Comandante.

Considerando, che la morte sarebbe preferibile al disonore di trattare con delle Autorità che non conoscono il Diritto delle genti.

Vista la situazione, in cui si trova la divisione d’Ancona, e vista la quarta, ed ultima intimazione di resa fatta dal Sig. Barone BRELICH, Luogotenente Generale al servizio di Sua Maestà Imperatore, e Re, Comandante, in capo le: Truppe assedianti Ancona.

Dichiara, che egli non vuole entrare in Negoziazioni, che colle Truppe, ed il detto Luogotenente Generale al servizio di S. M. Imperatore, e Re.

 

CAPITOLAZIONE – ARTICOLO I.

Le Truppe della Guarnigione di Ancona, e Forti annessi al giorno, ed ora, che saranno convenuti, sortiranno dalla Piazza con tutti gli onori della Guerra, cioè: Con Tamburo battente, Bandiere spiegate, Miccio acceso, avendo alla testa due pezzi di Cannone di Campagna coi loro Cassoni, più uno d’Infanteria per rendersi in Francia per la via di terra la più comoda; Soldati, Ufficiali, Generali, ed ogni Militare si di terra, che di mare il Console della Republica Francese, gl’ Impiegati, e agenti Civili, e Militari porteranno seco le loro Armi, Effetti, e Proprietà personali di qualunque genere.

Saranno riguardate come Truppe della Divisione di Ancona, e saranno trattate sotto tutti i rapporti come Truppe della Republica Francese i Cisalpini, Romani, ed altri Italiani formati in Legioni, Battaglioni, o Compagnie, che portano le armi nella detta Divisione.

ARTICOLO II

La Divisione sarà accompagnata, e protetta nella sua marcia sino ai Posti awanzati dell’Armata Francese in Italia da un determinato corpo di Truppe Imperiali Comandate da un Uffiziale dello Stato Maggiore.

ARTICOLO III

La Divisione, che si porterà in Francia per la via che essa giudicherà la più comoda,, marcierà a spese di S.M. Imperatore, e Re:

Ogni Militare, o impiegato riceverà la Razione di ogni genere, e l’alloggio competente al suo grado secondo le Leggi, e Regolamenti Francesi. La marcia non sarà, forzata, ma regolata militarmente dietro quella dell’Infanteria Francese. Il Genera MONIER Comandante la Divisione farà di concerto coll’Uffiziale di Stato Maggiore Austriaco la determinazione dell’alloggio, o accampamento, se sarà giudicato convenevole, come, pure delle ore di partenza, e luoghi di dimora.

Risposta: Le Truppe della Guarnigione di Ancona, e dei Forti annessi sortiranno nel giorno, ed ora convenuta dalla Piazza con tutti gli onori di Guerra richiesti per rendersi in Francia come Prigionieri di Guerra, e non serviranno contro S.M. Imperiale, e contro i suoi Alleati che dopo un perfetto Cambio.

La Truppa deporrà le Armi nel luogo che sarà fissato da un Articolo Addizionale; i soldati e sotto Uffiziali conserveranno le loro muciglie, il Generale Comandante la Divisione, il Console della Repubblica Francese, i Generali, Uffiziali di terra, o di mare, gli Impiegati Civili e Militari conserveranno le loro Armi, Cavalli secondo i loro Gradi, ed i loro Effetti Personali.

Il Generale FRELICH volendo dare una prova di stima alle Truppe della Guarnigione per la Difesa coraggiosa, e contro ogni aspettativa, che esse hanno fatto, accorda ai Sotto Uffiziali il diritto di portare le loro Sciabole per rendersi al loro destino.

E per dare alla Divisione tutta, non meno che al General MONNIER, che la comanda un attestato della considerazione particolare, e della stima di nazione a Nazione contraenti, gli concede una Guardia di onore composta di quindici Uomini a Cavallo montati, armati equipaggiati, e di trenta Carabinieri Armati.

ARTICOLO IV

Sarà accordato a spese di S. M. Imperatore, e Re il numero de’ Carri attaccati, necessarj al trasporto degli Effetti personali degli Uffiziali, Impiegati, Consigli d’Amministrazione, e dei Depositi dei Corpi della Divisione: Il numero dei detti Carri sarà, convenuto d’appresso lo stato dei bisogni, che fornirà il Commissario di Guerra Francese

Il Generale Com. la Divisione, il Console della. Republica Francese, i Generali di Brigata Lucotte, Pino, Palombini, il Capo dello Stato Maggiore della Divisione, i Comandanti del Genio, e dell’Artiglieria, il Pagatore della Divisione, i Commiissarj di Guena, e della Marina Francese, l’Agente del Commissario Civile sono autorizzati di condurre ognuno il. loro Carro coperto pel trasporto delle loro Carte di Amministrazione, come di. Contabilità, ed i loro Effetti personali qualunque.

Risposta: Accordato ma a condizione che sarà Consegnato, da chi ne avrà il dritto, al Sig. Generale Barón di FRELICH l’attestato, che le Balle degli Uffiziali e Furgoni coperti non contenghino effetti di proprietà pubblica.

ARTICOLO V

I Bastimenti da Guerra della Repub. Francese, e Corsari coi loro Uffiziali, Impiegati in Amministrazione, ed Equipaggi si renderanno in uno dei Porti della Republica nello stato che si. ritrovano al momento della sottoscrizione della Capitolazione, muniti di Passaporto, e sotto la garanzia di S. M. Imperiale.

I viveri saranno forniti a spese della detta Potenza a ragione del viaggio.

Risposta:

INAMMISSIBILE ma se le Corsare la LUPE e la VENDETTA uscite dal Porto, e potendosi ripresentarsi di nuovo, rientreranno dopo la Capitolazione, li Marinari, che ne compongono l’Equipaggio, avranno la medesima sorte, che le Truppe esistenti attualmente nella Piazza.

ARTICOLO VI

I Malati dello Spedale della Divisione che potranno essere trasportati, lo saranno a spese di S. M. Imperatore, e Re coi viveri, e medicamenti e Casse di Chirurgia, ed Uffiziali di Sanità sufficienti pel viaggio d’Ancona in Francia.

Gli Ammalati, che senza pericolo, non potranno essere trasportati, resteranno in Ancona; essi saranno protetti come un Deposito Sacro, e trattati come gli Ammalati di S. M. Imperiale.

La Divisione li confida alla lealtà ed umanità della Nazione Austriaca.

II  General MONNIER gli determinerà il numero degli Uffiziali di Sanità, ed Infermieri indispensabili sotto la sorveglianza d’un Uffiziale Militare Francese, e di un Commissario di Guerra.

Subitochè il detto Uffiziale, Commissario richiederanno il trasporto dei Convalescenti o per mare, o per terra, secondochè sarà più convenevole al loro stato, gli verrà religiosamente accordato.

ARTICOLO VII

I Prigionieri fatti tanto durante il corso dell’Assedio d’Ancona che nelle Spedizioni precedenti, e che sono in Ancona, o sopra i Bastimenti Russo-Turchi o nella Divisione occupata dal Sig. Generale FRELIGFI, saranno resi da una parte, e dall’altra immediatamente dopo la sottoscrizione della presente Capitolazione e parteciperanno delle disposizioni contenute ne’ suoi Articoli.

Risposta:

ACCORDATO, per li Prigionieri Francesi solamente, che si troveranno ancora nella Divisione del Sig. Generale FRELIC

ARTICOLO VIII.

Tutti gli Individui di qualunque Nazione, o Religione essi siano abitanti nella Città d’Ancona , o che vi si trovino, e segnatamente gli Ebrei non potranno essere inquietati, molestati, né ricercati direttamente, o indirettamente essi, e le loro famiglie sul sospetto, e per la manifestazione delle loro opinioni civili, politiche, e religiose, come per li fatti che sono risultati, pendente il cangiamento del Governo nel Territorio Romano.

Questa disposizione risguarda quei fra loro, che hanno preso le armi, o esercitato degli impieghi Civili, o Amministrativi durante quest’epoca, e che verrebbero molestati per le loro ingerenze.

Risposta:

Il Governo Austriaco farà rispettare il diritto delle Genti verso li Cittadini senza distinzione di opinioni, o Religioni, purché si sottomettino alle leggi.

ARTICOLO IX.

La Commissione Amministrativa d’Ancona, i Membri anteriori delI’Amministrazioni Centrali dei Dipartimenti del Tronto, Musone, e Metauro, dei loro Tribunali, e Municipalità, gl’impiegati in tutti questi corpi Politici, ed i Patriotti della Republica Romana, come pure li Cittadini., e Sudditi delle Potenze alleate della Republica Francese, che vorranno seguire la Divisione d’Ancona, Essi, le loro Famiglie, ed effetti avranno la liberà più intera, né potranno essere ritardati, né impediti sotto qualunque pretesto.

Risposta.

L’Autorità Militare proteggerà l’esecuzione del presente Articolo, uniformandosi alla risposta fatta nel precedente Articolo.

ARTICOLO X.

Le Vendite, e Cessioni dei Beni, fondi situati in Ancona, e suo Territorio, come anche nei Dipartimenti Musone, Tronto, e Metauro sì autorizzate dal Consolato Romano, che dalla Repubblica Francese saranno mantenute inviolabili

Risposta:

Il Sig. Generale FRELICH non puoi decidere, e lascia l’assoluzione di questo articolo ai Gabinetti.

ARTICOLO XI

Li Cittadini Francesi, e loro alleati potranno alienare, o fare trasportare come a loro più piacerà per terra o per mare a loro spese gli effetti, e mercanzie da loro acquistate sino a quest’oggi.

Risposta:

Accordato; se gli Effetti, e Mercanzie non provengono dai Bastimenti, e Carichi presi dai Corsari sopra i Sudditi di S.M. Imperiale, e che non sarebbero stati giudicati di buona preda.

ARTICOLO XII

Sarà permesso alle persone comprese negli Articoli 8. 9.10. 11. di disporre delle loro Proprietà fondarie, e mobiliarie di venderle, o alienare, o percepirne l’entrate, come a loro piacerà: potranno egualmente in caso di vendita, o alienazione trasportarne esse medesime l’amontante, o inviarlo a loro piacimento nei luoghi, ch’essi desidereranno in Oro, Argento, Viglietti a ordine, o Cambiali.

Le suddette Persone potranno in conseguenza nell’intervallo dei sei mesi a contare dal giorno della sottoscrizione della Capitolazione continuare esse medesime la vendita dei loro Beni, e l’esigenza dei loro Crediti con tutta quiete, se esse non amano meglio abbandonare il Paese colla Divisione d’Ancona, e lasciare i Procuratori generali, e speciali, i quali godranno della protezione, di cui avrebbero goduto restando in Ancona.

Risposta:

ACCORDATO, se i Beni, di cui si tratta non erano di pertinenza dell’Antico Governo, delle Comunità Religiose soppresse; o dei Particolari Emigrati.

ARTICOLO XIII.

I Consoli di Spagna, e di Genova avranno la facoltà di restare in Ancona per lo spazio di sei mesi per terminarci i loro interessi con tutta garanzia delle loro Persone, Famiglie, Proprietà, e Carte Personali, o risguardanti le loro Amministrazioni, se meglio non amano ritirarsi colla Divisione d’Ancona, ed in tal caso saranno trattati come il Console della Rep. Francese.

Risposta:

I detti Consoli saranno rispettati, e protetti.

ARTICOLO XIV.

Se vi fosse qualche Articolo nella presente Capitolazione soggetto o qualche oscurità sarà interpretato secondo I’equità a favore della Divisione d’Ancona.

ARTICOLI ADDIZIONALI.

  1. La Cassa del Pagatore della Divisione, i Viveri, ed effetti dei magazzeni della Rep. Francese saranno rimessi appresso ricevuta nelle mani dell’Assediarne, segnata che sarà la Capitolazione.
  2. L’artiglieria dei Forti, del Porto, della Piazza, ed oggetti annessi, le Piante, e Carte relative alle Fortificazioni, ed all’interesse militare del Paese, saranno rimesse ai Commissarj , che saranno destinati per riceverli, dopo averne fatto Inventario, e rilasciata Ricevuta.
  3. Li disertori dell’una, e l’altra parte saranno restituiti.

Risposta:

CONVENUTO per li Disertori Austriaci solamente

  1. Per la garanzia, ed esecuzione di tutti gli Articoli della Capitolazione saranno dati degli ostaggi, ed il Sig. Barone di FRELIC Tenente Generale Commandante le Truppe Assedianti Ancona si rende responsabile della sicurezza della

Divisione dal momento dell’occupazione dei Posti sino al suo destino, come anche dei danni che potrebbero esser fatti a quelli, che la compongono.

  1. Segnati che saranno gli Articoli della Capitolazione, i Picchetti delle Truppe di S. M. Imperatore, e Re occuperanno le Porte di Francia, e Farina in numero eguale, e congiuntamente ai Francesi.
  2. Ventiquattro ore dopo la sottoscrizione dei ridetti Articoli le Truppe della Divisione d’Ancona evacueranno i Forti, e la Piazza in una sola Colonna con tutti gli onori della Guerra ottenuti nell’Articolo primo: si renderanno il medesimo giorno a Sinigaglia con le loro armi, che deporranno, eccettuati li Militari, ed Impiegati, che devono conservarle.

Risposta:

Convenuto, ma la Truppa Prigioniera deporrà le sue Armi a Fiumesino.

Fatto, convenuto, e decretato in Ancona li 23. Brumale an. 8, della Republica Francese una ed indivisibile.

Il Generale di Brigata Comandante la Divisione d’Ancona MONNIER

Sottoscritto Piè della Croce 13 Novembre 1799.

FRELIH Tenente Generale

DOCUMENTI RELATIVI ALLE INSORGENZE NEL PICENO NELL’ANNO 1799

a cura di Carlo Tomassini

Documento n. 1

Lettere di Pio VI e Giuseppe II d’Asburgo – 3 e 19 agosto 1782

= PIO VI. Prevalendoci di quella amichevole libertà che piacque alla M.V. gentilmente esibirci, cioè che quando avessimo inteso che fosse per farsi da V.M. alcuna mossa, che avessimo creduta discorde dalle buone regole e pregiudizievole alla Religione, ne avessimo scritto confidenzialmente in dirittura alla M.V. Quindi è che essendoci pervenuto all’orecchio che V.M. vada pensando di togliere tutti i fondi alle Chiese ed agli ecclesiastici della sua monarchia, e ridurli semplici pensionarj, non possiamo dispensarci di pone in vista che se si effettuasse un tal pensiero, ridonderebbe alla Chiesa una lacrimevole lesione ed ai buoni uno scandalo irreparabile. Non è di nostra ispezione entrare nel politico e nell’economico de’ suoi Stati – benché in questa parte non cediamo a qualche Affezionato suo per ogni di lei giusto vantaggio — tuttavia non dobbiamo prescindere dai riflessi di deperizione delle rendite ecclesiastiche che coll’amministrazione da farsi dai secolari dei fondi non propri, dell’infrazione dei patti stabiliti fra’ suoi antecessori e diverse province, della ferita apportata alla Costituzione degli Stati, della violazione delle disposizioni dei pii fondatori, delle conseguenti pretensioni, che susciterebbero i loro eredi di rivendicare gli stessi beni: tutto ciò lo lasceremo da parte, come oggetti alieni dal nostro ministero, e che non sfuggiranno dalla penetrazione di V.M. Parleremo soltanto di ciò che non possiamo omettere per debito di coscienza, e le diciamo che il privare le chiese e gli ecclesiastici del possesso dei loro fondi temporali è in dottrina cattolica un errore manifesto, condannato dai Concili, esecrato da’ santi Padri e qualificato dai più rispettabili scrittori per dottrina velenosa, per dogma scellerato. Ed infatti per sostenere una tal massima a pro del sovrano, convien ricorrere ai falsi insegnamenti dei Valdesi, dei Vecleisti e degli Ussiti e di quanti altri pur sono andati d’accordo con loro, e specialmente dei liberali infetti del tempo. Non dobbiamo qui annoiare con una tessitura di citazioni nelle quali si legge che quelli che mettono mano ai beni della Chiesa per loro profitto, Rei sunt damnationis Ananie et Saphire et oportet eiusmodi tradere satane ut spiritus salvus sit in die Domini. Solo ci ristringeremo a riscrivere quanto nel XII secolo avvertì Giovanni patriarca d’Antiochia, che quantunque scismatico, non poté soffrire l’abuso del Principe che voleva, come utile, disporre a favore de’ suoi Stati dei fondi delle Chiese, così scrivendo: “Essendo tu uomo corruttibile, mortale e di corta vita, osi di dare ad un altro uomo quello che non hai? E se dici di donare quello che hai, e pensi che siano tue le cose di Dio, fai Iddio te stesso. Qual uomo dotato di senno chiamerà ciò provvidenza ed utilità e non piuttosto trasgressione, disubbidienza estrema e perniciosissima iniquità? Come può essere e dirsi cristiano chi profana le cose, siano qualsivogliano, (de)dicate e consacrate al nostro Iddio e celeste re Cristo?” Sappiamo che i contraddittori, male interpretando ed abusando di alcuni testi delle sacre Lettere, credono di ben stabilire in questa parte i loro errori, ma noi senza venire ad un esame di tali maligne applicazioni, domandiamo a V.M. se in dicendo gli stessi autori, che in forza di altri testi delle sacre Scritture non si può ammettere nel mondo sovranità, crederebbe la M. V. che tali testi scritturali fossero chiari e convincenti per l’assunto onde doversi spogliare della sua sovranità per salvar l’anima? Noi crediamo anzi chi penserebbe il contrario, ed in così pensando, penserebbe come pensiamo anche noi. E lo stesso dee dirsi dell’altro, in cui li nemici seguenti della Chiesa, gli eretici, li cattolici di apparenza, i falsi maestri, e gli adulatori dei Principi, attribuiscono ai medesimi in base dei passi della Scrittura, il diritto di togliere alla Chiesa e ai suoi ministri la proprietà ed il possesso de’ loro beni. Dovrebbero pur sapere costoro che i Leviti d’Israello possedevano vaste campagne ed intere città e che come fondi santificati erano inalienabili ed in pertinenza del Sacerdozio. E perché dunque non conciliare il libro del Levitico, dei Numeri, dei Re con le altre espressioni che a chi non sa sembrano fra di loro contraddittorie e far lo stesso con i testi del Vangelo e con gli Atti degli Apostoli, come hanno fatto i santi Padri per tacciare, con manifeste eresie, di contraddizioni i sacri Libri dettati dalla stessa divina Sapienza? Facciamo uso di questi riflessi non perché possiamo mai persuaderci che V. M. abbia cuore di non rendere di peggiore condizione le Chiese, di qu(anto) sono le famiglie particolari, e di seguitare l’esempio di soli Principi Protestanti e segregati dalla nostra Comunione, ma affinché la M.V. senta in poche righe ciò che gli dee aver detto alcuno degli odierni pensatori. Non dissimuliamo che purtroppo alcuni fra i molti ecclesiastici faranno di tali beni un uso mai retto: ma che da ciò? Forse questa sarà ragione per farne uno spoglio ed una appropriazione chiamata sacrilega e farla generale a danno della Chiesa, dei successori e di quelli che l’impiegano secondo i dettami delle sacre Ordinazioni? Nei colloqui avuti con V. M. non entrammo in questa materia, che a termini di particolare temporaneo sequestro, e non ci siamo dimenticati di aver dette delle ragioni per le quali ci parve la M.V. persuasa a doversene astenere. Ma se ci avesse proposto il dubbio di una illimitata privazione per passare i beni delle Chiese all’amministrazione de’ secolari, le avre(mm)o aggiunto ragioni molto più rinforzate con le quali l’avre(mm)o convinta deporne il pensiero.

Quello che la mancanza di apertura non ci diede adito allora di fare colla viva voce, l’abbiamo fatto in ristretto colla presente, la quale, se non avesse eguale efficacia, farebbe conoscere a tutto il mondo cattolico che V.M. non ha fatto alcun conto dei nostri suggerimenti o che presto se n’è dimenticata: giacché in questa sola novità si conviene il rovesciamento di quelle massime cattoliche che ci permise di rilevare. Preghiamo di cuore il Signore che faccia sempre risplendere nell’effettivo Governo della M.V. quelle proteste del suo attaccamento alla purità della Religione in modo che mai restino deluse da fatti contrari. Fin qui ci siamo prevalsi di altra mano più corrente e più facile a leggersi della nostra, per affatigar e tanto di meno la vista di V.M. Con questa rispettosa dichiarazione passiamo ad abbracciarla con pienezza di affetto e col darle la Patema Apostolica Benedizione: Datum Romae apud s. Mariam Maiorem die 3 augusti 1782, pontificatus nostri anno VII. Pius pp. VI.

 

<RISPOSTA DELL’IMPERATORE>

= GIUSEPPE: Ho l’onore di rispondere a posta corrente alla lettera che là S.V. viene di scrivermi sul supposto che io voglia togliere tutti i fondi alle Chiese ed agli ecclesiastici e ridurli tutti ad essere semplici pensionarj. Le relazioni delle persone che mi procurarono già l’alto onore di vedere la S.V. alla mia residenza mi hanno anche senza dubbio procurata questa nuova testimonianza in scritto della sua amicizia e del suo zelo apostolico. Non posso dir altro, senza stendermi in lunghezze, se non che il supposto pervenuto alle sue orecchie, come la S.V. si esprime, è falso e senza andar cercando i testi tanto della Scrittura, che dei santi Padri, però sempre soggetti ad interpretazioni e spiegazioni, tengo una voce in me, che mi dice quello come Legislatore e Protettore della Religione mi convien di fare e di tralasciare. E questa voce coll’aiuto della divina grazia e col carattere onesto ed equo che mi sento, non può mai indurmi in errore. Se la S. V. vuole restar persuasa di questa verità, come lo spero, la prego anche di credermi con più filiale attaccamento e rispetto: 19 agosto 1782 Giuseppe.

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Documento n. 2

Sulla cessazione dello Stato Pontificio: P. Vincenzo Maria Strambi, anno 1798

(…) Se poi si domandasse sia espediente e vantaggioso che la Chiesa abbia dominio e Principato, vi si può rispondere che la cosa è assai dubbia e controversa anche presso le persone più savie e meglio affezionate alla stessa Chiesa. Imperocché se per una parte l’aver dominio è stato proprio perché dia alla Chiesa e ai suoi Ministri una maggior libertà nel promulgare la volontà dell’Altissimo e facilità maggiore nello stabilirne i mezzi per bene eseguirli. Per l’altra parte l’essere la Chiesa e i suoi Ministri privi di ricchezza e di dominio, pare che li mantenga più raccolti nel servizio di Dio, più distaccati dalle cose terrene, più umili in tutta la loro condotta, più affabili e più solleciti del bene del Prossimo, e cosi più amabili a Dio ed agli uomini.

Il certo si è che siccome l’uomo veramente savio si accomoda a tutte le disposizioni della provvidenza, e di quelle si prevale per adempire i disegni dell’Altissimo in bonum. Così quando una certa necessità, come la chiama S. Bernardo De Consideratione lib. 4, c. 3, faceva che si ritenesse dominio, e Principato, gli Ecclesiastici santi colla loro virtù tutto facevano servire all’accrescimento della gloria di Dio. Così mentre, non senza sovrana disposizione di Dio, la Chiesa resta priva di dominio, Dominus abstulit; gli Ecclesiastici che hanno veramente lo spirito del Signore e della sua Chiesa, non trascureranno di raccogliere da questa privazione tutti i preziosi vantaggi, che se ne possono ricavare.

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Documento n. 3

Omelia del Vescovo di Imola (futuro Pio VII), anno 1798

<Ecco le linee direttive dell’Omelia del Cardinale Chiaramonti: Libertà, fraternità, democrazia>.

«La libertà cara a Dio e agli uomini è una facoltà che fu donata all’uomo, è un dominio di poter fare e non fare, ma sempre sotto la legge divina ed umana. Non esercita ragionevolmente la sua libertà chi si oppone alla legge baldanzoso e ribelle;1 non esercita ragionevolmente la sua libertà chi contraddice a Dio e alla temporale sovranità, chi vuol seguire il piacere e lasciare l’onestà, chi s’attiene al vizio ed abbandona la virtù… La forma di governo democratico, adottata fra di noi, o dilettissimi fratelli, no, non è in opposizione colle massime fin qui esposte, né ripugna al Vangelo: esige anzi tutte quelle sublimi virtù che non s’imparano che colla scuola di Gesù Cristo, e le quali, se saranno da voi religiosamente praticate, formeranno la vostra felicità, la gloria e lo splendore della vostra repubblica » (…)

« Decidete quanto conferiscano i precetti del Vangelo, le tradizioni degli Apostoli e dei grandi filosofi Padri e Dottori cristiani a conservare la pace, a far risplendere la vera grandezza dello stato democratico, a fare di tanti uomini, dirò così, tanti eroi di umiltà, di prudenza nel governare, di carità nel fraternizzare fra loro stessi e con Gesù Cristo… Il luminoso oggetto della nostra democrazia dev’essere di stabilire la massima possibile unione di sentimenti, di cuori, di forze fisiche e. morali, onde ne derivi una soave fratellanza nella società (…) nella democrazia studiatevi di essere della massima possibile virtù e sarete i veri democratici: studiate ed eseguite il Vangelo e sarete la gioia della repubblica…

La religione cattolica sia l’oggetto più prezioso del vostro cuore, della vostra divozione e di ogni altro vostro sentimento. Non crediate che ella si opponga alla forma di governo democratico. In questo stato, vivendo uniti al vostro Divin Salvatore, potete concepire una giusta fiducia dell’eterna salute, potete operare la felicità temporale di voi stessi e dei vostri simili e procurare la gloria della repubblica e delle autorità costituite. Sì, miei cari fratelli, siate buoni cristiani e sarete ottimi democratici ».

 

Documento n. 4

Giuramento del Vescovo di Fano – 26 febbraio 1798

Voi ora siete Sovrano, o mio Popolo, e Dio, il grande Iddio vi ha dato questa sovranità. Io sono, o Popolo, il vostro Vescovo. E fu Dio che mi chiamò e per mezzo del suo Vicario mi ha assunto a carico così tremendo.

I regolatori voi siete di quelle vie che conducono l’uomo ad essere felice in terra, ed io sono il regolatore di quelle vie che conducono l’uomo ad essere felice in Cielo.

Io adoro nelle vostre mani le democratiche leggi, ma voi adorate ancor nelle mie, le leggi dell’Evangelo.

Oh sante leggi dell’Evangelo, qua, a me, oggi, che vi consegni al mio Popolo, onde egli che è Sovrano sia mai sempre democratico senza colpa, democratico con virtù. Oh, leggi democratiche, qua, a me, pure in quest’oggi. Voi avete, o Popolo, alle leggi dell’Evangelo quell’ossequio che è ben dovuto alle leggi dell’Evangelo di Gesù Cristo: morir piuttosto che violar questa legge.

Io debbo alle vostre leggi, ubbidienza e rispetto, e tal rispetto e ubbidienza che ognuno impari a rispettarle e ubbidire.

Ohimè! Se ardito io fossi di violarle, sarei colpevole di più delitti, sarei meritevole di molte pene. Ma o quali atroci pene voi pure avreste non solo in terra, ma anche all’inferno, se violate un sol precetto dell’Evangelo, se vi scostaste dagli esempi del Crocifisso:

Io no, che esser non voglio reo di in ubbidienza alle vostre leggi, ma voi nemmeno esser lo dovete a quelle che già vi imposi a nome del vostro Dio.

Deh, rammentate, o Popolo, in vostro cuore, rammentate quei giuramenti che faceste là nel Battistero, ché io, anch’io con giuramento m’obbligo al mio dovere.

GIURO, ecco, o Dio le mie parole, ecco la mia promessa, giuro fedeltà al democratico attual governo, giuro obbedienza alle sue leggi, ma ad un tempo a voi giuro fedeltà e ubbidienza, o mio Dio, fedeltà ed ubbidienza adorabili Comandamenti e alla vostra Chiesa

Oh, sacerdoti, o ministri del Divin Culto, giuro anche per voi, e Dio riceva in religioso olocausto i nostri inviolabili giuramenti.

Sebbene, ah, perché, o mio popolo, anzi miei figli, mia corona e mio gaudio, perché non posso giurare anche per voi. Voi sì che potete adesso formarvi i vostri rappresentanti, le vostre leggi, ma poi, formati gli uni, formate le altre, dovete anche voi rispettare entrambe, e ubbidire con fedeltà. E’ Dio che così vuole, quel sapientissimo Dio, che arbitro e regolatore delle sorti del mondo, le dispone e modera a suo talento.

Voi qui vedete tra i vostri concittadini, quegli che rappresentano la vostra sovranità.

Essi rispetteranno sempre la Religione, terranno da voi lontani i fulmini di Gesù Cristo, onoreranno l’infallibile successore di Pietro e la sua fede, saranno scudo e difesa al cattolico Culto, al sacro tempio, ai suoi ministri, ma tutti insieme custodi ed esecutori delle vostre leggi, ne esigeranno veglianti e solleciti l’adempimento.

Fra questa loro rappresentanza, non è ella tale che al dir di Paolo, vi obbliga ad adorare in esso gli altri decreti, e le disposizioni del vostro Dio, con spirito d’ubbidienza? Eh, sì pur dunque ubbidienza, anche per voi o mio popolo, fedeltà e ubbidienza all’attuai vostro Governo e agli attuai vostri rappresentanti. Ma avvertite questo spirito di fedeltà, questo spirito d’ubbidienza ove più vigoroso lo trovate, se non tra gli augusti veli di Religione?

Adempiansi queste leggi che io vostro Pastore vi addito nell’Evangelo e sarete Sovrani ad un tempo e sudditi integerrimi e virtuosi.

Oh, beato quel Popolo ove nelle massime e nei costumi, trionfa il Vangelo, perché trionfano insieme con lui, la pace il buon ordine, la giustizia!

Beato quel popolo ov’è la Repubblica protetta dal Crocifisso, e il Crocifisso difeso dalla Repubblica, mentre con sì mirabile unione, resta assicurato il doppio bene all’uomo in ordine alla terra e al Cielo.

Cari miei figli, mentre io su questo Altare, consapevole dei miei voti e delle antiche mie lagrime, Altare che mi mostra le sacre ceneri del mio Vescovo Fortunato, Altare che mi ricorda i favori e i voti dell’Ammirabile Madre Maria, mentre io deposito i miei già formulati giuramenti, voi venerateli con Religione. Son giuramenti del vostro Vescovo. Ma ad un tempo accoppiate ad essi le vostre risoluzioni, fervide risoluzioni d’osservare la santa legge di Dio, d’amarvi in Dio, d’essere cittadini nelle vostre intraprese, diretti sempre alle intenzioni di Dio

Oh, Dio, piovete amoroso Sole dal Cielo, che infiammi di carità, illumini le nostre menti, ecciti in cuore, generosi affetti di religione e di Fede.

Rendete santo il Pastore, rendete sante la Greggi onde tutti possiamo un giorno cantarvene, nell’eterna Gerusalemme, inno più giulivo e festoso, del festoso inno giulivo, che ora sciogliamo qui ai piedi del vostro Altare.

Nota: questo foglio, probabilmente portato da don Valeriano Orazi segretario del vescovo di Fano e canonico a Santa Vittoria, ov’è rilegato nel registro n° VI “Iura”, carte 359-360.

 

Documento n. 5

Proclama di Fernando re di Napoli – 14 novembre 1798 (ortografico)

= FERDINANDO IV per la grazia di Dio re delle Sicilie e di Gerusalemme, infante di Spagna, duca di Parma, Piacenza, gran Principe ereditario delle Toscane etc.

Quantunque fin dal principio delle rivoluzioni politiche, che da qualche tempo hanno turbato la tranquillità in varie parti del mondo, avessimo noi procurato di provvedere alla costante sicurezza dei nostri reali Stati e Domini col tenerle lontane le perniciose massime e i seduttori, riordinare ed accrescere le nostre forze armate, stringere con più forti nodi le alleanze con le potenze amiche, stipulare trattato di Pace con la Repubblica Francese, ed esaudire ogni altro mezzo di operazioni pacifiche: pure nondimeno ci siamo trovati nella dura circostanza di vedere in pericolo la quiete ed indennità dei nostri Stati per motivo dell’inaspettata mutazione di Governo del limitrofo Stato Romano, accompagnata dalla sovversione di ogni sano stabilimento, dal danno della santa religione cattolica e da civili discordie e luttuose scene di massacri e depredazioni. Questi avvenimenti, l’imprevista occupazione dell’Isola di Malta di nostra regia pertinenza e le continue minacce di prossima invasione nei nostri Domini, confermate da apparecchi guerrieri e da movimenti di truppe alla volta di questo Regno di Napoli, ci hanno indotto a prendere altri più efficaci provvedimenti, onde allontanare dai nostri Domini qualunque danno e pericolo. Abbiamo pertanto determinato di fare avanzare il nostro reale esercito dentro lo Stato Romano fin dove l’urgenza lo richiederà, con la ferma volontà di ravvivarvi la cattolica religione, farvi cessare l’anarchia, le stragi e le depredazioni, ricondurvi la Pace, e porlo sotto il regolare Governo del suo legittimo Sovrano. Dichiariamo ai nostri amatissimi sudditi, agli abitanti dello Stato Romano, ed agli altri popoli dell’intera Italia che (lungi dal muovere guerra contro alcuna Potenza) il solo desiderio di provvedere alla loro sicurezza e di rendere il dovuto onore alla religione ci ha mosso a questa intrapresa nella quale Noi col soccorso del sommo Dio, secondati dai validi aiuti dei nostri grandi alleati e dall’opera delle Nazioni Italiane, speriamo avere felicissimi eventi. Noi stessi alla testa dei prodi soldati del nostro invitto esercito, dirigeremo le loro operazioni militari e ci impegneremo di fare uso delle loro forze nei soli casi di resistenza e di aggressione, mentre in ogni altro rivolgeremo le nostre cure soltanto agli indicati sacri oggetti della Religione e del riordinamento del Governo dello Stato Romano. Con tale prevenzione adunque esortiamo gli abitanti tutti del detto Stato Romano di deporre le armi nel momento dell’ingresso del nostro esercito nel loro territorio; di conformare a quelle disposizioni che saremo per dare in favore di essi e della salvezza comune, di facilitare con i possibili mezzi e aiuti la nostra giustissima intrapresa, e di essere sicuri che Noi, facendo uso della nostra naturale giustizia e clemenza, non solo proteggeremo e ricompenseremo i buoni e virtuosi, ma ancora raccoglieremo con paterno affetto i traviati che, pentiti dei propri errori, volontariamente ritorneranno nel diritto sentiero e si sottoporranno al nostro comando.

Inculchiamo pertanto a tutti di abbandonare ogni idea di vendetta per il danno che per la passata rivoluzione gli uni avessero agli altri arrecati e di astenersi da qualunque sorta di eccesso di rappresaglia, sotto pena della nostra reale indignazione, di essere trattati i contravventori come nemici della pubblica sicurezza.

Esortiamo parimenti i Generali e Comandanti di qualunque esercito estero di far subito ritirare tutte le loro truppe fuori dal territorio romano, senza prendere ulteriormente parte nelle avventure di quello Stato la cui sorte per ragione di vicinanza e per altri legittimi motivi interessa principalmente la nostra Regia Podestà. Infine manifestiamo che dal punto in cui il nostro esercito sarà entrato nel territorio Romano, vi sarà libera comunicazione tra le sue popolazioni e quelle del Regno, del quale per provvedere alla sussistenza delle Reali truppe ed al bisogno degli abitanti dello Stato Romano, faremo nel medesimo trasportare i generi necessari di viveri ed altre occorrenze.

Dal Quartiere Generale di S. Germano 14 novembre dell’anno 1798. Ferdinando

  1. Acton

(Nel registro VI “Iura” dell’archivio capitolare Santa Vittoria in Matenano, cc.362s. Nota: la guerra del re di Napoli contro la Repubblica Romana, risulta dichiarata il 23 novembre 1798 nel “Distinto ragguaglio della totale disfatta riportata sul formidabile esercito napoletano dalle invitte falangi della Grande Nazione” stampa dell’epoca.)

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Documento n. 6

Ascoli 5 febbraio 1799: sottomissione pacifica

= LIBERTA’   REPUBBLICA ROMANA   EGUAGLIANZA

LA MUNICIPALITÀ’ D’ASCOLI

Alle Popolazioni vicine, Perdono, e Pace per le Communi Armate del Tronto. Dopo varie trattative in iscritto, e a voce colla mediazione nostra, e per mezzo de’ virtuosi Ecclesiastici, Secolari, e Regolati, spediti in tutte le Comuni, il General Francese dimostrando la sua brama di fare cessare i disordini, e risparmiare le conseguenze funeste di una spedizione di Truppe sulle nostre Campagne, trovò il Comandante, e Capitani delle Popolazioni armate, nelle medesime disposizioni di procurare il maggior bene; Quindi in risposta ad un foglio dei prelodati Capitani de’ 4 Febraro furono sottoscritti i seguenti Articoli fissati dal prode, ed umanissimo Generale.

Ascoli 5 Febbraro 1799 V.S. 17 Piovoso, Anno 7. della Repubblica Francese.

Il Generale Francese vede con piacere, che i Montagnoli Insorgenti vogliono acconsentire alla Pace.

Le Truppe Francesi non possono farne, che di onorevole, e di giusto: in conseguenza il Generale Francese animato dal desiderio della Pace, non può donarla, che alla Condizione di già descritta cioè:

  1. Perdono generale per tutte le Communi.
  2. Tutte le Communi daranno un Ostaggio della loro sincerità alla Pace.
  3. Questi Ostaggi saranno sotto la risponsabilità di un’abitante di Ascoli.
  4. Niuno sarà ricercato nella sua passata condotta.
  5. Non sarà levata alcuna requisizione alle circostanze insorte.
  6. Nel Caso, in cui non possa trovarsi un Ostaggio ne’ Villaggi, il Generale Francese accetterà un Abitante, o Prete di Ascoli, che rappresenterà questo Villaggio. (…) Firme di 22 Comandanti (omesse)

 

ARTICOLO ADDIZIONALE

Se non si sono posti gli Articoli relativi al servizio della Religione, alle Campane, e alle Prediche, è perché questi Articoli non possono incontrare alcuna difficoltà poiché già sono accordati dal Capo medesimo delle Truppe, il quale da vari giorni ha dato l’ordine di far suonare le Campane, ed hà protette tutte le Chiese, e promesso il libero esercizio del culto; poiché in fine la facoltà la più intiera sopra questo punto è già accordata da un Proclama del Generai Dahesmer. Per scanzo di ogni equivoco, il Generale Francese conferma le disposizioni a questo riguardo.   Ascoli 17. Piovoso Anno 7. DARGOUBET

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Documento n. 7

PROCLAMA 26 maggio 1799 a Servigliano per l’insorgenza

Per FERDINANDO IV Re delle Due Sicilie e di Gerusalemme, ecc.

Il conte CLEMENTE NAVARRA

Brigadiere delle Truppe arrolate in massa, Napol. e Pontificie

«Ergete la fronte, Popoli generosi del Piceno. Eccovi il felice momento di ravvivare la nostra Santa Religione, di rimostrare il nostro attaccamento al Sovrano e di sottrarci da questa anarchia che sì barbaramente ci opprime. Correte tutti alle armi, e ricordatevi di quel ch’è scritto nelle Sagre Carte nel libro di Judith, cap. 15, v. 6: Omnis itaque regio omnisque Urbs electam Juventutem armatam misit post eos, et persecuti sunt eos in ore gladii quousque pervenirent ad extremitatem finium eorum.

Io vi chiamo a difendere la causa comune, fidate in Dio, nei grandi alleati, nel coraggio avito… Si agirà col massimo rigore delle leggi, perché ritorni il buon ordine, facendo noto a tutti con questo Editto, che in ciascun paese siano reintegrate le Magistrature, alle quali inculco di proibire affatto, che truppe di gente armata dal capriccio, col pretesto della buona causa, vadino scorrendo per le campagne e paesi, arrestando delle persone, e farsi lecito di saccheggiare, fucilare, ed incendiare. Chiunque ardirà ciò tentare sarà considerato come nemico dello Stato, e punito come tale. Ogni truppa armata dovrà dall’invitto mio generale de Donatis, o da me dipendere, né si riconosceranno altre truppe, che quelle da Noi disposte, ma gli abitanti tutti siano preparati a prendere le armi al suono delle campane a martello; ed accorrere al bisogno, se mai truppa nemica ardisse attaccarci, avvertendo, che quel paese, che tardasse ad accorrere, sarà dichiarato ribelle, e come nemico della patria militarmente castigato. Epperò voi tutti del clero, e specialmente voi, Pastori delle Anime, concorrete ad una impresa così gloriosa, e destate con vivezza le scintille della Pietà, e del languente costume, e fate risorgere fra le vostre contrade la purità della infallibile Nostra Religione, e tentare ogni mezzo coll’esempio, e colla voce, perché ritorni in noi quella pace, che finora ci è stata sì barbaramente rapita. Chiunque vorrà con Noi prendere le armi in questa sì nobile gara, si presenti a me, e agli Uffiziali maggiori per avere le necessarie istruzioni e per essere autorizzati colle patenti del Re delle Due Sicilie e più d’ogni altro io chiamo coloro che con eguale valore e fedeltà diedero prova allorché erano aggregati alle truppe Pontificie.

Dato dal Quartiere gen. di Servigliano, questo dì 26 maggio 1799. »

Documento n. 8

PROCLAMA: Ascoli 27 maggio 1799 per l’insorgenza

= FERDINANDO IV PER LA GRAZIA DI DIO RE DELLE DUE SICILIE DI GERUSALEMME ECC.

  1. DONATO ANTONIO DE DONATIS GENERALE IN CAPO DELL’ESERCITO IN MASSA PER LA SUA MAESTÀ’, CHE DIO LA GUARDI

«Popoli di Acquaviva aprite ormai gli occhi alla luce del giorno. Sentite la voce di uno, che ama il vostro vero bene. O Voi stringete le armi in favore delle nostre vittoriose truppe, ed allora troverete in Noi un amico sincero, ed affettuoso, che lungi dal prendere vendette delle vostre insolenze passate addosserà la valida protezione e di Voi, e delle sostanze vostre: o vi dichiarate nostri nemici, ed allora aspettatevi pure, che Noi con tutte le nostre forze affronteremo i vostri fuochi, vi piomberemo addosso, vi saccheggeremo usando ogni rigore militare. Pensate a Voi: decidete con prontezza e dentro due ore mandatene la risposta ».

Ascoli, 27 maggio 1799.

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Documento n. 9

Insorgenza: 26-29 Maggio 1799 a Castel Clementino

Dì 26 del corrente mese di Maggio: si manifestò a Castel Clementino il piano di una controrivoluzione da eseguirsi con l’aiuto e intesa degli Insorgenti Napoletani, alla cui testa si pose Clemente Navarra con la carica di Brigadiere a lui conferita da D. Donato De Donatis, generale in capo dell’Armata in massa Napoletana. Con l’intesa, come dicono, che la mattina seguente dovesse ivi giungere l’avanguardia di tale armata. La mattina del divisato giorno si cercò che i Parroci di detto luogo avessero predicato dall’altare di doversi tutti venire contro i francesi; ma i Parroci mostrarono ripugnanza di farlo, e il curato Burocchi per non esserci obbligato pensò di celebrare nella sua chiesa. Nonostante s’inalberò la Bandiera Napoletana, e si affissero editti con i quali s’invitava il popolo ad unirsi e si ordinava il ristabilimento delle antiche magistrature. La Terra di Santa Vittoria si accomodò per prima a seguire tale piano. Vi si atterrò l’Albero, si unirono delle persone, e alla testa uscì il noto Majeschi il quale si mostrò meno impegnato. Dietro tali incitamenti il giorno appresso 27 detto, la campana di Castel Clementino, che aveva cominciato a suonare a martello insieme col tamburo la sera innanzi seguitò a fare lo stesso

fin dalle otto della mattina e lo stesso si fece in Santa Vittoria, per adunare gente. Il dopopranzo di tale giorno si sentì simile furore e rimbombo di tamburo in M. S. Martino dove però non accorsero se non pochissimi contadini, che, sentito il motivo, amarono meglio di tornarsene alle loro faccende della campagna.

Ieri mattina 28 si intese lo stesso suono in Sant’Angelo <in Pontano> dove era stato dichiarato capitano Giuseppe Gentili. Per buona sorte di questo luogo, la commissione di fare lo stesso fu data all’Egamennoni insieme con la patente di capitano e i proclami da affiggersi, con ordine di eseguire tutto appena qui ritornato. Ma poiché la patente l’aveva presa per forza, come dice, non eseguì punto l’addossatagli commissione, cosicché questo luogo si preservò immune fra l’incendio che ardeva in ogni intorno, e siamo stati solo spauriti di quello che facevano gli altri, fino alle ore 14 circa del giorno di ieri, quando si intesero dalla parte di Castel Clementino delle scariche di moschettieri, che, ignorando noi cosa significassero, senza pensare alla zuffa che vi seguì col distaccamento della truppa francese e insorgenti, non sapevamo indovinare la causa. Se ne concepì però un sospetto, al vedere per mezzo del cannocchiale, che truppa di gente dalla parte di Falerone andava direttamente a quel luogo, e passava il fiume senza scalzarsi. L’eccidio seguito fu poi saputo da persone che, per curiosità di sapere, s’inoltrarono verso quella parte e più in dettaglio si raccontò iersera, e questa mattina. I morti insorgenti sono stati almeno venti. Tra questi il figlio del Navarra che fu incontrato dalla truppa vicino al molino di Falerone, mentre con 50 insorgenti circa, andava in Falerone, e il capitano benedetto Gualtieri fu ucciso poi in casa al tempo del saccheggio, che fu dei più feroci, con altri vari dei quali non so il nome, e fra questi la persona che stava a suonare le campane a martello, la quale fu sbalzata dalla torre. Secondo le relazioni che giungono, oltre allo spoglio generale fatto in tutte le case di quanto vi era – e vi era molto in alcune specialmente, che non si persuadevano di tale visita – vi è stato il massacro di tutto il mobilio che non si poteva trasportare. I cristalli e i vetri delle finestre furono rotti, i parati lacerati, i comò, i tavolini, le sedie, fatti in pezzi. Insomma si fece un macello e di carne e di roba, come ognuno può figurarsi e come si sentirà più dettagliatamente in appresso.

La sera innanzi <27> di questo tragico fatto si erano fatti arrestare e condurre in quel quartiere generale (così denominato quel luogo dal proclama) il Valeriani e il Venantini di Santa Vittoria; altri di là erano fuggiti, come avevano fatto parimenti altri da Falerone, il cui popolo, come quello di Montegiorgio, era stato il primo ad accorrere per arruolarsi.

Il Brigadiere Navarra si salvò con la fuga, e così si salvarono altri uniti con lui, che presero la fuga chi per una parte e chi per un’altra. La truppa poi che si aspettava dalla parte di Ascoli la mattina del 27 non era giunta e non giunse, perché a Mont’Alto trovò delle resistenze. Il Majeschi che aveva tanto brigato è restato morto anche lui. Raccontano che alle ore 4 del 26 partisse dal quartiere

generale e se tornasse a Santa Vittoria, cosicché non fu presente alla zuffa, ma inteso poi quanto successo, dicono che tornasse là per comprare delle robe prese nel saccheggio e che da quattro contadini fosse ammazzato avendogli trovato addosso molti “pezzi duri”.

Non mancò poi neppure qui una scenetta e fu che alle (ore) 19 circa di ieri 28 si presentò il capitano Giuseppe Gentili con sette altre persone del seguito, entrati per la porta del forno, i quali direttamente andarono alla porta del convento di San Francesco, andando dicendo per la strada Napoletani! Napoletani!

Appena smontato di cavallo il capitano suddetto, invece di entrare in convento, fece sul momento arrestare Giovanni Vecchi che passava in quel punto, e poi per la stessa strada, se ne ritornarono indietro senza far altro. Giunti avanti alla casa di lui, si fece incontro la moglie che si mise con le lacrime a scongiurarli di lasciarle il marito; ma il capitano diceva di condurlo al quartiere generale (che non so dove fosse) e gli altri di farlo a pezzi fuori della porta come Giacobino e supposto reo di aver <informato> i francesi perché venissero contro Castel Clementino. Il fatto è che lo condussero fino a San Rocco, ma poi, sopraggiunto il padre e don Santi Luccarini, li cominciarono a pregare di nuovo del rilascio; e sul giuramento che prestò don Santi che non fosse Giacobino, e che non aveva mai avuto alcun carreggio lo dimisero e se ne andarono per i fatti loro.

Ecco la storia genuina dell’accaduto nelle nostre vicinanze, e qui preghiamo Dio che le cose finiscano così. Ma temo di peggio. Pacifico Cornacchia di Santa Vittoria, arrestato dai contadini, fu condannato a Mont’Alto. Andreozzi restò ferito in faccia. Marinelli scampò la morte fuggendo in certi fossi. Majeschi rimase ucciso. Tutti questi andavano uniti a Castel Clementinoper ottenere dal comandante francese che non facesse andare la truppa a Santa Vittoria, dove si credeva <fosse> diretta dopo il sacco di Castel dementino.

(Autore anonimo probabilmente faleronese di un manoscritto n. 946 presso la biblioteca comunale di Macerata qui riferito in trascrizione corretta per l’ortografia)

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Documento n. 10

IL COMANDANTE GENERALE DELLA MONTAGNA GIUSEPPE CELLINI AI POPOLI DELLO STATO PONTIFICIO – INDIRIZZO –

Ascoltate, o Popoli amici, la voce di chi ama il vostro bene. Non è più tempo giacere in una colpevole inerzia, e sostenere più lungamente una fatale indifferenza. Tutti i vostri Fratelli limitrofi all’Abruzzo Ultra e Citra colle anni in mano già sono in Campo. Essi sull’esempio dei valorosi Sanniti, e da loro scortati, han combattuto e son vincitori. Entro le mura de’ loro Paesi più non spira liberamente l’aria impura, né alcun Francese, né verun perfido Giacobino. Sì l’uno, che l’altro si trova fra’ ceppi, o pallido fugge, e ramingo. Quanto audace si mostra questa infida genìa nel vederci avviliti, tanto vile or si dimostra vedendo il nostro coraggio, l’unione e i progressi delle nostre armi. Queste già spiegano su una ben larga estensione la sua energia. E’ stato un punto, un punto solo investir Norcia, Cascia, Visso, Serravalle, Ponte della Trava, Camerino, Ascoli, Mandola, Comunanza, 5. Vittoria, Montalto, Monte di Novo, Affida ecc. ecc. occuparli, e sollevarli. E’ brava la gente, che muove all’impresa, esperti i Duci che la guidano.

Or siam giunti al felice momento, in cui tutta la fiorente un dì, ed ora languida, e desolata Marca è per prendere l’Armi su cui dietro al divin soccorso, è riposta la propria, e l’altrui salvezza. Correte, o Popoli amici, correte ad unirvi con Noi. Non dubitate, la vittoria è nostra. Non vi è più da temere. I Mari, che bagnano la bella Italia, appena reggono a sostenere gl’immensi Legni Inglesi, Moscoviti, Lusitani, Ottomani. Poche di essi si sono presentati in Ancona, e pochi colpi di Cannoni han fatto sentire a quella bloccata città; e nondimeno han destato in essa la più spaventevole costernazione.

L’invitte Falangi Austro-Russe sono arrivate a Bologna. A Soffia è giunto il real Principe di Napoli con il Figlio del Gran Signore conducente un Esercito sorpendentissimo. Da altra parte vola a prestarci aiuto l’immortale Cardianal Ruffo. Noi ci troviamo con numerosa Leva in Massa, al cui fianco vedesi la intrepidezza, il coraggio, la vittoria. Fiancheggiati, protetti, alleati, assistiti da tante Forze, ditemi, vi può essere da temere? Non vi fate ingannare da certi spiriti deboli, o maliziosi Allarmi, Allarmi.

A ciò vi obligano i doveri della propria coscienza, l’amor della Patria, la fedeltà giurata al Sovrano, la Professione di nostra Santa Religione, la quale, sussistendo, per altro breve tempora Cabala Filosofica, Ateistica, Massonica, va ad annientarsi nei nostri Paesi; vi obbliga il bene delle vostre Famiglie, la tenera vostra Figliolanza, che riclama il Cristiano costume, e la sana educazione; vi obbligano il pericolante onore delle vostre Mogli, il pudore compromesso delle vostre Figlie, i beni già invasi, i diritti violati, le proprie persone colle minacce, e colle armi tante volte investite. Se all’aspetto di santi motivi, e di sì potenti aiuti voi non vi scotete, voi siete colpevoli. Tremate. Il colpo desolatore poco

sta a piombarvi sulle Persone, e sulle Sostanze. Odiosi a Dio, al Sovrano, al Popolo fedele, che aspettar mai non vi dovete di avverso? Deh! riunitevi con noi, e non soffrite alcun disastro.

Giacobini, rovesciatori del Trono, sacrileghi invasori de’ Beni Ecclesiastici, Profanatori de’ Luoghi Sacri, Distruttori dell’Ordine sociale, Increduli, Miscredenti, Depravatori del buon Costume, Soldati della Cabala Ateistica voi impallidite, e ponete le ali ai piedi. Ma, che giova? L’arco feritore è rivolto contro di voi. Molti de’ vostri pari o son caduti, o son fra le ritorte. Lo so, voi fuggite: ma dove alla fine miseri andrete? Ovunque strascinate l’indegna esistenza, seguiravvi il rimorso tormentatore: ovunque troverete nemici; ovunque l’odio, l’esecrazione vi accompagnerà. Giacobini ricredetevi. Ancora siamo in tempo. Abbracciate anche voi la difesa della Causa comune, e sarete salvi. Ma se per altro breve spazio vi restarete ostinati nel partito Filosofico, guai a voi; siete perduti. Tremate.

In Camerino dal Quartiere Generale 5, Giugno 1799 G. Cellini Comand. Gener. In Capite.

In Camerino 1799. Per Vincenzo Gori.

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Documento n. 11

Difesa repubblicana: Ascoli 4 giugno 1799

LIBERTA’           EGUAGLIANZA      REPUBBLICA FRANCESE

Dal Quartiere Generale d’Ascoli li 16 Pratile Anno VII della

Repubblica Francese una, ed indivisibile.

MONNIER Generale di brigata Comandante in Ancona, e ne’ tre Dipartimenti riuniti in istato d’Assedio

La Città d’Ascoli, divenuta il soggiorno de’ Briganti Abruzzesi, ha posto il Dipartimento nel rischio di perdersi. Gli Abitanti di questa Città ribelle avevano già presa la Coccarda rossa, e trasformate in autorità Monarchiche le autorità tutte della Repubblica. Essi han dirette le orde de’ Briganti co’ quali eransi unite, e quest’uomini infami, vantando il nome di Dio, del Re, e de’ Preti, han commesso i più detestabili eccessi sulle persone, e se ne hanno usurpato tutte le mobili proprietà, ovunque si son presentati. Le prime lor vittime sono state le Comuni di Offida, di Castorano, di Colli, dì Pagliare, di Monte Prandone, e nelle Campagne che se estendono fino a Montalto.

Non potendo sì fatti eccessi non eccitare la generale indignazione, debbon essi risvegliare tutta l’energia delle autorità Civili, e precisamente dalle Guardie

Civiche, per opporsi vigorosamente alle intraprese, che tentar potessero nuovamente gli enunciati Briganti.

Le Truppe Repubblicane si misero in moto: I Briganti sono stati battuti a S. Benedetto, a Ripatransone, in Acquaviva. Hanno fatta la lor ritirata in Ascoli, e là si erano fortificati. La Città La presa d’assalto dopo due ore di combattimento. Questo giorno è stato spettatore delle nostre complete vittorie, e gli scellerati sono stati puniti. Tutti coloro, che non hanno imitato il lor Generale nella fuga, sano caduti sotto i colpi Repubblicani.

Le Truppe, ch’io lascio nel vostro Dipartimento, occupano delle posizioni vantaggiose. Sarà però stabilita, sotto la sorveglianza dell’Amministrazione Dipartimentale, un Cordone sul Tronto composto della Guardia Civica. Una colonna mobile si metterà subito in azione per portarsi su tutti i punti minacciati, ed occupati dai Briganti suddetti.

Ogni Brigante arrestato sarà fucilato sull’istante. Le Comuni, che non si opporranno al loro ingresso, incorreranno nelle pene già significate nel Proclama del giorno 14 (2 giugno).

Signato MONNIER

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Documento n. 12

Ladroneggi degli insorti, luglio 1799, Ascoli

GIUSEPPE COSTANTINI ALIAS SCIABOLONE COMANDANTE LE TRUPPE IN MASSA PER SUA MAESTÀ’

FERDINANDO IV E POTENZE ALLEATE

Io sono informato dei continui ladroneggi che tuttodì si commettono sì in mobili che in bestiami a svantaggio di pacifici contadini. Sono esacerbato oltremodo per tali misfatti e ne prenderò le misure le più forti. Sotto pretesto di nuocere ai giacobini, si commettono l’empietà le più esacrande. Nessun individuo ha il diritto di ciò fare, ancorché il sapete, ma compete al solo sovrano. E’ questo un procedere che si oppone alla Religione Cattolica ed alle leggi di qualunque Governo. Il fulmine del castigo sta per piombare sopra a quelli che invece di desistere da un tal procedere non restituiranno sull’istante ciò che ànno rubato contro ogni diritto di natura e contro la legge di Dio. Io parto sì per unirmi al prode Generale La-Hoz e battere i Francesi; ma guai a quelli che prenderanno a scherzo questa mia risoluzione. Sarò inesorabile anche co’ miei più stretti di sangue.

Ordino però che subito si rimettino i massari ne’ rispettivi paesi i quali formeranno un processo a quelli ritengono o hanno preso bestiami.

Tutti gli abitanti de’ paesi e contadini si uniranno ad arrestare questi

perturbatori del buon ordine. In caso disperato e di resistenza, li autorizzo a far fuoco a tal razza di gente tanto perniciosa alla società.

Questo ordine stampato che sarà, voglio sia affisso in ogni paese e pubblicato nelle Chiese dai rispettivi curati.

Dal Quartier Generale di Lisciano 16 luglio 1799.

LUIGI ANELLI Segretario.

 

Documento n. 13

REGGENZA a Macerata, 20 agosto 1799

L’IMPERIALE – REGIA – PONTIFICIA REGGENZA DELLA MARCA DI FERMO E DI ANCONA

EDITTO

Per supplire alle immense spese, che seco porta il mantenimento di una Truppa attualmente impiegata alla difesa di una causa tanto nobile, e gloriosa, necessita ricorrere sull’istante a dei temperamenti quanto pronti, altrettanto capaci a produrre tutto ciò, che faccia d’uopo al servizio della medesima. Avrebbe voluto l’imperiale-Reggia-Pontificia Reggenza dispensarsi dall’addossare alle Popolazioni qualunque più piccolo peso, ma I’ urgenza dell’affare, e la santità della causa, che si è impresa a trattare, e che siam prossimi a sentire finalmente decisa, esiggono nuovi sforzi da tutti. Quindi è, che dopo le più mature riflessioni, e li scandagli più esatti, quello essendosi creduto il temperamento meno sensibile di ricorrere all’imposizione di un Testarico, regolato però, e diviso nel caso presentaneo in quattro diversi gradi, si è trovata nella circostanza di determinare, come appresso.

Primo = Tutti gl’individui delle Famiglie Nobili, o ascritte in primo grado in qualunque Città, o Terra, comprese in questa Classe le Comunità Religiose, dovranno subito sborsare in mano dei rispettivi Esattori pubblici a quest’effetto deputati uno scudo per cadauna Testa, con l’obbligo di pagare per ciscun Uomo o Donna di servigio paoli tre moneta di rame.

Secondo = Tutti gl’individui delle Famiglie del secondo ceto, o grado, del primo , e secondo de’ Castelli, e de’ Mercanti saranno tenuti per lo stesso titolo pagare bajocchi 40 per cadauno, t ame sopra.

Terzo = Tutti gl’individui delle Famiglie di qualunque altro grado, o ceto saranno obbligati pagare bajocchi dieci per ciascuno come sopra.

Quarto = Tutti li Coloni dovranno pagare bajocchi cinque per ogni testa come sopra.

Macerata dalla Reggenza 20 Agosto 1799.

(Omissis)

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Documento n. 14

<RICORDO DEI NAPOLETANI A PEDASO>

– 25 agosto 1799

È giunto finalmente in questo nostro castello di Pedaso la Real Truppa dell’Invitto Re delle due Sicilie, comandata dal prode Generale Don Donato de Donatis tanto da noi aspettato, e desiderato, ad oggetto di condursi sotto la Piazza di Ancona, dentro la quale i malvagi Francesi e i loro cinque Partitari sonosi riuniti fuggendo. Mercé un tal forte e valoroso soccorso speriamo ora vicino l’esterminio di quella perfida gente, che resiste ancora alle forze delle Potenze alleate, e speriamo altresì di vedere sollecitamente restituita l’intera tranquillità a queste nostre contrade. Intanto, siccome abbiamo ammirato la moderatezza di detta Real Truppa, che, per li vari provvedimenti dati dal riferito signor Generale, non ha recato la menoma molestia e niun danneggiamento agli interessi ed alle persone di questo castello nostra patria, così ne produciamo un completissimo Avviso al pubblico, onde tutti si esultino di giubilo e di contentezza.

Pedaso, 25 agosto 1799.

Li residenti

NICOLA BERNARDINI, Vie. for. e Dep. eccl.

PROTASIO TEODORI, Govern. locale,

BENEDETTO ROSSI, Segretario.

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Documento 15

ARMISTIZIO PACATO, 13 novembre 1799

LIBERTA’             EGUAGLIANZA           REPUBLICA FRANCESE

Ancona Assediata li 23 Brumale Anno 8vo della Republica

Tra il Generai di Brigata. MONNIER’ Comandante in Capo la Divisione di Ancona autorizzato, dal Consiglio di Guerra tenuto a questo effetto di trattare la Resa di Ancona.

Ed il Sig. Barone di FRELTCH Luogotenente Generale di Sua Maestà Imperatore, e Re, Comandante in Capo le Truppe che assediano Ancona.

La. presente Capitolazione è stata discussa, risoluta, decretata irrevocabilmente nel modo che siegue.

 

ARTICOLO PRELIMINARE

Il Generale Comandante la Divisione d’Ancona, e le Truppe sotto i suoi ordini considerando, che la Capitolazione ¡1 « Fano segnata li 8 Termidoro scorso tra le Truppe Repubblicane Francesi, ed il Sig. Comand. le Truppe Russo-Turche è  stata. Violata nella sua esecuzione per lo stesso Comandante.

Considerando, che la morte sarebbe preferibile al disonore di trattare con delle Autorità che non conoscono il Diritto delle genti.

Vista la situazione, in cui si trova la divisione d’Ancona, e vista la quarta, ed ultima intimazione di resa fatta dal Sig. Barone BRELICH, Luogotenente Generale al servizio di Sua Maestà Imperatore, e Re, Comandante, in capo le: Truppe assedianti Ancona.

Dichiara, che egli non vuole entrare in Negoziazioni, che colle Truppe, ed il detto Luogotenente Generale al servizio di S. M. Imperatore, e Re.

 

CAPITOLAZIONE – ARTICOLO I.

Le Truppe della Guarnigione di Ancona, e Forti annessi al giorno, ed ora, che saranno convenuti, sortiranno dalla Piazza con tutti gli onori della Guerra, cioè: Con Tamburo battente, Bandiere spiegate, Miccio acceso, avendo alla testa due pezzi di Cannone di Campagna coi loro Cassoni, più uno d’Infanteria per rendersi in Francia per la via di terra la più comoda; Soldati, Ufficiali, Generali, ed ogni Militare si di terra, che di mare il Console della Republica Francese, gl’ Impiegati, e agenti Civili, e Militari porteranno seco le loro Armi, Effetti, e Proprietà personali di qualunque genere.

Saranno riguardate come Truppe della Divisione di Ancona, e saranno trattate sotto tutti i rapporti come Truppe della Republica Francese i Cisalpini, Romani, ed altri Italiani formati in Legioni, Battaglioni, o Compagnie, che portano le armi nella detta Divisione.

ARTICOLO II

La Divisione sarà accompagnata, e protetta nella sua marcia sino ai Posti awanzati dell’Armata Francese in Italia da un determinato corpo di Truppe Imperiali Comandate da un Uffiziale dello Stato Maggiore.

ARTICOLO III

La Divisione, che si porterà in Francia per la via che essa giudicherà la più comoda,, marcierà a spese di S.M. Imperatore, e Re:

Ogni Militare, o impiegato riceverà la Razione di ogni genere, e l’alloggio competente al suo grado secondo le Leggi, e Regolamenti Francesi. La marcia non sarà, forzata, ma regolata militarmente dietro quella dell’Infanteria Francese. Il Genera MONIER Comandante la Divisione farà di concerto coll’Uffiziale di Stato Maggiore Austriaco la determinazione dell’alloggio, o accampamento, se sarà giudicato convenevole, come, pure delle ore di partenza, e luoghi di dimora.

Risposta: Le Truppe della Guarnigione di Ancona, e dei Forti annessi sortiranno nel giorno, ed ora convenuta dalla Piazza con tutti gli onori di Guerra richiesti per rendersi in Francia come Prigionieri di Guerra, e non serviranno contro S.M. Imperiale, e contro i suoi Alleati che dopo un perfetto Cambio.

La Truppa deporrà le Armi nel luogo che sarà fissato da un Articolo Addizionale; i soldati e sotto Uffiziali conserveranno le loro muciglie, il Generale Comandante la Divisione, il Console della Repubblica Francese, i Generali, Uffiziali di terra, o di mare, gli Impiegati Civili e Militari conserveranno le loro Armi, Cavalli secondo i loro Gradi, ed i loro Effetti Personali.

Il Generale FRELICH volendo dare una prova di stima alle Truppe della Guarnigione per la Difesa coraggiosa, e contro ogni aspettativa, che esse hanno fatto, accorda ai Sotto Uffiziali il diritto di portare le loro Sciabole per rendersi al loro destino.

E per dare alla Divisione tutta, non meno che al General MONNIER, che la comanda un attestato della considerazione particolare, e della stima di nazione a Nazione contraenti, gli concede una Guardia di onore composta di quindici Uomini a Cavallo montati, armati equipaggiati, e di trenta Carabinieri Armati.

ARTICOLO IV

Sarà accordato a spese di S. M. Imperatore, e Re il numero de’ Carri attaccati, necessarj al trasporto degli Effetti personali degli Uffiziali, Impiegati, Consigli d’Amministrazione, e dei Depositi dei Corpi della Divisione: Il numero dei detti Carri sarà, convenuto d’appresso lo stato dei bisogni, che fornirà il Commissario di Guerra Francese

Il Generale Com. la Divisione, il Console della. Republica Francese, i Generali di Brigata Lucotte, Pino, Palombini, il Capo dello Stato Maggiore della Divisione, i Comandanti del Genio, e dell’Artiglieria, il Pagatore della Divisione, i Commiissarj di Guena, e della Marina Francese, l’Agente del Commissario Civile sono autorizzati di condurre ognuno il. loro Carro coperto pel trasporto delle loro Carte di Amministrazione, come di. Contabilità, ed i loro Effetti personali qualunque.

Risposta: Accordato ma a condizione che sarà Consegnato, da chi ne avrà il dritto, al Sig. Generale Barón di FRELICH l’attestato, che le Balle degli Uffiziali e Furgoni coperti non contenghino effetti di proprietà pubblica.

ARTICOLO V

I Bastimenti da Guerra della Repub. Francese, e Corsari coi loro Uffiziali, Impiegati in Amministrazione, ed Equipaggi si renderanno in uno dei Porti della Republica nello stato che si. ritrovano al momento della sottoscrizione della Capitolazione, muniti di Passaporto, e sotto la garanzia di S. M. Imperiale.

I viveri saranno forniti a spese della detta Potenza a ragione del viaggio.

Risposta:

INAMMISSIBILE ma se le Corsare la LUPE e la VENDETTA uscite dal Porto, e potendosi ripresentarsi di nuovo, rientreranno dopo la Capitolazione, li Marinari, che ne compongono l’Equipaggio, avranno la medesima sorte, che le Truppe esistenti attualmente nella Piazza.

ARTICOLO VI

I Malati dello Spedale della Divisione che potranno essere trasportati, lo saranno a spese di S. M. Imperatore, e Re coi viveri, e medicamenti e Casse di Chirurgia, ed Uffiziali di Sanità sufficienti pel viaggio d’Ancona in Francia.

Gli Ammalati, che senza pericolo, non potranno essere trasportati, resteranno in Ancona; essi saranno protetti come un Deposito Sacro, e trattati come gli Ammalati di S. M. Imperiale.

La Divisione li confida alla lealtà ed umanità della Nazione Austriaca.

II  General MONNIER gli determinerà il numero degli Uffiziali di Sanità, ed Infermieri indispensabili sotto la sorveglianza d’un Uffiziale Militare Francese, e di un Commissario di Guerra.

Subitochè il detto Uffiziale, Commissario richiederanno il trasporto dei Convalescenti o per mare, o per terra, secondochè sarà più convenevole al loro stato, gli verrà religiosamente accordato.

ARTICOLO VII

I Prigionieri fatti tanto durante il corso dell’Assedio d’Ancona che nelle Spedizioni precedenti, e che sono in Ancona, o sopra i Bastimenti Russo-Turchi o nella Divisione occupata dal Sig. Generale FRELIGFI, saranno resi da una parte, e dall’altra immediatamente dopo la sottoscrizione della presente Capitolazione e parteciperanno delle disposizioni contenute ne’ suoi Articoli.

Risposta:

ACCORDATO, per li Prigionieri Francesi solamente, che si troveranno ancora nella Divisione del Sig. Generale FRELIC

ARTICOLO VIII.

Tutti gli Individui di qualunque Nazione, o Religione essi siano abitanti nella Città d’Ancona , o che vi si trovino, e segnatamente gli Ebrei non potranno essere inquietati, molestati, né ricercati direttamente, o indirettamente essi, e le loro famiglie sul sospetto, e per la manifestazione delle loro opinioni civili, politiche, e religiose, come per li fatti che sono risultati, pendente il cangiamento del Governo nel Territorio Romano.

Questa disposizione risguarda quei fra loro, che hanno preso le armi, o esercitato degli impieghi Civili, o Amministrativi durante quest’epoca, e che verrebbero molestati per le loro ingerenze.

Risposta:

Il Governo Austriaco farà rispettare il diritto delle Genti verso li Cittadini senza distinzione di opinioni, o Religioni, purché si sottomettino alle leggi.

ARTICOLO IX.

La Commissione Amministrativa d’Ancona, i Membri anteriori delI’Amministrazioni Centrali dei Dipartimenti del Tronto, Musone, e Metauro, dei loro Tribunali, e Municipalità, gl’impiegati in tutti questi corpi Politici, ed i Patriotti della Republica Romana, come pure li Cittadini., e Sudditi delle Potenze alleate della Republica Francese, che vorranno seguire la Divisione d’Ancona, Essi, le loro Famiglie, ed effetti avranno la liberà più intera, né potranno essere ritardati, né impediti sotto qualunque pretesto.

Risposta.

L’Autorità Militare proteggerà l’esecuzione del presente Articolo, uniformandosi alla risposta fatta nel precedente Articolo.

ARTICOLO X.

Le Vendite, e Cessioni dei Beni, fondi situati in Ancona, e suo Territorio, come anche nei Dipartimenti Musone, Tronto, e Metauro sì autorizzate dal Consolato Romano, che dalla Repubblica Francese saranno mantenute inviolabili

Risposta:

Il Sig. Generale FRELICH non puoi decidere, e lascia l’assoluzione di questo articolo ai Gabinetti.

ARTICOLO XI

Li Cittadini Francesi, e loro alleati potranno alienare, o fare trasportare come a loro più piacerà per terra o per mare a loro spese gli effetti, e mercanzie da loro acquistate sino a quest’oggi.

Risposta:

Accordato; se gli Effetti, e Mercanzie non provengono dai Bastimenti, e Carichi presi dai Corsari sopra i Sudditi di S.M. Imperiale, e che non sarebbero stati giudicati di buona preda.

ARTICOLO XII

Sarà permesso alle persone comprese negli Articoli 8. 9.10. 11. di disporre delle loro Proprietà fondarie, e mobiliarie di venderle, o alienare, o percepirne l’entrate, come a loro piacerà: potranno egualmente in caso di vendita, o alienazione trasportarne esse medesime l’amontante, o inviarlo a loro piacimento nei luoghi, ch’essi desidereranno in Oro, Argento, Viglietti a ordine, o Cambiali.

Le suddette Persone potranno in conseguenza nell’intervallo dei sei mesi a contare dal giorno della sottoscrizione della Capitolazione continuare esse medesime la vendita dei loro Beni, e l’esigenza dei loro Crediti con tutta quiete, se esse non amano meglio abbandonare il Paese colla Divisione d’Ancona, e lasciare i Procuratori generali, e speciali, i quali godranno della protezione, di cui avrebbero goduto restando in Ancona.

Risposta:

ACCORDATO, se i Beni, di cui si tratta non erano di pertinenza dell’Antico Governo, delle Comunità Religiose soppresse; o dei Particolari Emigrati.

ARTICOLO XIII.

I Consoli di Spagna, e di Genova avranno la facoltà di restare in Ancona per lo spazio di sei mesi per terminarci i loro interessi con tutta garanzia delle loro Persone, Famiglie, Proprietà, e Carte Personali, o risguardanti le loro Amministrazioni, se meglio non amano ritirarsi colla Divisione d’Ancona, ed in tal caso saranno trattati come il Console della Rep. Francese.

Risposta:

I detti Consoli saranno rispettati, e protetti.

ARTICOLO XIV.

Se vi fosse qualche Articolo nella presente Capitolazione soggetto o qualche oscurità sarà interpretato secondo I’equità a favore della Divisione d’Ancona.

ARTICOLI ADDIZIONALI.

  1. La Cassa del Pagatore della Divisione, i Viveri, ed effetti dei magazzeni della Rep. Francese saranno rimessi appresso ricevuta nelle mani dell’Assediarne, segnata che sarà la Capitolazione.
  2. L’artiglieria dei Forti, del Porto, della Piazza, ed oggetti annessi, le Piante, e Carte relative alle Fortificazioni, ed all’interesse militare del Paese, saranno rimesse ai Commissarj , che saranno destinati per riceverli, dopo averne fatto Inventario, e rilasciata Ricevuta.
  3. Li disertori dell’una, e l’altra parte saranno restituiti.

Risposta:

CONVENUTO per li Disertori Austriaci solamente

  1. Per la garanzia, ed esecuzione di tutti gli Articoli della Capitolazione saranno dati degli ostaggi, ed il Sig. Barone di FRELIC Tenente Generale Commandante le Truppe Assedianti Ancona si rende responsabile della sicurezza della

Divisione dal momento dell’occupazione dei Posti sino al suo destino, come anche dei danni che potrebbero esser fatti a quelli, che la compongono.

  1. Segnati che saranno gli Articoli della Capitolazione, i Picchetti delle Truppe di S. M. Imperatore, e Re occuperanno le Porte di Francia, e Farina in numero eguale, e congiuntamente ai Francesi.
  2. Ventiquattro ore dopo la sottoscrizione dei ridetti Articoli le Truppe della Divisione d’Ancona evacueranno i Forti, e la Piazza in una sola Colonna con tutti gli onori della Guerra ottenuti nell’Articolo primo: si renderanno il medesimo giorno a Sinigaglia con le loro armi, che deporranno, eccettuati li Militari, ed Impiegati, che devono conservarle.

Risposta:

Convenuto, ma la Truppa Prigioniera deporrà le sue Armi a Fiumesino.

Fatto, convenuto, e decretato in Ancona li 23. Brumale an. 8, della Republica Francese una ed indivisibile.

Il Generale di Brigata Comandante la Divisione d’Ancona MONNIER

Sottoscritto Piè della Croce 13 Novembre 1799.

FRELIH Tenente Generale

DOCUMENTI RELATIVI ALLE INSORGENZE NEL PICENO NELL’ANNO 1799

a cura di Carlo Tomassini

Documento n. 1

Lettere di Pio VI e Giuseppe II d’Asburgo – 3 e 19 agosto 1782

= PIO VI. Prevalendoci di quella amichevole libertà che piacque alla M.V. gentilmente esibirci, cioè che quando avessimo inteso che fosse per farsi da V.M. alcuna mossa, che avessimo creduta discorde dalle buone regole e pregiudizievole alla Religione, ne avessimo scritto confidenzialmente in dirittura alla M.V. Quindi è che essendoci pervenuto all’orecchio che V.M. vada pensando di togliere tutti i fondi alle Chiese ed agli ecclesiastici della sua monarchia, e ridurli semplici pensionarj, non possiamo dispensarci di pone in vista che se si effettuasse un tal pensiero, ridonderebbe alla Chiesa una lacrimevole lesione ed ai buoni uno scandalo irreparabile. Non è di nostra ispezione entrare nel politico e nell’economico de’ suoi Stati – benché in questa parte non cediamo a qualche Affezionato suo per ogni di lei giusto vantaggio — tuttavia non dobbiamo prescindere dai riflessi di deperizione delle rendite ecclesiastiche che coll’amministrazione da farsi dai secolari dei fondi non propri, dell’infrazione dei patti stabiliti fra’ suoi antecessori e diverse province, della ferita apportata alla Costituzione degli Stati, della violazione delle disposizioni dei pii fondatori, delle conseguenti pretensioni, che susciterebbero i loro eredi di rivendicare gli stessi beni: tutto ciò lo lasceremo da parte, come oggetti alieni dal nostro ministero, e che non sfuggiranno dalla penetrazione di V.M. Parleremo soltanto di ciò che non possiamo omettere per debito di coscienza, e le diciamo che il privare le chiese e gli ecclesiastici del possesso dei loro fondi temporali è in dottrina cattolica un errore manifesto, condannato dai Concili, esecrato da’ santi Padri e qualificato dai più rispettabili scrittori per dottrina velenosa, per dogma scellerato. Ed infatti per sostenere una tal massima a pro del sovrano, convien ricorrere ai falsi insegnamenti dei Valdesi, dei Vecleisti e degli Ussiti e di quanti altri pur sono andati d’accordo con loro, e specialmente dei liberali infetti del tempo. Non dobbiamo qui annoiare con una tessitura di citazioni nelle quali si legge che quelli che mettono mano ai beni della Chiesa per loro profitto, Rei sunt damnationis Ananie et Saphire et oportet eiusmodi tradere satane ut spiritus salvus sit in die Domini. Solo ci ristringeremo a riscrivere quanto nel XII secolo avvertì Giovanni patriarca d’Antiochia, che quantunque scismatico, non poté soffrire l’abuso del Principe che voleva, come utile, disporre a favore de’ suoi Stati dei fondi delle Chiese, così scrivendo: “Essendo tu uomo corruttibile, mortale e di corta vita, osi di dare ad un altro uomo quello che non hai? E se dici di donare quello che hai, e pensi che siano tue le cose di Dio, fai Iddio te stesso. Qual uomo dotato di senno chiamerà ciò provvidenza ed utilità e non piuttosto trasgressione, disubbidienza estrema e perniciosissima iniquità? Come può essere e dirsi cristiano chi profana le cose, siano qualsivogliano, (de)dicate e consacrate al nostro Iddio e celeste re Cristo?” Sappiamo che i contraddittori, male interpretando ed abusando di alcuni testi delle sacre Lettere, credono di ben stabilire in questa parte i loro errori, ma noi senza venire ad un esame di tali maligne applicazioni, domandiamo a V.M. se in dicendo gli stessi autori, che in forza di altri testi delle sacre Scritture non si può ammettere nel mondo sovranità, crederebbe la M. V. che tali testi scritturali fossero chiari e convincenti per l’assunto onde doversi spogliare della sua sovranità per salvar l’anima? Noi crediamo anzi chi penserebbe il contrario, ed in così pensando, penserebbe come pensiamo anche noi. E lo stesso dee dirsi dell’altro, in cui li nemici seguenti della Chiesa, gli eretici, li cattolici di apparenza, i falsi maestri, e gli adulatori dei Principi, attribuiscono ai medesimi in base dei passi della Scrittura, il diritto di togliere alla Chiesa e ai suoi ministri la proprietà ed il possesso de’ loro beni. Dovrebbero pur sapere costoro che i Leviti d’Israello possedevano vaste campagne ed intere città e che come fondi santificati erano inalienabili ed in pertinenza del Sacerdozio. E perché dunque non conciliare il libro del Levitico, dei Numeri, dei Re con le altre espressioni che a chi non sa sembrano fra di loro contraddittorie e far lo stesso con i testi del Vangelo e con gli Atti degli Apostoli, come hanno fatto i santi Padri per tacciare, con manifeste eresie, di contraddizioni i sacri Libri dettati dalla stessa divina Sapienza? Facciamo uso di questi riflessi non perché possiamo mai persuaderci che V. M. abbia cuore di non rendere di peggiore condizione le Chiese, di qu(anto) sono le famiglie particolari, e di seguitare l’esempio di soli Principi Protestanti e segregati dalla nostra Comunione, ma affinché la M.V. senta in poche righe ciò che gli dee aver detto alcuno degli odierni pensatori. Non dissimuliamo che purtroppo alcuni fra i molti ecclesiastici faranno di tali beni un uso mai retto: ma che da ciò? Forse questa sarà ragione per farne uno spoglio ed una appropriazione chiamata sacrilega e farla generale a danno della Chiesa, dei successori e di quelli che l’impiegano secondo i dettami delle sacre Ordinazioni? Nei colloqui avuti con V. M. non entrammo in questa materia, che a termini di particolare temporaneo sequestro, e non ci siamo dimenticati di aver dette delle ragioni per le quali ci parve la M.V. persuasa a doversene astenere. Ma se ci avesse proposto il dubbio di una illimitata privazione per passare i beni delle Chiese all’amministrazione de’ secolari, le avre(mm)o aggiunto ragioni molto più rinforzate con le quali l’avre(mm)o convinta deporne il pensiero.

Quello che la mancanza di apertura non ci diede adito allora di fare colla viva voce, l’abbiamo fatto in ristretto colla presente, la quale, se non avesse eguale efficacia, farebbe conoscere a tutto il mondo cattolico che V.M. non ha fatto alcun conto dei nostri suggerimenti o che presto se n’è dimenticata: giacché in questa sola novità si conviene il rovesciamento di quelle massime cattoliche che ci permise di rilevare. Preghiamo di cuore il Signore che faccia sempre risplendere nell’effettivo Governo della M.V. quelle proteste del suo attaccamento alla purità della Religione in modo che mai restino deluse da fatti contrari. Fin qui ci siamo prevalsi di altra mano più corrente e più facile a leggersi della nostra, per affatigar e tanto di meno la vista di V.M. Con questa rispettosa dichiarazione passiamo ad abbracciarla con pienezza di affetto e col darle la Patema Apostolica Benedizione: Datum Romae apud s. Mariam Maiorem die 3 augusti 1782, pontificatus nostri anno VII. Pius pp. VI.

 

<RISPOSTA DELL’IMPERATORE>

= GIUSEPPE: Ho l’onore di rispondere a posta corrente alla lettera che là S.V. viene di scrivermi sul supposto che io voglia togliere tutti i fondi alle Chiese ed agli ecclesiastici e ridurli tutti ad essere semplici pensionarj. Le relazioni delle persone che mi procurarono già l’alto onore di vedere la S.V. alla mia residenza mi hanno anche senza dubbio procurata questa nuova testimonianza in scritto della sua amicizia e del suo zelo apostolico. Non posso dir altro, senza stendermi in lunghezze, se non che il supposto pervenuto alle sue orecchie, come la S.V. si esprime, è falso e senza andar cercando i testi tanto della Scrittura, che dei santi Padri, però sempre soggetti ad interpretazioni e spiegazioni, tengo una voce in me, che mi dice quello come Legislatore e Protettore della Religione mi convien di fare e di tralasciare. E questa voce coll’aiuto della divina grazia e col carattere onesto ed equo che mi sento, non può mai indurmi in errore. Se la S. V. vuole restar persuasa di questa verità, come lo spero, la prego anche di credermi con più filiale attaccamento e rispetto: 19 agosto 1782 Giuseppe.

-.

Documento n. 2

Sulla cessazione dello Stato Pontificio: P. Vincenzo Maria Strambi, anno 1798

(…) Se poi si domandasse sia espediente e vantaggioso che la Chiesa abbia dominio e Principato, vi si può rispondere che la cosa è assai dubbia e controversa anche presso le persone più savie e meglio affezionate alla stessa Chiesa. Imperocché se per una parte l’aver dominio è stato proprio perché dia alla Chiesa e ai suoi Ministri una maggior libertà nel promulgare la volontà dell’Altissimo e facilità maggiore nello stabilirne i mezzi per bene eseguirli. Per l’altra parte l’essere la Chiesa e i suoi Ministri privi di ricchezza e di dominio, pare che li mantenga più raccolti nel servizio di Dio, più distaccati dalle cose terrene, più umili in tutta la loro condotta, più affabili e più solleciti del bene del Prossimo, e cosi più amabili a Dio ed agli uomini.

Il certo si è che siccome l’uomo veramente savio si accomoda a tutte le disposizioni della provvidenza, e di quelle si prevale per adempire i disegni dell’Altissimo in bonum. Così quando una certa necessità, come la chiama S. Bernardo De Consideratione lib. 4, c. 3, faceva che si ritenesse dominio, e Principato, gli Ecclesiastici santi colla loro virtù tutto facevano servire all’accrescimento della gloria di Dio. Così mentre, non senza sovrana disposizione di Dio, la Chiesa resta priva di dominio, Dominus abstulit; gli Ecclesiastici che hanno veramente lo spirito del Signore e della sua Chiesa, non trascureranno di raccogliere da questa privazione tutti i preziosi vantaggi, che se ne possono ricavare.

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Documento n. 3

Omelia del Vescovo di Imola (futuro Pio VII), anno 1798

<Ecco le linee direttive dell’Omelia del Cardinale Chiaramonti: Libertà, fraternità, democrazia>.

«La libertà cara a Dio e agli uomini è una facoltà che fu donata all’uomo, è un dominio di poter fare e non fare, ma sempre sotto la legge divina ed umana. Non esercita ragionevolmente la sua libertà chi si oppone alla legge baldanzoso e ribelle;1 non esercita ragionevolmente la sua libertà chi contraddice a Dio e alla temporale sovranità, chi vuol seguire il piacere e lasciare l’onestà, chi s’attiene al vizio ed abbandona la virtù… La forma di governo democratico, adottata fra di noi, o dilettissimi fratelli, no, non è in opposizione colle massime fin qui esposte, né ripugna al Vangelo: esige anzi tutte quelle sublimi virtù che non s’imparano che colla scuola di Gesù Cristo, e le quali, se saranno da voi religiosamente praticate, formeranno la vostra felicità, la gloria e lo splendore della vostra repubblica » (…)

« Decidete quanto conferiscano i precetti del Vangelo, le tradizioni degli Apostoli e dei grandi filosofi Padri e Dottori cristiani a conservare la pace, a far risplendere la vera grandezza dello stato democratico, a fare di tanti uomini, dirò così, tanti eroi di umiltà, di prudenza nel governare, di carità nel fraternizzare fra loro stessi e con Gesù Cristo… Il luminoso oggetto della nostra democrazia dev’essere di stabilire la massima possibile unione di sentimenti, di cuori, di forze fisiche e. morali, onde ne derivi una soave fratellanza nella società (…) nella democrazia studiatevi di essere della massima possibile virtù e sarete i veri democratici: studiate ed eseguite il Vangelo e sarete la gioia della repubblica…

La religione cattolica sia l’oggetto più prezioso del vostro cuore, della vostra divozione e di ogni altro vostro sentimento. Non crediate che ella si opponga alla forma di governo democratico. In questo stato, vivendo uniti al vostro Divin Salvatore, potete concepire una giusta fiducia dell’eterna salute, potete operare la felicità temporale di voi stessi e dei vostri simili e procurare la gloria della repubblica e delle autorità costituite. Sì, miei cari fratelli, siate buoni cristiani e sarete ottimi democratici ».

 

Documento n. 4

Giuramento del Vescovo di Fano – 26 febbraio 1798

Voi ora siete Sovrano, o mio Popolo, e Dio, il grande Iddio vi ha dato questa sovranità. Io sono, o Popolo, il vostro Vescovo. E fu Dio che mi chiamò e per mezzo del suo Vicario mi ha assunto a carico così tremendo.

I regolatori voi siete di quelle vie che conducono l’uomo ad essere felice in terra, ed io sono il regolatore di quelle vie che conducono l’uomo ad essere felice in Cielo.

Io adoro nelle vostre mani le democratiche leggi, ma voi adorate ancor nelle mie, le leggi dell’Evangelo.

Oh sante leggi dell’Evangelo, qua, a me, oggi, che vi consegni al mio Popolo, onde egli che è Sovrano sia mai sempre democratico senza colpa, democratico con virtù. Oh, leggi democratiche, qua, a me, pure in quest’oggi. Voi avete, o Popolo, alle leggi dell’Evangelo quell’ossequio che è ben dovuto alle leggi dell’Evangelo di Gesù Cristo: morir piuttosto che violar questa legge.

Io debbo alle vostre leggi, ubbidienza e rispetto, e tal rispetto e ubbidienza che ognuno impari a rispettarle e ubbidire.

Ohimè! Se ardito io fossi di violarle, sarei colpevole di più delitti, sarei meritevole di molte pene. Ma o quali atroci pene voi pure avreste non solo in terra, ma anche all’inferno, se violate un sol precetto dell’Evangelo, se vi scostaste dagli esempi del Crocifisso:

Io no, che esser non voglio reo di in ubbidienza alle vostre leggi, ma voi nemmeno esser lo dovete a quelle che già vi imposi a nome del vostro Dio.

Deh, rammentate, o Popolo, in vostro cuore, rammentate quei giuramenti che faceste là nel Battistero, ché io, anch’io con giuramento m’obbligo al mio dovere.

GIURO, ecco, o Dio le mie parole, ecco la mia promessa, giuro fedeltà al democratico attual governo, giuro obbedienza alle sue leggi, ma ad un tempo a voi giuro fedeltà e ubbidienza, o mio Dio, fedeltà ed ubbidienza adorabili Comandamenti e alla vostra Chiesa

Oh, sacerdoti, o ministri del Divin Culto, giuro anche per voi, e Dio riceva in religioso olocausto i nostri inviolabili giuramenti.

Sebbene, ah, perché, o mio popolo, anzi miei figli, mia corona e mio gaudio, perché non posso giurare anche per voi. Voi sì che potete adesso formarvi i vostri rappresentanti, le vostre leggi, ma poi, formati gli uni, formate le altre, dovete anche voi rispettare entrambe, e ubbidire con fedeltà. E’ Dio che così vuole, quel sapientissimo Dio, che arbitro e regolatore delle sorti del mondo, le dispone e modera a suo talento.

Voi qui vedete tra i vostri concittadini, quegli che rappresentano la vostra sovranità.

Essi rispetteranno sempre la Religione, terranno da voi lontani i fulmini di Gesù Cristo, onoreranno l’infallibile successore di Pietro e la sua fede, saranno scudo e difesa al cattolico Culto, al sacro tempio, ai suoi ministri, ma tutti insieme custodi ed esecutori delle vostre leggi, ne esigeranno veglianti e solleciti l’adempimento.

Fra questa loro rappresentanza, non è ella tale che al dir di Paolo, vi obbliga ad adorare in esso gli altri decreti, e le disposizioni del vostro Dio, con spirito d’ubbidienza? Eh, sì pur dunque ubbidienza, anche per voi o mio popolo, fedeltà e ubbidienza all’attuai vostro Governo e agli attuai vostri rappresentanti. Ma avvertite questo spirito di fedeltà, questo spirito d’ubbidienza ove più vigoroso lo trovate, se non tra gli augusti veli di Religione?

Adempiansi queste leggi che io vostro Pastore vi addito nell’Evangelo e sarete Sovrani ad un tempo e sudditi integerrimi e virtuosi.

Oh, beato quel Popolo ove nelle massime e nei costumi, trionfa il Vangelo, perché trionfano insieme con lui, la pace il buon ordine, la giustizia!

Beato quel popolo ov’è la Repubblica protetta dal Crocifisso, e il Crocifisso difeso dalla Repubblica, mentre con sì mirabile unione, resta assicurato il doppio bene all’uomo in ordine alla terra e al Cielo.

Cari miei figli, mentre io su questo Altare, consapevole dei miei voti e delle antiche mie lagrime, Altare che mi mostra le sacre ceneri del mio Vescovo Fortunato, Altare che mi ricorda i favori e i voti dell’Ammirabile Madre Maria, mentre io deposito i miei già formulati giuramenti, voi venerateli con Religione. Son giuramenti del vostro Vescovo. Ma ad un tempo accoppiate ad essi le vostre risoluzioni, fervide risoluzioni d’osservare la santa legge di Dio, d’amarvi in Dio, d’essere cittadini nelle vostre intraprese, diretti sempre alle intenzioni di Dio

Oh, Dio, piovete amoroso Sole dal Cielo, che infiammi di carità, illumini le nostre menti, ecciti in cuore, generosi affetti di religione e di Fede.

Rendete santo il Pastore, rendete sante la Greggi onde tutti possiamo un giorno cantarvene, nell’eterna Gerusalemme, inno più giulivo e festoso, del festoso inno giulivo, che ora sciogliamo qui ai piedi del vostro Altare.

Nota: questo foglio, probabilmente portato da don Valeriano Orazi segretario del vescovo di Fano e canonico a Santa Vittoria, ov’è rilegato nel registro n° VI “Iura”, carte 359-360.

 

Documento n. 5

Proclama di Fernando re di Napoli – 14 novembre 1798 (ortografico)

= FERDINANDO IV per la grazia di Dio re delle Sicilie e di Gerusalemme, infante di Spagna, duca di Parma, Piacenza, gran Principe ereditario delle Toscane etc.

Quantunque fin dal principio delle rivoluzioni politiche, che da qualche tempo hanno turbato la tranquillità in varie parti del mondo, avessimo noi procurato di provvedere alla costante sicurezza dei nostri reali Stati e Domini col tenerle lontane le perniciose massime e i seduttori, riordinare ed accrescere le nostre forze armate, stringere con più forti nodi le alleanze con le potenze amiche, stipulare trattato di Pace con la Repubblica Francese, ed esaudire ogni altro mezzo di operazioni pacifiche: pure nondimeno ci siamo trovati nella dura circostanza di vedere in pericolo la quiete ed indennità dei nostri Stati per motivo dell’inaspettata mutazione di Governo del limitrofo Stato Romano, accompagnata dalla sovversione di ogni sano stabilimento, dal danno della santa religione cattolica e da civili discordie e luttuose scene di massacri e depredazioni. Questi avvenimenti, l’imprevista occupazione dell’Isola di Malta di nostra regia pertinenza e le continue minacce di prossima invasione nei nostri Domini, confermate da apparecchi guerrieri e da movimenti di truppe alla volta di questo Regno di Napoli, ci hanno indotto a prendere altri più efficaci provvedimenti, onde allontanare dai nostri Domini qualunque danno e pericolo. Abbiamo pertanto determinato di fare avanzare il nostro reale esercito dentro lo Stato Romano fin dove l’urgenza lo richiederà, con la ferma volontà di ravvivarvi la cattolica religione, farvi cessare l’anarchia, le stragi e le depredazioni, ricondurvi la Pace, e porlo sotto il regolare Governo del suo legittimo Sovrano. Dichiariamo ai nostri amatissimi sudditi, agli abitanti dello Stato Romano, ed agli altri popoli dell’intera Italia che (lungi dal muovere guerra contro alcuna Potenza) il solo desiderio di provvedere alla loro sicurezza e di rendere il dovuto onore alla religione ci ha mosso a questa intrapresa nella quale Noi col soccorso del sommo Dio, secondati dai validi aiuti dei nostri grandi alleati e dall’opera delle Nazioni Italiane, speriamo avere felicissimi eventi. Noi stessi alla testa dei prodi soldati del nostro invitto esercito, dirigeremo le loro operazioni militari e ci impegneremo di fare uso delle loro forze nei soli casi di resistenza e di aggressione, mentre in ogni altro rivolgeremo le nostre cure soltanto agli indicati sacri oggetti della Religione e del riordinamento del Governo dello Stato Romano. Con tale prevenzione adunque esortiamo gli abitanti tutti del detto Stato Romano di deporre le armi nel momento dell’ingresso del nostro esercito nel loro territorio; di conformare a quelle disposizioni che saremo per dare in favore di essi e della salvezza comune, di facilitare con i possibili mezzi e aiuti la nostra giustissima intrapresa, e di essere sicuri che Noi, facendo uso della nostra naturale giustizia e clemenza, non solo proteggeremo e ricompenseremo i buoni e virtuosi, ma ancora raccoglieremo con paterno affetto i traviati che, pentiti dei propri errori, volontariamente ritorneranno nel diritto sentiero e si sottoporranno al nostro comando.

Inculchiamo pertanto a tutti di abbandonare ogni idea di vendetta per il danno che per la passata rivoluzione gli uni avessero agli altri arrecati e di astenersi da qualunque sorta di eccesso di rappresaglia, sotto pena della nostra reale indignazione, di essere trattati i contravventori come nemici della pubblica sicurezza.

Esortiamo parimenti i Generali e Comandanti di qualunque esercito estero di far subito ritirare tutte le loro truppe fuori dal territorio romano, senza prendere ulteriormente parte nelle avventure di quello Stato la cui sorte per ragione di vicinanza e per altri legittimi motivi interessa principalmente la nostra Regia Podestà. Infine manifestiamo che dal punto in cui il nostro esercito sarà entrato nel territorio Romano, vi sarà libera comunicazione tra le sue popolazioni e quelle del Regno, del quale per provvedere alla sussistenza delle Reali truppe ed al bisogno degli abitanti dello Stato Romano, faremo nel medesimo trasportare i generi necessari di viveri ed altre occorrenze.

Dal Quartiere Generale di S. Germano 14 novembre dell’anno 1798. Ferdinando

  1. Acton

(Nel registro VI “Iura” dell’archivio capitolare Santa Vittoria in Matenano, cc.362s. Nota: la guerra del re di Napoli contro la Repubblica Romana, risulta dichiarata il 23 novembre 1798 nel “Distinto ragguaglio della totale disfatta riportata sul formidabile esercito napoletano dalle invitte falangi della Grande Nazione” stampa dell’epoca.)

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Documento n. 6

Ascoli 5 febbraio 1799: sottomissione pacifica

= LIBERTA’   REPUBBLICA ROMANA   EGUAGLIANZA

LA MUNICIPALITÀ’ D’ASCOLI

Alle Popolazioni vicine, Perdono, e Pace per le Communi Armate del Tronto. Dopo varie trattative in iscritto, e a voce colla mediazione nostra, e per mezzo de’ virtuosi Ecclesiastici, Secolari, e Regolati, spediti in tutte le Comuni, il General Francese dimostrando la sua brama di fare cessare i disordini, e risparmiare le conseguenze funeste di una spedizione di Truppe sulle nostre Campagne, trovò il Comandante, e Capitani delle Popolazioni armate, nelle medesime disposizioni di procurare il maggior bene; Quindi in risposta ad un foglio dei prelodati Capitani de’ 4 Febraro furono sottoscritti i seguenti Articoli fissati dal prode, ed umanissimo Generale.

Ascoli 5 Febbraro 1799 V.S. 17 Piovoso, Anno 7. della Repubblica Francese.

Il Generale Francese vede con piacere, che i Montagnoli Insorgenti vogliono acconsentire alla Pace.

Le Truppe Francesi non possono farne, che di onorevole, e di giusto: in conseguenza il Generale Francese animato dal desiderio della Pace, non può donarla, che alla Condizione di già descritta cioè:

  1. Perdono generale per tutte le Communi.
  2. Tutte le Communi daranno un Ostaggio della loro sincerità alla Pace.
  3. Questi Ostaggi saranno sotto la risponsabilità di un’abitante di Ascoli.
  4. Niuno sarà ricercato nella sua passata condotta.
  5. Non sarà levata alcuna requisizione alle circostanze insorte.
  6. Nel Caso, in cui non possa trovarsi un Ostaggio ne’ Villaggi, il Generale Francese accetterà un Abitante, o Prete di Ascoli, che rappresenterà questo Villaggio. (…) Firme di 22 Comandanti (omesse)

 

ARTICOLO ADDIZIONALE

Se non si sono posti gli Articoli relativi al servizio della Religione, alle Campane, e alle Prediche, è perché questi Articoli non possono incontrare alcuna difficoltà poiché già sono accordati dal Capo medesimo delle Truppe, il quale da vari giorni ha dato l’ordine di far suonare le Campane, ed hà protette tutte le Chiese, e promesso il libero esercizio del culto; poiché in fine la facoltà la più intiera sopra questo punto è già accordata da un Proclama del Generai Dahesmer. Per scanzo di ogni equivoco, il Generale Francese conferma le disposizioni a questo riguardo.   Ascoli 17. Piovoso Anno 7. DARGOUBET

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Documento n. 7

PROCLAMA 26 maggio 1799 a Servigliano per l’insorgenza

Per FERDINANDO IV Re delle Due Sicilie e di Gerusalemme, ecc.

Il conte CLEMENTE NAVARRA

Brigadiere delle Truppe arrolate in massa, Napol. e Pontificie

«Ergete la fronte, Popoli generosi del Piceno. Eccovi il felice momento di ravvivare la nostra Santa Religione, di rimostrare il nostro attaccamento al Sovrano e di sottrarci da questa anarchia che sì barbaramente ci opprime. Correte tutti alle armi, e ricordatevi di quel ch’è scritto nelle Sagre Carte nel libro di Judith, cap. 15, v. 6: Omnis itaque regio omnisque Urbs electam Juventutem armatam misit post eos, et persecuti sunt eos in ore gladii quousque pervenirent ad extremitatem finium eorum.

Io vi chiamo a difendere la causa comune, fidate in Dio, nei grandi alleati, nel coraggio avito… Si agirà col massimo rigore delle leggi, perché ritorni il buon ordine, facendo noto a tutti con questo Editto, che in ciascun paese siano reintegrate le Magistrature, alle quali inculco di proibire affatto, che truppe di gente armata dal capriccio, col pretesto della buona causa, vadino scorrendo per le campagne e paesi, arrestando delle persone, e farsi lecito di saccheggiare, fucilare, ed incendiare. Chiunque ardirà ciò tentare sarà considerato come nemico dello Stato, e punito come tale. Ogni truppa armata dovrà dall’invitto mio generale de Donatis, o da me dipendere, né si riconosceranno altre truppe, che quelle da Noi disposte, ma gli abitanti tutti siano preparati a prendere le armi al suono delle campane a martello; ed accorrere al bisogno, se mai truppa nemica ardisse attaccarci, avvertendo, che quel paese, che tardasse ad accorrere, sarà dichiarato ribelle, e come nemico della patria militarmente castigato. Epperò voi tutti del clero, e specialmente voi, Pastori delle Anime, concorrete ad una impresa così gloriosa, e destate con vivezza le scintille della Pietà, e del languente costume, e fate risorgere fra le vostre contrade la purità della infallibile Nostra Religione, e tentare ogni mezzo coll’esempio, e colla voce, perché ritorni in noi quella pace, che finora ci è stata sì barbaramente rapita. Chiunque vorrà con Noi prendere le armi in questa sì nobile gara, si presenti a me, e agli Uffiziali maggiori per avere le necessarie istruzioni e per essere autorizzati colle patenti del Re delle Due Sicilie e più d’ogni altro io chiamo coloro che con eguale valore e fedeltà diedero prova allorché erano aggregati alle truppe Pontificie.

Dato dal Quartiere gen. di Servigliano, questo dì 26 maggio 1799. »

Documento n. 8

PROCLAMA: Ascoli 27 maggio 1799 per l’insorgenza

= FERDINANDO IV PER LA GRAZIA DI DIO RE DELLE DUE SICILIE DI GERUSALEMME ECC.

  1. DONATO ANTONIO DE DONATIS GENERALE IN CAPO DELL’ESERCITO IN MASSA PER LA SUA MAESTÀ’, CHE DIO LA GUARDI

«Popoli di Acquaviva aprite ormai gli occhi alla luce del giorno. Sentite la voce di uno, che ama il vostro vero bene. O Voi stringete le armi in favore delle nostre vittoriose truppe, ed allora troverete in Noi un amico sincero, ed affettuoso, che lungi dal prendere vendette delle vostre insolenze passate addosserà la valida protezione e di Voi, e delle sostanze vostre: o vi dichiarate nostri nemici, ed allora aspettatevi pure, che Noi con tutte le nostre forze affronteremo i vostri fuochi, vi piomberemo addosso, vi saccheggeremo usando ogni rigore militare. Pensate a Voi: decidete con prontezza e dentro due ore mandatene la risposta ».

Ascoli, 27 maggio 1799.

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Documento n. 9

Insorgenza: 26-29 Maggio 1799 a Castel Clementino

Dì 26 del corrente mese di Maggio: si manifestò a Castel Clementino il piano di una controrivoluzione da eseguirsi con l’aiuto e intesa degli Insorgenti Napoletani, alla cui testa si pose Clemente Navarra con la carica di Brigadiere a lui conferita da D. Donato De Donatis, generale in capo dell’Armata in massa Napoletana. Con l’intesa, come dicono, che la mattina seguente dovesse ivi giungere l’avanguardia di tale armata. La mattina del divisato giorno si cercò che i Parroci di detto luogo avessero predicato dall’altare di doversi tutti venire contro i francesi; ma i Parroci mostrarono ripugnanza di farlo, e il curato Burocchi per non esserci obbligato pensò di celebrare nella sua chiesa. Nonostante s’inalberò la Bandiera Napoletana, e si affissero editti con i quali s’invitava il popolo ad unirsi e si ordinava il ristabilimento delle antiche magistrature. La Terra di Santa Vittoria si accomodò per prima a seguire tale piano. Vi si atterrò l’Albero, si unirono delle persone, e alla testa uscì il noto Majeschi il quale si mostrò meno impegnato. Dietro tali incitamenti il giorno appresso 27 detto, la campana di Castel Clementino, che aveva cominciato a suonare a martello insieme col tamburo la sera innanzi seguitò a fare lo stesso

fin dalle otto della mattina e lo stesso si fece in Santa Vittoria, per adunare gente. Il dopopranzo di tale giorno si sentì simile furore e rimbombo di tamburo in M. S. Martino dove però non accorsero se non pochissimi contadini, che, sentito il motivo, amarono meglio di tornarsene alle loro faccende della campagna.

Ieri mattina 28 si intese lo stesso suono in Sant’Angelo <in Pontano> dove era stato dichiarato capitano Giuseppe Gentili. Per buona sorte di questo luogo, la commissione di fare lo stesso fu data all’Egamennoni insieme con la patente di capitano e i proclami da affiggersi, con ordine di eseguire tutto appena qui ritornato. Ma poiché la patente l’aveva presa per forza, come dice, non eseguì punto l’addossatagli commissione, cosicché questo luogo si preservò immune fra l’incendio che ardeva in ogni intorno, e siamo stati solo spauriti di quello che facevano gli altri, fino alle ore 14 circa del giorno di ieri, quando si intesero dalla parte di Castel Clementino delle scariche di moschettieri, che, ignorando noi cosa significassero, senza pensare alla zuffa che vi seguì col distaccamento della truppa francese e insorgenti, non sapevamo indovinare la causa. Se ne concepì però un sospetto, al vedere per mezzo del cannocchiale, che truppa di gente dalla parte di Falerone andava direttamente a quel luogo, e passava il fiume senza scalzarsi. L’eccidio seguito fu poi saputo da persone che, per curiosità di sapere, s’inoltrarono verso quella parte e più in dettaglio si raccontò iersera, e questa mattina. I morti insorgenti sono stati almeno venti. Tra questi il figlio del Navarra che fu incontrato dalla truppa vicino al molino di Falerone, mentre con 50 insorgenti circa, andava in Falerone, e il capitano benedetto Gualtieri fu ucciso poi in casa al tempo del saccheggio, che fu dei più feroci, con altri vari dei quali non so il nome, e fra questi la persona che stava a suonare le campane a martello, la quale fu sbalzata dalla torre. Secondo le relazioni che giungono, oltre allo spoglio generale fatto in tutte le case di quanto vi era – e vi era molto in alcune specialmente, che non si persuadevano di tale visita – vi è stato il massacro di tutto il mobilio che non si poteva trasportare. I cristalli e i vetri delle finestre furono rotti, i parati lacerati, i comò, i tavolini, le sedie, fatti in pezzi. Insomma si fece un macello e di carne e di roba, come ognuno può figurarsi e come si sentirà più dettagliatamente in appresso.

La sera innanzi <27> di questo tragico fatto si erano fatti arrestare e condurre in quel quartiere generale (così denominato quel luogo dal proclama) il Valeriani e il Venantini di Santa Vittoria; altri di là erano fuggiti, come avevano fatto parimenti altri da Falerone, il cui popolo, come quello di Montegiorgio, era stato il primo ad accorrere per arruolarsi.

Il Brigadiere Navarra si salvò con la fuga, e così si salvarono altri uniti con lui, che presero la fuga chi per una parte e chi per un’altra. La truppa poi che si aspettava dalla parte di Ascoli la mattina del 27 non era giunta e non giunse, perché a Mont’Alto trovò delle resistenze. Il Majeschi che aveva tanto brigato è restato morto anche lui. Raccontano che alle ore 4 del 26 partisse dal quartiere

generale e se tornasse a Santa Vittoria, cosicché non fu presente alla zuffa, ma inteso poi quanto successo, dicono che tornasse là per comprare delle robe prese nel saccheggio e che da quattro contadini fosse ammazzato avendogli trovato addosso molti “pezzi duri”.

Non mancò poi neppure qui una scenetta e fu che alle (ore) 19 circa di ieri 28 si presentò il capitano Giuseppe Gentili con sette altre persone del seguito, entrati per la porta del forno, i quali direttamente andarono alla porta del convento di San Francesco, andando dicendo per la strada Napoletani! Napoletani!

Appena smontato di cavallo il capitano suddetto, invece di entrare in convento, fece sul momento arrestare Giovanni Vecchi che passava in quel punto, e poi per la stessa strada, se ne ritornarono indietro senza far altro. Giunti avanti alla casa di lui, si fece incontro la moglie che si mise con le lacrime a scongiurarli di lasciarle il marito; ma il capitano diceva di condurlo al quartiere generale (che non so dove fosse) e gli altri di farlo a pezzi fuori della porta come Giacobino e supposto reo di aver <informato> i francesi perché venissero contro Castel Clementino. Il fatto è che lo condussero fino a San Rocco, ma poi, sopraggiunto il padre e don Santi Luccarini, li cominciarono a pregare di nuovo del rilascio; e sul giuramento che prestò don Santi che non fosse Giacobino, e che non aveva mai avuto alcun carreggio lo dimisero e se ne andarono per i fatti loro.

Ecco la storia genuina dell’accaduto nelle nostre vicinanze, e qui preghiamo Dio che le cose finiscano così. Ma temo di peggio. Pacifico Cornacchia di Santa Vittoria, arrestato dai contadini, fu condannato a Mont’Alto. Andreozzi restò ferito in faccia. Marinelli scampò la morte fuggendo in certi fossi. Majeschi rimase ucciso. Tutti questi andavano uniti a Castel Clementinoper ottenere dal comandante francese che non facesse andare la truppa a Santa Vittoria, dove si credeva <fosse> diretta dopo il sacco di Castel dementino.

(Autore anonimo probabilmente faleronese di un manoscritto n. 946 presso la biblioteca comunale di Macerata qui riferito in trascrizione corretta per l’ortografia)

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Documento n. 10

IL COMANDANTE GENERALE DELLA MONTAGNA GIUSEPPE CELLINI AI POPOLI DELLO STATO PONTIFICIO – INDIRIZZO –

Ascoltate, o Popoli amici, la voce di chi ama il vostro bene. Non è più tempo giacere in una colpevole inerzia, e sostenere più lungamente una fatale indifferenza. Tutti i vostri Fratelli limitrofi all’Abruzzo Ultra e Citra colle anni in mano già sono in Campo. Essi sull’esempio dei valorosi Sanniti, e da loro scortati, han combattuto e son vincitori. Entro le mura de’ loro Paesi più non spira liberamente l’aria impura, né alcun Francese, né verun perfido Giacobino. Sì l’uno, che l’altro si trova fra’ ceppi, o pallido fugge, e ramingo. Quanto audace si mostra questa infida genìa nel vederci avviliti, tanto vile or si dimostra vedendo il nostro coraggio, l’unione e i progressi delle nostre armi. Queste già spiegano su una ben larga estensione la sua energia. E’ stato un punto, un punto solo investir Norcia, Cascia, Visso, Serravalle, Ponte della Trava, Camerino, Ascoli, Mandola, Comunanza, 5. Vittoria, Montalto, Monte di Novo, Affida ecc. ecc. occuparli, e sollevarli. E’ brava la gente, che muove all’impresa, esperti i Duci che la guidano.

Or siam giunti al felice momento, in cui tutta la fiorente un dì, ed ora languida, e desolata Marca è per prendere l’Armi su cui dietro al divin soccorso, è riposta la propria, e l’altrui salvezza. Correte, o Popoli amici, correte ad unirvi con Noi. Non dubitate, la vittoria è nostra. Non vi è più da temere. I Mari, che bagnano la bella Italia, appena reggono a sostenere gl’immensi Legni Inglesi, Moscoviti, Lusitani, Ottomani. Poche di essi si sono presentati in Ancona, e pochi colpi di Cannoni han fatto sentire a quella bloccata città; e nondimeno han destato in essa la più spaventevole costernazione.

L’invitte Falangi Austro-Russe sono arrivate a Bologna. A Soffia è giunto il real Principe di Napoli con il Figlio del Gran Signore conducente un Esercito sorpendentissimo. Da altra parte vola a prestarci aiuto l’immortale Cardianal Ruffo. Noi ci troviamo con numerosa Leva in Massa, al cui fianco vedesi la intrepidezza, il coraggio, la vittoria. Fiancheggiati, protetti, alleati, assistiti da tante Forze, ditemi, vi può essere da temere? Non vi fate ingannare da certi spiriti deboli, o maliziosi Allarmi, Allarmi.

A ciò vi obligano i doveri della propria coscienza, l’amor della Patria, la fedeltà giurata al Sovrano, la Professione di nostra Santa Religione, la quale, sussistendo, per altro breve tempora Cabala Filosofica, Ateistica, Massonica, va ad annientarsi nei nostri Paesi; vi obbliga il bene delle vostre Famiglie, la tenera vostra Figliolanza, che riclama il Cristiano costume, e la sana educazione; vi obbligano il pericolante onore delle vostre Mogli, il pudore compromesso delle vostre Figlie, i beni già invasi, i diritti violati, le proprie persone colle minacce, e colle armi tante volte investite. Se all’aspetto di santi motivi, e di sì potenti aiuti voi non vi scotete, voi siete colpevoli. Tremate. Il colpo desolatore poco

sta a piombarvi sulle Persone, e sulle Sostanze. Odiosi a Dio, al Sovrano, al Popolo fedele, che aspettar mai non vi dovete di avverso? Deh! riunitevi con noi, e non soffrite alcun disastro.

Giacobini, rovesciatori del Trono, sacrileghi invasori de’ Beni Ecclesiastici, Profanatori de’ Luoghi Sacri, Distruttori dell’Ordine sociale, Increduli, Miscredenti, Depravatori del buon Costume, Soldati della Cabala Ateistica voi impallidite, e ponete le ali ai piedi. Ma, che giova? L’arco feritore è rivolto contro di voi. Molti de’ vostri pari o son caduti, o son fra le ritorte. Lo so, voi fuggite: ma dove alla fine miseri andrete? Ovunque strascinate l’indegna esistenza, seguiravvi il rimorso tormentatore: ovunque troverete nemici; ovunque l’odio, l’esecrazione vi accompagnerà. Giacobini ricredetevi. Ancora siamo in tempo. Abbracciate anche voi la difesa della Causa comune, e sarete salvi. Ma se per altro breve spazio vi restarete ostinati nel partito Filosofico, guai a voi; siete perduti. Tremate.

In Camerino dal Quartiere Generale 5, Giugno 1799 G. Cellini Comand. Gener. In Capite.

In Camerino 1799. Per Vincenzo Gori.

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Documento n. 11

Difesa repubblicana: Ascoli 4 giugno 1799

LIBERTA’           EGUAGLIANZA      REPUBBLICA FRANCESE

Dal Quartiere Generale d’Ascoli li 16 Pratile Anno VII della

Repubblica Francese una, ed indivisibile.

MONNIER Generale di brigata Comandante in Ancona, e ne’ tre Dipartimenti riuniti in istato d’Assedio

La Città d’Ascoli, divenuta il soggiorno de’ Briganti Abruzzesi, ha posto il Dipartimento nel rischio di perdersi. Gli Abitanti di questa Città ribelle avevano già presa la Coccarda rossa, e trasformate in autorità Monarchiche le autorità tutte della Repubblica. Essi han dirette le orde de’ Briganti co’ quali eransi unite, e quest’uomini infami, vantando il nome di Dio, del Re, e de’ Preti, han commesso i più detestabili eccessi sulle persone, e se ne hanno usurpato tutte le mobili proprietà, ovunque si son presentati. Le prime lor vittime sono state le Comuni di Offida, di Castorano, di Colli, dì Pagliare, di Monte Prandone, e nelle Campagne che se estendono fino a Montalto.

Non potendo sì fatti eccessi non eccitare la generale indignazione, debbon essi risvegliare tutta l’energia delle autorità Civili, e precisamente dalle Guardie

Civiche, per opporsi vigorosamente alle intraprese, che tentar potessero nuovamente gli enunciati Briganti.

Le Truppe Repubblicane si misero in moto: I Briganti sono stati battuti a S. Benedetto, a Ripatransone, in Acquaviva. Hanno fatta la lor ritirata in Ascoli, e là si erano fortificati. La Città La presa d’assalto dopo due ore di combattimento. Questo giorno è stato spettatore delle nostre complete vittorie, e gli scellerati sono stati puniti. Tutti coloro, che non hanno imitato il lor Generale nella fuga, sano caduti sotto i colpi Repubblicani.

Le Truppe, ch’io lascio nel vostro Dipartimento, occupano delle posizioni vantaggiose. Sarà però stabilita, sotto la sorveglianza dell’Amministrazione Dipartimentale, un Cordone sul Tronto composto della Guardia Civica. Una colonna mobile si metterà subito in azione per portarsi su tutti i punti minacciati, ed occupati dai Briganti suddetti.

Ogni Brigante arrestato sarà fucilato sull’istante. Le Comuni, che non si opporranno al loro ingresso, incorreranno nelle pene già significate nel Proclama del giorno 14 (2 giugno).

Signato MONNIER

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Documento n. 12

Ladroneggi degli insorti, luglio 1799, Ascoli

GIUSEPPE COSTANTINI ALIAS SCIABOLONE COMANDANTE LE TRUPPE IN MASSA PER SUA MAESTÀ’

FERDINANDO IV E POTENZE ALLEATE

Io sono informato dei continui ladroneggi che tuttodì si commettono sì in mobili che in bestiami a svantaggio di pacifici contadini. Sono esacerbato oltremodo per tali misfatti e ne prenderò le misure le più forti. Sotto pretesto di nuocere ai giacobini, si commettono l’empietà le più esacrande. Nessun individuo ha il diritto di ciò fare, ancorché il sapete, ma compete al solo sovrano. E’ questo un procedere che si oppone alla Religione Cattolica ed alle leggi di qualunque Governo. Il fulmine del castigo sta per piombare sopra a quelli che invece di desistere da un tal procedere non restituiranno sull’istante ciò che ànno rubato contro ogni diritto di natura e contro la legge di Dio. Io parto sì per unirmi al prode Generale La-Hoz e battere i Francesi; ma guai a quelli che prenderanno a scherzo questa mia risoluzione. Sarò inesorabile anche co’ miei più stretti di sangue.

Ordino però che subito si rimettino i massari ne’ rispettivi paesi i quali formeranno un processo a quelli ritengono o hanno preso bestiami.

Tutti gli abitanti de’ paesi e contadini si uniranno ad arrestare questi

perturbatori del buon ordine. In caso disperato e di resistenza, li autorizzo a far fuoco a tal razza di gente tanto perniciosa alla società.

Questo ordine stampato che sarà, voglio sia affisso in ogni paese e pubblicato nelle Chiese dai rispettivi curati.

Dal Quartier Generale di Lisciano 16 luglio 1799.

LUIGI ANELLI Segretario.

 

Documento n. 13

REGGENZA a Macerata, 20 agosto 1799

L’IMPERIALE – REGIA – PONTIFICIA REGGENZA DELLA MARCA DI FERMO E DI ANCONA

EDITTO

Per supplire alle immense spese, che seco porta il mantenimento di una Truppa attualmente impiegata alla difesa di una causa tanto nobile, e gloriosa, necessita ricorrere sull’istante a dei temperamenti quanto pronti, altrettanto capaci a produrre tutto ciò, che faccia d’uopo al servizio della medesima. Avrebbe voluto l’imperiale-Reggia-Pontificia Reggenza dispensarsi dall’addossare alle Popolazioni qualunque più piccolo peso, ma I’ urgenza dell’affare, e la santità della causa, che si è impresa a trattare, e che siam prossimi a sentire finalmente decisa, esiggono nuovi sforzi da tutti. Quindi è, che dopo le più mature riflessioni, e li scandagli più esatti, quello essendosi creduto il temperamento meno sensibile di ricorrere all’imposizione di un Testarico, regolato però, e diviso nel caso presentaneo in quattro diversi gradi, si è trovata nella circostanza di determinare, come appresso.

Primo = Tutti gl’individui delle Famiglie Nobili, o ascritte in primo grado in qualunque Città, o Terra, comprese in questa Classe le Comunità Religiose, dovranno subito sborsare in mano dei rispettivi Esattori pubblici a quest’effetto deputati uno scudo per cadauna Testa, con l’obbligo di pagare per ciscun Uomo o Donna di servigio paoli tre moneta di rame.

Secondo = Tutti gl’individui delle Famiglie del secondo ceto, o grado, del primo , e secondo de’ Castelli, e de’ Mercanti saranno tenuti per lo stesso titolo pagare bajocchi 40 per cadauno, t ame sopra.

Terzo = Tutti gl’individui delle Famiglie di qualunque altro grado, o ceto saranno obbligati pagare bajocchi dieci per ciascuno come sopra.

Quarto = Tutti li Coloni dovranno pagare bajocchi cinque per ogni testa come sopra.

Macerata dalla Reggenza 20 Agosto 1799.

(Omissis)

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Documento n. 14

<RICORDO DEI NAPOLETANI A PEDASO>

– 25 agosto 1799

È giunto finalmente in questo nostro castello di Pedaso la Real Truppa dell’Invitto Re delle due Sicilie, comandata dal prode Generale Don Donato de Donatis tanto da noi aspettato, e desiderato, ad oggetto di condursi sotto la Piazza di Ancona, dentro la quale i malvagi Francesi e i loro cinque Partitari sonosi riuniti fuggendo. Mercé un tal forte e valoroso soccorso speriamo ora vicino l’esterminio di quella perfida gente, che resiste ancora alle forze delle Potenze alleate, e speriamo altresì di vedere sollecitamente restituita l’intera tranquillità a queste nostre contrade. Intanto, siccome abbiamo ammirato la moderatezza di detta Real Truppa, che, per li vari provvedimenti dati dal riferito signor Generale, non ha recato la menoma molestia e niun danneggiamento agli interessi ed alle persone di questo castello nostra patria, così ne produciamo un completissimo Avviso al pubblico, onde tutti si esultino di giubilo e di contentezza.

Pedaso, 25 agosto 1799.

Li residenti

NICOLA BERNARDINI, Vie. for. e Dep. eccl.

PROTASIO TEODORI, Govern. locale,

BENEDETTO ROSSI, Segretario.

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Documento 15

ARMISTIZIO PACATO, 13 novembre 1799

LIBERTA’             EGUAGLIANZA           REPUBLICA FRANCESE

Ancona Assediata li 23 Brumale Anno 8vo della Republica

Tra il Generai di Brigata. MONNIER’ Comandante in Capo la Divisione di Ancona autorizzato, dal Consiglio di Guerra tenuto a questo effetto di trattare la Resa di Ancona.

Ed il Sig. Barone di FRELTCH Luogotenente Generale di Sua Maestà Imperatore, e Re, Comandante in Capo le Truppe che assediano Ancona.

La. presente Capitolazione è stata discussa, risoluta, decretata irrevocabilmente nel modo che siegue.

 

ARTICOLO PRELIMINARE

Il Generale Comandante la Divisione d’Ancona, e le Truppe sotto i suoi ordini considerando, che la Capitolazione ¡1 « Fano segnata li 8 Termidoro scorso tra le Truppe Repubblicane Francesi, ed il Sig. Comand. le Truppe Russo-Turche è  stata. Violata nella sua esecuzione per lo stesso Comandante.

Considerando, che la morte sarebbe preferibile al disonore di trattare con delle Autorità che non conoscono il Diritto delle genti.

Vista la situazione, in cui si trova la divisione d’Ancona, e vista la quarta, ed ultima intimazione di resa fatta dal Sig. Barone BRELICH, Luogotenente Generale al servizio di Sua Maestà Imperatore, e Re, Comandante, in capo le: Truppe assedianti Ancona.

Dichiara, che egli non vuole entrare in Negoziazioni, che colle Truppe, ed il detto Luogotenente Generale al servizio di S. M. Imperatore, e Re.

 

CAPITOLAZIONE – ARTICOLO I.

Le Truppe della Guarnigione di Ancona, e Forti annessi al giorno, ed ora, che saranno convenuti, sortiranno dalla Piazza con tutti gli onori della Guerra, cioè: Con Tamburo battente, Bandiere spiegate, Miccio acceso, avendo alla testa due pezzi di Cannone di Campagna coi loro Cassoni, più uno d’Infanteria per rendersi in Francia per la via di terra la più comoda; Soldati, Ufficiali, Generali, ed ogni Militare si di terra, che di mare il Console della Republica Francese, gl’ Impiegati, e agenti Civili, e Militari porteranno seco le loro Armi, Effetti, e Proprietà personali di qualunque genere.

Saranno riguardate come Truppe della Divisione di Ancona, e saranno trattate sotto tutti i rapporti come Truppe della Republica Francese i Cisalpini, Romani, ed altri Italiani formati in Legioni, Battaglioni, o Compagnie, che portano le armi nella detta Divisione.

ARTICOLO II

La Divisione sarà accompagnata, e protetta nella sua marcia sino ai Posti awanzati dell’Armata Francese in Italia da un determinato corpo di Truppe Imperiali Comandate da un Uffiziale dello Stato Maggiore.

ARTICOLO III

La Divisione, che si porterà in Francia per la via che essa giudicherà la più comoda,, marcierà a spese di S.M. Imperatore, e Re:

Ogni Militare, o impiegato riceverà la Razione di ogni genere, e l’alloggio competente al suo grado secondo le Leggi, e Regolamenti Francesi. La marcia non sarà, forzata, ma regolata militarmente dietro quella dell’Infanteria Francese. Il Genera MONIER Comandante la Divisione farà di concerto coll’Uffiziale di Stato Maggiore Austriaco la determinazione dell’alloggio, o accampamento, se sarà giudicato convenevole, come, pure delle ore di partenza, e luoghi di dimora.

Risposta: Le Truppe della Guarnigione di Ancona, e dei Forti annessi sortiranno nel giorno, ed ora convenuta dalla Piazza con tutti gli onori di Guerra richiesti per rendersi in Francia come Prigionieri di Guerra, e non serviranno contro S.M. Imperiale, e contro i suoi Alleati che dopo un perfetto Cambio.

La Truppa deporrà le Armi nel luogo che sarà fissato da un Articolo Addizionale; i soldati e sotto Uffiziali conserveranno le loro muciglie, il Generale Comandante la Divisione, il Console della Repubblica Francese, i Generali, Uffiziali di terra, o di mare, gli Impiegati Civili e Militari conserveranno le loro Armi, Cavalli secondo i loro Gradi, ed i loro Effetti Personali.

Il Generale FRELICH volendo dare una prova di stima alle Truppe della Guarnigione per la Difesa coraggiosa, e contro ogni aspettativa, che esse hanno fatto, accorda ai Sotto Uffiziali il diritto di portare le loro Sciabole per rendersi al loro destino.

E per dare alla Divisione tutta, non meno che al General MONNIER, che la comanda un attestato della considerazione particolare, e della stima di nazione a Nazione contraenti, gli concede una Guardia di onore composta di quindici Uomini a Cavallo montati, armati equipaggiati, e di trenta Carabinieri Armati.

ARTICOLO IV

Sarà accordato a spese di S. M. Imperatore, e Re il numero de’ Carri attaccati, necessarj al trasporto degli Effetti personali degli Uffiziali, Impiegati, Consigli d’Amministrazione, e dei Depositi dei Corpi della Divisione: Il numero dei detti Carri sarà, convenuto d’appresso lo stato dei bisogni, che fornirà il Commissario di Guerra Francese

Il Generale Com. la Divisione, il Console della. Republica Francese, i Generali di Brigata Lucotte, Pino, Palombini, il Capo dello Stato Maggiore della Divisione, i Comandanti del Genio, e dell’Artiglieria, il Pagatore della Divisione, i Commiissarj di Guena, e della Marina Francese, l’Agente del Commissario Civile sono autorizzati di condurre ognuno il. loro Carro coperto pel trasporto delle loro Carte di Amministrazione, come di. Contabilità, ed i loro Effetti personali qualunque.

Risposta: Accordato ma a condizione che sarà Consegnato, da chi ne avrà il dritto, al Sig. Generale Barón di FRELICH l’attestato, che le Balle degli Uffiziali e Furgoni coperti non contenghino effetti di proprietà pubblica.

ARTICOLO V

I Bastimenti da Guerra della Repub. Francese, e Corsari coi loro Uffiziali, Impiegati in Amministrazione, ed Equipaggi si renderanno in uno dei Porti della Republica nello stato che si. ritrovano al momento della sottoscrizione della Capitolazione, muniti di Passaporto, e sotto la garanzia di S. M. Imperiale.

I viveri saranno forniti a spese della detta Potenza a ragione del viaggio.

Risposta:

INAMMISSIBILE ma se le Corsare la LUPE e la VENDETTA uscite dal Porto, e potendosi ripresentarsi di nuovo, rientreranno dopo la Capitolazione, li Marinari, che ne compongono l’Equipaggio, avranno la medesima sorte, che le Truppe esistenti attualmente nella Piazza.

ARTICOLO VI

I Malati dello Spedale della Divisione che potranno essere trasportati, lo saranno a spese di S. M. Imperatore, e Re coi viveri, e medicamenti e Casse di Chirurgia, ed Uffiziali di Sanità sufficienti pel viaggio d’Ancona in Francia.

Gli Ammalati, che senza pericolo, non potranno essere trasportati, resteranno in Ancona; essi saranno protetti come un Deposito Sacro, e trattati come gli Ammalati di S. M. Imperiale.

La Divisione li confida alla lealtà ed umanità della Nazione Austriaca.

II  General MONNIER gli determinerà il numero degli Uffiziali di Sanità, ed Infermieri indispensabili sotto la sorveglianza d’un Uffiziale Militare Francese, e di un Commissario di Guerra.

Subitochè il detto Uffiziale, Commissario richiederanno il trasporto dei Convalescenti o per mare, o per terra, secondochè sarà più convenevole al loro stato, gli verrà religiosamente accordato.

ARTICOLO VII

I Prigionieri fatti tanto durante il corso dell’Assedio d’Ancona che nelle Spedizioni precedenti, e che sono in Ancona, o sopra i Bastimenti Russo-Turchi o nella Divisione occupata dal Sig. Generale FRELIGFI, saranno resi da una parte, e dall’altra immediatamente dopo la sottoscrizione della presente Capitolazione e parteciperanno delle disposizioni contenute ne’ suoi Articoli.

Risposta:

ACCORDATO, per li Prigionieri Francesi solamente, che si troveranno ancora nella Divisione del Sig. Generale FRELIC

ARTICOLO VIII.

Tutti gli Individui di qualunque Nazione, o Religione essi siano abitanti nella Città d’Ancona , o che vi si trovino, e segnatamente gli Ebrei non potranno essere inquietati, molestati, né ricercati direttamente, o indirettamente essi, e le loro famiglie sul sospetto, e per la manifestazione delle loro opinioni civili, politiche, e religiose, come per li fatti che sono risultati, pendente il cangiamento del Governo nel Territorio Romano.

Questa disposizione risguarda quei fra loro, che hanno preso le armi, o esercitato degli impieghi Civili, o Amministrativi durante quest’epoca, e che verrebbero molestati per le loro ingerenze.

Risposta:

Il Governo Austriaco farà rispettare il diritto delle Genti verso li Cittadini senza distinzione di opinioni, o Religioni, purché si sottomettino alle leggi.

ARTICOLO IX.

La Commissione Amministrativa d’Ancona, i Membri anteriori delI’Amministrazioni Centrali dei Dipartimenti del Tronto, Musone, e Metauro, dei loro Tribunali, e Municipalità, gl’impiegati in tutti questi corpi Politici, ed i Patriotti della Republica Romana, come pure li Cittadini., e Sudditi delle Potenze alleate della Republica Francese, che vorranno seguire la Divisione d’Ancona, Essi, le loro Famiglie, ed effetti avranno la liberà più intera, né potranno essere ritardati, né impediti sotto qualunque pretesto.

Risposta.

L’Autorità Militare proteggerà l’esecuzione del presente Articolo, uniformandosi alla risposta fatta nel precedente Articolo.

ARTICOLO X.

Le Vendite, e Cessioni dei Beni, fondi situati in Ancona, e suo Territorio, come anche nei Dipartimenti Musone, Tronto, e Metauro sì autorizzate dal Consolato Romano, che dalla Repubblica Francese saranno mantenute inviolabili

Risposta:

Il Sig. Generale FRELICH non puoi decidere, e lascia l’assoluzione di questo articolo ai Gabinetti.

ARTICOLO XI

Li Cittadini Francesi, e loro alleati potranno alienare, o fare trasportare come a loro più piacerà per terra o per mare a loro spese gli effetti, e mercanzie da loro acquistate sino a quest’oggi.

Risposta:

Accordato; se gli Effetti, e Mercanzie non provengono dai Bastimenti, e Carichi presi dai Corsari sopra i Sudditi di S.M. Imperiale, e che non sarebbero stati giudicati di buona preda.

ARTICOLO XII

Sarà permesso alle persone comprese negli Articoli 8. 9.10. 11. di disporre delle loro Proprietà fondarie, e mobiliarie di venderle, o alienare, o percepirne l’entrate, come a loro piacerà: potranno egualmente in caso di vendita, o alienazione trasportarne esse medesime l’amontante, o inviarlo a loro piacimento nei luoghi, ch’essi desidereranno in Oro, Argento, Viglietti a ordine, o Cambiali.

Le suddette Persone potranno in conseguenza nell’intervallo dei sei mesi a contare dal giorno della sottoscrizione della Capitolazione continuare esse medesime la vendita dei loro Beni, e l’esigenza dei loro Crediti con tutta quiete, se esse non amano meglio abbandonare il Paese colla Divisione d’Ancona, e lasciare i Procuratori generali, e speciali, i quali godranno della protezione, di cui avrebbero goduto restando in Ancona.

Risposta:

ACCORDATO, se i Beni, di cui si tratta non erano di pertinenza dell’Antico Governo, delle Comunità Religiose soppresse; o dei Particolari Emigrati.

ARTICOLO XIII.

I Consoli di Spagna, e di Genova avranno la facoltà di restare in Ancona per lo spazio di sei mesi per terminarci i loro interessi con tutta garanzia delle loro Persone, Famiglie, Proprietà, e Carte Personali, o risguardanti le loro Amministrazioni, se meglio non amano ritirarsi colla Divisione d’Ancona, ed in tal caso saranno trattati come il Console della Rep. Francese.

Risposta:

I detti Consoli saranno rispettati, e protetti.

ARTICOLO XIV.

Se vi fosse qualche Articolo nella presente Capitolazione soggetto o qualche oscurità sarà interpretato secondo I’equità a favore della Divisione d’Ancona.

ARTICOLI ADDIZIONALI.

  1. La Cassa del Pagatore della Divisione, i Viveri, ed effetti dei magazzeni della Rep. Francese saranno rimessi appresso ricevuta nelle mani dell’Assediarne, segnata che sarà la Capitolazione.
  2. L’artiglieria dei Forti, del Porto, della Piazza, ed oggetti annessi, le Piante, e Carte relative alle Fortificazioni, ed all’interesse militare del Paese, saranno rimesse ai Commissarj , che saranno destinati per riceverli, dopo averne fatto Inventario, e rilasciata Ricevuta.
  3. Li disertori dell’una, e l’altra parte saranno restituiti.

Risposta:

CONVENUTO per li Disertori Austriaci solamente

  1. Per la garanzia, ed esecuzione di tutti gli Articoli della Capitolazione saranno dati degli ostaggi, ed il Sig. Barone di FRELIC Tenente Generale Commandante le Truppe Assedianti Ancona si rende responsabile della sicurezza della

Divisione dal momento dell’occupazione dei Posti sino al suo destino, come anche dei danni che potrebbero esser fatti a quelli, che la compongono.

  1. Segnati che saranno gli Articoli della Capitolazione, i Picchetti delle Truppe di S. M. Imperatore, e Re occuperanno le Porte di Francia, e Farina in numero eguale, e congiuntamente ai Francesi.
  2. Ventiquattro ore dopo la sottoscrizione dei ridetti Articoli le Truppe della Divisione d’Ancona evacueranno i Forti, e la Piazza in una sola Colonna con tutti gli onori della Guerra ottenuti nell’Articolo primo: si renderanno il medesimo giorno a Sinigaglia con le loro armi, che deporranno, eccettuati li Militari, ed Impiegati, che devono conservarle.

Risposta:

Convenuto, ma la Truppa Prigioniera deporrà le sue Armi a Fiumesino.

Fatto, convenuto, e decretato in Ancona li 23. Brumale an. 8, della Republica Francese una ed indivisibile.

Il Generale di Brigata Comandante la Divisione d’Ancona MONNIER

Sottoscritto Piè della Croce 13 Novembre 1799.

FRELIH Tenente Generale

DOCUMENTI RELATIVI ALLE INSORGENZE NEL PICENO NELL’ANNO 1799

a cura di Carlo Tomassini

Documento n. 1

Lettere di Pio VI e Giuseppe II d’Asburgo – 3 e 19 agosto 1782

= PIO VI. Prevalendoci di quella amichevole libertà che piacque alla M.V. gentilmente esibirci, cioè che quando avessimo inteso che fosse per farsi da V.M. alcuna mossa, che avessimo creduta discorde dalle buone regole e pregiudizievole alla Religione, ne avessimo scritto confidenzialmente in dirittura alla M.V. Quindi è che essendoci pervenuto all’orecchio che V.M. vada pensando di togliere tutti i fondi alle Chiese ed agli ecclesiastici della sua monarchia, e ridurli semplici pensionarj, non possiamo dispensarci di pone in vista che se si effettuasse un tal pensiero, ridonderebbe alla Chiesa una lacrimevole lesione ed ai buoni uno scandalo irreparabile. Non è di nostra ispezione entrare nel politico e nell’economico de’ suoi Stati – benché in questa parte non cediamo a qualche Affezionato suo per ogni di lei giusto vantaggio — tuttavia non dobbiamo prescindere dai riflessi di deperizione delle rendite ecclesiastiche che coll’amministrazione da farsi dai secolari dei fondi non propri, dell’infrazione dei patti stabiliti fra’ suoi antecessori e diverse province, della ferita apportata alla Costituzione degli Stati, della violazione delle disposizioni dei pii fondatori, delle conseguenti pretensioni, che susciterebbero i loro eredi di rivendicare gli stessi beni: tutto ciò lo lasceremo da parte, come oggetti alieni dal nostro ministero, e che non sfuggiranno dalla penetrazione di V.M. Parleremo soltanto di ciò che non possiamo omettere per debito di coscienza, e le diciamo che il privare le chiese e gli ecclesiastici del possesso dei loro fondi temporali è in dottrina cattolica un errore manifesto, condannato dai Concili, esecrato da’ santi Padri e qualificato dai più rispettabili scrittori per dottrina velenosa, per dogma scellerato. Ed infatti per sostenere una tal massima a pro del sovrano, convien ricorrere ai falsi insegnamenti dei Valdesi, dei Vecleisti e degli Ussiti e di quanti altri pur sono andati d’accordo con loro, e specialmente dei liberali infetti del tempo. Non dobbiamo qui annoiare con una tessitura di citazioni nelle quali si legge che quelli che mettono mano ai beni della Chiesa per loro profitto, Rei sunt damnationis Ananie et Saphire et oportet eiusmodi tradere satane ut spiritus salvus sit in die Domini. Solo ci ristringeremo a riscrivere quanto nel XII secolo avvertì Giovanni patriarca d’Antiochia, che quantunque scismatico, non poté soffrire l’abuso del Principe che voleva, come utile, disporre a favore de’ suoi Stati dei fondi delle Chiese, così scrivendo: “Essendo tu uomo corruttibile, mortale e di corta vita, osi di dare ad un altro uomo quello che non hai? E se dici di donare quello che hai, e pensi che siano tue le cose di Dio, fai Iddio te stesso. Qual uomo dotato di senno chiamerà ciò provvidenza ed utilità e non piuttosto trasgressione, disubbidienza estrema e perniciosissima iniquità? Come può essere e dirsi cristiano chi profana le cose, siano qualsivogliano, (de)dicate e consacrate al nostro Iddio e celeste re Cristo?” Sappiamo che i contraddittori, male interpretando ed abusando di alcuni testi delle sacre Lettere, credono di ben stabilire in questa parte i loro errori, ma noi senza venire ad un esame di tali maligne applicazioni, domandiamo a V.M. se in dicendo gli stessi autori, che in forza di altri testi delle sacre Scritture non si può ammettere nel mondo sovranità, crederebbe la M. V. che tali testi scritturali fossero chiari e convincenti per l’assunto onde doversi spogliare della sua sovranità per salvar l’anima? Noi crediamo anzi chi penserebbe il contrario, ed in così pensando, penserebbe come pensiamo anche noi. E lo stesso dee dirsi dell’altro, in cui li nemici seguenti della Chiesa, gli eretici, li cattolici di apparenza, i falsi maestri, e gli adulatori dei Principi, attribuiscono ai medesimi in base dei passi della Scrittura, il diritto di togliere alla Chiesa e ai suoi ministri la proprietà ed il possesso de’ loro beni. Dovrebbero pur sapere costoro che i Leviti d’Israello possedevano vaste campagne ed intere città e che come fondi santificati erano inalienabili ed in pertinenza del Sacerdozio. E perché dunque non conciliare il libro del Levitico, dei Numeri, dei Re con le altre espressioni che a chi non sa sembrano fra di loro contraddittorie e far lo stesso con i testi del Vangelo e con gli Atti degli Apostoli, come hanno fatto i santi Padri per tacciare, con manifeste eresie, di contraddizioni i sacri Libri dettati dalla stessa divina Sapienza? Facciamo uso di questi riflessi non perché possiamo mai persuaderci che V. M. abbia cuore di non rendere di peggiore condizione le Chiese, di qu(anto) sono le famiglie particolari, e di seguitare l’esempio di soli Principi Protestanti e segregati dalla nostra Comunione, ma affinché la M.V. senta in poche righe ciò che gli dee aver detto alcuno degli odierni pensatori. Non dissimuliamo che purtroppo alcuni fra i molti ecclesiastici faranno di tali beni un uso mai retto: ma che da ciò? Forse questa sarà ragione per farne uno spoglio ed una appropriazione chiamata sacrilega e farla generale a danno della Chiesa, dei successori e di quelli che l’impiegano secondo i dettami delle sacre Ordinazioni? Nei colloqui avuti con V. M. non entrammo in questa materia, che a termini di particolare temporaneo sequestro, e non ci siamo dimenticati di aver dette delle ragioni per le quali ci parve la M.V. persuasa a doversene astenere. Ma se ci avesse proposto il dubbio di una illimitata privazione per passare i beni delle Chiese all’amministrazione de’ secolari, le avre(mm)o aggiunto ragioni molto più rinforzate con le quali l’avre(mm)o convinta deporne il pensiero.

Quello che la mancanza di apertura non ci diede adito allora di fare colla viva voce, l’abbiamo fatto in ristretto colla presente, la quale, se non avesse eguale efficacia, farebbe conoscere a tutto il mondo cattolico che V.M. non ha fatto alcun conto dei nostri suggerimenti o che presto se n’è dimenticata: giacché in questa sola novità si conviene il rovesciamento di quelle massime cattoliche che ci permise di rilevare. Preghiamo di cuore il Signore che faccia sempre risplendere nell’effettivo Governo della M.V. quelle proteste del suo attaccamento alla purità della Religione in modo che mai restino deluse da fatti contrari. Fin qui ci siamo prevalsi di altra mano più corrente e più facile a leggersi della nostra, per affatigar e tanto di meno la vista di V.M. Con questa rispettosa dichiarazione passiamo ad abbracciarla con pienezza di affetto e col darle la Patema Apostolica Benedizione: Datum Romae apud s. Mariam Maiorem die 3 augusti 1782, pontificatus nostri anno VII. Pius pp. VI.

 

<RISPOSTA DELL’IMPERATORE>

= GIUSEPPE: Ho l’onore di rispondere a posta corrente alla lettera che là S.V. viene di scrivermi sul supposto che io voglia togliere tutti i fondi alle Chiese ed agli ecclesiastici e ridurli tutti ad essere semplici pensionarj. Le relazioni delle persone che mi procurarono già l’alto onore di vedere la S.V. alla mia residenza mi hanno anche senza dubbio procurata questa nuova testimonianza in scritto della sua amicizia e del suo zelo apostolico. Non posso dir altro, senza stendermi in lunghezze, se non che il supposto pervenuto alle sue orecchie, come la S.V. si esprime, è falso e senza andar cercando i testi tanto della Scrittura, che dei santi Padri, però sempre soggetti ad interpretazioni e spiegazioni, tengo una voce in me, che mi dice quello come Legislatore e Protettore della Religione mi convien di fare e di tralasciare. E questa voce coll’aiuto della divina grazia e col carattere onesto ed equo che mi sento, non può mai indurmi in errore. Se la S. V. vuole restar persuasa di questa verità, come lo spero, la prego anche di credermi con più filiale attaccamento e rispetto: 19 agosto 1782 Giuseppe.

-.

Documento n. 2

Sulla cessazione dello Stato Pontificio: P. Vincenzo Maria Strambi, anno 1798

(…) Se poi si domandasse sia espediente e vantaggioso che la Chiesa abbia dominio e Principato, vi si può rispondere che la cosa è assai dubbia e controversa anche presso le persone più savie e meglio affezionate alla stessa Chiesa. Imperocché se per una parte l’aver dominio è stato proprio perché dia alla Chiesa e ai suoi Ministri una maggior libertà nel promulgare la volontà dell’Altissimo e facilità maggiore nello stabilirne i mezzi per bene eseguirli. Per l’altra parte l’essere la Chiesa e i suoi Ministri privi di ricchezza e di dominio, pare che li mantenga più raccolti nel servizio di Dio, più distaccati dalle cose terrene, più umili in tutta la loro condotta, più affabili e più solleciti del bene del Prossimo, e cosi più amabili a Dio ed agli uomini.

Il certo si è che siccome l’uomo veramente savio si accomoda a tutte le disposizioni della provvidenza, e di quelle si prevale per adempire i disegni dell’Altissimo in bonum. Così quando una certa necessità, come la chiama S. Bernardo De Consideratione lib. 4, c. 3, faceva che si ritenesse dominio, e Principato, gli Ecclesiastici santi colla loro virtù tutto facevano servire all’accrescimento della gloria di Dio. Così mentre, non senza sovrana disposizione di Dio, la Chiesa resta priva di dominio, Dominus abstulit; gli Ecclesiastici che hanno veramente lo spirito del Signore e della sua Chiesa, non trascureranno di raccogliere da questa privazione tutti i preziosi vantaggi, che se ne possono ricavare.

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Documento n. 3

Omelia del Vescovo di Imola (futuro Pio VII), anno 1798

<Ecco le linee direttive dell’Omelia del Cardinale Chiaramonti: Libertà, fraternità, democrazia>.

«La libertà cara a Dio e agli uomini è una facoltà che fu donata all’uomo, è un dominio di poter fare e non fare, ma sempre sotto la legge divina ed umana. Non esercita ragionevolmente la sua libertà chi si oppone alla legge baldanzoso e ribelle;1 non esercita ragionevolmente la sua libertà chi contraddice a Dio e alla temporale sovranità, chi vuol seguire il piacere e lasciare l’onestà, chi s’attiene al vizio ed abbandona la virtù… La forma di governo democratico, adottata fra di noi, o dilettissimi fratelli, no, non è in opposizione colle massime fin qui esposte, né ripugna al Vangelo: esige anzi tutte quelle sublimi virtù che non s’imparano che colla scuola di Gesù Cristo, e le quali, se saranno da voi religiosamente praticate, formeranno la vostra felicità, la gloria e lo splendore della vostra repubblica » (…)

« Decidete quanto conferiscano i precetti del Vangelo, le tradizioni degli Apostoli e dei grandi filosofi Padri e Dottori cristiani a conservare la pace, a far risplendere la vera grandezza dello stato democratico, a fare di tanti uomini, dirò così, tanti eroi di umiltà, di prudenza nel governare, di carità nel fraternizzare fra loro stessi e con Gesù Cristo… Il luminoso oggetto della nostra democrazia dev’essere di stabilire la massima possibile unione di sentimenti, di cuori, di forze fisiche e. morali, onde ne derivi una soave fratellanza nella società (…) nella democrazia studiatevi di essere della massima possibile virtù e sarete i veri democratici: studiate ed eseguite il Vangelo e sarete la gioia della repubblica…

La religione cattolica sia l’oggetto più prezioso del vostro cuore, della vostra divozione e di ogni altro vostro sentimento. Non crediate che ella si opponga alla forma di governo democratico. In questo stato, vivendo uniti al vostro Divin Salvatore, potete concepire una giusta fiducia dell’eterna salute, potete operare la felicità temporale di voi stessi e dei vostri simili e procurare la gloria della repubblica e delle autorità costituite. Sì, miei cari fratelli, siate buoni cristiani e sarete ottimi democratici ».

 

Documento n. 4

Giuramento del Vescovo di Fano – 26 febbraio 1798

Voi ora siete Sovrano, o mio Popolo, e Dio, il grande Iddio vi ha dato questa sovranità. Io sono, o Popolo, il vostro Vescovo. E fu Dio che mi chiamò e per mezzo del suo Vicario mi ha assunto a carico così tremendo.

I regolatori voi siete di quelle vie che conducono l’uomo ad essere felice in terra, ed io sono il regolatore di quelle vie che conducono l’uomo ad essere felice in Cielo.

Io adoro nelle vostre mani le democratiche leggi, ma voi adorate ancor nelle mie, le leggi dell’Evangelo.

Oh sante leggi dell’Evangelo, qua, a me, oggi, che vi consegni al mio Popolo, onde egli che è Sovrano sia mai sempre democratico senza colpa, democratico con virtù. Oh, leggi democratiche, qua, a me, pure in quest’oggi. Voi avete, o Popolo, alle leggi dell’Evangelo quell’ossequio che è ben dovuto alle leggi dell’Evangelo di Gesù Cristo: morir piuttosto che violar questa legge.

Io debbo alle vostre leggi, ubbidienza e rispetto, e tal rispetto e ubbidienza che ognuno impari a rispettarle e ubbidire.

Ohimè! Se ardito io fossi di violarle, sarei colpevole di più delitti, sarei meritevole di molte pene. Ma o quali atroci pene voi pure avreste non solo in terra, ma anche all’inferno, se violate un sol precetto dell’Evangelo, se vi scostaste dagli esempi del Crocifisso:

Io no, che esser non voglio reo di in ubbidienza alle vostre leggi, ma voi nemmeno esser lo dovete a quelle che già vi imposi a nome del vostro Dio.

Deh, rammentate, o Popolo, in vostro cuore, rammentate quei giuramenti che faceste là nel Battistero, ché io, anch’io con giuramento m’obbligo al mio dovere.

GIURO, ecco, o Dio le mie parole, ecco la mia promessa, giuro fedeltà al democratico attual governo, giuro obbedienza alle sue leggi, ma ad un tempo a voi giuro fedeltà e ubbidienza, o mio Dio, fedeltà ed ubbidienza adorabili Comandamenti e alla vostra Chiesa

Oh, sacerdoti, o ministri del Divin Culto, giuro anche per voi, e Dio riceva in religioso olocausto i nostri inviolabili giuramenti.

Sebbene, ah, perché, o mio popolo, anzi miei figli, mia corona e mio gaudio, perché non posso giurare anche per voi. Voi sì che potete adesso formarvi i vostri rappresentanti, le vostre leggi, ma poi, formati gli uni, formate le altre, dovete anche voi rispettare entrambe, e ubbidire con fedeltà. E’ Dio che così vuole, quel sapientissimo Dio, che arbitro e regolatore delle sorti del mondo, le dispone e modera a suo talento.

Voi qui vedete tra i vostri concittadini, quegli che rappresentano la vostra sovranità.

Essi rispetteranno sempre la Religione, terranno da voi lontani i fulmini di Gesù Cristo, onoreranno l’infallibile successore di Pietro e la sua fede, saranno scudo e difesa al cattolico Culto, al sacro tempio, ai suoi ministri, ma tutti insieme custodi ed esecutori delle vostre leggi, ne esigeranno veglianti e solleciti l’adempimento.

Fra questa loro rappresentanza, non è ella tale che al dir di Paolo, vi obbliga ad adorare in esso gli altri decreti, e le disposizioni del vostro Dio, con spirito d’ubbidienza? Eh, sì pur dunque ubbidienza, anche per voi o mio popolo, fedeltà e ubbidienza all’attuai vostro Governo e agli attuai vostri rappresentanti. Ma avvertite questo spirito di fedeltà, questo spirito d’ubbidienza ove più vigoroso lo trovate, se non tra gli augusti veli di Religione?

Adempiansi queste leggi che io vostro Pastore vi addito nell’Evangelo e sarete Sovrani ad un tempo e sudditi integerrimi e virtuosi.

Oh, beato quel Popolo ove nelle massime e nei costumi, trionfa il Vangelo, perché trionfano insieme con lui, la pace il buon ordine, la giustizia!

Beato quel popolo ov’è la Repubblica protetta dal Crocifisso, e il Crocifisso difeso dalla Repubblica, mentre con sì mirabile unione, resta assicurato il doppio bene all’uomo in ordine alla terra e al Cielo.

Cari miei figli, mentre io su questo Altare, consapevole dei miei voti e delle antiche mie lagrime, Altare che mi mostra le sacre ceneri del mio Vescovo Fortunato, Altare che mi ricorda i favori e i voti dell’Ammirabile Madre Maria, mentre io deposito i miei già formulati giuramenti, voi venerateli con Religione. Son giuramenti del vostro Vescovo. Ma ad un tempo accoppiate ad essi le vostre risoluzioni, fervide risoluzioni d’osservare la santa legge di Dio, d’amarvi in Dio, d’essere cittadini nelle vostre intraprese, diretti sempre alle intenzioni di Dio

Oh, Dio, piovete amoroso Sole dal Cielo, che infiammi di carità, illumini le nostre menti, ecciti in cuore, generosi affetti di religione e di Fede.

Rendete santo il Pastore, rendete sante la Greggi onde tutti possiamo un giorno cantarvene, nell’eterna Gerusalemme, inno più giulivo e festoso, del festoso inno giulivo, che ora sciogliamo qui ai piedi del vostro Altare.

Nota: questo foglio, probabilmente portato da don Valeriano Orazi segretario del vescovo di Fano e canonico a Santa Vittoria, ov’è rilegato nel registro n° VI “Iura”, carte 359-360.

 

Documento n. 5

Proclama di Fernando re di Napoli – 14 novembre 1798 (ortografico)

= FERDINANDO IV per la grazia di Dio re delle Sicilie e di Gerusalemme, infante di Spagna, duca di Parma, Piacenza, gran Principe ereditario delle Toscane etc.

Quantunque fin dal principio delle rivoluzioni politiche, che da qualche tempo hanno turbato la tranquillità in varie parti del mondo, avessimo noi procurato di provvedere alla costante sicurezza dei nostri reali Stati e Domini col tenerle lontane le perniciose massime e i seduttori, riordinare ed accrescere le nostre forze armate, stringere con più forti nodi le alleanze con le potenze amiche, stipulare trattato di Pace con la Repubblica Francese, ed esaudire ogni altro mezzo di operazioni pacifiche: pure nondimeno ci siamo trovati nella dura circostanza di vedere in pericolo la quiete ed indennità dei nostri Stati per motivo dell’inaspettata mutazione di Governo del limitrofo Stato Romano, accompagnata dalla sovversione di ogni sano stabilimento, dal danno della santa religione cattolica e da civili discordie e luttuose scene di massacri e depredazioni. Questi avvenimenti, l’imprevista occupazione dell’Isola di Malta di nostra regia pertinenza e le continue minacce di prossima invasione nei nostri Domini, confermate da apparecchi guerrieri e da movimenti di truppe alla volta di questo Regno di Napoli, ci hanno indotto a prendere altri più efficaci provvedimenti, onde allontanare dai nostri Domini qualunque danno e pericolo. Abbiamo pertanto determinato di fare avanzare il nostro reale esercito dentro lo Stato Romano fin dove l’urgenza lo richiederà, con la ferma volontà di ravvivarvi la cattolica religione, farvi cessare l’anarchia, le stragi e le depredazioni, ricondurvi la Pace, e porlo sotto il regolare Governo del suo legittimo Sovrano. Dichiariamo ai nostri amatissimi sudditi, agli abitanti dello Stato Romano, ed agli altri popoli dell’intera Italia che (lungi dal muovere guerra contro alcuna Potenza) il solo desiderio di provvedere alla loro sicurezza e di rendere il dovuto onore alla religione ci ha mosso a questa intrapresa nella quale Noi col soccorso del sommo Dio, secondati dai validi aiuti dei nostri grandi alleati e dall’opera delle Nazioni Italiane, speriamo avere felicissimi eventi. Noi stessi alla testa dei prodi soldati del nostro invitto esercito, dirigeremo le loro operazioni militari e ci impegneremo di fare uso delle loro forze nei soli casi di resistenza e di aggressione, mentre in ogni altro rivolgeremo le nostre cure soltanto agli indicati sacri oggetti della Religione e del riordinamento del Governo dello Stato Romano. Con tale prevenzione adunque esortiamo gli abitanti tutti del detto Stato Romano di deporre le armi nel momento dell’ingresso del nostro esercito nel loro territorio; di conformare a quelle disposizioni che saremo per dare in favore di essi e della salvezza comune, di facilitare con i possibili mezzi e aiuti la nostra giustissima intrapresa, e di essere sicuri che Noi, facendo uso della nostra naturale giustizia e clemenza, non solo proteggeremo e ricompenseremo i buoni e virtuosi, ma ancora raccoglieremo con paterno affetto i traviati che, pentiti dei propri errori, volontariamente ritorneranno nel diritto sentiero e si sottoporranno al nostro comando.

Inculchiamo pertanto a tutti di abbandonare ogni idea di vendetta per il danno che per la passata rivoluzione gli uni avessero agli altri arrecati e di astenersi da qualunque sorta di eccesso di rappresaglia, sotto pena della nostra reale indignazione, di essere trattati i contravventori come nemici della pubblica sicurezza.

Esortiamo parimenti i Generali e Comandanti di qualunque esercito estero di far subito ritirare tutte le loro truppe fuori dal territorio romano, senza prendere ulteriormente parte nelle avventure di quello Stato la cui sorte per ragione di vicinanza e per altri legittimi motivi interessa principalmente la nostra Regia Podestà. Infine manifestiamo che dal punto in cui il nostro esercito sarà entrato nel territorio Romano, vi sarà libera comunicazione tra le sue popolazioni e quelle del Regno, del quale per provvedere alla sussistenza delle Reali truppe ed al bisogno degli abitanti dello Stato Romano, faremo nel medesimo trasportare i generi necessari di viveri ed altre occorrenze.

Dal Quartiere Generale di S. Germano 14 novembre dell’anno 1798. Ferdinando

  1. Acton

(Nel registro VI “Iura” dell’archivio capitolare Santa Vittoria in Matenano, cc.362s. Nota: la guerra del re di Napoli contro la Repubblica Romana, risulta dichiarata il 23 novembre 1798 nel “Distinto ragguaglio della totale disfatta riportata sul formidabile esercito napoletano dalle invitte falangi della Grande Nazione” stampa dell’epoca.)

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Documento n. 6

Ascoli 5 febbraio 1799: sottomissione pacifica

= LIBERTA’   REPUBBLICA ROMANA   EGUAGLIANZA

LA MUNICIPALITÀ’ D’ASCOLI

Alle Popolazioni vicine, Perdono, e Pace per le Communi Armate del Tronto. Dopo varie trattative in iscritto, e a voce colla mediazione nostra, e per mezzo de’ virtuosi Ecclesiastici, Secolari, e Regolati, spediti in tutte le Comuni, il General Francese dimostrando la sua brama di fare cessare i disordini, e risparmiare le conseguenze funeste di una spedizione di Truppe sulle nostre Campagne, trovò il Comandante, e Capitani delle Popolazioni armate, nelle medesime disposizioni di procurare il maggior bene; Quindi in risposta ad un foglio dei prelodati Capitani de’ 4 Febraro furono sottoscritti i seguenti Articoli fissati dal prode, ed umanissimo Generale.

Ascoli 5 Febbraro 1799 V.S. 17 Piovoso, Anno 7. della Repubblica Francese.

Il Generale Francese vede con piacere, che i Montagnoli Insorgenti vogliono acconsentire alla Pace.

Le Truppe Francesi non possono farne, che di onorevole, e di giusto: in conseguenza il Generale Francese animato dal desiderio della Pace, non può donarla, che alla Condizione di già descritta cioè:

  1. Perdono generale per tutte le Communi.
  2. Tutte le Communi daranno un Ostaggio della loro sincerità alla Pace.
  3. Questi Ostaggi saranno sotto la risponsabilità di un’abitante di Ascoli.
  4. Niuno sarà ricercato nella sua passata condotta.
  5. Non sarà levata alcuna requisizione alle circostanze insorte.
  6. Nel Caso, in cui non possa trovarsi un Ostaggio ne’ Villaggi, il Generale Francese accetterà un Abitante, o Prete di Ascoli, che rappresenterà questo Villaggio. (…) Firme di 22 Comandanti (omesse)

 

ARTICOLO ADDIZIONALE

Se non si sono posti gli Articoli relativi al servizio della Religione, alle Campane, e alle Prediche, è perché questi Articoli non possono incontrare alcuna difficoltà poiché già sono accordati dal Capo medesimo delle Truppe, il quale da vari giorni ha dato l’ordine di far suonare le Campane, ed hà protette tutte le Chiese, e promesso il libero esercizio del culto; poiché in fine la facoltà la più intiera sopra questo punto è già accordata da un Proclama del Generai Dahesmer. Per scanzo di ogni equivoco, il Generale Francese conferma le disposizioni a questo riguardo.   Ascoli 17. Piovoso Anno 7. DARGOUBET

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Documento n. 7

PROCLAMA 26 maggio 1799 a Servigliano per l’insorgenza

Per FERDINANDO IV Re delle Due Sicilie e di Gerusalemme, ecc.

Il conte CLEMENTE NAVARRA

Brigadiere delle Truppe arrolate in massa, Napol. e Pontificie

«Ergete la fronte, Popoli generosi del Piceno. Eccovi il felice momento di ravvivare la nostra Santa Religione, di rimostrare il nostro attaccamento al Sovrano e di sottrarci da questa anarchia che sì barbaramente ci opprime. Correte tutti alle armi, e ricordatevi di quel ch’è scritto nelle Sagre Carte nel libro di Judith, cap. 15, v. 6: Omnis itaque regio omnisque Urbs electam Juventutem armatam misit post eos, et persecuti sunt eos in ore gladii quousque pervenirent ad extremitatem finium eorum.

Io vi chiamo a difendere la causa comune, fidate in Dio, nei grandi alleati, nel coraggio avito… Si agirà col massimo rigore delle leggi, perché ritorni il buon ordine, facendo noto a tutti con questo Editto, che in ciascun paese siano reintegrate le Magistrature, alle quali inculco di proibire affatto, che truppe di gente armata dal capriccio, col pretesto della buona causa, vadino scorrendo per le campagne e paesi, arrestando delle persone, e farsi lecito di saccheggiare, fucilare, ed incendiare. Chiunque ardirà ciò tentare sarà considerato come nemico dello Stato, e punito come tale. Ogni truppa armata dovrà dall’invitto mio generale de Donatis, o da me dipendere, né si riconosceranno altre truppe, che quelle da Noi disposte, ma gli abitanti tutti siano preparati a prendere le armi al suono delle campane a martello; ed accorrere al bisogno, se mai truppa nemica ardisse attaccarci, avvertendo, che quel paese, che tardasse ad accorrere, sarà dichiarato ribelle, e come nemico della patria militarmente castigato. Epperò voi tutti del clero, e specialmente voi, Pastori delle Anime, concorrete ad una impresa così gloriosa, e destate con vivezza le scintille della Pietà, e del languente costume, e fate risorgere fra le vostre contrade la purità della infallibile Nostra Religione, e tentare ogni mezzo coll’esempio, e colla voce, perché ritorni in noi quella pace, che finora ci è stata sì barbaramente rapita. Chiunque vorrà con Noi prendere le armi in questa sì nobile gara, si presenti a me, e agli Uffiziali maggiori per avere le necessarie istruzioni e per essere autorizzati colle patenti del Re delle Due Sicilie e più d’ogni altro io chiamo coloro che con eguale valore e fedeltà diedero prova allorché erano aggregati alle truppe Pontificie.

Dato dal Quartiere gen. di Servigliano, questo dì 26 maggio 1799. »

Documento n. 8

PROCLAMA: Ascoli 27 maggio 1799 per l’insorgenza

= FERDINANDO IV PER LA GRAZIA DI DIO RE DELLE DUE SICILIE DI GERUSALEMME ECC.

  1. DONATO ANTONIO DE DONATIS GENERALE IN CAPO DELL’ESERCITO IN MASSA PER LA SUA MAESTÀ’, CHE DIO LA GUARDI

«Popoli di Acquaviva aprite ormai gli occhi alla luce del giorno. Sentite la voce di uno, che ama il vostro vero bene. O Voi stringete le armi in favore delle nostre vittoriose truppe, ed allora troverete in Noi un amico sincero, ed affettuoso, che lungi dal prendere vendette delle vostre insolenze passate addosserà la valida protezione e di Voi, e delle sostanze vostre: o vi dichiarate nostri nemici, ed allora aspettatevi pure, che Noi con tutte le nostre forze affronteremo i vostri fuochi, vi piomberemo addosso, vi saccheggeremo usando ogni rigore militare. Pensate a Voi: decidete con prontezza e dentro due ore mandatene la risposta ».

Ascoli, 27 maggio 1799.

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Documento n. 9

Insorgenza: 26-29 Maggio 1799 a Castel Clementino

Dì 26 del corrente mese di Maggio: si manifestò a Castel Clementino il piano di una controrivoluzione da eseguirsi con l’aiuto e intesa degli Insorgenti Napoletani, alla cui testa si pose Clemente Navarra con la carica di Brigadiere a lui conferita da D. Donato De Donatis, generale in capo dell’Armata in massa Napoletana. Con l’intesa, come dicono, che la mattina seguente dovesse ivi giungere l’avanguardia di tale armata. La mattina del divisato giorno si cercò che i Parroci di detto luogo avessero predicato dall’altare di doversi tutti venire contro i francesi; ma i Parroci mostrarono ripugnanza di farlo, e il curato Burocchi per non esserci obbligato pensò di celebrare nella sua chiesa. Nonostante s’inalberò la Bandiera Napoletana, e si affissero editti con i quali s’invitava il popolo ad unirsi e si ordinava il ristabilimento delle antiche magistrature. La Terra di Santa Vittoria si accomodò per prima a seguire tale piano. Vi si atterrò l’Albero, si unirono delle persone, e alla testa uscì il noto Majeschi il quale si mostrò meno impegnato. Dietro tali incitamenti il giorno appresso 27 detto, la campana di Castel Clementino, che aveva cominciato a suonare a martello insieme col tamburo la sera innanzi seguitò a fare lo stesso

fin dalle otto della mattina e lo stesso si fece in Santa Vittoria, per adunare gente. Il dopopranzo di tale giorno si sentì simile furore e rimbombo di tamburo in M. S. Martino dove però non accorsero se non pochissimi contadini, che, sentito il motivo, amarono meglio di tornarsene alle loro faccende della campagna.

Ieri mattina 28 si intese lo stesso suono in Sant’Angelo <in Pontano> dove era stato dichiarato capitano Giuseppe Gentili. Per buona sorte di questo luogo, la commissione di fare lo stesso fu data all’Egamennoni insieme con la patente di capitano e i proclami da affiggersi, con ordine di eseguire tutto appena qui ritornato. Ma poiché la patente l’aveva presa per forza, come dice, non eseguì punto l’addossatagli commissione, cosicché questo luogo si preservò immune fra l’incendio che ardeva in ogni intorno, e siamo stati solo spauriti di quello che facevano gli altri, fino alle ore 14 circa del giorno di ieri, quando si intesero dalla parte di Castel Clementino delle scariche di moschettieri, che, ignorando noi cosa significassero, senza pensare alla zuffa che vi seguì col distaccamento della truppa francese e insorgenti, non sapevamo indovinare la causa. Se ne concepì però un sospetto, al vedere per mezzo del cannocchiale, che truppa di gente dalla parte di Falerone andava direttamente a quel luogo, e passava il fiume senza scalzarsi. L’eccidio seguito fu poi saputo da persone che, per curiosità di sapere, s’inoltrarono verso quella parte e più in dettaglio si raccontò iersera, e questa mattina. I morti insorgenti sono stati almeno venti. Tra questi il figlio del Navarra che fu incontrato dalla truppa vicino al molino di Falerone, mentre con 50 insorgenti circa, andava in Falerone, e il capitano benedetto Gualtieri fu ucciso poi in casa al tempo del saccheggio, che fu dei più feroci, con altri vari dei quali non so il nome, e fra questi la persona che stava a suonare le campane a martello, la quale fu sbalzata dalla torre. Secondo le relazioni che giungono, oltre allo spoglio generale fatto in tutte le case di quanto vi era – e vi era molto in alcune specialmente, che non si persuadevano di tale visita – vi è stato il massacro di tutto il mobilio che non si poteva trasportare. I cristalli e i vetri delle finestre furono rotti, i parati lacerati, i comò, i tavolini, le sedie, fatti in pezzi. Insomma si fece un macello e di carne e di roba, come ognuno può figurarsi e come si sentirà più dettagliatamente in appresso.

La sera innanzi <27> di questo tragico fatto si erano fatti arrestare e condurre in quel quartiere generale (così denominato quel luogo dal proclama) il Valeriani e il Venantini di Santa Vittoria; altri di là erano fuggiti, come avevano fatto parimenti altri da Falerone, il cui popolo, come quello di Montegiorgio, era stato il primo ad accorrere per arruolarsi.

Il Brigadiere Navarra si salvò con la fuga, e così si salvarono altri uniti con lui, che presero la fuga chi per una parte e chi per un’altra. La truppa poi che si aspettava dalla parte di Ascoli la mattina del 27 non era giunta e non giunse, perché a Mont’Alto trovò delle resistenze. Il Majeschi che aveva tanto brigato è restato morto anche lui. Raccontano che alle ore 4 del 26 partisse dal quartiere

generale e se tornasse a Santa Vittoria, cosicché non fu presente alla zuffa, ma inteso poi quanto successo, dicono che tornasse là per comprare delle robe prese nel saccheggio e che da quattro contadini fosse ammazzato avendogli trovato addosso molti “pezzi duri”.

Non mancò poi neppure qui una scenetta e fu che alle (ore) 19 circa di ieri 28 si presentò il capitano Giuseppe Gentili con sette altre persone del seguito, entrati per la porta del forno, i quali direttamente andarono alla porta del convento di San Francesco, andando dicendo per la strada Napoletani! Napoletani!

Appena smontato di cavallo il capitano suddetto, invece di entrare in convento, fece sul momento arrestare Giovanni Vecchi che passava in quel punto, e poi per la stessa strada, se ne ritornarono indietro senza far altro. Giunti avanti alla casa di lui, si fece incontro la moglie che si mise con le lacrime a scongiurarli di lasciarle il marito; ma il capitano diceva di condurlo al quartiere generale (che non so dove fosse) e gli altri di farlo a pezzi fuori della porta come Giacobino e supposto reo di aver <informato> i francesi perché venissero contro Castel Clementino. Il fatto è che lo condussero fino a San Rocco, ma poi, sopraggiunto il padre e don Santi Luccarini, li cominciarono a pregare di nuovo del rilascio; e sul giuramento che prestò don Santi che non fosse Giacobino, e che non aveva mai avuto alcun carreggio lo dimisero e se ne andarono per i fatti loro.

Ecco la storia genuina dell’accaduto nelle nostre vicinanze, e qui preghiamo Dio che le cose finiscano così. Ma temo di peggio. Pacifico Cornacchia di Santa Vittoria, arrestato dai contadini, fu condannato a Mont’Alto. Andreozzi restò ferito in faccia. Marinelli scampò la morte fuggendo in certi fossi. Majeschi rimase ucciso. Tutti questi andavano uniti a Castel Clementinoper ottenere dal comandante francese che non facesse andare la truppa a Santa Vittoria, dove si credeva <fosse> diretta dopo il sacco di Castel dementino.

(Autore anonimo probabilmente faleronese di un manoscritto n. 946 presso la biblioteca comunale di Macerata qui riferito in trascrizione corretta per l’ortografia)

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Documento n. 10

IL COMANDANTE GENERALE DELLA MONTAGNA GIUSEPPE CELLINI AI POPOLI DELLO STATO PONTIFICIO – INDIRIZZO –

Ascoltate, o Popoli amici, la voce di chi ama il vostro bene. Non è più tempo giacere in una colpevole inerzia, e sostenere più lungamente una fatale indifferenza. Tutti i vostri Fratelli limitrofi all’Abruzzo Ultra e Citra colle anni in mano già sono in Campo. Essi sull’esempio dei valorosi Sanniti, e da loro scortati, han combattuto e son vincitori. Entro le mura de’ loro Paesi più non spira liberamente l’aria impura, né alcun Francese, né verun perfido Giacobino. Sì l’uno, che l’altro si trova fra’ ceppi, o pallido fugge, e ramingo. Quanto audace si mostra questa infida genìa nel vederci avviliti, tanto vile or si dimostra vedendo il nostro coraggio, l’unione e i progressi delle nostre armi. Queste già spiegano su una ben larga estensione la sua energia. E’ stato un punto, un punto solo investir Norcia, Cascia, Visso, Serravalle, Ponte della Trava, Camerino, Ascoli, Mandola, Comunanza, 5. Vittoria, Montalto, Monte di Novo, Affida ecc. ecc. occuparli, e sollevarli. E’ brava la gente, che muove all’impresa, esperti i Duci che la guidano.

Or siam giunti al felice momento, in cui tutta la fiorente un dì, ed ora languida, e desolata Marca è per prendere l’Armi su cui dietro al divin soccorso, è riposta la propria, e l’altrui salvezza. Correte, o Popoli amici, correte ad unirvi con Noi. Non dubitate, la vittoria è nostra. Non vi è più da temere. I Mari, che bagnano la bella Italia, appena reggono a sostenere gl’immensi Legni Inglesi, Moscoviti, Lusitani, Ottomani. Poche di essi si sono presentati in Ancona, e pochi colpi di Cannoni han fatto sentire a quella bloccata città; e nondimeno han destato in essa la più spaventevole costernazione.

L’invitte Falangi Austro-Russe sono arrivate a Bologna. A Soffia è giunto il real Principe di Napoli con il Figlio del Gran Signore conducente un Esercito sorpendentissimo. Da altra parte vola a prestarci aiuto l’immortale Cardianal Ruffo. Noi ci troviamo con numerosa Leva in Massa, al cui fianco vedesi la intrepidezza, il coraggio, la vittoria. Fiancheggiati, protetti, alleati, assistiti da tante Forze, ditemi, vi può essere da temere? Non vi fate ingannare da certi spiriti deboli, o maliziosi Allarmi, Allarmi.

A ciò vi obligano i doveri della propria coscienza, l’amor della Patria, la fedeltà giurata al Sovrano, la Professione di nostra Santa Religione, la quale, sussistendo, per altro breve tempora Cabala Filosofica, Ateistica, Massonica, va ad annientarsi nei nostri Paesi; vi obbliga il bene delle vostre Famiglie, la tenera vostra Figliolanza, che riclama il Cristiano costume, e la sana educazione; vi obbligano il pericolante onore delle vostre Mogli, il pudore compromesso delle vostre Figlie, i beni già invasi, i diritti violati, le proprie persone colle minacce, e colle armi tante volte investite. Se all’aspetto di santi motivi, e di sì potenti aiuti voi non vi scotete, voi siete colpevoli. Tremate. Il colpo desolatore poco

sta a piombarvi sulle Persone, e sulle Sostanze. Odiosi a Dio, al Sovrano, al Popolo fedele, che aspettar mai non vi dovete di avverso? Deh! riunitevi con noi, e non soffrite alcun disastro.

Giacobini, rovesciatori del Trono, sacrileghi invasori de’ Beni Ecclesiastici, Profanatori de’ Luoghi Sacri, Distruttori dell’Ordine sociale, Increduli, Miscredenti, Depravatori del buon Costume, Soldati della Cabala Ateistica voi impallidite, e ponete le ali ai piedi. Ma, che giova? L’arco feritore è rivolto contro di voi. Molti de’ vostri pari o son caduti, o son fra le ritorte. Lo so, voi fuggite: ma dove alla fine miseri andrete? Ovunque strascinate l’indegna esistenza, seguiravvi il rimorso tormentatore: ovunque troverete nemici; ovunque l’odio, l’esecrazione vi accompagnerà. Giacobini ricredetevi. Ancora siamo in tempo. Abbracciate anche voi la difesa della Causa comune, e sarete salvi. Ma se per altro breve spazio vi restarete ostinati nel partito Filosofico, guai a voi; siete perduti. Tremate.

In Camerino dal Quartiere Generale 5, Giugno 1799 G. Cellini Comand. Gener. In Capite.

In Camerino 1799. Per Vincenzo Gori.

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Documento n. 11

Difesa repubblicana: Ascoli 4 giugno 1799

LIBERTA’           EGUAGLIANZA      REPUBBLICA FRANCESE

Dal Quartiere Generale d’Ascoli li 16 Pratile Anno VII della

Repubblica Francese una, ed indivisibile.

MONNIER Generale di brigata Comandante in Ancona, e ne’ tre Dipartimenti riuniti in istato d’Assedio

La Città d’Ascoli, divenuta il soggiorno de’ Briganti Abruzzesi, ha posto il Dipartimento nel rischio di perdersi. Gli Abitanti di questa Città ribelle avevano già presa la Coccarda rossa, e trasformate in autorità Monarchiche le autorità tutte della Repubblica. Essi han dirette le orde de’ Briganti co’ quali eransi unite, e quest’uomini infami, vantando il nome di Dio, del Re, e de’ Preti, han commesso i più detestabili eccessi sulle persone, e se ne hanno usurpato tutte le mobili proprietà, ovunque si son presentati. Le prime lor vittime sono state le Comuni di Offida, di Castorano, di Colli, dì Pagliare, di Monte Prandone, e nelle Campagne che se estendono fino a Montalto.

Non potendo sì fatti eccessi non eccitare la generale indignazione, debbon essi risvegliare tutta l’energia delle autorità Civili, e precisamente dalle Guardie

Civiche, per opporsi vigorosamente alle intraprese, che tentar potessero nuovamente gli enunciati Briganti.

Le Truppe Repubblicane si misero in moto: I Briganti sono stati battuti a S. Benedetto, a Ripatransone, in Acquaviva. Hanno fatta la lor ritirata in Ascoli, e là si erano fortificati. La Città La presa d’assalto dopo due ore di combattimento. Questo giorno è stato spettatore delle nostre complete vittorie, e gli scellerati sono stati puniti. Tutti coloro, che non hanno imitato il lor Generale nella fuga, sano caduti sotto i colpi Repubblicani.

Le Truppe, ch’io lascio nel vostro Dipartimento, occupano delle posizioni vantaggiose. Sarà però stabilita, sotto la sorveglianza dell’Amministrazione Dipartimentale, un Cordone sul Tronto composto della Guardia Civica. Una colonna mobile si metterà subito in azione per portarsi su tutti i punti minacciati, ed occupati dai Briganti suddetti.

Ogni Brigante arrestato sarà fucilato sull’istante. Le Comuni, che non si opporranno al loro ingresso, incorreranno nelle pene già significate nel Proclama del giorno 14 (2 giugno).

Signato MONNIER

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Documento n. 12

Ladroneggi degli insorti, luglio 1799, Ascoli

GIUSEPPE COSTANTINI ALIAS SCIABOLONE COMANDANTE LE TRUPPE IN MASSA PER SUA MAESTÀ’

FERDINANDO IV E POTENZE ALLEATE

Io sono informato dei continui ladroneggi che tuttodì si commettono sì in mobili che in bestiami a svantaggio di pacifici contadini. Sono esacerbato oltremodo per tali misfatti e ne prenderò le misure le più forti. Sotto pretesto di nuocere ai giacobini, si commettono l’empietà le più esacrande. Nessun individuo ha il diritto di ciò fare, ancorché il sapete, ma compete al solo sovrano. E’ questo un procedere che si oppone alla Religione Cattolica ed alle leggi di qualunque Governo. Il fulmine del castigo sta per piombare sopra a quelli che invece di desistere da un tal procedere non restituiranno sull’istante ciò che ànno rubato contro ogni diritto di natura e contro la legge di Dio. Io parto sì per unirmi al prode Generale La-Hoz e battere i Francesi; ma guai a quelli che prenderanno a scherzo questa mia risoluzione. Sarò inesorabile anche co’ miei più stretti di sangue.

Ordino però che subito si rimettino i massari ne’ rispettivi paesi i quali formeranno un processo a quelli ritengono o hanno preso bestiami.

Tutti gli abitanti de’ paesi e contadini si uniranno ad arrestare questi

perturbatori del buon ordine. In caso disperato e di resistenza, li autorizzo a far fuoco a tal razza di gente tanto perniciosa alla società.

Questo ordine stampato che sarà, voglio sia affisso in ogni paese e pubblicato nelle Chiese dai rispettivi curati.

Dal Quartier Generale di Lisciano 16 luglio 1799.

LUIGI ANELLI Segretario.

 

Documento n. 13

REGGENZA a Macerata, 20 agosto 1799

L’IMPERIALE – REGIA – PONTIFICIA REGGENZA DELLA MARCA DI FERMO E DI ANCONA

EDITTO

Per supplire alle immense spese, che seco porta il mantenimento di una Truppa attualmente impiegata alla difesa di una causa tanto nobile, e gloriosa, necessita ricorrere sull’istante a dei temperamenti quanto pronti, altrettanto capaci a produrre tutto ciò, che faccia d’uopo al servizio della medesima. Avrebbe voluto l’imperiale-Reggia-Pontificia Reggenza dispensarsi dall’addossare alle Popolazioni qualunque più piccolo peso, ma I’ urgenza dell’affare, e la santità della causa, che si è impresa a trattare, e che siam prossimi a sentire finalmente decisa, esiggono nuovi sforzi da tutti. Quindi è, che dopo le più mature riflessioni, e li scandagli più esatti, quello essendosi creduto il temperamento meno sensibile di ricorrere all’imposizione di un Testarico, regolato però, e diviso nel caso presentaneo in quattro diversi gradi, si è trovata nella circostanza di determinare, come appresso.

Primo = Tutti gl’individui delle Famiglie Nobili, o ascritte in primo grado in qualunque Città, o Terra, comprese in questa Classe le Comunità Religiose, dovranno subito sborsare in mano dei rispettivi Esattori pubblici a quest’effetto deputati uno scudo per cadauna Testa, con l’obbligo di pagare per ciscun Uomo o Donna di servigio paoli tre moneta di rame.

Secondo = Tutti gl’individui delle Famiglie del secondo ceto, o grado, del primo , e secondo de’ Castelli, e de’ Mercanti saranno tenuti per lo stesso titolo pagare bajocchi 40 per cadauno, t ame sopra.

Terzo = Tutti gl’individui delle Famiglie di qualunque altro grado, o ceto saranno obbligati pagare bajocchi dieci per ciascuno come sopra.

Quarto = Tutti li Coloni dovranno pagare bajocchi cinque per ogni testa come sopra.

Macerata dalla Reggenza 20 Agosto 1799.

(Omissis)

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Documento n. 14

<RICORDO DEI NAPOLETANI A PEDASO>

– 25 agosto 1799

È giunto finalmente in questo nostro castello di Pedaso la Real Truppa dell’Invitto Re delle due Sicilie, comandata dal prode Generale Don Donato de Donatis tanto da noi aspettato, e desiderato, ad oggetto di condursi sotto la Piazza di Ancona, dentro la quale i malvagi Francesi e i loro cinque Partitari sonosi riuniti fuggendo. Mercé un tal forte e valoroso soccorso speriamo ora vicino l’esterminio di quella perfida gente, che resiste ancora alle forze delle Potenze alleate, e speriamo altresì di vedere sollecitamente restituita l’intera tranquillità a queste nostre contrade. Intanto, siccome abbiamo ammirato la moderatezza di detta Real Truppa, che, per li vari provvedimenti dati dal riferito signor Generale, non ha recato la menoma molestia e niun danneggiamento agli interessi ed alle persone di questo castello nostra patria, così ne produciamo un completissimo Avviso al pubblico, onde tutti si esultino di giubilo e di contentezza.

Pedaso, 25 agosto 1799.

Li residenti

NICOLA BERNARDINI, Vie. for. e Dep. eccl.

PROTASIO TEODORI, Govern. locale,

BENEDETTO ROSSI, Segretario.

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Documento 15

ARMISTIZIO PACATO, 13 novembre 1799

LIBERTA’             EGUAGLIANZA           REPUBLICA FRANCESE

Ancona Assediata li 23 Brumale Anno 8vo della Republica

Tra il Generai di Brigata. MONNIER’ Comandante in Capo la Divisione di Ancona autorizzato, dal Consiglio di Guerra tenuto a questo effetto di trattare la Resa di Ancona.

Ed il Sig. Barone di FRELTCH Luogotenente Generale di Sua Maestà Imperatore, e Re, Comandante in Capo le Truppe che assediano Ancona.

La. presente Capitolazione è stata discussa, risoluta, decretata irrevocabilmente nel modo che siegue.

 

ARTICOLO PRELIMINARE

Il Generale Comandante la Divisione d’Ancona, e le Truppe sotto i suoi ordini considerando, che la Capitolazione ¡1 « Fano segnata li 8 Termidoro scorso tra le Truppe Repubblicane Francesi, ed il Sig. Comand. le Truppe Russo-Turche è  stata. Violata nella sua esecuzione per lo stesso Comandante.

Considerando, che la morte sarebbe preferibile al disonore di trattare con delle Autorità che non conoscono il Diritto delle genti.

Vista la situazione, in cui si trova la divisione d’Ancona, e vista la quarta, ed ultima intimazione di resa fatta dal Sig. Barone BRELICH, Luogotenente Generale al servizio di Sua Maestà Imperatore, e Re, Comandante, in capo le: Truppe assedianti Ancona.

Dichiara, che egli non vuole entrare in Negoziazioni, che colle Truppe, ed il detto Luogotenente Generale al servizio di S. M. Imperatore, e Re.

 

CAPITOLAZIONE – ARTICOLO I.

Le Truppe della Guarnigione di Ancona, e Forti annessi al giorno, ed ora, che saranno convenuti, sortiranno dalla Piazza con tutti gli onori della Guerra, cioè: Con Tamburo battente, Bandiere spiegate, Miccio acceso, avendo alla testa due pezzi di Cannone di Campagna coi loro Cassoni, più uno d’Infanteria per rendersi in Francia per la via di terra la più comoda; Soldati, Ufficiali, Generali, ed ogni Militare si di terra, che di mare il Console della Republica Francese, gl’ Impiegati, e agenti Civili, e Militari porteranno seco le loro Armi, Effetti, e Proprietà personali di qualunque genere.

Saranno riguardate come Truppe della Divisione di Ancona, e saranno trattate sotto tutti i rapporti come Truppe della Republica Francese i Cisalpini, Romani, ed altri Italiani formati in Legioni, Battaglioni, o Compagnie, che portano le armi nella detta Divisione.

ARTICOLO II

La Divisione sarà accompagnata, e protetta nella sua marcia sino ai Posti awanzati dell’Armata Francese in Italia da un determinato corpo di Truppe Imperiali Comandate da un Uffiziale dello Stato Maggiore.

ARTICOLO III

La Divisione, che si porterà in Francia per la via che essa giudicherà la più comoda,, marcierà a spese di S.M. Imperatore, e Re:

Ogni Militare, o impiegato riceverà la Razione di ogni genere, e l’alloggio competente al suo grado secondo le Leggi, e Regolamenti Francesi. La marcia non sarà, forzata, ma regolata militarmente dietro quella dell’Infanteria Francese. Il Genera MONIER Comandante la Divisione farà di concerto coll’Uffiziale di Stato Maggiore Austriaco la determinazione dell’alloggio, o accampamento, se sarà giudicato convenevole, come, pure delle ore di partenza, e luoghi di dimora.

Risposta: Le Truppe della Guarnigione di Ancona, e dei Forti annessi sortiranno nel giorno, ed ora convenuta dalla Piazza con tutti gli onori di Guerra richiesti per rendersi in Francia come Prigionieri di Guerra, e non serviranno contro S.M. Imperiale, e contro i suoi Alleati che dopo un perfetto Cambio.

La Truppa deporrà le Armi nel luogo che sarà fissato da un Articolo Addizionale; i soldati e sotto Uffiziali conserveranno le loro muciglie, il Generale Comandante la Divisione, il Console della Repubblica Francese, i Generali, Uffiziali di terra, o di mare, gli Impiegati Civili e Militari conserveranno le loro Armi, Cavalli secondo i loro Gradi, ed i loro Effetti Personali.

Il Generale FRELICH volendo dare una prova di stima alle Truppe della Guarnigione per la Difesa coraggiosa, e contro ogni aspettativa, che esse hanno fatto, accorda ai Sotto Uffiziali il diritto di portare le loro Sciabole per rendersi al loro destino.

E per dare alla Divisione tutta, non meno che al General MONNIER, che la comanda un attestato della considerazione particolare, e della stima di nazione a Nazione contraenti, gli concede una Guardia di onore composta di quindici Uomini a Cavallo montati, armati equipaggiati, e di trenta Carabinieri Armati.

ARTICOLO IV

Sarà accordato a spese di S. M. Imperatore, e Re il numero de’ Carri attaccati, necessarj al trasporto degli Effetti personali degli Uffiziali, Impiegati, Consigli d’Amministrazione, e dei Depositi dei Corpi della Divisione: Il numero dei detti Carri sarà, convenuto d’appresso lo stato dei bisogni, che fornirà il Commissario di Guerra Francese

Il Generale Com. la Divisione, il Console della. Republica Francese, i Generali di Brigata Lucotte, Pino, Palombini, il Capo dello Stato Maggiore della Divisione, i Comandanti del Genio, e dell’Artiglieria, il Pagatore della Divisione, i Commiissarj di Guena, e della Marina Francese, l’Agente del Commissario Civile sono autorizzati di condurre ognuno il. loro Carro coperto pel trasporto delle loro Carte di Amministrazione, come di. Contabilità, ed i loro Effetti personali qualunque.

Risposta: Accordato ma a condizione che sarà Consegnato, da chi ne avrà il dritto, al Sig. Generale Barón di FRELICH l’attestato, che le Balle degli Uffiziali e Furgoni coperti non contenghino effetti di proprietà pubblica.

ARTICOLO V

I Bastimenti da Guerra della Repub. Francese, e Corsari coi loro Uffiziali, Impiegati in Amministrazione, ed Equipaggi si renderanno in uno dei Porti della Republica nello stato che si. ritrovano al momento della sottoscrizione della Capitolazione, muniti di Passaporto, e sotto la garanzia di S. M. Imperiale.

I viveri saranno forniti a spese della detta Potenza a ragione del viaggio.

Risposta:

INAMMISSIBILE ma se le Corsare la LUPE e la VENDETTA uscite dal Porto, e potendosi ripresentarsi di nuovo, rientreranno dopo la Capitolazione, li Marinari, che ne compongono l’Equipaggio, avranno la medesima sorte, che le Truppe esistenti attualmente nella Piazza.

ARTICOLO VI

I Malati dello Spedale della Divisione che potranno essere trasportati, lo saranno a spese di S. M. Imperatore, e Re coi viveri, e medicamenti e Casse di Chirurgia, ed Uffiziali di Sanità sufficienti pel viaggio d’Ancona in Francia.

Gli Ammalati, che senza pericolo, non potranno essere trasportati, resteranno in Ancona; essi saranno protetti come un Deposito Sacro, e trattati come gli Ammalati di S. M. Imperiale.

La Divisione li confida alla lealtà ed umanità della Nazione Austriaca.

II  General MONNIER gli determinerà il numero degli Uffiziali di Sanità, ed Infermieri indispensabili sotto la sorveglianza d’un Uffiziale Militare Francese, e di un Commissario di Guerra.

Subitochè il detto Uffiziale, Commissario richiederanno il trasporto dei Convalescenti o per mare, o per terra, secondochè sarà più convenevole al loro stato, gli verrà religiosamente accordato.

ARTICOLO VII

I Prigionieri fatti tanto durante il corso dell’Assedio d’Ancona che nelle Spedizioni precedenti, e che sono in Ancona, o sopra i Bastimenti Russo-Turchi o nella Divisione occupata dal Sig. Generale FRELIGFI, saranno resi da una parte, e dall’altra immediatamente dopo la sottoscrizione della presente Capitolazione e parteciperanno delle disposizioni contenute ne’ suoi Articoli.

Risposta:

ACCORDATO, per li Prigionieri Francesi solamente, che si troveranno ancora nella Divisione del Sig. Generale FRELIC

ARTICOLO VIII.

Tutti gli Individui di qualunque Nazione, o Religione essi siano abitanti nella Città d’Ancona , o che vi si trovino, e segnatamente gli Ebrei non potranno essere inquietati, molestati, né ricercati direttamente, o indirettamente essi, e le loro famiglie sul sospetto, e per la manifestazione delle loro opinioni civili, politiche, e religiose, come per li fatti che sono risultati, pendente il cangiamento del Governo nel Territorio Romano.

Questa disposizione risguarda quei fra loro, che hanno preso le armi, o esercitato degli impieghi Civili, o Amministrativi durante quest’epoca, e che verrebbero molestati per le loro ingerenze.

Risposta:

Il Governo Austriaco farà rispettare il diritto delle Genti verso li Cittadini senza distinzione di opinioni, o Religioni, purché si sottomettino alle leggi.

ARTICOLO IX.

La Commissione Amministrativa d’Ancona, i Membri anteriori delI’Amministrazioni Centrali dei Dipartimenti del Tronto, Musone, e Metauro, dei loro Tribunali, e Municipalità, gl’impiegati in tutti questi corpi Politici, ed i Patriotti della Republica Romana, come pure li Cittadini., e Sudditi delle Potenze alleate della Republica Francese, che vorranno seguire la Divisione d’Ancona, Essi, le loro Famiglie, ed effetti avranno la liberà più intera, né potranno essere ritardati, né impediti sotto qualunque pretesto.

Risposta.

L’Autorità Militare proteggerà l’esecuzione del presente Articolo, uniformandosi alla risposta fatta nel precedente Articolo.

ARTICOLO X.

Le Vendite, e Cessioni dei Beni, fondi situati in Ancona, e suo Territorio, come anche nei Dipartimenti Musone, Tronto, e Metauro sì autorizzate dal Consolato Romano, che dalla Repubblica Francese saranno mantenute inviolabili

Risposta:

Il Sig. Generale FRELICH non puoi decidere, e lascia l’assoluzione di questo articolo ai Gabinetti.

ARTICOLO XI

Li Cittadini Francesi, e loro alleati potranno alienare, o fare trasportare come a loro più piacerà per terra o per mare a loro spese gli effetti, e mercanzie da loro acquistate sino a quest’oggi.

Risposta:

Accordato; se gli Effetti, e Mercanzie non provengono dai Bastimenti, e Carichi presi dai Corsari sopra i Sudditi di S.M. Imperiale, e che non sarebbero stati giudicati di buona preda.

ARTICOLO XII

Sarà permesso alle persone comprese negli Articoli 8. 9.10. 11. di disporre delle loro Proprietà fondarie, e mobiliarie di venderle, o alienare, o percepirne l’entrate, come a loro piacerà: potranno egualmente in caso di vendita, o alienazione trasportarne esse medesime l’amontante, o inviarlo a loro piacimento nei luoghi, ch’essi desidereranno in Oro, Argento, Viglietti a ordine, o Cambiali.

Le suddette Persone potranno in conseguenza nell’intervallo dei sei mesi a contare dal giorno della sottoscrizione della Capitolazione continuare esse medesime la vendita dei loro Beni, e l’esigenza dei loro Crediti con tutta quiete, se esse non amano meglio abbandonare il Paese colla Divisione d’Ancona, e lasciare i Procuratori generali, e speciali, i quali godranno della protezione, di cui avrebbero goduto restando in Ancona.

Risposta:

ACCORDATO, se i Beni, di cui si tratta non erano di pertinenza dell’Antico Governo, delle Comunità Religiose soppresse; o dei Particolari Emigrati.

ARTICOLO XIII.

I Consoli di Spagna, e di Genova avranno la facoltà di restare in Ancona per lo spazio di sei mesi per terminarci i loro interessi con tutta garanzia delle loro Persone, Famiglie, Proprietà, e Carte Personali, o risguardanti le loro Amministrazioni, se meglio non amano ritirarsi colla Divisione d’Ancona, ed in tal caso saranno trattati come il Console della Rep. Francese.

Risposta:

I detti Consoli saranno rispettati, e protetti.

ARTICOLO XIV.

Se vi fosse qualche Articolo nella presente Capitolazione soggetto o qualche oscurità sarà interpretato secondo I’equità a favore della Divisione d’Ancona.

ARTICOLI ADDIZIONALI.

  1. La Cassa del Pagatore della Divisione, i Viveri, ed effetti dei magazzeni della Rep. Francese saranno rimessi appresso ricevuta nelle mani dell’Assediarne, segnata che sarà la Capitolazione.
  2. L’artiglieria dei Forti, del Porto, della Piazza, ed oggetti annessi, le Piante, e Carte relative alle Fortificazioni, ed all’interesse militare del Paese, saranno rimesse ai Commissarj , che saranno destinati per riceverli, dopo averne fatto Inventario, e rilasciata Ricevuta.
  3. Li disertori dell’una, e l’altra parte saranno restituiti.

Risposta:

CONVENUTO per li Disertori Austriaci solamente

  1. Per la garanzia, ed esecuzione di tutti gli Articoli della Capitolazione saranno dati degli ostaggi, ed il Sig. Barone di FRELIC Tenente Generale Commandante le Truppe Assedianti Ancona si rende responsabile della sicurezza della

Divisione dal momento dell’occupazione dei Posti sino al suo destino, come anche dei danni che potrebbero esser fatti a quelli, che la compongono.

  1. Segnati che saranno gli Articoli della Capitolazione, i Picchetti delle Truppe di S. M. Imperatore, e Re occuperanno le Porte di Francia, e Farina in numero eguale, e congiuntamente ai Francesi.
  2. Ventiquattro ore dopo la sottoscrizione dei ridetti Articoli le Truppe della Divisione d’Ancona evacueranno i Forti, e la Piazza in una sola Colonna con tutti gli onori della Guerra ottenuti nell’Articolo primo: si renderanno il medesimo giorno a Sinigaglia con le loro armi, che deporranno, eccettuati li Militari, ed Impiegati, che devono conservarle.

Risposta:

Convenuto, ma la Truppa Prigioniera deporrà le sue Armi a Fiumesino.

Fatto, convenuto, e decretato in Ancona li 23. Brumale an. 8, della Republica Francese una ed indivisibile.

Il Generale di Brigata Comandante la Divisione d’Ancona MONNIER

Sottoscritto Piè della Croce 13 Novembre 1799.

FRELIH Tenente Generale

DOCUMENTI RELATIVI ALLE INSORGENZE NEL PICENO NELL’ANNO 1799

a cura di Carlo Tomassini

Documento n. 1

Lettere di Pio VI e Giuseppe II d’Asburgo – 3 e 19 agosto 1782

= PIO VI. Prevalendoci di quella amichevole libertà che piacque alla M.V. gentilmente esibirci, cioè che quando avessimo inteso che fosse per farsi da V.M. alcuna mossa, che avessimo creduta discorde dalle buone regole e pregiudizievole alla Religione, ne avessimo scritto confidenzialmente in dirittura alla M.V. Quindi è che essendoci pervenuto all’orecchio che V.M. vada pensando di togliere tutti i fondi alle Chiese ed agli ecclesiastici della sua monarchia, e ridurli semplici pensionarj, non possiamo dispensarci di pone in vista che se si effettuasse un tal pensiero, ridonderebbe alla Chiesa una lacrimevole lesione ed ai buoni uno scandalo irreparabile. Non è di nostra ispezione entrare nel politico e nell’economico de’ suoi Stati – benché in questa parte non cediamo a qualche Affezionato suo per ogni di lei giusto vantaggio — tuttavia non dobbiamo prescindere dai riflessi di deperizione delle rendite ecclesiastiche che coll’amministrazione da farsi dai secolari dei fondi non propri, dell’infrazione dei patti stabiliti fra’ suoi antecessori e diverse province, della ferita apportata alla Costituzione degli Stati, della violazione delle disposizioni dei pii fondatori, delle conseguenti pretensioni, che susciterebbero i loro eredi di rivendicare gli stessi beni: tutto ciò lo lasceremo da parte, come oggetti alieni dal nostro ministero, e che non sfuggiranno dalla penetrazione di V.M. Parleremo soltanto di ciò che non possiamo omettere per debito di coscienza, e le diciamo che il privare le chiese e gli ecclesiastici del possesso dei loro fondi temporali è in dottrina cattolica un errore manifesto, condannato dai Concili, esecrato da’ santi Padri e qualificato dai più rispettabili scrittori per dottrina velenosa, per dogma scellerato. Ed infatti per sostenere una tal massima a pro del sovrano, convien ricorrere ai falsi insegnamenti dei Valdesi, dei Vecleisti e degli Ussiti e di quanti altri pur sono andati d’accordo con loro, e specialmente dei liberali infetti del tempo. Non dobbiamo qui annoiare con una tessitura di citazioni nelle quali si legge che quelli che mettono mano ai beni della Chiesa per loro profitto, Rei sunt damnationis Ananie et Saphire et oportet eiusmodi tradere satane ut spiritus salvus sit in die Domini. Solo ci ristringeremo a riscrivere quanto nel XII secolo avvertì Giovanni patriarca d’Antiochia, che quantunque scismatico, non poté soffrire l’abuso del Principe che voleva, come utile, disporre a favore de’ suoi Stati dei fondi delle Chiese, così scrivendo: “Essendo tu uomo corruttibile, mortale e di corta vita, osi di dare ad un altro uomo quello che non hai? E se dici di donare quello che hai, e pensi che siano tue le cose di Dio, fai Iddio te stesso. Qual uomo dotato di senno chiamerà ciò provvidenza ed utilità e non piuttosto trasgressione, disubbidienza estrema e perniciosissima iniquità? Come può essere e dirsi cristiano chi profana le cose, siano qualsivogliano, (de)dicate e consacrate al nostro Iddio e celeste re Cristo?” Sappiamo che i contraddittori, male interpretando ed abusando di alcuni testi delle sacre Lettere, credono di ben stabilire in questa parte i loro errori, ma noi senza venire ad un esame di tali maligne applicazioni, domandiamo a V.M. se in dicendo gli stessi autori, che in forza di altri testi delle sacre Scritture non si può ammettere nel mondo sovranità, crederebbe la M. V. che tali testi scritturali fossero chiari e convincenti per l’assunto onde doversi spogliare della sua sovranità per salvar l’anima? Noi crediamo anzi chi penserebbe il contrario, ed in così pensando, penserebbe come pensiamo anche noi. E lo stesso dee dirsi dell’altro, in cui li nemici seguenti della Chiesa, gli eretici, li cattolici di apparenza, i falsi maestri, e gli adulatori dei Principi, attribuiscono ai medesimi in base dei passi della Scrittura, il diritto di togliere alla Chiesa e ai suoi ministri la proprietà ed il possesso de’ loro beni. Dovrebbero pur sapere costoro che i Leviti d’Israello possedevano vaste campagne ed intere città e che come fondi santificati erano inalienabili ed in pertinenza del Sacerdozio. E perché dunque non conciliare il libro del Levitico, dei Numeri, dei Re con le altre espressioni che a chi non sa sembrano fra di loro contraddittorie e far lo stesso con i testi del Vangelo e con gli Atti degli Apostoli, come hanno fatto i santi Padri per tacciare, con manifeste eresie, di contraddizioni i sacri Libri dettati dalla stessa divina Sapienza? Facciamo uso di questi riflessi non perché possiamo mai persuaderci che V. M. abbia cuore di non rendere di peggiore condizione le Chiese, di qu(anto) sono le famiglie particolari, e di seguitare l’esempio di soli Principi Protestanti e segregati dalla nostra Comunione, ma affinché la M.V. senta in poche righe ciò che gli dee aver detto alcuno degli odierni pensatori. Non dissimuliamo che purtroppo alcuni fra i molti ecclesiastici faranno di tali beni un uso mai retto: ma che da ciò? Forse questa sarà ragione per farne uno spoglio ed una appropriazione chiamata sacrilega e farla generale a danno della Chiesa, dei successori e di quelli che l’impiegano secondo i dettami delle sacre Ordinazioni? Nei colloqui avuti con V. M. non entrammo in questa materia, che a termini di particolare temporaneo sequestro, e non ci siamo dimenticati di aver dette delle ragioni per le quali ci parve la M.V. persuasa a doversene astenere. Ma se ci avesse proposto il dubbio di una illimitata privazione per passare i beni delle Chiese all’amministrazione de’ secolari, le avre(mm)o aggiunto ragioni molto più rinforzate con le quali l’avre(mm)o convinta deporne il pensiero.

Quello che la mancanza di apertura non ci diede adito allora di fare colla viva voce, l’abbiamo fatto in ristretto colla presente, la quale, se non avesse eguale efficacia, farebbe conoscere a tutto il mondo cattolico che V.M. non ha fatto alcun conto dei nostri suggerimenti o che presto se n’è dimenticata: giacché in questa sola novità si conviene il rovesciamento di quelle massime cattoliche che ci permise di rilevare. Preghiamo di cuore il Signore che faccia sempre risplendere nell’effettivo Governo della M.V. quelle proteste del suo attaccamento alla purità della Religione in modo che mai restino deluse da fatti contrari. Fin qui ci siamo prevalsi di altra mano più corrente e più facile a leggersi della nostra, per affatigar e tanto di meno la vista di V.M. Con questa rispettosa dichiarazione passiamo ad abbracciarla con pienezza di affetto e col darle la Patema Apostolica Benedizione: Datum Romae apud s. Mariam Maiorem die 3 augusti 1782, pontificatus nostri anno VII. Pius pp. VI.

 

<RISPOSTA DELL’IMPERATORE>

= GIUSEPPE: Ho l’onore di rispondere a posta corrente alla lettera che là S.V. viene di scrivermi sul supposto che io voglia togliere tutti i fondi alle Chiese ed agli ecclesiastici e ridurli tutti ad essere semplici pensionarj. Le relazioni delle persone che mi procurarono già l’alto onore di vedere la S.V. alla mia residenza mi hanno anche senza dubbio procurata questa nuova testimonianza in scritto della sua amicizia e del suo zelo apostolico. Non posso dir altro, senza stendermi in lunghezze, se non che il supposto pervenuto alle sue orecchie, come la S.V. si esprime, è falso e senza andar cercando i testi tanto della Scrittura, che dei santi Padri, però sempre soggetti ad interpretazioni e spiegazioni, tengo una voce in me, che mi dice quello come Legislatore e Protettore della Religione mi convien di fare e di tralasciare. E questa voce coll’aiuto della divina grazia e col carattere onesto ed equo che mi sento, non può mai indurmi in errore. Se la S. V. vuole restar persuasa di questa verità, come lo spero, la prego anche di credermi con più filiale attaccamento e rispetto: 19 agosto 1782 Giuseppe.

-.

Documento n. 2

Sulla cessazione dello Stato Pontificio: P. Vincenzo Maria Strambi, anno 1798

(…) Se poi si domandasse sia espediente e vantaggioso che la Chiesa abbia dominio e Principato, vi si può rispondere che la cosa è assai dubbia e controversa anche presso le persone più savie e meglio affezionate alla stessa Chiesa. Imperocché se per una parte l’aver dominio è stato proprio perché dia alla Chiesa e ai suoi Ministri una maggior libertà nel promulgare la volontà dell’Altissimo e facilità maggiore nello stabilirne i mezzi per bene eseguirli. Per l’altra parte l’essere la Chiesa e i suoi Ministri privi di ricchezza e di dominio, pare che li mantenga più raccolti nel servizio di Dio, più distaccati dalle cose terrene, più umili in tutta la loro condotta, più affabili e più solleciti del bene del Prossimo, e cosi più amabili a Dio ed agli uomini.

Il certo si è che siccome l’uomo veramente savio si accomoda a tutte le disposizioni della provvidenza, e di quelle si prevale per adempire i disegni dell’Altissimo in bonum. Così quando una certa necessità, come la chiama S. Bernardo De Consideratione lib. 4, c. 3, faceva che si ritenesse dominio, e Principato, gli Ecclesiastici santi colla loro virtù tutto facevano servire all’accrescimento della gloria di Dio. Così mentre, non senza sovrana disposizione di Dio, la Chiesa resta priva di dominio, Dominus abstulit; gli Ecclesiastici che hanno veramente lo spirito del Signore e della sua Chiesa, non trascureranno di raccogliere da questa privazione tutti i preziosi vantaggi, che se ne possono ricavare.

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Documento n. 3

Omelia del Vescovo di Imola (futuro Pio VII), anno 1798

<Ecco le linee direttive dell’Omelia del Cardinale Chiaramonti: Libertà, fraternità, democrazia>.

«La libertà cara a Dio e agli uomini è una facoltà che fu donata all’uomo, è un dominio di poter fare e non fare, ma sempre sotto la legge divina ed umana. Non esercita ragionevolmente la sua libertà chi si oppone alla legge baldanzoso e ribelle;1 non esercita ragionevolmente la sua libertà chi contraddice a Dio e alla temporale sovranità, chi vuol seguire il piacere e lasciare l’onestà, chi s’attiene al vizio ed abbandona la virtù… La forma di governo democratico, adottata fra di noi, o dilettissimi fratelli, no, non è in opposizione colle massime fin qui esposte, né ripugna al Vangelo: esige anzi tutte quelle sublimi virtù che non s’imparano che colla scuola di Gesù Cristo, e le quali, se saranno da voi religiosamente praticate, formeranno la vostra felicità, la gloria e lo splendore della vostra repubblica » (…)

« Decidete quanto conferiscano i precetti del Vangelo, le tradizioni degli Apostoli e dei grandi filosofi Padri e Dottori cristiani a conservare la pace, a far risplendere la vera grandezza dello stato democratico, a fare di tanti uomini, dirò così, tanti eroi di umiltà, di prudenza nel governare, di carità nel fraternizzare fra loro stessi e con Gesù Cristo… Il luminoso oggetto della nostra democrazia dev’essere di stabilire la massima possibile unione di sentimenti, di cuori, di forze fisiche e. morali, onde ne derivi una soave fratellanza nella società (…) nella democrazia studiatevi di essere della massima possibile virtù e sarete i veri democratici: studiate ed eseguite il Vangelo e sarete la gioia della repubblica…

La religione cattolica sia l’oggetto più prezioso del vostro cuore, della vostra divozione e di ogni altro vostro sentimento. Non crediate che ella si opponga alla forma di governo democratico. In questo stato, vivendo uniti al vostro Divin Salvatore, potete concepire una giusta fiducia dell’eterna salute, potete operare la felicità temporale di voi stessi e dei vostri simili e procurare la gloria della repubblica e delle autorità costituite. Sì, miei cari fratelli, siate buoni cristiani e sarete ottimi democratici ».

 

Documento n. 4

Giuramento del Vescovo di Fano – 26 febbraio 1798

Voi ora siete Sovrano, o mio Popolo, e Dio, il grande Iddio vi ha dato questa sovranità. Io sono, o Popolo, il vostro Vescovo. E fu Dio che mi chiamò e per mezzo del suo Vicario mi ha assunto a carico così tremendo.

I regolatori voi siete di quelle vie che conducono l’uomo ad essere felice in terra, ed io sono il regolatore di quelle vie che conducono l’uomo ad essere felice in Cielo.

Io adoro nelle vostre mani le democratiche leggi, ma voi adorate ancor nelle mie, le leggi dell’Evangelo.

Oh sante leggi dell’Evangelo, qua, a me, oggi, che vi consegni al mio Popolo, onde egli che è Sovrano sia mai sempre democratico senza colpa, democratico con virtù. Oh, leggi democratiche, qua, a me, pure in quest’oggi. Voi avete, o Popolo, alle leggi dell’Evangelo quell’ossequio che è ben dovuto alle leggi dell’Evangelo di Gesù Cristo: morir piuttosto che violar questa legge.

Io debbo alle vostre leggi, ubbidienza e rispetto, e tal rispetto e ubbidienza che ognuno impari a rispettarle e ubbidire.

Ohimè! Se ardito io fossi di violarle, sarei colpevole di più delitti, sarei meritevole di molte pene. Ma o quali atroci pene voi pure avreste non solo in terra, ma anche all’inferno, se violate un sol precetto dell’Evangelo, se vi scostaste dagli esempi del Crocifisso:

Io no, che esser non voglio reo di in ubbidienza alle vostre leggi, ma voi nemmeno esser lo dovete a quelle che già vi imposi a nome del vostro Dio.

Deh, rammentate, o Popolo, in vostro cuore, rammentate quei giuramenti che faceste là nel Battistero, ché io, anch’io con giuramento m’obbligo al mio dovere.

GIURO, ecco, o Dio le mie parole, ecco la mia promessa, giuro fedeltà al democratico attual governo, giuro obbedienza alle sue leggi, ma ad un tempo a voi giuro fedeltà e ubbidienza, o mio Dio, fedeltà ed ubbidienza adorabili Comandamenti e alla vostra Chiesa

Oh, sacerdoti, o ministri del Divin Culto, giuro anche per voi, e Dio riceva in religioso olocausto i nostri inviolabili giuramenti.

Sebbene, ah, perché, o mio popolo, anzi miei figli, mia corona e mio gaudio, perché non posso giurare anche per voi. Voi sì che potete adesso formarvi i vostri rappresentanti, le vostre leggi, ma poi, formati gli uni, formate le altre, dovete anche voi rispettare entrambe, e ubbidire con fedeltà. E’ Dio che così vuole, quel sapientissimo Dio, che arbitro e regolatore delle sorti del mondo, le dispone e modera a suo talento.

Voi qui vedete tra i vostri concittadini, quegli che rappresentano la vostra sovranità.

Essi rispetteranno sempre la Religione, terranno da voi lontani i fulmini di Gesù Cristo, onoreranno l’infallibile successore di Pietro e la sua fede, saranno scudo e difesa al cattolico Culto, al sacro tempio, ai suoi ministri, ma tutti insieme custodi ed esecutori delle vostre leggi, ne esigeranno veglianti e solleciti l’adempimento.

Fra questa loro rappresentanza, non è ella tale che al dir di Paolo, vi obbliga ad adorare in esso gli altri decreti, e le disposizioni del vostro Dio, con spirito d’ubbidienza? Eh, sì pur dunque ubbidienza, anche per voi o mio popolo, fedeltà e ubbidienza all’attuai vostro Governo e agli attuai vostri rappresentanti. Ma avvertite questo spirito di fedeltà, questo spirito d’ubbidienza ove più vigoroso lo trovate, se non tra gli augusti veli di Religione?

Adempiansi queste leggi che io vostro Pastore vi addito nell’Evangelo e sarete Sovrani ad un tempo e sudditi integerrimi e virtuosi.

Oh, beato quel Popolo ove nelle massime e nei costumi, trionfa il Vangelo, perché trionfano insieme con lui, la pace il buon ordine, la giustizia!

Beato quel popolo ov’è la Repubblica protetta dal Crocifisso, e il Crocifisso difeso dalla Repubblica, mentre con sì mirabile unione, resta assicurato il doppio bene all’uomo in ordine alla terra e al Cielo.

Cari miei figli, mentre io su questo Altare, consapevole dei miei voti e delle antiche mie lagrime, Altare che mi mostra le sacre ceneri del mio Vescovo Fortunato, Altare che mi ricorda i favori e i voti dell’Ammirabile Madre Maria, mentre io deposito i miei già formulati giuramenti, voi venerateli con Religione. Son giuramenti del vostro Vescovo. Ma ad un tempo accoppiate ad essi le vostre risoluzioni, fervide risoluzioni d’osservare la santa legge di Dio, d’amarvi in Dio, d’essere cittadini nelle vostre intraprese, diretti sempre alle intenzioni di Dio

Oh, Dio, piovete amoroso Sole dal Cielo, che infiammi di carità, illumini le nostre menti, ecciti in cuore, generosi affetti di religione e di Fede.

Rendete santo il Pastore, rendete sante la Greggi onde tutti possiamo un giorno cantarvene, nell’eterna Gerusalemme, inno più giulivo e festoso, del festoso inno giulivo, che ora sciogliamo qui ai piedi del vostro Altare.

Nota: questo foglio, probabilmente portato da don Valeriano Orazi segretario del vescovo di Fano e canonico a Santa Vittoria, ov’è rilegato nel registro n° VI “Iura”, carte 359-360.

 

Documento n. 5

Proclama di Fernando re di Napoli – 14 novembre 1798 (ortografico)

= FERDINANDO IV per la grazia di Dio re delle Sicilie e di Gerusalemme, infante di Spagna, duca di Parma, Piacenza, gran Principe ereditario delle Toscane etc.

Quantunque fin dal principio delle rivoluzioni politiche, che da qualche tempo hanno turbato la tranquillità in varie parti del mondo, avessimo noi procurato di provvedere alla costante sicurezza dei nostri reali Stati e Domini col tenerle lontane le perniciose massime e i seduttori, riordinare ed accrescere le nostre forze armate, stringere con più forti nodi le alleanze con le potenze amiche, stipulare trattato di Pace con la Repubblica Francese, ed esaudire ogni altro mezzo di operazioni pacifiche: pure nondimeno ci siamo trovati nella dura circostanza di vedere in pericolo la quiete ed indennità dei nostri Stati per motivo dell’inaspettata mutazione di Governo del limitrofo Stato Romano, accompagnata dalla sovversione di ogni sano stabilimento, dal danno della santa religione cattolica e da civili discordie e luttuose scene di massacri e depredazioni. Questi avvenimenti, l’imprevista occupazione dell’Isola di Malta di nostra regia pertinenza e le continue minacce di prossima invasione nei nostri Domini, confermate da apparecchi guerrieri e da movimenti di truppe alla volta di questo Regno di Napoli, ci hanno indotto a prendere altri più efficaci provvedimenti, onde allontanare dai nostri Domini qualunque danno e pericolo. Abbiamo pertanto determinato di fare avanzare il nostro reale esercito dentro lo Stato Romano fin dove l’urgenza lo richiederà, con la ferma volontà di ravvivarvi la cattolica religione, farvi cessare l’anarchia, le stragi e le depredazioni, ricondurvi la Pace, e porlo sotto il regolare Governo del suo legittimo Sovrano. Dichiariamo ai nostri amatissimi sudditi, agli abitanti dello Stato Romano, ed agli altri popoli dell’intera Italia che (lungi dal muovere guerra contro alcuna Potenza) il solo desiderio di provvedere alla loro sicurezza e di rendere il dovuto onore alla religione ci ha mosso a questa intrapresa nella quale Noi col soccorso del sommo Dio, secondati dai validi aiuti dei nostri grandi alleati e dall’opera delle Nazioni Italiane, speriamo avere felicissimi eventi. Noi stessi alla testa dei prodi soldati del nostro invitto esercito, dirigeremo le loro operazioni militari e ci impegneremo di fare uso delle loro forze nei soli casi di resistenza e di aggressione, mentre in ogni altro rivolgeremo le nostre cure soltanto agli indicati sacri oggetti della Religione e del riordinamento del Governo dello Stato Romano. Con tale prevenzione adunque esortiamo gli abitanti tutti del detto Stato Romano di deporre le armi nel momento dell’ingresso del nostro esercito nel loro territorio; di conformare a quelle disposizioni che saremo per dare in favore di essi e della salvezza comune, di facilitare con i possibili mezzi e aiuti la nostra giustissima intrapresa, e di essere sicuri che Noi, facendo uso della nostra naturale giustizia e clemenza, non solo proteggeremo e ricompenseremo i buoni e virtuosi, ma ancora raccoglieremo con paterno affetto i traviati che, pentiti dei propri errori, volontariamente ritorneranno nel diritto sentiero e si sottoporranno al nostro comando.

Inculchiamo pertanto a tutti di abbandonare ogni idea di vendetta per il danno che per la passata rivoluzione gli uni avessero agli altri arrecati e di astenersi da qualunque sorta di eccesso di rappresaglia, sotto pena della nostra reale indignazione, di essere trattati i contravventori come nemici della pubblica sicurezza.

Esortiamo parimenti i Generali e Comandanti di qualunque esercito estero di far subito ritirare tutte le loro truppe fuori dal territorio romano, senza prendere ulteriormente parte nelle avventure di quello Stato la cui sorte per ragione di vicinanza e per altri legittimi motivi interessa principalmente la nostra Regia Podestà. Infine manifestiamo che dal punto in cui il nostro esercito sarà entrato nel territorio Romano, vi sarà libera comunicazione tra le sue popolazioni e quelle del Regno, del quale per provvedere alla sussistenza delle Reali truppe ed al bisogno degli abitanti dello Stato Romano, faremo nel medesimo trasportare i generi necessari di viveri ed altre occorrenze.

Dal Quartiere Generale di S. Germano 14 novembre dell’anno 1798. Ferdinando

  1. Acton

(Nel registro VI “Iura” dell’archivio capitolare Santa Vittoria in Matenano, cc.362s. Nota: la guerra del re di Napoli contro la Repubblica Romana, risulta dichiarata il 23 novembre 1798 nel “Distinto ragguaglio della totale disfatta riportata sul formidabile esercito napoletano dalle invitte falangi della Grande Nazione” stampa dell’epoca.)

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Documento n. 6

Ascoli 5 febbraio 1799: sottomissione pacifica

= LIBERTA’   REPUBBLICA ROMANA   EGUAGLIANZA

LA MUNICIPALITÀ’ D’ASCOLI

Alle Popolazioni vicine, Perdono, e Pace per le Communi Armate del Tronto. Dopo varie trattative in iscritto, e a voce colla mediazione nostra, e per mezzo de’ virtuosi Ecclesiastici, Secolari, e Regolati, spediti in tutte le Comuni, il General Francese dimostrando la sua brama di fare cessare i disordini, e risparmiare le conseguenze funeste di una spedizione di Truppe sulle nostre Campagne, trovò il Comandante, e Capitani delle Popolazioni armate, nelle medesime disposizioni di procurare il maggior bene; Quindi in risposta ad un foglio dei prelodati Capitani de’ 4 Febraro furono sottoscritti i seguenti Articoli fissati dal prode, ed umanissimo Generale.

Ascoli 5 Febbraro 1799 V.S. 17 Piovoso, Anno 7. della Repubblica Francese.

Il Generale Francese vede con piacere, che i Montagnoli Insorgenti vogliono acconsentire alla Pace.

Le Truppe Francesi non possono farne, che di onorevole, e di giusto: in conseguenza il Generale Francese animato dal desiderio della Pace, non può donarla, che alla Condizione di già descritta cioè:

  1. Perdono generale per tutte le Communi.
  2. Tutte le Communi daranno un Ostaggio della loro sincerità alla Pace.
  3. Questi Ostaggi saranno sotto la risponsabilità di un’abitante di Ascoli.
  4. Niuno sarà ricercato nella sua passata condotta.
  5. Non sarà levata alcuna requisizione alle circostanze insorte.
  6. Nel Caso, in cui non possa trovarsi un Ostaggio ne’ Villaggi, il Generale Francese accetterà un Abitante, o Prete di Ascoli, che rappresenterà questo Villaggio. (…) Firme di 22 Comandanti (omesse)

 

ARTICOLO ADDIZIONALE

Se non si sono posti gli Articoli relativi al servizio della Religione, alle Campane, e alle Prediche, è perché questi Articoli non possono incontrare alcuna difficoltà poiché già sono accordati dal Capo medesimo delle Truppe, il quale da vari giorni ha dato l’ordine di far suonare le Campane, ed hà protette tutte le Chiese, e promesso il libero esercizio del culto; poiché in fine la facoltà la più intiera sopra questo punto è già accordata da un Proclama del Generai Dahesmer. Per scanzo di ogni equivoco, il Generale Francese conferma le disposizioni a questo riguardo.   Ascoli 17. Piovoso Anno 7. DARGOUBET

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Documento n. 7

PROCLAMA 26 maggio 1799 a Servigliano per l’insorgenza

Per FERDINANDO IV Re delle Due Sicilie e di Gerusalemme, ecc.

Il conte CLEMENTE NAVARRA

Brigadiere delle Truppe arrolate in massa, Napol. e Pontificie

«Ergete la fronte, Popoli generosi del Piceno. Eccovi il felice momento di ravvivare la nostra Santa Religione, di rimostrare il nostro attaccamento al Sovrano e di sottrarci da questa anarchia che sì barbaramente ci opprime. Correte tutti alle armi, e ricordatevi di quel ch’è scritto nelle Sagre Carte nel libro di Judith, cap. 15, v. 6: Omnis itaque regio omnisque Urbs electam Juventutem armatam misit post eos, et persecuti sunt eos in ore gladii quousque pervenirent ad extremitatem finium eorum.

Io vi chiamo a difendere la causa comune, fidate in Dio, nei grandi alleati, nel coraggio avito… Si agirà col massimo rigore delle leggi, perché ritorni il buon ordine, facendo noto a tutti con questo Editto, che in ciascun paese siano reintegrate le Magistrature, alle quali inculco di proibire affatto, che truppe di gente armata dal capriccio, col pretesto della buona causa, vadino scorrendo per le campagne e paesi, arrestando delle persone, e farsi lecito di saccheggiare, fucilare, ed incendiare. Chiunque ardirà ciò tentare sarà considerato come nemico dello Stato, e punito come tale. Ogni truppa armata dovrà dall’invitto mio generale de Donatis, o da me dipendere, né si riconosceranno altre truppe, che quelle da Noi disposte, ma gli abitanti tutti siano preparati a prendere le armi al suono delle campane a martello; ed accorrere al bisogno, se mai truppa nemica ardisse attaccarci, avvertendo, che quel paese, che tardasse ad accorrere, sarà dichiarato ribelle, e come nemico della patria militarmente castigato. Epperò voi tutti del clero, e specialmente voi, Pastori delle Anime, concorrete ad una impresa così gloriosa, e destate con vivezza le scintille della Pietà, e del languente costume, e fate risorgere fra le vostre contrade la purità della infallibile Nostra Religione, e tentare ogni mezzo coll’esempio, e colla voce, perché ritorni in noi quella pace, che finora ci è stata sì barbaramente rapita. Chiunque vorrà con Noi prendere le armi in questa sì nobile gara, si presenti a me, e agli Uffiziali maggiori per avere le necessarie istruzioni e per essere autorizzati colle patenti del Re delle Due Sicilie e più d’ogni altro io chiamo coloro che con eguale valore e fedeltà diedero prova allorché erano aggregati alle truppe Pontificie.

Dato dal Quartiere gen. di Servigliano, questo dì 26 maggio 1799. »

Documento n. 8

PROCLAMA: Ascoli 27 maggio 1799 per l’insorgenza

= FERDINANDO IV PER LA GRAZIA DI DIO RE DELLE DUE SICILIE DI GERUSALEMME ECC.

  1. DONATO ANTONIO DE DONATIS GENERALE IN CAPO DELL’ESERCITO IN MASSA PER LA SUA MAESTÀ’, CHE DIO LA GUARDI

«Popoli di Acquaviva aprite ormai gli occhi alla luce del giorno. Sentite la voce di uno, che ama il vostro vero bene. O Voi stringete le armi in favore delle nostre vittoriose truppe, ed allora troverete in Noi un amico sincero, ed affettuoso, che lungi dal prendere vendette delle vostre insolenze passate addosserà la valida protezione e di Voi, e delle sostanze vostre: o vi dichiarate nostri nemici, ed allora aspettatevi pure, che Noi con tutte le nostre forze affronteremo i vostri fuochi, vi piomberemo addosso, vi saccheggeremo usando ogni rigore militare. Pensate a Voi: decidete con prontezza e dentro due ore mandatene la risposta ».

Ascoli, 27 maggio 1799.

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Documento n. 9

Insorgenza: 26-29 Maggio 1799 a Castel Clementino

Dì 26 del corrente mese di Maggio: si manifestò a Castel Clementino il piano di una controrivoluzione da eseguirsi con l’aiuto e intesa degli Insorgenti Napoletani, alla cui testa si pose Clemente Navarra con la carica di Brigadiere a lui conferita da D. Donato De Donatis, generale in capo dell’Armata in massa Napoletana. Con l’intesa, come dicono, che la mattina seguente dovesse ivi giungere l’avanguardia di tale armata. La mattina del divisato giorno si cercò che i Parroci di detto luogo avessero predicato dall’altare di doversi tutti venire contro i francesi; ma i Parroci mostrarono ripugnanza di farlo, e il curato Burocchi per non esserci obbligato pensò di celebrare nella sua chiesa. Nonostante s’inalberò la Bandiera Napoletana, e si affissero editti con i quali s’invitava il popolo ad unirsi e si ordinava il ristabilimento delle antiche magistrature. La Terra di Santa Vittoria si accomodò per prima a seguire tale piano. Vi si atterrò l’Albero, si unirono delle persone, e alla testa uscì il noto Majeschi il quale si mostrò meno impegnato. Dietro tali incitamenti il giorno appresso 27 detto, la campana di Castel Clementino, che aveva cominciato a suonare a martello insieme col tamburo la sera innanzi seguitò a fare lo stesso

fin dalle otto della mattina e lo stesso si fece in Santa Vittoria, per adunare gente. Il dopopranzo di tale giorno si sentì simile furore e rimbombo di tamburo in M. S. Martino dove però non accorsero se non pochissimi contadini, che, sentito il motivo, amarono meglio di tornarsene alle loro faccende della campagna.

Ieri mattina 28 si intese lo stesso suono in Sant’Angelo <in Pontano> dove era stato dichiarato capitano Giuseppe Gentili. Per buona sorte di questo luogo, la commissione di fare lo stesso fu data all’Egamennoni insieme con la patente di capitano e i proclami da affiggersi, con ordine di eseguire tutto appena qui ritornato. Ma poiché la patente l’aveva presa per forza, come dice, non eseguì punto l’addossatagli commissione, cosicché questo luogo si preservò immune fra l’incendio che ardeva in ogni intorno, e siamo stati solo spauriti di quello che facevano gli altri, fino alle ore 14 circa del giorno di ieri, quando si intesero dalla parte di Castel Clementino delle scariche di moschettieri, che, ignorando noi cosa significassero, senza pensare alla zuffa che vi seguì col distaccamento della truppa francese e insorgenti, non sapevamo indovinare la causa. Se ne concepì però un sospetto, al vedere per mezzo del cannocchiale, che truppa di gente dalla parte di Falerone andava direttamente a quel luogo, e passava il fiume senza scalzarsi. L’eccidio seguito fu poi saputo da persone che, per curiosità di sapere, s’inoltrarono verso quella parte e più in dettaglio si raccontò iersera, e questa mattina. I morti insorgenti sono stati almeno venti. Tra questi il figlio del Navarra che fu incontrato dalla truppa vicino al molino di Falerone, mentre con 50 insorgenti circa, andava in Falerone, e il capitano benedetto Gualtieri fu ucciso poi in casa al tempo del saccheggio, che fu dei più feroci, con altri vari dei quali non so il nome, e fra questi la persona che stava a suonare le campane a martello, la quale fu sbalzata dalla torre. Secondo le relazioni che giungono, oltre allo spoglio generale fatto in tutte le case di quanto vi era – e vi era molto in alcune specialmente, che non si persuadevano di tale visita – vi è stato il massacro di tutto il mobilio che non si poteva trasportare. I cristalli e i vetri delle finestre furono rotti, i parati lacerati, i comò, i tavolini, le sedie, fatti in pezzi. Insomma si fece un macello e di carne e di roba, come ognuno può figurarsi e come si sentirà più dettagliatamente in appresso.

La sera innanzi <27> di questo tragico fatto si erano fatti arrestare e condurre in quel quartiere generale (così denominato quel luogo dal proclama) il Valeriani e il Venantini di Santa Vittoria; altri di là erano fuggiti, come avevano fatto parimenti altri da Falerone, il cui popolo, come quello di Montegiorgio, era stato il primo ad accorrere per arruolarsi.

Il Brigadiere Navarra si salvò con la fuga, e così si salvarono altri uniti con lui, che presero la fuga chi per una parte e chi per un’altra. La truppa poi che si aspettava dalla parte di Ascoli la mattina del 27 non era giunta e non giunse, perché a Mont’Alto trovò delle resistenze. Il Majeschi che aveva tanto brigato è restato morto anche lui. Raccontano che alle ore 4 del 26 partisse dal quartiere

generale e se tornasse a Santa Vittoria, cosicché non fu presente alla zuffa, ma inteso poi quanto successo, dicono che tornasse là per comprare delle robe prese nel saccheggio e che da quattro contadini fosse ammazzato avendogli trovato addosso molti “pezzi duri”.

Non mancò poi neppure qui una scenetta e fu che alle (ore) 19 circa di ieri 28 si presentò il capitano Giuseppe Gentili con sette altre persone del seguito, entrati per la porta del forno, i quali direttamente andarono alla porta del convento di San Francesco, andando dicendo per la strada Napoletani! Napoletani!

Appena smontato di cavallo il capitano suddetto, invece di entrare in convento, fece sul momento arrestare Giovanni Vecchi che passava in quel punto, e poi per la stessa strada, se ne ritornarono indietro senza far altro. Giunti avanti alla casa di lui, si fece incontro la moglie che si mise con le lacrime a scongiurarli di lasciarle il marito; ma il capitano diceva di condurlo al quartiere generale (che non so dove fosse) e gli altri di farlo a pezzi fuori della porta come Giacobino e supposto reo di aver <informato> i francesi perché venissero contro Castel Clementino. Il fatto è che lo condussero fino a San Rocco, ma poi, sopraggiunto il padre e don Santi Luccarini, li cominciarono a pregare di nuovo del rilascio; e sul giuramento che prestò don Santi che non fosse Giacobino, e che non aveva mai avuto alcun carreggio lo dimisero e se ne andarono per i fatti loro.

Ecco la storia genuina dell’accaduto nelle nostre vicinanze, e qui preghiamo Dio che le cose finiscano così. Ma temo di peggio. Pacifico Cornacchia di Santa Vittoria, arrestato dai contadini, fu condannato a Mont’Alto. Andreozzi restò ferito in faccia. Marinelli scampò la morte fuggendo in certi fossi. Majeschi rimase ucciso. Tutti questi andavano uniti a Castel Clementinoper ottenere dal comandante francese che non facesse andare la truppa a Santa Vittoria, dove si credeva <fosse> diretta dopo il sacco di Castel dementino.

(Autore anonimo probabilmente faleronese di un manoscritto n. 946 presso la biblioteca comunale di Macerata qui riferito in trascrizione corretta per l’ortografia)

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Documento n. 10

IL COMANDANTE GENERALE DELLA MONTAGNA GIUSEPPE CELLINI AI POPOLI DELLO STATO PONTIFICIO – INDIRIZZO –

Ascoltate, o Popoli amici, la voce di chi ama il vostro bene. Non è più tempo giacere in una colpevole inerzia, e sostenere più lungamente una fatale indifferenza. Tutti i vostri Fratelli limitrofi all’Abruzzo Ultra e Citra colle anni in mano già sono in Campo. Essi sull’esempio dei valorosi Sanniti, e da loro scortati, han combattuto e son vincitori. Entro le mura de’ loro Paesi più non spira liberamente l’aria impura, né alcun Francese, né verun perfido Giacobino. Sì l’uno, che l’altro si trova fra’ ceppi, o pallido fugge, e ramingo. Quanto audace si mostra questa infida genìa nel vederci avviliti, tanto vile or si dimostra vedendo il nostro coraggio, l’unione e i progressi delle nostre armi. Queste già spiegano su una ben larga estensione la sua energia. E’ stato un punto, un punto solo investir Norcia, Cascia, Visso, Serravalle, Ponte della Trava, Camerino, Ascoli, Mandola, Comunanza, 5. Vittoria, Montalto, Monte di Novo, Affida ecc. ecc. occuparli, e sollevarli. E’ brava la gente, che muove all’impresa, esperti i Duci che la guidano.

Or siam giunti al felice momento, in cui tutta la fiorente un dì, ed ora languida, e desolata Marca è per prendere l’Armi su cui dietro al divin soccorso, è riposta la propria, e l’altrui salvezza. Correte, o Popoli amici, correte ad unirvi con Noi. Non dubitate, la vittoria è nostra. Non vi è più da temere. I Mari, che bagnano la bella Italia, appena reggono a sostenere gl’immensi Legni Inglesi, Moscoviti, Lusitani, Ottomani. Poche di essi si sono presentati in Ancona, e pochi colpi di Cannoni han fatto sentire a quella bloccata città; e nondimeno han destato in essa la più spaventevole costernazione.

L’invitte Falangi Austro-Russe sono arrivate a Bologna. A Soffia è giunto il real Principe di Napoli con il Figlio del Gran Signore conducente un Esercito sorpendentissimo. Da altra parte vola a prestarci aiuto l’immortale Cardianal Ruffo. Noi ci troviamo con numerosa Leva in Massa, al cui fianco vedesi la intrepidezza, il coraggio, la vittoria. Fiancheggiati, protetti, alleati, assistiti da tante Forze, ditemi, vi può essere da temere? Non vi fate ingannare da certi spiriti deboli, o maliziosi Allarmi, Allarmi.

A ciò vi obligano i doveri della propria coscienza, l’amor della Patria, la fedeltà giurata al Sovrano, la Professione di nostra Santa Religione, la quale, sussistendo, per altro breve tempora Cabala Filosofica, Ateistica, Massonica, va ad annientarsi nei nostri Paesi; vi obbliga il bene delle vostre Famiglie, la tenera vostra Figliolanza, che riclama il Cristiano costume, e la sana educazione; vi obbligano il pericolante onore delle vostre Mogli, il pudore compromesso delle vostre Figlie, i beni già invasi, i diritti violati, le proprie persone colle minacce, e colle armi tante volte investite. Se all’aspetto di santi motivi, e di sì potenti aiuti voi non vi scotete, voi siete colpevoli. Tremate. Il colpo desolatore poco

sta a piombarvi sulle Persone, e sulle Sostanze. Odiosi a Dio, al Sovrano, al Popolo fedele, che aspettar mai non vi dovete di avverso? Deh! riunitevi con noi, e non soffrite alcun disastro.

Giacobini, rovesciatori del Trono, sacrileghi invasori de’ Beni Ecclesiastici, Profanatori de’ Luoghi Sacri, Distruttori dell’Ordine sociale, Increduli, Miscredenti, Depravatori del buon Costume, Soldati della Cabala Ateistica voi impallidite, e ponete le ali ai piedi. Ma, che giova? L’arco feritore è rivolto contro di voi. Molti de’ vostri pari o son caduti, o son fra le ritorte. Lo so, voi fuggite: ma dove alla fine miseri andrete? Ovunque strascinate l’indegna esistenza, seguiravvi il rimorso tormentatore: ovunque troverete nemici; ovunque l’odio, l’esecrazione vi accompagnerà. Giacobini ricredetevi. Ancora siamo in tempo. Abbracciate anche voi la difesa della Causa comune, e sarete salvi. Ma se per altro breve spazio vi restarete ostinati nel partito Filosofico, guai a voi; siete perduti. Tremate.

In Camerino dal Quartiere Generale 5, Giugno 1799 G. Cellini Comand. Gener. In Capite.

In Camerino 1799. Per Vincenzo Gori.

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Documento n. 11

Difesa repubblicana: Ascoli 4 giugno 1799

LIBERTA’           EGUAGLIANZA      REPUBBLICA FRANCESE

Dal Quartiere Generale d’Ascoli li 16 Pratile Anno VII della

Repubblica Francese una, ed indivisibile.

MONNIER Generale di brigata Comandante in Ancona, e ne’ tre Dipartimenti riuniti in istato d’Assedio

La Città d’Ascoli, divenuta il soggiorno de’ Briganti Abruzzesi, ha posto il Dipartimento nel rischio di perdersi. Gli Abitanti di questa Città ribelle avevano già presa la Coccarda rossa, e trasformate in autorità Monarchiche le autorità tutte della Repubblica. Essi han dirette le orde de’ Briganti co’ quali eransi unite, e quest’uomini infami, vantando il nome di Dio, del Re, e de’ Preti, han commesso i più detestabili eccessi sulle persone, e se ne hanno usurpato tutte le mobili proprietà, ovunque si son presentati. Le prime lor vittime sono state le Comuni di Offida, di Castorano, di Colli, dì Pagliare, di Monte Prandone, e nelle Campagne che se estendono fino a Montalto.

Non potendo sì fatti eccessi non eccitare la generale indignazione, debbon essi risvegliare tutta l’energia delle autorità Civili, e precisamente dalle Guardie

Civiche, per opporsi vigorosamente alle intraprese, che tentar potessero nuovamente gli enunciati Briganti.

Le Truppe Repubblicane si misero in moto: I Briganti sono stati battuti a S. Benedetto, a Ripatransone, in Acquaviva. Hanno fatta la lor ritirata in Ascoli, e là si erano fortificati. La Città La presa d’assalto dopo due ore di combattimento. Questo giorno è stato spettatore delle nostre complete vittorie, e gli scellerati sono stati puniti. Tutti coloro, che non hanno imitato il lor Generale nella fuga, sano caduti sotto i colpi Repubblicani.

Le Truppe, ch’io lascio nel vostro Dipartimento, occupano delle posizioni vantaggiose. Sarà però stabilita, sotto la sorveglianza dell’Amministrazione Dipartimentale, un Cordone sul Tronto composto della Guardia Civica. Una colonna mobile si metterà subito in azione per portarsi su tutti i punti minacciati, ed occupati dai Briganti suddetti.

Ogni Brigante arrestato sarà fucilato sull’istante. Le Comuni, che non si opporranno al loro ingresso, incorreranno nelle pene già significate nel Proclama del giorno 14 (2 giugno).

Signato MONNIER

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Documento n. 12

Ladroneggi degli insorti, luglio 1799, Ascoli

GIUSEPPE COSTANTINI ALIAS SCIABOLONE COMANDANTE LE TRUPPE IN MASSA PER SUA MAESTÀ’

FERDINANDO IV E POTENZE ALLEATE

Io sono informato dei continui ladroneggi che tuttodì si commettono sì in mobili che in bestiami a svantaggio di pacifici contadini. Sono esacerbato oltremodo per tali misfatti e ne prenderò le misure le più forti. Sotto pretesto di nuocere ai giacobini, si commettono l’empietà le più esacrande. Nessun individuo ha il diritto di ciò fare, ancorché il sapete, ma compete al solo sovrano. E’ questo un procedere che si oppone alla Religione Cattolica ed alle leggi di qualunque Governo. Il fulmine del castigo sta per piombare sopra a quelli che invece di desistere da un tal procedere non restituiranno sull’istante ciò che ànno rubato contro ogni diritto di natura e contro la legge di Dio. Io parto sì per unirmi al prode Generale La-Hoz e battere i Francesi; ma guai a quelli che prenderanno a scherzo questa mia risoluzione. Sarò inesorabile anche co’ miei più stretti di sangue.

Ordino però che subito si rimettino i massari ne’ rispettivi paesi i quali formeranno un processo a quelli ritengono o hanno preso bestiami.

Tutti gli abitanti de’ paesi e contadini si uniranno ad arrestare questi

perturbatori del buon ordine. In caso disperato e di resistenza, li autorizzo a far fuoco a tal razza di gente tanto perniciosa alla società.

Questo ordine stampato che sarà, voglio sia affisso in ogni paese e pubblicato nelle Chiese dai rispettivi curati.

Dal Quartier Generale di Lisciano 16 luglio 1799.

LUIGI ANELLI Segretario.

 

Documento n. 13

REGGENZA a Macerata, 20 agosto 1799

L’IMPERIALE – REGIA – PONTIFICIA REGGENZA DELLA MARCA DI FERMO E DI ANCONA

EDITTO

Per supplire alle immense spese, che seco porta il mantenimento di una Truppa attualmente impiegata alla difesa di una causa tanto nobile, e gloriosa, necessita ricorrere sull’istante a dei temperamenti quanto pronti, altrettanto capaci a produrre tutto ciò, che faccia d’uopo al servizio della medesima. Avrebbe voluto l’imperiale-Reggia-Pontificia Reggenza dispensarsi dall’addossare alle Popolazioni qualunque più piccolo peso, ma I’ urgenza dell’affare, e la santità della causa, che si è impresa a trattare, e che siam prossimi a sentire finalmente decisa, esiggono nuovi sforzi da tutti. Quindi è, che dopo le più mature riflessioni, e li scandagli più esatti, quello essendosi creduto il temperamento meno sensibile di ricorrere all’imposizione di un Testarico, regolato però, e diviso nel caso presentaneo in quattro diversi gradi, si è trovata nella circostanza di determinare, come appresso.

Primo = Tutti gl’individui delle Famiglie Nobili, o ascritte in primo grado in qualunque Città, o Terra, comprese in questa Classe le Comunità Religiose, dovranno subito sborsare in mano dei rispettivi Esattori pubblici a quest’effetto deputati uno scudo per cadauna Testa, con l’obbligo di pagare per ciscun Uomo o Donna di servigio paoli tre moneta di rame.

Secondo = Tutti gl’individui delle Famiglie del secondo ceto, o grado, del primo , e secondo de’ Castelli, e de’ Mercanti saranno tenuti per lo stesso titolo pagare bajocchi 40 per cadauno, t ame sopra.

Terzo = Tutti gl’individui delle Famiglie di qualunque altro grado, o ceto saranno obbligati pagare bajocchi dieci per ciascuno come sopra.

Quarto = Tutti li Coloni dovranno pagare bajocchi cinque per ogni testa come sopra.

Macerata dalla Reggenza 20 Agosto 1799.

(Omissis)

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Documento n. 14

<RICORDO DEI NAPOLETANI A PEDASO>

– 25 agosto 1799

È giunto finalmente in questo nostro castello di Pedaso la Real Truppa dell’Invitto Re delle due Sicilie, comandata dal prode Generale Don Donato de Donatis tanto da noi aspettato, e desiderato, ad oggetto di condursi sotto la Piazza di Ancona, dentro la quale i malvagi Francesi e i loro cinque Partitari sonosi riuniti fuggendo. Mercé un tal forte e valoroso soccorso speriamo ora vicino l’esterminio di quella perfida gente, che resiste ancora alle forze delle Potenze alleate, e speriamo altresì di vedere sollecitamente restituita l’intera tranquillità a queste nostre contrade. Intanto, siccome abbiamo ammirato la moderatezza di detta Real Truppa, che, per li vari provvedimenti dati dal riferito signor Generale, non ha recato la menoma molestia e niun danneggiamento agli interessi ed alle persone di questo castello nostra patria, così ne produciamo un completissimo Avviso al pubblico, onde tutti si esultino di giubilo e di contentezza.

Pedaso, 25 agosto 1799.

Li residenti

NICOLA BERNARDINI, Vie. for. e Dep. eccl.

PROTASIO TEODORI, Govern. locale,

BENEDETTO ROSSI, Segretario.

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Documento 15

ARMISTIZIO PACATO, 13 novembre 1799

LIBERTA’             EGUAGLIANZA           REPUBLICA FRANCESE

Ancona Assediata li 23 Brumale Anno 8vo della Republica

Tra il Generai di Brigata. MONNIER’ Comandante in Capo la Divisione di Ancona autorizzato, dal Consiglio di Guerra tenuto a questo effetto di trattare la Resa di Ancona.

Ed il Sig. Barone di FRELTCH Luogotenente Generale di Sua Maestà Imperatore, e Re, Comandante in Capo le Truppe che assediano Ancona.

La. presente Capitolazione è stata discussa, risoluta, decretata irrevocabilmente nel modo che siegue.

 

ARTICOLO PRELIMINARE

Il Generale Comandante la Divisione d’Ancona, e le Truppe sotto i suoi ordini considerando, che la Capitolazione ¡1 « Fano segnata li 8 Termidoro scorso tra le Truppe Repubblicane Francesi, ed il Sig. Comand. le Truppe Russo-Turche è  stata. Violata nella sua esecuzione per lo stesso Comandante.

Considerando, che la morte sarebbe preferibile al disonore di trattare con delle Autorità che non conoscono il Diritto delle genti.

Vista la situazione, in cui si trova la divisione d’Ancona, e vista la quarta, ed ultima intimazione di resa fatta dal Sig. Barone BRELICH, Luogotenente Generale al servizio di Sua Maestà Imperatore, e Re, Comandante, in capo le: Truppe assedianti Ancona.

Dichiara, che egli non vuole entrare in Negoziazioni, che colle Truppe, ed il detto Luogotenente Generale al servizio di S. M. Imperatore, e Re.

 

CAPITOLAZIONE – ARTICOLO I.

Le Truppe della Guarnigione di Ancona, e Forti annessi al giorno, ed ora, che saranno convenuti, sortiranno dalla Piazza con tutti gli onori della Guerra, cioè: Con Tamburo battente, Bandiere spiegate, Miccio acceso, avendo alla testa due pezzi di Cannone di Campagna coi loro Cassoni, più uno d’Infanteria per rendersi in Francia per la via di terra la più comoda; Soldati, Ufficiali, Generali, ed ogni Militare si di terra, che di mare il Console della Republica Francese, gl’ Impiegati, e agenti Civili, e Militari porteranno seco le loro Armi, Effetti, e Proprietà personali di qualunque genere.

Saranno riguardate come Truppe della Divisione di Ancona, e saranno trattate sotto tutti i rapporti come Truppe della Republica Francese i Cisalpini, Romani, ed altri Italiani formati in Legioni, Battaglioni, o Compagnie, che portano le armi nella detta Divisione.

ARTICOLO II

La Divisione sarà accompagnata, e protetta nella sua marcia sino ai Posti awanzati dell’Armata Francese in Italia da un determinato corpo di Truppe Imperiali Comandate da un Uffiziale dello Stato Maggiore.

ARTICOLO III

La Divisione, che si porterà in Francia per la via che essa giudicherà la più comoda,, marcierà a spese di S.M. Imperatore, e Re:

Ogni Militare, o impiegato riceverà la Razione di ogni genere, e l’alloggio competente al suo grado secondo le Leggi, e Regolamenti Francesi. La marcia non sarà, forzata, ma regolata militarmente dietro quella dell’Infanteria Francese. Il Genera MONIER Comandante la Divisione farà di concerto coll’Uffiziale di Stato Maggiore Austriaco la determinazione dell’alloggio, o accampamento, se sarà giudicato convenevole, come, pure delle ore di partenza, e luoghi di dimora.

Risposta: Le Truppe della Guarnigione di Ancona, e dei Forti annessi sortiranno nel giorno, ed ora convenuta dalla Piazza con tutti gli onori di Guerra richiesti per rendersi in Francia come Prigionieri di Guerra, e non serviranno contro S.M. Imperiale, e contro i suoi Alleati che dopo un perfetto Cambio.

La Truppa deporrà le Armi nel luogo che sarà fissato da un Articolo Addizionale; i soldati e sotto Uffiziali conserveranno le loro muciglie, il Generale Comandante la Divisione, il Console della Repubblica Francese, i Generali, Uffiziali di terra, o di mare, gli Impiegati Civili e Militari conserveranno le loro Armi, Cavalli secondo i loro Gradi, ed i loro Effetti Personali.

Il Generale FRELICH volendo dare una prova di stima alle Truppe della Guarnigione per la Difesa coraggiosa, e contro ogni aspettativa, che esse hanno fatto, accorda ai Sotto Uffiziali il diritto di portare le loro Sciabole per rendersi al loro destino.

E per dare alla Divisione tutta, non meno che al General MONNIER, che la comanda un attestato della considerazione particolare, e della stima di nazione a Nazione contraenti, gli concede una Guardia di onore composta di quindici Uomini a Cavallo montati, armati equipaggiati, e di trenta Carabinieri Armati.

ARTICOLO IV

Sarà accordato a spese di S. M. Imperatore, e Re il numero de’ Carri attaccati, necessarj al trasporto degli Effetti personali degli Uffiziali, Impiegati, Consigli d’Amministrazione, e dei Depositi dei Corpi della Divisione: Il numero dei detti Carri sarà, convenuto d’appresso lo stato dei bisogni, che fornirà il Commissario di Guerra Francese

Il Generale Com. la Divisione, il Console della. Republica Francese, i Generali di Brigata Lucotte, Pino, Palombini, il Capo dello Stato Maggiore della Divisione, i Comandanti del Genio, e dell’Artiglieria, il Pagatore della Divisione, i Commiissarj di Guena, e della Marina Francese, l’Agente del Commissario Civile sono autorizzati di condurre ognuno il. loro Carro coperto pel trasporto delle loro Carte di Amministrazione, come di. Contabilità, ed i loro Effetti personali qualunque.

Risposta: Accordato ma a condizione che sarà Consegnato, da chi ne avrà il dritto, al Sig. Generale Barón di FRELICH l’attestato, che le Balle degli Uffiziali e Furgoni coperti non contenghino effetti di proprietà pubblica.

ARTICOLO V

I Bastimenti da Guerra della Repub. Francese, e Corsari coi loro Uffiziali, Impiegati in Amministrazione, ed Equipaggi si renderanno in uno dei Porti della Republica nello stato che si. ritrovano al momento della sottoscrizione della Capitolazione, muniti di Passaporto, e sotto la garanzia di S. M. Imperiale.

I viveri saranno forniti a spese della detta Potenza a ragione del viaggio.

Risposta:

INAMMISSIBILE ma se le Corsare la LUPE e la VENDETTA uscite dal Porto, e potendosi ripresentarsi di nuovo, rientreranno dopo la Capitolazione, li Marinari, che ne compongono l’Equipaggio, avranno la medesima sorte, che le Truppe esistenti attualmente nella Piazza.

ARTICOLO VI

I Malati dello Spedale della Divisione che potranno essere trasportati, lo saranno a spese di S. M. Imperatore, e Re coi viveri, e medicamenti e Casse di Chirurgia, ed Uffiziali di Sanità sufficienti pel viaggio d’Ancona in Francia.

Gli Ammalati, che senza pericolo, non potranno essere trasportati, resteranno in Ancona; essi saranno protetti come un Deposito Sacro, e trattati come gli Ammalati di S. M. Imperiale.

La Divisione li confida alla lealtà ed umanità della Nazione Austriaca.

II  General MONNIER gli determinerà il numero degli Uffiziali di Sanità, ed Infermieri indispensabili sotto la sorveglianza d’un Uffiziale Militare Francese, e di un Commissario di Guerra.

Subitochè il detto Uffiziale, Commissario richiederanno il trasporto dei Convalescenti o per mare, o per terra, secondochè sarà più convenevole al loro stato, gli verrà religiosamente accordato.

ARTICOLO VII

I Prigionieri fatti tanto durante il corso dell’Assedio d’Ancona che nelle Spedizioni precedenti, e che sono in Ancona, o sopra i Bastimenti Russo-Turchi o nella Divisione occupata dal Sig. Generale FRELIGFI, saranno resi da una parte, e dall’altra immediatamente dopo la sottoscrizione della presente Capitolazione e parteciperanno delle disposizioni contenute ne’ suoi Articoli.

Risposta:

ACCORDATO, per li Prigionieri Francesi solamente, che si troveranno ancora nella Divisione del Sig. Generale FRELIC

ARTICOLO VIII.

Tutti gli Individui di qualunque Nazione, o Religione essi siano abitanti nella Città d’Ancona , o che vi si trovino, e segnatamente gli Ebrei non potranno essere inquietati, molestati, né ricercati direttamente, o indirettamente essi, e le loro famiglie sul sospetto, e per la manifestazione delle loro opinioni civili, politiche, e religiose, come per li fatti che sono risultati, pendente il cangiamento del Governo nel Territorio Romano.

Questa disposizione risguarda quei fra loro, che hanno preso le armi, o esercitato degli impieghi Civili, o Amministrativi durante quest’epoca, e che verrebbero molestati per le loro ingerenze.

Risposta:

Il Governo Austriaco farà rispettare il diritto delle Genti verso li Cittadini senza distinzione di opinioni, o Religioni, purché si sottomettino alle leggi.

ARTICOLO IX.

La Commissione Amministrativa d’Ancona, i Membri anteriori delI’Amministrazioni Centrali dei Dipartimenti del Tronto, Musone, e Metauro, dei loro Tribunali, e Municipalità, gl’impiegati in tutti questi corpi Politici, ed i Patriotti della Republica Romana, come pure li Cittadini., e Sudditi delle Potenze alleate della Republica Francese, che vorranno seguire la Divisione d’Ancona, Essi, le loro Famiglie, ed effetti avranno la liberà più intera, né potranno essere ritardati, né impediti sotto qualunque pretesto.

Risposta.

L’Autorità Militare proteggerà l’esecuzione del presente Articolo, uniformandosi alla risposta fatta nel precedente Articolo.

ARTICOLO X.

Le Vendite, e Cessioni dei Beni, fondi situati in Ancona, e suo Territorio, come anche nei Dipartimenti Musone, Tronto, e Metauro sì autorizzate dal Consolato Romano, che dalla Repubblica Francese saranno mantenute inviolabili

Risposta:

Il Sig. Generale FRELICH non puoi decidere, e lascia l’assoluzione di questo articolo ai Gabinetti.

ARTICOLO XI

Li Cittadini Francesi, e loro alleati potranno alienare, o fare trasportare come a loro più piacerà per terra o per mare a loro spese gli effetti, e mercanzie da loro acquistate sino a quest’oggi.

Risposta:

Accordato; se gli Effetti, e Mercanzie non provengono dai Bastimenti, e Carichi presi dai Corsari sopra i Sudditi di S.M. Imperiale, e che non sarebbero stati giudicati di buona preda.

ARTICOLO XII

Sarà permesso alle persone comprese negli Articoli 8. 9.10. 11. di disporre delle loro Proprietà fondarie, e mobiliarie di venderle, o alienare, o percepirne l’entrate, come a loro piacerà: potranno egualmente in caso di vendita, o alienazione trasportarne esse medesime l’amontante, o inviarlo a loro piacimento nei luoghi, ch’essi desidereranno in Oro, Argento, Viglietti a ordine, o Cambiali.

Le suddette Persone potranno in conseguenza nell’intervallo dei sei mesi a contare dal giorno della sottoscrizione della Capitolazione continuare esse medesime la vendita dei loro Beni, e l’esigenza dei loro Crediti con tutta quiete, se esse non amano meglio abbandonare il Paese colla Divisione d’Ancona, e lasciare i Procuratori generali, e speciali, i quali godranno della protezione, di cui avrebbero goduto restando in Ancona.

Risposta:

ACCORDATO, se i Beni, di cui si tratta non erano di pertinenza dell’Antico Governo, delle Comunità Religiose soppresse; o dei Particolari Emigrati.

ARTICOLO XIII.

I Consoli di Spagna, e di Genova avranno la facoltà di restare in Ancona per lo spazio di sei mesi per terminarci i loro interessi con tutta garanzia delle loro Persone, Famiglie, Proprietà, e Carte Personali, o risguardanti le loro Amministrazioni, se meglio non amano ritirarsi colla Divisione d’Ancona, ed in tal caso saranno trattati come il Console della Rep. Francese.

Risposta:

I detti Consoli saranno rispettati, e protetti.

ARTICOLO XIV.

Se vi fosse qualche Articolo nella presente Capitolazione soggetto o qualche oscurità sarà interpretato secondo I’equità a favore della Divisione d’Ancona.

ARTICOLI ADDIZIONALI.

  1. La Cassa del Pagatore della Divisione, i Viveri, ed effetti dei magazzeni della Rep. Francese saranno rimessi appresso ricevuta nelle mani dell’Assediarne, segnata che sarà la Capitolazione.
  2. L’artiglieria dei Forti, del Porto, della Piazza, ed oggetti annessi, le Piante, e Carte relative alle Fortificazioni, ed all’interesse militare del Paese, saranno rimesse ai Commissarj , che saranno destinati per riceverli, dopo averne fatto Inventario, e rilasciata Ricevuta.
  3. Li disertori dell’una, e l’altra parte saranno restituiti.

Risposta:

CONVENUTO per li Disertori Austriaci solamente

  1. Per la garanzia, ed esecuzione di tutti gli Articoli della Capitolazione saranno dati degli ostaggi, ed il Sig. Barone di FRELIC Tenente Generale Commandante le Truppe Assedianti Ancona si rende responsabile della sicurezza della

Divisione dal momento dell’occupazione dei Posti sino al suo destino, come anche dei danni che potrebbero esser fatti a quelli, che la compongono.

  1. Segnati che saranno gli Articoli della Capitolazione, i Picchetti delle Truppe di S. M. Imperatore, e Re occuperanno le Porte di Francia, e Farina in numero eguale, e congiuntamente ai Francesi.
  2. Ventiquattro ore dopo la sottoscrizione dei ridetti Articoli le Truppe della Divisione d’Ancona evacueranno i Forti, e la Piazza in una sola Colonna con tutti gli onori della Guerra ottenuti nell’Articolo primo: si renderanno il medesimo giorno a Sinigaglia con le loro armi, che deporranno, eccettuati li Militari, ed Impiegati, che devono conservarle.

Risposta:

Convenuto, ma la Truppa Prigioniera deporrà le sue Armi a Fiumesino.

Fatto, convenuto, e decretato in Ancona li 23. Brumale an. 8, della Republica Francese una ed indivisibile.

Il Generale di Brigata Comandante la Divisione d’Ancona MONNIER

Sottoscritto Piè della Croce 13 Novembre 1799.

FRELIH Tenente Generale

DOCUMENTI RELATIVI ALLE INSORGENZE NEL PICENO NELL’ANNO 1799

a cura di Carlo Tomassini

Documento n. 1

Lettere di Pio VI e Giuseppe II d’Asburgo – 3 e 19 agosto 1782

= PIO VI. Prevalendoci di quella amichevole libertà che piacque alla M.V. gentilmente esibirci, cioè che quando avessimo inteso che fosse per farsi da V.M. alcuna mossa, che avessimo creduta discorde dalle buone regole e pregiudizievole alla Religione, ne avessimo scritto confidenzialmente in dirittura alla M.V. Quindi è che essendoci pervenuto all’orecchio che V.M. vada pensando di togliere tutti i fondi alle Chiese ed agli ecclesiastici della sua monarchia, e ridurli semplici pensionarj, non possiamo dispensarci di pone in vista che se si effettuasse un tal pensiero, ridonderebbe alla Chiesa una lacrimevole lesione ed ai buoni uno scandalo irreparabile. Non è di nostra ispezione entrare nel politico e nell’economico de’ suoi Stati – benché in questa parte non cediamo a qualche Affezionato suo per ogni di lei giusto vantaggio — tuttavia non dobbiamo prescindere dai riflessi di deperizione delle rendite ecclesiastiche che coll’amministrazione da farsi dai secolari dei fondi non propri, dell’infrazione dei patti stabiliti fra’ suoi antecessori e diverse province, della ferita apportata alla Costituzione degli Stati, della violazione delle disposizioni dei pii fondatori, delle conseguenti pretensioni, che susciterebbero i loro eredi di rivendicare gli stessi beni: tutto ciò lo lasceremo da parte, come oggetti alieni dal nostro ministero, e che non sfuggiranno dalla penetrazione di V.M. Parleremo soltanto di ciò che non possiamo omettere per debito di coscienza, e le diciamo che il privare le chiese e gli ecclesiastici del possesso dei loro fondi temporali è in dottrina cattolica un errore manifesto, condannato dai Concili, esecrato da’ santi Padri e qualificato dai più rispettabili scrittori per dottrina velenosa, per dogma scellerato. Ed infatti per sostenere una tal massima a pro del sovrano, convien ricorrere ai falsi insegnamenti dei Valdesi, dei Vecleisti e degli Ussiti e di quanti altri pur sono andati d’accordo con loro, e specialmente dei liberali infetti del tempo. Non dobbiamo qui annoiare con una tessitura di citazioni nelle quali si legge che quelli che mettono mano ai beni della Chiesa per loro profitto, Rei sunt damnationis Ananie et Saphire et oportet eiusmodi tradere satane ut spiritus salvus sit in die Domini. Solo ci ristringeremo a riscrivere quanto nel XII secolo avvertì Giovanni patriarca d’Antiochia, che quantunque scismatico, non poté soffrire l’abuso del Principe che voleva, come utile, disporre a favore de’ suoi Stati dei fondi delle Chiese, così scrivendo: “Essendo tu uomo corruttibile, mortale e di corta vita, osi di dare ad un altro uomo quello che non hai? E se dici di donare quello che hai, e pensi che siano tue le cose di Dio, fai Iddio te stesso. Qual uomo dotato di senno chiamerà ciò provvidenza ed utilità e non piuttosto trasgressione, disubbidienza estrema e perniciosissima iniquità? Come può essere e dirsi cristiano chi profana le cose, siano qualsivogliano, (de)dicate e consacrate al nostro Iddio e celeste re Cristo?” Sappiamo che i contraddittori, male interpretando ed abusando di alcuni testi delle sacre Lettere, credono di ben stabilire in questa parte i loro errori, ma noi senza venire ad un esame di tali maligne applicazioni, domandiamo a V.M. se in dicendo gli stessi autori, che in forza di altri testi delle sacre Scritture non si può ammettere nel mondo sovranità, crederebbe la M. V. che tali testi scritturali fossero chiari e convincenti per l’assunto onde doversi spogliare della sua sovranità per salvar l’anima? Noi crediamo anzi chi penserebbe il contrario, ed in così pensando, penserebbe come pensiamo anche noi. E lo stesso dee dirsi dell’altro, in cui li nemici seguenti della Chiesa, gli eretici, li cattolici di apparenza, i falsi maestri, e gli adulatori dei Principi, attribuiscono ai medesimi in base dei passi della Scrittura, il diritto di togliere alla Chiesa e ai suoi ministri la proprietà ed il possesso de’ loro beni. Dovrebbero pur sapere costoro che i Leviti d’Israello possedevano vaste campagne ed intere città e che come fondi santificati erano inalienabili ed in pertinenza del Sacerdozio. E perché dunque non conciliare il libro del Levitico, dei Numeri, dei Re con le altre espressioni che a chi non sa sembrano fra di loro contraddittorie e far lo stesso con i testi del Vangelo e con gli Atti degli Apostoli, come hanno fatto i santi Padri per tacciare, con manifeste eresie, di contraddizioni i sacri Libri dettati dalla stessa divina Sapienza? Facciamo uso di questi riflessi non perché possiamo mai persuaderci che V. M. abbia cuore di non rendere di peggiore condizione le Chiese, di qu(anto) sono le famiglie particolari, e di seguitare l’esempio di soli Principi Protestanti e segregati dalla nostra Comunione, ma affinché la M.V. senta in poche righe ciò che gli dee aver detto alcuno degli odierni pensatori. Non dissimuliamo che purtroppo alcuni fra i molti ecclesiastici faranno di tali beni un uso mai retto: ma che da ciò? Forse questa sarà ragione per farne uno spoglio ed una appropriazione chiamata sacrilega e farla generale a danno della Chiesa, dei successori e di quelli che l’impiegano secondo i dettami delle sacre Ordinazioni? Nei colloqui avuti con V. M. non entrammo in questa materia, che a termini di particolare temporaneo sequestro, e non ci siamo dimenticati di aver dette delle ragioni per le quali ci parve la M.V. persuasa a doversene astenere. Ma se ci avesse proposto il dubbio di una illimitata privazione per passare i beni delle Chiese all’amministrazione de’ secolari, le avre(mm)o aggiunto ragioni molto più rinforzate con le quali l’avre(mm)o convinta deporne il pensiero.

Quello che la mancanza di apertura non ci diede adito allora di fare colla viva voce, l’abbiamo fatto in ristretto colla presente, la quale, se non avesse eguale efficacia, farebbe conoscere a tutto il mondo cattolico che V.M. non ha fatto alcun conto dei nostri suggerimenti o che presto se n’è dimenticata: giacché in questa sola novità si conviene il rovesciamento di quelle massime cattoliche che ci permise di rilevare. Preghiamo di cuore il Signore che faccia sempre risplendere nell’effettivo Governo della M.V. quelle proteste del suo attaccamento alla purità della Religione in modo che mai restino deluse da fatti contrari. Fin qui ci siamo prevalsi di altra mano più corrente e più facile a leggersi della nostra, per affatigar e tanto di meno la vista di V.M. Con questa rispettosa dichiarazione passiamo ad abbracciarla con pienezza di affetto e col darle la Patema Apostolica Benedizione: Datum Romae apud s. Mariam Maiorem die 3 augusti 1782, pontificatus nostri anno VII. Pius pp. VI.

 

<RISPOSTA DELL’IMPERATORE>

= GIUSEPPE: Ho l’onore di rispondere a posta corrente alla lettera che là S.V. viene di scrivermi sul supposto che io voglia togliere tutti i fondi alle Chiese ed agli ecclesiastici e ridurli tutti ad essere semplici pensionarj. Le relazioni delle persone che mi procurarono già l’alto onore di vedere la S.V. alla mia residenza mi hanno anche senza dubbio procurata questa nuova testimonianza in scritto della sua amicizia e del suo zelo apostolico. Non posso dir altro, senza stendermi in lunghezze, se non che il supposto pervenuto alle sue orecchie, come la S.V. si esprime, è falso e senza andar cercando i testi tanto della Scrittura, che dei santi Padri, però sempre soggetti ad interpretazioni e spiegazioni, tengo una voce in me, che mi dice quello come Legislatore e Protettore della Religione mi convien di fare e di tralasciare. E questa voce coll’aiuto della divina grazia e col carattere onesto ed equo che mi sento, non può mai indurmi in errore. Se la S. V. vuole restar persuasa di questa verità, come lo spero, la prego anche di credermi con più filiale attaccamento e rispetto: 19 agosto 1782 Giuseppe.

-.

Documento n. 2

Sulla cessazione dello Stato Pontificio: P. Vincenzo Maria Strambi, anno 1798

(…) Se poi si domandasse sia espediente e vantaggioso che la Chiesa abbia dominio e Principato, vi si può rispondere che la cosa è assai dubbia e controversa anche presso le persone più savie e meglio affezionate alla stessa Chiesa. Imperocché se per una parte l’aver dominio è stato proprio perché dia alla Chiesa e ai suoi Ministri una maggior libertà nel promulgare la volontà dell’Altissimo e facilità maggiore nello stabilirne i mezzi per bene eseguirli. Per l’altra parte l’essere la Chiesa e i suoi Ministri privi di ricchezza e di dominio, pare che li mantenga più raccolti nel servizio di Dio, più distaccati dalle cose terrene, più umili in tutta la loro condotta, più affabili e più solleciti del bene del Prossimo, e cosi più amabili a Dio ed agli uomini.

Il certo si è che siccome l’uomo veramente savio si accomoda a tutte le disposizioni della provvidenza, e di quelle si prevale per adempire i disegni dell’Altissimo in bonum. Così quando una certa necessità, come la chiama S. Bernardo De Consideratione lib. 4, c. 3, faceva che si ritenesse dominio, e Principato, gli Ecclesiastici santi colla loro virtù tutto facevano servire all’accrescimento della gloria di Dio. Così mentre, non senza sovrana disposizione di Dio, la Chiesa resta priva di dominio, Dominus abstulit; gli Ecclesiastici che hanno veramente lo spirito del Signore e della sua Chiesa, non trascureranno di raccogliere da questa privazione tutti i preziosi vantaggi, che se ne possono ricavare.

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Documento n. 3

Omelia del Vescovo di Imola (futuro Pio VII), anno 1798

<Ecco le linee direttive dell’Omelia del Cardinale Chiaramonti: Libertà, fraternità, democrazia>.

«La libertà cara a Dio e agli uomini è una facoltà che fu donata all’uomo, è un dominio di poter fare e non fare, ma sempre sotto la legge divina ed umana. Non esercita ragionevolmente la sua libertà chi si oppone alla legge baldanzoso e ribelle;1 non esercita ragionevolmente la sua libertà chi contraddice a Dio e alla temporale sovranità, chi vuol seguire il piacere e lasciare l’onestà, chi s’attiene al vizio ed abbandona la virtù… La forma di governo democratico, adottata fra di noi, o dilettissimi fratelli, no, non è in opposizione colle massime fin qui esposte, né ripugna al Vangelo: esige anzi tutte quelle sublimi virtù che non s’imparano che colla scuola di Gesù Cristo, e le quali, se saranno da voi religiosamente praticate, formeranno la vostra felicità, la gloria e lo splendore della vostra repubblica » (…)

« Decidete quanto conferiscano i precetti del Vangelo, le tradizioni degli Apostoli e dei grandi filosofi Padri e Dottori cristiani a conservare la pace, a far risplendere la vera grandezza dello stato democratico, a fare di tanti uomini, dirò così, tanti eroi di umiltà, di prudenza nel governare, di carità nel fraternizzare fra loro stessi e con Gesù Cristo… Il luminoso oggetto della nostra democrazia dev’essere di stabilire la massima possibile unione di sentimenti, di cuori, di forze fisiche e. morali, onde ne derivi una soave fratellanza nella società (…) nella democrazia studiatevi di essere della massima possibile virtù e sarete i veri democratici: studiate ed eseguite il Vangelo e sarete la gioia della repubblica…

La religione cattolica sia l’oggetto più prezioso del vostro cuore, della vostra divozione e di ogni altro vostro sentimento. Non crediate che ella si opponga alla forma di governo democratico. In questo stato, vivendo uniti al vostro Divin Salvatore, potete concepire una giusta fiducia dell’eterna salute, potete operare la felicità temporale di voi stessi e dei vostri simili e procurare la gloria della repubblica e delle autorità costituite. Sì, miei cari fratelli, siate buoni cristiani e sarete ottimi democratici ».

 

Documento n. 4

Giuramento del Vescovo di Fano – 26 febbraio 1798

Voi ora siete Sovrano, o mio Popolo, e Dio, il grande Iddio vi ha dato questa sovranità. Io sono, o Popolo, il vostro Vescovo. E fu Dio che mi chiamò e per mezzo del suo Vicario mi ha assunto a carico così tremendo.

I regolatori voi siete di quelle vie che conducono l’uomo ad essere felice in terra, ed io sono il regolatore di quelle vie che conducono l’uomo ad essere felice in Cielo.

Io adoro nelle vostre mani le democratiche leggi, ma voi adorate ancor nelle mie, le leggi dell’Evangelo.

Oh sante leggi dell’Evangelo, qua, a me, oggi, che vi consegni al mio Popolo, onde egli che è Sovrano sia mai sempre democratico senza colpa, democratico con virtù. Oh, leggi democratiche, qua, a me, pure in quest’oggi. Voi avete, o Popolo, alle leggi dell’Evangelo quell’ossequio che è ben dovuto alle leggi dell’Evangelo di Gesù Cristo: morir piuttosto che violar questa legge.

Io debbo alle vostre leggi, ubbidienza e rispetto, e tal rispetto e ubbidienza che ognuno impari a rispettarle e ubbidire.

Ohimè! Se ardito io fossi di violarle, sarei colpevole di più delitti, sarei meritevole di molte pene. Ma o quali atroci pene voi pure avreste non solo in terra, ma anche all’inferno, se violate un sol precetto dell’Evangelo, se vi scostaste dagli esempi del Crocifisso:

Io no, che esser non voglio reo di in ubbidienza alle vostre leggi, ma voi nemmeno esser lo dovete a quelle che già vi imposi a nome del vostro Dio.

Deh, rammentate, o Popolo, in vostro cuore, rammentate quei giuramenti che faceste là nel Battistero, ché io, anch’io con giuramento m’obbligo al mio dovere.

GIURO, ecco, o Dio le mie parole, ecco la mia promessa, giuro fedeltà al democratico attual governo, giuro obbedienza alle sue leggi, ma ad un tempo a voi giuro fedeltà e ubbidienza, o mio Dio, fedeltà ed ubbidienza adorabili Comandamenti e alla vostra Chiesa

Oh, sacerdoti, o ministri del Divin Culto, giuro anche per voi, e Dio riceva in religioso olocausto i nostri inviolabili giuramenti.

Sebbene, ah, perché, o mio popolo, anzi miei figli, mia corona e mio gaudio, perché non posso giurare anche per voi. Voi sì che potete adesso formarvi i vostri rappresentanti, le vostre leggi, ma poi, formati gli uni, formate le altre, dovete anche voi rispettare entrambe, e ubbidire con fedeltà. E’ Dio che così vuole, quel sapientissimo Dio, che arbitro e regolatore delle sorti del mondo, le dispone e modera a suo talento.

Voi qui vedete tra i vostri concittadini, quegli che rappresentano la vostra sovranità.

Essi rispetteranno sempre la Religione, terranno da voi lontani i fulmini di Gesù Cristo, onoreranno l’infallibile successore di Pietro e la sua fede, saranno scudo e difesa al cattolico Culto, al sacro tempio, ai suoi ministri, ma tutti insieme custodi ed esecutori delle vostre leggi, ne esigeranno veglianti e solleciti l’adempimento.

Fra questa loro rappresentanza, non è ella tale che al dir di Paolo, vi obbliga ad adorare in esso gli altri decreti, e le disposizioni del vostro Dio, con spirito d’ubbidienza? Eh, sì pur dunque ubbidienza, anche per voi o mio popolo, fedeltà e ubbidienza all’attuai vostro Governo e agli attuai vostri rappresentanti. Ma avvertite questo spirito di fedeltà, questo spirito d’ubbidienza ove più vigoroso lo trovate, se non tra gli augusti veli di Religione?

Adempiansi queste leggi che io vostro Pastore vi addito nell’Evangelo e sarete Sovrani ad un tempo e sudditi integerrimi e virtuosi.

Oh, beato quel Popolo ove nelle massime e nei costumi, trionfa il Vangelo, perché trionfano insieme con lui, la pace il buon ordine, la giustizia!

Beato quel popolo ov’è la Repubblica protetta dal Crocifisso, e il Crocifisso difeso dalla Repubblica, mentre con sì mirabile unione, resta assicurato il doppio bene all’uomo in ordine alla terra e al Cielo.

Cari miei figli, mentre io su questo Altare, consapevole dei miei voti e delle antiche mie lagrime, Altare che mi mostra le sacre ceneri del mio Vescovo Fortunato, Altare che mi ricorda i favori e i voti dell’Ammirabile Madre Maria, mentre io deposito i miei già formulati giuramenti, voi venerateli con Religione. Son giuramenti del vostro Vescovo. Ma ad un tempo accoppiate ad essi le vostre risoluzioni, fervide risoluzioni d’osservare la santa legge di Dio, d’amarvi in Dio, d’essere cittadini nelle vostre intraprese, diretti sempre alle intenzioni di Dio

Oh, Dio, piovete amoroso Sole dal Cielo, che infiammi di carità, illumini le nostre menti, ecciti in cuore, generosi affetti di religione e di Fede.

Rendete santo il Pastore, rendete sante la Greggi onde tutti possiamo un giorno cantarvene, nell’eterna Gerusalemme, inno più giulivo e festoso, del festoso inno giulivo, che ora sciogliamo qui ai piedi del vostro Altare.

Nota: questo foglio, probabilmente portato da don Valeriano Orazi segretario del vescovo di Fano e canonico a Santa Vittoria, ov’è rilegato nel registro n° VI “Iura”, carte 359-360.

 

Documento n. 5

Proclama di Fernando re di Napoli – 14 novembre 1798 (ortografico)

= FERDINANDO IV per la grazia di Dio re delle Sicilie e di Gerusalemme, infante di Spagna, duca di Parma, Piacenza, gran Principe ereditario delle Toscane etc.

Quantunque fin dal principio delle rivoluzioni politiche, che da qualche tempo hanno turbato la tranquillità in varie parti del mondo, avessimo noi procurato di provvedere alla costante sicurezza dei nostri reali Stati e Domini col tenerle lontane le perniciose massime e i seduttori, riordinare ed accrescere le nostre forze armate, stringere con più forti nodi le alleanze con le potenze amiche, stipulare trattato di Pace con la Repubblica Francese, ed esaudire ogni altro mezzo di operazioni pacifiche: pure nondimeno ci siamo trovati nella dura circostanza di vedere in pericolo la quiete ed indennità dei nostri Stati per motivo dell’inaspettata mutazione di Governo del limitrofo Stato Romano, accompagnata dalla sovversione di ogni sano stabilimento, dal danno della santa religione cattolica e da civili discordie e luttuose scene di massacri e depredazioni. Questi avvenimenti, l’imprevista occupazione dell’Isola di Malta di nostra regia pertinenza e le continue minacce di prossima invasione nei nostri Domini, confermate da apparecchi guerrieri e da movimenti di truppe alla volta di questo Regno di Napoli, ci hanno indotto a prendere altri più efficaci provvedimenti, onde allontanare dai nostri Domini qualunque danno e pericolo. Abbiamo pertanto determinato di fare avanzare il nostro reale esercito dentro lo Stato Romano fin dove l’urgenza lo richiederà, con la ferma volontà di ravvivarvi la cattolica religione, farvi cessare l’anarchia, le stragi e le depredazioni, ricondurvi la Pace, e porlo sotto il regolare Governo del suo legittimo Sovrano. Dichiariamo ai nostri amatissimi sudditi, agli abitanti dello Stato Romano, ed agli altri popoli dell’intera Italia che (lungi dal muovere guerra contro alcuna Potenza) il solo desiderio di provvedere alla loro sicurezza e di rendere il dovuto onore alla religione ci ha mosso a questa intrapresa nella quale Noi col soccorso del sommo Dio, secondati dai validi aiuti dei nostri grandi alleati e dall’opera delle Nazioni Italiane, speriamo avere felicissimi eventi. Noi stessi alla testa dei prodi soldati del nostro invitto esercito, dirigeremo le loro operazioni militari e ci impegneremo di fare uso delle loro forze nei soli casi di resistenza e di aggressione, mentre in ogni altro rivolgeremo le nostre cure soltanto agli indicati sacri oggetti della Religione e del riordinamento del Governo dello Stato Romano. Con tale prevenzione adunque esortiamo gli abitanti tutti del detto Stato Romano di deporre le armi nel momento dell’ingresso del nostro esercito nel loro territorio; di conformare a quelle disposizioni che saremo per dare in favore di essi e della salvezza comune, di facilitare con i possibili mezzi e aiuti la nostra giustissima intrapresa, e di essere sicuri che Noi, facendo uso della nostra naturale giustizia e clemenza, non solo proteggeremo e ricompenseremo i buoni e virtuosi, ma ancora raccoglieremo con paterno affetto i traviati che, pentiti dei propri errori, volontariamente ritorneranno nel diritto sentiero e si sottoporranno al nostro comando.

Inculchiamo pertanto a tutti di abbandonare ogni idea di vendetta per il danno che per la passata rivoluzione gli uni avessero agli altri arrecati e di astenersi da qualunque sorta di eccesso di rappresaglia, sotto pena della nostra reale indignazione, di essere trattati i contravventori come nemici della pubblica sicurezza.

Esortiamo parimenti i Generali e Comandanti di qualunque esercito estero di far subito ritirare tutte le loro truppe fuori dal territorio romano, senza prendere ulteriormente parte nelle avventure di quello Stato la cui sorte per ragione di vicinanza e per altri legittimi motivi interessa principalmente la nostra Regia Podestà. Infine manifestiamo che dal punto in cui il nostro esercito sarà entrato nel territorio Romano, vi sarà libera comunicazione tra le sue popolazioni e quelle del Regno, del quale per provvedere alla sussistenza delle Reali truppe ed al bisogno degli abitanti dello Stato Romano, faremo nel medesimo trasportare i generi necessari di viveri ed altre occorrenze.

Dal Quartiere Generale di S. Germano 14 novembre dell’anno 1798. Ferdinando

  1. Acton

(Nel registro VI “Iura” dell’archivio capitolare Santa Vittoria in Matenano, cc.362s. Nota: la guerra del re di Napoli contro la Repubblica Romana, risulta dichiarata il 23 novembre 1798 nel “Distinto ragguaglio della totale disfatta riportata sul formidabile esercito napoletano dalle invitte falangi della Grande Nazione” stampa dell’epoca.)

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Documento n. 6

Ascoli 5 febbraio 1799: sottomissione pacifica

= LIBERTA’   REPUBBLICA ROMANA   EGUAGLIANZA

LA MUNICIPALITÀ’ D’ASCOLI

Alle Popolazioni vicine, Perdono, e Pace per le Communi Armate del Tronto. Dopo varie trattative in iscritto, e a voce colla mediazione nostra, e per mezzo de’ virtuosi Ecclesiastici, Secolari, e Regolati, spediti in tutte le Comuni, il General Francese dimostrando la sua brama di fare cessare i disordini, e risparmiare le conseguenze funeste di una spedizione di Truppe sulle nostre Campagne, trovò il Comandante, e Capitani delle Popolazioni armate, nelle medesime disposizioni di procurare il maggior bene; Quindi in risposta ad un foglio dei prelodati Capitani de’ 4 Febraro furono sottoscritti i seguenti Articoli fissati dal prode, ed umanissimo Generale.

Ascoli 5 Febbraro 1799 V.S. 17 Piovoso, Anno 7. della Repubblica Francese.

Il Generale Francese vede con piacere, che i Montagnoli Insorgenti vogliono acconsentire alla Pace.

Le Truppe Francesi non possono farne, che di onorevole, e di giusto: in conseguenza il Generale Francese animato dal desiderio della Pace, non può donarla, che alla Condizione di già descritta cioè:

  1. Perdono generale per tutte le Communi.
  2. Tutte le Communi daranno un Ostaggio della loro sincerità alla Pace.
  3. Questi Ostaggi saranno sotto la risponsabilità di un’abitante di Ascoli.
  4. Niuno sarà ricercato nella sua passata condotta.
  5. Non sarà levata alcuna requisizione alle circostanze insorte.
  6. Nel Caso, in cui non possa trovarsi un Ostaggio ne’ Villaggi, il Generale Francese accetterà un Abitante, o Prete di Ascoli, che rappresenterà questo Villaggio. (…) Firme di 22 Comandanti (omesse)

 

ARTICOLO ADDIZIONALE

Se non si sono posti gli Articoli relativi al servizio della Religione, alle Campane, e alle Prediche, è perché questi Articoli non possono incontrare alcuna difficoltà poiché già sono accordati dal Capo medesimo delle Truppe, il quale da vari giorni ha dato l’ordine di far suonare le Campane, ed hà protette tutte le Chiese, e promesso il libero esercizio del culto; poiché in fine la facoltà la più intiera sopra questo punto è già accordata da un Proclama del Generai Dahesmer. Per scanzo di ogni equivoco, il Generale Francese conferma le disposizioni a questo riguardo.   Ascoli 17. Piovoso Anno 7. DARGOUBET

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Documento n. 7

PROCLAMA 26 maggio 1799 a Servigliano per l’insorgenza

Per FERDINANDO IV Re delle Due Sicilie e di Gerusalemme, ecc.

Il conte CLEMENTE NAVARRA

Brigadiere delle Truppe arrolate in massa, Napol. e Pontificie

«Ergete la fronte, Popoli generosi del Piceno. Eccovi il felice momento di ravvivare la nostra Santa Religione, di rimostrare il nostro attaccamento al Sovrano e di sottrarci da questa anarchia che sì barbaramente ci opprime. Correte tutti alle armi, e ricordatevi di quel ch’è scritto nelle Sagre Carte nel libro di Judith, cap. 15, v. 6: Omnis itaque regio omnisque Urbs electam Juventutem armatam misit post eos, et persecuti sunt eos in ore gladii quousque pervenirent ad extremitatem finium eorum.

Io vi chiamo a difendere la causa comune, fidate in Dio, nei grandi alleati, nel coraggio avito… Si agirà col massimo rigore delle leggi, perché ritorni il buon ordine, facendo noto a tutti con questo Editto, che in ciascun paese siano reintegrate le Magistrature, alle quali inculco di proibire affatto, che truppe di gente armata dal capriccio, col pretesto della buona causa, vadino scorrendo per le campagne e paesi, arrestando delle persone, e farsi lecito di saccheggiare, fucilare, ed incendiare. Chiunque ardirà ciò tentare sarà considerato come nemico dello Stato, e punito come tale. Ogni truppa armata dovrà dall’invitto mio generale de Donatis, o da me dipendere, né si riconosceranno altre truppe, che quelle da Noi disposte, ma gli abitanti tutti siano preparati a prendere le armi al suono delle campane a martello; ed accorrere al bisogno, se mai truppa nemica ardisse attaccarci, avvertendo, che quel paese, che tardasse ad accorrere, sarà dichiarato ribelle, e come nemico della patria militarmente castigato. Epperò voi tutti del clero, e specialmente voi, Pastori delle Anime, concorrete ad una impresa così gloriosa, e destate con vivezza le scintille della Pietà, e del languente costume, e fate risorgere fra le vostre contrade la purità della infallibile Nostra Religione, e tentare ogni mezzo coll’esempio, e colla voce, perché ritorni in noi quella pace, che finora ci è stata sì barbaramente rapita. Chiunque vorrà con Noi prendere le armi in questa sì nobile gara, si presenti a me, e agli Uffiziali maggiori per avere le necessarie istruzioni e per essere autorizzati colle patenti del Re delle Due Sicilie e più d’ogni altro io chiamo coloro che con eguale valore e fedeltà diedero prova allorché erano aggregati alle truppe Pontificie.

Dato dal Quartiere gen. di Servigliano, questo dì 26 maggio 1799. »

Documento n. 8

PROCLAMA: Ascoli 27 maggio 1799 per l’insorgenza

= FERDINANDO IV PER LA GRAZIA DI DIO RE DELLE DUE SICILIE DI GERUSALEMME ECC.

  1. DONATO ANTONIO DE DONATIS GENERALE IN CAPO DELL’ESERCITO IN MASSA PER LA SUA MAESTÀ’, CHE DIO LA GUARDI

«Popoli di Acquaviva aprite ormai gli occhi alla luce del giorno. Sentite la voce di uno, che ama il vostro vero bene. O Voi stringete le armi in favore delle nostre vittoriose truppe, ed allora troverete in Noi un amico sincero, ed affettuoso, che lungi dal prendere vendette delle vostre insolenze passate addosserà la valida protezione e di Voi, e delle sostanze vostre: o vi dichiarate nostri nemici, ed allora aspettatevi pure, che Noi con tutte le nostre forze affronteremo i vostri fuochi, vi piomberemo addosso, vi saccheggeremo usando ogni rigore militare. Pensate a Voi: decidete con prontezza e dentro due ore mandatene la risposta ».

Ascoli, 27 maggio 1799.

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Documento n. 9

Insorgenza: 26-29 Maggio 1799 a Castel Clementino

Dì 26 del corrente mese di Maggio: si manifestò a Castel Clementino il piano di una controrivoluzione da eseguirsi con l’aiuto e intesa degli Insorgenti Napoletani, alla cui testa si pose Clemente Navarra con la carica di Brigadiere a lui conferita da D. Donato De Donatis, generale in capo dell’Armata in massa Napoletana. Con l’intesa, come dicono, che la mattina seguente dovesse ivi giungere l’avanguardia di tale armata. La mattina del divisato giorno si cercò che i Parroci di detto luogo avessero predicato dall’altare di doversi tutti venire contro i francesi; ma i Parroci mostrarono ripugnanza di farlo, e il curato Burocchi per non esserci obbligato pensò di celebrare nella sua chiesa. Nonostante s’inalberò la Bandiera Napoletana, e si affissero editti con i quali s’invitava il popolo ad unirsi e si ordinava il ristabilimento delle antiche magistrature. La Terra di Santa Vittoria si accomodò per prima a seguire tale piano. Vi si atterrò l’Albero, si unirono delle persone, e alla testa uscì il noto Majeschi il quale si mostrò meno impegnato. Dietro tali incitamenti il giorno appresso 27 detto, la campana di Castel Clementino, che aveva cominciato a suonare a martello insieme col tamburo la sera innanzi seguitò a fare lo stesso

fin dalle otto della mattina e lo stesso si fece in Santa Vittoria, per adunare gente. Il dopopranzo di tale giorno si sentì simile furore e rimbombo di tamburo in M. S. Martino dove però non accorsero se non pochissimi contadini, che, sentito il motivo, amarono meglio di tornarsene alle loro faccende della campagna.

Ieri mattina 28 si intese lo stesso suono in Sant’Angelo <in Pontano> dove era stato dichiarato capitano Giuseppe Gentili. Per buona sorte di questo luogo, la commissione di fare lo stesso fu data all’Egamennoni insieme con la patente di capitano e i proclami da affiggersi, con ordine di eseguire tutto appena qui ritornato. Ma poiché la patente l’aveva presa per forza, come dice, non eseguì punto l’addossatagli commissione, cosicché questo luogo si preservò immune fra l’incendio che ardeva in ogni intorno, e siamo stati solo spauriti di quello che facevano gli altri, fino alle ore 14 circa del giorno di ieri, quando si intesero dalla parte di Castel Clementino delle scariche di moschettieri, che, ignorando noi cosa significassero, senza pensare alla zuffa che vi seguì col distaccamento della truppa francese e insorgenti, non sapevamo indovinare la causa. Se ne concepì però un sospetto, al vedere per mezzo del cannocchiale, che truppa di gente dalla parte di Falerone andava direttamente a quel luogo, e passava il fiume senza scalzarsi. L’eccidio seguito fu poi saputo da persone che, per curiosità di sapere, s’inoltrarono verso quella parte e più in dettaglio si raccontò iersera, e questa mattina. I morti insorgenti sono stati almeno venti. Tra questi il figlio del Navarra che fu incontrato dalla truppa vicino al molino di Falerone, mentre con 50 insorgenti circa, andava in Falerone, e il capitano benedetto Gualtieri fu ucciso poi in casa al tempo del saccheggio, che fu dei più feroci, con altri vari dei quali non so il nome, e fra questi la persona che stava a suonare le campane a martello, la quale fu sbalzata dalla torre. Secondo le relazioni che giungono, oltre allo spoglio generale fatto in tutte le case di quanto vi era – e vi era molto in alcune specialmente, che non si persuadevano di tale visita – vi è stato il massacro di tutto il mobilio che non si poteva trasportare. I cristalli e i vetri delle finestre furono rotti, i parati lacerati, i comò, i tavolini, le sedie, fatti in pezzi. Insomma si fece un macello e di carne e di roba, come ognuno può figurarsi e come si sentirà più dettagliatamente in appresso.

La sera innanzi <27> di questo tragico fatto si erano fatti arrestare e condurre in quel quartiere generale (così denominato quel luogo dal proclama) il Valeriani e il Venantini di Santa Vittoria; altri di là erano fuggiti, come avevano fatto parimenti altri da Falerone, il cui popolo, come quello di Montegiorgio, era stato il primo ad accorrere per arruolarsi.

Il Brigadiere Navarra si salvò con la fuga, e così si salvarono altri uniti con lui, che presero la fuga chi per una parte e chi per un’altra. La truppa poi che si aspettava dalla parte di Ascoli la mattina del 27 non era giunta e non giunse, perché a Mont’Alto trovò delle resistenze. Il Majeschi che aveva tanto brigato è restato morto anche lui. Raccontano che alle ore 4 del 26 partisse dal quartiere

generale e se tornasse a Santa Vittoria, cosicché non fu presente alla zuffa, ma inteso poi quanto successo, dicono che tornasse là per comprare delle robe prese nel saccheggio e che da quattro contadini fosse ammazzato avendogli trovato addosso molti “pezzi duri”.

Non mancò poi neppure qui una scenetta e fu che alle (ore) 19 circa di ieri 28 si presentò il capitano Giuseppe Gentili con sette altre persone del seguito, entrati per la porta del forno, i quali direttamente andarono alla porta del convento di San Francesco, andando dicendo per la strada Napoletani! Napoletani!

Appena smontato di cavallo il capitano suddetto, invece di entrare in convento, fece sul momento arrestare Giovanni Vecchi che passava in quel punto, e poi per la stessa strada, se ne ritornarono indietro senza far altro. Giunti avanti alla casa di lui, si fece incontro la moglie che si mise con le lacrime a scongiurarli di lasciarle il marito; ma il capitano diceva di condurlo al quartiere generale (che non so dove fosse) e gli altri di farlo a pezzi fuori della porta come Giacobino e supposto reo di aver <informato> i francesi perché venissero contro Castel Clementino. Il fatto è che lo condussero fino a San Rocco, ma poi, sopraggiunto il padre e don Santi Luccarini, li cominciarono a pregare di nuovo del rilascio; e sul giuramento che prestò don Santi che non fosse Giacobino, e che non aveva mai avuto alcun carreggio lo dimisero e se ne andarono per i fatti loro.

Ecco la storia genuina dell’accaduto nelle nostre vicinanze, e qui preghiamo Dio che le cose finiscano così. Ma temo di peggio. Pacifico Cornacchia di Santa Vittoria, arrestato dai contadini, fu condannato a Mont’Alto. Andreozzi restò ferito in faccia. Marinelli scampò la morte fuggendo in certi fossi. Majeschi rimase ucciso. Tutti questi andavano uniti a Castel Clementinoper ottenere dal comandante francese che non facesse andare la truppa a Santa Vittoria, dove si credeva <fosse> diretta dopo il sacco di Castel dementino.

(Autore anonimo probabilmente faleronese di un manoscritto n. 946 presso la biblioteca comunale di Macerata qui riferito in trascrizione corretta per l’ortografia)

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Documento n. 10

IL COMANDANTE GENERALE DELLA MONTAGNA GIUSEPPE CELLINI AI POPOLI DELLO STATO PONTIFICIO – INDIRIZZO –

Ascoltate, o Popoli amici, la voce di chi ama il vostro bene. Non è più tempo giacere in una colpevole inerzia, e sostenere più lungamente una fatale indifferenza. Tutti i vostri Fratelli limitrofi all’Abruzzo Ultra e Citra colle anni in mano già sono in Campo. Essi sull’esempio dei valorosi Sanniti, e da loro scortati, han combattuto e son vincitori. Entro le mura de’ loro Paesi più non spira liberamente l’aria impura, né alcun Francese, né verun perfido Giacobino. Sì l’uno, che l’altro si trova fra’ ceppi, o pallido fugge, e ramingo. Quanto audace si mostra questa infida genìa nel vederci avviliti, tanto vile or si dimostra vedendo il nostro coraggio, l’unione e i progressi delle nostre armi. Queste già spiegano su una ben larga estensione la sua energia. E’ stato un punto, un punto solo investir Norcia, Cascia, Visso, Serravalle, Ponte della Trava, Camerino, Ascoli, Mandola, Comunanza, 5. Vittoria, Montalto, Monte di Novo, Affida ecc. ecc. occuparli, e sollevarli. E’ brava la gente, che muove all’impresa, esperti i Duci che la guidano.

Or siam giunti al felice momento, in cui tutta la fiorente un dì, ed ora languida, e desolata Marca è per prendere l’Armi su cui dietro al divin soccorso, è riposta la propria, e l’altrui salvezza. Correte, o Popoli amici, correte ad unirvi con Noi. Non dubitate, la vittoria è nostra. Non vi è più da temere. I Mari, che bagnano la bella Italia, appena reggono a sostenere gl’immensi Legni Inglesi, Moscoviti, Lusitani, Ottomani. Poche di essi si sono presentati in Ancona, e pochi colpi di Cannoni han fatto sentire a quella bloccata città; e nondimeno han destato in essa la più spaventevole costernazione.

L’invitte Falangi Austro-Russe sono arrivate a Bologna. A Soffia è giunto il real Principe di Napoli con il Figlio del Gran Signore conducente un Esercito sorpendentissimo. Da altra parte vola a prestarci aiuto l’immortale Cardianal Ruffo. Noi ci troviamo con numerosa Leva in Massa, al cui fianco vedesi la intrepidezza, il coraggio, la vittoria. Fiancheggiati, protetti, alleati, assistiti da tante Forze, ditemi, vi può essere da temere? Non vi fate ingannare da certi spiriti deboli, o maliziosi Allarmi, Allarmi.

A ciò vi obligano i doveri della propria coscienza, l’amor della Patria, la fedeltà giurata al Sovrano, la Professione di nostra Santa Religione, la quale, sussistendo, per altro breve tempora Cabala Filosofica, Ateistica, Massonica, va ad annientarsi nei nostri Paesi; vi obbliga il bene delle vostre Famiglie, la tenera vostra Figliolanza, che riclama il Cristiano costume, e la sana educazione; vi obbligano il pericolante onore delle vostre Mogli, il pudore compromesso delle vostre Figlie, i beni già invasi, i diritti violati, le proprie persone colle minacce, e colle armi tante volte investite. Se all’aspetto di santi motivi, e di sì potenti aiuti voi non vi scotete, voi siete colpevoli. Tremate. Il colpo desolatore poco

sta a piombarvi sulle Persone, e sulle Sostanze. Odiosi a Dio, al Sovrano, al Popolo fedele, che aspettar mai non vi dovete di avverso? Deh! riunitevi con noi, e non soffrite alcun disastro.

Giacobini, rovesciatori del Trono, sacrileghi invasori de’ Beni Ecclesiastici, Profanatori de’ Luoghi Sacri, Distruttori dell’Ordine sociale, Increduli, Miscredenti, Depravatori del buon Costume, Soldati della Cabala Ateistica voi impallidite, e ponete le ali ai piedi. Ma, che giova? L’arco feritore è rivolto contro di voi. Molti de’ vostri pari o son caduti, o son fra le ritorte. Lo so, voi fuggite: ma dove alla fine miseri andrete? Ovunque strascinate l’indegna esistenza, seguiravvi il rimorso tormentatore: ovunque troverete nemici; ovunque l’odio, l’esecrazione vi accompagnerà. Giacobini ricredetevi. Ancora siamo in tempo. Abbracciate anche voi la difesa della Causa comune, e sarete salvi. Ma se per altro breve spazio vi restarete ostinati nel partito Filosofico, guai a voi; siete perduti. Tremate.

In Camerino dal Quartiere Generale 5, Giugno 1799 G. Cellini Comand. Gener. In Capite.

In Camerino 1799. Per Vincenzo Gori.

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Documento n. 11

Difesa repubblicana: Ascoli 4 giugno 1799

LIBERTA’           EGUAGLIANZA      REPUBBLICA FRANCESE

Dal Quartiere Generale d’Ascoli li 16 Pratile Anno VII della

Repubblica Francese una, ed indivisibile.

MONNIER Generale di brigata Comandante in Ancona, e ne’ tre Dipartimenti riuniti in istato d’Assedio

La Città d’Ascoli, divenuta il soggiorno de’ Briganti Abruzzesi, ha posto il Dipartimento nel rischio di perdersi. Gli Abitanti di questa Città ribelle avevano già presa la Coccarda rossa, e trasformate in autorità Monarchiche le autorità tutte della Repubblica. Essi han dirette le orde de’ Briganti co’ quali eransi unite, e quest’uomini infami, vantando il nome di Dio, del Re, e de’ Preti, han commesso i più detestabili eccessi sulle persone, e se ne hanno usurpato tutte le mobili proprietà, ovunque si son presentati. Le prime lor vittime sono state le Comuni di Offida, di Castorano, di Colli, dì Pagliare, di Monte Prandone, e nelle Campagne che se estendono fino a Montalto.

Non potendo sì fatti eccessi non eccitare la generale indignazione, debbon essi risvegliare tutta l’energia delle autorità Civili, e precisamente dalle Guardie

Civiche, per opporsi vigorosamente alle intraprese, che tentar potessero nuovamente gli enunciati Briganti.

Le Truppe Repubblicane si misero in moto: I Briganti sono stati battuti a S. Benedetto, a Ripatransone, in Acquaviva. Hanno fatta la lor ritirata in Ascoli, e là si erano fortificati. La Città La presa d’assalto dopo due ore di combattimento. Questo giorno è stato spettatore delle nostre complete vittorie, e gli scellerati sono stati puniti. Tutti coloro, che non hanno imitato il lor Generale nella fuga, sano caduti sotto i colpi Repubblicani.

Le Truppe, ch’io lascio nel vostro Dipartimento, occupano delle posizioni vantaggiose. Sarà però stabilita, sotto la sorveglianza dell’Amministrazione Dipartimentale, un Cordone sul Tronto composto della Guardia Civica. Una colonna mobile si metterà subito in azione per portarsi su tutti i punti minacciati, ed occupati dai Briganti suddetti.

Ogni Brigante arrestato sarà fucilato sull’istante. Le Comuni, che non si opporranno al loro ingresso, incorreranno nelle pene già significate nel Proclama del giorno 14 (2 giugno).

Signato MONNIER

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Documento n. 12

Ladroneggi degli insorti, luglio 1799, Ascoli

GIUSEPPE COSTANTINI ALIAS SCIABOLONE COMANDANTE LE TRUPPE IN MASSA PER SUA MAESTÀ’

FERDINANDO IV E POTENZE ALLEATE

Io sono informato dei continui ladroneggi che tuttodì si commettono sì in mobili che in bestiami a svantaggio di pacifici contadini. Sono esacerbato oltremodo per tali misfatti e ne prenderò le misure le più forti. Sotto pretesto di nuocere ai giacobini, si commettono l’empietà le più esacrande. Nessun individuo ha il diritto di ciò fare, ancorché il sapete, ma compete al solo sovrano. E’ questo un procedere che si oppone alla Religione Cattolica ed alle leggi di qualunque Governo. Il fulmine del castigo sta per piombare sopra a quelli che invece di desistere da un tal procedere non restituiranno sull’istante ciò che ànno rubato contro ogni diritto di natura e contro la legge di Dio. Io parto sì per unirmi al prode Generale La-Hoz e battere i Francesi; ma guai a quelli che prenderanno a scherzo questa mia risoluzione. Sarò inesorabile anche co’ miei più stretti di sangue.

Ordino però che subito si rimettino i massari ne’ rispettivi paesi i quali formeranno un processo a quelli ritengono o hanno preso bestiami.

Tutti gli abitanti de’ paesi e contadini si uniranno ad arrestare questi

perturbatori del buon ordine. In caso disperato e di resistenza, li autorizzo a far fuoco a tal razza di gente tanto perniciosa alla società.

Questo ordine stampato che sarà, voglio sia affisso in ogni paese e pubblicato nelle Chiese dai rispettivi curati.

Dal Quartier Generale di Lisciano 16 luglio 1799.

LUIGI ANELLI Segretario.

 

Documento n. 13

REGGENZA a Macerata, 20 agosto 1799

L’IMPERIALE – REGIA – PONTIFICIA REGGENZA DELLA MARCA DI FERMO E DI ANCONA

EDITTO

Per supplire alle immense spese, che seco porta il mantenimento di una Truppa attualmente impiegata alla difesa di una causa tanto nobile, e gloriosa, necessita ricorrere sull’istante a dei temperamenti quanto pronti, altrettanto capaci a produrre tutto ciò, che faccia d’uopo al servizio della medesima. Avrebbe voluto l’imperiale-Reggia-Pontificia Reggenza dispensarsi dall’addossare alle Popolazioni qualunque più piccolo peso, ma I’ urgenza dell’affare, e la santità della causa, che si è impresa a trattare, e che siam prossimi a sentire finalmente decisa, esiggono nuovi sforzi da tutti. Quindi è, che dopo le più mature riflessioni, e li scandagli più esatti, quello essendosi creduto il temperamento meno sensibile di ricorrere all’imposizione di un Testarico, regolato però, e diviso nel caso presentaneo in quattro diversi gradi, si è trovata nella circostanza di determinare, come appresso.

Primo = Tutti gl’individui delle Famiglie Nobili, o ascritte in primo grado in qualunque Città, o Terra, comprese in questa Classe le Comunità Religiose, dovranno subito sborsare in mano dei rispettivi Esattori pubblici a quest’effetto deputati uno scudo per cadauna Testa, con l’obbligo di pagare per ciscun Uomo o Donna di servigio paoli tre moneta di rame.

Secondo = Tutti gl’individui delle Famiglie del secondo ceto, o grado, del primo , e secondo de’ Castelli, e de’ Mercanti saranno tenuti per lo stesso titolo pagare bajocchi 40 per cadauno, t ame sopra.

Terzo = Tutti gl’individui delle Famiglie di qualunque altro grado, o ceto saranno obbligati pagare bajocchi dieci per ciascuno come sopra.

Quarto = Tutti li Coloni dovranno pagare bajocchi cinque per ogni testa come sopra.

Macerata dalla Reggenza 20 Agosto 1799.

(Omissis)

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Documento n. 14

<RICORDO DEI NAPOLETANI A PEDASO>

– 25 agosto 1799

È giunto finalmente in questo nostro castello di Pedaso la Real Truppa dell’Invitto Re delle due Sicilie, comandata dal prode Generale Don Donato de Donatis tanto da noi aspettato, e desiderato, ad oggetto di condursi sotto la Piazza di Ancona, dentro la quale i malvagi Francesi e i loro cinque Partitari sonosi riuniti fuggendo. Mercé un tal forte e valoroso soccorso speriamo ora vicino l’esterminio di quella perfida gente, che resiste ancora alle forze delle Potenze alleate, e speriamo altresì di vedere sollecitamente restituita l’intera tranquillità a queste nostre contrade. Intanto, siccome abbiamo ammirato la moderatezza di detta Real Truppa, che, per li vari provvedimenti dati dal riferito signor Generale, non ha recato la menoma molestia e niun danneggiamento agli interessi ed alle persone di questo castello nostra patria, così ne produciamo un completissimo Avviso al pubblico, onde tutti si esultino di giubilo e di contentezza.

Pedaso, 25 agosto 1799.

Li residenti

NICOLA BERNARDINI, Vie. for. e Dep. eccl.

PROTASIO TEODORI, Govern. locale,

BENEDETTO ROSSI, Segretario.

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Documento 15

ARMISTIZIO PACATO, 13 novembre 1799

LIBERTA’             EGUAGLIANZA           REPUBLICA FRANCESE

Ancona Assediata li 23 Brumale Anno 8vo della Republica

Tra il Generai di Brigata. MONNIER’ Comandante in Capo la Divisione di Ancona autorizzato, dal Consiglio di Guerra tenuto a questo effetto di trattare la Resa di Ancona.

Ed il Sig. Barone di FRELTCH Luogotenente Generale di Sua Maestà Imperatore, e Re, Comandante in Capo le Truppe che assediano Ancona.

La. presente Capitolazione è stata discussa, risoluta, decretata irrevocabilmente nel modo che siegue.

 

ARTICOLO PRELIMINARE

Il Generale Comandante la Divisione d’Ancona, e le Truppe sotto i suoi ordini considerando, che la Capitolazione ¡1 « Fano segnata li 8 Termidoro scorso tra le Truppe Repubblicane Francesi, ed il Sig. Comand. le Truppe Russo-Turche è  stata. Violata nella sua esecuzione per lo stesso Comandante.

Considerando, che la morte sarebbe preferibile al disonore di trattare con delle Autorità che non conoscono il Diritto delle genti.

Vista la situazione, in cui si trova la divisione d’Ancona, e vista la quarta, ed ultima intimazione di resa fatta dal Sig. Barone BRELICH, Luogotenente Generale al servizio di Sua Maestà Imperatore, e Re, Comandante, in capo le: Truppe assedianti Ancona.

Dichiara, che egli non vuole entrare in Negoziazioni, che colle Truppe, ed il detto Luogotenente Generale al servizio di S. M. Imperatore, e Re.

 

CAPITOLAZIONE – ARTICOLO I.

Le Truppe della Guarnigione di Ancona, e Forti annessi al giorno, ed ora, che saranno convenuti, sortiranno dalla Piazza con tutti gli onori della Guerra, cioè: Con Tamburo battente, Bandiere spiegate, Miccio acceso, avendo alla testa due pezzi di Cannone di Campagna coi loro Cassoni, più uno d’Infanteria per rendersi in Francia per la via di terra la più comoda; Soldati, Ufficiali, Generali, ed ogni Militare si di terra, che di mare il Console della Republica Francese, gl’ Impiegati, e agenti Civili, e Militari porteranno seco le loro Armi, Effetti, e Proprietà personali di qualunque genere.

Saranno riguardate come Truppe della Divisione di Ancona, e saranno trattate sotto tutti i rapporti come Truppe della Republica Francese i Cisalpini, Romani, ed altri Italiani formati in Legioni, Battaglioni, o Compagnie, che portano le armi nella detta Divisione.

ARTICOLO II

La Divisione sarà accompagnata, e protetta nella sua marcia sino ai Posti awanzati dell’Armata Francese in Italia da un determinato corpo di Truppe Imperiali Comandate da un Uffiziale dello Stato Maggiore.

ARTICOLO III

La Divisione, che si porterà in Francia per la via che essa giudicherà la più comoda,, marcierà a spese di S.M. Imperatore, e Re:

Ogni Militare, o impiegato riceverà la Razione di ogni genere, e l’alloggio competente al suo grado secondo le Leggi, e Regolamenti Francesi. La marcia non sarà, forzata, ma regolata militarmente dietro quella dell’Infanteria Francese. Il Genera MONIER Comandante la Divisione farà di concerto coll’Uffiziale di Stato Maggiore Austriaco la determinazione dell’alloggio, o accampamento, se sarà giudicato convenevole, come, pure delle ore di partenza, e luoghi di dimora.

Risposta: Le Truppe della Guarnigione di Ancona, e dei Forti annessi sortiranno nel giorno, ed ora convenuta dalla Piazza con tutti gli onori di Guerra richiesti per rendersi in Francia come Prigionieri di Guerra, e non serviranno contro S.M. Imperiale, e contro i suoi Alleati che dopo un perfetto Cambio.

La Truppa deporrà le Armi nel luogo che sarà fissato da un Articolo Addizionale; i soldati e sotto Uffiziali conserveranno le loro muciglie, il Generale Comandante la Divisione, il Console della Repubblica Francese, i Generali, Uffiziali di terra, o di mare, gli Impiegati Civili e Militari conserveranno le loro Armi, Cavalli secondo i loro Gradi, ed i loro Effetti Personali.

Il Generale FRELICH volendo dare una prova di stima alle Truppe della Guarnigione per la Difesa coraggiosa, e contro ogni aspettativa, che esse hanno fatto, accorda ai Sotto Uffiziali il diritto di portare le loro Sciabole per rendersi al loro destino.

E per dare alla Divisione tutta, non meno che al General MONNIER, che la comanda un attestato della considerazione particolare, e della stima di nazione a Nazione contraenti, gli concede una Guardia di onore composta di quindici Uomini a Cavallo montati, armati equipaggiati, e di trenta Carabinieri Armati.

ARTICOLO IV

Sarà accordato a spese di S. M. Imperatore, e Re il numero de’ Carri attaccati, necessarj al trasporto degli Effetti personali degli Uffiziali, Impiegati, Consigli d’Amministrazione, e dei Depositi dei Corpi della Divisione: Il numero dei detti Carri sarà, convenuto d’appresso lo stato dei bisogni, che fornirà il Commissario di Guerra Francese

Il Generale Com. la Divisione, il Console della. Republica Francese, i Generali di Brigata Lucotte, Pino, Palombini, il Capo dello Stato Maggiore della Divisione, i Comandanti del Genio, e dell’Artiglieria, il Pagatore della Divisione, i Commiissarj di Guena, e della Marina Francese, l’Agente del Commissario Civile sono autorizzati di condurre ognuno il. loro Carro coperto pel trasporto delle loro Carte di Amministrazione, come di. Contabilità, ed i loro Effetti personali qualunque.

Risposta: Accordato ma a condizione che sarà Consegnato, da chi ne avrà il dritto, al Sig. Generale Barón di FRELICH l’attestato, che le Balle degli Uffiziali e Furgoni coperti non contenghino effetti di proprietà pubblica.

ARTICOLO V

I Bastimenti da Guerra della Repub. Francese, e Corsari coi loro Uffiziali, Impiegati in Amministrazione, ed Equipaggi si renderanno in uno dei Porti della Republica nello stato che si. ritrovano al momento della sottoscrizione della Capitolazione, muniti di Passaporto, e sotto la garanzia di S. M. Imperiale.

I viveri saranno forniti a spese della detta Potenza a ragione del viaggio.

Risposta:

INAMMISSIBILE ma se le Corsare la LUPE e la VENDETTA uscite dal Porto, e potendosi ripresentarsi di nuovo, rientreranno dopo la Capitolazione, li Marinari, che ne compongono l’Equipaggio, avranno la medesima sorte, che le Truppe esistenti attualmente nella Piazza.

ARTICOLO VI

I Malati dello Spedale della Divisione che potranno essere trasportati, lo saranno a spese di S. M. Imperatore, e Re coi viveri, e medicamenti e Casse di Chirurgia, ed Uffiziali di Sanità sufficienti pel viaggio d’Ancona in Francia.

Gli Ammalati, che senza pericolo, non potranno essere trasportati, resteranno in Ancona; essi saranno protetti come un Deposito Sacro, e trattati come gli Ammalati di S. M. Imperiale.

La Divisione li confida alla lealtà ed umanità della Nazione Austriaca.

II  General MONNIER gli determinerà il numero degli Uffiziali di Sanità, ed Infermieri indispensabili sotto la sorveglianza d’un Uffiziale Militare Francese, e di un Commissario di Guerra.

Subitochè il detto Uffiziale, Commissario richiederanno il trasporto dei Convalescenti o per mare, o per terra, secondochè sarà più convenevole al loro stato, gli verrà religiosamente accordato.

ARTICOLO VII

I Prigionieri fatti tanto durante il corso dell’Assedio d’Ancona che nelle Spedizioni precedenti, e che sono in Ancona, o sopra i Bastimenti Russo-Turchi o nella Divisione occupata dal Sig. Generale FRELIGFI, saranno resi da una parte, e dall’altra immediatamente dopo la sottoscrizione della presente Capitolazione e parteciperanno delle disposizioni contenute ne’ suoi Articoli.

Risposta:

ACCORDATO, per li Prigionieri Francesi solamente, che si troveranno ancora nella Divisione del Sig. Generale FRELIC

ARTICOLO VIII.

Tutti gli Individui di qualunque Nazione, o Religione essi siano abitanti nella Città d’Ancona , o che vi si trovino, e segnatamente gli Ebrei non potranno essere inquietati, molestati, né ricercati direttamente, o indirettamente essi, e le loro famiglie sul sospetto, e per la manifestazione delle loro opinioni civili, politiche, e religiose, come per li fatti che sono risultati, pendente il cangiamento del Governo nel Territorio Romano.

Questa disposizione risguarda quei fra loro, che hanno preso le armi, o esercitato degli impieghi Civili, o Amministrativi durante quest’epoca, e che verrebbero molestati per le loro ingerenze.

Risposta:

Il Governo Austriaco farà rispettare il diritto delle Genti verso li Cittadini senza distinzione di opinioni, o Religioni, purché si sottomettino alle leggi.

ARTICOLO IX.

La Commissione Amministrativa d’Ancona, i Membri anteriori delI’Amministrazioni Centrali dei Dipartimenti del Tronto, Musone, e Metauro, dei loro Tribunali, e Municipalità, gl’impiegati in tutti questi corpi Politici, ed i Patriotti della Republica Romana, come pure li Cittadini., e Sudditi delle Potenze alleate della Republica Francese, che vorranno seguire la Divisione d’Ancona, Essi, le loro Famiglie, ed effetti avranno la liberà più intera, né potranno essere ritardati, né impediti sotto qualunque pretesto.

Risposta.

L’Autorità Militare proteggerà l’esecuzione del presente Articolo, uniformandosi alla risposta fatta nel precedente Articolo.

ARTICOLO X.

Le Vendite, e Cessioni dei Beni, fondi situati in Ancona, e suo Territorio, come anche nei Dipartimenti Musone, Tronto, e Metauro sì autorizzate dal Consolato Romano, che dalla Repubblica Francese saranno mantenute inviolabili

Risposta:

Il Sig. Generale FRELICH non puoi decidere, e lascia l’assoluzione di questo articolo ai Gabinetti.

ARTICOLO XI

Li Cittadini Francesi, e loro alleati potranno alienare, o fare trasportare come a loro più piacerà per terra o per mare a loro spese gli effetti, e mercanzie da loro acquistate sino a quest’oggi.

Risposta:

Accordato; se gli Effetti, e Mercanzie non provengono dai Bastimenti, e Carichi presi dai Corsari sopra i Sudditi di S.M. Imperiale, e che non sarebbero stati giudicati di buona preda.

ARTICOLO XII

Sarà permesso alle persone comprese negli Articoli 8. 9.10. 11. di disporre delle loro Proprietà fondarie, e mobiliarie di venderle, o alienare, o percepirne l’entrate, come a loro piacerà: potranno egualmente in caso di vendita, o alienazione trasportarne esse medesime l’amontante, o inviarlo a loro piacimento nei luoghi, ch’essi desidereranno in Oro, Argento, Viglietti a ordine, o Cambiali.

Le suddette Persone potranno in conseguenza nell’intervallo dei sei mesi a contare dal giorno della sottoscrizione della Capitolazione continuare esse medesime la vendita dei loro Beni, e l’esigenza dei loro Crediti con tutta quiete, se esse non amano meglio abbandonare il Paese colla Divisione d’Ancona, e lasciare i Procuratori generali, e speciali, i quali godranno della protezione, di cui avrebbero goduto restando in Ancona.

Risposta:

ACCORDATO, se i Beni, di cui si tratta non erano di pertinenza dell’Antico Governo, delle Comunità Religiose soppresse; o dei Particolari Emigrati.

ARTICOLO XIII.

I Consoli di Spagna, e di Genova avranno la facoltà di restare in Ancona per lo spazio di sei mesi per terminarci i loro interessi con tutta garanzia delle loro Persone, Famiglie, Proprietà, e Carte Personali, o risguardanti le loro Amministrazioni, se meglio non amano ritirarsi colla Divisione d’Ancona, ed in tal caso saranno trattati come il Console della Rep. Francese.

Risposta:

I detti Consoli saranno rispettati, e protetti.

ARTICOLO XIV.

Se vi fosse qualche Articolo nella presente Capitolazione soggetto o qualche oscurità sarà interpretato secondo I’equità a favore della Divisione d’Ancona.

ARTICOLI ADDIZIONALI.

  1. La Cassa del Pagatore della Divisione, i Viveri, ed effetti dei magazzeni della Rep. Francese saranno rimessi appresso ricevuta nelle mani dell’Assediarne, segnata che sarà la Capitolazione.
  2. L’artiglieria dei Forti, del Porto, della Piazza, ed oggetti annessi, le Piante, e Carte relative alle Fortificazioni, ed all’interesse militare del Paese, saranno rimesse ai Commissarj , che saranno destinati per riceverli, dopo averne fatto Inventario, e rilasciata Ricevuta.
  3. Li disertori dell’una, e l’altra parte saranno restituiti.

Risposta:

CONVENUTO per li Disertori Austriaci solamente

  1. Per la garanzia, ed esecuzione di tutti gli Articoli della Capitolazione saranno dati degli ostaggi, ed il Sig. Barone di FRELIC Tenente Generale Commandante le Truppe Assedianti Ancona si rende responsabile della sicurezza della

Divisione dal momento dell’occupazione dei Posti sino al suo destino, come anche dei danni che potrebbero esser fatti a quelli, che la compongono.

  1. Segnati che saranno gli Articoli della Capitolazione, i Picchetti delle Truppe di S. M. Imperatore, e Re occuperanno le Porte di Francia, e Farina in numero eguale, e congiuntamente ai Francesi.
  2. Ventiquattro ore dopo la sottoscrizione dei ridetti Articoli le Truppe della Divisione d’Ancona evacueranno i Forti, e la Piazza in una sola Colonna con tutti gli onori della Guerra ottenuti nell’Articolo primo: si renderanno il medesimo giorno a Sinigaglia con le loro armi, che deporranno, eccettuati li Militari, ed Impiegati, che devono conservarle.

Risposta:

Convenuto, ma la Truppa Prigioniera deporrà le sue Armi a Fiumesino.

Fatto, convenuto, e decretato in Ancona li 23. Brumale an. 8, della Republica Francese una ed indivisibile.

Il Generale di Brigata Comandante la Divisione d’Ancona MONNIER

Sottoscritto Piè della Croce 13 Novembre 1799.

FRELIH Tenente Generale

DOCUMENTI RELATIVI ALLE INSORGENZE NEL PICENO NELL’ANNO 1799

a cura di Carlo Tomassini

Documento n. 1

Lettere di Pio VI e Giuseppe II d’Asburgo – 3 e 19 agosto 1782

= PIO VI. Prevalendoci di quella amichevole libertà che piacque alla M.V. gentilmente esibirci, cioè che quando avessimo inteso che fosse per farsi da V.M. alcuna mossa, che avessimo creduta discorde dalle buone regole e pregiudizievole alla Religione, ne avessimo scritto confidenzialmente in dirittura alla M.V. Quindi è che essendoci pervenuto all’orecchio che V.M. vada pensando di togliere tutti i fondi alle Chiese ed agli ecclesiastici della sua monarchia, e ridurli semplici pensionarj, non possiamo dispensarci di pone in vista che se si effettuasse un tal pensiero, ridonderebbe alla Chiesa una lacrimevole lesione ed ai buoni uno scandalo irreparabile. Non è di nostra ispezione entrare nel politico e nell’economico de’ suoi Stati – benché in questa parte non cediamo a qualche Affezionato suo per ogni di lei giusto vantaggio — tuttavia non dobbiamo prescindere dai riflessi di deperizione delle rendite ecclesiastiche che coll’amministrazione da farsi dai secolari dei fondi non propri, dell’infrazione dei patti stabiliti fra’ suoi antecessori e diverse province, della ferita apportata alla Costituzione degli Stati, della violazione delle disposizioni dei pii fondatori, delle conseguenti pretensioni, che susciterebbero i loro eredi di rivendicare gli stessi beni: tutto ciò lo lasceremo da parte, come oggetti alieni dal nostro ministero, e che non sfuggiranno dalla penetrazione di V.M. Parleremo soltanto di ciò che non possiamo omettere per debito di coscienza, e le diciamo che il privare le chiese e gli ecclesiastici del possesso dei loro fondi temporali è in dottrina cattolica un errore manifesto, condannato dai Concili, esecrato da’ santi Padri e qualificato dai più rispettabili scrittori per dottrina velenosa, per dogma scellerato. Ed infatti per sostenere una tal massima a pro del sovrano, convien ricorrere ai falsi insegnamenti dei Valdesi, dei Vecleisti e degli Ussiti e di quanti altri pur sono andati d’accordo con loro, e specialmente dei liberali infetti del tempo. Non dobbiamo qui annoiare con una tessitura di citazioni nelle quali si legge che quelli che mettono mano ai beni della Chiesa per loro profitto, Rei sunt damnationis Ananie et Saphire et oportet eiusmodi tradere satane ut spiritus salvus sit in die Domini. Solo ci ristringeremo a riscrivere quanto nel XII secolo avvertì Giovanni patriarca d’Antiochia, che quantunque scismatico, non poté soffrire l’abuso del Principe che voleva, come utile, disporre a favore de’ suoi Stati dei fondi delle Chiese, così scrivendo: “Essendo tu uomo corruttibile, mortale e di corta vita, osi di dare ad un altro uomo quello che non hai? E se dici di donare quello che hai, e pensi che siano tue le cose di Dio, fai Iddio te stesso. Qual uomo dotato di senno chiamerà ciò provvidenza ed utilità e non piuttosto trasgressione, disubbidienza estrema e perniciosissima iniquità? Come può essere e dirsi cristiano chi profana le cose, siano qualsivogliano, (de)dicate e consacrate al nostro Iddio e celeste re Cristo?” Sappiamo che i contraddittori, male interpretando ed abusando di alcuni testi delle sacre Lettere, credono di ben stabilire in questa parte i loro errori, ma noi senza venire ad un esame di tali maligne applicazioni, domandiamo a V.M. se in dicendo gli stessi autori, che in forza di altri testi delle sacre Scritture non si può ammettere nel mondo sovranità, crederebbe la M. V. che tali testi scritturali fossero chiari e convincenti per l’assunto onde doversi spogliare della sua sovranità per salvar l’anima? Noi crediamo anzi chi penserebbe il contrario, ed in così pensando, penserebbe come pensiamo anche noi. E lo stesso dee dirsi dell’altro, in cui li nemici seguenti della Chiesa, gli eretici, li cattolici di apparenza, i falsi maestri, e gli adulatori dei Principi, attribuiscono ai medesimi in base dei passi della Scrittura, il diritto di togliere alla Chiesa e ai suoi ministri la proprietà ed il possesso de’ loro beni. Dovrebbero pur sapere costoro che i Leviti d’Israello possedevano vaste campagne ed intere città e che come fondi santificati erano inalienabili ed in pertinenza del Sacerdozio. E perché dunque non conciliare il libro del Levitico, dei Numeri, dei Re con le altre espressioni che a chi non sa sembrano fra di loro contraddittorie e far lo stesso con i testi del Vangelo e con gli Atti degli Apostoli, come hanno fatto i santi Padri per tacciare, con manifeste eresie, di contraddizioni i sacri Libri dettati dalla stessa divina Sapienza? Facciamo uso di questi riflessi non perché possiamo mai persuaderci che V. M. abbia cuore di non rendere di peggiore condizione le Chiese, di qu(anto) sono le famiglie particolari, e di seguitare l’esempio di soli Principi Protestanti e segregati dalla nostra Comunione, ma affinché la M.V. senta in poche righe ciò che gli dee aver detto alcuno degli odierni pensatori. Non dissimuliamo che purtroppo alcuni fra i molti ecclesiastici faranno di tali beni un uso mai retto: ma che da ciò? Forse questa sarà ragione per farne uno spoglio ed una appropriazione chiamata sacrilega e farla generale a danno della Chiesa, dei successori e di quelli che l’impiegano secondo i dettami delle sacre Ordinazioni? Nei colloqui avuti con V. M. non entrammo in questa materia, che a termini di particolare temporaneo sequestro, e non ci siamo dimenticati di aver dette delle ragioni per le quali ci parve la M.V. persuasa a doversene astenere. Ma se ci avesse proposto il dubbio di una illimitata privazione per passare i beni delle Chiese all’amministrazione de’ secolari, le avre(mm)o aggiunto ragioni molto più rinforzate con le quali l’avre(mm)o convinta deporne il pensiero.

Quello che la mancanza di apertura non ci diede adito allora di fare colla viva voce, l’abbiamo fatto in ristretto colla presente, la quale, se non avesse eguale efficacia, farebbe conoscere a tutto il mondo cattolico che V.M. non ha fatto alcun conto dei nostri suggerimenti o che presto se n’è dimenticata: giacché in questa sola novità si conviene il rovesciamento di quelle massime cattoliche che ci permise di rilevare. Preghiamo di cuore il Signore che faccia sempre risplendere nell’effettivo Governo della M.V. quelle proteste del suo attaccamento alla purità della Religione in modo che mai restino deluse da fatti contrari. Fin qui ci siamo prevalsi di altra mano più corrente e più facile a leggersi della nostra, per affatigar e tanto di meno la vista di V.M. Con questa rispettosa dichiarazione passiamo ad abbracciarla con pienezza di affetto e col darle la Patema Apostolica Benedizione: Datum Romae apud s. Mariam Maiorem die 3 augusti 1782, pontificatus nostri anno VII. Pius pp. VI.

 

<RISPOSTA DELL’IMPERATORE>

= GIUSEPPE: Ho l’onore di rispondere a posta corrente alla lettera che là S.V. viene di scrivermi sul supposto che io voglia togliere tutti i fondi alle Chiese ed agli ecclesiastici e ridurli tutti ad essere semplici pensionarj. Le relazioni delle persone che mi procurarono già l’alto onore di vedere la S.V. alla mia residenza mi hanno anche senza dubbio procurata questa nuova testimonianza in scritto della sua amicizia e del suo zelo apostolico. Non posso dir altro, senza stendermi in lunghezze, se non che il supposto pervenuto alle sue orecchie, come la S.V. si esprime, è falso e senza andar cercando i testi tanto della Scrittura, che dei santi Padri, però sempre soggetti ad interpretazioni e spiegazioni, tengo una voce in me, che mi dice quello come Legislatore e Protettore della Religione mi convien di fare e di tralasciare. E questa voce coll’aiuto della divina grazia e col carattere onesto ed equo che mi sento, non può mai indurmi in errore. Se la S. V. vuole restar persuasa di questa verità, come lo spero, la prego anche di credermi con più filiale attaccamento e rispetto: 19 agosto 1782 Giuseppe.

-.

Documento n. 2

Sulla cessazione dello Stato Pontificio: P. Vincenzo Maria Strambi, anno 1798

(…) Se poi si domandasse sia espediente e vantaggioso che la Chiesa abbia dominio e Principato, vi si può rispondere che la cosa è assai dubbia e controversa anche presso le persone più savie e meglio affezionate alla stessa Chiesa. Imperocché se per una parte l’aver dominio è stato proprio perché dia alla Chiesa e ai suoi Ministri una maggior libertà nel promulgare la volontà dell’Altissimo e facilità maggiore nello stabilirne i mezzi per bene eseguirli. Per l’altra parte l’essere la Chiesa e i suoi Ministri privi di ricchezza e di dominio, pare che li mantenga più raccolti nel servizio di Dio, più distaccati dalle cose terrene, più umili in tutta la loro condotta, più affabili e più solleciti del bene del Prossimo, e cosi più amabili a Dio ed agli uomini.

Il certo si è che siccome l’uomo veramente savio si accomoda a tutte le disposizioni della provvidenza, e di quelle si prevale per adempire i disegni dell’Altissimo in bonum. Così quando una certa necessità, come la chiama S. Bernardo De Consideratione lib. 4, c. 3, faceva che si ritenesse dominio, e Principato, gli Ecclesiastici santi colla loro virtù tutto facevano servire all’accrescimento della gloria di Dio. Così mentre, non senza sovrana disposizione di Dio, la Chiesa resta priva di dominio, Dominus abstulit; gli Ecclesiastici che hanno veramente lo spirito del Signore e della sua Chiesa, non trascureranno di raccogliere da questa privazione tutti i preziosi vantaggi, che se ne possono ricavare.

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Documento n. 3

Omelia del Vescovo di Imola (futuro Pio VII), anno 1798

<Ecco le linee direttive dell’Omelia del Cardinale Chiaramonti: Libertà, fraternità, democrazia>.

«La libertà cara a Dio e agli uomini è una facoltà che fu donata all’uomo, è un dominio di poter fare e non fare, ma sempre sotto la legge divina ed umana. Non esercita ragionevolmente la sua libertà chi si oppone alla legge baldanzoso e ribelle;1 non esercita ragionevolmente la sua libertà chi contraddice a Dio e alla temporale sovranità, chi vuol seguire il piacere e lasciare l’onestà, chi s’attiene al vizio ed abbandona la virtù… La forma di governo democratico, adottata fra di noi, o dilettissimi fratelli, no, non è in opposizione colle massime fin qui esposte, né ripugna al Vangelo: esige anzi tutte quelle sublimi virtù che non s’imparano che colla scuola di Gesù Cristo, e le quali, se saranno da voi religiosamente praticate, formeranno la vostra felicità, la gloria e lo splendore della vostra repubblica » (…)

« Decidete quanto conferiscano i precetti del Vangelo, le tradizioni degli Apostoli e dei grandi filosofi Padri e Dottori cristiani a conservare la pace, a far risplendere la vera grandezza dello stato democratico, a fare di tanti uomini, dirò così, tanti eroi di umiltà, di prudenza nel governare, di carità nel fraternizzare fra loro stessi e con Gesù Cristo… Il luminoso oggetto della nostra democrazia dev’essere di stabilire la massima possibile unione di sentimenti, di cuori, di forze fisiche e. morali, onde ne derivi una soave fratellanza nella società (…) nella democrazia studiatevi di essere della massima possibile virtù e sarete i veri democratici: studiate ed eseguite il Vangelo e sarete la gioia della repubblica…

La religione cattolica sia l’oggetto più prezioso del vostro cuore, della vostra divozione e di ogni altro vostro sentimento. Non crediate che ella si opponga alla forma di governo democratico. In questo stato, vivendo uniti al vostro Divin Salvatore, potete concepire una giusta fiducia dell’eterna salute, potete operare la felicità temporale di voi stessi e dei vostri simili e procurare la gloria della repubblica e delle autorità costituite. Sì, miei cari fratelli, siate buoni cristiani e sarete ottimi democratici ».

 

Documento n. 4

Giuramento del Vescovo di Fano – 26 febbraio 1798

Voi ora siete Sovrano, o mio Popolo, e Dio, il grande Iddio vi ha dato questa sovranità. Io sono, o Popolo, il vostro Vescovo. E fu Dio che mi chiamò e per mezzo del suo Vicario mi ha assunto a carico così tremendo.

I regolatori voi siete di quelle vie che conducono l’uomo ad essere felice in terra, ed io sono il regolatore di quelle vie che conducono l’uomo ad essere felice in Cielo.

Io adoro nelle vostre mani le democratiche leggi, ma voi adorate ancor nelle mie, le leggi dell’Evangelo.

Oh sante leggi dell’Evangelo, qua, a me, oggi, che vi consegni al mio Popolo, onde egli che è Sovrano sia mai sempre democratico senza colpa, democratico con virtù. Oh, leggi democratiche, qua, a me, pure in quest’oggi. Voi avete, o Popolo, alle leggi dell’Evangelo quell’ossequio che è ben dovuto alle leggi dell’Evangelo di Gesù Cristo: morir piuttosto che violar questa legge.

Io debbo alle vostre leggi, ubbidienza e rispetto, e tal rispetto e ubbidienza che ognuno impari a rispettarle e ubbidire.

Ohimè! Se ardito io fossi di violarle, sarei colpevole di più delitti, sarei meritevole di molte pene. Ma o quali atroci pene voi pure avreste non solo in terra, ma anche all’inferno, se violate un sol precetto dell’Evangelo, se vi scostaste dagli esempi del Crocifisso:

Io no, che esser non voglio reo di in ubbidienza alle vostre leggi, ma voi nemmeno esser lo dovete a quelle che già vi imposi a nome del vostro Dio.

Deh, rammentate, o Popolo, in vostro cuore, rammentate quei giuramenti che faceste là nel Battistero, ché io, anch’io con giuramento m’obbligo al mio dovere.

GIURO, ecco, o Dio le mie parole, ecco la mia promessa, giuro fedeltà al democratico attual governo, giuro obbedienza alle sue leggi, ma ad un tempo a voi giuro fedeltà e ubbidienza, o mio Dio, fedeltà ed ubbidienza adorabili Comandamenti e alla vostra Chiesa

Oh, sacerdoti, o ministri del Divin Culto, giuro anche per voi, e Dio riceva in religioso olocausto i nostri inviolabili giuramenti.

Sebbene, ah, perché, o mio popolo, anzi miei figli, mia corona e mio gaudio, perché non posso giurare anche per voi. Voi sì che potete adesso formarvi i vostri rappresentanti, le vostre leggi, ma poi, formati gli uni, formate le altre, dovete anche voi rispettare entrambe, e ubbidire con fedeltà. E’ Dio che così vuole, quel sapientissimo Dio, che arbitro e regolatore delle sorti del mondo, le dispone e modera a suo talento.

Voi qui vedete tra i vostri concittadini, quegli che rappresentano la vostra sovranità.

Essi rispetteranno sempre la Religione, terranno da voi lontani i fulmini di Gesù Cristo, onoreranno l’infallibile successore di Pietro e la sua fede, saranno scudo e difesa al cattolico Culto, al sacro tempio, ai suoi ministri, ma tutti insieme custodi ed esecutori delle vostre leggi, ne esigeranno veglianti e solleciti l’adempimento.

Fra questa loro rappresentanza, non è ella tale che al dir di Paolo, vi obbliga ad adorare in esso gli altri decreti, e le disposizioni del vostro Dio, con spirito d’ubbidienza? Eh, sì pur dunque ubbidienza, anche per voi o mio popolo, fedeltà e ubbidienza all’attuai vostro Governo e agli attuai vostri rappresentanti. Ma avvertite questo spirito di fedeltà, questo spirito d’ubbidienza ove più vigoroso lo trovate, se non tra gli augusti veli di Religione?

Adempiansi queste leggi che io vostro Pastore vi addito nell’Evangelo e sarete Sovrani ad un tempo e sudditi integerrimi e virtuosi.

Oh, beato quel Popolo ove nelle massime e nei costumi, trionfa il Vangelo, perché trionfano insieme con lui, la pace il buon ordine, la giustizia!

Beato quel popolo ov’è la Repubblica protetta dal Crocifisso, e il Crocifisso difeso dalla Repubblica, mentre con sì mirabile unione, resta assicurato il doppio bene all’uomo in ordine alla terra e al Cielo.

Cari miei figli, mentre io su questo Altare, consapevole dei miei voti e delle antiche mie lagrime, Altare che mi mostra le sacre ceneri del mio Vescovo Fortunato, Altare che mi ricorda i favori e i voti dell’Ammirabile Madre Maria, mentre io deposito i miei già formulati giuramenti, voi venerateli con Religione. Son giuramenti del vostro Vescovo. Ma ad un tempo accoppiate ad essi le vostre risoluzioni, fervide risoluzioni d’osservare la santa legge di Dio, d’amarvi in Dio, d’essere cittadini nelle vostre intraprese, diretti sempre alle intenzioni di Dio

Oh, Dio, piovete amoroso Sole dal Cielo, che infiammi di carità, illumini le nostre menti, ecciti in cuore, generosi affetti di religione e di Fede.

Rendete santo il Pastore, rendete sante la Greggi onde tutti possiamo un giorno cantarvene, nell’eterna Gerusalemme, inno più giulivo e festoso, del festoso inno giulivo, che ora sciogliamo qui ai piedi del vostro Altare.

Nota: questo foglio, probabilmente portato da don Valeriano Orazi segretario del vescovo di Fano e canonico a Santa Vittoria, ov’è rilegato nel registro n° VI “Iura”, carte 359-360.

 

Documento n. 5

Proclama di Fernando re di Napoli – 14 novembre 1798 (ortografico)

= FERDINANDO IV per la grazia di Dio re delle Sicilie e di Gerusalemme, infante di Spagna, duca di Parma, Piacenza, gran Principe ereditario delle Toscane etc.

Quantunque fin dal principio delle rivoluzioni politiche, che da qualche tempo hanno turbato la tranquillità in varie parti del mondo, avessimo noi procurato di provvedere alla costante sicurezza dei nostri reali Stati e Domini col tenerle lontane le perniciose massime e i seduttori, riordinare ed accrescere le nostre forze armate, stringere con più forti nodi le alleanze con le potenze amiche, stipulare trattato di Pace con la Repubblica Francese, ed esaudire ogni altro mezzo di operazioni pacifiche: pure nondimeno ci siamo trovati nella dura circostanza di vedere in pericolo la quiete ed indennità dei nostri Stati per motivo dell’inaspettata mutazione di Governo del limitrofo Stato Romano, accompagnata dalla sovversione di ogni sano stabilimento, dal danno della santa religione cattolica e da civili discordie e luttuose scene di massacri e depredazioni. Questi avvenimenti, l’imprevista occupazione dell’Isola di Malta di nostra regia pertinenza e le continue minacce di prossima invasione nei nostri Domini, confermate da apparecchi guerrieri e da movimenti di truppe alla volta di questo Regno di Napoli, ci hanno indotto a prendere altri più efficaci provvedimenti, onde allontanare dai nostri Domini qualunque danno e pericolo. Abbiamo pertanto determinato di fare avanzare il nostro reale esercito dentro lo Stato Romano fin dove l’urgenza lo richiederà, con la ferma volontà di ravvivarvi la cattolica religione, farvi cessare l’anarchia, le stragi e le depredazioni, ricondurvi la Pace, e porlo sotto il regolare Governo del suo legittimo Sovrano. Dichiariamo ai nostri amatissimi sudditi, agli abitanti dello Stato Romano, ed agli altri popoli dell’intera Italia che (lungi dal muovere guerra contro alcuna Potenza) il solo desiderio di provvedere alla loro sicurezza e di rendere il dovuto onore alla religione ci ha mosso a questa intrapresa nella quale Noi col soccorso del sommo Dio, secondati dai validi aiuti dei nostri grandi alleati e dall’opera delle Nazioni Italiane, speriamo avere felicissimi eventi. Noi stessi alla testa dei prodi soldati del nostro invitto esercito, dirigeremo le loro operazioni militari e ci impegneremo di fare uso delle loro forze nei soli casi di resistenza e di aggressione, mentre in ogni altro rivolgeremo le nostre cure soltanto agli indicati sacri oggetti della Religione e del riordinamento del Governo dello Stato Romano. Con tale prevenzione adunque esortiamo gli abitanti tutti del detto Stato Romano di deporre le armi nel momento dell’ingresso del nostro esercito nel loro territorio; di conformare a quelle disposizioni che saremo per dare in favore di essi e della salvezza comune, di facilitare con i possibili mezzi e aiuti la nostra giustissima intrapresa, e di essere sicuri che Noi, facendo uso della nostra naturale giustizia e clemenza, non solo proteggeremo e ricompenseremo i buoni e virtuosi, ma ancora raccoglieremo con paterno affetto i traviati che, pentiti dei propri errori, volontariamente ritorneranno nel diritto sentiero e si sottoporranno al nostro comando.

Inculchiamo pertanto a tutti di abbandonare ogni idea di vendetta per il danno che per la passata rivoluzione gli uni avessero agli altri arrecati e di astenersi da qualunque sorta di eccesso di rappresaglia, sotto pena della nostra reale indignazione, di essere trattati i contravventori come nemici della pubblica sicurezza.

Esortiamo parimenti i Generali e Comandanti di qualunque esercito estero di far subito ritirare tutte le loro truppe fuori dal territorio romano, senza prendere ulteriormente parte nelle avventure di quello Stato la cui sorte per ragione di vicinanza e per altri legittimi motivi interessa principalmente la nostra Regia Podestà. Infine manifestiamo che dal punto in cui il nostro esercito sarà entrato nel territorio Romano, vi sarà libera comunicazione tra le sue popolazioni e quelle del Regno, del quale per provvedere alla sussistenza delle Reali truppe ed al bisogno degli abitanti dello Stato Romano, faremo nel medesimo trasportare i generi necessari di viveri ed altre occorrenze.

Dal Quartiere Generale di S. Germano 14 novembre dell’anno 1798. Ferdinando

  1. Acton

(Nel registro VI “Iura” dell’archivio capitolare Santa Vittoria in Matenano, cc.362s. Nota: la guerra del re di Napoli contro la Repubblica Romana, risulta dichiarata il 23 novembre 1798 nel “Distinto ragguaglio della totale disfatta riportata sul formidabile esercito napoletano dalle invitte falangi della Grande Nazione” stampa dell’epoca.)

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Documento n. 6

Ascoli 5 febbraio 1799: sottomissione pacifica

= LIBERTA’   REPUBBLICA ROMANA   EGUAGLIANZA

LA MUNICIPALITÀ’ D’ASCOLI

Alle Popolazioni vicine, Perdono, e Pace per le Communi Armate del Tronto. Dopo varie trattative in iscritto, e a voce colla mediazione nostra, e per mezzo de’ virtuosi Ecclesiastici, Secolari, e Regolati, spediti in tutte le Comuni, il General Francese dimostrando la sua brama di fare cessare i disordini, e risparmiare le conseguenze funeste di una spedizione di Truppe sulle nostre Campagne, trovò il Comandante, e Capitani delle Popolazioni armate, nelle medesime disposizioni di procurare il maggior bene; Quindi in risposta ad un foglio dei prelodati Capitani de’ 4 Febraro furono sottoscritti i seguenti Articoli fissati dal prode, ed umanissimo Generale.

Ascoli 5 Febbraro 1799 V.S. 17 Piovoso, Anno 7. della Repubblica Francese.

Il Generale Francese vede con piacere, che i Montagnoli Insorgenti vogliono acconsentire alla Pace.

Le Truppe Francesi non possono farne, che di onorevole, e di giusto: in conseguenza il Generale Francese animato dal desiderio della Pace, non può donarla, che alla Condizione di già descritta cioè:

  1. Perdono generale per tutte le Communi.
  2. Tutte le Communi daranno un Ostaggio della loro sincerità alla Pace.
  3. Questi Ostaggi saranno sotto la risponsabilità di un’abitante di Ascoli.
  4. Niuno sarà ricercato nella sua passata condotta.
  5. Non sarà levata alcuna requisizione alle circostanze insorte.
  6. Nel Caso, in cui non possa trovarsi un Ostaggio ne’ Villaggi, il Generale Francese accetterà un Abitante, o Prete di Ascoli, che rappresenterà questo Villaggio. (…) Firme di 22 Comandanti (omesse)

 

ARTICOLO ADDIZIONALE

Se non si sono posti gli Articoli relativi al servizio della Religione, alle Campane, e alle Prediche, è perché questi Articoli non possono incontrare alcuna difficoltà poiché già sono accordati dal Capo medesimo delle Truppe, il quale da vari giorni ha dato l’ordine di far suonare le Campane, ed hà protette tutte le Chiese, e promesso il libero esercizio del culto; poiché in fine la facoltà la più intiera sopra questo punto è già accordata da un Proclama del Generai Dahesmer. Per scanzo di ogni equivoco, il Generale Francese conferma le disposizioni a questo riguardo.   Ascoli 17. Piovoso Anno 7. DARGOUBET

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Documento n. 7

PROCLAMA 26 maggio 1799 a Servigliano per l’insorgenza

Per FERDINANDO IV Re delle Due Sicilie e di Gerusalemme, ecc.

Il conte CLEMENTE NAVARRA

Brigadiere delle Truppe arrolate in massa, Napol. e Pontificie

«Ergete la fronte, Popoli generosi del Piceno. Eccovi il felice momento di ravvivare la nostra Santa Religione, di rimostrare il nostro attaccamento al Sovrano e di sottrarci da questa anarchia che sì barbaramente ci opprime. Correte tutti alle armi, e ricordatevi di quel ch’è scritto nelle Sagre Carte nel libro di Judith, cap. 15, v. 6: Omnis itaque regio omnisque Urbs electam Juventutem armatam misit post eos, et persecuti sunt eos in ore gladii quousque pervenirent ad extremitatem finium eorum.

Io vi chiamo a difendere la causa comune, fidate in Dio, nei grandi alleati, nel coraggio avito… Si agirà col massimo rigore delle leggi, perché ritorni il buon ordine, facendo noto a tutti con questo Editto, che in ciascun paese siano reintegrate le Magistrature, alle quali inculco di proibire affatto, che truppe di gente armata dal capriccio, col pretesto della buona causa, vadino scorrendo per le campagne e paesi, arrestando delle persone, e farsi lecito di saccheggiare, fucilare, ed incendiare. Chiunque ardirà ciò tentare sarà considerato come nemico dello Stato, e punito come tale. Ogni truppa armata dovrà dall’invitto mio generale de Donatis, o da me dipendere, né si riconosceranno altre truppe, che quelle da Noi disposte, ma gli abitanti tutti siano preparati a prendere le armi al suono delle campane a martello; ed accorrere al bisogno, se mai truppa nemica ardisse attaccarci, avvertendo, che quel paese, che tardasse ad accorrere, sarà dichiarato ribelle, e come nemico della patria militarmente castigato. Epperò voi tutti del clero, e specialmente voi, Pastori delle Anime, concorrete ad una impresa così gloriosa, e destate con vivezza le scintille della Pietà, e del languente costume, e fate risorgere fra le vostre contrade la purità della infallibile Nostra Religione, e tentare ogni mezzo coll’esempio, e colla voce, perché ritorni in noi quella pace, che finora ci è stata sì barbaramente rapita. Chiunque vorrà con Noi prendere le armi in questa sì nobile gara, si presenti a me, e agli Uffiziali maggiori per avere le necessarie istruzioni e per essere autorizzati colle patenti del Re delle Due Sicilie e più d’ogni altro io chiamo coloro che con eguale valore e fedeltà diedero prova allorché erano aggregati alle truppe Pontificie.

Dato dal Quartiere gen. di Servigliano, questo dì 26 maggio 1799. »

Documento n. 8

PROCLAMA: Ascoli 27 maggio 1799 per l’insorgenza

= FERDINANDO IV PER LA GRAZIA DI DIO RE DELLE DUE SICILIE DI GERUSALEMME ECC.

  1. DONATO ANTONIO DE DONATIS GENERALE IN CAPO DELL’ESERCITO IN MASSA PER LA SUA MAESTÀ’, CHE DIO LA GUARDI

«Popoli di Acquaviva aprite ormai gli occhi alla luce del giorno. Sentite la voce di uno, che ama il vostro vero bene. O Voi stringete le armi in favore delle nostre vittoriose truppe, ed allora troverete in Noi un amico sincero, ed affettuoso, che lungi dal prendere vendette delle vostre insolenze passate addosserà la valida protezione e di Voi, e delle sostanze vostre: o vi dichiarate nostri nemici, ed allora aspettatevi pure, che Noi con tutte le nostre forze affronteremo i vostri fuochi, vi piomberemo addosso, vi saccheggeremo usando ogni rigore militare. Pensate a Voi: decidete con prontezza e dentro due ore mandatene la risposta ».

Ascoli, 27 maggio 1799.

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Documento n. 9

Insorgenza: 26-29 Maggio 1799 a Castel Clementino

Dì 26 del corrente mese di Maggio: si manifestò a Castel Clementino il piano di una controrivoluzione da eseguirsi con l’aiuto e intesa degli Insorgenti Napoletani, alla cui testa si pose Clemente Navarra con la carica di Brigadiere a lui conferita da D. Donato De Donatis, generale in capo dell’Armata in massa Napoletana. Con l’intesa, come dicono, che la mattina seguente dovesse ivi giungere l’avanguardia di tale armata. La mattina del divisato giorno si cercò che i Parroci di detto luogo avessero predicato dall’altare di doversi tutti venire contro i francesi; ma i Parroci mostrarono ripugnanza di farlo, e il curato Burocchi per non esserci obbligato pensò di celebrare nella sua chiesa. Nonostante s’inalberò la Bandiera Napoletana, e si affissero editti con i quali s’invitava il popolo ad unirsi e si ordinava il ristabilimento delle antiche magistrature. La Terra di Santa Vittoria si accomodò per prima a seguire tale piano. Vi si atterrò l’Albero, si unirono delle persone, e alla testa uscì il noto Majeschi il quale si mostrò meno impegnato. Dietro tali incitamenti il giorno appresso 27 detto, la campana di Castel Clementino, che aveva cominciato a suonare a martello insieme col tamburo la sera innanzi seguitò a fare lo stesso

fin dalle otto della mattina e lo stesso si fece in Santa Vittoria, per adunare gente. Il dopopranzo di tale giorno si sentì simile furore e rimbombo di tamburo in M. S. Martino dove però non accorsero se non pochissimi contadini, che, sentito il motivo, amarono meglio di tornarsene alle loro faccende della campagna.

Ieri mattina 28 si intese lo stesso suono in Sant’Angelo <in Pontano> dove era stato dichiarato capitano Giuseppe Gentili. Per buona sorte di questo luogo, la commissione di fare lo stesso fu data all’Egamennoni insieme con la patente di capitano e i proclami da affiggersi, con ordine di eseguire tutto appena qui ritornato. Ma poiché la patente l’aveva presa per forza, come dice, non eseguì punto l’addossatagli commissione, cosicché questo luogo si preservò immune fra l’incendio che ardeva in ogni intorno, e siamo stati solo spauriti di quello che facevano gli altri, fino alle ore 14 circa del giorno di ieri, quando si intesero dalla parte di Castel Clementino delle scariche di moschettieri, che, ignorando noi cosa significassero, senza pensare alla zuffa che vi seguì col distaccamento della truppa francese e insorgenti, non sapevamo indovinare la causa. Se ne concepì però un sospetto, al vedere per mezzo del cannocchiale, che truppa di gente dalla parte di Falerone andava direttamente a quel luogo, e passava il fiume senza scalzarsi. L’eccidio seguito fu poi saputo da persone che, per curiosità di sapere, s’inoltrarono verso quella parte e più in dettaglio si raccontò iersera, e questa mattina. I morti insorgenti sono stati almeno venti. Tra questi il figlio del Navarra che fu incontrato dalla truppa vicino al molino di Falerone, mentre con 50 insorgenti circa, andava in Falerone, e il capitano benedetto Gualtieri fu ucciso poi in casa al tempo del saccheggio, che fu dei più feroci, con altri vari dei quali non so il nome, e fra questi la persona che stava a suonare le campane a martello, la quale fu sbalzata dalla torre. Secondo le relazioni che giungono, oltre allo spoglio generale fatto in tutte le case di quanto vi era – e vi era molto in alcune specialmente, che non si persuadevano di tale visita – vi è stato il massacro di tutto il mobilio che non si poteva trasportare. I cristalli e i vetri delle finestre furono rotti, i parati lacerati, i comò, i tavolini, le sedie, fatti in pezzi. Insomma si fece un macello e di carne e di roba, come ognuno può figurarsi e come si sentirà più dettagliatamente in appresso.

La sera innanzi <27> di questo tragico fatto si erano fatti arrestare e condurre in quel quartiere generale (così denominato quel luogo dal proclama) il Valeriani e il Venantini di Santa Vittoria; altri di là erano fuggiti, come avevano fatto parimenti altri da Falerone, il cui popolo, come quello di Montegiorgio, era stato il primo ad accorrere per arruolarsi.

Il Brigadiere Navarra si salvò con la fuga, e così si salvarono altri uniti con lui, che presero la fuga chi per una parte e chi per un’altra. La truppa poi che si aspettava dalla parte di Ascoli la mattina del 27 non era giunta e non giunse, perché a Mont’Alto trovò delle resistenze. Il Majeschi che aveva tanto brigato è restato morto anche lui. Raccontano che alle ore 4 del 26 partisse dal quartiere

generale e se tornasse a Santa Vittoria, cosicché non fu presente alla zuffa, ma inteso poi quanto successo, dicono che tornasse là per comprare delle robe prese nel saccheggio e che da quattro contadini fosse ammazzato avendogli trovato addosso molti “pezzi duri”.

Non mancò poi neppure qui una scenetta e fu che alle (ore) 19 circa di ieri 28 si presentò il capitano Giuseppe Gentili con sette altre persone del seguito, entrati per la porta del forno, i quali direttamente andarono alla porta del convento di San Francesco, andando dicendo per la strada Napoletani! Napoletani!

Appena smontato di cavallo il capitano suddetto, invece di entrare in convento, fece sul momento arrestare Giovanni Vecchi che passava in quel punto, e poi per la stessa strada, se ne ritornarono indietro senza far altro. Giunti avanti alla casa di lui, si fece incontro la moglie che si mise con le lacrime a scongiurarli di lasciarle il marito; ma il capitano diceva di condurlo al quartiere generale (che non so dove fosse) e gli altri di farlo a pezzi fuori della porta come Giacobino e supposto reo di aver <informato> i francesi perché venissero contro Castel Clementino. Il fatto è che lo condussero fino a San Rocco, ma poi, sopraggiunto il padre e don Santi Luccarini, li cominciarono a pregare di nuovo del rilascio; e sul giuramento che prestò don Santi che non fosse Giacobino, e che non aveva mai avuto alcun carreggio lo dimisero e se ne andarono per i fatti loro.

Ecco la storia genuina dell’accaduto nelle nostre vicinanze, e qui preghiamo Dio che le cose finiscano così. Ma temo di peggio. Pacifico Cornacchia di Santa Vittoria, arrestato dai contadini, fu condannato a Mont’Alto. Andreozzi restò ferito in faccia. Marinelli scampò la morte fuggendo in certi fossi. Majeschi rimase ucciso. Tutti questi andavano uniti a Castel Clementinoper ottenere dal comandante francese che non facesse andare la truppa a Santa Vittoria, dove si credeva <fosse> diretta dopo il sacco di Castel dementino.

(Autore anonimo probabilmente faleronese di un manoscritto n. 946 presso la biblioteca comunale di Macerata qui riferito in trascrizione corretta per l’ortografia)

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Documento n. 10

IL COMANDANTE GENERALE DELLA MONTAGNA GIUSEPPE CELLINI AI POPOLI DELLO STATO PONTIFICIO – INDIRIZZO –

Ascoltate, o Popoli amici, la voce di chi ama il vostro bene. Non è più tempo giacere in una colpevole inerzia, e sostenere più lungamente una fatale indifferenza. Tutti i vostri Fratelli limitrofi all’Abruzzo Ultra e Citra colle anni in mano già sono in Campo. Essi sull’esempio dei valorosi Sanniti, e da loro scortati, han combattuto e son vincitori. Entro le mura de’ loro Paesi più non spira liberamente l’aria impura, né alcun Francese, né verun perfido Giacobino. Sì l’uno, che l’altro si trova fra’ ceppi, o pallido fugge, e ramingo. Quanto audace si mostra questa infida genìa nel vederci avviliti, tanto vile or si dimostra vedendo il nostro coraggio, l’unione e i progressi delle nostre armi. Queste già spiegano su una ben larga estensione la sua energia. E’ stato un punto, un punto solo investir Norcia, Cascia, Visso, Serravalle, Ponte della Trava, Camerino, Ascoli, Mandola, Comunanza, 5. Vittoria, Montalto, Monte di Novo, Affida ecc. ecc. occuparli, e sollevarli. E’ brava la gente, che muove all’impresa, esperti i Duci che la guidano.

Or siam giunti al felice momento, in cui tutta la fiorente un dì, ed ora languida, e desolata Marca è per prendere l’Armi su cui dietro al divin soccorso, è riposta la propria, e l’altrui salvezza. Correte, o Popoli amici, correte ad unirvi con Noi. Non dubitate, la vittoria è nostra. Non vi è più da temere. I Mari, che bagnano la bella Italia, appena reggono a sostenere gl’immensi Legni Inglesi, Moscoviti, Lusitani, Ottomani. Poche di essi si sono presentati in Ancona, e pochi colpi di Cannoni han fatto sentire a quella bloccata città; e nondimeno han destato in essa la più spaventevole costernazione.

L’invitte Falangi Austro-Russe sono arrivate a Bologna. A Soffia è giunto il real Principe di Napoli con il Figlio del Gran Signore conducente un Esercito sorpendentissimo. Da altra parte vola a prestarci aiuto l’immortale Cardianal Ruffo. Noi ci troviamo con numerosa Leva in Massa, al cui fianco vedesi la intrepidezza, il coraggio, la vittoria. Fiancheggiati, protetti, alleati, assistiti da tante Forze, ditemi, vi può essere da temere? Non vi fate ingannare da certi spiriti deboli, o maliziosi Allarmi, Allarmi.

A ciò vi obligano i doveri della propria coscienza, l’amor della Patria, la fedeltà giurata al Sovrano, la Professione di nostra Santa Religione, la quale, sussistendo, per altro breve tempora Cabala Filosofica, Ateistica, Massonica, va ad annientarsi nei nostri Paesi; vi obbliga il bene delle vostre Famiglie, la tenera vostra Figliolanza, che riclama il Cristiano costume, e la sana educazione; vi obbligano il pericolante onore delle vostre Mogli, il pudore compromesso delle vostre Figlie, i beni già invasi, i diritti violati, le proprie persone colle minacce, e colle armi tante volte investite. Se all’aspetto di santi motivi, e di sì potenti aiuti voi non vi scotete, voi siete colpevoli. Tremate. Il colpo desolatore poco

sta a piombarvi sulle Persone, e sulle Sostanze. Odiosi a Dio, al Sovrano, al Popolo fedele, che aspettar mai non vi dovete di avverso? Deh! riunitevi con noi, e non soffrite alcun disastro.

Giacobini, rovesciatori del Trono, sacrileghi invasori de’ Beni Ecclesiastici, Profanatori de’ Luoghi Sacri, Distruttori dell’Ordine sociale, Increduli, Miscredenti, Depravatori del buon Costume, Soldati della Cabala Ateistica voi impallidite, e ponete le ali ai piedi. Ma, che giova? L’arco feritore è rivolto contro di voi. Molti de’ vostri pari o son caduti, o son fra le ritorte. Lo so, voi fuggite: ma dove alla fine miseri andrete? Ovunque strascinate l’indegna esistenza, seguiravvi il rimorso tormentatore: ovunque troverete nemici; ovunque l’odio, l’esecrazione vi accompagnerà. Giacobini ricredetevi. Ancora siamo in tempo. Abbracciate anche voi la difesa della Causa comune, e sarete salvi. Ma se per altro breve spazio vi restarete ostinati nel partito Filosofico, guai a voi; siete perduti. Tremate.

In Camerino dal Quartiere Generale 5, Giugno 1799 G. Cellini Comand. Gener. In Capite.

In Camerino 1799. Per Vincenzo Gori.

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Documento n. 11

Difesa repubblicana: Ascoli 4 giugno 1799

LIBERTA’           EGUAGLIANZA      REPUBBLICA FRANCESE

Dal Quartiere Generale d’Ascoli li 16 Pratile Anno VII della

Repubblica Francese una, ed indivisibile.

MONNIER Generale di brigata Comandante in Ancona, e ne’ tre Dipartimenti riuniti in istato d’Assedio

La Città d’Ascoli, divenuta il soggiorno de’ Briganti Abruzzesi, ha posto il Dipartimento nel rischio di perdersi. Gli Abitanti di questa Città ribelle avevano già presa la Coccarda rossa, e trasformate in autorità Monarchiche le autorità tutte della Repubblica. Essi han dirette le orde de’ Briganti co’ quali eransi unite, e quest’uomini infami, vantando il nome di Dio, del Re, e de’ Preti, han commesso i più detestabili eccessi sulle persone, e se ne hanno usurpato tutte le mobili proprietà, ovunque si son presentati. Le prime lor vittime sono state le Comuni di Offida, di Castorano, di Colli, dì Pagliare, di Monte Prandone, e nelle Campagne che se estendono fino a Montalto.

Non potendo sì fatti eccessi non eccitare la generale indignazione, debbon essi risvegliare tutta l’energia delle autorità Civili, e precisamente dalle Guardie

Civiche, per opporsi vigorosamente alle intraprese, che tentar potessero nuovamente gli enunciati Briganti.

Le Truppe Repubblicane si misero in moto: I Briganti sono stati battuti a S. Benedetto, a Ripatransone, in Acquaviva. Hanno fatta la lor ritirata in Ascoli, e là si erano fortificati. La Città La presa d’assalto dopo due ore di combattimento. Questo giorno è stato spettatore delle nostre complete vittorie, e gli scellerati sono stati puniti. Tutti coloro, che non hanno imitato il lor Generale nella fuga, sano caduti sotto i colpi Repubblicani.

Le Truppe, ch’io lascio nel vostro Dipartimento, occupano delle posizioni vantaggiose. Sarà però stabilita, sotto la sorveglianza dell’Amministrazione Dipartimentale, un Cordone sul Tronto composto della Guardia Civica. Una colonna mobile si metterà subito in azione per portarsi su tutti i punti minacciati, ed occupati dai Briganti suddetti.

Ogni Brigante arrestato sarà fucilato sull’istante. Le Comuni, che non si opporranno al loro ingresso, incorreranno nelle pene già significate nel Proclama del giorno 14 (2 giugno).

Signato MONNIER

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Documento n. 12

Ladroneggi degli insorti, luglio 1799, Ascoli

GIUSEPPE COSTANTINI ALIAS SCIABOLONE COMANDANTE LE TRUPPE IN MASSA PER SUA MAESTÀ’

FERDINANDO IV E POTENZE ALLEATE

Io sono informato dei continui ladroneggi che tuttodì si commettono sì in mobili che in bestiami a svantaggio di pacifici contadini. Sono esacerbato oltremodo per tali misfatti e ne prenderò le misure le più forti. Sotto pretesto di nuocere ai giacobini, si commettono l’empietà le più esacrande. Nessun individuo ha il diritto di ciò fare, ancorché il sapete, ma compete al solo sovrano. E’ questo un procedere che si oppone alla Religione Cattolica ed alle leggi di qualunque Governo. Il fulmine del castigo sta per piombare sopra a quelli che invece di desistere da un tal procedere non restituiranno sull’istante ciò che ànno rubato contro ogni diritto di natura e contro la legge di Dio. Io parto sì per unirmi al prode Generale La-Hoz e battere i Francesi; ma guai a quelli che prenderanno a scherzo questa mia risoluzione. Sarò inesorabile anche co’ miei più stretti di sangue.

Ordino però che subito si rimettino i massari ne’ rispettivi paesi i quali formeranno un processo a quelli ritengono o hanno preso bestiami.

Tutti gli abitanti de’ paesi e contadini si uniranno ad arrestare questi

perturbatori del buon ordine. In caso disperato e di resistenza, li autorizzo a far fuoco a tal razza di gente tanto perniciosa alla società.

Questo ordine stampato che sarà, voglio sia affisso in ogni paese e pubblicato nelle Chiese dai rispettivi curati.

Dal Quartier Generale di Lisciano 16 luglio 1799.

LUIGI ANELLI Segretario.

 

Documento n. 13

REGGENZA a Macerata, 20 agosto 1799

L’IMPERIALE – REGIA – PONTIFICIA REGGENZA DELLA MARCA DI FERMO E DI ANCONA

EDITTO

Per supplire alle immense spese, che seco porta il mantenimento di una Truppa attualmente impiegata alla difesa di una causa tanto nobile, e gloriosa, necessita ricorrere sull’istante a dei temperamenti quanto pronti, altrettanto capaci a produrre tutto ciò, che faccia d’uopo al servizio della medesima. Avrebbe voluto l’imperiale-Reggia-Pontificia Reggenza dispensarsi dall’addossare alle Popolazioni qualunque più piccolo peso, ma I’ urgenza dell’affare, e la santità della causa, che si è impresa a trattare, e che siam prossimi a sentire finalmente decisa, esiggono nuovi sforzi da tutti. Quindi è, che dopo le più mature riflessioni, e li scandagli più esatti, quello essendosi creduto il temperamento meno sensibile di ricorrere all’imposizione di un Testarico, regolato però, e diviso nel caso presentaneo in quattro diversi gradi, si è trovata nella circostanza di determinare, come appresso.

Primo = Tutti gl’individui delle Famiglie Nobili, o ascritte in primo grado in qualunque Città, o Terra, comprese in questa Classe le Comunità Religiose, dovranno subito sborsare in mano dei rispettivi Esattori pubblici a quest’effetto deputati uno scudo per cadauna Testa, con l’obbligo di pagare per ciscun Uomo o Donna di servigio paoli tre moneta di rame.

Secondo = Tutti gl’individui delle Famiglie del secondo ceto, o grado, del primo , e secondo de’ Castelli, e de’ Mercanti saranno tenuti per lo stesso titolo pagare bajocchi 40 per cadauno, t ame sopra.

Terzo = Tutti gl’individui delle Famiglie di qualunque altro grado, o ceto saranno obbligati pagare bajocchi dieci per ciascuno come sopra.

Quarto = Tutti li Coloni dovranno pagare bajocchi cinque per ogni testa come sopra.

Macerata dalla Reggenza 20 Agosto 1799.

(Omissis)

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Documento n. 14

<RICORDO DEI NAPOLETANI A PEDASO>

– 25 agosto 1799

È giunto finalmente in questo nostro castello di Pedaso la Real Truppa dell’Invitto Re delle due Sicilie, comandata dal prode Generale Don Donato de Donatis tanto da noi aspettato, e desiderato, ad oggetto di condursi sotto la Piazza di Ancona, dentro la quale i malvagi Francesi e i loro cinque Partitari sonosi riuniti fuggendo. Mercé un tal forte e valoroso soccorso speriamo ora vicino l’esterminio di quella perfida gente, che resiste ancora alle forze delle Potenze alleate, e speriamo altresì di vedere sollecitamente restituita l’intera tranquillità a queste nostre contrade. Intanto, siccome abbiamo ammirato la moderatezza di detta Real Truppa, che, per li vari provvedimenti dati dal riferito signor Generale, non ha recato la menoma molestia e niun danneggiamento agli interessi ed alle persone di questo castello nostra patria, così ne produciamo un completissimo Avviso al pubblico, onde tutti si esultino di giubilo e di contentezza.

Pedaso, 25 agosto 1799.

Li residenti

NICOLA BERNARDINI, Vie. for. e Dep. eccl.

PROTASIO TEODORI, Govern. locale,

BENEDETTO ROSSI, Segretario.

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Documento 15

ARMISTIZIO PACATO, 13 novembre 1799

LIBERTA’             EGUAGLIANZA           REPUBLICA FRANCESE

Ancona Assediata li 23 Brumale Anno 8vo della Republica

Tra il Generai di Brigata. MONNIER’ Comandante in Capo la Divisione di Ancona autorizzato, dal Consiglio di Guerra tenuto a questo effetto di trattare la Resa di Ancona.

Ed il Sig. Barone di FRELTCH Luogotenente Generale di Sua Maestà Imperatore, e Re, Comandante in Capo le Truppe che assediano Ancona.

La. presente Capitolazione è stata discussa, risoluta, decretata irrevocabilmente nel modo che siegue.

 

ARTICOLO PRELIMINARE

Il Generale Comandante la Divisione d’Ancona, e le Truppe sotto i suoi ordini considerando, che la Capitolazione ¡1 « Fano segnata li 8 Termidoro scorso tra le Truppe Repubblicane Francesi, ed il Sig. Comand. le Truppe Russo-Turche è  stata. Violata nella sua esecuzione per lo stesso Comandante.

Considerando, che la morte sarebbe preferibile al disonore di trattare con delle Autorità che non conoscono il Diritto delle genti.

Vista la situazione, in cui si trova la divisione d’Ancona, e vista la quarta, ed ultima intimazione di resa fatta dal Sig. Barone BRELICH, Luogotenente Generale al servizio di Sua Maestà Imperatore, e Re, Comandante, in capo le: Truppe assedianti Ancona.

Dichiara, che egli non vuole entrare in Negoziazioni, che colle Truppe, ed il detto Luogotenente Generale al servizio di S. M. Imperatore, e Re.

 

CAPITOLAZIONE – ARTICOLO I.

Le Truppe della Guarnigione di Ancona, e Forti annessi al giorno, ed ora, che saranno convenuti, sortiranno dalla Piazza con tutti gli onori della Guerra, cioè: Con Tamburo battente, Bandiere spiegate, Miccio acceso, avendo alla testa due pezzi di Cannone di Campagna coi loro Cassoni, più uno d’Infanteria per rendersi in Francia per la via di terra la più comoda; Soldati, Ufficiali, Generali, ed ogni Militare si di terra, che di mare il Console della Republica Francese, gl’ Impiegati, e agenti Civili, e Militari porteranno seco le loro Armi, Effetti, e Proprietà personali di qualunque genere.

Saranno riguardate come Truppe della Divisione di Ancona, e saranno trattate sotto tutti i rapporti come Truppe della Republica Francese i Cisalpini, Romani, ed altri Italiani formati in Legioni, Battaglioni, o Compagnie, che portano le armi nella detta Divisione.

ARTICOLO II

La Divisione sarà accompagnata, e protetta nella sua marcia sino ai Posti awanzati dell’Armata Francese in Italia da un determinato corpo di Truppe Imperiali Comandate da un Uffiziale dello Stato Maggiore.

ARTICOLO III

La Divisione, che si porterà in Francia per la via che essa giudicherà la più comoda,, marcierà a spese di S.M. Imperatore, e Re:

Ogni Militare, o impiegato riceverà la Razione di ogni genere, e l’alloggio competente al suo grado secondo le Leggi, e Regolamenti Francesi. La marcia non sarà, forzata, ma regolata militarmente dietro quella dell’Infanteria Francese. Il Genera MONIER Comandante la Divisione farà di concerto coll’Uffiziale di Stato Maggiore Austriaco la determinazione dell’alloggio, o accampamento, se sarà giudicato convenevole, come, pure delle ore di partenza, e luoghi di dimora.

Risposta: Le Truppe della Guarnigione di Ancona, e dei Forti annessi sortiranno nel giorno, ed ora convenuta dalla Piazza con tutti gli onori di Guerra richiesti per rendersi in Francia come Prigionieri di Guerra, e non serviranno contro S.M. Imperiale, e contro i suoi Alleati che dopo un perfetto Cambio.

La Truppa deporrà le Armi nel luogo che sarà fissato da un Articolo Addizionale; i soldati e sotto Uffiziali conserveranno le loro muciglie, il Generale Comandante la Divisione, il Console della Repubblica Francese, i Generali, Uffiziali di terra, o di mare, gli Impiegati Civili e Militari conserveranno le loro Armi, Cavalli secondo i loro Gradi, ed i loro Effetti Personali.

Il Generale FRELICH volendo dare una prova di stima alle Truppe della Guarnigione per la Difesa coraggiosa, e contro ogni aspettativa, che esse hanno fatto, accorda ai Sotto Uffiziali il diritto di portare le loro Sciabole per rendersi al loro destino.

E per dare alla Divisione tutta, non meno che al General MONNIER, che la comanda un attestato della considerazione particolare, e della stima di nazione a Nazione contraenti, gli concede una Guardia di onore composta di quindici Uomini a Cavallo montati, armati equipaggiati, e di trenta Carabinieri Armati.

ARTICOLO IV

Sarà accordato a spese di S. M. Imperatore, e Re il numero de’ Carri attaccati, necessarj al trasporto degli Effetti personali degli Uffiziali, Impiegati, Consigli d’Amministrazione, e dei Depositi dei Corpi della Divisione: Il numero dei detti Carri sarà, convenuto d’appresso lo stato dei bisogni, che fornirà il Commissario di Guerra Francese

Il Generale Com. la Divisione, il Console della. Republica Francese, i Generali di Brigata Lucotte, Pino, Palombini, il Capo dello Stato Maggiore della Divisione, i Comandanti del Genio, e dell’Artiglieria, il Pagatore della Divisione, i Commiissarj di Guena, e della Marina Francese, l’Agente del Commissario Civile sono autorizzati di condurre ognuno il. loro Carro coperto pel trasporto delle loro Carte di Amministrazione, come di. Contabilità, ed i loro Effetti personali qualunque.

Risposta: Accordato ma a condizione che sarà Consegnato, da chi ne avrà il dritto, al Sig. Generale Barón di FRELICH l’attestato, che le Balle degli Uffiziali e Furgoni coperti non contenghino effetti di proprietà pubblica.

ARTICOLO V

I Bastimenti da Guerra della Repub. Francese, e Corsari coi loro Uffiziali, Impiegati in Amministrazione, ed Equipaggi si renderanno in uno dei Porti della Republica nello stato che si. ritrovano al momento della sottoscrizione della Capitolazione, muniti di Passaporto, e sotto la garanzia di S. M. Imperiale.

I viveri saranno forniti a spese della detta Potenza a ragione del viaggio.

Risposta:

INAMMISSIBILE ma se le Corsare la LUPE e la VENDETTA uscite dal Porto, e potendosi ripresentarsi di nuovo, rientreranno dopo la Capitolazione, li Marinari, che ne compongono l’Equipaggio, avranno la medesima sorte, che le Truppe esistenti attualmente nella Piazza.

ARTICOLO VI

I Malati dello Spedale della Divisione che potranno essere trasportati, lo saranno a spese di S. M. Imperatore, e Re coi viveri, e medicamenti e Casse di Chirurgia, ed Uffiziali di Sanità sufficienti pel viaggio d’Ancona in Francia.

Gli Ammalati, che senza pericolo, non potranno essere trasportati, resteranno in Ancona; essi saranno protetti come un Deposito Sacro, e trattati come gli Ammalati di S. M. Imperiale.

La Divisione li confida alla lealtà ed umanità della Nazione Austriaca.

II  General MONNIER gli determinerà il numero degli Uffiziali di Sanità, ed Infermieri indispensabili sotto la sorveglianza d’un Uffiziale Militare Francese, e di un Commissario di Guerra.

Subitochè il detto Uffiziale, Commissario richiederanno il trasporto dei Convalescenti o per mare, o per terra, secondochè sarà più convenevole al loro stato, gli verrà religiosamente accordato.

ARTICOLO VII

I Prigionieri fatti tanto durante il corso dell’Assedio d’Ancona che nelle Spedizioni precedenti, e che sono in Ancona, o sopra i Bastimenti Russo-Turchi o nella Divisione occupata dal Sig. Generale FRELIGFI, saranno resi da una parte, e dall’altra immediatamente dopo la sottoscrizione della presente Capitolazione e parteciperanno delle disposizioni contenute ne’ suoi Articoli.

Risposta:

ACCORDATO, per li Prigionieri Francesi solamente, che si troveranno ancora nella Divisione del Sig. Generale FRELIC

ARTICOLO VIII.

Tutti gli Individui di qualunque Nazione, o Religione essi siano abitanti nella Città d’Ancona , o che vi si trovino, e segnatamente gli Ebrei non potranno essere inquietati, molestati, né ricercati direttamente, o indirettamente essi, e le loro famiglie sul sospetto, e per la manifestazione delle loro opinioni civili, politiche, e religiose, come per li fatti che sono risultati, pendente il cangiamento del Governo nel Territorio Romano.

Questa disposizione risguarda quei fra loro, che hanno preso le armi, o esercitato degli impieghi Civili, o Amministrativi durante quest’epoca, e che verrebbero molestati per le loro ingerenze.

Risposta:

Il Governo Austriaco farà rispettare il diritto delle Genti verso li Cittadini senza distinzione di opinioni, o Religioni, purché si sottomettino alle leggi.

ARTICOLO IX.

La Commissione Amministrativa d’Ancona, i Membri anteriori delI’Amministrazioni Centrali dei Dipartimenti del Tronto, Musone, e Metauro, dei loro Tribunali, e Municipalità, gl’impiegati in tutti questi corpi Politici, ed i Patriotti della Republica Romana, come pure li Cittadini., e Sudditi delle Potenze alleate della Republica Francese, che vorranno seguire la Divisione d’Ancona, Essi, le loro Famiglie, ed effetti avranno la liberà più intera, né potranno essere ritardati, né impediti sotto qualunque pretesto.

Risposta.

L’Autorità Militare proteggerà l’esecuzione del presente Articolo, uniformandosi alla risposta fatta nel precedente Articolo.

ARTICOLO X.

Le Vendite, e Cessioni dei Beni, fondi situati in Ancona, e suo Territorio, come anche nei Dipartimenti Musone, Tronto, e Metauro sì autorizzate dal Consolato Romano, che dalla Repubblica Francese saranno mantenute inviolabili

Risposta:

Il Sig. Generale FRELICH non puoi decidere, e lascia l’assoluzione di questo articolo ai Gabinetti.

ARTICOLO XI

Li Cittadini Francesi, e loro alleati potranno alienare, o fare trasportare come a loro più piacerà per terra o per mare a loro spese gli effetti, e mercanzie da loro acquistate sino a quest’oggi.

Risposta:

Accordato; se gli Effetti, e Mercanzie non provengono dai Bastimenti, e Carichi presi dai Corsari sopra i Sudditi di S.M. Imperiale, e che non sarebbero stati giudicati di buona preda.

ARTICOLO XII

Sarà permesso alle persone comprese negli Articoli 8. 9.10. 11. di disporre delle loro Proprietà fondarie, e mobiliarie di venderle, o alienare, o percepirne l’entrate, come a loro piacerà: potranno egualmente in caso di vendita, o alienazione trasportarne esse medesime l’amontante, o inviarlo a loro piacimento nei luoghi, ch’essi desidereranno in Oro, Argento, Viglietti a ordine, o Cambiali.

Le suddette Persone potranno in conseguenza nell’intervallo dei sei mesi a contare dal giorno della sottoscrizione della Capitolazione continuare esse medesime la vendita dei loro Beni, e l’esigenza dei loro Crediti con tutta quiete, se esse non amano meglio abbandonare il Paese colla Divisione d’Ancona, e lasciare i Procuratori generali, e speciali, i quali godranno della protezione, di cui avrebbero goduto restando in Ancona.

Risposta:

ACCORDATO, se i Beni, di cui si tratta non erano di pertinenza dell’Antico Governo, delle Comunità Religiose soppresse; o dei Particolari Emigrati.

ARTICOLO XIII.

I Consoli di Spagna, e di Genova avranno la facoltà di restare in Ancona per lo spazio di sei mesi per terminarci i loro interessi con tutta garanzia delle loro Persone, Famiglie, Proprietà, e Carte Personali, o risguardanti le loro Amministrazioni, se meglio non amano ritirarsi colla Divisione d’Ancona, ed in tal caso saranno trattati come il Console della Rep. Francese.

Risposta:

I detti Consoli saranno rispettati, e protetti.

ARTICOLO XIV.

Se vi fosse qualche Articolo nella presente Capitolazione soggetto o qualche oscurità sarà interpretato secondo I’equità a favore della Divisione d’Ancona.

ARTICOLI ADDIZIONALI.

  1. La Cassa del Pagatore della Divisione, i Viveri, ed effetti dei magazzeni della Rep. Francese saranno rimessi appresso ricevuta nelle mani dell’Assediarne, segnata che sarà la Capitolazione.
  2. L’artiglieria dei Forti, del Porto, della Piazza, ed oggetti annessi, le Piante, e Carte relative alle Fortificazioni, ed all’interesse militare del Paese, saranno rimesse ai Commissarj , che saranno destinati per riceverli, dopo averne fatto Inventario, e rilasciata Ricevuta.
  3. Li disertori dell’una, e l’altra parte saranno restituiti.

Risposta:

CONVENUTO per li Disertori Austriaci solamente

  1. Per la garanzia, ed esecuzione di tutti gli Articoli della Capitolazione saranno dati degli ostaggi, ed il Sig. Barone di FRELIC Tenente Generale Commandante le Truppe Assedianti Ancona si rende responsabile della sicurezza della

Divisione dal momento dell’occupazione dei Posti sino al suo destino, come anche dei danni che potrebbero esser fatti a quelli, che la compongono.

  1. Segnati che saranno gli Articoli della Capitolazione, i Picchetti delle Truppe di S. M. Imperatore, e Re occuperanno le Porte di Francia, e Farina in numero eguale, e congiuntamente ai Francesi.
  2. Ventiquattro ore dopo la sottoscrizione dei ridetti Articoli le Truppe della Divisione d’Ancona evacueranno i Forti, e la Piazza in una sola Colonna con tutti gli onori della Guerra ottenuti nell’Articolo primo: si renderanno il medesimo giorno a Sinigaglia con le loro armi, che deporranno, eccettuati li Militari, ed Impiegati, che devono conservarle.

Risposta:

Convenuto, ma la Truppa Prigioniera deporrà le sue Armi a Fiumesino.

Fatto, convenuto, e decretato in Ancona li 23. Brumale an. 8, della Republica Francese una ed indivisibile.

Il Generale di Brigata Comandante la Divisione d’Ancona MONNIER

Sottoscritto Piè della Croce 13 Novembre 1799.

FRELIH Tenente Generale

DOCUMENTI RELATIVI ALLE INSORGENZE NEL PICENO NELL’ANNO 1799

a cura di Carlo Tomassini

Documento n. 1

Lettere di Pio VI e Giuseppe II d’Asburgo – 3 e 19 agosto 1782

= PIO VI. Prevalendoci di quella amichevole libertà che piacque alla M.V. gentilmente esibirci, cioè che quando avessimo inteso che fosse per farsi da V.M. alcuna mossa, che avessimo creduta discorde dalle buone regole e pregiudizievole alla Religione, ne avessimo scritto confidenzialmente in dirittura alla M.V. Quindi è che essendoci pervenuto all’orecchio che V.M. vada pensando di togliere tutti i fondi alle Chiese ed agli ecclesiastici della sua monarchia, e ridurli semplici pensionarj, non possiamo dispensarci di pone in vista che se si effettuasse un tal pensiero, ridonderebbe alla Chiesa una lacrimevole lesione ed ai buoni uno scandalo irreparabile. Non è di nostra ispezione entrare nel politico e nell’economico de’ suoi Stati – benché in questa parte non cediamo a qualche Affezionato suo per ogni di lei giusto vantaggio — tuttavia non dobbiamo prescindere dai riflessi di deperizione delle rendite ecclesiastiche che coll’amministrazione da farsi dai secolari dei fondi non propri, dell’infrazione dei patti stabiliti fra’ suoi antecessori e diverse province, della ferita apportata alla Costituzione degli Stati, della violazione delle disposizioni dei pii fondatori, delle conseguenti pretensioni, che susciterebbero i loro eredi di rivendicare gli stessi beni: tutto ciò lo lasceremo da parte, come oggetti alieni dal nostro ministero, e che non sfuggiranno dalla penetrazione di V.M. Parleremo soltanto di ciò che non possiamo omettere per debito di coscienza, e le diciamo che il privare le chiese e gli ecclesiastici del possesso dei loro fondi temporali è in dottrina cattolica un errore manifesto, condannato dai Concili, esecrato da’ santi Padri e qualificato dai più rispettabili scrittori per dottrina velenosa, per dogma scellerato. Ed infatti per sostenere una tal massima a pro del sovrano, convien ricorrere ai falsi insegnamenti dei Valdesi, dei Vecleisti e degli Ussiti e di quanti altri pur sono andati d’accordo con loro, e specialmente dei liberali infetti del tempo. Non dobbiamo qui annoiare con una tessitura di citazioni nelle quali si legge che quelli che mettono mano ai beni della Chiesa per loro profitto, Rei sunt damnationis Ananie et Saphire et oportet eiusmodi tradere satane ut spiritus salvus sit in die Domini. Solo ci ristringeremo a riscrivere quanto nel XII secolo avvertì Giovanni patriarca d’Antiochia, che quantunque scismatico, non poté soffrire l’abuso del Principe che voleva, come utile, disporre a favore de’ suoi Stati dei fondi delle Chiese, così scrivendo: “Essendo tu uomo corruttibile, mortale e di corta vita, osi di dare ad un altro uomo quello che non hai? E se dici di donare quello che hai, e pensi che siano tue le cose di Dio, fai Iddio te stesso. Qual uomo dotato di senno chiamerà ciò provvidenza ed utilità e non piuttosto trasgressione, disubbidienza estrema e perniciosissima iniquità? Come può essere e dirsi cristiano chi profana le cose, siano qualsivogliano, (de)dicate e consacrate al nostro Iddio e celeste re Cristo?” Sappiamo che i contraddittori, male interpretando ed abusando di alcuni testi delle sacre Lettere, credono di ben stabilire in questa parte i loro errori, ma noi senza venire ad un esame di tali maligne applicazioni, domandiamo a V.M. se in dicendo gli stessi autori, che in forza di altri testi delle sacre Scritture non si può ammettere nel mondo sovranità, crederebbe la M. V. che tali testi scritturali fossero chiari e convincenti per l’assunto onde doversi spogliare della sua sovranità per salvar l’anima? Noi crediamo anzi chi penserebbe il contrario, ed in così pensando, penserebbe come pensiamo anche noi. E lo stesso dee dirsi dell’altro, in cui li nemici seguenti della Chiesa, gli eretici, li cattolici di apparenza, i falsi maestri, e gli adulatori dei Principi, attribuiscono ai medesimi in base dei passi della Scrittura, il diritto di togliere alla Chiesa e ai suoi ministri la proprietà ed il possesso de’ loro beni. Dovrebbero pur sapere costoro che i Leviti d’Israello possedevano vaste campagne ed intere città e che come fondi santificati erano inalienabili ed in pertinenza del Sacerdozio. E perché dunque non conciliare il libro del Levitico, dei Numeri, dei Re con le altre espressioni che a chi non sa sembrano fra di loro contraddittorie e far lo stesso con i testi del Vangelo e con gli Atti degli Apostoli, come hanno fatto i santi Padri per tacciare, con manifeste eresie, di contraddizioni i sacri Libri dettati dalla stessa divina Sapienza? Facciamo uso di questi riflessi non perché possiamo mai persuaderci che V. M. abbia cuore di non rendere di peggiore condizione le Chiese, di qu(anto) sono le famiglie particolari, e di seguitare l’esempio di soli Principi Protestanti e segregati dalla nostra Comunione, ma affinché la M.V. senta in poche righe ciò che gli dee aver detto alcuno degli odierni pensatori. Non dissimuliamo che purtroppo alcuni fra i molti ecclesiastici faranno di tali beni un uso mai retto: ma che da ciò? Forse questa sarà ragione per farne uno spoglio ed una appropriazione chiamata sacrilega e farla generale a danno della Chiesa, dei successori e di quelli che l’impiegano secondo i dettami delle sacre Ordinazioni? Nei colloqui avuti con V. M. non entrammo in questa materia, che a termini di particolare temporaneo sequestro, e non ci siamo dimenticati di aver dette delle ragioni per le quali ci parve la M.V. persuasa a doversene astenere. Ma se ci avesse proposto il dubbio di una illimitata privazione per passare i beni delle Chiese all’amministrazione de’ secolari, le avre(mm)o aggiunto ragioni molto più rinforzate con le quali l’avre(mm)o convinta deporne il pensiero.

Quello che la mancanza di apertura non ci diede adito allora di fare colla viva voce, l’abbiamo fatto in ristretto colla presente, la quale, se non avesse eguale efficacia, farebbe conoscere a tutto il mondo cattolico che V.M. non ha fatto alcun conto dei nostri suggerimenti o che presto se n’è dimenticata: giacché in questa sola novità si conviene il rovesciamento di quelle massime cattoliche che ci permise di rilevare. Preghiamo di cuore il Signore che faccia sempre risplendere nell’effettivo Governo della M.V. quelle proteste del suo attaccamento alla purità della Religione in modo che mai restino deluse da fatti contrari. Fin qui ci siamo prevalsi di altra mano più corrente e più facile a leggersi della nostra, per affatigar e tanto di meno la vista di V.M. Con questa rispettosa dichiarazione passiamo ad abbracciarla con pienezza di affetto e col darle la Patema Apostolica Benedizione: Datum Romae apud s. Mariam Maiorem die 3 augusti 1782, pontificatus nostri anno VII. Pius pp. VI.

 

<RISPOSTA DELL’IMPERATORE>

= GIUSEPPE: Ho l’onore di rispondere a posta corrente alla lettera che là S.V. viene di scrivermi sul supposto che io voglia togliere tutti i fondi alle Chiese ed agli ecclesiastici e ridurli tutti ad essere semplici pensionarj. Le relazioni delle persone che mi procurarono già l’alto onore di vedere la S.V. alla mia residenza mi hanno anche senza dubbio procurata questa nuova testimonianza in scritto della sua amicizia e del suo zelo apostolico. Non posso dir altro, senza stendermi in lunghezze, se non che il supposto pervenuto alle sue orecchie, come la S.V. si esprime, è falso e senza andar cercando i testi tanto della Scrittura, che dei santi Padri, però sempre soggetti ad interpretazioni e spiegazioni, tengo una voce in me, che mi dice quello come Legislatore e Protettore della Religione mi convien di fare e di tralasciare. E questa voce coll’aiuto della divina grazia e col carattere onesto ed equo che mi sento, non può mai indurmi in errore. Se la S. V. vuole restar persuasa di questa verità, come lo spero, la prego anche di credermi con più filiale attaccamento e rispetto: 19 agosto 1782 Giuseppe.

-.

Documento n. 2

Sulla cessazione dello Stato Pontificio: P. Vincenzo Maria Strambi, anno 1798

(…) Se poi si domandasse sia espediente e vantaggioso che la Chiesa abbia dominio e Principato, vi si può rispondere che la cosa è assai dubbia e controversa anche presso le persone più savie e meglio affezionate alla stessa Chiesa. Imperocché se per una parte l’aver dominio è stato proprio perché dia alla Chiesa e ai suoi Ministri una maggior libertà nel promulgare la volontà dell’Altissimo e facilità maggiore nello stabilirne i mezzi per bene eseguirli. Per l’altra parte l’essere la Chiesa e i suoi Ministri privi di ricchezza e di dominio, pare che li mantenga più raccolti nel servizio di Dio, più distaccati dalle cose terrene, più umili in tutta la loro condotta, più affabili e più solleciti del bene del Prossimo, e cosi più amabili a Dio ed agli uomini.

Il certo si è che siccome l’uomo veramente savio si accomoda a tutte le disposizioni della provvidenza, e di quelle si prevale per adempire i disegni dell’Altissimo in bonum. Così quando una certa necessità, come la chiama S. Bernardo De Consideratione lib. 4, c. 3, faceva che si ritenesse dominio, e Principato, gli Ecclesiastici santi colla loro virtù tutto facevano servire all’accrescimento della gloria di Dio. Così mentre, non senza sovrana disposizione di Dio, la Chiesa resta priva di dominio, Dominus abstulit; gli Ecclesiastici che hanno veramente lo spirito del Signore e della sua Chiesa, non trascureranno di raccogliere da questa privazione tutti i preziosi vantaggi, che se ne possono ricavare.

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Documento n. 3

Omelia del Vescovo di Imola (futuro Pio VII), anno 1798

<Ecco le linee direttive dell’Omelia del Cardinale Chiaramonti: Libertà, fraternità, democrazia>.

«La libertà cara a Dio e agli uomini è una facoltà che fu donata all’uomo, è un dominio di poter fare e non fare, ma sempre sotto la legge divina ed umana. Non esercita ragionevolmente la sua libertà chi si oppone alla legge baldanzoso e ribelle;1 non esercita ragionevolmente la sua libertà chi contraddice a Dio e alla temporale sovranità, chi vuol seguire il piacere e lasciare l’onestà, chi s’attiene al vizio ed abbandona la virtù… La forma di governo democratico, adottata fra di noi, o dilettissimi fratelli, no, non è in opposizione colle massime fin qui esposte, né ripugna al Vangelo: esige anzi tutte quelle sublimi virtù che non s’imparano che colla scuola di Gesù Cristo, e le quali, se saranno da voi religiosamente praticate, formeranno la vostra felicità, la gloria e lo splendore della vostra repubblica » (…)

« Decidete quanto conferiscano i precetti del Vangelo, le tradizioni degli Apostoli e dei grandi filosofi Padri e Dottori cristiani a conservare la pace, a far risplendere la vera grandezza dello stato democratico, a fare di tanti uomini, dirò così, tanti eroi di umiltà, di prudenza nel governare, di carità nel fraternizzare fra loro stessi e con Gesù Cristo… Il luminoso oggetto della nostra democrazia dev’essere di stabilire la massima possibile unione di sentimenti, di cuori, di forze fisiche e. morali, onde ne derivi una soave fratellanza nella società (…) nella democrazia studiatevi di essere della massima possibile virtù e sarete i veri democratici: studiate ed eseguite il Vangelo e sarete la gioia della repubblica…

La religione cattolica sia l’oggetto più prezioso del vostro cuore, della vostra divozione e di ogni altro vostro sentimento. Non crediate che ella si opponga alla forma di governo democratico. In questo stato, vivendo uniti al vostro Divin Salvatore, potete concepire una giusta fiducia dell’eterna salute, potete operare la felicità temporale di voi stessi e dei vostri simili e procurare la gloria della repubblica e delle autorità costituite. Sì, miei cari fratelli, siate buoni cristiani e sarete ottimi democratici ».

 

Documento n. 4

Giuramento del Vescovo di Fano – 26 febbraio 1798

Voi ora siete Sovrano, o mio Popolo, e Dio, il grande Iddio vi ha dato questa sovranità. Io sono, o Popolo, il vostro Vescovo. E fu Dio che mi chiamò e per mezzo del suo Vicario mi ha assunto a carico così tremendo.

I regolatori voi siete di quelle vie che conducono l’uomo ad essere felice in terra, ed io sono il regolatore di quelle vie che conducono l’uomo ad essere felice in Cielo.

Io adoro nelle vostre mani le democratiche leggi, ma voi adorate ancor nelle mie, le leggi dell’Evangelo.

Oh sante leggi dell’Evangelo, qua, a me, oggi, che vi consegni al mio Popolo, onde egli che è Sovrano sia mai sempre democratico senza colpa, democratico con virtù. Oh, leggi democratiche, qua, a me, pure in quest’oggi. Voi avete, o Popolo, alle leggi dell’Evangelo quell’ossequio che è ben dovuto alle leggi dell’Evangelo di Gesù Cristo: morir piuttosto che violar questa legge.

Io debbo alle vostre leggi, ubbidienza e rispetto, e tal rispetto e ubbidienza che ognuno impari a rispettarle e ubbidire.

Ohimè! Se ardito io fossi di violarle, sarei colpevole di più delitti, sarei meritevole di molte pene. Ma o quali atroci pene voi pure avreste non solo in terra, ma anche all’inferno, se violate un sol precetto dell’Evangelo, se vi scostaste dagli esempi del Crocifisso:

Io no, che esser non voglio reo di in ubbidienza alle vostre leggi, ma voi nemmeno esser lo dovete a quelle che già vi imposi a nome del vostro Dio.

Deh, rammentate, o Popolo, in vostro cuore, rammentate quei giuramenti che faceste là nel Battistero, ché io, anch’io con giuramento m’obbligo al mio dovere.

GIURO, ecco, o Dio le mie parole, ecco la mia promessa, giuro fedeltà al democratico attual governo, giuro obbedienza alle sue leggi, ma ad un tempo a voi giuro fedeltà e ubbidienza, o mio Dio, fedeltà ed ubbidienza adorabili Comandamenti e alla vostra Chiesa

Oh, sacerdoti, o ministri del Divin Culto, giuro anche per voi, e Dio riceva in religioso olocausto i nostri inviolabili giuramenti.

Sebbene, ah, perché, o mio popolo, anzi miei figli, mia corona e mio gaudio, perché non posso giurare anche per voi. Voi sì che potete adesso formarvi i vostri rappresentanti, le vostre leggi, ma poi, formati gli uni, formate le altre, dovete anche voi rispettare entrambe, e ubbidire con fedeltà. E’ Dio che così vuole, quel sapientissimo Dio, che arbitro e regolatore delle sorti del mondo, le dispone e modera a suo talento.

Voi qui vedete tra i vostri concittadini, quegli che rappresentano la vostra sovranità.

Essi rispetteranno sempre la Religione, terranno da voi lontani i fulmini di Gesù Cristo, onoreranno l’infallibile successore di Pietro e la sua fede, saranno scudo e difesa al cattolico Culto, al sacro tempio, ai suoi ministri, ma tutti insieme custodi ed esecutori delle vostre leggi, ne esigeranno veglianti e solleciti l’adempimento.

Fra questa loro rappresentanza, non è ella tale che al dir di Paolo, vi obbliga ad adorare in esso gli altri decreti, e le disposizioni del vostro Dio, con spirito d’ubbidienza? Eh, sì pur dunque ubbidienza, anche per voi o mio popolo, fedeltà e ubbidienza all’attuai vostro Governo e agli attuai vostri rappresentanti. Ma avvertite questo spirito di fedeltà, questo spirito d’ubbidienza ove più vigoroso lo trovate, se non tra gli augusti veli di Religione?

Adempiansi queste leggi che io vostro Pastore vi addito nell’Evangelo e sarete Sovrani ad un tempo e sudditi integerrimi e virtuosi.

Oh, beato quel Popolo ove nelle massime e nei costumi, trionfa il Vangelo, perché trionfano insieme con lui, la pace il buon ordine, la giustizia!

Beato quel popolo ov’è la Repubblica protetta dal Crocifisso, e il Crocifisso difeso dalla Repubblica, mentre con sì mirabile unione, resta assicurato il doppio bene all’uomo in ordine alla terra e al Cielo.

Cari miei figli, mentre io su questo Altare, consapevole dei miei voti e delle antiche mie lagrime, Altare che mi mostra le sacre ceneri del mio Vescovo Fortunato, Altare che mi ricorda i favori e i voti dell’Ammirabile Madre Maria, mentre io deposito i miei già formulati giuramenti, voi venerateli con Religione. Son giuramenti del vostro Vescovo. Ma ad un tempo accoppiate ad essi le vostre risoluzioni, fervide risoluzioni d’osservare la santa legge di Dio, d’amarvi in Dio, d’essere cittadini nelle vostre intraprese, diretti sempre alle intenzioni di Dio

Oh, Dio, piovete amoroso Sole dal Cielo, che infiammi di carità, illumini le nostre menti, ecciti in cuore, generosi affetti di religione e di Fede.

Rendete santo il Pastore, rendete sante la Greggi onde tutti possiamo un giorno cantarvene, nell’eterna Gerusalemme, inno più giulivo e festoso, del festoso inno giulivo, che ora sciogliamo qui ai piedi del vostro Altare.

Nota: questo foglio, probabilmente portato da don Valeriano Orazi segretario del vescovo di Fano e canonico a Santa Vittoria, ov’è rilegato nel registro n° VI “Iura”, carte 359-360.

 

Documento n. 5

Proclama di Fernando re di Napoli – 14 novembre 1798 (ortografico)

= FERDINANDO IV per la grazia di Dio re delle Sicilie e di Gerusalemme, infante di Spagna, duca di Parma, Piacenza, gran Principe ereditario delle Toscane etc.

Quantunque fin dal principio delle rivoluzioni politiche, che da qualche tempo hanno turbato la tranquillità in varie parti del mondo, avessimo noi procurato di provvedere alla costante sicurezza dei nostri reali Stati e Domini col tenerle lontane le perniciose massime e i seduttori, riordinare ed accrescere le nostre forze armate, stringere con più forti nodi le alleanze con le potenze amiche, stipulare trattato di Pace con la Repubblica Francese, ed esaudire ogni altro mezzo di operazioni pacifiche: pure nondimeno ci siamo trovati nella dura circostanza di vedere in pericolo la quiete ed indennità dei nostri Stati per motivo dell’inaspettata mutazione di Governo del limitrofo Stato Romano, accompagnata dalla sovversione di ogni sano stabilimento, dal danno della santa religione cattolica e da civili discordie e luttuose scene di massacri e depredazioni. Questi avvenimenti, l’imprevista occupazione dell’Isola di Malta di nostra regia pertinenza e le continue minacce di prossima invasione nei nostri Domini, confermate da apparecchi guerrieri e da movimenti di truppe alla volta di questo Regno di Napoli, ci hanno indotto a prendere altri più efficaci provvedimenti, onde allontanare dai nostri Domini qualunque danno e pericolo. Abbiamo pertanto determinato di fare avanzare il nostro reale esercito dentro lo Stato Romano fin dove l’urgenza lo richiederà, con la ferma volontà di ravvivarvi la cattolica religione, farvi cessare l’anarchia, le stragi e le depredazioni, ricondurvi la Pace, e porlo sotto il regolare Governo del suo legittimo Sovrano. Dichiariamo ai nostri amatissimi sudditi, agli abitanti dello Stato Romano, ed agli altri popoli dell’intera Italia che (lungi dal muovere guerra contro alcuna Potenza) il solo desiderio di provvedere alla loro sicurezza e di rendere il dovuto onore alla religione ci ha mosso a questa intrapresa nella quale Noi col soccorso del sommo Dio, secondati dai validi aiuti dei nostri grandi alleati e dall’opera delle Nazioni Italiane, speriamo avere felicissimi eventi. Noi stessi alla testa dei prodi soldati del nostro invitto esercito, dirigeremo le loro operazioni militari e ci impegneremo di fare uso delle loro forze nei soli casi di resistenza e di aggressione, mentre in ogni altro rivolgeremo le nostre cure soltanto agli indicati sacri oggetti della Religione e del riordinamento del Governo dello Stato Romano. Con tale prevenzione adunque esortiamo gli abitanti tutti del detto Stato Romano di deporre le armi nel momento dell’ingresso del nostro esercito nel loro territorio; di conformare a quelle disposizioni che saremo per dare in favore di essi e della salvezza comune, di facilitare con i possibili mezzi e aiuti la nostra giustissima intrapresa, e di essere sicuri che Noi, facendo uso della nostra naturale giustizia e clemenza, non solo proteggeremo e ricompenseremo i buoni e virtuosi, ma ancora raccoglieremo con paterno affetto i traviati che, pentiti dei propri errori, volontariamente ritorneranno nel diritto sentiero e si sottoporranno al nostro comando.

Inculchiamo pertanto a tutti di abbandonare ogni idea di vendetta per il danno che per la passata rivoluzione gli uni avessero agli altri arrecati e di astenersi da qualunque sorta di eccesso di rappresaglia, sotto pena della nostra reale indignazione, di essere trattati i contravventori come nemici della pubblica sicurezza.

Esortiamo parimenti i Generali e Comandanti di qualunque esercito estero di far subito ritirare tutte le loro truppe fuori dal territorio romano, senza prendere ulteriormente parte nelle avventure di quello Stato la cui sorte per ragione di vicinanza e per altri legittimi motivi interessa principalmente la nostra Regia Podestà. Infine manifestiamo che dal punto in cui il nostro esercito sarà entrato nel territorio Romano, vi sarà libera comunicazione tra le sue popolazioni e quelle del Regno, del quale per provvedere alla sussistenza delle Reali truppe ed al bisogno degli abitanti dello Stato Romano, faremo nel medesimo trasportare i generi necessari di viveri ed altre occorrenze.

Dal Quartiere Generale di S. Germano 14 novembre dell’anno 1798. Ferdinando

  1. Acton

(Nel registro VI “Iura” dell’archivio capitolare Santa Vittoria in Matenano, cc.362s. Nota: la guerra del re di Napoli contro la Repubblica Romana, risulta dichiarata il 23 novembre 1798 nel “Distinto ragguaglio della totale disfatta riportata sul formidabile esercito napoletano dalle invitte falangi della Grande Nazione” stampa dell’epoca.)

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Documento n. 6

Ascoli 5 febbraio 1799: sottomissione pacifica

= LIBERTA’   REPUBBLICA ROMANA   EGUAGLIANZA

LA MUNICIPALITÀ’ D’ASCOLI

Alle Popolazioni vicine, Perdono, e Pace per le Communi Armate del Tronto. Dopo varie trattative in iscritto, e a voce colla mediazione nostra, e per mezzo de’ virtuosi Ecclesiastici, Secolari, e Regolati, spediti in tutte le Comuni, il General Francese dimostrando la sua brama di fare cessare i disordini, e risparmiare le conseguenze funeste di una spedizione di Truppe sulle nostre Campagne, trovò il Comandante, e Capitani delle Popolazioni armate, nelle medesime disposizioni di procurare il maggior bene; Quindi in risposta ad un foglio dei prelodati Capitani de’ 4 Febraro furono sottoscritti i seguenti Articoli fissati dal prode, ed umanissimo Generale.

Ascoli 5 Febbraro 1799 V.S. 17 Piovoso, Anno 7. della Repubblica Francese.

Il Generale Francese vede con piacere, che i Montagnoli Insorgenti vogliono acconsentire alla Pace.

Le Truppe Francesi non possono farne, che di onorevole, e di giusto: in conseguenza il Generale Francese animato dal desiderio della Pace, non può donarla, che alla Condizione di già descritta cioè:

  1. Perdono generale per tutte le Communi.
  2. Tutte le Communi daranno un Ostaggio della loro sincerità alla Pace.
  3. Questi Ostaggi saranno sotto la risponsabilità di un’abitante di Ascoli.
  4. Niuno sarà ricercato nella sua passata condotta.
  5. Non sarà levata alcuna requisizione alle circostanze insorte.
  6. Nel Caso, in cui non possa trovarsi un Ostaggio ne’ Villaggi, il Generale Francese accetterà un Abitante, o Prete di Ascoli, che rappresenterà questo Villaggio. (…) Firme di 22 Comandanti (omesse)

 

ARTICOLO ADDIZIONALE

Se non si sono posti gli Articoli relativi al servizio della Religione, alle Campane, e alle Prediche, è perché questi Articoli non possono incontrare alcuna difficoltà poiché già sono accordati dal Capo medesimo delle Truppe, il quale da vari giorni ha dato l’ordine di far suonare le Campane, ed hà protette tutte le Chiese, e promesso il libero esercizio del culto; poiché in fine la facoltà la più intiera sopra questo punto è già accordata da un Proclama del Generai Dahesmer. Per scanzo di ogni equivoco, il Generale Francese conferma le disposizioni a questo riguardo.   Ascoli 17. Piovoso Anno 7. DARGOUBET

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Documento n. 7

PROCLAMA 26 maggio 1799 a Servigliano per l’insorgenza

Per FERDINANDO IV Re delle Due Sicilie e di Gerusalemme, ecc.

Il conte CLEMENTE NAVARRA

Brigadiere delle Truppe arrolate in massa, Napol. e Pontificie

«Ergete la fronte, Popoli generosi del Piceno. Eccovi il felice momento di ravvivare la nostra Santa Religione, di rimostrare il nostro attaccamento al Sovrano e di sottrarci da questa anarchia che sì barbaramente ci opprime. Correte tutti alle armi, e ricordatevi di quel ch’è scritto nelle Sagre Carte nel libro di Judith, cap. 15, v. 6: Omnis itaque regio omnisque Urbs electam Juventutem armatam misit post eos, et persecuti sunt eos in ore gladii quousque pervenirent ad extremitatem finium eorum.

Io vi chiamo a difendere la causa comune, fidate in Dio, nei grandi alleati, nel coraggio avito… Si agirà col massimo rigore delle leggi, perché ritorni il buon ordine, facendo noto a tutti con questo Editto, che in ciascun paese siano reintegrate le Magistrature, alle quali inculco di proibire affatto, che truppe di gente armata dal capriccio, col pretesto della buona causa, vadino scorrendo per le campagne e paesi, arrestando delle persone, e farsi lecito di saccheggiare, fucilare, ed incendiare. Chiunque ardirà ciò tentare sarà considerato come nemico dello Stato, e punito come tale. Ogni truppa armata dovrà dall’invitto mio generale de Donatis, o da me dipendere, né si riconosceranno altre truppe, che quelle da Noi disposte, ma gli abitanti tutti siano preparati a prendere le armi al suono delle campane a martello; ed accorrere al bisogno, se mai truppa nemica ardisse attaccarci, avvertendo, che quel paese, che tardasse ad accorrere, sarà dichiarato ribelle, e come nemico della patria militarmente castigato. Epperò voi tutti del clero, e specialmente voi, Pastori delle Anime, concorrete ad una impresa così gloriosa, e destate con vivezza le scintille della Pietà, e del languente costume, e fate risorgere fra le vostre contrade la purità della infallibile Nostra Religione, e tentare ogni mezzo coll’esempio, e colla voce, perché ritorni in noi quella pace, che finora ci è stata sì barbaramente rapita. Chiunque vorrà con Noi prendere le armi in questa sì nobile gara, si presenti a me, e agli Uffiziali maggiori per avere le necessarie istruzioni e per essere autorizzati colle patenti del Re delle Due Sicilie e più d’ogni altro io chiamo coloro che con eguale valore e fedeltà diedero prova allorché erano aggregati alle truppe Pontificie.

Dato dal Quartiere gen. di Servigliano, questo dì 26 maggio 1799. »

Documento n. 8

PROCLAMA: Ascoli 27 maggio 1799 per l’insorgenza

= FERDINANDO IV PER LA GRAZIA DI DIO RE DELLE DUE SICILIE DI GERUSALEMME ECC.

  1. DONATO ANTONIO DE DONATIS GENERALE IN CAPO DELL’ESERCITO IN MASSA PER LA SUA MAESTÀ’, CHE DIO LA GUARDI

«Popoli di Acquaviva aprite ormai gli occhi alla luce del giorno. Sentite la voce di uno, che ama il vostro vero bene. O Voi stringete le armi in favore delle nostre vittoriose truppe, ed allora troverete in Noi un amico sincero, ed affettuoso, che lungi dal prendere vendette delle vostre insolenze passate addosserà la valida protezione e di Voi, e delle sostanze vostre: o vi dichiarate nostri nemici, ed allora aspettatevi pure, che Noi con tutte le nostre forze affronteremo i vostri fuochi, vi piomberemo addosso, vi saccheggeremo usando ogni rigore militare. Pensate a Voi: decidete con prontezza e dentro due ore mandatene la risposta ».

Ascoli, 27 maggio 1799.

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Documento n. 9

Insorgenza: 26-29 Maggio 1799 a Castel Clementino

Dì 26 del corrente mese di Maggio: si manifestò a Castel Clementino il piano di una controrivoluzione da eseguirsi con l’aiuto e intesa degli Insorgenti Napoletani, alla cui testa si pose Clemente Navarra con la carica di Brigadiere a lui conferita da D. Donato De Donatis, generale in capo dell’Armata in massa Napoletana. Con l’intesa, come dicono, che la mattina seguente dovesse ivi giungere l’avanguardia di tale armata. La mattina del divisato giorno si cercò che i Parroci di detto luogo avessero predicato dall’altare di doversi tutti venire contro i francesi; ma i Parroci mostrarono ripugnanza di farlo, e il curato Burocchi per non esserci obbligato pensò di celebrare nella sua chiesa. Nonostante s’inalberò la Bandiera Napoletana, e si affissero editti con i quali s’invitava il popolo ad unirsi e si ordinava il ristabilimento delle antiche magistrature. La Terra di Santa Vittoria si accomodò per prima a seguire tale piano. Vi si atterrò l’Albero, si unirono delle persone, e alla testa uscì il noto Majeschi il quale si mostrò meno impegnato. Dietro tali incitamenti il giorno appresso 27 detto, la campana di Castel Clementino, che aveva cominciato a suonare a martello insieme col tamburo la sera innanzi seguitò a fare lo stesso

fin dalle otto della mattina e lo stesso si fece in Santa Vittoria, per adunare gente. Il dopopranzo di tale giorno si sentì simile furore e rimbombo di tamburo in M. S. Martino dove però non accorsero se non pochissimi contadini, che, sentito il motivo, amarono meglio di tornarsene alle loro faccende della campagna.

Ieri mattina 28 si intese lo stesso suono in Sant’Angelo <in Pontano> dove era stato dichiarato capitano Giuseppe Gentili. Per buona sorte di questo luogo, la commissione di fare lo stesso fu data all’Egamennoni insieme con la patente di capitano e i proclami da affiggersi, con ordine di eseguire tutto appena qui ritornato. Ma poiché la patente l’aveva presa per forza, come dice, non eseguì punto l’addossatagli commissione, cosicché questo luogo si preservò immune fra l’incendio che ardeva in ogni intorno, e siamo stati solo spauriti di quello che facevano gli altri, fino alle ore 14 circa del giorno di ieri, quando si intesero dalla parte di Castel Clementino delle scariche di moschettieri, che, ignorando noi cosa significassero, senza pensare alla zuffa che vi seguì col distaccamento della truppa francese e insorgenti, non sapevamo indovinare la causa. Se ne concepì però un sospetto, al vedere per mezzo del cannocchiale, che truppa di gente dalla parte di Falerone andava direttamente a quel luogo, e passava il fiume senza scalzarsi. L’eccidio seguito fu poi saputo da persone che, per curiosità di sapere, s’inoltrarono verso quella parte e più in dettaglio si raccontò iersera, e questa mattina. I morti insorgenti sono stati almeno venti. Tra questi il figlio del Navarra che fu incontrato dalla truppa vicino al molino di Falerone, mentre con 50 insorgenti circa, andava in Falerone, e il capitano benedetto Gualtieri fu ucciso poi in casa al tempo del saccheggio, che fu dei più feroci, con altri vari dei quali non so il nome, e fra questi la persona che stava a suonare le campane a martello, la quale fu sbalzata dalla torre. Secondo le relazioni che giungono, oltre allo spoglio generale fatto in tutte le case di quanto vi era – e vi era molto in alcune specialmente, che non si persuadevano di tale visita – vi è stato il massacro di tutto il mobilio che non si poteva trasportare. I cristalli e i vetri delle finestre furono rotti, i parati lacerati, i comò, i tavolini, le sedie, fatti in pezzi. Insomma si fece un macello e di carne e di roba, come ognuno può figurarsi e come si sentirà più dettagliatamente in appresso.

La sera innanzi <27> di questo tragico fatto si erano fatti arrestare e condurre in quel quartiere generale (così denominato quel luogo dal proclama) il Valeriani e il Venantini di Santa Vittoria; altri di là erano fuggiti, come avevano fatto parimenti altri da Falerone, il cui popolo, come quello di Montegiorgio, era stato il primo ad accorrere per arruolarsi.

Il Brigadiere Navarra si salvò con la fuga, e così si salvarono altri uniti con lui, che presero la fuga chi per una parte e chi per un’altra. La truppa poi che si aspettava dalla parte di Ascoli la mattina del 27 non era giunta e non giunse, perché a Mont’Alto trovò delle resistenze. Il Majeschi che aveva tanto brigato è restato morto anche lui. Raccontano che alle ore 4 del 26 partisse dal quartiere

generale e se tornasse a Santa Vittoria, cosicché non fu presente alla zuffa, ma inteso poi quanto successo, dicono che tornasse là per comprare delle robe prese nel saccheggio e che da quattro contadini fosse ammazzato avendogli trovato addosso molti “pezzi duri”.

Non mancò poi neppure qui una scenetta e fu che alle (ore) 19 circa di ieri 28 si presentò il capitano Giuseppe Gentili con sette altre persone del seguito, entrati per la porta del forno, i quali direttamente andarono alla porta del convento di San Francesco, andando dicendo per la strada Napoletani! Napoletani!

Appena smontato di cavallo il capitano suddetto, invece di entrare in convento, fece sul momento arrestare Giovanni Vecchi che passava in quel punto, e poi per la stessa strada, se ne ritornarono indietro senza far altro. Giunti avanti alla casa di lui, si fece incontro la moglie che si mise con le lacrime a scongiurarli di lasciarle il marito; ma il capitano diceva di condurlo al quartiere generale (che non so dove fosse) e gli altri di farlo a pezzi fuori della porta come Giacobino e supposto reo di aver <informato> i francesi perché venissero contro Castel Clementino. Il fatto è che lo condussero fino a San Rocco, ma poi, sopraggiunto il padre e don Santi Luccarini, li cominciarono a pregare di nuovo del rilascio; e sul giuramento che prestò don Santi che non fosse Giacobino, e che non aveva mai avuto alcun carreggio lo dimisero e se ne andarono per i fatti loro.

Ecco la storia genuina dell’accaduto nelle nostre vicinanze, e qui preghiamo Dio che le cose finiscano così. Ma temo di peggio. Pacifico Cornacchia di Santa Vittoria, arrestato dai contadini, fu condannato a Mont’Alto. Andreozzi restò ferito in faccia. Marinelli scampò la morte fuggendo in certi fossi. Majeschi rimase ucciso. Tutti questi andavano uniti a Castel Clementinoper ottenere dal comandante francese che non facesse andare la truppa a Santa Vittoria, dove si credeva <fosse> diretta dopo il sacco di Castel dementino.

(Autore anonimo probabilmente faleronese di un manoscritto n. 946 presso la biblioteca comunale di Macerata qui riferito in trascrizione corretta per l’ortografia)

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Documento n. 10

IL COMANDANTE GENERALE DELLA MONTAGNA GIUSEPPE CELLINI AI POPOLI DELLO STATO PONTIFICIO – INDIRIZZO –

Ascoltate, o Popoli amici, la voce di chi ama il vostro bene. Non è più tempo giacere in una colpevole inerzia, e sostenere più lungamente una fatale indifferenza. Tutti i vostri Fratelli limitrofi all’Abruzzo Ultra e Citra colle anni in mano già sono in Campo. Essi sull’esempio dei valorosi Sanniti, e da loro scortati, han combattuto e son vincitori. Entro le mura de’ loro Paesi più non spira liberamente l’aria impura, né alcun Francese, né verun perfido Giacobino. Sì l’uno, che l’altro si trova fra’ ceppi, o pallido fugge, e ramingo. Quanto audace si mostra questa infida genìa nel vederci avviliti, tanto vile or si dimostra vedendo il nostro coraggio, l’unione e i progressi delle nostre armi. Queste già spiegano su una ben larga estensione la sua energia. E’ stato un punto, un punto solo investir Norcia, Cascia, Visso, Serravalle, Ponte della Trava, Camerino, Ascoli, Mandola, Comunanza, 5. Vittoria, Montalto, Monte di Novo, Affida ecc. ecc. occuparli, e sollevarli. E’ brava la gente, che muove all’impresa, esperti i Duci che la guidano.

Or siam giunti al felice momento, in cui tutta la fiorente un dì, ed ora languida, e desolata Marca è per prendere l’Armi su cui dietro al divin soccorso, è riposta la propria, e l’altrui salvezza. Correte, o Popoli amici, correte ad unirvi con Noi. Non dubitate, la vittoria è nostra. Non vi è più da temere. I Mari, che bagnano la bella Italia, appena reggono a sostenere gl’immensi Legni Inglesi, Moscoviti, Lusitani, Ottomani. Poche di essi si sono presentati in Ancona, e pochi colpi di Cannoni han fatto sentire a quella bloccata città; e nondimeno han destato in essa la più spaventevole costernazione.

L’invitte Falangi Austro-Russe sono arrivate a Bologna. A Soffia è giunto il real Principe di Napoli con il Figlio del Gran Signore conducente un Esercito sorpendentissimo. Da altra parte vola a prestarci aiuto l’immortale Cardianal Ruffo. Noi ci troviamo con numerosa Leva in Massa, al cui fianco vedesi la intrepidezza, il coraggio, la vittoria. Fiancheggiati, protetti, alleati, assistiti da tante Forze, ditemi, vi può essere da temere? Non vi fate ingannare da certi spiriti deboli, o maliziosi Allarmi, Allarmi.

A ciò vi obligano i doveri della propria coscienza, l’amor della Patria, la fedeltà giurata al Sovrano, la Professione di nostra Santa Religione, la quale, sussistendo, per altro breve tempora Cabala Filosofica, Ateistica, Massonica, va ad annientarsi nei nostri Paesi; vi obbliga il bene delle vostre Famiglie, la tenera vostra Figliolanza, che riclama il Cristiano costume, e la sana educazione; vi obbligano il pericolante onore delle vostre Mogli, il pudore compromesso delle vostre Figlie, i beni già invasi, i diritti violati, le proprie persone colle minacce, e colle armi tante volte investite. Se all’aspetto di santi motivi, e di sì potenti aiuti voi non vi scotete, voi siete colpevoli. Tremate. Il colpo desolatore poco

sta a piombarvi sulle Persone, e sulle Sostanze. Odiosi a Dio, al Sovrano, al Popolo fedele, che aspettar mai non vi dovete di avverso? Deh! riunitevi con noi, e non soffrite alcun disastro.

Giacobini, rovesciatori del Trono, sacrileghi invasori de’ Beni Ecclesiastici, Profanatori de’ Luoghi Sacri, Distruttori dell’Ordine sociale, Increduli, Miscredenti, Depravatori del buon Costume, Soldati della Cabala Ateistica voi impallidite, e ponete le ali ai piedi. Ma, che giova? L’arco feritore è rivolto contro di voi. Molti de’ vostri pari o son caduti, o son fra le ritorte. Lo so, voi fuggite: ma dove alla fine miseri andrete? Ovunque strascinate l’indegna esistenza, seguiravvi il rimorso tormentatore: ovunque troverete nemici; ovunque l’odio, l’esecrazione vi accompagnerà. Giacobini ricredetevi. Ancora siamo in tempo. Abbracciate anche voi la difesa della Causa comune, e sarete salvi. Ma se per altro breve spazio vi restarete ostinati nel partito Filosofico, guai a voi; siete perduti. Tremate.

In Camerino dal Quartiere Generale 5, Giugno 1799 G. Cellini Comand. Gener. In Capite.

In Camerino 1799. Per Vincenzo Gori.

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Documento n. 11

Difesa repubblicana: Ascoli 4 giugno 1799

LIBERTA’           EGUAGLIANZA      REPUBBLICA FRANCESE

Dal Quartiere Generale d’Ascoli li 16 Pratile Anno VII della

Repubblica Francese una, ed indivisibile.

MONNIER Generale di brigata Comandante in Ancona, e ne’ tre Dipartimenti riuniti in istato d’Assedio

La Città d’Ascoli, divenuta il soggiorno de’ Briganti Abruzzesi, ha posto il Dipartimento nel rischio di perdersi. Gli Abitanti di questa Città ribelle avevano già presa la Coccarda rossa, e trasformate in autorità Monarchiche le autorità tutte della Repubblica. Essi han dirette le orde de’ Briganti co’ quali eransi unite, e quest’uomini infami, vantando il nome di Dio, del Re, e de’ Preti, han commesso i più detestabili eccessi sulle persone, e se ne hanno usurpato tutte le mobili proprietà, ovunque si son presentati. Le prime lor vittime sono state le Comuni di Offida, di Castorano, di Colli, dì Pagliare, di Monte Prandone, e nelle Campagne che se estendono fino a Montalto.

Non potendo sì fatti eccessi non eccitare la generale indignazione, debbon essi risvegliare tutta l’energia delle autorità Civili, e precisamente dalle Guardie

Civiche, per opporsi vigorosamente alle intraprese, che tentar potessero nuovamente gli enunciati Briganti.

Le Truppe Repubblicane si misero in moto: I Briganti sono stati battuti a S. Benedetto, a Ripatransone, in Acquaviva. Hanno fatta la lor ritirata in Ascoli, e là si erano fortificati. La Città La presa d’assalto dopo due ore di combattimento. Questo giorno è stato spettatore delle nostre complete vittorie, e gli scellerati sono stati puniti. Tutti coloro, che non hanno imitato il lor Generale nella fuga, sano caduti sotto i colpi Repubblicani.

Le Truppe, ch’io lascio nel vostro Dipartimento, occupano delle posizioni vantaggiose. Sarà però stabilita, sotto la sorveglianza dell’Amministrazione Dipartimentale, un Cordone sul Tronto composto della Guardia Civica. Una colonna mobile si metterà subito in azione per portarsi su tutti i punti minacciati, ed occupati dai Briganti suddetti.

Ogni Brigante arrestato sarà fucilato sull’istante. Le Comuni, che non si opporranno al loro ingresso, incorreranno nelle pene già significate nel Proclama del giorno 14 (2 giugno).

Signato MONNIER

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Documento n. 12

Ladroneggi degli insorti, luglio 1799, Ascoli

GIUSEPPE COSTANTINI ALIAS SCIABOLONE COMANDANTE LE TRUPPE IN MASSA PER SUA MAESTÀ’

FERDINANDO IV E POTENZE ALLEATE

Io sono informato dei continui ladroneggi che tuttodì si commettono sì in mobili che in bestiami a svantaggio di pacifici contadini. Sono esacerbato oltremodo per tali misfatti e ne prenderò le misure le più forti. Sotto pretesto di nuocere ai giacobini, si commettono l’empietà le più esacrande. Nessun individuo ha il diritto di ciò fare, ancorché il sapete, ma compete al solo sovrano. E’ questo un procedere che si oppone alla Religione Cattolica ed alle leggi di qualunque Governo. Il fulmine del castigo sta per piombare sopra a quelli che invece di desistere da un tal procedere non restituiranno sull’istante ciò che ànno rubato contro ogni diritto di natura e contro la legge di Dio. Io parto sì per unirmi al prode Generale La-Hoz e battere i Francesi; ma guai a quelli che prenderanno a scherzo questa mia risoluzione. Sarò inesorabile anche co’ miei più stretti di sangue.

Ordino però che subito si rimettino i massari ne’ rispettivi paesi i quali formeranno un processo a quelli ritengono o hanno preso bestiami.

Tutti gli abitanti de’ paesi e contadini si uniranno ad arrestare questi

perturbatori del buon ordine. In caso disperato e di resistenza, li autorizzo a far fuoco a tal razza di gente tanto perniciosa alla società.

Questo ordine stampato che sarà, voglio sia affisso in ogni paese e pubblicato nelle Chiese dai rispettivi curati.

Dal Quartier Generale di Lisciano 16 luglio 1799.

LUIGI ANELLI Segretario.

 

Documento n. 13

REGGENZA a Macerata, 20 agosto 1799

L’IMPERIALE – REGIA – PONTIFICIA REGGENZA DELLA MARCA DI FERMO E DI ANCONA

EDITTO

Per supplire alle immense spese, che seco porta il mantenimento di una Truppa attualmente impiegata alla difesa di una causa tanto nobile, e gloriosa, necessita ricorrere sull’istante a dei temperamenti quanto pronti, altrettanto capaci a produrre tutto ciò, che faccia d’uopo al servizio della medesima. Avrebbe voluto l’imperiale-Reggia-Pontificia Reggenza dispensarsi dall’addossare alle Popolazioni qualunque più piccolo peso, ma I’ urgenza dell’affare, e la santità della causa, che si è impresa a trattare, e che siam prossimi a sentire finalmente decisa, esiggono nuovi sforzi da tutti. Quindi è, che dopo le più mature riflessioni, e li scandagli più esatti, quello essendosi creduto il temperamento meno sensibile di ricorrere all’imposizione di un Testarico, regolato però, e diviso nel caso presentaneo in quattro diversi gradi, si è trovata nella circostanza di determinare, come appresso.

Primo = Tutti gl’individui delle Famiglie Nobili, o ascritte in primo grado in qualunque Città, o Terra, comprese in questa Classe le Comunità Religiose, dovranno subito sborsare in mano dei rispettivi Esattori pubblici a quest’effetto deputati uno scudo per cadauna Testa, con l’obbligo di pagare per ciscun Uomo o Donna di servigio paoli tre moneta di rame.

Secondo = Tutti gl’individui delle Famiglie del secondo ceto, o grado, del primo , e secondo de’ Castelli, e de’ Mercanti saranno tenuti per lo stesso titolo pagare bajocchi 40 per cadauno, t ame sopra.

Terzo = Tutti gl’individui delle Famiglie di qualunque altro grado, o ceto saranno obbligati pagare bajocchi dieci per ciascuno come sopra.

Quarto = Tutti li Coloni dovranno pagare bajocchi cinque per ogni testa come sopra.

Macerata dalla Reggenza 20 Agosto 1799.

(Omissis)

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Documento n. 14

<RICORDO DEI NAPOLETANI A PEDASO>

– 25 agosto 1799

È giunto finalmente in questo nostro castello di Pedaso la Real Truppa dell’Invitto Re delle due Sicilie, comandata dal prode Generale Don Donato de Donatis tanto da noi aspettato, e desiderato, ad oggetto di condursi sotto la Piazza di Ancona, dentro la quale i malvagi Francesi e i loro cinque Partitari sonosi riuniti fuggendo. Mercé un tal forte e valoroso soccorso speriamo ora vicino l’esterminio di quella perfida gente, che resiste ancora alle forze delle Potenze alleate, e speriamo altresì di vedere sollecitamente restituita l’intera tranquillità a queste nostre contrade. Intanto, siccome abbiamo ammirato la moderatezza di detta Real Truppa, che, per li vari provvedimenti dati dal riferito signor Generale, non ha recato la menoma molestia e niun danneggiamento agli interessi ed alle persone di questo castello nostra patria, così ne produciamo un completissimo Avviso al pubblico, onde tutti si esultino di giubilo e di contentezza.

Pedaso, 25 agosto 1799.

Li residenti

NICOLA BERNARDINI, Vie. for. e Dep. eccl.

PROTASIO TEODORI, Govern. locale,

BENEDETTO ROSSI, Segretario.

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Documento 15

ARMISTIZIO PACATO, 13 novembre 1799

LIBERTA’             EGUAGLIANZA           REPUBLICA FRANCESE

Ancona Assediata li 23 Brumale Anno 8vo della Republica

Tra il Generai di Brigata. MONNIER’ Comandante in Capo la Divisione di Ancona autorizzato, dal Consiglio di Guerra tenuto a questo effetto di trattare la Resa di Ancona.

Ed il Sig. Barone di FRELTCH Luogotenente Generale di Sua Maestà Imperatore, e Re, Comandante in Capo le Truppe che assediano Ancona.

La. presente Capitolazione è stata discussa, risoluta, decretata irrevocabilmente nel modo che siegue.

 

ARTICOLO PRELIMINARE

Il Generale Comandante la Divisione d’Ancona, e le Truppe sotto i suoi ordini considerando, che la Capitolazione ¡1 « Fano segnata li 8 Termidoro scorso tra le Truppe Repubblicane Francesi, ed il Sig. Comand. le Truppe Russo-Turche è  stata. Violata nella sua esecuzione per lo stesso Comandante.

Considerando, che la morte sarebbe preferibile al disonore di trattare con delle Autorità che non conoscono il Diritto delle genti.

Vista la situazione, in cui si trova la divisione d’Ancona, e vista la quarta, ed ultima intimazione di resa fatta dal Sig. Barone BRELICH, Luogotenente Generale al servizio di Sua Maestà Imperatore, e Re, Comandante, in capo le: Truppe assedianti Ancona.

Dichiara, che egli non vuole entrare in Negoziazioni, che colle Truppe, ed il detto Luogotenente Generale al servizio di S. M. Imperatore, e Re.

 

CAPITOLAZIONE – ARTICOLO I.

Le Truppe della Guarnigione di Ancona, e Forti annessi al giorno, ed ora, che saranno convenuti, sortiranno dalla Piazza con tutti gli onori della Guerra, cioè: Con Tamburo battente, Bandiere spiegate, Miccio acceso, avendo alla testa due pezzi di Cannone di Campagna coi loro Cassoni, più uno d’Infanteria per rendersi in Francia per la via di terra la più comoda; Soldati, Ufficiali, Generali, ed ogni Militare si di terra, che di mare il Console della Republica Francese, gl’ Impiegati, e agenti Civili, e Militari porteranno seco le loro Armi, Effetti, e Proprietà personali di qualunque genere.

Saranno riguardate come Truppe della Divisione di Ancona, e saranno trattate sotto tutti i rapporti come Truppe della Republica Francese i Cisalpini, Romani, ed altri Italiani formati in Legioni, Battaglioni, o Compagnie, che portano le armi nella detta Divisione.

ARTICOLO II

La Divisione sarà accompagnata, e protetta nella sua marcia sino ai Posti awanzati dell’Armata Francese in Italia da un determinato corpo di Truppe Imperiali Comandate da un Uffiziale dello Stato Maggiore.

ARTICOLO III

La Divisione, che si porterà in Francia per la via che essa giudicherà la più comoda,, marcierà a spese di S.M. Imperatore, e Re:

Ogni Militare, o impiegato riceverà la Razione di ogni genere, e l’alloggio competente al suo grado secondo le Leggi, e Regolamenti Francesi. La marcia non sarà, forzata, ma regolata militarmente dietro quella dell’Infanteria Francese. Il Genera MONIER Comandante la Divisione farà di concerto coll’Uffiziale di Stato Maggiore Austriaco la determinazione dell’alloggio, o accampamento, se sarà giudicato convenevole, come, pure delle ore di partenza, e luoghi di dimora.

Risposta: Le Truppe della Guarnigione di Ancona, e dei Forti annessi sortiranno nel giorno, ed ora convenuta dalla Piazza con tutti gli onori di Guerra richiesti per rendersi in Francia come Prigionieri di Guerra, e non serviranno contro S.M. Imperiale, e contro i suoi Alleati che dopo un perfetto Cambio.

La Truppa deporrà le Armi nel luogo che sarà fissato da un Articolo Addizionale; i soldati e sotto Uffiziali conserveranno le loro muciglie, il Generale Comandante la Divisione, il Console della Repubblica Francese, i Generali, Uffiziali di terra, o di mare, gli Impiegati Civili e Militari conserveranno le loro Armi, Cavalli secondo i loro Gradi, ed i loro Effetti Personali.

Il Generale FRELICH volendo dare una prova di stima alle Truppe della Guarnigione per la Difesa coraggiosa, e contro ogni aspettativa, che esse hanno fatto, accorda ai Sotto Uffiziali il diritto di portare le loro Sciabole per rendersi al loro destino.

E per dare alla Divisione tutta, non meno che al General MONNIER, che la comanda un attestato della considerazione particolare, e della stima di nazione a Nazione contraenti, gli concede una Guardia di onore composta di quindici Uomini a Cavallo montati, armati equipaggiati, e di trenta Carabinieri Armati.

ARTICOLO IV

Sarà accordato a spese di S. M. Imperatore, e Re il numero de’ Carri attaccati, necessarj al trasporto degli Effetti personali degli Uffiziali, Impiegati, Consigli d’Amministrazione, e dei Depositi dei Corpi della Divisione: Il numero dei detti Carri sarà, convenuto d’appresso lo stato dei bisogni, che fornirà il Commissario di Guerra Francese

Il Generale Com. la Divisione, il Console della. Republica Francese, i Generali di Brigata Lucotte, Pino, Palombini, il Capo dello Stato Maggiore della Divisione, i Comandanti del Genio, e dell’Artiglieria, il Pagatore della Divisione, i Commiissarj di Guena, e della Marina Francese, l’Agente del Commissario Civile sono autorizzati di condurre ognuno il. loro Carro coperto pel trasporto delle loro Carte di Amministrazione, come di. Contabilità, ed i loro Effetti personali qualunque.

Risposta: Accordato ma a condizione che sarà Consegnato, da chi ne avrà il dritto, al Sig. Generale Barón di FRELICH l’attestato, che le Balle degli Uffiziali e Furgoni coperti non contenghino effetti di proprietà pubblica.

ARTICOLO V

I Bastimenti da Guerra della Repub. Francese, e Corsari coi loro Uffiziali, Impiegati in Amministrazione, ed Equipaggi si renderanno in uno dei Porti della Republica nello stato che si. ritrovano al momento della sottoscrizione della Capitolazione, muniti di Passaporto, e sotto la garanzia di S. M. Imperiale.

I viveri saranno forniti a spese della detta Potenza a ragione del viaggio.

Risposta:

INAMMISSIBILE ma se le Corsare la LUPE e la VENDETTA uscite dal Porto, e potendosi ripresentarsi di nuovo, rientreranno dopo la Capitolazione, li Marinari, che ne compongono l’Equipaggio, avranno la medesima sorte, che le Truppe esistenti attualmente nella Piazza.

ARTICOLO VI

I Malati dello Spedale della Divisione che potranno essere trasportati, lo saranno a spese di S. M. Imperatore, e Re coi viveri, e medicamenti e Casse di Chirurgia, ed Uffiziali di Sanità sufficienti pel viaggio d’Ancona in Francia.

Gli Ammalati, che senza pericolo, non potranno essere trasportati, resteranno in Ancona; essi saranno protetti come un Deposito Sacro, e trattati come gli Ammalati di S. M. Imperiale.

La Divisione li confida alla lealtà ed umanità della Nazione Austriaca.

II  General MONNIER gli determinerà il numero degli Uffiziali di Sanità, ed Infermieri indispensabili sotto la sorveglianza d’un Uffiziale Militare Francese, e di un Commissario di Guerra.

Subitochè il detto Uffiziale, Commissario richiederanno il trasporto dei Convalescenti o per mare, o per terra, secondochè sarà più convenevole al loro stato, gli verrà religiosamente accordato.

ARTICOLO VII

I Prigionieri fatti tanto durante il corso dell’Assedio d’Ancona che nelle Spedizioni precedenti, e che sono in Ancona, o sopra i Bastimenti Russo-Turchi o nella Divisione occupata dal Sig. Generale FRELIGFI, saranno resi da una parte, e dall’altra immediatamente dopo la sottoscrizione della presente Capitolazione e parteciperanno delle disposizioni contenute ne’ suoi Articoli.

Risposta:

ACCORDATO, per li Prigionieri Francesi solamente, che si troveranno ancora nella Divisione del Sig. Generale FRELIC

ARTICOLO VIII.

Tutti gli Individui di qualunque Nazione, o Religione essi siano abitanti nella Città d’Ancona , o che vi si trovino, e segnatamente gli Ebrei non potranno essere inquietati, molestati, né ricercati direttamente, o indirettamente essi, e le loro famiglie sul sospetto, e per la manifestazione delle loro opinioni civili, politiche, e religiose, come per li fatti che sono risultati, pendente il cangiamento del Governo nel Territorio Romano.

Questa disposizione risguarda quei fra loro, che hanno preso le armi, o esercitato degli impieghi Civili, o Amministrativi durante quest’epoca, e che verrebbero molestati per le loro ingerenze.

Risposta:

Il Governo Austriaco farà rispettare il diritto delle Genti verso li Cittadini senza distinzione di opinioni, o Religioni, purché si sottomettino alle leggi.

ARTICOLO IX.

La Commissione Amministrativa d’Ancona, i Membri anteriori delI’Amministrazioni Centrali dei Dipartimenti del Tronto, Musone, e Metauro, dei loro Tribunali, e Municipalità, gl’impiegati in tutti questi corpi Politici, ed i Patriotti della Republica Romana, come pure li Cittadini., e Sudditi delle Potenze alleate della Republica Francese, che vorranno seguire la Divisione d’Ancona, Essi, le loro Famiglie, ed effetti avranno la liberà più intera, né potranno essere ritardati, né impediti sotto qualunque pretesto.

Risposta.

L’Autorità Militare proteggerà l’esecuzione del presente Articolo, uniformandosi alla risposta fatta nel precedente Articolo.

ARTICOLO X.

Le Vendite, e Cessioni dei Beni, fondi situati in Ancona, e suo Territorio, come anche nei Dipartimenti Musone, Tronto, e Metauro sì autorizzate dal Consolato Romano, che dalla Repubblica Francese saranno mantenute inviolabili

Risposta:

Il Sig. Generale FRELICH non puoi decidere, e lascia l’assoluzione di questo articolo ai Gabinetti.

ARTICOLO XI

Li Cittadini Francesi, e loro alleati potranno alienare, o fare trasportare come a loro più piacerà per terra o per mare a loro spese gli effetti, e mercanzie da loro acquistate sino a quest’oggi.

Risposta:

Accordato; se gli Effetti, e Mercanzie non provengono dai Bastimenti, e Carichi presi dai Corsari sopra i Sudditi di S.M. Imperiale, e che non sarebbero stati giudicati di buona preda.

ARTICOLO XII

Sarà permesso alle persone comprese negli Articoli 8. 9.10. 11. di disporre delle loro Proprietà fondarie, e mobiliarie di venderle, o alienare, o percepirne l’entrate, come a loro piacerà: potranno egualmente in caso di vendita, o alienazione trasportarne esse medesime l’amontante, o inviarlo a loro piacimento nei luoghi, ch’essi desidereranno in Oro, Argento, Viglietti a ordine, o Cambiali.

Le suddette Persone potranno in conseguenza nell’intervallo dei sei mesi a contare dal giorno della sottoscrizione della Capitolazione continuare esse medesime la vendita dei loro Beni, e l’esigenza dei loro Crediti con tutta quiete, se esse non amano meglio abbandonare il Paese colla Divisione d’Ancona, e lasciare i Procuratori generali, e speciali, i quali godranno della protezione, di cui avrebbero goduto restando in Ancona.

Risposta:

ACCORDATO, se i Beni, di cui si tratta non erano di pertinenza dell’Antico Governo, delle Comunità Religiose soppresse; o dei Particolari Emigrati.

ARTICOLO XIII.

I Consoli di Spagna, e di Genova avranno la facoltà di restare in Ancona per lo spazio di sei mesi per terminarci i loro interessi con tutta garanzia delle loro Persone, Famiglie, Proprietà, e Carte Personali, o risguardanti le loro Amministrazioni, se meglio non amano ritirarsi colla Divisione d’Ancona, ed in tal caso saranno trattati come il Console della Rep. Francese.

Risposta:

I detti Consoli saranno rispettati, e protetti.

ARTICOLO XIV.

Se vi fosse qualche Articolo nella presente Capitolazione soggetto o qualche oscurità sarà interpretato secondo I’equità a favore della Divisione d’Ancona.

ARTICOLI ADDIZIONALI.

  1. La Cassa del Pagatore della Divisione, i Viveri, ed effetti dei magazzeni della Rep. Francese saranno rimessi appresso ricevuta nelle mani dell’Assediarne, segnata che sarà la Capitolazione.
  2. L’artiglieria dei Forti, del Porto, della Piazza, ed oggetti annessi, le Piante, e Carte relative alle Fortificazioni, ed all’interesse militare del Paese, saranno rimesse ai Commissarj , che saranno destinati per riceverli, dopo averne fatto Inventario, e rilasciata Ricevuta.
  3. Li disertori dell’una, e l’altra parte saranno restituiti.

Risposta:

CONVENUTO per li Disertori Austriaci solamente

  1. Per la garanzia, ed esecuzione di tutti gli Articoli della Capitolazione saranno dati degli ostaggi, ed il Sig. Barone di FRELIC Tenente Generale Commandante le Truppe Assedianti Ancona si rende responsabile della sicurezza della

Divisione dal momento dell’occupazione dei Posti sino al suo destino, come anche dei danni che potrebbero esser fatti a quelli, che la compongono.

  1. Segnati che saranno gli Articoli della Capitolazione, i Picchetti delle Truppe di S. M. Imperatore, e Re occuperanno le Porte di Francia, e Farina in numero eguale, e congiuntamente ai Francesi.
  2. Ventiquattro ore dopo la sottoscrizione dei ridetti Articoli le Truppe della Divisione d’Ancona evacueranno i Forti, e la Piazza in una sola Colonna con tutti gli onori della Guerra ottenuti nell’Articolo primo: si renderanno il medesimo giorno a Sinigaglia con le loro armi, che deporranno, eccettuati li Militari, ed Impiegati, che devono conservarle.

Risposta:

Convenuto, ma la Truppa Prigioniera deporrà le sue Armi a Fiumesino.

Fatto, convenuto, e decretato in Ancona li 23. Brumale an. 8, della Republica Francese una ed indivisibile.

Il Generale di Brigata Comandante la Divisione d’Ancona MONNIER

Sottoscritto Piè della Croce 13 Novembre 1799.

FRELIH Tenente Generale

DOCUMENTI RELATIVI ALLE INSORGENZE NEL PICENO NELL’ANNO 1799

a cura di Carlo Tomassini

Documento n. 1

Lettere di Pio VI e Giuseppe II d’Asburgo – 3 e 19 agosto 1782

= PIO VI. Prevalendoci di quella amichevole libertà che piacque alla M.V. gentilmente esibirci, cioè che quando avessimo inteso che fosse per farsi da V.M. alcuna mossa, che avessimo creduta discorde dalle buone regole e pregiudizievole alla Religione, ne avessimo scritto confidenzialmente in dirittura alla M.V. Quindi è che essendoci pervenuto all’orecchio che V.M. vada pensando di togliere tutti i fondi alle Chiese ed agli ecclesiastici della sua monarchia, e ridurli semplici pensionarj, non possiamo dispensarci di pone in vista che se si effettuasse un tal pensiero, ridonderebbe alla Chiesa una lacrimevole lesione ed ai buoni uno scandalo irreparabile. Non è di nostra ispezione entrare nel politico e nell’economico de’ suoi Stati – benché in questa parte non cediamo a qualche Affezionato suo per ogni di lei giusto vantaggio — tuttavia non dobbiamo prescindere dai riflessi di deperizione delle rendite ecclesiastiche che coll’amministrazione da farsi dai secolari dei fondi non propri, dell’infrazione dei patti stabiliti fra’ suoi antecessori e diverse province, della ferita apportata alla Costituzione degli Stati, della violazione delle disposizioni dei pii fondatori, delle conseguenti pretensioni, che susciterebbero i loro eredi di rivendicare gli stessi beni: tutto ciò lo lasceremo da parte, come oggetti alieni dal nostro ministero, e che non sfuggiranno dalla penetrazione di V.M. Parleremo soltanto di ciò che non possiamo omettere per debito di coscienza, e le diciamo che il privare le chiese e gli ecclesiastici del possesso dei loro fondi temporali è in dottrina cattolica un errore manifesto, condannato dai Concili, esecrato da’ santi Padri e qualificato dai più rispettabili scrittori per dottrina velenosa, per dogma scellerato. Ed infatti per sostenere una tal massima a pro del sovrano, convien ricorrere ai falsi insegnamenti dei Valdesi, dei Vecleisti e degli Ussiti e di quanti altri pur sono andati d’accordo con loro, e specialmente dei liberali infetti del tempo. Non dobbiamo qui annoiare con una tessitura di citazioni nelle quali si legge che quelli che mettono mano ai beni della Chiesa per loro profitto, Rei sunt damnationis Ananie et Saphire et oportet eiusmodi tradere satane ut spiritus salvus sit in die Domini. Solo ci ristringeremo a riscrivere quanto nel XII secolo avvertì Giovanni patriarca d’Antiochia, che quantunque scismatico, non poté soffrire l’abuso del Principe che voleva, come utile, disporre a favore de’ suoi Stati dei fondi delle Chiese, così scrivendo: “Essendo tu uomo corruttibile, mortale e di corta vita, osi di dare ad un altro uomo quello che non hai? E se dici di donare quello che hai, e pensi che siano tue le cose di Dio, fai Iddio te stesso. Qual uomo dotato di senno chiamerà ciò provvidenza ed utilità e non piuttosto trasgressione, disubbidienza estrema e perniciosissima iniquità? Come può essere e dirsi cristiano chi profana le cose, siano qualsivogliano, (de)dicate e consacrate al nostro Iddio e celeste re Cristo?” Sappiamo che i contraddittori, male interpretando ed abusando di alcuni testi delle sacre Lettere, credono di ben stabilire in questa parte i loro errori, ma noi senza venire ad un esame di tali maligne applicazioni, domandiamo a V.M. se in dicendo gli stessi autori, che in forza di altri testi delle sacre Scritture non si può ammettere nel mondo sovranità, crederebbe la M. V. che tali testi scritturali fossero chiari e convincenti per l’assunto onde doversi spogliare della sua sovranità per salvar l’anima? Noi crediamo anzi chi penserebbe il contrario, ed in così pensando, penserebbe come pensiamo anche noi. E lo stesso dee dirsi dell’altro, in cui li nemici seguenti della Chiesa, gli eretici, li cattolici di apparenza, i falsi maestri, e gli adulatori dei Principi, attribuiscono ai medesimi in base dei passi della Scrittura, il diritto di togliere alla Chiesa e ai suoi ministri la proprietà ed il possesso de’ loro beni. Dovrebbero pur sapere costoro che i Leviti d’Israello possedevano vaste campagne ed intere città e che come fondi santificati erano inalienabili ed in pertinenza del Sacerdozio. E perché dunque non conciliare il libro del Levitico, dei Numeri, dei Re con le altre espressioni che a chi non sa sembrano fra di loro contraddittorie e far lo stesso con i testi del Vangelo e con gli Atti degli Apostoli, come hanno fatto i santi Padri per tacciare, con manifeste eresie, di contraddizioni i sacri Libri dettati dalla stessa divina Sapienza? Facciamo uso di questi riflessi non perché possiamo mai persuaderci che V. M. abbia cuore di non rendere di peggiore condizione le Chiese, di qu(anto) sono le famiglie particolari, e di seguitare l’esempio di soli Principi Protestanti e segregati dalla nostra Comunione, ma affinché la M.V. senta in poche righe ciò che gli dee aver detto alcuno degli odierni pensatori. Non dissimuliamo che purtroppo alcuni fra i molti ecclesiastici faranno di tali beni un uso mai retto: ma che da ciò? Forse questa sarà ragione per farne uno spoglio ed una appropriazione chiamata sacrilega e farla generale a danno della Chiesa, dei successori e di quelli che l’impiegano secondo i dettami delle sacre Ordinazioni? Nei colloqui avuti con V. M. non entrammo in questa materia, che a termini di particolare temporaneo sequestro, e non ci siamo dimenticati di aver dette delle ragioni per le quali ci parve la M.V. persuasa a doversene astenere. Ma se ci avesse proposto il dubbio di una illimitata privazione per passare i beni delle Chiese all’amministrazione de’ secolari, le avre(mm)o aggiunto ragioni molto più rinforzate con le quali l’avre(mm)o convinta deporne il pensiero.

Quello che la mancanza di apertura non ci diede adito allora di fare colla viva voce, l’abbiamo fatto in ristretto colla presente, la quale, se non avesse eguale efficacia, farebbe conoscere a tutto il mondo cattolico che V.M. non ha fatto alcun conto dei nostri suggerimenti o che presto se n’è dimenticata: giacché in questa sola novità si conviene il rovesciamento di quelle massime cattoliche che ci permise di rilevare. Preghiamo di cuore il Signore che faccia sempre risplendere nell’effettivo Governo della M.V. quelle proteste del suo attaccamento alla purità della Religione in modo che mai restino deluse da fatti contrari. Fin qui ci siamo prevalsi di altra mano più corrente e più facile a leggersi della nostra, per affatigar e tanto di meno la vista di V.M. Con questa rispettosa dichiarazione passiamo ad abbracciarla con pienezza di affetto e col darle la Patema Apostolica Benedizione: Datum Romae apud s. Mariam Maiorem die 3 augusti 1782, pontificatus nostri anno VII. Pius pp. VI.

 

<RISPOSTA DELL’IMPERATORE>

= GIUSEPPE: Ho l’onore di rispondere a posta corrente alla lettera che là S.V. viene di scrivermi sul supposto che io voglia togliere tutti i fondi alle Chiese ed agli ecclesiastici e ridurli tutti ad essere semplici pensionarj. Le relazioni delle persone che mi procurarono già l’alto onore di vedere la S.V. alla mia residenza mi hanno anche senza dubbio procurata questa nuova testimonianza in scritto della sua amicizia e del suo zelo apostolico. Non posso dir altro, senza stendermi in lunghezze, se non che il supposto pervenuto alle sue orecchie, come la S.V. si esprime, è falso e senza andar cercando i testi tanto della Scrittura, che dei santi Padri, però sempre soggetti ad interpretazioni e spiegazioni, tengo una voce in me, che mi dice quello come Legislatore e Protettore della Religione mi convien di fare e di tralasciare. E questa voce coll’aiuto della divina grazia e col carattere onesto ed equo che mi sento, non può mai indurmi in errore. Se la S. V. vuole restar persuasa di questa verità, come lo spero, la prego anche di credermi con più filiale attaccamento e rispetto: 19 agosto 1782 Giuseppe.

-.

Documento n. 2

Sulla cessazione dello Stato Pontificio: P. Vincenzo Maria Strambi, anno 1798

(…) Se poi si domandasse sia espediente e vantaggioso che la Chiesa abbia dominio e Principato, vi si può rispondere che la cosa è assai dubbia e controversa anche presso le persone più savie e meglio affezionate alla stessa Chiesa. Imperocché se per una parte l’aver dominio è stato proprio perché dia alla Chiesa e ai suoi Ministri una maggior libertà nel promulgare la volontà dell’Altissimo e facilità maggiore nello stabilirne i mezzi per bene eseguirli. Per l’altra parte l’essere la Chiesa e i suoi Ministri privi di ricchezza e di dominio, pare che li mantenga più raccolti nel servizio di Dio, più distaccati dalle cose terrene, più umili in tutta la loro condotta, più affabili e più solleciti del bene del Prossimo, e cosi più amabili a Dio ed agli uomini.

Il certo si è che siccome l’uomo veramente savio si accomoda a tutte le disposizioni della provvidenza, e di quelle si prevale per adempire i disegni dell’Altissimo in bonum. Così quando una certa necessità, come la chiama S. Bernardo De Consideratione lib. 4, c. 3, faceva che si ritenesse dominio, e Principato, gli Ecclesiastici santi colla loro virtù tutto facevano servire all’accrescimento della gloria di Dio. Così mentre, non senza sovrana disposizione di Dio, la Chiesa resta priva di dominio, Dominus abstulit; gli Ecclesiastici che hanno veramente lo spirito del Signore e della sua Chiesa, non trascureranno di raccogliere da questa privazione tutti i preziosi vantaggi, che se ne possono ricavare.

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Documento n. 3

Omelia del Vescovo di Imola (futuro Pio VII), anno 1798

<Ecco le linee direttive dell’Omelia del Cardinale Chiaramonti: Libertà, fraternità, democrazia>.

«La libertà cara a Dio e agli uomini è una facoltà che fu donata all’uomo, è un dominio di poter fare e non fare, ma sempre sotto la legge divina ed umana. Non esercita ragionevolmente la sua libertà chi si oppone alla legge baldanzoso e ribelle;1 non esercita ragionevolmente la sua libertà chi contraddice a Dio e alla temporale sovranità, chi vuol seguire il piacere e lasciare l’onestà, chi s’attiene al vizio ed abbandona la virtù… La forma di governo democratico, adottata fra di noi, o dilettissimi fratelli, no, non è in opposizione colle massime fin qui esposte, né ripugna al Vangelo: esige anzi tutte quelle sublimi virtù che non s’imparano che colla scuola di Gesù Cristo, e le quali, se saranno da voi religiosamente praticate, formeranno la vostra felicità, la gloria e lo splendore della vostra repubblica » (…)

« Decidete quanto conferiscano i precetti del Vangelo, le tradizioni degli Apostoli e dei grandi filosofi Padri e Dottori cristiani a conservare la pace, a far risplendere la vera grandezza dello stato democratico, a fare di tanti uomini, dirò così, tanti eroi di umiltà, di prudenza nel governare, di carità nel fraternizzare fra loro stessi e con Gesù Cristo… Il luminoso oggetto della nostra democrazia dev’essere di stabilire la massima possibile unione di sentimenti, di cuori, di forze fisiche e. morali, onde ne derivi una soave fratellanza nella società (…) nella democrazia studiatevi di essere della massima possibile virtù e sarete i veri democratici: studiate ed eseguite il Vangelo e sarete la gioia della repubblica…

La religione cattolica sia l’oggetto più prezioso del vostro cuore, della vostra divozione e di ogni altro vostro sentimento. Non crediate che ella si opponga alla forma di governo democratico. In questo stato, vivendo uniti al vostro Divin Salvatore, potete concepire una giusta fiducia dell’eterna salute, potete operare la felicità temporale di voi stessi e dei vostri simili e procurare la gloria della repubblica e delle autorità costituite. Sì, miei cari fratelli, siate buoni cristiani e sarete ottimi democratici ».

 

Documento n. 4

Giuramento del Vescovo di Fano – 26 febbraio 1798

Voi ora siete Sovrano, o mio Popolo, e Dio, il grande Iddio vi ha dato questa sovranità. Io sono, o Popolo, il vostro Vescovo. E fu Dio che mi chiamò e per mezzo del suo Vicario mi ha assunto a carico così tremendo.

I regolatori voi siete di quelle vie che conducono l’uomo ad essere felice in terra, ed io sono il regolatore di quelle vie che conducono l’uomo ad essere felice in Cielo.

Io adoro nelle vostre mani le democratiche leggi, ma voi adorate ancor nelle mie, le leggi dell’Evangelo.

Oh sante leggi dell’Evangelo, qua, a me, oggi, che vi consegni al mio Popolo, onde egli che è Sovrano sia mai sempre democratico senza colpa, democratico con virtù. Oh, leggi democratiche, qua, a me, pure in quest’oggi. Voi avete, o Popolo, alle leggi dell’Evangelo quell’ossequio che è ben dovuto alle leggi dell’Evangelo di Gesù Cristo: morir piuttosto che violar questa legge.

Io debbo alle vostre leggi, ubbidienza e rispetto, e tal rispetto e ubbidienza che ognuno impari a rispettarle e ubbidire.

Ohimè! Se ardito io fossi di violarle, sarei colpevole di più delitti, sarei meritevole di molte pene. Ma o quali atroci pene voi pure avreste non solo in terra, ma anche all’inferno, se violate un sol precetto dell’Evangelo, se vi scostaste dagli esempi del Crocifisso:

Io no, che esser non voglio reo di in ubbidienza alle vostre leggi, ma voi nemmeno esser lo dovete a quelle che già vi imposi a nome del vostro Dio.

Deh, rammentate, o Popolo, in vostro cuore, rammentate quei giuramenti che faceste là nel Battistero, ché io, anch’io con giuramento m’obbligo al mio dovere.

GIURO, ecco, o Dio le mie parole, ecco la mia promessa, giuro fedeltà al democratico attual governo, giuro obbedienza alle sue leggi, ma ad un tempo a voi giuro fedeltà e ubbidienza, o mio Dio, fedeltà ed ubbidienza adorabili Comandamenti e alla vostra Chiesa

Oh, sacerdoti, o ministri del Divin Culto, giuro anche per voi, e Dio riceva in religioso olocausto i nostri inviolabili giuramenti.

Sebbene, ah, perché, o mio popolo, anzi miei figli, mia corona e mio gaudio, perché non posso giurare anche per voi. Voi sì che potete adesso formarvi i vostri rappresentanti, le vostre leggi, ma poi, formati gli uni, formate le altre, dovete anche voi rispettare entrambe, e ubbidire con fedeltà. E’ Dio che così vuole, quel sapientissimo Dio, che arbitro e regolatore delle sorti del mondo, le dispone e modera a suo talento.

Voi qui vedete tra i vostri concittadini, quegli che rappresentano la vostra sovranità.

Essi rispetteranno sempre la Religione, terranno da voi lontani i fulmini di Gesù Cristo, onoreranno l’infallibile successore di Pietro e la sua fede, saranno scudo e difesa al cattolico Culto, al sacro tempio, ai suoi ministri, ma tutti insieme custodi ed esecutori delle vostre leggi, ne esigeranno veglianti e solleciti l’adempimento.

Fra questa loro rappresentanza, non è ella tale che al dir di Paolo, vi obbliga ad adorare in esso gli altri decreti, e le disposizioni del vostro Dio, con spirito d’ubbidienza? Eh, sì pur dunque ubbidienza, anche per voi o mio popolo, fedeltà e ubbidienza all’attuai vostro Governo e agli attuai vostri rappresentanti. Ma avvertite questo spirito di fedeltà, questo spirito d’ubbidienza ove più vigoroso lo trovate, se non tra gli augusti veli di Religione?

Adempiansi queste leggi che io vostro Pastore vi addito nell’Evangelo e sarete Sovrani ad un tempo e sudditi integerrimi e virtuosi.

Oh, beato quel Popolo ove nelle massime e nei costumi, trionfa il Vangelo, perché trionfano insieme con lui, la pace il buon ordine, la giustizia!

Beato quel popolo ov’è la Repubblica protetta dal Crocifisso, e il Crocifisso difeso dalla Repubblica, mentre con sì mirabile unione, resta assicurato il doppio bene all’uomo in ordine alla terra e al Cielo.

Cari miei figli, mentre io su questo Altare, consapevole dei miei voti e delle antiche mie lagrime, Altare che mi mostra le sacre ceneri del mio Vescovo Fortunato, Altare che mi ricorda i favori e i voti dell’Ammirabile Madre Maria, mentre io deposito i miei già formulati giuramenti, voi venerateli con Religione. Son giuramenti del vostro Vescovo. Ma ad un tempo accoppiate ad essi le vostre risoluzioni, fervide risoluzioni d’osservare la santa legge di Dio, d’amarvi in Dio, d’essere cittadini nelle vostre intraprese, diretti sempre alle intenzioni di Dio

Oh, Dio, piovete amoroso Sole dal Cielo, che infiammi di carità, illumini le nostre menti, ecciti in cuore, generosi affetti di religione e di Fede.

Rendete santo il Pastore, rendete sante la Greggi onde tutti possiamo un giorno cantarvene, nell’eterna Gerusalemme, inno più giulivo e festoso, del festoso inno giulivo, che ora sciogliamo qui ai piedi del vostro Altare.

Nota: questo foglio, probabilmente portato da don Valeriano Orazi segretario del vescovo di Fano e canonico a Santa Vittoria, ov’è rilegato nel registro n° VI “Iura”, carte 359-360.

 

Documento n. 5

Proclama di Fernando re di Napoli – 14 novembre 1798 (ortografico)

= FERDINANDO IV per la grazia di Dio re delle Sicilie e di Gerusalemme, infante di Spagna, duca di Parma, Piacenza, gran Principe ereditario delle Toscane etc.

Quantunque fin dal principio delle rivoluzioni politiche, che da qualche tempo hanno turbato la tranquillità in varie parti del mondo, avessimo noi procurato di provvedere alla costante sicurezza dei nostri reali Stati e Domini col tenerle lontane le perniciose massime e i seduttori, riordinare ed accrescere le nostre forze armate, stringere con più forti nodi le alleanze con le potenze amiche, stipulare trattato di Pace con la Repubblica Francese, ed esaudire ogni altro mezzo di operazioni pacifiche: pure nondimeno ci siamo trovati nella dura circostanza di vedere in pericolo la quiete ed indennità dei nostri Stati per motivo dell’inaspettata mutazione di Governo del limitrofo Stato Romano, accompagnata dalla sovversione di ogni sano stabilimento, dal danno della santa religione cattolica e da civili discordie e luttuose scene di massacri e depredazioni. Questi avvenimenti, l’imprevista occupazione dell’Isola di Malta di nostra regia pertinenza e le continue minacce di prossima invasione nei nostri Domini, confermate da apparecchi guerrieri e da movimenti di truppe alla volta di questo Regno di Napoli, ci hanno indotto a prendere altri più efficaci provvedimenti, onde allontanare dai nostri Domini qualunque danno e pericolo. Abbiamo pertanto determinato di fare avanzare il nostro reale esercito dentro lo Stato Romano fin dove l’urgenza lo richiederà, con la ferma volontà di ravvivarvi la cattolica religione, farvi cessare l’anarchia, le stragi e le depredazioni, ricondurvi la Pace, e porlo sotto il regolare Governo del suo legittimo Sovrano. Dichiariamo ai nostri amatissimi sudditi, agli abitanti dello Stato Romano, ed agli altri popoli dell’intera Italia che (lungi dal muovere guerra contro alcuna Potenza) il solo desiderio di provvedere alla loro sicurezza e di rendere il dovuto onore alla religione ci ha mosso a questa intrapresa nella quale Noi col soccorso del sommo Dio, secondati dai validi aiuti dei nostri grandi alleati e dall’opera delle Nazioni Italiane, speriamo avere felicissimi eventi. Noi stessi alla testa dei prodi soldati del nostro invitto esercito, dirigeremo le loro operazioni militari e ci impegneremo di fare uso delle loro forze nei soli casi di resistenza e di aggressione, mentre in ogni altro rivolgeremo le nostre cure soltanto agli indicati sacri oggetti della Religione e del riordinamento del Governo dello Stato Romano. Con tale prevenzione adunque esortiamo gli abitanti tutti del detto Stato Romano di deporre le armi nel momento dell’ingresso del nostro esercito nel loro territorio; di conformare a quelle disposizioni che saremo per dare in favore di essi e della salvezza comune, di facilitare con i possibili mezzi e aiuti la nostra giustissima intrapresa, e di essere sicuri che Noi, facendo uso della nostra naturale giustizia e clemenza, non solo proteggeremo e ricompenseremo i buoni e virtuosi, ma ancora raccoglieremo con paterno affetto i traviati che, pentiti dei propri errori, volontariamente ritorneranno nel diritto sentiero e si sottoporranno al nostro comando.

Inculchiamo pertanto a tutti di abbandonare ogni idea di vendetta per il danno che per la passata rivoluzione gli uni avessero agli altri arrecati e di astenersi da qualunque sorta di eccesso di rappresaglia, sotto pena della nostra reale indignazione, di essere trattati i contravventori come nemici della pubblica sicurezza.

Esortiamo parimenti i Generali e Comandanti di qualunque esercito estero di far subito ritirare tutte le loro truppe fuori dal territorio romano, senza prendere ulteriormente parte nelle avventure di quello Stato la cui sorte per ragione di vicinanza e per altri legittimi motivi interessa principalmente la nostra Regia Podestà. Infine manifestiamo che dal punto in cui il nostro esercito sarà entrato nel territorio Romano, vi sarà libera comunicazione tra le sue popolazioni e quelle del Regno, del quale per provvedere alla sussistenza delle Reali truppe ed al bisogno degli abitanti dello Stato Romano, faremo nel medesimo trasportare i generi necessari di viveri ed altre occorrenze.

Dal Quartiere Generale di S. Germano 14 novembre dell’anno 1798. Ferdinando

  1. Acton

(Nel registro VI “Iura” dell’archivio capitolare Santa Vittoria in Matenano, cc.362s. Nota: la guerra del re di Napoli contro la Repubblica Romana, risulta dichiarata il 23 novembre 1798 nel “Distinto ragguaglio della totale disfatta riportata sul formidabile esercito napoletano dalle invitte falangi della Grande Nazione” stampa dell’epoca.)

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Documento n. 6

Ascoli 5 febbraio 1799: sottomissione pacifica

= LIBERTA’   REPUBBLICA ROMANA   EGUAGLIANZA

LA MUNICIPALITÀ’ D’ASCOLI

Alle Popolazioni vicine, Perdono, e Pace per le Communi Armate del Tronto. Dopo varie trattative in iscritto, e a voce colla mediazione nostra, e per mezzo de’ virtuosi Ecclesiastici, Secolari, e Regolati, spediti in tutte le Comuni, il General Francese dimostrando la sua brama di fare cessare i disordini, e risparmiare le conseguenze funeste di una spedizione di Truppe sulle nostre Campagne, trovò il Comandante, e Capitani delle Popolazioni armate, nelle medesime disposizioni di procurare il maggior bene; Quindi in risposta ad un foglio dei prelodati Capitani de’ 4 Febraro furono sottoscritti i seguenti Articoli fissati dal prode, ed umanissimo Generale.

Ascoli 5 Febbraro 1799 V.S. 17 Piovoso, Anno 7. della Repubblica Francese.

Il Generale Francese vede con piacere, che i Montagnoli Insorgenti vogliono acconsentire alla Pace.

Le Truppe Francesi non possono farne, che di onorevole, e di giusto: in conseguenza il Generale Francese animato dal desiderio della Pace, non può donarla, che alla Condizione di già descritta cioè:

  1. Perdono generale per tutte le Communi.
  2. Tutte le Communi daranno un Ostaggio della loro sincerità alla Pace.
  3. Questi Ostaggi saranno sotto la risponsabilità di un’abitante di Ascoli.
  4. Niuno sarà ricercato nella sua passata condotta.
  5. Non sarà levata alcuna requisizione alle circostanze insorte.
  6. Nel Caso, in cui non possa trovarsi un Ostaggio ne’ Villaggi, il Generale Francese accetterà un Abitante, o Prete di Ascoli, che rappresenterà questo Villaggio. (…) Firme di 22 Comandanti (omesse)

 

ARTICOLO ADDIZIONALE

Se non si sono posti gli Articoli relativi al servizio della Religione, alle Campane, e alle Prediche, è perché questi Articoli non possono incontrare alcuna difficoltà poiché già sono accordati dal Capo medesimo delle Truppe, il quale da vari giorni ha dato l’ordine di far suonare le Campane, ed hà protette tutte le Chiese, e promesso il libero esercizio del culto; poiché in fine la facoltà la più intiera sopra questo punto è già accordata da un Proclama del Generai Dahesmer. Per scanzo di ogni equivoco, il Generale Francese conferma le disposizioni a questo riguardo.   Ascoli 17. Piovoso Anno 7. DARGOUBET

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Documento n. 7

PROCLAMA 26 maggio 1799 a Servigliano per l’insorgenza

Per FERDINANDO IV Re delle Due Sicilie e di Gerusalemme, ecc.

Il conte CLEMENTE NAVARRA

Brigadiere delle Truppe arrolate in massa, Napol. e Pontificie

«Ergete la fronte, Popoli generosi del Piceno. Eccovi il felice momento di ravvivare la nostra Santa Religione, di rimostrare il nostro attaccamento al Sovrano e di sottrarci da questa anarchia che sì barbaramente ci opprime. Correte tutti alle armi, e ricordatevi di quel ch’è scritto nelle Sagre Carte nel libro di Judith, cap. 15, v. 6: Omnis itaque regio omnisque Urbs electam Juventutem armatam misit post eos, et persecuti sunt eos in ore gladii quousque pervenirent ad extremitatem finium eorum.

Io vi chiamo a difendere la causa comune, fidate in Dio, nei grandi alleati, nel coraggio avito… Si agirà col massimo rigore delle leggi, perché ritorni il buon ordine, facendo noto a tutti con questo Editto, che in ciascun paese siano reintegrate le Magistrature, alle quali inculco di proibire affatto, che truppe di gente armata dal capriccio, col pretesto della buona causa, vadino scorrendo per le campagne e paesi, arrestando delle persone, e farsi lecito di saccheggiare, fucilare, ed incendiare. Chiunque ardirà ciò tentare sarà considerato come nemico dello Stato, e punito come tale. Ogni truppa armata dovrà dall’invitto mio generale de Donatis, o da me dipendere, né si riconosceranno altre truppe, che quelle da Noi disposte, ma gli abitanti tutti siano preparati a prendere le armi al suono delle campane a martello; ed accorrere al bisogno, se mai truppa nemica ardisse attaccarci, avvertendo, che quel paese, che tardasse ad accorrere, sarà dichiarato ribelle, e come nemico della patria militarmente castigato. Epperò voi tutti del clero, e specialmente voi, Pastori delle Anime, concorrete ad una impresa così gloriosa, e destate con vivezza le scintille della Pietà, e del languente costume, e fate risorgere fra le vostre contrade la purità della infallibile Nostra Religione, e tentare ogni mezzo coll’esempio, e colla voce, perché ritorni in noi quella pace, che finora ci è stata sì barbaramente rapita. Chiunque vorrà con Noi prendere le armi in questa sì nobile gara, si presenti a me, e agli Uffiziali maggiori per avere le necessarie istruzioni e per essere autorizzati colle patenti del Re delle Due Sicilie e più d’ogni altro io chiamo coloro che con eguale valore e fedeltà diedero prova allorché erano aggregati alle truppe Pontificie.

Dato dal Quartiere gen. di Servigliano, questo dì 26 maggio 1799. »

Documento n. 8

PROCLAMA: Ascoli 27 maggio 1799 per l’insorgenza

= FERDINANDO IV PER LA GRAZIA DI DIO RE DELLE DUE SICILIE DI GERUSALEMME ECC.

  1. DONATO ANTONIO DE DONATIS GENERALE IN CAPO DELL’ESERCITO IN MASSA PER LA SUA MAESTÀ’, CHE DIO LA GUARDI

«Popoli di Acquaviva aprite ormai gli occhi alla luce del giorno. Sentite la voce di uno, che ama il vostro vero bene. O Voi stringete le armi in favore delle nostre vittoriose truppe, ed allora troverete in Noi un amico sincero, ed affettuoso, che lungi dal prendere vendette delle vostre insolenze passate addosserà la valida protezione e di Voi, e delle sostanze vostre: o vi dichiarate nostri nemici, ed allora aspettatevi pure, che Noi con tutte le nostre forze affronteremo i vostri fuochi, vi piomberemo addosso, vi saccheggeremo usando ogni rigore militare. Pensate a Voi: decidete con prontezza e dentro due ore mandatene la risposta ».

Ascoli, 27 maggio 1799.

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Documento n. 9

Insorgenza: 26-29 Maggio 1799 a Castel Clementino

Dì 26 del corrente mese di Maggio: si manifestò a Castel Clementino il piano di una controrivoluzione da eseguirsi con l’aiuto e intesa degli Insorgenti Napoletani, alla cui testa si pose Clemente Navarra con la carica di Brigadiere a lui conferita da D. Donato De Donatis, generale in capo dell’Armata in massa Napoletana. Con l’intesa, come dicono, che la mattina seguente dovesse ivi giungere l’avanguardia di tale armata. La mattina del divisato giorno si cercò che i Parroci di detto luogo avessero predicato dall’altare di doversi tutti venire contro i francesi; ma i Parroci mostrarono ripugnanza di farlo, e il curato Burocchi per non esserci obbligato pensò di celebrare nella sua chiesa. Nonostante s’inalberò la Bandiera Napoletana, e si affissero editti con i quali s’invitava il popolo ad unirsi e si ordinava il ristabilimento delle antiche magistrature. La Terra di Santa Vittoria si accomodò per prima a seguire tale piano. Vi si atterrò l’Albero, si unirono delle persone, e alla testa uscì il noto Majeschi il quale si mostrò meno impegnato. Dietro tali incitamenti il giorno appresso 27 detto, la campana di Castel Clementino, che aveva cominciato a suonare a martello insieme col tamburo la sera innanzi seguitò a fare lo stesso

fin dalle otto della mattina e lo stesso si fece in Santa Vittoria, per adunare gente. Il dopopranzo di tale giorno si sentì simile furore e rimbombo di tamburo in M. S. Martino dove però non accorsero se non pochissimi contadini, che, sentito il motivo, amarono meglio di tornarsene alle loro faccende della campagna.

Ieri mattina 28 si intese lo stesso suono in Sant’Angelo <in Pontano> dove era stato dichiarato capitano Giuseppe Gentili. Per buona sorte di questo luogo, la commissione di fare lo stesso fu data all’Egamennoni insieme con la patente di capitano e i proclami da affiggersi, con ordine di eseguire tutto appena qui ritornato. Ma poiché la patente l’aveva presa per forza, come dice, non eseguì punto l’addossatagli commissione, cosicché questo luogo si preservò immune fra l’incendio che ardeva in ogni intorno, e siamo stati solo spauriti di quello che facevano gli altri, fino alle ore 14 circa del giorno di ieri, quando si intesero dalla parte di Castel Clementino delle scariche di moschettieri, che, ignorando noi cosa significassero, senza pensare alla zuffa che vi seguì col distaccamento della truppa francese e insorgenti, non sapevamo indovinare la causa. Se ne concepì però un sospetto, al vedere per mezzo del cannocchiale, che truppa di gente dalla parte di Falerone andava direttamente a quel luogo, e passava il fiume senza scalzarsi. L’eccidio seguito fu poi saputo da persone che, per curiosità di sapere, s’inoltrarono verso quella parte e più in dettaglio si raccontò iersera, e questa mattina. I morti insorgenti sono stati almeno venti. Tra questi il figlio del Navarra che fu incontrato dalla truppa vicino al molino di Falerone, mentre con 50 insorgenti circa, andava in Falerone, e il capitano benedetto Gualtieri fu ucciso poi in casa al tempo del saccheggio, che fu dei più feroci, con altri vari dei quali non so il nome, e fra questi la persona che stava a suonare le campane a martello, la quale fu sbalzata dalla torre. Secondo le relazioni che giungono, oltre allo spoglio generale fatto in tutte le case di quanto vi era – e vi era molto in alcune specialmente, che non si persuadevano di tale visita – vi è stato il massacro di tutto il mobilio che non si poteva trasportare. I cristalli e i vetri delle finestre furono rotti, i parati lacerati, i comò, i tavolini, le sedie, fatti in pezzi. Insomma si fece un macello e di carne e di roba, come ognuno può figurarsi e come si sentirà più dettagliatamente in appresso.

La sera innanzi <27> di questo tragico fatto si erano fatti arrestare e condurre in quel quartiere generale (così denominato quel luogo dal proclama) il Valeriani e il Venantini di Santa Vittoria; altri di là erano fuggiti, come avevano fatto parimenti altri da Falerone, il cui popolo, come quello di Montegiorgio, era stato il primo ad accorrere per arruolarsi.

Il Brigadiere Navarra si salvò con la fuga, e così si salvarono altri uniti con lui, che presero la fuga chi per una parte e chi per un’altra. La truppa poi che si aspettava dalla parte di Ascoli la mattina del 27 non era giunta e non giunse, perché a Mont’Alto trovò delle resistenze. Il Majeschi che aveva tanto brigato è restato morto anche lui. Raccontano che alle ore 4 del 26 partisse dal quartiere

generale e se tornasse a Santa Vittoria, cosicché non fu presente alla zuffa, ma inteso poi quanto successo, dicono che tornasse là per comprare delle robe prese nel saccheggio e che da quattro contadini fosse ammazzato avendogli trovato addosso molti “pezzi duri”.

Non mancò poi neppure qui una scenetta e fu che alle (ore) 19 circa di ieri 28 si presentò il capitano Giuseppe Gentili con sette altre persone del seguito, entrati per la porta del forno, i quali direttamente andarono alla porta del convento di San Francesco, andando dicendo per la strada Napoletani! Napoletani!

Appena smontato di cavallo il capitano suddetto, invece di entrare in convento, fece sul momento arrestare Giovanni Vecchi che passava in quel punto, e poi per la stessa strada, se ne ritornarono indietro senza far altro. Giunti avanti alla casa di lui, si fece incontro la moglie che si mise con le lacrime a scongiurarli di lasciarle il marito; ma il capitano diceva di condurlo al quartiere generale (che non so dove fosse) e gli altri di farlo a pezzi fuori della porta come Giacobino e supposto reo di aver <informato> i francesi perché venissero contro Castel Clementino. Il fatto è che lo condussero fino a San Rocco, ma poi, sopraggiunto il padre e don Santi Luccarini, li cominciarono a pregare di nuovo del rilascio; e sul giuramento che prestò don Santi che non fosse Giacobino, e che non aveva mai avuto alcun carreggio lo dimisero e se ne andarono per i fatti loro.

Ecco la storia genuina dell’accaduto nelle nostre vicinanze, e qui preghiamo Dio che le cose finiscano così. Ma temo di peggio. Pacifico Cornacchia di Santa Vittoria, arrestato dai contadini, fu condannato a Mont’Alto. Andreozzi restò ferito in faccia. Marinelli scampò la morte fuggendo in certi fossi. Majeschi rimase ucciso. Tutti questi andavano uniti a Castel Clementinoper ottenere dal comandante francese che non facesse andare la truppa a Santa Vittoria, dove si credeva <fosse> diretta dopo il sacco di Castel dementino.

(Autore anonimo probabilmente faleronese di un manoscritto n. 946 presso la biblioteca comunale di Macerata qui riferito in trascrizione corretta per l’ortografia)

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Documento n. 10

IL COMANDANTE GENERALE DELLA MONTAGNA GIUSEPPE CELLINI AI POPOLI DELLO STATO PONTIFICIO – INDIRIZZO –

Ascoltate, o Popoli amici, la voce di chi ama il vostro bene. Non è più tempo giacere in una colpevole inerzia, e sostenere più lungamente una fatale indifferenza. Tutti i vostri Fratelli limitrofi all’Abruzzo Ultra e Citra colle anni in mano già sono in Campo. Essi sull’esempio dei valorosi Sanniti, e da loro scortati, han combattuto e son vincitori. Entro le mura de’ loro Paesi più non spira liberamente l’aria impura, né alcun Francese, né verun perfido Giacobino. Sì l’uno, che l’altro si trova fra’ ceppi, o pallido fugge, e ramingo. Quanto audace si mostra questa infida genìa nel vederci avviliti, tanto vile or si dimostra vedendo il nostro coraggio, l’unione e i progressi delle nostre armi. Queste già spiegano su una ben larga estensione la sua energia. E’ stato un punto, un punto solo investir Norcia, Cascia, Visso, Serravalle, Ponte della Trava, Camerino, Ascoli, Mandola, Comunanza, 5. Vittoria, Montalto, Monte di Novo, Affida ecc. ecc. occuparli, e sollevarli. E’ brava la gente, che muove all’impresa, esperti i Duci che la guidano.

Or siam giunti al felice momento, in cui tutta la fiorente un dì, ed ora languida, e desolata Marca è per prendere l’Armi su cui dietro al divin soccorso, è riposta la propria, e l’altrui salvezza. Correte, o Popoli amici, correte ad unirvi con Noi. Non dubitate, la vittoria è nostra. Non vi è più da temere. I Mari, che bagnano la bella Italia, appena reggono a sostenere gl’immensi Legni Inglesi, Moscoviti, Lusitani, Ottomani. Poche di essi si sono presentati in Ancona, e pochi colpi di Cannoni han fatto sentire a quella bloccata città; e nondimeno han destato in essa la più spaventevole costernazione.

L’invitte Falangi Austro-Russe sono arrivate a Bologna. A Soffia è giunto il real Principe di Napoli con il Figlio del Gran Signore conducente un Esercito sorpendentissimo. Da altra parte vola a prestarci aiuto l’immortale Cardianal Ruffo. Noi ci troviamo con numerosa Leva in Massa, al cui fianco vedesi la intrepidezza, il coraggio, la vittoria. Fiancheggiati, protetti, alleati, assistiti da tante Forze, ditemi, vi può essere da temere? Non vi fate ingannare da certi spiriti deboli, o maliziosi Allarmi, Allarmi.

A ciò vi obligano i doveri della propria coscienza, l’amor della Patria, la fedeltà giurata al Sovrano, la Professione di nostra Santa Religione, la quale, sussistendo, per altro breve tempora Cabala Filosofica, Ateistica, Massonica, va ad annientarsi nei nostri Paesi; vi obbliga il bene delle vostre Famiglie, la tenera vostra Figliolanza, che riclama il Cristiano costume, e la sana educazione; vi obbligano il pericolante onore delle vostre Mogli, il pudore compromesso delle vostre Figlie, i beni già invasi, i diritti violati, le proprie persone colle minacce, e colle armi tante volte investite. Se all’aspetto di santi motivi, e di sì potenti aiuti voi non vi scotete, voi siete colpevoli. Tremate. Il colpo desolatore poco

sta a piombarvi sulle Persone, e sulle Sostanze. Odiosi a Dio, al Sovrano, al Popolo fedele, che aspettar mai non vi dovete di avverso? Deh! riunitevi con noi, e non soffrite alcun disastro.

Giacobini, rovesciatori del Trono, sacrileghi invasori de’ Beni Ecclesiastici, Profanatori de’ Luoghi Sacri, Distruttori dell’Ordine sociale, Increduli, Miscredenti, Depravatori del buon Costume, Soldati della Cabala Ateistica voi impallidite, e ponete le ali ai piedi. Ma, che giova? L’arco feritore è rivolto contro di voi. Molti de’ vostri pari o son caduti, o son fra le ritorte. Lo so, voi fuggite: ma dove alla fine miseri andrete? Ovunque strascinate l’indegna esistenza, seguiravvi il rimorso tormentatore: ovunque troverete nemici; ovunque l’odio, l’esecrazione vi accompagnerà. Giacobini ricredetevi. Ancora siamo in tempo. Abbracciate anche voi la difesa della Causa comune, e sarete salvi. Ma se per altro breve spazio vi restarete ostinati nel partito Filosofico, guai a voi; siete perduti. Tremate.

In Camerino dal Quartiere Generale 5, Giugno 1799 G. Cellini Comand. Gener. In Capite.

In Camerino 1799. Per Vincenzo Gori.

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Documento n. 11

Difesa repubblicana: Ascoli 4 giugno 1799

LIBERTA’           EGUAGLIANZA      REPUBBLICA FRANCESE

Dal Quartiere Generale d’Ascoli li 16 Pratile Anno VII della

Repubblica Francese una, ed indivisibile.

MONNIER Generale di brigata Comandante in Ancona, e ne’ tre Dipartimenti riuniti in istato d’Assedio

La Città d’Ascoli, divenuta il soggiorno de’ Briganti Abruzzesi, ha posto il Dipartimento nel rischio di perdersi. Gli Abitanti di questa Città ribelle avevano già presa la Coccarda rossa, e trasformate in autorità Monarchiche le autorità tutte della Repubblica. Essi han dirette le orde de’ Briganti co’ quali eransi unite, e quest’uomini infami, vantando il nome di Dio, del Re, e de’ Preti, han commesso i più detestabili eccessi sulle persone, e se ne hanno usurpato tutte le mobili proprietà, ovunque si son presentati. Le prime lor vittime sono state le Comuni di Offida, di Castorano, di Colli, dì Pagliare, di Monte Prandone, e nelle Campagne che se estendono fino a Montalto.

Non potendo sì fatti eccessi non eccitare la generale indignazione, debbon essi risvegliare tutta l’energia delle autorità Civili, e precisamente dalle Guardie

Civiche, per opporsi vigorosamente alle intraprese, che tentar potessero nuovamente gli enunciati Briganti.

Le Truppe Repubblicane si misero in moto: I Briganti sono stati battuti a S. Benedetto, a Ripatransone, in Acquaviva. Hanno fatta la lor ritirata in Ascoli, e là si erano fortificati. La Città La presa d’assalto dopo due ore di combattimento. Questo giorno è stato spettatore delle nostre complete vittorie, e gli scellerati sono stati puniti. Tutti coloro, che non hanno imitato il lor Generale nella fuga, sano caduti sotto i colpi Repubblicani.

Le Truppe, ch’io lascio nel vostro Dipartimento, occupano delle posizioni vantaggiose. Sarà però stabilita, sotto la sorveglianza dell’Amministrazione Dipartimentale, un Cordone sul Tronto composto della Guardia Civica. Una colonna mobile si metterà subito in azione per portarsi su tutti i punti minacciati, ed occupati dai Briganti suddetti.

Ogni Brigante arrestato sarà fucilato sull’istante. Le Comuni, che non si opporranno al loro ingresso, incorreranno nelle pene già significate nel Proclama del giorno 14 (2 giugno).

Signato MONNIER

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Documento n. 12

Ladroneggi degli insorti, luglio 1799, Ascoli

GIUSEPPE COSTANTINI ALIAS SCIABOLONE COMANDANTE LE TRUPPE IN MASSA PER SUA MAESTÀ’

FERDINANDO IV E POTENZE ALLEATE

Io sono informato dei continui ladroneggi che tuttodì si commettono sì in mobili che in bestiami a svantaggio di pacifici contadini. Sono esacerbato oltremodo per tali misfatti e ne prenderò le misure le più forti. Sotto pretesto di nuocere ai giacobini, si commettono l’empietà le più esacrande. Nessun individuo ha il diritto di ciò fare, ancorché il sapete, ma compete al solo sovrano. E’ questo un procedere che si oppone alla Religione Cattolica ed alle leggi di qualunque Governo. Il fulmine del castigo sta per piombare sopra a quelli che invece di desistere da un tal procedere non restituiranno sull’istante ciò che ànno rubato contro ogni diritto di natura e contro la legge di Dio. Io parto sì per unirmi al prode Generale La-Hoz e battere i Francesi; ma guai a quelli che prenderanno a scherzo questa mia risoluzione. Sarò inesorabile anche co’ miei più stretti di sangue.

Ordino però che subito si rimettino i massari ne’ rispettivi paesi i quali formeranno un processo a quelli ritengono o hanno preso bestiami.

Tutti gli abitanti de’ paesi e contadini si uniranno ad arrestare questi

perturbatori del buon ordine. In caso disperato e di resistenza, li autorizzo a far fuoco a tal razza di gente tanto perniciosa alla società.

Questo ordine stampato che sarà, voglio sia affisso in ogni paese e pubblicato nelle Chiese dai rispettivi curati.

Dal Quartier Generale di Lisciano 16 luglio 1799.

LUIGI ANELLI Segretario.

 

Documento n. 13

REGGENZA a Macerata, 20 agosto 1799

L’IMPERIALE – REGIA – PONTIFICIA REGGENZA DELLA MARCA DI FERMO E DI ANCONA

EDITTO

Per supplire alle immense spese, che seco porta il mantenimento di una Truppa attualmente impiegata alla difesa di una causa tanto nobile, e gloriosa, necessita ricorrere sull’istante a dei temperamenti quanto pronti, altrettanto capaci a produrre tutto ciò, che faccia d’uopo al servizio della medesima. Avrebbe voluto l’imperiale-Reggia-Pontificia Reggenza dispensarsi dall’addossare alle Popolazioni qualunque più piccolo peso, ma I’ urgenza dell’affare, e la santità della causa, che si è impresa a trattare, e che siam prossimi a sentire finalmente decisa, esiggono nuovi sforzi da tutti. Quindi è, che dopo le più mature riflessioni, e li scandagli più esatti, quello essendosi creduto il temperamento meno sensibile di ricorrere all’imposizione di un Testarico, regolato però, e diviso nel caso presentaneo in quattro diversi gradi, si è trovata nella circostanza di determinare, come appresso.

Primo = Tutti gl’individui delle Famiglie Nobili, o ascritte in primo grado in qualunque Città, o Terra, comprese in questa Classe le Comunità Religiose, dovranno subito sborsare in mano dei rispettivi Esattori pubblici a quest’effetto deputati uno scudo per cadauna Testa, con l’obbligo di pagare per ciscun Uomo o Donna di servigio paoli tre moneta di rame.

Secondo = Tutti gl’individui delle Famiglie del secondo ceto, o grado, del primo , e secondo de’ Castelli, e de’ Mercanti saranno tenuti per lo stesso titolo pagare bajocchi 40 per cadauno, t ame sopra.

Terzo = Tutti gl’individui delle Famiglie di qualunque altro grado, o ceto saranno obbligati pagare bajocchi dieci per ciascuno come sopra.

Quarto = Tutti li Coloni dovranno pagare bajocchi cinque per ogni testa come sopra.

Macerata dalla Reggenza 20 Agosto 1799.

(Omissis)

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Documento n. 14

<RICORDO DEI NAPOLETANI A PEDASO>

– 25 agosto 1799

È giunto finalmente in questo nostro castello di Pedaso la Real Truppa dell’Invitto Re delle due Sicilie, comandata dal prode Generale Don Donato de Donatis tanto da noi aspettato, e desiderato, ad oggetto di condursi sotto la Piazza di Ancona, dentro la quale i malvagi Francesi e i loro cinque Partitari sonosi riuniti fuggendo. Mercé un tal forte e valoroso soccorso speriamo ora vicino l’esterminio di quella perfida gente, che resiste ancora alle forze delle Potenze alleate, e speriamo altresì di vedere sollecitamente restituita l’intera tranquillità a queste nostre contrade. Intanto, siccome abbiamo ammirato la moderatezza di detta Real Truppa, che, per li vari provvedimenti dati dal riferito signor Generale, non ha recato la menoma molestia e niun danneggiamento agli interessi ed alle persone di questo castello nostra patria, così ne produciamo un completissimo Avviso al pubblico, onde tutti si esultino di giubilo e di contentezza.

Pedaso, 25 agosto 1799.

Li residenti

NICOLA BERNARDINI, Vie. for. e Dep. eccl.

PROTASIO TEODORI, Govern. locale,

BENEDETTO ROSSI, Segretario.

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Documento 15

ARMISTIZIO PACATO, 13 novembre 1799

LIBERTA’             EGUAGLIANZA           REPUBLICA FRANCESE

Ancona Assediata li 23 Brumale Anno 8vo della Republica

Tra il Generai di Brigata. MONNIER’ Comandante in Capo la Divisione di Ancona autorizzato, dal Consiglio di Guerra tenuto a questo effetto di trattare la Resa di Ancona.

Ed il Sig. Barone di FRELTCH Luogotenente Generale di Sua Maestà Imperatore, e Re, Comandante in Capo le Truppe che assediano Ancona.

La. presente Capitolazione è stata discussa, risoluta, decretata irrevocabilmente nel modo che siegue.

 

ARTICOLO PRELIMINARE

Il Generale Comandante la Divisione d’Ancona, e le Truppe sotto i suoi ordini considerando, che la Capitolazione ¡1 « Fano segnata li 8 Termidoro scorso tra le Truppe Repubblicane Francesi, ed il Sig. Comand. le Truppe Russo-Turche è  stata. Violata nella sua esecuzione per lo stesso Comandante.

Considerando, che la morte sarebbe preferibile al disonore di trattare con delle Autorità che non conoscono il Diritto delle genti.

Vista la situazione, in cui si trova la divisione d’Ancona, e vista la quarta, ed ultima intimazione di resa fatta dal Sig. Barone BRELICH, Luogotenente Generale al servizio di Sua Maestà Imperatore, e Re, Comandante, in capo le: Truppe assedianti Ancona.

Dichiara, che egli non vuole entrare in Negoziazioni, che colle Truppe, ed il detto Luogotenente Generale al servizio di S. M. Imperatore, e Re.

 

CAPITOLAZIONE – ARTICOLO I.

Le Truppe della Guarnigione di Ancona, e Forti annessi al giorno, ed ora, che saranno convenuti, sortiranno dalla Piazza con tutti gli onori della Guerra, cioè: Con Tamburo battente, Bandiere spiegate, Miccio acceso, avendo alla testa due pezzi di Cannone di Campagna coi loro Cassoni, più uno d’Infanteria per rendersi in Francia per la via di terra la più comoda; Soldati, Ufficiali, Generali, ed ogni Militare si di terra, che di mare il Console della Republica Francese, gl’ Impiegati, e agenti Civili, e Militari porteranno seco le loro Armi, Effetti, e Proprietà personali di qualunque genere.

Saranno riguardate come Truppe della Divisione di Ancona, e saranno trattate sotto tutti i rapporti come Truppe della Republica Francese i Cisalpini, Romani, ed altri Italiani formati in Legioni, Battaglioni, o Compagnie, che portano le armi nella detta Divisione.

ARTICOLO II

La Divisione sarà accompagnata, e protetta nella sua marcia sino ai Posti awanzati dell’Armata Francese in Italia da un determinato corpo di Truppe Imperiali Comandate da un Uffiziale dello Stato Maggiore.

ARTICOLO III

La Divisione, che si porterà in Francia per la via che essa giudicherà la più comoda,, marcierà a spese di S.M. Imperatore, e Re:

Ogni Militare, o impiegato riceverà la Razione di ogni genere, e l’alloggio competente al suo grado secondo le Leggi, e Regolamenti Francesi. La marcia non sarà, forzata, ma regolata militarmente dietro quella dell’Infanteria Francese. Il Genera MONIER Comandante la Divisione farà di concerto coll’Uffiziale di Stato Maggiore Austriaco la determinazione dell’alloggio, o accampamento, se sarà giudicato convenevole, come, pure delle ore di partenza, e luoghi di dimora.

Risposta: Le Truppe della Guarnigione di Ancona, e dei Forti annessi sortiranno nel giorno, ed ora convenuta dalla Piazza con tutti gli onori di Guerra richiesti per rendersi in Francia come Prigionieri di Guerra, e non serviranno contro S.M. Imperiale, e contro i suoi Alleati che dopo un perfetto Cambio.

La Truppa deporrà le Armi nel luogo che sarà fissato da un Articolo Addizionale; i soldati e sotto Uffiziali conserveranno le loro muciglie, il Generale Comandante la Divisione, il Console della Repubblica Francese, i Generali, Uffiziali di terra, o di mare, gli Impiegati Civili e Militari conserveranno le loro Armi, Cavalli secondo i loro Gradi, ed i loro Effetti Personali.

Il Generale FRELICH volendo dare una prova di stima alle Truppe della Guarnigione per la Difesa coraggiosa, e contro ogni aspettativa, che esse hanno fatto, accorda ai Sotto Uffiziali il diritto di portare le loro Sciabole per rendersi al loro destino.

E per dare alla Divisione tutta, non meno che al General MONNIER, che la comanda un attestato della considerazione particolare, e della stima di nazione a Nazione contraenti, gli concede una Guardia di onore composta di quindici Uomini a Cavallo montati, armati equipaggiati, e di trenta Carabinieri Armati.

ARTICOLO IV

Sarà accordato a spese di S. M. Imperatore, e Re il numero de’ Carri attaccati, necessarj al trasporto degli Effetti personali degli Uffiziali, Impiegati, Consigli d’Amministrazione, e dei Depositi dei Corpi della Divisione: Il numero dei detti Carri sarà, convenuto d’appresso lo stato dei bisogni, che fornirà il Commissario di Guerra Francese

Il Generale Com. la Divisione, il Console della. Republica Francese, i Generali di Brigata Lucotte, Pino, Palombini, il Capo dello Stato Maggiore della Divisione, i Comandanti del Genio, e dell’Artiglieria, il Pagatore della Divisione, i Commiissarj di Guena, e della Marina Francese, l’Agente del Commissario Civile sono autorizzati di condurre ognuno il. loro Carro coperto pel trasporto delle loro Carte di Amministrazione, come di. Contabilità, ed i loro Effetti personali qualunque.

Risposta: Accordato ma a condizione che sarà Consegnato, da chi ne avrà il dritto, al Sig. Generale Barón di FRELICH l’attestato, che le Balle degli Uffiziali e Furgoni coperti non contenghino effetti di proprietà pubblica.

ARTICOLO V

I Bastimenti da Guerra della Repub. Francese, e Corsari coi loro Uffiziali, Impiegati in Amministrazione, ed Equipaggi si renderanno in uno dei Porti della Republica nello stato che si. ritrovano al momento della sottoscrizione della Capitolazione, muniti di Passaporto, e sotto la garanzia di S. M. Imperiale.

I viveri saranno forniti a spese della detta Potenza a ragione del viaggio.

Risposta:

INAMMISSIBILE ma se le Corsare la LUPE e la VENDETTA uscite dal Porto, e potendosi ripresentarsi di nuovo, rientreranno dopo la Capitolazione, li Marinari, che ne compongono l’Equipaggio, avranno la medesima sorte, che le Truppe esistenti attualmente nella Piazza.

ARTICOLO VI

I Malati dello Spedale della Divisione che potranno essere trasportati, lo saranno a spese di S. M. Imperatore, e Re coi viveri, e medicamenti e Casse di Chirurgia, ed Uffiziali di Sanità sufficienti pel viaggio d’Ancona in Francia.

Gli Ammalati, che senza pericolo, non potranno essere trasportati, resteranno in Ancona; essi saranno protetti come un Deposito Sacro, e trattati come gli Ammalati di S. M. Imperiale.

La Divisione li confida alla lealtà ed umanità della Nazione Austriaca.

II  General MONNIER gli determinerà il numero degli Uffiziali di Sanità, ed Infermieri indispensabili sotto la sorveglianza d’un Uffiziale Militare Francese, e di un Commissario di Guerra.

Subitochè il detto Uffiziale, Commissario richiederanno il trasporto dei Convalescenti o per mare, o per terra, secondochè sarà più convenevole al loro stato, gli verrà religiosamente accordato.

ARTICOLO VII

I Prigionieri fatti tanto durante il corso dell’Assedio d’Ancona che nelle Spedizioni precedenti, e che sono in Ancona, o sopra i Bastimenti Russo-Turchi o nella Divisione occupata dal Sig. Generale FRELIGFI, saranno resi da una parte, e dall’altra immediatamente dopo la sottoscrizione della presente Capitolazione e parteciperanno delle disposizioni contenute ne’ suoi Articoli.

Risposta:

ACCORDATO, per li Prigionieri Francesi solamente, che si troveranno ancora nella Divisione del Sig. Generale FRELIC

ARTICOLO VIII.

Tutti gli Individui di qualunque Nazione, o Religione essi siano abitanti nella Città d’Ancona , o che vi si trovino, e segnatamente gli Ebrei non potranno essere inquietati, molestati, né ricercati direttamente, o indirettamente essi, e le loro famiglie sul sospetto, e per la manifestazione delle loro opinioni civili, politiche, e religiose, come per li fatti che sono risultati, pendente il cangiamento del Governo nel Territorio Romano.

Questa disposizione risguarda quei fra loro, che hanno preso le armi, o esercitato degli impieghi Civili, o Amministrativi durante quest’epoca, e che verrebbero molestati per le loro ingerenze.

Risposta:

Il Governo Austriaco farà rispettare il diritto delle Genti verso li Cittadini senza distinzione di opinioni, o Religioni, purché si sottomettino alle leggi.

ARTICOLO IX.

La Commissione Amministrativa d’Ancona, i Membri anteriori delI’Amministrazioni Centrali dei Dipartimenti del Tronto, Musone, e Metauro, dei loro Tribunali, e Municipalità, gl’impiegati in tutti questi corpi Politici, ed i Patriotti della Republica Romana, come pure li Cittadini., e Sudditi delle Potenze alleate della Republica Francese, che vorranno seguire la Divisione d’Ancona, Essi, le loro Famiglie, ed effetti avranno la liberà più intera, né potranno essere ritardati, né impediti sotto qualunque pretesto.

Risposta.

L’Autorità Militare proteggerà l’esecuzione del presente Articolo, uniformandosi alla risposta fatta nel precedente Articolo.

ARTICOLO X.

Le Vendite, e Cessioni dei Beni, fondi situati in Ancona, e suo Territorio, come anche nei Dipartimenti Musone, Tronto, e Metauro sì autorizzate dal Consolato Romano, che dalla Repubblica Francese saranno mantenute inviolabili

Risposta:

Il Sig. Generale FRELICH non puoi decidere, e lascia l’assoluzione di questo articolo ai Gabinetti.

ARTICOLO XI

Li Cittadini Francesi, e loro alleati potranno alienare, o fare trasportare come a loro più piacerà per terra o per mare a loro spese gli effetti, e mercanzie da loro acquistate sino a quest’oggi.

Risposta:

Accordato; se gli Effetti, e Mercanzie non provengono dai Bastimenti, e Carichi presi dai Corsari sopra i Sudditi di S.M. Imperiale, e che non sarebbero stati giudicati di buona preda.

ARTICOLO XII

Sarà permesso alle persone comprese negli Articoli 8. 9.10. 11. di disporre delle loro Proprietà fondarie, e mobiliarie di venderle, o alienare, o percepirne l’entrate, come a loro piacerà: potranno egualmente in caso di vendita, o alienazione trasportarne esse medesime l’amontante, o inviarlo a loro piacimento nei luoghi, ch’essi desidereranno in Oro, Argento, Viglietti a ordine, o Cambiali.

Le suddette Persone potranno in conseguenza nell’intervallo dei sei mesi a contare dal giorno della sottoscrizione della Capitolazione continuare esse medesime la vendita dei loro Beni, e l’esigenza dei loro Crediti con tutta quiete, se esse non amano meglio abbandonare il Paese colla Divisione d’Ancona, e lasciare i Procuratori generali, e speciali, i quali godranno della protezione, di cui avrebbero goduto restando in Ancona.

Risposta:

ACCORDATO, se i Beni, di cui si tratta non erano di pertinenza dell’Antico Governo, delle Comunità Religiose soppresse; o dei Particolari Emigrati.

ARTICOLO XIII.

I Consoli di Spagna, e di Genova avranno la facoltà di restare in Ancona per lo spazio di sei mesi per terminarci i loro interessi con tutta garanzia delle loro Persone, Famiglie, Proprietà, e Carte Personali, o risguardanti le loro Amministrazioni, se meglio non amano ritirarsi colla Divisione d’Ancona, ed in tal caso saranno trattati come il Console della Rep. Francese.

Risposta:

I detti Consoli saranno rispettati, e protetti.

ARTICOLO XIV.

Se vi fosse qualche Articolo nella presente Capitolazione soggetto o qualche oscurità sarà interpretato secondo I’equità a favore della Divisione d’Ancona.

ARTICOLI ADDIZIONALI.

  1. La Cassa del Pagatore della Divisione, i Viveri, ed effetti dei magazzeni della Rep. Francese saranno rimessi appresso ricevuta nelle mani dell’Assediarne, segnata che sarà la Capitolazione.
  2. L’artiglieria dei Forti, del Porto, della Piazza, ed oggetti annessi, le Piante, e Carte relative alle Fortificazioni, ed all’interesse militare del Paese, saranno rimesse ai Commissarj , che saranno destinati per riceverli, dopo averne fatto Inventario, e rilasciata Ricevuta.
  3. Li disertori dell’una, e l’altra parte saranno restituiti.

Risposta:

CONVENUTO per li Disertori Austriaci solamente

  1. Per la garanzia, ed esecuzione di tutti gli Articoli della Capitolazione saranno dati degli ostaggi, ed il Sig. Barone di FRELIC Tenente Generale Commandante le Truppe Assedianti Ancona si rende responsabile della sicurezza della

Divisione dal momento dell’occupazione dei Posti sino al suo destino, come anche dei danni che potrebbero esser fatti a quelli, che la compongono.

  1. Segnati che saranno gli Articoli della Capitolazione, i Picchetti delle Truppe di S. M. Imperatore, e Re occuperanno le Porte di Francia, e Farina in numero eguale, e congiuntamente ai Francesi.
  2. Ventiquattro ore dopo la sottoscrizione dei ridetti Articoli le Truppe della Divisione d’Ancona evacueranno i Forti, e la Piazza in una sola Colonna con tutti gli onori della Guerra ottenuti nell’Articolo primo: si renderanno il medesimo giorno a Sinigaglia con le loro armi, che deporranno, eccettuati li Militari, ed Impiegati, che devono conservarle.

Risposta:

Convenuto, ma la Truppa Prigioniera deporrà le sue Armi a Fiumesino.

Fatto, convenuto, e decretato in Ancona li 23. Brumale an. 8, della Republica Francese una ed indivisibile.

Il Generale di Brigata Comandante la Divisione d’Ancona MONNIER

Sottoscritto Piè della Croce 13 Novembre 1799.

FRELIH Tenente Generale

DOCUMENTI RELATIVI ALLE INSORGENZE NEL PICENO NELL’ANNO 1799

a cura di Carlo Tomassini

Documento n. 1

Lettere di Pio VI e Giuseppe II d’Asburgo – 3 e 19 agosto 1782

= PIO VI. Prevalendoci di quella amichevole libertà che piacque alla M.V. gentilmente esibirci, cioè che quando avessimo inteso che fosse per farsi da V.M. alcuna mossa, che avessimo creduta discorde dalle buone regole e pregiudizievole alla Religione, ne avessimo scritto confidenzialmente in dirittura alla M.V. Quindi è che essendoci pervenuto all’orecchio che V.M. vada pensando di togliere tutti i fondi alle Chiese ed agli ecclesiastici della sua monarchia, e ridurli semplici pensionarj, non possiamo dispensarci di pone in vista che se si effettuasse un tal pensiero, ridonderebbe alla Chiesa una lacrimevole lesione ed ai buoni uno scandalo irreparabile. Non è di nostra ispezione entrare nel politico e nell’economico de’ suoi Stati – benché in questa parte non cediamo a qualche Affezionato suo per ogni di lei giusto vantaggio — tuttavia non dobbiamo prescindere dai riflessi di deperizione delle rendite ecclesiastiche che coll’amministrazione da farsi dai secolari dei fondi non propri, dell’infrazione dei patti stabiliti fra’ suoi antecessori e diverse province, della ferita apportata alla Costituzione degli Stati, della violazione delle disposizioni dei pii fondatori, delle conseguenti pretensioni, che susciterebbero i loro eredi di rivendicare gli stessi beni: tutto ciò lo lasceremo da parte, come oggetti alieni dal nostro ministero, e che non sfuggiranno dalla penetrazione di V.M. Parleremo soltanto di ciò che non possiamo omettere per debito di coscienza, e le diciamo che il privare le chiese e gli ecclesiastici del possesso dei loro fondi temporali è in dottrina cattolica un errore manifesto, condannato dai Concili, esecrato da’ santi Padri e qualificato dai più rispettabili scrittori per dottrina velenosa, per dogma scellerato. Ed infatti per sostenere una tal massima a pro del sovrano, convien ricorrere ai falsi insegnamenti dei Valdesi, dei Vecleisti e degli Ussiti e di quanti altri pur sono andati d’accordo con loro, e specialmente dei liberali infetti del tempo. Non dobbiamo qui annoiare con una tessitura di citazioni nelle quali si legge che quelli che mettono mano ai beni della Chiesa per loro profitto, Rei sunt damnationis Ananie et Saphire et oportet eiusmodi tradere satane ut spiritus salvus sit in die Domini. Solo ci ristringeremo a riscrivere quanto nel XII secolo avvertì Giovanni patriarca d’Antiochia, che quantunque scismatico, non poté soffrire l’abuso del Principe che voleva, come utile, disporre a favore de’ suoi Stati dei fondi delle Chiese, così scrivendo: “Essendo tu uomo corruttibile, mortale e di corta vita, osi di dare ad un altro uomo quello che non hai? E se dici di donare quello che hai, e pensi che siano tue le cose di Dio, fai Iddio te stesso. Qual uomo dotato di senno chiamerà ciò provvidenza ed utilità e non piuttosto trasgressione, disubbidienza estrema e perniciosissima iniquità? Come può essere e dirsi cristiano chi profana le cose, siano qualsivogliano, (de)dicate e consacrate al nostro Iddio e celeste re Cristo?” Sappiamo che i contraddittori, male interpretando ed abusando di alcuni testi delle sacre Lettere, credono di ben stabilire in questa parte i loro errori, ma noi senza venire ad un esame di tali maligne applicazioni, domandiamo a V.M. se in dicendo gli stessi autori, che in forza di altri testi delle sacre Scritture non si può ammettere nel mondo sovranità, crederebbe la M. V. che tali testi scritturali fossero chiari e convincenti per l’assunto onde doversi spogliare della sua sovranità per salvar l’anima? Noi crediamo anzi chi penserebbe il contrario, ed in così pensando, penserebbe come pensiamo anche noi. E lo stesso dee dirsi dell’altro, in cui li nemici seguenti della Chiesa, gli eretici, li cattolici di apparenza, i falsi maestri, e gli adulatori dei Principi, attribuiscono ai medesimi in base dei passi della Scrittura, il diritto di togliere alla Chiesa e ai suoi ministri la proprietà ed il possesso de’ loro beni. Dovrebbero pur sapere costoro che i Leviti d’Israello possedevano vaste campagne ed intere città e che come fondi santificati erano inalienabili ed in pertinenza del Sacerdozio. E perché dunque non conciliare il libro del Levitico, dei Numeri, dei Re con le altre espressioni che a chi non sa sembrano fra di loro contraddittorie e far lo stesso con i testi del Vangelo e con gli Atti degli Apostoli, come hanno fatto i santi Padri per tacciare, con manifeste eresie, di contraddizioni i sacri Libri dettati dalla stessa divina Sapienza? Facciamo uso di questi riflessi non perché possiamo mai persuaderci che V. M. abbia cuore di non rendere di peggiore condizione le Chiese, di qu(anto) sono le famiglie particolari, e di seguitare l’esempio di soli Principi Protestanti e segregati dalla nostra Comunione, ma affinché la M.V. senta in poche righe ciò che gli dee aver detto alcuno degli odierni pensatori. Non dissimuliamo che purtroppo alcuni fra i molti ecclesiastici faranno di tali beni un uso mai retto: ma che da ciò? Forse questa sarà ragione per farne uno spoglio ed una appropriazione chiamata sacrilega e farla generale a danno della Chiesa, dei successori e di quelli che l’impiegano secondo i dettami delle sacre Ordinazioni? Nei colloqui avuti con V. M. non entrammo in questa materia, che a termini di particolare temporaneo sequestro, e non ci siamo dimenticati di aver dette delle ragioni per le quali ci parve la M.V. persuasa a doversene astenere. Ma se ci avesse proposto il dubbio di una illimitata privazione per passare i beni delle Chiese all’amministrazione de’ secolari, le avre(mm)o aggiunto ragioni molto più rinforzate con le quali l’avre(mm)o convinta deporne il pensiero.

Quello che la mancanza di apertura non ci diede adito allora di fare colla viva voce, l’abbiamo fatto in ristretto colla presente, la quale, se non avesse eguale efficacia, farebbe conoscere a tutto il mondo cattolico che V.M. non ha fatto alcun conto dei nostri suggerimenti o che presto se n’è dimenticata: giacché in questa sola novità si conviene il rovesciamento di quelle massime cattoliche che ci permise di rilevare. Preghiamo di cuore il Signore che faccia sempre risplendere nell’effettivo Governo della M.V. quelle proteste del suo attaccamento alla purità della Religione in modo che mai restino deluse da fatti contrari. Fin qui ci siamo prevalsi di altra mano più corrente e più facile a leggersi della nostra, per affatigar e tanto di meno la vista di V.M. Con questa rispettosa dichiarazione passiamo ad abbracciarla con pienezza di affetto e col darle la Patema Apostolica Benedizione: Datum Romae apud s. Mariam Maiorem die 3 augusti 1782, pontificatus nostri anno VII. Pius pp. VI.

 

<RISPOSTA DELL’IMPERATORE>

= GIUSEPPE: Ho l’onore di rispondere a posta corrente alla lettera che là S.V. viene di scrivermi sul supposto che io voglia togliere tutti i fondi alle Chiese ed agli ecclesiastici e ridurli tutti ad essere semplici pensionarj. Le relazioni delle persone che mi procurarono già l’alto onore di vedere la S.V. alla mia residenza mi hanno anche senza dubbio procurata questa nuova testimonianza in scritto della sua amicizia e del suo zelo apostolico. Non posso dir altro, senza stendermi in lunghezze, se non che il supposto pervenuto alle sue orecchie, come la S.V. si esprime, è falso e senza andar cercando i testi tanto della Scrittura, che dei santi Padri, però sempre soggetti ad interpretazioni e spiegazioni, tengo una voce in me, che mi dice quello come Legislatore e Protettore della Religione mi convien di fare e di tralasciare. E questa voce coll’aiuto della divina grazia e col carattere onesto ed equo che mi sento, non può mai indurmi in errore. Se la S. V. vuole restar persuasa di questa verità, come lo spero, la prego anche di credermi con più filiale attaccamento e rispetto: 19 agosto 1782 Giuseppe.

-.

Documento n. 2

Sulla cessazione dello Stato Pontificio: P. Vincenzo Maria Strambi, anno 1798

(…) Se poi si domandasse sia espediente e vantaggioso che la Chiesa abbia dominio e Principato, vi si può rispondere che la cosa è assai dubbia e controversa anche presso le persone più savie e meglio affezionate alla stessa Chiesa. Imperocché se per una parte l’aver dominio è stato proprio perché dia alla Chiesa e ai suoi Ministri una maggior libertà nel promulgare la volontà dell’Altissimo e facilità maggiore nello stabilirne i mezzi per bene eseguirli. Per l’altra parte l’essere la Chiesa e i suoi Ministri privi di ricchezza e di dominio, pare che li mantenga più raccolti nel servizio di Dio, più distaccati dalle cose terrene, più umili in tutta la loro condotta, più affabili e più solleciti del bene del Prossimo, e cosi più amabili a Dio ed agli uomini.

Il certo si è che siccome l’uomo veramente savio si accomoda a tutte le disposizioni della provvidenza, e di quelle si prevale per adempire i disegni dell’Altissimo in bonum. Così quando una certa necessità, come la chiama S. Bernardo De Consideratione lib. 4, c. 3, faceva che si ritenesse dominio, e Principato, gli Ecclesiastici santi colla loro virtù tutto facevano servire all’accrescimento della gloria di Dio. Così mentre, non senza sovrana disposizione di Dio, la Chiesa resta priva di dominio, Dominus abstulit; gli Ecclesiastici che hanno veramente lo spirito del Signore e della sua Chiesa, non trascureranno di raccogliere da questa privazione tutti i preziosi vantaggi, che se ne possono ricavare.

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Documento n. 3

Omelia del Vescovo di Imola (futuro Pio VII), anno 1798

<Ecco le linee direttive dell’Omelia del Cardinale Chiaramonti: Libertà, fraternità, democrazia>.

«La libertà cara a Dio e agli uomini è una facoltà che fu donata all’uomo, è un dominio di poter fare e non fare, ma sempre sotto la legge divina ed umana. Non esercita ragionevolmente la sua libertà chi si oppone alla legge baldanzoso e ribelle;1 non esercita ragionevolmente la sua libertà chi contraddice a Dio e alla temporale sovranità, chi vuol seguire il piacere e lasciare l’onestà, chi s’attiene al vizio ed abbandona la virtù… La forma di governo democratico, adottata fra di noi, o dilettissimi fratelli, no, non è in opposizione colle massime fin qui esposte, né ripugna al Vangelo: esige anzi tutte quelle sublimi virtù che non s’imparano che colla scuola di Gesù Cristo, e le quali, se saranno da voi religiosamente praticate, formeranno la vostra felicità, la gloria e lo splendore della vostra repubblica » (…)

« Decidete quanto conferiscano i precetti del Vangelo, le tradizioni degli Apostoli e dei grandi filosofi Padri e Dottori cristiani a conservare la pace, a far risplendere la vera grandezza dello stato democratico, a fare di tanti uomini, dirò così, tanti eroi di umiltà, di prudenza nel governare, di carità nel fraternizzare fra loro stessi e con Gesù Cristo… Il luminoso oggetto della nostra democrazia dev’essere di stabilire la massima possibile unione di sentimenti, di cuori, di forze fisiche e. morali, onde ne derivi una soave fratellanza nella società (…) nella democrazia studiatevi di essere della massima possibile virtù e sarete i veri democratici: studiate ed eseguite il Vangelo e sarete la gioia della repubblica…

La religione cattolica sia l’oggetto più prezioso del vostro cuore, della vostra divozione e di ogni altro vostro sentimento. Non crediate che ella si opponga alla forma di governo democratico. In questo stato, vivendo uniti al vostro Divin Salvatore, potete concepire una giusta fiducia dell’eterna salute, potete operare la felicità temporale di voi stessi e dei vostri simili e procurare la gloria della repubblica e delle autorità costituite. Sì, miei cari fratelli, siate buoni cristiani e sarete ottimi democratici ».

 

Documento n. 4

Giuramento del Vescovo di Fano – 26 febbraio 1798

Voi ora siete Sovrano, o mio Popolo, e Dio, il grande Iddio vi ha dato questa sovranità. Io sono, o Popolo, il vostro Vescovo. E fu Dio che mi chiamò e per mezzo del suo Vicario mi ha assunto a carico così tremendo.

I regolatori voi siete di quelle vie che conducono l’uomo ad essere felice in terra, ed io sono il regolatore di quelle vie che conducono l’uomo ad essere felice in Cielo.

Io adoro nelle vostre mani le democratiche leggi, ma voi adorate ancor nelle mie, le leggi dell’Evangelo.

Oh sante leggi dell’Evangelo, qua, a me, oggi, che vi consegni al mio Popolo, onde egli che è Sovrano sia mai sempre democratico senza colpa, democratico con virtù. Oh, leggi democratiche, qua, a me, pure in quest’oggi. Voi avete, o Popolo, alle leggi dell’Evangelo quell’ossequio che è ben dovuto alle leggi dell’Evangelo di Gesù Cristo: morir piuttosto che violar questa legge.

Io debbo alle vostre leggi, ubbidienza e rispetto, e tal rispetto e ubbidienza che ognuno impari a rispettarle e ubbidire.

Ohimè! Se ardito io fossi di violarle, sarei colpevole di più delitti, sarei meritevole di molte pene. Ma o quali atroci pene voi pure avreste non solo in terra, ma anche all’inferno, se violate un sol precetto dell’Evangelo, se vi scostaste dagli esempi del Crocifisso:

Io no, che esser non voglio reo di in ubbidienza alle vostre leggi, ma voi nemmeno esser lo dovete a quelle che già vi imposi a nome del vostro Dio.

Deh, rammentate, o Popolo, in vostro cuore, rammentate quei giuramenti che faceste là nel Battistero, ché io, anch’io con giuramento m’obbligo al mio dovere.

GIURO, ecco, o Dio le mie parole, ecco la mia promessa, giuro fedeltà al democratico attual governo, giuro obbedienza alle sue leggi, ma ad un tempo a voi giuro fedeltà e ubbidienza, o mio Dio, fedeltà ed ubbidienza adorabili Comandamenti e alla vostra Chiesa

Oh, sacerdoti, o ministri del Divin Culto, giuro anche per voi, e Dio riceva in religioso olocausto i nostri inviolabili giuramenti.

Sebbene, ah, perché, o mio popolo, anzi miei figli, mia corona e mio gaudio, perché non posso giurare anche per voi. Voi sì che potete adesso formarvi i vostri rappresentanti, le vostre leggi, ma poi, formati gli uni, formate le altre, dovete anche voi rispettare entrambe, e ubbidire con fedeltà. E’ Dio che così vuole, quel sapientissimo Dio, che arbitro e regolatore delle sorti del mondo, le dispone e modera a suo talento.

Voi qui vedete tra i vostri concittadini, quegli che rappresentano la vostra sovranità.

Essi rispetteranno sempre la Religione, terranno da voi lontani i fulmini di Gesù Cristo, onoreranno l’infallibile successore di Pietro e la sua fede, saranno scudo e difesa al cattolico Culto, al sacro tempio, ai suoi ministri, ma tutti insieme custodi ed esecutori delle vostre leggi, ne esigeranno veglianti e solleciti l’adempimento.

Fra questa loro rappresentanza, non è ella tale che al dir di Paolo, vi obbliga ad adorare in esso gli altri decreti, e le disposizioni del vostro Dio, con spirito d’ubbidienza? Eh, sì pur dunque ubbidienza, anche per voi o mio popolo, fedeltà e ubbidienza all’attuai vostro Governo e agli attuai vostri rappresentanti. Ma avvertite questo spirito di fedeltà, questo spirito d’ubbidienza ove più vigoroso lo trovate, se non tra gli augusti veli di Religione?

Adempiansi queste leggi che io vostro Pastore vi addito nell’Evangelo e sarete Sovrani ad un tempo e sudditi integerrimi e virtuosi.

Oh, beato quel Popolo ove nelle massime e nei costumi, trionfa il Vangelo, perché trionfano insieme con lui, la pace il buon ordine, la giustizia!

Beato quel popolo ov’è la Repubblica protetta dal Crocifisso, e il Crocifisso difeso dalla Repubblica, mentre con sì mirabile unione, resta assicurato il doppio bene all’uomo in ordine alla terra e al Cielo.

Cari miei figli, mentre io su questo Altare, consapevole dei miei voti e delle antiche mie lagrime, Altare che mi mostra le sacre ceneri del mio Vescovo Fortunato, Altare che mi ricorda i favori e i voti dell’Ammirabile Madre Maria, mentre io deposito i miei già formulati giuramenti, voi venerateli con Religione. Son giuramenti del vostro Vescovo. Ma ad un tempo accoppiate ad essi le vostre risoluzioni, fervide risoluzioni d’osservare la santa legge di Dio, d’amarvi in Dio, d’essere cittadini nelle vostre intraprese, diretti sempre alle intenzioni di Dio

Oh, Dio, piovete amoroso Sole dal Cielo, che infiammi di carità, illumini le nostre menti, ecciti in cuore, generosi affetti di religione e di Fede.

Rendete santo il Pastore, rendete sante la Greggi onde tutti possiamo un giorno cantarvene, nell’eterna Gerusalemme, inno più giulivo e festoso, del festoso inno giulivo, che ora sciogliamo qui ai piedi del vostro Altare.

Nota: questo foglio, probabilmente portato da don Valeriano Orazi segretario del vescovo di Fano e canonico a Santa Vittoria, ov’è rilegato nel registro n° VI “Iura”, carte 359-360.

 

Documento n. 5

Proclama di Fernando re di Napoli – 14 novembre 1798 (ortografico)

= FERDINANDO IV per la grazia di Dio re delle Sicilie e di Gerusalemme, infante di Spagna, duca di Parma, Piacenza, gran Principe ereditario delle Toscane etc.

Quantunque fin dal principio delle rivoluzioni politiche, che da qualche tempo hanno turbato la tranquillità in varie parti del mondo, avessimo noi procurato di provvedere alla costante sicurezza dei nostri reali Stati e Domini col tenerle lontane le perniciose massime e i seduttori, riordinare ed accrescere le nostre forze armate, stringere con più forti nodi le alleanze con le potenze amiche, stipulare trattato di Pace con la Repubblica Francese, ed esaudire ogni altro mezzo di operazioni pacifiche: pure nondimeno ci siamo trovati nella dura circostanza di vedere in pericolo la quiete ed indennità dei nostri Stati per motivo dell’inaspettata mutazione di Governo del limitrofo Stato Romano, accompagnata dalla sovversione di ogni sano stabilimento, dal danno della santa religione cattolica e da civili discordie e luttuose scene di massacri e depredazioni. Questi avvenimenti, l’imprevista occupazione dell’Isola di Malta di nostra regia pertinenza e le continue minacce di prossima invasione nei nostri Domini, confermate da apparecchi guerrieri e da movimenti di truppe alla volta di questo Regno di Napoli, ci hanno indotto a prendere altri più efficaci provvedimenti, onde allontanare dai nostri Domini qualunque danno e pericolo. Abbiamo pertanto determinato di fare avanzare il nostro reale esercito dentro lo Stato Romano fin dove l’urgenza lo richiederà, con la ferma volontà di ravvivarvi la cattolica religione, farvi cessare l’anarchia, le stragi e le depredazioni, ricondurvi la Pace, e porlo sotto il regolare Governo del suo legittimo Sovrano. Dichiariamo ai nostri amatissimi sudditi, agli abitanti dello Stato Romano, ed agli altri popoli dell’intera Italia che (lungi dal muovere guerra contro alcuna Potenza) il solo desiderio di provvedere alla loro sicurezza e di rendere il dovuto onore alla religione ci ha mosso a questa intrapresa nella quale Noi col soccorso del sommo Dio, secondati dai validi aiuti dei nostri grandi alleati e dall’opera delle Nazioni Italiane, speriamo avere felicissimi eventi. Noi stessi alla testa dei prodi soldati del nostro invitto esercito, dirigeremo le loro operazioni militari e ci impegneremo di fare uso delle loro forze nei soli casi di resistenza e di aggressione, mentre in ogni altro rivolgeremo le nostre cure soltanto agli indicati sacri oggetti della Religione e del riordinamento del Governo dello Stato Romano. Con tale prevenzione adunque esortiamo gli abitanti tutti del detto Stato Romano di deporre le armi nel momento dell’ingresso del nostro esercito nel loro territorio; di conformare a quelle disposizioni che saremo per dare in favore di essi e della salvezza comune, di facilitare con i possibili mezzi e aiuti la nostra giustissima intrapresa, e di essere sicuri che Noi, facendo uso della nostra naturale giustizia e clemenza, non solo proteggeremo e ricompenseremo i buoni e virtuosi, ma ancora raccoglieremo con paterno affetto i traviati che, pentiti dei propri errori, volontariamente ritorneranno nel diritto sentiero e si sottoporranno al nostro comando.

Inculchiamo pertanto a tutti di abbandonare ogni idea di vendetta per il danno che per la passata rivoluzione gli uni avessero agli altri arrecati e di astenersi da qualunque sorta di eccesso di rappresaglia, sotto pena della nostra reale indignazione, di essere trattati i contravventori come nemici della pubblica sicurezza.

Esortiamo parimenti i Generali e Comandanti di qualunque esercito estero di far subito ritirare tutte le loro truppe fuori dal territorio romano, senza prendere ulteriormente parte nelle avventure di quello Stato la cui sorte per ragione di vicinanza e per altri legittimi motivi interessa principalmente la nostra Regia Podestà. Infine manifestiamo che dal punto in cui il nostro esercito sarà entrato nel territorio Romano, vi sarà libera comunicazione tra le sue popolazioni e quelle del Regno, del quale per provvedere alla sussistenza delle Reali truppe ed al bisogno degli abitanti dello Stato Romano, faremo nel medesimo trasportare i generi necessari di viveri ed altre occorrenze.

Dal Quartiere Generale di S. Germano 14 novembre dell’anno 1798. Ferdinando

  1. Acton

(Nel registro VI “Iura” dell’archivio capitolare Santa Vittoria in Matenano, cc.362s. Nota: la guerra del re di Napoli contro la Repubblica Romana, risulta dichiarata il 23 novembre 1798 nel “Distinto ragguaglio della totale disfatta riportata sul formidabile esercito napoletano dalle invitte falangi della Grande Nazione” stampa dell’epoca.)

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Documento n. 6

Ascoli 5 febbraio 1799: sottomissione pacifica

= LIBERTA’   REPUBBLICA ROMANA   EGUAGLIANZA

LA MUNICIPALITÀ’ D’ASCOLI

Alle Popolazioni vicine, Perdono, e Pace per le Communi Armate del Tronto. Dopo varie trattative in iscritto, e a voce colla mediazione nostra, e per mezzo de’ virtuosi Ecclesiastici, Secolari, e Regolati, spediti in tutte le Comuni, il General Francese dimostrando la sua brama di fare cessare i disordini, e risparmiare le conseguenze funeste di una spedizione di Truppe sulle nostre Campagne, trovò il Comandante, e Capitani delle Popolazioni armate, nelle medesime disposizioni di procurare il maggior bene; Quindi in risposta ad un foglio dei prelodati Capitani de’ 4 Febraro furono sottoscritti i seguenti Articoli fissati dal prode, ed umanissimo Generale.

Ascoli 5 Febbraro 1799 V.S. 17 Piovoso, Anno 7. della Repubblica Francese.

Il Generale Francese vede con piacere, che i Montagnoli Insorgenti vogliono acconsentire alla Pace.

Le Truppe Francesi non possono farne, che di onorevole, e di giusto: in conseguenza il Generale Francese animato dal desiderio della Pace, non può donarla, che alla Condizione di già descritta cioè:

  1. Perdono generale per tutte le Communi.
  2. Tutte le Communi daranno un Ostaggio della loro sincerità alla Pace.
  3. Questi Ostaggi saranno sotto la risponsabilità di un’abitante di Ascoli.
  4. Niuno sarà ricercato nella sua passata condotta.
  5. Non sarà levata alcuna requisizione alle circostanze insorte.
  6. Nel Caso, in cui non possa trovarsi un Ostaggio ne’ Villaggi, il Generale Francese accetterà un Abitante, o Prete di Ascoli, che rappresenterà questo Villaggio. (…) Firme di 22 Comandanti (omesse)

 

ARTICOLO ADDIZIONALE

Se non si sono posti gli Articoli relativi al servizio della Religione, alle Campane, e alle Prediche, è perché questi Articoli non possono incontrare alcuna difficoltà poiché già sono accordati dal Capo medesimo delle Truppe, il quale da vari giorni ha dato l’ordine di far suonare le Campane, ed hà protette tutte le Chiese, e promesso il libero esercizio del culto; poiché in fine la facoltà la più intiera sopra questo punto è già accordata da un Proclama del Generai Dahesmer. Per scanzo di ogni equivoco, il Generale Francese conferma le disposizioni a questo riguardo.   Ascoli 17. Piovoso Anno 7. DARGOUBET

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Documento n. 7

PROCLAMA 26 maggio 1799 a Servigliano per l’insorgenza

Per FERDINANDO IV Re delle Due Sicilie e di Gerusalemme, ecc.

Il conte CLEMENTE NAVARRA

Brigadiere delle Truppe arrolate in massa, Napol. e Pontificie

«Ergete la fronte, Popoli generosi del Piceno. Eccovi il felice momento di ravvivare la nostra Santa Religione, di rimostrare il nostro attaccamento al Sovrano e di sottrarci da questa anarchia che sì barbaramente ci opprime. Correte tutti alle armi, e ricordatevi di quel ch’è scritto nelle Sagre Carte nel libro di Judith, cap. 15, v. 6: Omnis itaque regio omnisque Urbs electam Juventutem armatam misit post eos, et persecuti sunt eos in ore gladii quousque pervenirent ad extremitatem finium eorum.

Io vi chiamo a difendere la causa comune, fidate in Dio, nei grandi alleati, nel coraggio avito… Si agirà col massimo rigore delle leggi, perché ritorni il buon ordine, facendo noto a tutti con questo Editto, che in ciascun paese siano reintegrate le Magistrature, alle quali inculco di proibire affatto, che truppe di gente armata dal capriccio, col pretesto della buona causa, vadino scorrendo per le campagne e paesi, arrestando delle persone, e farsi lecito di saccheggiare, fucilare, ed incendiare. Chiunque ardirà ciò tentare sarà considerato come nemico dello Stato, e punito come tale. Ogni truppa armata dovrà dall’invitto mio generale de Donatis, o da me dipendere, né si riconosceranno altre truppe, che quelle da Noi disposte, ma gli abitanti tutti siano preparati a prendere le armi al suono delle campane a martello; ed accorrere al bisogno, se mai truppa nemica ardisse attaccarci, avvertendo, che quel paese, che tardasse ad accorrere, sarà dichiarato ribelle, e come nemico della patria militarmente castigato. Epperò voi tutti del clero, e specialmente voi, Pastori delle Anime, concorrete ad una impresa così gloriosa, e destate con vivezza le scintille della Pietà, e del languente costume, e fate risorgere fra le vostre contrade la purità della infallibile Nostra Religione, e tentare ogni mezzo coll’esempio, e colla voce, perché ritorni in noi quella pace, che finora ci è stata sì barbaramente rapita. Chiunque vorrà con Noi prendere le armi in questa sì nobile gara, si presenti a me, e agli Uffiziali maggiori per avere le necessarie istruzioni e per essere autorizzati colle patenti del Re delle Due Sicilie e più d’ogni altro io chiamo coloro che con eguale valore e fedeltà diedero prova allorché erano aggregati alle truppe Pontificie.

Dato dal Quartiere gen. di Servigliano, questo dì 26 maggio 1799. »

Documento n. 8

PROCLAMA: Ascoli 27 maggio 1799 per l’insorgenza

= FERDINANDO IV PER LA GRAZIA DI DIO RE DELLE DUE SICILIE DI GERUSALEMME ECC.

  1. DONATO ANTONIO DE DONATIS GENERALE IN CAPO DELL’ESERCITO IN MASSA PER LA SUA MAESTÀ’, CHE DIO LA GUARDI

«Popoli di Acquaviva aprite ormai gli occhi alla luce del giorno. Sentite la voce di uno, che ama il vostro vero bene. O Voi stringete le armi in favore delle nostre vittoriose truppe, ed allora troverete in Noi un amico sincero, ed affettuoso, che lungi dal prendere vendette delle vostre insolenze passate addosserà la valida protezione e di Voi, e delle sostanze vostre: o vi dichiarate nostri nemici, ed allora aspettatevi pure, che Noi con tutte le nostre forze affronteremo i vostri fuochi, vi piomberemo addosso, vi saccheggeremo usando ogni rigore militare. Pensate a Voi: decidete con prontezza e dentro due ore mandatene la risposta ».

Ascoli, 27 maggio 1799.

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Documento n. 9

Insorgenza: 26-29 Maggio 1799 a Castel Clementino

Dì 26 del corrente mese di Maggio: si manifestò a Castel Clementino il piano di una controrivoluzione da eseguirsi con l’aiuto e intesa degli Insorgenti Napoletani, alla cui testa si pose Clemente Navarra con la carica di Brigadiere a lui conferita da D. Donato De Donatis, generale in capo dell’Armata in massa Napoletana. Con l’intesa, come dicono, che la mattina seguente dovesse ivi giungere l’avanguardia di tale armata. La mattina del divisato giorno si cercò che i Parroci di detto luogo avessero predicato dall’altare di doversi tutti venire contro i francesi; ma i Parroci mostrarono ripugnanza di farlo, e il curato Burocchi per non esserci obbligato pensò di celebrare nella sua chiesa. Nonostante s’inalberò la Bandiera Napoletana, e si affissero editti con i quali s’invitava il popolo ad unirsi e si ordinava il ristabilimento delle antiche magistrature. La Terra di Santa Vittoria si accomodò per prima a seguire tale piano. Vi si atterrò l’Albero, si unirono delle persone, e alla testa uscì il noto Majeschi il quale si mostrò meno impegnato. Dietro tali incitamenti il giorno appresso 27 detto, la campana di Castel Clementino, che aveva cominciato a suonare a martello insieme col tamburo la sera innanzi seguitò a fare lo stesso

fin dalle otto della mattina e lo stesso si fece in Santa Vittoria, per adunare gente. Il dopopranzo di tale giorno si sentì simile furore e rimbombo di tamburo in M. S. Martino dove però non accorsero se non pochissimi contadini, che, sentito il motivo, amarono meglio di tornarsene alle loro faccende della campagna.

Ieri mattina 28 si intese lo stesso suono in Sant’Angelo <in Pontano> dove era stato dichiarato capitano Giuseppe Gentili. Per buona sorte di questo luogo, la commissione di fare lo stesso fu data all’Egamennoni insieme con la patente di capitano e i proclami da affiggersi, con ordine di eseguire tutto appena qui ritornato. Ma poiché la patente l’aveva presa per forza, come dice, non eseguì punto l’addossatagli commissione, cosicché questo luogo si preservò immune fra l’incendio che ardeva in ogni intorno, e siamo stati solo spauriti di quello che facevano gli altri, fino alle ore 14 circa del giorno di ieri, quando si intesero dalla parte di Castel Clementino delle scariche di moschettieri, che, ignorando noi cosa significassero, senza pensare alla zuffa che vi seguì col distaccamento della truppa francese e insorgenti, non sapevamo indovinare la causa. Se ne concepì però un sospetto, al vedere per mezzo del cannocchiale, che truppa di gente dalla parte di Falerone andava direttamente a quel luogo, e passava il fiume senza scalzarsi. L’eccidio seguito fu poi saputo da persone che, per curiosità di sapere, s’inoltrarono verso quella parte e più in dettaglio si raccontò iersera, e questa mattina. I morti insorgenti sono stati almeno venti. Tra questi il figlio del Navarra che fu incontrato dalla truppa vicino al molino di Falerone, mentre con 50 insorgenti circa, andava in Falerone, e il capitano benedetto Gualtieri fu ucciso poi in casa al tempo del saccheggio, che fu dei più feroci, con altri vari dei quali non so il nome, e fra questi la persona che stava a suonare le campane a martello, la quale fu sbalzata dalla torre. Secondo le relazioni che giungono, oltre allo spoglio generale fatto in tutte le case di quanto vi era – e vi era molto in alcune specialmente, che non si persuadevano di tale visita – vi è stato il massacro di tutto il mobilio che non si poteva trasportare. I cristalli e i vetri delle finestre furono rotti, i parati lacerati, i comò, i tavolini, le sedie, fatti in pezzi. Insomma si fece un macello e di carne e di roba, come ognuno può figurarsi e come si sentirà più dettagliatamente in appresso.

La sera innanzi <27> di questo tragico fatto si erano fatti arrestare e condurre in quel quartiere generale (così denominato quel luogo dal proclama) il Valeriani e il Venantini di Santa Vittoria; altri di là erano fuggiti, come avevano fatto parimenti altri da Falerone, il cui popolo, come quello di Montegiorgio, era stato il primo ad accorrere per arruolarsi.

Il Brigadiere Navarra si salvò con la fuga, e così si salvarono altri uniti con lui, che presero la fuga chi per una parte e chi per un’altra. La truppa poi che si aspettava dalla parte di Ascoli la mattina del 27 non era giunta e non giunse, perché a Mont’Alto trovò delle resistenze. Il Majeschi che aveva tanto brigato è restato morto anche lui. Raccontano che alle ore 4 del 26 partisse dal quartiere

generale e se tornasse a Santa Vittoria, cosicché non fu presente alla zuffa, ma inteso poi quanto successo, dicono che tornasse là per comprare delle robe prese nel saccheggio e che da quattro contadini fosse ammazzato avendogli trovato addosso molti “pezzi duri”.

Non mancò poi neppure qui una scenetta e fu che alle (ore) 19 circa di ieri 28 si presentò il capitano Giuseppe Gentili con sette altre persone del seguito, entrati per la porta del forno, i quali direttamente andarono alla porta del convento di San Francesco, andando dicendo per la strada Napoletani! Napoletani!

Appena smontato di cavallo il capitano suddetto, invece di entrare in convento, fece sul momento arrestare Giovanni Vecchi che passava in quel punto, e poi per la stessa strada, se ne ritornarono indietro senza far altro. Giunti avanti alla casa di lui, si fece incontro la moglie che si mise con le lacrime a scongiurarli di lasciarle il marito; ma il capitano diceva di condurlo al quartiere generale (che non so dove fosse) e gli altri di farlo a pezzi fuori della porta come Giacobino e supposto reo di aver <informato> i francesi perché venissero contro Castel Clementino. Il fatto è che lo condussero fino a San Rocco, ma poi, sopraggiunto il padre e don Santi Luccarini, li cominciarono a pregare di nuovo del rilascio; e sul giuramento che prestò don Santi che non fosse Giacobino, e che non aveva mai avuto alcun carreggio lo dimisero e se ne andarono per i fatti loro.

Ecco la storia genuina dell’accaduto nelle nostre vicinanze, e qui preghiamo Dio che le cose finiscano così. Ma temo di peggio. Pacifico Cornacchia di Santa Vittoria, arrestato dai contadini, fu condannato a Mont’Alto. Andreozzi restò ferito in faccia. Marinelli scampò la morte fuggendo in certi fossi. Majeschi rimase ucciso. Tutti questi andavano uniti a Castel Clementinoper ottenere dal comandante francese che non facesse andare la truppa a Santa Vittoria, dove si credeva <fosse> diretta dopo il sacco di Castel dementino.

(Autore anonimo probabilmente faleronese di un manoscritto n. 946 presso la biblioteca comunale di Macerata qui riferito in trascrizione corretta per l’ortografia)

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Documento n. 10

IL COMANDANTE GENERALE DELLA MONTAGNA GIUSEPPE CELLINI AI POPOLI DELLO STATO PONTIFICIO – INDIRIZZO –

Ascoltate, o Popoli amici, la voce di chi ama il vostro bene. Non è più tempo giacere in una colpevole inerzia, e sostenere più lungamente una fatale indifferenza. Tutti i vostri Fratelli limitrofi all’Abruzzo Ultra e Citra colle anni in mano già sono in Campo. Essi sull’esempio dei valorosi Sanniti, e da loro scortati, han combattuto e son vincitori. Entro le mura de’ loro Paesi più non spira liberamente l’aria impura, né alcun Francese, né verun perfido Giacobino. Sì l’uno, che l’altro si trova fra’ ceppi, o pallido fugge, e ramingo. Quanto audace si mostra questa infida genìa nel vederci avviliti, tanto vile or si dimostra vedendo il nostro coraggio, l’unione e i progressi delle nostre armi. Queste già spiegano su una ben larga estensione la sua energia. E’ stato un punto, un punto solo investir Norcia, Cascia, Visso, Serravalle, Ponte della Trava, Camerino, Ascoli, Mandola, Comunanza, 5. Vittoria, Montalto, Monte di Novo, Affida ecc. ecc. occuparli, e sollevarli. E’ brava la gente, che muove all’impresa, esperti i Duci che la guidano.

Or siam giunti al felice momento, in cui tutta la fiorente un dì, ed ora languida, e desolata Marca è per prendere l’Armi su cui dietro al divin soccorso, è riposta la propria, e l’altrui salvezza. Correte, o Popoli amici, correte ad unirvi con Noi. Non dubitate, la vittoria è nostra. Non vi è più da temere. I Mari, che bagnano la bella Italia, appena reggono a sostenere gl’immensi Legni Inglesi, Moscoviti, Lusitani, Ottomani. Poche di essi si sono presentati in Ancona, e pochi colpi di Cannoni han fatto sentire a quella bloccata città; e nondimeno han destato in essa la più spaventevole costernazione.

L’invitte Falangi Austro-Russe sono arrivate a Bologna. A Soffia è giunto il real Principe di Napoli con il Figlio del Gran Signore conducente un Esercito sorpendentissimo. Da altra parte vola a prestarci aiuto l’immortale Cardianal Ruffo. Noi ci troviamo con numerosa Leva in Massa, al cui fianco vedesi la intrepidezza, il coraggio, la vittoria. Fiancheggiati, protetti, alleati, assistiti da tante Forze, ditemi, vi può essere da temere? Non vi fate ingannare da certi spiriti deboli, o maliziosi Allarmi, Allarmi.

A ciò vi obligano i doveri della propria coscienza, l’amor della Patria, la fedeltà giurata al Sovrano, la Professione di nostra Santa Religione, la quale, sussistendo, per altro breve tempora Cabala Filosofica, Ateistica, Massonica, va ad annientarsi nei nostri Paesi; vi obbliga il bene delle vostre Famiglie, la tenera vostra Figliolanza, che riclama il Cristiano costume, e la sana educazione; vi obbligano il pericolante onore delle vostre Mogli, il pudore compromesso delle vostre Figlie, i beni già invasi, i diritti violati, le proprie persone colle minacce, e colle armi tante volte investite. Se all’aspetto di santi motivi, e di sì potenti aiuti voi non vi scotete, voi siete colpevoli. Tremate. Il colpo desolatore poco

sta a piombarvi sulle Persone, e sulle Sostanze. Odiosi a Dio, al Sovrano, al Popolo fedele, che aspettar mai non vi dovete di avverso? Deh! riunitevi con noi, e non soffrite alcun disastro.

Giacobini, rovesciatori del Trono, sacrileghi invasori de’ Beni Ecclesiastici, Profanatori de’ Luoghi Sacri, Distruttori dell’Ordine sociale, Increduli, Miscredenti, Depravatori del buon Costume, Soldati della Cabala Ateistica voi impallidite, e ponete le ali ai piedi. Ma, che giova? L’arco feritore è rivolto contro di voi. Molti de’ vostri pari o son caduti, o son fra le ritorte. Lo so, voi fuggite: ma dove alla fine miseri andrete? Ovunque strascinate l’indegna esistenza, seguiravvi il rimorso tormentatore: ovunque troverete nemici; ovunque l’odio, l’esecrazione vi accompagnerà. Giacobini ricredetevi. Ancora siamo in tempo. Abbracciate anche voi la difesa della Causa comune, e sarete salvi. Ma se per altro breve spazio vi restarete ostinati nel partito Filosofico, guai a voi; siete perduti. Tremate.

In Camerino dal Quartiere Generale 5, Giugno 1799 G. Cellini Comand. Gener. In Capite.

In Camerino 1799. Per Vincenzo Gori.

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Documento n. 11

Difesa repubblicana: Ascoli 4 giugno 1799

LIBERTA’           EGUAGLIANZA      REPUBBLICA FRANCESE

Dal Quartiere Generale d’Ascoli li 16 Pratile Anno VII della

Repubblica Francese una, ed indivisibile.

MONNIER Generale di brigata Comandante in Ancona, e ne’ tre Dipartimenti riuniti in istato d’Assedio

La Città d’Ascoli, divenuta il soggiorno de’ Briganti Abruzzesi, ha posto il Dipartimento nel rischio di perdersi. Gli Abitanti di questa Città ribelle avevano già presa la Coccarda rossa, e trasformate in autorità Monarchiche le autorità tutte della Repubblica. Essi han dirette le orde de’ Briganti co’ quali eransi unite, e quest’uomini infami, vantando il nome di Dio, del Re, e de’ Preti, han commesso i più detestabili eccessi sulle persone, e se ne hanno usurpato tutte le mobili proprietà, ovunque si son presentati. Le prime lor vittime sono state le Comuni di Offida, di Castorano, di Colli, dì Pagliare, di Monte Prandone, e nelle Campagne che se estendono fino a Montalto.

Non potendo sì fatti eccessi non eccitare la generale indignazione, debbon essi risvegliare tutta l’energia delle autorità Civili, e precisamente dalle Guardie

Civiche, per opporsi vigorosamente alle intraprese, che tentar potessero nuovamente gli enunciati Briganti.

Le Truppe Repubblicane si misero in moto: I Briganti sono stati battuti a S. Benedetto, a Ripatransone, in Acquaviva. Hanno fatta la lor ritirata in Ascoli, e là si erano fortificati. La Città La presa d’assalto dopo due ore di combattimento. Questo giorno è stato spettatore delle nostre complete vittorie, e gli scellerati sono stati puniti. Tutti coloro, che non hanno imitato il lor Generale nella fuga, sano caduti sotto i colpi Repubblicani.

Le Truppe, ch’io lascio nel vostro Dipartimento, occupano delle posizioni vantaggiose. Sarà però stabilita, sotto la sorveglianza dell’Amministrazione Dipartimentale, un Cordone sul Tronto composto della Guardia Civica. Una colonna mobile si metterà subito in azione per portarsi su tutti i punti minacciati, ed occupati dai Briganti suddetti.

Ogni Brigante arrestato sarà fucilato sull’istante. Le Comuni, che non si opporranno al loro ingresso, incorreranno nelle pene già significate nel Proclama del giorno 14 (2 giugno).

Signato MONNIER

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Documento n. 12

Ladroneggi degli insorti, luglio 1799, Ascoli

GIUSEPPE COSTANTINI ALIAS SCIABOLONE COMANDANTE LE TRUPPE IN MASSA PER SUA MAESTÀ’

FERDINANDO IV E POTENZE ALLEATE

Io sono informato dei continui ladroneggi che tuttodì si commettono sì in mobili che in bestiami a svantaggio di pacifici contadini. Sono esacerbato oltremodo per tali misfatti e ne prenderò le misure le più forti. Sotto pretesto di nuocere ai giacobini, si commettono l’empietà le più esacrande. Nessun individuo ha il diritto di ciò fare, ancorché il sapete, ma compete al solo sovrano. E’ questo un procedere che si oppone alla Religione Cattolica ed alle leggi di qualunque Governo. Il fulmine del castigo sta per piombare sopra a quelli che invece di desistere da un tal procedere non restituiranno sull’istante ciò che ànno rubato contro ogni diritto di natura e contro la legge di Dio. Io parto sì per unirmi al prode Generale La-Hoz e battere i Francesi; ma guai a quelli che prenderanno a scherzo questa mia risoluzione. Sarò inesorabile anche co’ miei più stretti di sangue.

Ordino però che subito si rimettino i massari ne’ rispettivi paesi i quali formeranno un processo a quelli ritengono o hanno preso bestiami.

Tutti gli abitanti de’ paesi e contadini si uniranno ad arrestare questi

perturbatori del buon ordine. In caso disperato e di resistenza, li autorizzo a far fuoco a tal razza di gente tanto perniciosa alla società.

Questo ordine stampato che sarà, voglio sia affisso in ogni paese e pubblicato nelle Chiese dai rispettivi curati.

Dal Quartier Generale di Lisciano 16 luglio 1799.

LUIGI ANELLI Segretario.

 

Documento n. 13

REGGENZA a Macerata, 20 agosto 1799

L’IMPERIALE – REGIA – PONTIFICIA REGGENZA DELLA MARCA DI FERMO E DI ANCONA

EDITTO

Per supplire alle immense spese, che seco porta il mantenimento di una Truppa attualmente impiegata alla difesa di una causa tanto nobile, e gloriosa, necessita ricorrere sull’istante a dei temperamenti quanto pronti, altrettanto capaci a produrre tutto ciò, che faccia d’uopo al servizio della medesima. Avrebbe voluto l’imperiale-Reggia-Pontificia Reggenza dispensarsi dall’addossare alle Popolazioni qualunque più piccolo peso, ma I’ urgenza dell’affare, e la santità della causa, che si è impresa a trattare, e che siam prossimi a sentire finalmente decisa, esiggono nuovi sforzi da tutti. Quindi è, che dopo le più mature riflessioni, e li scandagli più esatti, quello essendosi creduto il temperamento meno sensibile di ricorrere all’imposizione di un Testarico, regolato però, e diviso nel caso presentaneo in quattro diversi gradi, si è trovata nella circostanza di determinare, come appresso.

Primo = Tutti gl’individui delle Famiglie Nobili, o ascritte in primo grado in qualunque Città, o Terra, comprese in questa Classe le Comunità Religiose, dovranno subito sborsare in mano dei rispettivi Esattori pubblici a quest’effetto deputati uno scudo per cadauna Testa, con l’obbligo di pagare per ciscun Uomo o Donna di servigio paoli tre moneta di rame.

Secondo = Tutti gl’individui delle Famiglie del secondo ceto, o grado, del primo , e secondo de’ Castelli, e de’ Mercanti saranno tenuti per lo stesso titolo pagare bajocchi 40 per cadauno, t ame sopra.

Terzo = Tutti gl’individui delle Famiglie di qualunque altro grado, o ceto saranno obbligati pagare bajocchi dieci per ciascuno come sopra.

Quarto = Tutti li Coloni dovranno pagare bajocchi cinque per ogni testa come sopra.

Macerata dalla Reggenza 20 Agosto 1799.

(Omissis)

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Documento n. 14

<RICORDO DEI NAPOLETANI A PEDASO>

– 25 agosto 1799

È giunto finalmente in questo nostro castello di Pedaso la Real Truppa dell’Invitto Re delle due Sicilie, comandata dal prode Generale Don Donato de Donatis tanto da noi aspettato, e desiderato, ad oggetto di condursi sotto la Piazza di Ancona, dentro la quale i malvagi Francesi e i loro cinque Partitari sonosi riuniti fuggendo. Mercé un tal forte e valoroso soccorso speriamo ora vicino l’esterminio di quella perfida gente, che resiste ancora alle forze delle Potenze alleate, e speriamo altresì di vedere sollecitamente restituita l’intera tranquillità a queste nostre contrade. Intanto, siccome abbiamo ammirato la moderatezza di detta Real Truppa, che, per li vari provvedimenti dati dal riferito signor Generale, non ha recato la menoma molestia e niun danneggiamento agli interessi ed alle persone di questo castello nostra patria, così ne produciamo un completissimo Avviso al pubblico, onde tutti si esultino di giubilo e di contentezza.

Pedaso, 25 agosto 1799.

Li residenti

NICOLA BERNARDINI, Vie. for. e Dep. eccl.

PROTASIO TEODORI, Govern. locale,

BENEDETTO ROSSI, Segretario.

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Documento 15

ARMISTIZIO PACATO, 13 novembre 1799

LIBERTA’             EGUAGLIANZA           REPUBLICA FRANCESE

Ancona Assediata li 23 Brumale Anno 8vo della Republica

Tra il Generai di Brigata. MONNIER’ Comandante in Capo la Divisione di Ancona autorizzato, dal Consiglio di Guerra tenuto a questo effetto di trattare la Resa di Ancona.

Ed il Sig. Barone di FRELTCH Luogotenente Generale di Sua Maestà Imperatore, e Re, Comandante in Capo le Truppe che assediano Ancona.

La. presente Capitolazione è stata discussa, risoluta, decretata irrevocabilmente nel modo che siegue.

 

ARTICOLO PRELIMINARE

Il Generale Comandante la Divisione d’Ancona, e le Truppe sotto i suoi ordini considerando, che la Capitolazione ¡1 « Fano segnata li 8 Termidoro scorso tra le Truppe Repubblicane Francesi, ed il Sig. Comand. le Truppe Russo-Turche è  stata. Violata nella sua esecuzione per lo stesso Comandante.

Considerando, che la morte sarebbe preferibile al disonore di trattare con delle Autorità che non conoscono il Diritto delle genti.

Vista la situazione, in cui si trova la divisione d’Ancona, e vista la quarta, ed ultima intimazione di resa fatta dal Sig. Barone BRELICH, Luogotenente Generale al servizio di Sua Maestà Imperatore, e Re, Comandante, in capo le: Truppe assedianti Ancona.

Dichiara, che egli non vuole entrare in Negoziazioni, che colle Truppe, ed il detto Luogotenente Generale al servizio di S. M. Imperatore, e Re.

 

CAPITOLAZIONE – ARTICOLO I.

Le Truppe della Guarnigione di Ancona, e Forti annessi al giorno, ed ora, che saranno convenuti, sortiranno dalla Piazza con tutti gli onori della Guerra, cioè: Con Tamburo battente, Bandiere spiegate, Miccio acceso, avendo alla testa due pezzi di Cannone di Campagna coi loro Cassoni, più uno d’Infanteria per rendersi in Francia per la via di terra la più comoda; Soldati, Ufficiali, Generali, ed ogni Militare si di terra, che di mare il Console della Republica Francese, gl’ Impiegati, e agenti Civili, e Militari porteranno seco le loro Armi, Effetti, e Proprietà personali di qualunque genere.

Saranno riguardate come Truppe della Divisione di Ancona, e saranno trattate sotto tutti i rapporti come Truppe della Republica Francese i Cisalpini, Romani, ed altri Italiani formati in Legioni, Battaglioni, o Compagnie, che portano le armi nella detta Divisione.

ARTICOLO II

La Divisione sarà accompagnata, e protetta nella sua marcia sino ai Posti awanzati dell’Armata Francese in Italia da un determinato corpo di Truppe Imperiali Comandate da un Uffiziale dello Stato Maggiore.

ARTICOLO III

La Divisione, che si porterà in Francia per la via che essa giudicherà la più comoda,, marcierà a spese di S.M. Imperatore, e Re:

Ogni Militare, o impiegato riceverà la Razione di ogni genere, e l’alloggio competente al suo grado secondo le Leggi, e Regolamenti Francesi. La marcia non sarà, forzata, ma regolata militarmente dietro quella dell’Infanteria Francese. Il Genera MONIER Comandante la Divisione farà di concerto coll’Uffiziale di Stato Maggiore Austriaco la determinazione dell’alloggio, o accampamento, se sarà giudicato convenevole, come, pure delle ore di partenza, e luoghi di dimora.

Risposta: Le Truppe della Guarnigione di Ancona, e dei Forti annessi sortiranno nel giorno, ed ora convenuta dalla Piazza con tutti gli onori di Guerra richiesti per rendersi in Francia come Prigionieri di Guerra, e non serviranno contro S.M. Imperiale, e contro i suoi Alleati che dopo un perfetto Cambio.

La Truppa deporrà le Armi nel luogo che sarà fissato da un Articolo Addizionale; i soldati e sotto Uffiziali conserveranno le loro muciglie, il Generale Comandante la Divisione, il Console della Repubblica Francese, i Generali, Uffiziali di terra, o di mare, gli Impiegati Civili e Militari conserveranno le loro Armi, Cavalli secondo i loro Gradi, ed i loro Effetti Personali.

Il Generale FRELICH volendo dare una prova di stima alle Truppe della Guarnigione per la Difesa coraggiosa, e contro ogni aspettativa, che esse hanno fatto, accorda ai Sotto Uffiziali il diritto di portare le loro Sciabole per rendersi al loro destino.

E per dare alla Divisione tutta, non meno che al General MONNIER, che la comanda un attestato della considerazione particolare, e della stima di nazione a Nazione contraenti, gli concede una Guardia di onore composta di quindici Uomini a Cavallo montati, armati equipaggiati, e di trenta Carabinieri Armati.

ARTICOLO IV

Sarà accordato a spese di S. M. Imperatore, e Re il numero de’ Carri attaccati, necessarj al trasporto degli Effetti personali degli Uffiziali, Impiegati, Consigli d’Amministrazione, e dei Depositi dei Corpi della Divisione: Il numero dei detti Carri sarà, convenuto d’appresso lo stato dei bisogni, che fornirà il Commissario di Guerra Francese

Il Generale Com. la Divisione, il Console della. Republica Francese, i Generali di Brigata Lucotte, Pino, Palombini, il Capo dello Stato Maggiore della Divisione, i Comandanti del Genio, e dell’Artiglieria, il Pagatore della Divisione, i Commiissarj di Guena, e della Marina Francese, l’Agente del Commissario Civile sono autorizzati di condurre ognuno il. loro Carro coperto pel trasporto delle loro Carte di Amministrazione, come di. Contabilità, ed i loro Effetti personali qualunque.

Risposta: Accordato ma a condizione che sarà Consegnato, da chi ne avrà il dritto, al Sig. Generale Barón di FRELICH l’attestato, che le Balle degli Uffiziali e Furgoni coperti non contenghino effetti di proprietà pubblica.

ARTICOLO V

I Bastimenti da Guerra della Repub. Francese, e Corsari coi loro Uffiziali, Impiegati in Amministrazione, ed Equipaggi si renderanno in uno dei Porti della Republica nello stato che si. ritrovano al momento della sottoscrizione della Capitolazione, muniti di Passaporto, e sotto la garanzia di S. M. Imperiale.

I viveri saranno forniti a spese della detta Potenza a ragione del viaggio.

Risposta:

INAMMISSIBILE ma se le Corsare la LUPE e la VENDETTA uscite dal Porto, e potendosi ripresentarsi di nuovo, rientreranno dopo la Capitolazione, li Marinari, che ne compongono l’Equipaggio, avranno la medesima sorte, che le Truppe esistenti attualmente nella Piazza.

ARTICOLO VI

I Malati dello Spedale della Divisione che potranno essere trasportati, lo saranno a spese di S. M. Imperatore, e Re coi viveri, e medicamenti e Casse di Chirurgia, ed Uffiziali di Sanità sufficienti pel viaggio d’Ancona in Francia.

Gli Ammalati, che senza pericolo, non potranno essere trasportati, resteranno in Ancona; essi saranno protetti come un Deposito Sacro, e trattati come gli Ammalati di S. M. Imperiale.

La Divisione li confida alla lealtà ed umanità della Nazione Austriaca.

II  General MONNIER gli determinerà il numero degli Uffiziali di Sanità, ed Infermieri indispensabili sotto la sorveglianza d’un Uffiziale Militare Francese, e di un Commissario di Guerra.

Subitochè il detto Uffiziale, Commissario richiederanno il trasporto dei Convalescenti o per mare, o per terra, secondochè sarà più convenevole al loro stato, gli verrà religiosamente accordato.

ARTICOLO VII

I Prigionieri fatti tanto durante il corso dell’Assedio d’Ancona che nelle Spedizioni precedenti, e che sono in Ancona, o sopra i Bastimenti Russo-Turchi o nella Divisione occupata dal Sig. Generale FRELIGFI, saranno resi da una parte, e dall’altra immediatamente dopo la sottoscrizione della presente Capitolazione e parteciperanno delle disposizioni contenute ne’ suoi Articoli.

Risposta:

ACCORDATO, per li Prigionieri Francesi solamente, che si troveranno ancora nella Divisione del Sig. Generale FRELIC

ARTICOLO VIII.

Tutti gli Individui di qualunque Nazione, o Religione essi siano abitanti nella Città d’Ancona , o che vi si trovino, e segnatamente gli Ebrei non potranno essere inquietati, molestati, né ricercati direttamente, o indirettamente essi, e le loro famiglie sul sospetto, e per la manifestazione delle loro opinioni civili, politiche, e religiose, come per li fatti che sono risultati, pendente il cangiamento del Governo nel Territorio Romano.

Questa disposizione risguarda quei fra loro, che hanno preso le armi, o esercitato degli impieghi Civili, o Amministrativi durante quest’epoca, e che verrebbero molestati per le loro ingerenze.

Risposta:

Il Governo Austriaco farà rispettare il diritto delle Genti verso li Cittadini senza distinzione di opinioni, o Religioni, purché si sottomettino alle leggi.

ARTICOLO IX.

La Commissione Amministrativa d’Ancona, i Membri anteriori delI’Amministrazioni Centrali dei Dipartimenti del Tronto, Musone, e Metauro, dei loro Tribunali, e Municipalità, gl’impiegati in tutti questi corpi Politici, ed i Patriotti della Republica Romana, come pure li Cittadini., e Sudditi delle Potenze alleate della Republica Francese, che vorranno seguire la Divisione d’Ancona, Essi, le loro Famiglie, ed effetti avranno la liberà più intera, né potranno essere ritardati, né impediti sotto qualunque pretesto.

Risposta.

L’Autorità Militare proteggerà l’esecuzione del presente Articolo, uniformandosi alla risposta fatta nel precedente Articolo.

ARTICOLO X.

Le Vendite, e Cessioni dei Beni, fondi situati in Ancona, e suo Territorio, come anche nei Dipartimenti Musone, Tronto, e Metauro sì autorizzate dal Consolato Romano, che dalla Repubblica Francese saranno mantenute inviolabili

Risposta:

Il Sig. Generale FRELICH non puoi decidere, e lascia l’assoluzione di questo articolo ai Gabinetti.

ARTICOLO XI

Li Cittadini Francesi, e loro alleati potranno alienare, o fare trasportare come a loro più piacerà per terra o per mare a loro spese gli effetti, e mercanzie da loro acquistate sino a quest’oggi.

Risposta:

Accordato; se gli Effetti, e Mercanzie non provengono dai Bastimenti, e Carichi presi dai Corsari sopra i Sudditi di S.M. Imperiale, e che non sarebbero stati giudicati di buona preda.

ARTICOLO XII

Sarà permesso alle persone comprese negli Articoli 8. 9.10. 11. di disporre delle loro Proprietà fondarie, e mobiliarie di venderle, o alienare, o percepirne l’entrate, come a loro piacerà: potranno egualmente in caso di vendita, o alienazione trasportarne esse medesime l’amontante, o inviarlo a loro piacimento nei luoghi, ch’essi desidereranno in Oro, Argento, Viglietti a ordine, o Cambiali.

Le suddette Persone potranno in conseguenza nell’intervallo dei sei mesi a contare dal giorno della sottoscrizione della Capitolazione continuare esse medesime la vendita dei loro Beni, e l’esigenza dei loro Crediti con tutta quiete, se esse non amano meglio abbandonare il Paese colla Divisione d’Ancona, e lasciare i Procuratori generali, e speciali, i quali godranno della protezione, di cui avrebbero goduto restando in Ancona.

Risposta:

ACCORDATO, se i Beni, di cui si tratta non erano di pertinenza dell’Antico Governo, delle Comunità Religiose soppresse; o dei Particolari Emigrati.

ARTICOLO XIII.

I Consoli di Spagna, e di Genova avranno la facoltà di restare in Ancona per lo spazio di sei mesi per terminarci i loro interessi con tutta garanzia delle loro Persone, Famiglie, Proprietà, e Carte Personali, o risguardanti le loro Amministrazioni, se meglio non amano ritirarsi colla Divisione d’Ancona, ed in tal caso saranno trattati come il Console della Rep. Francese.

Risposta:

I detti Consoli saranno rispettati, e protetti.

ARTICOLO XIV.

Se vi fosse qualche Articolo nella presente Capitolazione soggetto o qualche oscurità sarà interpretato secondo I’equità a favore della Divisione d’Ancona.

ARTICOLI ADDIZIONALI.

  1. La Cassa del Pagatore della Divisione, i Viveri, ed effetti dei magazzeni della Rep. Francese saranno rimessi appresso ricevuta nelle mani dell’Assediarne, segnata che sarà la Capitolazione.
  2. L’artiglieria dei Forti, del Porto, della Piazza, ed oggetti annessi, le Piante, e Carte relative alle Fortificazioni, ed all’interesse militare del Paese, saranno rimesse ai Commissarj , che saranno destinati per riceverli, dopo averne fatto Inventario, e rilasciata Ricevuta.
  3. Li disertori dell’una, e l’altra parte saranno restituiti.

Risposta:

CONVENUTO per li Disertori Austriaci solamente

  1. Per la garanzia, ed esecuzione di tutti gli Articoli della Capitolazione saranno dati degli ostaggi, ed il Sig. Barone di FRELIC Tenente Generale Commandante le Truppe Assedianti Ancona si rende responsabile della sicurezza della

Divisione dal momento dell’occupazione dei Posti sino al suo destino, come anche dei danni che potrebbero esser fatti a quelli, che la compongono.

  1. Segnati che saranno gli Articoli della Capitolazione, i Picchetti delle Truppe di S. M. Imperatore, e Re occuperanno le Porte di Francia, e Farina in numero eguale, e congiuntamente ai Francesi.
  2. Ventiquattro ore dopo la sottoscrizione dei ridetti Articoli le Truppe della Divisione d’Ancona evacueranno i Forti, e la Piazza in una sola Colonna con tutti gli onori della Guerra ottenuti nell’Articolo primo: si renderanno il medesimo giorno a Sinigaglia con le loro armi, che deporranno, eccettuati li Militari, ed Impiegati, che devono conservarle.

Risposta:

Convenuto, ma la Truppa Prigioniera deporrà le sue Armi a Fiumesino.

Fatto, convenuto, e decretato in Ancona li 23. Brumale an. 8, della Republica Francese una ed indivisibile.

Il Generale di Brigata Comandante la Divisione d’Ancona MONNIER

Sottoscritto Piè della Croce 13 Novembre 1799.

FRELIH Tenente Generale

DOCUMENTI RELATIVI ALLE INSORGENZE NEL PICENO NELL’ANNO 1799

a cura di Carlo Tomassini

Documento n. 1

Lettere di Pio VI e Giuseppe II d’Asburgo – 3 e 19 agosto 1782

= PIO VI. Prevalendoci di quella amichevole libertà che piacque alla M.V. gentilmente esibirci, cioè che quando avessimo inteso che fosse per farsi da V.M. alcuna mossa, che avessimo creduta discorde dalle buone regole e pregiudizievole alla Religione, ne avessimo scritto confidenzialmente in dirittura alla M.V. Quindi è che essendoci pervenuto all’orecchio che V.M. vada pensando di togliere tutti i fondi alle Chiese ed agli ecclesiastici della sua monarchia, e ridurli semplici pensionarj, non possiamo dispensarci di pone in vista che se si effettuasse un tal pensiero, ridonderebbe alla Chiesa una lacrimevole lesione ed ai buoni uno scandalo irreparabile. Non è di nostra ispezione entrare nel politico e nell’economico de’ suoi Stati – benché in questa parte non cediamo a qualche Affezionato suo per ogni di lei giusto vantaggio — tuttavia non dobbiamo prescindere dai riflessi di deperizione delle rendite ecclesiastiche che coll’amministrazione da farsi dai secolari dei fondi non propri, dell’infrazione dei patti stabiliti fra’ suoi antecessori e diverse province, della ferita apportata alla Costituzione degli Stati, della violazione delle disposizioni dei pii fondatori, delle conseguenti pretensioni, che susciterebbero i loro eredi di rivendicare gli stessi beni: tutto ciò lo lasceremo da parte, come oggetti alieni dal nostro ministero, e che non sfuggiranno dalla penetrazione di V.M. Parleremo soltanto di ciò che non possiamo omettere per debito di coscienza, e le diciamo che il privare le chiese e gli ecclesiastici del possesso dei loro fondi temporali è in dottrina cattolica un errore manifesto, condannato dai Concili, esecrato da’ santi Padri e qualificato dai più rispettabili scrittori per dottrina velenosa, per dogma scellerato. Ed infatti per sostenere una tal massima a pro del sovrano, convien ricorrere ai falsi insegnamenti dei Valdesi, dei Vecleisti e degli Ussiti e di quanti altri pur sono andati d’accordo con loro, e specialmente dei liberali infetti del tempo. Non dobbiamo qui annoiare con una tessitura di citazioni nelle quali si legge che quelli che mettono mano ai beni della Chiesa per loro profitto, Rei sunt damnationis Ananie et Saphire et oportet eiusmodi tradere satane ut spiritus salvus sit in die Domini. Solo ci ristringeremo a riscrivere quanto nel XII secolo avvertì Giovanni patriarca d’Antiochia, che quantunque scismatico, non poté soffrire l’abuso del Principe che voleva, come utile, disporre a favore de’ suoi Stati dei fondi delle Chiese, così scrivendo: “Essendo tu uomo corruttibile, mortale e di corta vita, osi di dare ad un altro uomo quello che non hai? E se dici di donare quello che hai, e pensi che siano tue le cose di Dio, fai Iddio te stesso. Qual uomo dotato di senno chiamerà ciò provvidenza ed utilità e non piuttosto trasgressione, disubbidienza estrema e perniciosissima iniquità? Come può essere e dirsi cristiano chi profana le cose, siano qualsivogliano, (de)dicate e consacrate al nostro Iddio e celeste re Cristo?” Sappiamo che i contraddittori, male interpretando ed abusando di alcuni testi delle sacre Lettere, credono di ben stabilire in questa parte i loro errori, ma noi senza venire ad un esame di tali maligne applicazioni, domandiamo a V.M. se in dicendo gli stessi autori, che in forza di altri testi delle sacre Scritture non si può ammettere nel mondo sovranità, crederebbe la M. V. che tali testi scritturali fossero chiari e convincenti per l’assunto onde doversi spogliare della sua sovranità per salvar l’anima? Noi crediamo anzi chi penserebbe il contrario, ed in così pensando, penserebbe come pensiamo anche noi. E lo stesso dee dirsi dell’altro, in cui li nemici seguenti della Chiesa, gli eretici, li cattolici di apparenza, i falsi maestri, e gli adulatori dei Principi, attribuiscono ai medesimi in base dei passi della Scrittura, il diritto di togliere alla Chiesa e ai suoi ministri la proprietà ed il possesso de’ loro beni. Dovrebbero pur sapere costoro che i Leviti d’Israello possedevano vaste campagne ed intere città e che come fondi santificati erano inalienabili ed in pertinenza del Sacerdozio. E perché dunque non conciliare il libro del Levitico, dei Numeri, dei Re con le altre espressioni che a chi non sa sembrano fra di loro contraddittorie e far lo stesso con i testi del Vangelo e con gli Atti degli Apostoli, come hanno fatto i santi Padri per tacciare, con manifeste eresie, di contraddizioni i sacri Libri dettati dalla stessa divina Sapienza? Facciamo uso di questi riflessi non perché possiamo mai persuaderci che V. M. abbia cuore di non rendere di peggiore condizione le Chiese, di qu(anto) sono le famiglie particolari, e di seguitare l’esempio di soli Principi Protestanti e segregati dalla nostra Comunione, ma affinché la M.V. senta in poche righe ciò che gli dee aver detto alcuno degli odierni pensatori. Non dissimuliamo che purtroppo alcuni fra i molti ecclesiastici faranno di tali beni un uso mai retto: ma che da ciò? Forse questa sarà ragione per farne uno spoglio ed una appropriazione chiamata sacrilega e farla generale a danno della Chiesa, dei successori e di quelli che l’impiegano secondo i dettami delle sacre Ordinazioni? Nei colloqui avuti con V. M. non entrammo in questa materia, che a termini di particolare temporaneo sequestro, e non ci siamo dimenticati di aver dette delle ragioni per le quali ci parve la M.V. persuasa a doversene astenere. Ma se ci avesse proposto il dubbio di una illimitata privazione per passare i beni delle Chiese all’amministrazione de’ secolari, le avre(mm)o aggiunto ragioni molto più rinforzate con le quali l’avre(mm)o convinta deporne il pensiero.

Quello che la mancanza di apertura non ci diede adito allora di fare colla viva voce, l’abbiamo fatto in ristretto colla presente, la quale, se non avesse eguale efficacia, farebbe conoscere a tutto il mondo cattolico che V.M. non ha fatto alcun conto dei nostri suggerimenti o che presto se n’è dimenticata: giacché in questa sola novità si conviene il rovesciamento di quelle massime cattoliche che ci permise di rilevare. Preghiamo di cuore il Signore che faccia sempre risplendere nell’effettivo Governo della M.V. quelle proteste del suo attaccamento alla purità della Religione in modo che mai restino deluse da fatti contrari. Fin qui ci siamo prevalsi di altra mano più corrente e più facile a leggersi della nostra, per affatigar e tanto di meno la vista di V.M. Con questa rispettosa dichiarazione passiamo ad abbracciarla con pienezza di affetto e col darle la Patema Apostolica Benedizione: Datum Romae apud s. Mariam Maiorem die 3 augusti 1782, pontificatus nostri anno VII. Pius pp. VI.

 

<RISPOSTA DELL’IMPERATORE>

= GIUSEPPE: Ho l’onore di rispondere a posta corrente alla lettera che là S.V. viene di scrivermi sul supposto che io voglia togliere tutti i fondi alle Chiese ed agli ecclesiastici e ridurli tutti ad essere semplici pensionarj. Le relazioni delle persone che mi procurarono già l’alto onore di vedere la S.V. alla mia residenza mi hanno anche senza dubbio procurata questa nuova testimonianza in scritto della sua amicizia e del suo zelo apostolico. Non posso dir altro, senza stendermi in lunghezze, se non che il supposto pervenuto alle sue orecchie, come la S.V. si esprime, è falso e senza andar cercando i testi tanto della Scrittura, che dei santi Padri, però sempre soggetti ad interpretazioni e spiegazioni, tengo una voce in me, che mi dice quello come Legislatore e Protettore della Religione mi convien di fare e di tralasciare. E questa voce coll’aiuto della divina grazia e col carattere onesto ed equo che mi sento, non può mai indurmi in errore. Se la S. V. vuole restar persuasa di questa verità, come lo spero, la prego anche di credermi con più filiale attaccamento e rispetto: 19 agosto 1782 Giuseppe.

-.

Documento n. 2

Sulla cessazione dello Stato Pontificio: P. Vincenzo Maria Strambi, anno 1798

(…) Se poi si domandasse sia espediente e vantaggioso che la Chiesa abbia dominio e Principato, vi si può rispondere che la cosa è assai dubbia e controversa anche presso le persone più savie e meglio affezionate alla stessa Chiesa. Imperocché se per una parte l’aver dominio è stato proprio perché dia alla Chiesa e ai suoi Ministri una maggior libertà nel promulgare la volontà dell’Altissimo e facilità maggiore nello stabilirne i mezzi per bene eseguirli. Per l’altra parte l’essere la Chiesa e i suoi Ministri privi di ricchezza e di dominio, pare che li mantenga più raccolti nel servizio di Dio, più distaccati dalle cose terrene, più umili in tutta la loro condotta, più affabili e più solleciti del bene del Prossimo, e cosi più amabili a Dio ed agli uomini.

Il certo si è che siccome l’uomo veramente savio si accomoda a tutte le disposizioni della provvidenza, e di quelle si prevale per adempire i disegni dell’Altissimo in bonum. Così quando una certa necessità, come la chiama S. Bernardo De Consideratione lib. 4, c. 3, faceva che si ritenesse dominio, e Principato, gli Ecclesiastici santi colla loro virtù tutto facevano servire all’accrescimento della gloria di Dio. Così mentre, non senza sovrana disposizione di Dio, la Chiesa resta priva di dominio, Dominus abstulit; gli Ecclesiastici che hanno veramente lo spirito del Signore e della sua Chiesa, non trascureranno di raccogliere da questa privazione tutti i preziosi vantaggi, che se ne possono ricavare.

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Documento n. 3

Omelia del Vescovo di Imola (futuro Pio VII), anno 1798

<Ecco le linee direttive dell’Omelia del Cardinale Chiaramonti: Libertà, fraternità, democrazia>.

«La libertà cara a Dio e agli uomini è una facoltà che fu donata all’uomo, è un dominio di poter fare e non fare, ma sempre sotto la legge divina ed umana. Non esercita ragionevolmente la sua libertà chi si oppone alla legge baldanzoso e ribelle;1 non esercita ragionevolmente la sua libertà chi contraddice a Dio e alla temporale sovranità, chi vuol seguire il piacere e lasciare l’onestà, chi s’attiene al vizio ed abbandona la virtù… La forma di governo democratico, adottata fra di noi, o dilettissimi fratelli, no, non è in opposizione colle massime fin qui esposte, né ripugna al Vangelo: esige anzi tutte quelle sublimi virtù che non s’imparano che colla scuola di Gesù Cristo, e le quali, se saranno da voi religiosamente praticate, formeranno la vostra felicità, la gloria e lo splendore della vostra repubblica » (…)

« Decidete quanto conferiscano i precetti del Vangelo, le tradizioni degli Apostoli e dei grandi filosofi Padri e Dottori cristiani a conservare la pace, a far risplendere la vera grandezza dello stato democratico, a fare di tanti uomini, dirò così, tanti eroi di umiltà, di prudenza nel governare, di carità nel fraternizzare fra loro stessi e con Gesù Cristo… Il luminoso oggetto della nostra democrazia dev’essere di stabilire la massima possibile unione di sentimenti, di cuori, di forze fisiche e. morali, onde ne derivi una soave fratellanza nella società (…) nella democrazia studiatevi di essere della massima possibile virtù e sarete i veri democratici: studiate ed eseguite il Vangelo e sarete la gioia della repubblica…

La religione cattolica sia l’oggetto più prezioso del vostro cuore, della vostra divozione e di ogni altro vostro sentimento. Non crediate che ella si opponga alla forma di governo democratico. In questo stato, vivendo uniti al vostro Divin Salvatore, potete concepire una giusta fiducia dell’eterna salute, potete operare la felicità temporale di voi stessi e dei vostri simili e procurare la gloria della repubblica e delle autorità costituite. Sì, miei cari fratelli, siate buoni cristiani e sarete ottimi democratici ».

 

Documento n. 4

Giuramento del Vescovo di Fano – 26 febbraio 1798

Voi ora siete Sovrano, o mio Popolo, e Dio, il grande Iddio vi ha dato questa sovranità. Io sono, o Popolo, il vostro Vescovo. E fu Dio che mi chiamò e per mezzo del suo Vicario mi ha assunto a carico così tremendo.

I regolatori voi siete di quelle vie che conducono l’uomo ad essere felice in terra, ed io sono il regolatore di quelle vie che conducono l’uomo ad essere felice in Cielo.

Io adoro nelle vostre mani le democratiche leggi, ma voi adorate ancor nelle mie, le leggi dell’Evangelo.

Oh sante leggi dell’Evangelo, qua, a me, oggi, che vi consegni al mio Popolo, onde egli che è Sovrano sia mai sempre democratico senza colpa, democratico con virtù. Oh, leggi democratiche, qua, a me, pure in quest’oggi. Voi avete, o Popolo, alle leggi dell’Evangelo quell’ossequio che è ben dovuto alle leggi dell’Evangelo di Gesù Cristo: morir piuttosto che violar questa legge.

Io debbo alle vostre leggi, ubbidienza e rispetto, e tal rispetto e ubbidienza che ognuno impari a rispettarle e ubbidire.

Ohimè! Se ardito io fossi di violarle, sarei colpevole di più delitti, sarei meritevole di molte pene. Ma o quali atroci pene voi pure avreste non solo in terra, ma anche all’inferno, se violate un sol precetto dell’Evangelo, se vi scostaste dagli esempi del Crocifisso:

Io no, che esser non voglio reo di in ubbidienza alle vostre leggi, ma voi nemmeno esser lo dovete a quelle che già vi imposi a nome del vostro Dio.

Deh, rammentate, o Popolo, in vostro cuore, rammentate quei giuramenti che faceste là nel Battistero, ché io, anch’io con giuramento m’obbligo al mio dovere.

GIURO, ecco, o Dio le mie parole, ecco la mia promessa, giuro fedeltà al democratico attual governo, giuro obbedienza alle sue leggi, ma ad un tempo a voi giuro fedeltà e ubbidienza, o mio Dio, fedeltà ed ubbidienza adorabili Comandamenti e alla vostra Chiesa

Oh, sacerdoti, o ministri del Divin Culto, giuro anche per voi, e Dio riceva in religioso olocausto i nostri inviolabili giuramenti.

Sebbene, ah, perché, o mio popolo, anzi miei figli, mia corona e mio gaudio, perché non posso giurare anche per voi. Voi sì che potete adesso formarvi i vostri rappresentanti, le vostre leggi, ma poi, formati gli uni, formate le altre, dovete anche voi rispettare entrambe, e ubbidire con fedeltà. E’ Dio che così vuole, quel sapientissimo Dio, che arbitro e regolatore delle sorti del mondo, le dispone e modera a suo talento.

Voi qui vedete tra i vostri concittadini, quegli che rappresentano la vostra sovranità.

Essi rispetteranno sempre la Religione, terranno da voi lontani i fulmini di Gesù Cristo, onoreranno l’infallibile successore di Pietro e la sua fede, saranno scudo e difesa al cattolico Culto, al sacro tempio, ai suoi ministri, ma tutti insieme custodi ed esecutori delle vostre leggi, ne esigeranno veglianti e solleciti l’adempimento.

Fra questa loro rappresentanza, non è ella tale che al dir di Paolo, vi obbliga ad adorare in esso gli altri decreti, e le disposizioni del vostro Dio, con spirito d’ubbidienza? Eh, sì pur dunque ubbidienza, anche per voi o mio popolo, fedeltà e ubbidienza all’attuai vostro Governo e agli attuai vostri rappresentanti. Ma avvertite questo spirito di fedeltà, questo spirito d’ubbidienza ove più vigoroso lo trovate, se non tra gli augusti veli di Religione?

Adempiansi queste leggi che io vostro Pastore vi addito nell’Evangelo e sarete Sovrani ad un tempo e sudditi integerrimi e virtuosi.

Oh, beato quel Popolo ove nelle massime e nei costumi, trionfa il Vangelo, perché trionfano insieme con lui, la pace il buon ordine, la giustizia!

Beato quel popolo ov’è la Repubblica protetta dal Crocifisso, e il Crocifisso difeso dalla Repubblica, mentre con sì mirabile unione, resta assicurato il doppio bene all’uomo in ordine alla terra e al Cielo.

Cari miei figli, mentre io su questo Altare, consapevole dei miei voti e delle antiche mie lagrime, Altare che mi mostra le sacre ceneri del mio Vescovo Fortunato, Altare che mi ricorda i favori e i voti dell’Ammirabile Madre Maria, mentre io deposito i miei già formulati giuramenti, voi venerateli con Religione. Son giuramenti del vostro Vescovo. Ma ad un tempo accoppiate ad essi le vostre risoluzioni, fervide risoluzioni d’osservare la santa legge di Dio, d’amarvi in Dio, d’essere cittadini nelle vostre intraprese, diretti sempre alle intenzioni di Dio

Oh, Dio, piovete amoroso Sole dal Cielo, che infiammi di carità, illumini le nostre menti, ecciti in cuore, generosi affetti di religione e di Fede.

Rendete santo il Pastore, rendete sante la Greggi onde tutti possiamo un giorno cantarvene, nell’eterna Gerusalemme, inno più giulivo e festoso, del festoso inno giulivo, che ora sciogliamo qui ai piedi del vostro Altare.

Nota: questo foglio, probabilmente portato da don Valeriano Orazi segretario del vescovo di Fano e canonico a Santa Vittoria, ov’è rilegato nel registro n° VI “Iura”, carte 359-360.

 

Documento n. 5

Proclama di Fernando re di Napoli – 14 novembre 1798 (ortografico)

= FERDINANDO IV per la grazia di Dio re delle Sicilie e di Gerusalemme, infante di Spagna, duca di Parma, Piacenza, gran Principe ereditario delle Toscane etc.

Quantunque fin dal principio delle rivoluzioni politiche, che da qualche tempo hanno turbato la tranquillità in varie parti del mondo, avessimo noi procurato di provvedere alla costante sicurezza dei nostri reali Stati e Domini col tenerle lontane le perniciose massime e i seduttori, riordinare ed accrescere le nostre forze armate, stringere con più forti nodi le alleanze con le potenze amiche, stipulare trattato di Pace con la Repubblica Francese, ed esaudire ogni altro mezzo di operazioni pacifiche: pure nondimeno ci siamo trovati nella dura circostanza di vedere in pericolo la quiete ed indennità dei nostri Stati per motivo dell’inaspettata mutazione di Governo del limitrofo Stato Romano, accompagnata dalla sovversione di ogni sano stabilimento, dal danno della santa religione cattolica e da civili discordie e luttuose scene di massacri e depredazioni. Questi avvenimenti, l’imprevista occupazione dell’Isola di Malta di nostra regia pertinenza e le continue minacce di prossima invasione nei nostri Domini, confermate da apparecchi guerrieri e da movimenti di truppe alla volta di questo Regno di Napoli, ci hanno indotto a prendere altri più efficaci provvedimenti, onde allontanare dai nostri Domini qualunque danno e pericolo. Abbiamo pertanto determinato di fare avanzare il nostro reale esercito dentro lo Stato Romano fin dove l’urgenza lo richiederà, con la ferma volontà di ravvivarvi la cattolica religione, farvi cessare l’anarchia, le stragi e le depredazioni, ricondurvi la Pace, e porlo sotto il regolare Governo del suo legittimo Sovrano. Dichiariamo ai nostri amatissimi sudditi, agli abitanti dello Stato Romano, ed agli altri popoli dell’intera Italia che (lungi dal muovere guerra contro alcuna Potenza) il solo desiderio di provvedere alla loro sicurezza e di rendere il dovuto onore alla religione ci ha mosso a questa intrapresa nella quale Noi col soccorso del sommo Dio, secondati dai validi aiuti dei nostri grandi alleati e dall’opera delle Nazioni Italiane, speriamo avere felicissimi eventi. Noi stessi alla testa dei prodi soldati del nostro invitto esercito, dirigeremo le loro operazioni militari e ci impegneremo di fare uso delle loro forze nei soli casi di resistenza e di aggressione, mentre in ogni altro rivolgeremo le nostre cure soltanto agli indicati sacri oggetti della Religione e del riordinamento del Governo dello Stato Romano. Con tale prevenzione adunque esortiamo gli abitanti tutti del detto Stato Romano di deporre le armi nel momento dell’ingresso del nostro esercito nel loro territorio; di conformare a quelle disposizioni che saremo per dare in favore di essi e della salvezza comune, di facilitare con i possibili mezzi e aiuti la nostra giustissima intrapresa, e di essere sicuri che Noi, facendo uso della nostra naturale giustizia e clemenza, non solo proteggeremo e ricompenseremo i buoni e virtuosi, ma ancora raccoglieremo con paterno affetto i traviati che, pentiti dei propri errori, volontariamente ritorneranno nel diritto sentiero e si sottoporranno al nostro comando.

Inculchiamo pertanto a tutti di abbandonare ogni idea di vendetta per il danno che per la passata rivoluzione gli uni avessero agli altri arrecati e di astenersi da qualunque sorta di eccesso di rappresaglia, sotto pena della nostra reale indignazione, di essere trattati i contravventori come nemici della pubblica sicurezza.

Esortiamo parimenti i Generali e Comandanti di qualunque esercito estero di far subito ritirare tutte le loro truppe fuori dal territorio romano, senza prendere ulteriormente parte nelle avventure di quello Stato la cui sorte per ragione di vicinanza e per altri legittimi motivi interessa principalmente la nostra Regia Podestà. Infine manifestiamo che dal punto in cui il nostro esercito sarà entrato nel territorio Romano, vi sarà libera comunicazione tra le sue popolazioni e quelle del Regno, del quale per provvedere alla sussistenza delle Reali truppe ed al bisogno degli abitanti dello Stato Romano, faremo nel medesimo trasportare i generi necessari di viveri ed altre occorrenze.

Dal Quartiere Generale di S. Germano 14 novembre dell’anno 1798. Ferdinando

  1. Acton

(Nel registro VI “Iura” dell’archivio capitolare Santa Vittoria in Matenano, cc.362s. Nota: la guerra del re di Napoli contro la Repubblica Romana, risulta dichiarata il 23 novembre 1798 nel “Distinto ragguaglio della totale disfatta riportata sul formidabile esercito napoletano dalle invitte falangi della Grande Nazione” stampa dell’epoca.)

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Documento n. 6

Ascoli 5 febbraio 1799: sottomissione pacifica

= LIBERTA’   REPUBBLICA ROMANA   EGUAGLIANZA

LA MUNICIPALITÀ’ D’ASCOLI

Alle Popolazioni vicine, Perdono, e Pace per le Communi Armate del Tronto. Dopo varie trattative in iscritto, e a voce colla mediazione nostra, e per mezzo de’ virtuosi Ecclesiastici, Secolari, e Regolati, spediti in tutte le Comuni, il General Francese dimostrando la sua brama di fare cessare i disordini, e risparmiare le conseguenze funeste di una spedizione di Truppe sulle nostre Campagne, trovò il Comandante, e Capitani delle Popolazioni armate, nelle medesime disposizioni di procurare il maggior bene; Quindi in risposta ad un foglio dei prelodati Capitani de’ 4 Febraro furono sottoscritti i seguenti Articoli fissati dal prode, ed umanissimo Generale.

Ascoli 5 Febbraro 1799 V.S. 17 Piovoso, Anno 7. della Repubblica Francese.

Il Generale Francese vede con piacere, che i Montagnoli Insorgenti vogliono acconsentire alla Pace.

Le Truppe Francesi non possono farne, che di onorevole, e di giusto: in conseguenza il Generale Francese animato dal desiderio della Pace, non può donarla, che alla Condizione di già descritta cioè:

  1. Perdono generale per tutte le Communi.
  2. Tutte le Communi daranno un Ostaggio della loro sincerità alla Pace.
  3. Questi Ostaggi saranno sotto la risponsabilità di un’abitante di Ascoli.
  4. Niuno sarà ricercato nella sua passata condotta.
  5. Non sarà levata alcuna requisizione alle circostanze insorte.
  6. Nel Caso, in cui non possa trovarsi un Ostaggio ne’ Villaggi, il Generale Francese accetterà un Abitante, o Prete di Ascoli, che rappresenterà questo Villaggio. (…) Firme di 22 Comandanti (omesse)

 

ARTICOLO ADDIZIONALE

Se non si sono posti gli Articoli relativi al servizio della Religione, alle Campane, e alle Prediche, è perché questi Articoli non possono incontrare alcuna difficoltà poiché già sono accordati dal Capo medesimo delle Truppe, il quale da vari giorni ha dato l’ordine di far suonare le Campane, ed hà protette tutte le Chiese, e promesso il libero esercizio del culto; poiché in fine la facoltà la più intiera sopra questo punto è già accordata da un Proclama del Generai Dahesmer. Per scanzo di ogni equivoco, il Generale Francese conferma le disposizioni a questo riguardo.   Ascoli 17. Piovoso Anno 7. DARGOUBET

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Documento n. 7

PROCLAMA 26 maggio 1799 a Servigliano per l’insorgenza

Per FERDINANDO IV Re delle Due Sicilie e di Gerusalemme, ecc.

Il conte CLEMENTE NAVARRA

Brigadiere delle Truppe arrolate in massa, Napol. e Pontificie

«Ergete la fronte, Popoli generosi del Piceno. Eccovi il felice momento di ravvivare la nostra Santa Religione, di rimostrare il nostro attaccamento al Sovrano e di sottrarci da questa anarchia che sì barbaramente ci opprime. Correte tutti alle armi, e ricordatevi di quel ch’è scritto nelle Sagre Carte nel libro di Judith, cap. 15, v. 6: Omnis itaque regio omnisque Urbs electam Juventutem armatam misit post eos, et persecuti sunt eos in ore gladii quousque pervenirent ad extremitatem finium eorum.

Io vi chiamo a difendere la causa comune, fidate in Dio, nei grandi alleati, nel coraggio avito… Si agirà col massimo rigore delle leggi, perché ritorni il buon ordine, facendo noto a tutti con questo Editto, che in ciascun paese siano reintegrate le Magistrature, alle quali inculco di proibire affatto, che truppe di gente armata dal capriccio, col pretesto della buona causa, vadino scorrendo per le campagne e paesi, arrestando delle persone, e farsi lecito di saccheggiare, fucilare, ed incendiare. Chiunque ardirà ciò tentare sarà considerato come nemico dello Stato, e punito come tale. Ogni truppa armata dovrà dall’invitto mio generale de Donatis, o da me dipendere, né si riconosceranno altre truppe, che quelle da Noi disposte, ma gli abitanti tutti siano preparati a prendere le armi al suono delle campane a martello; ed accorrere al bisogno, se mai truppa nemica ardisse attaccarci, avvertendo, che quel paese, che tardasse ad accorrere, sarà dichiarato ribelle, e come nemico della patria militarmente castigato. Epperò voi tutti del clero, e specialmente voi, Pastori delle Anime, concorrete ad una impresa così gloriosa, e destate con vivezza le scintille della Pietà, e del languente costume, e fate risorgere fra le vostre contrade la purità della infallibile Nostra Religione, e tentare ogni mezzo coll’esempio, e colla voce, perché ritorni in noi quella pace, che finora ci è stata sì barbaramente rapita. Chiunque vorrà con Noi prendere le armi in questa sì nobile gara, si presenti a me, e agli Uffiziali maggiori per avere le necessarie istruzioni e per essere autorizzati colle patenti del Re delle Due Sicilie e più d’ogni altro io chiamo coloro che con eguale valore e fedeltà diedero prova allorché erano aggregati alle truppe Pontificie.

Dato dal Quartiere gen. di Servigliano, questo dì 26 maggio 1799. »

Documento n. 8

PROCLAMA: Ascoli 27 maggio 1799 per l’insorgenza

= FERDINANDO IV PER LA GRAZIA DI DIO RE DELLE DUE SICILIE DI GERUSALEMME ECC.

  1. DONATO ANTONIO DE DONATIS GENERALE IN CAPO DELL’ESERCITO IN MASSA PER LA SUA MAESTÀ’, CHE DIO LA GUARDI

«Popoli di Acquaviva aprite ormai gli occhi alla luce del giorno. Sentite la voce di uno, che ama il vostro vero bene. O Voi stringete le armi in favore delle nostre vittoriose truppe, ed allora troverete in Noi un amico sincero, ed affettuoso, che lungi dal prendere vendette delle vostre insolenze passate addosserà la valida protezione e di Voi, e delle sostanze vostre: o vi dichiarate nostri nemici, ed allora aspettatevi pure, che Noi con tutte le nostre forze affronteremo i vostri fuochi, vi piomberemo addosso, vi saccheggeremo usando ogni rigore militare. Pensate a Voi: decidete con prontezza e dentro due ore mandatene la risposta ».

Ascoli, 27 maggio 1799.

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Documento n. 9

Insorgenza: 26-29 Maggio 1799 a Castel Clementino

Dì 26 del corrente mese di Maggio: si manifestò a Castel Clementino il piano di una controrivoluzione da eseguirsi con l’aiuto e intesa degli Insorgenti Napoletani, alla cui testa si pose Clemente Navarra con la carica di Brigadiere a lui conferita da D. Donato De Donatis, generale in capo dell’Armata in massa Napoletana. Con l’intesa, come dicono, che la mattina seguente dovesse ivi giungere l’avanguardia di tale armata. La mattina del divisato giorno si cercò che i Parroci di detto luogo avessero predicato dall’altare di doversi tutti venire contro i francesi; ma i Parroci mostrarono ripugnanza di farlo, e il curato Burocchi per non esserci obbligato pensò di celebrare nella sua chiesa. Nonostante s’inalberò la Bandiera Napoletana, e si affissero editti con i quali s’invitava il popolo ad unirsi e si ordinava il ristabilimento delle antiche magistrature. La Terra di Santa Vittoria si accomodò per prima a seguire tale piano. Vi si atterrò l’Albero, si unirono delle persone, e alla testa uscì il noto Majeschi il quale si mostrò meno impegnato. Dietro tali incitamenti il giorno appresso 27 detto, la campana di Castel Clementino, che aveva cominciato a suonare a martello insieme col tamburo la sera innanzi seguitò a fare lo stesso

fin dalle otto della mattina e lo stesso si fece in Santa Vittoria, per adunare gente. Il dopopranzo di tale giorno si sentì simile furore e rimbombo di tamburo in M. S. Martino dove però non accorsero se non pochissimi contadini, che, sentito il motivo, amarono meglio di tornarsene alle loro faccende della campagna.

Ieri mattina 28 si intese lo stesso suono in Sant’Angelo <in Pontano> dove era stato dichiarato capitano Giuseppe Gentili. Per buona sorte di questo luogo, la commissione di fare lo stesso fu data all’Egamennoni insieme con la patente di capitano e i proclami da affiggersi, con ordine di eseguire tutto appena qui ritornato. Ma poiché la patente l’aveva presa per forza, come dice, non eseguì punto l’addossatagli commissione, cosicché questo luogo si preservò immune fra l’incendio che ardeva in ogni intorno, e siamo stati solo spauriti di quello che facevano gli altri, fino alle ore 14 circa del giorno di ieri, quando si intesero dalla parte di Castel Clementino delle scariche di moschettieri, che, ignorando noi cosa significassero, senza pensare alla zuffa che vi seguì col distaccamento della truppa francese e insorgenti, non sapevamo indovinare la causa. Se ne concepì però un sospetto, al vedere per mezzo del cannocchiale, che truppa di gente dalla parte di Falerone andava direttamente a quel luogo, e passava il fiume senza scalzarsi. L’eccidio seguito fu poi saputo da persone che, per curiosità di sapere, s’inoltrarono verso quella parte e più in dettaglio si raccontò iersera, e questa mattina. I morti insorgenti sono stati almeno venti. Tra questi il figlio del Navarra che fu incontrato dalla truppa vicino al molino di Falerone, mentre con 50 insorgenti circa, andava in Falerone, e il capitano benedetto Gualtieri fu ucciso poi in casa al tempo del saccheggio, che fu dei più feroci, con altri vari dei quali non so il nome, e fra questi la persona che stava a suonare le campane a martello, la quale fu sbalzata dalla torre. Secondo le relazioni che giungono, oltre allo spoglio generale fatto in tutte le case di quanto vi era – e vi era molto in alcune specialmente, che non si persuadevano di tale visita – vi è stato il massacro di tutto il mobilio che non si poteva trasportare. I cristalli e i vetri delle finestre furono rotti, i parati lacerati, i comò, i tavolini, le sedie, fatti in pezzi. Insomma si fece un macello e di carne e di roba, come ognuno può figurarsi e come si sentirà più dettagliatamente in appresso.

La sera innanzi <27> di questo tragico fatto si erano fatti arrestare e condurre in quel quartiere generale (così denominato quel luogo dal proclama) il Valeriani e il Venantini di Santa Vittoria; altri di là erano fuggiti, come avevano fatto parimenti altri da Falerone, il cui popolo, come quello di Montegiorgio, era stato il primo ad accorrere per arruolarsi.

Il Brigadiere Navarra si salvò con la fuga, e così si salvarono altri uniti con lui, che presero la fuga chi per una parte e chi per un’altra. La truppa poi che si aspettava dalla parte di Ascoli la mattina del 27 non era giunta e non giunse, perché a Mont’Alto trovò delle resistenze. Il Majeschi che aveva tanto brigato è restato morto anche lui. Raccontano che alle ore 4 del 26 partisse dal quartiere

generale e se tornasse a Santa Vittoria, cosicché non fu presente alla zuffa, ma inteso poi quanto successo, dicono che tornasse là per comprare delle robe prese nel saccheggio e che da quattro contadini fosse ammazzato avendogli trovato addosso molti “pezzi duri”.

Non mancò poi neppure qui una scenetta e fu che alle (ore) 19 circa di ieri 28 si presentò il capitano Giuseppe Gentili con sette altre persone del seguito, entrati per la porta del forno, i quali direttamente andarono alla porta del convento di San Francesco, andando dicendo per la strada Napoletani! Napoletani!

Appena smontato di cavallo il capitano suddetto, invece di entrare in convento, fece sul momento arrestare Giovanni Vecchi che passava in quel punto, e poi per la stessa strada, se ne ritornarono indietro senza far altro. Giunti avanti alla casa di lui, si fece incontro la moglie che si mise con le lacrime a scongiurarli di lasciarle il marito; ma il capitano diceva di condurlo al quartiere generale (che non so dove fosse) e gli altri di farlo a pezzi fuori della porta come Giacobino e supposto reo di aver <informato> i francesi perché venissero contro Castel Clementino. Il fatto è che lo condussero fino a San Rocco, ma poi, sopraggiunto il padre e don Santi Luccarini, li cominciarono a pregare di nuovo del rilascio; e sul giuramento che prestò don Santi che non fosse Giacobino, e che non aveva mai avuto alcun carreggio lo dimisero e se ne andarono per i fatti loro.

Ecco la storia genuina dell’accaduto nelle nostre vicinanze, e qui preghiamo Dio che le cose finiscano così. Ma temo di peggio. Pacifico Cornacchia di Santa Vittoria, arrestato dai contadini, fu condannato a Mont’Alto. Andreozzi restò ferito in faccia. Marinelli scampò la morte fuggendo in certi fossi. Majeschi rimase ucciso. Tutti questi andavano uniti a Castel Clementinoper ottenere dal comandante francese che non facesse andare la truppa a Santa Vittoria, dove si credeva <fosse> diretta dopo il sacco di Castel dementino.

(Autore anonimo probabilmente faleronese di un manoscritto n. 946 presso la biblioteca comunale di Macerata qui riferito in trascrizione corretta per l’ortografia)

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Documento n. 10

IL COMANDANTE GENERALE DELLA MONTAGNA GIUSEPPE CELLINI AI POPOLI DELLO STATO PONTIFICIO – INDIRIZZO –

Ascoltate, o Popoli amici, la voce di chi ama il vostro bene. Non è più tempo giacere in una colpevole inerzia, e sostenere più lungamente una fatale indifferenza. Tutti i vostri Fratelli limitrofi all’Abruzzo Ultra e Citra colle anni in mano già sono in Campo. Essi sull’esempio dei valorosi Sanniti, e da loro scortati, han combattuto e son vincitori. Entro le mura de’ loro Paesi più non spira liberamente l’aria impura, né alcun Francese, né verun perfido Giacobino. Sì l’uno, che l’altro si trova fra’ ceppi, o pallido fugge, e ramingo. Quanto audace si mostra questa infida genìa nel vederci avviliti, tanto vile or si dimostra vedendo il nostro coraggio, l’unione e i progressi delle nostre armi. Queste già spiegano su una ben larga estensione la sua energia. E’ stato un punto, un punto solo investir Norcia, Cascia, Visso, Serravalle, Ponte della Trava, Camerino, Ascoli, Mandola, Comunanza, 5. Vittoria, Montalto, Monte di Novo, Affida ecc. ecc. occuparli, e sollevarli. E’ brava la gente, che muove all’impresa, esperti i Duci che la guidano.

Or siam giunti al felice momento, in cui tutta la fiorente un dì, ed ora languida, e desolata Marca è per prendere l’Armi su cui dietro al divin soccorso, è riposta la propria, e l’altrui salvezza. Correte, o Popoli amici, correte ad unirvi con Noi. Non dubitate, la vittoria è nostra. Non vi è più da temere. I Mari, che bagnano la bella Italia, appena reggono a sostenere gl’immensi Legni Inglesi, Moscoviti, Lusitani, Ottomani. Poche di essi si sono presentati in Ancona, e pochi colpi di Cannoni han fatto sentire a quella bloccata città; e nondimeno han destato in essa la più spaventevole costernazione.

L’invitte Falangi Austro-Russe sono arrivate a Bologna. A Soffia è giunto il real Principe di Napoli con il Figlio del Gran Signore conducente un Esercito sorpendentissimo. Da altra parte vola a prestarci aiuto l’immortale Cardianal Ruffo. Noi ci troviamo con numerosa Leva in Massa, al cui fianco vedesi la intrepidezza, il coraggio, la vittoria. Fiancheggiati, protetti, alleati, assistiti da tante Forze, ditemi, vi può essere da temere? Non vi fate ingannare da certi spiriti deboli, o maliziosi Allarmi, Allarmi.

A ciò vi obligano i doveri della propria coscienza, l’amor della Patria, la fedeltà giurata al Sovrano, la Professione di nostra Santa Religione, la quale, sussistendo, per altro breve tempora Cabala Filosofica, Ateistica, Massonica, va ad annientarsi nei nostri Paesi; vi obbliga il bene delle vostre Famiglie, la tenera vostra Figliolanza, che riclama il Cristiano costume, e la sana educazione; vi obbligano il pericolante onore delle vostre Mogli, il pudore compromesso delle vostre Figlie, i beni già invasi, i diritti violati, le proprie persone colle minacce, e colle armi tante volte investite. Se all’aspetto di santi motivi, e di sì potenti aiuti voi non vi scotete, voi siete colpevoli. Tremate. Il colpo desolatore poco

sta a piombarvi sulle Persone, e sulle Sostanze. Odiosi a Dio, al Sovrano, al Popolo fedele, che aspettar mai non vi dovete di avverso? Deh! riunitevi con noi, e non soffrite alcun disastro.

Giacobini, rovesciatori del Trono, sacrileghi invasori de’ Beni Ecclesiastici, Profanatori de’ Luoghi Sacri, Distruttori dell’Ordine sociale, Increduli, Miscredenti, Depravatori del buon Costume, Soldati della Cabala Ateistica voi impallidite, e ponete le ali ai piedi. Ma, che giova? L’arco feritore è rivolto contro di voi. Molti de’ vostri pari o son caduti, o son fra le ritorte. Lo so, voi fuggite: ma dove alla fine miseri andrete? Ovunque strascinate l’indegna esistenza, seguiravvi il rimorso tormentatore: ovunque troverete nemici; ovunque l’odio, l’esecrazione vi accompagnerà. Giacobini ricredetevi. Ancora siamo in tempo. Abbracciate anche voi la difesa della Causa comune, e sarete salvi. Ma se per altro breve spazio vi restarete ostinati nel partito Filosofico, guai a voi; siete perduti. Tremate.

In Camerino dal Quartiere Generale 5, Giugno 1799 G. Cellini Comand. Gener. In Capite.

In Camerino 1799. Per Vincenzo Gori.

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Documento n. 11

Difesa repubblicana: Ascoli 4 giugno 1799

LIBERTA’           EGUAGLIANZA      REPUBBLICA FRANCESE

Dal Quartiere Generale d’Ascoli li 16 Pratile Anno VII della

Repubblica Francese una, ed indivisibile.

MONNIER Generale di brigata Comandante in Ancona, e ne’ tre Dipartimenti riuniti in istato d’Assedio

La Città d’Ascoli, divenuta il soggiorno de’ Briganti Abruzzesi, ha posto il Dipartimento nel rischio di perdersi. Gli Abitanti di questa Città ribelle avevano già presa la Coccarda rossa, e trasformate in autorità Monarchiche le autorità tutte della Repubblica. Essi han dirette le orde de’ Briganti co’ quali eransi unite, e quest’uomini infami, vantando il nome di Dio, del Re, e de’ Preti, han commesso i più detestabili eccessi sulle persone, e se ne hanno usurpato tutte le mobili proprietà, ovunque si son presentati. Le prime lor vittime sono state le Comuni di Offida, di Castorano, di Colli, dì Pagliare, di Monte Prandone, e nelle Campagne che se estendono fino a Montalto.

Non potendo sì fatti eccessi non eccitare la generale indignazione, debbon essi risvegliare tutta l’energia delle autorità Civili, e precisamente dalle Guardie

Civiche, per opporsi vigorosamente alle intraprese, che tentar potessero nuovamente gli enunciati Briganti.

Le Truppe Repubblicane si misero in moto: I Briganti sono stati battuti a S. Benedetto, a Ripatransone, in Acquaviva. Hanno fatta la lor ritirata in Ascoli, e là si erano fortificati. La Città La presa d’assalto dopo due ore di combattimento. Questo giorno è stato spettatore delle nostre complete vittorie, e gli scellerati sono stati puniti. Tutti coloro, che non hanno imitato il lor Generale nella fuga, sano caduti sotto i colpi Repubblicani.

Le Truppe, ch’io lascio nel vostro Dipartimento, occupano delle posizioni vantaggiose. Sarà però stabilita, sotto la sorveglianza dell’Amministrazione Dipartimentale, un Cordone sul Tronto composto della Guardia Civica. Una colonna mobile si metterà subito in azione per portarsi su tutti i punti minacciati, ed occupati dai Briganti suddetti.

Ogni Brigante arrestato sarà fucilato sull’istante. Le Comuni, che non si opporranno al loro ingresso, incorreranno nelle pene già significate nel Proclama del giorno 14 (2 giugno).

Signato MONNIER

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Documento n. 12

Ladroneggi degli insorti, luglio 1799, Ascoli

GIUSEPPE COSTANTINI ALIAS SCIABOLONE COMANDANTE LE TRUPPE IN MASSA PER SUA MAESTÀ’

FERDINANDO IV E POTENZE ALLEATE

Io sono informato dei continui ladroneggi che tuttodì si commettono sì in mobili che in bestiami a svantaggio di pacifici contadini. Sono esacerbato oltremodo per tali misfatti e ne prenderò le misure le più forti. Sotto pretesto di nuocere ai giacobini, si commettono l’empietà le più esacrande. Nessun individuo ha il diritto di ciò fare, ancorché il sapete, ma compete al solo sovrano. E’ questo un procedere che si oppone alla Religione Cattolica ed alle leggi di qualunque Governo. Il fulmine del castigo sta per piombare sopra a quelli che invece di desistere da un tal procedere non restituiranno sull’istante ciò che ànno rubato contro ogni diritto di natura e contro la legge di Dio. Io parto sì per unirmi al prode Generale La-Hoz e battere i Francesi; ma guai a quelli che prenderanno a scherzo questa mia risoluzione. Sarò inesorabile anche co’ miei più stretti di sangue.

Ordino però che subito si rimettino i massari ne’ rispettivi paesi i quali formeranno un processo a quelli ritengono o hanno preso bestiami.

Tutti gli abitanti de’ paesi e contadini si uniranno ad arrestare questi

perturbatori del buon ordine. In caso disperato e di resistenza, li autorizzo a far fuoco a tal razza di gente tanto perniciosa alla società.

Questo ordine stampato che sarà, voglio sia affisso in ogni paese e pubblicato nelle Chiese dai rispettivi curati.

Dal Quartier Generale di Lisciano 16 luglio 1799.

LUIGI ANELLI Segretario.

 

Documento n. 13

REGGENZA a Macerata, 20 agosto 1799

L’IMPERIALE – REGIA – PONTIFICIA REGGENZA DELLA MARCA DI FERMO E DI ANCONA

EDITTO

Per supplire alle immense spese, che seco porta il mantenimento di una Truppa attualmente impiegata alla difesa di una causa tanto nobile, e gloriosa, necessita ricorrere sull’istante a dei temperamenti quanto pronti, altrettanto capaci a produrre tutto ciò, che faccia d’uopo al servizio della medesima. Avrebbe voluto l’imperiale-Reggia-Pontificia Reggenza dispensarsi dall’addossare alle Popolazioni qualunque più piccolo peso, ma I’ urgenza dell’affare, e la santità della causa, che si è impresa a trattare, e che siam prossimi a sentire finalmente decisa, esiggono nuovi sforzi da tutti. Quindi è, che dopo le più mature riflessioni, e li scandagli più esatti, quello essendosi creduto il temperamento meno sensibile di ricorrere all’imposizione di un Testarico, regolato però, e diviso nel caso presentaneo in quattro diversi gradi, si è trovata nella circostanza di determinare, come appresso.

Primo = Tutti gl’individui delle Famiglie Nobili, o ascritte in primo grado in qualunque Città, o Terra, comprese in questa Classe le Comunità Religiose, dovranno subito sborsare in mano dei rispettivi Esattori pubblici a quest’effetto deputati uno scudo per cadauna Testa, con l’obbligo di pagare per ciscun Uomo o Donna di servigio paoli tre moneta di rame.

Secondo = Tutti gl’individui delle Famiglie del secondo ceto, o grado, del primo , e secondo de’ Castelli, e de’ Mercanti saranno tenuti per lo stesso titolo pagare bajocchi 40 per cadauno, t ame sopra.

Terzo = Tutti gl’individui delle Famiglie di qualunque altro grado, o ceto saranno obbligati pagare bajocchi dieci per ciascuno come sopra.

Quarto = Tutti li Coloni dovranno pagare bajocchi cinque per ogni testa come sopra.

Macerata dalla Reggenza 20 Agosto 1799.

(Omissis)

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Documento n. 14

<RICORDO DEI NAPOLETANI A PEDASO>

– 25 agosto 1799

È giunto finalmente in questo nostro castello di Pedaso la Real Truppa dell’Invitto Re delle due Sicilie, comandata dal prode Generale Don Donato de Donatis tanto da noi aspettato, e desiderato, ad oggetto di condursi sotto la Piazza di Ancona, dentro la quale i malvagi Francesi e i loro cinque Partitari sonosi riuniti fuggendo. Mercé un tal forte e valoroso soccorso speriamo ora vicino l’esterminio di quella perfida gente, che resiste ancora alle forze delle Potenze alleate, e speriamo altresì di vedere sollecitamente restituita l’intera tranquillità a queste nostre contrade. Intanto, siccome abbiamo ammirato la moderatezza di detta Real Truppa, che, per li vari provvedimenti dati dal riferito signor Generale, non ha recato la menoma molestia e niun danneggiamento agli interessi ed alle persone di questo castello nostra patria, così ne produciamo un completissimo Avviso al pubblico, onde tutti si esultino di giubilo e di contentezza.

Pedaso, 25 agosto 1799.

Li residenti

NICOLA BERNARDINI, Vie. for. e Dep. eccl.

PROTASIO TEODORI, Govern. locale,

BENEDETTO ROSSI, Segretario.

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Documento 15

ARMISTIZIO PACATO, 13 novembre 1799

LIBERTA’             EGUAGLIANZA           REPUBLICA FRANCESE

Ancona Assediata li 23 Brumale Anno 8vo della Republica

Tra il Generai di Brigata. MONNIER’ Comandante in Capo la Divisione di Ancona autorizzato, dal Consiglio di Guerra tenuto a questo effetto di trattare la Resa di Ancona.

Ed il Sig. Barone di FRELTCH Luogotenente Generale di Sua Maestà Imperatore, e Re, Comandante in Capo le Truppe che assediano Ancona.

La. presente Capitolazione è stata discussa, risoluta, decretata irrevocabilmente nel modo che siegue.

 

ARTICOLO PRELIMINARE

Il Generale Comandante la Divisione d’Ancona, e le Truppe sotto i suoi ordini considerando, che la Capitolazione ¡1 « Fano segnata li 8 Termidoro scorso tra le Truppe Repubblicane Francesi, ed il Sig. Comand. le Truppe Russo-Turche è  stata. Violata nella sua esecuzione per lo stesso Comandante.

Considerando, che la morte sarebbe preferibile al disonore di trattare con delle Autorità che non conoscono il Diritto delle genti.

Vista la situazione, in cui si trova la divisione d’Ancona, e vista la quarta, ed ultima intimazione di resa fatta dal Sig. Barone BRELICH, Luogotenente Generale al servizio di Sua Maestà Imperatore, e Re, Comandante, in capo le: Truppe assedianti Ancona.

Dichiara, che egli non vuole entrare in Negoziazioni, che colle Truppe, ed il detto Luogotenente Generale al servizio di S. M. Imperatore, e Re.

 

CAPITOLAZIONE – ARTICOLO I.

Le Truppe della Guarnigione di Ancona, e Forti annessi al giorno, ed ora, che saranno convenuti, sortiranno dalla Piazza con tutti gli onori della Guerra, cioè: Con Tamburo battente, Bandiere spiegate, Miccio acceso, avendo alla testa due pezzi di Cannone di Campagna coi loro Cassoni, più uno d’Infanteria per rendersi in Francia per la via di terra la più comoda; Soldati, Ufficiali, Generali, ed ogni Militare si di terra, che di mare il Console della Republica Francese, gl’ Impiegati, e agenti Civili, e Militari porteranno seco le loro Armi, Effetti, e Proprietà personali di qualunque genere.

Saranno riguardate come Truppe della Divisione di Ancona, e saranno trattate sotto tutti i rapporti come Truppe della Republica Francese i Cisalpini, Romani, ed altri Italiani formati in Legioni, Battaglioni, o Compagnie, che portano le armi nella detta Divisione.

ARTICOLO II

La Divisione sarà accompagnata, e protetta nella sua marcia sino ai Posti awanzati dell’Armata Francese in Italia da un determinato corpo di Truppe Imperiali Comandate da un Uffiziale dello Stato Maggiore.

ARTICOLO III

La Divisione, che si porterà in Francia per la via che essa giudicherà la più comoda,, marcierà a spese di S.M. Imperatore, e Re:

Ogni Militare, o impiegato riceverà la Razione di ogni genere, e l’alloggio competente al suo grado secondo le Leggi, e Regolamenti Francesi. La marcia non sarà, forzata, ma regolata militarmente dietro quella dell’Infanteria Francese. Il Genera MONIER Comandante la Divisione farà di concerto coll’Uffiziale di Stato Maggiore Austriaco la determinazione dell’alloggio, o accampamento, se sarà giudicato convenevole, come, pure delle ore di partenza, e luoghi di dimora.

Risposta: Le Truppe della Guarnigione di Ancona, e dei Forti annessi sortiranno nel giorno, ed ora convenuta dalla Piazza con tutti gli onori di Guerra richiesti per rendersi in Francia come Prigionieri di Guerra, e non serviranno contro S.M. Imperiale, e contro i suoi Alleati che dopo un perfetto Cambio.

La Truppa deporrà le Armi nel luogo che sarà fissato da un Articolo Addizionale; i soldati e sotto Uffiziali conserveranno le loro muciglie, il Generale Comandante la Divisione, il Console della Repubblica Francese, i Generali, Uffiziali di terra, o di mare, gli Impiegati Civili e Militari conserveranno le loro Armi, Cavalli secondo i loro Gradi, ed i loro Effetti Personali.

Il Generale FRELICH volendo dare una prova di stima alle Truppe della Guarnigione per la Difesa coraggiosa, e contro ogni aspettativa, che esse hanno fatto, accorda ai Sotto Uffiziali il diritto di portare le loro Sciabole per rendersi al loro destino.

E per dare alla Divisione tutta, non meno che al General MONNIER, che la comanda un attestato della considerazione particolare, e della stima di nazione a Nazione contraenti, gli concede una Guardia di onore composta di quindici Uomini a Cavallo montati, armati equipaggiati, e di trenta Carabinieri Armati.

ARTICOLO IV

Sarà accordato a spese di S. M. Imperatore, e Re il numero de’ Carri attaccati, necessarj al trasporto degli Effetti personali degli Uffiziali, Impiegati, Consigli d’Amministrazione, e dei Depositi dei Corpi della Divisione: Il numero dei detti Carri sarà, convenuto d’appresso lo stato dei bisogni, che fornirà il Commissario di Guerra Francese

Il Generale Com. la Divisione, il Console della. Republica Francese, i Generali di Brigata Lucotte, Pino, Palombini, il Capo dello Stato Maggiore della Divisione, i Comandanti del Genio, e dell’Artiglieria, il Pagatore della Divisione, i Commiissarj di Guena, e della Marina Francese, l’Agente del Commissario Civile sono autorizzati di condurre ognuno il. loro Carro coperto pel trasporto delle loro Carte di Amministrazione, come di. Contabilità, ed i loro Effetti personali qualunque.

Risposta: Accordato ma a condizione che sarà Consegnato, da chi ne avrà il dritto, al Sig. Generale Barón di FRELICH l’attestato, che le Balle degli Uffiziali e Furgoni coperti non contenghino effetti di proprietà pubblica.

ARTICOLO V

I Bastimenti da Guerra della Repub. Francese, e Corsari coi loro Uffiziali, Impiegati in Amministrazione, ed Equipaggi si renderanno in uno dei Porti della Republica nello stato che si. ritrovano al momento della sottoscrizione della Capitolazione, muniti di Passaporto, e sotto la garanzia di S. M. Imperiale.

I viveri saranno forniti a spese della detta Potenza a ragione del viaggio.

Risposta:

INAMMISSIBILE ma se le Corsare la LUPE e la VENDETTA uscite dal Porto, e potendosi ripresentarsi di nuovo, rientreranno dopo la Capitolazione, li Marinari, che ne compongono l’Equipaggio, avranno la medesima sorte, che le Truppe esistenti attualmente nella Piazza.

ARTICOLO VI

I Malati dello Spedale della Divisione che potranno essere trasportati, lo saranno a spese di S. M. Imperatore, e Re coi viveri, e medicamenti e Casse di Chirurgia, ed Uffiziali di Sanità sufficienti pel viaggio d’Ancona in Francia.

Gli Ammalati, che senza pericolo, non potranno essere trasportati, resteranno in Ancona; essi saranno protetti come un Deposito Sacro, e trattati come gli Ammalati di S. M. Imperiale.

La Divisione li confida alla lealtà ed umanità della Nazione Austriaca.

II  General MONNIER gli determinerà il numero degli Uffiziali di Sanità, ed Infermieri indispensabili sotto la sorveglianza d’un Uffiziale Militare Francese, e di un Commissario di Guerra.

Subitochè il detto Uffiziale, Commissario richiederanno il trasporto dei Convalescenti o per mare, o per terra, secondochè sarà più convenevole al loro stato, gli verrà religiosamente accordato.

ARTICOLO VII

I Prigionieri fatti tanto durante il corso dell’Assedio d’Ancona che nelle Spedizioni precedenti, e che sono in Ancona, o sopra i Bastimenti Russo-Turchi o nella Divisione occupata dal Sig. Generale FRELIGFI, saranno resi da una parte, e dall’altra immediatamente dopo la sottoscrizione della presente Capitolazione e parteciperanno delle disposizioni contenute ne’ suoi Articoli.

Risposta:

ACCORDATO, per li Prigionieri Francesi solamente, che si troveranno ancora nella Divisione del Sig. Generale FRELIC

ARTICOLO VIII.

Tutti gli Individui di qualunque Nazione, o Religione essi siano abitanti nella Città d’Ancona , o che vi si trovino, e segnatamente gli Ebrei non potranno essere inquietati, molestati, né ricercati direttamente, o indirettamente essi, e le loro famiglie sul sospetto, e per la manifestazione delle loro opinioni civili, politiche, e religiose, come per li fatti che sono risultati, pendente il cangiamento del Governo nel Territorio Romano.

Questa disposizione risguarda quei fra loro, che hanno preso le armi, o esercitato degli impieghi Civili, o Amministrativi durante quest’epoca, e che verrebbero molestati per le loro ingerenze.

Risposta:

Il Governo Austriaco farà rispettare il diritto delle Genti verso li Cittadini senza distinzione di opinioni, o Religioni, purché si sottomettino alle leggi.

ARTICOLO IX.

La Commissione Amministrativa d’Ancona, i Membri anteriori delI’Amministrazioni Centrali dei Dipartimenti del Tronto, Musone, e Metauro, dei loro Tribunali, e Municipalità, gl’impiegati in tutti questi corpi Politici, ed i Patriotti della Republica Romana, come pure li Cittadini., e Sudditi delle Potenze alleate della Republica Francese, che vorranno seguire la Divisione d’Ancona, Essi, le loro Famiglie, ed effetti avranno la liberà più intera, né potranno essere ritardati, né impediti sotto qualunque pretesto.

Risposta.

L’Autorità Militare proteggerà l’esecuzione del presente Articolo, uniformandosi alla risposta fatta nel precedente Articolo.

ARTICOLO X.

Le Vendite, e Cessioni dei Beni, fondi situati in Ancona, e suo Territorio, come anche nei Dipartimenti Musone, Tronto, e Metauro sì autorizzate dal Consolato Romano, che dalla Repubblica Francese saranno mantenute inviolabili

Risposta:

Il Sig. Generale FRELICH non puoi decidere, e lascia l’assoluzione di questo articolo ai Gabinetti.

ARTICOLO XI

Li Cittadini Francesi, e loro alleati potranno alienare, o fare trasportare come a loro più piacerà per terra o per mare a loro spese gli effetti, e mercanzie da loro acquistate sino a quest’oggi.

Risposta:

Accordato; se gli Effetti, e Mercanzie non provengono dai Bastimenti, e Carichi presi dai Corsari sopra i Sudditi di S.M. Imperiale, e che non sarebbero stati giudicati di buona preda.

ARTICOLO XII

Sarà permesso alle persone comprese negli Articoli 8. 9.10. 11. di disporre delle loro Proprietà fondarie, e mobiliarie di venderle, o alienare, o percepirne l’entrate, come a loro piacerà: potranno egualmente in caso di vendita, o alienazione trasportarne esse medesime l’amontante, o inviarlo a loro piacimento nei luoghi, ch’essi desidereranno in Oro, Argento, Viglietti a ordine, o Cambiali.

Le suddette Persone potranno in conseguenza nell’intervallo dei sei mesi a contare dal giorno della sottoscrizione della Capitolazione continuare esse medesime la vendita dei loro Beni, e l’esigenza dei loro Crediti con tutta quiete, se esse non amano meglio abbandonare il Paese colla Divisione d’Ancona, e lasciare i Procuratori generali, e speciali, i quali godranno della protezione, di cui avrebbero goduto restando in Ancona.

Risposta:

ACCORDATO, se i Beni, di cui si tratta non erano di pertinenza dell’Antico Governo, delle Comunità Religiose soppresse; o dei Particolari Emigrati.

ARTICOLO XIII.

I Consoli di Spagna, e di Genova avranno la facoltà di restare in Ancona per lo spazio di sei mesi per terminarci i loro interessi con tutta garanzia delle loro Persone, Famiglie, Proprietà, e Carte Personali, o risguardanti le loro Amministrazioni, se meglio non amano ritirarsi colla Divisione d’Ancona, ed in tal caso saranno trattati come il Console della Rep. Francese.

Risposta:

I detti Consoli saranno rispettati, e protetti.

ARTICOLO XIV.

Se vi fosse qualche Articolo nella presente Capitolazione soggetto o qualche oscurità sarà interpretato secondo I’equità a favore della Divisione d’Ancona.

ARTICOLI ADDIZIONALI.

  1. La Cassa del Pagatore della Divisione, i Viveri, ed effetti dei magazzeni della Rep. Francese saranno rimessi appresso ricevuta nelle mani dell’Assediarne, segnata che sarà la Capitolazione.
  2. L’artiglieria dei Forti, del Porto, della Piazza, ed oggetti annessi, le Piante, e Carte relative alle Fortificazioni, ed all’interesse militare del Paese, saranno rimesse ai Commissarj , che saranno destinati per riceverli, dopo averne fatto Inventario, e rilasciata Ricevuta.
  3. Li disertori dell’una, e l’altra parte saranno restituiti.

Risposta:

CONVENUTO per li Disertori Austriaci solamente

  1. Per la garanzia, ed esecuzione di tutti gli Articoli della Capitolazione saranno dati degli ostaggi, ed il Sig. Barone di FRELIC Tenente Generale Commandante le Truppe Assedianti Ancona si rende responsabile della sicurezza della

Divisione dal momento dell’occupazione dei Posti sino al suo destino, come anche dei danni che potrebbero esser fatti a quelli, che la compongono.

  1. Segnati che saranno gli Articoli della Capitolazione, i Picchetti delle Truppe di S. M. Imperatore, e Re occuperanno le Porte di Francia, e Farina in numero eguale, e congiuntamente ai Francesi.
  2. Ventiquattro ore dopo la sottoscrizione dei ridetti Articoli le Truppe della Divisione d’Ancona evacueranno i Forti, e la Piazza in una sola Colonna con tutti gli onori della Guerra ottenuti nell’Articolo primo: si renderanno il medesimo giorno a Sinigaglia con le loro armi, che deporranno, eccettuati li Militari, ed Impiegati, che devono conservarle.

Risposta:

Convenuto, ma la Truppa Prigioniera deporrà le sue Armi a Fiumesino.

Fatto, convenuto, e decretato in Ancona li 23. Brumale an. 8, della Republica Francese una ed indivisibile.

Il Generale di Brigata Comandante la Divisione d’Ancona MONNIER

Sottoscritto Piè della Croce 13 Novembre 1799.

FRELIH Tenente Generale

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MATELICA MONASTERO DELLE CLARISSE DELLA BEATA MATTIA DOCUMENTI NOTARILI DAL 1227 AL 1399

P e r g a m e n e TRADOTTE Del Monastero della Beata Mattia A MATELICA Anni 1227-1399 ELENCO E TRADUZIONI

Carlo Tomassini e digitazione di Vesprini Albino

Per le pergamene dal 1227 al 1312 cfr. le sintesi in  “Quaderni dell’Archivio storico arcivescovile di Femo” anno 1998  n. 26  Pergamene del monastero matelicese di S. Maria Maddalena (=S. M. M.). Qui aggiunti l’elenco e le traduzioni delle pergamene dalle foto da P. Picciafuoco U. dall’anno 1325 al 1399

1227 settembre 12 Ricevuta di dote matrimoniale di Susanna

1233 aprile 11 Nuova costruzione nel monastero. Indulgenza del vescovo.

1233 settembre 9 Donazione di Alberico Finaguerra e della dote di Usularia.

1233 settembre 9 Donazione di Buon Frate all’abbadessa Beatrice e al monastero di Cupo Romano.

1237 gennaio 11 Consacrazione di donna Rosa nel monastero di S. Maria Maddalena.

1237 aprile 20 Accordo per i beni monastici di donna Rosa dall’eredità del padre Ranno.

1237 maggio  Donna Rosa fa rivalsa per l’eredità paterna e materna.

1237 settembre 2 Il notaio Benincasa vende un terreno ad Attone Petri.

1238 maggio 27 Benentenni del fu Bonasera permuta una casa con di Attone Petri.

1243 giugno 29 Giovanni di Pietro Sassolini e la moglie Letizia saldano ogni debito residuo a Venuto  di Berta Rigi.

1243 settembre 12 Patto di non far pace se non insieme tra Giovanni Finaguerra e Rainaldo contro Benvenuto.

1247 marzo 9 Spartizione di molini e diritti tra Attone e Lazzarello.

1247 maggio 23 Vendita di terra e molino da Giacomo di Valentino a Ugolino Albrici.

1247 ottobre 10 Accordo fra Ventura Carelli e Giovanni di Pietro per una tunica.

1254 febbraio 27 Vendita di vari terreni di Matteo ed Agnese a Iacopo Tertii.

1254 ottobre 20 Professione di donna Crescimbene al monastero di S. M. M.

1254 ottobre 28 Professione di Bartolo del fu Attone Tornaguerra religioso a S.M. M.

1256 dicembre 23 Le persone di S. Francesco di Acquaviva si donanoa  S. M. M.

1257 gennaio 25Guglielmo vescovo Camerinese aggiudica i beni di S. Francesco a S. M. M.

1258 ottobre 24 Annuncio del banditore comunale.

1268 maggio 15 Vendita di maestro Filippo Bonaventura a Rainuccio Attoni.

1270 dicembre 31 Guido vescovo di Camerino fa costruire a distanza da S. M. M.

1271 giugno 2 Testamento di Rainaldo di Gualtiero.

1271 giugno 16  Testamento di Rainalduccio del fu Rainaldo con legati pii.

1271 luglio 3 Promessa di esecuzione testamentaria.

1271 luglio 30 Pietro di Giacomo e Napolione Ranieri danno terra per costruire un monastero.

1271 agosto 10 Oblazione religiosa della giovane Mattia a S. M. M.

1271 settembre 14 Guido vescovo di Camerino fa trasferire il monastero di S. Agata.

1271 dicembre 8 Consegna di citazione vescovile.

1272 giugno 1 Fra Andrea viene nominato procuratore generale del monastero di S. Maria

Maddalena per la soluzione di vertenze.

1272 aprile 19 Venutula del fu Vitale dona sé stessa e i suoi beni al monastero di S. M. M.

1273 aprile 21 Indulto per offerte al monastero per la costruzione di una cisterna.

1274 (1273?)  aprile 19 Richiesta all’abbadessa di S. M. M. da parte di Frate Rainaldo per poter vivere monasticamente sul monte Gembo.

1274 agosto 18 Consegna di lettera del vicario pontificio.

1274 settembre 15 Lettera del vicario pontificio per la posa della prima pietra del nuovo convento di S. Agata.

1274 ottobre 7 Il vescovo Arnolfo di Numana concede indulgenza ai benefattori del convento di S. Agata.

1275 febbraio 11 Divieto di costruire nelle vicinanze del monastero di S. Maria Maddalena riconfermato dal vicario generale del Papa mastro Bernardo.

1277 maggio 30 Vitaliano Albrici vende a Fantesimo Rainaldo un terreno.

1278 febbraio 16 Oblazione di Alluminata e suore di S. Agata al monastero di S. M. M.

1278 marzo 7 Oblazione di religiose del monastero di S. Agata al monastero di S. M. M.

1278 luglio 17 Il sostituto del vescovo di Camerino vieta, sotto pena di scomunica, alle badesse dei monasteri di S. Agata e S. Maria Maddalena di procedere alla unione.

1278 luglio 17 Appello contro il precetto del sostituto del vescovo di Camerino.

1278 luglio 22 Accoglimento dell’appello presentato dai monasteri di S. Agata e S. Maria Maddalena al sostituto del vescovo di Camerino.

1278 Donna Billa dona i suoi beni al monastero di S. Maria Maddalena.

1278 ottobre 16 Vitaliano Albrici vende un terreno ad Andriolo Iacobi Sinibaldi.

1278 dicembre 2 Dote residua dovuta da Angeluccia del monastero di S. M. M.

1279 luglio 3 Donna Ricca dona una dote al monastero di S. M. M.

1280 settembre 4 Procura a Girardo Mattei di Matelica nella causa contro Mardonio Giacobelli ed altri  presso il giudice generale della Marca.

1282 luglio 14 Lettera di Guido di Villanova cappellano e nunzio papale.

1282 luglio 30 Colletta per spese dl nunzio papale.

1283 febbraio 1 Citazione fatta da Rainerio di Montefiascone a Napolione Rainieri.

1283 febbraio 2 Citazione a testimoniare dinanzi al giudice generale della Marca.

1283 febbraio 10 Convenzione per i molini.

1283 dicembre 4 Convenzione per un vallato dei molini.

1284 marzo 13 Testamento di donna Ventura con legati pii.

1284 giugno 10 Procuratore monastico il converso Fra Giacomo da Colle Stefano.

1284 luglio 11 Lettera del vicario pontificio della Marca.

1285 agosto 21 Procura per comporre una lite.

1286 febbraio 28 Indulto del vescovo di Camerino.

1286 settembre 12 Procura per una vertenza e autorizzazione a contrarre un mutuo.

1286 settembre 13 Indulto del vescovo di Camerino.

1286 novembre 14 Delibera del comune di Matelica sulla occupazione di suolo pubblico.

1286 novembre 20 Procura per dilazionare alcuni pagamenti.

1287 aprile 19 Ordinanza del giudice della Marca.

1287 aprile 27 Il balivo del giudice della Marca notifica l’ordinanza del 19 aprile.

1287 settembre 26 Procura per vertenza con i Frati di S. Agostino.

1287 dicembre 10 Procura per vertenza col vescovo di Camerino.

1288 ottobre 22 Il giudice comunale Bonaccorso da Montecchio ordina il completamento di una porta del monastero di S. M. M.  a Iagnino di mastro Percivalle della Romandiola.

1289 aprile 18  Giovanni Corradi giudice ordina a Iagnino di ultimare la porta di S. M. M.

1290 febbraio 23  Nicolò IV incarica il vescovo di Pesaro di dirimere una vertenza tra l’abate De Rotis ed il monastero di S. M. M.

1290 agosto 30 e settembre 8 e 11 Udienza giudiziaria.

1290 settembre 21, 26, 28 e ott. 5 Udienza giudiziaria pe  le monache di Fano.

1290 settembre 26  Il procuratore Lonardello presenta una richiesta al giudice.

1290 settembre 28 Accursio vescovo di Pesaro dichiara contumace Offreduccio di Tomasso di Matelica procuratore del monastero di S. M. M.

1290 ottobre 2 Don Matteo rettore di S. Donato dichiara avvenuta l’assegnazione dei beni al monastero di Fano secondo la sentenza del 28 settembre.

1290 ottobre 5 Don Matteo dichiara eseguita la sentenza del vescovo di Pesaro.

1290 ottobre 7 Appello al papa Nicolò IV da parte del monastero di S. M. M.

1291 settembre 27 e 29 Il vicario papale ordina al monastero di Matelica di desistere dal turbare il possesso delle terre assegnate al monastero di Fano.

1291 settembre 29 Notifica dell’ordinanza del vicario papale al monastero di S. M. M.

1292 febbraio 2 (1° atto) Il monastero cede a Petrono Rainaldi Bone un terreno.

1292 febbraio 2  (2° atto) Il monastero cede a Petrono Rainaldi in terreno.

1293 novembre 5 Benencasa di Pietro Brunelli fa ricevuta a Venuto di Venuto Beni della dote di Margherita di Venuto sposa di Benencasa.

1300 ottobre 27 Testamento di Benentendi del fu Accurimbona di Atto Simoni.

1301 marzo 24  Fra Iacopuccio procuratore di S. M. M. per la riscossione di somme.

1311 gennaio 29 Procura per appello al papa.

1312 luglio 8 Quietanza di pagamento per il prezzo di una campana.

1325 ottobre 20   (1° atto)  Donna Allorita fa oblazione monastica.

1325 ottobre 20  (2° atto) Donna Allorita fa oblazione monastica.

1331 febbraio 28 Affitto di molini.

1332 giugno 15 Il generale degli Eremitani concede indulgenze al monastero di S. M. M.

1335 aprile 17 Procura conferita a mastro Andreuccio Corraduzi di Osimo.

1335 settembre 14 Il monastero di S. M. M. vende un terreno a frate Guido converso.

1336 agosto 26 Nomina di un sostituto rappresentante del monastero di S. M. M.

1345 febbraio 19 – 26 Comparsa in giudizio.

1348 agosto 4 Testamento di Lucetta Ranucci.

1348    (inizio mancante)  Esecuzione del testamento di Nallo.

1348  (data mancante) Posizione giudiziaria di Lippi e convocazione dei testimoni.

1352 aprile 15 Il monastero di S. M. M. effettua vendite per il pagamento di debiti.

1355 ottobre 18 Lucio Ugolini di Matelica vende un terreno a Matteo detto Funario.

1363 marzo 6 Il monastero di S. Angelo vende un terreno a Cola Cagni Martini.

1363 maggio 24 Il vicario generale degli Eremitani concede indulgenza a S. M. M.

1367 gennaio 14 Vendita di casa con orto.

1375 giugno 21 Donazione di terreno con vigna al monastero di S. Maria Maddalena fatta da Mattiolo Petri Massarie da Matelica.

1375 luglio 15 Consegna di una lettera del 4 luglio 1375.

1375 luglio 17 Nomina procuratore del monastero di S. Maria Maddalena.

1376 maggio 10 Donazione fatta da Vannetta Gualtieri Atti Ricci da Matelica.

1387 febbraio 25 Il giudice autorizza il monastero alla donazione di Vannetta.

1380 aprile 30 Donna Catarina del fu Bindo Petri permuta terreno con Pacia Andreucci.

1383 agosto 28 Donazione fatta da Bartolomeo Pucci Venturelli da Matelica.

1383 settembre 2 Copia del testamento di Angelo Cicchi Levi.

1391 settembre 25 Donazione di Venanzo Rafini all’amministratore del di S. M. M.

1391 settembre 28 Esecuzione del testamento di Bitto Ruffini da Matelica.

1399 novembre 24 Testamento di Andrea Lippi Attucci da Matelica.

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1227 settembre 12 a Matelica. –    Nel nome di Dio. Amen. Nel suo anno 1227 indizione xv giorno dodici del mese di settembre (entrante) e tempo dell’Imperatore Federico II imperatore dei romani. Redatto nel castello di Matelica davanti alla casa di Tertio Erri, alla presenza di Angelo Attoni, Monaldo Massei, Accurrimbona Bracconi e Ugolino Viviani, testimoni chiamati. Andrea, figlio del fu Rainaldo da Clugiano dichiarò e fu soddisfatto di avere veramente ricevuto 30 libre che ricevette da Tertio Erri come dote di sua figlia Susanna moglie del predetto rinunciando a qualsiasi cavillo giuridico di contestazione del ricevuto. Lo stesso Andrea impegnò sé e gli eredi al patto che era obbligo restituire tale somma qualora il matrimonio si venisse a sciogliere per la morte o per il divorzio tra lui e Susanna a condizione che non fossero la loro nati figli giunti ad essere venticinquenni (s’intende maggiorenni) e ciò sotto penalità, in caso di inadempienza di pagare il doppio della dote e tutte le spese di lite. Notaio imperiale Pietro Albrici.

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1233 aprile 11 a Matelica –    Filippo vescovo di Camerino per grazia di Dio, rivolge il saluto nel Signore a tutti i fedeli cristiani del clero e del laicato stabiliti nella Diocesi di Camerino. Come disse l’Apostolo: tutti staremo davanti al tribunale di Cristo e riceveremo secondo come abbiamo agito nella vita corporale o in bene o in male. Pertanto dobbiamo prevenire il giorno dell’eterno giudizio con opere di misericordia e con il pensiero delle realtà eterne, dobbiamo seminare nella vita terrena quel che potremo raccogliere in cielo con frutto moltiplicato dal Signore che ce lo renderà. Teniamo con fiducia la ferma speranza che se chi poco semina mieterà pure poco, chi semina nel ben dire e ben fare mieterà pure la vita eterna. Dato che l’abbadessa, diletta in Cristo, e le consorella esistenti presso il castello di Matelica sopra la piana dell’Isola adiacente al fiume Gino, hanno cominciato lodevolmente a costruire il nuovo monastero e la chiesina (oratorio) ad onore di Dio e della beata aria Maddalena e di tutti i santi e non hanno mezzi di ultimare del tutto tale opera, preghiamo voi tutti comunitariamente, vi esortiamo vivamente e disponiamo per la remissione dei peccati che quando verranno gli incaricati delle stesse suore a chiedervi elemosine dai beni donati a voi dal Signore, vogliate aiutarle, cosicché, per queste ed altre opere buone ispirate dal Signore, possiate meritare i premi della vita eterna. Peraltro noi (vescovo) fiduciosi nella misericordia del Signore e nei meriti dei santi Venanzio, Ansovino, Vittorino e degli altri santi,  concediamo quaranta giorni di conforto dalla penitenza imposta nel Signore, a favore di tutti coloro che porgeranno aiuto caritatevole alla stessa costruzione delle suore o ai loro incaricati. Dato a Matelica il giorno 11 aprile.

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1233 settembre 9 a Matelica davanti al monastero  –     Nel nome di Dio. Amen. L’anno del Signore 1233, giorno 9 settembre a tempo di Papa  Gregorio e dell’imperatore dei romani Federico, indizione VI. Il signor Albrico, figlio del fu Finaguerra, di suo diritto diede, consegnò e concesse alla chiesa e al monastero delle donne di Cupo Romano presso l’Isola o a donna Beatrice abbadessa di esso monastero un terreno sito in Cupo Romano dove esiste tale monastero, terreno a confine con la via, con Rainaldo Saraceni, con il fiume, con Bruno Frate, facendo eccezione per il torrente con le “rote” dei figli di Stefo e di Rainaldo Saraceni. Donava in perpetuo questa terra al confinante monastero e chiesa assieme ai beni di Buono Frate, con tutte le pertinenze, in perpetuo con piena garanzia di non contrastare mai questa donazione. Inoltre stabiliva l’abbadessa (Beatrice) come sua amministratrice di 27 libre ravennati e anconetane. Questa somma faceva parte delle 40 libre di donna Usulalia quale dote di lei destinata a esser data come somma al monastero. Si impegnava pienamente con penalità e risarcimento spese. Redatto in località Cupo Romano davanti alla porta dello stesso monastero alla presenza dei testimoni richiesti: il signor Giberto; il signor Gentile; il signor Masseo Lazani; il signor Rainaldo; il signor Albrico Mori. Notaio apostolico, Pietro.

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1233 settembre 9 a Matelica nel monastero  –     Nel Nome di Dio. Amen. L’anno del Signore 1233 giorno 9 settembre a tempo di Papa Gregorio e di Federico imperatore dei romani, indizione VI. Buonfrate figlio del fu Rainaldo Albrici diede per diritto suo, consegnò e concesse alla chiesa o monastero delle donne di Cupo Romano presso l’Isola e a donna Beatrice abbadessa di tale chiesa e ricevente a none della stessa chiesa o monastero un terreno con vigna in parte e con corso d’acqua in località Piagge confinante con la via, con il monastero, con la terra del di Ugolino Albrici, con il vallato dei molini, rote e con il signor Albrico Finaguerra. Donava insieme ogni diritto, pertinenza e lo faceva per rimedio dei suoi peccati per l’anima sua e dei suoi parenti defunti dando tutte le garanzie di non contrastare mai questa donazione, anzi di assicurarla pagando ogni penalità, e spesa. Redatto nella casa o nel predetto monastero alla presenza dei testimoni richiesti e chiamati: il signor Gentile, il signor Masseo  Lazani, il signor Gualtiero Alberti, il signor Rainaldo Massei. Notaio rogante Pietro, notaio della Sede Apostolica.

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1237 gennaio 11  a Matelica nel monastero.  –     Nel nome di nostro Signore Gesù Cristo, anno 1237, indizione decima, giorno 11 gennaio, al tempo del Papa Gregorio e dell’imperatore Federico, alla presenza dei testimoni scritti sotto. Donna Rosa figlia del fu signor Ranno Alberto Gualtieri di propria spontanea buona volontà e per la redenzione delle anime dei genitori, delle sue sorelle e dell’anima propria dedicò se stessa ed i suoi beni (a Dio) ed entrò nel monastero e chiesa di S. Maria Maddalena. La detta signora promise obbedienza e riverenza a Fra Pietro, ministro dei Frati Minori ed alle consorelle e fu accolta a nome della stessa chiesa, con l’impegno che mai in alcun tempo sarebbe uscita da tale chiesa per andare o servire in altro luogo religioso per occasione di stare e rimanere, ma sempre sarebbe restata in tale luogo e rinunciò al mondo. Promise di mantenere la castità e l’unità e la necessità e lo fece a Dio per l’amore che ha verso nostro Signore Gesù Cristo, verso la Vergine Maria e Maria Maddalena. Mentre Fra Pietro predetto diceva: “Vuoi tu essere resa a Dio, a questo luogo di S. Vergine Maria e S. Maria Maddalena permanendo e stando davanti all’altare si S. Maria Maddalena ?”. Lei disse: “Lo voglio “. Lo stesso Fra Pietro e le consorelle la ricevettero a nome e in funzione della detta chiesa e la vestirono per mezzo dei panni dell’altare e del bacio della pace presso l’altare. E la stessa Rosa dopo queste cose donò e cedette ogni diritto ed ogni ragione ed azione che aveva in confronto al signor Masseo ed il signor Gentile Nazari di quattrocento libre che questi stessi erano tenuti a darle dalla vendita del podere paterno e materno, inoltre di centocinquantasei libre che donna Beatrice e la stessa donna Rosa avevano prima consegnato, come pure la stessa donna Rosa consegnò e diede al predetto monastero, o luogo, ogni suo bene oltre a ciò, quel che fosse di suo avere. Promise di mantenere stabile e definitiva questa sua consegna e donazione di non contrastarla in nessuna occasione, né riserva. Erano presenti il signor Bartolo Gentili, il signor Rainaldo giudice, Morico della Rocca, il signor Benintendi, il signor Bentivogio e molti altri testimoni richiesti, nella predetta chiesa. Fui presente io notaio Albertino che per mandato della stessa Rosa e delle consorelle scrissi l’atto e lo resi di pubblica forma.

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1237 aprile 20  –     Nel nome di Dio. Amen. L’anno del Signore 1237, aprile 20, a tempo di Papa Gregorio e di Federico imperatore dei romani, re di Sicilia e di Gerusalemme, indizione X. Il signor Masseo ed il signor Gentile Lazari da una parte e Attone Venimbene notaio amministratore del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica dall’altra parte, a nome del collegio e per conto della comunità del monastero deposero, si comune accordo e volontà, presso il signor Morico di Rocca libre duecento ravennati e anconetane, prezzo della vendita di donna Rosa dai beni del defunto Ranno fatta ai figli di Lazario, con questo patto e con questa condizione posta, che qualunque cosa avrà espresso Frate Pietro, Ministro dei Frati Minori, la predetta donna con le consorelle sue e il sindaco della predetta comunità facciano la ricevuta di quietanza e transazione ai figli di Lazario e staranno tra di loro al detto di lui.E se capitasse che il detto Fra Pietro non venisse, o (non) decidesse da ora fino alla metà di maggio prossimo, Don Filippo vescovo di Camerino debba decidere e se capitasse che gli uomini predetti non decidessero, il denaro predetto di duecento libre sia restituito dal signor Morico ai predetti figli di Lazario. E qualora il vescovo dicesse che il predetto denaro fosse da restituire, il signor Morico lo dia, senza frapporre condizioni, alla signora predetta. Parimenti riguardo al testamento di donna (I)bilde, tutto ciò che uno dei predetti (ministro o vescovo) dichiarasse o sentenziasse, con più o meno considerazione, promisero tra di loro vicendevolmente che lo considereranno e lo terranno fermo (deciso) e lo promisero con solenne stipula sotto pena di duecento libre ravennati e promisero di rimborsare o restituire ogni danno di lite e le spese fatte per ciò o sostenute per ciò in qualunque modo mancassero, con solenne stipula tra di loro. E dopo che le cose predette fossero o non fossero pagate, tutto quanto stabilito promisero che resterà deciso. Si riserva ogni diritto al monastero per il fatto del monte, cioè per i dieci (o più) mogiuri (o modioli) e per quello che ha del manso di Martino Iunii e moglie, inoltre della chiusa (da molino) di Atto Deoni e del molino di Geometaria, cose che lasciò alla signora Rosa. Redatto nel detto monastero, presenti come testimoni: il signor Albrico Finaguerra; Rainaldo di Monte Melone; il signor Suppolino; il signor Albrico Mori; il signor Blasio e Giovanni di Albrico Guarnieri. Acto di Deone, avvocato, richiesto, scrisse come notaio apostolico.

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1237 maggio   (Inizio mancante)  –  Sono presenti le monache donna Isulana, donna Chiara, …Lucia, Agnese e Catalina con altre che insieme concordemente (elessero) il loro amministratore contro Masseo e il signor Gentile Lazarii, di fronte a Fra Pietro da Vercelli e di fronte al vescovo di Camerino Filippo per contestare la lite, per giurare nell’accusa e per fare tutto, con transazione, compromesso, ascolto della sentenza, appello, se necessario, che agisca, riceva e replichi come loro stesse potrebbero agire e replicare riguardo all’eredità famigliare di donna Rosa dal padre, signor Ranno e dalla madre donna Beatrice specialmente per 555 libre e per tutti gli altri beni spettanti a lei. Questa procura sarà stabile, non contraddetta per nessuna circostanza dalla abbadessa e dalle monache, senza limiti per condizione di foro ecclesiastico, per atti senza causa, per dolo o timore, con ogni ausilio legale, restituzione, e tutto quanto potesse essere a loro vantaggio o per le persone con loro correlate. Queste cose promisero sotto penalità di 200 libre, pagata o non pagata la penalità, restano stabili. Redatto nel monastero di S. Maria Maddalena alla presenza dei testimoni: signor Albrico Finaguerra, il signor Fianguerra, il signor Morico da Rocca, il signor Suppolino, il signor Albrico Mori, Giovanni Albrici, il signor Blasio.  Io notaio apostolico Atto di Deone avvocato fui presente a queste cose e richiesto dalla detta abbadessa e consorelle scrissi quanto si legge sopra e lo pubblicai.

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1237 settembre 2  –     Nel nome del Signore. Amen. L’anno del Signore n1237, indizione X, giorno 2 settembre, a tempo del Papa Gregorio e dell’Imperatore Federico. A Matelica, davanti alla casa di Gentile di Attone Strovegli, sono presenti i testimoni: il signor Morico da Rocca; Matteo di Attone Petri Albi e Salimbene Ranni. Il notaio Benencasa Alessandri di suo diritto vendé, assegnò e concesse ad Attone di Pietro Tebaldi un terreno arativo sito nel distretto di Matelica in località Casoie, a confine con Sorello, genero di Attolino, figli di Paganuccio e l’acquirente, in pieno dominio e uso comprese le pertinenze, al prezzo di quattro libre e sei soldi che vengono pagati nell’atto senza la possibilità di rivalse e contestazioni, sotto penalità del doppio rimanendo stabile il contratto.  Roga l’atto il notaio imperiale Bentevegna Alberti.

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1238 maggio 27  –     Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno del Signore 1238, il giorno 27 maggio (cinque giorni al termine del mese) a tempo del Papa Gregorio e di Federico imperatore, indizione XI. Il signor Benentenni figlio del fu Bonasera fa una permuta (o concambio) con Attone di Pietro Tebaldi. Benentenni consegna ad Attone ed eredi una casa sita nel castello di Matelica a confine con Androna, i figli di Paganuccio, Accurro Bonasera con superficie di sedime e pertinenze, uscite sulla via e diritti. Riceve da Attone un’altra casa nel castello di Matelica confinante con Matteo di Attone Blanci, con Androna, con Bonaccorso di Attone Cristiani e moglie, con Bonora Beneraini. Nella permuta Attone aggiunge alla casa data la somma di quattro libre che Benentenni dichiara di aver ricevuto rinunciando ad ogni rivalsa o contraddizione, sotto penalità del doppio, con rimborso delle spese di lite, permanendo valido il contratto.  Redatto a Matelica nella “stazione” (sede) del notaio Benencasa alla presenza dei seguenti testimoni: Accurro Bonasera; Tomasio Blasii; Mercato Petri da Cerreto e Scagnarello di Albrico Tebaldi.  Notaio imperiale Benencasa.

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1243 giugno 29  –     Nel nome di Dio. Amen. L’anno del Signore 1243 indizione I, giorno 29 giugno (due giorni al termine) al tempo dell’impero di Federico secondo.

Venuto di Berta Rigi fa quietanza e transazione con Giovanni di Pietro Sassolini e con la moglie Letizia per tredici soldi e quattro denari che lo stesso venuto ricevette riguardo alla promessa rimasta insoluta per un campo o manso, ora definitivamente compensato, senza possibilità di rivalsa o di contraddizione, sotto penalità di venti libre, permanendo valida la quietanza. Redatto a Matelica nella casa del giudice Amicalo alla presenza dei seguenti testimoni; Benintenni; Amicalo; Accone Pegilli; Severino Azze; Attone di Accursio Franconi e Attone Deruni e altri. Roga l’atto il notaio imperiale Benenuntio.

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1243 settembre 12  –     Nell’anno del Signore 1243 a tempo di Federico imperatore romano, indizione I, il giorno 12 settembre Giovanni di Pietro Sassolini fece promessa con Finaguerra di Albrico e con il signor Rainaldo Gualtieri con l’impegno che non avrebbe fatto pace né accordo con Benvenuto  Bertenise senza che intervenissero gli stessi Finaguerra e Rainaldo che erano in lite con Benvenuto, a costo di morire e sotto pena di cento soldi. Reciprocamente anche i due alleati Finaguerra e Rainaldo si impegnavano con lo stesso Giovanni a non far pace né accordo con Benvenuto senza di lui. Redatto a Matelica in casa del pievano Matteo, alla presenza dei testimoni: Pietro Severini; Actolinello di Attone e Guintarello banditore.  Notaio Iacobo.

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1247 marzo 9  –     Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1247, indizione V. A tempo di Papa Innocenzo, il giorno 9 marzo, nella pieve del castello di Matelica alla presenza dei testimoni chiamati per questo atto, il signor Giacomo Attolini; Ugolino Simeoni e Servedare. Questa è la divisione e spartizione che fece Atto del signor Gentile Lazani tra lui e Lazzanello del signor Giacomo Massei Laczani riguardo ai molini siti nel distretto di Matelica e tra di loro in comune. Queste sono le due porzioni. Una porzione comprende i tre molini siti a Villa Vabiano presso i beni Lanzuni nella catasta (dell’acqua) che è sopra con i canali, le macine, il pavimento, il vallato, la chiusa e con le pertinenze comuni  ai molini per scendere e discendere con accessi e uscite e con tutti i diritti pertinenti ad essi ma con l’esplicita condizione che chi verrà in possesso di tutta questa parte della divisione in atto non potrà impossessarsi né comperare né permutare con i molini vicini e in più resterà in debito con il condividente per la somma di libre sette che dovrà pagare per maggior valore entro il 15 maggio. Questa porzione fu assegnata in proprietà ad Attone. L’altra porzione comprendeva in molino e mezzo nella stessa località, nella catasta che è di sotto alla precedente, con le relative pertinenze e diritti e con l’impegno che il possessore non potrà rialzare il livello da capo né danneggiare gli altri molini. In questa seconda porzione sono comprese tre delle cinque parti del molino della catasta dei molini, quello del fu Pietro Migliorati a confine con il torrente, con Pietro Iaconelli,  per quanto spettante(canali, macine, pavimento, chiusa, vallato, “letricini”, accessori e diritti). Questa seconda porzione venne in proprietà a Lazzanello. Il patto impegnava i condividenti sotto pena di cinquanta libre e rimborso delle spese di lite. Notaio imperiale Salimbene.

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1247 maggio 23  –     Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno del Signore 1247, indizione V, il giorno 23 (VIII uscente) del mese di maggio a tempo dell’imperatore romano Federico secondo.   Redatto a Matelica davanti alla casa di Pietro Venerie di fronte ai testimoni Suppolino, Raniero del signor Pietro, Attone di Giovanni ed altri.  Giacomo figlio del fu Valentino di suo diritto vendette, consegnò e concesse a Ugolino Albrici la quarta parte di un terreno indiviso o di una rota (molino) sita nel distretto di Matelica vicino all’Isola con questi confini: il torrente, la chiesa di S. Maria Maddalena, eventuali altri. La vendita comprendeva accessi, uscite verso la via pubblica, i diritti, gli usi e quanto spettante. Il prezzo pagato era di sei soldi. Rinunciava ad ogni contestazione per questa vendita o consegna, sotto penalità e con rimborso delle spese di lite, permanendo valido il contratto.  Notaio imperiale Alberto di Pietro.

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1247 ottobre 10  –     Nel nome di Dio. Amen. L’anno del Signore 1247, indizione V, il giorno 10 ottobre, a tempo di Papa Innocenzo.  Redatto a Matelica davanti alla casa del signor Masseo, Venura Carelli Aldevannino promette solennemente di pagare una certa somma (illeggibile) a Giovanni di Pietro Sassolini (di cui all’atto precedente del settembre 1243) e pone come termine di scadenza il prossimo Natale, sotto penalità di pagare il doppio, con ipoteca dei suoi beni, e ciò riguarda il prezzo di una tunica con cappuccio di panno fiorentino che lo stesso Giovanni (creditore) gli aveva venduto.  Notaio Benvenuto.

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1254 febbraio 27 –     Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno del Signore 1254, indizione XII, a tempo di Papa Innocenzo, fu redatto nel Comitato di Camerino a Villa Masiani, nella Cassina Massoli, il giorno penultimo di febbraio alla presenza dei testimoni: Bonvillano Benvenuti, Benvenuto Andrea, Scagnitto Iacobi, Benvenuto Severini, Porriano Bonelli Sollis, Bentivene Paganuccio e altri.  Agnese figlia del fu Vitale Attoni Tebaldi e Matteo figlio di assoli Agresti, marito della stessa Agnese, con il consenso del padre Massolo Agresti e della moglie assieme vendettero e consegnarono in proprietà a Iacopo (Giacomo) Tertii, i terreni in parte con vigne siti in più località di Matelica (?). Un terreno era sito nel Piano di Matelica a confine con la via, con Giacomo di Giovanni, con lo stesso Iacobo. Un latro terreno era sito al Vado (= Guado) dei Militi a confine con il Vallato dei molini, con Michele Guidi, con i figli di Accursio Attolini. Altro terreno in località Querceto di Manfredo, a confine con Morico Paganucci, con maestro Pietro Paganucci ed altri, esattamente la metà dei diritti, come proprietà di Atto Tebaldi nonno della stessa Agnese. In località Querceto come sopra un altro terreno confinante con i figli di Albrico Tebaldi, con Giunta Attolini. Altro terreno a canneto era sito vicino al Fossato Gudenzili a confine con il Fossato stesso, con il signor Alberto Attoni Guarneri. Vicino al Fossato un altro terreno in Villa Casoie con vigna a confine con l’acquirente Iacobo ed ivi inoltre una terra vignata a confine con Benencasa Alessandri e con i figli del signor Sorello. Altro terreno in località Valle, a confine con Matteo Rainaldi e sua moglie donna Place e con terra dell’acquirente. Altro terreno in località Monacesca a confine con Bencivenga Paganucci e con Giunta Attolini. La vendita comprendeva ogni diritto, pertinenza, accesso, uso al prezzo di 31 libre. L’acquirente Iacobo consegnava subito in pagamento 20 libre; decidendo per la somma restante il venditore dichiarò che l’aveva già ricevuta. La vendita resterà stabile sotto penalità del doppio e del rimborso delle spese di lite, permanendo valido il contratto. Questi beni erano la dote di Agnese e il suocero di lei, Massolo obbligò e pignorò le 31 libre a favore di Agnese e di Bonvillano Benvenuti, con il consenso di tutti. Dato il fatto che la dote di Agnese ammontava a 41 libre, oltre alle 31 predette, fu consegnato il campo di terra arativa sita a Villa Masiani, in località Valla Bazzoni a confine con la via, con i figli del signor Salvo Bernardi e con il Fossato, campo che peraltro veniva stimato del valore di cento libre di prezzo. I coniugi Matteo e Agnese insieme lo vendettero allo stesso Iacobo che si impegnava a pagare. Il venditore Massolo assicurava la piena validità della vendita, rinunciando ad ogni controversia sotto penalità, rinunciava espressamente alla lettera dell’imperatore romano Adriano e al senatoconsulto relativo e ad ogni cavillo di legge. Il notaio chiese ai coniugi che asserivano di avere più di 14 anni di far giuramento sul Vangelo e pur minorenni dei 25 anni si impegnavano a rispettare il contratto di vendita.  Notaio Giacomo Sorelli.

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1254 ottobre 20  –     Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1254, il giorno 20 (XII exeunte) del mese di ottobre, a tempo di Papa Innocenzo, indizione XII. Redatto presso il monastero delle donne di S. Maria Maddalena del Piano di Matelica sopra l’Isola, alla presenza dei testimoni richiesti: Pietro Pertenevole, suo figlio Pietro e Morico di Pietro Rustichelli e altri. Donna Crescimbene figlia del fu Matteo di Albrico Iordani, soprannominata Paola  di sua spontanea volontà e per la redenzione della sua anima e dei suoi parenti donò e dedicò sé stessa ed i propri beni entrando nel monastero o chiesa di S. Maria Maddalena e promise obbedienza e riverenza al sindaco del monastero, maestro Albertino Lombardo ed alle suore, a nome della stessa chiesa, che in nessun tempo si sarebbe allontanata andando e servendo a qualche luogo religioso in occasione di starvi o rimanervi, ma di voler rimanere nello stesso luogo. Rinunciò al mondo e promise di mantenere la castità, l’unità e la necessità. Lo volle fare a Dio per l’amore che ha verso nostro Signore Gesù Cristo e verso la Maria Vergine e verso Maria Maddalena, nel mentre il predetto Albertino diceva: “Vuoi tu essere resa a Dio, a questo luogo di S. Maria Vergine e di S. Maria Maddalena ?” e lei rispondeva: “Lo voglio”. Allora il sindaco Albertino e le consorelle l’accolsero a nome e per conto della stessa chiesa e la vestirono dei panni dell’altare e per mezzo del bacio della pace presso l’altare. Lei, donna Paola, dopo ciò donò e cedette ogni suo diritto, bene, azione o possesso che aveva, dandolo allo stesso monastero, in particolare diede una casa sita nel castello di S. Severino a confine con Lazano del signor Giacomo, con Guarnerio del signor Gentile e con la via. Lei diede anche il campo in località detta Strada, vicino ai beni del figlio di Benvenuto Bendenari e di Ligorio. Diede ogni altro suo bene al monastero, suo luogo, con l’impegno di non contravvenire alla donazione.

(Redazione della pergamena nell’anno 1261)   Notaio pubblico Pietro Nicolai. Lo stesso notaio per ordine del podestà del Comune di Matelica, Bucaro di S. aria del Monte, scrisse di nuovo la pergamena dell’atto, su richiesta del sindaco generale (amministratore) del monastero di S. Maria Maddalena e del convento, giurando il podestà Bucaro che l’atto scritto precedentemente non si ritrovava né presso il sindaco Finaguerra del signor Albrico, né presso il monastero né presso altri. Se tuttavia venisse a ritrovarsi tale atto originario scritto dallo stesso Notaio, doveva essere a lui restituito. Il nuovo atto è scritto dallo stesso notaio nell’anno 1261 il giorno 26 agosto a tempo di Manfredo re di Sicilia al quarto anno, indizione IV, all’interno della “sanna”  (transenna) della pieve di Matelica dove vengono redatte le carte dei diritti (o proprietà) alla presenza dei testimoni richiesti: Giacomo del Buon Frate, il signor Scanno di Rainaldo, il signor Pietro di Attone Graulini, il signor benteni Iacobi, Iohanni e Giacomo di Giovanni ed altri.

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1254 ottobre 28  –     Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno del Signore 1254 giorno 28 ottobre (quarto dalla fine del mese) a tempo del Papa Innocenzo, indizione XII, in Matelica davanti alla casa di Alberto Lombardi alla presenza dei testimoni: il signor Morico Uguictioni, Rainaldo di Attone Albrici, Venturello Brune, Gianni di Attone Martini e Vitale Venuti e altri convocati. Bartolo figlio del fu Attone Tornaguerra di sua spontanea buona volontà per la redenzione dell’anima sua e di quella dei suoi parenti, donò sé stesso ed i suoi beni e entrò nel monastero o chiesa di S. Maria Maddalena. Bartolo promise obbedienza e riverenza a maestro Albertino Lombardi come sindaco del monastero ed alle sorelle ricevuti a nome della stessa chiesa (promettendo) che mai nel tempo sarebbe andato via da tale chiesa per servire a qualche altro luogo religioso con l’occasione di andarvi o starvi, ma di voler sempre rimanere nello stesso luogo (= convento). Rinunziò al mondo e promise di mantenere la castità e l’unità e la necessità. Lo fece per Dio per l’amore che ha verso nostro Signore Gesù Cristo e verso Maria Vergine e di S. Maria Maddalena, nel mentre Albertino diceva: “Vuoi tu essere reso a Dio, a questo luogo di S. Maria Vergine e di S. Maria Maddalena ?” lui rispose:”Lo voglio”. Lo stesso Albertino lo accolse a nome e per conto della stessa chiesa. Dopo ciò Bartolo diede e cedette allo stesso sindaco Albertino, ricevente per il monastero predetto, la terra e vigna sita nel distretto di S. Severino in località Cave, a confine con i figli di Benvenuto Bertonfili, con il signor Bonacurte, con Pietro Tornaguerra e con Benvenuto Andree. Donò insieme ogni suo diritto, possesso e bene promettendo di mantenere la donazione. Il notaio Pietro Nicolai era presente per ordine di Bucaro di Santa Maria del Monte, podestà del comune di Matelica scrisse di nuovo l’atto presente su richiesta del sindaco generale del monastero di S. Maria Maddalena signor Finaguerra del signor Albrico poiché tale istrumento non si ritrovava presso i predetti. Se però in futuro si ritrovasse dovrà essere riconsegnato al notaio stesso.  La nuova redazione dell’atto avvenne nell’anno 1261, il giorno 26 agosto, al tempo del regno di Manfredo re di Sicilia, anno quarto, indizione IV presso la transenna (“sanna”) del comune di Matelica ove si danno gli atti di diritti o proprietà alla presenza dei seguenti testimoni: il signor Iacopo del Buon Frate, il signor Scanno Rainaldi, il signor Pietro di Attone Graulini, il signor Beninte Iacobo di Giovanni e Giacomo di Giovanni ed altri.

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1256 dicembre 23  –     <Due testi: Le persone del convento di S. Francesco di Acquaviva si donano con i beni loro compresa la chiesa al monastero di S. Maria Maddalena. Per tradurre tale donazione occorre tenere presenti due diverse redazioni dell’atto, con diversità di impegni: testo A e testo b. Testo A: Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1256, indizione XIV, al tempo del Papa Alessandro quarto, il giorno nono di dicembre uscente cioè il 23 (antivigilia di Natale) presso la chiesa di S. Francesco (o di Claudio) di Acquaviva, un tempo luogo (=convento) dei Frati Minori, nel distretto del castello di Matelica sono presenti come testimoni richiesti e chiamati (per l’atto): Abbrazzulo e Morico di Pietro Salvi e Pietro Nicolai.  Le persone che formano la famiglia (o familiari) della chiesa predetta e del luogo di S. Francesco di Acquaviva si offrono per andare a vivere a S. Maria Maddalena. Nell’elenco di queste persone alcune fecero l’atto il giorno 23 altre il giorno 24 (= vigilia di Natale).  Nell’antivigilia si donarono Francesca Petri chiamata Bladetta, Agnese di donna Venuta chiamata Berta, Benigna di Lenguazio chiamata Persa, lo stesso Lenguatio Petri e Ugolino da Rocca o Tancredi. Il giorno della vigilia si donarono Umile figlia del maestro Bruno chiamata Bruna, Marina e Lavernuzio. Il primo gruppo aveva dichiarato di vivere nel convento di Acquaviva senza una regola e senza un vincolo (di obbedienza). Ora tutti costoro vogliono essere sotto la regola e l’ordine di S. benedetto e servire Dio nel monastero delle donne di S. Maria Maddalena in perpetuo, di loro pura libera e spontanea volontà, senza forzature o timori, pienamente donando sé stessi e i loro beni.   (Nella formula A si ribadisce di voler rimanere nel convento del monastero e si esplicita l’obbedienza all’abbadessa del monastero come consorelle e familiari nell’osservanza della regola di S. Benedetto ivi osservata.)  \\ A ricevere la loro dedizione c’era il sacerdote (presbitero) don Zaccheo a nome dello stesso monastero e convento di S. Maria Maddalena per la sua qualità di Sindaco.  La donazione riguardava tutti i beni mobili ed immobili, i diritti, gli usi, i possessi,  le cose godute di diritto e di fatto di qualsiasi tipo, presenti o future anche quelle tenute da altri per loro, in particolare donavano al sacerdote don Zaccheo, per il monastero, il convento (luogo) e chiesa di S. Francesco o Claudio) di Acquaviva che, nel distretto di Matelica, era a confine per due lati con la via, sul terzo lato oltre alla via anche i beni di Paganello Attoni Massei e dei suoi consoci. Don Zaccheo ne avrebbe preso dominio diretto, materiale di piena autorità.   (Nella redazione A si precisa “per diritto loro proprio cedettero tali beni a don Zaccheo che prometteva loro la parte e la sorte di tutte le cose e dei beni del Monastero e convento di S. Maria Maddalena dove avrebbero avuto pane ed acqua come le altre persone del monastero e convento, in piena parità di regola e di obbedienza alla Badessa.)  Notaio pubblico: Grazia.  Testo B: Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1256 indizione XIV, al tempo del Papa Alessandro IV nel giorno 9 dalla fine di Dicembre (23 dicembre) nel distretto del castello di Matelica presso la chiesa di S. Francesco o S. Claudio di Acquaviva un tempo luogo dei Frati Minori alla presenza di Abbrazzulo e Morico di Pietro Salvi e Pietro di Nicola, come testimoni richiesti e chiamati: Francesca di Pietro detta Bladetta, Agnese di donna venuta detta Berta,  Benigna di Lenguatio detta Persa, lo stesso Lenguatio di Pietro e ugolino dalla Rocca o Tancredi, famigli della stessa chiesa e luogo di S. Francesco d’Acquaviva, abitanti nella chiesa predetta o luogo, senza una regola né alcun vincolo d’obbedienza, volendo essere sotto la regola e l’ordine  di S. Benedetto e mettersi al servizio del Signore nel monastero delle donne di S. Maria Maddalena di Matelica e proponendo di restare nel monastero di S. Maria Maddalena di loro pieno, libera e spontanea volontà, non spinti da forza né da inganno donarono e offrirono sé stessi ed i propri beni al predetto  monastero e convento di S. Maria Maddalena e a don Zaccheo presbitero sindaco che li accoglie a nome dello stesso monastero e accetta tutti i loro beni stabili, mobili, semoventi, diritti, azioni, richieste, ragioni utili dirette e miste e contrarie di loro competenza di diritto e di fatto, quel che hanno, tengono, possiedono o quasi anche tramite altra persona a loro nome, o come tali o mediante altra persona in loro funzione e a nome loro  dovunque questi beni sono o possono trovarsi e specialmente il detto luogo e chiesa di S. Francesco o S. Claudio di Acquaviva con siti , selve e orti ed altra pertinenza sito nel distretto di Matelica, entro i seguenti confini: 1° e 2°, la via; 3° la via e paganello di Attone Massei con i suoi consorti tenendoli sino a che il monastero di S. Maria Maddalena  non ne prende diretto dominio per loro autorità e licenza senza contraddirlo. Tutto quanto sopra detto fu da loro attribuito, dato e concesso per amore di Dio, per la remissione dei peccati loro e dei parenti. Il giorno successivo (24 dicembre) fanno la cessione Umile di mastro Pietro detto Brune, Marina e Lavernutio  famigli del luogo e chiesa di S. Francesco o S. Claudio di Acquaviva nelle mani di Zaccheo predetto che accetta a nome del monastero e convento di S. Maria Maddalena, come fecero prima Francesca, Agnese, Benigna, Ugolino e Legnatio.  Donarono, concessero, fecero tutte e singole le cose sopra dette per la redenzione delle loro anime e i n modo che don Zaccheo come Sindaco del detto monastero, incaricato a nome e in funzione del detto monastero e del convento per tutte le cose dette prima e dette nel seguito per mezzo loro e dei loro successori, ricevette le loro persone come famiglie compartecipi del predetto monastero e del convento promettendo loro di aver parte e sorte di tutte le cose e dei beni dello stesso monastero, di aver pane e acqua nello stesso monastero come hanno gli altri della famiglia dello stesso monastero e del convento. Le donne sopra dette nelle mani di don Zaccheo presbitero che le riceve per l’abbadessa dello stesso monastero promisero e fecero voto di obbedienza e riverenza e di osservare la regola di S. Benedetto quale è osservata in detto monastero.  Alla presenza dei testimoni, a Matelica il giorno 8 dalla fine di dicembre (24 dicembre) Umile di mastro Pietro detta Bruna e Marina e Lavernuccio della famiglia del luogo sopradetto e della chiesa di S. Francesco d’Acquaviva fecero donazione e cessione al sopradetto don Zaccheo sindaco del monastero stipulante per lo stesso monastero e per il suo convento esattamente come avevano fatto Francesca, Agnese, Benigna, Ugolino e Lenguatio per il fatto che il sopradetto don Zaccheo sindaco, a nome ed in funzione del monastero e del convento, come sopra, fece promessa ed accordo con Umile. Marina, e Lavernutio come aveva concordato con Francesca, Agnese, Benigna, Ugolino e Lenguatio in tutto e per tutto come nel capitolo detto sopra.  Ed io Grazia pubblico notaio fui presente a tutto ciò e scrissi come si legge sopra e resi pubblico (sigillo notarile).

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1257 gennaio 25  –     Nel nome di Dio. Amen. Noi Guglielmo vescovo di Camerino per grazia divina ed apostolica, in qualità di arbitro, giudice, uditore e compositore amicale per elezione fatta da Lazano del signor Giacomo sindaco della abbadessa e del convento del monstero di S. Maria Maddalena da una parte e da mastro Admannito di Pietro, sindaco dell’abate e del convento del monastero da Roti e della abbadessa e convento del monastero di S. Francesco d’Acquaviva dall’altra parte; in merito alle questioni di contrasto e controversie che vertevano e potessero vertere tra di loro a motivo dello stesso monastero di S. Francesco d’Acquaviva con i suoi beni ed inoltre delle persone di esso monastero, come più chiaramente è espresso nel compromesso fatto e redatto tramite noi di mano del notaio Offreduccio a favore della pace e della concordia;  ora stabiliamo con decisione, e facciamo arbitrato e composizione amicale dopo aver invocato la grazia di Dio onnipotente, sentenziando che Lenguatio e la figlia con tutti i beni loro e Ugolino della Rocca con le terre e le vigne  che diede al monastero di S. Francesco, passino e vadano nel monastero di S. Maria Maddalena. Gli altri beni e persone che erano nel monastero di S. Francesco da Acquaviva, sin dal momento che si mosse la lite tra il monastero de Rotis ed il monastero di S. Maria Maddalena circa il monastero di Acquaviva, rimangano nel luogo di S. Francesco di Acquaviva, liberamente, pacificamente e serenamente. Inoltre diamo lodo ed arbitrato che l’abbadessa ed il convento del monastero di S. Maria Maddalena per mezzo del sindaco legalmente stabilito per questo scopo, faccia libera, totale quietanza e remissione a donna Elia abbadessa di S. Francesco d’ Acquaviva e al suo convento di ogni promessa fatta a lei e al detto monastero in qualunque modo,  o al suo sindaco o ad altri riguardo ai beni del detto monastero d’Acquaviva ed anche delle persone di esso, in conformità alla saggezza di donna Elia e del suo convento. Se poi venissero a trovarsi documenti riguardanti questa cose, siano nulli, cancellati e vani come sin da ora li cancelliamo, li annulliamo, e li riduciamo senza valore probatorio.   Parimenti diamo lodo ed arbitrato che l’abbadessa ed il convento del monastero di Acquaviva e l’abate ed il convento de Rotis, facciano documento di donazione, quietanza e remissione in conformità alla saggezza dell’abbadessa e delle donne di S. Maria Maddalena riguardo a Lenguatio e alla sua figlia ed ai loro beni e riguardo ad Ugolino della Rocca ed ai suoi beni in vigne e terre, ciò per mezzo di un sindaco a ciò legalmente stabilito. Parimenti diamo lodo ed arbitrato che tutti i beni che erano in casa di Lenguatio sin dall’inizio della lite debbono riconsegnarsi a tale casa, quelli che erano delle donne di Acquaviva siano ancora delle stesse e siano loro riconsegnati, così quelli che erano di Lenguatio e della figlia vadano assegnati al monastero di S. Maria Maddalena senza alcuna contraddizione.  Diamo lodo ed arbitrato decidendo ogni singola cosa come scritto sopra e comandiamo che si adempia inviolabilmente dall’una e dall’altra parte, sotto pena espressa nel compromesso, pena da applicare ed esigere ogni volta che si fa questione su quanto sopra detto o su qualche aspetto. Comunque, scontata o no la pena, il lodo ed arbitrato da noi dato resti sempre valido e vincolante.  Emanato nel palazzo di S. Vittore delle Chiuse alla presenza dell’abate di Grotta S. Vittore, don Giovanni da Bettonio, don Gualtiero canonico di Fabriano, don Vacumbene, mastro Benvenuto di Giovan Guidoni e molti altri testimoni nell’anno del Signore 1257, indizione XV, il settimo giorno dalla fine di gennaio (25 gennaio) al tempo del Papa Alessandro IV. Scrissi io Offreduccio notaio d’autorità imperiale.

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1258 ottobre 24  –     Al tempo di Papa Alessandro, presenti come testimoni maestro Giovanni Albrici e PietroAttorri Rigi, Micarello banditore comunale di Matelica rende atto di aver fatto nella piazza, a voce alta, il bando (avviso) per mandato del giudice comunale Iacobo (giacomo) Sorelli, che chiunque voleva difendere Pietro Benvenuti e suoi beni, entro cinque giorni si presentasse al fine di far stabilire la data di termine per rispondere alle tre petizioni avverse espresse da Giacomo Terzi e da Francone Gennari.  Notaio, comandato dal giudice, scrisse Salimbene.

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1268 maggio 15  –     Nel nome di Dio. Amen. Anno 1258, indizione XI, giorno 15 maggio a Fabriano nella casa di Pellegrino Pauli alla presenza di testimoni richiesti e chiamati: Pellegrino Deutesalve Albrici da Genga e Giovanni Albertucci. Il maestro Filippo di Bonaventura di Matelica per suo diritto vendette, consegnò, diede in perpetuo a Rainuccio Attoni Cambereni e suoi eredi un terreno arativo sito nel distretto di Matelica nella Villa San Severino a confine con la via pubblica, con Salimbene Albrici, con Bartolo Monaldi e con Accursio Bucarelli.  Il prezzo stabilito e pagato erano cento soldi, con la rinuncia di ogni atto in contrasto per la cessione della proprietà del terreno con tutte le sue pertinenze, sotto penalità del doppio del valore e rimborso delle spese di lite.  Notaio imperiale Mantia.

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1270 dicembre 31  –     Guido vescovo di Camerino per grazia divina ed apostolica saluta nel Signore le dilette in Cristo, abbadessa e conventuali del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica, nostra diocesi. Di fronte alla richiesta giusta e dignitosa a noi presentata, come suggerisce il valore dell’equità e come esige la forza della ragione, noi per sollecitudine della nostra funzione vogliamo che abbia il dovuto effetto, pertanto, o dilette (figlie in Cristo, ascoltando le vostre domande e considerato un dovere l’indulgere a voi in modo che non si possa costruire né trasferire di nuovo alcun monastero né chiostro né chiesina di religiosi o religiose entro lo spazio di sessanta “canne” di misura vigente nell’ambito del comitato di Camerino , a distanza d’aria all’intorno dal confine del vostro monastero, tutt’intorno anche dove la disposizione del luogo non permetterebbe in altro luogo. Stabiliamo così che sia distrutto tutto ciò che, dopo la concessione presente, sia stato edificato o fatto in contrasto con la disposizione di quanto ordiniamo e indulgiamo qui. A nessuna persona mai sia lecito violare questo documento di indulgenza né contrastarlo con temerario ardire. Se però qualcuno userà la presunzione di tentarlo, sappia di incorrere nel nostro sdegno. Abbiamo comandato di rafforzare questo documento con la convalida del nostro sigillo per dare maggiore fede e certezza ad esso. Dato a Camerino, l’ultimo giorno di dicembre, in tempo di sede cavante a Roma, indizione tredicesima.

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1271 giugno 2  –     Nel nome di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. Amen. Nell’anno 1271 dalla nascita del Signore, indizione XIV, a tempo di sede apostolica vacante, il giorno 2 del mese di Giugno, a Matelica fu redatto nella casa dal sig. Rainaldo del sig. Masseo chiamato anche Rainaldo del sig. Gualtiero, alla presenza dei testimoni richiesti ed a ciò chiamati: il sig. rev. Morico di Giovanni chierico, il sig. rev. Giovanni Mistriani, il sig. Vengnate Severini, Salimbene del sig. Sinibaldo, Ivano del sig. Scagno, Napolione Rainerii, Ruggero del sig. Rainaldo del sig. Gualtiero chiamato anche Rainaldo del sig. Masseo faceva il suo testamento in cui tra l’altro lasciava a donna Floretta sua nipote come figlia del suo defunto figlio Masseo, la somma di dieci libre come sua parte ereditaria di spettanza, con accettazione della concessione di un versamento annuale di 20 soldi fino a completare il pagamento di dieci libre. Lo stesso Rainaldo stabilì come suo erede suo figlio Rainalduccio. Se peraltro costui avesse a morire senza figli maggiorenni di 25 anni, l’eredità era destinata a Lazano del sig. Gicomo che era autorizzato a vendere tutti i beni di Rainaldo che erano nel distretto di Matelica, ma non in quello di S. Severino a da tale vendita aggiunge alle precedenti dieci libre per Floretta, altre 50 (cinquanta) libre.  Floretta era monaca consacrata a S. Maria Maddalena. Dopo la morte di costei le 50 libre siano destinate a costruire una chiesa o casa a lode di Dio pro anima del testatore. Notaio Fantesino del sig. Rainaldo giudice ordinario.

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1271 giugno 16  –     Nel nome di Dio Padre Figlio e Spirito Santo. Amen. Nell’anno dalla natività del Signore 1271 indizione XIV, in tempo di sede apostolica vacante del pastore, il giorno sedici giugno a Matelica nella casa di Laczano del signor Giacomo alla presenza dei testimoni chiamati e richiesti: signor Bonacurte di Massei Laczani, Ivano del signor Scagno, Pietro del signor Giacomo, Napolione Rainerii, Laczano del signor Giacomo, Salimbene del signor Sinibaldo, Accurrimbona Nonvallia, Matteo Renzi, Salvo Rainaldi ed altri molti  si fece questo atto. Rainalduccio figlio del fu signor Rainaldo del signor Masseo Laczani, debole di corpo, sano di mente provvide al suo testamento nuncupativo senza scritti, nel quale lasciò anzitutto 40 soldi ravennati e anconetani per la sua anima da distribuire secondo la legge canonica. Lasciò 7 libre ravennati e anconetane come legato e fidecommesso di sua sepoltura per la remissione dei peccati suoi e del padre e della madre. Lasciò 36 soldi per restituzione o pagamento di quanto ricevuto ingiustamente e indebitamente da qualcuno di cui non ricorda il nome. Lasciò come legato o fidecommesso della chiesa di S. Maria del Piano o di Savenano, 20 soldi ravennati  e anconetani per la fabbrica e restauri della stessa chiesa. Lasciò e comandò di dare a pagare tutti i debiti di usura e di mortorio della sepoltura non pagati, del padre e madre suoi, come da loro testamento o da atti e testimoni. Lasciò come legato o fidecommesso a Floretta sua nipote vita natural durante un mantello ed una tunica ogni anno per sue necessità. Lasciò come legato per cantare le messe per la redenzione della sua anima   e per la remissione dei suoi peccati 40 soldi ravennati e anconetani. Lasciò come legato a Napolione Rainerii e a Pietro del signor Giacomo 20 libre. Lasciò come legato a Sibilia, sorella sua, una casa sita in Matelica, a confine con Pietro del sig. Giacomo, la via, il signor Finaguerra del signor Albrico e la ripa o fosso del comune matelicese, inoltre la vigna in Savenano a confine con la via, Sinibaldo Massei Sinibaldi, la via e la figlia di Giacomo Bene e fossato. Lasciò come legato a Laczano del signor Giacomo tutti i beni, diritti e azioni che il testatore o taluno per lui ha in qualsiasi modo presso il castello di San Severino o suo territorio confermando allo stesso Laczano la consegna fattane per mezzo del padre Rainaldo del signor Massei. Lasciò parimenti a Rialta moglie di Accurimbona Nonvollie 30 soldi. Ordinò che ogni precedente disposizione fosse eseguita entro quattro anni, cioè un quarto ogni anno. Per ogni altro bene erede universale sua sorella carnale Sibilia con ogni diritto.  Notaio Fantesino giudice figlio del signor Rainaldo.

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1271 luglio 3  –     Nel nome di Dio Padre Figlio e Spirito Santo. Amen. Anno dalla natività del Signore 1271, indizione VIV, a tempo di sede apostolica vacante del pastore, il giorno 3 del mese di luglio, alla presenza dei testimoni richiesti e chiamati a Matelica nella casa del fu signor Rainaldo del signor Masseo tra molti altri c’erano il signor Finaguerra del signor Albrico, il mastro Giacomo Palmuzi, Palmulo del signor Benvenuto, Salimbene del signor Sinibaldo, Laczano del signor Giacomo, Ugolino Fantesini, Ivano del signor Scagno quando donna Sibilia figlia del signor Rainaldo del signor Masseo Laczani con il consenso esplicito del marito Ivano del signor Scagno prese impegno nei confronti di Floretta figlia del signor Masseo del signor Rainaldo (nipote) di dare ogni anno a lei un paio di panni di gactinello cioè una tunica ed un mantello di misura a lei adatta, come da legato testamentale del fratello carnale di Sibilia stessa, Rainalduccio del signor Rainaldo e ciò sotto penalità del doppio del valore degli stessi abiti, con spese a suo carico, restando valido il contratto, senza eccezione come il senatoconsulto di Velleio o altro.  Notaio il giudice ordinario Fantesino del signor Rainaldo.

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1271 luglio 30  –     Nel nome di Dio. Amen. Copia dell’atto del defunto notaio mastro Matteo del signor Bentivoglio dell’anno 1271, indizione XIV, a tempo di sede romana vacante del pastore, il giorno 30 luglio, nella pieve di Matelica, presenti come testi, tra altri, il signor Matteo Petruzi, il signor Fantesino Rainaldi, il signor Giacomo Plebani. Questo il contenuto: Pietro del signor Giacomo e Napolione Ranieri di fronte al venerabile padre Guido vescovo di camerino e l’abate di Sant’Angelo donarono e consegnarono a Fra’ Rainaldo Topini religioso accettante la donazione per sé ed i confratelli anche in futuro,  un appezzamento di terra di quattro modioli con selva e montagna posto sul Monte Gemmo in località Trocche a confine con le terre dei donatori e con Nicola Guidi. Fra’ Rainaldo ed i confratelli successori possono godere tale superficie o anche di più per costruirvi un monastero ed eremo e la chiesa di Santa Margherita a lode di Dio e della Beata Vergine Maria. Donano per l’anima propria e dei parenti loro. La trascrizione dell’atto è fatta dal notaio pubblico Bonacasa Benvegnati, fedelmente, su richiesta del giudice e vicario del comune matelicese, Ugolino del signor Leti da Osimo podestà matelicese nonché per ordine del Consiglio Generale. Copiato l’anno 1280, indizione VIII, a tempo di sede romana vacante del pastore, il giorno 26 novembre, nella casa del comune con i testimoni Giacomo Plebani, Ivano Rocamboni Zugnetta banditore e Matteo figlio del notaio Raniero e di altri.

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1271 agosto 10  –     Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno dalla sua natività 1271, indizione XIV, il giorno 10 agosto, essendo vacante la chiesa romana (per la morte) del Papa Clemente IV di felice memoria, fatto a Matelica nel monastero di S. Maria Maddalena, di fronte a don Morico di Giovanni, ora cappellano del detto monastero, al chierico Matteo di Giovanni e a Casarello di Donato Guarini da San Severino, quali testimoni richiesti e a ciò chiamati, Mattia figlia del fu Guarnerio (figlio) del signor Gentile Lazani, offrì sé stessa ed i suoi beni a Dio ed a S. Maria Maddalena e al suo monastero posto nel borgo del castello e comune di Matelica, nella mani di suor Amodea (Amadea) monaca di detto monastero che accoglie e stipula solennemente l’atto a nome ed in funzione dello stesso monastero.  Mattia offrì tanto i beni mobili, quanto i beni immobili e semoventi, tanto i beni urbani che rurali, mulini, boschi domestici e silvestri, prati e pascoli e possessioni, in particolare e in generale, ogni altro suo bene, possesso, diritto reale e personale, di qualsiasi luogo, provenienza, tempo modo e qualità spettanti ora e in futuro a lei, (li dona) per la salvezza della sua anima in remissione dei suoi peccati, dando e cedendo tutto quanto detto, in diritto di proprietà, di utilità, di dominio diretto, da possedere e tenere, in modo che da ora il predetto monastero abbia, tenga, possieda i predetti beni, cose, possessioni,  e quant’altro sopra detto e di ciò faccia quel che piacerà al monastero, all’abbadessa (presente) ed alle succeditrici o altri per loro, piacerà fare dei beni da ora, sempre, in perpetuo, con le adiacenze ed i confini superiori ed inferiori avuti, presenti, passati e futuri con tutte e singole le cose che ci sono o che ci saranno sopra, dentro o sotto, per intero, con ogni diritto, azione ed uso o richiesta, tutto quanto appartiene e spetta a Mattia da quei e per quei beni come detto sopra pertinenti e spettanti per la remissione dei suoi peccati e per la redenzione della sua anima.  Mattia stabilì di possedere queste cose, terreni e beni nel frattempo sempre a titolo precario a nome del detto monastero fino a quando (esso) n prenderà di sua autorità, una o più volte, il possesso corporale di persona o tramite altro, soprattutto tramite il sindaco dello stesso monastero. Mattia diede libera licenza e pieno potere che a suo nome il monastero o altri per esso possa fare tutto quanto detto sopra anche per richiesta della Curia o di un giudice. Mattia promise legalmente e solennemente ad Omodea di fornirle la difesa legale per il monastero stipulante solennemente e legittimamente e di non opporsi mai o agir contro per qualsiasi occasione ed eccezione in qualcosa di quanto sopra scritto, sotto penalità del doppio del valore d’estimo di detti beni e cose anche se acquisteranno maggiore valutazione nel tempo o saranno migliorate. Rinuncia in questo contratto alle eccezioni o condizioni di causa giusta o ingiusta, di inganno o fatto come pure a tutti gli aiuti e benefici che alla stessa Mattia competono o competessero per atti da invalidare o cambiare alcunché delle cose predette. Mattia si impegna per sé ed eredi a risarcire ogni spesa con interesse, paga e danno per tutto quanto sopra promesso solennemente e legalmente sotto penalità alla predetta Omodea per il detto monastero dando credito al giuramento dell’amministratore del monastero o per tassa di un giudice o rettore. Io notaio imperiale Matteo, presente, rogato, scrivente pubblicati tutto quanto sopra scritto.

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1271 settembre 14  –     Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno dalla sua natività 1271, indizione XIV, il giorno 14 settembre, a tempo di sede romana vacante del pastore, nella pieve di Matelica di fronte ai testimoni richiesti e chiamati: Federico Attuzio del signor Alberto; il signor Giacomo del Plebano; il signor ventura di mastro Attone, il signor Bernardo ed altri. Il venerabile padre don Guido vescovo camerinese alla presenza del notaio Offreduccio e dei testimoni diede autorizzazione ad Anselmuccio amministratore e rappresentante dell’abbadessa e del convento e delle suore del monastero o chiesa di S. Agata di Matelica, sito vicino alla via che va a Santa Anatolia di mutare il luogo (convento) da dove era sito con facoltà di costruire di nuovo la chiesa entro la cerchia di Matelica nel terreno che hanno i figli di Matteo ed inoltre di celebrare ivi la messa e gli altri atti liturgici con un altare portatile e di fare come autorizzate nel precedente “luogo”. Diede ordine al pievano di Matelica di fare le sue veci nel prelevare la prima pietra che era nel “luogo” precedente e porla nella nuova costruzione facendo conosce le indulgenze già concesse per il precedente “luogo”, ora valide per il nuovo. Scrisse l’atto il notaio imperiale Offreduccio.

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1271 dicembre 8  –     Nel nome di Dio. Amen. Questa è la copia della lettera del venerabile padre don Guido vescovo di Camerino alle suore del “luogo” di S. Agata. Guido vescovo di Camerino per grazia di Dio e della sede apostolica saluta le sorelle in cristo suore del “luogo” di S. Agata di Matelica. Abbiamo accolto la querela di Fra’ Giacomo amministratore del monastero di S. Maria Maddalena per il fatto che costruite il nuovo “luogo” a Matelica con danno non lieve del monastero querelante. Pertanto dopo ricevuta questa lettera, entro il terzo giorno per mezzo del vostro amministratore dovete comparire alla nostra presenza per giustificare, altrimenti procederemo contro di voi secondo legge. La precedente lettera fu presentata da mastro Suppone notaio ed amministratore del monastero di S. Maria Maddalena a donna Latina abbadessa del monastero di S. Agata da parte del reverendo vescovo nell’anno 1271, indizione XIV, a tempo di sede romana vacante del pastore, il giorno 8 dicembre a Matelica presso la casa del figlio di Guarino del signor Uguccione alla presenza dei testimoni Masseo Guarnucci, Matteo Petri, Accurimbona di Attone e Benvenuto Camide.  Notaio rogante Rainaldo di donna Berta. (altra grafia) Il 31 dicembre è stata data scadenza per  dopo l’ottava dell’Epifania a suor Latina abbadessa del monastero di S. Agata di Matelica per dare risposta al “libello” (accusa) ricevuta da Fra’ Giacomo amministratore del monastero di S. Maria Maddalena.

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1272 giugno 1  –     Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno dalla sua natività 1272, indizione XV, a tempo di Papa Gregorio X, il giorno primo del mese di giugno redatto davanti alla porta del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica erano presenti i testimoni richiesti e chiamati: Petruzzolo Sartore, Pietro Attorri Filippi e Giovanni Compagnoni da S. Angelo. La prioressa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica, donna Allumenata, con il consenso unanime delle consorelle monache ivi esistenti, espresso  collegialmente in capitolo,  stabilirono e ordinarono come amministratore, rappresentante e messaggero speciale del loro monastero di tutti i beni e cose dell’eredità di Mattiola figlia del fu Guarnerio del signor Gentile Lazani e a tenerne  corporalmente il possesso, usarli, fruirne e agire in modo ordinario e straordinario contro Mattiola di fronte ad ogni Curia in particolare di fronte al giudice e vicario generale del Papa nella Marca, mastro Guglielmo e per chiedere a costui che la stessa Mattiola sia dal vicario stesso costretta a tornare nel predetto monastero per abitarvi e servire Dio in esso  come è tenuta e deve e promise al tempo della offerta da lei fatta  nel monastero predetto e a viversi come monaca regolare dello stesso monastero. Che il vicario ammonisca e costringa con coercizione canonica e giuridica Mattiola a tornare nel monastero stesso ed all’abbadessa o prioressa o rettrice e alle monache per viverci insieme con loro come conviene ed esigono le sanzioni canoniche, per servire ivi nostro Signore Gesù Cristo. Inoltre l’amministratore chiede a Ivano del signor Scagno o di sua moglie, donna Sibilia sono tenuti a dover dare un paio di panni di gattinello, a  Floretta o Rosa figlia del fu Masseo del signor Rainaldo, e di agire, difendere ed esercitare ogni altra cosa, in occasione e motivo di quanto detto prima necessario ed utile al monastero come meglio l’amministratore potrà decidere, anche con lo stabilire un altro o più amministratori, nello stesso tempo o in diversi tempi per fare le cose predette. Promettono per sé e per i successori a nome e per conto del monastero e del convento di S. Maria Maddalena di tenere come deciso e stabile quello che sarà fatto al riguardo dall’amministratore o dagli amministratori con ipoteca dei beni e cose del monastero. Io notaio Matteo d’autorità imperiale, richiesto dalla prioressa e suore e monache sottoscrissi e pubblicai quanto scritto sopra.

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1273 aprile 19  –     Nel nome del Signore. Amen. L’anno dalla sua natività 1273, indizione prima, il giorno 19 aprile, al tempo del Papa Gregorio X, a Matelica nel monastero di S. Maria Maddalena, alla presenza di don Morico di Giovanni, il signor Finaguerra del signor Albrico, frate Vitale, frate Lenguatio, frate Andrea conversi dello stesso monastero, come testimoni a ciò richiesti e chiamati. Venutula figlia del fu Vitale di cristiano che è chiamata anche Angeluccia di proprio diritto offrì sé stessa ed i suoi beni a Dio ed alla beata Maria Maddalena del monastero delle donne di Matelica, a donna Mattia abbadessa del detto luogo o monastero la quale ha ricevuto e stipulato a nome e per conto dello stesso monastero e convento. Venutula cedette e diede tutti i suoi beni mobili ed immobili, o semoventi, diritti e accessioni reali e personali, utili e dirette, miste e contrarie, che lei stessa ebbe un tempo, ha ora o potrebbe avere in qualunque modo o causa nel castello di Matelica e suo distretto e in ogni altro luogo; e i beni che un’altra persona per lei e da lei ha, tiene e possiede, e specialmente i beni, le case e i terreni che sono pertinenti alla stessa Venutula dalla successione di suo padre Vitale e di sua madre signora Benvenisti figlia del fu Albrico Carelli, da testamento o senza testamento, o diversamente, in modo che la predetta donna abbadessa e sue succeditrici e le altre persone per essa, abbiano, tengano e posseggano tutti i beni e ne facciano come vogliono con tutto quello che c’è o ci deve essere in integro e con ogni diritto e azione, in uso o requisizione per sé da quelle cose o per quelle cose pertinenti e spettanti. Lo fa per amore di Dio e per il bene dell’anima sua e per la remissione dei suoi peccati e dei suoi parenti. Tutti questi beni, case e terreni, in tutto Venutula stabilì di averne possesso a titolo precario ed a nome di detta donna abbadessa o del monastero fino a quando esso ne prenderà possesso corporale e diede licenza e pieno potere di prenderlo di propria autorità e di tenerlo da ora; e promise per sé, per i suoi eredi e successori alla stessa donna abbadessa per sé e per le succeditrici e per il detto monastero solennemente stipulante per queste cose non muovere lite né controversia, ma legalmente difendere i beni, le case, i terreni da ogni uomo comunità a favore di donna abbadessa e sue succeditrici, autorizzare, disbrigare e rifondere ogni danno e spesa, salari con interesse e tutto quel che la donna abbadessa e sue succeditrici o lo stesso monastero faranno e sosterranno in giudizio o fuori nell’andare, ritornare, stare o per altro luogo e causa al fine dei predetti beni o di qualcuno di questi integralmente ripagare e risarcire né agire mai contro le cose dette sopra o contro qualcuna di esse, da sé o per mezzo di altra persona a motivo di età minore o altra qualsiasi ragione od occasione, sotto penalità del doppio dell’estimo di detti beni, case o terreni, come nel tempo avranno valore e promessi dalla detta Venutula alla stessa donna abbadessa e per il detto monastero. Tutte queste cose ed ogni singola di quanto scritto sopra in ogni punto e capitolo scritti sopra restino sempre in perpetua stabilità comunque, pagata o non pagata la penalità,  e sotto ipoteca ed obbligazione dei suoi beni. Io Matteo notaio imperiale fui presente a tutte queste cose e sottoscrissi tutto quanto si legge sopra e lo pubblicai.

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1273 aprile 21  –     Il vicario generale del Papa nelle realtà spirituali nella Marca anconetana, nella Massa Trabaria  e nella città di Urbino, Tommaso preposto di Fano scrive ai suoi sudditi per senso di solidarietà verso le persone religiose. Le donne religiose dell’abbadessa e del convento del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica hanno cominciato a fare una cisterna di acqua nel loro monastero per la grande utilità e necessità e non possono per la povertà portare a termine tale opera non avendo beni sufficienti per cui esortiamo voi ad aiutarle caritatevolmente con elemosine per la remissione dei peccati in modo tale che possano ultimare e voi possiate con questo ed altre opere buone giungere alla felicità eterna. Noi con fiducia nella misericordia di Cristo, per i meriti suoi, della gloriosa Beata Vergine Maria, dei beati Apostoli Pietro e Paolo, della beata Maria Maddalena e degli altri santi, avvalendoci dell’autorità del Papa come vicario concediamo cento giorni della penitenza imposta a coloro che presteranno aiuto a loro. Data a Iesi il 21 aprile dell’anno del Signore 1273, indizione prima, a tempo di Papa Gregorio X, con nostro sigillo.

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1274 aprile 19  –     Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno dalla sua nascita 1273, indizione prima, il giorno 19 aprile, al tempo del Papa Gregorio X, a Matelica, nell’oratorio di S. Maria Maddalena di Matelica, di fronte ai testimoni chiamati e richiesti: don Accursio pievano della pieve di Matelica, frate Landolfo Iacomelli e frate Accurrimbona Severini Boni dell’Ordine dei Predicatori, mastro Aldobrandino vicario del comune di Matelica, il signor Fantegino Rainaldi, il signor Finaguerra del signor Albrico, Federico del signor Alberto, Albertuccio Bucari, Ivano del signor Scagno Bratte e Zovitta. Frate Rainaldo Topino chiese e umilmente supplicò l’abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica affinché si degnasse concedere allo stesso Frate Rainaldo, per speciale grazia, e dare l’autorizzazione con pieno potere ed autorità di usare il luogo del monte Gembo nel distretto matelicano dove si dice Trocche, per servire ivi Dio e far penitenza, per rimanervi a dimorare nel servizio a Gesù Cristo, nella vita e nella regola religiosa tenuta da S. Benedetto. L’abbadessa gli rispose dicendo che avrebbe richiesto la decisione ed il consenso delle sue suore e monache e, come d’uso, fece suonare subito la campana per riunire il capitolo nel convento. In questo, fatta la proposta e l’approvazione, di deliberò favorevolmente secondo la richiesta a lode dello stesso Frate Rainaldo amministratore. Inoltre l’abbadessa donna Mattia con il consenso e la volontà delle consorelle e delle monache dello stesso monastero, cioè con il consenso e la volontà delle seguenti suore: Alluminata, Omodea, Cristina, Giustina, Guiduccia, Agnese, Margarita, Benvenuta, Isabetta, Andreina, Catalina, Diotama, Francesca, Giacoma, Barbara, Lucia, Daniela, Berardesca, cristiana, Cecilia, Auria, Giacomella, Giovanna, Rosa, Mattiola, Caradonna, Mansueta, Lavinia, Anastasia, Tomassa, e Frate Lenguatio converso dello stesso monastero, fece l’assoluzione, la dimissione e liberò il predetto Frate Rainaldo da ogni vincolo di sua riverenza, obbedienza, da ogni sottomissione, promessa e obbligazione che lo stesso frate Rainaldo avesse fatto allo stesso monastero e all’abbadessa e comunque fosse vincolato, sottoposto, scritto, annesso o fosse tenuto, obbligato personalmente, realmente verso il monastero predetto e l’abbadessa predetta. La stessa abbadessa diede, con il consenso di tutte le predette consorelle e monache, licenza, potere pieno e autorità al frate Rainaldo di rimanere di servire Dio in unione spirituale, di far penitenza nel monte Gembo, distretto di Matelica, nel luogo detto Trocche, sotto la vita e la regola religiosa tenuta da S. Benedetto, in modo congruo e decente. In tal modo egli sia sin da ora esente e non vincolato realmente e personalmente in ogni cosa da qualunque precedente legame con il monastero e l’abbadessa predetti. Il frate acquisiva e acquisirà realmente e personalmente l’annessione al luogo detto Trocche. L’abbadessa, con il consenso e la volontà delle sue predette suore e monache, come detto sopra, stabilì e ordinò Frate Vitale converso dello stesso monastero come legittimo amministratore, procuratore, a nome suo, del monastero delle monache e suore, per liberare lo stesso Frate Rainaldo da ogni vincolo, come detto sopra, per rinunciare ad ogni diritto, azione, ragione che il monastero stesso e la sua abbadessa ebbero, hanno o avrebbero, nel passato, nel presente e nel futuro nei confronti di Frate Rainaldo e del luogo od oratorio e chiesa delle Trocche, per qualsiasi nome ed occasione di residenza, costruzione, opera o edificio che lo stesso Frate Rainaldo ha fatto, fa o farà anche tramite altra persona  parimenti per ogni acquisizione da parte del frate nel luogo Trocche. Inoltre lo rende autonomo per ogni donazione fattagli o fattibile da Pietro Iacobi e da Napolione Raineri e dal comune di Matelica o da altre persone dalle terre di montagna, selve e qualunque altro bene, promettendo il monastero che considera sin da ora definitivamente stabilito quello che l’amministratore Fra’ Vitale avrebbe deciso. Così lo stesso Fra’ Vitale fece ogni azione, esecuzione, promessa, contratto per obbligare solennemente e legalmente il detto monastero nei rapporti con Frate Rainaldo predetto. Scrive l’atto il notaio imperiale Matteo. <Una copia di quest’atto in data 11 giugno 1289 fu fatta nel comune di Matelica alla presenza di testimoni.>

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1274 agosto 18   –     Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno suo 1274, indizione II, a tempo di Papa Gregorio X, il giorno 18 agosto, redatto a Matelica, davanti alla porta del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica alla presenza del signor Giovanni Divizie, il signor Ventura di mastro Attone testimoni chiamati. Don Accursio pievano della pieve di Matelica per vigore della lettere a per autorità del cappellano del Papa maestro Bernardo arcidiacono narbonense vicario generale nelle realtà spirituali nella Marca di Ancona richiese, ammonì e sotto pena di scomunica  diede ordine a Mattia abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica, a Fra’ Giacomo amministratore di tale monastero ed a tutte le monache del luogo  a prestar giuramento personale e dire la verità circa le notizie richiesta dalla lettera. L’abbadessa e il sindaco e nome loro e del monastero e di tutto il convento, con voce unanime fecero appello per il fatto che dicendo di voler dire la verità senza giuramento, sono pronte a fare il possibile affinché la ragazza in questione entro il quarto giorno compaia personalmente alla presenza dello stesso vicario papale ed obbedisca ai suoi comandi. La lettera ha questo contenuto. Maestro Bernardo arcidiacono narbonense, cappellano vicario generale nelle cose spirituali della Marca anconetana.” Massa Trabaria e città di Urbino saluta il prudente don Accursio pievano matelicese.La vostra minaccia di scomunica contro l’abbadessa e convento del monastero di S. Maria Maddalena nell’occasione che tengono Venutola di Vitale di cui è tutore Pietro di Amate da Matelica era stata da noi sospesa a motivo del fatto che alla minaccia si è presentato a noi per lamentarsi. Noi vogliamo procedere in forma giuridica e d’autorità, con questa lettera, ti facciamo ingiunzione affinché, letta la presente, sotto penalità di scomunica, vi rechiate di persona al monastero per domandare alle monache e all’abbadessa di prestar giuramento e dire in verità se la ragazza era stata trattenuta e dominata dall’abbadessa e dalle monache in monastero al tempo del litigio che le donne e l’abbadessa ebbero con il tutore per tale problema. Per iscritto dateci informazione riguardo alle cose predette affinché noi possiamo procedere al riguardo secondo ragione.  Lettera scritta a Cingoli il 16 agosto, nell’anno terzo del pontificato di Papa Gregorio X.  Il pievano matelicese Accursio interrogò l’abbadessa del monastero e Fra’ Giacomo loro amministratore, se la ragazza in argomento fosse stata in monastero all’epoca del litigio e come fosse uscita dal monastero e dove si trovasse al presente. L’abbadessa rispose che Venutola era restata in monastero per undici mesi sino al giorno 5 dello scorso marzo. Interrogata su come era uscita rispose che l’aveva fatta uscire per consiglio di Fra’ Giacomo pievano di Pieve Favera e di altri “sapienti” del monastero. Interrogata dove si trovasse ora, disse che era in un monastero del ducato, monastero di S. Maria Maddalena.  Scrissi il presente atto io notaio imperiale Bonacasa Benvegnati, per ordine del detto pievano e pubblicai.

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1274 settembre 15  –     Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1274, a tempo di Papa Gregorio X, indizione seconda, il giorno 15 settembre, nella pieve del castello di Matelica alla presenza dei testimoni chiamati: Ugolino del signor Monaldesco e Giacomo Ugolini Augustole si fece la consegna. Sinibaldo Massei amministratore del monastero di S. Agata di Matelica come agente di esso consegnava a don Accursio pievano di Matelica una lettera sigillata a cera del vicario generale (papale) nelle realtà spirituali della Marca, don Bernardo arcidiacono narbonense. Eccone il contenuto. Mastro Bernardo arcidiacono narbonense cappellano del Papa vicario generale della Marca anconetana, della massa Trabaria e della città e diocesi di Urbino saluta il pievano don Accursio e gli ordina di prendere la prima pietra a suo tempo benedetta dal vescovo nel convento del monastero di S. Agata, consegnatagli dalla badessa e di stabilirla nel nuovo “luogo” (convento) che le donne stesse stanno erigendo con lo stesso titolo. Data a Cingoli 5 settembre, anno terzo del pontificato di Gregorio X. Presente alla consegna il notaio imperiale Giacomo del signor Actolino.

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1274 ottobre 7  –     Nel vescovo di Numana Arnolfo saluta quanti leggeranno la sua lettera. Il fervore religioso dell’abbadessa e delle monache del monastero di S. Agata di Matelica diocesi di Camerino sotto la quale sono al servizio del Signore Gesù Cristo ed i meriti della loro devozione ci inducono ad agevolarle con speciale favore, esaudendo le loro richieste in una terza domenica di qualsiasi mese ed anno o nel giorno della festa della beata Agata visiteranno il monastero costruito nuovamente a lode di Dio e delle beata, concediamo per la misericordia di Dio onnipotente e per i meriti della B. Maria Vergine il condono della penitenza di un anno per i peccati veniali e di quaranta giorni dei mortali.

Data a Numana il 7 ottobre, indizione seconda.

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1275 febbraio 11  –     Lettera di mastro Bernardo, arcidiacono narbonense, cappellano e vicario generale (del Papa) nelle realtà spirituali della Marca anconetana, della massa Trabaria e della città e diocesi di Urbino, all’abbadessa ed al convento del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica. “Avete presentato richiesta a noi per il fatto che il vescovo di Camerino Guido, di felice memoria, vi aveva concesso il privilegio che nessun monastero o chiostro od oratorio potesse costruirsi di nuovo nello spazio di sessanta “canne” attorno al vostro monastero secondo la misura esatta del comitato camerinese, da misurare in linea d’aria, chiedete che vi confermiamo ciò. Con la presente esaudiamo la richiesta vostra, confermandola di nostra autorità e con sigillo nostro. Data a Montecchio l’anno 1275, il giorno 11 febbraio, indizione terza, nell’anno terzo del pontificato di Gregorio X.

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1277 maggio 30  –     Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno 1277, indizione V, a tempo di sede vacante della chiesa romana, il giorno 30 maggio a Matelica davanti alla casa di Raniero del signor Viveno, alla presenza dei testimoni Salimbene del signor Sinibaldo, Bencasa Ventura e altri si fece una vendita. Vitaliano Albrici del signor Sinibaldo vendette a Fantesino Rainaldi che rappresentava il signor Matteo del signor Sinibaldo, un terreno indiviso con vigna e l’alberata a confine con il fossato, con Salimbene del signor Sinibaldo, con il signor Berentillo e il predetto Matteo la sua proprietà stabilmente con ogni diritto che aveva nella terra confinante con il fossato, il predetto signor Berentillo e altri, con ogni pertinenza di accesso fino alla via pubblica al prezzo di cinque libre ravennati e anconetane, pagate all’atto concedendo al signor Berentillo,o al rappresentante signor Matteo ogni valore ulteriore con patto che eviti ogni lite sotto penalità del doppio del prezzo e del risarcimento delle eventuali spese di causa, restando valido il contratto sotto ipoteca dei beni. Il predetto Vitaliano di aspetto giovanile dichiarò di essere maggiorenne oltre i 25 anni senza giuramento. Notaio Francesco di Matteo Pietro di autorità imperiale. (Segue atto 1278 ottobre 16)

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1278 febbraio 16  –     Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1278, indizione VI al tempo del Papa Nicolò III, il giorno 16 febbraio, redatto nel monastero o chiesa di S. Agata di Matelica, alla presenza del signor Ventura, mastro Compagnone, Ivano del signor Scagno, Boccabreza Bartuli, Pietro del signor Giacomo e Napolione di Raniero, testimoni a ciò chiamati.  Donna Alluminata o Latina abbadessa o prioressa del luogo e delle suore di S. Agata di Matelica, e suor Benvenuta monaca di detto luogo di S. Agata, dettero, donarono, consegnarono e sottomisero sé stesse e il detto luogo con i beni le cose e i terreni pertinenti al monastero di S. Maria Maddalena e a frate Giacomo amministratore di questo monastero, il quale le accoglie a nome e per conto di questo stesso monastero di S. Maria Maddalena di Matelica. Esse promisero all’amministratore che le riceve, a nome dell’abbadessa Mattia di esso monastero di S. Maria Maddalena, povertà e castità e di osservare gli istituti regolari del detto monastero. La predetta donna abbadessa possa stabilire le predette monache e suore nel detto luogo di S. Agata e rimuoverle dato che le dette suore di S. Agata vedono e riconoscono che esse non possono vivere decorosamente in tale luogo e per questo si donarono e si consegnano al monastero predetto per la redenzione dell’anima dai loro peccati. Frate Giacomo amministratore del detto monastero di S. Maria Maddalena accolse le dette suore sotto la regola di esso monastero, con le case, gli edifici, la piazza e il terreno del monastero di S. Agata e con tutti gli altri diritti, azioni, e tutto quello che il luogo loro e le stesse suore insieme o singolarmente hanno o possono avere in ogni modo o causa. Donna Alluminata si riserva la tenuta, il possesso, la proprietà di un pezzo di terra posta nel distretto di Matelica, a Villa Camerani, a confine con il signor Fantegino e con la via. La stessa Alluminata in vita e in morte può fare e lasciare questa particella a sua volontà, dando e concedendo a frate Giacomo amministratore del monastero di S. Maria Maddalena, libera licenza e pieno potere, di propria autorità, di prendere la tenuta ed il possesso delle cose predette di S. Agata e di fare di questo tutto quello che vorranno, promettendo mdi tenere stabile e deciso per sempre e non agire o fare contro in nessun modo, né occasione, né eccezione, obbligando in ciò i beni di S. Agata. Io Bonaventura Benennanti pubblico notaio richiesto presente a tutte le cose scritte, ho sottoscritto e pubblicato.

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1278 marzo 7  –    (inizio mancante)  …. fosso del comune, i beni dei figli del fu mastro Matteo, la via con le case, gli edifici……………… contenute entro i confini predetti. Cedettero insieme tutti gli altri diritti e azioni che il loro luogo e le dette suore congiuntamente o separatamente hanno o potessero avere in qualunque luogo o causa. Revocano ogni loro procuratore, amministratore agente specialmente Salimbene Compagnoni e Sinibaldo Massei per parte di esso luogo e suore di S. Agata, in causa contro il monastero di S. Maria Maddalena. Rinunciano all’interlocutoria o interlocutori e quanto presentato fino al tempo presente contro il monastero di S. Maria Maddalena nell’occasione del muro dell’edificio che veniva costruito in esso luogo e sito in contrasto con la norma di distanza del privilegio del monastero di S. Maria Maddalena. Stabiliscono che esse possedevano le terre predette, il “casareno”, la casa e gli edifici a nome del detto monastero di S. Maria Maddalena e della donna Mattia. Danno licenza e pieno potere alla stessa donna Mattia ricevente per il detto monastero di prendere possesso di propria autorità di tali beni e di farne quel che volesse. Promettono di mantenere stabile e fermo quest’atto in perpetuo e di rifondere danni e spese obbligando i beni del loro luogo di S. Agata, di non agire in contrario, né contrastare le cose predette né alcuna di esse, né direttamente né tramite altri, sotto la predetta penalità. Il contratto rimane stabile, ratificato, pagata o non pagata la penalità.

Notaio di autorità imperiale Morico da Fabriano richiesto di scrivere rese pubblico l’atto.

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1278 marzo 7  –     Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno 1278, indizione VI, al tempo del Papa Nicolò III, il giorno 7 marzo, redatto a Matelica con i testimoni Valentino del signor Iacobo da Gubbio, il signor Federico del signor Alberto, don Accursio pievano della pieve di Matelica e il signor Finaguerra del signor Albricio e Corradino di Bartolo. Iacobuccia (Giacomuccia) di mastro Gentile, Amadea, Umile, Cecilia, Lucia e Angeluccia suore e monache e converse del monastero o del luogo di S. Agata da Matelica, concordemente e all’unanimità sottoposero al monastero di S. Maria Maddalena della stessa terra (Matelica) ed all’abbadessa donna Mattia sé stesse e lo stesso luogo (abitato dalle religiose) con i beni ad esso luogo pertinenti. L’abbadessa Mattia le accoglie a nome del predetto monastero di S. Maria Maddalena. Le suore promisero obbedienza, riverenza, povertà e castità e di osservare la regolare disciplina del predetto monastero. Promisero anche che la predetta abbadessa potesse porre le monache e suore nel detto luogo di S. Agata e che potesse rimuoverle. Le dette suore di S. Agata vedono e conoscono di non poter vivere decorosamente nel detto luogo di S. Agata in cui abitano, considerano che il sito contrasta  con il privilegio di S. Maria Maddalena (per la distanza) e non potendo vivere nella regolarità dentro il luogo di S. Agata donarono e cedettero per la redenzione dei loro peccati, la piazza e il territorio presso il castello di Matelica, con le case e gli edifici e con tutte e singole le cose contenute entro i confini della strada, del fosso del comune, i beni dei figli del fu mastro Matteo e della via. Cedettero insieme tutti gli altri diritti e azioni (giuridiche) che tale loro luogo e le stesse suore congiuntamente o separatamente hanno o potranno avere in qualunque modo o causa. Revocarono ogni procura destituendo ogni agente o amministratore, in particolare Salimbene di Compagnone e Sinibaldo di Masseo per parte di detto luogo e delle suore di S. Agata, già in causa contro il monastero di S. Maria Maddalena. Rinunciarono all’interlocutoria ed agli interlocutori, se fossero stati presentati sino al tempo presente contro il monastero di S. Maria Maddalena, in occasione del muro dell’edificio che veniva costruito in esso luogo e sito in contrasto con la distanza di privilegio del monastero di S. Maria Maddalena. Stabilirono che esse possedevano il territorio predetto, il casareno, la casa e gli edifici a nome del detto monastero (S. Maria Maddalena)e della detta donna Mattia. Diedero licenza e piena podestà alla predetta donna Mattia ricevente per detto monastero di prendere possesso di propria autorità di tali beni e di farne quel che avrebbe voluto. Promisero di mantenere stabile e sicuro questo atto in perpetuo e di rifondere danni e spese sotto obbligazione dei beni del loro “luogo” di S. Agata, di non agire contro, né contrastare alle cose predette né ad alcuna di esse, sotto la pena già detta, e in ogni caso con o senza pagamento della penalità il contratto permaneva ratificato.  Io Morico da Fabriano notaio di autorità imperiale, presente e richiesto di scrivere, scrissi e resi pubblico l’atto.

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1278 luglio 17  –     Nel nome di Dio. Amen. L’anno 1278, indizione VI, al tempo del Papa Nicolò  il giorno di domenica 17 luglio, redatto presso la casa del monastero di S. Maria Maddalena del castello di Matelica, mentre sono presenti come testimoni il signor don Sabbatino di Attone, Giacomo Bonitino e altri si faceva questo atto. L’amministratore del monastero di S. Maria Maddalena Ivano del signor Scagno a nome e per conto dello stesso monastero dichiarando che il monastero è gravato dal quanto contenuto nella lettera scritta sotto  il ricorso in appello contro  la seguente lettera che era di danno al monastero che rappresentava. Eccone il contenuto della lettera. Don Scagno pievano di Tolentino diocesi di Camerino, canonico e vicegerente dell’arcidiacono e del capitolo della chiesa maggiore (cattedrale) di Camerino saluta nel Signore suora Mattia abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica e le altre religiose monache di tale “luogo”. Dalla relazione presentata a noi sappiamo che voi di vostra autorità avete voluto fare l’unione della chiesa di S. Maria del predetto monastero con quella di S. Agata di Matelica. Ciò desta la nota meraviglia per il fatto che l’unirle non è affatto di vostra competenza. Pertanto ordiniamo a voi e a chiunque legga la presente lettera, per l’autorità che abbiamo  del nostro ufficio dalla chiesa di Camerino di desistere da tale unione e di rispettare in ciò la competenza del vescovo, almeno sino a quando non sarà tornato il vescovo, tutto sia riportato allo stato precedente. Se deciderete in modo diverso incorrerete nella scomunica, che potrà essere tolta dal vescovo. Riportate la situazione (delle due chiese) a come era precedentemente, altrimenti procederemo contro di voi. Data a Camerino il 16 luglio, indizione VI. In contrario potete presentare appello alla nostra presenza entro cinque giorni dopo ricevuta la presente tramite il vostro amministratore. Il notaio imperiale Giunta Albertuzzi scrisse questo appello.

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1278 luglio 17  –     Nel nome di Dio. Amen. Nel suo anno 1278, indizione VI, a tempo di Papa Nicolò III, giorno 17 luglio domenica. Redatto presso la casa del monastero di S. Maria Maddalena del castello di Matelica mentre sono presenti don Sabbatino di Attone, Giacomo di Bonitino ed altri testimoni. Ivano del signor Scagno, sindaco del monastero di S. Maria Maddalena del castello di Matelica a nome e per conto dello stesso monastero e a favore dello stesso monastero, dichiarando che egli ed il detto monastero si considerano gravati dal contenuto della lettera scritta di seguito a motivo dell’aggravio inflitto o da infliggere a lui e al detto monastero con l’occasione della stessa lettera vivamente fece appello.  Il contenuto di questa lettera è tale.  Don Scagno pievano di Tolentino canonico camerinese e vicegerente dell’arcidiacono e del capitolo della chiesa maggiore (o cattedrale) di Camerino saluta nel Signore suora Mattia abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica e alle altre religiose monache di detto luogo. Abbiamo notizia di pubblica diffusione che voi avete cominciato l’unione delle chiese di S. Maria Maddalena del monastero sopra detto con quella di S. Agata della detta terra d’autorità (vostra) propria. Siamo meravigliati dell’unione che fate delle predette (chiese) poiché ciò non spetta a voi e in nessun modo vi appartiene. Pertanto con l’ordine della presente lettera a voi e a ciascuno di voi ordiniamo per l’autorità che esercitiamo per la chiesa camerinese, facendo che non voi procediate in nessun modo nel fare la stessa unione, poiché spetta al vescovo camerinese nella sua diocesi, soprattutto in attesa del ritorno dello stesso vescovo. Sotto penalità di scomunica che vogliamo minacciare a voi ed a ciascuno di voi per lo stesso fatto se pensate di fare diversamente, se in qualcosa avete proceduto, riportatelo alla situazione precedente.

La penalità è da togliere ad arbitrio dello stesso vescovo. Diversamente procederemo contro di voi secondo giustizia. Data a Camerino il giorno 16 luglio entrante, indizione VI. Se in verità vi dichiarate gravate dalle cose dette prima provvedete a far giungere il vostro amministratore alla nostra presenza affinché riceva da noi riguardo a ciò il completamento della giustizia. Io Giunta Albertucci notaio pubblico di autorità della maestà imperiale fui presente a questo appello richiesto dal detto Ivano sottoscrissi e pubblicai.

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1278 luglio 22  –     Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1278, indizione VI, a tempo di Papa Nicolò III, il giorno 22 luglio, nella città di Camerino, davanti alla chiesa maggiore (cattedrale) alla presenza di mastro Bonaventura Benecari notario e di Santisidoro  

Bonvicini, richiesti come testimoni, si fece il presente atto. Mastro Ivano del signor Scagno amministratore e difensore di suor Alluminata abbadessa del monastero si S. Agata e difensore del monastero di S. Maria Maddalena con procura amministrativa, a nome dell’abbadessa e del monastero dei quali era rappresentante, si presentò di fronte e don Scagno pievano di Tolentino e vice gerente dell’arcidiacono e del capitolo della chiesa maggiore di Camerino, secondo quanto richiesto dalla lettera inviata da don Scagno all’abbadessa e al predetto monastero. Il pievano revocò e sospese la sua lettera e gli ordini dati contro di loro, salvo il diritto di lite tra le parti. Rogava l’atto il notaio imperiale Nicola del signor Bentevenia.

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1278 agosto (?)  –     Billa concesse e diede ad Ivano del signor Scagno di Matelica, amministratore del monastero (di S. Maria Maddalena) ogni diritto e proprietà dei suoi beni e di quelli dell’eredità di suo padre Accursulo e della dote della stessa Billa data con atto notarile a Guccio di Giacomo Mazuca da Fabriano sposo di lei Billa cioè 10 libre ravennati e anconetane che Accursulo suo padre o Zuccio suo fratello aveva di fatto pagato a Guccio di Giacomo Mazuca predetto. Si impegnava a non contrastare mai questa donazione od offerta al monastero, neanche su richiesta di lei neppure col consenso dell’abbadessa. Billa stabiliva Ivano del signor Scagno come rappresentante legittimo, agente, fattore e messaggero speciale allo scopo di esigere dal predetto Guccio di Giacomo le dieci libre della dote anche ponendo causa presso la curia di Fabriano o in ogni altro modo con piena competenza senza alcuna possibilità di essere contrastata. Notaio pubblico Tomaso di Scagno.

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1278 ottobre 16  –     Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno 1278, indizione VI, il giorno 16 ottobre al tempo di Papa Nicolò III, a Matelica, davanti alla chiesa di S. Maddalena alla presenza dei testimoni Raso Gualfredi e Benante Gentili Blasi ed altri chiamati per questa vendita, il signor Vitaliano Albrici del signor Sinibaldo vendette e consegnò in proprietà ad Andriolo Iacobi Sinibaldi un terreno arativo e boschivo con pertinenze e accesso sino alla via pubblica nel distretto di Matelica in località Colle a confine con Morico Brici di Gallio, con i figli di Cretarello, con Brunetto Nere, al prezzo pagato di cinquantuno soldi ravennati e anconetani con rinuncia ad ogni rivalsa, amichevolmente, sotto penalità del doppio e ipoteca dei beni, rimanendo valido il contratto. Vitaliano appariva molto giovane e dichiarò di avere più di 25 anni come maggiorenne, senza giuramento. Notaio Francesco del signor Pietro d’autorità imperiale. Segue la nota Fra’ Giacomo, alla presenza di altro frate testimone (nome frammentato=…….illo)  produsse questo documento come prova al Vicario il giorno 19. )

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1278 dicembre 2  –     Nel nome di Dio. Amen. Nel suo anno 1278, indizione VI, al tempo del Papa Nicolò III, il giorno 2 dicembre. Redatto a Matelica davanti al monastero di S, Maria Maddalena mentre so no presenti Matteo di Francone, Cagno di Rinaldo, Martino di Paolo e altri testimoni. Frate Andrea amministratore del monastero di S. Maria Maddalena con il   consenso e la volontà dell’abbadessa consenziente di proprio diritto e proprietà diede, concesse a Vivono un terreno                              (parte mancante)    che il detto Vivono (deve) avere da Angeluccia monaca del detto monastero erede di Andrea di mastro Pietro Boni per la dote e residuo dotale che il detto Vivono deve avere dal sopradetto mastro di Pietro Boni e suoi eredi come la sua signora Alarica a voce e la figlia del detto Vivono e per il residuo dotale che per essa ebbe dal detto Vivono per la detta donna Alarica e la figlia di detto Vivono e che da detta Angeluccia  per sua parte e ogni eredità è tenuta avere. Dà a Vivono libera licenza e pieno potere di tenuta delle terre, entrarvi, possederla, infeudarla e conservarla come piacerà a lui o a chi gli piacerà darla. Il sindaco con il consenso dell’abbadessa promette che questa terra non è vincolata a nessuno e non sarà concessa ad altri neanche in uso e qualora apparisse che si concedesse lo stesso Sindaco e l’abbadessa Mattia la conservano in dono e si impegnano a ripagare ogni danno di lite, spese e salari con interesse che il detto compratore farà e sosterrà riguardo a ciò con impegno solenne senza bisogno di far giuramento scritto. Il sindaco rinuncia ad ogni ausilio di beneficio o decreto o diritto con cui possa mettersi contro per qualsiasi modo e causa. Il sindaco con il consenso e la volontà dell’abbadessa promise di mantenere e osservare quanto sopra per il detto Vivono e altro concessionario suo sotto penalità di due libre ravennate ed anconetane e sotto ipoteca dei beni di detto monastero.  Le cose scritte sopra rimangono sempre stabili pagate o non pagate le penalità. E promise di rifondere le spese e mantenere tutte queste cose in perpetuo. Io Ventura Massei notaio pubblico fui presente a tutte queste cose e richiesto di scrivere sottoscritti e pubblicai.

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1279 luglio 3  –     Nel nome di Dio. Amen. Copia di un atto notarile nei quaderni di mastro Matteo del signo Bentivoglio notaio defunto. L’anno 1279, indizione VII, a tempo di Papa Nicolò III, il giorno 3 luglio nella chiesa di S. Maria Maddalena di Matelica mentre erano presenti come testimoni Fra’ Alessandro lettore fermano dell’Ordine di Predicatori, Fra’ Giacomo da Camerino dello stesso ordine, Fra’ Pietro Egisi, Fra’ Vitale Benvenuti ed il signor Giacomo da Gubbio. Eccone il contenuto. Donna Ricca figlia del fu Curtufone da “Pudio” fece dono puro, libero, semplice a donna Mattia abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena stipulante a nome e per conto di tale monastero della sua dote di 100 (cento) libre ravennati e anconetane, con riserva di usufrutto vita naturale durante. Dopo la morte della donatrice l’usufrutto sia del monastero predetto. Dà e concede allo stesso ogni diritto ed azione che ha dei beni del signor Berretillo suo marito, in occasione della dote e l’abbadessa è resa procuratrice e messa in diritto di agire dopo la morte di costei per ricercare e ricevere la detta dote contro il signor Berretillo ed i suoi beni e abbia potere di fare. La donatrice ha fatto questo per la sua anima e per rimedio dei peccati suoi e dei suoi genitori. Promise che questa donazione non l’avrebbe revocata per nessuna causa d’ingratitudine o qualsiasi altro modo, sotto penalità del doppio della dote e inoltre giurò sui Santi Vangeli di Dio di mantenere stabile e deciso tutto quanto sopra detto e di non fare azione contraria sotto la penalità già detta e con l’obbligo di ripagare le cose dette, i danni e le spese con interessi. La copia del presente atto fu fatta dal notaio pubblico Bonacasa Benvegnati per ordine del giudice e vicario del comune di Matelica, signor Ugolino del signor Leti della città di Osimo e per ordine di Giacomello del signor Claudio da Osimo, con il mandato del Consiglio generale e speciale del predetto comune, nell’anno 1280 il giorno 26 novembre, a tempo di sede romana vacante, a Matelica nella “trasanna” del comune presenti come testimoni don Giacomo Plebani, Giacomo Benincasa, Ivano di Giacoponi e Francesco di mastro Pietro. Il giorno 19 luglio fu presentato di fronte al vescovo da Fra’ Giacomo, presente Fra’ Guglielmo.

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1280 settembre 4  –     Nel nome del Signore. Amen. L’anno 1280, indizione VIII, a tempo di sede romana vacante del pastore, il giorno 4 settembre, nell’edificio del comune di Matelica sono presenti come testimoni Andreolo Attoni del signor Gentile, mastro Francesco notaio, Attuzio Curtesoni ed altri. Ivano del signor Scagno amministratore del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica stabiliva come messaggero e procuratore del monastero Girardo Mattei di Matelica con l’impegno speciale di presentarsi con ogni facoltà di fronte a don Toma giudice generale nella Marca nella causa contro Nardonio Giacobelli e Rainalduccio Rainaldi Maiani di San Severino per ottenere con precetto cinquanta libre ravennati e anconetane. Notaio pubblico Bonaventura di Giovanni.

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1282 luglio 14  –     Copia della lettera del cappellano del Papa don Guido da Villanova, con sigillo di cera rossa recante l’immagine della Madonna con il Bambino in braccio e sopra due angeli. V’era anche l’immagine dello stesso cappellano con la scritta: Sigillo di Guido da Villanova cappellano del Papa. Eccone il contenuto. Guido da Villanova cappellano del Papa e nunzio rende noto di aver ricevuto da Accursio pievano della pieve di Matelica tre fiorini d’oro per la sua permanenza di un giorno a Matelica. Dà ordine al pievano di ripartire detta somma tra gli ecclesiastici del castello e del territorio di Matelica, del castello e del territorio di S. Anatolia, del monastero di S. Angelo infra hostia, tra le chiede di Fonte Boni e di S. Maria de Galio, entro il termine di dieci giorni, dividendo in parti eguali alle rendite e con potere di scomunica e interdetto a discrezione del pievano. Inserita la seguente lettere apostolica.  Martino Vescovo servo dei servi di Dio a quanti riceveranno questa lettera l’apostolica benedizione (arcivescovi, vescovi, abati, priori, decani, arcidiaconi, arcipreti, pievani ed agli altri prelati, ai loro vicari, gerenti, agli ecclesiastici, religiose, ai capitoli delle chiese, ai conventi esenti e non esenti senza cura di anime dei vari ordini, premostratensi, camaldolesi di Vallombrosa, di S. Benedetto e di S. Agostino, inoltre ai maestri e precettori templari ed ospitalieri di S. Giovanni gerosolimitano e della B. Maria, dei teutonici). Il nostro diletto figlio maestro Guida da Villanova cappellano e nunzio nostro, latore della presente lettera merita per l’impegno e l’attenzione la nostra fiducia negli incarichi per alcuni negozi della chiesa romana. Con il presente scritto chiediamo a voi tutti esortandoci con autorità apostolica ad accoglierlo e trattarlo bene per riverenza alla sede apostolica, quando venisse fra voi, compensando la cifra di 30 soldi turanensi per ciascun giorno per le sue necessità e la sicurezza nell’esplicare le sue funzioni, andando, dimorando e tornando; secondo quanto “di provvigione” vi chiediamo o vi chiederà il suo messaggero. Fate che possiamo rendervi merito, altrimenti considereremo valida la sentenza che lui o altri per lui userà contro i ribelli, fino alla soddisfazione dovuta, senza possibilità di appello e ciò nonostante particolari indulti di legati o nunzi apostolici o lettere apostoliche, privilegi, indulgenze verso chiunque e comunque concessi in contrario. Dato a Orvieto il 1 giugno dell’anno secondo del nostro pontificato.  <La lettera del cappellano munita di sigillo era datata a Matelica il giorno di martedì 14 luglio, indizione X.>

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1282 luglio 30  –     Nel nome di Dio. Amen. Don Rainaldo Rampi a don Vitaliano Albricuzi Poiti incaricati della colletta tra chierici ed ecclesiastici o religiosi imposero alle donne di S. Maria maddalena e all’amministratore Fra’ Giacomo sei soldi ravennati e anconetani, con minaccia di scomunica se non versassero entro dieci giorni. Fra’ Giacomo a nome e per conto del monastero e del convento si dichiarò ingiustamente gravato e interpose appello al Papa e al suo camerario e uditori o altri giudici competenti perché mai i monasteri delle donne usarono far versamenti di collette insieme ai chierici e don Guido non ebbe intenzione di farlo con i monasteri delle donne. L’appello fu fatto a Matelica davanti alla pieve il 30 luglio 1282 presenti come testimoni Tomasio monaco del Rotis, Volriano del signor Giacomo da Gubbio e altri, con il notaio pubblico rogante Rigo Servitori.

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1283 gennaio 30  –     Nel nome di Dio. Amen. Copia di lettera.  Rainerio del signor Alioni da Monte Fiascone, giudice generale nella Marca scrive ai balivi di curia Gregorio e Graziolo con l’ordine di fare la citazione a tutti coloro che sono nominati per testimoniare da E(n)rico amministratore del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica con l’ingiunzione di presentarsi di fronte allo stesso giudice entro il terzo giorno riguardo all’accusa mossa contro Napolione Raineri ed il suo servo Paulunco, altrimenti si procederà contro di loro.

Data a Tolentino li 30 gennaio, indizione XI.  Ecco i convocati: Giovannuccio Compagnoni, Rubeo (Rosso) Benditti, Nicola Ugolini, Giovannuccio Petri, Priziano Vitali. Citazione fatta come da relazione del 2 febbraio 1283 a Matelica davanti alla casa di mastro Ruggero (Irone ?) di fronte ai testimoni Pietro da S.Angelo, Vegnato Iacobi e altri. Notaio Ventura Massei richiesta da Gaziolo.

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1283 febbraio 1 e 2  –     Nel nome di Dio. Amen. Copia di lettera. Rainerio da Monte Fiascone giudice generale nella Marca scrive a Paolo servo (famigliare) di Napolione Rainerii da Matelica. Ti ordiniamo entro il terzo giorno dal ricevimento della presente lettera di presentarti obbligatoriamente di fronte a noi per giustificarti dell’accusa fatta contro di te da don E(n)rigo Guarneri, altrimenti procederemo secondo giustizia. Data a Tolentino il primo febbraio, indizione XI. Il balivo della curia Graziolo riferì al notaio rogante Ventura Massei di aver fatto la citazione predetta a Paolo il giorno di martedì 2 febbraio 1283. Scritta a Matelica davanti alla casa dei figli di Bucaro alla presenza dei testimoni mastro Benvenuto, Borlario Bonacase di Benvegnato e altri.

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1283   –     Nel nome di Dio. Amen. L’anno 1283, indizione XI, a tempo di Papa Martino IV, il giorno 10 febbraio, nel distretto di Matelica, presso i mulini Rote del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica e presso la chiusa dei mulini de Porta, alla presenza dei testimoni chiamati signor Giacomo Plebani, Covitto di donna Altasere, Fra’ Stefano da Colle Stefano, Fra’ Vitale, conversi dello stesso monastero, Pietro da S. Angelo, Clorilto Attona Ivaldi, Giovannuccio Compagnoni ed altri si faceva la convenzione. Attuzio del signor Salimbene per sé e per Mattiolo Bucari e donna Clarissena figlia del fu Scagno per sé e per suo figlio Guarinuccio da una parte e dall’altra Fra’ Pietro Egidi amministratore e converso dello stesso monastero, come da procura scritta, per la determinazione dell’acqua del fiume Gino che scorre attraverso la chiusa di Attuzio. Di donna Clarissena e di Mattiolo Bucari, chiusa che sta sotto ai mulini del monastero, allo scopo di evitare ogni ulteriore lite né ci siano inconvenienti per i mulini delle due parti che si accordano sotto penalità di cinquanta libre ravennati e anconetane per i contraenti, restando valido questo patto. Si conviene che per regolare la quantità di flusso delle acque nei mulini sottostanti a quelli del monastero si rispetti il segno di ferro posto su una colonna e cioè quel ferro deve restare sempre scoperto dalla superficie delle acque fluenti per mezzo del “recessorio” della chiusa con “stracolo” dove ora esiste e rimane sino alla “stanga” di Salvone, segnata nella chiusa verso il vallato dei molini del monastero. In tale modo l’acqua è sufficiente ai contraenti e fluisce egualmente fino a detta “stanga” (traversa di legno) senza danni.  Qualora l’acqua salisse sopra al limite stabilito provvederebbero a regolarla. Notaio pubblico Ventura Massei.

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1283 febbraio 12  –     Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno 1283, indizione XI, a tempo di Papa Martino IV, il giorno 12 febbraio, nel monastero di S. Maria Maddalena di Matelica sono presenti come testimoni il signor Finaguerra del signor Albrico, Tinglo (Tigno) del signor Albertino, Zovitta Attoni Rubei e Giovanni Petri Tarduzi quando si fa questa convenzione. Da una parte l’amministratore del monastero di S. Maria Maddalena Fra’ Giacomo da Colle Stefano dall’altra parte Napolione Raineri si accordano per la lite e questione riguardante la terra Rote e Acquimine sita nel fiume Gino. Stabilirono come arbitri Salimbene Bonagiunte presente e Benecasa Ventura assente per un lodo che amichevolmente sarebbe stato accettato dalle due parti in questione salvo l’ordine giuridico, anche nel caso che ciascuna delle due parti  dovesse fare atto di vendita o di permuta per qualche superficie della terra di Rote e Acquimine. I confini sarebbero stati posti per mezzo di Albricuccio Ugolini e di Pietro Bentevenga. L’accordo doveva restare stabile come da lodo o sentenza arbitrale, con penalità di cento libre ravennati e anconetane a chi di loro la contrastasse, sotto ipoteca dei beni.  Notaio pubblico Atto(ne) del signor Giacomo.

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1283 dicembre 4  –     Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del signore 1283, indizione XI, a tempo di Papa Martino IV, il giorno 4 dicembre nel castello di Matelica davanti alla casa di Mattiolo Bucari sono presenti come testimoni Giovanni Commanoli Giordani, Benencasa Venture, Sclacro Datali Bernardi e altri quando si fa questa concessione.  L’amministratore del monastero di S. Maria Maddalena di Mateliva, Fra’ Giacomo converso a nome del suo monastero e del convento dello stesso monastero concede a Boncore Buzerti e a Mattiolo figli del fu Bucaro un corso di acqua che passa per il vallato dei mulini di essi figli di Bucaro presso la terra del monastero, sopra e sotto il confine di mastro Bernardo con facoltà di deviare e contenere l’acqua nel corso del vallato che ora è quel che contiene la terra del monastero, evitando però ogni inconveniente per i mulini del monastero posti nel fiume Gino vicino alla terra del monastero. Il vallato del fiume doveva essere mantenuto così come era e doveva essere custodito e riattato a spese loro, senza alcun danno. Inoltre non doveva far tagliare le piante o alberi che erano nella terra del monastero. Concede quanto sopra in perpetuo con ogni pertinenza ed accesso alle vie pubbliche. Per chi delle due parti mancasse agli impegni, la penalità era stabilita a cinquanta libre ravennati e anconetane con risarcimento delle spese, sotto ipoteca dei beni.  Notaio ser Bartolomeo Scagni.

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1284 marzo 13  –     Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1284, indizione XII, il giorno 13 marzo a tempo di Papa Martino IV, a Matelica nella casa della testatrice erano presenti come testimoni chiamati: Cagno Salvi Orselli, Bonagrazia Gennari, Bonconforto Iacobo Bruni, Attuzio Attoni Raini, Cenamuzio Danieli, Salimbene Ciceri, Rigozio Ascarano, Vanne da Firenze. Fece testamento donna Ventura vedova di Raniero Albertucci, malata nel corpo, sana di mente, per non far sorgere in seguito qualche lite  sui suoi beni. Lasciava in testamento 20 soldi da spendere secondo i canoni e le consuetudini della diocesi di Camerino. Lasciava per la sua anima 20 soldi ravennati e anconetani da spendere secondo la volontà della fidecommessa stabilita di seguito, in occasione del funere. Lasciava 20 soldi per quando sarà restaurata la chiesa di S. Paolo. Lasciava 5 soldi per riparare la chiesa di S. Antonio. Lasciava al cappellano di S. Paolo, per offerte e decime alla di lei morte 12 soldi.  Per eventuale maltolto altri cinque soldi. Lasciava per fare cantare le messe 12 soldi, affidati all’esecuzione testamentaria. Lasciava a Vanne da Firenze come legato 6 soldi. Stabiliva come erede degli altri suoi beni mobili ed immobili e dei diritti la figlia sua domma Massaria. Sceglieva la sepoltura nella chiesa di S. Antonio di Matelica. Come fideicommessa (esecutrice) stabiliva la stessa donna massaria. Questa era la sua ultima volontà da far valere come testamento o almeno come codicillo.  Notaio imperiale Peregrino Rubei.

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1284 giugno 10  –     Nel nome di Dio. Amen. L’anno del Signore 1284, indizione XII, a tempo del Papa Martino IV, il giorno 10 giugno, sono presenti come testimoni chiamati nel monastero di S. Maria Maddalena Lazano del signor Giacomo, Verliuzio del signor Giacomo, Fra’ Vitale, Fra’ Giacomuccio e altri per la seguente procura. Donna Mattia abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica con unanime volontà delle monache del monastero cioè delle consorelle Cristina, Agnese, Andrea, Luzia, Berardesca, Margarita, Isabetta, Catelli, Daniela, donna Cristina, Amadea, Agata, Daniela, Gicomuccia, Barbara, Aurea, Cecilia, Graziadeo, Giacomella, Mattiola, Aluminata, Vittoria, Filippuccia stabilì come procuratore del monastero, il suo converso Fra’ Giacono da Colle Stefano, amministratore, agente, fattore, nunzio speciale nella questione e causa contro Federico del signor Alberto, Adelarduzio suo figlio, il signor Matteo del signor Giovanni a motivo dei diritti di una chiesa di S. Maria de Vablano (Vibiano) e contro Corraduccio Bartoli e gli eredi di Rainalduccio del signor Alberto e in generale per le cause del monastero presso la curia del marchese e dei suoi ufficiali e presso qualunque altra curia, con tutte le competenze di procuratore sotto pena e ipoteca dei beni dello stesso monastero.  Notaio pubblico Ventura Massi.

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1284 luglio 11  –     Nel nome di Dio. Copia di lettera. Maestro Stefano canonico della chiesa di S. Petro Turrice, vicario generale nelle realtà spirituali della Marca anconetana scrive a don Rainaldo rettore della chiesa di S. Marcello di Matelica. Ordina di sequestrare i frutti o rendite della chiesa di S. Maria de Vablano (Vibiano) del distretto di Matelica e di tenerli lui fino a nuovo ordine dato il fatto che c’è questione aspra per la spartizione di essi tra l’amministratore del monastero di S. Maria Maddalena da una parte e dell’altra parte Federico del signor Alberto con il figlio Adelarduccio assieme al signor Matteo di Giovanni per la metà della chiesa e c’è pericolo che i contendenti giungano ad atti di rissa con armi. Data a Tolentino il giorno 11 luglio, indizione XII.  \ La lettera fu presentata  don Rainaldo da Fra’ Andrea amministratore del predetto monastero a Matelica presso l’abitazione di Giacomuccio Compagnoni alla presenza dei testimoni: Vitaliano, Venutolo di Morico Bernardi e di Giovanni Accurrimbone Gincleri il giorno 13 luglio 1284 a tempo di Papa Martino IV, indizione XII.  Notaio Bartolomeo Scagni.

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1285 agosto 21   –     Nel nome del Signore. Amen. L’anno 1285, a tempo di Papa Onorio IV, il giorno 21 agosto nella chiesa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica, mentre sono presenti frate Raniero di mastro Gicomo Accursi Blance, Vituzione Attolini e Andreolo di Ivano del signor Scagno testimoni a ciò richiesti e chiamati. Suor Mattia abbadessa di esso  monastero delle donne di S. Maria Maddalena con consenso unanime dello stesso convento del monastero, suor Agnese, suor Cristina, suor Margarita, suor Isabetta, suora Andrea, suor Diotama, Suor Aurea, suor Lucia, suor Daniela, suor Bernardesca, suor Cristiana, suor Giacomella, suor Giovanna, suor Mattiola, suor Vittoria, suor Catalina, suor Filippa, suor Isaia, suor Alluminata, suor Amadea, suor Graziadei, suor Simonetta, suor Gidiuccia. Suor cecilia, decisero di stabilire come loro amministratori, procuratori, messaggeri speciali in forma solidale il converso e famiglio del monastero Fra’ Vitale e Verbuzio del signor Giacono da Gubbio con tutte le competenze per trattare un compromesso con Fra’ Nicola vicario del vescovo di Camerino che amichevolmente deciderà delle questioni insorte tra il monastero da una parte e dall’altra parte Ivano del signor Scagno rappresentante della moglie Sibilia, figlia del fu Rainaldo, in particolare per la richiesta presentata da Ivano al monastero di ricevere 57 libre ravennati e anconetane a nome della moglie. Il monastero accoglierà le loro decisioni senza contrasti. Notaio pubblico Bonaventura di Giovanni.

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1286 febbraio 28  –     Rambotto per divina misericordia vescovo di Camerino a tutti i fedeli cristiani che vedranno questa lettera, salute nel Signore. Se consideriamo secondo il detto del Sapiente, che il tempo è da seminare con i meriti e dobbiamo raccogliere la mietitura di ciò che abbiamo in terra seminato con frutto moltiplicato in cielo, dobbiamo aprire il cuore caritatevole verso tutti i bisognosi, ma ancor più spiritualmente e più abbondantemente verso coloro che spontaneamente si sottopongono alla povertà di spirito.  Le dilette in Cristo monache e abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica nella diocesi di Camerino, disprezzando i piaceri mondani, scelsero di servire Dio aggiungendo una volontaria povertà ed hanno bisogno che i fedeli cristiani offrano piamente a loro l’aiuto caritatevole. Esortiamo e preghiamo tutti voi nel Signore, a remissione dei vostri peccati, disponendo che eroghiate loro sussidi caritatevoli in modo che la vostra sovvenzione dia loro un sussidio e voi, a motivo di questa o di altre opere buone che farete ispirati dal Signore, possiate giungere alla gioia dell’eterna felicità. Desideriamo che la predetta chiesa della Beatissima sia frequentata degnamente ed a tale scopo rilasciamo per la misericordia di Dio e dei beati apostoli Pietro e paolo, l’indulgenza di cento giorni sulla penitenza imposta nella confessione a coloro che pentiti si recheranno per devozione alla chiesa predetta in qualsiasi domenica fino alla festa di Pasqua inclusa la sua ottava, non oltre, e faranno opere di caritatevole aiuto. Data a Camerino li 28 febbraio 1286 (con sigillo pendente).

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1286 settembre 12  –     Nel nome di Dio. Amen. L’anno 1286, indizione XIV, a tempo di Papa Onorio IV, il giorno 12 settembre, nel monastero delle donne di S. Maria Maddalena del castello di Matelica sono presenti come testimoni Giacomo Benvenuti da Sefro, Francesco Marcloni e Domenico Petri Faide quando donna mattia abbadessa del monastero predetto con unanime volontà delle monache e suore del monastro Cristina, Agnese, Giacoma, Margarita, Catarina, Alluminata, Daniela, Graziadea, Diotama, Lucia, Vittoria, Cecilia, Cristiana, Aurea, Giacomuccia, Cecilia, Giustina, Andrea, Ogenia, donna Filippa, Isaia, Simonetta, Filippuccia, Amodea, Mattia, Gidiuccia, , Benvenuta, Isabetta e Sperandea stabilì Fra’ Giacomo Ugolini come amministratore, agente, procuratore e messaggero speciale del monastero e del suo convento con la procura a ricevere o la remissione e la quietanza definitiva del reverendo padre don Rambotto vescovo di Camerino riguardante la condanna a cinquanta libre ravennati e anconetane fatta dallo stesso vescovo contro il predetto monastero in occasione della devastazione fatta del monastero di S. Agata e inoltre con il mandato di presentarsi a don Gentila da Muralto canonico o a Mosca Savinelli a motivo del mutuo di 50 libre fino all’inizio dell’ottobre prossimo. Egli doveva dichiarare di fronte al vescovo tale debito e ricevere dal vescovo il precetto per tale somma. Se entro il termine stabilito non fosse stata pagata la somma predetta il monastero doveva essere sottoposto (si sottoponeva) alla scomunica e all’interdetto ecclesiastico contro l’abbadessa e contro le suore. Ogni decisione del procuratore rimaneva stabilita sotto ipoteca dei beni del monastero.  Notaio pubblico Atto(ne) del signor Giacomo.

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1286 settembre 13  –     Nel nome del Signore. Amen. L’anno del Signore 1286, a tempo di Papa Onorio IV, a Camerino nella cappella del palazzo dell’episcopato, il giorno 13 settembre sono presenti come testimoni chiamati Don Gualtiero priore di S. Sebastiano di Camerino, don Pietro priore di S. Giacomo di Muralto, mastro Offreduccio di donna Amata, Corrado di Giovanni e Corraducccio di Domestico, quando il vescovo di Camerino Rambotto a nome dell’episcopato per sé ed i suoi successori fece remissione, fine e quietanza definitiva valevole in perpetuo a Fra’ Giacomo Ugolini sindaco del monastero si S. Maria Maddalena di Matelica , agente a nome di esso monastero della somma di 100 libre di condanna fatta allo stesso monastero o suo sindaco Giacomuccio del signor Finaguerra in occasione della violazione e della scomparsa avvenuta del monastero di S. Agata sito presso il fosso di Matelica presso lo stesso monastero di S. Maria Maddalena ad opera dei famiglia, degli agenti e coadiutori di questo monastero. Il vescovo cancellava e annullava ogni condanna, sentenza e processo fattone contro questo monastero e contro il suo sindaco Giacomuccio o contro altro rappresentante. Annullava anche ogni promessa per mezzo di Giacomuccio al signor Finaguerra, amministratore, in particolare il precetto fattogli di pagare 50 libre scritto da mano del notaio mastro Nicola da Osimo. Il vescovo fece tutto ciò per il fatto che ricevette dallo stesso amministratore per conto del monastero predetto e suo convento, a tacitazione di tutte le spese calcolate nella scomparsa di S. Agata la somma di cinquanta libre ravennati e anconetane che il vescovo ebbe. Pertanto tutto veniva quietato con dichiarazione rilasciata all’amministratore Gicomuccio, valida in perpetuo sotto penalità del doppio con ipoteca dei beni dell’episcopato.  Notaio pubblico Riccerio, ora notaio del vescovo.

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1286 settembre 13  –     Rambotto vescovo di Camerino, per divina misericordia, saluta nel Signore le donne religiose, l’abbadessa ed il convento del monastero di S. Maria Maddalena da Matelica.  Di fronte ad una richiesta giusta, tanto la forza dell’equità quanto l’ordine razionale esigono che ciò per la sollecitudine del nostro ufficio giunga al dovuto effetto. Pertanto, o dilette (figlie) in Cristo, ascoltando la vostra domanda confermiamo l’unione, l’obbligazione, la sottomissione, la promessa, la donazione o cessione fatta per mezzo della prioressa o abbadessa e monache del luogo di S. Agata sito presso Matelica, dopo aver considerato la vicinanza e la povertà del predetto luogo di S. Agata, in cui le monache ivi dimoranti non potevano osservare la regolare continenza (vita religiosa), come risulta più chiaramente dal documento redatto dal notaio Morico da Fabriano il cui contenuto consideriamo da inserire qui parola per parola per maggior certezza e stabilità. Conosciamo con pienezza di scienza la sottomissione, la donazione, la cessione, la promessa, l’unione e ogni altro impegno deciso nell’atto scritto da mastro Morico da Fabriano da parte dell’abbadessa o prioressa del detto luogo di S. Agata e da parte delle monache del detto luogo alla detta abbadessa o del sindaco del detto monastero, confermiamo tutto ciò e se in tale atto si trovasse qualche difetto, suppliamo con la nostra ordinaria autorità e uniamo i luoghi predetti delle religiose.  Non sia lecito a nessuna persona violare questo nostro atto di unione e di conferma né contrastarlo con temerario ardire. Se qualcuno userà la presunzione di tentarlo sappia che incorre nell’indignazione dell’onnipotente, della Beata Vergine Maria, dei beati apostoli Pietro e Paolo, dei santi Venanzio martire ed Ansovino confessore.  Su nostro ordine il notaio Riccerio, nostro notaio scrive e rende pubblica la presente lettera e la convalida con l’apporvi il nostro sigillo per maggior fede e certezza. Fatto e dato a Camerino nella cappella del palazzo dell’episcopato nell’anno del Signore 1286, indizione XIV, a tempo del Papa Onorio IV, il giorno 13 settembre alla presenza di don Pietro priore di S. Giacomo di Muralto, don Gualtiero priore di S. Sebastiano, mastro Offreduccio notaio, Corrado di Giovannuccio e Corrado di Domestico, testimoni chiamati all’atto. Ed io Riccerio da Camerino, pubblico notaio, ora notaio del detto vescovo, presente a tutto ciò, su richiesta del vescovo scrissi per sua autorità, scrissi e resi pubblico l’atto e vi posi il mio nome e sigillo consueto.

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1286 novembre 14  –     Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1286, indizione XIV, a tempo del Papa Onorio IV, il giorno 14 novembre, nel palazzo del comune di Matelica, dopo riunito per voce del banditore al suono della campana il consiglio generale speciale di credenza (economato) del Capitano delle Arti e del consiglieri, al solito modo, il signor Gualtiero da Macerata, giudice e vicario del comune di Matelica propose di trattare il da farsi riguardo al terreno o spazio delle donne del monastero di S. Maria Maddalena occupato dal comune per il muro comunale fatto di nuovo e riguardo al danno arrecato al monastero per il prato ed altro. Egli chiese si desse un buon consulto. Parlò Corraduccio Bartoli, alzandosi nell’arengo, propose una colletta di 40 libre ravennati ed anconetane di cui 30 per il terreno dovuto alle donne del monastero e 10 per il danno dato in occasione del muro comunale e per altri danni, e così pagare. Nella delibera del presente consiglio, dopo che il predetto giudice pose ai voti con l’alzarsi (a favore) e sedere (contro) piacque a tutti porre 40 libre nella dativa dell’anno corrente o nel dazio per il decoro e pagare come sopra al monastero.  Il notaio Mazio, con testimoni Corraduccio Bartoli, mastro Francesco di mastro Pietro, gioannuccio di Giacomo e Francesco B(on)afede, scrisse per ordine del giudice.

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1286 novembre 20. –   Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1286, indizione XIV, a tempo del Papa Onorio IV, il giorno 20 novembre nel monastero di S. Maria Maddalena di Matelica erano presenti come testimoni Albrico di Giacomo Bruti, il mugnaio Matteo e Giovanni da Foligno quando l’abbadessa del monastero, donna Mattia con volontà unanime delle monache e suore e consorelle presenti Cristina, Agnese, Giacoma, Margarita, Catarina, Alluminata, Daniella, Graziadeo, Diotama, Lucia, Vittoria, Cecilia, Cristiana, Aurea, Giacomuccia, Cecilia, Giustina, Andrea, Eugenia, donna Filippa, Isaia, Simonetta, Filippuccia, Amadea, Mattia, Guiduccia, Benvenuta, Isabetta e Sperandia, riunite in capitolo stabilì assieme al convento il signor Enrico Guarneri accettante come legittimo amministratore, procuratore, messaggero speciale per presentarsi di fronte al reverendo padre e vescovo di Camerino, Rambotto per ottenere una proroga della scadenza di pagamento di tredici libre ravennati e anconetane, residuo del debito della condanna di cinquanta libre fatta al monastero dallo stesso Rambotto in occasione della devastazione del monastero di S. Agata. Tale proroga che iniziava dal giorno di S. Andrea sarebbe stata dilazionata a nuova scadenza secondo la volontà del vescovo che sarebbe stata comunicata a motivo del mutuo, sia a don Gentile da Muralto, sia a Mosca Savinelli. Si sottomettevano al dover, in caso di inadempienza, sottostare alla scomunica per lui per l’abbadessa e per le suore e all’interdetto ecclesiastico per il monastero loro.  Alla fine avrebbe ricevuto la quietanza e la liberazione del pagamento. Quanto avrebbe deciso il procuratore sarebbe stato stabilmente rispettato dal monastero, sotto ipoteca dei beni.  Notaio pubblico Salimbene del signor Sinibaldo.

1287 aprile 19  –     Nel nome di Dio. Amen. Copia di una lettera. Bernardo di Assisi giudice generale nella Marca scrive per parte del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica a Matteo di Attone Bonatti,  a Benintenni Clementi, a Giacomo di Compagnone Bonatti, a Rainaldo Migliori, a Benvenuto di Compagnone Bonatti, a Giacomo di Ventura Bonatti, a Rainaldo Bonatti, a Benedetto di Accursio Paganelli, a Compagnone Petroceni e ai figli di Ugolino Accursi de Blanca di Matelica.  Ho ricevuto l’esposto contro di loro che lavorano e coltivano alcuni terreni posseduti un tempo da Beretillo o dal signor Matteo del signor Sinibaldo di Matelica. Ora li possiede legittimamente il monastero di S. Maria Maddalena. Ordiniamo a ciascuno di voi, sotto pena ad arbitrio nostro e della curia che dovete pagare integralmente i frutti di tali terreni al monastero predetto. Se volete contrapporvi presentatevi entro tre giorni dal ricevimento di questa lettera alla nostra presenza per rispondere a quanto sopra esposto e aver giustizia. Altrimenti procederemo contro di voi.  Data a Montolmo il giorno 19 aprile, indizione XV.  Questa lettera di citazione fu notificata dal balivo della curia Gregorio, eccetto Matteo di Attone Bonatti ed i figli di Ugolino Accursi che per essere minorenni sono dispensati.  Il balivo ne fece relazione al notaio pubblico Ventura Massei nel 1287 indizione XV, a tempo di sede romana vacante del pastore, il giorno 27 aprile a Matelica davanti alla casa del figlio di Rainaldo Cacciaconti alla presenza del testimoni Simone Severini, ser Vannetto, Salimbene, Giacomuccio di Rainaldi Bonatti.

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1287 settembre 26  –     Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1287, indizione XV, quando la chiesa romana era vacante del pastore, il giorno 26 settembre a Matelica nel monastero di S. Maria Maddalena erano presenti come testimoni mastro Percivalle un tempo da Cesena, Giovanni duo figlio e Verbuzio del signor Giacomo. Dopo riunito il capitolo di tale monastero donna Mattia abbadessa della donne del monastero stesso con la volontà unanime delle consorelle viventi in monastero, Agnese, Margarita, Isabetta, Cristina, Daniela, Lucia, Andrea, Catarina, Diotama, donna Cristiana, Giacomucci, Giovanna, Mattiola, Vittoria, Isaia, Alluminata ed altre monache e suore, stabilì come legittimi amministratori, procuratori, agenti, difensori e messaggeri speciali il signor Enrico da San Severino e Fra’ Giacomuccio converso dello stesso monastero per presentarsi di fronte al reverendo padre vescovo di Camerino don Rambotto e alla sua curia e di fronte ai giudici generali “temporali” della chiesa romana per le questioni vertenti tra il monastero da una parte e dall’altra parte i Frati di S. Agostino a motivo dei beni del signor Ma(tt)eo (o Masseo) del signor Sinibaldo e don Vitaliano Albrici. Essi hanno tutte le competenze giuridiche e quanto sarà da loro stabilito sarà valido per il monastero, sotto ipoteca.  Notaio Leva di Bonagiunta da Matelica.

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1287 dicembre 10  –     Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1287, indizione XV, quando la chiesa romana era vacante del pastore, il giorno 10 dicembre, nel castello di Matelica nella chiesa di S. Maria Maddalena, sono presenti come testimoni richiesti: Giacomuccio di Accursio Altemilie, mastro (Ra)nallo Carsolino e Sune Vitale. Dopo riunito il capitolo del monastero delle donne di S. Maria Maddalena di Matelica assieme all’abbadessa Matelda fu espressa la volontà unanime dalle sue consorelle e dalle suore, dai frati e dai conversi presenti in capitolo, cioè Cristina, Agnese, Margarita, Cristiana, Andrea, Catarina, Diotama, Isabetta, Lucia, Daniela, donna Cristina, Alluminata, Giacobuccia, Amadea, Filippuccia, Agata, Cecilia, Giustina, Gidiuccia e di tutte le altre monache e suore viventi nel suo monastero e stabilirono insieme suore e frati concordemente che Fra’ Giacomo del signor Scagno e Fra’ Giacomuccio conversi del loro monastero e Annibale del signor Scagno di Camerino come amministratori, delegati, agenti, difensori, procuratori e messaggeri speciali per presentarsi a nome del convento e del monastero di fronte al reverendo don Rambotto, vescovo di Camerino, alla curia e all’uditore vicario come pure di fronte al ogni giudice “temporale”e spirituale per la causa con suor Francesca figlia del fu signor Burgarelli con tutte le competenze giuridiche, ritenendo stabile quanto decideranno, sotto ipoteca dei beni monastici.  Notaio pubblico Tommaso Scagni.

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1288 ottobre 22  –     Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1288, indizione prima, a tempo del Papa Nicolò IV, il giorno venerdì 22 ottobre nel palazzo del comune di Matelica sono presenti come testimoni Francesco Attolini e Faccibene Marzari quando il giudice e vicario del comune di Matelica il signor Bonaccorso di Montecchio (ora Treia) fece precetto di bando per Iagnino di mastro Percivalle della Romandiola con pena di 100 soldi ravennati e anconetani allo scopo che abbia a completare la porta entro tre mesi che promise di fare a Giacomuccio del signor Finaguerra per conto del monastero di S. Maria Maddalena.  Le ante della porta dovevano essere come quelle della porta del “luogo” (convento) dei Frati Minori di Morro. L’attuale amministratore del detto monastero Fra’ Giacomo darà il necessario per fare l’opera a Iagnino secondo l’atto scritto da mastro Rigo Servi e ciò su richiesta dello stesso amministratore. Inoltre il giudice Pancrazio incaricò Benvenuto Bellafonte a controllare che Ignino esegua  quanto sopra espresso.  Scrisse per ordine del giudice il notaio pubblico Monaldo Baculi.

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1289 aprile 18  –     Nel nome di Dio. Amen. L’anno 1289, indizione seconda, a tempo del Papa Nicolò IV, il giorno 18 aprile nel palazzo del comune di Matelica sono presenti mastro Attone del signor Giacomo e Giliolo Casaio, testimoni.,quando il giudice e vicario del comune di matelica, il signor Giovanni Corradi da Foligno, in esecuzione del precetto fatto dal predecessore giudice di Matelica, signor Bonaccorso di Montecchio (ora Treia) fece precetto a Iagno (Iagnino) di mastro Percivalle per bando di cento soldi ravennati e anconetani con scadenza a metà maggio per portare a termine  e perfezione la porta del monastero di S. Maria Maddalena secondo il contratto tra lo stesso Iagno (Iagnino) e l’incaricato del monastero Giacomuccio del signor Finaguerra, atto scritto dal notaio Rigo Servi. Ciò a richiesta dell’attuale amministratore del monastero Fra Giacomo. Il notaio pubblico Monaldo Baculi scrisse su mandato del giudice.

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1290 febbraio 23  –     Copia di lettera  Nicolò vescovo, servo dei servi di Dio, saluta il venerabile fratello vescovo di Pesaro con l’apostolica benedizione. Hanno presentato a noi querela l’abbadessa ed il convento di S. Maria Maddalena di Fano dell’ordine di S. Benedetto contro l’abate de Rotis e contro l’abbadessa di S. Maria Maddalena di Matelica dell’ordine predetto, diocesi di Camerino a motivo delle offese ricevute da loro riguardo ad alcune somme di denaro e ad altri beni terreni e possessi. Incarichiamo te, o fratello, con mandato apostolico di convocare le parti ed udire la causa, senza possibilità di appello, in modo da ultimarla e da far eseguire la sentenza che fari con censura ecclesiastica. Se i testimoni che saranno chiamati si ritirassero per timore o per odio, senza appello, con simile censura inducili a dar testimonianza veritiera. Data a Roma presso S. Maria maggiore il 24 febbraio del terzo anno del nostro pontificato. La lettera fu presentata al venerabile vescovo di Pesaro don Accursio nel palazzo del suo episcopato da don Benvenuto rettore della chiesa di S. Bartolo di Fano alla presenza dei testimoni Ugolino rettore della chiesa di S. Giovanni de Foldugo, Francesco sacrista della chiesa pesarese, Samperolo famiglio del sopradetto vescovo.  Il rescritto pontificio era con bolla (sigillo) pendente recante le immagini di S. Pietro e Paolo, l’anno 1209  <=errore> > Notaio imperiale Gerardo di Federico Teutonico di Matelica.

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1290 agosto 30  –     Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno dalla natività 1290, indizione terza, a tempo del Papa Nicolò IV, il giorno 30 agosto il venerabile vescovo di Pesaro don Accursio incaricato di giudicare la causa del monastero di S. Maria Maddalena di Fano contro il monastero de Rotis e contro quello di S. Maria Maddalena di Matelica. Eran presenti i procuratori Ugolino rettore della chiesa di S. Giovanni dei figli di Ugone per l’abbadessa Giovanna di Fano da una parte dall’altra Offreduccio di Tomasso Bonagiunte di Matelica per l’abbadessa di Matelica. Il vescovo giudice assegna con la loro volontà la scadenza di otto giorni per presentare la risposta del monastero di Matelica. Erano presenti come testimoni Fra’ Grazia di Matelica, don Matteo di Rieti vicario del detto vescovo ed il signor Toma Florani di Matelica. Il giorno 8 settembre (domenica) di fronte allo stesso vescovo giudicante era presente il procuratore di S. Maria Maddalena di Fano, Ugolino e non era presente il procuratore di S. Maria Maddalena di Matelica. Offreduccio. Considerata la contumacia, mentre il procuratore avverso l’assegnazione dei beni chiesti, il vescovo, per essere equilibrato, prorogò la scadenza al lunedì prima dell’ora terza (mezzogiorno). Lunedì 9 settembre Offreduccio si presentò dichiarandosi pronto a sostenere le ragioni del monastero di Matelica che rappresentava per la giustizia.  Eccone il contenuto dell’accusa. Di fronte a voi venerabile vescovo di Pesaro, giudice delegato dal Papa, il procuratore di S. Maria maddalena di Fano, Lunardello Ranieri di Pesaro agisce contro il procuratore di S. Maria Maddalena di Matelica Offreduccio di Tomasso per riavere alcuni terreni qui elencati e l’abbadessa di Fano Giovanna portò con sé nel monastero di Acquaviva di Matelica quando vi fu presa come monaca. L’abbadessa di Fano poi ha preso (assunto) il monastero di Acquaviva con l’autorizzazione dell’abbadessa e delle consorelle di Acquaviva, ora vuole che le siano restituiti al monastero di S. Maria Maddalena di Fano con aggiunta i frutti e con risarcimento delle spese, salvi i suoi diritti. Si tratta di una vigna sita nel territorio di Matelica in località Subbiano a confine con la via, con i figli di Pietro Bize, e con altra via. Inoltre altra vigna nella stessa località a confine con la via, con Monaldo Bonomi da Pugito, con i figli di Tursolo, con Rubeo di Bone Benamate. Inoltre un campo in Casanova a confine con la via, con Salimbene Petri da Vinano e con Gualtiero. Il procuratore di S. Maria Maddalena di Matelica ricevette il testo dell’accusa. Il giudice don Accursio vescovo stabilì ai procuratori come scadenza per comparire con la risposta tra dieci giorni e se fosse giorno festivo, compaiano il giorno seguente, non festivo, ciò sotto minaccia di scomunica. Presenti come testimoni don Matteo vicario del predetto vescovo, e Bonacquisto da Matelica e altri. Notaio Gerardo Federici di Matelica figlio di Teutonico prima notaio imperiale ora notaio del vescovo di Pesaro.

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1290 settembre 21, 26, 28; ottobre   –     Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1290, indizione terza, a tempo del Papa Nicolò IV, il giorno 21 settembre di fronte al venerabile Accursio, vescovo di Pesaro e giudice delegato dal Papa per questa causa, si presentò Lonardello procuratore del monastero, dell’abbadessa e del convento di S. Maria Maddalena di Fano per agire contro l’abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica e chiese che si procedesse data la contumacia del procuratore matelicese con l’assegnazione dei beni richiesti. Di seguito il 26 settembre lo stesso procuratore Lonardello presentò questa richiesta: “Di fronte a voi venerabile Accursio vescovo di Pesaro e giudice delegato dal Papa per la causa tra i monastero di S. Maria Maddalena, quello di Fano con l’abbadessa Giovanna contro quello di Matelica, il procuratore Lonardello (come sopra)  chiede che si pronunci la sentenza contro il monastero di Matelica perché dopo la scadenza perentoria è contumace  ed i beni da lui richiesti vengano dati al monastero di Fano “. Di seguito il 28 settembre. Noi Accursio per grazia divina vescovo di Pesaro e giudice delegato nella causa vertente tra l’abbadessa e convento del monastero di S. Maria Maddalena di Fano da una parte e dall’altra parte l’abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica , dato il fatto che Offreduccio di Tomasso di Matelica procuratore del monastero matelicese, dopo l’ingiunzione a comparire non si è presentato né direttamente né tramite altro responsabile per rispondere alle richieste di Lonardello procuratore del monastero fanese, nonostante la scadenza stabilita e prorogata, noi dichiariamo contumace e perché non si avvantaggi della sua disobbedienza, con l’autorità ricevuta decretiamo che il predetto Lonardello sia messo in possesso dei beni, allo scopo di salvaguardarli e cioè di una vigna in territorio matelicese, località Subbiano, inoltre altra vigna nella stessa località, a confine con la via, con Monaldo Bonomi da Pusito, con i figli di Torsolo e con Rubeo (Rosso) di Bone Bonamate, inoltre di un campo in località  Casanova di Matelica a confine con la via, con Salimbene di Pietro da Vinano e con Gualtiero, come beni rivendicati. Il procuratore Offreduccio viene condannato a pagare le spese fatte dal predetto Lonardello.  Scritto nel chiostro dell’episcopato di Pesaro alla presenza dei testimoni don Matteo del signor Paolo Oddoni di Rieti, vicario del predetto vescovo, Federico di Cunte Galiani da Fano, piacentino cuoco del predetto vescovo e Guglielmo Cuntoli da Sersulta (Seratta).  Il vescovo stabilì come esecutore don Matteo Vettorina da Matelica presbitero e rettore della chiesa di S. Donato di Monte Vetularum, diocesi di Pesaro.  Il giorno 5 ottobre nel palazzo dell’episcopato di Pesaro alla presenza di don Matteo del signor Gentile da Matelica e di don Matteo da Rieti, vicario del predetto vescovo, fece relazione don Matteo di Matelica, rettore di S. Donato dicendo di aver dato possesso dei beni come da sentenza all’abbadessa del monastero di Fano Giovanna.  Notaio imperiale e vescovile il matelicese Gerardo Federici figliolo del Teutonico.

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1290 ottobre 2  –     Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1290, indizione terza, a tempo del Papa Nicolò IV, il giorno 2 ottobre, nel distretto di Matelica e nei luoghi espressi di seguito erano presenti come testimoni il notaio mastro Francesco di mastro Pietro, il medico mastro Simone di Egidio e Guccio Francisci, quando don Matteo rettore della chiesa di S. Donato di Monte Vetulalum per mandato scritto di don Accursio, vescovo di Pesaro e giudice delegato, diede in tenuta e possesso materiale a donna Giovanna, abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Fano, una vigna nel distretto di Matelica in località Subbiano a confine con la via, inoltre altra vigna nella stessa località a confine con la via, con Monaldo Bonomi da Pugito, con i figli di Torsello e con Rubeo (Rosso) BoneBenamate, inoltre un campo in località matelicese Casanova a confine con la via, con Salimbene di Pietro da Vinano e con Gentile Gualtieri, allo scopo di tutela. Ciò in rivalsa sul monastero delle donne di S. Maria Maddalena di Matelica. Il gesto della presa corporale di possesso era il toccare le zolle, i rami e simili. Inoltre come messaggero speciale del vescovo, giudice delegato, don Matteo predetto ordinò sotto pena di scomunica, di non molestare donna Giovanna per tali possessi.  Notaio pubblico Monaldo Biaculi di Matelica.

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1290 ottobre 7  –     Nel nome di Dio. Amen. L’anno 1290, indizione terza, a tempo del Papa Nicolò IV, il giorno 7 ottobre, nel palazzo dell’episcopato di Pesaro erano presenti come testimoni  don Matteo Pauli Oddoni da Rieti, vicario del predetto vescovo, don Corrado arcidiacono di Pesaro e Bartolomeo di Vivitanova, quando Gratolo, della signora Altadonna di Matelica, come procuratore del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica, presentò al venerabile vescovo di Pesaro don Accursio, delegato dal Papa, il seguente appello. “Di fronte a voi venerabile don Accursio (come sopra) io Gratolo di Altadonna procuratore del detto monastero e convento presento appello al Papa Nicolò IV, ed ai suoi uditori di camera contro la sentenza da voi emanata a danno del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica ed a favore di Giovanna abbadessa come riferiscono del monastero di Fano con la consegna della vigna e della terra come scritto nella sentenza. E l’appello è dovuto al fatto che la stessa donna Giovanna rinunciò e disse alle donne del monastero di Matelica, in particolare alla monaca donna Bartolomea che lei non voleva presentarsi in causa di fronte a voi vescovo delegato né personalmente né tramite procura per tale questione. Disse che non era necessario, non c’era pregiudizio per il monastero matelicese, a lei non necessitava. Inoltre c’è il fatto che donna Mattia, abbadessa matelicese, non poté presentarsi di fronte a voi entro il termine stabilito a causa della malattia e della infermità e per altre cause giuste e legittime e che si riserva di esporre a richiesta. Con il presente appello al Papa chiedo che non si deve cambiare in nulla la situazione esistente.  Il vescovo disse che l’appello non era ammissibile perché non presentabile per rispetto verso la sede apostolica.  Notaio imperiale d vescovile il matelicese Gerardo di Federico.

 

1291 settembre 27, 29  –     Nel nome di Dio. Amen. Copia di lettera con sigillo di don Bernardo Ferrario vicario. Mastro Bernardo Ferrario, canonico di Val(enza) vicario generale nelle realtà spirituali della Marca di Ancona scrive alle donne, all’abbadessa ed al convento del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica. Per parte dell’abbadessa e del convento del monastero di S. Maria Maddalena di Fano è stato presentato a noi l’esposto che lamenta molestie di agitazione e perturbazione per il possesso e per i frutti di alcuni terreni che dopo la vostra contumacia in giudizio hanno avuto in tutela. Con il presente precetto ordiniamo a voi di desistere da tali molestie, sotto pena di scomunica e lasciate libero possesso con raccolta dei frutti di tali terre al monastero di S. Maria di Fano. Se vi sentite danneggiate entro tre giorni presentatevi di fronte a noi che rappresentiamo il monastero di Fano, altrimenti procederemo secondo giustizia.  Da Macerata 27 settembre, indizione IV.  \\ Questa lettera fu presentata e data all’abbadessa di Matelica per mezzo di mastro Simone Egidi procuratore del predetto monastero di Fano, nell’anno 1291, indizione IV, a tempo di Papa Nicolò IV, nella chiesa del predetto monastero matelicese, il penultimo giorno di settembre dell’anno 1291, alla presenza dei testimoni Fra’ Enrico converso del monastero stesso e Albrinculo Acquistoli e Giovannuccio Benvenuti da Sefro.  Notaio pubblico Monaldo Bizuculi da Matelica.

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1292 febbraio 2   <1° atto>    –     Nel nome di Dio. Amen. L’anno 1292, indizione quinta, a tempo di Papa Nicolò IV, il giorno 2 febbraio, nel castello di Matelica, nella chiesa di S. Maria Maddalena, alla presenza dei testimoni richiesti Benenuzio di Tardo (Sintardo) Entendi, Salimbene  Fulcarelli e Lenuccio (Lenutio) Venture si fece l’atto con cui Ivano del signor Scagno, amministratore del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica a nome dell’abbadessa Mattia e del convento del monastero coma da mandato scritto del notaio Bonaventura diede in proprietà stabilmente a Petrono Rainaldi un terreno del monastero predetto sito in località Cretaiolo a confine con Petrono, con Loveno Aiudi, con la moglie e figli di Giamello detto Fantilino, e con i figli di Giacomo Vallorini (Valentini) e con la via, con le rispettive pertinenze e diritti. Tale cessione di terreno è dovuta al fatto che Petrono eseguì la muratura di una canna di muro della cinta e della chiesa del monastero, con materiale cementizio buono e sufficiente, senza porre questione alcuna e con ogni diritto senza rivarlse sotto penalità del doppio della stima del terreno e sotto ipoteca dei beni del monastero.  Notaio pubblico Bonaventura di mastro Benvenuto.

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1292 febbraio 2    <2° atto>   –     Nel nome di Dio. Amen. L’anno 1292, indizione V,  a tempo del Papa Nicolò IV, il giorno 2 febbraio, nel castello di Matelica, nella chiesa del monastero di S. Maria Maddalena  alla presenza dei testimoni richiesti Benvenuto di Sintaldo Entendi, Salimbene Fulcarelli e Levutio Venture si fece questa procura. Donna Mattia abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica con l’unanime volontà delle sue suore, di conversi e famigli suoi, cioè Giacoma, Isabetta, Daniela, Giovanna, Vittoria, Diotama, Filippuccia, Barbara, Eugenia, Isaia, Gidiuccia, Graziadidio, Agata, Cecilia, Giustina, Aurea, Aviadei, Tuttasante e frate Guido e frate Salimbene e di tutte le monache e conversi di comune accordo, stabilì come legittimo amministratore, agente, fattore, economo, rappresentante e nunzio speciale Ivano del signor Scagno con la facoltà di dare e cedere a nome del monastero, della chiesa e del suo convento, a Petrono Rainaldi Bone un loro terreno sito nel distretto di Matelica in località Cretaiolo a confine con lo stesso Petrono, con Levono Aiuti, con la moglie e figli di Giacomello de Fantolini, con i figli di Giacomo Valentini e con la via, come prezzo e compenso per una “canna” o pertica di muro necessario alla loro chiesa a completo pagamento. Garantiscono la stabilità della concessione sotto pena del valore doppio e sotto ipoteca dei beni monastici.  Notaio pubblico Bonaventura di mastro Benvenuto.

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1293 novembre 5  –     Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno dalla natività 1293, indizione quinta, in tempo di sede romana vacante del pastore per la morte del Papa Nicolò IV, il giorno 5 novembre, davanti al castello di Matelica nella casa del sottoscritto notaio Corbo erano presenti come testimoni il signor Vitale Petriani, Giacopone di Venuto Gozi e Vitale di Petruccio Caposerra ed altri chiamati. Quando Benencasa di Pietro Brunelli dichiarò di aver ricevuto da Venuto di Venuto Petri Bone come dote per lo sposalizio contratto tra Bonencasa e Margherita figlia del predetto Venuto e futura moglie di Benencasa la somma di 45 libre ravennati e anconetane in denari contati e cento (100) soldi ravennati e anconetani in “robe” di tal valore stimato da comuni amici, con esclusione di inganno. Lo sposo Benencasa ricevendo per sé ed eredi tale somma si impegnava a restituire tale dote se il matrimonio si fosse dissolto o diviso per morte, divorzio o altre cause ragionevoli, inoltre se da loro non fossero procreati figli provenienti all’età legale di 25 anni. Il contratto valeva sotto penalità del valore doppio e come pegno lo sposo Benencasa vincolava tutti i suoi beni mobili ed immobili presenti e futuri, con tutto il loro fruttato, sino alla somma da risarcire per lo scioglimento del matrimonio e ciò nonostante qualsiasi legge civile o municipale in contrario, con risarcimento. Notaio pubblico Corbo del signor Giovanni.

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1300 ottobre 27  –     (Copia di atto del notaio defunto Francesco Salimbene)  Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1300, indizione XIII, a tempo del Papa Bonifacio VIII fece testamento il giorno 27 ottobre Benentendi del fu Accurrimbona di Atto Simoni, sano di mente e di corpo. Lasciò pr la sua anima 5 soldi ravennati e anconetani da spendere secondo la legge canonica; lasciò 10 soldi per la sua sepoltura se meglio capiterà nel castello di Matelica. Lasciò 20 soldi da dare ai poveri venerabili del castello di Matelica. Lasciò per messe da cantare 18 soldi. Lasciò a ciascuna “incarcerata” del castello di Matelica sette ducati. Lasciò per la restituzione del maltolto 11 soldi. Per le decime della chiesa di S. Angelo de Ocrusi 5 soldi. Per l’anima della madre 15 soldi di cui 5 per maltolto, 5  per la fraternità dei chierici. Lasciò per i Frati di S. Francesco 2 soldi per una penitenza omessa. Lasciò a Tomaso Silvestri per danni due soldi. Lasciò a Bartolomeo di Attone Barunei 20 soldi in restituzione. Lasciò a Tintio Bartoli da Foligno 10 soldi avuti in prestito. Lasciò a Donna Benvenisa, moglie del fu Giovannuccio Mollari, 20 soldi che gli doveva rendere per un mutuo. Stabilì come suoi fideicommissari per dare tali somme Albricuccio e Bartolomeo. Lasciò sua moglie per la dote avuta 50 libre. Lasciò dei suoi beni a lei, oltre la dote, altre 10 libre e tutti i suoi panni di lino e di lana. Lasciò sua moglie Margherita usufruttuaria dei suoi beni con l’uso della sua abitazione finché vi vorrà stare onestamente insieme con i loro figli. Stabilì come erede universale la figlia Annesuccia con una riserva e cioè nel caso in cui sua moglie fosse incinta o partorisse un figlio maschio, in tale caso Annesuccia riceverà 60 libre, mentre l’eredità passerebbe al maschio. Se partorisse una femmina diventerebbe coerede alla pari. Nell’ipotesi di morte dei figli propri e senza eredi, o che siano ancora minorenni rispetto ai 25 anni, stabilì di lasciare cento soldi ad Albricuccio di Atto Castellane ed altrettanti a Bartolomeo di Attone Borunci e che diano per l’anima dei loro genitori dieci libre. Eredi degli altri beni sua nipote Lucia e la sorella Planca.   Testamento scritto in casa del notaio (Francesco) alla presenza dei testimoni Albriculo di Attone Bulci, Matteo Pullie, Salimbene di Giovanni e Bonaventura Stuerini, Francesco Iacobi, Pietro Inistriani, Gicomuccio Silvestri.  La copia del testamento è di mano del notaio pubblico Matteo di mastro Giunta per ordine del consiglio generale e speciale del comune di Matelica.

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1301 marzo 24  –     Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1301, indizione XIV, al tempo mdi Bonifacio VIII (Papa), il giorno 24 marzo, redatto a Matelica, nel monastero di S. Maria Maddalena mentre erano presenti Don Tomasso, cappellano della chiesa di S. Maria di Cerreto, Guarinuccio Coradi Guidarelli, converso del predetto monastero, come testimoni chiamati incaricati, domma Mattia abbadessa del monastero di S. Maria maddalena, assieme alle consorelle Isabetta, Graziadea, Mattiola, Eugenia, Bartolomea, Datadeo, mansueta, Simonetta, Vittoria, Filippuccia, Gera, Agata, Diotama, Lucia, Angelica, Cecilia, Isaia, Clavella, Margherita, Daniela suore e monache del monastero e del suo convento, tutto riunito al suono della campana, come d’uso, e senza alcun dissenso, la stessa donna abbadessa per licenza e volontà del convento assieme a loro deliberò, stabilì e ordinò Fra’ Iacopuccio come vero, legittimo sindaco, operatore, fattore e nunzio speciale del convento del monastero e dello stesso monastero allo scopo di prendere e ricevere dal “cameriere” (economo) del comune di Matelica o dal sindaco attuale o futuro di questo comune e da Buto di Tomasso o da altra persona che abbia specifica competenza, la quantità di denaro, o di “blado”, per intero o in parte come il monastero deve avere dal comune di Matelica o da persona interposta con la promessa per il comune di acquisire tale somma di denaro o “blado” in tutto o in parte e far quietanza, remissione e assolvere il “camerario” o il sindaco del comune e Buto di Tomasso e le altre persone tutte che debbono avere quietanza e solvenza del comune, per tutto quello che avrà ricevuto Fra’ Iacoputio (Iacopuccio) sindaco del monastero stesso e per tutto quanto egli riceverà a nome e per contro dello stesso monastero e del suo convento. La stessa donna abbadessa e tutto il convento dello stesso monastero, senza alcun dissenso, promisero che tutto quanto sarà fatto, detto, messo in quietanza, realizzato nelle cose  e per qualsiasi motivo predetto, sarebbe stato considerato in perpetuo e tenuto per sempre e non verrebbe contraddetto, né si agirà contro, sotto obbligazione e pena dei beni e delle cose dello stesso monastero e del suo convento, con l’impegno di dare e pagare la pena ogni qualvolta si avrà a contravvenire o agire in contrario e di rimborsare danni e spese.  Io notaio Ventura di Masseo, presente a tutto quanto sopra scritto, a richiesta scrissi e pubblicai.

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1311 gennaio 29  – 

   Nel nome di Dio. Amen. L’anno 1311, indizione nona, a tempo del Papa Clemente V, il giorno 29 gennaio, nella chiesa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica della diocesi di Camerino alla presenza dei testimoni richiesti Nuccio Nalli di donna Savia, Francesco e Nuccio Salimbeni di Atto da Monte Milone ora abitante della terra di Matelica si fece questa procura. La nobile donna e signora Mattia abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica della diocesi di Camerino insieme con Francesca, Mattiola, donna Alcegrima, Barbara, Filippuccia, Cecilia, Eugenia, Tuttasanta, Isaia, Manfreduccia, Gera, Agata, Marta, Lucia, Tomassuccia, Sperandio, Rosa, Zutia, Mita, Agnese, Angelica, Giacomuccia e Bartolomea, tutte monache del suo monastero da lei riunite e di concorde volontà stabilirono come loro veri, legittimi amministratori, rappresentanti, agenti, fattori e messaggeri speciali con pari potere il nobile Guarinuccio Guarini e Fra’ Giacobuccio e con facoltà di ciascuno a posto dell’altro e ciò per presentarsi di fronte al venerabile padre e vescovo di Camerino don Berardo per porre appello al Papa  o alla curia romana contro la lettera di precetto fatta recentemente dallo stesso vescovo o dai suoi officiali. Ai procuratori è data ogni facoltà con ipoteca dei beni monastici.  Notaio pubblico Nallo Zoni.

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1312 luglio 8  –     Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1312 indizione decima, a tempo del Papa Clemente V il giorno 8 luglio, a Matelica nella chiesa del monastero di S. Maria Maddalena erano presenti come testimoni Giovannuccio Simonetti e Atto Giunte da Fabriano quando il signor Pace Mattioli da Matelica in qualità di rappresentante (procuratore) incaricato da don Giacomo Bicceri, cappellano e rettore della chiesa di S. Salvatore di Valle Acorani del distretto di Matelica, rilasciava ricevuta e quietanza del pagamento di 40 libre come prezzo del metallo di una campana rotta, 100 soldi ravennati e anconetani, denaro contato, senza altro da avere da donna Mattia, abbadessa del monastero e del suo convento di S. Maria Maddalena. Se il procuratore Pace avesse fatto rivalsa c’era per lui la penalità di 25 libre. Notaio pubblico Francesco di mastro Matteo di Matelica.

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 1325 – 1399 Non segnalati nel Quaderni ASAF 1998 n. 26

 

1325  ottobre 20  –      <1° atto>  \\  Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1325, indizione ottava a tempo del Papa Giovanni XXII, il giorno 20 ottobre, a Matelica nella chiesa del monastero di S. Maria Maddalena sono presenti come testimoni richiesti: Giovannuccio Simonetti, Mattiolo di Nicola Ugolini, Venanzo Verluzi e Cicco di Benencasa Brunelli quando donna Allorita, figlia del fu Salimbene Compagnoni, vedova di Gianni di Bartolomeo Ammoniti di Matelica, in piena serenità e libertà, spontaneamente e irrevocabilmente fece donazione per amore di Dio onnipotente e di sua madre la Vergine Maria e della beata Maria Maddalena per la sua anima ed in remissione dei peccati di lei e dei genitori, alla nobile donna signora Francesca degnissima abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena, che accettò a nome del capitolo del monastero e del suo convento, la dote di Allorita, cioè due terreni siti nel distretto di Matelica in contrada Caprosiani. Il primo appezzamento confinava con la via, con i figli di Vegnazio del signor Martino, con Bartolomeo Billi, con i figli di Benenante Gregogi e con Guido Micheli. Il secondo appezzamento confinava con la via, con i figli di Benenente Gregori di Benenente Dentaguide e nipoti, con Bartolomeo Billi, e con i figli di Vegnazio del signor Martino. Le dava ed assegnava anche ogni diritto, ragione ed uso sui beni del defunto marito Giovanni comprese 111 (centoundici) libre di eredità che riceveva come dote. Le donava anche l’eredità paterna che le spettava da Salimbene suo defunto genitore e parimenti l’eredità materna della defunta genitrice Guarnita, in ogni miglior modo di diritto. Faceva di tutto una donazione stabile, senza possibilità di rivalse, sotto penalità del doppio del valore. Per le sue necessità faceva riserva come vitalizio di tenere 100 libre  ed anche la terza parte di tutti i frutti provenienti dai predetti terreni. A maggior sicurezza faceva il solenne giuramento toccando i Vangeli.  Notaio pubblico imperiale Benenuzio Ugolinucci da Matelica.

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1325 ottobre 20   <2° atto>    –      Nel nome di Dio. Amen. L’anno 1325, indizione ottava, a tempo del Papa Giovanni XXII, il giorno 20 ottobre, a Matelica, nella chiesa del monastero di S. Maria Maddalena, cono presenti, come testimoni richiesti Giovannuccio Simonetti, Mattiolo di Nicola Ugole, Venanzio Verliuzi e Cicco di Benencasa Brunelli, quando la signora Allorita, figlia del fu Salimbene Compagnoni, e vedova del defunto Gianni di Bartolomeo Ammoniti di Matelica, di fronte alla nobile e religiosa donna signora Grancesca degnissima abbadessa del monastero di S, Maria Maddalena di Matelica della diocesi di Camerino dopo aver fatto donazione e consegna dei suoi beni e della sua dote alla abbadessa che li ricevette a nome del capitolo del monastero del suo convento come risulta scritto dallo stesso notaio Bentenuzio, volle liberamente divenire monaca non per dolore o timore, ma per consapevole e spontanea volontà meditando nel suo cuore e pensando a Dio onnipotente , alla sua madre la Vergine Maria ed alla beata Maria Maddalena. Volle “militare” nel monastero di S. Maria Maddalena di Matelica con abito monacale. Si presentò di fronte all’abbadessa predetta con le mani giunte chiedendo all’abbadessa che si degnasse di riceverla e di accettarla monca del detto monastero. E l’abbadessa non volendo resistere a tanto bene l’accolse monaca del detto monastero a pane e acqua per farla partecipe dei beni di esso. Allorita promise all’abbadessa di mantenere obbedienza e la riverenza, la povertà e la castità e inoltre diede sé stessa Allorita al monastero di S. Maria Maddalena e all’abbadessa che la riceve e fa con lei il patto a nome del capitolo del monastero e del suo convento. Promette di mantenere stabilmente tali offerta e dedizione solenne. Anche Allorita che era maggiore di 30 anni promise di mantenere irrevocabilmente nel suo cuore rinunciando al tempo di indulto di un anno di diritto e ragione di probandato e l’abbadessa accolse tale rinuncia e accettò di non farle fare l’anno di probandato per accertare (provare) i suoi comportamenti. Allorita si impegnò con giuramento toccando le sacre scritture per maggiore fermezza di vincolo.  Notaio pubblico imperiale Bentenuzio Ugolinucci di Matelica.

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1331 febbraio 28  –     Nel nome di Dio. Amen. Anno 1331, indizione XIV, a tempo di Papa Giovanni XXII, l’ultimo giorno di febbraio, L’imperiale notaio Atto di Giovanni redige l’atto nel balcone davanti alla porta del palazzo del monastero di S. Maria Maddalena, alla presenza dei seguenti testimoni: Nantulo Blanchi, frate Guido converso del predetto monastero, Matteo Vissani, Venanzo di Giovanni Marchi e Venanzo Verliuti, richiesti e chiamati per l’atto.  La nobile e religiosa donna Francesca abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica, a nome suo, a nome del monastero ed anche delle consorelle e monache dello stesso monastero, diede in locazione e conduzione a nolo o a pensione o a cottimo una parte del terreno monastico a Cola di mastro Matteo Raineri, terreno posto in contrada delle Rote, vicino al fiume Gino e al possedimento dello stesso monastero, ai piedi dell’Isoletta che è in tale possedimento. Cola, per contratto fatto per mano del notaio Hentendutio Verlinucci tiene ed usa i mulini del comune di Matelica insieme con altri suoi soci e cottimisti e per tutto il tempo che dura tale uso viene autorizzato dal monastero di S. Maria Maddalena a porre, costruire la chiusa, all’inizio o capo del vallato, per far passare l’acqua nella chiusa e vallato e facilmente portarla ai mulini che un tempo furono dello stesso monastero e ciò al prezzo di nolo o pensione (affitto del terreno) di nove libre di moneta in uso che vengono pagate direttamente di fronte al notaio con l’impegno di non addurre pretesti contro l’avvenuto pagamento né contro l’utilizzazione del terreno concesso per la chiusa o vallato, sotto penalità per il monastero con i suoi beni. Anche l’affittuario Cola è sottoposto alla penalità nel caso che alla scadenza del contratto rifiutasse di rilasciare e restituire libero e vuoto il terreno concessogli o facesse lite, penalità di 25 (venticinque) libre con ulteriore rimborso di spese per danni o cause.

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1332 giugno 15  –     Fra’ Guglielmo priore generale dei Frati Eremitani dell’Ordine di S. Agostino scrive alla grande nobiltà, onorata prosapia della religiosa donna Francesca, abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica ed a tutte le sue consorelle monache. Salute e preghiere nel Signore. Per effetto di pia devozione che avete verso il nostro Ordine, come informato dalla veridica relazione dei nostri frati, volendo con grato ricambio corrispondervi nelle cose spirituali in forza del presente documento rendo alla pari partecipi voi tutte, le anime dei vostri genitori e di tutti i defunti della vostra casa, di tutte le messe , le preghiere, le indulgenze, le predicazioni, i digiuni, le veglie, le astinenze, i lavori e degli altri beni che la benignità del Salvatore si degnerà praticare per mezzo dei frati di tutto il nostro Ordine. Aggiungo la speciale grazia per cui quando nel nostro capitolo generale si darà notizia della morte di qualcuna di voi, avverrà per voi quel che è solito avvenire in comune per i nostri frati defunti. A testimonianza faccio apporre al presente atto il sigillo della nostra confraternita. Da Venezia 15 giugno 1332, nel capitolo ivi celebrato.

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1335 aprile 17  –     Nel nome di Dio. Amen. Anno del Signore 1335, indizione quarta, a tempo di Papa Benedetto XII, il 17 aprile, il notaio redige l’atto a Recanati, davanti al banco della giustizia nella sala della curia generale, alla presenza di mastro Giovanni Guglielmi da Piacenza, mastro Benvenuto da Penne e Nicoluccio di Andrea Miliazi da Macerata, notaio del banco dei testimoni civili. Mastro Florano Mattei di Apiro stabilì legittimamente e comandò mastro Andreuccio Corraduzi di Osimo presente e accettante come vero rappresentante, agente, promotore e messaggero speciale o come validamente si riconosce nel diritto, per la difesa e azione civile e penale nella causa che ha e spera di avere con il comune, comunità e abitanti di Montecchio (ora Treia) e in generale con qualsiasi altra persona ecclesiastica e secolare presso la curia del signor Marchese e dei suoi ufficiali, in qualunque altra curia temporale o spirituale per tutti gli atti di competenza giudiziaria come vengono praticati (se ne elencano vari) con l’autorizzazione a stabilire e sostituire uno o più rappresentanti legali ed a fare o far fare ad altri ogni atto utile e opportuno, dando ad altri il suo potere e la facoltà di agire a nome suo. Mastro Florano si obbliga a tutto ciò con l’ipoteca dei suoi beni, facendo promessa di fronte al notaio.  Notaio imperiale Andrea Filippucci da Montecchio, rogante il pubblico atto.

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1335 settembre 14  –     (Testo trovato nei regesti Vogel – Biblioteca Benedettucci 5cII-5 atto n°935)

Nella chiesa del monastero di S. Maria Maddalena sono presenti i testimoni Cicco Casuzi Bencase. Muzio Corraducci Arnalli. Il proprietario Corrado Mattei Rinaldi fa atto di vendita a frate Guido converso e sindaco del monastero di S. Maria Maddalena per cedere il terreno con bosco e piante nel Monte Gemmi In contrada Canavine a confine con la via, con il fossato e con i beni di Corraduccio Mattei Petri ricevendo il pagamento di soldi venti.  Notaio è Guarda Iuani.

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1336 agosto 26  –     Nell’anno del Signore 1336, indizione quarta, il 26 agosto a tempo del Papa Benedetto XII, il notaio redige l’anno nella città di Macerata, nella piazza della città, davanti alla casa di Nicola da Matelica, alla presenza dei mastri Francesco Attuzi e Alessandruccio di mastro Alessandro maceratese, in base al mandato concesso a mastro Florano Mattei con atto del notaio Andrea Filippuzi da Montecchio di stabilire uno o più rappresentanti legali suoi sostituti, il rappresentante Androzio Corraducci a nome dello stesso mastro Florano stabilì come sostituto rappresentante ser Angelo Franceschi da Monte Rubbiano presente e accettante, con tutte le facoltà e poteri di chi sostituisce.  Notaio Nicoletto Iacobini Benvenuti da Ripatransone.

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1345 febbraio 19 – 26  –     Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1345, indizione XIII, a tempo di Papa Clemente VI, il giorno 19 del mese di febbraio, Luzio Ugollini da Matelica comparve e si presentò personalmente di fronte al sapiente e prudentissimo uomo signor Cataldo del signor Compagni, giudice delle cause civili del comune di Visso sedente in tribunale nel palazzo vecchio di detto comune, per detto giorno, alla presenza di Riscio Car(isscii)….. da Visso, testimoni. Il giorno 20 dello stesso mese di febbraio, di fronte al giudice………. Luzio scomparve, erano testimoni lo stesso Riscio e vanne Cambi.  Il giorno 21, stesse mese, Luzio comparve di fronte al sapiente e prudente uomo signor Giovanni da Amatrice vicario del podestà del comune di Visso, in tribunale nel palazzo vecchio del comune, al banco di giustizia alla presenza di Riscio Carisci e di Cicco Pucci testimoni.  Il giorno 22, stesso mese,  comparve parimenti Luzio di fronte al predetto signor Giovanni, alla presenza dei testimoni Paolo e Mancino familiare del vicario stesso.

Il giorno 23 dello stesso mese, comparve ancora Luzio di fronte al vicario, alla presenza dei testimoni ser Matteo notaio dei malefici e Nallo Petrucci da Visso.

Il giorno 24 (seguente) Luzio era di fronte al giudice Cataldo alla presenza dei testimoni Apizarello di Cecco e cecco Tome da Visso.  Il giorno 25 di febbraio, Luzio di fronte al giudice Cataldo alla presenza dei testimoni Cecco di Petro (Banliore) e Nallo Cambi da Visso.

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1348 agosto 4  –     Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1348, indizione prima, al tempo del Papa ,Clemente VI. Testamento di Lucetta Ranucci che lasciava 10 soldi per la sua anima; lasciava da distribuire a clero e poveri e per la cera 15 libre ed altre 35 libre per eventuale maltolto e per cose incerte. Lasciava 100 vestiti e 100 libre per i poveri. Lasciava 15 libre per far celebrare mille messe per la sua anima. Lasciava per un calice d’oro 18 libre al luogo o convento di S. Francesco (di Matelica) e al luogo di S. Francesco di Osimo lasciava un duplice assieme di panni. Lasciava un legato di 100 libre alla sorella Catarina ed altrettante alla sorella Guarnita. Stabiliva come esecutori testamentari il fratello Guido, la sorella Catarina e frate Gualfredo Levucci. Lasciava 40 soldi alla monaca Vannetta in S. Maria Maddalena. Lasciava 25 libre a Giacomo del signor Lippatio, avendole ricevute dalla moglie dello stesso Lippatio. Stabiliva per ogni altro suo bene come eredi i fratelli Corrado e Guido. Il testamento era scritto dal notaio Hentenducio Ugolinucci il giorno 4 agosto 1348 in casa dei figli di Ranuccio Burgarutii alla presenza dei testimoni Nuccio Ugolinucci, Cicco di Pietro Cagni, Antonio Francissi, Vannuccio Vanni, Marino Cicchi, del balestriere Bartolomuccio di Giovanni, Angelo Vannucci e Marino Giacometti.  Lasciava anche tutti i suoi panni per coperture di altari al luogo di S. Francesco di Matelica.  \\ Il 15 maggio 1350 il testamento veniva trascritto in copia fedele dal notaio Nisio Massi su autorizzazione del giudice della terra di Matelica signor Matteo da Fabriano, uomo prudente, e per decisione pubblica del rispettabile podestà di Matelica, nobile uomo Feltranino da Cingoli, alla presenza dei testimoni Angelo Benentendi Mattioli e Angeluccio di Pietro Levuccio, nel palazzo del comune di Matelica.

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1348      –  (lacerazione all’inizio)    Nell’ultima volontà testamentaria di Nallo, tra gli altri legati o lasciti da soddisfare, era scritto che una casa sua fosse venduta per amore di Dio ed a vantaggio dell’anima sua e di quelle dei genitori. Ma l’esecuzione di tale lascito non è avvenuta nel tempo stabilito dalla legge per cui interviene l’esecutore testamentario demandato dal vescovo Francesco di Camerino come suo vicario, per essere Nallo della sua Diocesi. Don Ilario è il vicario vescovile nella terra di Matelica. La casa da vendere è sita nel borgo di S. Maria Maddalena di Matelica a confine con la via, con i beni degli eredi di Guiduccio Guadagni, degli eredi di Cicco Mattioli Ugolini, di Bertoluzio Mattei. E viene venduta con tutte le sue pertinenze al prezzo di 6 fiorini di oro puro e ben pesato. L’acquirente è Catalina (=Catarina). Nella vendita il vicario agisce a nome di Lippa e degli eredi di lei. Si pattuisce di non sollevare controversie, sotto penalità. In ogni caso le eventuali liti sarebbero state ricevute dal vicario don Ilario a sue esclusive spese, liberandone l’acquirente, sotto pena del doppio del predetto prezzo. La consegna della casa viene fatta nelle mani della moglie (di Matteo Petri) Lippa e di Catalina.  Notaio Nisio Massi da Matelica d’autorità imperiale.  In fine è aggiunto che il giorno 11 settembre Lippa ebbe a far produrre e presentare questo documento di fronte al signor Angelo di Sassoferrato, giudice della terra di Matelica per mezzo del podestà di Matelica, il nobiluomo Nunzio Corraducci.

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1348    –    (Dopo un precedente atto stracciato di cui restano poche parole tra le quali compare il nome di Lippa che giura di difendere la giustizia, è posto il sigillo notarile con scitta la lettera “A” cui fa seguito il seguente atto.  \\\……….di fronte a voi, sapiente uomo signor Angelo da Sassoferrato, giudice e assessore della terra di Matelica, sono espresse le posizioni giudiziarie di Lippa, vedova di Pietro Matteucci con il suo rappresentante legale Guiduccio Angeli contro Pietro Mancati con cui è in lite per comprovare i suoi diritti.

1  = Nallo Mancati Savarelli nell’anno del Signore 1318, mese di Agosto, quando era          malato e in fin di vita, prima che morisse, diede disposizione di ultima volontà dei suoi beni e tra le altre cose stabilì e volle che la sua casa sita a Matelica a confine con Cicco Nicole e Guiduccio Guadagni e altri, fosse venduta ed il ricavato fosse dato in elemosina per amore di Dio a vantaggio dell’anima sua e di quelle dei genitori.  \2\  = Nallo nella sua ultima volontà stabilì suoi eredi Andriolo e Pietro suoi fratelli.   \3\  = Nallo morì senza altra volontà testamentaria.  \4\  = Andriolo e Pietro misero mano sull’eredità.  \5\  = Don Ilano (o Ilario), vicario a Matelica, del vescovo di Camerino Francesco, in esecuzione della volontà di Nallo (riguardante la casa) la vendette a Lippa al prezzo di 6 fiorini. \6 \ = Don Ilano (o Ilario) ricevette tale somma da Lippa.  \7\  = Si fece l’atto di vendita, prezzo e pagamento per mano del notaio Nisio Massi.  \8\  = Don Ilario è ufficialmente vicario del vescovo predetto, nella terra di Matelica.  \9\ = Nisio notaio esercitava ed esercita tale arte notarile nella terra di Matelica.  \10\ = Tali fatti sono conosciuti e noti.  Di conseguenza Lippa si riserva di provare quanto è sufficiente e presenta come testimoni: Cicco Giovannucci Petri, Vagnarello Mattioli, Vanne Petrachi, Vanne di Cicco Mattei, Massio Turelli, Andriolo Mancati, Pietro mancati, Bastiano Generade, Attuzio di Francesco Atti, Antonio Francissi, Carluccio Puzi, Lippo Alessandri. Nello stesso luogo il giorno 11 settembre, alla presenza dei testimoni predetti, il banditore (balivo) pubblico del comune di Matelica, su istanza di Lippa e del suo rappresentante Guiduccio fece relazione al notaio e al sopra detto vicario di aver fatto ieri sera la citazione e richiesta la comparsa dei testimoni sopra detti convocandoli per l’ora terza di oggi di fronte al detto giudice per testimoniare riguardo alle predette posizioni di causa mossa dal procuratore di Lippa contro il predetto Pietro. Riferisce inoltre al giudice e al notaio di aver ieri sera convocato Pietro (Ma)nchati (!) per oggi, prima dell’ora terza, per rispondere alle predette posizioni e assistere al giuramento dei testimoni, altrimenti, nonostante la sua assenza il giudice farà giurare validamente i testimoni. Lo stesso giorno, per la stessa causa, il procuratore di Lippa chiese al giudice di far giurare i testimoni convenuti e di esaminarli. Per quelli non venuti che fossero costretti a venire. Il giudice sedendo al tribunale diede ordine e mandato al balivo Cicco di andare nelle abitazioni di tali testi comandando che comparissero sotto pena di 10 soldi ciascuno di fronte allo stesso giudice e la pena fosse eseguita. Lo stesso giorno per la stessa causa tutti i testimoni vennero di fronte al giudice e fecero il giuramento sul Vangelo, toccando personalmente le scritture di dichiarare la verità, per ciascuna delle due parti in causa senza timori né interesse alcuno.  Lo stesso giorno, per la stessa causa, l’accusato Pietro prestò lo stesso giuramento di fronte al giudice promettendo di dire la verità alle domande del procuratore di Lippa su quanto crede o non crede (delle posizioni espresse).

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1352 aprile 15.  –     Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1352, indizione V, a tempo del Papa Clemente VI, il giorno 15 aprile fu scritto questo atto alla presenza dei testimoni richiesti Colucci Cichi Damiani, Filippuccio Attucci da Matelica e Attuzio d’Albacina.  Il monastero di S. Maria Maddalena di Matelica riconoscendosi oberato da debiti soprattutto per la ricostruzione della chiesa di S. Maria Maddalena e delle case del monastero e per l’acquisto di un terreno al prezzo di 26 fiorini da Francesco Pucciarelli canonico di Matelica  e dalla madre di lui, con rogito del notaio Antonio Angelucci, terreno sito in Matelica  in contrada fiume Gino, presso lo stesso fiume,  a confine con altro terreno di proprietà del monastero, con il vallato dei mulini del comune matelicese e con altri. La reverenda e religiosa donna Catarina Ranucci Borgaruti da Matelica assieme con le monache riunite in capitolo decide di soddisfare i debiti con una vendita e con una permuta. Autorizza l’amministratore del monastero a vendere due terreni del monastero siti a Matelica, un terreno sito in contrada Selva Stefani, a confine il il terreno di S. Angelo, con il fossato, con Flodovino di Grazia e moglie, l’altro terreno sito in contrada Piano del Ponte Exbarre, a confine con la via, con i beni dello stesso monastero e con Petrarello Mattioli. Il prezzo verrà concordato dall’amministratore. La permuta di terreno era con Vagnarello Cichi Vegnati da Matelica a cui il monastero dava il terreno sito in contrada Caprasuani, a confine con la via, con Matteo Gentilucci e con il terreno del monastero de Rotis. In cambio il monastero di S. Maria Maddalena riceveva da Vagnarello un terreno sito in contrada Fornaci a confine con la via e con il terreno di questo monastero ed inoltre il terreno sito in contrada Casareno, a confine con le via, con i beni di Natale Atti e di Cagnutio Benenati.  Le monache con cui si celebrava il capitolo erano le suore Datadeo Corraducci, suor Cristina Ugolinucci, suor Monacella, suor Santa, suor Lucia, suor Tomassuccia, suor Catutia, suor Cicca, suor Zutia, tutte monache di esso monastero assieme con la signora abbadessa donna Catarina. Esse scelsero ed autorizzarono come loro rappresentante legale, amministratore, agente, messaggero e promotore il signor Angeluccio Petri Lenucci da Matelica, uomo prudente, incaricandolo di ottenere dal vescovo don Francesco di Camerino la necessaria autorizzazione alla vendita ed alla permuta dei terreni poco fertili in cambio di altri migliori, tenuto conto inoltre dei debiti che non si potevano soddisfare in mancanza di denaro, con l’impegno di rispettare ogni contratto sotto penalità e ipoteca dei beni del monastero.  Notaio Giovanni Ziuti di mastro Corbo da Matelica.

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1355 ottobre 18  –     Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1355, indizione VIII, a tempo del Papa Innocenzo, il giorno 18 ottobre fu scritto l’atto nel castello di S. Anatolia, sulla pubblica Via, davanti alla chiesa dei SS. Giovanni e Andrea, alla presenza dei testimoni richiesti Guadagno Bartolucci Montellioni da Fabriano, abitante a Sant’Anatolia, Matteo Bartolucci Nicola, Angeluccio Francisci Massarie da Sant’Anatolia ed altri.  Lucio Ugolini Salimbene da Matelica, abitante a Sant’Anatolia, rappresentante legale di donna Annesuccia del signor Ghisleri da Matelica e moglie di Girardino Zuzi da Matelica, per la procura conferitagli con atto scritto del notaio Paolo Zuzi Attoni da Camerino e con il consenso del marito della stessa Annesuccia, vende e consegna a Matteo soprannominato Funario da Matelica un terreno sito in Matelica, località Fredarie a confine con il fossato, con i beni di Morico Latinuccie. Il prezzo pagato di fronte al notaio erano dodici fiorini e mezzo, con rinuncia ad ogni lite.  Notaio Matteo Ennati da Matelica.

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1363 marzo 6  –     Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1363, indizione prima, a tempo del Papa Urbano V.  Il 6 marzo si fece l’atto nel distretto di Sant’Anatolia in località “Sferza”, nella terra del monastero di S. Angelo infra hostia esistente in tale località, presso il fiume Gino, alla presenza dei testimoni richiesti: Albrico Lippi Alessandri da Matelica, Vanne Rigucci e Bartolomeo Benenati da Sant’Anatolia. Il monastero di S. Angelo predetto, con il suo abate signor Fra’ Antonio, ha fatto molte spese soprattutto per cause presso la curia romana e presso la curia del legato papale don Egidii Sabbioni, per conferme, privilegi e strutture. Mancando soldi sufficienti il capitolo dello stesso monastero decide di vendere un terreno sito a Matelica, in contrada “Serre” a confine con la via vicinale, con i beni degli eredi Morichetto Pucci, del monastero di S. Margherita, con gli eredi di Cola Petrucci Beccari. L’amministratore e rappresentante don Damiano Bartolucci da Sant’Anatolia è stato nominato dallo stesso monastero con rogito del notaio Vita Francisci da Sant’Anatolia e con il potere conferitogli fece l’atto di vendita, consenzienti i signori Fra Antonio in qualità di abate, Fra’ Andriolo di mastro Nucci, monaco. L’acquirente era Cola Cagni Martini da Matelica che paga la somma richiesta di sei fiorini d’oro alla presenza del notaio Atto Francissi. La vendita registrata da questo notaio è stata trascritta in copia notarile, da Nofrio Santucci Sebastiani di Matelica su autorizzazione pubblica di Giovanni Guiducci, Coluccio Francucci, priori della terra di Matelica, a tempo del Papa Bonifacio IX, con i testimoni Angelo Paoli Amatucci e Vanne Ramondacci e con l’ascolto del notaio ser Giovanni di ser Nisio il 12 gennaio 1392.

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1363 maggio 24  –     Fra’ Giovanni da Monte Santa Maria in Georgio, vicario generale nel capitolo della provincia della Marca anconetana, dell’Ordine  dei Frati Eremitani di S. Agostino, alle carissime devote: a donna Catarina abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica ed alle altre monache del monastero, salute e preghiere nel Signore Gesù Cristo. Per l’affetto di pia devozione che avete verso il nostro Ordine, come sono informato dalla veridica relazione dei nostri frati,  volendovi corrispondersi con grato ricambio nelle cose spirituali, in forza del presente documento rendo alla pari partecipi voi tutte e le anime di tutte le persone della casa della sopradetta Catarina (dei meriti) di tutte le messe, preghiere, indulgenze, predicazioni, digiuni, veglie, astinenze, lavori e degli altri beni che la benignità del Salvatore si degnerà praticare per mezzo dei frati della nostra provincia.  Aggiungo la speciale grazia con cui quando nel nostro capitolo provinciale si darà notizia  della morte di qualcuna di voi, avverrà per voi quel che è solito avvenire in comune per i nostri frati defunti. A testimonianza faccio appendere al presente documento il sigillo della nostra provincia.  Dato a Ripatransone dell’anno del Signore 1363 giorno 24 del mese di maggio.

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1367 gennaio 14  –     L’anno 1367, gennaio 14, a tempo di Papa Urbano V, indizione V, a Matelica, nella chiesa di S. Maria Nova fuori Porta Vecchia, alla presenza di Andrea Entenuti, di Angeluccio di Bartoluccio da Matelica e di Fra’ Bartolino Giovannuzi da San Severino, converso del monastero di S. Margherita, viene riunito il capitolo ed il collegio della chiesa di S. Maria Nova dell’Ordine di S. Benedetto, Ordine del monastero di Montefano di Fabriano, per convocazione fattane dal priore e maggiore Fra’ Marco Sopranzi da Cingoli il quale assieme con Fra’ Nicola Vivoli da Serra San Quirico, Fra’ Matteo Gentili da Belforte, Fra’ Nicola Santoni da Cingoli, frati del predetto ordine, danno il mandato di sindaco e procuratore ad Accomandutio Stefani da Matelica per vendere, ricevere il prezzo e consegnare in proprietà agli acquirenti una casa con orto e i beni che furono di Fra’ Biagio Grazie da Matelica, un tempo frate di tale chiesa. La casa in vendita è sita a Matelica nel borgo di S. Maria Maddalena, vicino alla via, a Verduzia Entenuti, ai figli di Paolo Venturelli.  Notaio Giovanni Guiduzi Angeli.

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1375   giugno 21  –     Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1375, indizione 13, a tempo del Papa Gregorio XI, il giorno 21 di giugno, si redige l’atto a Matelica nel monaastero di S. Maria Maddalena, a confine per due lati con il muro del comune, alla presenza di Mattiolo Bonanni, Antonio (Nupro) Iacobi e lucio Ranni Andrioli da Matelica, testimoni richiesti.  Fa donazione Mattiolo Petri Massarie matelicese, di sua spontanea e libera volontà dona per i molti servizi e favori ricevuti alla badessa, nobile donna Catarina Rainucci del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica un pezzo di terreno con vigna e campi nel distretto di Matelica in contrada Ponte Exbarre a confine per due lati con le vie, e con il fosso del comune, con i figli si Salvetto, con ogni potere e autorizzazione sul terreno e sulle pertinenze, rinunciando ad ogni questione futura, sotto penalità del doppio del valore, con giuramento.  Notaio: Nuccio Mattei Nucci.

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1375 luglio 15  –     Il 15 luglio 1375, indizione XIII, a tempo del Papa Gregorio XI, si redige l’atto di consegna di una lettera del vicario del vescovo camerte, a matelica, nella loggia della pieve, presso la chiesa dei SS. Bartolomeo e Adriano, vicino alla piazza  del comune, alla presenza di Antonio Salimbene e Angeluccio di Vanne Compagnucci, testimoni richiesti.  L’amministratore del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica che era stato incaricato rappresentante legale del monastero stesso con atto scritto del notaio ser Giovanni Guiducci, era servo di Andrea da Gualdo, ora abitante a Matelica, e presentò personalmente a Stefano Vannucci e a Mastarello Morichetti di Matelica la lettera scritta su carta con bollo di cera rossa della curia vescovile camerte, con impressa una immagine poco nitida e non identificata. ra presente alla consegna il notaio imperiale Nuccio Mattei Nucci che rese pubblica la lettera trascrivendola.

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Lettera <inserita> 4 luglio 1375  Il canonico camerte Francesco, vicario generale del vescovo Gioioso, padre in Cristo della diocesi  di Camerino, saluta Stefano Vernuti di Matelica. Abbiamo ricevuto la querela con cui il rappresentante ed amministratore delle religiose donne del capitolo e della comunità del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica contro te Stefano (Vernuti), lavoratore di un terreno sito nel distretto di Matelica nel Colle Coni a confine con Vanne Bartoli Malf(errani) e con Francesco soprannominato Cappinelli, terreno donato al monastero predetto da Vaneta di Valterio Acti Ricci per la salvezza dell’anima sua e per la remissione dei suoi peccati come riferisce la querela che ti accusa di non dare al monastero la parte del raccolto e di rifiutarti di consegnarlo, per cui è richiesto il nostro intervento di legge, dato il danno non piccolo ed il pericolo per le anime. In forza della presente lettera, come editto completo e definitivo, ti ammoniamo ed esortiamo nel Signore, con minaccia di stretta scomunica, ordinando che consegni la parte del raccolto all’amministratore del monastero con cui farai composizione per la presente questione. Se hai una giusta causa la presenti, altrimenti procederemo con la scomunica.  Data a Camerino li 4 luglio.

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1375 luglio 17  –     Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1375, indizione XIII, a tempo del Papa Gregorio XI, il giorno 17 luglio, si fece questo atto a Matelica nella chiesa di S. Maria Maddalena, a confine con la vie ed il muro del comune, alla presenza di Massio di Cecco Damiani, Cola Vanni e Lucio Vanni da Matelica, testimoni richiesti.  L’abbadessa donna Catarina aveva riunito il capitolo del convento delle donne del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica ed insieme con le sue monache che erano Datadeo Corraducci, Luca Cicchi, Catuccia Paoli, Lippa Cicchi, Nese Gentili e Alena di Giovanni, con pieno consenso di tutte, stabiliva come amministratori e rappresentanti legali del predetto monastero, agenti, promotori e messaggeri suoi, gli uomini ser Bartolo di ser Atto Decanmi e mastro Venanzo da camerino perché agissero nella causa contro Stefano Vernuti, in particolare contro Bianco Bertelucci da Gualdo abitante a Matelica e Massiarello Morichette da Matelica e contro chiunque altro, di fronte alla curia vescovile di Camerino e di fronte ad ogni altro giudice di competenza, per parte del monastero, con tutte le competenze correlate, anche con potere di scegliere altri rappresentanti o sostituirli, senza poter muovere lite con essi agenti, sotto penalità.  Notaio Nuccio Mattei Nucci da Matelica, giudice imperiale

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1376 maggio 10  –     Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1376, indizione XIII, al tempo del Papa Gregorio XI, il giorno 10 maggio, si scrisse l’atto a Matelica, presso il monastero si S. Maria Maddalena, nella chiesa di esso monastero,  alla presenza dei testimoni richiesti: Matteo Pucci Bartelemucci di Ventura, Bartolo Vagnarelli Cicchi Vegnati, Massiarello Morichetti di Giovanni Muzi Mattei e Paolo Crissioli Iacomelli da Matelica Donazione fatta da Vannetta Gualtieri Atti Ricci da Matelica per amore di Dio e a vantaggio dell’anima sua e dei genitori. Vannetta donava alla rispettabile donna Catarina, abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica, per lo stesso monastero,  una sua casa sita a Matelica in contrada S. Agostino a confine con la via, con i beni di Massiarello Bene Scarlini e di Bonaventura Nucci Ciancinsi, inoltre un terreno con vigna, in territorio di Matelica, in contrada Serre, a confine con i beni dei figli di Morichetto e con quelli di Attuzio Francisci. Rinunciava ad ogni privilegio di legge e prometteva la stabilità della donazione, senza liti, sotto penalità del doppio del valore dei beni donati.  Rogava l’atto il notaio imperiale Atto Francisci da Matelica.

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1387 febbraio 25  –     Nel nome di Dio. Amen. Il giorno 25 febbraio 1387, al tempo di Papa Urbano VI, nel palazzo del comune, alla presenza di Angelo Cicchi e Bartolo Vanni, come testimoni, il giudice della terra di Matelica, uomo sapiente Zacobo da Feltre, in tribunale concesse autorizzazione a Bartolino Barleri sindaco delle monache di prendere possesso del terreno. Notaio Angelo Guidiucci.

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1380 aprile 30  –     Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1380, indizione terza, a tempo del Papa Urbano VI, il giorno ultimo del mese di aprile, si fece questo atto a Matelica nella casa di ser Bindo Petri, casa della moglie, in contrada Piazza presso le vie e i beni di Turano Cagni, alla presenza dei testimoni richiesti Gentile Colucci Bartolucci, Benedetto Sonni, Bartolo Andioli ed Adriano di Giovanni da Matelica.

Donna Catarina figlia del fu Cotesino, moglie di ser Bindo Petri da Matelica,  spontaneamente e liberamente, rinunciando ad ogni beneficio di legge, con il consenso del marito alla presenza del notaio fece una permuta di proprietà con Pacia Andreucci per un terreno sito a Matelica in contrada Serre. Riceveva (da Pacia) un terreno sito a Matelica in contrada Collicchi a confine con Angelo Nalli e con le terre della chiesa di S. Antonio.

Ciascuna delle contraenti cedeva usi e pertinenze con l’impegno di non muovere lite, sotto penalità del doppio, rimanendo valido per sempre il contratto, fecero giuramento sui Vangeli toccando le scritture.  Era notaio Giovanni Guiducci Angeli da Matelica, d’autorità imperiale.

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1383 agosto 28  –     Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1383, indizione VII, al tempo del Papa Urbano VI, il giorno 28 agosto fu scritto il presente atto a Matelica nel monastero di S. Maria Maddalena, a confine con le vie ed il muro del comune alla presenza dei testimoni richiesti Andrea Salvetti, Massio Bartoli Salimbene e Pace Andreucci da Matelica.  Donazione fatta spontaneamente da Bartolomeo Paoli Pucci Venturelli da Matelica, per i favori ricevuti, alla nobil donna Catarina Rainucci abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena, per un terreno in territorio matelicese, in contrada Camoiano, a confine con Verlutio Vanni Mattei, con impegno di difendere questa donazione contro chiunque e di mantenerla stabile per sé ed eredi sotto penalità del doppio, con giuramento sul Vangelo.  Notaio imperiale Nuccio Mattei Nucci.

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1383 settembre 2  –     Nel nome di Dio. Amen. Testamento di Angelo Cicchi Levi, sano di mente per grazia di Cristo, benché malato nel corpo. Tra le altre cose lasciava due soldi per l’anima, secondo la norma canonica. Lasciava cinque soldi per eventuale maltolto. Altri lasciti non trascritti. Stabiliv come secutori testamentari Pietro e Coluccio Cicchi Levi, suoi fratelli e Vagnolo Mattioli Levi. Lasciava alla moglie Florutia, vitto, vestiti e abitazione fino a che restasse casta e onesta e volesse vivere con i figli e gli eredi in reciproca collaborazione. Alla stessa Florutia lasciava una clamide (mantello). Altri lasciti non trascritti. Eredi universali erano stabiliti i figli del testatore Leva e Giovanni, in parti eguali. Se essi fossero morti senza propri figli che fossero giunti all’età di venticinque anni chi sopravviveva riceveva l’eredità dell’altro e morendo entrambi senza figli in età legale sopravvenivano in parti eguali Pietro Cicchi Levi e Coluccio Cicchi Levi predetti fratelli.  Il testamento fu scritto dal notaio Nicola Muzi da Matelica in casa dello stesso Angelo testatore, in Matelica, alla presenza dei testimoni Vannuccio di Antonio Vannucci, Giovanni di Paoluccio Simoni, Giovanni Ciccarelli, Cristofano di Cola Canini, Paolo Cicchi e Luca di Masio Accurroli, in data 2 settembre 1383, indizione sesta, al tempo del Papa Urbano Vi. La casa del testatore era in contrada Perocconi a confine con la via e con i beni di Pietro Salimbeni.

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1391 settembre 25  –     Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1391, indizione XIV, al tempo del Papa Bonifacio IX, fu scritto il presente atto il giorno 25 settembre a Matelica alla presenza dei testimoni richiesti e convenuti davanti alla casa di Vagnarello Francuccio presso la casa dell’erede di Nigio Massi. Oltre al predetto Vagnarello Francuccio c’era Coluccio Paoli da Matelica. Donazione fatta liberamente da Venanzo Rofini da Matelica a favore di Angelo Nalli da Matelica ricevente come amministratore, rappresentante e gestore degli affari del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica e del suo capitolo e convento, di un terreno arativo sito nel territorio matelicese, in contrada serre, vicino alle proprietà di S. Margherita, di Cola Nastri, dei figli di Morichetto. Il terreno donato da Venanzo al monastero era stato tenuto da Cola Cagni da Matelica per contratto scritto dal notaio ser Nicola Muzi da Matelica. Nella presente donazione erano stati considerati anche i raccolti ricevuti per mezzo di Bitto Rosini erede del fratello morto che aveva lasciato la sua eredità allo stesso monastero. La donazione doveva valere, senza liti, sotto penalità di cento fiorini d’oro, con giuramento fatto sul Vangelo, toccando le scritture.  Notaio Giovanni Peregrini da Gualdo.

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1391 settembre 28  –     Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1391, indizione XIV, al tempo del Santo Padre Papa Bonifacio IX, il giorno 28 settembre, si fece questo atto a Matelica nelle case della chiesa dei santi Bartolomeo e Adriano della pieve, case un tempo del defunto pievano don Antonio, nella loggia presso l’orto, in contrada S. Antonio, da tre lati a confine con la via e con la casa di Angelo De Branca, alla presenza degli onorevoli uomini, do Cataldo Giorgi, rettore della chiesa di S. Antonio, Florano Cicchi matelicese, e Fra’ Ventura Dani d’Arezzo, abate rettore della chiea di Santa Catarina di Sant’Anatolia, come testimoni richiesti. In esecuzione al testamento di Bitto Ruffini matelicese, rogato dal notaio ser Giovanni Guiducci, tra gli altri lasciti fatti risulta erede universale la chiesa, il monastero o luogo delle donne di S. Maria Maddalena di Matelica. Al vescovo Nutio di Camerino per antica consuetudine spetta  come porzione canonica la quarta parte, per cui il dottore in legge Nicola di mastro Filippo di Sassoferrato, esecutore testamentario stabilito dal vescovo camerinese, con speciale mandato rogato  da me notaio Paolo riceveva dall’amministratore del monastero la somma di sette fiorini d’oro dei quali quattro al peso d’uso a Matelica e tre fiorini di peso grave e con questo compenso ogni diritto sui beni dell’eredità del predetto Bitto, compresa la canonica porzione della quarta parte, restavano di proprieà del monastero predetto, senza differenze.  Notaio Paolo Petrucci da Dignano notaio e ufficiale anche di parte vescovile.

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1399 novembre 24  –     Nel nome di Dio. Testamento di Andrea Lippi Attucci da Matelica, sano di mente e di buona memori, benché malato di corpo. Lasciava le somme dovute per norma canonica e 10 soldi (di denari) per eventuale maltolto. Lasciava due cri del peso di una libra e mezzo ciascuno in occasione della sua sepoltura, uno alla chiesa della pieve ove aveva il sepolcro e l’altro alla chiesa di S. Andrea. Disponeva per le candele da dare ai sacerdoti ed inoltre un fiorino per ogni chierico (partecipante al funere). Lasciava da celebrare le sante messe gregoriane a don Francesco Lalli, con legato di un fiorino d’oro. Lasciava per decima alla chiesa di S. Andrea una coppa di grano. Lasciava due fiorini d’oro  e sedici monete anconetane come sussidio a un messale per cantare nella chiesa di S. Andrea. Lasciava ad Angelo Massi tre (monete) anconetane, come gli doveva. Stabiliva come esecutori testamentari Matteo Marcelli e Stefano Attoni insieme con pari autorità nell’eseguire con ogni spesa necessaria i legati da lui disposti. A ciascuno degli esecutori testamentari lasciava quaranta soldi. Alla moglie Avvenente, in restituzione della dote, lasciava due fiorini d’oro ed i beni avuti, cioè tre sacconi di tela, un paio di lenzuola e tutti i panni di lana e di lino e un caldaretto di rame e anche, a suo piacere, una cassa. Come legato destinava a lei tre quarte di grano e frumento che sono in casa sua e sul raccolto futuro per lei una salma e mezza di grano. Come legato per le donne Coluccia, Santa e Vanna, figlie di Cola Venture, un terreno sito in territorio matelicese, contrada Rotundi, a confine con i beni dei figli di Vanne Bonaventure e con le vie. Lasciava inoltre alla chiesa della pieve un fiorino d’oro. Lasciava a Coluccia di Cola una cassa. Stabiliva per tutti gli altri suoi beni, come erede universale sua figlia Filippa. E questa era la sua ultima volontà da far valere.  Il testamento fu scritto a Matelica nella casa del testatore, nel borgo S. Francesco, a confine con la via, con la proprietà di Cola Paolucci, e degli eredi di Antonio Mattioli, l’anno 1399, indizione settima, al tempo del Papa Bonifacio IX, il giorno 24 novembre alla presenza dei testimoni chiamati dal testatore: Massio e Marino Petri Attucci, Angelo Agnarelli Vannucci, Grazia Gentilini, Santa Vagnarelli Vannucci, Andrea Mattioli Marchi e Francesco Adriani Masi da Matelica.  Rogava il testamento Giovanni Guiducci Angelini.

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Notizie sulla Beata Mattia da Matelica e sulle grazie testimoniatre in un manoscritto del secolo XVII

 

Indice della Istoria o Leggenda della beata Mattia Nazzarei, ms. del sec. XVII

(Titolo) Historia o vero legenda   carta 1r

(Esortazione) Ai lettori                          2r

(Poesia)  Ad honor della beata Mattia  2v

Inizio; papi e imperatori; anno 1237     3r

Guelfi e ghibellini; danni                      3v

Dopo Federico II                                   4r

Gregorio IX e Federico II                     4v

Condanna di Federico II                       5r

Genovesi e Veneziani; beatificazioni   5v

Nuovo ordini religiosi; concilio            6r

Eremitani e francescani                        6v

Santi francescani                                   7r

Cardinal Ugo; s. Antonio minorita        7v

San Ludovico re; Bonifacio VIII           8r

Santa Chiara e santa Lambraccio          9r

Tra le sante, Mattia di Matelica            9v

(Inizio del manoscritto latino)        10

DELLA PROGENIE E VITA              10r

Genitori: Gentile e Sibilia                     10v

Mattia rifugge il matrimonio               11r

Mattia si taglia i capelli                        11v

Preghiera a Gesù Crocifisso                 12r

Mattia in monastero                             12v

Discussione con il padre                      13r

Esigenze del padre                               13v

Propositi di Mattia                               14r

Distacco dai genitori                           14v

Scelta di consacrazione                       15r

Commento dell’autore                        15v

Motivazioni religiose                          16r

Consenso del padre                             16v

Consacrazione monastica                    17r

Vita di penitenza                                 17v

Mattia badessa                                    18r

Umiltà e rinuncia                                18v

Mattia amata ed onorata                     19r

Un prodigio in monastero        19v – 20v

Suo Chiarella convertita                  21r,v

Massione di Benvenuti             22r – 23v

Nuova chiesa di S. M. Maddalena      24r

Per 40 anni badessa                            24v

Astinenza e ubbidienza di Mattia    25r,v

Preannncia la sua morte                      26r

Raccomandazioni alle consorelle       26v

Esortazioni ed esempi di verginità     27r

Esempi di ubbidienza e carità            27v

Pace                                                    28r

Splendore al trapasso nel 1300       28v

Morte, sepoltura,                       29r,v

Urna, corpo incorrotto               30r,v

Carta rimasta bianca     31r,v

Arca di pietra e fama                  32r

G= grazie ricevute; Chiarella      32v

G: Rosa e Giovanni                    33r

G: Mattiolo di Gigliuccio           33v

G: Pietro da Cagli                       34r

G: Meluccio di Bernardo            34v

Preghiera alla serva di Dio   35r,v

G: Attuccio di Bongiovanni     36v

G: Agnese; Taddeo Benentendi 37r

G: Divitia di Morico                  37v

G: Loreta di Scossa                    38r

G: Margherita Di Matteo           38v

G: Massione di Cingoli              39r

G: Tura di Rinalduccio              39r

G: Feruccio Gualfredi                39v

G: Giovan Franc. Abrichetto    40r,v

  1. Margherita Di Giovannuccio 41r

G: Andreuccio di m. Andrea      41v

G: Melisuccioa delli Ranieri      41v

  1. Vanna di Nuzio di Naldo 42r

G: Notia di Michele Scagno      42v

Nuova arca del 1536              43r

Nuove vetrate del 1611          43v

G: Thomassuccio di Gionta       44r

G: Consedente di Giac. Ubaldo 44v

G: Herculano Rigoni                  44v

G: Andrea di Dario da Visso   45r,v

G: Benvenuta di Compagnone  46r

G: Franceschino Buonacosa      46v

G: Venanza di Cagnuccio          46v

G: Vagni Paganucci da Cagli     47r

G: Giacomucci di Benvenuti      47r

G: Bonfilia di Giglio                  47v

G: Benevenista  di Lorenzo        47v

G: Horadrula di Petruccio           48r

G: Vanna di Ventura e Lorenzo  48r

G: Lila Bonanni di Ancona         48v

G: Mita di Gratia e Vagni           48v

G: Berta di Giacomuccio          49r,v

G: Agnesuccia Corribene            50r

G: Rinalduccio di Tura                50r

G: Giovanni di Alberto               50v

G: Titia  sposata Di Giacomo   51r,v

G: Nese Di Giacomuccio            52r

G: Floruccia sposata Ranieri     52r,v

G: Margherita degli Atti               53r

G: Brunuccia di Giovan Angelo   53r

G: Putia sposata Di Rigo               53v

G: Ginevra sposata Thomassucci  54r

G: Stefanuccia sposata Attibene    54r

G: Cecilia sposata Giannelli          54r

G: Rosa sposata Accome               54v

G: Riccuccia sposata Benvenuti    54v

G: Benassisa di Pauluccio             55r

G: Mita sposata Ruggeri               55r

G: Loreta sposata D’Alessandro   55v

G: Bonasera sposata a Piero         55v

G: Giralduccio Venuti e Nuccia   56r

ANNO 1397 corretto da 1607

G: mastro Onofrio liberato   56v – 58

Qui l’anno 1397 è correzione di 1607

Fine  del testo latino

e il traduttore prosegue con aggiunte.

Nuova arca e la traslazione  59v – 60r

Prodigio del sudoredelle reliquie    60v

G: Nicolosa di Matteo           60v – 61r

INSERITA notizia da un libro       61v

AUTENTICAZIONE della copia del

1637 Prosdocimo Piccioni notaio 62-63

Annotazioni

Il titolo esatto del testo latino  che nel 1576 fu tradotto in Italiano e da cui derivano i due terzi del manoscritto di Tommaso Tulli Speranze con notizie da lui aggiunte, si ha in questa autentica della copia fatta nel 1736.

“E poiché io Prosdocimo Piccioni da Matelica, notaio pubblico della diocesi di Camerino, di autorità imperiale ed apostolica, ho estratto  ed ho copiato questo libro (vedi sotto) come giace, senza aggiunte o diminuzioni che mutino la sostanza di fatto, avendo fatta collazione con l’uno e l’altro originale, e latino e volgare, ho riscontrato concordare, salvo sempre, eccetera; ho sottoscritto e pubblicato, munendo, su richiesta con il mio solito segno, nell’anno 1637 (indizione 5°) 8 di luglio nell’anno 14° del pontificato  di Urbano VIII papa.

LIBRO della vita e dei miracoli della beata Mattia De Nazzareis da Matelica tradotto dal latino nella lingua comune o volgare dal padre THOMA TULLI SPERANZE dottore dell’uno e altro diritto, e lettore emerito di sacra teologia, nel 1576.

Il notaio Piccioni nel 1736 si riferiva a:

Libro impresso (=scritto) in carta pergamena con iniziali in lettere rosse:

Nel nome del Signore. Amen. Questa è la storia o legenda della beata Mattia di Matelica già badessa nel monastero di santa Maria Maddalena della terra di Matelica e dei suoi miracoli.

 

(E’ importante la precisazione che subito fa)

“Cominciando dal suo stesso nome (=Mattia)  fino al miracolo di mastro Onofrio ser Blaxi non ho trovato esserci discrepanza tra questo libro e il detto libro impresso, esistente presso le ven, monache del medesimo monastero di S. Maria Maddalena, dal quale è qui derivato in tale lingua: non è stato aggiunto nulla che muti la sostanza del fatto, ma realmente e fedelmente tradotto e volgarizzato su ordine, in detto originale, facendo  eccezioni per alcune cose.

ECCEZIONI nel testo al principio di questo libro dove (si legge) “L’anno della nostra redenzione”      (nella copia 1736 carta 3)

esclusivamente fino a dove (si legge) “Della progenie e vita della ebata Mattia” (carta 10). Inoltre alcune cose che vengono espresse, narrato il miracolo di mastro Onofrio  (carta 56) cose che non sono impresse (scritte nel testo preesistente) ma sono state raccolte dal medesimo rev. Padre THOMA, da antiche scritture, come egli stesso ha attesta”

N:B

Sin qui leggiamo l’autenticazione che rivela le aggiunte. Da quanto si legge, esistevano altre antiche scritture oltre ad un testo latino della istoria o legenda che il p. THOMA TULLI SPERANZE ha  tradotto dal latino in italiano ed ha voluto completare con sue notizie (dall’inizio a carta 9 inclusa, poi da carta 56 alla fine c.63) prendendo da altre fonti. Al testo del THOMA sono state fatte aggiunte con date dopo il 1576 e ricopiate dall’amanuense nella copia del 1637.

Dopo questa autentica si vedono scritte altre pagine in epoca posteriore con quattro grafie diverse. Anzitutto una convalida di due notai datata 1759. Seguono carte non numerate (forse un tempo erano sciolte, poi rilegate assieme) che recano il nome degli scriventi, esattamente il notaio pubblico Francesco Turi per quattro carte; poi il frate minore osservate  P.Giuseppe della Rocca per due carte, poi il frate confessore dello stesso monastero  P. Angelo da Fano.

Assegniamo ad oguna delle carte scritte di questo seguito antologico, un numero proseguendo da c. 63v a c. 72. Ecco l’indice.

 

Convalida dei notai Quadrini e Sereni

nell’anno 1759                                   63v

(nuova grafia con firma di notaio)

1671 papa Clemente X , inizio notarile  64r

G: 1768: Caterina Aloisi  Piccioni           64r

Giovanna V. Ottoni badessa a Matelica   64r

Rogito del notaio Francesco Turi             66r

G: 1677 Orsolina di Gio.Bern. Braccio   66v

G: 1677 Carlo Enea Lampioni                 67r

( nuova grafia con firma di un confessore)

G: Antonia Cechetti e Nicola                   68r

G: 1689  Nicola di Domenico                  68v

G: 1687 Fra Giuseppe della Rocca          69r

(nuova grafia con firma di altro confessore)

G: 1629 Antonio muratore                       70r

Fra Antonio da Montelupone teste          70r

G: 1643 Francesco Cemici                      70v

G: Augustino Crementino dottore          70v

G: 1644 Teodoro Crementino                 70v

G: 1641 suor M.a Cecilia Bracci             71r

G: 1644 Gentile Vignati                          71v

Teste  Fra Angelo da Matelica                71v

G: 1637 Suor M.a Nicola Grassetti         71v

G: 1629 Costanza Vignati                       72r

G: 1642 Maria Nicola                             72r

G: 1643 Giovanna Bartolucci                 72r

G: 1642 Gio.M. Isidoro Bevilacqua       72v

G: 1669 Caterina sposata Vennaletti      72v

Scrive Fra Angelo da Fano                    72v

G: Giovan Battista Vennaletti                73r

1660 Fra Angelo da Fano confessore   73r

G: Carlo Berardi Todei                          73r

 

Note

Qui si riferiscono le date dal 1629 al 1689, in ordine non cronologico, per i fatti prodigiosi attribuiti all’intercessione della beata Mattia.

Un facile errore per chi legge il titolo a carta 1, è pensare che si tratti di uno scritto del 1576, senza vedervi la raccolta di altri scritti.

“Historia o vero legenda della vita e miracoli della Beata Mattia Nazzarei da Matelica già Abbadessa del ven. Monastero della detta terra di Matelica Nella quale si fa mentione della vita di Federico 2° Imperatore, di Papa Gregorio Nono, e d’alcune Religioni che fiorirono in tempo loro e persone Sante. Di latino tradotta in volgare dal M. Rev. P. Thomasso Speranza dottore e lettor della S. Theologia dell’ordine di Sant’Agostino sotto il dì 12 febbraio 1576.”

In realtà il vetusto testo latino non comprendeva le nove carte iniziali sui papi, imperatori, ordini religiosi e francescanesimo, secondo quanto viene dichiarato a c. 63 nell’auteticazione della copia. Non comprendeva neppure i fatti dopo c. 56 con le date 1607 e 1611, notizie aggiunte, come dichiarato, nel 1637. Segue la raccolta antologica di notizie di ascolto diretto degli scriventi in varie date ivi registate, ultima delle quali è l’anno 1689.

Va notato anche che questo materiale manoscritto era prodotto ad uso predicabile ed usa la tipologia dela “legenda” nel senso “da leggere” a scopo devozionale, come i testi analizzati ampiamente dai Bollandisti nella monumentale raccolta di studi sui Santi.

Sin dall’inizio ai lettori viene detto l’intento parenetico di convertire: “la durezza del cuore di ghiaccio col chiaro splendore di Mattia struggerà  suave aurora”.

La beata Mattia, come l’aurora strugge il ghiaccio, struggerà la freddezza dei cuori.. Allo scopo si raccontano tante grazie ricevute che su 72 carte vanno da c. 30 alla fine.

Già nei precedenti processi presso la Congregazione dei Riti  fu discusso il valore degli antichi manoscritti.

Le pergamene esistenti nel monastero a Matelica danno maggior chiarezza rispetto a questa “legenda” predicabile.    (Carlo Tomassini)

 

Indice della Istoria o Leggenda della beata Mattia Nazzarei, ms. del sec. XVII

 

(Titolo) Historia o vero legenda   carta 1r

(Esortazione) Ai lettori                          2r

(Poesia)  Ad honor della beata Mattia  2v

Inizio; papi e imperatori; anno 1237     3r

Guelfi e ghibellini; danni                      3v

Dopo Federico II                                   4r

Gregorio IX e Federico II                     4v

Condanna di Federico II                       5r

Genovesi e Veneziani; beatificazioni   5v

Nuovo ordini religiosi; concilio            6r

Eremitani e francescani                        6v

Santi francescani                                   7r

Cardinal Ugo; s. Antonio minorita        7v

San Ludovico re; Bonifacio VIII           8r

Santa Chiara e santa Lambraccio          9r

Tra le sante, Mattia di Matelica            9v

(Inizio del manoscritto latino)        10

DELLA PROGENIE E VITA              10r

Genitori: Gentile e Sibilia                     10v

Mattia rifugge il matrimonio               11r

Mattia si taglia i capelli                        11v

Preghiera a Gesù Crocifisso                 12r

Mattia in monastero                             12v

Discussione con il padre                      13r

Esigenze del padre                               13v

Propositi di Mattia                               14r

Distacco dai genitori                           14v

Scelta di consacrazione                       15r

Commento dell’autore                        15v

Motivazioni religiose                          16r

Consenso del padre                             16v

Consacrazione monastica                    17r

Vita di penitenza                                 17v

Mattia badessa                                    18r

Umiltà e rinuncia                                18v

Mattia amata ed onorata                     19r

Un prodigio in monastero        19v – 20v

Suo Chiarella convertita                  21r,v

Massione di Benvenuti             22r – 23v

Nuova chiesa di S. M. Maddalena      24r

Per 40 anni badessa                            24v

Astinenza e ubbidienza di Mattia    25r,v

Preannncia la sua morte                      26r

Raccomandazioni alle consorelle       26v

Esortazioni ed esempi di verginità     27r

Esempi di ubbidienza e carità            27v

Pace                                                    28r

Splendore al trapasso nel 1300       28v

 

 

 

Morte, sepoltura,                       29r,v

Urna, corpo incorrotto               30r,v

Carta rimasta bianca     31r,v

Arca di pietra e fama                  32r

G= grazie ricevute; Chiarella      32v

G: Rosa e Giovanni                    33r

G: Mattiolo di Gigliuccio           33v

G: Pietro da Cagli                       34r

G: Meluccio di Bernardo            34v

Preghiera alla serva di Dio   35r,v

G: Attuccio di Bongiovanni     36v

G: Agnese; Taddeo Benentendi 37r

G: Divitia di Morico                  37v

G: Loreta di Scossa                    38r

G: Margherita Di Matteo           38v

G: Massione di Cingoli              39r

G: Tura di Rinalduccio              39r

G: Feruccio Gualfredi                39v

G: Giovan Franc. Abrichetto    40r,v

  1. Margherita Di Giovannuccio 41r

G: Andreuccio di m. Andrea      41v

G: Melisuccioa delli Ranieri      41v

  1. Vanna di Nuzio di Naldo 42r

G: Notia di Michele Scagno      42v

Nuova arca del 1536              43r

Nuove vetrate del 1611          43v

G: Thomassuccio di Gionta       44r

G: Consedente di Giac. Ubaldo 44v

G: Herculano Rigoni                  44v

G: Andrea di Dario da Visso   45r,v

G: Benvenuta di Compagnone  46r

G: Franceschino Buonacosa      46v

G: Venanza di Cagnuccio          46v

G: Vagni Paganucci da Cagli     47r

G: Giacomucci di Benvenuti      47r

G: Bonfilia di Giglio                  47v

G: Benevenista  di Lorenzo        47v

G: Horadrula di Petruccio           48r

G: Vanna di Ventura e Lorenzo  48r

G: Lila Bonanni di Ancona         48v

G: Mita di Gratia e Vagni           48v

G: Berta di Giacomuccio          49r,v

G: Agnesuccia Corribene            50r

G: Rinalduccio di Tura                50r

G: Giovanni di Alberto               50v

G: Titia  sposata Di Giacomo   51r,v

G: Nese Di Giacomuccio            52r

G: Floruccia sposata Ranieri     52r,v

G: Margherita degli Atti               53r

G: Brunuccia di Giovan Angelo   53r

G: Putia sposata Di Rigo               53v

G: Ginevra sposata Thomassucci  54r

G: Stefanuccia sposata Attibene    54r

G: Cecilia sposata Giannelli          54r

G: Rosa sposata Accome               54v

G: Riccuccia sposata Benvenuti    54v

G: Benassisa di Pauluccio             55r

G: Mita sposata Ruggeri               55r

G: Loreta sposata D’Alessandro   55v

G: Bonasera sposata a Piero         55v

G: Giralduccio Venuti e Nuccia   56r

ANNO 1397 corretto da 1607

G: mastro Onofrio liberato   56v – 58

Qui l’anno 1397 è correzione di 1607

Fine  del testo latino

e il traduttore prosegue con aggiunte.

Nuova arca e la traslazione  59v – 60r

Prodigio del sudoredelle reliquie    60v

G: Nicolosa di Matteo           60v – 61r

INSERITA notizia da un libro       61v

AUTENTICAZIONE della copia del

1637 Prosdocimo Piccioni notaio 62-63

Annotazioni

Il titolo esatto del testo latino  che nel 1576 fu tradotto in Italiano e da cui derivano i due terzi del manoscritto di Tommaso Tulli Speranze con notizie da lui aggiunte, si ha in questa autentica della copia fatta nel 1736.

“E poiché io Prosdocimo Piccioni da Matelica, notaio pubblico della diocesi di Camerino, di autorità imperiale ed apostolica, ho estratto  ed ho copiato questo libro (vedi sotto) come giace, senza aggiunte o diminuzioni che mutino la sostanza di fatto, avendo fatta collazione con l’uno e l’altro originale, e latino e volgare, ho riscontrato concordare, salvo sempre, eccetera; ho sottoscritto e pubblicato, munendo, su richiesta con il mio solito segno, nell’anno 1637 (indizione 5°) 8 di luglio nell’anno 14° del pontificato  di Urbano VIII papa.

LIBRO della vita e dei miracoli della beata Mattia De Nazzareis da Matelica tradotto dal latino nella lingua comune o volgare dal padre THOMA TULLI SPERANZE dottore dell’uno e altro diritto, e lettore emerito di sacra teologia, nel 1576.

Il notaio Piccioni nel 1736 si riferiva a:

Libro impresso (=scritto) in carta pergamena con iniziali in lettere rosse:

Nel nome del Signore. Amen. Questa è la storia o legenda della beata Mattia di Matelica già badessa nel monastero di santa Maria Maddalena della terra di Matelica e dei suoi miracoli.

 

(E’ importante la precisazione che subito fa)

“Cominciando dal suo stesso nome (=Mattia)  fino al miracolo di mastro Onofrio ser Blaxi non ho trovato esserci discrepanza tra questo libro e il detto libro impresso, esistente presso le ven, monache del medesimo monastero di S. Maria Maddalena, dal quale è qui derivato in tale lingua: non è stato aggiunto nulla che muti la sostanza del fatto, ma realmente e fedelmente tradotto e volgarizzato su ordine, in detto originale, facendo  eccezioni per alcune cose.

ECCEZIONI nel testo al principio di questo libro dove (si legge) “L’anno della nostra redenzione”      (nella copia 1736 carta 3)

esclusivamente fino a dove (si legge) “Della progenie e vita della ebata Mattia” (carta 10). Inoltre alcune cose che vengono espresse, narrato il miracolo di mastro Onofrio  (carta 56) cose che non sono impresse (scritte nel testo preesistente) ma sono state raccolte dal medesimo rev. Padre THOMA, da antiche scritture, come egli stesso ha attesta”

N:B

Sin qui leggiamo l’autenticazione che rivela le aggiunte. Da quanto si legge, esistevano altre antiche scritture oltre ad un testo latino della istoria o legenda che il p. THOMA TULLI SPERANZE ha  tradotto dal latino in italiano ed ha voluto completare con sue notizie (dall’inizio a carta 9 inclusa, poi da carta 56 alla fine c.63) prendendo da altre fonti. Al testo del THOMA sono state fatte aggiunte con date dopo il 1576 e ricopiate dall’amanuense nella copia del 1637.

Dopo questa autentica si vedono scritte altre pagine in epoca posteriore con quattro grafie diverse. Anzitutto una convalida di due notai datata 1759. Seguono carte non numerate (forse un tempo erano sciolte, poi rilegate assieme) che recano il nome degli scriventi, esattamente il notaio pubblico Francesco Turi per quattro carte; poi il frate minore osservate  P.Giuseppe della Rocca per due carte, poi il frate confessore dello stesso monastero  P. Angelo da Fano.

Assegniamo ad oguna delle carte scritte di questo seguito antologico, un numero proseguendo da c. 63v a c. 72. Ecco l’indice.

 

Convalida dei notai Quadrini e Sereni

nell’anno 1759                                   63v

(nuova grafia con firma di notaio)

1671 papa Clemente X , inizio notarile  64r

G: 1768: Caterina Aloisi  Piccioni           64r

Giovanna V. Ottoni badessa a Matelica   64r

Rogito del notaio Francesco Turi             66r

G: 1677 Orsolina di Gio.Bern. Braccio   66v

G: 1677 Carlo Enea Lampioni                 67r

( nuova grafia con firma di un confessore)

G: Antonia Cechetti e Nicola                   68r

G: 1689  Nicola di Domenico                  68v

G: 1687 Fra Giuseppe della Rocca          69r

(nuova grafia con firma di altro confessore)

G: 1629 Antonio muratore                       70r

Fra Antonio da Montelupone teste          70r

G: 1643 Francesco Cemici                      70v

G: Augustino Crementino dottore          70v

G: 1644 Teodoro Crementino                 70v

G: 1641 suor M.a Cecilia Bracci             71r

G: 1644 Gentile Vignati                          71v

Teste  Fra Angelo da Matelica                71v

G: 1637 Suor M.a Nicola Grassetti         71v

G: 1629 Costanza Vignati                       72r

G: 1642 Maria Nicola                             72r

G: 1643 Giovanna Bartolucci                 72r

G: 1642 Gio.M. Isidoro Bevilacqua       72v

G: 1669 Caterina sposata Vennaletti      72v

Scrive Fra Angelo da Fano                    72v

G: Giovan Battista Vennaletti                73r

1660 Fra Angelo da Fano confessore   73r

G: Carlo Berardi Todei                          73r

 

Note

Qui si riferiscono le date dal 1629 al 1689, in ordine non cronologico, per i fatti prodigiosi attribuiti all’intercessione della beata Mattia.

Un facile errore per chi legge il titolo a carta 1, è pensare che si tratti di uno scritto del 1576, senza vedervi la raccolta di altri scritti.

“Historia o vero legenda della vita e miracoli della Beata Mattia Nazzarei da Matelica già Abbadessa del ven. Monastero della detta terra di Matelica Nella quale si fa mentione della vita di Federico 2° Imperatore, di Papa Gregorio Nono, e d’alcune Religioni che fiorirono in tempo loro e persone Sante. Di latino tradotta in volgare dal M. Rev. P. Thomasso Speranza dottore e lettor della S. Theologia dell’ordine di Sant’Agostino sotto il dì 12 febbraio 1576.”

In realtà il vetusto testo latino non comprendeva le nove carte iniziali sui papi, imperatori, ordini religiosi e francescanesimo, secondo quanto viene dichiarato a c. 63 nell’auteticazione della copia. Non comprendeva neppure i fatti dopo c. 56 con le date 1607 e 1611, notizie aggiunte, come dichiarato, nel 1637. Segue la raccolta antologica di notizie di ascolto diretto degli scriventi in varie date ivi registate, ultima delle quali è l’anno 1689.

Va notato anche che questo materiale manoscritto era prodotto ad uso predicabile ed usa la tipologia dela “legenda” nel senso “da leggere” a scopo devozionale, come i testi analizzati ampiamente dai Bollandisti nella monumentale raccolta di studi sui Santi.

Sin dall’inizio ai lettori viene detto l’intento parenetico di convertire: “la durezza del cuore di ghiaccio col chiaro splendore di Mattia struggerà  suave aurora”.

La beata Mattia, come l’aurora strugge il ghiaccio, struggerà la freddezza dei cuori.. Allo scopo si raccontano tante grazie ricevute che su 72 carte vanno da c. 30 alla fine.

Già nei precedenti processi presso la Congregazione dei Riti  fu discusso il valore degli antichi manoscritti.

Le pergamene esistenti nel monastero a Matelica danno maggior chiarezza rispetto a questa “legenda” predicabile.    (Carlo Tomassini)

 

Indice della Istoria o Leggenda della beata Mattia Nazzarei, ms. del sec. XVII

 

(Titolo) Historia o vero legenda   carta 1r

(Esortazione) Ai lettori                          2r

(Poesia)  Ad honor della beata Mattia  2v

Inizio; papi e imperatori; anno 1237     3r

Guelfi e ghibellini; danni                      3v

Dopo Federico II                                   4r

Gregorio IX e Federico II                     4v

Condanna di Federico II                       5r

Genovesi e Veneziani; beatificazioni   5v

Nuovo ordini religiosi; concilio            6r

Eremitani e francescani                        6v

Santi francescani                                   7r

Cardinal Ugo; s. Antonio minorita        7v

San Ludovico re; Bonifacio VIII           8r

Santa Chiara e santa Lambraccio          9r

Tra le sante, Mattia di Matelica            9v

(Inizio del manoscritto latino)        10

DELLA PROGENIE E VITA              10r

Genitori: Gentile e Sibilia                     10v

Mattia rifugge il matrimonio               11r

Mattia si taglia i capelli                        11v

Preghiera a Gesù Crocifisso                 12r

Mattia in monastero                             12v

Discussione con il padre                      13r

Esigenze del padre                               13v

Propositi di Mattia                               14r

Distacco dai genitori                           14v

Scelta di consacrazione                       15r

Commento dell’autore                        15v

Motivazioni religiose                          16r

Consenso del padre                             16v

Consacrazione monastica                    17r

Vita di penitenza                                 17v

Mattia badessa                                    18r

Umiltà e rinuncia                                18v

Mattia amata ed onorata                     19r

Un prodigio in monastero        19v – 20v

Suo Chiarella convertita                  21r,v

Massione di Benvenuti             22r – 23v

Nuova chiesa di S. M. Maddalena      24r

Per 40 anni badessa                            24v

Astinenza e ubbidienza di Mattia    25r,v

Preannncia la sua morte                      26r

Raccomandazioni alle consorelle       26v

Esortazioni ed esempi di verginità     27r

Esempi di ubbidienza e carità            27v

Pace                                                    28r

Splendore al trapasso nel 1300       28v

 

 

 

Morte, sepoltura,                       29r,v

Urna, corpo incorrotto               30r,v

Carta rimasta bianca     31r,v

Arca di pietra e fama                  32r

G= grazie ricevute; Chiarella      32v

G: Rosa e Giovanni                    33r

G: Mattiolo di Gigliuccio           33v

G: Pietro da Cagli                       34r

G: Meluccio di Bernardo            34v

Preghiera alla serva di Dio   35r,v

G: Attuccio di Bongiovanni     36v

G: Agnese; Taddeo Benentendi 37r

G: Divitia di Morico                  37v

G: Loreta di Scossa                    38r

G: Margherita Di Matteo           38v

G: Massione di Cingoli              39r

G: Tura di Rinalduccio              39r

G: Feruccio Gualfredi                39v

G: Giovan Franc. Abrichetto    40r,v

  1. Margherita Di Giovannuccio 41r

G: Andreuccio di m. Andrea      41v

G: Melisuccioa delli Ranieri      41v

  1. Vanna di Nuzio di Naldo 42r

G: Notia di Michele Scagno      42v

Nuova arca del 1536              43r

Nuove vetrate del 1611          43v

G: Thomassuccio di Gionta       44r

G: Consedente di Giac. Ubaldo 44v

G: Herculano Rigoni                  44v

G: Andrea di Dario da Visso   45r,v

G: Benvenuta di Compagnone  46r

G: Franceschino Buonacosa      46v

G: Venanza di Cagnuccio          46v

G: Vagni Paganucci da Cagli     47r

G: Giacomucci di Benvenuti      47r

G: Bonfilia di Giglio                  47v

G: Benevenista  di Lorenzo        47v

G: Horadrula di Petruccio           48r

G: Vanna di Ventura e Lorenzo  48r

G: Lila Bonanni di Ancona         48v

G: Mita di Gratia e Vagni           48v

G: Berta di Giacomuccio          49r,v

G: Agnesuccia Corribene            50r

G: Rinalduccio di Tura                50r

G: Giovanni di Alberto               50v

G: Titia  sposata Di Giacomo   51r,v

G: Nese Di Giacomuccio            52r

G: Floruccia sposata Ranieri     52r,v

G: Margherita degli Atti               53r

G: Brunuccia di Giovan Angelo   53r

G: Putia sposata Di Rigo               53v

G: Ginevra sposata Thomassucci  54r

G: Stefanuccia sposata Attibene    54r

G: Cecilia sposata Giannelli          54r

G: Rosa sposata Accome               54v

G: Riccuccia sposata Benvenuti    54v

G: Benassisa di Pauluccio             55r

G: Mita sposata Ruggeri               55r

G: Loreta sposata D’Alessandro   55v

G: Bonasera sposata a Piero         55v

G: Giralduccio Venuti e Nuccia   56r

ANNO 1397 corretto da 1607

G: mastro Onofrio liberato   56v – 58

Qui l’anno 1397 è correzione di 1607

Fine  del testo latino

e il traduttore prosegue con aggiunte.

Nuova arca e la traslazione  59v – 60r

Prodigio del sudoredelle reliquie    60v

G: Nicolosa di Matteo           60v – 61r

INSERITA notizia da un libro       61v

AUTENTICAZIONE della copia del

1637 Prosdocimo Piccioni notaio 62-63

Annotazioni

Il titolo esatto del testo latino  che nel 1576 fu tradotto in Italiano e da cui derivano i due terzi del manoscritto di Tommaso Tulli Speranze con notizie da lui aggiunte, si ha in questa autentica della copia fatta nel 1736.

“E poiché io Prosdocimo Piccioni da Matelica, notaio pubblico della diocesi di Camerino, di autorità imperiale ed apostolica, ho estratto  ed ho copiato questo libro (vedi sotto) come giace, senza aggiunte o diminuzioni che mutino la sostanza di fatto, avendo fatta collazione con l’uno e l’altro originale, e latino e volgare, ho riscontrato concordare, salvo sempre, eccetera; ho sottoscritto e pubblicato, munendo, su richiesta con il mio solito segno, nell’anno 1637 (indizione 5°) 8 di luglio nell’anno 14° del pontificato  di Urbano VIII papa.

LIBRO della vita e dei miracoli della beata Mattia De Nazzareis da Matelica tradotto dal latino nella lingua comune o volgare dal padre THOMA TULLI SPERANZE dottore dell’uno e altro diritto, e lettore emerito di sacra teologia, nel 1576.

Il notaio Piccioni nel 1736 si riferiva a:

Libro impresso (=scritto) in carta pergamena con iniziali in lettere rosse:

Nel nome del Signore. Amen. Questa è la storia o legenda della beata Mattia di Matelica già badessa nel monastero di santa Maria Maddalena della terra di Matelica e dei suoi miracoli.

 

(E’ importante la precisazione che subito fa)

“Cominciando dal suo stesso nome (=Mattia)  fino al miracolo di mastro Onofrio ser Blaxi non ho trovato esserci discrepanza tra questo libro e il detto libro impresso, esistente presso le ven, monache del medesimo monastero di S. Maria Maddalena, dal quale è qui derivato in tale lingua: non è stato aggiunto nulla che muti la sostanza del fatto, ma realmente e fedelmente tradotto e volgarizzato su ordine, in detto originale, facendo  eccezioni per alcune cose.

ECCEZIONI nel testo al principio di questo libro dove (si legge) “L’anno della nostra redenzione”      (nella copia 1736 carta 3)

esclusivamente fino a dove (si legge) “Della progenie e vita della ebata Mattia” (carta 10). Inoltre alcune cose che vengono espresse, narrato il miracolo di mastro Onofrio  (carta 56) cose che non sono impresse (scritte nel testo preesistente) ma sono state raccolte dal medesimo rev. Padre THOMA, da antiche scritture, come egli stesso ha attesta”

N:B

Sin qui leggiamo l’autenticazione che rivela le aggiunte. Da quanto si legge, esistevano altre antiche scritture oltre ad un testo latino della istoria o legenda che il p. THOMA TULLI SPERANZE ha  tradotto dal latino in italiano ed ha voluto completare con sue notizie (dall’inizio a carta 9 inclusa, poi da carta 56 alla fine c.63) prendendo da altre fonti. Al testo del THOMA sono state fatte aggiunte con date dopo il 1576 e ricopiate dall’amanuense nella copia del 1637.

Dopo questa autentica si vedono scritte altre pagine in epoca posteriore con quattro grafie diverse. Anzitutto una convalida di due notai datata 1759. Seguono carte non numerate (forse un tempo erano sciolte, poi rilegate assieme) che recano il nome degli scriventi, esattamente il notaio pubblico Francesco Turi per quattro carte; poi il frate minore osservate  P.Giuseppe della Rocca per due carte, poi il frate confessore dello stesso monastero  P. Angelo da Fano.

Assegniamo ad oguna delle carte scritte di questo seguito antologico, un numero proseguendo da c. 63v a c. 72. Ecco l’indice.

 

Convalida dei notai Quadrini e Sereni

nell’anno 1759                                   63v

(nuova grafia con firma di notaio)

1671 papa Clemente X , inizio notarile  64r

G: 1768: Caterina Aloisi  Piccioni           64r

Giovanna V. Ottoni badessa a Matelica   64r

Rogito del notaio Francesco Turi             66r

G: 1677 Orsolina di Gio.Bern. Braccio   66v

G: 1677 Carlo Enea Lampioni                 67r

( nuova grafia con firma di un confessore)

G: Antonia Cechetti e Nicola                   68r

G: 1689  Nicola di Domenico                  68v

G: 1687 Fra Giuseppe della Rocca          69r

(nuova grafia con firma di altro confessore)

G: 1629 Antonio muratore                       70r

Fra Antonio da Montelupone teste          70r

G: 1643 Francesco Cemici                      70v

G: Augustino Crementino dottore          70v

G: 1644 Teodoro Crementino                 70v

G: 1641 suor M.a Cecilia Bracci             71r

G: 1644 Gentile Vignati                          71v

Teste  Fra Angelo da Matelica                71v

G: 1637 Suor M.a Nicola Grassetti         71v

G: 1629 Costanza Vignati                       72r

G: 1642 Maria Nicola                             72r

G: 1643 Giovanna Bartolucci                 72r

G: 1642 Gio.M. Isidoro Bevilacqua       72v

G: 1669 Caterina sposata Vennaletti      72v

Scrive Fra Angelo da Fano                    72v

G: Giovan Battista Vennaletti                73r

1660 Fra Angelo da Fano confessore   73r

G: Carlo Berardi Todei                          73r

 

Note

Qui si riferiscono le date dal 1629 al 1689, in ordine non cronologico, per i fatti prodigiosi attribuiti all’intercessione della beata Mattia.

Un facile errore per chi legge il titolo a carta 1, è pensare che si tratti di uno scritto del 1576, senza vedervi la raccolta di altri scritti.

“Historia o vero legenda della vita e miracoli della Beata Mattia Nazzarei da Matelica già Abbadessa del ven. Monastero della detta terra di Matelica Nella quale si fa mentione della vita di Federico 2° Imperatore, di Papa Gregorio Nono, e d’alcune Religioni che fiorirono in tempo loro e persone Sante. Di latino tradotta in volgare dal M. Rev. P. Thomasso Speranza dottore e lettor della S. Theologia dell’ordine di Sant’Agostino sotto il dì 12 febbraio 1576.”

In realtà il vetusto testo latino non comprendeva le nove carte iniziali sui papi, imperatori, ordini religiosi e francescanesimo, secondo quanto viene dichiarato a c. 63 nell’auteticazione della copia. Non comprendeva neppure i fatti dopo c. 56 con le date 1607 e 1611, notizie aggiunte, come dichiarato, nel 1637. Segue la raccolta antologica di notizie di ascolto diretto degli scriventi in varie date ivi registate, ultima delle quali è l’anno 1689.

Va notato anche che questo materiale manoscritto era prodotto ad uso predicabile ed usa la tipologia dela “legenda” nel senso “da leggere” a scopo devozionale, come i testi analizzati ampiamente dai Bollandisti nella monumentale raccolta di studi sui Santi.

Sin dall’inizio ai lettori viene detto l’intento parenetico di convertire: “la durezza del cuore di ghiaccio col chiaro splendore di Mattia struggerà  suave aurora”.

La beata Mattia, come l’aurora strugge il ghiaccio, struggerà la freddezza dei cuori.. Allo scopo si raccontano tante grazie ricevute che su 72 carte vanno da c. 30 alla fine.

Già nei precedenti processi presso la Congregazione dei Riti  fu discusso il valore degli antichi manoscritti.

Le pergamene esistenti nel monastero a Matelica danno maggior chiarezza rispetto a questa “legenda” predicabile.    (Carlo Tomassini)

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ALCUNE PERGAMENE TRADOTTE PER LA STORIA DELLA BEATA MATTIA DI MATELICA

ALCUNE PERGAMENE DEL MONASTERO DELLA BEATA MATTIA  DI MATELICA

Indice

1237 gennaio 11    Consacrazione di Rosa

1237 aprile   20      Contratto di deposito e arbitrato

(1237)                     Procura per Rosa

1271 agosto  10     Consacrazione di Mattia

1272 giugno    1      Procura per i beni di Mattia

1273 aprile   19       Consacrazione di Venutula

1273 aprile   21       Indulto per elemosine al monastero

1273(?) aprile 19     Donazione di un luogo monastico

1274 agosto  18       Istruttoria giudiziaria

1275 febbraio 11      Indulto vescovile per elemosine

1278 febbraio 16      Oblazione del luogo di Sant’Agata

1278 marzo     7       Frammento di rinuncia ad una lite

1278  luglio 16 e 17 Appello contro il precetto vicariale

1278 dicembre 2      Contratto per spartire un’eredità

1279 luglio      3        Donazione della dote sponsale

1284 giugno   10       Procura per i diritti su s. Maria di V.

1285 agosto  21        Procura per la lite sull’eredità di Sibilla

1286 febbraio 28       Indulto vescovile per elemosine

1286 settembre 12   Procura per pagare una multa

1286 settembre 13   Quietanza di multa e condono

1286 settembre 13   Unione approvata di due monasteri

1286 novembre 20   Procura per il residuo di una multa

1287 settembre 26   Procura per appello sui beni di Matteo

1287 dicembre  10   Procura per i beni di suor Francesca

1292 febbraio     2    Pagamento di un muro con un terreno

(due documenti)

1301 marzo     24     Procura per riscuotere un credito

1311 gennaio  29      Procura per appello contro un precetto

1312 luglio      8         Pagamento di una campana

(Traduzione  italiana di carlo tomassini)

MATELICA  MONASTERO DELLE CLARISSE   S.M.M.= Santa Maria Maddalena)

PERGAMENE TRASCRITTE E TRADOTTE

 

1237 gennaio 11

Donna Rosa dona se stessa ed i suoi beni a Dio nel monastero matelicese  S. M. M. nell’obbedienza al ministro dei Frati minori e alla monache per le quali difenderà la sua eredità contro  Masseo e Gentile  NAZARII.

In nomine Domini nostri Iesu Christi. 1237 indictione X die XI intrante  ienuario, tempore Gregorii pape et Federici imperatoris. Coram testibus infrascriptis, domina Rosa filia condam domini Ranni Aberti Gualterii, propria spontanea sua bona voluntate, et pro redempcione animarum parentum et sororum suarum, et pro sua anima, dedicavit se et sua; et ingressa est monasterium et ecclesie sancte Marie Madalene; et dictam  domina promisit obedientiam et reverentiam Fratri Petro ministro Fratrum Minorum et suis sororibus, recipienti pro ipsa ecclesia, quod nunquam  aliquo tempore discederet a dicta ecclesia eundo et serviendo ad aliquem locum religiosum, hoccasione standi vel permanendi, sed semper  in eodem loquo permanendo; et renunciavit mundo et promisit castitatem et unitatem retinere, et necessitatem retinere: et Deo fecit pro amore quam habet erga dominum nostrum Iesum Christum et Marie Virginis et Marie Madalene; dicendo dictus Frater Petrus: “Vis tu esse reddita Deo huic loquo sancte Marie Virginis et sancte Marie Madalene; permanendo et stando ante altare sancte Marie Madalene?”  Et ipsa dixit: “Volo”.  Et ipse Frater Petrus  et sue sorores receperunt eam nomine et vice dicte Ecclesie; et investiverunt eam per pannos altaris et per osculum pacis ad altare. Et dicta domina Rosa, post hec, dedit et cessit omne ius et omnem rationem et actionem quod et quam  abebat contra dominum Masseum et dominum Gentilem Nazarii de quatuor centum libris, quas ipsi dare ei tenebantur de venditione mansi patris et matris sui, et de CLVI libris quas domina Biatrice et ipsa domina Rosa antea concesserant dicto monasterio. Et dedit et concessit ipsa domina Rosa dicto loquo sive monasterio omnia alia sua bona preter ista, sive ultra supradicta   . . . .tud(. . ) esset; quam racionem et concessionem promisit firmam et ratam abere et non contravenire aliqua occasione vel exceptione.

Ibi vero dominus Bartolus Gentilis, dominus Rainaldus iudex, Moricus de Rocca, et dominus Benintendi, donnus Petrus Palmucii, Bonus Frater, Frater Filippus, donnus Bentevogius, et multi alii rogati testes similiter in dicta ecclesia.

Ego Albertinus notarius interfui et ex mandato dicte domine Rose et suarum sororum scripsci et plubicavi (!) et in plabicam (!) formam redegi.

 

1237.01.11: Consacrazione di Rosa

Nel nome di nostro Signor Gesù Cristo. Anno 1237, indizione decima, giorno 11 gennaio, al tempo del papa Gregorio e dell’imperatore Federico, alla presenza dei testimoni  scritti sotto, donna Rosa, figlia del defunto signor Ranno di Alberto Gualtieri, di propria spontanea buona volontà e per la redenzione delle anime dei suoi genitori e sorelle e per la propria anima, consacrò se stessa e i suoi beni, ed entrò nel monastero e chiesa di santa Maria Maddalena. La signora predetta promise obbedienza e riverenza a Frate Pietro ministro dei Frati Minori ed alle consorelle. Fu accolta a nome della stessa Chiesa, con l’impegno che mai, in alcun tempo, sarebbe uscita da tale chiesa, per andare a servire in altro luogo religioso, in occasione di stare o rimanere; ma sempre sarebbe restata in questo luogo e rinunciò al mondo. Promise di mantenere la castità e l’unità e di tenere la necessità e lo fece per Dio, per l’amore che ha  verso nostro signore Gesù Cristo, verso la vergine Maria e Maria Maddalena. Mentre Frate Pietro predetto domandava: “Vuoi tu essere resa a Dio a questo luogo della santa  Vergine Maria e santa Maria Maddalena, permanendo e stando davanti all’altare di santa Maria Maddalena?” Lei disse: “Lo voglio”. Frate Pietro e le consorelle la ricevettero a nome e per conto della Chiesa predetta e la vestirono per mezzo dei panni dell’altare e per mezzo del bacio della pace presso l’altare. Rosa dopo queste cose, donò e concesse al monastero ogni diritto ed ogni ragione ed azione che aveva nei confronti del Signor Masseo e del signor Gentile di Nazario per quattrocento libbre che quelli erano tenuti a darle dalla vendita del podere paterno e materno di lei, inoltre per 156 libbre che donna Biatrice e la stessa donna Rosa avevano prima consegnato; come pure lei consegnò e diede al predetto monastero, o luogo, ogni altro suo bene; e oltre ed in aggiunta a ciò anche quel che fosse di suo avere. Promise di mantenere stabili e definitive questa sua donazione consegnata e di non contrastarla in nessuna occasione, senza  riserva.

Erano presenti il signor Bartolo di Gentile, il signor Rainaldo giudice, Morico della Rocca, il signor Benintendi, don Pietro di Palmuccio, Bono frate, frate Filippo, don Bentivoglio e molti altri testimoni richiesti, nella detta chiesa.

Fui presente io notaio Albertino che per mandato della stessa Rosa e delle consorelle, scrissi l’atto, e lo resi di pubblica forma.

 

1237 aprile 20

Nella vertenza per l’eredità di Rosa si stipula l’accordo di deposito del denaro affidando la sentenza al ministro dei Frati minori oppure al vescovo.

 

In Dei nomine. Amen. Anno Domini MCCXXXVII, die (XI) exeuntis aprilis tempore Gregorii pape et Frederici romanorum imperatoris, Sicilie et Jerusalem regis, indictione X.

Dominus Masseus et dominus Gentilis Lazarii ex una parte, et Acto Venimbene notarius sindicus monasterii sancte Marie Madalene de Mathelica, nomine universitatis et conlegii et pro ipsa universitate dicti monasterii, ex altera, deposuerunt de communi concordia e voluntate apud dominum Moricum de  Rocca, ducentas libras ravennates et anconetanas de pretio vendictionis domine Rose, facte filiis Lazarii, de bonis quondam Ranni, hoc modo et pacto et ac conditione possita, quod quidquid Frater Petrus minister Fratrum Minorum dixerit, quod predicta domina  cum suis sororibus et sindicus dicte universitatis fatiant cartam filiis Lazarii quietationis e transactionis factam inter predictos, stabunt ad eius dictum; et si  (contigeret) dictus Frater Petrus non veniret, vel diceret, hinc ad medium madium proximum, dominus Filippus episcopus camerinensis debeat dicere; et si contigeret quod viri predicti non diceret, dicta pecunia, silicet  CC  libras, dominus Moricus deberet restituere dictis filiis Lazarii, et si episcopus diceret, deberet restituiere dictam pecuniam, dominus Moricus dicte domine , omni occasione postposita.

Item de testamento domine (I)bilde  quidquid predicti diceret vel laudaret, plus rationi, vel minus rationi, promiserunt ad invicem firma habere atque tenere sub pena CC librarum ravennatum; (vicissim)  inter se solempni stipulatione promiserunt, et omne dampnum litis et expensas per quod, et quas, fecerit vel sustinuerit, pro  (hoc), quoquo modo, reficere et restituere promiserunt solempni stipulatione inter se; et predicta soluta, vel non, dicta omnia firma habere, tenere promiserunt; omni iure reservato monasterio facto montis scilicet X(. .) modioli; et illud quod habet de manso (Mar)tini Iunii et uxori et de clusura Deoni Acti, et molendino Gometarie, que demisit domine Rose.

Actum in monasterio dicto, presentibus domino Albrico Finaguerre, Rainaldo Montis Melonis, domino Subpolino, domino Albrico Mori, et domino Blasio et Iohanne Albrici Guarnerii testibus. Ego Acto Deoni avocati apostolice sedis notarius, his omnibus interfui et ut supra legitur, rogatus, scripsi.

 

1237.04.20: Contratto di deposito e arbitrato

Nel nome di Dio. Amen. L’anno del Signore 1237, giorno 20 aprile, a tempo del papa Gregorio e dell’imperatore  dei romani Federico, re di Sicilia e di Gerusalemme, indizione decima. Il signor Masseo ed il signor Gentile di Lazario  da una parte, e dall’altra parte, Attone Venimbene notaio, amministratore del monastero di santa Maria Maddalena di Matelica, a nome della comunità e del collegio e per conto loro, di comune accordo e volontà,  presso il signor Morico da Rocca, fecero il deposito di duecento libbre ravennati ed anconetane,  prezzo della vendita da parte di donna Rosa, dei beni del defunto Ranno, fatta ai figli di Lazario, con questo patto, e con questa condizione posta, che qualunque cosa deciderà Frate Pietro ministro dei Frati Minori, la predetta donna Rosa con le sue consorelle e l’amministratore della detta comunità, facciano la carta  di quietanza e transazione ai figli di Lazario e staranno gli uni con gli altri alla decisione dello stesso. E se capitasse che il predetto Frate Pietro non venisse o non decidesse, da ora fino alla metà del prossimo maggio; debba decidere don Filippo vescovo di Camerino. E se capitasse che questi predetti uomini non decidessero, allora il denaro predetto di duecento libbre sia restituito dal Signor Morico ai predetti figli di Nazario. E qualora il vescovo dicesse che il predetto denaro fosse da restituire, il signor Morico lo consegni, senza frapporre condizione, alla signora predetta. Parimenti riguardo al testamento di donna (I)bilde, tutto ciò che uno o l’altro dei predetti decidesse o sentenziasse, con più o meno di considerazioni, promisero tra di loro, vicendevolmente, che lo considereranno e terrano stabile e promisero con solenne stipula sotto penalità di duecento libbre ravennati. E promisero di rimborsare o restituire ogni danno di lite e di spese fatte o sostenute per questo, in ogni modo, con solenne stipula tra di loro. E fossero o non fossero pagati (i rimborsi), promisero che tutto restasse stabilito.

Si riserva ogni diritto a favore del monastero per quanto riguarda il monte, cioè per i dieci (o più ? foro nella pergamena) mogiuri e per quello che ha del manso di Martino Iunni e della moglie; inoltre per la chiusa di Deone di Atto e del molino do Gometaria(?), beni che lasciò alla signora Rosa.

Redatto nel monastero, presenti come testimoni, il signor Albrico di Finaguerra, Rainaldo di Monte Melone, il signor Suppolino, il signor Albrico di Moro, il signor Blasio  e Giovanni di Albrico Guarnerii. Il notaio apostolico Atto di Deone avvocato, richiesto scrisse.

 

Frammento senza anno (1237) ( Manca la parte iniziale, data desunta dai nomi  del 1237 )

Viene nominato il procuratore del monastero matelicese S.M.M. per il              processo sull’eredità di Rosa.

 

. . . . . . dominae  Isulanae et dominae   Clarae . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Lucie, Annese et Cataline fecerunt co(=stituerunt et creaverunt ). . . . . . . . . . . . . .(Venin. .ne) notarium presentem eorum sindicum, actorem, factorem, p(. . .)rem et procuratorem et sufficientem responsabilem ad agendum contro dominum Masseum et dominum Gentilem Lazarii, coram Fratre Petro Vercellensem, vel coram Filippo camerinensi episcopo, ad litem contestandam et ad iurandum de calupnia, et ad omnia fatienda et ad transigendum et ad compromittendum et ad sent(entiam) (a)udiendam et appellandam si necess(e  fu)erit, hoc modo uti possit agere, excipere et replicare (uti) ipsemet facere possent, vel replicarent  de tota hereditate que fuit quondam patris sui domini Ranni e matris sue domine Biatrice et spetialiter  de quinque centum L V  libris, et generaliter de omnibus aliis bonis que ei posset . . . . . . nire vel competere occasione predictorum. Quam sindicariam promiserunt per se suas(que) . . . . . . . . .    non contravenire sed firma habere atque tenere, nec ullam restitutionem  aliqua in p. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .ato a dicta abbatissa et sororibus, fori ecclesiastico condictioni sine causa, dolo vel metu, restitutionem in integrum, omnique legali auxilio que eis possent prodesse  et aliis personis habentibus causam hab eis possint obesse; e hec sub pena CC librarum promiserunt, et pena soluta vel non soluta, stipulata promissa omnia supradicta firma permaneant.

Actum in monasterio sancte Marie Madalene, presentibus domino Albrico Finaguere, domino Finaguere et domino Morico de Rocca, domino Subpolino, domino Albrico Mori, Iohanne Albrici, et domino  Blasio, testibus.

Ego Acto Deoni avocati, apostolice sedis notarius, his omnibus interfui, et ut supra legitur, rogatus a dicta abbatissa et sororibus, scripsi et publicavi.

 

1237:  Procura per Rosa (data dal contenuto dei precedenti atti)

. . . . . . . . . . . . . . . . .donna Isulana, donna Chiara  (pergamena stralciata)  . . .  Lucia, Agnese e Catalina  stabilirono il. . . . notaio presente loro amministratore, attore, fattore, procuratore, responsabile sufficiente ad agire contro il signor Masseo e contro il signor Gentile Lazarii, di fronte a Frate Pietro da Vercelli e di fronte a Filippo vescovo di Camerino per contestare la lite, per giurare nell’accusa e per fare tutto, transazione, compromesso, ascolto della sentenza, appello se necessario, con procura che agisca, riceva e replichi come loro stesse potrebbero agire e replicare riguarda all’eredità (di Rosa) dal padre, signor Ranno e dalla madre, donna Biatrice, specialmente per   555 libbre e per tutti gli altri beni spettanti a lei. Questo atto della badessa e delle monache sarà mantenuto stabile in ogni circostanza, senza limiti di foro ecclesiastico, condizione di causa o senza causa, per dolo o timore, per ogni ausilio legale, restituzione intera e per tutto quanto potesse essere di vantaggio per loro e di svantaggio per le persone in causa con loro. Promisero ciò sotto penalità di 200 libbre. E, pagata, oppure non pagata la penalità, tutto quanto detto sopra resta stabile.

Redatto nel monastero di santa Maria Maddalena, alla presenza dei testimoni il signor Albrico di Finaguerra, il signor Finaguerra, il signor Morico da Rocca, il signor Suppolino,  il signor Albrico di Moro, Giovanni di Albrico, il signor Blasio.

Io notaio apostolico Atto di Deone avvocato fui presente a queste cose e, richiesto dalla detta abbadessa e dalle consorelle, scrissi quanto si legge sopra e lo pubblicai.

 

Nota: nel documento del 20 Aprile  1237 risulta sindaco dello  monastero il notaio Attone Vanimbene. Donna Rosa monaca nel 1237. Non si conosce il motivo per cui  questa pergamena è stata  stralciata.

 

1271 agosto  10

Mattia dona se stessa ed i suoi beni a Dio consacrandosi nel monastero matelicese S.M.M nelle mani di suor Omodea.

 

In nomine Domini. Amen. Anno eiusdem a Nativitate millesimo ducentessimo septuagessimo primo indictione XIIII, die X augusti, ecclesia romana vacante felicis recordationis domini Clementis pape quarti, actum Mathelice in monasterio sancte Marie Magdalene ante altare Sancte Marie Magdalene, coram dompno Morico Johannis cappellano nunc dicti monasterii,  Mattheo Johannis clerico et Cosarello Donati Guarini de Sancto Severino, testibus de hiis rogatis et vocatis.

Mathia, filia quondam Guarnerii domini Gentilis Lazani, obtulit se et sua Deo et sancte Marie Magdalene et eius monasterio,  posito in burgo castri et communis Mathelice, in manibus sororis Homidee monialis dicti monasterii, nomine et vice ipsius monasterii recipienti et solempniter stipulanti pro monasterio supra dicto, tam mobilia quam (in)mobilia, seseque moventia et tam predia urbana, quam rustica et molendina atque silvas domesticas et silvestres, prata et pascua spetialiter et generaliter omnia alia  sua bona bona, possessiones et iura realia et personalia ubicumque, undecumque, quomodocumque, quandocumque et qualitercumque sibi competentia vel competitura, pro redemptione anime sue et remissione suorum peccatorum; dando et cedendo predicta iure proprietatis et utilis vel directi dominii atque iure possessionis et detentionis, ita ut a modo predictum monasterium predicta bona, res et possessiones et cetera supradicta, habeat, teneat et possideat ac de eis fatiat quidquid ei monasterio et abbatisse dicti monasterii suisque successoribus vel aliis pro eis deinceps semper et perpetuo facere placuerit, cum lateribus seu finibus superioribus et inferioribus habitis, presentibus, preteritis et futuris cum omnibus et singulis super se infra se, seu intra se, habitis, vel habendis in integrum, omnique iure et actione usu vel requisitione sibi Mathie, ex heis vel pro eis bonis et rebus pertinentibus sive expectantibus, pro remissione suorum peccatorum et anime sue redemptione ut superius est narratum. Que bona res et possessiones dicta Mathia interea et semper constituit se precario et nomine dicti monasterii possidere, donec semel et pluries sua auctoritate, corporalem acceperit possesionem per se vel alium et maxime sindicum ipsius monasterii; quam accipiendi et retinendi ipsi monasterio vel alii pro eo dicta Mathia liberam licentiam dedit et plenariam potestatem et quod possit facere sua auctoritate predicta et quo(d)libet predictorum, iam dictum monasterium vel alius pro eo sive Curie vel iudicis requisitione; et promisit solempniter et legitime, dicta Mathia prestare et facere dicte Homodee legitimam defensionem pro predicto monasterio sollepniter et legitime stipulanti, nec contra predicta vel aliquod predictorum, per se vel alium, aliquando facere vel venire aliqua occasione vel exceptione; sub pena dupli extimationis dictorum bonorum et rerum, ut pro tempore quo plus valuerint vel meliorate fuerint, renuntians in hoc contractu conditioni sine causa et ex iniusta causa, exceptioni doli et in factum omnibusque aliis exceptioniobus, auxiliis et benefitiis que ipsi Mathie competunt vel competere possent, pro corrumpendis vel irritandis predictis vel aliquo predictorum; hiis omnibus a dicta Mathia per se suosque heredes sollempni stipulationi promissis sepe dicte Homodee  pro dicto monasterio solepniter stipulanti, sub dicta pena et dampna et expensas salaria cum interesse  reficere  promisit sollempniter et legitime semper sindici dicti monasterii credito sacramento sive alicuius iudicis vel rectoris (c)assatione.

Et ego Matheus imperali auctoritate notarius hiis omnibus interfui et ut supra legitur rogatus  a dictis contrahentibus ea omnia subscripsi et publicavi

 

1271.08.10:  Consacrazione di Mattia

Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno dalla sua natività 1271, indizione XIV, il giorno 10 Agosto, quando era vacante la Chiesa romana, (dopo la morte) del papa Clemente VI di felice memoria, redatto a Matelica, nel monastero di santa Maria Maddalena, davanti all’altare di santa Maria Maddalena, presenti don Morico di Giovanni, ora cappellano del detto monastero, il chierico Matteo di Giovanni e  Cosarello di Donato Guarini da San Severino, quali testimoni richiesti e a ciò chiamati.

Mattia figlia del fu Guarnerio del signor Gentile Lazani, offrì se stessa ed i suoi beni a Dio e a santa Maria Maddalena e al suo monastero posto nel borgo del castello e comune di Matelica, nelle mani di suor Omodea monaca del monastero che accoglie e stipula solennemente l’atto a nome e per conto  dello stesso monastero. Mattia offrì i beni tanto mobili che immobili e semoventi, i beni urbani ed i rurali, molini, boschi domestici e silvestri, prati, pascoli e possessi, in particore ed in generale ogni altro suo bene, possesso, diritto reale e personale di qualsiasi luogo, provenienza, tempo, modo e qualità spettante ora ed in futuro a lei, per la salvezza della sua anima e in remissione dei suoi peccati, dando e cedendo tutto quanto predetto in diritto di proprietà, di utilità, di dominio diretto, da possedere e tenere, in modo che il predetto monastero abbia, tenga, possieda i predetti beni, cose, possessi e quant’altro detto sopra e di ciò faccia quel che al monastero, all’abbadessa e sue succeditrici piacerà fare di quei beni, da ora e per sempre in perpetuo con i confini  e terreni, sopra e sotto, avuti, presenti, passati e futuri, con tutte e singole le cose che ci sono o che ci saranno sopra, dentro o sotto, per intero, con ogni diritto, azione, ed uso, tutto quanto appartiene e spetta a Mattia di quei o per quei beni, come detto sopra, per la remissione dei suoi peccati e per la redenzione della sua anima.  Mattia nel frattempo, stabilì di tenere il possesso di queste cose, terreni e beni, sempre a titolo precario, a nome del detto monastero fino a quando esso ne prenderà di sua autorità, in una o più volte, il possesso corporale di persona, o tramite altro, soprattutto tramite l’amministratore dello stesso monastero. Mattia diede libera licenza e pieno potere che a suo nome il monastero o altri per esso, possa fare tutto quanto detto sopra, anche per richiesta della Curia o di un giudice. Mattia promise solennemente e legalmente ad Omodea di fornirle la difesa legale per il suo monastero stipulante solennemente e legalmente, inoltre di non mai opporsi  od agire in contrasto, per qualsiasi occasione ed eccezione contro qualcosa di tutto quello che è qui scritto, sotto penalità del valore doppio dell’estimo di detti beni e cose, anche se acquisteranno maggior valore nel tempo o saranno migliorati. Rinuncia in questo contratto alle eccezioni e condizioni di causa giusta o non giusta, di inganno,  o di fatto, e a tutti gli aiuti e benefici che alla stessa Mattia competono o competessero per atti da invalidare o cambiare in alcunché delle predette cose. Mattia si impegna per sé ed eredi a risarcire ogni spesa con interesse, paga e danno per tutto quanto sopra promesso solennemente e legalmente, sotto la penalità, alla predetta Omodea stipulante per il monastero, per giuramento dato dall’amministratore del monastero o per intervento di un giudice o rettore.

Io notaio imperiale Matteo presente, richiesto, sottoscrissi, pubblicai tutto quanto scritto sopra.

 

1272 giugno 1

Viene nominato il procuratore del monastero matelicese S.M.M.per far  vivere  Mattia con le monache ivi, tenendo  i suoi  beni e recuperandone altri.

 

In nomine Domini. Amen. Anno eiusdem a nativitate MCCLXXII, indictione XV, die prima iunii, tempore domini Gregorii pape decimi. Actum ante portam monasterii sancte Marie Magdalene de Mathelica, coram Petruczolo Sartore, Petro Actonis Philippi, et Johanne Compangnonis del Sancto Angelo, testibus de hiis rogatis et vocatis.

Domina Allumenata prioressa  monasterii sancte Marie Magdalene de Mathelica, cum consensu et voluntate omnium suarum consororum ibidem exixtentium et monialium dicti monasterii, et ipse monilales earumque conlegium et capitulum, constituerunt et ordinaverunt fratrem Andream conversum dicti monasterii earum et dicti monasterii sindicum, procuratorem, et nuntium specialem ad excipiendum, nomine et vice dicti monasterii, tenutam et possessionem omnium bonorum, rerum, et hereditatis Mathiole filie quondam Guarnerii domini Gentilis Lazani, et ad tenendum ipsam possessionem corpore et ad utendum, et fruendum ea, et ad agendum extra ordinem et ordinarie contra ipsam Mathiolam, coram omni Curia et specialiter coram domino et magistro Guillelmo iudice et vicario domini Pape in Marchia, generali, et ad petendum coram eodem contra dictam Mathiolam uti ipsa Mathiola per supradictum vicarium cogatur redire ad dictum monasterium et ad habitandum  et Deo serviendum in eo, ut tenetur et debet atque promisit tempore dedicationis et offertionis sue, quam fecit in monasterio predicto, et ad ducendum ibidem vitam suam ut regularis et monialis eiusdem monasterii et ad petendum, coram dicto vicario, ut idem vicarius predictam Mathiolam moneat et cogat coherti(ti)one canonica et iurili redire ad predictum monasterium suamque rectricem, vel abbatissam, seu priorissam, atque sue consorores et ad degendum in eo et cum eis ut convenit, et precipiunt canonice sanctiones; et ad serviendum in eo Domino Jesu Christo; et ad  petendum ab Yuano domini Scangni, vel eius uxore domina Sibilia, unum par pannorum de gaccinello, quod Florecte vel Rose filie quondam Massei domini Rainaldi dare tenetur et debet;  et ad omnia alia singula fatienda et exercenda tam in  agendo, quam in defendendo que in predictis et quolibet predictorum  seu occasione eorum et circa  et extra predicta, necessaria vel utilia fuerint, ipsi sindico placuerint et expedire videbuntur et ad constituendum alium syndicum vel procuratorem, unum vel plures, uno tempore vel diversis temporibus, ad predicta agenda, vel alterum predictorum; sollempniter  promictentes per se suosque successores, nomine et vice  dicti monasterii et conventus eiusdem habere ratum et firmum quicquid in predictis per predictum sindicum factum fuerit et promissum sub obligatione et ypoteca bonorum et rerum dicti monasterii.

Et ego Matheus imperiali aucoritate notarius hiis omnibus interfui et ut supra legitur rogatus a predictis prioressa et sororibus et monialibus ea omnia subscripsi et publicavi.

 

1272.06.01: Procura per i beni di Mattia

Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno dalla sua natività 1272 indizione XV, a tempo di papa Gregorio decimo, il giorno primo del mese di giugno; redatto davanti alla porta del monastero di santa Maria Maddalena di Matelica, alla presenza di Petruzzolo Sartore, Pietro di Attone Filippi,e Giovanni di Compagnone da Sant’Angelo, testimoni chiamati e richiesti. La prioressa del monastero di santa Maria Maddalena di Matelica, donna Allumenata, con il consenso unanime delle consorelle monache ivi esistenti, espresso collegialmente in capitolo, stabilirono e ordinarono come amministratore, rappresentante e messaggero speciale del loro monastero, Fra’ Andrea converso, per prendere posseso e tenuta, a nome e per conto del monastero, di tutti i beni e cose dell’eredità di Mattiola, figlia del defunto Guarnerio del signor Gentile Lazani e a  tenerne corporalmemte il possesso, usarne, fruirne ed agire in modo ordinario e straordinario contro Mattiola di fronte ad ogni Curia, in particolare di fronte a Maestro Gugliemo giudice e vicario generale del papa nella Marca, e per chiedere che la stessa Mattiola venga, dal vicario stesso, costretta a tornare al predetto monastero per abitarvi e servire Dio in esso, come è tenuta e deve fare, e promise al tempo della dedizione ed offerta da lei fatta nel monastero predetto ed a vivervi come monaca e regolare dello stesso monastero. L’amministratore chieda di persona al vicario che ammonisca e costringa, con coercizione canonica e giuridica, Mattiola a tornare nel monastero stesso  vicino all’abbadessa o prioressa  o rettrice  ed alle monache  per viverci  insieme con loro, come conviene e come esigono le sanzioni canoniche, per ivi servire nostro Signor Gesù Cristo. Inoltre chieda a Ivano del signor  Scagno e  sua moglie donna Sibilia un paio di panni di “gattinello” che Fioretta o Rosa figlia del fu Masseo del signor Rainaldo ha diritto a ricevere da loro. Deve agire, difendere ed esercitare ogni altra cosa in occasione ed a motivo di quanto detto, secondo quanto necessario ed utile al monastero, come meglio potrà decidere, anche stabilendo un altro o più amministratori, nello stesso tempo o in tempi diversi, per fare le cose predette. Promettono per sé e successori, a nome e per conto del monastero e del convento di santa Maria Maddalena di tenere come deciso e stabilito quello che sarà fatto al riguardo dall’amministratore o dagli amministratori, sotto ipoteca dei beni e delle cose del monastero.

Io notaio Matteo di auorità imperiale, richiesto da prioressa, monache e suore sottoscrissi e pubblicai quanto scritto sopra.

 

1273 aprile 19

Venutula dona se stessa ed i suoi beni a Dio nel monastero matelicese S.M.M.  nelle mani della badessa Mattia.

 

In nomine Domini. Amen. Anno eiusdem a nativitate millesimo ducentessimo (septua)gessimo tertio, indictione prima, die XVIIII aprilis, tempore domini Gregorii pape decimi, Mathelice, in monasterio Sancte Marie Magdalene, coram dompno Morico Johannis, domino Finaguerra domini Albrici, magistro Suppo Nicole, frate Vitale, fratre Lenguatio, fratreque Andrea, conversis eiusdem monasterii, testibus de hiis rogatis et vocatis. Venutula filia quondam Vitalis Christiani que alias vocatur Angelutia, iure proprio cessit et dedit offerendo se et sua Deo et Beate Marie Magdalene monasterii (ripetuto) dominarum de Mathelica, domine Mathie abbatisse dicti loci vel monasterii, nomine et vice ipsius monasterii et conventus eiusdem recipienti et solempniter stip(ulanti), omnia sua bona mobilia et immobilia, seseque moventia, iura et accessiones reales et personales utiles et directas mixtas atque con(trar)ias que et quas ipsa Venutula condam habuit, nunc habet, vel in antea habere posset, quoquo modo vel causa in castro Mathelice et eius districtus et ubique locorum; vel alius pro ea et ab ea habet, tenet et possidet et spetiali(ter) bona et res et possesiones ad ipsam Venutulam pertinentes ex successione dicti patris sui Vitalis et domine Benvenisti filie quondam Albrici Carelli, matris sue ex testamento, sive ab intestato, seu aliter; ut a modo predicta domina abbatissa sueque in posterum successores et predictum monasterium et alie persone pro eo predicta omnia habeant, teneant ac possidenat ac de eis fatiant quicquid sibi eorumque successoribus deinceps perpetuo facere placuerit omnibus et singulis super se, infra se (seu) intra se, habitis vel habendis in integrum omnique iure et (act)ione usu seu requisitione sibi ex hiis rebus vel pro hiis rebus pertinenti(bus) sive expectanti(bus), pro amore Dei et remedio anime sue et remissione suorum peccatorum, suorumque parentum. Que bona, res et possessiones in totum constituit se dicta Venutula, precario et nomine dicte domine abbatisse vel monasterii, possidere, donec ipsorum corporalem acceperit possessionem; quam accipiendi auctoritate sua et retinendi deinceps sibi licentiam dedit et plenariam potestatem, et promisit ea omnia per se suosque heredes et successores ipsi domine abbatisse pro se suisque successoribus et dicto monasterio sollempniter stipulanti litem nec controversiam movere set dicta bona res et possesiones ab omni homine et universitate legitime defendere ei domine abbatisse et suis successoribus auctoriczare atque disbrigare et omnia dampna et expensas, salaria cum interesse que et quas et que et quod dicta domina abbatissa et sui successores et ipsum monasterium fecerint vel sustinuerint, in iuditio et extra, in eundo et redeundo seu stando vel alio loco vel causa pro predictis bonis rebus et possessionibus, integre reficere ac resarcire; nec contra predicta vel aliquid de predictis per se vel alium aliquando facere et venire occasione minoris etatis vel alia quacumque ratione vel occasione, sub pena dupli extimationis dictorum bonorum rerum et possessionum, ut pro tempore quo plus valuerint vel meliorata fuerint, a dicta Venutula ipsi domine abbatisse et pro dicto monasterio sollempniter stipulata et promissa; et ea soluta vel non, predicta omnia et singula supra scripta in omnibus et singulis capitulis et pu(n)ctis suprascriptis, nichilhominus suam semper optineant perpetuam firmitatem et sub ypoteca et obligatione suorum bonorum.

Et ego Matheus imperiali auctoritate notarius hiis omnibus interfui et ut supra legitur ea omnia rogatus subscripsi et publicavi.

 

1273.04.19: Consacrazione di Venutula

Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno dalla sua natività 1273, indizione prima, il giorno 19 aprile, a tempo del papa Gregorio X, a Matelica nel monastero di Santa Maria Maddalena;  presenti don Morico di Giovanni, il signor Finaguerra del signor Albrico, mastro Suppo di Nicola, frate Vitale, frate Lenguatio, frate Andrea, conversi dello stesso monastero, come testimoni a ciò richiesti e chiamati. Venutula figlia del fu Vitale di Cristiano, che è chiamata anche Angeluccia, di proprio diritto, offrì se stessa e i suoi beni a Dio e alla beata Maria Maddalena del monastero delle donne di Matelica, a donna Mattia badessa del detto luogo o monastero, la quale riceve e stipula a nome e per conto dello stesso monastero e convento. Venutola cedette e diede tutti i suoi beni mobili ed immobili o semoventi, diritti e accessioni reali e personali, utili e dirette, miste e contrarie, che lei stessa ebbe un tempo, ha ora o potrebbe avere in qualunque modo o causa nel castello di Matelica e suo distretto e in ogni altro luogo; anche i beni che un’altra persona per lei e da lei tiene e possiede, specialmente i beni, le cose e i terreni che sono pertinenti alla stessa Venutola dalla successione di suo padre Vitale e di sua madre signora Benvenisti figlia di Albrico Carelli, da testamento o senza testamento o diversamente, in modo che la predetta donna abbadessa e sue succeditrici e il predetto monastero e le altre persone per conto di esso, abbiano, tengano e posseggano tutti i beni e ne facciano come vogliono con tutto quello che c’è o ci deve essere per intero e con ogni diritto ed azione, uso o requisizione, per sé, da quelle cose o a quelle cose pertinenti e  spettanti. Venutula lo fa per amore di Dio e per il bene dell’anima sua e per la remissione dei peccati suoi e dei suoi parenti. In tutti questi beni, cose e terreni, Venutula stabilì di averne interamente il possesso, a titolo precario, a nome di detta donna abbadessa o del monastero, fino a quando esso ne prenderà possesso corporale e diede licenza e pieno potere di prenderlo di propria autorità e di tenerlo sin da ora. Promise per sé, per i suoi eredi e successori alla stessa donna abbadessa per sé e per le sue succeditrici e per il detto monastero, solennemente stipulante per queste cose, di non muovere lite né controversia, ma legalmente difendere i beni, le cose i terreni da ogni uomo e comunità a favore dell’abbadessa e sue succeditrici;  (deve) autorizzare, disbrigare e rifondere ogni danno e spesa, salario con interesse, e tutto quel che la detta donna abbadessa e le sue succeditrici e lo stesso monastero faranno e sosterranno in giudizio o fuori, andando, ritornando, stando o altro luogo e causa, per i beni predetti e qualunque di essi integralmente ripagarli e risarcirli; né mai agire contro le cose dette sopra o alcuna di esse, da sé o per mezzo di altra persona a motivo di età minore o altra qualsiasi ragione od occasione, sotto penalità del doppio dell’estimo di detti beni, cose e terreni, come avranno valore nel tempo o saranno migliorati, tutti i beni stipulati e promessi dalla detta Venutula alla stessa donna abbadessa e al detto monastero. Tutte queste cose scritte e ogni singola, in ogni punto e capitolo abbiano sempre perpetua stabilità, pagata o non pagata la penalità, sotto ipoteca ed obbligazione dei suoi beni.

Io notaio imperiale Matteo fui presente a tutte queste cose e sottoscrissi tutto quanto si legge sopra e lo pubblicai.

 

1273 aprile 21

Il vicario pontificio per le attività spirituali nella Marca anconetana concede  un indulto per elemosine  alle monache S.M.M. per una cisterna d’acqua.

 

Thomas fanensis prepositus, domini Pape Vicarius in Anconitana Marchia, Massa Trabaria et Civitate Urbini super spiritualibus generalis, universis Christifidelibus per Anconitanam Marchiam, Massam Trabariam et Civitatem Urbini constitutis, presentes licteras inspecturis, salutem in Domino. Comunicatu pietatis obtentui personis religiosis desteram nostram exibere propitiam et eis remedium solaminis impertiri, cum igitur religiose domine Abbatisse et conventus monasterii Sancte Marie Magdalene de Mathelica inceperint facere fieri, propter magnam utilitatem et necessitatem aque, unam cisternam im(!) monaterio suo et ipsum opus propter paupertatem perficere non possint, nec ad id proprie suppetant facultates, universitatem vestram monemus et hortamur attente, vobis in remissionem peccaminum, iniungentes quatenus, de bonis adeo vobis collatis, elemosynas et grata caritatis subsidia erogetis, ita quod, per subventionem vestram, dictum opus valeat consummari et vos, per hec et alia bona, que Domino inspirante, feceritis, ad eterna possitis gaudia pervenire. Nos igitur de Christi misericordia, gloriose Marie semper Virginis eius matris, beatorum Petri et Pauli apostolorum et beate Marie Madalene ac aliorum sanctorum meritis confisi et eorum patrocinio communiti, autoritate domini Pape qua fungimur, universis et singulis qui de personis vel rebus, quotiens eis manum porrexerint adiutricem, centum dies de iniunta eis penitentia misericorditer in Domino relaxamus. In cuius rei testimonium presentes licteras fieri et nostri sigilli appensione muniri. Datum Esii XXI aprilis anno Domini MCCLXXIII, indictione prima, tempore domini Gregori pape X.

 

1273.04.21: Indulto per elemosine al monastero

Tommaso preposito di Fano, vicario generale del papa per le realtà spirituali della Marca Anconetana, della Massa Trabaria e della città di Urbino, saluta nel Signore tutti i fedeli cristiani che sono in questi luoghi e leggeranno la presente lettera. Volendo porgere il nostro aiuto favorevole e mandare un rimedio di consolazione alle persone religiose con senso di solidale pietà, dato che le religiose della badessa e il convento del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica hanno cominciato a far costruire una cisterna per la grande necessità ed utilità dell’acqua nel loro monastero e per la povertà non possono portare a termine tale opera, non avendo beni sufficienti,  ammoniamo ed esortiamo tutti voi,  chiedendo di aiutarle, in remissione dei peccati, dando elemosine  e aiuti catitatevoli, in modo tale che detta opera possa esser competata per mezzo della vostra sovvenzione e voi, per questa e per altre opere di bene che compirete con l’ispirazione divina, possiate giungere alla felicità eterna. Noi, rafforzati dal patrocinio e fiduciosi nella misericordia di Cristo, per i meriti della beata Vergine Maria, dei beati apostoli Pietro e Paolo, della beata Maria Maddalena e degli altri santi, avvalendoci dell’autorità ricevuta di vicario del Papa, concediamo ai benefattori l’indulgenza, per misericordia del Signore, di cento giorni della penitenza imposta (in confessione) ogni volta  che porgeranno la mano in aiuto a quelle religiose.

A testimonianza di ciò abbiamo fatto scrivere la presente lettera, munita del sigillo nostro appostovi. Data a Jesi il 21 aprile 1273, indizione prima, a tempo del papa Gregorio X.

 

1273 aprile  19 (? 1274)

Le monache e la badessa Mattia di S.M.M. donano un oratorio monastico sul monte Gemmo a frate Rainaldc che vi si ritira.

 

GRIMALDI, 1915, pp.333-334; e ACQUACOTTA, 1816, pp.54-57 data 1273 :dal comune matelicese

Exemplum sive copia . In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem a nativitate MCCLXXIII, indictione I, die nono decimo aprilis, tempore Gregorii pape X, Mathelice in oratorio Sancte Marie Madalene de Mathelica, coram dompno Accurso plebano plebis Mathelice, fratre Landolfo Jacomelli et fratre Accurimbona Severini Boni de ordine predicatorum, magistro Alebrandino vicario communis Mathelice, domino Fantegino Raynaldi, domino Fynaguerra domini AIbrici, Frederico domini Alberti, Albertutio Bucari, Yvano domini Scagni Brackete et Zovicta testibus.

Frater Raynaldus Topinus petiit et umiliter supplicavit dominae Abbatissae monesterii Sancte Marie Madalene de Mathelica ut eidem fratri Raynaldo de gratia speciali dignetur concedere et sibi concedat adque det licentiam et aucoritatem adque plenariam potestatem faciendi penitentiam et Deo serviendi in montibus Genbi districtus Mathelicani in loco qui dicitur Trocke et commorandi ibidem in servitio Jesu Christi sub vita et regula sancti Benedicti religione retenta. Que domina abbatissa respondit quod inde baberet conscilium et consensum suarum monalium et consororum. Et statim, ut moris est, fecit pulsari campanam ad capitulum in conventu congregandum, in quo capitalo, facta propositione et reformatione, deliberatum est ut ad praedicta ad sensum et laudem ipsius fratris Raynaldi syndicus ordinetur. Preterea domina Mathia dicta abbatissa monesterii supradicti cum consensu et voluntate consororum, silicet Alluminate sororis, sororis Homodee, sororis Cristine, sororis Iustine, sororis Guidutie, sororis Annese, sororis Margarite, sororis Bevenute, sororis Ysabet, sororis Andree. sororis Cataline, sororis Deutame, sororis Francesce, sororis Iacobe, sororis Barbare, sororis Lucie, sororis Daniele, sororis Berardesce, sororis Cristiane, sororis Cicilie, sororis Aurie, sororis Jacomelle, sororis Iohanne, sororis Rose, sororis Mathie, sororis Caradonne, sororis Mansuete, sororis Lavine, sororis Nastasie, sororis Thomasse, et fratre Lenguatio converso dicti monesterii absolvit, dimixit et liberavit predictum fratrem Raynaldum ab omni obedientia et reverentia et omni promissione, quam idem frater Raynaldus fecisset dicto monesterio, et abbatisse et qua esset obbligatus, ascriptus, et suppositus, vel annexus et ut teneretur vel obligatus esset realiter vel personaliter tam dicto monasterio, quam abbatisse predicte et dedit abbatissa predicta iam dicto fratri Raynaldo, de consensu omnium predictorum consororum et monialium,  licentiam et autoritatem  et plenariam potestatem degendi et Deo famulandi ac serviendi et penitentiam agendi in montibus Genbi districtus Mathelice in loco qui dicitur Troche sub vita et regula beati Benedicti religione retenta congrua et decenti,   ita quod a modo sit exentus et absolutus realiter et personaliter quoad omnia, ab  omni eo   quo teneretur abbatisse predicte in monesterio sepe dicto, a modo dictus frater Raynaldus, in acquisitis et acquirendis loco dictarum Trockarum, realiter et personaliter omnimode sit annessus. Ad que omnia supradicta dicta domina Abbatissa cum consensu et voluntate dictarum suarum consororum et monialium  constituit et ordinavit fratrem Vitalem conversum dicti monasterii suum et dicti monasterii et dictarum monialium et consororum legitimum  syndicum et procuratorem ad liberandum predictum fratrem Raynaldum ab omnibus supradictis  et ad renuntiandum eidem  predicto loco Trockarum omne jus quod predictuum monesterinm et abbatissa quondam habuit et nunc habet vel in antea habere posset aversus predictum fratrem Raynaldum et dictum locum seu oratorium vel ecclesiam Trockarum vel de Trockis nomine et occasione alicuius residentie, operarum constructionis, operis vel edifitiis in dicto loco Trockarum  facte vel facti vel faciendi per ipsum fratrem Raynaldum, vel alias pro eo et ab eo, et nomine et occasione alicuius acquisitionis facte ab eo in dicto loco Trockarum, alicuius donationis eidem fratri Raynaldo facte vel faciende a Petro domini Iacobi et Nepoliono Raynerii et communi Matelice ac aliis personis de montaneis, terris, silvis et quibuscumque aliis bonis, promittens habere ratum quidquit per predictum syndicum factum fuerit.

Qui frater Vitalis syndicus incontinenti omnia et syngula supra scripta egit fecit etsercuit promisit convenit ac ad ea dictum monesterium solleniter adque legitime obligavit predicto fratri Raynaldo,  etc.  Matheus notarius

Munaldus Biciculi notarius predictum istrumentum ut invenit in orriginali trascripsit mandato et autoritate sapientis viri domini Iohannis Corradi judicis et vicarii Comunis Mathelice. Anno Domini   MCCLXXXIX, indinctione   II, tempore domini Nicolay pape quarti, die XI Iunj in Palatio Comunis Mathelice presentibus domino Thomagino Feste,  Palmerulo magistri Palmerii et Francisco Bonafidei testibus.

 

1273.04.19: Donazione di un monastero

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno dalla sua nascita 1273, indizione prima, il giorno 19 aprile, al tempo di papa Gregorio X, a Matelica, nell’oratorio di santa Maria Maddalena di Matelica, mentre sono presenti don Accurso pievano della pieve di Matelica, frate Landolfo Jacomelli e frate Accurrimbona di Severino Boni dell’ordine dei Predicatori, mastro Alebrandino vicario del comune di Matelica, il signor Fantegino di Rinaldo, il signor Finaguerra del signor Albrico, Federico del signor Alberto, Albertuccio di Bucaro, Yvano del signor Scagno Bratte, e Zovitta, come testimoni chiamati a ciò e richiesti. Frate Rinaldo Topino chiese ed umilmente supplicò la donna badessa del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, affinché si degnasse concedere,  conceda allo stesso frate Rinaldo, e dia, per speciale grazia, l’autorizzazione con pieno potere ed autorità ad usare il luogo detto Trocche del monte Gembo, nel distretto matelicese, per ivi servire Dio e fare penitenza, rimanervi a dimorare nel servizio a Gesù Cristo, nella vita e nella regola religiosa tenuta da san Benedetto. L’abbadessa gli rispose dicendo che avrebberichiesto il consiglio ed il consenso delle sue suore e monache. E, come d’uso, fece suonare la campana, prontamente per riunire il capitolo del convento. In questo, fatta la proposta in approvazione si deliberò favorevolmente secondo le richieste a lode di frate Rinaldo riconosciuto amministratore. Inoltre l’abbadessa donna Mattia con il consenso e la volontà delle consorelle e delle monache dello stesso monastero, cioè con il consenso e con la volontà delle seguenti suore: Alluminata, Omodea, Cristina, Giustina, Guiduccia, Agnese, Margherita, Benvenuta, Isabetta, Andreina, Catalina, Diotama, Francesca, Giacoma, Barbara, Lucia, Daniela, Berardesca, Cristiana, Cecilia, Auria, Giacomella, Giovanna, Rosa, Mattiola, Caradonna, Mansueta, Lavinia, Anastasia, Tomassa e frate Lenguatio converso dello stesso monastero, fece l’atto liberatorio, di scioglimeto e dimissione al predetto frate Rinaldo da ogni vincolo di riverenza, obbedienza e da ogni sottomissione, promessa ed obbligo che lo stesso frate Rinaldo avesse fatto allo stesso monastero ed alla badessa, e comunque fosse vincolato, obbligato personalmente, realmente verso il monastero  e la badessa predetti. La stessa abbadessa, con il consenso di tutte le predette consorelle e monache, diede licenza, pieno potere ed autorità al frate Rinaldo di rimanere ivi, in unione spirituale con Dio per servirlo, e fare penitenza nel luogo detto Trocche del monte Gembo, nel distretto di Matelica, sotto la vita e regola religiosa tenuta da san Benedetto, in maniera congrua e decente. In questo modo il frate sia sin da ora in tutto esente e non vincolato personalemte e realmente, da qualunque precedente legame con il monastero e con la badessa predetti; acquisiva e acquisirà realmente e personalmente in ogni modo l’annessione al luogo detto Trocche. L’abbadessa, con il consenso e la volontà delle sue predette suore e monache, come detto sopra, stabilì e ordinò che Frate Vitale converso dello stesso monastero, fosse legittimo amministratore, procuratore, a nome suo e del monatesro delle suore e monache, per liberare frate Rinaldo da ogni vincolo, come detto sopra, per rinunciare ad ogni diritto, azione, ragione che il monastero stesso e la sua badessa ebbero, hanno o avrebbero, nel passato, nel presente e nel futuro, nei confronti di frate Rinaldo e del luogo od oratorio e chiesa delle Trocche, a qualsiasi titolo od occasione di residenza, costruzione, opera o edificio che lo stesso frate Rinaldo ha fatto, fa o farà anche tramite altra persona, parimenti per ogni acquisizione da parte del frate stesso nel luogo Trocche. Inoltre lo rende autonomo per ogni donazione fatta o da fare da parte di Pietro di Giacomo e da Nepoliono di Raniero e dal comune di Matelica o da altre persone, per terre di montagna, boschi e ogni altro bene. Quello che fra Vitale avrebbe deciso viene sin d’ora considerato definitivo e stabilito. Così lo stesso frate Vitale fece ogni azione, esecuzione, promessa, contratto obbligando legalmente e solennemente il detto monastero nei rapporti con frate Rinaldo predetto.

Scrive l’atto il notaio imperiale Matteo. La copia di questo atto è stata scritta in data 11 giugno 1289 nel Comune di Matelica alla presenza di signor Tomagino di Festa, Palmerulo di matro Palmerio e Francesco di Bonafede, testimoni.

 

1274 agosto 18

Il vicario pontificio per le realtà spirituali nella Marca anconetana fa eseguire al pievano di Matelica un’istruttoria presso le monache e la badessa Mattia di S.M.M. su Venutula.

 

In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem MCCLXXIIII indictione II, tempore domini Gregorii pape X, die XVIII agusti intrantis. Actum Mathelice ante portam monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica, presentibus dompno Johanne Divitie, dompno Ventura magistri Actonis, testibus de his vocatis. Dompnus Adcursus plebanus plebis Mathelice ex vigore licterarum et auctoritate venerabilis domini magistri Bernardi narbonensis archidiaconi cappellani domini Pape vicarii generalis in Marchia Anconitana in spiritualibus, rogavit, monuit, sub excommunicationis pena, precepit domine Mathie abbatisse monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica, fratri Jacobo syndico dicti monasterii et omnibus monialibus loci eiusdem, ut exiberent corporaliter sacramentum et dicere(!) veritatem super his que in licteris continentur; a quo precetto tam abbatissa quam dictus syndicus vice et nomine ipsorum, monasterii et totius conventus, una voce adpellaverunt pro eo quod dicunt se velle dicere veritatem sine sacramento et parate sunt, iussta posse, ita facere quod puella, de qua questio vertitur, usque ad quartam diem personaliter compareat coram domino vicario supradicto et ipsius obbedire mandato. Forma autem licterarum hec est et talis est.

Magister Bernardus archidiaconus narbonensis, domini Pape cappellanus, Marchie Anconitane, Masse Trabarie, civitatis ac diocesis Urbini in spiritualibus vicarius generalis, provido viro dompno Accurso plebano plebis de Mathelica, salutem in Domino. Nuper ad denuntiationem excommunicationis illate per vos contra abbatissam et conventum monasterii Sancte Marie Madalene, occasione detentionis Venutule Vitalis cuius tutor est Petrus Amate de Mathelica, de nostro cessastis mandato, eo quod sententia ipsius excommunicationis nostre sub conditione lata fuerat, et non pure, super quo idem tutor, nunc in nostra presentia constitutus, querimoniam mangnam fecit, sentiens se propter hoc gravari; nos autem volentes in predictis procedere ut iuris est, tenore presentium vobis qua fungimur auctoritate mandamus iniungendo sub excomunicationis pena quatemnus, visis presentibus, ad dictum monasterium personaliter adcedenteris (!) recetto a predictis abbatissa et monialibus corporali iuramento, queratis ab eis si memoratam puellam, tempore litigii quod fuit occasione dicte puelle inter dictum tutorem et dictas abba(ti)ssam et moniales, possederunt et tenuerunt vel eam non dexierunt de lo possidere; resscripturum nobis dictum earumdem et quidquid fecerint in predictis, ut super premissa negotia procedere valemus secundum tramitem retionis. Datum Cinguli XVI agusti pontificatus domini Gregorii pape  X anno tertio.

Dopnus Adcursus plebanus plebis Mathelice interrogavit supradictam dominam abbatissam et fratrem Jacobum syndicum dicti monasterii si puella si puella (!) de qua questio ventilatur, fuit tempore litigii et quo modo dixcessit (!) de ipso monasterio et ubi est nunc. Ad que dicta domina abbassa(!) resspondens dixit quod dicta Venutula fuit in dicto monasterio V die intrante martio prossime preterito et exttiterat (!) per XI mensex (!)  precedentes proximum martium preteritum; interrogata quo modo dixcessit dicta puella de ipso monasterio, dixit quod fecerit eam excedere de consilio fratris Jacobi, plebani plebis Faverii et aliorum sapinet(um) ipsius monasterii. Item interrogata ubi est nunc, dixit quod est in quodam monasterio de ducatu quod vocatur monasterium monasterium (!) Sancte Marie Madalene.

Et ego Bonacosa Benvengnati imperiali auctoritate notarius predictis interfui et de mandato dicti plebani scripsi et plubicavi (!) . . . . .

 

1274.08.18: Istruttoria giudiziaria

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno suo 1274, indizione seconda, a tempo di papa Gregorio X, il giorno 18 agosto, redatto a Matelica, davanti alla porta del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica; presenti il signor Giovanni di Divizia, il signor Ventura di mastro Attone, come testimoni a ciò chiamati. Don Accurso pievano delle pieve di Matelica, in vigore della lettera e per autorità del cappellano del Papa maestro Bernardo arcidiacono narbonense, vicario generale nelle realtà spirituali nella Marca di Ancona, richiese, ammonì e sotto forma di scomunica diede ordine a donna Mattia abbadessa del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, a frate Giacomo amministratore di tale monastero ed a tutte le monache del luogo di prestar giuramento personale e dire la verità circa le notizie richieste dalla lettera. La badessa e il sindaco, a nome loro e del monastero e di tutto il convento, con voce unanime, fecero appello per il fatto che dicono di voler dire la verità ma senza giuramento e sono pronte a fare il loro possibile affinché la ragazza di cui si parla, entro il quarto giorno, compaia personalmente alla presenza dello stesso vicario papale ed obbedisca ai suoi comandi.

La lettera ha questo contenuto. Maestro Bernardo arcidiacono narbonense, cappellano e vicario generale del Papa nelle realtà spirituali nella Marca Anconetana, nella Massa Trabaria e nella città e diocesi di Urbino, saluta nel Signore don Accurso pievano della pieve matelicese. La vostra minaccia di scomunica contro la badessa e il convento del monastero di Santa Maria Maddalena, nell’occasione che tenevano Venutula di Vitale di cui è tutore Pietro d’Amata di Matelica, era stata da noi sospesa a motivo del fatto che il dare la scomunica non era immediato, ma era posto sotto nostra condizione. Di fatto il tutore della ragazza, avvertendo la gravità incombente, si è presentato a noi per lamentarsi molto. Noi vogliamo procedere in forma giuridica; e d’autorità, con questa lettera, vi facciamo ingiunzione sotto pena di scomunica, affinché, dopo letta la presente, vi rechiate di persona al monastero per interrogare le monache e l’abbadessa che prestino giuramento e dicano in verità se la detta ragazza era stata tenuta in monastero e sotto il dominio dall’abbadessa e dalle monache, al tempo del litigio che il tutore di lei ebbe per tale problema con l’abbadessa e con le monache. Per iscritto dateci informazione su quanto dicono al riguardo affinché noi possiamo procedere seguendo il tramite della ragione. Data a Cingoli il 16 agosto nell’anno terzo del pontificato di papa Gregorio X.

Il pievano matelicese Accurso interrogò la badessa del monastero e frate Giacomo loro amministratore, se la ragazza in argomento fosse stata in monastero all’epoca del detto litigio e come fosse uscita dal monastero e dove al presente si trovasse. La badessa rispose che Venutula era restata in monastero per undici mesi fino al giorno 5 marzo ultimo scorso. Interrogata sul modo come fosse uscita da lì, rispose che l’aveva fatta uscire per consiglio di frate Giacomo, del pievano di Pieve “Faverio” e di altre persone sagge del monastero. Interrogata sul luogo ove si trovasse al presente, rispose che era in un monastero del ducato, monastero chiamato di santa Maria Maddalena.

Scrissi il presente atto io Bonacosa Benvegnati, notaio imperiale, per ordine del pievano e lo pubblicai.

 

1275 febbraio 11

Il vicario pontificio per le realtà spirituali nella Marca anconetana concede al monastero matelicese S.M.M. il privilegio che non si costruista altro oratorio nelle vicinanze di esso.

 

Magister Bernardus archidiaconus narbonensis, domini pape cappellanus, Marchie Anconetane, Masse Trabarie ac civitatis et diocesisis Urbini super spiritualibus vicarius generalis dilectis in Christo sibi  *****(spazio senza nome) abbatisse et conventui monasterii Sancte Marie Magadalene de Matelica camerinensis diocesis salutem in Domino. Exhibita nobis vestra petitio continebat quod cum bone memorie dominus condam Guido camerinensis episcopus vobis indulcxerit(!) ut nullus religionis mon(asterium) aut clau(str)um seu oratorium religios(orum)  . . .(edifi)cari vel contrui possit de novo (foro) . .  . .(=infra) spatium sexaginta cannarum ad cannam iustam comitatus camerinensis a vestro monasterio, misuratarum per aera, confirmare vobis indulceum(!) huiusmodi curaremus, nos igitur petitionem huiusmodi admictentes indul(t)eum ipsum vobis tenore presentium prout rite ac iuste factum est, auctoritate qua fungimur, confirmamus. In cuius rei testimonium presentes licteras vobis exinde fieri fecimus sigilli nostri appensione munitas. Datum aput Montecculum anno Domini MCCLXXV die XI februarii III indictionis, pontificatus domini Gregorii pap(e) decimi anno tertio.

 

1275.02.11: Indulto vescovile per il monastero

Il Maestro Bernardo, arcidiacono narbonense, cappellano del papa e suo vicario generale nelle realtà spirituali della Marca Anconetana, della Massa Trabaria e della città e diocesi di Urbino saluta nel Signore la badessa e le monache, dilette in Cristo, del convento di Matelica, diocesi di Camerino. Nella richiesta da voi presentataci domandate che vi confermiamo l’indulto del defunto predecessore don Guido vescovo camerinese di buona memoria, che non si potesse di nuovo edificare o costruire nessun monastero o chiostro ad uso di religiosi entro lo spazio di sessanta canne secondo la giusta canna del comitato di Camerino, misurate dal vostro monastero in linea d’aria. Noi dunque accettiamo la siffatta richiesta  e in forza della presente lettera vi confermiamo lo stesso indulto richiesto in modo rituale e giusto per l’autorità di cui siamo investiti. A testimonianza di ciò abbiano fatto fare la presente lettera munita con l’appendervi il nostro sigillo.

Dato presso Montecchio nell’anno del Signore 1275 giorno 11 febbraio, indizione terza, anno terzo del pontificato del nostro papa Gregorio X.

 

1278 febbraio 16

Le suore del monastero matelicese di Sant’Agata sottomettono se stesse ed i beni  monastici al monastero e alla badessa Mattia di S.M.M.per avere dignità di vita.

 

In Dei nomine. Amen. Anno Domini MCCLXXVIII indictione VI tempore domini Nicolai pape tertii, die XVI februarii intrantis. Actum in monasterio sive ecclesia Sancte Agathe de Mathelica, presentibus dompno Ventura, magistro Compagnono, Yuano domini Scangni, Bocabreza Barthuli, Petro domini Jacobi et Nepuliono Rainerii, testibus.

Domina Alluminata sive Latina abbatissa seu priorissa loci et sororum Sancte Agathe de Mathelica et soror Benvenuta monialis dicti loci sancte Agathe dederunt, donaverunt, cesserunt et submiserunt se et dictum locum cum bonis, rebus et possessionibus eis pertinentibus, monasterio Sancte Marie Madalene et fratri Jacobo syndico ipsius monasterii, recipienti nomine et vice ipsius monasterii Sancte Marie Madalene de Matelica; et promiserunt ipsi syndico, recipienti pro domina Matthia abbatissa predicti monasterii Sancte Marie Madalene, abedientiam et reverentiam, paupertatem et castitatem et observare regularia  i(n)stituta predicti monasterii et (quod) predicta domina abbatissa possit ponere moniales et sorores in dicto loco Sancte Agathe et removere, cum dicte sorores Sancte Agathe videant et congnoscant se non posse honeste vivere in ipso loco; hoc ideo dederunt et concesserunt dicto monasterio pro redentione peccatorum suorum; et quia ipse frater Jacobus syndicus dicti monasterii Sancte Marie Madale(ne) recepit predictas sorores sub regula dicti monasterii, cum domibus et hedifitiis, plateam et territorium dicti monasterii Sancte Agathe et cum omnibus aliis iuribus et actionibus que ubicumque dictus locus et ipse sorores coniunctim vel divisim habent vel habere possunt modocumque vel causa; reservato sibi Alluminate fructus tenutam et possessionemm et proprietatem unius petie terre posit(e) in dicstrictu (!) Mathelice, in villa Camoiani, iusta dominum Fanteginum et viam; que de ipsa terra ipsa Alluminata in vita et morte, possit facere vel relinquere ad suam voluntatem; dando et concedendo predicto fratri Jacobo syndico dicti monasterii Sancte Marie Madalene, liberam licentiam et plenariam potestatem, auctoritate propria, accipiendi tenutam et possessionem dictarum rerum et de eis fatiendi quicquid eis videbitur, promictentes rata et firma perpetuo habere atque tenere et in nullo contra facere vel venire, aliqua occasione vel exceptione sub obli(gatione) bonorum dicti loci Sancte Agathe.

Ego Bonaventura Benenanti notarius plubicus (!) predictis omnibus interfui et a predictis contrahentibus rogatus ea omnia scripsi et publicavi.

 

1278.02.16: Oblazione del luogo di Sant’Agata

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1278, indizione sesta, al tempo di papa Nicolò III, il giorno 16 febbraio, redatto nel monastero o chiesa di Sant’Agata di Matelica, presenti il signor Ventura, mastro Compagnono, Ivano del signor Scagno, Boccabreza di Bartolo, Pietro del signor Giacomo e Napoliono di Raniero, testimoni a ciò chiamati. Donna Alluminata o Latina badessa o prioressa del luogo e delle suore di Sant’Agata di Matelica e suor Benvenuta monaca di detto luogo di Sant’Agata, dettero, donarono, consegnarono e sottomisero se stesse e il detto luogo con i beni, le cose e i terreni pertinenti, al monastero di Santa Maria Maddalena e a frate Giacomo amministratore di questo monastero, il quale le accoglie a nome e per conto di questo stesso monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica. Esse promisero all’amministratore che le riceve, a nome di Mattia  badessa di esso monastero di Santa Maria Maddalena, la loro obbedienza, riverenza, povertà e castità e di osservare le istituzioni della regola di detto monastero. La predetta donna badessa ha il potere di stabilire le dette monache e suore nel detto luogo di Sant’Agata e può rimuoverle, dato il fatto che le stesse suore di Sant’Agata vedono e riconoscono che esse non possono vivere decorosamente nel luogo di Sant’Agata e per questo motivo si donarono e consegnarono al predetto monastero per la redenzione dell’anima e dei loro peccati. Frate Giacomo amministratore del detto monastero di Santa Maria Maddalena accolse le dette suore sotto la regola di esso monastero, con le case, gli edifici, lo spiazzo e le terre del monastero di Sant’Agata e con tutti gli altri diritti, azioni e tutto quello che il luogo loro e le stesse suore, insieme o singolarmente, hanno o possono avere in ogni modo o causa.

Donna Alluminata si riserva la tenuta del fruttato, il possesso e la proprietà di un pezzo di terra posta nel distretto di Matelica, a Villa “Camoiano” a confine con il signor Fantegino e con la via. La stessa Alluminata in vita ed in morte può fare e lasciare questo terrenuccio a sua volontà. Dà e concede a frate Giacomo, amministratore del monastero di Santa Maria Maddalena, libera licenza e pieno potere, di propria autorità di prendere la tenuta ed il possesso delle predette cose di San’Agata, e di fare di queste tutto ciò che vorranno, promettendo di tenere stabile e deciso per sempre e non agire o fare in contrario, in nessun occasione, né eccezione, obbligando in ciò i beni di Sant’Agata.

Io Bonaventura Benenanti pubblico notaio richiesto, fui presente a tutte le cose scritte sopra, ho sottoscritto e pubblicato.

 

(1278 marzo 7 : manca la parte iniziale, il testo è  nella sentenza 13.09.1286)

Le suore del monastero matelicese di Sant’Agata rinunciano ad agire contro il monastero e  la badessa Mattia di S.M.M. annullando  le procure precedenti.

 

. . . . . . . . . . . . . a secundo fossus communis, a terio filii . . . . . . . . . . . . . . . . . . . via cum domibus, edificiis . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .  predictos continentur confines et cum omnibus aliis iuribus et actionibus que ubicumque dictus locus et ipse sorores conciunctim et divisim habent, vel habere possent, modocumque vel causa revocantes su cassantes omnem sindicum seu procuratorem speciliter Salimbene Compagnoni et Sinibaldum Massei pro parte dicti loci et sororum Sancte Agathe contra dictum monaterium Sante Marie Madalene et renuntiantes interlocutorie et interlocutoriis si que usque ad presens tempus late sunt contra dictum monasterium Sante Marie Madalene, pro dicto loco occasione muri et edifitii quod edificabantur in dicto loco et situ contra formam privilegiorum dicti monasterii Sancte Marie Madalene, constituentes se nomine dicti monasterii et dicte domine Mathie possidere predictum territorium et casarenum et domus et edifitia et dederunt licentiam et plenariam potestatem predicte domine Mathie recipienti pro dicto monasterio, auctoritate propria accipiendi possessionem dictorum bonorum et de eisdem fatiendi quod eisdem videbitur, pro(mic)tentes rata et  firma habere perpetuo et dampna et expensas reficere sub obligatione bonorum dicti loci Sancte Agathe et non contra facere vel venire contra predicta vel aliquod predictorum per se (vel) alium, sub dicta  (pena) qua soluta vel non, . . . .  manente contractu.

Et Ego Moricus de Fabriano imperiali auctoritate notarius hiis interfui rogatus scribere subscripsi et publicavi.

 

1278.03.07:  Rinuncia ad una lite

. . . . . . . a confine con il fosso del comune,   . . . con i beni del fu mastro Matteo,con la via  . . . . contenuti entro i confini predetti.

Cedettero inoltre tutti gli altri diritti ed azioni che il loro modo e le dette suore congiuntamente o separatamente hanno, o potrebbero avere in qualunque luogo e motivo. Revocano ogni loro procuratore, amministatore, agente specialmente Salimbene Compagnoni e Sinibaldo Massei per parte di esso luogo e suore di Sant’Agata, in causa contro il monastero di Santa Maria Maddalena. Rinunciano all’interlocutoria e a quanto presentato sino ad oggi contro il monstero di Santa Maria Maddalena, in occasione de muro e dell’edificio che veniva costruito in esso luogo in contrasto con la norma di distanza del privilegio del monastero di Santa Maria Maddalena. Stabiliscono che esse posseggano le predette terre, il casareno, la casa e gli edifici a nome del detto monastero di Santa Maria Maddalena e di donna Mattia. Danno licenza e pieno potere alla stessa donna Mattia ricevente per il detto monastero di prendere possesso di propria autorità di tali beni e di farne quel che volesse. Promettono di mantenere stabile e deciso quest’atto in perpetuo e di rifondere danni e spese, obbligando i beni del loro luogo di Sant’Agata, e di non agire in contrario, né contrastare le cose dette sopra, né alcuna di esse, né direttamente, né tramite altri, sotto la predetta penalità e il contratto rimane stabile, ratificato, sia che la penalità fosse o non fosse pagata.

Io Morico da Fabriano notaio di autorità imperiale, richiesto di scrivere, sottoscrissi e resi pubblico l’atto.

 

1278 luglio 16 e 17

Il procuratore del monastero matelicese S.M.M. e della badessa Mattia interpone appello contro il divieto  dell’uditore capitolare di Camerino ad  unire il suo  monastero con quello di Sant’Agata.

 

In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem MCCLXXVIII indictione VI (tempore) domini Nicolai pape tertii, die dominico XVII iulii. Actum fuit . . . . . sive iuxta domum monasterii Sante Marie Magdalene de castro Mathelice. Presentibus dopno Sabbatino Actonis, Jacobo Bonitini et alii testibus. Yuanus domini Scangni syndicus monasterii Sancte Marie Magdalene de castro Mathelice, nomine et vice ipsius monasterii e pro ipso monasterio, sentiens se et dictum monasterium esse gravatum a continentia(!) infrascriptarum licterarum, ab ipsa continentia ipsarum licterarum infrascriptarum et ab omni gravamine sibi et dicto monasterio illato et inferendo, occasione ipsarum licterarum, viva voce appellavit. Quarum licterarum tenor talis est.

Scangnus plebanus (Tole)ntini camerinensis canonicus et vicemgerens domini archidiaconi et capituli maioris ecclesie camerirensis, sorori Mathie abbatisse monasterii Sancte Marie Magdalene de Mathelica  et aliis religiosis monialibus dicti loci, salutem in Domino. (Publice) relatione pandente nobis quod  vos unionem ecclesiarum Sancte Marie supradicti monasterii et Sancte Agate de dicta terra, propria inistis auctoritate  unire et unionem fare(!) de predictis, de quo miramur (cum) hoc ad vos non spectet vel pertineat ullo modo. Quocirca,  vobis et unicuique  (vestrum) presentium serie, auctoritate qua fungimur pro camerinensi ecclesia, precipiendo mandamus (quatenus) in ipsa unione nullatenus procedatis fatienda . . .  vos, cum pertineat ad episcopum camerinensem in sua diocesi maxime usque  ad reditum ipsius episcopi sub excommunicationis pena quam vos et unamquamque vestrum incurrere volumus ipso facto si secus duxitis (!) fatiendum, et si aliquo processistis in statum pristinum reducatis et sub pena ipsius domini episcopi arbitrio auferenda. Alioquin contra vos ut iustum fuerit procedemus. Datum Camerini die XVI iulii intr(ante) iulio, VI (indictione).  Si vero de predictis gravatas asseritis V dies post assegnationem presentium, legitimum syndicum coram nostra presentia trasmictere curetis super predictis a nobis recepturum iustitie complementum.

Ego Junta Albertutii notarius publicus imperialis magestatis auctoritate, huic appellationi presens interfui a dicto Yuano rogatus subscripsi et publicavi.

 

1278.07.17: Appello contro il precetto dell’uditore camerinese

Nel nome di Dio. Amen. Nel suo anno 1278, indizione sesta, a tempo di papa Nicolò III, il giorno 17 luglio, domenica. Redatto presso la casa del monastero di Santa Maria Maddalena del castello di Matelica, mentre sono presenti don Sabbatino di Attone, Giacomo di Benetino e altri testimoni. Ivano del signor Scagno, amministratore del monastero di Santa Maria Maddalena del castello di Matelica, a nome e per conto dello stesso monastero ed a favore del monastero, dichiarando che egli e il monastero si considerano gravati dal contenuto della lettera qui trascritta, a motivo dell’aggravio inflitto e da infliggere a lui e al monastero in l’occasione della stessa lettera, vivamente fecero l’appello. Il contenuto della lettera è questo.

(Don) Scagno pievano di Tolentino, canonico camerinese e vicegerente dell’arcidiacono e del capitolo della chiesa maggiore di Camerino, saluta nel Signore suora Mattia badessa del monastero di santa Maria Maddalena di Matelica e le altre religiose monache di detto luogo. Si ha notizia di pubblica diffusione che voi avete cominciato l’unione della chiesa di santa Maria del sopradetto monastero con quella di Sant’Agata della detta terra, d’autorità propria. Noi siamo meravigliati dell’unione che fate delle predette chiese poiché ciò non spetta a voi, e in nessun modo vi appartiene. Pertanto con l’ordine della presente lettera comandiamo a voi ed a ciascuna di voi, con l’autorità che esercitiamo per la chiesa camerinese, facendo precetto che voi non procediate in nessun modo nel fare la predetta unione, poiché ciò spetta al vescovo camerinese nella sua diocesi, soprattutto in attesa del ritorno dello stesso vescovo, sotto penalità di scomunica immediata che vogliamo comminare a voi ed a ciascuna di voi per lo stesso fatto, se pensate di fare diversamente. Se avete proceduto nel cambiare qualcosa, riportatelo alla precedente situazione. E’ ad arbitrio dello stesso vescovo per togliere la penalità. Diversamente procederemo contro di voi secondo giustizia.

Dato a Camerino il giorno 16 luglio entrante, indizione sesta. Se in verità vi dichiarate gravate dalle cose dette sopra, provvedete a far giungere il vostro amministratore alla nostra presenza affinché riceva da noi il completamento della giustizia riguardo a ciò.

Io  Giunta di Albertuccio notaio pubblico di autorità della imperiale maestà fui presente a questo appello e richiesto dal detto Ivano sottoscrissi e pubblicai.

 

1278 dicembre 2 (riuniti due frammenti in base ai mss. del Vogel)

Il procuratore del monastero matelicese di S.M.M. e della badessa Mattia, concorda la divisione della coeredità di una religiosa con altri.

 

(In) Dei nomine. Amen. Anno eiusdem MCCLXXVIII indictione VI tempore domini Nicolai pape III, die II decembris. Adtum (!) Mhtelice (!) ante monasterium Sante Marie Madalene, presentibus  Mahteo (!) Franconum, Cangno Raynaldi, Martino Pauli et aliis testibus. Frater Andrea(s) syndicus monesterii Sancte Marie Madalene una cum consensu et voluntate abatisse diti (!) monesterii et ipsa abatissa consentiente iure proprio et ad proprium, dedit, cesit (!), concesit adque . . . . Vivono . . . . . . . . . . . terre   . . . . . . . (parte mancante tra il primo e il secondo frammento  macchiato al margine)

. . . quosdam dictus Vivonus abere . . . .  ab Angelutia monaca diti monasterii eredes  Andree magistri Petri Boni pro dote et residuo dotis qual ditus Vivonus tenetur a supra dito magistro Petro Boni et suis eredibus prout ore sua domina Alarica et figlia diti Vivonis et pro residuo dotis quam  pro ea abuit a dito Vivono pro dita domina Alarica et filia diti Vivonis et quam a dita Angelutiia pro sua parte et ereditat(em omnem) abere tenetur, dando ei Vivono liberam licentiam et plenariam potestatem tenute di(t)e terre intrandi, possidendi, feutandi ac retinendi ut sibi aut cui concesserit placuerit . . .  que  ad ditum tempus promitens ditus sindicus et dita aba(ti)ssa (con)sentiente quod dita tera alicui non est obligata . . . . . .  ceduta nec alicui dabitur nec concedetur . . . .  in finem diti tere usui (?) quod si apareret alicui esse data . . . . non concederetur alicui per aliquem diti . . . . . .  ipse sindicus et domina Mahtia abbatissa dicti monasteriii eam in dono conservare et (omne)qu(e) damnum litis et expensas salaria et interesse que (et) quas fecerit vel sustinuerit ditus entor pro predictis ipse sindicus integre reficere et resarcire promisit semper credito suo sacramento sine libelli petitione, renuntians ipse sindicus omnibus ausiliis beneficii decretis et decretorum et aliis iuribus quibus ipse oponere posset coco(!) modo et causa que omnia iam ditus sindicus cum consentia (!) et voluntate dite domine abatisse atendere et oservare promisit dicto Vivono et cui concesserit sub pena II libre ravennat. et anconet. bonorum et ipoteca dicti monasterii, qua pena soluta et non, predicta omnia semper (rata) et firma abere, adque tum promisit et omnia  . . . et suntum reficere etiam perpetuo faciendum.

Et ego Ventura Massei notarius plubicus(!) is omnibus interfui et de  is omnibus a supra ditis rogatus scribere suscripsi et publicavi.

(Nel tergo della pergamena uno scritto nella stessa epoca)

. . . infra hec latera: a II Salimbene Molla (Pa)cis; a III filius Ufredutii ser Belle; a IIII via; presen(tibus) Cangno (Rai)naldi Atonis et (A)ntonium Martini.

 

1278.12.02: Contratto per la spartizione di un’eredità

Nel nome di Dio. Amen. Nel suo anno 1278, indizione sesta, a tempo del papa Nicolò III, il giorno 2 dicembre. Redatto a Matelica davanti al monastero di Santa Maria Maddalena, mentre sono presenti Matteo di Francone, Cagno di Rinaldo, Martino di Paolo e altri testimoni. Frate Andrea amministratore del monastero di Santa Maria Maddalena con il consenso e la volontà dell’abbadessa del detto monastero e la stessa abadessa consensiente di proprio diritto e proprietà, diede, cedette, concesse a Vivono . . . la terra  . . . .( manca una parte tra i due frammenti stralciati) . . . .che il detto Vivono (deve) avere da Angeluccia monaca del detto monastero come erede di Andrea di mastro Pietro Boni per la dote e residuo di dote che il detto Vivono deve avere a voce dal sopradetto mastro Pietro Boni e suoi eredi e  il residuo dotale che  ebbe dal detto Vivono (riguardante) la detta donna Alarica e la figlia di detto Vivone e quanto spettante da Angeluccia per sua parte di eredità ed ogni eredità (che) è tenut(o)  avere. Dà  a Vivono libera licenza e pieno potere di tenuta della terra, entrarvi, possederla, infeudarla, e conservarla come piacerà a lui o a chi vorrà egli darla. L’amministratore predetto con il consenso della badessa promette che questa terra non è vincolata a nessuno e non sarà concessa ad altri, neanche in uso, e qualora apparisse che si concedesse, lo stesso amministatore e la badessa Mattia la conservano in dono e si impegnano a ripagare ogni danno di lite, spese e salari con interesse che il detto compratore farà e sosterrà riguardo a ciò, con impegno solenne, senza bisogno di giuramento scritto. L’amministratore rinuncia ad ogni ausilio di beneficio o decreto o diritto con cui possa agire in contrasto, in qualsiasi modo o causa. L’amministratore con il consenso e la volontà dell’abbadessa promise di mantenere e di osservare quanto sopra per il detto Vivone o altro suo concessionario, sotto penalità di due libbre ravennati od anconetane e sotto ipoteca dei beni di detto monastero. Le cose scritte sopra rimangono sempre stabili,  pagata o non pagata la penalità. E promise di rifondere  la spesa e mantenere tutte queste cose in perpetuo.

Io Ventura Massei notaio pubblico fui presente a tutte queste cose e richiesto di scrivere sottoscrissi e pubblicai.

Nel tergo si indicano alcuni confini di proprietà:

. . .   “fra questi confini, nel secondo lato Salimbene Molla(?) (Pa)ci; nel terzo lato il figlio di Ufredutio di ser Belle; nel quarto lato la via; presenti Cagno di (Ra)inaldo  Attoni e (An)tonio di Martino”.

 

1279 luglio 3

La signora Ricca dona i beni della sua dote, riservandosene a vita l’usufrutto, al monastero e alla badessa Mattia di S.M.M. in modo che li godano dopo la sua morte.

 

In Dei nomine. Amen. Hoc est exemplum rogiti sive protocolli inventi seu existenti in quaternis magistri Mathei dopni Bentevolii condam notarii sub anno domini MCCLXXVIIII indictione VII tempore Nicolai pae III, die III iulii, in ecclesia Sancte Marie Madalene de Mathelica, coram fratrem (!)  Alesandro lectore firmano de ordine Fratrum Predicatorum, fratre Jacobo de Cammerino(!) de eodem ordine, fratre Petro Egidii, fratre Vitale Benve(nu)ti et domino Jacobo de Ugubio, testibus. Cuius tenor talis est, sic incipientis. Domina Ricca filia condam Curtufunni de Pudio, pure, libere, simpliciter inter vivos et inrevocabiliter donavit domine Mathie abbatisse monasterii Sancte Marie Madalene, nomine et vice ipsius monasterii, solenniter et legitime stipulanti, dotem suam que fuit C. librarum ravennat. et anconit. reservato sibi usus fructus in vita sua dicte dotis; in obitu sit ipsius monasterii; dans et cedens eidem omne ius et actionem quod et quam habet in bonis domini Berretilli sui viri, occasione dotis dicte; ponens eamdem in locum suum, fatiens eamdem procuratricem ut in rem suam ut post mortem ipsius possit agere et experiri et repetere dictam dotem adversus dominum Berretillum et eius bona, etcetera; ut ipsa facere posset, etcetera; hoc ideo fecit pro anima sua et pro remedio suorum peccatorum et suorum parentum; et promisit eam donationem non revocare aliqua ingratitudinis causa nec alia quacumque sub pena dupli dotis, etcetera; insuper iuravit ad sancta Dei evangelia predicta habere rata et firma et non venire contra sub pena iam dicta, et damna et suntus cum interesse reficere etcetera.

Et ego Bonacosa Benvengnati notarius publicus ut (vidi) legi et inveni in qua(terno) vel in quaternis magistri Mathei domini Bentevolii condam notarii, ita per ordinem transscripssci (!) et exemplavi, nil addens nec minuens fraudolenter preter puntum vel silabam que instrumentum non falsant, et in plubicam (!) formam redegi, data et concessa michi auctor(itate) de his exemplandis et plubicandis a domino Ugolino domini Leti de civitate Auximi iudice et vicario comunis Mathlice per nobilem virum Jacobellum domini Claudii de civitate predicta nec non de consilio generali et spetiali communis Mathelice sub anno Domini MCCLXXX indictione VIII, Romana sede pastore vacante, die XXVI novembris. Actum Mathelice in trasanna communis, presentibus domino Jacobo plebani, Jacobo Benecase, Juano Jacoboni et Francisco magistri Petri et alii pluribus testibus, etc.

(in calce)

Die XVIIII iulii prodit(um) per fratrem Jacobum coram (vicario) presente fratre (Guille)lmo.

 

1279.07.03: Donazione della dote sponsale

(Copia) Nel nome di Dio. Amen. Copia di un atto notarile presente nei quaderni di mastro Matteo del signor Bentevoglio notaio defunto. L’anno 1279, indizione settima, a tempo di papa Nicolò III, il giorno 3 luglio nella chiesa di Santa Maria Maddalena di Matelica, presenti come testimoni: frate Alessandro lettore fermano dell’ordine dei Predicatori, frate Giacomo da Camerino dello stesso ordine, frate Pietro di Egidio, frate Vitale di Benvenuto, ed il signor Giacomo da Gubbio. Ecco il contenuto. Donna Ricca figlia del fu Curtufonne da “Pudio” fece dono puro, libero e semplice a donna Mattia badessa del monastero di Santa Maria Maddalena, stipulante a nome e per conto ed a favore del monastero, diede la sua dote di cento libbre ravennati od anconetane, con riserva di usufrutto vita natural durante. Dopo la sua morte, l’usufrutto sia riunito al monastero predetto. Dà e concede allo stesso ogni diritto ed azione che ha sui beni del signor Berretillo suo marito, per occasione di dote, e l’abbadessa è resa procuratrice, con diritto di agire dopo la sua morte  per ricercare e ricevere la predetta dote contro il signor Berretillo ed i suoi beni ed abbia potere di fare come per legge. La donatrice fa questo per la sua anima e per il rimedio dei peccati suoi e dei suoi genitori. Promise che questa donazione non sarebbe revocata per nessuna causa d’ingratitudine o in qualsiasi altro modo, sotto penalità del doppio della dote. Inoltre giurò sui santi vangeli di Dio di mantenere stabile e deciso tutto quanto  detto sopra e di non fare azione contraria sotto la penalità già detta e con l’obbligo di ripagare i danni e le spese con interessi.

La copia del presente atto fu fatta dal notaio pubblico Bonacosa Benvegnati per ordine del giudice e vicario del comune di Matelica, il signor Ugolino del Signor Leti della città di Osimo e per ordine di Giacomello del signor Claudio da Osimo, su mandato del consiglio generale e speciale di detto comune, nell’anno 1280 il giorno 26 novembre, in tempo di sede romana vacante, a Matelica, nella “trasanna” del comune mentre erano presenti come testimoni don Giacomo Plebani, Giacomo (di) Benencasa, Ivano di Giacopone e Francesco di mastro Pietro.

(In calce si legge di altra grafia)

Il giorno 19 luglio fu presentato di fronte al vicario da frate Giacomo, alla presenza di frate Guglielmo.

 

1284 giugno 10

Viene nominato il procuratore del monastero matelicese e della badessa Mattia  di S.M.M. per le liti riguardanti i diritti della chiesa di Santa Maria di Vablano.

 

In Dei nomine. Amen. Anno Domini MCCLXXXIIII, indictione XII, tempore domini Martini pape quarti, die X g(i)unii. Adctum (!) Mahtelice(!) in monesterio Sancte Marie Madalene, presentibus Lazano domini Jacobi, Verliutio domini Jacobi, fratre Vitale, fratre Jacobutio et aliis testibus. Domina Hmattia (!) abadissa monesterii Sancte Marie Madalene de Mahtelica una cum consensu et voluntate monacarum et munialium dicti monesterii silicet Cristina, Annese, Andrea, Lucia, Berardesca, Margarita, Isabetta, Catellia(!), Danniella, domina Cristina, Amadeo, Agata, Danniella, Iacobutia, Barbara, Area, Cicilia, Gratiadeo, Jacomella, Hmattiola, Alluminata, Victoria, Filipputia, ipsosque hom(in)es volentes et consensientes, fecit, constituit, sustitut, ordinavit adque creavit fraterm Jacobum de Colle Stefano conversu(m) dicti monesterii presentem et in se susipientem suum et dicti monesterii lecitimum sindicum et procuratorem, attorem, fattorem et nu(n)tium specialem in lite et questione quam dictus monesterius habet et abere experat cum Federico domini Alberti, Adelardutio suo filio, dompno Mahteo dompni Johannis, occasione unius ecclesie de Santa Maria de Vablano et iuribus dicte eclegie (!) et cum Coradutio Bartuli et cum eheredes Raimaldutii (!) domini Alberti et generaliter cum omnibus abentes litem cum dicto monesterio et qui in antea abere potuerunt coram curia domini marchionis, suorumque offitialium et eorum quacumque alia curia et ubicucumque (!) fuerit oportunum ad libellum dandum et recipiendum, litem contestandam de calunnia iurandum in anima dicti monesterii; testes, instrumenta introducendum adprobandum et replicandum, ad fatiendum unum procuratorem vel plures in locum suum, ad terminandum et determinandum et terminum vel terminos recipiendum et ad impetrandum literas vel privilegia, ad apellandum et prosequendum si fuerit oportunum in qualibet curia et expecialiter in curia domini pape et generaliter ad omnia alia agenda, facienda et excerenda que in predictis omni(bus) predittis et colibet predittorum fuerint necessaria et oportunum; promitens dicta abadissa et conventus eiusdem monesterii quidquid per predictum sindicum vel per alium in suo loco ponentem factum fuerit in predictis omni causa preditis et colibet predictorum ratum et firmum abere adque tenere sub pena et ipoteca bonorum et rerum dicti monesterii.

Et ego Ventura Massei notarius plubicus is omnibus interfui et de supradictis omnibus ut supra dictum est rogatus scribere (sub)scripsi et plubicavi.

 

1284.06.10: Procura per la vertenza di S. Maria di Vablano

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1284, indizione dodicesima, a tempo del papa Martino IV, il giorno 10 giugno. Redatto a Matelica nel monastero di Santa Maria Maddalena, presenti Lazano del signor Giacomo, Verliutio del signor Giacomo, frate Vitale, frate Giacomuccio ed altri testimoni. Donna Mattia badessa del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, con il consenso e la volontà delle monache e religiose del detto monastero, cioè Cristina, Agnese, Andrea, Lucia, Berardesca, Margarita, Isabetta, Cateli(n)a, Daniela, donna Cristina, Amadea, Agata, Daniela, Giacomuccia, Barbara, A(u)rea, Cecilia, Graziadeo, Giacomella, Mattiola, (I)lluminata, Vittoria, Filippuccia, e gli  uomini volenti e consensienti, fece, stabilì, sostituì e creò frate Giacomo da Colle Stefano, converso dello stesso monastero, presente e ricevente, come legittimo amministratore, procuratore, attore, fattore e nunzio speciale di lei e del detto monastero nella lite e questione che il detto monastero ha e pensa di avere con Federico del signor Alberto, con Adelarduccio suo figlio, e con il signor Matteo del signor Giovanni, a motivo dela chiesa di Santa Maria de “Vablano” e per i diritti di questa chiesa e con Corraduccio di Bartulo e con gli eredi di Rainalduccio del signor Alberto e in generale con tutti quelli che hanno lite con il detto monastero o che prima poterono averne, di fronte alla curia del signor marchese, dei suoi officiali e di fronte a qualunque altra curia e dovunque in ogni altro luogo, per dare il libello, per riceverlo, per contestare la lite sull’accusa, per giurare sull’anima del detto monastero, introdurre i testimoni e gli strumenti, per approvare e replicare, per fare uno o più procutaori in sua vece, per terminare e determinare e ricevere il termine o i termini e per impetrare e ricevere  lettere o privilegi, per far appello, per proseguire se sarà opportuno presso qualunque curia e specialmente nella curia del papa e generalmente a fare tutte le altre cose, per fare ed agire in generale per tutte le cose dette e per ciascuna secondo come sarà necessario e opportuno. La badessa e il convento del detto monastero promettono che tutto quello che per mezzo del predetto amministratore o per mezzo di altri in suo luogo, viene posto, fatto, al riguardo delle cose predette e di ciascuna di esse, lo considerano stabilito, deciso e lo mantengono sotto penalità di ipoteca dei beni e delle cose del manstero.

Io Ventura Massei notaio pubblico fui presente a tutte queste cose e richiesto di scrivere tutte le cose sopradette, sottoscrissi e pubblicai.

 

1285 agosto 21

Viene nominato il procuratore del monastero matelicese e della badessa Mattia  di S.M.M. per la causa di spartizione dell’eredità di donna Sibilla.

 

In nomine Domini. Amen. Anno eiusdem MCCLXXXV (foro) . . . tempore domini Honorii pape IIII die XXI mensis augusti, in ecclesia monesterii Sancte Marie Magdalene de Mathelica, presentibus fratre  Rainerio magistri Jacobi Accursi Blance, Vitutio Actolini et Andreolo Yuani domini Scangni testibus de hiis vocatis. Soror Mathia abbatixa (!) monesterii dominarum Sancte Marie Maddalene supradicti, consensu et voluntate omnium infrascriptarum dominarum conventus ipsius monesterii, nemine disdicente, videlicet sororis Annese, sororis Christine, sororis Margarite, sororis Ysabet, sororis Andree, sororis Deutame, sororis Auree, sororis Lucie, sororis Danielis, sororis Berardessce(!), sororis Christiane, sororis Jacomelle, sororis Johanne, sororis Matheole, sororis Victorie, sororis Cathaline, sororis Philippe, sororis Ysaie, sororis Illuminate  . . . /= sororis Amadee, sororis/ Gratiadei, sororis Symonicte, sororis Guiductie et sororis Cecelie, et ipse sorores unanimiter cum ea, fecerunt, constituerunt  ac etiam ordinaverunt fratrem Vitalem, conversum et familiarem ipsius monesterii et Verbutium domini Jacobi de Ugubbio (!) presentes et quemlibet eorum in sollidum, eius et dicti co(nventus) legitimos syndicos, procuratores et nuntios speciales ita tamen quod condictio unius occupantis non sit melior alterius conditione non occupantis, ad promictendum et conpromictendum in fratrem Nicolaum vicarium domini episcopi camerinensi(s) tamquam in arbitrum et arbitratorem et amicabilem compositorem de omni lite, questione et causa vertente vel que verti poxet inter ipsum monesterium ex una parte agentem et respondentem, et Yuanum domini Scangni procuratorem domine Sybilie filie condam domini Rainaldi sue uxoris ex altera, agentem et respondentem et maxime de quinquaginta VII libris ravennat. et anconet. qu(o)s dictus Yuanus intendit  petere a dicto monesterio tamquam procurator dicte sue uxoris et generaliter de omni alia lite, questione et causa que inter eos verti posset usque in diem presentem, (ad) libellum dandum, recipiendum,  litem contestandum, de calupnia iurandum in earum anima et cuiuslibet  (a)lterius generis, sacramentum prestandum, exceptiones opponendum, replicationes et declinationes iuditii positiones faciendum et respondendum positionibus adverse partis, testes et instrumenta inducendum, aperturam testium videndum, allegandum, sententiam audiendum, et constituendum unum vel plures procuratores nomine dicti conventus et ipsorum syndicorum in predictis et quolibet eorumde, et generaliter ad omnia et alia singula facienda et exercenda que conventus ille facere vel exercere poxet sollepniter promictens dicta iam domina abbatissa consensu conventus predicti et ipse conventus michi notario infrascripto nomine et vice cuius interest sollepniter stipulanti, habere ratum et firmum habere atque tenere perpetuo et in nullo contrafacere vel venire occasione aliqua vel exceptione sub ypotheca, pena et obligatione bonorum dicti monesterii, quidquid per dictos syndicos vel procuratores ab eis substitutos vel alteri ipsorum factum vel exercitatum fuerit in premixis et quolibet eorumdem.

Et ego Bonaventura Johannis publicus notarius de predictis omnibus interfui rogatus ea omnia subscripsi et publicavi.

 

1285.08.21: Procura per vertenza dell’eredità di Sibilla

Nel nome del Signore. Amen. Nel suo anno 1285, a tempo di papa Onorio IV, il giorno 21 del mese di agosto, nella chiesa del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, mentre erano presenti frate Raniero di Mastro Giacomo Accursi Blance; Vitutio di Attolino e Andreolo di Ivano del signor Scagno, come testimoni chiamati a queste cose. Suora Mattia badessa del sopra detto monastero delle donne di santa Maria Maddalena, con il consenso e la volontà di tutte le seguenti donne del convento dello stesso monastero, senza alcun dissenso, cioè suor Agnese, suor Cristina, suor Margherita, suor Isabetta, suor Andrea, suor Diotama, suor Aurea, suor Lucia, suor Daniela, suor Berardesca, suor Cristiana, suor Giacomella, suor Giovanna, suor Mattiola, suor Vittoria, suor Catalina, suor Filippa, suor Isaia, suor Illuminata, suor Amedea, suor Graziadea, suor Simonetta, suor Guiduccia e suor Cecilia, queste suore concordemente con la badessa fecero, stabilirono, ed anche ordinarono frate Vitale converso e familiare dello stesso monastero e Verbutio del signor Giacomo da Gubbio, presenti e ciascuno di loro in solido in modo tale che la condizione di uno solo attivo non sia migliore di quella dell’altro non attivo, come amministratori, procuratori e nunzi speciali di lei e del detto convento, per promettere e fare compromessi verso frate Nicola vicario del vescovo di Camerino come arbitro e persona che deve decidere la composizione amichevole per ogni lite, questione e causa che verte o che potesse vertere tra lo stesso monastero agente e rispondente da una parte, e dall’altra parte Ivano del signor Scagno procuratore di donna Sibilla figlia del defunto signor Rinaldo, sua moglie, come agente e rispondente, soprattutto per 57 libre ravennati ed ancontane che si dice che il detto Ivano intende chiedere al detto monastero in quanto procuratore della detta sua moglie; e generalmene per ogni altra lite, questione e causa che potesse vertere tra essi fino al giorno presente, per dare il libello, riceverlo, contestare la lite, riguardo all’accusa giurare sulla loro anima, prestar giuramento di qualsiasi altro genere, contrapporre eccezioni e repliche e declinare il giudizio, fare opposizioni e rispondere alle posizioni della parte avversa, introdurre testimoni e documenti, vedere la presentazione di testimoni, fare  gli allegati, ascoltare la sentenza, stabilire uno o più procuratori a nome del detto convento e di se stessi amministratori, nelle cose predette e in ciascuna di esse, e generalmente debbono fare tutte le altre e singole cose ed esercitarle come il convento potrebbe fare o esercitare. La già detta donna badessa col consenso del predetto convento e lo stesso convento promettono a me notaio infrascritto, a nome e per conto di chi può esserne interessato, con stipula solenne, che esse considerano stabilito e tengono deciso e lo mantengono in perpetuo e non agiscono in nulla in contrasto in alcuna occasione, o eccezione, sotto l’ipoteca e la penalità e l’obbligazione dei beni di detto monastero, accettando tutto quello che per mezzo dei predetti amministratori e procuratori, o sostituti o altri per loro, viene fatto ed esercitato riguardo alle cose dette sopra e per ciascuna di esse.

Ed io Bonaventura di Giovanni pubblico notaio fui presente alle cose sopradette e rogato per tutto ciò, sottoscrissi e pubblicai.

 

1286 febbraio 28

Il vescovo di Camerino concede indulto per elemosine alle monache di S.M.M. di vita povera. <( Si intuisce il privilegio della povertà di Santa Chiara>

 

Ramboctus miseratione divina Camerinensis episcopus universis Christifidelibus presentes licteras inspecturis salutem in Domino. Si iuxta sententiam sapientis meritorie tempus seminandum disscernimus et metendum seminare debemus in terris, quodam multiplicato fructu recolligere debeamus in celis et licet secundum hoc omnibus indigentibus aperire teneamur visscera caritatis, illis tamen spiritualius et habundantius qui spiritu sponte subbeunt honera paupertatis. Cum igitur dilecte in Christo filie Abbatissa et moniales monasterii Sancte Mariae Madalene de Matelica Camerinensis diocesis que, spretis mundanis inlecebris, elegerunt Domino famulari cum adiectione voluntarie paupertatis, egeant a Christifidelibus sibi pia caritatis subsidia exiberi, universitatem vestram rogamus et ortamur in Domino in remissione vobis peccaminum, iniungentes quatenus eis ad hoc grata caritatis subsidia erogetis ut per subventionem vestram in aliquo subveniatur eisdem et vos per hec et alia bona que Domino spirante feceritis ad eterna possitis felic(itatis) gaudia pervenire. Nos enim cupientes ut ecclesia antedicta que ipsius Beatissime videtur insignita vocabulo congruis honoribus frequentetur, omnibus vere penitentibus et confessis qui ad dictam ecclesiam quolibet die dominico usque ad festum Pascatis Resurrectionis octavam durantem, causa devotionis, accesserint et eis manus porrexerint caritatis de omnipotentis Dei misericordia, beatorum Petri et Pauli apostolorum eis centum dies de iniunta sibi penitentia in Domino misericorditer relaxamus. In cuius rei testimonium et certitudinem pleniorem presentes iuximus nostri sigilli appensione muniri.  Privilegiis autem post dictam octavam Pascatis annuatim presentibus minime valituris. Datum Camerini die ultima februarii sub anno Domini millesimo CCLXXXVI  indictione XIIII

 

1286.02.28: Indulto vescovile per elemosine al monastero

Rambotto per divina misericordia vescovo di Camerino saluta nel Signore tutti i fedeli cristiani che vedranno questa lettera. Se consideriamo, secondo il detto del sapiente, che il tempo deve essere seminato in modo meritorio e raccolto, noi dobbiamo seminare in terra a che si debba raccogliere nei cieli con qualche moltiplicato frutto; e benché, secondo lo stesso, siamo tenuti ad aprire il cuore caritatevole verso tutti i bisognosi, tuttavia ancor più spiritualmente e più abbondantemente siamo tenuti a farlo verso coloro che spontaneamente  e di spirito si sottopongono alla povertà. Pertanto poiché le figlie dilette in Cristo monache e  la badessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica della diocesi di Camerino, che, nel disprezzo dei piaceri mondani, scelsero di vivere nella comunione familiare con Dio aggiungendo una volontaria povertà,  hanno bisogno che i fedeli cristiani offrano piamente a loro l’aiuto caritatevole, esortiamo e preghiamo tutti voi nel Signore, a remissione dei vostri peccati, disponendo che eroghiate loro allo scopo graditi sussidi caritatevoli in modo che la vostra sovvenzione dia loro un sussidio e voi, a motivo di questa e di altre opere buone che farete ispirati dal Signore, possiate giungere alla gioia eterna della felicità. Noi infatti desideriamo che la predetta chiesa che è insignita del vocabolo della Beatissima, sia frequentata con onori ed a tale scopo rilasciamo per la misericordia di Dio onnipotente e dei beati apostoli Pietro e Paolo, 1’indulgenza di cento giorni sulla penitenza imposta nella confessione a coloro che, veramente pentiti, si recheranno per devozione alla chiesa predetta in qualsiasi domenica sino alla festa di Pasqua inclusa la sua ottava e faranno opere di caritatevole aiuto. A testimonianza e maggior certezza di ciò, abbiamo fatto munire il presente scritto con l’appendervi il nostro sigillo. Annualmente, il privilegio non avrà più efficacia dopo passata la detta ottava di Pasqua.

Data, a Camerino 28(=giorno ultimo) febbraio 1286 indizione quattordicesima.

 

1286 settembre 12

Viene nominato il procuratore del monastero matelicese e della badessa Mattia di S.M.M. per pagare una multa facendo un mutuo  di denaro.

 

In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem MCCLXXXVI indictione XIIII tempore domini Honorii pape, die XII intrantis septembris; actum in monasterio dominarum Sancte Marie Madalene de castro Mathelice, presentibus Yacobo Bevenuti de Sefre, Francisco Marclonis et Dominico Petri Fainde, testibus. Domina Macthia abadissa monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica, de consensu, presentia et voluntate Cristine, Annese, Iacobe, Margarite, Catarine, Adlummenate, Danielle, Gratiadeo, Deutame, Lucie, Vectorie, Cicilie Cristiane, Aurie, Jacopucze, Cicilie, Justine, Andree, Ogenia, domine Philippe, Ysaie, Simonecte, Philippucze, Amodee, Mactie, Guiducze, Bevenute, Ysabet, et Sperandee, monialium et sororum dicti monasterii nomine et vice dicti monasterii et conventus eiusdem, fecit, constituit et hordinavit fratrem Jacobum Ugolini presentem et recipientem, suu(m) et dicti monasterii legitimum sindicum, actorem, et procuratorem et nuntium specialem, ad recipiendum pro eis et eorum nomine et nomine et vice monasterii ante dicti et pro ipso monasterio, finem et quietationem et remissionem perpetuo valituram, a reverendo patre domino Rambocto camerinensi episcopo, de condemna(atione) L libris ravennat. et anconetan. facta per ipsum dominum episcopum de dicto monasterio nomine et occasione deguastationis quam ipsum monasterium fecit de monasterio Sacte Agathe et ad  pr(esentan)dum domini Jentili de Muralto vel Mussca(!) Savinelli, ex causa mutui vel depositi L librarum ravennat. et anconet. hinc  ad calendas octubris proxime venturas et ad dictum debitum confitendum coram dicto domino episcopo et ad preceptum de dicta quantitate recipiendum a dicto domino Rambocto camerinensi episcopo et ad supponendum se et ipsas abatissam et sorores excommunicastionis sententie per ipsum ferende contra sindicum, abatissam et sorores et ad supponendum monasterium ecclesiastico interdicto, si de dicta quantitate non saddisfecerint in termino memorato, et generaliter ad omnia et singula fatienda et exsercenda que in predictis et circa predicta viderit oportuna (promictens) quidquid per dictum dominum sindicum factum fuerit in predictis et quolibet predictorum, se ratum habiturum et gratum sub ypoteca et obligatione bonorum et rerum dicti monasterii.

Et ego Acto domini Jacobi notarius publicus rogatus scripsi et publicavi.

 

1286.09.12: Procura per una multa vescovile

Nel nome di Dio. Amen. Nel suo anno 1286, indizione quattordicesima, a tempo di papa Onorio IV, il giorno 12 di settembre entrante; redatto nel monastero delle donne di Santa Maria Maddalena del castello di Matelica, mentre erano presenti Giacomo Bevenuti da Sefro, Francesco Marcloni e Domenico Petri Fainde, come testimoni; donna Mattia badessa del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, con il consenso, la presenza e la volontà di Cristina, Agnese, Giacoma, Margherita, Catalina, Illuminata, Daniela, Graziadeo, Diotama, Lucia, Vittoria, Cecilia, Cristiana, Aurea, Giacomuccia, Cecilia, Giustina, Andrea, Eugenia, donna Filippa, Isaia, Simonetta, Filippuccia, Amedea, Mattia, Guiduccia, Benvenuta, Isabetta, e Sperandea, monache e suore del detto monastero, a nome e per conto del detto monastero e del suo convento, fece, stabilì e ordinò frate Giacomo Ugolini presente e ricevente come legittimo amministratore, attore e procuratore e nuncio speciale suo e del detto monastero, per ricevere per loro, a loro nome e a nome e per conto del detto monastero ed a favore dello stesso monastero, la conclusione e quietanza e condono validi in perpetuo, dal reverendo padre don Rambotto vescovo camerinese, riguardo alla condanna a cinquanta libbre ravennati e anconetane, fatta dallo stesso vescovo, riguardante il monastero nell’occasione e per la dismissione che lo stesso monastero fece nei riguardi del monastero di Sant’Agata; e per presentare al signor Gentile da Muralto canonico o a Mosca Savinelli, a motivo del mutuo o deposito di cinquanta libre ravennati ed anconetane, da ora al primo ottobre prossimo venturo, e per dichiarare questo debito di fronte al detto vescovo e a ricevere il precetto per detta quantità da detto don Rambotto vescovo camerinese ed a sottoporre sé, le stesse badessa e suore alla (minaccia di) scomunica da parte dello stesso contro il sindaco, la badessa e le suore ed a sottoporre il monastero all’interdetto ecclesiastico, qualora non soddisfacessero a detta quantità entro la ricordata scadenza; in generale a fare ed esercitare tutte e singole le cose che si considereranno opportune riguardo a quanto detto sopra. Promettono che tutto quello che verrà fatto dal predetto amministratore come sopra, lo riterrano  deciso e accettato sotto ipoteca ed obbligazione dei  beni e delle cose del monastero.

Ed io Atto(ne) del signor Giacomo notaio pubblico a richiesta ho scritto e pubblicato.

 

1286 settembre  13

Condono. Il vescovo di Camerino rilascia quietanza ed annulla altra condanna contro le monache del monastero matelicese di S.M.M.

 

In  nomine Domini. Amen. Anno Domini millesimo CCLXXXVI tempore domini Honorii pape quarti, Camerini in cappella palatii episcopatus; actum est die XIII mensis setembris, presentibus domino Gualterio priore Sancti Sebastiani de Camerino, domino Petro priore Sancti Jacobi de Muralto, magistro Ofredutio domine Amate, Corrado Johannis et Coradutio Domestici testibus de hiis vocatis et rogatis; venerabilis pater dominus Ramboctus camerinensis episcopus per se, suosque in posterum successores, nomine et vice camerinensis episcopatus, fecit finem, quietationem et remissionem perpetuo valituram fratri Jacobo Ugolini sindico monesterii Sante Marie Madalene de Mathelica, stipulanti et recipienti vice et nomine dicti monasterii de condepnatione (!) centum . . . /=librarum/ factam de ipso monasterio seu eius sindico Jacoputio domini Finaguerre, nomine et occasione violentie et excessus facti per ipsum monasterium et eius familiares, fautores et coadiutores contra monasterium Sancte Agathe site iuxta fossum Mathelice, prope ipsum monasterium Sancte Marie Madalene, cassando et cancellando idem dominus episcopus omnem condepnationem, sententiam et processum factam et factum contra dictum monasterium et ipsum Jacoputium eius sindicum vel quemcumque alium, nomine dicti monasterii Sancte Marie Madalene, et omnem promissionem ei vel alteri recipienti nomine suo factam de ipsa quantitate vel parte ispius, nomine dicti monasterii, et spetialiter promissionem factam per Jacobutium domini Finaguerre sindicum dicti monasterii, et spetialiter preceptum quod idem Jacobutius recepit de dicta quantitate L librarum solvenda,  scriptum manu magistri Nicolai de Auximo notarius et hoc ideo fecit dictus dominus episcopus pro eo quod habuit et recepit a dicto sindico dante et solvente nomine et vice dicti monasterii Sante Marie Magdalene et conventus eiusdem, et omnium suntorum dicti monasterii in excessu predicto quinquaginta libras ravennanorum et a(n)conetan. bonorum renuntians dictus dominus episcopus exceptioni non habitorum et non receptorum dictorum denariorum occasione predicta et omni iuris et legum auxilio; quam quidem quietationem et refutationem et omnia et singula supra et infra scripta promisit dictus dominus episcopus per se suosque in posterum successores predicto fratri Jacobo sindico dicti monasterii Sancte Marie Magdalene recipienti vice et nomine ipsius monasterii et conventus eiusdem et dicti Iacoputii domini (=dicti) monasterii sindici vel alterius sindici seu fautoris monasterii predicti sub pena dupli dicte quantitatis et obligatione et ypoteca bonorum dicti episcopatus.

Et ego Riccerius notarius publicus et nunc notarius dicti domini episcopi de predictis a dicto domini episcopo rogatus scripsi et publicavi meumque solitum fregium et nomen abposui(!).

 

1286.09.13: Quietanza di multa e condono

Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno del Signore 1286, a tempo del papa Onorio IV, a Camerino nella cappella del palazzo dell’episcopato; redatto il giorno 13 del mese di settembre, mentre erano presenti don Gualtiero priore di San Sebastiano di Camerino, don Pietro priore di San Giacomo di Muralto, mastro Offreduccio di donna Amata, Corrado di Giovanni e Corraduccio Domestici, come testimoni a ciò chiamati e richiesti; il venerabile padre don Rambotto vescovo di Camerino per sé ed i suoi successori, a nome e per conto dell’episcopato camerinese, fece la conclusione, la quietanza ed il condono da valere in perpetuo a frate Giacomo Ugolini amministratore del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, stipulante e ricevente a nome e per conto del detto monastero riguardo alla condanna di cento libbre, fatta dallo stesso monastero o al suo amministratore Iacopuccio del signor Finaguerra, in riferimento e per l’occasione della violenza e dell’esagerazione fatta da parte dello stesso monastero, suoi famigli, fautori e collaboratori, contro il monastero di Sant’Agata sito presso il fosso di Matelica in prossimità dello stesso monastero di Santa Maria Maddalena, cassando e cancellando lo stesso vescovo camerinese ogni condanna, sentenza e processo fatti contro il detto monastero e contro Jacopuccio suo amministratore o chiunque altro, a nome del detto monastero di Santa Maria Maddalena ed ogni promessa, se pure fatta al altra persona rivecente a suo nome, riguardo alla stessa somma o a parte di essa, a nome dello stesso monastero, in particolare la promessa fatta per mezzo di  Giacomuccio del signor Finaguerra, amministratore del detto monastero, inoltre specialmente il precetto che lo stesso Giacomuccio ricevette riguardo alla predetta somma di cinquanta libre da pagare, scritto per mano di mastro Nicola di Osimo notaio; pertanto il detto vescovo così fece per il fatto che ebbe e ricevette dal detto amministratore che ha consegnato e pagato a nome e per conto del detto monastero di Santa Maria Maddalena e del suo convento e di tutti i conti del detto monastero nella  predetta esagerazione, con cinquanta libre ravennati e anconetane.  Il detto vescovo rinuncia all’obiezione di denaro non avuto, non ricevuto, nell’occasione predetta, ed a ogni altro aiuto del diritto e delle leggi.  Il detto vescovo promise per sé e per i suoi successori promise a frate Giacomo, amministratore del detto monastero di Santa Maria Maddalena ricevente per conto ed a nome dello stesso monastero, e del suo convento e di detto Goacomuccio amministratore dell’altro monastero e di ogni altro suo fautore, che la presente quietanza e recusazione e tutte e singole le cose sopra scritte restano valide, sotto penalità del doppio di detta somma e con l’obbligazione e l’ipoteca dei beni del detto episcopato.

Ed io Riccerio notaio pubblico e ora notaio del detto vescovo, richiesto di scrivere le cose dette sopra dal detto vescovo, ho sottoscritto e pubblicato ed ho apposto il mio fregio e il mio nome.

 

1286 settembre 13

Bolla di unione. Il vescovo di Camerino unisce i due monasteri di Sant’Agata e S.M.M. confermando le decisioni prese dalla rispettive monache nel 1278, quand’era  badessa Mattia.

 

Ramboctus miseratione divina camerinensis episcopus, religiosis mulieribus abbatisse et conventui monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica, salutem in Domino. Cum a vobis petitur quod est iustum, tam vigor equitatis quam ordo exigit rationis ut item per solicitudinem nostri offitii ad debitum perducatur effectum. Eapropter, dilecte in Christo, vestris piis subplicationibus inclinati, unionem, obligationem, submissionem, promissionem, dationem seu concessionem factam per priorissam seu abbatissam vel moniales loci Sancte Agathe siti prope Mathelicam, considerata vicinitate et paupertate predicti loci Sancte Agathe, in quo moniales ibidem stantes observare non poterant continentiam regularem, prout in istrumentis inde confectis manu Morici de Fabriano notarii plenius continetur, cuius tenorem ad maiorem certitudinem et firmitatem de verbo ad verbum duximus inserendum.

In  nomine Domini. Amen. Anno eiusdem millesimo ducenteximo septuageximo octavo, indictione sexta, tempore domini Nichole pape tertii, die septima martii, actum Mathelice, in  monasterio  Sancte Marie Madalene presentibus Frederico domini Alberti, donno Accurso plebano plebis Mathelice, Verleutio domini lacobi de Eugubio et domino Finaguerra domini Albricii et Corradutio Bartoli testibus; Jacoputia magistri Gentilis, Amadea, Humilis, Cicilia, Lucia et Angelutia sorores vel moniales ac converse Monasterii sive loci Sancte Agathe de Mathelica, unanimiter et concorditer submiserunt se et eumdem locum cum bonis ad ipsum locum pertinentibus monasterio Sancte Marie Madalene de eadem terra et domine Macthie abbadisse ejusdem monasterii Sancte Marie recipienti nomine ipsius monasterii Sancte Marie et promiserunt ipsi abbatisse predicti monasterii Sancte Marie Madalene obedientiam et reverentiam, paupertatem et castitatem et observare regularia instituta predicti monasterii et quod predicta domina abbatissa possit ponere moniales et sorores in dicto loco Sancte Agathe et removere; cum dicte sorores Sancte Agathe videant et cognoscant se non posse honeste vivere in dicto loco Sancte Agathe in quo morantur, cum sit contra formam privilegiorum Sancte Marie Madalene et cum non possint in dicto loco Sancte Agathe regulariter vivere, dederunt et concesserunt pro redemptione peccatorum suorum dicte domine Mathie abbatisse ibidem presenti et recipienti nomine et vice dicti monasterii Sancte Marie Madalene et conventus ejusdem, plateam et territorium prope Castrum Mathelice, a primo(1) via, a secundo fossus Communis, a tertio filii quondam magistri Mathei et a quarto via, cum domibus, edificiis et cum omnibus et singulis que infra predictos continentur confines et cum omnibus aliis juribus et actionibus que ubicumque dictus locus et ipse sorores coniunctim vel divisim habent vel habere possent modocumque vel causa,   revocantes   seu cassantes omnem sindicum seu procuratorem et specialiter Salimbene Compagnionis et Sinibaldum   Massei   pro parte dicti loci et sororum Sancte Agathe factum(2) contra dictum monasterium Sancte Marie Madalene, et renuntiantes interlocutorie et interlocutoriis, si que usque ad presens tempus late sunt contra   dictum   monasterium Sancte Marie Madalene, (3) occasione muri et edifìtii quod edificabatur in dicto loco (et) scitu contra formam privilegiorum dicti monasterii Sancte Marie Madalene, constituentes se nomine dicti monasterii et dicte domine Mathie possidere predictum territorium et casarenum et domus et edifitia; et dederunt licentiam et plenariam potestatem predicte domine Mathie recipienti pro dicto monasterio auctoritate propria accipiendi possessionem dictorum bonorum et de heisdem(4) faciendi quod eis(5) videbitur, promittentes rata et firma habere perpetuo et damna(6) et expensas reficere sub obligatione bonorum dicti loci Sancte Agathe et non contrafacere vel venire contra predicta vel aliquod predictorum per se vel alium sub dicta pena, qua soluta vel non, rato manente contractu. Et ego Moricus de Fabriano, imperiali auctoritate notarius, hiis interfui, rogatus scribere scripsi et publicavi.

Quam submissionem, dationem, concessionem, promissionem et unionem et omnem aliam per abbatissam seu priorissam dicti loci  Sancte Agathe vel moniales loci ejusdem abbatisse seu sindico dicti monasterii Sancte Marie Madalene factam, prout reperitur manu dicti magistri Morici de Fabriano, ex certa scentia confirmamus, et si quis in dicta unione, submissione, datione, seu concessione reperitur defectus, nostra ordinaria auctoritate subplemus et loca predicta unimus.

Nulli ergo omnino hominum liceat hanc paginam nostre unionis et confirmationis infringere vel ei auso temerario contraire. Si quis autem hoc adtentare presunserit, indignationem omnipotentis Dei, et Beate Marie Virginis et beatorum Apostolorum Petri et Pauli et sanctorum Venantii martyris et Ansoini confessoris se noverit incursurum; in cujus rei testimonium et certitudinem pleniorem presentes licteras per Riccerium notarium nostrum scribi et publicari mandavimus et nostri sigilli appensione muniri. Actum et datum Camerini in cappella palatii episcopatus sub annis Domini MCCLXXXVI, Inditione XIIII, tempore Dni Honorii pape quarti, die XIII mensis setembris, presentibus donno Petro priore Sancti Iacobi de Muralto, donno Gualterio priore Sancti Sebastiani, magistro Ofredutio Notario, Corrado lohannutii, et Corrado Domestici, testibus de hiis vocatis et rogatis. Et ego Riccerius de Camerino notarius publicus, ac nunc notarius dicti domini episcopi, predictis omnibus presens interfui et a dicto domino episcopo rogatus et ejus auctoritate, scripsi ac publicavi, meumque solitum signum  ac nomem abposui.

Note di confronto tral la copia 1286 e il frammento 1278: (1) Vedi 1278: parole di inizio del frammento; (2) manca “factum” nel frammento; (3) il frammento aggiunge pro dicto loco; (4) nel frammento senza “h”; (5) nel frammento eisdem; (6) nel frammento dampna

 

1286.09.13: Bolla vescovile di unione di due monasteri

Rambotto, per divina misericordia, vescovo di Camerino, saluta nel Signore le religiose donne, badessa e convento del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica. Di fronte alla richiesta da voi giustamente presentataci, tanto la forza dell’equità, quanto l’ordine razionale esigono che ciò giunga al dovuto effetto con la nostra sollecitudine. Pertanto, o dilette in Cristo, confermiamo l’unione, l’obbligazione, la sottomissione, la promessa, la donazione o cessione fatta ad opera della prioressa o badessa e monache del luogo di Sant’Agata sito presso Matelica, dopo aver considerato la vicinanza e la povertà del predetto luogo di Sant’Agata, in cui le monache ivi dimoranti non potevano osservare la regolare continenza, come risulta più chiaramente dal documento redatto dal notaio Morico da Fabriano il cui contenuto viene qui inserito parola per parola a motivo della maggiore certezza e stabilità.

( QUI IL TESTO DEL DOCUMENTO 7 MARZO 1278 = vedilo  a questa data)

Conosciamo con pienezza di scienza la sottomissione, la donazione, la cessione, la promessa, l’unione e ogni altro impegno verso la badessa ed verso l’amministratore del detto monastero, nell’atto scritto da mastro Morico da Fabriano, deciso dalle monache del detto luogo di Sant’Agata e confermiamo tutto; e se in tale atto si trovasse qualche difetto, suppliamo con la nostra ordinaria autorità e uniamo i predetti luoghi delle religiose.

Non sia lecito a nessuna persona violare questo nostro atto di unione e di conferma, né contrastarlo con temerario ardire. Se qualcuno userà la presunzione di tentarlo, sappia che incorre nell’indignazione dell’onnipotente Dio, della beata Vergine Maria, dei beati apostoli Pietro e Paolo, dei santi Venanzo martire ed Ansovino confessore.

Su nostro ordine il notaio Riccerio, nostro redattore, scrive e rende pubblica la presente lettera e la consolida con l’apporvi il nostro sigillo per maggior fede e certezza. Redatto e dato a Camerino, nella cappella del palazzo dell’episcopato, nell’anno del Signore 1286, indizione XIV, a tempo del papa Onorio quarto, il giorno 13 settembre, alla presenza di don Pietro priore di San Giacomo di Muralto, don Gualtiero priore di San Sebastiano, mastro Offreduccio notaio, Corrado di Giovannuccio e Corrado di Domestico, testimoni chiamati per l’atto.

Ed io Riccerio da Camerino, pubblico notaio, ora notario del detto vescovo, presente a tutto ciò, su richiesta del vescovo, scrissi per sua autorità, sottoscrissi e pubblicai l’atto in cui apposi il mio sigillo consueto ed il mio nome.

 

1286 novembre 20

Viene nominato il procuratore del monastero matelicese e della badessa Mattia di S.M.M. per prorogare il pagamento del residuo di una multa.

 

In Dei nomine. Amen. In anno Domini millesimo CCLXXXVI indictione XIIII tempore domini Honorii pape IIII die XX mensis novembris, actum in monasterio Sancte Marie Maddalene(!) de Matelica, presentibus Albrico Jacobi Bruti, Matheo molenario, et Iohanne de Fulgineo testibus ad hec et de hiis vocatis et rogatis; domina Mathia abbatissa monasterii Sancte Marie Maddalene de Matelica, cum consensu et voluntate vel consenso et presentia et voluntate Cristine, Annese, Jacobe, Margarite, Catarine, Allumminate (!), Danielle, Gratiadee, Deutame, Lucie, Vectorie, Cicilie, Christiane, Aurie, Jacoputie, Cicilie, Justine, Andree, Eugenie, domine Philippe, Isaie, Simonette, Philipputie, Amadee, Mathie, Guidutie, Benvenute, Isabette et Sperandee monialium et sororum vel consororum dicti minasterii, nomine ac vice dicti monasterii et capituli et conventus ibidem more solito congregati, eiusdem ipsum capitulum totum et conventus fecit ac constituit et ordinavit vel ordinaverunt, fecerunt et constituerunt concorditer dompnum Erricum Guarnerii presentem et recipientem suum vel earum et dicti monasterii legitimum sindicum actorem et procuratorem et nunctium spetialem ad presentandum se et comparendum pro eis et eorum nomine et vice dicti monasterii et pro ipso monasterio et conventu eiusdem coram reverendo viro et patre domino Rambocto camerinensi episcopo ad petendum et recipiendum ac postulandum terminum solvendi XIII libras ravennates et anconetanas quas solvere debent et dare tenentur pro residuo debiti et condem(natio)nis L libras ravennates et anconetanas facta per ispum dominum episcopum de dicto monasterio et contra dictum monasterium nomine et occasione deguastationis monasterii Sanche Agathe facte per ipsum monasterium Sancte Marie predictum in festo proxime venturo Sancti Andree in longiorem terminum et ipsum terminum prorogari ad sensum et voluntatem ac mandatum ipsius domini episcopi et ad (confitendum) et promictendum solvere ipsum debitum in termino per eundem dominum episcopum statuendum tam domino Gentili de Muralto quam Musce Savinelli quibus solvere promiserant sindicus ipsius monasterii Sancte predicte Marie vel alteri sicut fuerit oportunum et placuerit ipsi domini episcopo alias creditoribus prelibatis ex causa depositit vel mutui  et ad subpondendum se et dictam abbatissam et consorores excommunicationi sententie per ipsum ferende contra sindicum, abbatissam et sorores et ad subponendum monasterium prelibatum ecclesiastico interdicto si dictam quantitatem non solveret vel non solvet in termino prelibato et ad quietationem, finem, liberationem et absolutionem perpetue valituram recipiendum et ad omnia et singula fatiendum et exercendum que in predictis et circa et extra predicta et infra predicita seu occasione eorum generaliter et specialiter que viderit expedire et fuerit oportuna promittens vel promittentes mihi notario infrascripto pro omnibus quorum interest vel intererint sollepniter stipulanti quicquid per dictum sindicum factum fuerit et promissum in predictis et circa et extra et infra predicta et quelibet predictorum et occasione eorum se ratum et firmum habere sub hipothecha rerum et bonorum dicti monasterii.

Et ego Salinbene domini Sinibaldi publicus notarius predictis omnibus interfui rogatus ut supra legitur scripsi et publicavi.

( Aggiunto in calce) Fiat instrumentum de punto ad puntum secundum instrumentum scriptum manu magistri Voti mutato nomine domini Gentilis  etiam Dominico Francisci.

 

1286.11.20: Procura per il residuo di una multa

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1286, indizione quattordicesima, a tempo del papa Onorio IV, il giorno 20 del mese di novembre, redatto nel monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, mentre erano presenti Albrico di Giacomo Bruti, Matteo mugnaio e Giovanni da Foligno, come testimoni per questo e su questo chiamati e richiesti; Donna Mattia badessa del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica con il consenso e la volontà o con il consenso, la presenza e la volontà di Cristina, Agnese, Giacoma, Margherita, Caterina, Illuminata, Daniela, Graziadea, Diotama, Lucia, Vittoria, Cecilia, Cristiana, Aurea, Giacomuccia, Cecilia, Giustina, Andrea, Eugenia, donna Filippa, Isaia, Simonetta, Filippuccia, Amedea, Mattia, Guiduccia, Benvenuta, Isabetta e Sperandea, monache e suore o consorelle del detto monastero, a nome e per  conto del detto monastero e del capitolo e del convento riunito ivi al modo solito,  tutto lo stesso suo capitolo ed il convento fece, stabilì ed ordinò od ordinarono, fecero e stabilirono concordemente il signor Enrico di Guarnerio presente e ricevente, come legittimo amministratore, attore e procuratore e nunzio speciale suo, di esse e del detto monastero, a presentarsi e comparire per esse e a loro nome e per conto del detto monastero e a favore dello stesso monastero e del suo convento, di fronte al reverendo uomo e padre don Rambotto vescovo camerinese, per chiedere e ricevere e presentar domanda di un termine (di scadenza) per pagare 14 libre ravennati e anconetane che debbono pagare e sono tenute a dare per il residuo del debito e della condamma di 50 libre ravennate e anconetane, fatta dallo stesso vescovo riguardo al detto monastero e contro detto monastero, per motivo e in occasione della dismissione del monastero di Sant’Agata, fatta da parte dello stesso monastero predetto di Santa Maria;  in un termine (di scadenza) nella festa di sant’Andrea, o più lontano e prorogare il termine a disposizione, volontà, ed ordine dello stesso vescovo, ed a dichiarare e promettere di pagare lo stesso debito, entro il termine che dovrà esser stabilito dallo stesso vescovo  tanto per il signor Gentile di Muralto, quanto per Mosca Savinelli, come l’amministratore dello stesso monastero della detta Santa Maria o altro aveva promesso di pagare e come sarà opportuno e piacerà allo stesso vescovo o diversamente per i creditori scelti a causa del deposito o mutuo, ed a sottoporre se stesso, la detta abbadessa e le consorelle alla ‘minaccia’ di sentenza di scomunica per la cosa stessa, da fare contro l’amministratore, la badessa, e suore, e a sottoporre il monastero all’interdetto ecclesiastico, qualora non pagassero o non pagheranno nel termine scelto, ed a ricevere la quietanza, la conclusione, la liberazioe e l’assoluzione che avranno valore perpetuo, ed a dover fare  ed esercitare tutte quelle e singole che riguardo a quanto detto, anche al di fuori ed in occasione di ciò, in generale ed in particolare, considererà da fare e sarà opportuno. Promettono a me notaio sottoscritto, stipulante solennemente per tutti quelli che sono o saranno interessati, tutto ciò che verrà fatto e promesso dallo stesso amministratore nelle cose dette prima, riguardo ad esse, dentro e fuori di esse e di ciascuna ed in occasione di esse, lo considerano deciso e stabile, sotto ipoteca delle cose e dei beni del detto monastero.

Ed io Salimbene del signor Sinibaldo pubblico notaio fui presente a tutte queste cose e, come sopra sopra si legge, scrissi e pubblicai.

(di altra mano aggiunta coeva) Si faccia l’istrumento puntualmente scritto per mano di mastro Voto, cambiando il nome del signor Gentile, anche a Domenico di Francesco.

 

1287 settembre 26

Viene nominato il procuratore del monastero matelicese e della badessa Mattia di S.M.M. per presentare appello contro i frati agostiniani riguardo ai beni del signor Matteo

 

In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem MCCLXXXVII indictione XV Romana Ecclesia vacante pastore, die XXVI septembris, actum Mathelice in monasterio Sancte Marie Madalene presentibus magistro Percivalo olim de Cesena, Janne eius filio et Ver(luti)o domini Jacobi, testibus de hiis vocatis et rogatis. Congregato capitulo monasterii Sancte Marie Madalene de castro Mathelice, camerinensis diocesis; in quo quidem capitulo domina Mathelda abbatissa dominarum supradicti monasterii una cum expresso consensu et voluntate  omnium suarum consororum in dicto monasterio existentium, scilicet Annese, Margarite, Isabecte, Cristine, Danielis, Lucie, Andre, Cataline, Deutame, domine Christiane, Jacobutie, Johanne, Macthiole, Victorie, Isaie, Alluminate et aliarum monialium et sororum in dicto monasterio existentium et ipse sorores omnes unanimiter et concorditer fecerunt, constituerunt et ordinaverunt dompnum Erricum de Sancto Severino et fratrem Jacobutium conversum dicti  . . . . /=monasterii/ earum et dicti monasterii legitimos sindicos et procuratores, actores et defensores et nuntios spetiales ad presentandum se pro eis et ipsarum nomine et vice dicti monasterii et conventus eiusdem coram venerabili patre domino Rambocto camerinensi episcopo eiusque curia coram iudice spirituali in Marchia pro romana et coram iudicibus generalibus dicte Ecclesie temporalibus et coram quoque alio iudice competenti spetialiter et generaliter tam temporali quam spirituali pro causis, litibus et questionibus quas ipse domine et dictum monasterium habent et habere sperant cum fratribus Sancti Augustini, occasione bonorum domini Mathei domini Sinibaldi, cum dompno Vitaliano Albricitii, occasione dictorum bonorum dicti domini Mathei eorumque procuratoribus spetialiter et generaliter cum omnibus aliis hominibus et personis ubique locorum cum quibus predicta domina abbatissa et dicte domine et monasterium supradictum litem et questionem haberent vel habeant in antea ex quacumque de causa ad agendum et defendendum, ad libellum dacendum(!) et recipiendum, terminum et terminos ponendum, litem et lites contestandum, de calunnia iurandum, testes et probationes et instrumenta introducendum, testes et probationes averse partis audiendum et re(spon)dendum, exceptiones et replicationes opponendum, ad comunicandum et compromictendum, quietandum et remictendum, de calunia iurandum in anima predictarum dominarum et ad excusandum se ipsas, ipsarum dominarum et nomine dicti monasterii ab accusis et denuntiationibus factis et fatiendis dictis dominabus vel alicui ipsarum et dicto monasterio vel alicui pro dicto monaterio et dacendum fideiussionem et ad promictendum ipsos et quemlibet ipsorum conservandum indempnes sub dicta pena bonorum dicti monasterii, sententiam sive sententias audiendum, appellandum et prosequendum si opus fuerit, et generaliter ad omnia alia et singula fatienda et exercenda que in predictis, circa et extra predicta et quolibet predictorum necessaria vel utilia fuerint et dictis sindicis et procuratoribus facere et exercere videbuntur et placebit et que merita causarum requirunt solleniter promictentes predicta domia abbatissa et predicte sorores nomine et vice dicti monasterii et conventus eiusdem se se(!) ratum et firmum habere et tenere quidquid per predictos sindicos et procuratores vel alterum ipsorum factum et dictum fuerit in predictis circa et extra predicta et quolibet predictorum tum sub ypoteca et obligatione bonorum et rerum dicti monasterii volendo ipsos et quemlibet ipsorum reservare ab honere satidationis promiserunt mihi notario infrascripto pro eis quorum intererit sollenniter stipula(nti) de iuditio sisti et iudicatum solvendum.

Et ego Leva Boneiunte de Mathelica notarius predictis omnibus interfui rogatus supra scripta omnia subscripsi et publicavi.

 

1287.09.26: Procura per appello sui beni del signor Matteo

Nel nome di Dio. Amen. Nel suo anno 1287, indizione quindicesima, in tempo di sede romana vacante del pastore, il giorno 26 settembre, redatto a Matelica, nel monastero di Santa Maria Maddalena, mentre erano presenti mastro Percivalo un tempo da Cesena, Giovanno suo figlio e Ver(l)utio del signor Giacomo, come testimoni  richiesti ed a ciò chiamati. Quando si è riunito il capitolo del monastero di Santa Maria Maddalena del castello di Matelica, diocesi di Camerino,  donna Mattia badessa delle donne del detto monastero, con l’espresso consenso e la volontà di tutte le sue consorelle esistenti in detto monastero, cioè Agnese, Margarita, Isabetta, Cristina, Daniela, Lucia, Andrea, Cat(erina), Deutama, donna Cristiana, Jacobuccia, Giovanna, Mattiola, Vittoria, Isaia, (I)lluminata e delle altre monache e suore esistenti in detto monastero, e le stesse suore concordemente a voce unanime fecero, stabilirono ed ordinarono don Enrico da San Severino e frate Giacomuccio converso del detto monastero, come legittimi amministratori, sindaci e procuratori, attori e difensori e nunzi speciali loro e del detto monastero, per presentarsi per esse e a nome delle stesse e a nome e per conto del detto monastero e del suo convento, di fronte al venerabile padre don Rambotto vescovo di Camerino ed alla sua curia, di fronte al giudice spirituale della Marca per la Chiesa romana e di fronte ai giudici generali della detta Chiesa e temporali (cioè per beni materiali) e di fronte a qualsiasi altro giudice competente, in modo speciale e generale sia spirituale che temporale, per le cause, liti e questioni che le stesse donne e il loro monastero hanno o pensano avere con i Frati di Sant’Agostino, ad occasione dei beni del signor Matteo del signor Sinibaldo, con don Vitaliano di Albricuccio, ad occasione dei beni del detto signor Matteo e dei suoi procuratori in modo speciale e generale con tutti gli altri uomini e persone in ogni luogo con i quali la stessa donna badessa e le dette donne e il sopra detto monastero avessero lite e questione o ne avranno poi per qualunque causa, per agire e difendere, dare e ricevere il libello, ricevere un termine e porre termini, contestare la lite e le liti, giurare riguardo alla calunnia, introdurre testimoni, prove e strumenti, ascoltare i testimoni e le prove della parte avversa e rispondere , opporre eccezioni e repliche, per comunicare e far compromessi, far quietanza e remissione, giurare circa la calunnia sull’anima delle donne (monache) dette e a nome dello stesso monastero dalle accuse e denunce fatte e da fare alle dette donne e a qualcuna di esse e al detto monastero o a qualcuno per esso monastero, e a dare fideussione, a fare compromessi, a mantenerli sotto la già detta pena dei beni del monastero, ad ascoltare la sentenza o le sentenze, a fare appello e proseguire, se fosse necessario, e generalmente a dover fare ed esercitare tutte e singole le cose  che per quanto detto sopra, e fuori di ciò e qualsiasi cosa, saranno necessarie o utili come i detti amministratori e procuratori vedranno e vorranno e che sono richieste nel merito delle cause. La badessa e le suore prima dette a nome e per conto del detto monastero e del suo convento  promettono solennemente che considerano deciso e stabile e  mantengono tutto ciò che gli amministratori e procuratori, o uno di loro, faranno e diranno riguardo delle cose dette sopra ed a ciascuna di esse, sotto ipoteca e obbligazione dei beni e delle cose del detto monastero e vogliono che essi e ciascuno di essi sia esente dall’onere di soddisfare e promisero, a me notaio sottoscritto stipulante solennemente per esse e per quanti sono interessati, che si asterranno dal giudizio e che adempiranno le cose giudicate.

Ed io Leva Bonagiunta di Matelica, notaio, fui presente a tutte le cose predette e richiesto riguardo a tutte le cose scritte sottoscrissi e pubblicai.

 

1287 dicembre 10

Viene nominato il procuratore del monastero matelicese e della badessa di S.M.M. per una causa riguarante i beni di suor Francesca Bulgarelli.

 

In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem millesimo CCLXXXVII indictione XV romana Ecclesia pastore vacante die X intrentis decembris; actum in castro Mathelice in ecclesia Sancte Marie Madalene de Mathelica, Jacobutio Accursi Altemilie ma(gistro) . . . nallo . . .rfo(lin)o et fratre Vitale, testibus ad haec vocatis e t rogatis; congregato capitulo monesterii dominarum Sancte Marie Madalene de dicto castro, una cum expresso consensu et voluntate omnium suarum consororum et fratrium(!) et conversorum (in dicto) capitulo existentium, silicet Iustine, Agnese, (Margarite), Andree, Cataline, Deutame, Ysabet, Lucie, (Daniele), domine Crestine, Alluminate, et Iacubutie, Amadei, Philipputie, Agate, Scicil(i)e, Iustine, Guidutie, monalium dicti monesterii et conversorum et familiarium eiusdem monesterii et ominum aliarum monialium et sororum in dicto monesterio existentium et ipse sorores omnes et confratres supradicti monesterii unanimiter et concorditer fecerunt, constituerunt, ordinaverunt et creaverunt fratrem Iacobum domini Scamnis et fratre Iacobutium, conversos dicti monesterii, presentes, et Anibali (domini) Scangni de Cammereno(!) absentem earum et supra dicti monesterii sindicos legitimos, actores et defensores, procuratores et nunctios (spetiales) et quam melius de iure censeri possunt, ad representandum se, pro eis et eorum nomine et nomine et vice dicti monesterii et conventus eiusdem, coram reverendissimo viro et domino Ranbocto episcopo Camerinensi eiusque Curia et auditore et vicario ipsius dicti episcopi et genereliter coram quolibet alio iudice tam temporali quam spirituali in causa seu causis quam et quas dictum monesterium et ipse sorores habent et habere possent e habere sperant cum sorore Francesca filia condam domini Burgarelli vel cum eius procuratore, actore, factore et qualibet alia persona tam temporali quam spirituali, ad respondendum prefate Francess(c)e vel suo procuratori et omnibus aliis presonis temporaliter et spiritualiter coram supra venerabili patre domino Rambocto eiusque curia tam temporalibus quam spiritualibus tam ecclesiasticis quam seculariis, tam civilibus quam criminalibus, ad libellum dandum et recipiendum, termino seu terminis ponendum et recipiendum et ordinandum et prorogandum litem seu lites contestandum, de calumpnia respondendum seu de veritate dicendum, exceptionibus opponendum, positiones faciendum et positionibus adverse partis respondendum, testes et instrumenta et iura dicti monesterii introducendum, iuramenta adverse partis videndum, haudiendum et reprobandum si opus fuerit, protestandum, fatiendum, suffectos dandum . . . . /=sententiam/   seu sententias dandum, audiendum et recusandum, ad appellandum a quolibet alio gravamine ipsi monesterio illa(to) vel inferendo vel sibi sindico nomine dicti monesterii et ad (omnem) appellationem prosequendum et commictendum, impetrandum et contra(dicendum) et generaliter ad omnia alia fatiendum et singula ex(ercendum) que in predictis et circa predicta et quo(d)libet predictorum necessaria fuerint, oportuna et que merita causarum dessiderant et requirunt, et que ipsa domina abbatissa, capitulum et conventum ipsius et predicte sorores et conversi nomine dicti monesterii facere et exercere possent, sollepniter promictentes prefata abbadissa et predicte sorores et fratres nomine et vice ipsius monesterii et conventus eius, omne se ratum et firmum habere adque tenere quidquid per dictos sindicos vel procuratores factum fuerit de predictis et quolibet predictorum sub ypoteca et obligatione bonorum et rerum predicti monesterii.

Et ego Thomas Scangni notarius publicus predictis omnibus interfui ut supra legitur rogatus scripsi et publicavi.

 

1287.12.10: Procura per una vertenza sui beni di suora Francesca

Nel nome di Dio. Amen. Nel suo anno 1287, indizione quindicesima, quando la Chiesa romana era vacante del pastore, il giorno 10 del mese di dicembre entrante; redatto nel castello di Matelica nella chiesa di Santa Maria Maddalena di Matelica, alla presenza dei testimoni richiesti ed a ciò chiamati, Giacomuccio di Accursio Altemelie; mastro (Ra)nallo, (Pe)rfolino(?) e frate Vitale; dopo riunito il capitolo del monastero delle donne di Santa Maria Maddalena del detto castello, insieme con l’epresso consenso e con la volontà di tutte le sue consorelle e dei frati e dei conversi esistenti nel detto capitolo, cioè Giustina, Agnese, Margherita, Andrea, Catalina, Diotama, Isabetta, Lucia, Daniela, donna Cristina, (I)lluminata, Giacomuccia, Amedea, Filippuccia, Agata, Cecilia (Sicilia), Giustina, Guiduccia, monache del detto monastero ed i conversi e famigli del detto monastero e di tutte le altre monache e suore esistenti in detto monastero e le stesse sorelle tutte e frati del sopradetto monastero, in modo unanime e concorde, fecero, stabilirono, ordinarono e crearono i presenti frate Giacomo del Signor Scanno e frate Giacomuccio conversi del detto monastero, ed Annibale del signor Scanno da Camerino assente, come legittimi amministratori, attori e difensori, procuratori e nunzi speciali e come meglio si comprende secondo il diritto, per presentarsi per loro ed a loro nome e per conto del detto monastero al signor don Rambotto vescovo di Camerino ed alla sua curia e al vicario uditore dello stesso vescovo e in generale di fronte a qualunque altro giudice sia temporale che spirituale, nella causa o nelle cause che il detto monastero e le stesse suore hanno e pensano di avere con suora Francesca figlia del defunto signor Bulgarello o con il procuratore, attore, fattore di lei e qualunque altra personalità tanto temporale che spirituale, per rispondere alla predetta Francesca o al suo procuratore e a tutte le altre persone e cose temporali e spirituali, ecclesiastiche e secolari, civili e penali, a dare il libello e riceverlo, e stabilire il termine o le scadenze, a ricevere, ordinare e prorogare, a contestare la lite o le liti, a rispondere di calunnia o dover dire la verità, ad opporre eccezioni, far posizioni e rispondere alle posizioni della parte avversa, ad introdurre testimoni, documenti e diritti del detto monastero, ad udire i giuramenti della parte avversa e rifitare, se sarà necessario, a protestare, agire, dare le deliberazioni o sentenze, ascoltare e recusare, fare appello per ogni impegno gravoso dato o da dare al detto monastero o allo stesso amministratore a nome del detto monastero, ed a proseguire ogni appello, a dar commissione, richiedere, obiettare e generalmente a dover fare ed esercitare ogni altra e singola cosa che per le cose e sulle cose dette sopra e in ciascuna di esse sarà opportuna e che i meriti delle cause comportano e richiedono e che la stessa badessa e il capitolo e il convento dello stesso monastero e le dette suore e i conversi, a nome del detto monastero potrebbero fare ed esercitare.  La detta abbadessa, le dette suore e i frati a nome e per conto dello stesso monastero e del suo convento promettono solennemente che terranno deciso e stablito e manterranno qualunque cosa sarà fatta dal detto amministratore o procuratore riguardo a tutte e ciascuna delle cose dette prima, sotto l’ipoteca e l’obbligazione dei beni e delle cose del detto monastero.

Ed io Tomasso Scagni notaio pubblico fui presente alle cose dette prima e richiesto scrissi come si legge sopra e lo pubblicai.

 

1292 febbraio 2

In due atti notarili, il monastero matelicese con la badessa Mattia  fa  il pagamento  di un  muro  della chiesa di S.M.M. cedendo la proprietà di un terreno.

 

In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem MCCLXXXXII indictione V tempore domini Niccholai(!) papa quarti, die secunda mensis februarii; actum (in) castro Mathelice, in ecclesia Sancte Marie Madalene coram Benenutio (Sin)tardi, Entendi Salimbene Fulcarelli et Levutio Venture, testibus ad hoc vocatis et rogatis, Yuanus domini Scangni sindicus monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica nomine et vice ipsius monasterii et convenctus eiusdem, sindicario nomine eiusdem monasterii et convenctus de quo syndicatu mihi Bonaventure notario infrascripto plene constitit evidenti et occulata fide et presente, consensiente et volente domina Matthia abbatissa et convenctus dicti monasterii Sancte Marie Madalene per se in posterum suosque successores in dicto monasterio dedit et tradidit, cessit atque mandavit Petrono Rainaldi Bone pro se suisque heredibus sollempniter stipulanti iure proprio et ad proprium et in perpetuum, terram dicti monasterii positam in districtu Mathelice in loco qui dicitur Cretaiolum iusta hec latera, a primo ipse Petronus, a secundo L(e)v(o)nus Aiudi, a tertio uxor et filii Jacopelli d(e) (Fanti)linis et filii Jacobi Val(ent)ini, a quarto via; ad habendum, tenendum et possidendum (omne(?) et quicquid sibi et suis heredibus deinceps placuerit pepetuo faciendum cum omnibus et syngulis que infra predictos continentur confines vel alios si qui forent cum accessibus et egressibus suis usque in vias publicas et cum om(ni) iure (auctoritate) usu seu requisitione sibi et dicto monasterio et huic rei competenti et competitura pro eo quod dictus Petronus fecerat, muraverat unam cannam muri de cantis et de cementis bonam et sufficientem in fabbrica muri et ecclesie dicti monasterii valens quantum dicta terra valet et ultra, renuntians idem Yuanus sindicus in hoc facto exceptioni in eadem ecclesia non constructi dicti muri et excepti(oni) doli in factum . . . .tioni, condictioni sive causa et ex inniusta causa et deception(e) val. . .(oris) dimidium iusti precii et valoris dicte terre et omnibus aliis iuribus et exceptionibus et actionibus dicto monasterio competentibus et competituris in predictis et omni legum et iuris cannonicis auxilio quam rem idem syndicus nomine dicti Petroni constituit possidere donec eidem rei possessionem acceperit corporalem seuapprehendere quandocumque; in quam intrand(i) sua auctoritate quandocumque ei placuerit sibi licentiam et potestatem omnimodam contulit atque dedit absque alicuius iudicis vel rectoris licentia et auctoritate, lege vel statuta seu constitutione aliqua non obstante quibus dictus syndicus sponte re(nuptians); quam rem prefatus syndicus nomine et vice ipsius monasterii et conventus eiusdem per se suosque in posterum successores tam rei quam iuris eidem Petrono pro se suisque heredibus sollempniter stipulanti promisit et convenit nomine dicti monasterii semper perpetuo legict(ime) defendere, auctorizare atque disbri(g)are in quolibet foro, iudicio ecclesiastico et seculari et contra omne collegium, pesona(m) et universitatem, expensis, salariis et advocatis eiusdem monasterii ab initio litis usque ad finem cause sub pena dupli extimationis dicte rei pro tempore quo plus valuerit vel melliorat(a) fuerit vicissim inter eos et (versa) vice solempni stipulatione promissa et obligatione bonorum et rerum dicti monasterii nec contra predicta vel aliud predictorum per se vel alios aliquando facere vel venire aliqua ratione vel causa et omnia dampna et expensas ac interesse reficere; qua pena soluta vel non, predicta omnia et singula firma et rata semper nichilominus perseverent, etcetera.

Et ego Bonaventura magistri Benvenuti notarius publicus predictis omnibus interfui rogatus subscripsi et publicavi.

(Altro atto nella stessa pergamena, per lo stesso fatto, con  diversità fonetiche)

=1292 febbraio 2

 

In Dei nomine. Amen. Anno eiudem MCCLXXXXII indictione V tempore domini Niccholay(!) pape quarti et die secunda mensis februarii; actum in castro Mathelice in ecclesia monasterii Sancte Marie Madalene; coram Benvenuto Syntardi,  Entendi Salimbene Fulcarelli et Levutio Venture testibus ad hec vocatis et rogatis; domina Mathia abbatissa monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica, una cum consensu et voluntate sororum suarum, conversorum ac familiarium suorum, convocatis et congregatis de mandato dicte domine abbatisse in predicto monasterio scilicet Jacoba, Isabect, Daniela, Johanna, Victoria, Dietama, Philipputia, Barbara, Heugenia, Ysaia, Guidutia, Gratiadei, Agata, Cicilia, Iustina, Aurea et Aviadei et Tuttasanta et frater Guido et frater Salimbene et monialibus et conversis omnibus aliis in ipso monasterio existentibus in dicto monasterio ibidem presentibus dicti monasterii et ipse conventus totus, cum eorum concordia et voluntate atque consensu una cum prefata domina abbatissa fecerunt, constituerunt, creaverunt atque ordinaverunt Yuanum domini Scangni, presente et (in se) sponte subscipiente ipsorum et dicti monasterii et ecclesie legitimum syndicum yc(onomum) actorem, factorem, procuratorem et numptium specialem, specialiter ad dandum, tradendum et concedendum nomine dicti monasterii, ecclesie et conventus eiusdem Petrono Rainal(di) Bone, pro se et suis heredibus, terram dicti monasterii, ecclesie et conventus, positam in districtu Mathelice in loco qui dicitur Cretaiolum infra hec latera: a primo ipse Petronus; a secundo Levonus(?) Adiudi, a tertio uxor et filii Jacopelli de Fantolinis et filii Jacobi Valentini  et a quarto via, precio et nomine precii unius canne muri de cantis(!) bonis (et) cemento qu(od) idem Petronus fecerat et fieri fecit in fabbrica et mellioramento ecclesie dicti monasterii et ad quietandum dictum Petronum de dicta canna muri et legitimam defensionem faciendam et promictendum et (penam(?) promictendum et de (qua) pertica muri dictum monasterium indiget pro fabbrica muri dicte ecclesie; et bona et res ipsius monasterii obligand(um) pro defensione dicte terre et venditione ipsius nomine et vice prefati monasterii ecclesie et conventus eiusdem per se eiusque in posterum successores et generaliter ad omnia alia et singula faciendum et exercendum que in predictis et circa predicta et quo(d)libet predictorum fuerint necessaria et oportuna prom(ictent)es dicta domina abbatissa et ipse conventus totus sollempniter per se suosque in posterum successores in dicto monasterio ratum et firmum habere atque tenere et non contra facere vel venire . . . /=modo ali/quo in perpetuum aliqua ratione vel causa seu exceptione iuris vel facti sub pena per dictum syndicum promictendam et sub ypotheca et obbligatione bonorum (et) rerum eiusdem monasterii ecclesie et conventus, etcetera.

Et ego Bonaventura magistri Benvenuti notarius publicus predictis omnibus interfui et a predictis rogatus subscripsi et publicavi.

 

1292.02.02: Pagamento di un muro con un terreno

Nel nome di Dio. Amen. Nel suo anno 1292, indizione quinta, a tempo del papa Nicolò IV, il giorno due del mese di febbraio; redatto nel castello di Matelica, nella chiesa di Santa Maria Maddalena di fronte a Benvenuto di Sintardo, Entente di Salimbene Fulcarelli e Levuzio di Ventura come testimoni richiesti ed a ciò chiamati; donna Mattia badessa del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, con il consenso unanime e la volontà delle sue consorelle, dopo che erano state convocate e riunite su ordine della stessa badessa nel detto monastero, cioè Giacoma, Isabetta, Daniela, Giovanna, Vittoria, Diotama, Filippuccia, Barbara, Eugenia, Isaia, Guiduccia, Graziadea, Agata, Cecilia, Giustina, Aurea, Aviadea e Tuttasanta e frate Guido e frate Salimbene e tutti gli altri conversi e monache esistenti nel detto monastero e tutti i presenti ivi del convento di esso monastero, con volontà, concordia e consenso unanime insieme con la predetta donna badessa nominarono, stabilirono, crearono ed ordinarono come legittimo amministratore loro, della chiesa e del detto monastero, agente, fattore, procuratore e nunzio speciale, Ivano del signor Scagno, presente e spontaneamente accettante, per dare, consegnare e concedere, a nome del detto monastero e del suo convento, a Petrono di Rinaldo Bone, per sé e suoi eredi, la terra del detto monastero, della chiesa e del convento, posta nel distretto di Matelica, in località detta Cretaiolo entro i seguenti confini: primo lato lo stesso Petrono; secondo lato Levono (?) di Aiudo; terzo lato la moglie, i figli di Giacomello de Fantolini e i figli di Giacomo di Valentino, quarto lato la via; terreno da avere, tenere e possedere come a lui e poi ai suoi successori piacerà farne in perpetuo con tutte e singole le cose che sono contenute entro i detti ed altri confini, con accesso e uscite propri fino alla via pubblica e con ogni diritto, potere, uso o requisizione che spettasse o spetterà al monastero riguardo a queste cose. E ciò a motivo del fatto che il detto Petrono aveva fatto la muratura di una canna (=misura) di muro con canne e cemento di buona e sufficiente edilizia, muro fabbricato per la chiesa del detto monastero, valutato di valore quanto il detto terreno e più. L’amministratore Ivano in ciò rinuncia ad ogni eccezione di inganno, condizione di causa giusta o ingiusta, calcolo a metà del giusto valore e prezzo di detta terra ed a tutti gli altri diritti ed (e)ccezioni ed azioni che competono o competeranno al detto monastero ed ogni ausilio di leggi e norme canoniche riguardo alla costruzione del detto muro nella detta chiesa. L’amministratore conservò la tenuta di questa cosa a nome del detto Petrono, fino a quando egli non ne prenderà il possesso corporale e la tenuta in qualunque modo. Gli diede licenza e pieno potere rinunciando spontaneamente a qualsiasi norma, legge o costituzione di qualsiasi giudice o rettore e fece ciò a nome e per conto dello stesso monastero e del suo convento, per sé e per i successori. E promise con solenne stipula e fece convenzione a nome del detto monastero con Petrono per sè e per i suoi successori, riguardo alla cosa e al diritto di difendere, risolvere presso qualsiasi tribunale ecclesiastico o secolare, contro ogni gruppo o persona o comunità, quanto sopra, inoltre di rifondere le spese, i salari e gli avvocati dall’inizio alla conclusione della vertenza, sotto pena del doppio dell’estimo di detta cosa, con il valore che avrà nel tempo, se sarà migliorata. E con solenne stipula, tra di loro scambievolmente, promisero di non agire contro, né venire in contrasto per alcuna ragione e causa, sotto promessa ed obbligazione dei beni e delle cose del detto convento e ripagare i danni, le spese e gli interessi. Tutte e singole le cose dette prima resteranno decise e stabili, pagandosi o non pagandosi la penalità, comunque sia, restano. Eccetera.

Io Bonaventura di Mastro Benvenuto notaio pubblico fui presente a tutto quanto sopra e, richiesto, sottoscrissi e pubblicai.

 

1301 marzo 24

Viene nominato il procuratore del monastero matelicese e della badessa Mattia  di S.M.M. per incassare il pagamento di un prato, venduto al comune di Matelica.

 

In Dei nomine. Amen.  Anno Domini MCCCI indictione XIIII, tempore domini Bonifatii pape VIII die XIIII martii, in terra  adtum Mahtelice in monesterio Sancte Marie Madalene, presentibus dompno Htomaxio (!) capellano ecclesie Sancte Marie de Cerreto, Guarinutio Coradi Guidarelli, conventu so(pra)dicti m(one)sterii, testibus deputatis vocatis; domina Mahtia abadissa monesterii Sante Marie Madalene, una cum sorore sua Isabetta, Gratiadee, Mahtiole,  Eugenie, Bartolomea, Datadeo, Ma(n)sueta, Simonetta, Vittoria, Felipputia, Gera, Agatte, Deutame, Lucia, Angelica, Cicilia, Isaia, Clarella, Margarita, Daniella, sorores et monace ipsius monestereii(!) et conventus dicti monestereii totum (!) ad sonum campane congregatum, ut moris est, nemine disscordante, ipsa domina abadissa, de licentia et voluntatem diciti(!) conventus et una cum eis, fecit, costituit et ordinavit fratrem Jacopoputium(!) conversum su(pra)dicti monesterii, suum et dicti monesterii verum, legitimum sindicum, actorem, factorem et nu(n)tium spetialem ad acipiendum et recipiendum a cammerario communis Mahtelice, sive a sindico dicti communis qui nunc est et in futurum erit et a Buto Tomaxii sive a qualibet persona qui eset poxitum super predittis, totam quantitatem pecunie sive bladii quod vel quam monesterium supradittum Sante Marie Madalene abere debet a commune Mahtelice vel ab interpoxita persona promi(ss)ione pro dicto commune, ad accipiendum dictam quantitatem pecunie sive bladii totam vel partem et ad quietandum remittendum et ad solvere cammerarium sive sindicum dicti communis et Butum Tomaxi et omnes alias personas que fuerint quietande et ad solvere de predict(o) commune de totum quod ipse frater Jacoputius sindicus dicti monesterii receperit et in omni eo quod per eum fuerit rep(er)tum, nomine et vice ditti monesterii et conventus eiusdem; promicte(n)s dicta domina Mahtia abadissa et conven(tus) totu(s) dicti monestrerii nemine discordante quid(quid) per dictum sindicum factum, dittum, quietare missum, operatum et factum fuerit in predittis omni ca(usa) preditta et colibet predittorum, ratum senper perpetuo abere et tenere et in alico punto nec capitulo contra facere vel venire sub pena et obligatio(ne) bonorum et rerum dicti monesterii et ipsius conventi quam (penam) totiens dare et solvere promisit et convenit, cotiens fuerit contrafattum vel etiam contraventum et danna et suntus reficere sindicum.

Et ego Ventura Massei notarius plubicus iis omnibus interfui de predittis roga(tus) scribere scripsi et plubicavi.

 

1301.03.24: Procura a riscuotere un credito

Nel nome dei Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1301, indizione quattordicesima, al tempo del papa Bonifacio VIII, il giorno 24 marzo, redatto a Matelica nel monastero di Santa Maria Maddalena, alla presenza di Tomassio cappellano della chiesa di Santa Maria di Cerreto, Guarinuccio di Corrado Guidarelli, con il convento del sopradetto monastero, come testimoni richiesti e chiamati; donna Mattia badessa del monastero di Santa Maria Maddalena insieme con le suore Isabetta, Graziadea, Mattiola, Eugenia, Bartolomea, Datadeo, Mansueta, Simonetta, Vittoria, Filippuccia, Gera, Agata, Diotama, Lucia, Angelica, Cecilia, Isaia, Clavella, Margherita, Daniela, suore e monache dello stesso monastero e del convento del detto monastero, dopo che al suono della campana, come d’uso, si erano riunite, senza  alcuna discordanza, la stessa badessa con la licenza ed il consenso del detto convento ed insieme con loro, stabilì ed ordinò frate Giacomuccio della comunità del sopradetto monastero come amministratore vero e legittimo, agente, fattore e nunzio speciale del convento di esso monastero e dello stesso monastero, per ricevere  e prendere dal camerario (cassiere) del comune di Matelica o dall’amministratore del detto comune che è, e sarà in carica, e da Buto di Tomassio o da qualsiasi altra persona che è posta sopra ai predetti,  tutta la somma di denaro o di generi che il detto monastero di Santa Maria Maddalena deve avere dal comune di Matelica o da interposta persona, per la promessa per il detto comune, a prendere la detta somma di denaro o di generi, tutta o in parte, ed a rilasciare quietanza, remissione e ad assolvere  il camerario o l’amministratore e  Buto di Tomassio e tutte le altre persone che dovranno ricevere quietanza per il pagamento da parte del predetto comune, di tutto quello che lo stesso frate Giacomuccio amministratore del detto monastero riceverà e in ogni cosa che per mezzo di lui sarà trovata, a nome e per conto del detto monastero e del suo convento. La predetta donna Mattia badessa insieme con tutto il convento del detto monastero, promette di considerare deciso per sempre in perpetuo e di mantenere tutto ciò che viene fatto, detto, messo, quietanzato, operato e realizzato da parte del detto amministratore nelle cose dette sopra ed in ciascuna di esse, e di non contrastare o mettersi contro ad esse in alcun punto o capitolo, sotto penalità ed obbligazione dei beni e delle cose del detto monastero e del suo convento. Promise e accordò che avrebbe dato e pagato questa penalità tutte le volte che avessero agito contro o anche contravvenuto, e avrebbe ripagato l’amministratore, i danni e le spese.

Ed io Ventura Massei notaio pubblico fui presente a tutto ciò e, richiesto di scrivere, scrissi e pubblicai.

 

1311 gennaio 29

Vengono nominati i procuratori del monastero matelicese e della badessa Mattia  di S.M.M. per fare appello contro un precetto del vescovo di Camerino.

 

In Dei nomine. Amen. Anno Domini MCCCXI indictione VIIII tempore domini Clementis pape quinti, die XXVIIII mensis ianuarii; actum in ecclesia monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica, camerinensis diecesis, presentibus Nutio Nalli domine Savie; Francisco et Nutio Salimben(e) Atti de Monte Milone et nunc habitatoris terre Mathelice, testibus de hiis omnibus rogatis et vicatis. Nobilis mulier et domina domina (!) Mathia abbatissa monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica, camerinensis diecesis, una cum Francesca, Mathiola, domina Al(c)egrima(!), Barbara, Philipputia, Cecilia, Eugenia, Tuctasanta, Isaia, Manfredutia, Gera, Agatha, Marta, Lucia, Thomassutia, Sperandeo, Rosa, Zutia, Mita, Annese, Angelica, et Iacobutia, Bartholomea, monialibus ipsius monasterii ad sonum campane, mandato ipsius domine abbatisse in ecclesia ipsius monasterii, more solito, congregatis; et ipse moniales omnes, earum nemine discordante, una cum ipsa domina abbatissa ad invicem auctorante(!) fecerunt, constituerunt, creaverunt ac etiam legitime ordinaverunt nobilem virum Guarinutium Guarini de Mathelica et fratrem Jacobutium conversum dicti monasterii absentes, tamquam presentes, et quemlibet eorum in solidum, ita quod non sit melior condictio occupantis et quod unus ipsorum inceperit, alter possit readsummere(!), prosequi et finire, earum et dicti monasterii suos vero et legitimos sindicos, procuratores, actores et factores et nuntios spetiales vel si quo alio nomine de iure melius, et censeri possunt ad representandum se pro ipsis et ipsarum nomine coram venerabili patre et domino domino Berardo camerinensi episcopo et appellationem . . . . eundum et ad appellandum a litteris eis trasmissis et preceptis nuper factis per dictum dominum episcopum seu ipsius offitiales, aut per alterum ipsorum quocumque modo vel causa, ad sanctissimum patrem et dominum nostrum summum pontificem seu ad alium ipsius vicem habentem, seu etiam ad quemcumque alium in curia romana iurisdictionem habentem et ad dictam appellationem prosequendum, ad libellum dandum et recipiendum, litem contestandum de calupnia seu de veritate in ipsarum anima iurandum, exceptiones opponendum, replicandum . . . .  et reduplicandum si opus fuerit, iudices eligendum, vel albitros . . . .  escusandum suspectos dandum, ponendum et respondendum, testes, istrumenta, alias probationes legitimas inducendum, testes partis adverse iurare videndum, opponendum contra testes et dicta reprobandum et ad fatiendum ipsos deponere et ad videndum ipsorum testium apertura, copiam actorum recipiendum et concludendum in causa et ad unum procuratorem vel plures  istituendum, nomine ipsarum dominarum et dicti monasterii et generaliter, spetialiter et  particulariter ad omnia et singula fatiendum et exercendum que in predictis et quolibet predictorum extiterint necessaria et oportuna et que ipse facere et exercere possent, si personaliter addessent, et que merita causarum exigunt et requirunt; promictentes se ratum  et firmum perpetuis temporibus habituras quicquid per dictos (syn)dicos seu alteri ipsorum vel substituendum ab ipsis, factum et gestum fuerit in predictis et quolibet predictorum, sub ypoteca et obligatione bonorum dicti monasterii et ipsos et quemlibet ipsorum seu substituendum ab ipsis relevare ab omni honere satisdationis de iudictio sisti et iudicato solvendo. Qua pena soluta vel non, predicta rata et firma permaneant.

Et ego Nallus Zoni notarius publicus supradictis omnibus interfui et rogatus scripsi et publicavi meique singni munimine roboravi.

 

1311.01.29: Procura per fare appello contro un precetto vescovile

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1311, indizione ottava, al tempo del papa Clemente V il giorno 29 del mese di gennaio, redatto nella chiesa del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, diocesi di Camerino, alla presenza di Nuzio Nalli di donna Savia, Francesco e (M)uzio di Salimbene Atti da Monte Milone abitante ora della terra di Matelica, come testimoni richiesti, a tutto ciò chiamati; la nobile signora  Mattia badessa del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, diocesi di Camerino, insieme con Francesca, Mattiola, donna Al(t)egrima, Barbara, Filippuccia, Cecilia, Eugenia, Tuttasanta, Isaia, Manfreduccia, Gera, Agata, Marta, Lucia, Tomassuccia, Sperandea, Rosa, Zutia, Mita, Agnese, Angelica e Giacomuccia, Bartolomea, monache dello stesso monastero, dopo che per ordine della stessa badessa si erano riunite nella chiesa dello stesso monastero, al modo solito, tutte le dette monache, senza alcuna dissensiente, insieme con la stessa donna badessa e reciprocamente stabilirono, decisero, crearono ed ordinarono legalmente il nobil’uomo Guarinuccio di Guarino di Matelica e frate Giacomuccio converso del detto monastero, assenti, come fossero presenti, e ciascuno di loro in solido, di modo che non sia migliore la condizione di uno che è agente rispetto a quella di uno che non lo è, e tutto quello che uno di essi ha cominciato, l’altro possa prenderlo, proseguirlo e finirlo nella qualità di legittimi amministratori, procuratori, agenti, fattori e nunzi speciali, o con qualsiasi altro nome si può meglio esprimere e pensare giuridicamente, per presentarsi a posto di loro stesse, a nome loro, di fronte al venerabile padre e signore don Berardo vescovo di Camerino ed esprimere l’appello e appellare riguardo alla lettera loro trasmessa e agli ordini fatti da parte del detto vescovo di Camerino o dei suoi officiali o da alcuno di essi, in qualunque modo o causa, presso il santo padre, signor nostro sommo pontefice o ad altra persona che fa le sue veci, o presso chiunque altro abbia giurisdizione della curia romana, inoltre a proseguire il detto appello, a dare il libello e riceverlo, a contestare la lite sulla calunnia o sulla verità, a giurare sulla loro anima, ad opporre eccezioni, a replicare e controreplicare, se necessario, ad eleggere i giudici od arbitri, a escusare, a porre sospetti, a introdurre i testimoni, i documenti, le altre prove legali, a veder giurare i testimoni della parte avversa, a contrapporsi ai testimoni, a rifiutare le cose dette ed a farli deporre e a vedere l’apertura dei testimoni, ricevere la copia degli atti e concludere nella causa ed a stabilire uno o più procuratori a nome delle stesse donne e del detto monastero, e in generale a fare ed esercitare tutte quelle cose che riguardo a ciascuna delle cose dette sopra, risulteranno necessarie ed opportune e che loro stesse potrebbero fare ed esercitare se fossero presenti direttamente, cose che i meriti delle cause richiedono ed esigono. Promettono che considereranno stabilito e decisto per tutti i tempi tutto ciò che viene fatto e gestito da parte degli stessi amministratori o di uno di loro o di un loro sostituto, riguardo a ciascuna delle cose dette sopra, sotto l’ipoteca e l’obbligazione dei beni del detto monastero. Inoltre liberano questi amministratori e i loro sostituti da ogni onore di soddisfare, senza procedere in giudizio, attenendosi al giudicato. Le cose dette prima, pagata o non pagata la penalità, restino decise e stabili.

Ed io Nallo Zoni notaio pubblico fui presente a tutte le cose dette sopra e, richiesto di scrivere, scrissi e pubblicai e rafforzai con il mettere il mio sigillo.

 

1312 luglio 8

La badessa Mattia del monastero S.M.M. riceve quietanza per aver pagato In ogni miglior modo l’acquisto di una campana da rifondere.

 

In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem MCCCXII (indictione X, tempore) domini Clementis Pape V die VIII mensis iulii. Actum Mathelice in ecclesia monesterii Sancte Marie Madalene, presentibus Iohannutio Simonicti et Acto Junte de Fab(riano) testibus ad hoc rogatis et vocatis; dompnus Pace Mathioli de Mathelica  tamquam procurator et legitime ad hoc constitutus a domino Jacobo Biccerii cappellano et rectore ecclesie Sancti Salvatoris Valle Acorani disstrictus Mathelice, nomine et vice dicti domini Jacobi fuit confessus et contentus habuisse et recepisse a domina Mathia abbatissa supradicti monesterii dante et solvente pro dicto monesterio et conventu pro pretio et nomine pretii LX libbras metalli unius campane fracte C.  s(olidos) ravennates et anconetanas, renuntians exceptio(ni) non habitos et non receptos dictos denarios et omni legum auxilio promictens dictam quantitatem ulterius non petere nec peti facere se(cus) si ex aliqua ratione vel causa pro se vel pro aliqua persona, dicto monesterio aliqua lix neque questio oriretur, promixit nomine dicti domini Jacobi, a principio litis usque ad finem cause legitime defendere omnibus suis sumptibus et expensis et de dicta quantitatem fecit finem, quietationem et assolutionem omni modo et iure quibus melius dici potest et promixit firmum et ratum haec omnia suprascripta et non venire contra sub pena XXV librarum ravennatum.

Et ego Franciscus magistre Mathi(!) de Mathelica notarius publicus predictis omnibus interfui et rogatus subscripsi et publicavi.

 

1312.07.08: Pagamento di una campana

Nel nome del Signore. Amen. Nel suo anno 1312 indizione decima a tempo del papa Clemente V, il giorno 8 del mese di luglio; redatto a Matelica nella chiesa del monastero di Santa Maria Maddalena, alla presenza di Giovannuccio di Simonetto e di Attone di Giunta da Fabriano come testimoni richiesti a ciò chiamati; il Signor Pace di Mattiolo da Matelica come procuratore legittimamente stabilito a questo, da don Giacomo di Biccerio cappellano e rettore della chiesa di San Salvatore di Valle Ancorano, distretto di Matelica, a nome e per conto del detto don Giacomo dichiarò e fu soddisfatto di aver avuto e ricevuto dalla abbadessa del sopraddetto monastero, donna Mattia che dà e paga per il detto monastero e convento come prezzo e per conto del prezzo di sessanta libbre del metallo di una campana rotta, la somma di cento soldi ravennati e anconetani, con  rinuncia all’eccezione del denaro non avuto o non ricevuto e a ogni ausilio delle leggi, prometendo di non chiedere ulteriormente né di far chiedere la detta somma. Nonostante qualsiasi ragione o causa per sè o per altra persona, affinché non sorgesse alcuna lite o questione al detto monastero, promise, a nome del detto don Giacomo, di difendere legalmente dall’inizio della lite fino alla fine della causa, a sue spese e fece quietanza finale e assolutoria per ogni modo e diritto come meglio si può dire. Promise di tenere decise e stabilite tutte queste cose scritte sopra e di non contrastarle sotto penalità di 25 libbre ravennati.

Ed io Francesco di mastro Matt(e)o da Matelica notaio pubblico fui presente a tutte le cose sopradette e richiestone sottoscrissi e pubblicai.

 

<Durante la digitazione la dettatura di questo testo è stata insicura>

ALCUNE PERGAMENE DEL MONASTERO DELLA BEATA MATTIA  DI MATELICA

Indice

1237 gennaio 11    Consacrazione di Rosa

1237 aprile   20      Contratto di deposito e arbitrato

(1237)                     Procura per Rosa

1271 agosto  10     Consacrazione di Mattia

1272 giugno    1      Procura per i beni di Mattia

1273 aprile   19       Consacrazione di Venutula

1273 aprile   21       Indulto per elemosine al monastero

1273(?) aprile 19     Donazione di un luogo monastico

1274 agosto  18       Istruttoria giudiziaria

1275 febbraio 11      Indulto vescovile per elemosine

1278 febbraio 16      Oblazione del luogo di Sant’Agata

1278 marzo     7       Frammento di rinuncia ad una lite

1278  luglio 16 e 17 Appello contro il precetto vicariale

1278 dicembre 2      Contratto per spartire un’eredità

1279 luglio      3        Donazione della dote sponsale

1284 giugno   10       Procura per i diritti su s. Maria di V.

1285 agosto  21        Procura per la lite sull’eredità di Sibilla

1286 febbraio 28       Indulto vescovile per elemosine

1286 settembre 12   Procura per pagare una multa

1286 settembre 13   Quietanza di multa e condono

1286 settembre 13   Unione approvata di due monasteri

1286 novembre 20   Procura per il residuo di una multa

1287 settembre 26   Procura per appello sui beni di Matteo

1287 dicembre  10   Procura per i beni di suor Francesca

1292 febbraio     2    Pagamento di un muro con un terreno

(due documenti)

1301 marzo     24     Procura per riscuotere un credito

1311 gennaio  29      Procura per appello contro un precetto

1312 luglio      8         Pagamento di una campana

(Traduzione  italiana di carlo tomassini)

MATELICA  MONASTERO DELLE CLARISSE   S.M.M.= Santa Maria Maddalena)

PERGAMENE TRASCRITTE E TRADOTTE

 

1237 gennaio 11

Donna Rosa dona se stessa ed i suoi beni a Dio nel monastero matelicese  S. M. M. nell’obbedienza al ministro dei Frati minori e alla monache per le quali difenderà la sua eredità contro  Masseo e Gentile  NAZARII.

In nomine Domini nostri Iesu Christi. 1237 indictione X die XI intrante  ienuario, tempore Gregorii pape et Federici imperatoris. Coram testibus infrascriptis, domina Rosa filia condam domini Ranni Aberti Gualterii, propria spontanea sua bona voluntate, et pro redempcione animarum parentum et sororum suarum, et pro sua anima, dedicavit se et sua; et ingressa est monasterium et ecclesie sancte Marie Madalene; et dictam  domina promisit obedientiam et reverentiam Fratri Petro ministro Fratrum Minorum et suis sororibus, recipienti pro ipsa ecclesia, quod nunquam  aliquo tempore discederet a dicta ecclesia eundo et serviendo ad aliquem locum religiosum, hoccasione standi vel permanendi, sed semper  in eodem loquo permanendo; et renunciavit mundo et promisit castitatem et unitatem retinere, et necessitatem retinere: et Deo fecit pro amore quam habet erga dominum nostrum Iesum Christum et Marie Virginis et Marie Madalene; dicendo dictus Frater Petrus: “Vis tu esse reddita Deo huic loquo sancte Marie Virginis et sancte Marie Madalene; permanendo et stando ante altare sancte Marie Madalene?”  Et ipsa dixit: “Volo”.  Et ipse Frater Petrus  et sue sorores receperunt eam nomine et vice dicte Ecclesie; et investiverunt eam per pannos altaris et per osculum pacis ad altare. Et dicta domina Rosa, post hec, dedit et cessit omne ius et omnem rationem et actionem quod et quam  abebat contra dominum Masseum et dominum Gentilem Nazarii de quatuor centum libris, quas ipsi dare ei tenebantur de venditione mansi patris et matris sui, et de CLVI libris quas domina Biatrice et ipsa domina Rosa antea concesserant dicto monasterio. Et dedit et concessit ipsa domina Rosa dicto loquo sive monasterio omnia alia sua bona preter ista, sive ultra supradicta   . . . .tud(. . ) esset; quam racionem et concessionem promisit firmam et ratam abere et non contravenire aliqua occasione vel exceptione.

Ibi vero dominus Bartolus Gentilis, dominus Rainaldus iudex, Moricus de Rocca, et dominus Benintendi, donnus Petrus Palmucii, Bonus Frater, Frater Filippus, donnus Bentevogius, et multi alii rogati testes similiter in dicta ecclesia.

Ego Albertinus notarius interfui et ex mandato dicte domine Rose et suarum sororum scripsci et plubicavi (!) et in plabicam (!) formam redegi.

 

1237.01.11: Consacrazione di Rosa

Nel nome di nostro Signor Gesù Cristo. Anno 1237, indizione decima, giorno 11 gennaio, al tempo del papa Gregorio e dell’imperatore Federico, alla presenza dei testimoni  scritti sotto, donna Rosa, figlia del defunto signor Ranno di Alberto Gualtieri, di propria spontanea buona volontà e per la redenzione delle anime dei suoi genitori e sorelle e per la propria anima, consacrò se stessa e i suoi beni, ed entrò nel monastero e chiesa di santa Maria Maddalena. La signora predetta promise obbedienza e riverenza a Frate Pietro ministro dei Frati Minori ed alle consorelle. Fu accolta a nome della stessa Chiesa, con l’impegno che mai, in alcun tempo, sarebbe uscita da tale chiesa, per andare a servire in altro luogo religioso, in occasione di stare o rimanere; ma sempre sarebbe restata in questo luogo e rinunciò al mondo. Promise di mantenere la castità e l’unità e di tenere la necessità e lo fece per Dio, per l’amore che ha  verso nostro signore Gesù Cristo, verso la vergine Maria e Maria Maddalena. Mentre Frate Pietro predetto domandava: “Vuoi tu essere resa a Dio a questo luogo della santa  Vergine Maria e santa Maria Maddalena, permanendo e stando davanti all’altare di santa Maria Maddalena?” Lei disse: “Lo voglio”. Frate Pietro e le consorelle la ricevettero a nome e per conto della Chiesa predetta e la vestirono per mezzo dei panni dell’altare e per mezzo del bacio della pace presso l’altare. Rosa dopo queste cose, donò e concesse al monastero ogni diritto ed ogni ragione ed azione che aveva nei confronti del Signor Masseo e del signor Gentile di Nazario per quattrocento libbre che quelli erano tenuti a darle dalla vendita del podere paterno e materno di lei, inoltre per 156 libbre che donna Biatrice e la stessa donna Rosa avevano prima consegnato; come pure lei consegnò e diede al predetto monastero, o luogo, ogni altro suo bene; e oltre ed in aggiunta a ciò anche quel che fosse di suo avere. Promise di mantenere stabili e definitive questa sua donazione consegnata e di non contrastarla in nessuna occasione, senza  riserva.

Erano presenti il signor Bartolo di Gentile, il signor Rainaldo giudice, Morico della Rocca, il signor Benintendi, don Pietro di Palmuccio, Bono frate, frate Filippo, don Bentivoglio e molti altri testimoni richiesti, nella detta chiesa.

Fui presente io notaio Albertino che per mandato della stessa Rosa e delle consorelle, scrissi l’atto, e lo resi di pubblica forma.

 

1237 aprile 20

Nella vertenza per l’eredità di Rosa si stipula l’accordo di deposito del denaro affidando la sentenza al ministro dei Frati minori oppure al vescovo.

 

In Dei nomine. Amen. Anno Domini MCCXXXVII, die (XI) exeuntis aprilis tempore Gregorii pape et Frederici romanorum imperatoris, Sicilie et Jerusalem regis, indictione X.

Dominus Masseus et dominus Gentilis Lazarii ex una parte, et Acto Venimbene notarius sindicus monasterii sancte Marie Madalene de Mathelica, nomine universitatis et conlegii et pro ipsa universitate dicti monasterii, ex altera, deposuerunt de communi concordia e voluntate apud dominum Moricum de  Rocca, ducentas libras ravennates et anconetanas de pretio vendictionis domine Rose, facte filiis Lazarii, de bonis quondam Ranni, hoc modo et pacto et ac conditione possita, quod quidquid Frater Petrus minister Fratrum Minorum dixerit, quod predicta domina  cum suis sororibus et sindicus dicte universitatis fatiant cartam filiis Lazarii quietationis e transactionis factam inter predictos, stabunt ad eius dictum; et si  (contigeret) dictus Frater Petrus non veniret, vel diceret, hinc ad medium madium proximum, dominus Filippus episcopus camerinensis debeat dicere; et si contigeret quod viri predicti non diceret, dicta pecunia, silicet  CC  libras, dominus Moricus deberet restituere dictis filiis Lazarii, et si episcopus diceret, deberet restituiere dictam pecuniam, dominus Moricus dicte domine , omni occasione postposita.

Item de testamento domine (I)bilde  quidquid predicti diceret vel laudaret, plus rationi, vel minus rationi, promiserunt ad invicem firma habere atque tenere sub pena CC librarum ravennatum; (vicissim)  inter se solempni stipulatione promiserunt, et omne dampnum litis et expensas per quod, et quas, fecerit vel sustinuerit, pro  (hoc), quoquo modo, reficere et restituere promiserunt solempni stipulatione inter se; et predicta soluta, vel non, dicta omnia firma habere, tenere promiserunt; omni iure reservato monasterio facto montis scilicet X(. .) modioli; et illud quod habet de manso (Mar)tini Iunii et uxori et de clusura Deoni Acti, et molendino Gometarie, que demisit domine Rose.

Actum in monasterio dicto, presentibus domino Albrico Finaguerre, Rainaldo Montis Melonis, domino Subpolino, domino Albrico Mori, et domino Blasio et Iohanne Albrici Guarnerii testibus. Ego Acto Deoni avocati apostolice sedis notarius, his omnibus interfui et ut supra legitur, rogatus, scripsi.

 

1237.04.20: Contratto di deposito e arbitrato

Nel nome di Dio. Amen. L’anno del Signore 1237, giorno 20 aprile, a tempo del papa Gregorio e dell’imperatore  dei romani Federico, re di Sicilia e di Gerusalemme, indizione decima. Il signor Masseo ed il signor Gentile di Lazario  da una parte, e dall’altra parte, Attone Venimbene notaio, amministratore del monastero di santa Maria Maddalena di Matelica, a nome della comunità e del collegio e per conto loro, di comune accordo e volontà,  presso il signor Morico da Rocca, fecero il deposito di duecento libbre ravennati ed anconetane,  prezzo della vendita da parte di donna Rosa, dei beni del defunto Ranno, fatta ai figli di Lazario, con questo patto, e con questa condizione posta, che qualunque cosa deciderà Frate Pietro ministro dei Frati Minori, la predetta donna Rosa con le sue consorelle e l’amministratore della detta comunità, facciano la carta  di quietanza e transazione ai figli di Lazario e staranno gli uni con gli altri alla decisione dello stesso. E se capitasse che il predetto Frate Pietro non venisse o non decidesse, da ora fino alla metà del prossimo maggio; debba decidere don Filippo vescovo di Camerino. E se capitasse che questi predetti uomini non decidessero, allora il denaro predetto di duecento libbre sia restituito dal Signor Morico ai predetti figli di Nazario. E qualora il vescovo dicesse che il predetto denaro fosse da restituire, il signor Morico lo consegni, senza frapporre condizione, alla signora predetta. Parimenti riguardo al testamento di donna (I)bilde, tutto ciò che uno o l’altro dei predetti decidesse o sentenziasse, con più o meno di considerazioni, promisero tra di loro, vicendevolmente, che lo considereranno e terrano stabile e promisero con solenne stipula sotto penalità di duecento libbre ravennati. E promisero di rimborsare o restituire ogni danno di lite e di spese fatte o sostenute per questo, in ogni modo, con solenne stipula tra di loro. E fossero o non fossero pagati (i rimborsi), promisero che tutto restasse stabilito.

Si riserva ogni diritto a favore del monastero per quanto riguarda il monte, cioè per i dieci (o più ? foro nella pergamena) mogiuri e per quello che ha del manso di Martino Iunni e della moglie; inoltre per la chiusa di Deone di Atto e del molino do Gometaria(?), beni che lasciò alla signora Rosa.

Redatto nel monastero, presenti come testimoni, il signor Albrico di Finaguerra, Rainaldo di Monte Melone, il signor Suppolino, il signor Albrico di Moro, il signor Blasio  e Giovanni di Albrico Guarnerii. Il notaio apostolico Atto di Deone avvocato, richiesto scrisse.

 

Frammento senza anno (1237) ( Manca la parte iniziale, data desunta dai nomi  del 1237 )

Viene nominato il procuratore del monastero matelicese S.M.M. per il              processo sull’eredità di Rosa.

 

. . . . . . dominae  Isulanae et dominae   Clarae . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Lucie, Annese et Cataline fecerunt co(=stituerunt et creaverunt ). . . . . . . . . . . . . .(Venin. .ne) notarium presentem eorum sindicum, actorem, factorem, p(. . .)rem et procuratorem et sufficientem responsabilem ad agendum contro dominum Masseum et dominum Gentilem Lazarii, coram Fratre Petro Vercellensem, vel coram Filippo camerinensi episcopo, ad litem contestandam et ad iurandum de calupnia, et ad omnia fatienda et ad transigendum et ad compromittendum et ad sent(entiam) (a)udiendam et appellandam si necess(e  fu)erit, hoc modo uti possit agere, excipere et replicare (uti) ipsemet facere possent, vel replicarent  de tota hereditate que fuit quondam patris sui domini Ranni e matris sue domine Biatrice et spetialiter  de quinque centum L V  libris, et generaliter de omnibus aliis bonis que ei posset . . . . . . nire vel competere occasione predictorum. Quam sindicariam promiserunt per se suas(que) . . . . . . . . .    non contravenire sed firma habere atque tenere, nec ullam restitutionem  aliqua in p. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .ato a dicta abbatissa et sororibus, fori ecclesiastico condictioni sine causa, dolo vel metu, restitutionem in integrum, omnique legali auxilio que eis possent prodesse  et aliis personis habentibus causam hab eis possint obesse; e hec sub pena CC librarum promiserunt, et pena soluta vel non soluta, stipulata promissa omnia supradicta firma permaneant.

Actum in monasterio sancte Marie Madalene, presentibus domino Albrico Finaguere, domino Finaguere et domino Morico de Rocca, domino Subpolino, domino Albrico Mori, Iohanne Albrici, et domino  Blasio, testibus.

Ego Acto Deoni avocati, apostolice sedis notarius, his omnibus interfui, et ut supra legitur, rogatus a dicta abbatissa et sororibus, scripsi et publicavi.

 

1237:  Procura per Rosa (data dal contenuto dei precedenti atti)

. . . . . . . . . . . . . . . . .donna Isulana, donna Chiara  (pergamena stralciata)  . . .  Lucia, Agnese e Catalina  stabilirono il. . . . notaio presente loro amministratore, attore, fattore, procuratore, responsabile sufficiente ad agire contro il signor Masseo e contro il signor Gentile Lazarii, di fronte a Frate Pietro da Vercelli e di fronte a Filippo vescovo di Camerino per contestare la lite, per giurare nell’accusa e per fare tutto, transazione, compromesso, ascolto della sentenza, appello se necessario, con procura che agisca, riceva e replichi come loro stesse potrebbero agire e replicare riguarda all’eredità (di Rosa) dal padre, signor Ranno e dalla madre, donna Biatrice, specialmente per   555 libbre e per tutti gli altri beni spettanti a lei. Questo atto della badessa e delle monache sarà mantenuto stabile in ogni circostanza, senza limiti di foro ecclesiastico, condizione di causa o senza causa, per dolo o timore, per ogni ausilio legale, restituzione intera e per tutto quanto potesse essere di vantaggio per loro e di svantaggio per le persone in causa con loro. Promisero ciò sotto penalità di 200 libbre. E, pagata, oppure non pagata la penalità, tutto quanto detto sopra resta stabile.

Redatto nel monastero di santa Maria Maddalena, alla presenza dei testimoni il signor Albrico di Finaguerra, il signor Finaguerra, il signor Morico da Rocca, il signor Suppolino,  il signor Albrico di Moro, Giovanni di Albrico, il signor Blasio.

Io notaio apostolico Atto di Deone avvocato fui presente a queste cose e, richiesto dalla detta abbadessa e dalle consorelle, scrissi quanto si legge sopra e lo pubblicai.

 

Nota: nel documento del 20 Aprile  1237 risulta sindaco dello  monastero il notaio Attone Vanimbene. Donna Rosa monaca nel 1237. Non si conosce il motivo per cui  questa pergamena è stata  stralciata.

 

1271 agosto  10

Mattia dona se stessa ed i suoi beni a Dio consacrandosi nel monastero matelicese S.M.M nelle mani di suor Omodea.

 

In nomine Domini. Amen. Anno eiusdem a Nativitate millesimo ducentessimo septuagessimo primo indictione XIIII, die X augusti, ecclesia romana vacante felicis recordationis domini Clementis pape quarti, actum Mathelice in monasterio sancte Marie Magdalene ante altare Sancte Marie Magdalene, coram dompno Morico Johannis cappellano nunc dicti monasterii,  Mattheo Johannis clerico et Cosarello Donati Guarini de Sancto Severino, testibus de hiis rogatis et vocatis.

Mathia, filia quondam Guarnerii domini Gentilis Lazani, obtulit se et sua Deo et sancte Marie Magdalene et eius monasterio,  posito in burgo castri et communis Mathelice, in manibus sororis Homidee monialis dicti monasterii, nomine et vice ipsius monasterii recipienti et solempniter stipulanti pro monasterio supra dicto, tam mobilia quam (in)mobilia, seseque moventia et tam predia urbana, quam rustica et molendina atque silvas domesticas et silvestres, prata et pascua spetialiter et generaliter omnia alia  sua bona bona, possessiones et iura realia et personalia ubicumque, undecumque, quomodocumque, quandocumque et qualitercumque sibi competentia vel competitura, pro redemptione anime sue et remissione suorum peccatorum; dando et cedendo predicta iure proprietatis et utilis vel directi dominii atque iure possessionis et detentionis, ita ut a modo predictum monasterium predicta bona, res et possessiones et cetera supradicta, habeat, teneat et possideat ac de eis fatiat quidquid ei monasterio et abbatisse dicti monasterii suisque successoribus vel aliis pro eis deinceps semper et perpetuo facere placuerit, cum lateribus seu finibus superioribus et inferioribus habitis, presentibus, preteritis et futuris cum omnibus et singulis super se infra se, seu intra se, habitis, vel habendis in integrum, omnique iure et actione usu vel requisitione sibi Mathie, ex heis vel pro eis bonis et rebus pertinentibus sive expectantibus, pro remissione suorum peccatorum et anime sue redemptione ut superius est narratum. Que bona res et possessiones dicta Mathia interea et semper constituit se precario et nomine dicti monasterii possidere, donec semel et pluries sua auctoritate, corporalem acceperit possesionem per se vel alium et maxime sindicum ipsius monasterii; quam accipiendi et retinendi ipsi monasterio vel alii pro eo dicta Mathia liberam licentiam dedit et plenariam potestatem et quod possit facere sua auctoritate predicta et quo(d)libet predictorum, iam dictum monasterium vel alius pro eo sive Curie vel iudicis requisitione; et promisit solempniter et legitime, dicta Mathia prestare et facere dicte Homodee legitimam defensionem pro predicto monasterio sollepniter et legitime stipulanti, nec contra predicta vel aliquod predictorum, per se vel alium, aliquando facere vel venire aliqua occasione vel exceptione; sub pena dupli extimationis dictorum bonorum et rerum, ut pro tempore quo plus valuerint vel meliorate fuerint, renuntians in hoc contractu conditioni sine causa et ex iniusta causa, exceptioni doli et in factum omnibusque aliis exceptioniobus, auxiliis et benefitiis que ipsi Mathie competunt vel competere possent, pro corrumpendis vel irritandis predictis vel aliquo predictorum; hiis omnibus a dicta Mathia per se suosque heredes sollempni stipulationi promissis sepe dicte Homodee  pro dicto monasterio solepniter stipulanti, sub dicta pena et dampna et expensas salaria cum interesse  reficere  promisit sollempniter et legitime semper sindici dicti monasterii credito sacramento sive alicuius iudicis vel rectoris (c)assatione.

Et ego Matheus imperali auctoritate notarius hiis omnibus interfui et ut supra legitur rogatus  a dictis contrahentibus ea omnia subscripsi et publicavi

 

1271.08.10:  Consacrazione di Mattia

Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno dalla sua natività 1271, indizione XIV, il giorno 10 Agosto, quando era vacante la Chiesa romana, (dopo la morte) del papa Clemente VI di felice memoria, redatto a Matelica, nel monastero di santa Maria Maddalena, davanti all’altare di santa Maria Maddalena, presenti don Morico di Giovanni, ora cappellano del detto monastero, il chierico Matteo di Giovanni e  Cosarello di Donato Guarini da San Severino, quali testimoni richiesti e a ciò chiamati.

Mattia figlia del fu Guarnerio del signor Gentile Lazani, offrì se stessa ed i suoi beni a Dio e a santa Maria Maddalena e al suo monastero posto nel borgo del castello e comune di Matelica, nelle mani di suor Omodea monaca del monastero che accoglie e stipula solennemente l’atto a nome e per conto  dello stesso monastero. Mattia offrì i beni tanto mobili che immobili e semoventi, i beni urbani ed i rurali, molini, boschi domestici e silvestri, prati, pascoli e possessi, in particore ed in generale ogni altro suo bene, possesso, diritto reale e personale di qualsiasi luogo, provenienza, tempo, modo e qualità spettante ora ed in futuro a lei, per la salvezza della sua anima e in remissione dei suoi peccati, dando e cedendo tutto quanto predetto in diritto di proprietà, di utilità, di dominio diretto, da possedere e tenere, in modo che il predetto monastero abbia, tenga, possieda i predetti beni, cose, possessi e quant’altro detto sopra e di ciò faccia quel che al monastero, all’abbadessa e sue succeditrici piacerà fare di quei beni, da ora e per sempre in perpetuo con i confini  e terreni, sopra e sotto, avuti, presenti, passati e futuri, con tutte e singole le cose che ci sono o che ci saranno sopra, dentro o sotto, per intero, con ogni diritto, azione, ed uso, tutto quanto appartiene e spetta a Mattia di quei o per quei beni, come detto sopra, per la remissione dei suoi peccati e per la redenzione della sua anima.  Mattia nel frattempo, stabilì di tenere il possesso di queste cose, terreni e beni, sempre a titolo precario, a nome del detto monastero fino a quando esso ne prenderà di sua autorità, in una o più volte, il possesso corporale di persona, o tramite altro, soprattutto tramite l’amministratore dello stesso monastero. Mattia diede libera licenza e pieno potere che a suo nome il monastero o altri per esso, possa fare tutto quanto detto sopra, anche per richiesta della Curia o di un giudice. Mattia promise solennemente e legalmente ad Omodea di fornirle la difesa legale per il suo monastero stipulante solennemente e legalmente, inoltre di non mai opporsi  od agire in contrasto, per qualsiasi occasione ed eccezione contro qualcosa di tutto quello che è qui scritto, sotto penalità del valore doppio dell’estimo di detti beni e cose, anche se acquisteranno maggior valore nel tempo o saranno migliorati. Rinuncia in questo contratto alle eccezioni e condizioni di causa giusta o non giusta, di inganno,  o di fatto, e a tutti gli aiuti e benefici che alla stessa Mattia competono o competessero per atti da invalidare o cambiare in alcunché delle predette cose. Mattia si impegna per sé ed eredi a risarcire ogni spesa con interesse, paga e danno per tutto quanto sopra promesso solennemente e legalmente, sotto la penalità, alla predetta Omodea stipulante per il monastero, per giuramento dato dall’amministratore del monastero o per intervento di un giudice o rettore.

Io notaio imperiale Matteo presente, richiesto, sottoscrissi, pubblicai tutto quanto scritto sopra.

 

1272 giugno 1

Viene nominato il procuratore del monastero matelicese S.M.M.per far  vivere  Mattia con le monache ivi, tenendo  i suoi  beni e recuperandone altri.

 

In nomine Domini. Amen. Anno eiusdem a nativitate MCCLXXII, indictione XV, die prima iunii, tempore domini Gregorii pape decimi. Actum ante portam monasterii sancte Marie Magdalene de Mathelica, coram Petruczolo Sartore, Petro Actonis Philippi, et Johanne Compangnonis del Sancto Angelo, testibus de hiis rogatis et vocatis.

Domina Allumenata prioressa  monasterii sancte Marie Magdalene de Mathelica, cum consensu et voluntate omnium suarum consororum ibidem exixtentium et monialium dicti monasterii, et ipse monilales earumque conlegium et capitulum, constituerunt et ordinaverunt fratrem Andream conversum dicti monasterii earum et dicti monasterii sindicum, procuratorem, et nuntium specialem ad excipiendum, nomine et vice dicti monasterii, tenutam et possessionem omnium bonorum, rerum, et hereditatis Mathiole filie quondam Guarnerii domini Gentilis Lazani, et ad tenendum ipsam possessionem corpore et ad utendum, et fruendum ea, et ad agendum extra ordinem et ordinarie contra ipsam Mathiolam, coram omni Curia et specialiter coram domino et magistro Guillelmo iudice et vicario domini Pape in Marchia, generali, et ad petendum coram eodem contra dictam Mathiolam uti ipsa Mathiola per supradictum vicarium cogatur redire ad dictum monasterium et ad habitandum  et Deo serviendum in eo, ut tenetur et debet atque promisit tempore dedicationis et offertionis sue, quam fecit in monasterio predicto, et ad ducendum ibidem vitam suam ut regularis et monialis eiusdem monasterii et ad petendum, coram dicto vicario, ut idem vicarius predictam Mathiolam moneat et cogat coherti(ti)one canonica et iurili redire ad predictum monasterium suamque rectricem, vel abbatissam, seu priorissam, atque sue consorores et ad degendum in eo et cum eis ut convenit, et precipiunt canonice sanctiones; et ad serviendum in eo Domino Jesu Christo; et ad  petendum ab Yuano domini Scangni, vel eius uxore domina Sibilia, unum par pannorum de gaccinello, quod Florecte vel Rose filie quondam Massei domini Rainaldi dare tenetur et debet;  et ad omnia alia singula fatienda et exercenda tam in  agendo, quam in defendendo que in predictis et quolibet predictorum  seu occasione eorum et circa  et extra predicta, necessaria vel utilia fuerint, ipsi sindico placuerint et expedire videbuntur et ad constituendum alium syndicum vel procuratorem, unum vel plures, uno tempore vel diversis temporibus, ad predicta agenda, vel alterum predictorum; sollempniter  promictentes per se suosque successores, nomine et vice  dicti monasterii et conventus eiusdem habere ratum et firmum quicquid in predictis per predictum sindicum factum fuerit et promissum sub obligatione et ypoteca bonorum et rerum dicti monasterii.

Et ego Matheus imperiali aucoritate notarius hiis omnibus interfui et ut supra legitur rogatus a predictis prioressa et sororibus et monialibus ea omnia subscripsi et publicavi.

 

1272.06.01: Procura per i beni di Mattia

Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno dalla sua natività 1272 indizione XV, a tempo di papa Gregorio decimo, il giorno primo del mese di giugno; redatto davanti alla porta del monastero di santa Maria Maddalena di Matelica, alla presenza di Petruzzolo Sartore, Pietro di Attone Filippi,e Giovanni di Compagnone da Sant’Angelo, testimoni chiamati e richiesti. La prioressa del monastero di santa Maria Maddalena di Matelica, donna Allumenata, con il consenso unanime delle consorelle monache ivi esistenti, espresso collegialmente in capitolo, stabilirono e ordinarono come amministratore, rappresentante e messaggero speciale del loro monastero, Fra’ Andrea converso, per prendere posseso e tenuta, a nome e per conto del monastero, di tutti i beni e cose dell’eredità di Mattiola, figlia del defunto Guarnerio del signor Gentile Lazani e a  tenerne corporalmemte il possesso, usarne, fruirne ed agire in modo ordinario e straordinario contro Mattiola di fronte ad ogni Curia, in particolare di fronte a Maestro Gugliemo giudice e vicario generale del papa nella Marca, e per chiedere che la stessa Mattiola venga, dal vicario stesso, costretta a tornare al predetto monastero per abitarvi e servire Dio in esso, come è tenuta e deve fare, e promise al tempo della dedizione ed offerta da lei fatta nel monastero predetto ed a vivervi come monaca e regolare dello stesso monastero. L’amministratore chieda di persona al vicario che ammonisca e costringa, con coercizione canonica e giuridica, Mattiola a tornare nel monastero stesso  vicino all’abbadessa o prioressa  o rettrice  ed alle monache  per viverci  insieme con loro, come conviene e come esigono le sanzioni canoniche, per ivi servire nostro Signor Gesù Cristo. Inoltre chieda a Ivano del signor  Scagno e  sua moglie donna Sibilia un paio di panni di “gattinello” che Fioretta o Rosa figlia del fu Masseo del signor Rainaldo ha diritto a ricevere da loro. Deve agire, difendere ed esercitare ogni altra cosa in occasione ed a motivo di quanto detto, secondo quanto necessario ed utile al monastero, come meglio potrà decidere, anche stabilendo un altro o più amministratori, nello stesso tempo o in tempi diversi, per fare le cose predette. Promettono per sé e successori, a nome e per conto del monastero e del convento di santa Maria Maddalena di tenere come deciso e stabilito quello che sarà fatto al riguardo dall’amministratore o dagli amministratori, sotto ipoteca dei beni e delle cose del monastero.

Io notaio Matteo di auorità imperiale, richiesto da prioressa, monache e suore sottoscrissi e pubblicai quanto scritto sopra.

 

1273 aprile 19

Venutula dona se stessa ed i suoi beni a Dio nel monastero matelicese S.M.M.  nelle mani della badessa Mattia.

 

In nomine Domini. Amen. Anno eiusdem a nativitate millesimo ducentessimo (septua)gessimo tertio, indictione prima, die XVIIII aprilis, tempore domini Gregorii pape decimi, Mathelice, in monasterio Sancte Marie Magdalene, coram dompno Morico Johannis, domino Finaguerra domini Albrici, magistro Suppo Nicole, frate Vitale, fratre Lenguatio, fratreque Andrea, conversis eiusdem monasterii, testibus de hiis rogatis et vocatis. Venutula filia quondam Vitalis Christiani que alias vocatur Angelutia, iure proprio cessit et dedit offerendo se et sua Deo et Beate Marie Magdalene monasterii (ripetuto) dominarum de Mathelica, domine Mathie abbatisse dicti loci vel monasterii, nomine et vice ipsius monasterii et conventus eiusdem recipienti et solempniter stip(ulanti), omnia sua bona mobilia et immobilia, seseque moventia, iura et accessiones reales et personales utiles et directas mixtas atque con(trar)ias que et quas ipsa Venutula condam habuit, nunc habet, vel in antea habere posset, quoquo modo vel causa in castro Mathelice et eius districtus et ubique locorum; vel alius pro ea et ab ea habet, tenet et possidet et spetiali(ter) bona et res et possesiones ad ipsam Venutulam pertinentes ex successione dicti patris sui Vitalis et domine Benvenisti filie quondam Albrici Carelli, matris sue ex testamento, sive ab intestato, seu aliter; ut a modo predicta domina abbatissa sueque in posterum successores et predictum monasterium et alie persone pro eo predicta omnia habeant, teneant ac possidenat ac de eis fatiant quicquid sibi eorumque successoribus deinceps perpetuo facere placuerit omnibus et singulis super se, infra se (seu) intra se, habitis vel habendis in integrum omnique iure et (act)ione usu seu requisitione sibi ex hiis rebus vel pro hiis rebus pertinenti(bus) sive expectanti(bus), pro amore Dei et remedio anime sue et remissione suorum peccatorum, suorumque parentum. Que bona, res et possessiones in totum constituit se dicta Venutula, precario et nomine dicte domine abbatisse vel monasterii, possidere, donec ipsorum corporalem acceperit possessionem; quam accipiendi auctoritate sua et retinendi deinceps sibi licentiam dedit et plenariam potestatem, et promisit ea omnia per se suosque heredes et successores ipsi domine abbatisse pro se suisque successoribus et dicto monasterio sollempniter stipulanti litem nec controversiam movere set dicta bona res et possesiones ab omni homine et universitate legitime defendere ei domine abbatisse et suis successoribus auctoriczare atque disbrigare et omnia dampna et expensas, salaria cum interesse que et quas et que et quod dicta domina abbatissa et sui successores et ipsum monasterium fecerint vel sustinuerint, in iuditio et extra, in eundo et redeundo seu stando vel alio loco vel causa pro predictis bonis rebus et possessionibus, integre reficere ac resarcire; nec contra predicta vel aliquid de predictis per se vel alium aliquando facere et venire occasione minoris etatis vel alia quacumque ratione vel occasione, sub pena dupli extimationis dictorum bonorum rerum et possessionum, ut pro tempore quo plus valuerint vel meliorata fuerint, a dicta Venutula ipsi domine abbatisse et pro dicto monasterio sollempniter stipulata et promissa; et ea soluta vel non, predicta omnia et singula supra scripta in omnibus et singulis capitulis et pu(n)ctis suprascriptis, nichilhominus suam semper optineant perpetuam firmitatem et sub ypoteca et obligatione suorum bonorum.

Et ego Matheus imperiali auctoritate notarius hiis omnibus interfui et ut supra legitur ea omnia rogatus subscripsi et publicavi.

 

1273.04.19: Consacrazione di Venutula

Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno dalla sua natività 1273, indizione prima, il giorno 19 aprile, a tempo del papa Gregorio X, a Matelica nel monastero di Santa Maria Maddalena;  presenti don Morico di Giovanni, il signor Finaguerra del signor Albrico, mastro Suppo di Nicola, frate Vitale, frate Lenguatio, frate Andrea, conversi dello stesso monastero, come testimoni a ciò richiesti e chiamati. Venutula figlia del fu Vitale di Cristiano, che è chiamata anche Angeluccia, di proprio diritto, offrì se stessa e i suoi beni a Dio e alla beata Maria Maddalena del monastero delle donne di Matelica, a donna Mattia badessa del detto luogo o monastero, la quale riceve e stipula a nome e per conto dello stesso monastero e convento. Venutola cedette e diede tutti i suoi beni mobili ed immobili o semoventi, diritti e accessioni reali e personali, utili e dirette, miste e contrarie, che lei stessa ebbe un tempo, ha ora o potrebbe avere in qualunque modo o causa nel castello di Matelica e suo distretto e in ogni altro luogo; anche i beni che un’altra persona per lei e da lei tiene e possiede, specialmente i beni, le cose e i terreni che sono pertinenti alla stessa Venutola dalla successione di suo padre Vitale e di sua madre signora Benvenisti figlia di Albrico Carelli, da testamento o senza testamento o diversamente, in modo che la predetta donna abbadessa e sue succeditrici e il predetto monastero e le altre persone per conto di esso, abbiano, tengano e posseggano tutti i beni e ne facciano come vogliono con tutto quello che c’è o ci deve essere per intero e con ogni diritto ed azione, uso o requisizione, per sé, da quelle cose o a quelle cose pertinenti e  spettanti. Venutula lo fa per amore di Dio e per il bene dell’anima sua e per la remissione dei peccati suoi e dei suoi parenti. In tutti questi beni, cose e terreni, Venutula stabilì di averne interamente il possesso, a titolo precario, a nome di detta donna abbadessa o del monastero, fino a quando esso ne prenderà possesso corporale e diede licenza e pieno potere di prenderlo di propria autorità e di tenerlo sin da ora. Promise per sé, per i suoi eredi e successori alla stessa donna abbadessa per sé e per le sue succeditrici e per il detto monastero, solennemente stipulante per queste cose, di non muovere lite né controversia, ma legalmente difendere i beni, le cose i terreni da ogni uomo e comunità a favore dell’abbadessa e sue succeditrici;  (deve) autorizzare, disbrigare e rifondere ogni danno e spesa, salario con interesse, e tutto quel che la detta donna abbadessa e le sue succeditrici e lo stesso monastero faranno e sosterranno in giudizio o fuori, andando, ritornando, stando o altro luogo e causa, per i beni predetti e qualunque di essi integralmente ripagarli e risarcirli; né mai agire contro le cose dette sopra o alcuna di esse, da sé o per mezzo di altra persona a motivo di età minore o altra qualsiasi ragione od occasione, sotto penalità del doppio dell’estimo di detti beni, cose e terreni, come avranno valore nel tempo o saranno migliorati, tutti i beni stipulati e promessi dalla detta Venutula alla stessa donna abbadessa e al detto monastero. Tutte queste cose scritte e ogni singola, in ogni punto e capitolo abbiano sempre perpetua stabilità, pagata o non pagata la penalità, sotto ipoteca ed obbligazione dei suoi beni.

Io notaio imperiale Matteo fui presente a tutte queste cose e sottoscrissi tutto quanto si legge sopra e lo pubblicai.

 

1273 aprile 21

Il vicario pontificio per le attività spirituali nella Marca anconetana concede  un indulto per elemosine  alle monache S.M.M. per una cisterna d’acqua.

 

Thomas fanensis prepositus, domini Pape Vicarius in Anconitana Marchia, Massa Trabaria et Civitate Urbini super spiritualibus generalis, universis Christifidelibus per Anconitanam Marchiam, Massam Trabariam et Civitatem Urbini constitutis, presentes licteras inspecturis, salutem in Domino. Comunicatu pietatis obtentui personis religiosis desteram nostram exibere propitiam et eis remedium solaminis impertiri, cum igitur religiose domine Abbatisse et conventus monasterii Sancte Marie Magdalene de Mathelica inceperint facere fieri, propter magnam utilitatem et necessitatem aque, unam cisternam im(!) monaterio suo et ipsum opus propter paupertatem perficere non possint, nec ad id proprie suppetant facultates, universitatem vestram monemus et hortamur attente, vobis in remissionem peccaminum, iniungentes quatenus, de bonis adeo vobis collatis, elemosynas et grata caritatis subsidia erogetis, ita quod, per subventionem vestram, dictum opus valeat consummari et vos, per hec et alia bona, que Domino inspirante, feceritis, ad eterna possitis gaudia pervenire. Nos igitur de Christi misericordia, gloriose Marie semper Virginis eius matris, beatorum Petri et Pauli apostolorum et beate Marie Madalene ac aliorum sanctorum meritis confisi et eorum patrocinio communiti, autoritate domini Pape qua fungimur, universis et singulis qui de personis vel rebus, quotiens eis manum porrexerint adiutricem, centum dies de iniunta eis penitentia misericorditer in Domino relaxamus. In cuius rei testimonium presentes licteras fieri et nostri sigilli appensione muniri. Datum Esii XXI aprilis anno Domini MCCLXXIII, indictione prima, tempore domini Gregori pape X.

 

1273.04.21: Indulto per elemosine al monastero

Tommaso preposito di Fano, vicario generale del papa per le realtà spirituali della Marca Anconetana, della Massa Trabaria e della città di Urbino, saluta nel Signore tutti i fedeli cristiani che sono in questi luoghi e leggeranno la presente lettera. Volendo porgere il nostro aiuto favorevole e mandare un rimedio di consolazione alle persone religiose con senso di solidale pietà, dato che le religiose della badessa e il convento del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica hanno cominciato a far costruire una cisterna per la grande necessità ed utilità dell’acqua nel loro monastero e per la povertà non possono portare a termine tale opera, non avendo beni sufficienti,  ammoniamo ed esortiamo tutti voi,  chiedendo di aiutarle, in remissione dei peccati, dando elemosine  e aiuti catitatevoli, in modo tale che detta opera possa esser competata per mezzo della vostra sovvenzione e voi, per questa e per altre opere di bene che compirete con l’ispirazione divina, possiate giungere alla felicità eterna. Noi, rafforzati dal patrocinio e fiduciosi nella misericordia di Cristo, per i meriti della beata Vergine Maria, dei beati apostoli Pietro e Paolo, della beata Maria Maddalena e degli altri santi, avvalendoci dell’autorità ricevuta di vicario del Papa, concediamo ai benefattori l’indulgenza, per misericordia del Signore, di cento giorni della penitenza imposta (in confessione) ogni volta  che porgeranno la mano in aiuto a quelle religiose.

A testimonianza di ciò abbiamo fatto scrivere la presente lettera, munita del sigillo nostro appostovi. Data a Jesi il 21 aprile 1273, indizione prima, a tempo del papa Gregorio X.

 

1273 aprile  19 (? 1274)

Le monache e la badessa Mattia di S.M.M. donano un oratorio monastico sul monte Gemmo a frate Rainaldc che vi si ritira.

 

GRIMALDI, 1915, pp.333-334; e ACQUACOTTA, 1816, pp.54-57 data 1273 :dal comune matelicese

Exemplum sive copia . In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem a nativitate MCCLXXIII, indictione I, die nono decimo aprilis, tempore Gregorii pape X, Mathelice in oratorio Sancte Marie Madalene de Mathelica, coram dompno Accurso plebano plebis Mathelice, fratre Landolfo Jacomelli et fratre Accurimbona Severini Boni de ordine predicatorum, magistro Alebrandino vicario communis Mathelice, domino Fantegino Raynaldi, domino Fynaguerra domini AIbrici, Frederico domini Alberti, Albertutio Bucari, Yvano domini Scagni Brackete et Zovicta testibus.

Frater Raynaldus Topinus petiit et umiliter supplicavit dominae Abbatissae monesterii Sancte Marie Madalene de Mathelica ut eidem fratri Raynaldo de gratia speciali dignetur concedere et sibi concedat adque det licentiam et aucoritatem adque plenariam potestatem faciendi penitentiam et Deo serviendi in montibus Genbi districtus Mathelicani in loco qui dicitur Trocke et commorandi ibidem in servitio Jesu Christi sub vita et regula sancti Benedicti religione retenta. Que domina abbatissa respondit quod inde baberet conscilium et consensum suarum monalium et consororum. Et statim, ut moris est, fecit pulsari campanam ad capitulum in conventu congregandum, in quo capitalo, facta propositione et reformatione, deliberatum est ut ad praedicta ad sensum et laudem ipsius fratris Raynaldi syndicus ordinetur. Preterea domina Mathia dicta abbatissa monesterii supradicti cum consensu et voluntate consororum, silicet Alluminate sororis, sororis Homodee, sororis Cristine, sororis Iustine, sororis Guidutie, sororis Annese, sororis Margarite, sororis Bevenute, sororis Ysabet, sororis Andree. sororis Cataline, sororis Deutame, sororis Francesce, sororis Iacobe, sororis Barbare, sororis Lucie, sororis Daniele, sororis Berardesce, sororis Cristiane, sororis Cicilie, sororis Aurie, sororis Jacomelle, sororis Iohanne, sororis Rose, sororis Mathie, sororis Caradonne, sororis Mansuete, sororis Lavine, sororis Nastasie, sororis Thomasse, et fratre Lenguatio converso dicti monesterii absolvit, dimixit et liberavit predictum fratrem Raynaldum ab omni obedientia et reverentia et omni promissione, quam idem frater Raynaldus fecisset dicto monesterio, et abbatisse et qua esset obbligatus, ascriptus, et suppositus, vel annexus et ut teneretur vel obligatus esset realiter vel personaliter tam dicto monasterio, quam abbatisse predicte et dedit abbatissa predicta iam dicto fratri Raynaldo, de consensu omnium predictorum consororum et monialium,  licentiam et autoritatem  et plenariam potestatem degendi et Deo famulandi ac serviendi et penitentiam agendi in montibus Genbi districtus Mathelice in loco qui dicitur Troche sub vita et regula beati Benedicti religione retenta congrua et decenti,   ita quod a modo sit exentus et absolutus realiter et personaliter quoad omnia, ab  omni eo   quo teneretur abbatisse predicte in monesterio sepe dicto, a modo dictus frater Raynaldus, in acquisitis et acquirendis loco dictarum Trockarum, realiter et personaliter omnimode sit annessus. Ad que omnia supradicta dicta domina Abbatissa cum consensu et voluntate dictarum suarum consororum et monialium  constituit et ordinavit fratrem Vitalem conversum dicti monasterii suum et dicti monasterii et dictarum monialium et consororum legitimum  syndicum et procuratorem ad liberandum predictum fratrem Raynaldum ab omnibus supradictis  et ad renuntiandum eidem  predicto loco Trockarum omne jus quod predictuum monesterinm et abbatissa quondam habuit et nunc habet vel in antea habere posset aversus predictum fratrem Raynaldum et dictum locum seu oratorium vel ecclesiam Trockarum vel de Trockis nomine et occasione alicuius residentie, operarum constructionis, operis vel edifitiis in dicto loco Trockarum  facte vel facti vel faciendi per ipsum fratrem Raynaldum, vel alias pro eo et ab eo, et nomine et occasione alicuius acquisitionis facte ab eo in dicto loco Trockarum, alicuius donationis eidem fratri Raynaldo facte vel faciende a Petro domini Iacobi et Nepoliono Raynerii et communi Matelice ac aliis personis de montaneis, terris, silvis et quibuscumque aliis bonis, promittens habere ratum quidquit per predictum syndicum factum fuerit.

Qui frater Vitalis syndicus incontinenti omnia et syngula supra scripta egit fecit etsercuit promisit convenit ac ad ea dictum monesterium solleniter adque legitime obligavit predicto fratri Raynaldo,  etc.  Matheus notarius

Munaldus Biciculi notarius predictum istrumentum ut invenit in orriginali trascripsit mandato et autoritate sapientis viri domini Iohannis Corradi judicis et vicarii Comunis Mathelice. Anno Domini   MCCLXXXIX, indinctione   II, tempore domini Nicolay pape quarti, die XI Iunj in Palatio Comunis Mathelice presentibus domino Thomagino Feste,  Palmerulo magistri Palmerii et Francisco Bonafidei testibus.

 

1273.04.19: Donazione di un monastero

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno dalla sua nascita 1273, indizione prima, il giorno 19 aprile, al tempo di papa Gregorio X, a Matelica, nell’oratorio di santa Maria Maddalena di Matelica, mentre sono presenti don Accurso pievano della pieve di Matelica, frate Landolfo Jacomelli e frate Accurrimbona di Severino Boni dell’ordine dei Predicatori, mastro Alebrandino vicario del comune di Matelica, il signor Fantegino di Rinaldo, il signor Finaguerra del signor Albrico, Federico del signor Alberto, Albertuccio di Bucaro, Yvano del signor Scagno Bratte, e Zovitta, come testimoni chiamati a ciò e richiesti. Frate Rinaldo Topino chiese ed umilmente supplicò la donna badessa del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, affinché si degnasse concedere,  conceda allo stesso frate Rinaldo, e dia, per speciale grazia, l’autorizzazione con pieno potere ed autorità ad usare il luogo detto Trocche del monte Gembo, nel distretto matelicese, per ivi servire Dio e fare penitenza, rimanervi a dimorare nel servizio a Gesù Cristo, nella vita e nella regola religiosa tenuta da san Benedetto. L’abbadessa gli rispose dicendo che avrebberichiesto il consiglio ed il consenso delle sue suore e monache. E, come d’uso, fece suonare la campana, prontamente per riunire il capitolo del convento. In questo, fatta la proposta in approvazione si deliberò favorevolmente secondo le richieste a lode di frate Rinaldo riconosciuto amministratore. Inoltre l’abbadessa donna Mattia con il consenso e la volontà delle consorelle e delle monache dello stesso monastero, cioè con il consenso e con la volontà delle seguenti suore: Alluminata, Omodea, Cristina, Giustina, Guiduccia, Agnese, Margherita, Benvenuta, Isabetta, Andreina, Catalina, Diotama, Francesca, Giacoma, Barbara, Lucia, Daniela, Berardesca, Cristiana, Cecilia, Auria, Giacomella, Giovanna, Rosa, Mattiola, Caradonna, Mansueta, Lavinia, Anastasia, Tomassa e frate Lenguatio converso dello stesso monastero, fece l’atto liberatorio, di scioglimeto e dimissione al predetto frate Rinaldo da ogni vincolo di riverenza, obbedienza e da ogni sottomissione, promessa ed obbligo che lo stesso frate Rinaldo avesse fatto allo stesso monastero ed alla badessa, e comunque fosse vincolato, obbligato personalmente, realmente verso il monastero  e la badessa predetti. La stessa abbadessa, con il consenso di tutte le predette consorelle e monache, diede licenza, pieno potere ed autorità al frate Rinaldo di rimanere ivi, in unione spirituale con Dio per servirlo, e fare penitenza nel luogo detto Trocche del monte Gembo, nel distretto di Matelica, sotto la vita e regola religiosa tenuta da san Benedetto, in maniera congrua e decente. In questo modo il frate sia sin da ora in tutto esente e non vincolato personalemte e realmente, da qualunque precedente legame con il monastero e con la badessa predetti; acquisiva e acquisirà realmente e personalmente in ogni modo l’annessione al luogo detto Trocche. L’abbadessa, con il consenso e la volontà delle sue predette suore e monache, come detto sopra, stabilì e ordinò che Frate Vitale converso dello stesso monastero, fosse legittimo amministratore, procuratore, a nome suo e del monatesro delle suore e monache, per liberare frate Rinaldo da ogni vincolo, come detto sopra, per rinunciare ad ogni diritto, azione, ragione che il monastero stesso e la sua badessa ebbero, hanno o avrebbero, nel passato, nel presente e nel futuro, nei confronti di frate Rinaldo e del luogo od oratorio e chiesa delle Trocche, a qualsiasi titolo od occasione di residenza, costruzione, opera o edificio che lo stesso frate Rinaldo ha fatto, fa o farà anche tramite altra persona, parimenti per ogni acquisizione da parte del frate stesso nel luogo Trocche. Inoltre lo rende autonomo per ogni donazione fatta o da fare da parte di Pietro di Giacomo e da Nepoliono di Raniero e dal comune di Matelica o da altre persone, per terre di montagna, boschi e ogni altro bene. Quello che fra Vitale avrebbe deciso viene sin d’ora considerato definitivo e stabilito. Così lo stesso frate Vitale fece ogni azione, esecuzione, promessa, contratto obbligando legalmente e solennemente il detto monastero nei rapporti con frate Rinaldo predetto.

Scrive l’atto il notaio imperiale Matteo. La copia di questo atto è stata scritta in data 11 giugno 1289 nel Comune di Matelica alla presenza di signor Tomagino di Festa, Palmerulo di matro Palmerio e Francesco di Bonafede, testimoni.

 

1274 agosto 18

Il vicario pontificio per le realtà spirituali nella Marca anconetana fa eseguire al pievano di Matelica un’istruttoria presso le monache e la badessa Mattia di S.M.M. su Venutula.

 

In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem MCCLXXIIII indictione II, tempore domini Gregorii pape X, die XVIII agusti intrantis. Actum Mathelice ante portam monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica, presentibus dompno Johanne Divitie, dompno Ventura magistri Actonis, testibus de his vocatis. Dompnus Adcursus plebanus plebis Mathelice ex vigore licterarum et auctoritate venerabilis domini magistri Bernardi narbonensis archidiaconi cappellani domini Pape vicarii generalis in Marchia Anconitana in spiritualibus, rogavit, monuit, sub excommunicationis pena, precepit domine Mathie abbatisse monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica, fratri Jacobo syndico dicti monasterii et omnibus monialibus loci eiusdem, ut exiberent corporaliter sacramentum et dicere(!) veritatem super his que in licteris continentur; a quo precetto tam abbatissa quam dictus syndicus vice et nomine ipsorum, monasterii et totius conventus, una voce adpellaverunt pro eo quod dicunt se velle dicere veritatem sine sacramento et parate sunt, iussta posse, ita facere quod puella, de qua questio vertitur, usque ad quartam diem personaliter compareat coram domino vicario supradicto et ipsius obbedire mandato. Forma autem licterarum hec est et talis est.

Magister Bernardus archidiaconus narbonensis, domini Pape cappellanus, Marchie Anconitane, Masse Trabarie, civitatis ac diocesis Urbini in spiritualibus vicarius generalis, provido viro dompno Accurso plebano plebis de Mathelica, salutem in Domino. Nuper ad denuntiationem excommunicationis illate per vos contra abbatissam et conventum monasterii Sancte Marie Madalene, occasione detentionis Venutule Vitalis cuius tutor est Petrus Amate de Mathelica, de nostro cessastis mandato, eo quod sententia ipsius excommunicationis nostre sub conditione lata fuerat, et non pure, super quo idem tutor, nunc in nostra presentia constitutus, querimoniam mangnam fecit, sentiens se propter hoc gravari; nos autem volentes in predictis procedere ut iuris est, tenore presentium vobis qua fungimur auctoritate mandamus iniungendo sub excomunicationis pena quatemnus, visis presentibus, ad dictum monasterium personaliter adcedenteris (!) recetto a predictis abbatissa et monialibus corporali iuramento, queratis ab eis si memoratam puellam, tempore litigii quod fuit occasione dicte puelle inter dictum tutorem et dictas abba(ti)ssam et moniales, possederunt et tenuerunt vel eam non dexierunt de lo possidere; resscripturum nobis dictum earumdem et quidquid fecerint in predictis, ut super premissa negotia procedere valemus secundum tramitem retionis. Datum Cinguli XVI agusti pontificatus domini Gregorii pape  X anno tertio.

Dopnus Adcursus plebanus plebis Mathelice interrogavit supradictam dominam abbatissam et fratrem Jacobum syndicum dicti monasterii si puella si puella (!) de qua questio ventilatur, fuit tempore litigii et quo modo dixcessit (!) de ipso monasterio et ubi est nunc. Ad que dicta domina abbassa(!) resspondens dixit quod dicta Venutula fuit in dicto monasterio V die intrante martio prossime preterito et exttiterat (!) per XI mensex (!)  precedentes proximum martium preteritum; interrogata quo modo dixcessit dicta puella de ipso monasterio, dixit quod fecerit eam excedere de consilio fratris Jacobi, plebani plebis Faverii et aliorum sapinet(um) ipsius monasterii. Item interrogata ubi est nunc, dixit quod est in quodam monasterio de ducatu quod vocatur monasterium monasterium (!) Sancte Marie Madalene.

Et ego Bonacosa Benvengnati imperiali auctoritate notarius predictis interfui et de mandato dicti plebani scripsi et plubicavi (!) . . . . .

 

1274.08.18: Istruttoria giudiziaria

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno suo 1274, indizione seconda, a tempo di papa Gregorio X, il giorno 18 agosto, redatto a Matelica, davanti alla porta del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica; presenti il signor Giovanni di Divizia, il signor Ventura di mastro Attone, come testimoni a ciò chiamati. Don Accurso pievano delle pieve di Matelica, in vigore della lettera e per autorità del cappellano del Papa maestro Bernardo arcidiacono narbonense, vicario generale nelle realtà spirituali nella Marca di Ancona, richiese, ammonì e sotto forma di scomunica diede ordine a donna Mattia abbadessa del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, a frate Giacomo amministratore di tale monastero ed a tutte le monache del luogo di prestar giuramento personale e dire la verità circa le notizie richieste dalla lettera. La badessa e il sindaco, a nome loro e del monastero e di tutto il convento, con voce unanime, fecero appello per il fatto che dicono di voler dire la verità ma senza giuramento e sono pronte a fare il loro possibile affinché la ragazza di cui si parla, entro il quarto giorno, compaia personalmente alla presenza dello stesso vicario papale ed obbedisca ai suoi comandi.

La lettera ha questo contenuto. Maestro Bernardo arcidiacono narbonense, cappellano e vicario generale del Papa nelle realtà spirituali nella Marca Anconetana, nella Massa Trabaria e nella città e diocesi di Urbino, saluta nel Signore don Accurso pievano della pieve matelicese. La vostra minaccia di scomunica contro la badessa e il convento del monastero di Santa Maria Maddalena, nell’occasione che tenevano Venutula di Vitale di cui è tutore Pietro d’Amata di Matelica, era stata da noi sospesa a motivo del fatto che il dare la scomunica non era immediato, ma era posto sotto nostra condizione. Di fatto il tutore della ragazza, avvertendo la gravità incombente, si è presentato a noi per lamentarsi molto. Noi vogliamo procedere in forma giuridica; e d’autorità, con questa lettera, vi facciamo ingiunzione sotto pena di scomunica, affinché, dopo letta la presente, vi rechiate di persona al monastero per interrogare le monache e l’abbadessa che prestino giuramento e dicano in verità se la detta ragazza era stata tenuta in monastero e sotto il dominio dall’abbadessa e dalle monache, al tempo del litigio che il tutore di lei ebbe per tale problema con l’abbadessa e con le monache. Per iscritto dateci informazione su quanto dicono al riguardo affinché noi possiamo procedere seguendo il tramite della ragione. Data a Cingoli il 16 agosto nell’anno terzo del pontificato di papa Gregorio X.

Il pievano matelicese Accurso interrogò la badessa del monastero e frate Giacomo loro amministratore, se la ragazza in argomento fosse stata in monastero all’epoca del detto litigio e come fosse uscita dal monastero e dove al presente si trovasse. La badessa rispose che Venutula era restata in monastero per undici mesi fino al giorno 5 marzo ultimo scorso. Interrogata sul modo come fosse uscita da lì, rispose che l’aveva fatta uscire per consiglio di frate Giacomo, del pievano di Pieve “Faverio” e di altre persone sagge del monastero. Interrogata sul luogo ove si trovasse al presente, rispose che era in un monastero del ducato, monastero chiamato di santa Maria Maddalena.

Scrissi il presente atto io Bonacosa Benvegnati, notaio imperiale, per ordine del pievano e lo pubblicai.

 

1275 febbraio 11

Il vicario pontificio per le realtà spirituali nella Marca anconetana concede al monastero matelicese S.M.M. il privilegio che non si costruista altro oratorio nelle vicinanze di esso.

 

Magister Bernardus archidiaconus narbonensis, domini pape cappellanus, Marchie Anconetane, Masse Trabarie ac civitatis et diocesisis Urbini super spiritualibus vicarius generalis dilectis in Christo sibi  *****(spazio senza nome) abbatisse et conventui monasterii Sancte Marie Magadalene de Matelica camerinensis diocesis salutem in Domino. Exhibita nobis vestra petitio continebat quod cum bone memorie dominus condam Guido camerinensis episcopus vobis indulcxerit(!) ut nullus religionis mon(asterium) aut clau(str)um seu oratorium religios(orum)  . . .(edifi)cari vel contrui possit de novo (foro) . .  . .(=infra) spatium sexaginta cannarum ad cannam iustam comitatus camerinensis a vestro monasterio, misuratarum per aera, confirmare vobis indulceum(!) huiusmodi curaremus, nos igitur petitionem huiusmodi admictentes indul(t)eum ipsum vobis tenore presentium prout rite ac iuste factum est, auctoritate qua fungimur, confirmamus. In cuius rei testimonium presentes licteras vobis exinde fieri fecimus sigilli nostri appensione munitas. Datum aput Montecculum anno Domini MCCLXXV die XI februarii III indictionis, pontificatus domini Gregorii pap(e) decimi anno tertio.

 

1275.02.11: Indulto vescovile per il monastero

Il Maestro Bernardo, arcidiacono narbonense, cappellano del papa e suo vicario generale nelle realtà spirituali della Marca Anconetana, della Massa Trabaria e della città e diocesi di Urbino saluta nel Signore la badessa e le monache, dilette in Cristo, del convento di Matelica, diocesi di Camerino. Nella richiesta da voi presentataci domandate che vi confermiamo l’indulto del defunto predecessore don Guido vescovo camerinese di buona memoria, che non si potesse di nuovo edificare o costruire nessun monastero o chiostro ad uso di religiosi entro lo spazio di sessanta canne secondo la giusta canna del comitato di Camerino, misurate dal vostro monastero in linea d’aria. Noi dunque accettiamo la siffatta richiesta  e in forza della presente lettera vi confermiamo lo stesso indulto richiesto in modo rituale e giusto per l’autorità di cui siamo investiti. A testimonianza di ciò abbiano fatto fare la presente lettera munita con l’appendervi il nostro sigillo.

Dato presso Montecchio nell’anno del Signore 1275 giorno 11 febbraio, indizione terza, anno terzo del pontificato del nostro papa Gregorio X.

 

1278 febbraio 16

Le suore del monastero matelicese di Sant’Agata sottomettono se stesse ed i beni  monastici al monastero e alla badessa Mattia di S.M.M.per avere dignità di vita.

 

In Dei nomine. Amen. Anno Domini MCCLXXVIII indictione VI tempore domini Nicolai pape tertii, die XVI februarii intrantis. Actum in monasterio sive ecclesia Sancte Agathe de Mathelica, presentibus dompno Ventura, magistro Compagnono, Yuano domini Scangni, Bocabreza Barthuli, Petro domini Jacobi et Nepuliono Rainerii, testibus.

Domina Alluminata sive Latina abbatissa seu priorissa loci et sororum Sancte Agathe de Mathelica et soror Benvenuta monialis dicti loci sancte Agathe dederunt, donaverunt, cesserunt et submiserunt se et dictum locum cum bonis, rebus et possessionibus eis pertinentibus, monasterio Sancte Marie Madalene et fratri Jacobo syndico ipsius monasterii, recipienti nomine et vice ipsius monasterii Sancte Marie Madalene de Matelica; et promiserunt ipsi syndico, recipienti pro domina Matthia abbatissa predicti monasterii Sancte Marie Madalene, abedientiam et reverentiam, paupertatem et castitatem et observare regularia  i(n)stituta predicti monasterii et (quod) predicta domina abbatissa possit ponere moniales et sorores in dicto loco Sancte Agathe et removere, cum dicte sorores Sancte Agathe videant et congnoscant se non posse honeste vivere in ipso loco; hoc ideo dederunt et concesserunt dicto monasterio pro redentione peccatorum suorum; et quia ipse frater Jacobus syndicus dicti monasterii Sancte Marie Madale(ne) recepit predictas sorores sub regula dicti monasterii, cum domibus et hedifitiis, plateam et territorium dicti monasterii Sancte Agathe et cum omnibus aliis iuribus et actionibus que ubicumque dictus locus et ipse sorores coniunctim vel divisim habent vel habere possunt modocumque vel causa; reservato sibi Alluminate fructus tenutam et possessionemm et proprietatem unius petie terre posit(e) in dicstrictu (!) Mathelice, in villa Camoiani, iusta dominum Fanteginum et viam; que de ipsa terra ipsa Alluminata in vita et morte, possit facere vel relinquere ad suam voluntatem; dando et concedendo predicto fratri Jacobo syndico dicti monasterii Sancte Marie Madalene, liberam licentiam et plenariam potestatem, auctoritate propria, accipiendi tenutam et possessionem dictarum rerum et de eis fatiendi quicquid eis videbitur, promictentes rata et firma perpetuo habere atque tenere et in nullo contra facere vel venire, aliqua occasione vel exceptione sub obli(gatione) bonorum dicti loci Sancte Agathe.

Ego Bonaventura Benenanti notarius plubicus (!) predictis omnibus interfui et a predictis contrahentibus rogatus ea omnia scripsi et publicavi.

 

1278.02.16: Oblazione del luogo di Sant’Agata

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1278, indizione sesta, al tempo di papa Nicolò III, il giorno 16 febbraio, redatto nel monastero o chiesa di Sant’Agata di Matelica, presenti il signor Ventura, mastro Compagnono, Ivano del signor Scagno, Boccabreza di Bartolo, Pietro del signor Giacomo e Napoliono di Raniero, testimoni a ciò chiamati. Donna Alluminata o Latina badessa o prioressa del luogo e delle suore di Sant’Agata di Matelica e suor Benvenuta monaca di detto luogo di Sant’Agata, dettero, donarono, consegnarono e sottomisero se stesse e il detto luogo con i beni, le cose e i terreni pertinenti, al monastero di Santa Maria Maddalena e a frate Giacomo amministratore di questo monastero, il quale le accoglie a nome e per conto di questo stesso monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica. Esse promisero all’amministratore che le riceve, a nome di Mattia  badessa di esso monastero di Santa Maria Maddalena, la loro obbedienza, riverenza, povertà e castità e di osservare le istituzioni della regola di detto monastero. La predetta donna badessa ha il potere di stabilire le dette monache e suore nel detto luogo di Sant’Agata e può rimuoverle, dato il fatto che le stesse suore di Sant’Agata vedono e riconoscono che esse non possono vivere decorosamente nel luogo di Sant’Agata e per questo motivo si donarono e consegnarono al predetto monastero per la redenzione dell’anima e dei loro peccati. Frate Giacomo amministratore del detto monastero di Santa Maria Maddalena accolse le dette suore sotto la regola di esso monastero, con le case, gli edifici, lo spiazzo e le terre del monastero di Sant’Agata e con tutti gli altri diritti, azioni e tutto quello che il luogo loro e le stesse suore, insieme o singolarmente, hanno o possono avere in ogni modo o causa.

Donna Alluminata si riserva la tenuta del fruttato, il possesso e la proprietà di un pezzo di terra posta nel distretto di Matelica, a Villa “Camoiano” a confine con il signor Fantegino e con la via. La stessa Alluminata in vita ed in morte può fare e lasciare questo terrenuccio a sua volontà. Dà e concede a frate Giacomo, amministratore del monastero di Santa Maria Maddalena, libera licenza e pieno potere, di propria autorità di prendere la tenuta ed il possesso delle predette cose di San’Agata, e di fare di queste tutto ciò che vorranno, promettendo di tenere stabile e deciso per sempre e non agire o fare in contrario, in nessun occasione, né eccezione, obbligando in ciò i beni di Sant’Agata.

Io Bonaventura Benenanti pubblico notaio richiesto, fui presente a tutte le cose scritte sopra, ho sottoscritto e pubblicato.

 

(1278 marzo 7 : manca la parte iniziale, il testo è  nella sentenza 13.09.1286)

Le suore del monastero matelicese di Sant’Agata rinunciano ad agire contro il monastero e  la badessa Mattia di S.M.M. annullando  le procure precedenti.

 

. . . . . . . . . . . . . a secundo fossus communis, a terio filii . . . . . . . . . . . . . . . . . . . via cum domibus, edificiis . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .  predictos continentur confines et cum omnibus aliis iuribus et actionibus que ubicumque dictus locus et ipse sorores conciunctim et divisim habent, vel habere possent, modocumque vel causa revocantes su cassantes omnem sindicum seu procuratorem speciliter Salimbene Compagnoni et Sinibaldum Massei pro parte dicti loci et sororum Sancte Agathe contra dictum monaterium Sante Marie Madalene et renuntiantes interlocutorie et interlocutoriis si que usque ad presens tempus late sunt contra dictum monasterium Sante Marie Madalene, pro dicto loco occasione muri et edifitii quod edificabantur in dicto loco et situ contra formam privilegiorum dicti monasterii Sancte Marie Madalene, constituentes se nomine dicti monasterii et dicte domine Mathie possidere predictum territorium et casarenum et domus et edifitia et dederunt licentiam et plenariam potestatem predicte domine Mathie recipienti pro dicto monasterio, auctoritate propria accipiendi possessionem dictorum bonorum et de eisdem fatiendi quod eisdem videbitur, pro(mic)tentes rata et  firma habere perpetuo et dampna et expensas reficere sub obligatione bonorum dicti loci Sancte Agathe et non contra facere vel venire contra predicta vel aliquod predictorum per se (vel) alium, sub dicta  (pena) qua soluta vel non, . . . .  manente contractu.

Et Ego Moricus de Fabriano imperiali auctoritate notarius hiis interfui rogatus scribere subscripsi et publicavi.

 

1278.03.07:  Rinuncia ad una lite

. . . . . . . a confine con il fosso del comune,   . . . con i beni del fu mastro Matteo,con la via  . . . . contenuti entro i confini predetti.

Cedettero inoltre tutti gli altri diritti ed azioni che il loro modo e le dette suore congiuntamente o separatamente hanno, o potrebbero avere in qualunque luogo e motivo. Revocano ogni loro procuratore, amministatore, agente specialmente Salimbene Compagnoni e Sinibaldo Massei per parte di esso luogo e suore di Sant’Agata, in causa contro il monastero di Santa Maria Maddalena. Rinunciano all’interlocutoria e a quanto presentato sino ad oggi contro il monstero di Santa Maria Maddalena, in occasione de muro e dell’edificio che veniva costruito in esso luogo in contrasto con la norma di distanza del privilegio del monastero di Santa Maria Maddalena. Stabiliscono che esse posseggano le predette terre, il casareno, la casa e gli edifici a nome del detto monastero di Santa Maria Maddalena e di donna Mattia. Danno licenza e pieno potere alla stessa donna Mattia ricevente per il detto monastero di prendere possesso di propria autorità di tali beni e di farne quel che volesse. Promettono di mantenere stabile e deciso quest’atto in perpetuo e di rifondere danni e spese, obbligando i beni del loro luogo di Sant’Agata, e di non agire in contrario, né contrastare le cose dette sopra, né alcuna di esse, né direttamente, né tramite altri, sotto la predetta penalità e il contratto rimane stabile, ratificato, sia che la penalità fosse o non fosse pagata.

Io Morico da Fabriano notaio di autorità imperiale, richiesto di scrivere, sottoscrissi e resi pubblico l’atto.

 

1278 luglio 16 e 17

Il procuratore del monastero matelicese S.M.M. e della badessa Mattia interpone appello contro il divieto  dell’uditore capitolare di Camerino ad  unire il suo  monastero con quello di Sant’Agata.

 

In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem MCCLXXVIII indictione VI (tempore) domini Nicolai pape tertii, die dominico XVII iulii. Actum fuit . . . . . sive iuxta domum monasterii Sante Marie Magdalene de castro Mathelice. Presentibus dopno Sabbatino Actonis, Jacobo Bonitini et alii testibus. Yuanus domini Scangni syndicus monasterii Sancte Marie Magdalene de castro Mathelice, nomine et vice ipsius monasterii e pro ipso monasterio, sentiens se et dictum monasterium esse gravatum a continentia(!) infrascriptarum licterarum, ab ipsa continentia ipsarum licterarum infrascriptarum et ab omni gravamine sibi et dicto monasterio illato et inferendo, occasione ipsarum licterarum, viva voce appellavit. Quarum licterarum tenor talis est.

Scangnus plebanus (Tole)ntini camerinensis canonicus et vicemgerens domini archidiaconi et capituli maioris ecclesie camerirensis, sorori Mathie abbatisse monasterii Sancte Marie Magdalene de Mathelica  et aliis religiosis monialibus dicti loci, salutem in Domino. (Publice) relatione pandente nobis quod  vos unionem ecclesiarum Sancte Marie supradicti monasterii et Sancte Agate de dicta terra, propria inistis auctoritate  unire et unionem fare(!) de predictis, de quo miramur (cum) hoc ad vos non spectet vel pertineat ullo modo. Quocirca,  vobis et unicuique  (vestrum) presentium serie, auctoritate qua fungimur pro camerinensi ecclesia, precipiendo mandamus (quatenus) in ipsa unione nullatenus procedatis fatienda . . .  vos, cum pertineat ad episcopum camerinensem in sua diocesi maxime usque  ad reditum ipsius episcopi sub excommunicationis pena quam vos et unamquamque vestrum incurrere volumus ipso facto si secus duxitis (!) fatiendum, et si aliquo processistis in statum pristinum reducatis et sub pena ipsius domini episcopi arbitrio auferenda. Alioquin contra vos ut iustum fuerit procedemus. Datum Camerini die XVI iulii intr(ante) iulio, VI (indictione).  Si vero de predictis gravatas asseritis V dies post assegnationem presentium, legitimum syndicum coram nostra presentia trasmictere curetis super predictis a nobis recepturum iustitie complementum.

Ego Junta Albertutii notarius publicus imperialis magestatis auctoritate, huic appellationi presens interfui a dicto Yuano rogatus subscripsi et publicavi.

 

1278.07.17: Appello contro il precetto dell’uditore camerinese

Nel nome di Dio. Amen. Nel suo anno 1278, indizione sesta, a tempo di papa Nicolò III, il giorno 17 luglio, domenica. Redatto presso la casa del monastero di Santa Maria Maddalena del castello di Matelica, mentre sono presenti don Sabbatino di Attone, Giacomo di Benetino e altri testimoni. Ivano del signor Scagno, amministratore del monastero di Santa Maria Maddalena del castello di Matelica, a nome e per conto dello stesso monastero ed a favore del monastero, dichiarando che egli e il monastero si considerano gravati dal contenuto della lettera qui trascritta, a motivo dell’aggravio inflitto e da infliggere a lui e al monastero in l’occasione della stessa lettera, vivamente fecero l’appello. Il contenuto della lettera è questo.

(Don) Scagno pievano di Tolentino, canonico camerinese e vicegerente dell’arcidiacono e del capitolo della chiesa maggiore di Camerino, saluta nel Signore suora Mattia badessa del monastero di santa Maria Maddalena di Matelica e le altre religiose monache di detto luogo. Si ha notizia di pubblica diffusione che voi avete cominciato l’unione della chiesa di santa Maria del sopradetto monastero con quella di Sant’Agata della detta terra, d’autorità propria. Noi siamo meravigliati dell’unione che fate delle predette chiese poiché ciò non spetta a voi, e in nessun modo vi appartiene. Pertanto con l’ordine della presente lettera comandiamo a voi ed a ciascuna di voi, con l’autorità che esercitiamo per la chiesa camerinese, facendo precetto che voi non procediate in nessun modo nel fare la predetta unione, poiché ciò spetta al vescovo camerinese nella sua diocesi, soprattutto in attesa del ritorno dello stesso vescovo, sotto penalità di scomunica immediata che vogliamo comminare a voi ed a ciascuna di voi per lo stesso fatto, se pensate di fare diversamente. Se avete proceduto nel cambiare qualcosa, riportatelo alla precedente situazione. E’ ad arbitrio dello stesso vescovo per togliere la penalità. Diversamente procederemo contro di voi secondo giustizia.

Dato a Camerino il giorno 16 luglio entrante, indizione sesta. Se in verità vi dichiarate gravate dalle cose dette sopra, provvedete a far giungere il vostro amministratore alla nostra presenza affinché riceva da noi il completamento della giustizia riguardo a ciò.

Io  Giunta di Albertuccio notaio pubblico di autorità della imperiale maestà fui presente a questo appello e richiesto dal detto Ivano sottoscrissi e pubblicai.

 

1278 dicembre 2 (riuniti due frammenti in base ai mss. del Vogel)

Il procuratore del monastero matelicese di S.M.M. e della badessa Mattia, concorda la divisione della coeredità di una religiosa con altri.

 

(In) Dei nomine. Amen. Anno eiusdem MCCLXXVIII indictione VI tempore domini Nicolai pape III, die II decembris. Adtum (!) Mhtelice (!) ante monasterium Sante Marie Madalene, presentibus  Mahteo (!) Franconum, Cangno Raynaldi, Martino Pauli et aliis testibus. Frater Andrea(s) syndicus monesterii Sancte Marie Madalene una cum consensu et voluntate abatisse diti (!) monesterii et ipsa abatissa consentiente iure proprio et ad proprium, dedit, cesit (!), concesit adque . . . . Vivono . . . . . . . . . . . terre   . . . . . . . (parte mancante tra il primo e il secondo frammento  macchiato al margine)

. . . quosdam dictus Vivonus abere . . . .  ab Angelutia monaca diti monasterii eredes  Andree magistri Petri Boni pro dote et residuo dotis qual ditus Vivonus tenetur a supra dito magistro Petro Boni et suis eredibus prout ore sua domina Alarica et figlia diti Vivonis et pro residuo dotis quam  pro ea abuit a dito Vivono pro dita domina Alarica et filia diti Vivonis et quam a dita Angelutiia pro sua parte et ereditat(em omnem) abere tenetur, dando ei Vivono liberam licentiam et plenariam potestatem tenute di(t)e terre intrandi, possidendi, feutandi ac retinendi ut sibi aut cui concesserit placuerit . . .  que  ad ditum tempus promitens ditus sindicus et dita aba(ti)ssa (con)sentiente quod dita tera alicui non est obligata . . . . . .  ceduta nec alicui dabitur nec concedetur . . . .  in finem diti tere usui (?) quod si apareret alicui esse data . . . . non concederetur alicui per aliquem diti . . . . . .  ipse sindicus et domina Mahtia abbatissa dicti monasteriii eam in dono conservare et (omne)qu(e) damnum litis et expensas salaria et interesse que (et) quas fecerit vel sustinuerit ditus entor pro predictis ipse sindicus integre reficere et resarcire promisit semper credito suo sacramento sine libelli petitione, renuntians ipse sindicus omnibus ausiliis beneficii decretis et decretorum et aliis iuribus quibus ipse oponere posset coco(!) modo et causa que omnia iam ditus sindicus cum consentia (!) et voluntate dite domine abatisse atendere et oservare promisit dicto Vivono et cui concesserit sub pena II libre ravennat. et anconet. bonorum et ipoteca dicti monasterii, qua pena soluta et non, predicta omnia semper (rata) et firma abere, adque tum promisit et omnia  . . . et suntum reficere etiam perpetuo faciendum.

Et ego Ventura Massei notarius plubicus(!) is omnibus interfui et de  is omnibus a supra ditis rogatus scribere suscripsi et publicavi.

(Nel tergo della pergamena uno scritto nella stessa epoca)

. . . infra hec latera: a II Salimbene Molla (Pa)cis; a III filius Ufredutii ser Belle; a IIII via; presen(tibus) Cangno (Rai)naldi Atonis et (A)ntonium Martini.

 

1278.12.02: Contratto per la spartizione di un’eredità

Nel nome di Dio. Amen. Nel suo anno 1278, indizione sesta, a tempo del papa Nicolò III, il giorno 2 dicembre. Redatto a Matelica davanti al monastero di Santa Maria Maddalena, mentre sono presenti Matteo di Francone, Cagno di Rinaldo, Martino di Paolo e altri testimoni. Frate Andrea amministratore del monastero di Santa Maria Maddalena con il consenso e la volontà dell’abbadessa del detto monastero e la stessa abadessa consensiente di proprio diritto e proprietà, diede, cedette, concesse a Vivono . . . la terra  . . . .( manca una parte tra i due frammenti stralciati) . . . .che il detto Vivono (deve) avere da Angeluccia monaca del detto monastero come erede di Andrea di mastro Pietro Boni per la dote e residuo di dote che il detto Vivono deve avere a voce dal sopradetto mastro Pietro Boni e suoi eredi e  il residuo dotale che  ebbe dal detto Vivono (riguardante) la detta donna Alarica e la figlia di detto Vivone e quanto spettante da Angeluccia per sua parte di eredità ed ogni eredità (che) è tenut(o)  avere. Dà  a Vivono libera licenza e pieno potere di tenuta della terra, entrarvi, possederla, infeudarla, e conservarla come piacerà a lui o a chi vorrà egli darla. L’amministratore predetto con il consenso della badessa promette che questa terra non è vincolata a nessuno e non sarà concessa ad altri, neanche in uso, e qualora apparisse che si concedesse, lo stesso amministatore e la badessa Mattia la conservano in dono e si impegnano a ripagare ogni danno di lite, spese e salari con interesse che il detto compratore farà e sosterrà riguardo a ciò, con impegno solenne, senza bisogno di giuramento scritto. L’amministratore rinuncia ad ogni ausilio di beneficio o decreto o diritto con cui possa agire in contrasto, in qualsiasi modo o causa. L’amministratore con il consenso e la volontà dell’abbadessa promise di mantenere e di osservare quanto sopra per il detto Vivone o altro suo concessionario, sotto penalità di due libbre ravennati od anconetane e sotto ipoteca dei beni di detto monastero. Le cose scritte sopra rimangono sempre stabili,  pagata o non pagata la penalità. E promise di rifondere  la spesa e mantenere tutte queste cose in perpetuo.

Io Ventura Massei notaio pubblico fui presente a tutte queste cose e richiesto di scrivere sottoscrissi e pubblicai.

Nel tergo si indicano alcuni confini di proprietà:

. . .   “fra questi confini, nel secondo lato Salimbene Molla(?) (Pa)ci; nel terzo lato il figlio di Ufredutio di ser Belle; nel quarto lato la via; presenti Cagno di (Ra)inaldo  Attoni e (An)tonio di Martino”.

 

1279 luglio 3

La signora Ricca dona i beni della sua dote, riservandosene a vita l’usufrutto, al monastero e alla badessa Mattia di S.M.M. in modo che li godano dopo la sua morte.

 

In Dei nomine. Amen. Hoc est exemplum rogiti sive protocolli inventi seu existenti in quaternis magistri Mathei dopni Bentevolii condam notarii sub anno domini MCCLXXVIIII indictione VII tempore Nicolai pae III, die III iulii, in ecclesia Sancte Marie Madalene de Mathelica, coram fratrem (!)  Alesandro lectore firmano de ordine Fratrum Predicatorum, fratre Jacobo de Cammerino(!) de eodem ordine, fratre Petro Egidii, fratre Vitale Benve(nu)ti et domino Jacobo de Ugubio, testibus. Cuius tenor talis est, sic incipientis. Domina Ricca filia condam Curtufunni de Pudio, pure, libere, simpliciter inter vivos et inrevocabiliter donavit domine Mathie abbatisse monasterii Sancte Marie Madalene, nomine et vice ipsius monasterii, solenniter et legitime stipulanti, dotem suam que fuit C. librarum ravennat. et anconit. reservato sibi usus fructus in vita sua dicte dotis; in obitu sit ipsius monasterii; dans et cedens eidem omne ius et actionem quod et quam habet in bonis domini Berretilli sui viri, occasione dotis dicte; ponens eamdem in locum suum, fatiens eamdem procuratricem ut in rem suam ut post mortem ipsius possit agere et experiri et repetere dictam dotem adversus dominum Berretillum et eius bona, etcetera; ut ipsa facere posset, etcetera; hoc ideo fecit pro anima sua et pro remedio suorum peccatorum et suorum parentum; et promisit eam donationem non revocare aliqua ingratitudinis causa nec alia quacumque sub pena dupli dotis, etcetera; insuper iuravit ad sancta Dei evangelia predicta habere rata et firma et non venire contra sub pena iam dicta, et damna et suntus cum interesse reficere etcetera.

Et ego Bonacosa Benvengnati notarius publicus ut (vidi) legi et inveni in qua(terno) vel in quaternis magistri Mathei domini Bentevolii condam notarii, ita per ordinem transscripssci (!) et exemplavi, nil addens nec minuens fraudolenter preter puntum vel silabam que instrumentum non falsant, et in plubicam (!) formam redegi, data et concessa michi auctor(itate) de his exemplandis et plubicandis a domino Ugolino domini Leti de civitate Auximi iudice et vicario comunis Mathlice per nobilem virum Jacobellum domini Claudii de civitate predicta nec non de consilio generali et spetiali communis Mathelice sub anno Domini MCCLXXX indictione VIII, Romana sede pastore vacante, die XXVI novembris. Actum Mathelice in trasanna communis, presentibus domino Jacobo plebani, Jacobo Benecase, Juano Jacoboni et Francisco magistri Petri et alii pluribus testibus, etc.

(in calce)

Die XVIIII iulii prodit(um) per fratrem Jacobum coram (vicario) presente fratre (Guille)lmo.

 

1279.07.03: Donazione della dote sponsale

(Copia) Nel nome di Dio. Amen. Copia di un atto notarile presente nei quaderni di mastro Matteo del signor Bentevoglio notaio defunto. L’anno 1279, indizione settima, a tempo di papa Nicolò III, il giorno 3 luglio nella chiesa di Santa Maria Maddalena di Matelica, presenti come testimoni: frate Alessandro lettore fermano dell’ordine dei Predicatori, frate Giacomo da Camerino dello stesso ordine, frate Pietro di Egidio, frate Vitale di Benvenuto, ed il signor Giacomo da Gubbio. Ecco il contenuto. Donna Ricca figlia del fu Curtufonne da “Pudio” fece dono puro, libero e semplice a donna Mattia badessa del monastero di Santa Maria Maddalena, stipulante a nome e per conto ed a favore del monastero, diede la sua dote di cento libbre ravennati od anconetane, con riserva di usufrutto vita natural durante. Dopo la sua morte, l’usufrutto sia riunito al monastero predetto. Dà e concede allo stesso ogni diritto ed azione che ha sui beni del signor Berretillo suo marito, per occasione di dote, e l’abbadessa è resa procuratrice, con diritto di agire dopo la sua morte  per ricercare e ricevere la predetta dote contro il signor Berretillo ed i suoi beni ed abbia potere di fare come per legge. La donatrice fa questo per la sua anima e per il rimedio dei peccati suoi e dei suoi genitori. Promise che questa donazione non sarebbe revocata per nessuna causa d’ingratitudine o in qualsiasi altro modo, sotto penalità del doppio della dote. Inoltre giurò sui santi vangeli di Dio di mantenere stabile e deciso tutto quanto  detto sopra e di non fare azione contraria sotto la penalità già detta e con l’obbligo di ripagare i danni e le spese con interessi.

La copia del presente atto fu fatta dal notaio pubblico Bonacosa Benvegnati per ordine del giudice e vicario del comune di Matelica, il signor Ugolino del Signor Leti della città di Osimo e per ordine di Giacomello del signor Claudio da Osimo, su mandato del consiglio generale e speciale di detto comune, nell’anno 1280 il giorno 26 novembre, in tempo di sede romana vacante, a Matelica, nella “trasanna” del comune mentre erano presenti come testimoni don Giacomo Plebani, Giacomo (di) Benencasa, Ivano di Giacopone e Francesco di mastro Pietro.

(In calce si legge di altra grafia)

Il giorno 19 luglio fu presentato di fronte al vicario da frate Giacomo, alla presenza di frate Guglielmo.

 

1284 giugno 10

Viene nominato il procuratore del monastero matelicese e della badessa Mattia  di S.M.M. per le liti riguardanti i diritti della chiesa di Santa Maria di Vablano.

 

In Dei nomine. Amen. Anno Domini MCCLXXXIIII, indictione XII, tempore domini Martini pape quarti, die X g(i)unii. Adctum (!) Mahtelice(!) in monesterio Sancte Marie Madalene, presentibus Lazano domini Jacobi, Verliutio domini Jacobi, fratre Vitale, fratre Jacobutio et aliis testibus. Domina Hmattia (!) abadissa monesterii Sancte Marie Madalene de Mahtelica una cum consensu et voluntate monacarum et munialium dicti monesterii silicet Cristina, Annese, Andrea, Lucia, Berardesca, Margarita, Isabetta, Catellia(!), Danniella, domina Cristina, Amadeo, Agata, Danniella, Iacobutia, Barbara, Area, Cicilia, Gratiadeo, Jacomella, Hmattiola, Alluminata, Victoria, Filipputia, ipsosque hom(in)es volentes et consensientes, fecit, constituit, sustitut, ordinavit adque creavit fraterm Jacobum de Colle Stefano conversu(m) dicti monesterii presentem et in se susipientem suum et dicti monesterii lecitimum sindicum et procuratorem, attorem, fattorem et nu(n)tium specialem in lite et questione quam dictus monesterius habet et abere experat cum Federico domini Alberti, Adelardutio suo filio, dompno Mahteo dompni Johannis, occasione unius ecclesie de Santa Maria de Vablano et iuribus dicte eclegie (!) et cum Coradutio Bartuli et cum eheredes Raimaldutii (!) domini Alberti et generaliter cum omnibus abentes litem cum dicto monesterio et qui in antea abere potuerunt coram curia domini marchionis, suorumque offitialium et eorum quacumque alia curia et ubicucumque (!) fuerit oportunum ad libellum dandum et recipiendum, litem contestandam de calunnia iurandum in anima dicti monesterii; testes, instrumenta introducendum adprobandum et replicandum, ad fatiendum unum procuratorem vel plures in locum suum, ad terminandum et determinandum et terminum vel terminos recipiendum et ad impetrandum literas vel privilegia, ad apellandum et prosequendum si fuerit oportunum in qualibet curia et expecialiter in curia domini pape et generaliter ad omnia alia agenda, facienda et excerenda que in predictis omni(bus) predittis et colibet predittorum fuerint necessaria et oportunum; promitens dicta abadissa et conventus eiusdem monesterii quidquid per predictum sindicum vel per alium in suo loco ponentem factum fuerit in predictis omni causa preditis et colibet predictorum ratum et firmum abere adque tenere sub pena et ipoteca bonorum et rerum dicti monesterii.

Et ego Ventura Massei notarius plubicus is omnibus interfui et de supradictis omnibus ut supra dictum est rogatus scribere (sub)scripsi et plubicavi.

 

1284.06.10: Procura per la vertenza di S. Maria di Vablano

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1284, indizione dodicesima, a tempo del papa Martino IV, il giorno 10 giugno. Redatto a Matelica nel monastero di Santa Maria Maddalena, presenti Lazano del signor Giacomo, Verliutio del signor Giacomo, frate Vitale, frate Giacomuccio ed altri testimoni. Donna Mattia badessa del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, con il consenso e la volontà delle monache e religiose del detto monastero, cioè Cristina, Agnese, Andrea, Lucia, Berardesca, Margarita, Isabetta, Cateli(n)a, Daniela, donna Cristina, Amadea, Agata, Daniela, Giacomuccia, Barbara, A(u)rea, Cecilia, Graziadeo, Giacomella, Mattiola, (I)lluminata, Vittoria, Filippuccia, e gli  uomini volenti e consensienti, fece, stabilì, sostituì e creò frate Giacomo da Colle Stefano, converso dello stesso monastero, presente e ricevente, come legittimo amministratore, procuratore, attore, fattore e nunzio speciale di lei e del detto monastero nella lite e questione che il detto monastero ha e pensa di avere con Federico del signor Alberto, con Adelarduccio suo figlio, e con il signor Matteo del signor Giovanni, a motivo dela chiesa di Santa Maria de “Vablano” e per i diritti di questa chiesa e con Corraduccio di Bartulo e con gli eredi di Rainalduccio del signor Alberto e in generale con tutti quelli che hanno lite con il detto monastero o che prima poterono averne, di fronte alla curia del signor marchese, dei suoi officiali e di fronte a qualunque altra curia e dovunque in ogni altro luogo, per dare il libello, per riceverlo, per contestare la lite sull’accusa, per giurare sull’anima del detto monastero, introdurre i testimoni e gli strumenti, per approvare e replicare, per fare uno o più procutaori in sua vece, per terminare e determinare e ricevere il termine o i termini e per impetrare e ricevere  lettere o privilegi, per far appello, per proseguire se sarà opportuno presso qualunque curia e specialmente nella curia del papa e generalmente a fare tutte le altre cose, per fare ed agire in generale per tutte le cose dette e per ciascuna secondo come sarà necessario e opportuno. La badessa e il convento del detto monastero promettono che tutto quello che per mezzo del predetto amministratore o per mezzo di altri in suo luogo, viene posto, fatto, al riguardo delle cose predette e di ciascuna di esse, lo considerano stabilito, deciso e lo mantengono sotto penalità di ipoteca dei beni e delle cose del manstero.

Io Ventura Massei notaio pubblico fui presente a tutte queste cose e richiesto di scrivere tutte le cose sopradette, sottoscrissi e pubblicai.

 

1285 agosto 21

Viene nominato il procuratore del monastero matelicese e della badessa Mattia  di S.M.M. per la causa di spartizione dell’eredità di donna Sibilla.

 

In nomine Domini. Amen. Anno eiusdem MCCLXXXV (foro) . . . tempore domini Honorii pape IIII die XXI mensis augusti, in ecclesia monesterii Sancte Marie Magdalene de Mathelica, presentibus fratre  Rainerio magistri Jacobi Accursi Blance, Vitutio Actolini et Andreolo Yuani domini Scangni testibus de hiis vocatis. Soror Mathia abbatixa (!) monesterii dominarum Sancte Marie Maddalene supradicti, consensu et voluntate omnium infrascriptarum dominarum conventus ipsius monesterii, nemine disdicente, videlicet sororis Annese, sororis Christine, sororis Margarite, sororis Ysabet, sororis Andree, sororis Deutame, sororis Auree, sororis Lucie, sororis Danielis, sororis Berardessce(!), sororis Christiane, sororis Jacomelle, sororis Johanne, sororis Matheole, sororis Victorie, sororis Cathaline, sororis Philippe, sororis Ysaie, sororis Illuminate  . . . /= sororis Amadee, sororis/ Gratiadei, sororis Symonicte, sororis Guiductie et sororis Cecelie, et ipse sorores unanimiter cum ea, fecerunt, constituerunt  ac etiam ordinaverunt fratrem Vitalem, conversum et familiarem ipsius monesterii et Verbutium domini Jacobi de Ugubbio (!) presentes et quemlibet eorum in sollidum, eius et dicti co(nventus) legitimos syndicos, procuratores et nuntios speciales ita tamen quod condictio unius occupantis non sit melior alterius conditione non occupantis, ad promictendum et conpromictendum in fratrem Nicolaum vicarium domini episcopi camerinensi(s) tamquam in arbitrum et arbitratorem et amicabilem compositorem de omni lite, questione et causa vertente vel que verti poxet inter ipsum monesterium ex una parte agentem et respondentem, et Yuanum domini Scangni procuratorem domine Sybilie filie condam domini Rainaldi sue uxoris ex altera, agentem et respondentem et maxime de quinquaginta VII libris ravennat. et anconet. qu(o)s dictus Yuanus intendit  petere a dicto monesterio tamquam procurator dicte sue uxoris et generaliter de omni alia lite, questione et causa que inter eos verti posset usque in diem presentem, (ad) libellum dandum, recipiendum,  litem contestandum, de calupnia iurandum in earum anima et cuiuslibet  (a)lterius generis, sacramentum prestandum, exceptiones opponendum, replicationes et declinationes iuditii positiones faciendum et respondendum positionibus adverse partis, testes et instrumenta inducendum, aperturam testium videndum, allegandum, sententiam audiendum, et constituendum unum vel plures procuratores nomine dicti conventus et ipsorum syndicorum in predictis et quolibet eorumde, et generaliter ad omnia et alia singula facienda et exercenda que conventus ille facere vel exercere poxet sollepniter promictens dicta iam domina abbatissa consensu conventus predicti et ipse conventus michi notario infrascripto nomine et vice cuius interest sollepniter stipulanti, habere ratum et firmum habere atque tenere perpetuo et in nullo contrafacere vel venire occasione aliqua vel exceptione sub ypotheca, pena et obligatione bonorum dicti monesterii, quidquid per dictos syndicos vel procuratores ab eis substitutos vel alteri ipsorum factum vel exercitatum fuerit in premixis et quolibet eorumdem.

Et ego Bonaventura Johannis publicus notarius de predictis omnibus interfui rogatus ea omnia subscripsi et publicavi.

 

1285.08.21: Procura per vertenza dell’eredità di Sibilla

Nel nome del Signore. Amen. Nel suo anno 1285, a tempo di papa Onorio IV, il giorno 21 del mese di agosto, nella chiesa del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, mentre erano presenti frate Raniero di Mastro Giacomo Accursi Blance; Vitutio di Attolino e Andreolo di Ivano del signor Scagno, come testimoni chiamati a queste cose. Suora Mattia badessa del sopra detto monastero delle donne di santa Maria Maddalena, con il consenso e la volontà di tutte le seguenti donne del convento dello stesso monastero, senza alcun dissenso, cioè suor Agnese, suor Cristina, suor Margherita, suor Isabetta, suor Andrea, suor Diotama, suor Aurea, suor Lucia, suor Daniela, suor Berardesca, suor Cristiana, suor Giacomella, suor Giovanna, suor Mattiola, suor Vittoria, suor Catalina, suor Filippa, suor Isaia, suor Illuminata, suor Amedea, suor Graziadea, suor Simonetta, suor Guiduccia e suor Cecilia, queste suore concordemente con la badessa fecero, stabilirono, ed anche ordinarono frate Vitale converso e familiare dello stesso monastero e Verbutio del signor Giacomo da Gubbio, presenti e ciascuno di loro in solido in modo tale che la condizione di uno solo attivo non sia migliore di quella dell’altro non attivo, come amministratori, procuratori e nunzi speciali di lei e del detto convento, per promettere e fare compromessi verso frate Nicola vicario del vescovo di Camerino come arbitro e persona che deve decidere la composizione amichevole per ogni lite, questione e causa che verte o che potesse vertere tra lo stesso monastero agente e rispondente da una parte, e dall’altra parte Ivano del signor Scagno procuratore di donna Sibilla figlia del defunto signor Rinaldo, sua moglie, come agente e rispondente, soprattutto per 57 libre ravennati ed ancontane che si dice che il detto Ivano intende chiedere al detto monastero in quanto procuratore della detta sua moglie; e generalmene per ogni altra lite, questione e causa che potesse vertere tra essi fino al giorno presente, per dare il libello, riceverlo, contestare la lite, riguardo all’accusa giurare sulla loro anima, prestar giuramento di qualsiasi altro genere, contrapporre eccezioni e repliche e declinare il giudizio, fare opposizioni e rispondere alle posizioni della parte avversa, introdurre testimoni e documenti, vedere la presentazione di testimoni, fare  gli allegati, ascoltare la sentenza, stabilire uno o più procuratori a nome del detto convento e di se stessi amministratori, nelle cose predette e in ciascuna di esse, e generalmente debbono fare tutte le altre e singole cose ed esercitarle come il convento potrebbe fare o esercitare. La già detta donna badessa col consenso del predetto convento e lo stesso convento promettono a me notaio infrascritto, a nome e per conto di chi può esserne interessato, con stipula solenne, che esse considerano stabilito e tengono deciso e lo mantengono in perpetuo e non agiscono in nulla in contrasto in alcuna occasione, o eccezione, sotto l’ipoteca e la penalità e l’obbligazione dei beni di detto monastero, accettando tutto quello che per mezzo dei predetti amministratori e procuratori, o sostituti o altri per loro, viene fatto ed esercitato riguardo alle cose dette sopra e per ciascuna di esse.

Ed io Bonaventura di Giovanni pubblico notaio fui presente alle cose sopradette e rogato per tutto ciò, sottoscrissi e pubblicai.

 

1286 febbraio 28

Il vescovo di Camerino concede indulto per elemosine alle monache di S.M.M. di vita povera. <( Si intuisce il privilegio della povertà di Santa Chiara>

 

Ramboctus miseratione divina Camerinensis episcopus universis Christifidelibus presentes licteras inspecturis salutem in Domino. Si iuxta sententiam sapientis meritorie tempus seminandum disscernimus et metendum seminare debemus in terris, quodam multiplicato fructu recolligere debeamus in celis et licet secundum hoc omnibus indigentibus aperire teneamur visscera caritatis, illis tamen spiritualius et habundantius qui spiritu sponte subbeunt honera paupertatis. Cum igitur dilecte in Christo filie Abbatissa et moniales monasterii Sancte Mariae Madalene de Matelica Camerinensis diocesis que, spretis mundanis inlecebris, elegerunt Domino famulari cum adiectione voluntarie paupertatis, egeant a Christifidelibus sibi pia caritatis subsidia exiberi, universitatem vestram rogamus et ortamur in Domino in remissione vobis peccaminum, iniungentes quatenus eis ad hoc grata caritatis subsidia erogetis ut per subventionem vestram in aliquo subveniatur eisdem et vos per hec et alia bona que Domino spirante feceritis ad eterna possitis felic(itatis) gaudia pervenire. Nos enim cupientes ut ecclesia antedicta que ipsius Beatissime videtur insignita vocabulo congruis honoribus frequentetur, omnibus vere penitentibus et confessis qui ad dictam ecclesiam quolibet die dominico usque ad festum Pascatis Resurrectionis octavam durantem, causa devotionis, accesserint et eis manus porrexerint caritatis de omnipotentis Dei misericordia, beatorum Petri et Pauli apostolorum eis centum dies de iniunta sibi penitentia in Domino misericorditer relaxamus. In cuius rei testimonium et certitudinem pleniorem presentes iuximus nostri sigilli appensione muniri.  Privilegiis autem post dictam octavam Pascatis annuatim presentibus minime valituris. Datum Camerini die ultima februarii sub anno Domini millesimo CCLXXXVI  indictione XIIII

 

1286.02.28: Indulto vescovile per elemosine al monastero

Rambotto per divina misericordia vescovo di Camerino saluta nel Signore tutti i fedeli cristiani che vedranno questa lettera. Se consideriamo, secondo il detto del sapiente, che il tempo deve essere seminato in modo meritorio e raccolto, noi dobbiamo seminare in terra a che si debba raccogliere nei cieli con qualche moltiplicato frutto; e benché, secondo lo stesso, siamo tenuti ad aprire il cuore caritatevole verso tutti i bisognosi, tuttavia ancor più spiritualmente e più abbondantemente siamo tenuti a farlo verso coloro che spontaneamente  e di spirito si sottopongono alla povertà. Pertanto poiché le figlie dilette in Cristo monache e  la badessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica della diocesi di Camerino, che, nel disprezzo dei piaceri mondani, scelsero di vivere nella comunione familiare con Dio aggiungendo una volontaria povertà,  hanno bisogno che i fedeli cristiani offrano piamente a loro l’aiuto caritatevole, esortiamo e preghiamo tutti voi nel Signore, a remissione dei vostri peccati, disponendo che eroghiate loro allo scopo graditi sussidi caritatevoli in modo che la vostra sovvenzione dia loro un sussidio e voi, a motivo di questa e di altre opere buone che farete ispirati dal Signore, possiate giungere alla gioia eterna della felicità. Noi infatti desideriamo che la predetta chiesa che è insignita del vocabolo della Beatissima, sia frequentata con onori ed a tale scopo rilasciamo per la misericordia di Dio onnipotente e dei beati apostoli Pietro e Paolo, 1’indulgenza di cento giorni sulla penitenza imposta nella confessione a coloro che, veramente pentiti, si recheranno per devozione alla chiesa predetta in qualsiasi domenica sino alla festa di Pasqua inclusa la sua ottava e faranno opere di caritatevole aiuto. A testimonianza e maggior certezza di ciò, abbiamo fatto munire il presente scritto con l’appendervi il nostro sigillo. Annualmente, il privilegio non avrà più efficacia dopo passata la detta ottava di Pasqua.

Data, a Camerino 28(=giorno ultimo) febbraio 1286 indizione quattordicesima.

 

1286 settembre 12

Viene nominato il procuratore del monastero matelicese e della badessa Mattia di S.M.M. per pagare una multa facendo un mutuo  di denaro.

 

In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem MCCLXXXVI indictione XIIII tempore domini Honorii pape, die XII intrantis septembris; actum in monasterio dominarum Sancte Marie Madalene de castro Mathelice, presentibus Yacobo Bevenuti de Sefre, Francisco Marclonis et Dominico Petri Fainde, testibus. Domina Macthia abadissa monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica, de consensu, presentia et voluntate Cristine, Annese, Iacobe, Margarite, Catarine, Adlummenate, Danielle, Gratiadeo, Deutame, Lucie, Vectorie, Cicilie Cristiane, Aurie, Jacopucze, Cicilie, Justine, Andree, Ogenia, domine Philippe, Ysaie, Simonecte, Philippucze, Amodee, Mactie, Guiducze, Bevenute, Ysabet, et Sperandee, monialium et sororum dicti monasterii nomine et vice dicti monasterii et conventus eiusdem, fecit, constituit et hordinavit fratrem Jacobum Ugolini presentem et recipientem, suu(m) et dicti monasterii legitimum sindicum, actorem, et procuratorem et nuntium specialem, ad recipiendum pro eis et eorum nomine et nomine et vice monasterii ante dicti et pro ipso monasterio, finem et quietationem et remissionem perpetuo valituram, a reverendo patre domino Rambocto camerinensi episcopo, de condemna(atione) L libris ravennat. et anconetan. facta per ipsum dominum episcopum de dicto monasterio nomine et occasione deguastationis quam ipsum monasterium fecit de monasterio Sacte Agathe et ad  pr(esentan)dum domini Jentili de Muralto vel Mussca(!) Savinelli, ex causa mutui vel depositi L librarum ravennat. et anconet. hinc  ad calendas octubris proxime venturas et ad dictum debitum confitendum coram dicto domino episcopo et ad preceptum de dicta quantitate recipiendum a dicto domino Rambocto camerinensi episcopo et ad supponendum se et ipsas abatissam et sorores excommunicastionis sententie per ipsum ferende contra sindicum, abatissam et sorores et ad supponendum monasterium ecclesiastico interdicto, si de dicta quantitate non saddisfecerint in termino memorato, et generaliter ad omnia et singula fatienda et exsercenda que in predictis et circa predicta viderit oportuna (promictens) quidquid per dictum dominum sindicum factum fuerit in predictis et quolibet predictorum, se ratum habiturum et gratum sub ypoteca et obligatione bonorum et rerum dicti monasterii.

Et ego Acto domini Jacobi notarius publicus rogatus scripsi et publicavi.

 

1286.09.12: Procura per una multa vescovile

Nel nome di Dio. Amen. Nel suo anno 1286, indizione quattordicesima, a tempo di papa Onorio IV, il giorno 12 di settembre entrante; redatto nel monastero delle donne di Santa Maria Maddalena del castello di Matelica, mentre erano presenti Giacomo Bevenuti da Sefro, Francesco Marcloni e Domenico Petri Fainde, come testimoni; donna Mattia badessa del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, con il consenso, la presenza e la volontà di Cristina, Agnese, Giacoma, Margherita, Catalina, Illuminata, Daniela, Graziadeo, Diotama, Lucia, Vittoria, Cecilia, Cristiana, Aurea, Giacomuccia, Cecilia, Giustina, Andrea, Eugenia, donna Filippa, Isaia, Simonetta, Filippuccia, Amedea, Mattia, Guiduccia, Benvenuta, Isabetta, e Sperandea, monache e suore del detto monastero, a nome e per conto del detto monastero e del suo convento, fece, stabilì e ordinò frate Giacomo Ugolini presente e ricevente come legittimo amministratore, attore e procuratore e nuncio speciale suo e del detto monastero, per ricevere per loro, a loro nome e a nome e per conto del detto monastero ed a favore dello stesso monastero, la conclusione e quietanza e condono validi in perpetuo, dal reverendo padre don Rambotto vescovo camerinese, riguardo alla condanna a cinquanta libbre ravennati e anconetane, fatta dallo stesso vescovo, riguardante il monastero nell’occasione e per la dismissione che lo stesso monastero fece nei riguardi del monastero di Sant’Agata; e per presentare al signor Gentile da Muralto canonico o a Mosca Savinelli, a motivo del mutuo o deposito di cinquanta libre ravennati ed anconetane, da ora al primo ottobre prossimo venturo, e per dichiarare questo debito di fronte al detto vescovo e a ricevere il precetto per detta quantità da detto don Rambotto vescovo camerinese ed a sottoporre sé, le stesse badessa e suore alla (minaccia di) scomunica da parte dello stesso contro il sindaco, la badessa e le suore ed a sottoporre il monastero all’interdetto ecclesiastico, qualora non soddisfacessero a detta quantità entro la ricordata scadenza; in generale a fare ed esercitare tutte e singole le cose che si considereranno opportune riguardo a quanto detto sopra. Promettono che tutto quello che verrà fatto dal predetto amministratore come sopra, lo riterrano  deciso e accettato sotto ipoteca ed obbligazione dei  beni e delle cose del monastero.

Ed io Atto(ne) del signor Giacomo notaio pubblico a richiesta ho scritto e pubblicato.

 

1286 settembre  13

Condono. Il vescovo di Camerino rilascia quietanza ed annulla altra condanna contro le monache del monastero matelicese di S.M.M.

 

In  nomine Domini. Amen. Anno Domini millesimo CCLXXXVI tempore domini Honorii pape quarti, Camerini in cappella palatii episcopatus; actum est die XIII mensis setembris, presentibus domino Gualterio priore Sancti Sebastiani de Camerino, domino Petro priore Sancti Jacobi de Muralto, magistro Ofredutio domine Amate, Corrado Johannis et Coradutio Domestici testibus de hiis vocatis et rogatis; venerabilis pater dominus Ramboctus camerinensis episcopus per se, suosque in posterum successores, nomine et vice camerinensis episcopatus, fecit finem, quietationem et remissionem perpetuo valituram fratri Jacobo Ugolini sindico monesterii Sante Marie Madalene de Mathelica, stipulanti et recipienti vice et nomine dicti monasterii de condepnatione (!) centum . . . /=librarum/ factam de ipso monasterio seu eius sindico Jacoputio domini Finaguerre, nomine et occasione violentie et excessus facti per ipsum monasterium et eius familiares, fautores et coadiutores contra monasterium Sancte Agathe site iuxta fossum Mathelice, prope ipsum monasterium Sancte Marie Madalene, cassando et cancellando idem dominus episcopus omnem condepnationem, sententiam et processum factam et factum contra dictum monasterium et ipsum Jacoputium eius sindicum vel quemcumque alium, nomine dicti monasterii Sancte Marie Madalene, et omnem promissionem ei vel alteri recipienti nomine suo factam de ipsa quantitate vel parte ispius, nomine dicti monasterii, et spetialiter promissionem factam per Jacobutium domini Finaguerre sindicum dicti monasterii, et spetialiter preceptum quod idem Jacobutius recepit de dicta quantitate L librarum solvenda,  scriptum manu magistri Nicolai de Auximo notarius et hoc ideo fecit dictus dominus episcopus pro eo quod habuit et recepit a dicto sindico dante et solvente nomine et vice dicti monasterii Sante Marie Magdalene et conventus eiusdem, et omnium suntorum dicti monasterii in excessu predicto quinquaginta libras ravennanorum et a(n)conetan. bonorum renuntians dictus dominus episcopus exceptioni non habitorum et non receptorum dictorum denariorum occasione predicta et omni iuris et legum auxilio; quam quidem quietationem et refutationem et omnia et singula supra et infra scripta promisit dictus dominus episcopus per se suosque in posterum successores predicto fratri Jacobo sindico dicti monasterii Sancte Marie Magdalene recipienti vice et nomine ipsius monasterii et conventus eiusdem et dicti Iacoputii domini (=dicti) monasterii sindici vel alterius sindici seu fautoris monasterii predicti sub pena dupli dicte quantitatis et obligatione et ypoteca bonorum dicti episcopatus.

Et ego Riccerius notarius publicus et nunc notarius dicti domini episcopi de predictis a dicto domini episcopo rogatus scripsi et publicavi meumque solitum fregium et nomen abposui(!).

 

1286.09.13: Quietanza di multa e condono

Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno del Signore 1286, a tempo del papa Onorio IV, a Camerino nella cappella del palazzo dell’episcopato; redatto il giorno 13 del mese di settembre, mentre erano presenti don Gualtiero priore di San Sebastiano di Camerino, don Pietro priore di San Giacomo di Muralto, mastro Offreduccio di donna Amata, Corrado di Giovanni e Corraduccio Domestici, come testimoni a ciò chiamati e richiesti; il venerabile padre don Rambotto vescovo di Camerino per sé ed i suoi successori, a nome e per conto dell’episcopato camerinese, fece la conclusione, la quietanza ed il condono da valere in perpetuo a frate Giacomo Ugolini amministratore del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, stipulante e ricevente a nome e per conto del detto monastero riguardo alla condanna di cento libbre, fatta dallo stesso monastero o al suo amministratore Iacopuccio del signor Finaguerra, in riferimento e per l’occasione della violenza e dell’esagerazione fatta da parte dello stesso monastero, suoi famigli, fautori e collaboratori, contro il monastero di Sant’Agata sito presso il fosso di Matelica in prossimità dello stesso monastero di Santa Maria Maddalena, cassando e cancellando lo stesso vescovo camerinese ogni condanna, sentenza e processo fatti contro il detto monastero e contro Jacopuccio suo amministratore o chiunque altro, a nome del detto monastero di Santa Maria Maddalena ed ogni promessa, se pure fatta al altra persona rivecente a suo nome, riguardo alla stessa somma o a parte di essa, a nome dello stesso monastero, in particolare la promessa fatta per mezzo di  Giacomuccio del signor Finaguerra, amministratore del detto monastero, inoltre specialmente il precetto che lo stesso Giacomuccio ricevette riguardo alla predetta somma di cinquanta libre da pagare, scritto per mano di mastro Nicola di Osimo notaio; pertanto il detto vescovo così fece per il fatto che ebbe e ricevette dal detto amministratore che ha consegnato e pagato a nome e per conto del detto monastero di Santa Maria Maddalena e del suo convento e di tutti i conti del detto monastero nella  predetta esagerazione, con cinquanta libre ravennati e anconetane.  Il detto vescovo rinuncia all’obiezione di denaro non avuto, non ricevuto, nell’occasione predetta, ed a ogni altro aiuto del diritto e delle leggi.  Il detto vescovo promise per sé e per i suoi successori promise a frate Giacomo, amministratore del detto monastero di Santa Maria Maddalena ricevente per conto ed a nome dello stesso monastero, e del suo convento e di detto Goacomuccio amministratore dell’altro monastero e di ogni altro suo fautore, che la presente quietanza e recusazione e tutte e singole le cose sopra scritte restano valide, sotto penalità del doppio di detta somma e con l’obbligazione e l’ipoteca dei beni del detto episcopato.

Ed io Riccerio notaio pubblico e ora notaio del detto vescovo, richiesto di scrivere le cose dette sopra dal detto vescovo, ho sottoscritto e pubblicato ed ho apposto il mio fregio e il mio nome.

 

1286 settembre 13

Bolla di unione. Il vescovo di Camerino unisce i due monasteri di Sant’Agata e S.M.M. confermando le decisioni prese dalla rispettive monache nel 1278, quand’era  badessa Mattia.

 

Ramboctus miseratione divina camerinensis episcopus, religiosis mulieribus abbatisse et conventui monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica, salutem in Domino. Cum a vobis petitur quod est iustum, tam vigor equitatis quam ordo exigit rationis ut item per solicitudinem nostri offitii ad debitum perducatur effectum. Eapropter, dilecte in Christo, vestris piis subplicationibus inclinati, unionem, obligationem, submissionem, promissionem, dationem seu concessionem factam per priorissam seu abbatissam vel moniales loci Sancte Agathe siti prope Mathelicam, considerata vicinitate et paupertate predicti loci Sancte Agathe, in quo moniales ibidem stantes observare non poterant continentiam regularem, prout in istrumentis inde confectis manu Morici de Fabriano notarii plenius continetur, cuius tenorem ad maiorem certitudinem et firmitatem de verbo ad verbum duximus inserendum.

In  nomine Domini. Amen. Anno eiusdem millesimo ducenteximo septuageximo octavo, indictione sexta, tempore domini Nichole pape tertii, die septima martii, actum Mathelice, in  monasterio  Sancte Marie Madalene presentibus Frederico domini Alberti, donno Accurso plebano plebis Mathelice, Verleutio domini lacobi de Eugubio et domino Finaguerra domini Albricii et Corradutio Bartoli testibus; Jacoputia magistri Gentilis, Amadea, Humilis, Cicilia, Lucia et Angelutia sorores vel moniales ac converse Monasterii sive loci Sancte Agathe de Mathelica, unanimiter et concorditer submiserunt se et eumdem locum cum bonis ad ipsum locum pertinentibus monasterio Sancte Marie Madalene de eadem terra et domine Macthie abbadisse ejusdem monasterii Sancte Marie recipienti nomine ipsius monasterii Sancte Marie et promiserunt ipsi abbatisse predicti monasterii Sancte Marie Madalene obedientiam et reverentiam, paupertatem et castitatem et observare regularia instituta predicti monasterii et quod predicta domina abbatissa possit ponere moniales et sorores in dicto loco Sancte Agathe et removere; cum dicte sorores Sancte Agathe videant et cognoscant se non posse honeste vivere in dicto loco Sancte Agathe in quo morantur, cum sit contra formam privilegiorum Sancte Marie Madalene et cum non possint in dicto loco Sancte Agathe regulariter vivere, dederunt et concesserunt pro redemptione peccatorum suorum dicte domine Mathie abbatisse ibidem presenti et recipienti nomine et vice dicti monasterii Sancte Marie Madalene et conventus ejusdem, plateam et territorium prope Castrum Mathelice, a primo(1) via, a secundo fossus Communis, a tertio filii quondam magistri Mathei et a quarto via, cum domibus, edificiis et cum omnibus et singulis que infra predictos continentur confines et cum omnibus aliis juribus et actionibus que ubicumque dictus locus et ipse sorores coniunctim vel divisim habent vel habere possent modocumque vel causa,   revocantes   seu cassantes omnem sindicum seu procuratorem et specialiter Salimbene Compagnionis et Sinibaldum   Massei   pro parte dicti loci et sororum Sancte Agathe factum(2) contra dictum monasterium Sancte Marie Madalene, et renuntiantes interlocutorie et interlocutoriis, si que usque ad presens tempus late sunt contra   dictum   monasterium Sancte Marie Madalene, (3) occasione muri et edifìtii quod edificabatur in dicto loco (et) scitu contra formam privilegiorum dicti monasterii Sancte Marie Madalene, constituentes se nomine dicti monasterii et dicte domine Mathie possidere predictum territorium et casarenum et domus et edifitia; et dederunt licentiam et plenariam potestatem predicte domine Mathie recipienti pro dicto monasterio auctoritate propria accipiendi possessionem dictorum bonorum et de heisdem(4) faciendi quod eis(5) videbitur, promittentes rata et firma habere perpetuo et damna(6) et expensas reficere sub obligatione bonorum dicti loci Sancte Agathe et non contrafacere vel venire contra predicta vel aliquod predictorum per se vel alium sub dicta pena, qua soluta vel non, rato manente contractu. Et ego Moricus de Fabriano, imperiali auctoritate notarius, hiis interfui, rogatus scribere scripsi et publicavi.

Quam submissionem, dationem, concessionem, promissionem et unionem et omnem aliam per abbatissam seu priorissam dicti loci  Sancte Agathe vel moniales loci ejusdem abbatisse seu sindico dicti monasterii Sancte Marie Madalene factam, prout reperitur manu dicti magistri Morici de Fabriano, ex certa scentia confirmamus, et si quis in dicta unione, submissione, datione, seu concessione reperitur defectus, nostra ordinaria auctoritate subplemus et loca predicta unimus.

Nulli ergo omnino hominum liceat hanc paginam nostre unionis et confirmationis infringere vel ei auso temerario contraire. Si quis autem hoc adtentare presunserit, indignationem omnipotentis Dei, et Beate Marie Virginis et beatorum Apostolorum Petri et Pauli et sanctorum Venantii martyris et Ansoini confessoris se noverit incursurum; in cujus rei testimonium et certitudinem pleniorem presentes licteras per Riccerium notarium nostrum scribi et publicari mandavimus et nostri sigilli appensione muniri. Actum et datum Camerini in cappella palatii episcopatus sub annis Domini MCCLXXXVI, Inditione XIIII, tempore Dni Honorii pape quarti, die XIII mensis setembris, presentibus donno Petro priore Sancti Iacobi de Muralto, donno Gualterio priore Sancti Sebastiani, magistro Ofredutio Notario, Corrado lohannutii, et Corrado Domestici, testibus de hiis vocatis et rogatis. Et ego Riccerius de Camerino notarius publicus, ac nunc notarius dicti domini episcopi, predictis omnibus presens interfui et a dicto domino episcopo rogatus et ejus auctoritate, scripsi ac publicavi, meumque solitum signum  ac nomem abposui.

Note di confronto tral la copia 1286 e il frammento 1278: (1) Vedi 1278: parole di inizio del frammento; (2) manca “factum” nel frammento; (3) il frammento aggiunge pro dicto loco; (4) nel frammento senza “h”; (5) nel frammento eisdem; (6) nel frammento dampna

 

1286.09.13: Bolla vescovile di unione di due monasteri

Rambotto, per divina misericordia, vescovo di Camerino, saluta nel Signore le religiose donne, badessa e convento del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica. Di fronte alla richiesta da voi giustamente presentataci, tanto la forza dell’equità, quanto l’ordine razionale esigono che ciò giunga al dovuto effetto con la nostra sollecitudine. Pertanto, o dilette in Cristo, confermiamo l’unione, l’obbligazione, la sottomissione, la promessa, la donazione o cessione fatta ad opera della prioressa o badessa e monache del luogo di Sant’Agata sito presso Matelica, dopo aver considerato la vicinanza e la povertà del predetto luogo di Sant’Agata, in cui le monache ivi dimoranti non potevano osservare la regolare continenza, come risulta più chiaramente dal documento redatto dal notaio Morico da Fabriano il cui contenuto viene qui inserito parola per parola a motivo della maggiore certezza e stabilità.

( QUI IL TESTO DEL DOCUMENTO 7 MARZO 1278 = vedilo  a questa data)

Conosciamo con pienezza di scienza la sottomissione, la donazione, la cessione, la promessa, l’unione e ogni altro impegno verso la badessa ed verso l’amministratore del detto monastero, nell’atto scritto da mastro Morico da Fabriano, deciso dalle monache del detto luogo di Sant’Agata e confermiamo tutto; e se in tale atto si trovasse qualche difetto, suppliamo con la nostra ordinaria autorità e uniamo i predetti luoghi delle religiose.

Non sia lecito a nessuna persona violare questo nostro atto di unione e di conferma, né contrastarlo con temerario ardire. Se qualcuno userà la presunzione di tentarlo, sappia che incorre nell’indignazione dell’onnipotente Dio, della beata Vergine Maria, dei beati apostoli Pietro e Paolo, dei santi Venanzo martire ed Ansovino confessore.

Su nostro ordine il notaio Riccerio, nostro redattore, scrive e rende pubblica la presente lettera e la consolida con l’apporvi il nostro sigillo per maggior fede e certezza. Redatto e dato a Camerino, nella cappella del palazzo dell’episcopato, nell’anno del Signore 1286, indizione XIV, a tempo del papa Onorio quarto, il giorno 13 settembre, alla presenza di don Pietro priore di San Giacomo di Muralto, don Gualtiero priore di San Sebastiano, mastro Offreduccio notaio, Corrado di Giovannuccio e Corrado di Domestico, testimoni chiamati per l’atto.

Ed io Riccerio da Camerino, pubblico notaio, ora notario del detto vescovo, presente a tutto ciò, su richiesta del vescovo, scrissi per sua autorità, sottoscrissi e pubblicai l’atto in cui apposi il mio sigillo consueto ed il mio nome.

 

1286 novembre 20

Viene nominato il procuratore del monastero matelicese e della badessa Mattia di S.M.M. per prorogare il pagamento del residuo di una multa.

 

In Dei nomine. Amen. In anno Domini millesimo CCLXXXVI indictione XIIII tempore domini Honorii pape IIII die XX mensis novembris, actum in monasterio Sancte Marie Maddalene(!) de Matelica, presentibus Albrico Jacobi Bruti, Matheo molenario, et Iohanne de Fulgineo testibus ad hec et de hiis vocatis et rogatis; domina Mathia abbatissa monasterii Sancte Marie Maddalene de Matelica, cum consensu et voluntate vel consenso et presentia et voluntate Cristine, Annese, Jacobe, Margarite, Catarine, Allumminate (!), Danielle, Gratiadee, Deutame, Lucie, Vectorie, Cicilie, Christiane, Aurie, Jacoputie, Cicilie, Justine, Andree, Eugenie, domine Philippe, Isaie, Simonette, Philipputie, Amadee, Mathie, Guidutie, Benvenute, Isabette et Sperandee monialium et sororum vel consororum dicti minasterii, nomine ac vice dicti monasterii et capituli et conventus ibidem more solito congregati, eiusdem ipsum capitulum totum et conventus fecit ac constituit et ordinavit vel ordinaverunt, fecerunt et constituerunt concorditer dompnum Erricum Guarnerii presentem et recipientem suum vel earum et dicti monasterii legitimum sindicum actorem et procuratorem et nunctium spetialem ad presentandum se et comparendum pro eis et eorum nomine et vice dicti monasterii et pro ipso monasterio et conventu eiusdem coram reverendo viro et patre domino Rambocto camerinensi episcopo ad petendum et recipiendum ac postulandum terminum solvendi XIII libras ravennates et anconetanas quas solvere debent et dare tenentur pro residuo debiti et condem(natio)nis L libras ravennates et anconetanas facta per ispum dominum episcopum de dicto monasterio et contra dictum monasterium nomine et occasione deguastationis monasterii Sanche Agathe facte per ipsum monasterium Sancte Marie predictum in festo proxime venturo Sancti Andree in longiorem terminum et ipsum terminum prorogari ad sensum et voluntatem ac mandatum ipsius domini episcopi et ad (confitendum) et promictendum solvere ipsum debitum in termino per eundem dominum episcopum statuendum tam domino Gentili de Muralto quam Musce Savinelli quibus solvere promiserant sindicus ipsius monasterii Sancte predicte Marie vel alteri sicut fuerit oportunum et placuerit ipsi domini episcopo alias creditoribus prelibatis ex causa depositit vel mutui  et ad subpondendum se et dictam abbatissam et consorores excommunicationi sententie per ipsum ferende contra sindicum, abbatissam et sorores et ad subponendum monasterium prelibatum ecclesiastico interdicto si dictam quantitatem non solveret vel non solvet in termino prelibato et ad quietationem, finem, liberationem et absolutionem perpetue valituram recipiendum et ad omnia et singula fatiendum et exercendum que in predictis et circa et extra predicta et infra predicita seu occasione eorum generaliter et specialiter que viderit expedire et fuerit oportuna promittens vel promittentes mihi notario infrascripto pro omnibus quorum interest vel intererint sollepniter stipulanti quicquid per dictum sindicum factum fuerit et promissum in predictis et circa et extra et infra predicta et quelibet predictorum et occasione eorum se ratum et firmum habere sub hipothecha rerum et bonorum dicti monasterii.

Et ego Salinbene domini Sinibaldi publicus notarius predictis omnibus interfui rogatus ut supra legitur scripsi et publicavi.

( Aggiunto in calce) Fiat instrumentum de punto ad puntum secundum instrumentum scriptum manu magistri Voti mutato nomine domini Gentilis  etiam Dominico Francisci.

 

1286.11.20: Procura per il residuo di una multa

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1286, indizione quattordicesima, a tempo del papa Onorio IV, il giorno 20 del mese di novembre, redatto nel monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, mentre erano presenti Albrico di Giacomo Bruti, Matteo mugnaio e Giovanni da Foligno, come testimoni per questo e su questo chiamati e richiesti; Donna Mattia badessa del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica con il consenso e la volontà o con il consenso, la presenza e la volontà di Cristina, Agnese, Giacoma, Margherita, Caterina, Illuminata, Daniela, Graziadea, Diotama, Lucia, Vittoria, Cecilia, Cristiana, Aurea, Giacomuccia, Cecilia, Giustina, Andrea, Eugenia, donna Filippa, Isaia, Simonetta, Filippuccia, Amedea, Mattia, Guiduccia, Benvenuta, Isabetta e Sperandea, monache e suore o consorelle del detto monastero, a nome e per  conto del detto monastero e del capitolo e del convento riunito ivi al modo solito,  tutto lo stesso suo capitolo ed il convento fece, stabilì ed ordinò od ordinarono, fecero e stabilirono concordemente il signor Enrico di Guarnerio presente e ricevente, come legittimo amministratore, attore e procuratore e nunzio speciale suo, di esse e del detto monastero, a presentarsi e comparire per esse e a loro nome e per conto del detto monastero e a favore dello stesso monastero e del suo convento, di fronte al reverendo uomo e padre don Rambotto vescovo camerinese, per chiedere e ricevere e presentar domanda di un termine (di scadenza) per pagare 14 libre ravennati e anconetane che debbono pagare e sono tenute a dare per il residuo del debito e della condamma di 50 libre ravennate e anconetane, fatta dallo stesso vescovo riguardo al detto monastero e contro detto monastero, per motivo e in occasione della dismissione del monastero di Sant’Agata, fatta da parte dello stesso monastero predetto di Santa Maria;  in un termine (di scadenza) nella festa di sant’Andrea, o più lontano e prorogare il termine a disposizione, volontà, ed ordine dello stesso vescovo, ed a dichiarare e promettere di pagare lo stesso debito, entro il termine che dovrà esser stabilito dallo stesso vescovo  tanto per il signor Gentile di Muralto, quanto per Mosca Savinelli, come l’amministratore dello stesso monastero della detta Santa Maria o altro aveva promesso di pagare e come sarà opportuno e piacerà allo stesso vescovo o diversamente per i creditori scelti a causa del deposito o mutuo, ed a sottoporre se stesso, la detta abbadessa e le consorelle alla ‘minaccia’ di sentenza di scomunica per la cosa stessa, da fare contro l’amministratore, la badessa, e suore, e a sottoporre il monastero all’interdetto ecclesiastico, qualora non pagassero o non pagheranno nel termine scelto, ed a ricevere la quietanza, la conclusione, la liberazioe e l’assoluzione che avranno valore perpetuo, ed a dover fare  ed esercitare tutte quelle e singole che riguardo a quanto detto, anche al di fuori ed in occasione di ciò, in generale ed in particolare, considererà da fare e sarà opportuno. Promettono a me notaio sottoscritto, stipulante solennemente per tutti quelli che sono o saranno interessati, tutto ciò che verrà fatto e promesso dallo stesso amministratore nelle cose dette prima, riguardo ad esse, dentro e fuori di esse e di ciascuna ed in occasione di esse, lo considerano deciso e stabile, sotto ipoteca delle cose e dei beni del detto monastero.

Ed io Salimbene del signor Sinibaldo pubblico notaio fui presente a tutte queste cose e, come sopra sopra si legge, scrissi e pubblicai.

(di altra mano aggiunta coeva) Si faccia l’istrumento puntualmente scritto per mano di mastro Voto, cambiando il nome del signor Gentile, anche a Domenico di Francesco.

 

1287 settembre 26

Viene nominato il procuratore del monastero matelicese e della badessa Mattia di S.M.M. per presentare appello contro i frati agostiniani riguardo ai beni del signor Matteo

 

In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem MCCLXXXVII indictione XV Romana Ecclesia vacante pastore, die XXVI septembris, actum Mathelice in monasterio Sancte Marie Madalene presentibus magistro Percivalo olim de Cesena, Janne eius filio et Ver(luti)o domini Jacobi, testibus de hiis vocatis et rogatis. Congregato capitulo monasterii Sancte Marie Madalene de castro Mathelice, camerinensis diocesis; in quo quidem capitulo domina Mathelda abbatissa dominarum supradicti monasterii una cum expresso consensu et voluntate  omnium suarum consororum in dicto monasterio existentium, scilicet Annese, Margarite, Isabecte, Cristine, Danielis, Lucie, Andre, Cataline, Deutame, domine Christiane, Jacobutie, Johanne, Macthiole, Victorie, Isaie, Alluminate et aliarum monialium et sororum in dicto monasterio existentium et ipse sorores omnes unanimiter et concorditer fecerunt, constituerunt et ordinaverunt dompnum Erricum de Sancto Severino et fratrem Jacobutium conversum dicti  . . . . /=monasterii/ earum et dicti monasterii legitimos sindicos et procuratores, actores et defensores et nuntios spetiales ad presentandum se pro eis et ipsarum nomine et vice dicti monasterii et conventus eiusdem coram venerabili patre domino Rambocto camerinensi episcopo eiusque curia coram iudice spirituali in Marchia pro romana et coram iudicibus generalibus dicte Ecclesie temporalibus et coram quoque alio iudice competenti spetialiter et generaliter tam temporali quam spirituali pro causis, litibus et questionibus quas ipse domine et dictum monasterium habent et habere sperant cum fratribus Sancti Augustini, occasione bonorum domini Mathei domini Sinibaldi, cum dompno Vitaliano Albricitii, occasione dictorum bonorum dicti domini Mathei eorumque procuratoribus spetialiter et generaliter cum omnibus aliis hominibus et personis ubique locorum cum quibus predicta domina abbatissa et dicte domine et monasterium supradictum litem et questionem haberent vel habeant in antea ex quacumque de causa ad agendum et defendendum, ad libellum dacendum(!) et recipiendum, terminum et terminos ponendum, litem et lites contestandum, de calunnia iurandum, testes et probationes et instrumenta introducendum, testes et probationes averse partis audiendum et re(spon)dendum, exceptiones et replicationes opponendum, ad comunicandum et compromictendum, quietandum et remictendum, de calunia iurandum in anima predictarum dominarum et ad excusandum se ipsas, ipsarum dominarum et nomine dicti monasterii ab accusis et denuntiationibus factis et fatiendis dictis dominabus vel alicui ipsarum et dicto monasterio vel alicui pro dicto monaterio et dacendum fideiussionem et ad promictendum ipsos et quemlibet ipsorum conservandum indempnes sub dicta pena bonorum dicti monasterii, sententiam sive sententias audiendum, appellandum et prosequendum si opus fuerit, et generaliter ad omnia alia et singula fatienda et exercenda que in predictis, circa et extra predicta et quolibet predictorum necessaria vel utilia fuerint et dictis sindicis et procuratoribus facere et exercere videbuntur et placebit et que merita causarum requirunt solleniter promictentes predicta domia abbatissa et predicte sorores nomine et vice dicti monasterii et conventus eiusdem se se(!) ratum et firmum habere et tenere quidquid per predictos sindicos et procuratores vel alterum ipsorum factum et dictum fuerit in predictis circa et extra predicta et quolibet predictorum tum sub ypoteca et obligatione bonorum et rerum dicti monasterii volendo ipsos et quemlibet ipsorum reservare ab honere satidationis promiserunt mihi notario infrascripto pro eis quorum intererit sollenniter stipula(nti) de iuditio sisti et iudicatum solvendum.

Et ego Leva Boneiunte de Mathelica notarius predictis omnibus interfui rogatus supra scripta omnia subscripsi et publicavi.

 

1287.09.26: Procura per appello sui beni del signor Matteo

Nel nome di Dio. Amen. Nel suo anno 1287, indizione quindicesima, in tempo di sede romana vacante del pastore, il giorno 26 settembre, redatto a Matelica, nel monastero di Santa Maria Maddalena, mentre erano presenti mastro Percivalo un tempo da Cesena, Giovanno suo figlio e Ver(l)utio del signor Giacomo, come testimoni  richiesti ed a ciò chiamati. Quando si è riunito il capitolo del monastero di Santa Maria Maddalena del castello di Matelica, diocesi di Camerino,  donna Mattia badessa delle donne del detto monastero, con l’espresso consenso e la volontà di tutte le sue consorelle esistenti in detto monastero, cioè Agnese, Margarita, Isabetta, Cristina, Daniela, Lucia, Andrea, Cat(erina), Deutama, donna Cristiana, Jacobuccia, Giovanna, Mattiola, Vittoria, Isaia, (I)lluminata e delle altre monache e suore esistenti in detto monastero, e le stesse suore concordemente a voce unanime fecero, stabilirono ed ordinarono don Enrico da San Severino e frate Giacomuccio converso del detto monastero, come legittimi amministratori, sindaci e procuratori, attori e difensori e nunzi speciali loro e del detto monastero, per presentarsi per esse e a nome delle stesse e a nome e per conto del detto monastero e del suo convento, di fronte al venerabile padre don Rambotto vescovo di Camerino ed alla sua curia, di fronte al giudice spirituale della Marca per la Chiesa romana e di fronte ai giudici generali della detta Chiesa e temporali (cioè per beni materiali) e di fronte a qualsiasi altro giudice competente, in modo speciale e generale sia spirituale che temporale, per le cause, liti e questioni che le stesse donne e il loro monastero hanno o pensano avere con i Frati di Sant’Agostino, ad occasione dei beni del signor Matteo del signor Sinibaldo, con don Vitaliano di Albricuccio, ad occasione dei beni del detto signor Matteo e dei suoi procuratori in modo speciale e generale con tutti gli altri uomini e persone in ogni luogo con i quali la stessa donna badessa e le dette donne e il sopra detto monastero avessero lite e questione o ne avranno poi per qualunque causa, per agire e difendere, dare e ricevere il libello, ricevere un termine e porre termini, contestare la lite e le liti, giurare riguardo alla calunnia, introdurre testimoni, prove e strumenti, ascoltare i testimoni e le prove della parte avversa e rispondere , opporre eccezioni e repliche, per comunicare e far compromessi, far quietanza e remissione, giurare circa la calunnia sull’anima delle donne (monache) dette e a nome dello stesso monastero dalle accuse e denunce fatte e da fare alle dette donne e a qualcuna di esse e al detto monastero o a qualcuno per esso monastero, e a dare fideussione, a fare compromessi, a mantenerli sotto la già detta pena dei beni del monastero, ad ascoltare la sentenza o le sentenze, a fare appello e proseguire, se fosse necessario, e generalmente a dover fare ed esercitare tutte e singole le cose  che per quanto detto sopra, e fuori di ciò e qualsiasi cosa, saranno necessarie o utili come i detti amministratori e procuratori vedranno e vorranno e che sono richieste nel merito delle cause. La badessa e le suore prima dette a nome e per conto del detto monastero e del suo convento  promettono solennemente che considerano deciso e stabile e  mantengono tutto ciò che gli amministratori e procuratori, o uno di loro, faranno e diranno riguardo delle cose dette sopra ed a ciascuna di esse, sotto ipoteca e obbligazione dei beni e delle cose del detto monastero e vogliono che essi e ciascuno di essi sia esente dall’onere di soddisfare e promisero, a me notaio sottoscritto stipulante solennemente per esse e per quanti sono interessati, che si asterranno dal giudizio e che adempiranno le cose giudicate.

Ed io Leva Bonagiunta di Matelica, notaio, fui presente a tutte le cose predette e richiesto riguardo a tutte le cose scritte sottoscrissi e pubblicai.

 

1287 dicembre 10

Viene nominato il procuratore del monastero matelicese e della badessa di S.M.M. per una causa riguarante i beni di suor Francesca Bulgarelli.

 

In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem millesimo CCLXXXVII indictione XV romana Ecclesia pastore vacante die X intrentis decembris; actum in castro Mathelice in ecclesia Sancte Marie Madalene de Mathelica, Jacobutio Accursi Altemilie ma(gistro) . . . nallo . . .rfo(lin)o et fratre Vitale, testibus ad haec vocatis e t rogatis; congregato capitulo monesterii dominarum Sancte Marie Madalene de dicto castro, una cum expresso consensu et voluntate omnium suarum consororum et fratrium(!) et conversorum (in dicto) capitulo existentium, silicet Iustine, Agnese, (Margarite), Andree, Cataline, Deutame, Ysabet, Lucie, (Daniele), domine Crestine, Alluminate, et Iacubutie, Amadei, Philipputie, Agate, Scicil(i)e, Iustine, Guidutie, monalium dicti monesterii et conversorum et familiarium eiusdem monesterii et ominum aliarum monialium et sororum in dicto monesterio existentium et ipse sorores omnes et confratres supradicti monesterii unanimiter et concorditer fecerunt, constituerunt, ordinaverunt et creaverunt fratrem Iacobum domini Scamnis et fratre Iacobutium, conversos dicti monesterii, presentes, et Anibali (domini) Scangni de Cammereno(!) absentem earum et supra dicti monesterii sindicos legitimos, actores et defensores, procuratores et nunctios (spetiales) et quam melius de iure censeri possunt, ad representandum se, pro eis et eorum nomine et nomine et vice dicti monesterii et conventus eiusdem, coram reverendissimo viro et domino Ranbocto episcopo Camerinensi eiusque Curia et auditore et vicario ipsius dicti episcopi et genereliter coram quolibet alio iudice tam temporali quam spirituali in causa seu causis quam et quas dictum monesterium et ipse sorores habent et habere possent e habere sperant cum sorore Francesca filia condam domini Burgarelli vel cum eius procuratore, actore, factore et qualibet alia persona tam temporali quam spirituali, ad respondendum prefate Francess(c)e vel suo procuratori et omnibus aliis presonis temporaliter et spiritualiter coram supra venerabili patre domino Rambocto eiusque curia tam temporalibus quam spiritualibus tam ecclesiasticis quam seculariis, tam civilibus quam criminalibus, ad libellum dandum et recipiendum, termino seu terminis ponendum et recipiendum et ordinandum et prorogandum litem seu lites contestandum, de calumpnia respondendum seu de veritate dicendum, exceptionibus opponendum, positiones faciendum et positionibus adverse partis respondendum, testes et instrumenta et iura dicti monesterii introducendum, iuramenta adverse partis videndum, haudiendum et reprobandum si opus fuerit, protestandum, fatiendum, suffectos dandum . . . . /=sententiam/   seu sententias dandum, audiendum et recusandum, ad appellandum a quolibet alio gravamine ipsi monesterio illa(to) vel inferendo vel sibi sindico nomine dicti monesterii et ad (omnem) appellationem prosequendum et commictendum, impetrandum et contra(dicendum) et generaliter ad omnia alia fatiendum et singula ex(ercendum) que in predictis et circa predicta et quo(d)libet predictorum necessaria fuerint, oportuna et que merita causarum dessiderant et requirunt, et que ipsa domina abbatissa, capitulum et conventum ipsius et predicte sorores et conversi nomine dicti monesterii facere et exercere possent, sollepniter promictentes prefata abbadissa et predicte sorores et fratres nomine et vice ipsius monesterii et conventus eius, omne se ratum et firmum habere adque tenere quidquid per dictos sindicos vel procuratores factum fuerit de predictis et quolibet predictorum sub ypoteca et obligatione bonorum et rerum predicti monesterii.

Et ego Thomas Scangni notarius publicus predictis omnibus interfui ut supra legitur rogatus scripsi et publicavi.

 

1287.12.10: Procura per una vertenza sui beni di suora Francesca

Nel nome di Dio. Amen. Nel suo anno 1287, indizione quindicesima, quando la Chiesa romana era vacante del pastore, il giorno 10 del mese di dicembre entrante; redatto nel castello di Matelica nella chiesa di Santa Maria Maddalena di Matelica, alla presenza dei testimoni richiesti ed a ciò chiamati, Giacomuccio di Accursio Altemelie; mastro (Ra)nallo, (Pe)rfolino(?) e frate Vitale; dopo riunito il capitolo del monastero delle donne di Santa Maria Maddalena del detto castello, insieme con l’epresso consenso e con la volontà di tutte le sue consorelle e dei frati e dei conversi esistenti nel detto capitolo, cioè Giustina, Agnese, Margherita, Andrea, Catalina, Diotama, Isabetta, Lucia, Daniela, donna Cristina, (I)lluminata, Giacomuccia, Amedea, Filippuccia, Agata, Cecilia (Sicilia), Giustina, Guiduccia, monache del detto monastero ed i conversi e famigli del detto monastero e di tutte le altre monache e suore esistenti in detto monastero e le stesse sorelle tutte e frati del sopradetto monastero, in modo unanime e concorde, fecero, stabilirono, ordinarono e crearono i presenti frate Giacomo del Signor Scanno e frate Giacomuccio conversi del detto monastero, ed Annibale del signor Scanno da Camerino assente, come legittimi amministratori, attori e difensori, procuratori e nunzi speciali e come meglio si comprende secondo il diritto, per presentarsi per loro ed a loro nome e per conto del detto monastero al signor don Rambotto vescovo di Camerino ed alla sua curia e al vicario uditore dello stesso vescovo e in generale di fronte a qualunque altro giudice sia temporale che spirituale, nella causa o nelle cause che il detto monastero e le stesse suore hanno e pensano di avere con suora Francesca figlia del defunto signor Bulgarello o con il procuratore, attore, fattore di lei e qualunque altra personalità tanto temporale che spirituale, per rispondere alla predetta Francesca o al suo procuratore e a tutte le altre persone e cose temporali e spirituali, ecclesiastiche e secolari, civili e penali, a dare il libello e riceverlo, e stabilire il termine o le scadenze, a ricevere, ordinare e prorogare, a contestare la lite o le liti, a rispondere di calunnia o dover dire la verità, ad opporre eccezioni, far posizioni e rispondere alle posizioni della parte avversa, ad introdurre testimoni, documenti e diritti del detto monastero, ad udire i giuramenti della parte avversa e rifitare, se sarà necessario, a protestare, agire, dare le deliberazioni o sentenze, ascoltare e recusare, fare appello per ogni impegno gravoso dato o da dare al detto monastero o allo stesso amministratore a nome del detto monastero, ed a proseguire ogni appello, a dar commissione, richiedere, obiettare e generalmente a dover fare ed esercitare ogni altra e singola cosa che per le cose e sulle cose dette sopra e in ciascuna di esse sarà opportuna e che i meriti delle cause comportano e richiedono e che la stessa badessa e il capitolo e il convento dello stesso monastero e le dette suore e i conversi, a nome del detto monastero potrebbero fare ed esercitare.  La detta abbadessa, le dette suore e i frati a nome e per conto dello stesso monastero e del suo convento promettono solennemente che terranno deciso e stablito e manterranno qualunque cosa sarà fatta dal detto amministratore o procuratore riguardo a tutte e ciascuna delle cose dette prima, sotto l’ipoteca e l’obbligazione dei beni e delle cose del detto monastero.

Ed io Tomasso Scagni notaio pubblico fui presente alle cose dette prima e richiesto scrissi come si legge sopra e lo pubblicai.

 

1292 febbraio 2

In due atti notarili, il monastero matelicese con la badessa Mattia  fa  il pagamento  di un  muro  della chiesa di S.M.M. cedendo la proprietà di un terreno.

 

In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem MCCLXXXXII indictione V tempore domini Niccholai(!) papa quarti, die secunda mensis februarii; actum (in) castro Mathelice, in ecclesia Sancte Marie Madalene coram Benenutio (Sin)tardi, Entendi Salimbene Fulcarelli et Levutio Venture, testibus ad hoc vocatis et rogatis, Yuanus domini Scangni sindicus monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica nomine et vice ipsius monasterii et convenctus eiusdem, sindicario nomine eiusdem monasterii et convenctus de quo syndicatu mihi Bonaventure notario infrascripto plene constitit evidenti et occulata fide et presente, consensiente et volente domina Matthia abbatissa et convenctus dicti monasterii Sancte Marie Madalene per se in posterum suosque successores in dicto monasterio dedit et tradidit, cessit atque mandavit Petrono Rainaldi Bone pro se suisque heredibus sollempniter stipulanti iure proprio et ad proprium et in perpetuum, terram dicti monasterii positam in districtu Mathelice in loco qui dicitur Cretaiolum iusta hec latera, a primo ipse Petronus, a secundo L(e)v(o)nus Aiudi, a tertio uxor et filii Jacopelli d(e) (Fanti)linis et filii Jacobi Val(ent)ini, a quarto via; ad habendum, tenendum et possidendum (omne(?) et quicquid sibi et suis heredibus deinceps placuerit pepetuo faciendum cum omnibus et syngulis que infra predictos continentur confines vel alios si qui forent cum accessibus et egressibus suis usque in vias publicas et cum om(ni) iure (auctoritate) usu seu requisitione sibi et dicto monasterio et huic rei competenti et competitura pro eo quod dictus Petronus fecerat, muraverat unam cannam muri de cantis et de cementis bonam et sufficientem in fabbrica muri et ecclesie dicti monasterii valens quantum dicta terra valet et ultra, renuntians idem Yuanus sindicus in hoc facto exceptioni in eadem ecclesia non constructi dicti muri et excepti(oni) doli in factum . . . .tioni, condictioni sive causa et ex inniusta causa et deception(e) val. . .(oris) dimidium iusti precii et valoris dicte terre et omnibus aliis iuribus et exceptionibus et actionibus dicto monasterio competentibus et competituris in predictis et omni legum et iuris cannonicis auxilio quam rem idem syndicus nomine dicti Petroni constituit possidere donec eidem rei possessionem acceperit corporalem seuapprehendere quandocumque; in quam intrand(i) sua auctoritate quandocumque ei placuerit sibi licentiam et potestatem omnimodam contulit atque dedit absque alicuius iudicis vel rectoris licentia et auctoritate, lege vel statuta seu constitutione aliqua non obstante quibus dictus syndicus sponte re(nuptians); quam rem prefatus syndicus nomine et vice ipsius monasterii et conventus eiusdem per se suosque in posterum successores tam rei quam iuris eidem Petrono pro se suisque heredibus sollempniter stipulanti promisit et convenit nomine dicti monasterii semper perpetuo legict(ime) defendere, auctorizare atque disbri(g)are in quolibet foro, iudicio ecclesiastico et seculari et contra omne collegium, pesona(m) et universitatem, expensis, salariis et advocatis eiusdem monasterii ab initio litis usque ad finem cause sub pena dupli extimationis dicte rei pro tempore quo plus valuerit vel melliorat(a) fuerit vicissim inter eos et (versa) vice solempni stipulatione promissa et obligatione bonorum et rerum dicti monasterii nec contra predicta vel aliud predictorum per se vel alios aliquando facere vel venire aliqua ratione vel causa et omnia dampna et expensas ac interesse reficere; qua pena soluta vel non, predicta omnia et singula firma et rata semper nichilominus perseverent, etcetera.

Et ego Bonaventura magistri Benvenuti notarius publicus predictis omnibus interfui rogatus subscripsi et publicavi.

(Altro atto nella stessa pergamena, per lo stesso fatto, con  diversità fonetiche)

=1292 febbraio 2

 

In Dei nomine. Amen. Anno eiudem MCCLXXXXII indictione V tempore domini Niccholay(!) pape quarti et die secunda mensis februarii; actum in castro Mathelice in ecclesia monasterii Sancte Marie Madalene; coram Benvenuto Syntardi,  Entendi Salimbene Fulcarelli et Levutio Venture testibus ad hec vocatis et rogatis; domina Mathia abbatissa monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica, una cum consensu et voluntate sororum suarum, conversorum ac familiarium suorum, convocatis et congregatis de mandato dicte domine abbatisse in predicto monasterio scilicet Jacoba, Isabect, Daniela, Johanna, Victoria, Dietama, Philipputia, Barbara, Heugenia, Ysaia, Guidutia, Gratiadei, Agata, Cicilia, Iustina, Aurea et Aviadei et Tuttasanta et frater Guido et frater Salimbene et monialibus et conversis omnibus aliis in ipso monasterio existentibus in dicto monasterio ibidem presentibus dicti monasterii et ipse conventus totus, cum eorum concordia et voluntate atque consensu una cum prefata domina abbatissa fecerunt, constituerunt, creaverunt atque ordinaverunt Yuanum domini Scangni, presente et (in se) sponte subscipiente ipsorum et dicti monasterii et ecclesie legitimum syndicum yc(onomum) actorem, factorem, procuratorem et numptium specialem, specialiter ad dandum, tradendum et concedendum nomine dicti monasterii, ecclesie et conventus eiusdem Petrono Rainal(di) Bone, pro se et suis heredibus, terram dicti monasterii, ecclesie et conventus, positam in districtu Mathelice in loco qui dicitur Cretaiolum infra hec latera: a primo ipse Petronus; a secundo Levonus(?) Adiudi, a tertio uxor et filii Jacopelli de Fantolinis et filii Jacobi Valentini  et a quarto via, precio et nomine precii unius canne muri de cantis(!) bonis (et) cemento qu(od) idem Petronus fecerat et fieri fecit in fabbrica et mellioramento ecclesie dicti monasterii et ad quietandum dictum Petronum de dicta canna muri et legitimam defensionem faciendam et promictendum et (penam(?) promictendum et de (qua) pertica muri dictum monasterium indiget pro fabbrica muri dicte ecclesie; et bona et res ipsius monasterii obligand(um) pro defensione dicte terre et venditione ipsius nomine et vice prefati monasterii ecclesie et conventus eiusdem per se eiusque in posterum successores et generaliter ad omnia alia et singula faciendum et exercendum que in predictis et circa predicta et quo(d)libet predictorum fuerint necessaria et oportuna prom(ictent)es dicta domina abbatissa et ipse conventus totus sollempniter per se suosque in posterum successores in dicto monasterio ratum et firmum habere atque tenere et non contra facere vel venire . . . /=modo ali/quo in perpetuum aliqua ratione vel causa seu exceptione iuris vel facti sub pena per dictum syndicum promictendam et sub ypotheca et obbligatione bonorum (et) rerum eiusdem monasterii ecclesie et conventus, etcetera.

Et ego Bonaventura magistri Benvenuti notarius publicus predictis omnibus interfui et a predictis rogatus subscripsi et publicavi.

 

1292.02.02: Pagamento di un muro con un terreno

Nel nome di Dio. Amen. Nel suo anno 1292, indizione quinta, a tempo del papa Nicolò IV, il giorno due del mese di febbraio; redatto nel castello di Matelica, nella chiesa di Santa Maria Maddalena di fronte a Benvenuto di Sintardo, Entente di Salimbene Fulcarelli e Levuzio di Ventura come testimoni richiesti ed a ciò chiamati; donna Mattia badessa del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, con il consenso unanime e la volontà delle sue consorelle, dopo che erano state convocate e riunite su ordine della stessa badessa nel detto monastero, cioè Giacoma, Isabetta, Daniela, Giovanna, Vittoria, Diotama, Filippuccia, Barbara, Eugenia, Isaia, Guiduccia, Graziadea, Agata, Cecilia, Giustina, Aurea, Aviadea e Tuttasanta e frate Guido e frate Salimbene e tutti gli altri conversi e monache esistenti nel detto monastero e tutti i presenti ivi del convento di esso monastero, con volontà, concordia e consenso unanime insieme con la predetta donna badessa nominarono, stabilirono, crearono ed ordinarono come legittimo amministratore loro, della chiesa e del detto monastero, agente, fattore, procuratore e nunzio speciale, Ivano del signor Scagno, presente e spontaneamente accettante, per dare, consegnare e concedere, a nome del detto monastero e del suo convento, a Petrono di Rinaldo Bone, per sé e suoi eredi, la terra del detto monastero, della chiesa e del convento, posta nel distretto di Matelica, in località detta Cretaiolo entro i seguenti confini: primo lato lo stesso Petrono; secondo lato Levono (?) di Aiudo; terzo lato la moglie, i figli di Giacomello de Fantolini e i figli di Giacomo di Valentino, quarto lato la via; terreno da avere, tenere e possedere come a lui e poi ai suoi successori piacerà farne in perpetuo con tutte e singole le cose che sono contenute entro i detti ed altri confini, con accesso e uscite propri fino alla via pubblica e con ogni diritto, potere, uso o requisizione che spettasse o spetterà al monastero riguardo a queste cose. E ciò a motivo del fatto che il detto Petrono aveva fatto la muratura di una canna (=misura) di muro con canne e cemento di buona e sufficiente edilizia, muro fabbricato per la chiesa del detto monastero, valutato di valore quanto il detto terreno e più. L’amministratore Ivano in ciò rinuncia ad ogni eccezione di inganno, condizione di causa giusta o ingiusta, calcolo a metà del giusto valore e prezzo di detta terra ed a tutti gli altri diritti ed (e)ccezioni ed azioni che competono o competeranno al detto monastero ed ogni ausilio di leggi e norme canoniche riguardo alla costruzione del detto muro nella detta chiesa. L’amministratore conservò la tenuta di questa cosa a nome del detto Petrono, fino a quando egli non ne prenderà il possesso corporale e la tenuta in qualunque modo. Gli diede licenza e pieno potere rinunciando spontaneamente a qualsiasi norma, legge o costituzione di qualsiasi giudice o rettore e fece ciò a nome e per conto dello stesso monastero e del suo convento, per sé e per i successori. E promise con solenne stipula e fece convenzione a nome del detto monastero con Petrono per sè e per i suoi successori, riguardo alla cosa e al diritto di difendere, risolvere presso qualsiasi tribunale ecclesiastico o secolare, contro ogni gruppo o persona o comunità, quanto sopra, inoltre di rifondere le spese, i salari e gli avvocati dall’inizio alla conclusione della vertenza, sotto pena del doppio dell’estimo di detta cosa, con il valore che avrà nel tempo, se sarà migliorata. E con solenne stipula, tra di loro scambievolmente, promisero di non agire contro, né venire in contrasto per alcuna ragione e causa, sotto promessa ed obbligazione dei beni e delle cose del detto convento e ripagare i danni, le spese e gli interessi. Tutte e singole le cose dette prima resteranno decise e stabili, pagandosi o non pagandosi la penalità, comunque sia, restano. Eccetera.

Io Bonaventura di Mastro Benvenuto notaio pubblico fui presente a tutto quanto sopra e, richiesto, sottoscrissi e pubblicai.

 

1301 marzo 24

Viene nominato il procuratore del monastero matelicese e della badessa Mattia  di S.M.M. per incassare il pagamento di un prato, venduto al comune di Matelica.

 

In Dei nomine. Amen.  Anno Domini MCCCI indictione XIIII, tempore domini Bonifatii pape VIII die XIIII martii, in terra  adtum Mahtelice in monesterio Sancte Marie Madalene, presentibus dompno Htomaxio (!) capellano ecclesie Sancte Marie de Cerreto, Guarinutio Coradi Guidarelli, conventu so(pra)dicti m(one)sterii, testibus deputatis vocatis; domina Mahtia abadissa monesterii Sante Marie Madalene, una cum sorore sua Isabetta, Gratiadee, Mahtiole,  Eugenie, Bartolomea, Datadeo, Ma(n)sueta, Simonetta, Vittoria, Felipputia, Gera, Agatte, Deutame, Lucia, Angelica, Cicilia, Isaia, Clarella, Margarita, Daniella, sorores et monace ipsius monestereii(!) et conventus dicti monestereii totum (!) ad sonum campane congregatum, ut moris est, nemine disscordante, ipsa domina abadissa, de licentia et voluntatem diciti(!) conventus et una cum eis, fecit, costituit et ordinavit fratrem Jacopoputium(!) conversum su(pra)dicti monesterii, suum et dicti monesterii verum, legitimum sindicum, actorem, factorem et nu(n)tium spetialem ad acipiendum et recipiendum a cammerario communis Mahtelice, sive a sindico dicti communis qui nunc est et in futurum erit et a Buto Tomaxii sive a qualibet persona qui eset poxitum super predittis, totam quantitatem pecunie sive bladii quod vel quam monesterium supradittum Sante Marie Madalene abere debet a commune Mahtelice vel ab interpoxita persona promi(ss)ione pro dicto commune, ad accipiendum dictam quantitatem pecunie sive bladii totam vel partem et ad quietandum remittendum et ad solvere cammerarium sive sindicum dicti communis et Butum Tomaxi et omnes alias personas que fuerint quietande et ad solvere de predict(o) commune de totum quod ipse frater Jacoputius sindicus dicti monesterii receperit et in omni eo quod per eum fuerit rep(er)tum, nomine et vice ditti monesterii et conventus eiusdem; promicte(n)s dicta domina Mahtia abadissa et conven(tus) totu(s) dicti monestrerii nemine discordante quid(quid) per dictum sindicum factum, dittum, quietare missum, operatum et factum fuerit in predittis omni ca(usa) preditta et colibet predittorum, ratum senper perpetuo abere et tenere et in alico punto nec capitulo contra facere vel venire sub pena et obligatio(ne) bonorum et rerum dicti monesterii et ipsius conventi quam (penam) totiens dare et solvere promisit et convenit, cotiens fuerit contrafattum vel etiam contraventum et danna et suntus reficere sindicum.

Et ego Ventura Massei notarius plubicus iis omnibus interfui de predittis roga(tus) scribere scripsi et plubicavi.

 

1301.03.24: Procura a riscuotere un credito

Nel nome dei Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1301, indizione quattordicesima, al tempo del papa Bonifacio VIII, il giorno 24 marzo, redatto a Matelica nel monastero di Santa Maria Maddalena, alla presenza di Tomassio cappellano della chiesa di Santa Maria di Cerreto, Guarinuccio di Corrado Guidarelli, con il convento del sopradetto monastero, come testimoni richiesti e chiamati; donna Mattia badessa del monastero di Santa Maria Maddalena insieme con le suore Isabetta, Graziadea, Mattiola, Eugenia, Bartolomea, Datadeo, Mansueta, Simonetta, Vittoria, Filippuccia, Gera, Agata, Diotama, Lucia, Angelica, Cecilia, Isaia, Clavella, Margherita, Daniela, suore e monache dello stesso monastero e del convento del detto monastero, dopo che al suono della campana, come d’uso, si erano riunite, senza  alcuna discordanza, la stessa badessa con la licenza ed il consenso del detto convento ed insieme con loro, stabilì ed ordinò frate Giacomuccio della comunità del sopradetto monastero come amministratore vero e legittimo, agente, fattore e nunzio speciale del convento di esso monastero e dello stesso monastero, per ricevere  e prendere dal camerario (cassiere) del comune di Matelica o dall’amministratore del detto comune che è, e sarà in carica, e da Buto di Tomassio o da qualsiasi altra persona che è posta sopra ai predetti,  tutta la somma di denaro o di generi che il detto monastero di Santa Maria Maddalena deve avere dal comune di Matelica o da interposta persona, per la promessa per il detto comune, a prendere la detta somma di denaro o di generi, tutta o in parte, ed a rilasciare quietanza, remissione e ad assolvere  il camerario o l’amministratore e  Buto di Tomassio e tutte le altre persone che dovranno ricevere quietanza per il pagamento da parte del predetto comune, di tutto quello che lo stesso frate Giacomuccio amministratore del detto monastero riceverà e in ogni cosa che per mezzo di lui sarà trovata, a nome e per conto del detto monastero e del suo convento. La predetta donna Mattia badessa insieme con tutto il convento del detto monastero, promette di considerare deciso per sempre in perpetuo e di mantenere tutto ciò che viene fatto, detto, messo, quietanzato, operato e realizzato da parte del detto amministratore nelle cose dette sopra ed in ciascuna di esse, e di non contrastare o mettersi contro ad esse in alcun punto o capitolo, sotto penalità ed obbligazione dei beni e delle cose del detto monastero e del suo convento. Promise e accordò che avrebbe dato e pagato questa penalità tutte le volte che avessero agito contro o anche contravvenuto, e avrebbe ripagato l’amministratore, i danni e le spese.

Ed io Ventura Massei notaio pubblico fui presente a tutto ciò e, richiesto di scrivere, scrissi e pubblicai.

 

1311 gennaio 29

Vengono nominati i procuratori del monastero matelicese e della badessa Mattia  di S.M.M. per fare appello contro un precetto del vescovo di Camerino.

 

In Dei nomine. Amen. Anno Domini MCCCXI indictione VIIII tempore domini Clementis pape quinti, die XXVIIII mensis ianuarii; actum in ecclesia monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica, camerinensis diecesis, presentibus Nutio Nalli domine Savie; Francisco et Nutio Salimben(e) Atti de Monte Milone et nunc habitatoris terre Mathelice, testibus de hiis omnibus rogatis et vicatis. Nobilis mulier et domina domina (!) Mathia abbatissa monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica, camerinensis diecesis, una cum Francesca, Mathiola, domina Al(c)egrima(!), Barbara, Philipputia, Cecilia, Eugenia, Tuctasanta, Isaia, Manfredutia, Gera, Agatha, Marta, Lucia, Thomassutia, Sperandeo, Rosa, Zutia, Mita, Annese, Angelica, et Iacobutia, Bartholomea, monialibus ipsius monasterii ad sonum campane, mandato ipsius domine abbatisse in ecclesia ipsius monasterii, more solito, congregatis; et ipse moniales omnes, earum nemine discordante, una cum ipsa domina abbatissa ad invicem auctorante(!) fecerunt, constituerunt, creaverunt ac etiam legitime ordinaverunt nobilem virum Guarinutium Guarini de Mathelica et fratrem Jacobutium conversum dicti monasterii absentes, tamquam presentes, et quemlibet eorum in solidum, ita quod non sit melior condictio occupantis et quod unus ipsorum inceperit, alter possit readsummere(!), prosequi et finire, earum et dicti monasterii suos vero et legitimos sindicos, procuratores, actores et factores et nuntios spetiales vel si quo alio nomine de iure melius, et censeri possunt ad representandum se pro ipsis et ipsarum nomine coram venerabili patre et domino domino Berardo camerinensi episcopo et appellationem . . . . eundum et ad appellandum a litteris eis trasmissis et preceptis nuper factis per dictum dominum episcopum seu ipsius offitiales, aut per alterum ipsorum quocumque modo vel causa, ad sanctissimum patrem et dominum nostrum summum pontificem seu ad alium ipsius vicem habentem, seu etiam ad quemcumque alium in curia romana iurisdictionem habentem et ad dictam appellationem prosequendum, ad libellum dandum et recipiendum, litem contestandum de calupnia seu de veritate in ipsarum anima iurandum, exceptiones opponendum, replicandum . . . .  et reduplicandum si opus fuerit, iudices eligendum, vel albitros . . . .  escusandum suspectos dandum, ponendum et respondendum, testes, istrumenta, alias probationes legitimas inducendum, testes partis adverse iurare videndum, opponendum contra testes et dicta reprobandum et ad fatiendum ipsos deponere et ad videndum ipsorum testium apertura, copiam actorum recipiendum et concludendum in causa et ad unum procuratorem vel plures  istituendum, nomine ipsarum dominarum et dicti monasterii et generaliter, spetialiter et  particulariter ad omnia et singula fatiendum et exercendum que in predictis et quolibet predictorum extiterint necessaria et oportuna et que ipse facere et exercere possent, si personaliter addessent, et que merita causarum exigunt et requirunt; promictentes se ratum  et firmum perpetuis temporibus habituras quicquid per dictos (syn)dicos seu alteri ipsorum vel substituendum ab ipsis, factum et gestum fuerit in predictis et quolibet predictorum, sub ypoteca et obligatione bonorum dicti monasterii et ipsos et quemlibet ipsorum seu substituendum ab ipsis relevare ab omni honere satisdationis de iudictio sisti et iudicato solvendo. Qua pena soluta vel non, predicta rata et firma permaneant.

Et ego Nallus Zoni notarius publicus supradictis omnibus interfui et rogatus scripsi et publicavi meique singni munimine roboravi.

 

1311.01.29: Procura per fare appello contro un precetto vescovile

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1311, indizione ottava, al tempo del papa Clemente V il giorno 29 del mese di gennaio, redatto nella chiesa del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, diocesi di Camerino, alla presenza di Nuzio Nalli di donna Savia, Francesco e (M)uzio di Salimbene Atti da Monte Milone abitante ora della terra di Matelica, come testimoni richiesti, a tutto ciò chiamati; la nobile signora  Mattia badessa del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, diocesi di Camerino, insieme con Francesca, Mattiola, donna Al(t)egrima, Barbara, Filippuccia, Cecilia, Eugenia, Tuttasanta, Isaia, Manfreduccia, Gera, Agata, Marta, Lucia, Tomassuccia, Sperandea, Rosa, Zutia, Mita, Agnese, Angelica e Giacomuccia, Bartolomea, monache dello stesso monastero, dopo che per ordine della stessa badessa si erano riunite nella chiesa dello stesso monastero, al modo solito, tutte le dette monache, senza alcuna dissensiente, insieme con la stessa donna badessa e reciprocamente stabilirono, decisero, crearono ed ordinarono legalmente il nobil’uomo Guarinuccio di Guarino di Matelica e frate Giacomuccio converso del detto monastero, assenti, come fossero presenti, e ciascuno di loro in solido, di modo che non sia migliore la condizione di uno che è agente rispetto a quella di uno che non lo è, e tutto quello che uno di essi ha cominciato, l’altro possa prenderlo, proseguirlo e finirlo nella qualità di legittimi amministratori, procuratori, agenti, fattori e nunzi speciali, o con qualsiasi altro nome si può meglio esprimere e pensare giuridicamente, per presentarsi a posto di loro stesse, a nome loro, di fronte al venerabile padre e signore don Berardo vescovo di Camerino ed esprimere l’appello e appellare riguardo alla lettera loro trasmessa e agli ordini fatti da parte del detto vescovo di Camerino o dei suoi officiali o da alcuno di essi, in qualunque modo o causa, presso il santo padre, signor nostro sommo pontefice o ad altra persona che fa le sue veci, o presso chiunque altro abbia giurisdizione della curia romana, inoltre a proseguire il detto appello, a dare il libello e riceverlo, a contestare la lite sulla calunnia o sulla verità, a giurare sulla loro anima, ad opporre eccezioni, a replicare e controreplicare, se necessario, ad eleggere i giudici od arbitri, a escusare, a porre sospetti, a introdurre i testimoni, i documenti, le altre prove legali, a veder giurare i testimoni della parte avversa, a contrapporsi ai testimoni, a rifiutare le cose dette ed a farli deporre e a vedere l’apertura dei testimoni, ricevere la copia degli atti e concludere nella causa ed a stabilire uno o più procuratori a nome delle stesse donne e del detto monastero, e in generale a fare ed esercitare tutte quelle cose che riguardo a ciascuna delle cose dette sopra, risulteranno necessarie ed opportune e che loro stesse potrebbero fare ed esercitare se fossero presenti direttamente, cose che i meriti delle cause richiedono ed esigono. Promettono che considereranno stabilito e decisto per tutti i tempi tutto ciò che viene fatto e gestito da parte degli stessi amministratori o di uno di loro o di un loro sostituto, riguardo a ciascuna delle cose dette sopra, sotto l’ipoteca e l’obbligazione dei beni del detto monastero. Inoltre liberano questi amministratori e i loro sostituti da ogni onore di soddisfare, senza procedere in giudizio, attenendosi al giudicato. Le cose dette prima, pagata o non pagata la penalità, restino decise e stabili.

Ed io Nallo Zoni notaio pubblico fui presente a tutte le cose dette sopra e, richiesto di scrivere, scrissi e pubblicai e rafforzai con il mettere il mio sigillo.

 

1312 luglio 8

La badessa Mattia del monastero S.M.M. riceve quietanza per aver pagato In ogni miglior modo l’acquisto di una campana da rifondere.

 

In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem MCCCXII (indictione X, tempore) domini Clementis Pape V die VIII mensis iulii. Actum Mathelice in ecclesia monesterii Sancte Marie Madalene, presentibus Iohannutio Simonicti et Acto Junte de Fab(riano) testibus ad hoc rogatis et vocatis; dompnus Pace Mathioli de Mathelica  tamquam procurator et legitime ad hoc constitutus a domino Jacobo Biccerii cappellano et rectore ecclesie Sancti Salvatoris Valle Acorani disstrictus Mathelice, nomine et vice dicti domini Jacobi fuit confessus et contentus habuisse et recepisse a domina Mathia abbatissa supradicti monesterii dante et solvente pro dicto monesterio et conventu pro pretio et nomine pretii LX libbras metalli unius campane fracte C.  s(olidos) ravennates et anconetanas, renuntians exceptio(ni) non habitos et non receptos dictos denarios et omni legum auxilio promictens dictam quantitatem ulterius non petere nec peti facere se(cus) si ex aliqua ratione vel causa pro se vel pro aliqua persona, dicto monesterio aliqua lix neque questio oriretur, promixit nomine dicti domini Jacobi, a principio litis usque ad finem cause legitime defendere omnibus suis sumptibus et expensis et de dicta quantitatem fecit finem, quietationem et assolutionem omni modo et iure quibus melius dici potest et promixit firmum et ratum haec omnia suprascripta et non venire contra sub pena XXV librarum ravennatum.

Et ego Franciscus magistre Mathi(!) de Mathelica notarius publicus predictis omnibus interfui et rogatus subscripsi et publicavi.

 

1312.07.08: Pagamento di una campana

Nel nome del Signore. Amen. Nel suo anno 1312 indizione decima a tempo del papa Clemente V, il giorno 8 del mese di luglio; redatto a Matelica nella chiesa del monastero di Santa Maria Maddalena, alla presenza di Giovannuccio di Simonetto e di Attone di Giunta da Fabriano come testimoni richiesti a ciò chiamati; il Signor Pace di Mattiolo da Matelica come procuratore legittimamente stabilito a questo, da don Giacomo di Biccerio cappellano e rettore della chiesa di San Salvatore di Valle Ancorano, distretto di Matelica, a nome e per conto del detto don Giacomo dichiarò e fu soddisfatto di aver avuto e ricevuto dalla abbadessa del sopraddetto monastero, donna Mattia che dà e paga per il detto monastero e convento come prezzo e per conto del prezzo di sessanta libbre del metallo di una campana rotta, la somma di cento soldi ravennati e anconetani, con  rinuncia all’eccezione del denaro non avuto o non ricevuto e a ogni ausilio delle leggi, prometendo di non chiedere ulteriormente né di far chiedere la detta somma. Nonostante qualsiasi ragione o causa per sè o per altra persona, affinché non sorgesse alcuna lite o questione al detto monastero, promise, a nome del detto don Giacomo, di difendere legalmente dall’inizio della lite fino alla fine della causa, a sue spese e fece quietanza finale e assolutoria per ogni modo e diritto come meglio si può dire. Promise di tenere decise e stabilite tutte queste cose scritte sopra e di non contrastarle sotto penalità di 25 libbre ravennati.

Ed io Francesco di mastro Matt(e)o da Matelica notaio pubblico fui presente a tutte le cose sopradette e richiestone sottoscrissi e pubblicai.

 

<Durante la digitazione la dettatura di questo testo è stata insicura>

ALCUNE PERGAMENE DEL MONASTERO DELLA BEATA MATTIA  DI MATELICA

Indice

1237 gennaio 11    Consacrazione di Rosa

1237 aprile   20      Contratto di deposito e arbitrato

(1237)                     Procura per Rosa

1271 agosto  10     Consacrazione di Mattia

1272 giugno    1      Procura per i beni di Mattia

1273 aprile   19       Consacrazione di Venutula

1273 aprile   21       Indulto per elemosine al monastero

1273(?) aprile 19     Donazione di un luogo monastico

1274 agosto  18       Istruttoria giudiziaria

1275 febbraio 11      Indulto vescovile per elemosine

1278 febbraio 16      Oblazione del luogo di Sant’Agata

1278 marzo     7       Frammento di rinuncia ad una lite

1278  luglio 16 e 17 Appello contro il precetto vicariale

1278 dicembre 2      Contratto per spartire un’eredità

1279 luglio      3        Donazione della dote sponsale

1284 giugno   10       Procura per i diritti su s. Maria di V.

1285 agosto  21        Procura per la lite sull’eredità di Sibilla

1286 febbraio 28       Indulto vescovile per elemosine

1286 settembre 12   Procura per pagare una multa

1286 settembre 13   Quietanza di multa e condono

1286 settembre 13   Unione approvata di due monasteri

1286 novembre 20   Procura per il residuo di una multa

1287 settembre 26   Procura per appello sui beni di Matteo

1287 dicembre  10   Procura per i beni di suor Francesca

1292 febbraio     2    Pagamento di un muro con un terreno

(due documenti)

1301 marzo     24     Procura per riscuotere un credito

1311 gennaio  29      Procura per appello contro un precetto

1312 luglio      8         Pagamento di una campana

(Traduzione  italiana di carlo tomassini)

MATELICA  MONASTERO DELLE CLARISSE   S.M.M.= Santa Maria Maddalena)

PERGAMENE TRASCRITTE E TRADOTTE

 

1237 gennaio 11

Donna Rosa dona se stessa ed i suoi beni a Dio nel monastero matelicese  S. M. M. nell’obbedienza al ministro dei Frati minori e alla monache per le quali difenderà la sua eredità contro  Masseo e Gentile  NAZARII.

In nomine Domini nostri Iesu Christi. 1237 indictione X die XI intrante  ienuario, tempore Gregorii pape et Federici imperatoris. Coram testibus infrascriptis, domina Rosa filia condam domini Ranni Aberti Gualterii, propria spontanea sua bona voluntate, et pro redempcione animarum parentum et sororum suarum, et pro sua anima, dedicavit se et sua; et ingressa est monasterium et ecclesie sancte Marie Madalene; et dictam  domina promisit obedientiam et reverentiam Fratri Petro ministro Fratrum Minorum et suis sororibus, recipienti pro ipsa ecclesia, quod nunquam  aliquo tempore discederet a dicta ecclesia eundo et serviendo ad aliquem locum religiosum, hoccasione standi vel permanendi, sed semper  in eodem loquo permanendo; et renunciavit mundo et promisit castitatem et unitatem retinere, et necessitatem retinere: et Deo fecit pro amore quam habet erga dominum nostrum Iesum Christum et Marie Virginis et Marie Madalene; dicendo dictus Frater Petrus: “Vis tu esse reddita Deo huic loquo sancte Marie Virginis et sancte Marie Madalene; permanendo et stando ante altare sancte Marie Madalene?”  Et ipsa dixit: “Volo”.  Et ipse Frater Petrus  et sue sorores receperunt eam nomine et vice dicte Ecclesie; et investiverunt eam per pannos altaris et per osculum pacis ad altare. Et dicta domina Rosa, post hec, dedit et cessit omne ius et omnem rationem et actionem quod et quam  abebat contra dominum Masseum et dominum Gentilem Nazarii de quatuor centum libris, quas ipsi dare ei tenebantur de venditione mansi patris et matris sui, et de CLVI libris quas domina Biatrice et ipsa domina Rosa antea concesserant dicto monasterio. Et dedit et concessit ipsa domina Rosa dicto loquo sive monasterio omnia alia sua bona preter ista, sive ultra supradicta   . . . .tud(. . ) esset; quam racionem et concessionem promisit firmam et ratam abere et non contravenire aliqua occasione vel exceptione.

Ibi vero dominus Bartolus Gentilis, dominus Rainaldus iudex, Moricus de Rocca, et dominus Benintendi, donnus Petrus Palmucii, Bonus Frater, Frater Filippus, donnus Bentevogius, et multi alii rogati testes similiter in dicta ecclesia.

Ego Albertinus notarius interfui et ex mandato dicte domine Rose et suarum sororum scripsci et plubicavi (!) et in plabicam (!) formam redegi.

 

1237.01.11: Consacrazione di Rosa

Nel nome di nostro Signor Gesù Cristo. Anno 1237, indizione decima, giorno 11 gennaio, al tempo del papa Gregorio e dell’imperatore Federico, alla presenza dei testimoni  scritti sotto, donna Rosa, figlia del defunto signor Ranno di Alberto Gualtieri, di propria spontanea buona volontà e per la redenzione delle anime dei suoi genitori e sorelle e per la propria anima, consacrò se stessa e i suoi beni, ed entrò nel monastero e chiesa di santa Maria Maddalena. La signora predetta promise obbedienza e riverenza a Frate Pietro ministro dei Frati Minori ed alle consorelle. Fu accolta a nome della stessa Chiesa, con l’impegno che mai, in alcun tempo, sarebbe uscita da tale chiesa, per andare a servire in altro luogo religioso, in occasione di stare o rimanere; ma sempre sarebbe restata in questo luogo e rinunciò al mondo. Promise di mantenere la castità e l’unità e di tenere la necessità e lo fece per Dio, per l’amore che ha  verso nostro signore Gesù Cristo, verso la vergine Maria e Maria Maddalena. Mentre Frate Pietro predetto domandava: “Vuoi tu essere resa a Dio a questo luogo della santa  Vergine Maria e santa Maria Maddalena, permanendo e stando davanti all’altare di santa Maria Maddalena?” Lei disse: “Lo voglio”. Frate Pietro e le consorelle la ricevettero a nome e per conto della Chiesa predetta e la vestirono per mezzo dei panni dell’altare e per mezzo del bacio della pace presso l’altare. Rosa dopo queste cose, donò e concesse al monastero ogni diritto ed ogni ragione ed azione che aveva nei confronti del Signor Masseo e del signor Gentile di Nazario per quattrocento libbre che quelli erano tenuti a darle dalla vendita del podere paterno e materno di lei, inoltre per 156 libbre che donna Biatrice e la stessa donna Rosa avevano prima consegnato; come pure lei consegnò e diede al predetto monastero, o luogo, ogni altro suo bene; e oltre ed in aggiunta a ciò anche quel che fosse di suo avere. Promise di mantenere stabili e definitive questa sua donazione consegnata e di non contrastarla in nessuna occasione, senza  riserva.

Erano presenti il signor Bartolo di Gentile, il signor Rainaldo giudice, Morico della Rocca, il signor Benintendi, don Pietro di Palmuccio, Bono frate, frate Filippo, don Bentivoglio e molti altri testimoni richiesti, nella detta chiesa.

Fui presente io notaio Albertino che per mandato della stessa Rosa e delle consorelle, scrissi l’atto, e lo resi di pubblica forma.

 

1237 aprile 20

Nella vertenza per l’eredità di Rosa si stipula l’accordo di deposito del denaro affidando la sentenza al ministro dei Frati minori oppure al vescovo.

 

In Dei nomine. Amen. Anno Domini MCCXXXVII, die (XI) exeuntis aprilis tempore Gregorii pape et Frederici romanorum imperatoris, Sicilie et Jerusalem regis, indictione X.

Dominus Masseus et dominus Gentilis Lazarii ex una parte, et Acto Venimbene notarius sindicus monasterii sancte Marie Madalene de Mathelica, nomine universitatis et conlegii et pro ipsa universitate dicti monasterii, ex altera, deposuerunt de communi concordia e voluntate apud dominum Moricum de  Rocca, ducentas libras ravennates et anconetanas de pretio vendictionis domine Rose, facte filiis Lazarii, de bonis quondam Ranni, hoc modo et pacto et ac conditione possita, quod quidquid Frater Petrus minister Fratrum Minorum dixerit, quod predicta domina  cum suis sororibus et sindicus dicte universitatis fatiant cartam filiis Lazarii quietationis e transactionis factam inter predictos, stabunt ad eius dictum; et si  (contigeret) dictus Frater Petrus non veniret, vel diceret, hinc ad medium madium proximum, dominus Filippus episcopus camerinensis debeat dicere; et si contigeret quod viri predicti non diceret, dicta pecunia, silicet  CC  libras, dominus Moricus deberet restituere dictis filiis Lazarii, et si episcopus diceret, deberet restituiere dictam pecuniam, dominus Moricus dicte domine , omni occasione postposita.

Item de testamento domine (I)bilde  quidquid predicti diceret vel laudaret, plus rationi, vel minus rationi, promiserunt ad invicem firma habere atque tenere sub pena CC librarum ravennatum; (vicissim)  inter se solempni stipulatione promiserunt, et omne dampnum litis et expensas per quod, et quas, fecerit vel sustinuerit, pro  (hoc), quoquo modo, reficere et restituere promiserunt solempni stipulatione inter se; et predicta soluta, vel non, dicta omnia firma habere, tenere promiserunt; omni iure reservato monasterio facto montis scilicet X(. .) modioli; et illud quod habet de manso (Mar)tini Iunii et uxori et de clusura Deoni Acti, et molendino Gometarie, que demisit domine Rose.

Actum in monasterio dicto, presentibus domino Albrico Finaguerre, Rainaldo Montis Melonis, domino Subpolino, domino Albrico Mori, et domino Blasio et Iohanne Albrici Guarnerii testibus. Ego Acto Deoni avocati apostolice sedis notarius, his omnibus interfui et ut supra legitur, rogatus, scripsi.

 

1237.04.20: Contratto di deposito e arbitrato

Nel nome di Dio. Amen. L’anno del Signore 1237, giorno 20 aprile, a tempo del papa Gregorio e dell’imperatore  dei romani Federico, re di Sicilia e di Gerusalemme, indizione decima. Il signor Masseo ed il signor Gentile di Lazario  da una parte, e dall’altra parte, Attone Venimbene notaio, amministratore del monastero di santa Maria Maddalena di Matelica, a nome della comunità e del collegio e per conto loro, di comune accordo e volontà,  presso il signor Morico da Rocca, fecero il deposito di duecento libbre ravennati ed anconetane,  prezzo della vendita da parte di donna Rosa, dei beni del defunto Ranno, fatta ai figli di Lazario, con questo patto, e con questa condizione posta, che qualunque cosa deciderà Frate Pietro ministro dei Frati Minori, la predetta donna Rosa con le sue consorelle e l’amministratore della detta comunità, facciano la carta  di quietanza e transazione ai figli di Lazario e staranno gli uni con gli altri alla decisione dello stesso. E se capitasse che il predetto Frate Pietro non venisse o non decidesse, da ora fino alla metà del prossimo maggio; debba decidere don Filippo vescovo di Camerino. E se capitasse che questi predetti uomini non decidessero, allora il denaro predetto di duecento libbre sia restituito dal Signor Morico ai predetti figli di Nazario. E qualora il vescovo dicesse che il predetto denaro fosse da restituire, il signor Morico lo consegni, senza frapporre condizione, alla signora predetta. Parimenti riguardo al testamento di donna (I)bilde, tutto ciò che uno o l’altro dei predetti decidesse o sentenziasse, con più o meno di considerazioni, promisero tra di loro, vicendevolmente, che lo considereranno e terrano stabile e promisero con solenne stipula sotto penalità di duecento libbre ravennati. E promisero di rimborsare o restituire ogni danno di lite e di spese fatte o sostenute per questo, in ogni modo, con solenne stipula tra di loro. E fossero o non fossero pagati (i rimborsi), promisero che tutto restasse stabilito.

Si riserva ogni diritto a favore del monastero per quanto riguarda il monte, cioè per i dieci (o più ? foro nella pergamena) mogiuri e per quello che ha del manso di Martino Iunni e della moglie; inoltre per la chiusa di Deone di Atto e del molino do Gometaria(?), beni che lasciò alla signora Rosa.

Redatto nel monastero, presenti come testimoni, il signor Albrico di Finaguerra, Rainaldo di Monte Melone, il signor Suppolino, il signor Albrico di Moro, il signor Blasio  e Giovanni di Albrico Guarnerii. Il notaio apostolico Atto di Deone avvocato, richiesto scrisse.

 

Frammento senza anno (1237) ( Manca la parte iniziale, data desunta dai nomi  del 1237 )

Viene nominato il procuratore del monastero matelicese S.M.M. per il              processo sull’eredità di Rosa.

 

. . . . . . dominae  Isulanae et dominae   Clarae . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Lucie, Annese et Cataline fecerunt co(=stituerunt et creaverunt ). . . . . . . . . . . . . .(Venin. .ne) notarium presentem eorum sindicum, actorem, factorem, p(. . .)rem et procuratorem et sufficientem responsabilem ad agendum contro dominum Masseum et dominum Gentilem Lazarii, coram Fratre Petro Vercellensem, vel coram Filippo camerinensi episcopo, ad litem contestandam et ad iurandum de calupnia, et ad omnia fatienda et ad transigendum et ad compromittendum et ad sent(entiam) (a)udiendam et appellandam si necess(e  fu)erit, hoc modo uti possit agere, excipere et replicare (uti) ipsemet facere possent, vel replicarent  de tota hereditate que fuit quondam patris sui domini Ranni e matris sue domine Biatrice et spetialiter  de quinque centum L V  libris, et generaliter de omnibus aliis bonis que ei posset . . . . . . nire vel competere occasione predictorum. Quam sindicariam promiserunt per se suas(que) . . . . . . . . .    non contravenire sed firma habere atque tenere, nec ullam restitutionem  aliqua in p. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .ato a dicta abbatissa et sororibus, fori ecclesiastico condictioni sine causa, dolo vel metu, restitutionem in integrum, omnique legali auxilio que eis possent prodesse  et aliis personis habentibus causam hab eis possint obesse; e hec sub pena CC librarum promiserunt, et pena soluta vel non soluta, stipulata promissa omnia supradicta firma permaneant.

Actum in monasterio sancte Marie Madalene, presentibus domino Albrico Finaguere, domino Finaguere et domino Morico de Rocca, domino Subpolino, domino Albrico Mori, Iohanne Albrici, et domino  Blasio, testibus.

Ego Acto Deoni avocati, apostolice sedis notarius, his omnibus interfui, et ut supra legitur, rogatus a dicta abbatissa et sororibus, scripsi et publicavi.

 

1237:  Procura per Rosa (data dal contenuto dei precedenti atti)

. . . . . . . . . . . . . . . . .donna Isulana, donna Chiara  (pergamena stralciata)  . . .  Lucia, Agnese e Catalina  stabilirono il. . . . notaio presente loro amministratore, attore, fattore, procuratore, responsabile sufficiente ad agire contro il signor Masseo e contro il signor Gentile Lazarii, di fronte a Frate Pietro da Vercelli e di fronte a Filippo vescovo di Camerino per contestare la lite, per giurare nell’accusa e per fare tutto, transazione, compromesso, ascolto della sentenza, appello se necessario, con procura che agisca, riceva e replichi come loro stesse potrebbero agire e replicare riguarda all’eredità (di Rosa) dal padre, signor Ranno e dalla madre, donna Biatrice, specialmente per   555 libbre e per tutti gli altri beni spettanti a lei. Questo atto della badessa e delle monache sarà mantenuto stabile in ogni circostanza, senza limiti di foro ecclesiastico, condizione di causa o senza causa, per dolo o timore, per ogni ausilio legale, restituzione intera e per tutto quanto potesse essere di vantaggio per loro e di svantaggio per le persone in causa con loro. Promisero ciò sotto penalità di 200 libbre. E, pagata, oppure non pagata la penalità, tutto quanto detto sopra resta stabile.

Redatto nel monastero di santa Maria Maddalena, alla presenza dei testimoni il signor Albrico di Finaguerra, il signor Finaguerra, il signor Morico da Rocca, il signor Suppolino,  il signor Albrico di Moro, Giovanni di Albrico, il signor Blasio.

Io notaio apostolico Atto di Deone avvocato fui presente a queste cose e, richiesto dalla detta abbadessa e dalle consorelle, scrissi quanto si legge sopra e lo pubblicai.

 

Nota: nel documento del 20 Aprile  1237 risulta sindaco dello  monastero il notaio Attone Vanimbene. Donna Rosa monaca nel 1237. Non si conosce il motivo per cui  questa pergamena è stata  stralciata.

 

1271 agosto  10

Mattia dona se stessa ed i suoi beni a Dio consacrandosi nel monastero matelicese S.M.M nelle mani di suor Omodea.

 

In nomine Domini. Amen. Anno eiusdem a Nativitate millesimo ducentessimo septuagessimo primo indictione XIIII, die X augusti, ecclesia romana vacante felicis recordationis domini Clementis pape quarti, actum Mathelice in monasterio sancte Marie Magdalene ante altare Sancte Marie Magdalene, coram dompno Morico Johannis cappellano nunc dicti monasterii,  Mattheo Johannis clerico et Cosarello Donati Guarini de Sancto Severino, testibus de hiis rogatis et vocatis.

Mathia, filia quondam Guarnerii domini Gentilis Lazani, obtulit se et sua Deo et sancte Marie Magdalene et eius monasterio,  posito in burgo castri et communis Mathelice, in manibus sororis Homidee monialis dicti monasterii, nomine et vice ipsius monasterii recipienti et solempniter stipulanti pro monasterio supra dicto, tam mobilia quam (in)mobilia, seseque moventia et tam predia urbana, quam rustica et molendina atque silvas domesticas et silvestres, prata et pascua spetialiter et generaliter omnia alia  sua bona bona, possessiones et iura realia et personalia ubicumque, undecumque, quomodocumque, quandocumque et qualitercumque sibi competentia vel competitura, pro redemptione anime sue et remissione suorum peccatorum; dando et cedendo predicta iure proprietatis et utilis vel directi dominii atque iure possessionis et detentionis, ita ut a modo predictum monasterium predicta bona, res et possessiones et cetera supradicta, habeat, teneat et possideat ac de eis fatiat quidquid ei monasterio et abbatisse dicti monasterii suisque successoribus vel aliis pro eis deinceps semper et perpetuo facere placuerit, cum lateribus seu finibus superioribus et inferioribus habitis, presentibus, preteritis et futuris cum omnibus et singulis super se infra se, seu intra se, habitis, vel habendis in integrum, omnique iure et actione usu vel requisitione sibi Mathie, ex heis vel pro eis bonis et rebus pertinentibus sive expectantibus, pro remissione suorum peccatorum et anime sue redemptione ut superius est narratum. Que bona res et possessiones dicta Mathia interea et semper constituit se precario et nomine dicti monasterii possidere, donec semel et pluries sua auctoritate, corporalem acceperit possesionem per se vel alium et maxime sindicum ipsius monasterii; quam accipiendi et retinendi ipsi monasterio vel alii pro eo dicta Mathia liberam licentiam dedit et plenariam potestatem et quod possit facere sua auctoritate predicta et quo(d)libet predictorum, iam dictum monasterium vel alius pro eo sive Curie vel iudicis requisitione; et promisit solempniter et legitime, dicta Mathia prestare et facere dicte Homodee legitimam defensionem pro predicto monasterio sollepniter et legitime stipulanti, nec contra predicta vel aliquod predictorum, per se vel alium, aliquando facere vel venire aliqua occasione vel exceptione; sub pena dupli extimationis dictorum bonorum et rerum, ut pro tempore quo plus valuerint vel meliorate fuerint, renuntians in hoc contractu conditioni sine causa et ex iniusta causa, exceptioni doli et in factum omnibusque aliis exceptioniobus, auxiliis et benefitiis que ipsi Mathie competunt vel competere possent, pro corrumpendis vel irritandis predictis vel aliquo predictorum; hiis omnibus a dicta Mathia per se suosque heredes sollempni stipulationi promissis sepe dicte Homodee  pro dicto monasterio solepniter stipulanti, sub dicta pena et dampna et expensas salaria cum interesse  reficere  promisit sollempniter et legitime semper sindici dicti monasterii credito sacramento sive alicuius iudicis vel rectoris (c)assatione.

Et ego Matheus imperali auctoritate notarius hiis omnibus interfui et ut supra legitur rogatus  a dictis contrahentibus ea omnia subscripsi et publicavi

 

1271.08.10:  Consacrazione di Mattia

Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno dalla sua natività 1271, indizione XIV, il giorno 10 Agosto, quando era vacante la Chiesa romana, (dopo la morte) del papa Clemente VI di felice memoria, redatto a Matelica, nel monastero di santa Maria Maddalena, davanti all’altare di santa Maria Maddalena, presenti don Morico di Giovanni, ora cappellano del detto monastero, il chierico Matteo di Giovanni e  Cosarello di Donato Guarini da San Severino, quali testimoni richiesti e a ciò chiamati.

Mattia figlia del fu Guarnerio del signor Gentile Lazani, offrì se stessa ed i suoi beni a Dio e a santa Maria Maddalena e al suo monastero posto nel borgo del castello e comune di Matelica, nelle mani di suor Omodea monaca del monastero che accoglie e stipula solennemente l’atto a nome e per conto  dello stesso monastero. Mattia offrì i beni tanto mobili che immobili e semoventi, i beni urbani ed i rurali, molini, boschi domestici e silvestri, prati, pascoli e possessi, in particore ed in generale ogni altro suo bene, possesso, diritto reale e personale di qualsiasi luogo, provenienza, tempo, modo e qualità spettante ora ed in futuro a lei, per la salvezza della sua anima e in remissione dei suoi peccati, dando e cedendo tutto quanto predetto in diritto di proprietà, di utilità, di dominio diretto, da possedere e tenere, in modo che il predetto monastero abbia, tenga, possieda i predetti beni, cose, possessi e quant’altro detto sopra e di ciò faccia quel che al monastero, all’abbadessa e sue succeditrici piacerà fare di quei beni, da ora e per sempre in perpetuo con i confini  e terreni, sopra e sotto, avuti, presenti, passati e futuri, con tutte e singole le cose che ci sono o che ci saranno sopra, dentro o sotto, per intero, con ogni diritto, azione, ed uso, tutto quanto appartiene e spetta a Mattia di quei o per quei beni, come detto sopra, per la remissione dei suoi peccati e per la redenzione della sua anima.  Mattia nel frattempo, stabilì di tenere il possesso di queste cose, terreni e beni, sempre a titolo precario, a nome del detto monastero fino a quando esso ne prenderà di sua autorità, in una o più volte, il possesso corporale di persona, o tramite altro, soprattutto tramite l’amministratore dello stesso monastero. Mattia diede libera licenza e pieno potere che a suo nome il monastero o altri per esso, possa fare tutto quanto detto sopra, anche per richiesta della Curia o di un giudice. Mattia promise solennemente e legalmente ad Omodea di fornirle la difesa legale per il suo monastero stipulante solennemente e legalmente, inoltre di non mai opporsi  od agire in contrasto, per qualsiasi occasione ed eccezione contro qualcosa di tutto quello che è qui scritto, sotto penalità del valore doppio dell’estimo di detti beni e cose, anche se acquisteranno maggior valore nel tempo o saranno migliorati. Rinuncia in questo contratto alle eccezioni e condizioni di causa giusta o non giusta, di inganno,  o di fatto, e a tutti gli aiuti e benefici che alla stessa Mattia competono o competessero per atti da invalidare o cambiare in alcunché delle predette cose. Mattia si impegna per sé ed eredi a risarcire ogni spesa con interesse, paga e danno per tutto quanto sopra promesso solennemente e legalmente, sotto la penalità, alla predetta Omodea stipulante per il monastero, per giuramento dato dall’amministratore del monastero o per intervento di un giudice o rettore.

Io notaio imperiale Matteo presente, richiesto, sottoscrissi, pubblicai tutto quanto scritto sopra.

 

1272 giugno 1

Viene nominato il procuratore del monastero matelicese S.M.M.per far  vivere  Mattia con le monache ivi, tenendo  i suoi  beni e recuperandone altri.

 

In nomine Domini. Amen. Anno eiusdem a nativitate MCCLXXII, indictione XV, die prima iunii, tempore domini Gregorii pape decimi. Actum ante portam monasterii sancte Marie Magdalene de Mathelica, coram Petruczolo Sartore, Petro Actonis Philippi, et Johanne Compangnonis del Sancto Angelo, testibus de hiis rogatis et vocatis.

Domina Allumenata prioressa  monasterii sancte Marie Magdalene de Mathelica, cum consensu et voluntate omnium suarum consororum ibidem exixtentium et monialium dicti monasterii, et ipse monilales earumque conlegium et capitulum, constituerunt et ordinaverunt fratrem Andream conversum dicti monasterii earum et dicti monasterii sindicum, procuratorem, et nuntium specialem ad excipiendum, nomine et vice dicti monasterii, tenutam et possessionem omnium bonorum, rerum, et hereditatis Mathiole filie quondam Guarnerii domini Gentilis Lazani, et ad tenendum ipsam possessionem corpore et ad utendum, et fruendum ea, et ad agendum extra ordinem et ordinarie contra ipsam Mathiolam, coram omni Curia et specialiter coram domino et magistro Guillelmo iudice et vicario domini Pape in Marchia, generali, et ad petendum coram eodem contra dictam Mathiolam uti ipsa Mathiola per supradictum vicarium cogatur redire ad dictum monasterium et ad habitandum  et Deo serviendum in eo, ut tenetur et debet atque promisit tempore dedicationis et offertionis sue, quam fecit in monasterio predicto, et ad ducendum ibidem vitam suam ut regularis et monialis eiusdem monasterii et ad petendum, coram dicto vicario, ut idem vicarius predictam Mathiolam moneat et cogat coherti(ti)one canonica et iurili redire ad predictum monasterium suamque rectricem, vel abbatissam, seu priorissam, atque sue consorores et ad degendum in eo et cum eis ut convenit, et precipiunt canonice sanctiones; et ad serviendum in eo Domino Jesu Christo; et ad  petendum ab Yuano domini Scangni, vel eius uxore domina Sibilia, unum par pannorum de gaccinello, quod Florecte vel Rose filie quondam Massei domini Rainaldi dare tenetur et debet;  et ad omnia alia singula fatienda et exercenda tam in  agendo, quam in defendendo que in predictis et quolibet predictorum  seu occasione eorum et circa  et extra predicta, necessaria vel utilia fuerint, ipsi sindico placuerint et expedire videbuntur et ad constituendum alium syndicum vel procuratorem, unum vel plures, uno tempore vel diversis temporibus, ad predicta agenda, vel alterum predictorum; sollempniter  promictentes per se suosque successores, nomine et vice  dicti monasterii et conventus eiusdem habere ratum et firmum quicquid in predictis per predictum sindicum factum fuerit et promissum sub obligatione et ypoteca bonorum et rerum dicti monasterii.

Et ego Matheus imperiali aucoritate notarius hiis omnibus interfui et ut supra legitur rogatus a predictis prioressa et sororibus et monialibus ea omnia subscripsi et publicavi.

 

1272.06.01: Procura per i beni di Mattia

Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno dalla sua natività 1272 indizione XV, a tempo di papa Gregorio decimo, il giorno primo del mese di giugno; redatto davanti alla porta del monastero di santa Maria Maddalena di Matelica, alla presenza di Petruzzolo Sartore, Pietro di Attone Filippi,e Giovanni di Compagnone da Sant’Angelo, testimoni chiamati e richiesti. La prioressa del monastero di santa Maria Maddalena di Matelica, donna Allumenata, con il consenso unanime delle consorelle monache ivi esistenti, espresso collegialmente in capitolo, stabilirono e ordinarono come amministratore, rappresentante e messaggero speciale del loro monastero, Fra’ Andrea converso, per prendere posseso e tenuta, a nome e per conto del monastero, di tutti i beni e cose dell’eredità di Mattiola, figlia del defunto Guarnerio del signor Gentile Lazani e a  tenerne corporalmemte il possesso, usarne, fruirne ed agire in modo ordinario e straordinario contro Mattiola di fronte ad ogni Curia, in particolare di fronte a Maestro Gugliemo giudice e vicario generale del papa nella Marca, e per chiedere che la stessa Mattiola venga, dal vicario stesso, costretta a tornare al predetto monastero per abitarvi e servire Dio in esso, come è tenuta e deve fare, e promise al tempo della dedizione ed offerta da lei fatta nel monastero predetto ed a vivervi come monaca e regolare dello stesso monastero. L’amministratore chieda di persona al vicario che ammonisca e costringa, con coercizione canonica e giuridica, Mattiola a tornare nel monastero stesso  vicino all’abbadessa o prioressa  o rettrice  ed alle monache  per viverci  insieme con loro, come conviene e come esigono le sanzioni canoniche, per ivi servire nostro Signor Gesù Cristo. Inoltre chieda a Ivano del signor  Scagno e  sua moglie donna Sibilia un paio di panni di “gattinello” che Fioretta o Rosa figlia del fu Masseo del signor Rainaldo ha diritto a ricevere da loro. Deve agire, difendere ed esercitare ogni altra cosa in occasione ed a motivo di quanto detto, secondo quanto necessario ed utile al monastero, come meglio potrà decidere, anche stabilendo un altro o più amministratori, nello stesso tempo o in tempi diversi, per fare le cose predette. Promettono per sé e successori, a nome e per conto del monastero e del convento di santa Maria Maddalena di tenere come deciso e stabilito quello che sarà fatto al riguardo dall’amministratore o dagli amministratori, sotto ipoteca dei beni e delle cose del monastero.

Io notaio Matteo di auorità imperiale, richiesto da prioressa, monache e suore sottoscrissi e pubblicai quanto scritto sopra.

 

1273 aprile 19

Venutula dona se stessa ed i suoi beni a Dio nel monastero matelicese S.M.M.  nelle mani della badessa Mattia.

 

In nomine Domini. Amen. Anno eiusdem a nativitate millesimo ducentessimo (septua)gessimo tertio, indictione prima, die XVIIII aprilis, tempore domini Gregorii pape decimi, Mathelice, in monasterio Sancte Marie Magdalene, coram dompno Morico Johannis, domino Finaguerra domini Albrici, magistro Suppo Nicole, frate Vitale, fratre Lenguatio, fratreque Andrea, conversis eiusdem monasterii, testibus de hiis rogatis et vocatis. Venutula filia quondam Vitalis Christiani que alias vocatur Angelutia, iure proprio cessit et dedit offerendo se et sua Deo et Beate Marie Magdalene monasterii (ripetuto) dominarum de Mathelica, domine Mathie abbatisse dicti loci vel monasterii, nomine et vice ipsius monasterii et conventus eiusdem recipienti et solempniter stip(ulanti), omnia sua bona mobilia et immobilia, seseque moventia, iura et accessiones reales et personales utiles et directas mixtas atque con(trar)ias que et quas ipsa Venutula condam habuit, nunc habet, vel in antea habere posset, quoquo modo vel causa in castro Mathelice et eius districtus et ubique locorum; vel alius pro ea et ab ea habet, tenet et possidet et spetiali(ter) bona et res et possesiones ad ipsam Venutulam pertinentes ex successione dicti patris sui Vitalis et domine Benvenisti filie quondam Albrici Carelli, matris sue ex testamento, sive ab intestato, seu aliter; ut a modo predicta domina abbatissa sueque in posterum successores et predictum monasterium et alie persone pro eo predicta omnia habeant, teneant ac possidenat ac de eis fatiant quicquid sibi eorumque successoribus deinceps perpetuo facere placuerit omnibus et singulis super se, infra se (seu) intra se, habitis vel habendis in integrum omnique iure et (act)ione usu seu requisitione sibi ex hiis rebus vel pro hiis rebus pertinenti(bus) sive expectanti(bus), pro amore Dei et remedio anime sue et remissione suorum peccatorum, suorumque parentum. Que bona, res et possessiones in totum constituit se dicta Venutula, precario et nomine dicte domine abbatisse vel monasterii, possidere, donec ipsorum corporalem acceperit possessionem; quam accipiendi auctoritate sua et retinendi deinceps sibi licentiam dedit et plenariam potestatem, et promisit ea omnia per se suosque heredes et successores ipsi domine abbatisse pro se suisque successoribus et dicto monasterio sollempniter stipulanti litem nec controversiam movere set dicta bona res et possesiones ab omni homine et universitate legitime defendere ei domine abbatisse et suis successoribus auctoriczare atque disbrigare et omnia dampna et expensas, salaria cum interesse que et quas et que et quod dicta domina abbatissa et sui successores et ipsum monasterium fecerint vel sustinuerint, in iuditio et extra, in eundo et redeundo seu stando vel alio loco vel causa pro predictis bonis rebus et possessionibus, integre reficere ac resarcire; nec contra predicta vel aliquid de predictis per se vel alium aliquando facere et venire occasione minoris etatis vel alia quacumque ratione vel occasione, sub pena dupli extimationis dictorum bonorum rerum et possessionum, ut pro tempore quo plus valuerint vel meliorata fuerint, a dicta Venutula ipsi domine abbatisse et pro dicto monasterio sollempniter stipulata et promissa; et ea soluta vel non, predicta omnia et singula supra scripta in omnibus et singulis capitulis et pu(n)ctis suprascriptis, nichilhominus suam semper optineant perpetuam firmitatem et sub ypoteca et obligatione suorum bonorum.

Et ego Matheus imperiali auctoritate notarius hiis omnibus interfui et ut supra legitur ea omnia rogatus subscripsi et publicavi.

 

1273.04.19: Consacrazione di Venutula

Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno dalla sua natività 1273, indizione prima, il giorno 19 aprile, a tempo del papa Gregorio X, a Matelica nel monastero di Santa Maria Maddalena;  presenti don Morico di Giovanni, il signor Finaguerra del signor Albrico, mastro Suppo di Nicola, frate Vitale, frate Lenguatio, frate Andrea, conversi dello stesso monastero, come testimoni a ciò richiesti e chiamati. Venutula figlia del fu Vitale di Cristiano, che è chiamata anche Angeluccia, di proprio diritto, offrì se stessa e i suoi beni a Dio e alla beata Maria Maddalena del monastero delle donne di Matelica, a donna Mattia badessa del detto luogo o monastero, la quale riceve e stipula a nome e per conto dello stesso monastero e convento. Venutola cedette e diede tutti i suoi beni mobili ed immobili o semoventi, diritti e accessioni reali e personali, utili e dirette, miste e contrarie, che lei stessa ebbe un tempo, ha ora o potrebbe avere in qualunque modo o causa nel castello di Matelica e suo distretto e in ogni altro luogo; anche i beni che un’altra persona per lei e da lei tiene e possiede, specialmente i beni, le cose e i terreni che sono pertinenti alla stessa Venutola dalla successione di suo padre Vitale e di sua madre signora Benvenisti figlia di Albrico Carelli, da testamento o senza testamento o diversamente, in modo che la predetta donna abbadessa e sue succeditrici e il predetto monastero e le altre persone per conto di esso, abbiano, tengano e posseggano tutti i beni e ne facciano come vogliono con tutto quello che c’è o ci deve essere per intero e con ogni diritto ed azione, uso o requisizione, per sé, da quelle cose o a quelle cose pertinenti e  spettanti. Venutula lo fa per amore di Dio e per il bene dell’anima sua e per la remissione dei peccati suoi e dei suoi parenti. In tutti questi beni, cose e terreni, Venutula stabilì di averne interamente il possesso, a titolo precario, a nome di detta donna abbadessa o del monastero, fino a quando esso ne prenderà possesso corporale e diede licenza e pieno potere di prenderlo di propria autorità e di tenerlo sin da ora. Promise per sé, per i suoi eredi e successori alla stessa donna abbadessa per sé e per le sue succeditrici e per il detto monastero, solennemente stipulante per queste cose, di non muovere lite né controversia, ma legalmente difendere i beni, le cose i terreni da ogni uomo e comunità a favore dell’abbadessa e sue succeditrici;  (deve) autorizzare, disbrigare e rifondere ogni danno e spesa, salario con interesse, e tutto quel che la detta donna abbadessa e le sue succeditrici e lo stesso monastero faranno e sosterranno in giudizio o fuori, andando, ritornando, stando o altro luogo e causa, per i beni predetti e qualunque di essi integralmente ripagarli e risarcirli; né mai agire contro le cose dette sopra o alcuna di esse, da sé o per mezzo di altra persona a motivo di età minore o altra qualsiasi ragione od occasione, sotto penalità del doppio dell’estimo di detti beni, cose e terreni, come avranno valore nel tempo o saranno migliorati, tutti i beni stipulati e promessi dalla detta Venutula alla stessa donna abbadessa e al detto monastero. Tutte queste cose scritte e ogni singola, in ogni punto e capitolo abbiano sempre perpetua stabilità, pagata o non pagata la penalità, sotto ipoteca ed obbligazione dei suoi beni.

Io notaio imperiale Matteo fui presente a tutte queste cose e sottoscrissi tutto quanto si legge sopra e lo pubblicai.

 

1273 aprile 21

Il vicario pontificio per le attività spirituali nella Marca anconetana concede  un indulto per elemosine  alle monache S.M.M. per una cisterna d’acqua.

 

Thomas fanensis prepositus, domini Pape Vicarius in Anconitana Marchia, Massa Trabaria et Civitate Urbini super spiritualibus generalis, universis Christifidelibus per Anconitanam Marchiam, Massam Trabariam et Civitatem Urbini constitutis, presentes licteras inspecturis, salutem in Domino. Comunicatu pietatis obtentui personis religiosis desteram nostram exibere propitiam et eis remedium solaminis impertiri, cum igitur religiose domine Abbatisse et conventus monasterii Sancte Marie Magdalene de Mathelica inceperint facere fieri, propter magnam utilitatem et necessitatem aque, unam cisternam im(!) monaterio suo et ipsum opus propter paupertatem perficere non possint, nec ad id proprie suppetant facultates, universitatem vestram monemus et hortamur attente, vobis in remissionem peccaminum, iniungentes quatenus, de bonis adeo vobis collatis, elemosynas et grata caritatis subsidia erogetis, ita quod, per subventionem vestram, dictum opus valeat consummari et vos, per hec et alia bona, que Domino inspirante, feceritis, ad eterna possitis gaudia pervenire. Nos igitur de Christi misericordia, gloriose Marie semper Virginis eius matris, beatorum Petri et Pauli apostolorum et beate Marie Madalene ac aliorum sanctorum meritis confisi et eorum patrocinio communiti, autoritate domini Pape qua fungimur, universis et singulis qui de personis vel rebus, quotiens eis manum porrexerint adiutricem, centum dies de iniunta eis penitentia misericorditer in Domino relaxamus. In cuius rei testimonium presentes licteras fieri et nostri sigilli appensione muniri. Datum Esii XXI aprilis anno Domini MCCLXXIII, indictione prima, tempore domini Gregori pape X.

 

1273.04.21: Indulto per elemosine al monastero

Tommaso preposito di Fano, vicario generale del papa per le realtà spirituali della Marca Anconetana, della Massa Trabaria e della città di Urbino, saluta nel Signore tutti i fedeli cristiani che sono in questi luoghi e leggeranno la presente lettera. Volendo porgere il nostro aiuto favorevole e mandare un rimedio di consolazione alle persone religiose con senso di solidale pietà, dato che le religiose della badessa e il convento del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica hanno cominciato a far costruire una cisterna per la grande necessità ed utilità dell’acqua nel loro monastero e per la povertà non possono portare a termine tale opera, non avendo beni sufficienti,  ammoniamo ed esortiamo tutti voi,  chiedendo di aiutarle, in remissione dei peccati, dando elemosine  e aiuti catitatevoli, in modo tale che detta opera possa esser competata per mezzo della vostra sovvenzione e voi, per questa e per altre opere di bene che compirete con l’ispirazione divina, possiate giungere alla felicità eterna. Noi, rafforzati dal patrocinio e fiduciosi nella misericordia di Cristo, per i meriti della beata Vergine Maria, dei beati apostoli Pietro e Paolo, della beata Maria Maddalena e degli altri santi, avvalendoci dell’autorità ricevuta di vicario del Papa, concediamo ai benefattori l’indulgenza, per misericordia del Signore, di cento giorni della penitenza imposta (in confessione) ogni volta  che porgeranno la mano in aiuto a quelle religiose.

A testimonianza di ciò abbiamo fatto scrivere la presente lettera, munita del sigillo nostro appostovi. Data a Jesi il 21 aprile 1273, indizione prima, a tempo del papa Gregorio X.

 

1273 aprile  19 (? 1274)

Le monache e la badessa Mattia di S.M.M. donano un oratorio monastico sul monte Gemmo a frate Rainaldc che vi si ritira.

 

GRIMALDI, 1915, pp.333-334; e ACQUACOTTA, 1816, pp.54-57 data 1273 :dal comune matelicese

Exemplum sive copia . In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem a nativitate MCCLXXIII, indictione I, die nono decimo aprilis, tempore Gregorii pape X, Mathelice in oratorio Sancte Marie Madalene de Mathelica, coram dompno Accurso plebano plebis Mathelice, fratre Landolfo Jacomelli et fratre Accurimbona Severini Boni de ordine predicatorum, magistro Alebrandino vicario communis Mathelice, domino Fantegino Raynaldi, domino Fynaguerra domini AIbrici, Frederico domini Alberti, Albertutio Bucari, Yvano domini Scagni Brackete et Zovicta testibus.

Frater Raynaldus Topinus petiit et umiliter supplicavit dominae Abbatissae monesterii Sancte Marie Madalene de Mathelica ut eidem fratri Raynaldo de gratia speciali dignetur concedere et sibi concedat adque det licentiam et aucoritatem adque plenariam potestatem faciendi penitentiam et Deo serviendi in montibus Genbi districtus Mathelicani in loco qui dicitur Trocke et commorandi ibidem in servitio Jesu Christi sub vita et regula sancti Benedicti religione retenta. Que domina abbatissa respondit quod inde baberet conscilium et consensum suarum monalium et consororum. Et statim, ut moris est, fecit pulsari campanam ad capitulum in conventu congregandum, in quo capitalo, facta propositione et reformatione, deliberatum est ut ad praedicta ad sensum et laudem ipsius fratris Raynaldi syndicus ordinetur. Preterea domina Mathia dicta abbatissa monesterii supradicti cum consensu et voluntate consororum, silicet Alluminate sororis, sororis Homodee, sororis Cristine, sororis Iustine, sororis Guidutie, sororis Annese, sororis Margarite, sororis Bevenute, sororis Ysabet, sororis Andree. sororis Cataline, sororis Deutame, sororis Francesce, sororis Iacobe, sororis Barbare, sororis Lucie, sororis Daniele, sororis Berardesce, sororis Cristiane, sororis Cicilie, sororis Aurie, sororis Jacomelle, sororis Iohanne, sororis Rose, sororis Mathie, sororis Caradonne, sororis Mansuete, sororis Lavine, sororis Nastasie, sororis Thomasse, et fratre Lenguatio converso dicti monesterii absolvit, dimixit et liberavit predictum fratrem Raynaldum ab omni obedientia et reverentia et omni promissione, quam idem frater Raynaldus fecisset dicto monesterio, et abbatisse et qua esset obbligatus, ascriptus, et suppositus, vel annexus et ut teneretur vel obligatus esset realiter vel personaliter tam dicto monasterio, quam abbatisse predicte et dedit abbatissa predicta iam dicto fratri Raynaldo, de consensu omnium predictorum consororum et monialium,  licentiam et autoritatem  et plenariam potestatem degendi et Deo famulandi ac serviendi et penitentiam agendi in montibus Genbi districtus Mathelice in loco qui dicitur Troche sub vita et regula beati Benedicti religione retenta congrua et decenti,   ita quod a modo sit exentus et absolutus realiter et personaliter quoad omnia, ab  omni eo   quo teneretur abbatisse predicte in monesterio sepe dicto, a modo dictus frater Raynaldus, in acquisitis et acquirendis loco dictarum Trockarum, realiter et personaliter omnimode sit annessus. Ad que omnia supradicta dicta domina Abbatissa cum consensu et voluntate dictarum suarum consororum et monialium  constituit et ordinavit fratrem Vitalem conversum dicti monasterii suum et dicti monasterii et dictarum monialium et consororum legitimum  syndicum et procuratorem ad liberandum predictum fratrem Raynaldum ab omnibus supradictis  et ad renuntiandum eidem  predicto loco Trockarum omne jus quod predictuum monesterinm et abbatissa quondam habuit et nunc habet vel in antea habere posset aversus predictum fratrem Raynaldum et dictum locum seu oratorium vel ecclesiam Trockarum vel de Trockis nomine et occasione alicuius residentie, operarum constructionis, operis vel edifitiis in dicto loco Trockarum  facte vel facti vel faciendi per ipsum fratrem Raynaldum, vel alias pro eo et ab eo, et nomine et occasione alicuius acquisitionis facte ab eo in dicto loco Trockarum, alicuius donationis eidem fratri Raynaldo facte vel faciende a Petro domini Iacobi et Nepoliono Raynerii et communi Matelice ac aliis personis de montaneis, terris, silvis et quibuscumque aliis bonis, promittens habere ratum quidquit per predictum syndicum factum fuerit.

Qui frater Vitalis syndicus incontinenti omnia et syngula supra scripta egit fecit etsercuit promisit convenit ac ad ea dictum monesterium solleniter adque legitime obligavit predicto fratri Raynaldo,  etc.  Matheus notarius

Munaldus Biciculi notarius predictum istrumentum ut invenit in orriginali trascripsit mandato et autoritate sapientis viri domini Iohannis Corradi judicis et vicarii Comunis Mathelice. Anno Domini   MCCLXXXIX, indinctione   II, tempore domini Nicolay pape quarti, die XI Iunj in Palatio Comunis Mathelice presentibus domino Thomagino Feste,  Palmerulo magistri Palmerii et Francisco Bonafidei testibus.

 

1273.04.19: Donazione di un monastero

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno dalla sua nascita 1273, indizione prima, il giorno 19 aprile, al tempo di papa Gregorio X, a Matelica, nell’oratorio di santa Maria Maddalena di Matelica, mentre sono presenti don Accurso pievano della pieve di Matelica, frate Landolfo Jacomelli e frate Accurrimbona di Severino Boni dell’ordine dei Predicatori, mastro Alebrandino vicario del comune di Matelica, il signor Fantegino di Rinaldo, il signor Finaguerra del signor Albrico, Federico del signor Alberto, Albertuccio di Bucaro, Yvano del signor Scagno Bratte, e Zovitta, come testimoni chiamati a ciò e richiesti. Frate Rinaldo Topino chiese ed umilmente supplicò la donna badessa del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, affinché si degnasse concedere,  conceda allo stesso frate Rinaldo, e dia, per speciale grazia, l’autorizzazione con pieno potere ed autorità ad usare il luogo detto Trocche del monte Gembo, nel distretto matelicese, per ivi servire Dio e fare penitenza, rimanervi a dimorare nel servizio a Gesù Cristo, nella vita e nella regola religiosa tenuta da san Benedetto. L’abbadessa gli rispose dicendo che avrebberichiesto il consiglio ed il consenso delle sue suore e monache. E, come d’uso, fece suonare la campana, prontamente per riunire il capitolo del convento. In questo, fatta la proposta in approvazione si deliberò favorevolmente secondo le richieste a lode di frate Rinaldo riconosciuto amministratore. Inoltre l’abbadessa donna Mattia con il consenso e la volontà delle consorelle e delle monache dello stesso monastero, cioè con il consenso e con la volontà delle seguenti suore: Alluminata, Omodea, Cristina, Giustina, Guiduccia, Agnese, Margherita, Benvenuta, Isabetta, Andreina, Catalina, Diotama, Francesca, Giacoma, Barbara, Lucia, Daniela, Berardesca, Cristiana, Cecilia, Auria, Giacomella, Giovanna, Rosa, Mattiola, Caradonna, Mansueta, Lavinia, Anastasia, Tomassa e frate Lenguatio converso dello stesso monastero, fece l’atto liberatorio, di scioglimeto e dimissione al predetto frate Rinaldo da ogni vincolo di riverenza, obbedienza e da ogni sottomissione, promessa ed obbligo che lo stesso frate Rinaldo avesse fatto allo stesso monastero ed alla badessa, e comunque fosse vincolato, obbligato personalmente, realmente verso il monastero  e la badessa predetti. La stessa abbadessa, con il consenso di tutte le predette consorelle e monache, diede licenza, pieno potere ed autorità al frate Rinaldo di rimanere ivi, in unione spirituale con Dio per servirlo, e fare penitenza nel luogo detto Trocche del monte Gembo, nel distretto di Matelica, sotto la vita e regola religiosa tenuta da san Benedetto, in maniera congrua e decente. In questo modo il frate sia sin da ora in tutto esente e non vincolato personalemte e realmente, da qualunque precedente legame con il monastero e con la badessa predetti; acquisiva e acquisirà realmente e personalmente in ogni modo l’annessione al luogo detto Trocche. L’abbadessa, con il consenso e la volontà delle sue predette suore e monache, come detto sopra, stabilì e ordinò che Frate Vitale converso dello stesso monastero, fosse legittimo amministratore, procuratore, a nome suo e del monatesro delle suore e monache, per liberare frate Rinaldo da ogni vincolo, come detto sopra, per rinunciare ad ogni diritto, azione, ragione che il monastero stesso e la sua badessa ebbero, hanno o avrebbero, nel passato, nel presente e nel futuro, nei confronti di frate Rinaldo e del luogo od oratorio e chiesa delle Trocche, a qualsiasi titolo od occasione di residenza, costruzione, opera o edificio che lo stesso frate Rinaldo ha fatto, fa o farà anche tramite altra persona, parimenti per ogni acquisizione da parte del frate stesso nel luogo Trocche. Inoltre lo rende autonomo per ogni donazione fatta o da fare da parte di Pietro di Giacomo e da Nepoliono di Raniero e dal comune di Matelica o da altre persone, per terre di montagna, boschi e ogni altro bene. Quello che fra Vitale avrebbe deciso viene sin d’ora considerato definitivo e stabilito. Così lo stesso frate Vitale fece ogni azione, esecuzione, promessa, contratto obbligando legalmente e solennemente il detto monastero nei rapporti con frate Rinaldo predetto.

Scrive l’atto il notaio imperiale Matteo. La copia di questo atto è stata scritta in data 11 giugno 1289 nel Comune di Matelica alla presenza di signor Tomagino di Festa, Palmerulo di matro Palmerio e Francesco di Bonafede, testimoni.

 

1274 agosto 18

Il vicario pontificio per le realtà spirituali nella Marca anconetana fa eseguire al pievano di Matelica un’istruttoria presso le monache e la badessa Mattia di S.M.M. su Venutula.

 

In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem MCCLXXIIII indictione II, tempore domini Gregorii pape X, die XVIII agusti intrantis. Actum Mathelice ante portam monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica, presentibus dompno Johanne Divitie, dompno Ventura magistri Actonis, testibus de his vocatis. Dompnus Adcursus plebanus plebis Mathelice ex vigore licterarum et auctoritate venerabilis domini magistri Bernardi narbonensis archidiaconi cappellani domini Pape vicarii generalis in Marchia Anconitana in spiritualibus, rogavit, monuit, sub excommunicationis pena, precepit domine Mathie abbatisse monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica, fratri Jacobo syndico dicti monasterii et omnibus monialibus loci eiusdem, ut exiberent corporaliter sacramentum et dicere(!) veritatem super his que in licteris continentur; a quo precetto tam abbatissa quam dictus syndicus vice et nomine ipsorum, monasterii et totius conventus, una voce adpellaverunt pro eo quod dicunt se velle dicere veritatem sine sacramento et parate sunt, iussta posse, ita facere quod puella, de qua questio vertitur, usque ad quartam diem personaliter compareat coram domino vicario supradicto et ipsius obbedire mandato. Forma autem licterarum hec est et talis est.

Magister Bernardus archidiaconus narbonensis, domini Pape cappellanus, Marchie Anconitane, Masse Trabarie, civitatis ac diocesis Urbini in spiritualibus vicarius generalis, provido viro dompno Accurso plebano plebis de Mathelica, salutem in Domino. Nuper ad denuntiationem excommunicationis illate per vos contra abbatissam et conventum monasterii Sancte Marie Madalene, occasione detentionis Venutule Vitalis cuius tutor est Petrus Amate de Mathelica, de nostro cessastis mandato, eo quod sententia ipsius excommunicationis nostre sub conditione lata fuerat, et non pure, super quo idem tutor, nunc in nostra presentia constitutus, querimoniam mangnam fecit, sentiens se propter hoc gravari; nos autem volentes in predictis procedere ut iuris est, tenore presentium vobis qua fungimur auctoritate mandamus iniungendo sub excomunicationis pena quatemnus, visis presentibus, ad dictum monasterium personaliter adcedenteris (!) recetto a predictis abbatissa et monialibus corporali iuramento, queratis ab eis si memoratam puellam, tempore litigii quod fuit occasione dicte puelle inter dictum tutorem et dictas abba(ti)ssam et moniales, possederunt et tenuerunt vel eam non dexierunt de lo possidere; resscripturum nobis dictum earumdem et quidquid fecerint in predictis, ut super premissa negotia procedere valemus secundum tramitem retionis. Datum Cinguli XVI agusti pontificatus domini Gregorii pape  X anno tertio.

Dopnus Adcursus plebanus plebis Mathelice interrogavit supradictam dominam abbatissam et fratrem Jacobum syndicum dicti monasterii si puella si puella (!) de qua questio ventilatur, fuit tempore litigii et quo modo dixcessit (!) de ipso monasterio et ubi est nunc. Ad que dicta domina abbassa(!) resspondens dixit quod dicta Venutula fuit in dicto monasterio V die intrante martio prossime preterito et exttiterat (!) per XI mensex (!)  precedentes proximum martium preteritum; interrogata quo modo dixcessit dicta puella de ipso monasterio, dixit quod fecerit eam excedere de consilio fratris Jacobi, plebani plebis Faverii et aliorum sapinet(um) ipsius monasterii. Item interrogata ubi est nunc, dixit quod est in quodam monasterio de ducatu quod vocatur monasterium monasterium (!) Sancte Marie Madalene.

Et ego Bonacosa Benvengnati imperiali auctoritate notarius predictis interfui et de mandato dicti plebani scripsi et plubicavi (!) . . . . .

 

1274.08.18: Istruttoria giudiziaria

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno suo 1274, indizione seconda, a tempo di papa Gregorio X, il giorno 18 agosto, redatto a Matelica, davanti alla porta del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica; presenti il signor Giovanni di Divizia, il signor Ventura di mastro Attone, come testimoni a ciò chiamati. Don Accurso pievano delle pieve di Matelica, in vigore della lettera e per autorità del cappellano del Papa maestro Bernardo arcidiacono narbonense, vicario generale nelle realtà spirituali nella Marca di Ancona, richiese, ammonì e sotto forma di scomunica diede ordine a donna Mattia abbadessa del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, a frate Giacomo amministratore di tale monastero ed a tutte le monache del luogo di prestar giuramento personale e dire la verità circa le notizie richieste dalla lettera. La badessa e il sindaco, a nome loro e del monastero e di tutto il convento, con voce unanime, fecero appello per il fatto che dicono di voler dire la verità ma senza giuramento e sono pronte a fare il loro possibile affinché la ragazza di cui si parla, entro il quarto giorno, compaia personalmente alla presenza dello stesso vicario papale ed obbedisca ai suoi comandi.

La lettera ha questo contenuto. Maestro Bernardo arcidiacono narbonense, cappellano e vicario generale del Papa nelle realtà spirituali nella Marca Anconetana, nella Massa Trabaria e nella città e diocesi di Urbino, saluta nel Signore don Accurso pievano della pieve matelicese. La vostra minaccia di scomunica contro la badessa e il convento del monastero di Santa Maria Maddalena, nell’occasione che tenevano Venutula di Vitale di cui è tutore Pietro d’Amata di Matelica, era stata da noi sospesa a motivo del fatto che il dare la scomunica non era immediato, ma era posto sotto nostra condizione. Di fatto il tutore della ragazza, avvertendo la gravità incombente, si è presentato a noi per lamentarsi molto. Noi vogliamo procedere in forma giuridica; e d’autorità, con questa lettera, vi facciamo ingiunzione sotto pena di scomunica, affinché, dopo letta la presente, vi rechiate di persona al monastero per interrogare le monache e l’abbadessa che prestino giuramento e dicano in verità se la detta ragazza era stata tenuta in monastero e sotto il dominio dall’abbadessa e dalle monache, al tempo del litigio che il tutore di lei ebbe per tale problema con l’abbadessa e con le monache. Per iscritto dateci informazione su quanto dicono al riguardo affinché noi possiamo procedere seguendo il tramite della ragione. Data a Cingoli il 16 agosto nell’anno terzo del pontificato di papa Gregorio X.

Il pievano matelicese Accurso interrogò la badessa del monastero e frate Giacomo loro amministratore, se la ragazza in argomento fosse stata in monastero all’epoca del detto litigio e come fosse uscita dal monastero e dove al presente si trovasse. La badessa rispose che Venutula era restata in monastero per undici mesi fino al giorno 5 marzo ultimo scorso. Interrogata sul modo come fosse uscita da lì, rispose che l’aveva fatta uscire per consiglio di frate Giacomo, del pievano di Pieve “Faverio” e di altre persone sagge del monastero. Interrogata sul luogo ove si trovasse al presente, rispose che era in un monastero del ducato, monastero chiamato di santa Maria Maddalena.

Scrissi il presente atto io Bonacosa Benvegnati, notaio imperiale, per ordine del pievano e lo pubblicai.

 

1275 febbraio 11

Il vicario pontificio per le realtà spirituali nella Marca anconetana concede al monastero matelicese S.M.M. il privilegio che non si costruista altro oratorio nelle vicinanze di esso.

 

Magister Bernardus archidiaconus narbonensis, domini pape cappellanus, Marchie Anconetane, Masse Trabarie ac civitatis et diocesisis Urbini super spiritualibus vicarius generalis dilectis in Christo sibi  *****(spazio senza nome) abbatisse et conventui monasterii Sancte Marie Magadalene de Matelica camerinensis diocesis salutem in Domino. Exhibita nobis vestra petitio continebat quod cum bone memorie dominus condam Guido camerinensis episcopus vobis indulcxerit(!) ut nullus religionis mon(asterium) aut clau(str)um seu oratorium religios(orum)  . . .(edifi)cari vel contrui possit de novo (foro) . .  . .(=infra) spatium sexaginta cannarum ad cannam iustam comitatus camerinensis a vestro monasterio, misuratarum per aera, confirmare vobis indulceum(!) huiusmodi curaremus, nos igitur petitionem huiusmodi admictentes indul(t)eum ipsum vobis tenore presentium prout rite ac iuste factum est, auctoritate qua fungimur, confirmamus. In cuius rei testimonium presentes licteras vobis exinde fieri fecimus sigilli nostri appensione munitas. Datum aput Montecculum anno Domini MCCLXXV die XI februarii III indictionis, pontificatus domini Gregorii pap(e) decimi anno tertio.

 

1275.02.11: Indulto vescovile per il monastero

Il Maestro Bernardo, arcidiacono narbonense, cappellano del papa e suo vicario generale nelle realtà spirituali della Marca Anconetana, della Massa Trabaria e della città e diocesi di Urbino saluta nel Signore la badessa e le monache, dilette in Cristo, del convento di Matelica, diocesi di Camerino. Nella richiesta da voi presentataci domandate che vi confermiamo l’indulto del defunto predecessore don Guido vescovo camerinese di buona memoria, che non si potesse di nuovo edificare o costruire nessun monastero o chiostro ad uso di religiosi entro lo spazio di sessanta canne secondo la giusta canna del comitato di Camerino, misurate dal vostro monastero in linea d’aria. Noi dunque accettiamo la siffatta richiesta  e in forza della presente lettera vi confermiamo lo stesso indulto richiesto in modo rituale e giusto per l’autorità di cui siamo investiti. A testimonianza di ciò abbiano fatto fare la presente lettera munita con l’appendervi il nostro sigillo.

Dato presso Montecchio nell’anno del Signore 1275 giorno 11 febbraio, indizione terza, anno terzo del pontificato del nostro papa Gregorio X.

 

1278 febbraio 16

Le suore del monastero matelicese di Sant’Agata sottomettono se stesse ed i beni  monastici al monastero e alla badessa Mattia di S.M.M.per avere dignità di vita.

 

In Dei nomine. Amen. Anno Domini MCCLXXVIII indictione VI tempore domini Nicolai pape tertii, die XVI februarii intrantis. Actum in monasterio sive ecclesia Sancte Agathe de Mathelica, presentibus dompno Ventura, magistro Compagnono, Yuano domini Scangni, Bocabreza Barthuli, Petro domini Jacobi et Nepuliono Rainerii, testibus.

Domina Alluminata sive Latina abbatissa seu priorissa loci et sororum Sancte Agathe de Mathelica et soror Benvenuta monialis dicti loci sancte Agathe dederunt, donaverunt, cesserunt et submiserunt se et dictum locum cum bonis, rebus et possessionibus eis pertinentibus, monasterio Sancte Marie Madalene et fratri Jacobo syndico ipsius monasterii, recipienti nomine et vice ipsius monasterii Sancte Marie Madalene de Matelica; et promiserunt ipsi syndico, recipienti pro domina Matthia abbatissa predicti monasterii Sancte Marie Madalene, abedientiam et reverentiam, paupertatem et castitatem et observare regularia  i(n)stituta predicti monasterii et (quod) predicta domina abbatissa possit ponere moniales et sorores in dicto loco Sancte Agathe et removere, cum dicte sorores Sancte Agathe videant et congnoscant se non posse honeste vivere in ipso loco; hoc ideo dederunt et concesserunt dicto monasterio pro redentione peccatorum suorum; et quia ipse frater Jacobus syndicus dicti monasterii Sancte Marie Madale(ne) recepit predictas sorores sub regula dicti monasterii, cum domibus et hedifitiis, plateam et territorium dicti monasterii Sancte Agathe et cum omnibus aliis iuribus et actionibus que ubicumque dictus locus et ipse sorores coniunctim vel divisim habent vel habere possunt modocumque vel causa; reservato sibi Alluminate fructus tenutam et possessionemm et proprietatem unius petie terre posit(e) in dicstrictu (!) Mathelice, in villa Camoiani, iusta dominum Fanteginum et viam; que de ipsa terra ipsa Alluminata in vita et morte, possit facere vel relinquere ad suam voluntatem; dando et concedendo predicto fratri Jacobo syndico dicti monasterii Sancte Marie Madalene, liberam licentiam et plenariam potestatem, auctoritate propria, accipiendi tenutam et possessionem dictarum rerum et de eis fatiendi quicquid eis videbitur, promictentes rata et firma perpetuo habere atque tenere et in nullo contra facere vel venire, aliqua occasione vel exceptione sub obli(gatione) bonorum dicti loci Sancte Agathe.

Ego Bonaventura Benenanti notarius plubicus (!) predictis omnibus interfui et a predictis contrahentibus rogatus ea omnia scripsi et publicavi.

 

1278.02.16: Oblazione del luogo di Sant’Agata

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1278, indizione sesta, al tempo di papa Nicolò III, il giorno 16 febbraio, redatto nel monastero o chiesa di Sant’Agata di Matelica, presenti il signor Ventura, mastro Compagnono, Ivano del signor Scagno, Boccabreza di Bartolo, Pietro del signor Giacomo e Napoliono di Raniero, testimoni a ciò chiamati. Donna Alluminata o Latina badessa o prioressa del luogo e delle suore di Sant’Agata di Matelica e suor Benvenuta monaca di detto luogo di Sant’Agata, dettero, donarono, consegnarono e sottomisero se stesse e il detto luogo con i beni, le cose e i terreni pertinenti, al monastero di Santa Maria Maddalena e a frate Giacomo amministratore di questo monastero, il quale le accoglie a nome e per conto di questo stesso monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica. Esse promisero all’amministratore che le riceve, a nome di Mattia  badessa di esso monastero di Santa Maria Maddalena, la loro obbedienza, riverenza, povertà e castità e di osservare le istituzioni della regola di detto monastero. La predetta donna badessa ha il potere di stabilire le dette monache e suore nel detto luogo di Sant’Agata e può rimuoverle, dato il fatto che le stesse suore di Sant’Agata vedono e riconoscono che esse non possono vivere decorosamente nel luogo di Sant’Agata e per questo motivo si donarono e consegnarono al predetto monastero per la redenzione dell’anima e dei loro peccati. Frate Giacomo amministratore del detto monastero di Santa Maria Maddalena accolse le dette suore sotto la regola di esso monastero, con le case, gli edifici, lo spiazzo e le terre del monastero di Sant’Agata e con tutti gli altri diritti, azioni e tutto quello che il luogo loro e le stesse suore, insieme o singolarmente, hanno o possono avere in ogni modo o causa.

Donna Alluminata si riserva la tenuta del fruttato, il possesso e la proprietà di un pezzo di terra posta nel distretto di Matelica, a Villa “Camoiano” a confine con il signor Fantegino e con la via. La stessa Alluminata in vita ed in morte può fare e lasciare questo terrenuccio a sua volontà. Dà e concede a frate Giacomo, amministratore del monastero di Santa Maria Maddalena, libera licenza e pieno potere, di propria autorità di prendere la tenuta ed il possesso delle predette cose di San’Agata, e di fare di queste tutto ciò che vorranno, promettendo di tenere stabile e deciso per sempre e non agire o fare in contrario, in nessun occasione, né eccezione, obbligando in ciò i beni di Sant’Agata.

Io Bonaventura Benenanti pubblico notaio richiesto, fui presente a tutte le cose scritte sopra, ho sottoscritto e pubblicato.

 

(1278 marzo 7 : manca la parte iniziale, il testo è  nella sentenza 13.09.1286)

Le suore del monastero matelicese di Sant’Agata rinunciano ad agire contro il monastero e  la badessa Mattia di S.M.M. annullando  le procure precedenti.

 

. . . . . . . . . . . . . a secundo fossus communis, a terio filii . . . . . . . . . . . . . . . . . . . via cum domibus, edificiis . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .  predictos continentur confines et cum omnibus aliis iuribus et actionibus que ubicumque dictus locus et ipse sorores conciunctim et divisim habent, vel habere possent, modocumque vel causa revocantes su cassantes omnem sindicum seu procuratorem speciliter Salimbene Compagnoni et Sinibaldum Massei pro parte dicti loci et sororum Sancte Agathe contra dictum monaterium Sante Marie Madalene et renuntiantes interlocutorie et interlocutoriis si que usque ad presens tempus late sunt contra dictum monasterium Sante Marie Madalene, pro dicto loco occasione muri et edifitii quod edificabantur in dicto loco et situ contra formam privilegiorum dicti monasterii Sancte Marie Madalene, constituentes se nomine dicti monasterii et dicte domine Mathie possidere predictum territorium et casarenum et domus et edifitia et dederunt licentiam et plenariam potestatem predicte domine Mathie recipienti pro dicto monasterio, auctoritate propria accipiendi possessionem dictorum bonorum et de eisdem fatiendi quod eisdem videbitur, pro(mic)tentes rata et  firma habere perpetuo et dampna et expensas reficere sub obligatione bonorum dicti loci Sancte Agathe et non contra facere vel venire contra predicta vel aliquod predictorum per se (vel) alium, sub dicta  (pena) qua soluta vel non, . . . .  manente contractu.

Et Ego Moricus de Fabriano imperiali auctoritate notarius hiis interfui rogatus scribere subscripsi et publicavi.

 

1278.03.07:  Rinuncia ad una lite

. . . . . . . a confine con il fosso del comune,   . . . con i beni del fu mastro Matteo,con la via  . . . . contenuti entro i confini predetti.

Cedettero inoltre tutti gli altri diritti ed azioni che il loro modo e le dette suore congiuntamente o separatamente hanno, o potrebbero avere in qualunque luogo e motivo. Revocano ogni loro procuratore, amministatore, agente specialmente Salimbene Compagnoni e Sinibaldo Massei per parte di esso luogo e suore di Sant’Agata, in causa contro il monastero di Santa Maria Maddalena. Rinunciano all’interlocutoria e a quanto presentato sino ad oggi contro il monstero di Santa Maria Maddalena, in occasione de muro e dell’edificio che veniva costruito in esso luogo in contrasto con la norma di distanza del privilegio del monastero di Santa Maria Maddalena. Stabiliscono che esse posseggano le predette terre, il casareno, la casa e gli edifici a nome del detto monastero di Santa Maria Maddalena e di donna Mattia. Danno licenza e pieno potere alla stessa donna Mattia ricevente per il detto monastero di prendere possesso di propria autorità di tali beni e di farne quel che volesse. Promettono di mantenere stabile e deciso quest’atto in perpetuo e di rifondere danni e spese, obbligando i beni del loro luogo di Sant’Agata, e di non agire in contrario, né contrastare le cose dette sopra, né alcuna di esse, né direttamente, né tramite altri, sotto la predetta penalità e il contratto rimane stabile, ratificato, sia che la penalità fosse o non fosse pagata.

Io Morico da Fabriano notaio di autorità imperiale, richiesto di scrivere, sottoscrissi e resi pubblico l’atto.

 

1278 luglio 16 e 17

Il procuratore del monastero matelicese S.M.M. e della badessa Mattia interpone appello contro il divieto  dell’uditore capitolare di Camerino ad  unire il suo  monastero con quello di Sant’Agata.

 

In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem MCCLXXVIII indictione VI (tempore) domini Nicolai pape tertii, die dominico XVII iulii. Actum fuit . . . . . sive iuxta domum monasterii Sante Marie Magdalene de castro Mathelice. Presentibus dopno Sabbatino Actonis, Jacobo Bonitini et alii testibus. Yuanus domini Scangni syndicus monasterii Sancte Marie Magdalene de castro Mathelice, nomine et vice ipsius monasterii e pro ipso monasterio, sentiens se et dictum monasterium esse gravatum a continentia(!) infrascriptarum licterarum, ab ipsa continentia ipsarum licterarum infrascriptarum et ab omni gravamine sibi et dicto monasterio illato et inferendo, occasione ipsarum licterarum, viva voce appellavit. Quarum licterarum tenor talis est.

Scangnus plebanus (Tole)ntini camerinensis canonicus et vicemgerens domini archidiaconi et capituli maioris ecclesie camerirensis, sorori Mathie abbatisse monasterii Sancte Marie Magdalene de Mathelica  et aliis religiosis monialibus dicti loci, salutem in Domino. (Publice) relatione pandente nobis quod  vos unionem ecclesiarum Sancte Marie supradicti monasterii et Sancte Agate de dicta terra, propria inistis auctoritate  unire et unionem fare(!) de predictis, de quo miramur (cum) hoc ad vos non spectet vel pertineat ullo modo. Quocirca,  vobis et unicuique  (vestrum) presentium serie, auctoritate qua fungimur pro camerinensi ecclesia, precipiendo mandamus (quatenus) in ipsa unione nullatenus procedatis fatienda . . .  vos, cum pertineat ad episcopum camerinensem in sua diocesi maxime usque  ad reditum ipsius episcopi sub excommunicationis pena quam vos et unamquamque vestrum incurrere volumus ipso facto si secus duxitis (!) fatiendum, et si aliquo processistis in statum pristinum reducatis et sub pena ipsius domini episcopi arbitrio auferenda. Alioquin contra vos ut iustum fuerit procedemus. Datum Camerini die XVI iulii intr(ante) iulio, VI (indictione).  Si vero de predictis gravatas asseritis V dies post assegnationem presentium, legitimum syndicum coram nostra presentia trasmictere curetis super predictis a nobis recepturum iustitie complementum.

Ego Junta Albertutii notarius publicus imperialis magestatis auctoritate, huic appellationi presens interfui a dicto Yuano rogatus subscripsi et publicavi.

 

1278.07.17: Appello contro il precetto dell’uditore camerinese

Nel nome di Dio. Amen. Nel suo anno 1278, indizione sesta, a tempo di papa Nicolò III, il giorno 17 luglio, domenica. Redatto presso la casa del monastero di Santa Maria Maddalena del castello di Matelica, mentre sono presenti don Sabbatino di Attone, Giacomo di Benetino e altri testimoni. Ivano del signor Scagno, amministratore del monastero di Santa Maria Maddalena del castello di Matelica, a nome e per conto dello stesso monastero ed a favore del monastero, dichiarando che egli e il monastero si considerano gravati dal contenuto della lettera qui trascritta, a motivo dell’aggravio inflitto e da infliggere a lui e al monastero in l’occasione della stessa lettera, vivamente fecero l’appello. Il contenuto della lettera è questo.

(Don) Scagno pievano di Tolentino, canonico camerinese e vicegerente dell’arcidiacono e del capitolo della chiesa maggiore di Camerino, saluta nel Signore suora Mattia badessa del monastero di santa Maria Maddalena di Matelica e le altre religiose monache di detto luogo. Si ha notizia di pubblica diffusione che voi avete cominciato l’unione della chiesa di santa Maria del sopradetto monastero con quella di Sant’Agata della detta terra, d’autorità propria. Noi siamo meravigliati dell’unione che fate delle predette chiese poiché ciò non spetta a voi, e in nessun modo vi appartiene. Pertanto con l’ordine della presente lettera comandiamo a voi ed a ciascuna di voi, con l’autorità che esercitiamo per la chiesa camerinese, facendo precetto che voi non procediate in nessun modo nel fare la predetta unione, poiché ciò spetta al vescovo camerinese nella sua diocesi, soprattutto in attesa del ritorno dello stesso vescovo, sotto penalità di scomunica immediata che vogliamo comminare a voi ed a ciascuna di voi per lo stesso fatto, se pensate di fare diversamente. Se avete proceduto nel cambiare qualcosa, riportatelo alla precedente situazione. E’ ad arbitrio dello stesso vescovo per togliere la penalità. Diversamente procederemo contro di voi secondo giustizia.

Dato a Camerino il giorno 16 luglio entrante, indizione sesta. Se in verità vi dichiarate gravate dalle cose dette sopra, provvedete a far giungere il vostro amministratore alla nostra presenza affinché riceva da noi il completamento della giustizia riguardo a ciò.

Io  Giunta di Albertuccio notaio pubblico di autorità della imperiale maestà fui presente a questo appello e richiesto dal detto Ivano sottoscrissi e pubblicai.

 

1278 dicembre 2 (riuniti due frammenti in base ai mss. del Vogel)

Il procuratore del monastero matelicese di S.M.M. e della badessa Mattia, concorda la divisione della coeredità di una religiosa con altri.

 

(In) Dei nomine. Amen. Anno eiusdem MCCLXXVIII indictione VI tempore domini Nicolai pape III, die II decembris. Adtum (!) Mhtelice (!) ante monasterium Sante Marie Madalene, presentibus  Mahteo (!) Franconum, Cangno Raynaldi, Martino Pauli et aliis testibus. Frater Andrea(s) syndicus monesterii Sancte Marie Madalene una cum consensu et voluntate abatisse diti (!) monesterii et ipsa abatissa consentiente iure proprio et ad proprium, dedit, cesit (!), concesit adque . . . . Vivono . . . . . . . . . . . terre   . . . . . . . (parte mancante tra il primo e il secondo frammento  macchiato al margine)

. . . quosdam dictus Vivonus abere . . . .  ab Angelutia monaca diti monasterii eredes  Andree magistri Petri Boni pro dote et residuo dotis qual ditus Vivonus tenetur a supra dito magistro Petro Boni et suis eredibus prout ore sua domina Alarica et figlia diti Vivonis et pro residuo dotis quam  pro ea abuit a dito Vivono pro dita domina Alarica et filia diti Vivonis et quam a dita Angelutiia pro sua parte et ereditat(em omnem) abere tenetur, dando ei Vivono liberam licentiam et plenariam potestatem tenute di(t)e terre intrandi, possidendi, feutandi ac retinendi ut sibi aut cui concesserit placuerit . . .  que  ad ditum tempus promitens ditus sindicus et dita aba(ti)ssa (con)sentiente quod dita tera alicui non est obligata . . . . . .  ceduta nec alicui dabitur nec concedetur . . . .  in finem diti tere usui (?) quod si apareret alicui esse data . . . . non concederetur alicui per aliquem diti . . . . . .  ipse sindicus et domina Mahtia abbatissa dicti monasteriii eam in dono conservare et (omne)qu(e) damnum litis et expensas salaria et interesse que (et) quas fecerit vel sustinuerit ditus entor pro predictis ipse sindicus integre reficere et resarcire promisit semper credito suo sacramento sine libelli petitione, renuntians ipse sindicus omnibus ausiliis beneficii decretis et decretorum et aliis iuribus quibus ipse oponere posset coco(!) modo et causa que omnia iam ditus sindicus cum consentia (!) et voluntate dite domine abatisse atendere et oservare promisit dicto Vivono et cui concesserit sub pena II libre ravennat. et anconet. bonorum et ipoteca dicti monasterii, qua pena soluta et non, predicta omnia semper (rata) et firma abere, adque tum promisit et omnia  . . . et suntum reficere etiam perpetuo faciendum.

Et ego Ventura Massei notarius plubicus(!) is omnibus interfui et de  is omnibus a supra ditis rogatus scribere suscripsi et publicavi.

(Nel tergo della pergamena uno scritto nella stessa epoca)

. . . infra hec latera: a II Salimbene Molla (Pa)cis; a III filius Ufredutii ser Belle; a IIII via; presen(tibus) Cangno (Rai)naldi Atonis et (A)ntonium Martini.

 

1278.12.02: Contratto per la spartizione di un’eredità

Nel nome di Dio. Amen. Nel suo anno 1278, indizione sesta, a tempo del papa Nicolò III, il giorno 2 dicembre. Redatto a Matelica davanti al monastero di Santa Maria Maddalena, mentre sono presenti Matteo di Francone, Cagno di Rinaldo, Martino di Paolo e altri testimoni. Frate Andrea amministratore del monastero di Santa Maria Maddalena con il consenso e la volontà dell’abbadessa del detto monastero e la stessa abadessa consensiente di proprio diritto e proprietà, diede, cedette, concesse a Vivono . . . la terra  . . . .( manca una parte tra i due frammenti stralciati) . . . .che il detto Vivono (deve) avere da Angeluccia monaca del detto monastero come erede di Andrea di mastro Pietro Boni per la dote e residuo di dote che il detto Vivono deve avere a voce dal sopradetto mastro Pietro Boni e suoi eredi e  il residuo dotale che  ebbe dal detto Vivono (riguardante) la detta donna Alarica e la figlia di detto Vivone e quanto spettante da Angeluccia per sua parte di eredità ed ogni eredità (che) è tenut(o)  avere. Dà  a Vivono libera licenza e pieno potere di tenuta della terra, entrarvi, possederla, infeudarla, e conservarla come piacerà a lui o a chi vorrà egli darla. L’amministratore predetto con il consenso della badessa promette che questa terra non è vincolata a nessuno e non sarà concessa ad altri, neanche in uso, e qualora apparisse che si concedesse, lo stesso amministatore e la badessa Mattia la conservano in dono e si impegnano a ripagare ogni danno di lite, spese e salari con interesse che il detto compratore farà e sosterrà riguardo a ciò, con impegno solenne, senza bisogno di giuramento scritto. L’amministratore rinuncia ad ogni ausilio di beneficio o decreto o diritto con cui possa agire in contrasto, in qualsiasi modo o causa. L’amministratore con il consenso e la volontà dell’abbadessa promise di mantenere e di osservare quanto sopra per il detto Vivone o altro suo concessionario, sotto penalità di due libbre ravennati od anconetane e sotto ipoteca dei beni di detto monastero. Le cose scritte sopra rimangono sempre stabili,  pagata o non pagata la penalità. E promise di rifondere  la spesa e mantenere tutte queste cose in perpetuo.

Io Ventura Massei notaio pubblico fui presente a tutte queste cose e richiesto di scrivere sottoscrissi e pubblicai.

Nel tergo si indicano alcuni confini di proprietà:

. . .   “fra questi confini, nel secondo lato Salimbene Molla(?) (Pa)ci; nel terzo lato il figlio di Ufredutio di ser Belle; nel quarto lato la via; presenti Cagno di (Ra)inaldo  Attoni e (An)tonio di Martino”.

 

1279 luglio 3

La signora Ricca dona i beni della sua dote, riservandosene a vita l’usufrutto, al monastero e alla badessa Mattia di S.M.M. in modo che li godano dopo la sua morte.

 

In Dei nomine. Amen. Hoc est exemplum rogiti sive protocolli inventi seu existenti in quaternis magistri Mathei dopni Bentevolii condam notarii sub anno domini MCCLXXVIIII indictione VII tempore Nicolai pae III, die III iulii, in ecclesia Sancte Marie Madalene de Mathelica, coram fratrem (!)  Alesandro lectore firmano de ordine Fratrum Predicatorum, fratre Jacobo de Cammerino(!) de eodem ordine, fratre Petro Egidii, fratre Vitale Benve(nu)ti et domino Jacobo de Ugubio, testibus. Cuius tenor talis est, sic incipientis. Domina Ricca filia condam Curtufunni de Pudio, pure, libere, simpliciter inter vivos et inrevocabiliter donavit domine Mathie abbatisse monasterii Sancte Marie Madalene, nomine et vice ipsius monasterii, solenniter et legitime stipulanti, dotem suam que fuit C. librarum ravennat. et anconit. reservato sibi usus fructus in vita sua dicte dotis; in obitu sit ipsius monasterii; dans et cedens eidem omne ius et actionem quod et quam habet in bonis domini Berretilli sui viri, occasione dotis dicte; ponens eamdem in locum suum, fatiens eamdem procuratricem ut in rem suam ut post mortem ipsius possit agere et experiri et repetere dictam dotem adversus dominum Berretillum et eius bona, etcetera; ut ipsa facere posset, etcetera; hoc ideo fecit pro anima sua et pro remedio suorum peccatorum et suorum parentum; et promisit eam donationem non revocare aliqua ingratitudinis causa nec alia quacumque sub pena dupli dotis, etcetera; insuper iuravit ad sancta Dei evangelia predicta habere rata et firma et non venire contra sub pena iam dicta, et damna et suntus cum interesse reficere etcetera.

Et ego Bonacosa Benvengnati notarius publicus ut (vidi) legi et inveni in qua(terno) vel in quaternis magistri Mathei domini Bentevolii condam notarii, ita per ordinem transscripssci (!) et exemplavi, nil addens nec minuens fraudolenter preter puntum vel silabam que instrumentum non falsant, et in plubicam (!) formam redegi, data et concessa michi auctor(itate) de his exemplandis et plubicandis a domino Ugolino domini Leti de civitate Auximi iudice et vicario comunis Mathlice per nobilem virum Jacobellum domini Claudii de civitate predicta nec non de consilio generali et spetiali communis Mathelice sub anno Domini MCCLXXX indictione VIII, Romana sede pastore vacante, die XXVI novembris. Actum Mathelice in trasanna communis, presentibus domino Jacobo plebani, Jacobo Benecase, Juano Jacoboni et Francisco magistri Petri et alii pluribus testibus, etc.

(in calce)

Die XVIIII iulii prodit(um) per fratrem Jacobum coram (vicario) presente fratre (Guille)lmo.

 

1279.07.03: Donazione della dote sponsale

(Copia) Nel nome di Dio. Amen. Copia di un atto notarile presente nei quaderni di mastro Matteo del signor Bentevoglio notaio defunto. L’anno 1279, indizione settima, a tempo di papa Nicolò III, il giorno 3 luglio nella chiesa di Santa Maria Maddalena di Matelica, presenti come testimoni: frate Alessandro lettore fermano dell’ordine dei Predicatori, frate Giacomo da Camerino dello stesso ordine, frate Pietro di Egidio, frate Vitale di Benvenuto, ed il signor Giacomo da Gubbio. Ecco il contenuto. Donna Ricca figlia del fu Curtufonne da “Pudio” fece dono puro, libero e semplice a donna Mattia badessa del monastero di Santa Maria Maddalena, stipulante a nome e per conto ed a favore del monastero, diede la sua dote di cento libbre ravennati od anconetane, con riserva di usufrutto vita natural durante. Dopo la sua morte, l’usufrutto sia riunito al monastero predetto. Dà e concede allo stesso ogni diritto ed azione che ha sui beni del signor Berretillo suo marito, per occasione di dote, e l’abbadessa è resa procuratrice, con diritto di agire dopo la sua morte  per ricercare e ricevere la predetta dote contro il signor Berretillo ed i suoi beni ed abbia potere di fare come per legge. La donatrice fa questo per la sua anima e per il rimedio dei peccati suoi e dei suoi genitori. Promise che questa donazione non sarebbe revocata per nessuna causa d’ingratitudine o in qualsiasi altro modo, sotto penalità del doppio della dote. Inoltre giurò sui santi vangeli di Dio di mantenere stabile e deciso tutto quanto  detto sopra e di non fare azione contraria sotto la penalità già detta e con l’obbligo di ripagare i danni e le spese con interessi.

La copia del presente atto fu fatta dal notaio pubblico Bonacosa Benvegnati per ordine del giudice e vicario del comune di Matelica, il signor Ugolino del Signor Leti della città di Osimo e per ordine di Giacomello del signor Claudio da Osimo, su mandato del consiglio generale e speciale di detto comune, nell’anno 1280 il giorno 26 novembre, in tempo di sede romana vacante, a Matelica, nella “trasanna” del comune mentre erano presenti come testimoni don Giacomo Plebani, Giacomo (di) Benencasa, Ivano di Giacopone e Francesco di mastro Pietro.

(In calce si legge di altra grafia)

Il giorno 19 luglio fu presentato di fronte al vicario da frate Giacomo, alla presenza di frate Guglielmo.

 

1284 giugno 10

Viene nominato il procuratore del monastero matelicese e della badessa Mattia  di S.M.M. per le liti riguardanti i diritti della chiesa di Santa Maria di Vablano.

 

In Dei nomine. Amen. Anno Domini MCCLXXXIIII, indictione XII, tempore domini Martini pape quarti, die X g(i)unii. Adctum (!) Mahtelice(!) in monesterio Sancte Marie Madalene, presentibus Lazano domini Jacobi, Verliutio domini Jacobi, fratre Vitale, fratre Jacobutio et aliis testibus. Domina Hmattia (!) abadissa monesterii Sancte Marie Madalene de Mahtelica una cum consensu et voluntate monacarum et munialium dicti monesterii silicet Cristina, Annese, Andrea, Lucia, Berardesca, Margarita, Isabetta, Catellia(!), Danniella, domina Cristina, Amadeo, Agata, Danniella, Iacobutia, Barbara, Area, Cicilia, Gratiadeo, Jacomella, Hmattiola, Alluminata, Victoria, Filipputia, ipsosque hom(in)es volentes et consensientes, fecit, constituit, sustitut, ordinavit adque creavit fraterm Jacobum de Colle Stefano conversu(m) dicti monesterii presentem et in se susipientem suum et dicti monesterii lecitimum sindicum et procuratorem, attorem, fattorem et nu(n)tium specialem in lite et questione quam dictus monesterius habet et abere experat cum Federico domini Alberti, Adelardutio suo filio, dompno Mahteo dompni Johannis, occasione unius ecclesie de Santa Maria de Vablano et iuribus dicte eclegie (!) et cum Coradutio Bartuli et cum eheredes Raimaldutii (!) domini Alberti et generaliter cum omnibus abentes litem cum dicto monesterio et qui in antea abere potuerunt coram curia domini marchionis, suorumque offitialium et eorum quacumque alia curia et ubicucumque (!) fuerit oportunum ad libellum dandum et recipiendum, litem contestandam de calunnia iurandum in anima dicti monesterii; testes, instrumenta introducendum adprobandum et replicandum, ad fatiendum unum procuratorem vel plures in locum suum, ad terminandum et determinandum et terminum vel terminos recipiendum et ad impetrandum literas vel privilegia, ad apellandum et prosequendum si fuerit oportunum in qualibet curia et expecialiter in curia domini pape et generaliter ad omnia alia agenda, facienda et excerenda que in predictis omni(bus) predittis et colibet predittorum fuerint necessaria et oportunum; promitens dicta abadissa et conventus eiusdem monesterii quidquid per predictum sindicum vel per alium in suo loco ponentem factum fuerit in predictis omni causa preditis et colibet predictorum ratum et firmum abere adque tenere sub pena et ipoteca bonorum et rerum dicti monesterii.

Et ego Ventura Massei notarius plubicus is omnibus interfui et de supradictis omnibus ut supra dictum est rogatus scribere (sub)scripsi et plubicavi.

 

1284.06.10: Procura per la vertenza di S. Maria di Vablano

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1284, indizione dodicesima, a tempo del papa Martino IV, il giorno 10 giugno. Redatto a Matelica nel monastero di Santa Maria Maddalena, presenti Lazano del signor Giacomo, Verliutio del signor Giacomo, frate Vitale, frate Giacomuccio ed altri testimoni. Donna Mattia badessa del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, con il consenso e la volontà delle monache e religiose del detto monastero, cioè Cristina, Agnese, Andrea, Lucia, Berardesca, Margarita, Isabetta, Cateli(n)a, Daniela, donna Cristina, Amadea, Agata, Daniela, Giacomuccia, Barbara, A(u)rea, Cecilia, Graziadeo, Giacomella, Mattiola, (I)lluminata, Vittoria, Filippuccia, e gli  uomini volenti e consensienti, fece, stabilì, sostituì e creò frate Giacomo da Colle Stefano, converso dello stesso monastero, presente e ricevente, come legittimo amministratore, procuratore, attore, fattore e nunzio speciale di lei e del detto monastero nella lite e questione che il detto monastero ha e pensa di avere con Federico del signor Alberto, con Adelarduccio suo figlio, e con il signor Matteo del signor Giovanni, a motivo dela chiesa di Santa Maria de “Vablano” e per i diritti di questa chiesa e con Corraduccio di Bartulo e con gli eredi di Rainalduccio del signor Alberto e in generale con tutti quelli che hanno lite con il detto monastero o che prima poterono averne, di fronte alla curia del signor marchese, dei suoi officiali e di fronte a qualunque altra curia e dovunque in ogni altro luogo, per dare il libello, per riceverlo, per contestare la lite sull’accusa, per giurare sull’anima del detto monastero, introdurre i testimoni e gli strumenti, per approvare e replicare, per fare uno o più procutaori in sua vece, per terminare e determinare e ricevere il termine o i termini e per impetrare e ricevere  lettere o privilegi, per far appello, per proseguire se sarà opportuno presso qualunque curia e specialmente nella curia del papa e generalmente a fare tutte le altre cose, per fare ed agire in generale per tutte le cose dette e per ciascuna secondo come sarà necessario e opportuno. La badessa e il convento del detto monastero promettono che tutto quello che per mezzo del predetto amministratore o per mezzo di altri in suo luogo, viene posto, fatto, al riguardo delle cose predette e di ciascuna di esse, lo considerano stabilito, deciso e lo mantengono sotto penalità di ipoteca dei beni e delle cose del manstero.

Io Ventura Massei notaio pubblico fui presente a tutte queste cose e richiesto di scrivere tutte le cose sopradette, sottoscrissi e pubblicai.

 

1285 agosto 21

Viene nominato il procuratore del monastero matelicese e della badessa Mattia  di S.M.M. per la causa di spartizione dell’eredità di donna Sibilla.

 

In nomine Domini. Amen. Anno eiusdem MCCLXXXV (foro) . . . tempore domini Honorii pape IIII die XXI mensis augusti, in ecclesia monesterii Sancte Marie Magdalene de Mathelica, presentibus fratre  Rainerio magistri Jacobi Accursi Blance, Vitutio Actolini et Andreolo Yuani domini Scangni testibus de hiis vocatis. Soror Mathia abbatixa (!) monesterii dominarum Sancte Marie Maddalene supradicti, consensu et voluntate omnium infrascriptarum dominarum conventus ipsius monesterii, nemine disdicente, videlicet sororis Annese, sororis Christine, sororis Margarite, sororis Ysabet, sororis Andree, sororis Deutame, sororis Auree, sororis Lucie, sororis Danielis, sororis Berardessce(!), sororis Christiane, sororis Jacomelle, sororis Johanne, sororis Matheole, sororis Victorie, sororis Cathaline, sororis Philippe, sororis Ysaie, sororis Illuminate  . . . /= sororis Amadee, sororis/ Gratiadei, sororis Symonicte, sororis Guiductie et sororis Cecelie, et ipse sorores unanimiter cum ea, fecerunt, constituerunt  ac etiam ordinaverunt fratrem Vitalem, conversum et familiarem ipsius monesterii et Verbutium domini Jacobi de Ugubbio (!) presentes et quemlibet eorum in sollidum, eius et dicti co(nventus) legitimos syndicos, procuratores et nuntios speciales ita tamen quod condictio unius occupantis non sit melior alterius conditione non occupantis, ad promictendum et conpromictendum in fratrem Nicolaum vicarium domini episcopi camerinensi(s) tamquam in arbitrum et arbitratorem et amicabilem compositorem de omni lite, questione et causa vertente vel que verti poxet inter ipsum monesterium ex una parte agentem et respondentem, et Yuanum domini Scangni procuratorem domine Sybilie filie condam domini Rainaldi sue uxoris ex altera, agentem et respondentem et maxime de quinquaginta VII libris ravennat. et anconet. qu(o)s dictus Yuanus intendit  petere a dicto monesterio tamquam procurator dicte sue uxoris et generaliter de omni alia lite, questione et causa que inter eos verti posset usque in diem presentem, (ad) libellum dandum, recipiendum,  litem contestandum, de calupnia iurandum in earum anima et cuiuslibet  (a)lterius generis, sacramentum prestandum, exceptiones opponendum, replicationes et declinationes iuditii positiones faciendum et respondendum positionibus adverse partis, testes et instrumenta inducendum, aperturam testium videndum, allegandum, sententiam audiendum, et constituendum unum vel plures procuratores nomine dicti conventus et ipsorum syndicorum in predictis et quolibet eorumde, et generaliter ad omnia et alia singula facienda et exercenda que conventus ille facere vel exercere poxet sollepniter promictens dicta iam domina abbatissa consensu conventus predicti et ipse conventus michi notario infrascripto nomine et vice cuius interest sollepniter stipulanti, habere ratum et firmum habere atque tenere perpetuo et in nullo contrafacere vel venire occasione aliqua vel exceptione sub ypotheca, pena et obligatione bonorum dicti monesterii, quidquid per dictos syndicos vel procuratores ab eis substitutos vel alteri ipsorum factum vel exercitatum fuerit in premixis et quolibet eorumdem.

Et ego Bonaventura Johannis publicus notarius de predictis omnibus interfui rogatus ea omnia subscripsi et publicavi.

 

1285.08.21: Procura per vertenza dell’eredità di Sibilla

Nel nome del Signore. Amen. Nel suo anno 1285, a tempo di papa Onorio IV, il giorno 21 del mese di agosto, nella chiesa del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, mentre erano presenti frate Raniero di Mastro Giacomo Accursi Blance; Vitutio di Attolino e Andreolo di Ivano del signor Scagno, come testimoni chiamati a queste cose. Suora Mattia badessa del sopra detto monastero delle donne di santa Maria Maddalena, con il consenso e la volontà di tutte le seguenti donne del convento dello stesso monastero, senza alcun dissenso, cioè suor Agnese, suor Cristina, suor Margherita, suor Isabetta, suor Andrea, suor Diotama, suor Aurea, suor Lucia, suor Daniela, suor Berardesca, suor Cristiana, suor Giacomella, suor Giovanna, suor Mattiola, suor Vittoria, suor Catalina, suor Filippa, suor Isaia, suor Illuminata, suor Amedea, suor Graziadea, suor Simonetta, suor Guiduccia e suor Cecilia, queste suore concordemente con la badessa fecero, stabilirono, ed anche ordinarono frate Vitale converso e familiare dello stesso monastero e Verbutio del signor Giacomo da Gubbio, presenti e ciascuno di loro in solido in modo tale che la condizione di uno solo attivo non sia migliore di quella dell’altro non attivo, come amministratori, procuratori e nunzi speciali di lei e del detto convento, per promettere e fare compromessi verso frate Nicola vicario del vescovo di Camerino come arbitro e persona che deve decidere la composizione amichevole per ogni lite, questione e causa che verte o che potesse vertere tra lo stesso monastero agente e rispondente da una parte, e dall’altra parte Ivano del signor Scagno procuratore di donna Sibilla figlia del defunto signor Rinaldo, sua moglie, come agente e rispondente, soprattutto per 57 libre ravennati ed ancontane che si dice che il detto Ivano intende chiedere al detto monastero in quanto procuratore della detta sua moglie; e generalmene per ogni altra lite, questione e causa che potesse vertere tra essi fino al giorno presente, per dare il libello, riceverlo, contestare la lite, riguardo all’accusa giurare sulla loro anima, prestar giuramento di qualsiasi altro genere, contrapporre eccezioni e repliche e declinare il giudizio, fare opposizioni e rispondere alle posizioni della parte avversa, introdurre testimoni e documenti, vedere la presentazione di testimoni, fare  gli allegati, ascoltare la sentenza, stabilire uno o più procuratori a nome del detto convento e di se stessi amministratori, nelle cose predette e in ciascuna di esse, e generalmente debbono fare tutte le altre e singole cose ed esercitarle come il convento potrebbe fare o esercitare. La già detta donna badessa col consenso del predetto convento e lo stesso convento promettono a me notaio infrascritto, a nome e per conto di chi può esserne interessato, con stipula solenne, che esse considerano stabilito e tengono deciso e lo mantengono in perpetuo e non agiscono in nulla in contrasto in alcuna occasione, o eccezione, sotto l’ipoteca e la penalità e l’obbligazione dei beni di detto monastero, accettando tutto quello che per mezzo dei predetti amministratori e procuratori, o sostituti o altri per loro, viene fatto ed esercitato riguardo alle cose dette sopra e per ciascuna di esse.

Ed io Bonaventura di Giovanni pubblico notaio fui presente alle cose sopradette e rogato per tutto ciò, sottoscrissi e pubblicai.

 

1286 febbraio 28

Il vescovo di Camerino concede indulto per elemosine alle monache di S.M.M. di vita povera. <( Si intuisce il privilegio della povertà di Santa Chiara>

 

Ramboctus miseratione divina Camerinensis episcopus universis Christifidelibus presentes licteras inspecturis salutem in Domino. Si iuxta sententiam sapientis meritorie tempus seminandum disscernimus et metendum seminare debemus in terris, quodam multiplicato fructu recolligere debeamus in celis et licet secundum hoc omnibus indigentibus aperire teneamur visscera caritatis, illis tamen spiritualius et habundantius qui spiritu sponte subbeunt honera paupertatis. Cum igitur dilecte in Christo filie Abbatissa et moniales monasterii Sancte Mariae Madalene de Matelica Camerinensis diocesis que, spretis mundanis inlecebris, elegerunt Domino famulari cum adiectione voluntarie paupertatis, egeant a Christifidelibus sibi pia caritatis subsidia exiberi, universitatem vestram rogamus et ortamur in Domino in remissione vobis peccaminum, iniungentes quatenus eis ad hoc grata caritatis subsidia erogetis ut per subventionem vestram in aliquo subveniatur eisdem et vos per hec et alia bona que Domino spirante feceritis ad eterna possitis felic(itatis) gaudia pervenire. Nos enim cupientes ut ecclesia antedicta que ipsius Beatissime videtur insignita vocabulo congruis honoribus frequentetur, omnibus vere penitentibus et confessis qui ad dictam ecclesiam quolibet die dominico usque ad festum Pascatis Resurrectionis octavam durantem, causa devotionis, accesserint et eis manus porrexerint caritatis de omnipotentis Dei misericordia, beatorum Petri et Pauli apostolorum eis centum dies de iniunta sibi penitentia in Domino misericorditer relaxamus. In cuius rei testimonium et certitudinem pleniorem presentes iuximus nostri sigilli appensione muniri.  Privilegiis autem post dictam octavam Pascatis annuatim presentibus minime valituris. Datum Camerini die ultima februarii sub anno Domini millesimo CCLXXXVI  indictione XIIII

 

1286.02.28: Indulto vescovile per elemosine al monastero

Rambotto per divina misericordia vescovo di Camerino saluta nel Signore tutti i fedeli cristiani che vedranno questa lettera. Se consideriamo, secondo il detto del sapiente, che il tempo deve essere seminato in modo meritorio e raccolto, noi dobbiamo seminare in terra a che si debba raccogliere nei cieli con qualche moltiplicato frutto; e benché, secondo lo stesso, siamo tenuti ad aprire il cuore caritatevole verso tutti i bisognosi, tuttavia ancor più spiritualmente e più abbondantemente siamo tenuti a farlo verso coloro che spontaneamente  e di spirito si sottopongono alla povertà. Pertanto poiché le figlie dilette in Cristo monache e  la badessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica della diocesi di Camerino, che, nel disprezzo dei piaceri mondani, scelsero di vivere nella comunione familiare con Dio aggiungendo una volontaria povertà,  hanno bisogno che i fedeli cristiani offrano piamente a loro l’aiuto caritatevole, esortiamo e preghiamo tutti voi nel Signore, a remissione dei vostri peccati, disponendo che eroghiate loro allo scopo graditi sussidi caritatevoli in modo che la vostra sovvenzione dia loro un sussidio e voi, a motivo di questa e di altre opere buone che farete ispirati dal Signore, possiate giungere alla gioia eterna della felicità. Noi infatti desideriamo che la predetta chiesa che è insignita del vocabolo della Beatissima, sia frequentata con onori ed a tale scopo rilasciamo per la misericordia di Dio onnipotente e dei beati apostoli Pietro e Paolo, 1’indulgenza di cento giorni sulla penitenza imposta nella confessione a coloro che, veramente pentiti, si recheranno per devozione alla chiesa predetta in qualsiasi domenica sino alla festa di Pasqua inclusa la sua ottava e faranno opere di caritatevole aiuto. A testimonianza e maggior certezza di ciò, abbiamo fatto munire il presente scritto con l’appendervi il nostro sigillo. Annualmente, il privilegio non avrà più efficacia dopo passata la detta ottava di Pasqua.

Data, a Camerino 28(=giorno ultimo) febbraio 1286 indizione quattordicesima.

 

1286 settembre 12

Viene nominato il procuratore del monastero matelicese e della badessa Mattia di S.M.M. per pagare una multa facendo un mutuo  di denaro.

 

In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem MCCLXXXVI indictione XIIII tempore domini Honorii pape, die XII intrantis septembris; actum in monasterio dominarum Sancte Marie Madalene de castro Mathelice, presentibus Yacobo Bevenuti de Sefre, Francisco Marclonis et Dominico Petri Fainde, testibus. Domina Macthia abadissa monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica, de consensu, presentia et voluntate Cristine, Annese, Iacobe, Margarite, Catarine, Adlummenate, Danielle, Gratiadeo, Deutame, Lucie, Vectorie, Cicilie Cristiane, Aurie, Jacopucze, Cicilie, Justine, Andree, Ogenia, domine Philippe, Ysaie, Simonecte, Philippucze, Amodee, Mactie, Guiducze, Bevenute, Ysabet, et Sperandee, monialium et sororum dicti monasterii nomine et vice dicti monasterii et conventus eiusdem, fecit, constituit et hordinavit fratrem Jacobum Ugolini presentem et recipientem, suu(m) et dicti monasterii legitimum sindicum, actorem, et procuratorem et nuntium specialem, ad recipiendum pro eis et eorum nomine et nomine et vice monasterii ante dicti et pro ipso monasterio, finem et quietationem et remissionem perpetuo valituram, a reverendo patre domino Rambocto camerinensi episcopo, de condemna(atione) L libris ravennat. et anconetan. facta per ipsum dominum episcopum de dicto monasterio nomine et occasione deguastationis quam ipsum monasterium fecit de monasterio Sacte Agathe et ad  pr(esentan)dum domini Jentili de Muralto vel Mussca(!) Savinelli, ex causa mutui vel depositi L librarum ravennat. et anconet. hinc  ad calendas octubris proxime venturas et ad dictum debitum confitendum coram dicto domino episcopo et ad preceptum de dicta quantitate recipiendum a dicto domino Rambocto camerinensi episcopo et ad supponendum se et ipsas abatissam et sorores excommunicastionis sententie per ipsum ferende contra sindicum, abatissam et sorores et ad supponendum monasterium ecclesiastico interdicto, si de dicta quantitate non saddisfecerint in termino memorato, et generaliter ad omnia et singula fatienda et exsercenda que in predictis et circa predicta viderit oportuna (promictens) quidquid per dictum dominum sindicum factum fuerit in predictis et quolibet predictorum, se ratum habiturum et gratum sub ypoteca et obligatione bonorum et rerum dicti monasterii.

Et ego Acto domini Jacobi notarius publicus rogatus scripsi et publicavi.

 

1286.09.12: Procura per una multa vescovile

Nel nome di Dio. Amen. Nel suo anno 1286, indizione quattordicesima, a tempo di papa Onorio IV, il giorno 12 di settembre entrante; redatto nel monastero delle donne di Santa Maria Maddalena del castello di Matelica, mentre erano presenti Giacomo Bevenuti da Sefro, Francesco Marcloni e Domenico Petri Fainde, come testimoni; donna Mattia badessa del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, con il consenso, la presenza e la volontà di Cristina, Agnese, Giacoma, Margherita, Catalina, Illuminata, Daniela, Graziadeo, Diotama, Lucia, Vittoria, Cecilia, Cristiana, Aurea, Giacomuccia, Cecilia, Giustina, Andrea, Eugenia, donna Filippa, Isaia, Simonetta, Filippuccia, Amedea, Mattia, Guiduccia, Benvenuta, Isabetta, e Sperandea, monache e suore del detto monastero, a nome e per conto del detto monastero e del suo convento, fece, stabilì e ordinò frate Giacomo Ugolini presente e ricevente come legittimo amministratore, attore e procuratore e nuncio speciale suo e del detto monastero, per ricevere per loro, a loro nome e a nome e per conto del detto monastero ed a favore dello stesso monastero, la conclusione e quietanza e condono validi in perpetuo, dal reverendo padre don Rambotto vescovo camerinese, riguardo alla condanna a cinquanta libbre ravennati e anconetane, fatta dallo stesso vescovo, riguardante il monastero nell’occasione e per la dismissione che lo stesso monastero fece nei riguardi del monastero di Sant’Agata; e per presentare al signor Gentile da Muralto canonico o a Mosca Savinelli, a motivo del mutuo o deposito di cinquanta libre ravennati ed anconetane, da ora al primo ottobre prossimo venturo, e per dichiarare questo debito di fronte al detto vescovo e a ricevere il precetto per detta quantità da detto don Rambotto vescovo camerinese ed a sottoporre sé, le stesse badessa e suore alla (minaccia di) scomunica da parte dello stesso contro il sindaco, la badessa e le suore ed a sottoporre il monastero all’interdetto ecclesiastico, qualora non soddisfacessero a detta quantità entro la ricordata scadenza; in generale a fare ed esercitare tutte e singole le cose che si considereranno opportune riguardo a quanto detto sopra. Promettono che tutto quello che verrà fatto dal predetto amministratore come sopra, lo riterrano  deciso e accettato sotto ipoteca ed obbligazione dei  beni e delle cose del monastero.

Ed io Atto(ne) del signor Giacomo notaio pubblico a richiesta ho scritto e pubblicato.

 

1286 settembre  13

Condono. Il vescovo di Camerino rilascia quietanza ed annulla altra condanna contro le monache del monastero matelicese di S.M.M.

 

In  nomine Domini. Amen. Anno Domini millesimo CCLXXXVI tempore domini Honorii pape quarti, Camerini in cappella palatii episcopatus; actum est die XIII mensis setembris, presentibus domino Gualterio priore Sancti Sebastiani de Camerino, domino Petro priore Sancti Jacobi de Muralto, magistro Ofredutio domine Amate, Corrado Johannis et Coradutio Domestici testibus de hiis vocatis et rogatis; venerabilis pater dominus Ramboctus camerinensis episcopus per se, suosque in posterum successores, nomine et vice camerinensis episcopatus, fecit finem, quietationem et remissionem perpetuo valituram fratri Jacobo Ugolini sindico monesterii Sante Marie Madalene de Mathelica, stipulanti et recipienti vice et nomine dicti monasterii de condepnatione (!) centum . . . /=librarum/ factam de ipso monasterio seu eius sindico Jacoputio domini Finaguerre, nomine et occasione violentie et excessus facti per ipsum monasterium et eius familiares, fautores et coadiutores contra monasterium Sancte Agathe site iuxta fossum Mathelice, prope ipsum monasterium Sancte Marie Madalene, cassando et cancellando idem dominus episcopus omnem condepnationem, sententiam et processum factam et factum contra dictum monasterium et ipsum Jacoputium eius sindicum vel quemcumque alium, nomine dicti monasterii Sancte Marie Madalene, et omnem promissionem ei vel alteri recipienti nomine suo factam de ipsa quantitate vel parte ispius, nomine dicti monasterii, et spetialiter promissionem factam per Jacobutium domini Finaguerre sindicum dicti monasterii, et spetialiter preceptum quod idem Jacobutius recepit de dicta quantitate L librarum solvenda,  scriptum manu magistri Nicolai de Auximo notarius et hoc ideo fecit dictus dominus episcopus pro eo quod habuit et recepit a dicto sindico dante et solvente nomine et vice dicti monasterii Sante Marie Magdalene et conventus eiusdem, et omnium suntorum dicti monasterii in excessu predicto quinquaginta libras ravennanorum et a(n)conetan. bonorum renuntians dictus dominus episcopus exceptioni non habitorum et non receptorum dictorum denariorum occasione predicta et omni iuris et legum auxilio; quam quidem quietationem et refutationem et omnia et singula supra et infra scripta promisit dictus dominus episcopus per se suosque in posterum successores predicto fratri Jacobo sindico dicti monasterii Sancte Marie Magdalene recipienti vice et nomine ipsius monasterii et conventus eiusdem et dicti Iacoputii domini (=dicti) monasterii sindici vel alterius sindici seu fautoris monasterii predicti sub pena dupli dicte quantitatis et obligatione et ypoteca bonorum dicti episcopatus.

Et ego Riccerius notarius publicus et nunc notarius dicti domini episcopi de predictis a dicto domini episcopo rogatus scripsi et publicavi meumque solitum fregium et nomen abposui(!).

 

1286.09.13: Quietanza di multa e condono

Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno del Signore 1286, a tempo del papa Onorio IV, a Camerino nella cappella del palazzo dell’episcopato; redatto il giorno 13 del mese di settembre, mentre erano presenti don Gualtiero priore di San Sebastiano di Camerino, don Pietro priore di San Giacomo di Muralto, mastro Offreduccio di donna Amata, Corrado di Giovanni e Corraduccio Domestici, come testimoni a ciò chiamati e richiesti; il venerabile padre don Rambotto vescovo di Camerino per sé ed i suoi successori, a nome e per conto dell’episcopato camerinese, fece la conclusione, la quietanza ed il condono da valere in perpetuo a frate Giacomo Ugolini amministratore del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, stipulante e ricevente a nome e per conto del detto monastero riguardo alla condanna di cento libbre, fatta dallo stesso monastero o al suo amministratore Iacopuccio del signor Finaguerra, in riferimento e per l’occasione della violenza e dell’esagerazione fatta da parte dello stesso monastero, suoi famigli, fautori e collaboratori, contro il monastero di Sant’Agata sito presso il fosso di Matelica in prossimità dello stesso monastero di Santa Maria Maddalena, cassando e cancellando lo stesso vescovo camerinese ogni condanna, sentenza e processo fatti contro il detto monastero e contro Jacopuccio suo amministratore o chiunque altro, a nome del detto monastero di Santa Maria Maddalena ed ogni promessa, se pure fatta al altra persona rivecente a suo nome, riguardo alla stessa somma o a parte di essa, a nome dello stesso monastero, in particolare la promessa fatta per mezzo di  Giacomuccio del signor Finaguerra, amministratore del detto monastero, inoltre specialmente il precetto che lo stesso Giacomuccio ricevette riguardo alla predetta somma di cinquanta libre da pagare, scritto per mano di mastro Nicola di Osimo notaio; pertanto il detto vescovo così fece per il fatto che ebbe e ricevette dal detto amministratore che ha consegnato e pagato a nome e per conto del detto monastero di Santa Maria Maddalena e del suo convento e di tutti i conti del detto monastero nella  predetta esagerazione, con cinquanta libre ravennati e anconetane.  Il detto vescovo rinuncia all’obiezione di denaro non avuto, non ricevuto, nell’occasione predetta, ed a ogni altro aiuto del diritto e delle leggi.  Il detto vescovo promise per sé e per i suoi successori promise a frate Giacomo, amministratore del detto monastero di Santa Maria Maddalena ricevente per conto ed a nome dello stesso monastero, e del suo convento e di detto Goacomuccio amministratore dell’altro monastero e di ogni altro suo fautore, che la presente quietanza e recusazione e tutte e singole le cose sopra scritte restano valide, sotto penalità del doppio di detta somma e con l’obbligazione e l’ipoteca dei beni del detto episcopato.

Ed io Riccerio notaio pubblico e ora notaio del detto vescovo, richiesto di scrivere le cose dette sopra dal detto vescovo, ho sottoscritto e pubblicato ed ho apposto il mio fregio e il mio nome.

 

1286 settembre 13

Bolla di unione. Il vescovo di Camerino unisce i due monasteri di Sant’Agata e S.M.M. confermando le decisioni prese dalla rispettive monache nel 1278, quand’era  badessa Mattia.

 

Ramboctus miseratione divina camerinensis episcopus, religiosis mulieribus abbatisse et conventui monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica, salutem in Domino. Cum a vobis petitur quod est iustum, tam vigor equitatis quam ordo exigit rationis ut item per solicitudinem nostri offitii ad debitum perducatur effectum. Eapropter, dilecte in Christo, vestris piis subplicationibus inclinati, unionem, obligationem, submissionem, promissionem, dationem seu concessionem factam per priorissam seu abbatissam vel moniales loci Sancte Agathe siti prope Mathelicam, considerata vicinitate et paupertate predicti loci Sancte Agathe, in quo moniales ibidem stantes observare non poterant continentiam regularem, prout in istrumentis inde confectis manu Morici de Fabriano notarii plenius continetur, cuius tenorem ad maiorem certitudinem et firmitatem de verbo ad verbum duximus inserendum.

In  nomine Domini. Amen. Anno eiusdem millesimo ducenteximo septuageximo octavo, indictione sexta, tempore domini Nichole pape tertii, die septima martii, actum Mathelice, in  monasterio  Sancte Marie Madalene presentibus Frederico domini Alberti, donno Accurso plebano plebis Mathelice, Verleutio domini lacobi de Eugubio et domino Finaguerra domini Albricii et Corradutio Bartoli testibus; Jacoputia magistri Gentilis, Amadea, Humilis, Cicilia, Lucia et Angelutia sorores vel moniales ac converse Monasterii sive loci Sancte Agathe de Mathelica, unanimiter et concorditer submiserunt se et eumdem locum cum bonis ad ipsum locum pertinentibus monasterio Sancte Marie Madalene de eadem terra et domine Macthie abbadisse ejusdem monasterii Sancte Marie recipienti nomine ipsius monasterii Sancte Marie et promiserunt ipsi abbatisse predicti monasterii Sancte Marie Madalene obedientiam et reverentiam, paupertatem et castitatem et observare regularia instituta predicti monasterii et quod predicta domina abbatissa possit ponere moniales et sorores in dicto loco Sancte Agathe et removere; cum dicte sorores Sancte Agathe videant et cognoscant se non posse honeste vivere in dicto loco Sancte Agathe in quo morantur, cum sit contra formam privilegiorum Sancte Marie Madalene et cum non possint in dicto loco Sancte Agathe regulariter vivere, dederunt et concesserunt pro redemptione peccatorum suorum dicte domine Mathie abbatisse ibidem presenti et recipienti nomine et vice dicti monasterii Sancte Marie Madalene et conventus ejusdem, plateam et territorium prope Castrum Mathelice, a primo(1) via, a secundo fossus Communis, a tertio filii quondam magistri Mathei et a quarto via, cum domibus, edificiis et cum omnibus et singulis que infra predictos continentur confines et cum omnibus aliis juribus et actionibus que ubicumque dictus locus et ipse sorores coniunctim vel divisim habent vel habere possent modocumque vel causa,   revocantes   seu cassantes omnem sindicum seu procuratorem et specialiter Salimbene Compagnionis et Sinibaldum   Massei   pro parte dicti loci et sororum Sancte Agathe factum(2) contra dictum monasterium Sancte Marie Madalene, et renuntiantes interlocutorie et interlocutoriis, si que usque ad presens tempus late sunt contra   dictum   monasterium Sancte Marie Madalene, (3) occasione muri et edifìtii quod edificabatur in dicto loco (et) scitu contra formam privilegiorum dicti monasterii Sancte Marie Madalene, constituentes se nomine dicti monasterii et dicte domine Mathie possidere predictum territorium et casarenum et domus et edifitia; et dederunt licentiam et plenariam potestatem predicte domine Mathie recipienti pro dicto monasterio auctoritate propria accipiendi possessionem dictorum bonorum et de heisdem(4) faciendi quod eis(5) videbitur, promittentes rata et firma habere perpetuo et damna(6) et expensas reficere sub obligatione bonorum dicti loci Sancte Agathe et non contrafacere vel venire contra predicta vel aliquod predictorum per se vel alium sub dicta pena, qua soluta vel non, rato manente contractu. Et ego Moricus de Fabriano, imperiali auctoritate notarius, hiis interfui, rogatus scribere scripsi et publicavi.

Quam submissionem, dationem, concessionem, promissionem et unionem et omnem aliam per abbatissam seu priorissam dicti loci  Sancte Agathe vel moniales loci ejusdem abbatisse seu sindico dicti monasterii Sancte Marie Madalene factam, prout reperitur manu dicti magistri Morici de Fabriano, ex certa scentia confirmamus, et si quis in dicta unione, submissione, datione, seu concessione reperitur defectus, nostra ordinaria auctoritate subplemus et loca predicta unimus.

Nulli ergo omnino hominum liceat hanc paginam nostre unionis et confirmationis infringere vel ei auso temerario contraire. Si quis autem hoc adtentare presunserit, indignationem omnipotentis Dei, et Beate Marie Virginis et beatorum Apostolorum Petri et Pauli et sanctorum Venantii martyris et Ansoini confessoris se noverit incursurum; in cujus rei testimonium et certitudinem pleniorem presentes licteras per Riccerium notarium nostrum scribi et publicari mandavimus et nostri sigilli appensione muniri. Actum et datum Camerini in cappella palatii episcopatus sub annis Domini MCCLXXXVI, Inditione XIIII, tempore Dni Honorii pape quarti, die XIII mensis setembris, presentibus donno Petro priore Sancti Iacobi de Muralto, donno Gualterio priore Sancti Sebastiani, magistro Ofredutio Notario, Corrado lohannutii, et Corrado Domestici, testibus de hiis vocatis et rogatis. Et ego Riccerius de Camerino notarius publicus, ac nunc notarius dicti domini episcopi, predictis omnibus presens interfui et a dicto domino episcopo rogatus et ejus auctoritate, scripsi ac publicavi, meumque solitum signum  ac nomem abposui.

Note di confronto tral la copia 1286 e il frammento 1278: (1) Vedi 1278: parole di inizio del frammento; (2) manca “factum” nel frammento; (3) il frammento aggiunge pro dicto loco; (4) nel frammento senza “h”; (5) nel frammento eisdem; (6) nel frammento dampna

 

1286.09.13: Bolla vescovile di unione di due monasteri

Rambotto, per divina misericordia, vescovo di Camerino, saluta nel Signore le religiose donne, badessa e convento del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica. Di fronte alla richiesta da voi giustamente presentataci, tanto la forza dell’equità, quanto l’ordine razionale esigono che ciò giunga al dovuto effetto con la nostra sollecitudine. Pertanto, o dilette in Cristo, confermiamo l’unione, l’obbligazione, la sottomissione, la promessa, la donazione o cessione fatta ad opera della prioressa o badessa e monache del luogo di Sant’Agata sito presso Matelica, dopo aver considerato la vicinanza e la povertà del predetto luogo di Sant’Agata, in cui le monache ivi dimoranti non potevano osservare la regolare continenza, come risulta più chiaramente dal documento redatto dal notaio Morico da Fabriano il cui contenuto viene qui inserito parola per parola a motivo della maggiore certezza e stabilità.

( QUI IL TESTO DEL DOCUMENTO 7 MARZO 1278 = vedilo  a questa data)

Conosciamo con pienezza di scienza la sottomissione, la donazione, la cessione, la promessa, l’unione e ogni altro impegno verso la badessa ed verso l’amministratore del detto monastero, nell’atto scritto da mastro Morico da Fabriano, deciso dalle monache del detto luogo di Sant’Agata e confermiamo tutto; e se in tale atto si trovasse qualche difetto, suppliamo con la nostra ordinaria autorità e uniamo i predetti luoghi delle religiose.

Non sia lecito a nessuna persona violare questo nostro atto di unione e di conferma, né contrastarlo con temerario ardire. Se qualcuno userà la presunzione di tentarlo, sappia che incorre nell’indignazione dell’onnipotente Dio, della beata Vergine Maria, dei beati apostoli Pietro e Paolo, dei santi Venanzo martire ed Ansovino confessore.

Su nostro ordine il notaio Riccerio, nostro redattore, scrive e rende pubblica la presente lettera e la consolida con l’apporvi il nostro sigillo per maggior fede e certezza. Redatto e dato a Camerino, nella cappella del palazzo dell’episcopato, nell’anno del Signore 1286, indizione XIV, a tempo del papa Onorio quarto, il giorno 13 settembre, alla presenza di don Pietro priore di San Giacomo di Muralto, don Gualtiero priore di San Sebastiano, mastro Offreduccio notaio, Corrado di Giovannuccio e Corrado di Domestico, testimoni chiamati per l’atto.

Ed io Riccerio da Camerino, pubblico notaio, ora notario del detto vescovo, presente a tutto ciò, su richiesta del vescovo, scrissi per sua autorità, sottoscrissi e pubblicai l’atto in cui apposi il mio sigillo consueto ed il mio nome.

 

1286 novembre 20

Viene nominato il procuratore del monastero matelicese e della badessa Mattia di S.M.M. per prorogare il pagamento del residuo di una multa.

 

In Dei nomine. Amen. In anno Domini millesimo CCLXXXVI indictione XIIII tempore domini Honorii pape IIII die XX mensis novembris, actum in monasterio Sancte Marie Maddalene(!) de Matelica, presentibus Albrico Jacobi Bruti, Matheo molenario, et Iohanne de Fulgineo testibus ad hec et de hiis vocatis et rogatis; domina Mathia abbatissa monasterii Sancte Marie Maddalene de Matelica, cum consensu et voluntate vel consenso et presentia et voluntate Cristine, Annese, Jacobe, Margarite, Catarine, Allumminate (!), Danielle, Gratiadee, Deutame, Lucie, Vectorie, Cicilie, Christiane, Aurie, Jacoputie, Cicilie, Justine, Andree, Eugenie, domine Philippe, Isaie, Simonette, Philipputie, Amadee, Mathie, Guidutie, Benvenute, Isabette et Sperandee monialium et sororum vel consororum dicti minasterii, nomine ac vice dicti monasterii et capituli et conventus ibidem more solito congregati, eiusdem ipsum capitulum totum et conventus fecit ac constituit et ordinavit vel ordinaverunt, fecerunt et constituerunt concorditer dompnum Erricum Guarnerii presentem et recipientem suum vel earum et dicti monasterii legitimum sindicum actorem et procuratorem et nunctium spetialem ad presentandum se et comparendum pro eis et eorum nomine et vice dicti monasterii et pro ipso monasterio et conventu eiusdem coram reverendo viro et patre domino Rambocto camerinensi episcopo ad petendum et recipiendum ac postulandum terminum solvendi XIII libras ravennates et anconetanas quas solvere debent et dare tenentur pro residuo debiti et condem(natio)nis L libras ravennates et anconetanas facta per ispum dominum episcopum de dicto monasterio et contra dictum monasterium nomine et occasione deguastationis monasterii Sanche Agathe facte per ipsum monasterium Sancte Marie predictum in festo proxime venturo Sancti Andree in longiorem terminum et ipsum terminum prorogari ad sensum et voluntatem ac mandatum ipsius domini episcopi et ad (confitendum) et promictendum solvere ipsum debitum in termino per eundem dominum episcopum statuendum tam domino Gentili de Muralto quam Musce Savinelli quibus solvere promiserant sindicus ipsius monasterii Sancte predicte Marie vel alteri sicut fuerit oportunum et placuerit ipsi domini episcopo alias creditoribus prelibatis ex causa depositit vel mutui  et ad subpondendum se et dictam abbatissam et consorores excommunicationi sententie per ipsum ferende contra sindicum, abbatissam et sorores et ad subponendum monasterium prelibatum ecclesiastico interdicto si dictam quantitatem non solveret vel non solvet in termino prelibato et ad quietationem, finem, liberationem et absolutionem perpetue valituram recipiendum et ad omnia et singula fatiendum et exercendum que in predictis et circa et extra predicta et infra predicita seu occasione eorum generaliter et specialiter que viderit expedire et fuerit oportuna promittens vel promittentes mihi notario infrascripto pro omnibus quorum interest vel intererint sollepniter stipulanti quicquid per dictum sindicum factum fuerit et promissum in predictis et circa et extra et infra predicta et quelibet predictorum et occasione eorum se ratum et firmum habere sub hipothecha rerum et bonorum dicti monasterii.

Et ego Salinbene domini Sinibaldi publicus notarius predictis omnibus interfui rogatus ut supra legitur scripsi et publicavi.

( Aggiunto in calce) Fiat instrumentum de punto ad puntum secundum instrumentum scriptum manu magistri Voti mutato nomine domini Gentilis  etiam Dominico Francisci.

 

1286.11.20: Procura per il residuo di una multa

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1286, indizione quattordicesima, a tempo del papa Onorio IV, il giorno 20 del mese di novembre, redatto nel monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, mentre erano presenti Albrico di Giacomo Bruti, Matteo mugnaio e Giovanni da Foligno, come testimoni per questo e su questo chiamati e richiesti; Donna Mattia badessa del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica con il consenso e la volontà o con il consenso, la presenza e la volontà di Cristina, Agnese, Giacoma, Margherita, Caterina, Illuminata, Daniela, Graziadea, Diotama, Lucia, Vittoria, Cecilia, Cristiana, Aurea, Giacomuccia, Cecilia, Giustina, Andrea, Eugenia, donna Filippa, Isaia, Simonetta, Filippuccia, Amedea, Mattia, Guiduccia, Benvenuta, Isabetta e Sperandea, monache e suore o consorelle del detto monastero, a nome e per  conto del detto monastero e del capitolo e del convento riunito ivi al modo solito,  tutto lo stesso suo capitolo ed il convento fece, stabilì ed ordinò od ordinarono, fecero e stabilirono concordemente il signor Enrico di Guarnerio presente e ricevente, come legittimo amministratore, attore e procuratore e nunzio speciale suo, di esse e del detto monastero, a presentarsi e comparire per esse e a loro nome e per conto del detto monastero e a favore dello stesso monastero e del suo convento, di fronte al reverendo uomo e padre don Rambotto vescovo camerinese, per chiedere e ricevere e presentar domanda di un termine (di scadenza) per pagare 14 libre ravennati e anconetane che debbono pagare e sono tenute a dare per il residuo del debito e della condamma di 50 libre ravennate e anconetane, fatta dallo stesso vescovo riguardo al detto monastero e contro detto monastero, per motivo e in occasione della dismissione del monastero di Sant’Agata, fatta da parte dello stesso monastero predetto di Santa Maria;  in un termine (di scadenza) nella festa di sant’Andrea, o più lontano e prorogare il termine a disposizione, volontà, ed ordine dello stesso vescovo, ed a dichiarare e promettere di pagare lo stesso debito, entro il termine che dovrà esser stabilito dallo stesso vescovo  tanto per il signor Gentile di Muralto, quanto per Mosca Savinelli, come l’amministratore dello stesso monastero della detta Santa Maria o altro aveva promesso di pagare e come sarà opportuno e piacerà allo stesso vescovo o diversamente per i creditori scelti a causa del deposito o mutuo, ed a sottoporre se stesso, la detta abbadessa e le consorelle alla ‘minaccia’ di sentenza di scomunica per la cosa stessa, da fare contro l’amministratore, la badessa, e suore, e a sottoporre il monastero all’interdetto ecclesiastico, qualora non pagassero o non pagheranno nel termine scelto, ed a ricevere la quietanza, la conclusione, la liberazioe e l’assoluzione che avranno valore perpetuo, ed a dover fare  ed esercitare tutte quelle e singole che riguardo a quanto detto, anche al di fuori ed in occasione di ciò, in generale ed in particolare, considererà da fare e sarà opportuno. Promettono a me notaio sottoscritto, stipulante solennemente per tutti quelli che sono o saranno interessati, tutto ciò che verrà fatto e promesso dallo stesso amministratore nelle cose dette prima, riguardo ad esse, dentro e fuori di esse e di ciascuna ed in occasione di esse, lo considerano deciso e stabile, sotto ipoteca delle cose e dei beni del detto monastero.

Ed io Salimbene del signor Sinibaldo pubblico notaio fui presente a tutte queste cose e, come sopra sopra si legge, scrissi e pubblicai.

(di altra mano aggiunta coeva) Si faccia l’istrumento puntualmente scritto per mano di mastro Voto, cambiando il nome del signor Gentile, anche a Domenico di Francesco.

 

1287 settembre 26

Viene nominato il procuratore del monastero matelicese e della badessa Mattia di S.M.M. per presentare appello contro i frati agostiniani riguardo ai beni del signor Matteo

 

In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem MCCLXXXVII indictione XV Romana Ecclesia vacante pastore, die XXVI septembris, actum Mathelice in monasterio Sancte Marie Madalene presentibus magistro Percivalo olim de Cesena, Janne eius filio et Ver(luti)o domini Jacobi, testibus de hiis vocatis et rogatis. Congregato capitulo monasterii Sancte Marie Madalene de castro Mathelice, camerinensis diocesis; in quo quidem capitulo domina Mathelda abbatissa dominarum supradicti monasterii una cum expresso consensu et voluntate  omnium suarum consororum in dicto monasterio existentium, scilicet Annese, Margarite, Isabecte, Cristine, Danielis, Lucie, Andre, Cataline, Deutame, domine Christiane, Jacobutie, Johanne, Macthiole, Victorie, Isaie, Alluminate et aliarum monialium et sororum in dicto monasterio existentium et ipse sorores omnes unanimiter et concorditer fecerunt, constituerunt et ordinaverunt dompnum Erricum de Sancto Severino et fratrem Jacobutium conversum dicti  . . . . /=monasterii/ earum et dicti monasterii legitimos sindicos et procuratores, actores et defensores et nuntios spetiales ad presentandum se pro eis et ipsarum nomine et vice dicti monasterii et conventus eiusdem coram venerabili patre domino Rambocto camerinensi episcopo eiusque curia coram iudice spirituali in Marchia pro romana et coram iudicibus generalibus dicte Ecclesie temporalibus et coram quoque alio iudice competenti spetialiter et generaliter tam temporali quam spirituali pro causis, litibus et questionibus quas ipse domine et dictum monasterium habent et habere sperant cum fratribus Sancti Augustini, occasione bonorum domini Mathei domini Sinibaldi, cum dompno Vitaliano Albricitii, occasione dictorum bonorum dicti domini Mathei eorumque procuratoribus spetialiter et generaliter cum omnibus aliis hominibus et personis ubique locorum cum quibus predicta domina abbatissa et dicte domine et monasterium supradictum litem et questionem haberent vel habeant in antea ex quacumque de causa ad agendum et defendendum, ad libellum dacendum(!) et recipiendum, terminum et terminos ponendum, litem et lites contestandum, de calunnia iurandum, testes et probationes et instrumenta introducendum, testes et probationes averse partis audiendum et re(spon)dendum, exceptiones et replicationes opponendum, ad comunicandum et compromictendum, quietandum et remictendum, de calunia iurandum in anima predictarum dominarum et ad excusandum se ipsas, ipsarum dominarum et nomine dicti monasterii ab accusis et denuntiationibus factis et fatiendis dictis dominabus vel alicui ipsarum et dicto monasterio vel alicui pro dicto monaterio et dacendum fideiussionem et ad promictendum ipsos et quemlibet ipsorum conservandum indempnes sub dicta pena bonorum dicti monasterii, sententiam sive sententias audiendum, appellandum et prosequendum si opus fuerit, et generaliter ad omnia alia et singula fatienda et exercenda que in predictis, circa et extra predicta et quolibet predictorum necessaria vel utilia fuerint et dictis sindicis et procuratoribus facere et exercere videbuntur et placebit et que merita causarum requirunt solleniter promictentes predicta domia abbatissa et predicte sorores nomine et vice dicti monasterii et conventus eiusdem se se(!) ratum et firmum habere et tenere quidquid per predictos sindicos et procuratores vel alterum ipsorum factum et dictum fuerit in predictis circa et extra predicta et quolibet predictorum tum sub ypoteca et obligatione bonorum et rerum dicti monasterii volendo ipsos et quemlibet ipsorum reservare ab honere satidationis promiserunt mihi notario infrascripto pro eis quorum intererit sollenniter stipula(nti) de iuditio sisti et iudicatum solvendum.

Et ego Leva Boneiunte de Mathelica notarius predictis omnibus interfui rogatus supra scripta omnia subscripsi et publicavi.

 

1287.09.26: Procura per appello sui beni del signor Matteo

Nel nome di Dio. Amen. Nel suo anno 1287, indizione quindicesima, in tempo di sede romana vacante del pastore, il giorno 26 settembre, redatto a Matelica, nel monastero di Santa Maria Maddalena, mentre erano presenti mastro Percivalo un tempo da Cesena, Giovanno suo figlio e Ver(l)utio del signor Giacomo, come testimoni  richiesti ed a ciò chiamati. Quando si è riunito il capitolo del monastero di Santa Maria Maddalena del castello di Matelica, diocesi di Camerino,  donna Mattia badessa delle donne del detto monastero, con l’espresso consenso e la volontà di tutte le sue consorelle esistenti in detto monastero, cioè Agnese, Margarita, Isabetta, Cristina, Daniela, Lucia, Andrea, Cat(erina), Deutama, donna Cristiana, Jacobuccia, Giovanna, Mattiola, Vittoria, Isaia, (I)lluminata e delle altre monache e suore esistenti in detto monastero, e le stesse suore concordemente a voce unanime fecero, stabilirono ed ordinarono don Enrico da San Severino e frate Giacomuccio converso del detto monastero, come legittimi amministratori, sindaci e procuratori, attori e difensori e nunzi speciali loro e del detto monastero, per presentarsi per esse e a nome delle stesse e a nome e per conto del detto monastero e del suo convento, di fronte al venerabile padre don Rambotto vescovo di Camerino ed alla sua curia, di fronte al giudice spirituale della Marca per la Chiesa romana e di fronte ai giudici generali della detta Chiesa e temporali (cioè per beni materiali) e di fronte a qualsiasi altro giudice competente, in modo speciale e generale sia spirituale che temporale, per le cause, liti e questioni che le stesse donne e il loro monastero hanno o pensano avere con i Frati di Sant’Agostino, ad occasione dei beni del signor Matteo del signor Sinibaldo, con don Vitaliano di Albricuccio, ad occasione dei beni del detto signor Matteo e dei suoi procuratori in modo speciale e generale con tutti gli altri uomini e persone in ogni luogo con i quali la stessa donna badessa e le dette donne e il sopra detto monastero avessero lite e questione o ne avranno poi per qualunque causa, per agire e difendere, dare e ricevere il libello, ricevere un termine e porre termini, contestare la lite e le liti, giurare riguardo alla calunnia, introdurre testimoni, prove e strumenti, ascoltare i testimoni e le prove della parte avversa e rispondere , opporre eccezioni e repliche, per comunicare e far compromessi, far quietanza e remissione, giurare circa la calunnia sull’anima delle donne (monache) dette e a nome dello stesso monastero dalle accuse e denunce fatte e da fare alle dette donne e a qualcuna di esse e al detto monastero o a qualcuno per esso monastero, e a dare fideussione, a fare compromessi, a mantenerli sotto la già detta pena dei beni del monastero, ad ascoltare la sentenza o le sentenze, a fare appello e proseguire, se fosse necessario, e generalmente a dover fare ed esercitare tutte e singole le cose  che per quanto detto sopra, e fuori di ciò e qualsiasi cosa, saranno necessarie o utili come i detti amministratori e procuratori vedranno e vorranno e che sono richieste nel merito delle cause. La badessa e le suore prima dette a nome e per conto del detto monastero e del suo convento  promettono solennemente che considerano deciso e stabile e  mantengono tutto ciò che gli amministratori e procuratori, o uno di loro, faranno e diranno riguardo delle cose dette sopra ed a ciascuna di esse, sotto ipoteca e obbligazione dei beni e delle cose del detto monastero e vogliono che essi e ciascuno di essi sia esente dall’onere di soddisfare e promisero, a me notaio sottoscritto stipulante solennemente per esse e per quanti sono interessati, che si asterranno dal giudizio e che adempiranno le cose giudicate.

Ed io Leva Bonagiunta di Matelica, notaio, fui presente a tutte le cose predette e richiesto riguardo a tutte le cose scritte sottoscrissi e pubblicai.

 

1287 dicembre 10

Viene nominato il procuratore del monastero matelicese e della badessa di S.M.M. per una causa riguarante i beni di suor Francesca Bulgarelli.

 

In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem millesimo CCLXXXVII indictione XV romana Ecclesia pastore vacante die X intrentis decembris; actum in castro Mathelice in ecclesia Sancte Marie Madalene de Mathelica, Jacobutio Accursi Altemilie ma(gistro) . . . nallo . . .rfo(lin)o et fratre Vitale, testibus ad haec vocatis e t rogatis; congregato capitulo monesterii dominarum Sancte Marie Madalene de dicto castro, una cum expresso consensu et voluntate omnium suarum consororum et fratrium(!) et conversorum (in dicto) capitulo existentium, silicet Iustine, Agnese, (Margarite), Andree, Cataline, Deutame, Ysabet, Lucie, (Daniele), domine Crestine, Alluminate, et Iacubutie, Amadei, Philipputie, Agate, Scicil(i)e, Iustine, Guidutie, monalium dicti monesterii et conversorum et familiarium eiusdem monesterii et ominum aliarum monialium et sororum in dicto monesterio existentium et ipse sorores omnes et confratres supradicti monesterii unanimiter et concorditer fecerunt, constituerunt, ordinaverunt et creaverunt fratrem Iacobum domini Scamnis et fratre Iacobutium, conversos dicti monesterii, presentes, et Anibali (domini) Scangni de Cammereno(!) absentem earum et supra dicti monesterii sindicos legitimos, actores et defensores, procuratores et nunctios (spetiales) et quam melius de iure censeri possunt, ad representandum se, pro eis et eorum nomine et nomine et vice dicti monesterii et conventus eiusdem, coram reverendissimo viro et domino Ranbocto episcopo Camerinensi eiusque Curia et auditore et vicario ipsius dicti episcopi et genereliter coram quolibet alio iudice tam temporali quam spirituali in causa seu causis quam et quas dictum monesterium et ipse sorores habent et habere possent e habere sperant cum sorore Francesca filia condam domini Burgarelli vel cum eius procuratore, actore, factore et qualibet alia persona tam temporali quam spirituali, ad respondendum prefate Francess(c)e vel suo procuratori et omnibus aliis presonis temporaliter et spiritualiter coram supra venerabili patre domino Rambocto eiusque curia tam temporalibus quam spiritualibus tam ecclesiasticis quam seculariis, tam civilibus quam criminalibus, ad libellum dandum et recipiendum, termino seu terminis ponendum et recipiendum et ordinandum et prorogandum litem seu lites contestandum, de calumpnia respondendum seu de veritate dicendum, exceptionibus opponendum, positiones faciendum et positionibus adverse partis respondendum, testes et instrumenta et iura dicti monesterii introducendum, iuramenta adverse partis videndum, haudiendum et reprobandum si opus fuerit, protestandum, fatiendum, suffectos dandum . . . . /=sententiam/   seu sententias dandum, audiendum et recusandum, ad appellandum a quolibet alio gravamine ipsi monesterio illa(to) vel inferendo vel sibi sindico nomine dicti monesterii et ad (omnem) appellationem prosequendum et commictendum, impetrandum et contra(dicendum) et generaliter ad omnia alia fatiendum et singula ex(ercendum) que in predictis et circa predicta et quo(d)libet predictorum necessaria fuerint, oportuna et que merita causarum dessiderant et requirunt, et que ipsa domina abbatissa, capitulum et conventum ipsius et predicte sorores et conversi nomine dicti monesterii facere et exercere possent, sollepniter promictentes prefata abbadissa et predicte sorores et fratres nomine et vice ipsius monesterii et conventus eius, omne se ratum et firmum habere adque tenere quidquid per dictos sindicos vel procuratores factum fuerit de predictis et quolibet predictorum sub ypoteca et obligatione bonorum et rerum predicti monesterii.

Et ego Thomas Scangni notarius publicus predictis omnibus interfui ut supra legitur rogatus scripsi et publicavi.

 

1287.12.10: Procura per una vertenza sui beni di suora Francesca

Nel nome di Dio. Amen. Nel suo anno 1287, indizione quindicesima, quando la Chiesa romana era vacante del pastore, il giorno 10 del mese di dicembre entrante; redatto nel castello di Matelica nella chiesa di Santa Maria Maddalena di Matelica, alla presenza dei testimoni richiesti ed a ciò chiamati, Giacomuccio di Accursio Altemelie; mastro (Ra)nallo, (Pe)rfolino(?) e frate Vitale; dopo riunito il capitolo del monastero delle donne di Santa Maria Maddalena del detto castello, insieme con l’epresso consenso e con la volontà di tutte le sue consorelle e dei frati e dei conversi esistenti nel detto capitolo, cioè Giustina, Agnese, Margherita, Andrea, Catalina, Diotama, Isabetta, Lucia, Daniela, donna Cristina, (I)lluminata, Giacomuccia, Amedea, Filippuccia, Agata, Cecilia (Sicilia), Giustina, Guiduccia, monache del detto monastero ed i conversi e famigli del detto monastero e di tutte le altre monache e suore esistenti in detto monastero e le stesse sorelle tutte e frati del sopradetto monastero, in modo unanime e concorde, fecero, stabilirono, ordinarono e crearono i presenti frate Giacomo del Signor Scanno e frate Giacomuccio conversi del detto monastero, ed Annibale del signor Scanno da Camerino assente, come legittimi amministratori, attori e difensori, procuratori e nunzi speciali e come meglio si comprende secondo il diritto, per presentarsi per loro ed a loro nome e per conto del detto monastero al signor don Rambotto vescovo di Camerino ed alla sua curia e al vicario uditore dello stesso vescovo e in generale di fronte a qualunque altro giudice sia temporale che spirituale, nella causa o nelle cause che il detto monastero e le stesse suore hanno e pensano di avere con suora Francesca figlia del defunto signor Bulgarello o con il procuratore, attore, fattore di lei e qualunque altra personalità tanto temporale che spirituale, per rispondere alla predetta Francesca o al suo procuratore e a tutte le altre persone e cose temporali e spirituali, ecclesiastiche e secolari, civili e penali, a dare il libello e riceverlo, e stabilire il termine o le scadenze, a ricevere, ordinare e prorogare, a contestare la lite o le liti, a rispondere di calunnia o dover dire la verità, ad opporre eccezioni, far posizioni e rispondere alle posizioni della parte avversa, ad introdurre testimoni, documenti e diritti del detto monastero, ad udire i giuramenti della parte avversa e rifitare, se sarà necessario, a protestare, agire, dare le deliberazioni o sentenze, ascoltare e recusare, fare appello per ogni impegno gravoso dato o da dare al detto monastero o allo stesso amministratore a nome del detto monastero, ed a proseguire ogni appello, a dar commissione, richiedere, obiettare e generalmente a dover fare ed esercitare ogni altra e singola cosa che per le cose e sulle cose dette sopra e in ciascuna di esse sarà opportuna e che i meriti delle cause comportano e richiedono e che la stessa badessa e il capitolo e il convento dello stesso monastero e le dette suore e i conversi, a nome del detto monastero potrebbero fare ed esercitare.  La detta abbadessa, le dette suore e i frati a nome e per conto dello stesso monastero e del suo convento promettono solennemente che terranno deciso e stablito e manterranno qualunque cosa sarà fatta dal detto amministratore o procuratore riguardo a tutte e ciascuna delle cose dette prima, sotto l’ipoteca e l’obbligazione dei beni e delle cose del detto monastero.

Ed io Tomasso Scagni notaio pubblico fui presente alle cose dette prima e richiesto scrissi come si legge sopra e lo pubblicai.

 

1292 febbraio 2

In due atti notarili, il monastero matelicese con la badessa Mattia  fa  il pagamento  di un  muro  della chiesa di S.M.M. cedendo la proprietà di un terreno.

 

In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem MCCLXXXXII indictione V tempore domini Niccholai(!) papa quarti, die secunda mensis februarii; actum (in) castro Mathelice, in ecclesia Sancte Marie Madalene coram Benenutio (Sin)tardi, Entendi Salimbene Fulcarelli et Levutio Venture, testibus ad hoc vocatis et rogatis, Yuanus domini Scangni sindicus monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica nomine et vice ipsius monasterii et convenctus eiusdem, sindicario nomine eiusdem monasterii et convenctus de quo syndicatu mihi Bonaventure notario infrascripto plene constitit evidenti et occulata fide et presente, consensiente et volente domina Matthia abbatissa et convenctus dicti monasterii Sancte Marie Madalene per se in posterum suosque successores in dicto monasterio dedit et tradidit, cessit atque mandavit Petrono Rainaldi Bone pro se suisque heredibus sollempniter stipulanti iure proprio et ad proprium et in perpetuum, terram dicti monasterii positam in districtu Mathelice in loco qui dicitur Cretaiolum iusta hec latera, a primo ipse Petronus, a secundo L(e)v(o)nus Aiudi, a tertio uxor et filii Jacopelli d(e) (Fanti)linis et filii Jacobi Val(ent)ini, a quarto via; ad habendum, tenendum et possidendum (omne(?) et quicquid sibi et suis heredibus deinceps placuerit pepetuo faciendum cum omnibus et syngulis que infra predictos continentur confines vel alios si qui forent cum accessibus et egressibus suis usque in vias publicas et cum om(ni) iure (auctoritate) usu seu requisitione sibi et dicto monasterio et huic rei competenti et competitura pro eo quod dictus Petronus fecerat, muraverat unam cannam muri de cantis et de cementis bonam et sufficientem in fabbrica muri et ecclesie dicti monasterii valens quantum dicta terra valet et ultra, renuntians idem Yuanus sindicus in hoc facto exceptioni in eadem ecclesia non constructi dicti muri et excepti(oni) doli in factum . . . .tioni, condictioni sive causa et ex inniusta causa et deception(e) val. . .(oris) dimidium iusti precii et valoris dicte terre et omnibus aliis iuribus et exceptionibus et actionibus dicto monasterio competentibus et competituris in predictis et omni legum et iuris cannonicis auxilio quam rem idem syndicus nomine dicti Petroni constituit possidere donec eidem rei possessionem acceperit corporalem seuapprehendere quandocumque; in quam intrand(i) sua auctoritate quandocumque ei placuerit sibi licentiam et potestatem omnimodam contulit atque dedit absque alicuius iudicis vel rectoris licentia et auctoritate, lege vel statuta seu constitutione aliqua non obstante quibus dictus syndicus sponte re(nuptians); quam rem prefatus syndicus nomine et vice ipsius monasterii et conventus eiusdem per se suosque in posterum successores tam rei quam iuris eidem Petrono pro se suisque heredibus sollempniter stipulanti promisit et convenit nomine dicti monasterii semper perpetuo legict(ime) defendere, auctorizare atque disbri(g)are in quolibet foro, iudicio ecclesiastico et seculari et contra omne collegium, pesona(m) et universitatem, expensis, salariis et advocatis eiusdem monasterii ab initio litis usque ad finem cause sub pena dupli extimationis dicte rei pro tempore quo plus valuerit vel melliorat(a) fuerit vicissim inter eos et (versa) vice solempni stipulatione promissa et obligatione bonorum et rerum dicti monasterii nec contra predicta vel aliud predictorum per se vel alios aliquando facere vel venire aliqua ratione vel causa et omnia dampna et expensas ac interesse reficere; qua pena soluta vel non, predicta omnia et singula firma et rata semper nichilominus perseverent, etcetera.

Et ego Bonaventura magistri Benvenuti notarius publicus predictis omnibus interfui rogatus subscripsi et publicavi.

(Altro atto nella stessa pergamena, per lo stesso fatto, con  diversità fonetiche)

=1292 febbraio 2

 

In Dei nomine. Amen. Anno eiudem MCCLXXXXII indictione V tempore domini Niccholay(!) pape quarti et die secunda mensis februarii; actum in castro Mathelice in ecclesia monasterii Sancte Marie Madalene; coram Benvenuto Syntardi,  Entendi Salimbene Fulcarelli et Levutio Venture testibus ad hec vocatis et rogatis; domina Mathia abbatissa monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica, una cum consensu et voluntate sororum suarum, conversorum ac familiarium suorum, convocatis et congregatis de mandato dicte domine abbatisse in predicto monasterio scilicet Jacoba, Isabect, Daniela, Johanna, Victoria, Dietama, Philipputia, Barbara, Heugenia, Ysaia, Guidutia, Gratiadei, Agata, Cicilia, Iustina, Aurea et Aviadei et Tuttasanta et frater Guido et frater Salimbene et monialibus et conversis omnibus aliis in ipso monasterio existentibus in dicto monasterio ibidem presentibus dicti monasterii et ipse conventus totus, cum eorum concordia et voluntate atque consensu una cum prefata domina abbatissa fecerunt, constituerunt, creaverunt atque ordinaverunt Yuanum domini Scangni, presente et (in se) sponte subscipiente ipsorum et dicti monasterii et ecclesie legitimum syndicum yc(onomum) actorem, factorem, procuratorem et numptium specialem, specialiter ad dandum, tradendum et concedendum nomine dicti monasterii, ecclesie et conventus eiusdem Petrono Rainal(di) Bone, pro se et suis heredibus, terram dicti monasterii, ecclesie et conventus, positam in districtu Mathelice in loco qui dicitur Cretaiolum infra hec latera: a primo ipse Petronus; a secundo Levonus(?) Adiudi, a tertio uxor et filii Jacopelli de Fantolinis et filii Jacobi Valentini  et a quarto via, precio et nomine precii unius canne muri de cantis(!) bonis (et) cemento qu(od) idem Petronus fecerat et fieri fecit in fabbrica et mellioramento ecclesie dicti monasterii et ad quietandum dictum Petronum de dicta canna muri et legitimam defensionem faciendam et promictendum et (penam(?) promictendum et de (qua) pertica muri dictum monasterium indiget pro fabbrica muri dicte ecclesie; et bona et res ipsius monasterii obligand(um) pro defensione dicte terre et venditione ipsius nomine et vice prefati monasterii ecclesie et conventus eiusdem per se eiusque in posterum successores et generaliter ad omnia alia et singula faciendum et exercendum que in predictis et circa predicta et quo(d)libet predictorum fuerint necessaria et oportuna prom(ictent)es dicta domina abbatissa et ipse conventus totus sollempniter per se suosque in posterum successores in dicto monasterio ratum et firmum habere atque tenere et non contra facere vel venire . . . /=modo ali/quo in perpetuum aliqua ratione vel causa seu exceptione iuris vel facti sub pena per dictum syndicum promictendam et sub ypotheca et obbligatione bonorum (et) rerum eiusdem monasterii ecclesie et conventus, etcetera.

Et ego Bonaventura magistri Benvenuti notarius publicus predictis omnibus interfui et a predictis rogatus subscripsi et publicavi.

 

1292.02.02: Pagamento di un muro con un terreno

Nel nome di Dio. Amen. Nel suo anno 1292, indizione quinta, a tempo del papa Nicolò IV, il giorno due del mese di febbraio; redatto nel castello di Matelica, nella chiesa di Santa Maria Maddalena di fronte a Benvenuto di Sintardo, Entente di Salimbene Fulcarelli e Levuzio di Ventura come testimoni richiesti ed a ciò chiamati; donna Mattia badessa del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, con il consenso unanime e la volontà delle sue consorelle, dopo che erano state convocate e riunite su ordine della stessa badessa nel detto monastero, cioè Giacoma, Isabetta, Daniela, Giovanna, Vittoria, Diotama, Filippuccia, Barbara, Eugenia, Isaia, Guiduccia, Graziadea, Agata, Cecilia, Giustina, Aurea, Aviadea e Tuttasanta e frate Guido e frate Salimbene e tutti gli altri conversi e monache esistenti nel detto monastero e tutti i presenti ivi del convento di esso monastero, con volontà, concordia e consenso unanime insieme con la predetta donna badessa nominarono, stabilirono, crearono ed ordinarono come legittimo amministratore loro, della chiesa e del detto monastero, agente, fattore, procuratore e nunzio speciale, Ivano del signor Scagno, presente e spontaneamente accettante, per dare, consegnare e concedere, a nome del detto monastero e del suo convento, a Petrono di Rinaldo Bone, per sé e suoi eredi, la terra del detto monastero, della chiesa e del convento, posta nel distretto di Matelica, in località detta Cretaiolo entro i seguenti confini: primo lato lo stesso Petrono; secondo lato Levono (?) di Aiudo; terzo lato la moglie, i figli di Giacomello de Fantolini e i figli di Giacomo di Valentino, quarto lato la via; terreno da avere, tenere e possedere come a lui e poi ai suoi successori piacerà farne in perpetuo con tutte e singole le cose che sono contenute entro i detti ed altri confini, con accesso e uscite propri fino alla via pubblica e con ogni diritto, potere, uso o requisizione che spettasse o spetterà al monastero riguardo a queste cose. E ciò a motivo del fatto che il detto Petrono aveva fatto la muratura di una canna (=misura) di muro con canne e cemento di buona e sufficiente edilizia, muro fabbricato per la chiesa del detto monastero, valutato di valore quanto il detto terreno e più. L’amministratore Ivano in ciò rinuncia ad ogni eccezione di inganno, condizione di causa giusta o ingiusta, calcolo a metà del giusto valore e prezzo di detta terra ed a tutti gli altri diritti ed (e)ccezioni ed azioni che competono o competeranno al detto monastero ed ogni ausilio di leggi e norme canoniche riguardo alla costruzione del detto muro nella detta chiesa. L’amministratore conservò la tenuta di questa cosa a nome del detto Petrono, fino a quando egli non ne prenderà il possesso corporale e la tenuta in qualunque modo. Gli diede licenza e pieno potere rinunciando spontaneamente a qualsiasi norma, legge o costituzione di qualsiasi giudice o rettore e fece ciò a nome e per conto dello stesso monastero e del suo convento, per sé e per i successori. E promise con solenne stipula e fece convenzione a nome del detto monastero con Petrono per sè e per i suoi successori, riguardo alla cosa e al diritto di difendere, risolvere presso qualsiasi tribunale ecclesiastico o secolare, contro ogni gruppo o persona o comunità, quanto sopra, inoltre di rifondere le spese, i salari e gli avvocati dall’inizio alla conclusione della vertenza, sotto pena del doppio dell’estimo di detta cosa, con il valore che avrà nel tempo, se sarà migliorata. E con solenne stipula, tra di loro scambievolmente, promisero di non agire contro, né venire in contrasto per alcuna ragione e causa, sotto promessa ed obbligazione dei beni e delle cose del detto convento e ripagare i danni, le spese e gli interessi. Tutte e singole le cose dette prima resteranno decise e stabili, pagandosi o non pagandosi la penalità, comunque sia, restano. Eccetera.

Io Bonaventura di Mastro Benvenuto notaio pubblico fui presente a tutto quanto sopra e, richiesto, sottoscrissi e pubblicai.

 

1301 marzo 24

Viene nominato il procuratore del monastero matelicese e della badessa Mattia  di S.M.M. per incassare il pagamento di un prato, venduto al comune di Matelica.

 

In Dei nomine. Amen.  Anno Domini MCCCI indictione XIIII, tempore domini Bonifatii pape VIII die XIIII martii, in terra  adtum Mahtelice in monesterio Sancte Marie Madalene, presentibus dompno Htomaxio (!) capellano ecclesie Sancte Marie de Cerreto, Guarinutio Coradi Guidarelli, conventu so(pra)dicti m(one)sterii, testibus deputatis vocatis; domina Mahtia abadissa monesterii Sante Marie Madalene, una cum sorore sua Isabetta, Gratiadee, Mahtiole,  Eugenie, Bartolomea, Datadeo, Ma(n)sueta, Simonetta, Vittoria, Felipputia, Gera, Agatte, Deutame, Lucia, Angelica, Cicilia, Isaia, Clarella, Margarita, Daniella, sorores et monace ipsius monestereii(!) et conventus dicti monestereii totum (!) ad sonum campane congregatum, ut moris est, nemine disscordante, ipsa domina abadissa, de licentia et voluntatem diciti(!) conventus et una cum eis, fecit, costituit et ordinavit fratrem Jacopoputium(!) conversum su(pra)dicti monesterii, suum et dicti monesterii verum, legitimum sindicum, actorem, factorem et nu(n)tium spetialem ad acipiendum et recipiendum a cammerario communis Mahtelice, sive a sindico dicti communis qui nunc est et in futurum erit et a Buto Tomaxii sive a qualibet persona qui eset poxitum super predittis, totam quantitatem pecunie sive bladii quod vel quam monesterium supradittum Sante Marie Madalene abere debet a commune Mahtelice vel ab interpoxita persona promi(ss)ione pro dicto commune, ad accipiendum dictam quantitatem pecunie sive bladii totam vel partem et ad quietandum remittendum et ad solvere cammerarium sive sindicum dicti communis et Butum Tomaxi et omnes alias personas que fuerint quietande et ad solvere de predict(o) commune de totum quod ipse frater Jacoputius sindicus dicti monesterii receperit et in omni eo quod per eum fuerit rep(er)tum, nomine et vice ditti monesterii et conventus eiusdem; promicte(n)s dicta domina Mahtia abadissa et conven(tus) totu(s) dicti monestrerii nemine discordante quid(quid) per dictum sindicum factum, dittum, quietare missum, operatum et factum fuerit in predittis omni ca(usa) preditta et colibet predittorum, ratum senper perpetuo abere et tenere et in alico punto nec capitulo contra facere vel venire sub pena et obligatio(ne) bonorum et rerum dicti monesterii et ipsius conventi quam (penam) totiens dare et solvere promisit et convenit, cotiens fuerit contrafattum vel etiam contraventum et danna et suntus reficere sindicum.

Et ego Ventura Massei notarius plubicus iis omnibus interfui de predittis roga(tus) scribere scripsi et plubicavi.

 

1301.03.24: Procura a riscuotere un credito

Nel nome dei Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1301, indizione quattordicesima, al tempo del papa Bonifacio VIII, il giorno 24 marzo, redatto a Matelica nel monastero di Santa Maria Maddalena, alla presenza di Tomassio cappellano della chiesa di Santa Maria di Cerreto, Guarinuccio di Corrado Guidarelli, con il convento del sopradetto monastero, come testimoni richiesti e chiamati; donna Mattia badessa del monastero di Santa Maria Maddalena insieme con le suore Isabetta, Graziadea, Mattiola, Eugenia, Bartolomea, Datadeo, Mansueta, Simonetta, Vittoria, Filippuccia, Gera, Agata, Diotama, Lucia, Angelica, Cecilia, Isaia, Clavella, Margherita, Daniela, suore e monache dello stesso monastero e del convento del detto monastero, dopo che al suono della campana, come d’uso, si erano riunite, senza  alcuna discordanza, la stessa badessa con la licenza ed il consenso del detto convento ed insieme con loro, stabilì ed ordinò frate Giacomuccio della comunità del sopradetto monastero come amministratore vero e legittimo, agente, fattore e nunzio speciale del convento di esso monastero e dello stesso monastero, per ricevere  e prendere dal camerario (cassiere) del comune di Matelica o dall’amministratore del detto comune che è, e sarà in carica, e da Buto di Tomassio o da qualsiasi altra persona che è posta sopra ai predetti,  tutta la somma di denaro o di generi che il detto monastero di Santa Maria Maddalena deve avere dal comune di Matelica o da interposta persona, per la promessa per il detto comune, a prendere la detta somma di denaro o di generi, tutta o in parte, ed a rilasciare quietanza, remissione e ad assolvere  il camerario o l’amministratore e  Buto di Tomassio e tutte le altre persone che dovranno ricevere quietanza per il pagamento da parte del predetto comune, di tutto quello che lo stesso frate Giacomuccio amministratore del detto monastero riceverà e in ogni cosa che per mezzo di lui sarà trovata, a nome e per conto del detto monastero e del suo convento. La predetta donna Mattia badessa insieme con tutto il convento del detto monastero, promette di considerare deciso per sempre in perpetuo e di mantenere tutto ciò che viene fatto, detto, messo, quietanzato, operato e realizzato da parte del detto amministratore nelle cose dette sopra ed in ciascuna di esse, e di non contrastare o mettersi contro ad esse in alcun punto o capitolo, sotto penalità ed obbligazione dei beni e delle cose del detto monastero e del suo convento. Promise e accordò che avrebbe dato e pagato questa penalità tutte le volte che avessero agito contro o anche contravvenuto, e avrebbe ripagato l’amministratore, i danni e le spese.

Ed io Ventura Massei notaio pubblico fui presente a tutto ciò e, richiesto di scrivere, scrissi e pubblicai.

 

1311 gennaio 29

Vengono nominati i procuratori del monastero matelicese e della badessa Mattia  di S.M.M. per fare appello contro un precetto del vescovo di Camerino.

 

In Dei nomine. Amen. Anno Domini MCCCXI indictione VIIII tempore domini Clementis pape quinti, die XXVIIII mensis ianuarii; actum in ecclesia monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica, camerinensis diecesis, presentibus Nutio Nalli domine Savie; Francisco et Nutio Salimben(e) Atti de Monte Milone et nunc habitatoris terre Mathelice, testibus de hiis omnibus rogatis et vicatis. Nobilis mulier et domina domina (!) Mathia abbatissa monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica, camerinensis diecesis, una cum Francesca, Mathiola, domina Al(c)egrima(!), Barbara, Philipputia, Cecilia, Eugenia, Tuctasanta, Isaia, Manfredutia, Gera, Agatha, Marta, Lucia, Thomassutia, Sperandeo, Rosa, Zutia, Mita, Annese, Angelica, et Iacobutia, Bartholomea, monialibus ipsius monasterii ad sonum campane, mandato ipsius domine abbatisse in ecclesia ipsius monasterii, more solito, congregatis; et ipse moniales omnes, earum nemine discordante, una cum ipsa domina abbatissa ad invicem auctorante(!) fecerunt, constituerunt, creaverunt ac etiam legitime ordinaverunt nobilem virum Guarinutium Guarini de Mathelica et fratrem Jacobutium conversum dicti monasterii absentes, tamquam presentes, et quemlibet eorum in solidum, ita quod non sit melior condictio occupantis et quod unus ipsorum inceperit, alter possit readsummere(!), prosequi et finire, earum et dicti monasterii suos vero et legitimos sindicos, procuratores, actores et factores et nuntios spetiales vel si quo alio nomine de iure melius, et censeri possunt ad representandum se pro ipsis et ipsarum nomine coram venerabili patre et domino domino Berardo camerinensi episcopo et appellationem . . . . eundum et ad appellandum a litteris eis trasmissis et preceptis nuper factis per dictum dominum episcopum seu ipsius offitiales, aut per alterum ipsorum quocumque modo vel causa, ad sanctissimum patrem et dominum nostrum summum pontificem seu ad alium ipsius vicem habentem, seu etiam ad quemcumque alium in curia romana iurisdictionem habentem et ad dictam appellationem prosequendum, ad libellum dandum et recipiendum, litem contestandum de calupnia seu de veritate in ipsarum anima iurandum, exceptiones opponendum, replicandum . . . .  et reduplicandum si opus fuerit, iudices eligendum, vel albitros . . . .  escusandum suspectos dandum, ponendum et respondendum, testes, istrumenta, alias probationes legitimas inducendum, testes partis adverse iurare videndum, opponendum contra testes et dicta reprobandum et ad fatiendum ipsos deponere et ad videndum ipsorum testium apertura, copiam actorum recipiendum et concludendum in causa et ad unum procuratorem vel plures  istituendum, nomine ipsarum dominarum et dicti monasterii et generaliter, spetialiter et  particulariter ad omnia et singula fatiendum et exercendum que in predictis et quolibet predictorum extiterint necessaria et oportuna et que ipse facere et exercere possent, si personaliter addessent, et que merita causarum exigunt et requirunt; promictentes se ratum  et firmum perpetuis temporibus habituras quicquid per dictos (syn)dicos seu alteri ipsorum vel substituendum ab ipsis, factum et gestum fuerit in predictis et quolibet predictorum, sub ypoteca et obligatione bonorum dicti monasterii et ipsos et quemlibet ipsorum seu substituendum ab ipsis relevare ab omni honere satisdationis de iudictio sisti et iudicato solvendo. Qua pena soluta vel non, predicta rata et firma permaneant.

Et ego Nallus Zoni notarius publicus supradictis omnibus interfui et rogatus scripsi et publicavi meique singni munimine roboravi.

 

1311.01.29: Procura per fare appello contro un precetto vescovile

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1311, indizione ottava, al tempo del papa Clemente V il giorno 29 del mese di gennaio, redatto nella chiesa del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, diocesi di Camerino, alla presenza di Nuzio Nalli di donna Savia, Francesco e (M)uzio di Salimbene Atti da Monte Milone abitante ora della terra di Matelica, come testimoni richiesti, a tutto ciò chiamati; la nobile signora  Mattia badessa del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, diocesi di Camerino, insieme con Francesca, Mattiola, donna Al(t)egrima, Barbara, Filippuccia, Cecilia, Eugenia, Tuttasanta, Isaia, Manfreduccia, Gera, Agata, Marta, Lucia, Tomassuccia, Sperandea, Rosa, Zutia, Mita, Agnese, Angelica e Giacomuccia, Bartolomea, monache dello stesso monastero, dopo che per ordine della stessa badessa si erano riunite nella chiesa dello stesso monastero, al modo solito, tutte le dette monache, senza alcuna dissensiente, insieme con la stessa donna badessa e reciprocamente stabilirono, decisero, crearono ed ordinarono legalmente il nobil’uomo Guarinuccio di Guarino di Matelica e frate Giacomuccio converso del detto monastero, assenti, come fossero presenti, e ciascuno di loro in solido, di modo che non sia migliore la condizione di uno che è agente rispetto a quella di uno che non lo è, e tutto quello che uno di essi ha cominciato, l’altro possa prenderlo, proseguirlo e finirlo nella qualità di legittimi amministratori, procuratori, agenti, fattori e nunzi speciali, o con qualsiasi altro nome si può meglio esprimere e pensare giuridicamente, per presentarsi a posto di loro stesse, a nome loro, di fronte al venerabile padre e signore don Berardo vescovo di Camerino ed esprimere l’appello e appellare riguardo alla lettera loro trasmessa e agli ordini fatti da parte del detto vescovo di Camerino o dei suoi officiali o da alcuno di essi, in qualunque modo o causa, presso il santo padre, signor nostro sommo pontefice o ad altra persona che fa le sue veci, o presso chiunque altro abbia giurisdizione della curia romana, inoltre a proseguire il detto appello, a dare il libello e riceverlo, a contestare la lite sulla calunnia o sulla verità, a giurare sulla loro anima, ad opporre eccezioni, a replicare e controreplicare, se necessario, ad eleggere i giudici od arbitri, a escusare, a porre sospetti, a introdurre i testimoni, i documenti, le altre prove legali, a veder giurare i testimoni della parte avversa, a contrapporsi ai testimoni, a rifiutare le cose dette ed a farli deporre e a vedere l’apertura dei testimoni, ricevere la copia degli atti e concludere nella causa ed a stabilire uno o più procuratori a nome delle stesse donne e del detto monastero, e in generale a fare ed esercitare tutte quelle cose che riguardo a ciascuna delle cose dette sopra, risulteranno necessarie ed opportune e che loro stesse potrebbero fare ed esercitare se fossero presenti direttamente, cose che i meriti delle cause richiedono ed esigono. Promettono che considereranno stabilito e decisto per tutti i tempi tutto ciò che viene fatto e gestito da parte degli stessi amministratori o di uno di loro o di un loro sostituto, riguardo a ciascuna delle cose dette sopra, sotto l’ipoteca e l’obbligazione dei beni del detto monastero. Inoltre liberano questi amministratori e i loro sostituti da ogni onore di soddisfare, senza procedere in giudizio, attenendosi al giudicato. Le cose dette prima, pagata o non pagata la penalità, restino decise e stabili.

Ed io Nallo Zoni notaio pubblico fui presente a tutte le cose dette sopra e, richiesto di scrivere, scrissi e pubblicai e rafforzai con il mettere il mio sigillo.

 

1312 luglio 8

La badessa Mattia del monastero S.M.M. riceve quietanza per aver pagato In ogni miglior modo l’acquisto di una campana da rifondere.

 

In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem MCCCXII (indictione X, tempore) domini Clementis Pape V die VIII mensis iulii. Actum Mathelice in ecclesia monesterii Sancte Marie Madalene, presentibus Iohannutio Simonicti et Acto Junte de Fab(riano) testibus ad hoc rogatis et vocatis; dompnus Pace Mathioli de Mathelica  tamquam procurator et legitime ad hoc constitutus a domino Jacobo Biccerii cappellano et rectore ecclesie Sancti Salvatoris Valle Acorani disstrictus Mathelice, nomine et vice dicti domini Jacobi fuit confessus et contentus habuisse et recepisse a domina Mathia abbatissa supradicti monesterii dante et solvente pro dicto monesterio et conventu pro pretio et nomine pretii LX libbras metalli unius campane fracte C.  s(olidos) ravennates et anconetanas, renuntians exceptio(ni) non habitos et non receptos dictos denarios et omni legum auxilio promictens dictam quantitatem ulterius non petere nec peti facere se(cus) si ex aliqua ratione vel causa pro se vel pro aliqua persona, dicto monesterio aliqua lix neque questio oriretur, promixit nomine dicti domini Jacobi, a principio litis usque ad finem cause legitime defendere omnibus suis sumptibus et expensis et de dicta quantitatem fecit finem, quietationem et assolutionem omni modo et iure quibus melius dici potest et promixit firmum et ratum haec omnia suprascripta et non venire contra sub pena XXV librarum ravennatum.

Et ego Franciscus magistre Mathi(!) de Mathelica notarius publicus predictis omnibus interfui et rogatus subscripsi et publicavi.

 

1312.07.08: Pagamento di una campana

Nel nome del Signore. Amen. Nel suo anno 1312 indizione decima a tempo del papa Clemente V, il giorno 8 del mese di luglio; redatto a Matelica nella chiesa del monastero di Santa Maria Maddalena, alla presenza di Giovannuccio di Simonetto e di Attone di Giunta da Fabriano come testimoni richiesti a ciò chiamati; il Signor Pace di Mattiolo da Matelica come procuratore legittimamente stabilito a questo, da don Giacomo di Biccerio cappellano e rettore della chiesa di San Salvatore di Valle Ancorano, distretto di Matelica, a nome e per conto del detto don Giacomo dichiarò e fu soddisfatto di aver avuto e ricevuto dalla abbadessa del sopraddetto monastero, donna Mattia che dà e paga per il detto monastero e convento come prezzo e per conto del prezzo di sessanta libbre del metallo di una campana rotta, la somma di cento soldi ravennati e anconetani, con  rinuncia all’eccezione del denaro non avuto o non ricevuto e a ogni ausilio delle leggi, prometendo di non chiedere ulteriormente né di far chiedere la detta somma. Nonostante qualsiasi ragione o causa per sè o per altra persona, affinché non sorgesse alcuna lite o questione al detto monastero, promise, a nome del detto don Giacomo, di difendere legalmente dall’inizio della lite fino alla fine della causa, a sue spese e fece quietanza finale e assolutoria per ogni modo e diritto come meglio si può dire. Promise di tenere decise e stabilite tutte queste cose scritte sopra e di non contrastarle sotto penalità di 25 libbre ravennati.

Ed io Francesco di mastro Matt(e)o da Matelica notaio pubblico fui presente a tutte le cose sopradette e richiestone sottoscrissi e pubblicai.

 

<Durante la digitazione la dettatura di questo testo è stata insicura>

ALCUNE PERGAMENE DEL MONASTERO DELLA BEATA MATTIA  DI MATELICA

Indice

1237 gennaio 11    Consacrazione di Rosa

1237 aprile   20      Contratto di deposito e arbitrato

(1237)                     Procura per Rosa

1271 agosto  10     Consacrazione di Mattia

1272 giugno    1      Procura per i beni di Mattia

1273 aprile   19       Consacrazione di Venutula

1273 aprile   21       Indulto per elemosine al monastero

1273(?) aprile 19     Donazione di un luogo monastico

1274 agosto  18       Istruttoria giudiziaria

1275 febbraio 11      Indulto vescovile per elemosine

1278 febbraio 16      Oblazione del luogo di Sant’Agata

1278 marzo     7       Frammento di rinuncia ad una lite

1278  luglio 16 e 17 Appello contro il precetto vicariale

1278 dicembre 2      Contratto per spartire un’eredità

1279 luglio      3        Donazione della dote sponsale

1284 giugno   10       Procura per i diritti su s. Maria di V.

1285 agosto  21        Procura per la lite sull’eredità di Sibilla

1286 febbraio 28       Indulto vescovile per elemosine

1286 settembre 12   Procura per pagare una multa

1286 settembre 13   Quietanza di multa e condono

1286 settembre 13   Unione approvata di due monasteri

1286 novembre 20   Procura per il residuo di una multa

1287 settembre 26   Procura per appello sui beni di Matteo

1287 dicembre  10   Procura per i beni di suor Francesca

1292 febbraio     2    Pagamento di un muro con un terreno

(due documenti)

1301 marzo     24     Procura per riscuotere un credito

1311 gennaio  29      Procura per appello contro un precetto

1312 luglio      8         Pagamento di una campana

(Traduzione  italiana di carlo tomassini)

MATELICA  MONASTERO DELLE CLARISSE   S.M.M.= Santa Maria Maddalena)

PERGAMENE TRASCRITTE E TRADOTTE

 

1237 gennaio 11

Donna Rosa dona se stessa ed i suoi beni a Dio nel monastero matelicese  S. M. M. nell’obbedienza al ministro dei Frati minori e alla monache per le quali difenderà la sua eredità contro  Masseo e Gentile  NAZARII.

In nomine Domini nostri Iesu Christi. 1237 indictione X die XI intrante  ienuario, tempore Gregorii pape et Federici imperatoris. Coram testibus infrascriptis, domina Rosa filia condam domini Ranni Aberti Gualterii, propria spontanea sua bona voluntate, et pro redempcione animarum parentum et sororum suarum, et pro sua anima, dedicavit se et sua; et ingressa est monasterium et ecclesie sancte Marie Madalene; et dictam  domina promisit obedientiam et reverentiam Fratri Petro ministro Fratrum Minorum et suis sororibus, recipienti pro ipsa ecclesia, quod nunquam  aliquo tempore discederet a dicta ecclesia eundo et serviendo ad aliquem locum religiosum, hoccasione standi vel permanendi, sed semper  in eodem loquo permanendo; et renunciavit mundo et promisit castitatem et unitatem retinere, et necessitatem retinere: et Deo fecit pro amore quam habet erga dominum nostrum Iesum Christum et Marie Virginis et Marie Madalene; dicendo dictus Frater Petrus: “Vis tu esse reddita Deo huic loquo sancte Marie Virginis et sancte Marie Madalene; permanendo et stando ante altare sancte Marie Madalene?”  Et ipsa dixit: “Volo”.  Et ipse Frater Petrus  et sue sorores receperunt eam nomine et vice dicte Ecclesie; et investiverunt eam per pannos altaris et per osculum pacis ad altare. Et dicta domina Rosa, post hec, dedit et cessit omne ius et omnem rationem et actionem quod et quam  abebat contra dominum Masseum et dominum Gentilem Nazarii de quatuor centum libris, quas ipsi dare ei tenebantur de venditione mansi patris et matris sui, et de CLVI libris quas domina Biatrice et ipsa domina Rosa antea concesserant dicto monasterio. Et dedit et concessit ipsa domina Rosa dicto loquo sive monasterio omnia alia sua bona preter ista, sive ultra supradicta   . . . .tud(. . ) esset; quam racionem et concessionem promisit firmam et ratam abere et non contravenire aliqua occasione vel exceptione.

Ibi vero dominus Bartolus Gentilis, dominus Rainaldus iudex, Moricus de Rocca, et dominus Benintendi, donnus Petrus Palmucii, Bonus Frater, Frater Filippus, donnus Bentevogius, et multi alii rogati testes similiter in dicta ecclesia.

Ego Albertinus notarius interfui et ex mandato dicte domine Rose et suarum sororum scripsci et plubicavi (!) et in plabicam (!) formam redegi.

 

1237.01.11: Consacrazione di Rosa

Nel nome di nostro Signor Gesù Cristo. Anno 1237, indizione decima, giorno 11 gennaio, al tempo del papa Gregorio e dell’imperatore Federico, alla presenza dei testimoni  scritti sotto, donna Rosa, figlia del defunto signor Ranno di Alberto Gualtieri, di propria spontanea buona volontà e per la redenzione delle anime dei suoi genitori e sorelle e per la propria anima, consacrò se stessa e i suoi beni, ed entrò nel monastero e chiesa di santa Maria Maddalena. La signora predetta promise obbedienza e riverenza a Frate Pietro ministro dei Frati Minori ed alle consorelle. Fu accolta a nome della stessa Chiesa, con l’impegno che mai, in alcun tempo, sarebbe uscita da tale chiesa, per andare a servire in altro luogo religioso, in occasione di stare o rimanere; ma sempre sarebbe restata in questo luogo e rinunciò al mondo. Promise di mantenere la castità e l’unità e di tenere la necessità e lo fece per Dio, per l’amore che ha  verso nostro signore Gesù Cristo, verso la vergine Maria e Maria Maddalena. Mentre Frate Pietro predetto domandava: “Vuoi tu essere resa a Dio a questo luogo della santa  Vergine Maria e santa Maria Maddalena, permanendo e stando davanti all’altare di santa Maria Maddalena?” Lei disse: “Lo voglio”. Frate Pietro e le consorelle la ricevettero a nome e per conto della Chiesa predetta e la vestirono per mezzo dei panni dell’altare e per mezzo del bacio della pace presso l’altare. Rosa dopo queste cose, donò e concesse al monastero ogni diritto ed ogni ragione ed azione che aveva nei confronti del Signor Masseo e del signor Gentile di Nazario per quattrocento libbre che quelli erano tenuti a darle dalla vendita del podere paterno e materno di lei, inoltre per 156 libbre che donna Biatrice e la stessa donna Rosa avevano prima consegnato; come pure lei consegnò e diede al predetto monastero, o luogo, ogni altro suo bene; e oltre ed in aggiunta a ciò anche quel che fosse di suo avere. Promise di mantenere stabili e definitive questa sua donazione consegnata e di non contrastarla in nessuna occasione, senza  riserva.

Erano presenti il signor Bartolo di Gentile, il signor Rainaldo giudice, Morico della Rocca, il signor Benintendi, don Pietro di Palmuccio, Bono frate, frate Filippo, don Bentivoglio e molti altri testimoni richiesti, nella detta chiesa.

Fui presente io notaio Albertino che per mandato della stessa Rosa e delle consorelle, scrissi l’atto, e lo resi di pubblica forma.

 

1237 aprile 20

Nella vertenza per l’eredità di Rosa si stipula l’accordo di deposito del denaro affidando la sentenza al ministro dei Frati minori oppure al vescovo.

 

In Dei nomine. Amen. Anno Domini MCCXXXVII, die (XI) exeuntis aprilis tempore Gregorii pape et Frederici romanorum imperatoris, Sicilie et Jerusalem regis, indictione X.

Dominus Masseus et dominus Gentilis Lazarii ex una parte, et Acto Venimbene notarius sindicus monasterii sancte Marie Madalene de Mathelica, nomine universitatis et conlegii et pro ipsa universitate dicti monasterii, ex altera, deposuerunt de communi concordia e voluntate apud dominum Moricum de  Rocca, ducentas libras ravennates et anconetanas de pretio vendictionis domine Rose, facte filiis Lazarii, de bonis quondam Ranni, hoc modo et pacto et ac conditione possita, quod quidquid Frater Petrus minister Fratrum Minorum dixerit, quod predicta domina  cum suis sororibus et sindicus dicte universitatis fatiant cartam filiis Lazarii quietationis e transactionis factam inter predictos, stabunt ad eius dictum; et si  (contigeret) dictus Frater Petrus non veniret, vel diceret, hinc ad medium madium proximum, dominus Filippus episcopus camerinensis debeat dicere; et si contigeret quod viri predicti non diceret, dicta pecunia, silicet  CC  libras, dominus Moricus deberet restituere dictis filiis Lazarii, et si episcopus diceret, deberet restituiere dictam pecuniam, dominus Moricus dicte domine , omni occasione postposita.

Item de testamento domine (I)bilde  quidquid predicti diceret vel laudaret, plus rationi, vel minus rationi, promiserunt ad invicem firma habere atque tenere sub pena CC librarum ravennatum; (vicissim)  inter se solempni stipulatione promiserunt, et omne dampnum litis et expensas per quod, et quas, fecerit vel sustinuerit, pro  (hoc), quoquo modo, reficere et restituere promiserunt solempni stipulatione inter se; et predicta soluta, vel non, dicta omnia firma habere, tenere promiserunt; omni iure reservato monasterio facto montis scilicet X(. .) modioli; et illud quod habet de manso (Mar)tini Iunii et uxori et de clusura Deoni Acti, et molendino Gometarie, que demisit domine Rose.

Actum in monasterio dicto, presentibus domino Albrico Finaguerre, Rainaldo Montis Melonis, domino Subpolino, domino Albrico Mori, et domino Blasio et Iohanne Albrici Guarnerii testibus. Ego Acto Deoni avocati apostolice sedis notarius, his omnibus interfui et ut supra legitur, rogatus, scripsi.

 

1237.04.20: Contratto di deposito e arbitrato

Nel nome di Dio. Amen. L’anno del Signore 1237, giorno 20 aprile, a tempo del papa Gregorio e dell’imperatore  dei romani Federico, re di Sicilia e di Gerusalemme, indizione decima. Il signor Masseo ed il signor Gentile di Lazario  da una parte, e dall’altra parte, Attone Venimbene notaio, amministratore del monastero di santa Maria Maddalena di Matelica, a nome della comunità e del collegio e per conto loro, di comune accordo e volontà,  presso il signor Morico da Rocca, fecero il deposito di duecento libbre ravennati ed anconetane,  prezzo della vendita da parte di donna Rosa, dei beni del defunto Ranno, fatta ai figli di Lazario, con questo patto, e con questa condizione posta, che qualunque cosa deciderà Frate Pietro ministro dei Frati Minori, la predetta donna Rosa con le sue consorelle e l’amministratore della detta comunità, facciano la carta  di quietanza e transazione ai figli di Lazario e staranno gli uni con gli altri alla decisione dello stesso. E se capitasse che il predetto Frate Pietro non venisse o non decidesse, da ora fino alla metà del prossimo maggio; debba decidere don Filippo vescovo di Camerino. E se capitasse che questi predetti uomini non decidessero, allora il denaro predetto di duecento libbre sia restituito dal Signor Morico ai predetti figli di Nazario. E qualora il vescovo dicesse che il predetto denaro fosse da restituire, il signor Morico lo consegni, senza frapporre condizione, alla signora predetta. Parimenti riguardo al testamento di donna (I)bilde, tutto ciò che uno o l’altro dei predetti decidesse o sentenziasse, con più o meno di considerazioni, promisero tra di loro, vicendevolmente, che lo considereranno e terrano stabile e promisero con solenne stipula sotto penalità di duecento libbre ravennati. E promisero di rimborsare o restituire ogni danno di lite e di spese fatte o sostenute per questo, in ogni modo, con solenne stipula tra di loro. E fossero o non fossero pagati (i rimborsi), promisero che tutto restasse stabilito.

Si riserva ogni diritto a favore del monastero per quanto riguarda il monte, cioè per i dieci (o più ? foro nella pergamena) mogiuri e per quello che ha del manso di Martino Iunni e della moglie; inoltre per la chiusa di Deone di Atto e del molino do Gometaria(?), beni che lasciò alla signora Rosa.

Redatto nel monastero, presenti come testimoni, il signor Albrico di Finaguerra, Rainaldo di Monte Melone, il signor Suppolino, il signor Albrico di Moro, il signor Blasio  e Giovanni di Albrico Guarnerii. Il notaio apostolico Atto di Deone avvocato, richiesto scrisse.

 

Frammento senza anno (1237) ( Manca la parte iniziale, data desunta dai nomi  del 1237 )

Viene nominato il procuratore del monastero matelicese S.M.M. per il              processo sull’eredità di Rosa.

 

. . . . . . dominae  Isulanae et dominae   Clarae . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Lucie, Annese et Cataline fecerunt co(=stituerunt et creaverunt ). . . . . . . . . . . . . .(Venin. .ne) notarium presentem eorum sindicum, actorem, factorem, p(. . .)rem et procuratorem et sufficientem responsabilem ad agendum contro dominum Masseum et dominum Gentilem Lazarii, coram Fratre Petro Vercellensem, vel coram Filippo camerinensi episcopo, ad litem contestandam et ad iurandum de calupnia, et ad omnia fatienda et ad transigendum et ad compromittendum et ad sent(entiam) (a)udiendam et appellandam si necess(e  fu)erit, hoc modo uti possit agere, excipere et replicare (uti) ipsemet facere possent, vel replicarent  de tota hereditate que fuit quondam patris sui domini Ranni e matris sue domine Biatrice et spetialiter  de quinque centum L V  libris, et generaliter de omnibus aliis bonis que ei posset . . . . . . nire vel competere occasione predictorum. Quam sindicariam promiserunt per se suas(que) . . . . . . . . .    non contravenire sed firma habere atque tenere, nec ullam restitutionem  aliqua in p. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .ato a dicta abbatissa et sororibus, fori ecclesiastico condictioni sine causa, dolo vel metu, restitutionem in integrum, omnique legali auxilio que eis possent prodesse  et aliis personis habentibus causam hab eis possint obesse; e hec sub pena CC librarum promiserunt, et pena soluta vel non soluta, stipulata promissa omnia supradicta firma permaneant.

Actum in monasterio sancte Marie Madalene, presentibus domino Albrico Finaguere, domino Finaguere et domino Morico de Rocca, domino Subpolino, domino Albrico Mori, Iohanne Albrici, et domino  Blasio, testibus.

Ego Acto Deoni avocati, apostolice sedis notarius, his omnibus interfui, et ut supra legitur, rogatus a dicta abbatissa et sororibus, scripsi et publicavi.

 

1237:  Procura per Rosa (data dal contenuto dei precedenti atti)

. . . . . . . . . . . . . . . . .donna Isulana, donna Chiara  (pergamena stralciata)  . . .  Lucia, Agnese e Catalina  stabilirono il. . . . notaio presente loro amministratore, attore, fattore, procuratore, responsabile sufficiente ad agire contro il signor Masseo e contro il signor Gentile Lazarii, di fronte a Frate Pietro da Vercelli e di fronte a Filippo vescovo di Camerino per contestare la lite, per giurare nell’accusa e per fare tutto, transazione, compromesso, ascolto della sentenza, appello se necessario, con procura che agisca, riceva e replichi come loro stesse potrebbero agire e replicare riguarda all’eredità (di Rosa) dal padre, signor Ranno e dalla madre, donna Biatrice, specialmente per   555 libbre e per tutti gli altri beni spettanti a lei. Questo atto della badessa e delle monache sarà mantenuto stabile in ogni circostanza, senza limiti di foro ecclesiastico, condizione di causa o senza causa, per dolo o timore, per ogni ausilio legale, restituzione intera e per tutto quanto potesse essere di vantaggio per loro e di svantaggio per le persone in causa con loro. Promisero ciò sotto penalità di 200 libbre. E, pagata, oppure non pagata la penalità, tutto quanto detto sopra resta stabile.

Redatto nel monastero di santa Maria Maddalena, alla presenza dei testimoni il signor Albrico di Finaguerra, il signor Finaguerra, il signor Morico da Rocca, il signor Suppolino,  il signor Albrico di Moro, Giovanni di Albrico, il signor Blasio.

Io notaio apostolico Atto di Deone avvocato fui presente a queste cose e, richiesto dalla detta abbadessa e dalle consorelle, scrissi quanto si legge sopra e lo pubblicai.

 

Nota: nel documento del 20 Aprile  1237 risulta sindaco dello  monastero il notaio Attone Vanimbene. Donna Rosa monaca nel 1237. Non si conosce il motivo per cui  questa pergamena è stata  stralciata.

 

1271 agosto  10

Mattia dona se stessa ed i suoi beni a Dio consacrandosi nel monastero matelicese S.M.M nelle mani di suor Omodea.

 

In nomine Domini. Amen. Anno eiusdem a Nativitate millesimo ducentessimo septuagessimo primo indictione XIIII, die X augusti, ecclesia romana vacante felicis recordationis domini Clementis pape quarti, actum Mathelice in monasterio sancte Marie Magdalene ante altare Sancte Marie Magdalene, coram dompno Morico Johannis cappellano nunc dicti monasterii,  Mattheo Johannis clerico et Cosarello Donati Guarini de Sancto Severino, testibus de hiis rogatis et vocatis.

Mathia, filia quondam Guarnerii domini Gentilis Lazani, obtulit se et sua Deo et sancte Marie Magdalene et eius monasterio,  posito in burgo castri et communis Mathelice, in manibus sororis Homidee monialis dicti monasterii, nomine et vice ipsius monasterii recipienti et solempniter stipulanti pro monasterio supra dicto, tam mobilia quam (in)mobilia, seseque moventia et tam predia urbana, quam rustica et molendina atque silvas domesticas et silvestres, prata et pascua spetialiter et generaliter omnia alia  sua bona bona, possessiones et iura realia et personalia ubicumque, undecumque, quomodocumque, quandocumque et qualitercumque sibi competentia vel competitura, pro redemptione anime sue et remissione suorum peccatorum; dando et cedendo predicta iure proprietatis et utilis vel directi dominii atque iure possessionis et detentionis, ita ut a modo predictum monasterium predicta bona, res et possessiones et cetera supradicta, habeat, teneat et possideat ac de eis fatiat quidquid ei monasterio et abbatisse dicti monasterii suisque successoribus vel aliis pro eis deinceps semper et perpetuo facere placuerit, cum lateribus seu finibus superioribus et inferioribus habitis, presentibus, preteritis et futuris cum omnibus et singulis super se infra se, seu intra se, habitis, vel habendis in integrum, omnique iure et actione usu vel requisitione sibi Mathie, ex heis vel pro eis bonis et rebus pertinentibus sive expectantibus, pro remissione suorum peccatorum et anime sue redemptione ut superius est narratum. Que bona res et possessiones dicta Mathia interea et semper constituit se precario et nomine dicti monasterii possidere, donec semel et pluries sua auctoritate, corporalem acceperit possesionem per se vel alium et maxime sindicum ipsius monasterii; quam accipiendi et retinendi ipsi monasterio vel alii pro eo dicta Mathia liberam licentiam dedit et plenariam potestatem et quod possit facere sua auctoritate predicta et quo(d)libet predictorum, iam dictum monasterium vel alius pro eo sive Curie vel iudicis requisitione; et promisit solempniter et legitime, dicta Mathia prestare et facere dicte Homodee legitimam defensionem pro predicto monasterio sollepniter et legitime stipulanti, nec contra predicta vel aliquod predictorum, per se vel alium, aliquando facere vel venire aliqua occasione vel exceptione; sub pena dupli extimationis dictorum bonorum et rerum, ut pro tempore quo plus valuerint vel meliorate fuerint, renuntians in hoc contractu conditioni sine causa et ex iniusta causa, exceptioni doli et in factum omnibusque aliis exceptioniobus, auxiliis et benefitiis que ipsi Mathie competunt vel competere possent, pro corrumpendis vel irritandis predictis vel aliquo predictorum; hiis omnibus a dicta Mathia per se suosque heredes sollempni stipulationi promissis sepe dicte Homodee  pro dicto monasterio solepniter stipulanti, sub dicta pena et dampna et expensas salaria cum interesse  reficere  promisit sollempniter et legitime semper sindici dicti monasterii credito sacramento sive alicuius iudicis vel rectoris (c)assatione.

Et ego Matheus imperali auctoritate notarius hiis omnibus interfui et ut supra legitur rogatus  a dictis contrahentibus ea omnia subscripsi et publicavi

 

1271.08.10:  Consacrazione di Mattia

Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno dalla sua natività 1271, indizione XIV, il giorno 10 Agosto, quando era vacante la Chiesa romana, (dopo la morte) del papa Clemente VI di felice memoria, redatto a Matelica, nel monastero di santa Maria Maddalena, davanti all’altare di santa Maria Maddalena, presenti don Morico di Giovanni, ora cappellano del detto monastero, il chierico Matteo di Giovanni e  Cosarello di Donato Guarini da San Severino, quali testimoni richiesti e a ciò chiamati.

Mattia figlia del fu Guarnerio del signor Gentile Lazani, offrì se stessa ed i suoi beni a Dio e a santa Maria Maddalena e al suo monastero posto nel borgo del castello e comune di Matelica, nelle mani di suor Omodea monaca del monastero che accoglie e stipula solennemente l’atto a nome e per conto  dello stesso monastero. Mattia offrì i beni tanto mobili che immobili e semoventi, i beni urbani ed i rurali, molini, boschi domestici e silvestri, prati, pascoli e possessi, in particore ed in generale ogni altro suo bene, possesso, diritto reale e personale di qualsiasi luogo, provenienza, tempo, modo e qualità spettante ora ed in futuro a lei, per la salvezza della sua anima e in remissione dei suoi peccati, dando e cedendo tutto quanto predetto in diritto di proprietà, di utilità, di dominio diretto, da possedere e tenere, in modo che il predetto monastero abbia, tenga, possieda i predetti beni, cose, possessi e quant’altro detto sopra e di ciò faccia quel che al monastero, all’abbadessa e sue succeditrici piacerà fare di quei beni, da ora e per sempre in perpetuo con i confini  e terreni, sopra e sotto, avuti, presenti, passati e futuri, con tutte e singole le cose che ci sono o che ci saranno sopra, dentro o sotto, per intero, con ogni diritto, azione, ed uso, tutto quanto appartiene e spetta a Mattia di quei o per quei beni, come detto sopra, per la remissione dei suoi peccati e per la redenzione della sua anima.  Mattia nel frattempo, stabilì di tenere il possesso di queste cose, terreni e beni, sempre a titolo precario, a nome del detto monastero fino a quando esso ne prenderà di sua autorità, in una o più volte, il possesso corporale di persona, o tramite altro, soprattutto tramite l’amministratore dello stesso monastero. Mattia diede libera licenza e pieno potere che a suo nome il monastero o altri per esso, possa fare tutto quanto detto sopra, anche per richiesta della Curia o di un giudice. Mattia promise solennemente e legalmente ad Omodea di fornirle la difesa legale per il suo monastero stipulante solennemente e legalmente, inoltre di non mai opporsi  od agire in contrasto, per qualsiasi occasione ed eccezione contro qualcosa di tutto quello che è qui scritto, sotto penalità del valore doppio dell’estimo di detti beni e cose, anche se acquisteranno maggior valore nel tempo o saranno migliorati. Rinuncia in questo contratto alle eccezioni e condizioni di causa giusta o non giusta, di inganno,  o di fatto, e a tutti gli aiuti e benefici che alla stessa Mattia competono o competessero per atti da invalidare o cambiare in alcunché delle predette cose. Mattia si impegna per sé ed eredi a risarcire ogni spesa con interesse, paga e danno per tutto quanto sopra promesso solennemente e legalmente, sotto la penalità, alla predetta Omodea stipulante per il monastero, per giuramento dato dall’amministratore del monastero o per intervento di un giudice o rettore.

Io notaio imperiale Matteo presente, richiesto, sottoscrissi, pubblicai tutto quanto scritto sopra.

 

1272 giugno 1

Viene nominato il procuratore del monastero matelicese S.M.M.per far  vivere  Mattia con le monache ivi, tenendo  i suoi  beni e recuperandone altri.

 

In nomine Domini. Amen. Anno eiusdem a nativitate MCCLXXII, indictione XV, die prima iunii, tempore domini Gregorii pape decimi. Actum ante portam monasterii sancte Marie Magdalene de Mathelica, coram Petruczolo Sartore, Petro Actonis Philippi, et Johanne Compangnonis del Sancto Angelo, testibus de hiis rogatis et vocatis.

Domina Allumenata prioressa  monasterii sancte Marie Magdalene de Mathelica, cum consensu et voluntate omnium suarum consororum ibidem exixtentium et monialium dicti monasterii, et ipse monilales earumque conlegium et capitulum, constituerunt et ordinaverunt fratrem Andream conversum dicti monasterii earum et dicti monasterii sindicum, procuratorem, et nuntium specialem ad excipiendum, nomine et vice dicti monasterii, tenutam et possessionem omnium bonorum, rerum, et hereditatis Mathiole filie quondam Guarnerii domini Gentilis Lazani, et ad tenendum ipsam possessionem corpore et ad utendum, et fruendum ea, et ad agendum extra ordinem et ordinarie contra ipsam Mathiolam, coram omni Curia et specialiter coram domino et magistro Guillelmo iudice et vicario domini Pape in Marchia, generali, et ad petendum coram eodem contra dictam Mathiolam uti ipsa Mathiola per supradictum vicarium cogatur redire ad dictum monasterium et ad habitandum  et Deo serviendum in eo, ut tenetur et debet atque promisit tempore dedicationis et offertionis sue, quam fecit in monasterio predicto, et ad ducendum ibidem vitam suam ut regularis et monialis eiusdem monasterii et ad petendum, coram dicto vicario, ut idem vicarius predictam Mathiolam moneat et cogat coherti(ti)one canonica et iurili redire ad predictum monasterium suamque rectricem, vel abbatissam, seu priorissam, atque sue consorores et ad degendum in eo et cum eis ut convenit, et precipiunt canonice sanctiones; et ad serviendum in eo Domino Jesu Christo; et ad  petendum ab Yuano domini Scangni, vel eius uxore domina Sibilia, unum par pannorum de gaccinello, quod Florecte vel Rose filie quondam Massei domini Rainaldi dare tenetur et debet;  et ad omnia alia singula fatienda et exercenda tam in  agendo, quam in defendendo que in predictis et quolibet predictorum  seu occasione eorum et circa  et extra predicta, necessaria vel utilia fuerint, ipsi sindico placuerint et expedire videbuntur et ad constituendum alium syndicum vel procuratorem, unum vel plures, uno tempore vel diversis temporibus, ad predicta agenda, vel alterum predictorum; sollempniter  promictentes per se suosque successores, nomine et vice  dicti monasterii et conventus eiusdem habere ratum et firmum quicquid in predictis per predictum sindicum factum fuerit et promissum sub obligatione et ypoteca bonorum et rerum dicti monasterii.

Et ego Matheus imperiali aucoritate notarius hiis omnibus interfui et ut supra legitur rogatus a predictis prioressa et sororibus et monialibus ea omnia subscripsi et publicavi.

 

1272.06.01: Procura per i beni di Mattia

Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno dalla sua natività 1272 indizione XV, a tempo di papa Gregorio decimo, il giorno primo del mese di giugno; redatto davanti alla porta del monastero di santa Maria Maddalena di Matelica, alla presenza di Petruzzolo Sartore, Pietro di Attone Filippi,e Giovanni di Compagnone da Sant’Angelo, testimoni chiamati e richiesti. La prioressa del monastero di santa Maria Maddalena di Matelica, donna Allumenata, con il consenso unanime delle consorelle monache ivi esistenti, espresso collegialmente in capitolo, stabilirono e ordinarono come amministratore, rappresentante e messaggero speciale del loro monastero, Fra’ Andrea converso, per prendere posseso e tenuta, a nome e per conto del monastero, di tutti i beni e cose dell’eredità di Mattiola, figlia del defunto Guarnerio del signor Gentile Lazani e a  tenerne corporalmemte il possesso, usarne, fruirne ed agire in modo ordinario e straordinario contro Mattiola di fronte ad ogni Curia, in particolare di fronte a Maestro Gugliemo giudice e vicario generale del papa nella Marca, e per chiedere che la stessa Mattiola venga, dal vicario stesso, costretta a tornare al predetto monastero per abitarvi e servire Dio in esso, come è tenuta e deve fare, e promise al tempo della dedizione ed offerta da lei fatta nel monastero predetto ed a vivervi come monaca e regolare dello stesso monastero. L’amministratore chieda di persona al vicario che ammonisca e costringa, con coercizione canonica e giuridica, Mattiola a tornare nel monastero stesso  vicino all’abbadessa o prioressa  o rettrice  ed alle monache  per viverci  insieme con loro, come conviene e come esigono le sanzioni canoniche, per ivi servire nostro Signor Gesù Cristo. Inoltre chieda a Ivano del signor  Scagno e  sua moglie donna Sibilia un paio di panni di “gattinello” che Fioretta o Rosa figlia del fu Masseo del signor Rainaldo ha diritto a ricevere da loro. Deve agire, difendere ed esercitare ogni altra cosa in occasione ed a motivo di quanto detto, secondo quanto necessario ed utile al monastero, come meglio potrà decidere, anche stabilendo un altro o più amministratori, nello stesso tempo o in tempi diversi, per fare le cose predette. Promettono per sé e successori, a nome e per conto del monastero e del convento di santa Maria Maddalena di tenere come deciso e stabilito quello che sarà fatto al riguardo dall’amministratore o dagli amministratori, sotto ipoteca dei beni e delle cose del monastero.

Io notaio Matteo di auorità imperiale, richiesto da prioressa, monache e suore sottoscrissi e pubblicai quanto scritto sopra.

 

1273 aprile 19

Venutula dona se stessa ed i suoi beni a Dio nel monastero matelicese S.M.M.  nelle mani della badessa Mattia.

 

In nomine Domini. Amen. Anno eiusdem a nativitate millesimo ducentessimo (septua)gessimo tertio, indictione prima, die XVIIII aprilis, tempore domini Gregorii pape decimi, Mathelice, in monasterio Sancte Marie Magdalene, coram dompno Morico Johannis, domino Finaguerra domini Albrici, magistro Suppo Nicole, frate Vitale, fratre Lenguatio, fratreque Andrea, conversis eiusdem monasterii, testibus de hiis rogatis et vocatis. Venutula filia quondam Vitalis Christiani que alias vocatur Angelutia, iure proprio cessit et dedit offerendo se et sua Deo et Beate Marie Magdalene monasterii (ripetuto) dominarum de Mathelica, domine Mathie abbatisse dicti loci vel monasterii, nomine et vice ipsius monasterii et conventus eiusdem recipienti et solempniter stip(ulanti), omnia sua bona mobilia et immobilia, seseque moventia, iura et accessiones reales et personales utiles et directas mixtas atque con(trar)ias que et quas ipsa Venutula condam habuit, nunc habet, vel in antea habere posset, quoquo modo vel causa in castro Mathelice et eius districtus et ubique locorum; vel alius pro ea et ab ea habet, tenet et possidet et spetiali(ter) bona et res et possesiones ad ipsam Venutulam pertinentes ex successione dicti patris sui Vitalis et domine Benvenisti filie quondam Albrici Carelli, matris sue ex testamento, sive ab intestato, seu aliter; ut a modo predicta domina abbatissa sueque in posterum successores et predictum monasterium et alie persone pro eo predicta omnia habeant, teneant ac possidenat ac de eis fatiant quicquid sibi eorumque successoribus deinceps perpetuo facere placuerit omnibus et singulis super se, infra se (seu) intra se, habitis vel habendis in integrum omnique iure et (act)ione usu seu requisitione sibi ex hiis rebus vel pro hiis rebus pertinenti(bus) sive expectanti(bus), pro amore Dei et remedio anime sue et remissione suorum peccatorum, suorumque parentum. Que bona, res et possessiones in totum constituit se dicta Venutula, precario et nomine dicte domine abbatisse vel monasterii, possidere, donec ipsorum corporalem acceperit possessionem; quam accipiendi auctoritate sua et retinendi deinceps sibi licentiam dedit et plenariam potestatem, et promisit ea omnia per se suosque heredes et successores ipsi domine abbatisse pro se suisque successoribus et dicto monasterio sollempniter stipulanti litem nec controversiam movere set dicta bona res et possesiones ab omni homine et universitate legitime defendere ei domine abbatisse et suis successoribus auctoriczare atque disbrigare et omnia dampna et expensas, salaria cum interesse que et quas et que et quod dicta domina abbatissa et sui successores et ipsum monasterium fecerint vel sustinuerint, in iuditio et extra, in eundo et redeundo seu stando vel alio loco vel causa pro predictis bonis rebus et possessionibus, integre reficere ac resarcire; nec contra predicta vel aliquid de predictis per se vel alium aliquando facere et venire occasione minoris etatis vel alia quacumque ratione vel occasione, sub pena dupli extimationis dictorum bonorum rerum et possessionum, ut pro tempore quo plus valuerint vel meliorata fuerint, a dicta Venutula ipsi domine abbatisse et pro dicto monasterio sollempniter stipulata et promissa; et ea soluta vel non, predicta omnia et singula supra scripta in omnibus et singulis capitulis et pu(n)ctis suprascriptis, nichilhominus suam semper optineant perpetuam firmitatem et sub ypoteca et obligatione suorum bonorum.

Et ego Matheus imperiali auctoritate notarius hiis omnibus interfui et ut supra legitur ea omnia rogatus subscripsi et publicavi.

 

1273.04.19: Consacrazione di Venutula

Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno dalla sua natività 1273, indizione prima, il giorno 19 aprile, a tempo del papa Gregorio X, a Matelica nel monastero di Santa Maria Maddalena;  presenti don Morico di Giovanni, il signor Finaguerra del signor Albrico, mastro Suppo di Nicola, frate Vitale, frate Lenguatio, frate Andrea, conversi dello stesso monastero, come testimoni a ciò richiesti e chiamati. Venutula figlia del fu Vitale di Cristiano, che è chiamata anche Angeluccia, di proprio diritto, offrì se stessa e i suoi beni a Dio e alla beata Maria Maddalena del monastero delle donne di Matelica, a donna Mattia badessa del detto luogo o monastero, la quale riceve e stipula a nome e per conto dello stesso monastero e convento. Venutola cedette e diede tutti i suoi beni mobili ed immobili o semoventi, diritti e accessioni reali e personali, utili e dirette, miste e contrarie, che lei stessa ebbe un tempo, ha ora o potrebbe avere in qualunque modo o causa nel castello di Matelica e suo distretto e in ogni altro luogo; anche i beni che un’altra persona per lei e da lei tiene e possiede, specialmente i beni, le cose e i terreni che sono pertinenti alla stessa Venutola dalla successione di suo padre Vitale e di sua madre signora Benvenisti figlia di Albrico Carelli, da testamento o senza testamento o diversamente, in modo che la predetta donna abbadessa e sue succeditrici e il predetto monastero e le altre persone per conto di esso, abbiano, tengano e posseggano tutti i beni e ne facciano come vogliono con tutto quello che c’è o ci deve essere per intero e con ogni diritto ed azione, uso o requisizione, per sé, da quelle cose o a quelle cose pertinenti e  spettanti. Venutula lo fa per amore di Dio e per il bene dell’anima sua e per la remissione dei peccati suoi e dei suoi parenti. In tutti questi beni, cose e terreni, Venutula stabilì di averne interamente il possesso, a titolo precario, a nome di detta donna abbadessa o del monastero, fino a quando esso ne prenderà possesso corporale e diede licenza e pieno potere di prenderlo di propria autorità e di tenerlo sin da ora. Promise per sé, per i suoi eredi e successori alla stessa donna abbadessa per sé e per le sue succeditrici e per il detto monastero, solennemente stipulante per queste cose, di non muovere lite né controversia, ma legalmente difendere i beni, le cose i terreni da ogni uomo e comunità a favore dell’abbadessa e sue succeditrici;  (deve) autorizzare, disbrigare e rifondere ogni danno e spesa, salario con interesse, e tutto quel che la detta donna abbadessa e le sue succeditrici e lo stesso monastero faranno e sosterranno in giudizio o fuori, andando, ritornando, stando o altro luogo e causa, per i beni predetti e qualunque di essi integralmente ripagarli e risarcirli; né mai agire contro le cose dette sopra o alcuna di esse, da sé o per mezzo di altra persona a motivo di età minore o altra qualsiasi ragione od occasione, sotto penalità del doppio dell’estimo di detti beni, cose e terreni, come avranno valore nel tempo o saranno migliorati, tutti i beni stipulati e promessi dalla detta Venutula alla stessa donna abbadessa e al detto monastero. Tutte queste cose scritte e ogni singola, in ogni punto e capitolo abbiano sempre perpetua stabilità, pagata o non pagata la penalità, sotto ipoteca ed obbligazione dei suoi beni.

Io notaio imperiale Matteo fui presente a tutte queste cose e sottoscrissi tutto quanto si legge sopra e lo pubblicai.

 

1273 aprile 21

Il vicario pontificio per le attività spirituali nella Marca anconetana concede  un indulto per elemosine  alle monache S.M.M. per una cisterna d’acqua.

 

Thomas fanensis prepositus, domini Pape Vicarius in Anconitana Marchia, Massa Trabaria et Civitate Urbini super spiritualibus generalis, universis Christifidelibus per Anconitanam Marchiam, Massam Trabariam et Civitatem Urbini constitutis, presentes licteras inspecturis, salutem in Domino. Comunicatu pietatis obtentui personis religiosis desteram nostram exibere propitiam et eis remedium solaminis impertiri, cum igitur religiose domine Abbatisse et conventus monasterii Sancte Marie Magdalene de Mathelica inceperint facere fieri, propter magnam utilitatem et necessitatem aque, unam cisternam im(!) monaterio suo et ipsum opus propter paupertatem perficere non possint, nec ad id proprie suppetant facultates, universitatem vestram monemus et hortamur attente, vobis in remissionem peccaminum, iniungentes quatenus, de bonis adeo vobis collatis, elemosynas et grata caritatis subsidia erogetis, ita quod, per subventionem vestram, dictum opus valeat consummari et vos, per hec et alia bona, que Domino inspirante, feceritis, ad eterna possitis gaudia pervenire. Nos igitur de Christi misericordia, gloriose Marie semper Virginis eius matris, beatorum Petri et Pauli apostolorum et beate Marie Madalene ac aliorum sanctorum meritis confisi et eorum patrocinio communiti, autoritate domini Pape qua fungimur, universis et singulis qui de personis vel rebus, quotiens eis manum porrexerint adiutricem, centum dies de iniunta eis penitentia misericorditer in Domino relaxamus. In cuius rei testimonium presentes licteras fieri et nostri sigilli appensione muniri. Datum Esii XXI aprilis anno Domini MCCLXXIII, indictione prima, tempore domini Gregori pape X.

 

1273.04.21: Indulto per elemosine al monastero

Tommaso preposito di Fano, vicario generale del papa per le realtà spirituali della Marca Anconetana, della Massa Trabaria e della città di Urbino, saluta nel Signore tutti i fedeli cristiani che sono in questi luoghi e leggeranno la presente lettera. Volendo porgere il nostro aiuto favorevole e mandare un rimedio di consolazione alle persone religiose con senso di solidale pietà, dato che le religiose della badessa e il convento del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica hanno cominciato a far costruire una cisterna per la grande necessità ed utilità dell’acqua nel loro monastero e per la povertà non possono portare a termine tale opera, non avendo beni sufficienti,  ammoniamo ed esortiamo tutti voi,  chiedendo di aiutarle, in remissione dei peccati, dando elemosine  e aiuti catitatevoli, in modo tale che detta opera possa esser competata per mezzo della vostra sovvenzione e voi, per questa e per altre opere di bene che compirete con l’ispirazione divina, possiate giungere alla felicità eterna. Noi, rafforzati dal patrocinio e fiduciosi nella misericordia di Cristo, per i meriti della beata Vergine Maria, dei beati apostoli Pietro e Paolo, della beata Maria Maddalena e degli altri santi, avvalendoci dell’autorità ricevuta di vicario del Papa, concediamo ai benefattori l’indulgenza, per misericordia del Signore, di cento giorni della penitenza imposta (in confessione) ogni volta  che porgeranno la mano in aiuto a quelle religiose.

A testimonianza di ciò abbiamo fatto scrivere la presente lettera, munita del sigillo nostro appostovi. Data a Jesi il 21 aprile 1273, indizione prima, a tempo del papa Gregorio X.

 

1273 aprile  19 (? 1274)

Le monache e la badessa Mattia di S.M.M. donano un oratorio monastico sul monte Gemmo a frate Rainaldc che vi si ritira.

 

GRIMALDI, 1915, pp.333-334; e ACQUACOTTA, 1816, pp.54-57 data 1273 :dal comune matelicese

Exemplum sive copia . In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem a nativitate MCCLXXIII, indictione I, die nono decimo aprilis, tempore Gregorii pape X, Mathelice in oratorio Sancte Marie Madalene de Mathelica, coram dompno Accurso plebano plebis Mathelice, fratre Landolfo Jacomelli et fratre Accurimbona Severini Boni de ordine predicatorum, magistro Alebrandino vicario communis Mathelice, domino Fantegino Raynaldi, domino Fynaguerra domini AIbrici, Frederico domini Alberti, Albertutio Bucari, Yvano domini Scagni Brackete et Zovicta testibus.

Frater Raynaldus Topinus petiit et umiliter supplicavit dominae Abbatissae monesterii Sancte Marie Madalene de Mathelica ut eidem fratri Raynaldo de gratia speciali dignetur concedere et sibi concedat adque det licentiam et aucoritatem adque plenariam potestatem faciendi penitentiam et Deo serviendi in montibus Genbi districtus Mathelicani in loco qui dicitur Trocke et commorandi ibidem in servitio Jesu Christi sub vita et regula sancti Benedicti religione retenta. Que domina abbatissa respondit quod inde baberet conscilium et consensum suarum monalium et consororum. Et statim, ut moris est, fecit pulsari campanam ad capitulum in conventu congregandum, in quo capitalo, facta propositione et reformatione, deliberatum est ut ad praedicta ad sensum et laudem ipsius fratris Raynaldi syndicus ordinetur. Preterea domina Mathia dicta abbatissa monesterii supradicti cum consensu et voluntate consororum, silicet Alluminate sororis, sororis Homodee, sororis Cristine, sororis Iustine, sororis Guidutie, sororis Annese, sororis Margarite, sororis Bevenute, sororis Ysabet, sororis Andree. sororis Cataline, sororis Deutame, sororis Francesce, sororis Iacobe, sororis Barbare, sororis Lucie, sororis Daniele, sororis Berardesce, sororis Cristiane, sororis Cicilie, sororis Aurie, sororis Jacomelle, sororis Iohanne, sororis Rose, sororis Mathie, sororis Caradonne, sororis Mansuete, sororis Lavine, sororis Nastasie, sororis Thomasse, et fratre Lenguatio converso dicti monesterii absolvit, dimixit et liberavit predictum fratrem Raynaldum ab omni obedientia et reverentia et omni promissione, quam idem frater Raynaldus fecisset dicto monesterio, et abbatisse et qua esset obbligatus, ascriptus, et suppositus, vel annexus et ut teneretur vel obligatus esset realiter vel personaliter tam dicto monasterio, quam abbatisse predicte et dedit abbatissa predicta iam dicto fratri Raynaldo, de consensu omnium predictorum consororum et monialium,  licentiam et autoritatem  et plenariam potestatem degendi et Deo famulandi ac serviendi et penitentiam agendi in montibus Genbi districtus Mathelice in loco qui dicitur Troche sub vita et regula beati Benedicti religione retenta congrua et decenti,   ita quod a modo sit exentus et absolutus realiter et personaliter quoad omnia, ab  omni eo   quo teneretur abbatisse predicte in monesterio sepe dicto, a modo dictus frater Raynaldus, in acquisitis et acquirendis loco dictarum Trockarum, realiter et personaliter omnimode sit annessus. Ad que omnia supradicta dicta domina Abbatissa cum consensu et voluntate dictarum suarum consororum et monialium  constituit et ordinavit fratrem Vitalem conversum dicti monasterii suum et dicti monasterii et dictarum monialium et consororum legitimum  syndicum et procuratorem ad liberandum predictum fratrem Raynaldum ab omnibus supradictis  et ad renuntiandum eidem  predicto loco Trockarum omne jus quod predictuum monesterinm et abbatissa quondam habuit et nunc habet vel in antea habere posset aversus predictum fratrem Raynaldum et dictum locum seu oratorium vel ecclesiam Trockarum vel de Trockis nomine et occasione alicuius residentie, operarum constructionis, operis vel edifitiis in dicto loco Trockarum  facte vel facti vel faciendi per ipsum fratrem Raynaldum, vel alias pro eo et ab eo, et nomine et occasione alicuius acquisitionis facte ab eo in dicto loco Trockarum, alicuius donationis eidem fratri Raynaldo facte vel faciende a Petro domini Iacobi et Nepoliono Raynerii et communi Matelice ac aliis personis de montaneis, terris, silvis et quibuscumque aliis bonis, promittens habere ratum quidquit per predictum syndicum factum fuerit.

Qui frater Vitalis syndicus incontinenti omnia et syngula supra scripta egit fecit etsercuit promisit convenit ac ad ea dictum monesterium solleniter adque legitime obligavit predicto fratri Raynaldo,  etc.  Matheus notarius

Munaldus Biciculi notarius predictum istrumentum ut invenit in orriginali trascripsit mandato et autoritate sapientis viri domini Iohannis Corradi judicis et vicarii Comunis Mathelice. Anno Domini   MCCLXXXIX, indinctione   II, tempore domini Nicolay pape quarti, die XI Iunj in Palatio Comunis Mathelice presentibus domino Thomagino Feste,  Palmerulo magistri Palmerii et Francisco Bonafidei testibus.

 

1273.04.19: Donazione di un monastero

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno dalla sua nascita 1273, indizione prima, il giorno 19 aprile, al tempo di papa Gregorio X, a Matelica, nell’oratorio di santa Maria Maddalena di Matelica, mentre sono presenti don Accurso pievano della pieve di Matelica, frate Landolfo Jacomelli e frate Accurrimbona di Severino Boni dell’ordine dei Predicatori, mastro Alebrandino vicario del comune di Matelica, il signor Fantegino di Rinaldo, il signor Finaguerra del signor Albrico, Federico del signor Alberto, Albertuccio di Bucaro, Yvano del signor Scagno Bratte, e Zovitta, come testimoni chiamati a ciò e richiesti. Frate Rinaldo Topino chiese ed umilmente supplicò la donna badessa del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, affinché si degnasse concedere,  conceda allo stesso frate Rinaldo, e dia, per speciale grazia, l’autorizzazione con pieno potere ed autorità ad usare il luogo detto Trocche del monte Gembo, nel distretto matelicese, per ivi servire Dio e fare penitenza, rimanervi a dimorare nel servizio a Gesù Cristo, nella vita e nella regola religiosa tenuta da san Benedetto. L’abbadessa gli rispose dicendo che avrebberichiesto il consiglio ed il consenso delle sue suore e monache. E, come d’uso, fece suonare la campana, prontamente per riunire il capitolo del convento. In questo, fatta la proposta in approvazione si deliberò favorevolmente secondo le richieste a lode di frate Rinaldo riconosciuto amministratore. Inoltre l’abbadessa donna Mattia con il consenso e la volontà delle consorelle e delle monache dello stesso monastero, cioè con il consenso e con la volontà delle seguenti suore: Alluminata, Omodea, Cristina, Giustina, Guiduccia, Agnese, Margherita, Benvenuta, Isabetta, Andreina, Catalina, Diotama, Francesca, Giacoma, Barbara, Lucia, Daniela, Berardesca, Cristiana, Cecilia, Auria, Giacomella, Giovanna, Rosa, Mattiola, Caradonna, Mansueta, Lavinia, Anastasia, Tomassa e frate Lenguatio converso dello stesso monastero, fece l’atto liberatorio, di scioglimeto e dimissione al predetto frate Rinaldo da ogni vincolo di riverenza, obbedienza e da ogni sottomissione, promessa ed obbligo che lo stesso frate Rinaldo avesse fatto allo stesso monastero ed alla badessa, e comunque fosse vincolato, obbligato personalmente, realmente verso il monastero  e la badessa predetti. La stessa abbadessa, con il consenso di tutte le predette consorelle e monache, diede licenza, pieno potere ed autorità al frate Rinaldo di rimanere ivi, in unione spirituale con Dio per servirlo, e fare penitenza nel luogo detto Trocche del monte Gembo, nel distretto di Matelica, sotto la vita e regola religiosa tenuta da san Benedetto, in maniera congrua e decente. In questo modo il frate sia sin da ora in tutto esente e non vincolato personalemte e realmente, da qualunque precedente legame con il monastero e con la badessa predetti; acquisiva e acquisirà realmente e personalmente in ogni modo l’annessione al luogo detto Trocche. L’abbadessa, con il consenso e la volontà delle sue predette suore e monache, come detto sopra, stabilì e ordinò che Frate Vitale converso dello stesso monastero, fosse legittimo amministratore, procuratore, a nome suo e del monatesro delle suore e monache, per liberare frate Rinaldo da ogni vincolo, come detto sopra, per rinunciare ad ogni diritto, azione, ragione che il monastero stesso e la sua badessa ebbero, hanno o avrebbero, nel passato, nel presente e nel futuro, nei confronti di frate Rinaldo e del luogo od oratorio e chiesa delle Trocche, a qualsiasi titolo od occasione di residenza, costruzione, opera o edificio che lo stesso frate Rinaldo ha fatto, fa o farà anche tramite altra persona, parimenti per ogni acquisizione da parte del frate stesso nel luogo Trocche. Inoltre lo rende autonomo per ogni donazione fatta o da fare da parte di Pietro di Giacomo e da Nepoliono di Raniero e dal comune di Matelica o da altre persone, per terre di montagna, boschi e ogni altro bene. Quello che fra Vitale avrebbe deciso viene sin d’ora considerato definitivo e stabilito. Così lo stesso frate Vitale fece ogni azione, esecuzione, promessa, contratto obbligando legalmente e solennemente il detto monastero nei rapporti con frate Rinaldo predetto.

Scrive l’atto il notaio imperiale Matteo. La copia di questo atto è stata scritta in data 11 giugno 1289 nel Comune di Matelica alla presenza di signor Tomagino di Festa, Palmerulo di matro Palmerio e Francesco di Bonafede, testimoni.

 

1274 agosto 18

Il vicario pontificio per le realtà spirituali nella Marca anconetana fa eseguire al pievano di Matelica un’istruttoria presso le monache e la badessa Mattia di S.M.M. su Venutula.

 

In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem MCCLXXIIII indictione II, tempore domini Gregorii pape X, die XVIII agusti intrantis. Actum Mathelice ante portam monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica, presentibus dompno Johanne Divitie, dompno Ventura magistri Actonis, testibus de his vocatis. Dompnus Adcursus plebanus plebis Mathelice ex vigore licterarum et auctoritate venerabilis domini magistri Bernardi narbonensis archidiaconi cappellani domini Pape vicarii generalis in Marchia Anconitana in spiritualibus, rogavit, monuit, sub excommunicationis pena, precepit domine Mathie abbatisse monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica, fratri Jacobo syndico dicti monasterii et omnibus monialibus loci eiusdem, ut exiberent corporaliter sacramentum et dicere(!) veritatem super his que in licteris continentur; a quo precetto tam abbatissa quam dictus syndicus vice et nomine ipsorum, monasterii et totius conventus, una voce adpellaverunt pro eo quod dicunt se velle dicere veritatem sine sacramento et parate sunt, iussta posse, ita facere quod puella, de qua questio vertitur, usque ad quartam diem personaliter compareat coram domino vicario supradicto et ipsius obbedire mandato. Forma autem licterarum hec est et talis est.

Magister Bernardus archidiaconus narbonensis, domini Pape cappellanus, Marchie Anconitane, Masse Trabarie, civitatis ac diocesis Urbini in spiritualibus vicarius generalis, provido viro dompno Accurso plebano plebis de Mathelica, salutem in Domino. Nuper ad denuntiationem excommunicationis illate per vos contra abbatissam et conventum monasterii Sancte Marie Madalene, occasione detentionis Venutule Vitalis cuius tutor est Petrus Amate de Mathelica, de nostro cessastis mandato, eo quod sententia ipsius excommunicationis nostre sub conditione lata fuerat, et non pure, super quo idem tutor, nunc in nostra presentia constitutus, querimoniam mangnam fecit, sentiens se propter hoc gravari; nos autem volentes in predictis procedere ut iuris est, tenore presentium vobis qua fungimur auctoritate mandamus iniungendo sub excomunicationis pena quatemnus, visis presentibus, ad dictum monasterium personaliter adcedenteris (!) recetto a predictis abbatissa et monialibus corporali iuramento, queratis ab eis si memoratam puellam, tempore litigii quod fuit occasione dicte puelle inter dictum tutorem et dictas abba(ti)ssam et moniales, possederunt et tenuerunt vel eam non dexierunt de lo possidere; resscripturum nobis dictum earumdem et quidquid fecerint in predictis, ut super premissa negotia procedere valemus secundum tramitem retionis. Datum Cinguli XVI agusti pontificatus domini Gregorii pape  X anno tertio.

Dopnus Adcursus plebanus plebis Mathelice interrogavit supradictam dominam abbatissam et fratrem Jacobum syndicum dicti monasterii si puella si puella (!) de qua questio ventilatur, fuit tempore litigii et quo modo dixcessit (!) de ipso monasterio et ubi est nunc. Ad que dicta domina abbassa(!) resspondens dixit quod dicta Venutula fuit in dicto monasterio V die intrante martio prossime preterito et exttiterat (!) per XI mensex (!)  precedentes proximum martium preteritum; interrogata quo modo dixcessit dicta puella de ipso monasterio, dixit quod fecerit eam excedere de consilio fratris Jacobi, plebani plebis Faverii et aliorum sapinet(um) ipsius monasterii. Item interrogata ubi est nunc, dixit quod est in quodam monasterio de ducatu quod vocatur monasterium monasterium (!) Sancte Marie Madalene.

Et ego Bonacosa Benvengnati imperiali auctoritate notarius predictis interfui et de mandato dicti plebani scripsi et plubicavi (!) . . . . .

 

1274.08.18: Istruttoria giudiziaria

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno suo 1274, indizione seconda, a tempo di papa Gregorio X, il giorno 18 agosto, redatto a Matelica, davanti alla porta del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica; presenti il signor Giovanni di Divizia, il signor Ventura di mastro Attone, come testimoni a ciò chiamati. Don Accurso pievano delle pieve di Matelica, in vigore della lettera e per autorità del cappellano del Papa maestro Bernardo arcidiacono narbonense, vicario generale nelle realtà spirituali nella Marca di Ancona, richiese, ammonì e sotto forma di scomunica diede ordine a donna Mattia abbadessa del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, a frate Giacomo amministratore di tale monastero ed a tutte le monache del luogo di prestar giuramento personale e dire la verità circa le notizie richieste dalla lettera. La badessa e il sindaco, a nome loro e del monastero e di tutto il convento, con voce unanime, fecero appello per il fatto che dicono di voler dire la verità ma senza giuramento e sono pronte a fare il loro possibile affinché la ragazza di cui si parla, entro il quarto giorno, compaia personalmente alla presenza dello stesso vicario papale ed obbedisca ai suoi comandi.

La lettera ha questo contenuto. Maestro Bernardo arcidiacono narbonense, cappellano e vicario generale del Papa nelle realtà spirituali nella Marca Anconetana, nella Massa Trabaria e nella città e diocesi di Urbino, saluta nel Signore don Accurso pievano della pieve matelicese. La vostra minaccia di scomunica contro la badessa e il convento del monastero di Santa Maria Maddalena, nell’occasione che tenevano Venutula di Vitale di cui è tutore Pietro d’Amata di Matelica, era stata da noi sospesa a motivo del fatto che il dare la scomunica non era immediato, ma era posto sotto nostra condizione. Di fatto il tutore della ragazza, avvertendo la gravità incombente, si è presentato a noi per lamentarsi molto. Noi vogliamo procedere in forma giuridica; e d’autorità, con questa lettera, vi facciamo ingiunzione sotto pena di scomunica, affinché, dopo letta la presente, vi rechiate di persona al monastero per interrogare le monache e l’abbadessa che prestino giuramento e dicano in verità se la detta ragazza era stata tenuta in monastero e sotto il dominio dall’abbadessa e dalle monache, al tempo del litigio che il tutore di lei ebbe per tale problema con l’abbadessa e con le monache. Per iscritto dateci informazione su quanto dicono al riguardo affinché noi possiamo procedere seguendo il tramite della ragione. Data a Cingoli il 16 agosto nell’anno terzo del pontificato di papa Gregorio X.

Il pievano matelicese Accurso interrogò la badessa del monastero e frate Giacomo loro amministratore, se la ragazza in argomento fosse stata in monastero all’epoca del detto litigio e come fosse uscita dal monastero e dove al presente si trovasse. La badessa rispose che Venutula era restata in monastero per undici mesi fino al giorno 5 marzo ultimo scorso. Interrogata sul modo come fosse uscita da lì, rispose che l’aveva fatta uscire per consiglio di frate Giacomo, del pievano di Pieve “Faverio” e di altre persone sagge del monastero. Interrogata sul luogo ove si trovasse al presente, rispose che era in un monastero del ducato, monastero chiamato di santa Maria Maddalena.

Scrissi il presente atto io Bonacosa Benvegnati, notaio imperiale, per ordine del pievano e lo pubblicai.

 

1275 febbraio 11

Il vicario pontificio per le realtà spirituali nella Marca anconetana concede al monastero matelicese S.M.M. il privilegio che non si costruista altro oratorio nelle vicinanze di esso.

 

Magister Bernardus archidiaconus narbonensis, domini pape cappellanus, Marchie Anconetane, Masse Trabarie ac civitatis et diocesisis Urbini super spiritualibus vicarius generalis dilectis in Christo sibi  *****(spazio senza nome) abbatisse et conventui monasterii Sancte Marie Magadalene de Matelica camerinensis diocesis salutem in Domino. Exhibita nobis vestra petitio continebat quod cum bone memorie dominus condam Guido camerinensis episcopus vobis indulcxerit(!) ut nullus religionis mon(asterium) aut clau(str)um seu oratorium religios(orum)  . . .(edifi)cari vel contrui possit de novo (foro) . .  . .(=infra) spatium sexaginta cannarum ad cannam iustam comitatus camerinensis a vestro monasterio, misuratarum per aera, confirmare vobis indulceum(!) huiusmodi curaremus, nos igitur petitionem huiusmodi admictentes indul(t)eum ipsum vobis tenore presentium prout rite ac iuste factum est, auctoritate qua fungimur, confirmamus. In cuius rei testimonium presentes licteras vobis exinde fieri fecimus sigilli nostri appensione munitas. Datum aput Montecculum anno Domini MCCLXXV die XI februarii III indictionis, pontificatus domini Gregorii pap(e) decimi anno tertio.

 

1275.02.11: Indulto vescovile per il monastero

Il Maestro Bernardo, arcidiacono narbonense, cappellano del papa e suo vicario generale nelle realtà spirituali della Marca Anconetana, della Massa Trabaria e della città e diocesi di Urbino saluta nel Signore la badessa e le monache, dilette in Cristo, del convento di Matelica, diocesi di Camerino. Nella richiesta da voi presentataci domandate che vi confermiamo l’indulto del defunto predecessore don Guido vescovo camerinese di buona memoria, che non si potesse di nuovo edificare o costruire nessun monastero o chiostro ad uso di religiosi entro lo spazio di sessanta canne secondo la giusta canna del comitato di Camerino, misurate dal vostro monastero in linea d’aria. Noi dunque accettiamo la siffatta richiesta  e in forza della presente lettera vi confermiamo lo stesso indulto richiesto in modo rituale e giusto per l’autorità di cui siamo investiti. A testimonianza di ciò abbiano fatto fare la presente lettera munita con l’appendervi il nostro sigillo.

Dato presso Montecchio nell’anno del Signore 1275 giorno 11 febbraio, indizione terza, anno terzo del pontificato del nostro papa Gregorio X.

 

1278 febbraio 16

Le suore del monastero matelicese di Sant’Agata sottomettono se stesse ed i beni  monastici al monastero e alla badessa Mattia di S.M.M.per avere dignità di vita.

 

In Dei nomine. Amen. Anno Domini MCCLXXVIII indictione VI tempore domini Nicolai pape tertii, die XVI februarii intrantis. Actum in monasterio sive ecclesia Sancte Agathe de Mathelica, presentibus dompno Ventura, magistro Compagnono, Yuano domini Scangni, Bocabreza Barthuli, Petro domini Jacobi et Nepuliono Rainerii, testibus.

Domina Alluminata sive Latina abbatissa seu priorissa loci et sororum Sancte Agathe de Mathelica et soror Benvenuta monialis dicti loci sancte Agathe dederunt, donaverunt, cesserunt et submiserunt se et dictum locum cum bonis, rebus et possessionibus eis pertinentibus, monasterio Sancte Marie Madalene et fratri Jacobo syndico ipsius monasterii, recipienti nomine et vice ipsius monasterii Sancte Marie Madalene de Matelica; et promiserunt ipsi syndico, recipienti pro domina Matthia abbatissa predicti monasterii Sancte Marie Madalene, abedientiam et reverentiam, paupertatem et castitatem et observare regularia  i(n)stituta predicti monasterii et (quod) predicta domina abbatissa possit ponere moniales et sorores in dicto loco Sancte Agathe et removere, cum dicte sorores Sancte Agathe videant et congnoscant se non posse honeste vivere in ipso loco; hoc ideo dederunt et concesserunt dicto monasterio pro redentione peccatorum suorum; et quia ipse frater Jacobus syndicus dicti monasterii Sancte Marie Madale(ne) recepit predictas sorores sub regula dicti monasterii, cum domibus et hedifitiis, plateam et territorium dicti monasterii Sancte Agathe et cum omnibus aliis iuribus et actionibus que ubicumque dictus locus et ipse sorores coniunctim vel divisim habent vel habere possunt modocumque vel causa; reservato sibi Alluminate fructus tenutam et possessionemm et proprietatem unius petie terre posit(e) in dicstrictu (!) Mathelice, in villa Camoiani, iusta dominum Fanteginum et viam; que de ipsa terra ipsa Alluminata in vita et morte, possit facere vel relinquere ad suam voluntatem; dando et concedendo predicto fratri Jacobo syndico dicti monasterii Sancte Marie Madalene, liberam licentiam et plenariam potestatem, auctoritate propria, accipiendi tenutam et possessionem dictarum rerum et de eis fatiendi quicquid eis videbitur, promictentes rata et firma perpetuo habere atque tenere et in nullo contra facere vel venire, aliqua occasione vel exceptione sub obli(gatione) bonorum dicti loci Sancte Agathe.

Ego Bonaventura Benenanti notarius plubicus (!) predictis omnibus interfui et a predictis contrahentibus rogatus ea omnia scripsi et publicavi.

 

1278.02.16: Oblazione del luogo di Sant’Agata

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1278, indizione sesta, al tempo di papa Nicolò III, il giorno 16 febbraio, redatto nel monastero o chiesa di Sant’Agata di Matelica, presenti il signor Ventura, mastro Compagnono, Ivano del signor Scagno, Boccabreza di Bartolo, Pietro del signor Giacomo e Napoliono di Raniero, testimoni a ciò chiamati. Donna Alluminata o Latina badessa o prioressa del luogo e delle suore di Sant’Agata di Matelica e suor Benvenuta monaca di detto luogo di Sant’Agata, dettero, donarono, consegnarono e sottomisero se stesse e il detto luogo con i beni, le cose e i terreni pertinenti, al monastero di Santa Maria Maddalena e a frate Giacomo amministratore di questo monastero, il quale le accoglie a nome e per conto di questo stesso monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica. Esse promisero all’amministratore che le riceve, a nome di Mattia  badessa di esso monastero di Santa Maria Maddalena, la loro obbedienza, riverenza, povertà e castità e di osservare le istituzioni della regola di detto monastero. La predetta donna badessa ha il potere di stabilire le dette monache e suore nel detto luogo di Sant’Agata e può rimuoverle, dato il fatto che le stesse suore di Sant’Agata vedono e riconoscono che esse non possono vivere decorosamente nel luogo di Sant’Agata e per questo motivo si donarono e consegnarono al predetto monastero per la redenzione dell’anima e dei loro peccati. Frate Giacomo amministratore del detto monastero di Santa Maria Maddalena accolse le dette suore sotto la regola di esso monastero, con le case, gli edifici, lo spiazzo e le terre del monastero di Sant’Agata e con tutti gli altri diritti, azioni e tutto quello che il luogo loro e le stesse suore, insieme o singolarmente, hanno o possono avere in ogni modo o causa.

Donna Alluminata si riserva la tenuta del fruttato, il possesso e la proprietà di un pezzo di terra posta nel distretto di Matelica, a Villa “Camoiano” a confine con il signor Fantegino e con la via. La stessa Alluminata in vita ed in morte può fare e lasciare questo terrenuccio a sua volontà. Dà e concede a frate Giacomo, amministratore del monastero di Santa Maria Maddalena, libera licenza e pieno potere, di propria autorità di prendere la tenuta ed il possesso delle predette cose di San’Agata, e di fare di queste tutto ciò che vorranno, promettendo di tenere stabile e deciso per sempre e non agire o fare in contrario, in nessun occasione, né eccezione, obbligando in ciò i beni di Sant’Agata.

Io Bonaventura Benenanti pubblico notaio richiesto, fui presente a tutte le cose scritte sopra, ho sottoscritto e pubblicato.

 

(1278 marzo 7 : manca la parte iniziale, il testo è  nella sentenza 13.09.1286)

Le suore del monastero matelicese di Sant’Agata rinunciano ad agire contro il monastero e  la badessa Mattia di S.M.M. annullando  le procure precedenti.

 

. . . . . . . . . . . . . a secundo fossus communis, a terio filii . . . . . . . . . . . . . . . . . . . via cum domibus, edificiis . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .  predictos continentur confines et cum omnibus aliis iuribus et actionibus que ubicumque dictus locus et ipse sorores conciunctim et divisim habent, vel habere possent, modocumque vel causa revocantes su cassantes omnem sindicum seu procuratorem speciliter Salimbene Compagnoni et Sinibaldum Massei pro parte dicti loci et sororum Sancte Agathe contra dictum monaterium Sante Marie Madalene et renuntiantes interlocutorie et interlocutoriis si que usque ad presens tempus late sunt contra dictum monasterium Sante Marie Madalene, pro dicto loco occasione muri et edifitii quod edificabantur in dicto loco et situ contra formam privilegiorum dicti monasterii Sancte Marie Madalene, constituentes se nomine dicti monasterii et dicte domine Mathie possidere predictum territorium et casarenum et domus et edifitia et dederunt licentiam et plenariam potestatem predicte domine Mathie recipienti pro dicto monasterio, auctoritate propria accipiendi possessionem dictorum bonorum et de eisdem fatiendi quod eisdem videbitur, pro(mic)tentes rata et  firma habere perpetuo et dampna et expensas reficere sub obligatione bonorum dicti loci Sancte Agathe et non contra facere vel venire contra predicta vel aliquod predictorum per se (vel) alium, sub dicta  (pena) qua soluta vel non, . . . .  manente contractu.

Et Ego Moricus de Fabriano imperiali auctoritate notarius hiis interfui rogatus scribere subscripsi et publicavi.

 

1278.03.07:  Rinuncia ad una lite

. . . . . . . a confine con il fosso del comune,   . . . con i beni del fu mastro Matteo,con la via  . . . . contenuti entro i confini predetti.

Cedettero inoltre tutti gli altri diritti ed azioni che il loro modo e le dette suore congiuntamente o separatamente hanno, o potrebbero avere in qualunque luogo e motivo. Revocano ogni loro procuratore, amministatore, agente specialmente Salimbene Compagnoni e Sinibaldo Massei per parte di esso luogo e suore di Sant’Agata, in causa contro il monastero di Santa Maria Maddalena. Rinunciano all’interlocutoria e a quanto presentato sino ad oggi contro il monstero di Santa Maria Maddalena, in occasione de muro e dell’edificio che veniva costruito in esso luogo in contrasto con la norma di distanza del privilegio del monastero di Santa Maria Maddalena. Stabiliscono che esse posseggano le predette terre, il casareno, la casa e gli edifici a nome del detto monastero di Santa Maria Maddalena e di donna Mattia. Danno licenza e pieno potere alla stessa donna Mattia ricevente per il detto monastero di prendere possesso di propria autorità di tali beni e di farne quel che volesse. Promettono di mantenere stabile e deciso quest’atto in perpetuo e di rifondere danni e spese, obbligando i beni del loro luogo di Sant’Agata, e di non agire in contrario, né contrastare le cose dette sopra, né alcuna di esse, né direttamente, né tramite altri, sotto la predetta penalità e il contratto rimane stabile, ratificato, sia che la penalità fosse o non fosse pagata.

Io Morico da Fabriano notaio di autorità imperiale, richiesto di scrivere, sottoscrissi e resi pubblico l’atto.

 

1278 luglio 16 e 17

Il procuratore del monastero matelicese S.M.M. e della badessa Mattia interpone appello contro il divieto  dell’uditore capitolare di Camerino ad  unire il suo  monastero con quello di Sant’Agata.

 

In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem MCCLXXVIII indictione VI (tempore) domini Nicolai pape tertii, die dominico XVII iulii. Actum fuit . . . . . sive iuxta domum monasterii Sante Marie Magdalene de castro Mathelice. Presentibus dopno Sabbatino Actonis, Jacobo Bonitini et alii testibus. Yuanus domini Scangni syndicus monasterii Sancte Marie Magdalene de castro Mathelice, nomine et vice ipsius monasterii e pro ipso monasterio, sentiens se et dictum monasterium esse gravatum a continentia(!) infrascriptarum licterarum, ab ipsa continentia ipsarum licterarum infrascriptarum et ab omni gravamine sibi et dicto monasterio illato et inferendo, occasione ipsarum licterarum, viva voce appellavit. Quarum licterarum tenor talis est.

Scangnus plebanus (Tole)ntini camerinensis canonicus et vicemgerens domini archidiaconi et capituli maioris ecclesie camerirensis, sorori Mathie abbatisse monasterii Sancte Marie Magdalene de Mathelica  et aliis religiosis monialibus dicti loci, salutem in Domino. (Publice) relatione pandente nobis quod  vos unionem ecclesiarum Sancte Marie supradicti monasterii et Sancte Agate de dicta terra, propria inistis auctoritate  unire et unionem fare(!) de predictis, de quo miramur (cum) hoc ad vos non spectet vel pertineat ullo modo. Quocirca,  vobis et unicuique  (vestrum) presentium serie, auctoritate qua fungimur pro camerinensi ecclesia, precipiendo mandamus (quatenus) in ipsa unione nullatenus procedatis fatienda . . .  vos, cum pertineat ad episcopum camerinensem in sua diocesi maxime usque  ad reditum ipsius episcopi sub excommunicationis pena quam vos et unamquamque vestrum incurrere volumus ipso facto si secus duxitis (!) fatiendum, et si aliquo processistis in statum pristinum reducatis et sub pena ipsius domini episcopi arbitrio auferenda. Alioquin contra vos ut iustum fuerit procedemus. Datum Camerini die XVI iulii intr(ante) iulio, VI (indictione).  Si vero de predictis gravatas asseritis V dies post assegnationem presentium, legitimum syndicum coram nostra presentia trasmictere curetis super predictis a nobis recepturum iustitie complementum.

Ego Junta Albertutii notarius publicus imperialis magestatis auctoritate, huic appellationi presens interfui a dicto Yuano rogatus subscripsi et publicavi.

 

1278.07.17: Appello contro il precetto dell’uditore camerinese

Nel nome di Dio. Amen. Nel suo anno 1278, indizione sesta, a tempo di papa Nicolò III, il giorno 17 luglio, domenica. Redatto presso la casa del monastero di Santa Maria Maddalena del castello di Matelica, mentre sono presenti don Sabbatino di Attone, Giacomo di Benetino e altri testimoni. Ivano del signor Scagno, amministratore del monastero di Santa Maria Maddalena del castello di Matelica, a nome e per conto dello stesso monastero ed a favore del monastero, dichiarando che egli e il monastero si considerano gravati dal contenuto della lettera qui trascritta, a motivo dell’aggravio inflitto e da infliggere a lui e al monastero in l’occasione della stessa lettera, vivamente fecero l’appello. Il contenuto della lettera è questo.

(Don) Scagno pievano di Tolentino, canonico camerinese e vicegerente dell’arcidiacono e del capitolo della chiesa maggiore di Camerino, saluta nel Signore suora Mattia badessa del monastero di santa Maria Maddalena di Matelica e le altre religiose monache di detto luogo. Si ha notizia di pubblica diffusione che voi avete cominciato l’unione della chiesa di santa Maria del sopradetto monastero con quella di Sant’Agata della detta terra, d’autorità propria. Noi siamo meravigliati dell’unione che fate delle predette chiese poiché ciò non spetta a voi, e in nessun modo vi appartiene. Pertanto con l’ordine della presente lettera comandiamo a voi ed a ciascuna di voi, con l’autorità che esercitiamo per la chiesa camerinese, facendo precetto che voi non procediate in nessun modo nel fare la predetta unione, poiché ciò spetta al vescovo camerinese nella sua diocesi, soprattutto in attesa del ritorno dello stesso vescovo, sotto penalità di scomunica immediata che vogliamo comminare a voi ed a ciascuna di voi per lo stesso fatto, se pensate di fare diversamente. Se avete proceduto nel cambiare qualcosa, riportatelo alla precedente situazione. E’ ad arbitrio dello stesso vescovo per togliere la penalità. Diversamente procederemo contro di voi secondo giustizia.

Dato a Camerino il giorno 16 luglio entrante, indizione sesta. Se in verità vi dichiarate gravate dalle cose dette sopra, provvedete a far giungere il vostro amministratore alla nostra presenza affinché riceva da noi il completamento della giustizia riguardo a ciò.

Io  Giunta di Albertuccio notaio pubblico di autorità della imperiale maestà fui presente a questo appello e richiesto dal detto Ivano sottoscrissi e pubblicai.

 

1278 dicembre 2 (riuniti due frammenti in base ai mss. del Vogel)

Il procuratore del monastero matelicese di S.M.M. e della badessa Mattia, concorda la divisione della coeredità di una religiosa con altri.

 

(In) Dei nomine. Amen. Anno eiusdem MCCLXXVIII indictione VI tempore domini Nicolai pape III, die II decembris. Adtum (!) Mhtelice (!) ante monasterium Sante Marie Madalene, presentibus  Mahteo (!) Franconum, Cangno Raynaldi, Martino Pauli et aliis testibus. Frater Andrea(s) syndicus monesterii Sancte Marie Madalene una cum consensu et voluntate abatisse diti (!) monesterii et ipsa abatissa consentiente iure proprio et ad proprium, dedit, cesit (!), concesit adque . . . . Vivono . . . . . . . . . . . terre   . . . . . . . (parte mancante tra il primo e il secondo frammento  macchiato al margine)

. . . quosdam dictus Vivonus abere . . . .  ab Angelutia monaca diti monasterii eredes  Andree magistri Petri Boni pro dote et residuo dotis qual ditus Vivonus tenetur a supra dito magistro Petro Boni et suis eredibus prout ore sua domina Alarica et figlia diti Vivonis et pro residuo dotis quam  pro ea abuit a dito Vivono pro dita domina Alarica et filia diti Vivonis et quam a dita Angelutiia pro sua parte et ereditat(em omnem) abere tenetur, dando ei Vivono liberam licentiam et plenariam potestatem tenute di(t)e terre intrandi, possidendi, feutandi ac retinendi ut sibi aut cui concesserit placuerit . . .  que  ad ditum tempus promitens ditus sindicus et dita aba(ti)ssa (con)sentiente quod dita tera alicui non est obligata . . . . . .  ceduta nec alicui dabitur nec concedetur . . . .  in finem diti tere usui (?) quod si apareret alicui esse data . . . . non concederetur alicui per aliquem diti . . . . . .  ipse sindicus et domina Mahtia abbatissa dicti monasteriii eam in dono conservare et (omne)qu(e) damnum litis et expensas salaria et interesse que (et) quas fecerit vel sustinuerit ditus entor pro predictis ipse sindicus integre reficere et resarcire promisit semper credito suo sacramento sine libelli petitione, renuntians ipse sindicus omnibus ausiliis beneficii decretis et decretorum et aliis iuribus quibus ipse oponere posset coco(!) modo et causa que omnia iam ditus sindicus cum consentia (!) et voluntate dite domine abatisse atendere et oservare promisit dicto Vivono et cui concesserit sub pena II libre ravennat. et anconet. bonorum et ipoteca dicti monasterii, qua pena soluta et non, predicta omnia semper (rata) et firma abere, adque tum promisit et omnia  . . . et suntum reficere etiam perpetuo faciendum.

Et ego Ventura Massei notarius plubicus(!) is omnibus interfui et de  is omnibus a supra ditis rogatus scribere suscripsi et publicavi.

(Nel tergo della pergamena uno scritto nella stessa epoca)

. . . infra hec latera: a II Salimbene Molla (Pa)cis; a III filius Ufredutii ser Belle; a IIII via; presen(tibus) Cangno (Rai)naldi Atonis et (A)ntonium Martini.

 

1278.12.02: Contratto per la spartizione di un’eredità

Nel nome di Dio. Amen. Nel suo anno 1278, indizione sesta, a tempo del papa Nicolò III, il giorno 2 dicembre. Redatto a Matelica davanti al monastero di Santa Maria Maddalena, mentre sono presenti Matteo di Francone, Cagno di Rinaldo, Martino di Paolo e altri testimoni. Frate Andrea amministratore del monastero di Santa Maria Maddalena con il consenso e la volontà dell’abbadessa del detto monastero e la stessa abadessa consensiente di proprio diritto e proprietà, diede, cedette, concesse a Vivono . . . la terra  . . . .( manca una parte tra i due frammenti stralciati) . . . .che il detto Vivono (deve) avere da Angeluccia monaca del detto monastero come erede di Andrea di mastro Pietro Boni per la dote e residuo di dote che il detto Vivono deve avere a voce dal sopradetto mastro Pietro Boni e suoi eredi e  il residuo dotale che  ebbe dal detto Vivono (riguardante) la detta donna Alarica e la figlia di detto Vivone e quanto spettante da Angeluccia per sua parte di eredità ed ogni eredità (che) è tenut(o)  avere. Dà  a Vivono libera licenza e pieno potere di tenuta della terra, entrarvi, possederla, infeudarla, e conservarla come piacerà a lui o a chi vorrà egli darla. L’amministratore predetto con il consenso della badessa promette che questa terra non è vincolata a nessuno e non sarà concessa ad altri, neanche in uso, e qualora apparisse che si concedesse, lo stesso amministatore e la badessa Mattia la conservano in dono e si impegnano a ripagare ogni danno di lite, spese e salari con interesse che il detto compratore farà e sosterrà riguardo a ciò, con impegno solenne, senza bisogno di giuramento scritto. L’amministratore rinuncia ad ogni ausilio di beneficio o decreto o diritto con cui possa agire in contrasto, in qualsiasi modo o causa. L’amministratore con il consenso e la volontà dell’abbadessa promise di mantenere e di osservare quanto sopra per il detto Vivone o altro suo concessionario, sotto penalità di due libbre ravennati od anconetane e sotto ipoteca dei beni di detto monastero. Le cose scritte sopra rimangono sempre stabili,  pagata o non pagata la penalità. E promise di rifondere  la spesa e mantenere tutte queste cose in perpetuo.

Io Ventura Massei notaio pubblico fui presente a tutte queste cose e richiesto di scrivere sottoscrissi e pubblicai.

Nel tergo si indicano alcuni confini di proprietà:

. . .   “fra questi confini, nel secondo lato Salimbene Molla(?) (Pa)ci; nel terzo lato il figlio di Ufredutio di ser Belle; nel quarto lato la via; presenti Cagno di (Ra)inaldo  Attoni e (An)tonio di Martino”.

 

1279 luglio 3

La signora Ricca dona i beni della sua dote, riservandosene a vita l’usufrutto, al monastero e alla badessa Mattia di S.M.M. in modo che li godano dopo la sua morte.

 

In Dei nomine. Amen. Hoc est exemplum rogiti sive protocolli inventi seu existenti in quaternis magistri Mathei dopni Bentevolii condam notarii sub anno domini MCCLXXVIIII indictione VII tempore Nicolai pae III, die III iulii, in ecclesia Sancte Marie Madalene de Mathelica, coram fratrem (!)  Alesandro lectore firmano de ordine Fratrum Predicatorum, fratre Jacobo de Cammerino(!) de eodem ordine, fratre Petro Egidii, fratre Vitale Benve(nu)ti et domino Jacobo de Ugubio, testibus. Cuius tenor talis est, sic incipientis. Domina Ricca filia condam Curtufunni de Pudio, pure, libere, simpliciter inter vivos et inrevocabiliter donavit domine Mathie abbatisse monasterii Sancte Marie Madalene, nomine et vice ipsius monasterii, solenniter et legitime stipulanti, dotem suam que fuit C. librarum ravennat. et anconit. reservato sibi usus fructus in vita sua dicte dotis; in obitu sit ipsius monasterii; dans et cedens eidem omne ius et actionem quod et quam habet in bonis domini Berretilli sui viri, occasione dotis dicte; ponens eamdem in locum suum, fatiens eamdem procuratricem ut in rem suam ut post mortem ipsius possit agere et experiri et repetere dictam dotem adversus dominum Berretillum et eius bona, etcetera; ut ipsa facere posset, etcetera; hoc ideo fecit pro anima sua et pro remedio suorum peccatorum et suorum parentum; et promisit eam donationem non revocare aliqua ingratitudinis causa nec alia quacumque sub pena dupli dotis, etcetera; insuper iuravit ad sancta Dei evangelia predicta habere rata et firma et non venire contra sub pena iam dicta, et damna et suntus cum interesse reficere etcetera.

Et ego Bonacosa Benvengnati notarius publicus ut (vidi) legi et inveni in qua(terno) vel in quaternis magistri Mathei domini Bentevolii condam notarii, ita per ordinem transscripssci (!) et exemplavi, nil addens nec minuens fraudolenter preter puntum vel silabam que instrumentum non falsant, et in plubicam (!) formam redegi, data et concessa michi auctor(itate) de his exemplandis et plubicandis a domino Ugolino domini Leti de civitate Auximi iudice et vicario comunis Mathlice per nobilem virum Jacobellum domini Claudii de civitate predicta nec non de consilio generali et spetiali communis Mathelice sub anno Domini MCCLXXX indictione VIII, Romana sede pastore vacante, die XXVI novembris. Actum Mathelice in trasanna communis, presentibus domino Jacobo plebani, Jacobo Benecase, Juano Jacoboni et Francisco magistri Petri et alii pluribus testibus, etc.

(in calce)

Die XVIIII iulii prodit(um) per fratrem Jacobum coram (vicario) presente fratre (Guille)lmo.

 

1279.07.03: Donazione della dote sponsale

(Copia) Nel nome di Dio. Amen. Copia di un atto notarile presente nei quaderni di mastro Matteo del signor Bentevoglio notaio defunto. L’anno 1279, indizione settima, a tempo di papa Nicolò III, il giorno 3 luglio nella chiesa di Santa Maria Maddalena di Matelica, presenti come testimoni: frate Alessandro lettore fermano dell’ordine dei Predicatori, frate Giacomo da Camerino dello stesso ordine, frate Pietro di Egidio, frate Vitale di Benvenuto, ed il signor Giacomo da Gubbio. Ecco il contenuto. Donna Ricca figlia del fu Curtufonne da “Pudio” fece dono puro, libero e semplice a donna Mattia badessa del monastero di Santa Maria Maddalena, stipulante a nome e per conto ed a favore del monastero, diede la sua dote di cento libbre ravennati od anconetane, con riserva di usufrutto vita natural durante. Dopo la sua morte, l’usufrutto sia riunito al monastero predetto. Dà e concede allo stesso ogni diritto ed azione che ha sui beni del signor Berretillo suo marito, per occasione di dote, e l’abbadessa è resa procuratrice, con diritto di agire dopo la sua morte  per ricercare e ricevere la predetta dote contro il signor Berretillo ed i suoi beni ed abbia potere di fare come per legge. La donatrice fa questo per la sua anima e per il rimedio dei peccati suoi e dei suoi genitori. Promise che questa donazione non sarebbe revocata per nessuna causa d’ingratitudine o in qualsiasi altro modo, sotto penalità del doppio della dote. Inoltre giurò sui santi vangeli di Dio di mantenere stabile e deciso tutto quanto  detto sopra e di non fare azione contraria sotto la penalità già detta e con l’obbligo di ripagare i danni e le spese con interessi.

La copia del presente atto fu fatta dal notaio pubblico Bonacosa Benvegnati per ordine del giudice e vicario del comune di Matelica, il signor Ugolino del Signor Leti della città di Osimo e per ordine di Giacomello del signor Claudio da Osimo, su mandato del consiglio generale e speciale di detto comune, nell’anno 1280 il giorno 26 novembre, in tempo di sede romana vacante, a Matelica, nella “trasanna” del comune mentre erano presenti come testimoni don Giacomo Plebani, Giacomo (di) Benencasa, Ivano di Giacopone e Francesco di mastro Pietro.

(In calce si legge di altra grafia)

Il giorno 19 luglio fu presentato di fronte al vicario da frate Giacomo, alla presenza di frate Guglielmo.

 

1284 giugno 10

Viene nominato il procuratore del monastero matelicese e della badessa Mattia  di S.M.M. per le liti riguardanti i diritti della chiesa di Santa Maria di Vablano.

 

In Dei nomine. Amen. Anno Domini MCCLXXXIIII, indictione XII, tempore domini Martini pape quarti, die X g(i)unii. Adctum (!) Mahtelice(!) in monesterio Sancte Marie Madalene, presentibus Lazano domini Jacobi, Verliutio domini Jacobi, fratre Vitale, fratre Jacobutio et aliis testibus. Domina Hmattia (!) abadissa monesterii Sancte Marie Madalene de Mahtelica una cum consensu et voluntate monacarum et munialium dicti monesterii silicet Cristina, Annese, Andrea, Lucia, Berardesca, Margarita, Isabetta, Catellia(!), Danniella, domina Cristina, Amadeo, Agata, Danniella, Iacobutia, Barbara, Area, Cicilia, Gratiadeo, Jacomella, Hmattiola, Alluminata, Victoria, Filipputia, ipsosque hom(in)es volentes et consensientes, fecit, constituit, sustitut, ordinavit adque creavit fraterm Jacobum de Colle Stefano conversu(m) dicti monesterii presentem et in se susipientem suum et dicti monesterii lecitimum sindicum et procuratorem, attorem, fattorem et nu(n)tium specialem in lite et questione quam dictus monesterius habet et abere experat cum Federico domini Alberti, Adelardutio suo filio, dompno Mahteo dompni Johannis, occasione unius ecclesie de Santa Maria de Vablano et iuribus dicte eclegie (!) et cum Coradutio Bartuli et cum eheredes Raimaldutii (!) domini Alberti et generaliter cum omnibus abentes litem cum dicto monesterio et qui in antea abere potuerunt coram curia domini marchionis, suorumque offitialium et eorum quacumque alia curia et ubicucumque (!) fuerit oportunum ad libellum dandum et recipiendum, litem contestandam de calunnia iurandum in anima dicti monesterii; testes, instrumenta introducendum adprobandum et replicandum, ad fatiendum unum procuratorem vel plures in locum suum, ad terminandum et determinandum et terminum vel terminos recipiendum et ad impetrandum literas vel privilegia, ad apellandum et prosequendum si fuerit oportunum in qualibet curia et expecialiter in curia domini pape et generaliter ad omnia alia agenda, facienda et excerenda que in predictis omni(bus) predittis et colibet predittorum fuerint necessaria et oportunum; promitens dicta abadissa et conventus eiusdem monesterii quidquid per predictum sindicum vel per alium in suo loco ponentem factum fuerit in predictis omni causa preditis et colibet predictorum ratum et firmum abere adque tenere sub pena et ipoteca bonorum et rerum dicti monesterii.

Et ego Ventura Massei notarius plubicus is omnibus interfui et de supradictis omnibus ut supra dictum est rogatus scribere (sub)scripsi et plubicavi.

 

1284.06.10: Procura per la vertenza di S. Maria di Vablano

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1284, indizione dodicesima, a tempo del papa Martino IV, il giorno 10 giugno. Redatto a Matelica nel monastero di Santa Maria Maddalena, presenti Lazano del signor Giacomo, Verliutio del signor Giacomo, frate Vitale, frate Giacomuccio ed altri testimoni. Donna Mattia badessa del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, con il consenso e la volontà delle monache e religiose del detto monastero, cioè Cristina, Agnese, Andrea, Lucia, Berardesca, Margarita, Isabetta, Cateli(n)a, Daniela, donna Cristina, Amadea, Agata, Daniela, Giacomuccia, Barbara, A(u)rea, Cecilia, Graziadeo, Giacomella, Mattiola, (I)lluminata, Vittoria, Filippuccia, e gli  uomini volenti e consensienti, fece, stabilì, sostituì e creò frate Giacomo da Colle Stefano, converso dello stesso monastero, presente e ricevente, come legittimo amministratore, procuratore, attore, fattore e nunzio speciale di lei e del detto monastero nella lite e questione che il detto monastero ha e pensa di avere con Federico del signor Alberto, con Adelarduccio suo figlio, e con il signor Matteo del signor Giovanni, a motivo dela chiesa di Santa Maria de “Vablano” e per i diritti di questa chiesa e con Corraduccio di Bartulo e con gli eredi di Rainalduccio del signor Alberto e in generale con tutti quelli che hanno lite con il detto monastero o che prima poterono averne, di fronte alla curia del signor marchese, dei suoi officiali e di fronte a qualunque altra curia e dovunque in ogni altro luogo, per dare il libello, per riceverlo, per contestare la lite sull’accusa, per giurare sull’anima del detto monastero, introdurre i testimoni e gli strumenti, per approvare e replicare, per fare uno o più procutaori in sua vece, per terminare e determinare e ricevere il termine o i termini e per impetrare e ricevere  lettere o privilegi, per far appello, per proseguire se sarà opportuno presso qualunque curia e specialmente nella curia del papa e generalmente a fare tutte le altre cose, per fare ed agire in generale per tutte le cose dette e per ciascuna secondo come sarà necessario e opportuno. La badessa e il convento del detto monastero promettono che tutto quello che per mezzo del predetto amministratore o per mezzo di altri in suo luogo, viene posto, fatto, al riguardo delle cose predette e di ciascuna di esse, lo considerano stabilito, deciso e lo mantengono sotto penalità di ipoteca dei beni e delle cose del manstero.

Io Ventura Massei notaio pubblico fui presente a tutte queste cose e richiesto di scrivere tutte le cose sopradette, sottoscrissi e pubblicai.

 

1285 agosto 21

Viene nominato il procuratore del monastero matelicese e della badessa Mattia  di S.M.M. per la causa di spartizione dell’eredità di donna Sibilla.

 

In nomine Domini. Amen. Anno eiusdem MCCLXXXV (foro) . . . tempore domini Honorii pape IIII die XXI mensis augusti, in ecclesia monesterii Sancte Marie Magdalene de Mathelica, presentibus fratre  Rainerio magistri Jacobi Accursi Blance, Vitutio Actolini et Andreolo Yuani domini Scangni testibus de hiis vocatis. Soror Mathia abbatixa (!) monesterii dominarum Sancte Marie Maddalene supradicti, consensu et voluntate omnium infrascriptarum dominarum conventus ipsius monesterii, nemine disdicente, videlicet sororis Annese, sororis Christine, sororis Margarite, sororis Ysabet, sororis Andree, sororis Deutame, sororis Auree, sororis Lucie, sororis Danielis, sororis Berardessce(!), sororis Christiane, sororis Jacomelle, sororis Johanne, sororis Matheole, sororis Victorie, sororis Cathaline, sororis Philippe, sororis Ysaie, sororis Illuminate  . . . /= sororis Amadee, sororis/ Gratiadei, sororis Symonicte, sororis Guiductie et sororis Cecelie, et ipse sorores unanimiter cum ea, fecerunt, constituerunt  ac etiam ordinaverunt fratrem Vitalem, conversum et familiarem ipsius monesterii et Verbutium domini Jacobi de Ugubbio (!) presentes et quemlibet eorum in sollidum, eius et dicti co(nventus) legitimos syndicos, procuratores et nuntios speciales ita tamen quod condictio unius occupantis non sit melior alterius conditione non occupantis, ad promictendum et conpromictendum in fratrem Nicolaum vicarium domini episcopi camerinensi(s) tamquam in arbitrum et arbitratorem et amicabilem compositorem de omni lite, questione et causa vertente vel que verti poxet inter ipsum monesterium ex una parte agentem et respondentem, et Yuanum domini Scangni procuratorem domine Sybilie filie condam domini Rainaldi sue uxoris ex altera, agentem et respondentem et maxime de quinquaginta VII libris ravennat. et anconet. qu(o)s dictus Yuanus intendit  petere a dicto monesterio tamquam procurator dicte sue uxoris et generaliter de omni alia lite, questione et causa que inter eos verti posset usque in diem presentem, (ad) libellum dandum, recipiendum,  litem contestandum, de calupnia iurandum in earum anima et cuiuslibet  (a)lterius generis, sacramentum prestandum, exceptiones opponendum, replicationes et declinationes iuditii positiones faciendum et respondendum positionibus adverse partis, testes et instrumenta inducendum, aperturam testium videndum, allegandum, sententiam audiendum, et constituendum unum vel plures procuratores nomine dicti conventus et ipsorum syndicorum in predictis et quolibet eorumde, et generaliter ad omnia et alia singula facienda et exercenda que conventus ille facere vel exercere poxet sollepniter promictens dicta iam domina abbatissa consensu conventus predicti et ipse conventus michi notario infrascripto nomine et vice cuius interest sollepniter stipulanti, habere ratum et firmum habere atque tenere perpetuo et in nullo contrafacere vel venire occasione aliqua vel exceptione sub ypotheca, pena et obligatione bonorum dicti monesterii, quidquid per dictos syndicos vel procuratores ab eis substitutos vel alteri ipsorum factum vel exercitatum fuerit in premixis et quolibet eorumdem.

Et ego Bonaventura Johannis publicus notarius de predictis omnibus interfui rogatus ea omnia subscripsi et publicavi.

 

1285.08.21: Procura per vertenza dell’eredità di Sibilla

Nel nome del Signore. Amen. Nel suo anno 1285, a tempo di papa Onorio IV, il giorno 21 del mese di agosto, nella chiesa del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, mentre erano presenti frate Raniero di Mastro Giacomo Accursi Blance; Vitutio di Attolino e Andreolo di Ivano del signor Scagno, come testimoni chiamati a queste cose. Suora Mattia badessa del sopra detto monastero delle donne di santa Maria Maddalena, con il consenso e la volontà di tutte le seguenti donne del convento dello stesso monastero, senza alcun dissenso, cioè suor Agnese, suor Cristina, suor Margherita, suor Isabetta, suor Andrea, suor Diotama, suor Aurea, suor Lucia, suor Daniela, suor Berardesca, suor Cristiana, suor Giacomella, suor Giovanna, suor Mattiola, suor Vittoria, suor Catalina, suor Filippa, suor Isaia, suor Illuminata, suor Amedea, suor Graziadea, suor Simonetta, suor Guiduccia e suor Cecilia, queste suore concordemente con la badessa fecero, stabilirono, ed anche ordinarono frate Vitale converso e familiare dello stesso monastero e Verbutio del signor Giacomo da Gubbio, presenti e ciascuno di loro in solido in modo tale che la condizione di uno solo attivo non sia migliore di quella dell’altro non attivo, come amministratori, procuratori e nunzi speciali di lei e del detto convento, per promettere e fare compromessi verso frate Nicola vicario del vescovo di Camerino come arbitro e persona che deve decidere la composizione amichevole per ogni lite, questione e causa che verte o che potesse vertere tra lo stesso monastero agente e rispondente da una parte, e dall’altra parte Ivano del signor Scagno procuratore di donna Sibilla figlia del defunto signor Rinaldo, sua moglie, come agente e rispondente, soprattutto per 57 libre ravennati ed ancontane che si dice che il detto Ivano intende chiedere al detto monastero in quanto procuratore della detta sua moglie; e generalmene per ogni altra lite, questione e causa che potesse vertere tra essi fino al giorno presente, per dare il libello, riceverlo, contestare la lite, riguardo all’accusa giurare sulla loro anima, prestar giuramento di qualsiasi altro genere, contrapporre eccezioni e repliche e declinare il giudizio, fare opposizioni e rispondere alle posizioni della parte avversa, introdurre testimoni e documenti, vedere la presentazione di testimoni, fare  gli allegati, ascoltare la sentenza, stabilire uno o più procuratori a nome del detto convento e di se stessi amministratori, nelle cose predette e in ciascuna di esse, e generalmente debbono fare tutte le altre e singole cose ed esercitarle come il convento potrebbe fare o esercitare. La già detta donna badessa col consenso del predetto convento e lo stesso convento promettono a me notaio infrascritto, a nome e per conto di chi può esserne interessato, con stipula solenne, che esse considerano stabilito e tengono deciso e lo mantengono in perpetuo e non agiscono in nulla in contrasto in alcuna occasione, o eccezione, sotto l’ipoteca e la penalità e l’obbligazione dei beni di detto monastero, accettando tutto quello che per mezzo dei predetti amministratori e procuratori, o sostituti o altri per loro, viene fatto ed esercitato riguardo alle cose dette sopra e per ciascuna di esse.

Ed io Bonaventura di Giovanni pubblico notaio fui presente alle cose sopradette e rogato per tutto ciò, sottoscrissi e pubblicai.

 

1286 febbraio 28

Il vescovo di Camerino concede indulto per elemosine alle monache di S.M.M. di vita povera. <( Si intuisce il privilegio della povertà di Santa Chiara>

 

Ramboctus miseratione divina Camerinensis episcopus universis Christifidelibus presentes licteras inspecturis salutem in Domino. Si iuxta sententiam sapientis meritorie tempus seminandum disscernimus et metendum seminare debemus in terris, quodam multiplicato fructu recolligere debeamus in celis et licet secundum hoc omnibus indigentibus aperire teneamur visscera caritatis, illis tamen spiritualius et habundantius qui spiritu sponte subbeunt honera paupertatis. Cum igitur dilecte in Christo filie Abbatissa et moniales monasterii Sancte Mariae Madalene de Matelica Camerinensis diocesis que, spretis mundanis inlecebris, elegerunt Domino famulari cum adiectione voluntarie paupertatis, egeant a Christifidelibus sibi pia caritatis subsidia exiberi, universitatem vestram rogamus et ortamur in Domino in remissione vobis peccaminum, iniungentes quatenus eis ad hoc grata caritatis subsidia erogetis ut per subventionem vestram in aliquo subveniatur eisdem et vos per hec et alia bona que Domino spirante feceritis ad eterna possitis felic(itatis) gaudia pervenire. Nos enim cupientes ut ecclesia antedicta que ipsius Beatissime videtur insignita vocabulo congruis honoribus frequentetur, omnibus vere penitentibus et confessis qui ad dictam ecclesiam quolibet die dominico usque ad festum Pascatis Resurrectionis octavam durantem, causa devotionis, accesserint et eis manus porrexerint caritatis de omnipotentis Dei misericordia, beatorum Petri et Pauli apostolorum eis centum dies de iniunta sibi penitentia in Domino misericorditer relaxamus. In cuius rei testimonium et certitudinem pleniorem presentes iuximus nostri sigilli appensione muniri.  Privilegiis autem post dictam octavam Pascatis annuatim presentibus minime valituris. Datum Camerini die ultima februarii sub anno Domini millesimo CCLXXXVI  indictione XIIII

 

1286.02.28: Indulto vescovile per elemosine al monastero

Rambotto per divina misericordia vescovo di Camerino saluta nel Signore tutti i fedeli cristiani che vedranno questa lettera. Se consideriamo, secondo il detto del sapiente, che il tempo deve essere seminato in modo meritorio e raccolto, noi dobbiamo seminare in terra a che si debba raccogliere nei cieli con qualche moltiplicato frutto; e benché, secondo lo stesso, siamo tenuti ad aprire il cuore caritatevole verso tutti i bisognosi, tuttavia ancor più spiritualmente e più abbondantemente siamo tenuti a farlo verso coloro che spontaneamente  e di spirito si sottopongono alla povertà. Pertanto poiché le figlie dilette in Cristo monache e  la badessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica della diocesi di Camerino, che, nel disprezzo dei piaceri mondani, scelsero di vivere nella comunione familiare con Dio aggiungendo una volontaria povertà,  hanno bisogno che i fedeli cristiani offrano piamente a loro l’aiuto caritatevole, esortiamo e preghiamo tutti voi nel Signore, a remissione dei vostri peccati, disponendo che eroghiate loro allo scopo graditi sussidi caritatevoli in modo che la vostra sovvenzione dia loro un sussidio e voi, a motivo di questa e di altre opere buone che farete ispirati dal Signore, possiate giungere alla gioia eterna della felicità. Noi infatti desideriamo che la predetta chiesa che è insignita del vocabolo della Beatissima, sia frequentata con onori ed a tale scopo rilasciamo per la misericordia di Dio onnipotente e dei beati apostoli Pietro e Paolo, 1’indulgenza di cento giorni sulla penitenza imposta nella confessione a coloro che, veramente pentiti, si recheranno per devozione alla chiesa predetta in qualsiasi domenica sino alla festa di Pasqua inclusa la sua ottava e faranno opere di caritatevole aiuto. A testimonianza e maggior certezza di ciò, abbiamo fatto munire il presente scritto con l’appendervi il nostro sigillo. Annualmente, il privilegio non avrà più efficacia dopo passata la detta ottava di Pasqua.

Data, a Camerino 28(=giorno ultimo) febbraio 1286 indizione quattordicesima.

 

1286 settembre 12

Viene nominato il procuratore del monastero matelicese e della badessa Mattia di S.M.M. per pagare una multa facendo un mutuo  di denaro.

 

In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem MCCLXXXVI indictione XIIII tempore domini Honorii pape, die XII intrantis septembris; actum in monasterio dominarum Sancte Marie Madalene de castro Mathelice, presentibus Yacobo Bevenuti de Sefre, Francisco Marclonis et Dominico Petri Fainde, testibus. Domina Macthia abadissa monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica, de consensu, presentia et voluntate Cristine, Annese, Iacobe, Margarite, Catarine, Adlummenate, Danielle, Gratiadeo, Deutame, Lucie, Vectorie, Cicilie Cristiane, Aurie, Jacopucze, Cicilie, Justine, Andree, Ogenia, domine Philippe, Ysaie, Simonecte, Philippucze, Amodee, Mactie, Guiducze, Bevenute, Ysabet, et Sperandee, monialium et sororum dicti monasterii nomine et vice dicti monasterii et conventus eiusdem, fecit, constituit et hordinavit fratrem Jacobum Ugolini presentem et recipientem, suu(m) et dicti monasterii legitimum sindicum, actorem, et procuratorem et nuntium specialem, ad recipiendum pro eis et eorum nomine et nomine et vice monasterii ante dicti et pro ipso monasterio, finem et quietationem et remissionem perpetuo valituram, a reverendo patre domino Rambocto camerinensi episcopo, de condemna(atione) L libris ravennat. et anconetan. facta per ipsum dominum episcopum de dicto monasterio nomine et occasione deguastationis quam ipsum monasterium fecit de monasterio Sacte Agathe et ad  pr(esentan)dum domini Jentili de Muralto vel Mussca(!) Savinelli, ex causa mutui vel depositi L librarum ravennat. et anconet. hinc  ad calendas octubris proxime venturas et ad dictum debitum confitendum coram dicto domino episcopo et ad preceptum de dicta quantitate recipiendum a dicto domino Rambocto camerinensi episcopo et ad supponendum se et ipsas abatissam et sorores excommunicastionis sententie per ipsum ferende contra sindicum, abatissam et sorores et ad supponendum monasterium ecclesiastico interdicto, si de dicta quantitate non saddisfecerint in termino memorato, et generaliter ad omnia et singula fatienda et exsercenda que in predictis et circa predicta viderit oportuna (promictens) quidquid per dictum dominum sindicum factum fuerit in predictis et quolibet predictorum, se ratum habiturum et gratum sub ypoteca et obligatione bonorum et rerum dicti monasterii.

Et ego Acto domini Jacobi notarius publicus rogatus scripsi et publicavi.

 

1286.09.12: Procura per una multa vescovile

Nel nome di Dio. Amen. Nel suo anno 1286, indizione quattordicesima, a tempo di papa Onorio IV, il giorno 12 di settembre entrante; redatto nel monastero delle donne di Santa Maria Maddalena del castello di Matelica, mentre erano presenti Giacomo Bevenuti da Sefro, Francesco Marcloni e Domenico Petri Fainde, come testimoni; donna Mattia badessa del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, con il consenso, la presenza e la volontà di Cristina, Agnese, Giacoma, Margherita, Catalina, Illuminata, Daniela, Graziadeo, Diotama, Lucia, Vittoria, Cecilia, Cristiana, Aurea, Giacomuccia, Cecilia, Giustina, Andrea, Eugenia, donna Filippa, Isaia, Simonetta, Filippuccia, Amedea, Mattia, Guiduccia, Benvenuta, Isabetta, e Sperandea, monache e suore del detto monastero, a nome e per conto del detto monastero e del suo convento, fece, stabilì e ordinò frate Giacomo Ugolini presente e ricevente come legittimo amministratore, attore e procuratore e nuncio speciale suo e del detto monastero, per ricevere per loro, a loro nome e a nome e per conto del detto monastero ed a favore dello stesso monastero, la conclusione e quietanza e condono validi in perpetuo, dal reverendo padre don Rambotto vescovo camerinese, riguardo alla condanna a cinquanta libbre ravennati e anconetane, fatta dallo stesso vescovo, riguardante il monastero nell’occasione e per la dismissione che lo stesso monastero fece nei riguardi del monastero di Sant’Agata; e per presentare al signor Gentile da Muralto canonico o a Mosca Savinelli, a motivo del mutuo o deposito di cinquanta libre ravennati ed anconetane, da ora al primo ottobre prossimo venturo, e per dichiarare questo debito di fronte al detto vescovo e a ricevere il precetto per detta quantità da detto don Rambotto vescovo camerinese ed a sottoporre sé, le stesse badessa e suore alla (minaccia di) scomunica da parte dello stesso contro il sindaco, la badessa e le suore ed a sottoporre il monastero all’interdetto ecclesiastico, qualora non soddisfacessero a detta quantità entro la ricordata scadenza; in generale a fare ed esercitare tutte e singole le cose che si considereranno opportune riguardo a quanto detto sopra. Promettono che tutto quello che verrà fatto dal predetto amministratore come sopra, lo riterrano  deciso e accettato sotto ipoteca ed obbligazione dei  beni e delle cose del monastero.

Ed io Atto(ne) del signor Giacomo notaio pubblico a richiesta ho scritto e pubblicato.

 

1286 settembre  13

Condono. Il vescovo di Camerino rilascia quietanza ed annulla altra condanna contro le monache del monastero matelicese di S.M.M.

 

In  nomine Domini. Amen. Anno Domini millesimo CCLXXXVI tempore domini Honorii pape quarti, Camerini in cappella palatii episcopatus; actum est die XIII mensis setembris, presentibus domino Gualterio priore Sancti Sebastiani de Camerino, domino Petro priore Sancti Jacobi de Muralto, magistro Ofredutio domine Amate, Corrado Johannis et Coradutio Domestici testibus de hiis vocatis et rogatis; venerabilis pater dominus Ramboctus camerinensis episcopus per se, suosque in posterum successores, nomine et vice camerinensis episcopatus, fecit finem, quietationem et remissionem perpetuo valituram fratri Jacobo Ugolini sindico monesterii Sante Marie Madalene de Mathelica, stipulanti et recipienti vice et nomine dicti monasterii de condepnatione (!) centum . . . /=librarum/ factam de ipso monasterio seu eius sindico Jacoputio domini Finaguerre, nomine et occasione violentie et excessus facti per ipsum monasterium et eius familiares, fautores et coadiutores contra monasterium Sancte Agathe site iuxta fossum Mathelice, prope ipsum monasterium Sancte Marie Madalene, cassando et cancellando idem dominus episcopus omnem condepnationem, sententiam et processum factam et factum contra dictum monasterium et ipsum Jacoputium eius sindicum vel quemcumque alium, nomine dicti monasterii Sancte Marie Madalene, et omnem promissionem ei vel alteri recipienti nomine suo factam de ipsa quantitate vel parte ispius, nomine dicti monasterii, et spetialiter promissionem factam per Jacobutium domini Finaguerre sindicum dicti monasterii, et spetialiter preceptum quod idem Jacobutius recepit de dicta quantitate L librarum solvenda,  scriptum manu magistri Nicolai de Auximo notarius et hoc ideo fecit dictus dominus episcopus pro eo quod habuit et recepit a dicto sindico dante et solvente nomine et vice dicti monasterii Sante Marie Magdalene et conventus eiusdem, et omnium suntorum dicti monasterii in excessu predicto quinquaginta libras ravennanorum et a(n)conetan. bonorum renuntians dictus dominus episcopus exceptioni non habitorum et non receptorum dictorum denariorum occasione predicta et omni iuris et legum auxilio; quam quidem quietationem et refutationem et omnia et singula supra et infra scripta promisit dictus dominus episcopus per se suosque in posterum successores predicto fratri Jacobo sindico dicti monasterii Sancte Marie Magdalene recipienti vice et nomine ipsius monasterii et conventus eiusdem et dicti Iacoputii domini (=dicti) monasterii sindici vel alterius sindici seu fautoris monasterii predicti sub pena dupli dicte quantitatis et obligatione et ypoteca bonorum dicti episcopatus.

Et ego Riccerius notarius publicus et nunc notarius dicti domini episcopi de predictis a dicto domini episcopo rogatus scripsi et publicavi meumque solitum fregium et nomen abposui(!).

 

1286.09.13: Quietanza di multa e condono

Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno del Signore 1286, a tempo del papa Onorio IV, a Camerino nella cappella del palazzo dell’episcopato; redatto il giorno 13 del mese di settembre, mentre erano presenti don Gualtiero priore di San Sebastiano di Camerino, don Pietro priore di San Giacomo di Muralto, mastro Offreduccio di donna Amata, Corrado di Giovanni e Corraduccio Domestici, come testimoni a ciò chiamati e richiesti; il venerabile padre don Rambotto vescovo di Camerino per sé ed i suoi successori, a nome e per conto dell’episcopato camerinese, fece la conclusione, la quietanza ed il condono da valere in perpetuo a frate Giacomo Ugolini amministratore del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, stipulante e ricevente a nome e per conto del detto monastero riguardo alla condanna di cento libbre, fatta dallo stesso monastero o al suo amministratore Iacopuccio del signor Finaguerra, in riferimento e per l’occasione della violenza e dell’esagerazione fatta da parte dello stesso monastero, suoi famigli, fautori e collaboratori, contro il monastero di Sant’Agata sito presso il fosso di Matelica in prossimità dello stesso monastero di Santa Maria Maddalena, cassando e cancellando lo stesso vescovo camerinese ogni condanna, sentenza e processo fatti contro il detto monastero e contro Jacopuccio suo amministratore o chiunque altro, a nome del detto monastero di Santa Maria Maddalena ed ogni promessa, se pure fatta al altra persona rivecente a suo nome, riguardo alla stessa somma o a parte di essa, a nome dello stesso monastero, in particolare la promessa fatta per mezzo di  Giacomuccio del signor Finaguerra, amministratore del detto monastero, inoltre specialmente il precetto che lo stesso Giacomuccio ricevette riguardo alla predetta somma di cinquanta libre da pagare, scritto per mano di mastro Nicola di Osimo notaio; pertanto il detto vescovo così fece per il fatto che ebbe e ricevette dal detto amministratore che ha consegnato e pagato a nome e per conto del detto monastero di Santa Maria Maddalena e del suo convento e di tutti i conti del detto monastero nella  predetta esagerazione, con cinquanta libre ravennati e anconetane.  Il detto vescovo rinuncia all’obiezione di denaro non avuto, non ricevuto, nell’occasione predetta, ed a ogni altro aiuto del diritto e delle leggi.  Il detto vescovo promise per sé e per i suoi successori promise a frate Giacomo, amministratore del detto monastero di Santa Maria Maddalena ricevente per conto ed a nome dello stesso monastero, e del suo convento e di detto Goacomuccio amministratore dell’altro monastero e di ogni altro suo fautore, che la presente quietanza e recusazione e tutte e singole le cose sopra scritte restano valide, sotto penalità del doppio di detta somma e con l’obbligazione e l’ipoteca dei beni del detto episcopato.

Ed io Riccerio notaio pubblico e ora notaio del detto vescovo, richiesto di scrivere le cose dette sopra dal detto vescovo, ho sottoscritto e pubblicato ed ho apposto il mio fregio e il mio nome.

 

1286 settembre 13

Bolla di unione. Il vescovo di Camerino unisce i due monasteri di Sant’Agata e S.M.M. confermando le decisioni prese dalla rispettive monache nel 1278, quand’era  badessa Mattia.

 

Ramboctus miseratione divina camerinensis episcopus, religiosis mulieribus abbatisse et conventui monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica, salutem in Domino. Cum a vobis petitur quod est iustum, tam vigor equitatis quam ordo exigit rationis ut item per solicitudinem nostri offitii ad debitum perducatur effectum. Eapropter, dilecte in Christo, vestris piis subplicationibus inclinati, unionem, obligationem, submissionem, promissionem, dationem seu concessionem factam per priorissam seu abbatissam vel moniales loci Sancte Agathe siti prope Mathelicam, considerata vicinitate et paupertate predicti loci Sancte Agathe, in quo moniales ibidem stantes observare non poterant continentiam regularem, prout in istrumentis inde confectis manu Morici de Fabriano notarii plenius continetur, cuius tenorem ad maiorem certitudinem et firmitatem de verbo ad verbum duximus inserendum.

In  nomine Domini. Amen. Anno eiusdem millesimo ducenteximo septuageximo octavo, indictione sexta, tempore domini Nichole pape tertii, die septima martii, actum Mathelice, in  monasterio  Sancte Marie Madalene presentibus Frederico domini Alberti, donno Accurso plebano plebis Mathelice, Verleutio domini lacobi de Eugubio et domino Finaguerra domini Albricii et Corradutio Bartoli testibus; Jacoputia magistri Gentilis, Amadea, Humilis, Cicilia, Lucia et Angelutia sorores vel moniales ac converse Monasterii sive loci Sancte Agathe de Mathelica, unanimiter et concorditer submiserunt se et eumdem locum cum bonis ad ipsum locum pertinentibus monasterio Sancte Marie Madalene de eadem terra et domine Macthie abbadisse ejusdem monasterii Sancte Marie recipienti nomine ipsius monasterii Sancte Marie et promiserunt ipsi abbatisse predicti monasterii Sancte Marie Madalene obedientiam et reverentiam, paupertatem et castitatem et observare regularia instituta predicti monasterii et quod predicta domina abbatissa possit ponere moniales et sorores in dicto loco Sancte Agathe et removere; cum dicte sorores Sancte Agathe videant et cognoscant se non posse honeste vivere in dicto loco Sancte Agathe in quo morantur, cum sit contra formam privilegiorum Sancte Marie Madalene et cum non possint in dicto loco Sancte Agathe regulariter vivere, dederunt et concesserunt pro redemptione peccatorum suorum dicte domine Mathie abbatisse ibidem presenti et recipienti nomine et vice dicti monasterii Sancte Marie Madalene et conventus ejusdem, plateam et territorium prope Castrum Mathelice, a primo(1) via, a secundo fossus Communis, a tertio filii quondam magistri Mathei et a quarto via, cum domibus, edificiis et cum omnibus et singulis que infra predictos continentur confines et cum omnibus aliis juribus et actionibus que ubicumque dictus locus et ipse sorores coniunctim vel divisim habent vel habere possent modocumque vel causa,   revocantes   seu cassantes omnem sindicum seu procuratorem et specialiter Salimbene Compagnionis et Sinibaldum   Massei   pro parte dicti loci et sororum Sancte Agathe factum(2) contra dictum monasterium Sancte Marie Madalene, et renuntiantes interlocutorie et interlocutoriis, si que usque ad presens tempus late sunt contra   dictum   monasterium Sancte Marie Madalene, (3) occasione muri et edifìtii quod edificabatur in dicto loco (et) scitu contra formam privilegiorum dicti monasterii Sancte Marie Madalene, constituentes se nomine dicti monasterii et dicte domine Mathie possidere predictum territorium et casarenum et domus et edifitia; et dederunt licentiam et plenariam potestatem predicte domine Mathie recipienti pro dicto monasterio auctoritate propria accipiendi possessionem dictorum bonorum et de heisdem(4) faciendi quod eis(5) videbitur, promittentes rata et firma habere perpetuo et damna(6) et expensas reficere sub obligatione bonorum dicti loci Sancte Agathe et non contrafacere vel venire contra predicta vel aliquod predictorum per se vel alium sub dicta pena, qua soluta vel non, rato manente contractu. Et ego Moricus de Fabriano, imperiali auctoritate notarius, hiis interfui, rogatus scribere scripsi et publicavi.

Quam submissionem, dationem, concessionem, promissionem et unionem et omnem aliam per abbatissam seu priorissam dicti loci  Sancte Agathe vel moniales loci ejusdem abbatisse seu sindico dicti monasterii Sancte Marie Madalene factam, prout reperitur manu dicti magistri Morici de Fabriano, ex certa scentia confirmamus, et si quis in dicta unione, submissione, datione, seu concessione reperitur defectus, nostra ordinaria auctoritate subplemus et loca predicta unimus.

Nulli ergo omnino hominum liceat hanc paginam nostre unionis et confirmationis infringere vel ei auso temerario contraire. Si quis autem hoc adtentare presunserit, indignationem omnipotentis Dei, et Beate Marie Virginis et beatorum Apostolorum Petri et Pauli et sanctorum Venantii martyris et Ansoini confessoris se noverit incursurum; in cujus rei testimonium et certitudinem pleniorem presentes licteras per Riccerium notarium nostrum scribi et publicari mandavimus et nostri sigilli appensione muniri. Actum et datum Camerini in cappella palatii episcopatus sub annis Domini MCCLXXXVI, Inditione XIIII, tempore Dni Honorii pape quarti, die XIII mensis setembris, presentibus donno Petro priore Sancti Iacobi de Muralto, donno Gualterio priore Sancti Sebastiani, magistro Ofredutio Notario, Corrado lohannutii, et Corrado Domestici, testibus de hiis vocatis et rogatis. Et ego Riccerius de Camerino notarius publicus, ac nunc notarius dicti domini episcopi, predictis omnibus presens interfui et a dicto domino episcopo rogatus et ejus auctoritate, scripsi ac publicavi, meumque solitum signum  ac nomem abposui.

Note di confronto tral la copia 1286 e il frammento 1278: (1) Vedi 1278: parole di inizio del frammento; (2) manca “factum” nel frammento; (3) il frammento aggiunge pro dicto loco; (4) nel frammento senza “h”; (5) nel frammento eisdem; (6) nel frammento dampna

 

1286.09.13: Bolla vescovile di unione di due monasteri

Rambotto, per divina misericordia, vescovo di Camerino, saluta nel Signore le religiose donne, badessa e convento del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica. Di fronte alla richiesta da voi giustamente presentataci, tanto la forza dell’equità, quanto l’ordine razionale esigono che ciò giunga al dovuto effetto con la nostra sollecitudine. Pertanto, o dilette in Cristo, confermiamo l’unione, l’obbligazione, la sottomissione, la promessa, la donazione o cessione fatta ad opera della prioressa o badessa e monache del luogo di Sant’Agata sito presso Matelica, dopo aver considerato la vicinanza e la povertà del predetto luogo di Sant’Agata, in cui le monache ivi dimoranti non potevano osservare la regolare continenza, come risulta più chiaramente dal documento redatto dal notaio Morico da Fabriano il cui contenuto viene qui inserito parola per parola a motivo della maggiore certezza e stabilità.

( QUI IL TESTO DEL DOCUMENTO 7 MARZO 1278 = vedilo  a questa data)

Conosciamo con pienezza di scienza la sottomissione, la donazione, la cessione, la promessa, l’unione e ogni altro impegno verso la badessa ed verso l’amministratore del detto monastero, nell’atto scritto da mastro Morico da Fabriano, deciso dalle monache del detto luogo di Sant’Agata e confermiamo tutto; e se in tale atto si trovasse qualche difetto, suppliamo con la nostra ordinaria autorità e uniamo i predetti luoghi delle religiose.

Non sia lecito a nessuna persona violare questo nostro atto di unione e di conferma, né contrastarlo con temerario ardire. Se qualcuno userà la presunzione di tentarlo, sappia che incorre nell’indignazione dell’onnipotente Dio, della beata Vergine Maria, dei beati apostoli Pietro e Paolo, dei santi Venanzo martire ed Ansovino confessore.

Su nostro ordine il notaio Riccerio, nostro redattore, scrive e rende pubblica la presente lettera e la consolida con l’apporvi il nostro sigillo per maggior fede e certezza. Redatto e dato a Camerino, nella cappella del palazzo dell’episcopato, nell’anno del Signore 1286, indizione XIV, a tempo del papa Onorio quarto, il giorno 13 settembre, alla presenza di don Pietro priore di San Giacomo di Muralto, don Gualtiero priore di San Sebastiano, mastro Offreduccio notaio, Corrado di Giovannuccio e Corrado di Domestico, testimoni chiamati per l’atto.

Ed io Riccerio da Camerino, pubblico notaio, ora notario del detto vescovo, presente a tutto ciò, su richiesta del vescovo, scrissi per sua autorità, sottoscrissi e pubblicai l’atto in cui apposi il mio sigillo consueto ed il mio nome.

 

1286 novembre 20

Viene nominato il procuratore del monastero matelicese e della badessa Mattia di S.M.M. per prorogare il pagamento del residuo di una multa.

 

In Dei nomine. Amen. In anno Domini millesimo CCLXXXVI indictione XIIII tempore domini Honorii pape IIII die XX mensis novembris, actum in monasterio Sancte Marie Maddalene(!) de Matelica, presentibus Albrico Jacobi Bruti, Matheo molenario, et Iohanne de Fulgineo testibus ad hec et de hiis vocatis et rogatis; domina Mathia abbatissa monasterii Sancte Marie Maddalene de Matelica, cum consensu et voluntate vel consenso et presentia et voluntate Cristine, Annese, Jacobe, Margarite, Catarine, Allumminate (!), Danielle, Gratiadee, Deutame, Lucie, Vectorie, Cicilie, Christiane, Aurie, Jacoputie, Cicilie, Justine, Andree, Eugenie, domine Philippe, Isaie, Simonette, Philipputie, Amadee, Mathie, Guidutie, Benvenute, Isabette et Sperandee monialium et sororum vel consororum dicti minasterii, nomine ac vice dicti monasterii et capituli et conventus ibidem more solito congregati, eiusdem ipsum capitulum totum et conventus fecit ac constituit et ordinavit vel ordinaverunt, fecerunt et constituerunt concorditer dompnum Erricum Guarnerii presentem et recipientem suum vel earum et dicti monasterii legitimum sindicum actorem et procuratorem et nunctium spetialem ad presentandum se et comparendum pro eis et eorum nomine et vice dicti monasterii et pro ipso monasterio et conventu eiusdem coram reverendo viro et patre domino Rambocto camerinensi episcopo ad petendum et recipiendum ac postulandum terminum solvendi XIII libras ravennates et anconetanas quas solvere debent et dare tenentur pro residuo debiti et condem(natio)nis L libras ravennates et anconetanas facta per ispum dominum episcopum de dicto monasterio et contra dictum monasterium nomine et occasione deguastationis monasterii Sanche Agathe facte per ipsum monasterium Sancte Marie predictum in festo proxime venturo Sancti Andree in longiorem terminum et ipsum terminum prorogari ad sensum et voluntatem ac mandatum ipsius domini episcopi et ad (confitendum) et promictendum solvere ipsum debitum in termino per eundem dominum episcopum statuendum tam domino Gentili de Muralto quam Musce Savinelli quibus solvere promiserant sindicus ipsius monasterii Sancte predicte Marie vel alteri sicut fuerit oportunum et placuerit ipsi domini episcopo alias creditoribus prelibatis ex causa depositit vel mutui  et ad subpondendum se et dictam abbatissam et consorores excommunicationi sententie per ipsum ferende contra sindicum, abbatissam et sorores et ad subponendum monasterium prelibatum ecclesiastico interdicto si dictam quantitatem non solveret vel non solvet in termino prelibato et ad quietationem, finem, liberationem et absolutionem perpetue valituram recipiendum et ad omnia et singula fatiendum et exercendum que in predictis et circa et extra predicta et infra predicita seu occasione eorum generaliter et specialiter que viderit expedire et fuerit oportuna promittens vel promittentes mihi notario infrascripto pro omnibus quorum interest vel intererint sollepniter stipulanti quicquid per dictum sindicum factum fuerit et promissum in predictis et circa et extra et infra predicta et quelibet predictorum et occasione eorum se ratum et firmum habere sub hipothecha rerum et bonorum dicti monasterii.

Et ego Salinbene domini Sinibaldi publicus notarius predictis omnibus interfui rogatus ut supra legitur scripsi et publicavi.

( Aggiunto in calce) Fiat instrumentum de punto ad puntum secundum instrumentum scriptum manu magistri Voti mutato nomine domini Gentilis  etiam Dominico Francisci.

 

1286.11.20: Procura per il residuo di una multa

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1286, indizione quattordicesima, a tempo del papa Onorio IV, il giorno 20 del mese di novembre, redatto nel monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, mentre erano presenti Albrico di Giacomo Bruti, Matteo mugnaio e Giovanni da Foligno, come testimoni per questo e su questo chiamati e richiesti; Donna Mattia badessa del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica con il consenso e la volontà o con il consenso, la presenza e la volontà di Cristina, Agnese, Giacoma, Margherita, Caterina, Illuminata, Daniela, Graziadea, Diotama, Lucia, Vittoria, Cecilia, Cristiana, Aurea, Giacomuccia, Cecilia, Giustina, Andrea, Eugenia, donna Filippa, Isaia, Simonetta, Filippuccia, Amedea, Mattia, Guiduccia, Benvenuta, Isabetta e Sperandea, monache e suore o consorelle del detto monastero, a nome e per  conto del detto monastero e del capitolo e del convento riunito ivi al modo solito,  tutto lo stesso suo capitolo ed il convento fece, stabilì ed ordinò od ordinarono, fecero e stabilirono concordemente il signor Enrico di Guarnerio presente e ricevente, come legittimo amministratore, attore e procuratore e nunzio speciale suo, di esse e del detto monastero, a presentarsi e comparire per esse e a loro nome e per conto del detto monastero e a favore dello stesso monastero e del suo convento, di fronte al reverendo uomo e padre don Rambotto vescovo camerinese, per chiedere e ricevere e presentar domanda di un termine (di scadenza) per pagare 14 libre ravennati e anconetane che debbono pagare e sono tenute a dare per il residuo del debito e della condamma di 50 libre ravennate e anconetane, fatta dallo stesso vescovo riguardo al detto monastero e contro detto monastero, per motivo e in occasione della dismissione del monastero di Sant’Agata, fatta da parte dello stesso monastero predetto di Santa Maria;  in un termine (di scadenza) nella festa di sant’Andrea, o più lontano e prorogare il termine a disposizione, volontà, ed ordine dello stesso vescovo, ed a dichiarare e promettere di pagare lo stesso debito, entro il termine che dovrà esser stabilito dallo stesso vescovo  tanto per il signor Gentile di Muralto, quanto per Mosca Savinelli, come l’amministratore dello stesso monastero della detta Santa Maria o altro aveva promesso di pagare e come sarà opportuno e piacerà allo stesso vescovo o diversamente per i creditori scelti a causa del deposito o mutuo, ed a sottoporre se stesso, la detta abbadessa e le consorelle alla ‘minaccia’ di sentenza di scomunica per la cosa stessa, da fare contro l’amministratore, la badessa, e suore, e a sottoporre il monastero all’interdetto ecclesiastico, qualora non pagassero o non pagheranno nel termine scelto, ed a ricevere la quietanza, la conclusione, la liberazioe e l’assoluzione che avranno valore perpetuo, ed a dover fare  ed esercitare tutte quelle e singole che riguardo a quanto detto, anche al di fuori ed in occasione di ciò, in generale ed in particolare, considererà da fare e sarà opportuno. Promettono a me notaio sottoscritto, stipulante solennemente per tutti quelli che sono o saranno interessati, tutto ciò che verrà fatto e promesso dallo stesso amministratore nelle cose dette prima, riguardo ad esse, dentro e fuori di esse e di ciascuna ed in occasione di esse, lo considerano deciso e stabile, sotto ipoteca delle cose e dei beni del detto monastero.

Ed io Salimbene del signor Sinibaldo pubblico notaio fui presente a tutte queste cose e, come sopra sopra si legge, scrissi e pubblicai.

(di altra mano aggiunta coeva) Si faccia l’istrumento puntualmente scritto per mano di mastro Voto, cambiando il nome del signor Gentile, anche a Domenico di Francesco.

 

1287 settembre 26

Viene nominato il procuratore del monastero matelicese e della badessa Mattia di S.M.M. per presentare appello contro i frati agostiniani riguardo ai beni del signor Matteo

 

In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem MCCLXXXVII indictione XV Romana Ecclesia vacante pastore, die XXVI septembris, actum Mathelice in monasterio Sancte Marie Madalene presentibus magistro Percivalo olim de Cesena, Janne eius filio et Ver(luti)o domini Jacobi, testibus de hiis vocatis et rogatis. Congregato capitulo monasterii Sancte Marie Madalene de castro Mathelice, camerinensis diocesis; in quo quidem capitulo domina Mathelda abbatissa dominarum supradicti monasterii una cum expresso consensu et voluntate  omnium suarum consororum in dicto monasterio existentium, scilicet Annese, Margarite, Isabecte, Cristine, Danielis, Lucie, Andre, Cataline, Deutame, domine Christiane, Jacobutie, Johanne, Macthiole, Victorie, Isaie, Alluminate et aliarum monialium et sororum in dicto monasterio existentium et ipse sorores omnes unanimiter et concorditer fecerunt, constituerunt et ordinaverunt dompnum Erricum de Sancto Severino et fratrem Jacobutium conversum dicti  . . . . /=monasterii/ earum et dicti monasterii legitimos sindicos et procuratores, actores et defensores et nuntios spetiales ad presentandum se pro eis et ipsarum nomine et vice dicti monasterii et conventus eiusdem coram venerabili patre domino Rambocto camerinensi episcopo eiusque curia coram iudice spirituali in Marchia pro romana et coram iudicibus generalibus dicte Ecclesie temporalibus et coram quoque alio iudice competenti spetialiter et generaliter tam temporali quam spirituali pro causis, litibus et questionibus quas ipse domine et dictum monasterium habent et habere sperant cum fratribus Sancti Augustini, occasione bonorum domini Mathei domini Sinibaldi, cum dompno Vitaliano Albricitii, occasione dictorum bonorum dicti domini Mathei eorumque procuratoribus spetialiter et generaliter cum omnibus aliis hominibus et personis ubique locorum cum quibus predicta domina abbatissa et dicte domine et monasterium supradictum litem et questionem haberent vel habeant in antea ex quacumque de causa ad agendum et defendendum, ad libellum dacendum(!) et recipiendum, terminum et terminos ponendum, litem et lites contestandum, de calunnia iurandum, testes et probationes et instrumenta introducendum, testes et probationes averse partis audiendum et re(spon)dendum, exceptiones et replicationes opponendum, ad comunicandum et compromictendum, quietandum et remictendum, de calunia iurandum in anima predictarum dominarum et ad excusandum se ipsas, ipsarum dominarum et nomine dicti monasterii ab accusis et denuntiationibus factis et fatiendis dictis dominabus vel alicui ipsarum et dicto monasterio vel alicui pro dicto monaterio et dacendum fideiussionem et ad promictendum ipsos et quemlibet ipsorum conservandum indempnes sub dicta pena bonorum dicti monasterii, sententiam sive sententias audiendum, appellandum et prosequendum si opus fuerit, et generaliter ad omnia alia et singula fatienda et exercenda que in predictis, circa et extra predicta et quolibet predictorum necessaria vel utilia fuerint et dictis sindicis et procuratoribus facere et exercere videbuntur et placebit et que merita causarum requirunt solleniter promictentes predicta domia abbatissa et predicte sorores nomine et vice dicti monasterii et conventus eiusdem se se(!) ratum et firmum habere et tenere quidquid per predictos sindicos et procuratores vel alterum ipsorum factum et dictum fuerit in predictis circa et extra predicta et quolibet predictorum tum sub ypoteca et obligatione bonorum et rerum dicti monasterii volendo ipsos et quemlibet ipsorum reservare ab honere satidationis promiserunt mihi notario infrascripto pro eis quorum intererit sollenniter stipula(nti) de iuditio sisti et iudicatum solvendum.

Et ego Leva Boneiunte de Mathelica notarius predictis omnibus interfui rogatus supra scripta omnia subscripsi et publicavi.

 

1287.09.26: Procura per appello sui beni del signor Matteo

Nel nome di Dio. Amen. Nel suo anno 1287, indizione quindicesima, in tempo di sede romana vacante del pastore, il giorno 26 settembre, redatto a Matelica, nel monastero di Santa Maria Maddalena, mentre erano presenti mastro Percivalo un tempo da Cesena, Giovanno suo figlio e Ver(l)utio del signor Giacomo, come testimoni  richiesti ed a ciò chiamati. Quando si è riunito il capitolo del monastero di Santa Maria Maddalena del castello di Matelica, diocesi di Camerino,  donna Mattia badessa delle donne del detto monastero, con l’espresso consenso e la volontà di tutte le sue consorelle esistenti in detto monastero, cioè Agnese, Margarita, Isabetta, Cristina, Daniela, Lucia, Andrea, Cat(erina), Deutama, donna Cristiana, Jacobuccia, Giovanna, Mattiola, Vittoria, Isaia, (I)lluminata e delle altre monache e suore esistenti in detto monastero, e le stesse suore concordemente a voce unanime fecero, stabilirono ed ordinarono don Enrico da San Severino e frate Giacomuccio converso del detto monastero, come legittimi amministratori, sindaci e procuratori, attori e difensori e nunzi speciali loro e del detto monastero, per presentarsi per esse e a nome delle stesse e a nome e per conto del detto monastero e del suo convento, di fronte al venerabile padre don Rambotto vescovo di Camerino ed alla sua curia, di fronte al giudice spirituale della Marca per la Chiesa romana e di fronte ai giudici generali della detta Chiesa e temporali (cioè per beni materiali) e di fronte a qualsiasi altro giudice competente, in modo speciale e generale sia spirituale che temporale, per le cause, liti e questioni che le stesse donne e il loro monastero hanno o pensano avere con i Frati di Sant’Agostino, ad occasione dei beni del signor Matteo del signor Sinibaldo, con don Vitaliano di Albricuccio, ad occasione dei beni del detto signor Matteo e dei suoi procuratori in modo speciale e generale con tutti gli altri uomini e persone in ogni luogo con i quali la stessa donna badessa e le dette donne e il sopra detto monastero avessero lite e questione o ne avranno poi per qualunque causa, per agire e difendere, dare e ricevere il libello, ricevere un termine e porre termini, contestare la lite e le liti, giurare riguardo alla calunnia, introdurre testimoni, prove e strumenti, ascoltare i testimoni e le prove della parte avversa e rispondere , opporre eccezioni e repliche, per comunicare e far compromessi, far quietanza e remissione, giurare circa la calunnia sull’anima delle donne (monache) dette e a nome dello stesso monastero dalle accuse e denunce fatte e da fare alle dette donne e a qualcuna di esse e al detto monastero o a qualcuno per esso monastero, e a dare fideussione, a fare compromessi, a mantenerli sotto la già detta pena dei beni del monastero, ad ascoltare la sentenza o le sentenze, a fare appello e proseguire, se fosse necessario, e generalmente a dover fare ed esercitare tutte e singole le cose  che per quanto detto sopra, e fuori di ciò e qualsiasi cosa, saranno necessarie o utili come i detti amministratori e procuratori vedranno e vorranno e che sono richieste nel merito delle cause. La badessa e le suore prima dette a nome e per conto del detto monastero e del suo convento  promettono solennemente che considerano deciso e stabile e  mantengono tutto ciò che gli amministratori e procuratori, o uno di loro, faranno e diranno riguardo delle cose dette sopra ed a ciascuna di esse, sotto ipoteca e obbligazione dei beni e delle cose del detto monastero e vogliono che essi e ciascuno di essi sia esente dall’onere di soddisfare e promisero, a me notaio sottoscritto stipulante solennemente per esse e per quanti sono interessati, che si asterranno dal giudizio e che adempiranno le cose giudicate.

Ed io Leva Bonagiunta di Matelica, notaio, fui presente a tutte le cose predette e richiesto riguardo a tutte le cose scritte sottoscrissi e pubblicai.

 

1287 dicembre 10

Viene nominato il procuratore del monastero matelicese e della badessa di S.M.M. per una causa riguarante i beni di suor Francesca Bulgarelli.

 

In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem millesimo CCLXXXVII indictione XV romana Ecclesia pastore vacante die X intrentis decembris; actum in castro Mathelice in ecclesia Sancte Marie Madalene de Mathelica, Jacobutio Accursi Altemilie ma(gistro) . . . nallo . . .rfo(lin)o et fratre Vitale, testibus ad haec vocatis e t rogatis; congregato capitulo monesterii dominarum Sancte Marie Madalene de dicto castro, una cum expresso consensu et voluntate omnium suarum consororum et fratrium(!) et conversorum (in dicto) capitulo existentium, silicet Iustine, Agnese, (Margarite), Andree, Cataline, Deutame, Ysabet, Lucie, (Daniele), domine Crestine, Alluminate, et Iacubutie, Amadei, Philipputie, Agate, Scicil(i)e, Iustine, Guidutie, monalium dicti monesterii et conversorum et familiarium eiusdem monesterii et ominum aliarum monialium et sororum in dicto monesterio existentium et ipse sorores omnes et confratres supradicti monesterii unanimiter et concorditer fecerunt, constituerunt, ordinaverunt et creaverunt fratrem Iacobum domini Scamnis et fratre Iacobutium, conversos dicti monesterii, presentes, et Anibali (domini) Scangni de Cammereno(!) absentem earum et supra dicti monesterii sindicos legitimos, actores et defensores, procuratores et nunctios (spetiales) et quam melius de iure censeri possunt, ad representandum se, pro eis et eorum nomine et nomine et vice dicti monesterii et conventus eiusdem, coram reverendissimo viro et domino Ranbocto episcopo Camerinensi eiusque Curia et auditore et vicario ipsius dicti episcopi et genereliter coram quolibet alio iudice tam temporali quam spirituali in causa seu causis quam et quas dictum monesterium et ipse sorores habent et habere possent e habere sperant cum sorore Francesca filia condam domini Burgarelli vel cum eius procuratore, actore, factore et qualibet alia persona tam temporali quam spirituali, ad respondendum prefate Francess(c)e vel suo procuratori et omnibus aliis presonis temporaliter et spiritualiter coram supra venerabili patre domino Rambocto eiusque curia tam temporalibus quam spiritualibus tam ecclesiasticis quam seculariis, tam civilibus quam criminalibus, ad libellum dandum et recipiendum, termino seu terminis ponendum et recipiendum et ordinandum et prorogandum litem seu lites contestandum, de calumpnia respondendum seu de veritate dicendum, exceptionibus opponendum, positiones faciendum et positionibus adverse partis respondendum, testes et instrumenta et iura dicti monesterii introducendum, iuramenta adverse partis videndum, haudiendum et reprobandum si opus fuerit, protestandum, fatiendum, suffectos dandum . . . . /=sententiam/   seu sententias dandum, audiendum et recusandum, ad appellandum a quolibet alio gravamine ipsi monesterio illa(to) vel inferendo vel sibi sindico nomine dicti monesterii et ad (omnem) appellationem prosequendum et commictendum, impetrandum et contra(dicendum) et generaliter ad omnia alia fatiendum et singula ex(ercendum) que in predictis et circa predicta et quo(d)libet predictorum necessaria fuerint, oportuna et que merita causarum dessiderant et requirunt, et que ipsa domina abbatissa, capitulum et conventum ipsius et predicte sorores et conversi nomine dicti monesterii facere et exercere possent, sollepniter promictentes prefata abbadissa et predicte sorores et fratres nomine et vice ipsius monesterii et conventus eius, omne se ratum et firmum habere adque tenere quidquid per dictos sindicos vel procuratores factum fuerit de predictis et quolibet predictorum sub ypoteca et obligatione bonorum et rerum predicti monesterii.

Et ego Thomas Scangni notarius publicus predictis omnibus interfui ut supra legitur rogatus scripsi et publicavi.

 

1287.12.10: Procura per una vertenza sui beni di suora Francesca

Nel nome di Dio. Amen. Nel suo anno 1287, indizione quindicesima, quando la Chiesa romana era vacante del pastore, il giorno 10 del mese di dicembre entrante; redatto nel castello di Matelica nella chiesa di Santa Maria Maddalena di Matelica, alla presenza dei testimoni richiesti ed a ciò chiamati, Giacomuccio di Accursio Altemelie; mastro (Ra)nallo, (Pe)rfolino(?) e frate Vitale; dopo riunito il capitolo del monastero delle donne di Santa Maria Maddalena del detto castello, insieme con l’epresso consenso e con la volontà di tutte le sue consorelle e dei frati e dei conversi esistenti nel detto capitolo, cioè Giustina, Agnese, Margherita, Andrea, Catalina, Diotama, Isabetta, Lucia, Daniela, donna Cristina, (I)lluminata, Giacomuccia, Amedea, Filippuccia, Agata, Cecilia (Sicilia), Giustina, Guiduccia, monache del detto monastero ed i conversi e famigli del detto monastero e di tutte le altre monache e suore esistenti in detto monastero e le stesse sorelle tutte e frati del sopradetto monastero, in modo unanime e concorde, fecero, stabilirono, ordinarono e crearono i presenti frate Giacomo del Signor Scanno e frate Giacomuccio conversi del detto monastero, ed Annibale del signor Scanno da Camerino assente, come legittimi amministratori, attori e difensori, procuratori e nunzi speciali e come meglio si comprende secondo il diritto, per presentarsi per loro ed a loro nome e per conto del detto monastero al signor don Rambotto vescovo di Camerino ed alla sua curia e al vicario uditore dello stesso vescovo e in generale di fronte a qualunque altro giudice sia temporale che spirituale, nella causa o nelle cause che il detto monastero e le stesse suore hanno e pensano di avere con suora Francesca figlia del defunto signor Bulgarello o con il procuratore, attore, fattore di lei e qualunque altra personalità tanto temporale che spirituale, per rispondere alla predetta Francesca o al suo procuratore e a tutte le altre persone e cose temporali e spirituali, ecclesiastiche e secolari, civili e penali, a dare il libello e riceverlo, e stabilire il termine o le scadenze, a ricevere, ordinare e prorogare, a contestare la lite o le liti, a rispondere di calunnia o dover dire la verità, ad opporre eccezioni, far posizioni e rispondere alle posizioni della parte avversa, ad introdurre testimoni, documenti e diritti del detto monastero, ad udire i giuramenti della parte avversa e rifitare, se sarà necessario, a protestare, agire, dare le deliberazioni o sentenze, ascoltare e recusare, fare appello per ogni impegno gravoso dato o da dare al detto monastero o allo stesso amministratore a nome del detto monastero, ed a proseguire ogni appello, a dar commissione, richiedere, obiettare e generalmente a dover fare ed esercitare ogni altra e singola cosa che per le cose e sulle cose dette sopra e in ciascuna di esse sarà opportuna e che i meriti delle cause comportano e richiedono e che la stessa badessa e il capitolo e il convento dello stesso monastero e le dette suore e i conversi, a nome del detto monastero potrebbero fare ed esercitare.  La detta abbadessa, le dette suore e i frati a nome e per conto dello stesso monastero e del suo convento promettono solennemente che terranno deciso e stablito e manterranno qualunque cosa sarà fatta dal detto amministratore o procuratore riguardo a tutte e ciascuna delle cose dette prima, sotto l’ipoteca e l’obbligazione dei beni e delle cose del detto monastero.

Ed io Tomasso Scagni notaio pubblico fui presente alle cose dette prima e richiesto scrissi come si legge sopra e lo pubblicai.

 

1292 febbraio 2

In due atti notarili, il monastero matelicese con la badessa Mattia  fa  il pagamento  di un  muro  della chiesa di S.M.M. cedendo la proprietà di un terreno.

 

In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem MCCLXXXXII indictione V tempore domini Niccholai(!) papa quarti, die secunda mensis februarii; actum (in) castro Mathelice, in ecclesia Sancte Marie Madalene coram Benenutio (Sin)tardi, Entendi Salimbene Fulcarelli et Levutio Venture, testibus ad hoc vocatis et rogatis, Yuanus domini Scangni sindicus monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica nomine et vice ipsius monasterii et convenctus eiusdem, sindicario nomine eiusdem monasterii et convenctus de quo syndicatu mihi Bonaventure notario infrascripto plene constitit evidenti et occulata fide et presente, consensiente et volente domina Matthia abbatissa et convenctus dicti monasterii Sancte Marie Madalene per se in posterum suosque successores in dicto monasterio dedit et tradidit, cessit atque mandavit Petrono Rainaldi Bone pro se suisque heredibus sollempniter stipulanti iure proprio et ad proprium et in perpetuum, terram dicti monasterii positam in districtu Mathelice in loco qui dicitur Cretaiolum iusta hec latera, a primo ipse Petronus, a secundo L(e)v(o)nus Aiudi, a tertio uxor et filii Jacopelli d(e) (Fanti)linis et filii Jacobi Val(ent)ini, a quarto via; ad habendum, tenendum et possidendum (omne(?) et quicquid sibi et suis heredibus deinceps placuerit pepetuo faciendum cum omnibus et syngulis que infra predictos continentur confines vel alios si qui forent cum accessibus et egressibus suis usque in vias publicas et cum om(ni) iure (auctoritate) usu seu requisitione sibi et dicto monasterio et huic rei competenti et competitura pro eo quod dictus Petronus fecerat, muraverat unam cannam muri de cantis et de cementis bonam et sufficientem in fabbrica muri et ecclesie dicti monasterii valens quantum dicta terra valet et ultra, renuntians idem Yuanus sindicus in hoc facto exceptioni in eadem ecclesia non constructi dicti muri et excepti(oni) doli in factum . . . .tioni, condictioni sive causa et ex inniusta causa et deception(e) val. . .(oris) dimidium iusti precii et valoris dicte terre et omnibus aliis iuribus et exceptionibus et actionibus dicto monasterio competentibus et competituris in predictis et omni legum et iuris cannonicis auxilio quam rem idem syndicus nomine dicti Petroni constituit possidere donec eidem rei possessionem acceperit corporalem seuapprehendere quandocumque; in quam intrand(i) sua auctoritate quandocumque ei placuerit sibi licentiam et potestatem omnimodam contulit atque dedit absque alicuius iudicis vel rectoris licentia et auctoritate, lege vel statuta seu constitutione aliqua non obstante quibus dictus syndicus sponte re(nuptians); quam rem prefatus syndicus nomine et vice ipsius monasterii et conventus eiusdem per se suosque in posterum successores tam rei quam iuris eidem Petrono pro se suisque heredibus sollempniter stipulanti promisit et convenit nomine dicti monasterii semper perpetuo legict(ime) defendere, auctorizare atque disbri(g)are in quolibet foro, iudicio ecclesiastico et seculari et contra omne collegium, pesona(m) et universitatem, expensis, salariis et advocatis eiusdem monasterii ab initio litis usque ad finem cause sub pena dupli extimationis dicte rei pro tempore quo plus valuerit vel melliorat(a) fuerit vicissim inter eos et (versa) vice solempni stipulatione promissa et obligatione bonorum et rerum dicti monasterii nec contra predicta vel aliud predictorum per se vel alios aliquando facere vel venire aliqua ratione vel causa et omnia dampna et expensas ac interesse reficere; qua pena soluta vel non, predicta omnia et singula firma et rata semper nichilominus perseverent, etcetera.

Et ego Bonaventura magistri Benvenuti notarius publicus predictis omnibus interfui rogatus subscripsi et publicavi.

(Altro atto nella stessa pergamena, per lo stesso fatto, con  diversità fonetiche)

=1292 febbraio 2

 

In Dei nomine. Amen. Anno eiudem MCCLXXXXII indictione V tempore domini Niccholay(!) pape quarti et die secunda mensis februarii; actum in castro Mathelice in ecclesia monasterii Sancte Marie Madalene; coram Benvenuto Syntardi,  Entendi Salimbene Fulcarelli et Levutio Venture testibus ad hec vocatis et rogatis; domina Mathia abbatissa monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica, una cum consensu et voluntate sororum suarum, conversorum ac familiarium suorum, convocatis et congregatis de mandato dicte domine abbatisse in predicto monasterio scilicet Jacoba, Isabect, Daniela, Johanna, Victoria, Dietama, Philipputia, Barbara, Heugenia, Ysaia, Guidutia, Gratiadei, Agata, Cicilia, Iustina, Aurea et Aviadei et Tuttasanta et frater Guido et frater Salimbene et monialibus et conversis omnibus aliis in ipso monasterio existentibus in dicto monasterio ibidem presentibus dicti monasterii et ipse conventus totus, cum eorum concordia et voluntate atque consensu una cum prefata domina abbatissa fecerunt, constituerunt, creaverunt atque ordinaverunt Yuanum domini Scangni, presente et (in se) sponte subscipiente ipsorum et dicti monasterii et ecclesie legitimum syndicum yc(onomum) actorem, factorem, procuratorem et numptium specialem, specialiter ad dandum, tradendum et concedendum nomine dicti monasterii, ecclesie et conventus eiusdem Petrono Rainal(di) Bone, pro se et suis heredibus, terram dicti monasterii, ecclesie et conventus, positam in districtu Mathelice in loco qui dicitur Cretaiolum infra hec latera: a primo ipse Petronus; a secundo Levonus(?) Adiudi, a tertio uxor et filii Jacopelli de Fantolinis et filii Jacobi Valentini  et a quarto via, precio et nomine precii unius canne muri de cantis(!) bonis (et) cemento qu(od) idem Petronus fecerat et fieri fecit in fabbrica et mellioramento ecclesie dicti monasterii et ad quietandum dictum Petronum de dicta canna muri et legitimam defensionem faciendam et promictendum et (penam(?) promictendum et de (qua) pertica muri dictum monasterium indiget pro fabbrica muri dicte ecclesie; et bona et res ipsius monasterii obligand(um) pro defensione dicte terre et venditione ipsius nomine et vice prefati monasterii ecclesie et conventus eiusdem per se eiusque in posterum successores et generaliter ad omnia alia et singula faciendum et exercendum que in predictis et circa predicta et quo(d)libet predictorum fuerint necessaria et oportuna prom(ictent)es dicta domina abbatissa et ipse conventus totus sollempniter per se suosque in posterum successores in dicto monasterio ratum et firmum habere atque tenere et non contra facere vel venire . . . /=modo ali/quo in perpetuum aliqua ratione vel causa seu exceptione iuris vel facti sub pena per dictum syndicum promictendam et sub ypotheca et obbligatione bonorum (et) rerum eiusdem monasterii ecclesie et conventus, etcetera.

Et ego Bonaventura magistri Benvenuti notarius publicus predictis omnibus interfui et a predictis rogatus subscripsi et publicavi.

 

1292.02.02: Pagamento di un muro con un terreno

Nel nome di Dio. Amen. Nel suo anno 1292, indizione quinta, a tempo del papa Nicolò IV, il giorno due del mese di febbraio; redatto nel castello di Matelica, nella chiesa di Santa Maria Maddalena di fronte a Benvenuto di Sintardo, Entente di Salimbene Fulcarelli e Levuzio di Ventura come testimoni richiesti ed a ciò chiamati; donna Mattia badessa del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, con il consenso unanime e la volontà delle sue consorelle, dopo che erano state convocate e riunite su ordine della stessa badessa nel detto monastero, cioè Giacoma, Isabetta, Daniela, Giovanna, Vittoria, Diotama, Filippuccia, Barbara, Eugenia, Isaia, Guiduccia, Graziadea, Agata, Cecilia, Giustina, Aurea, Aviadea e Tuttasanta e frate Guido e frate Salimbene e tutti gli altri conversi e monache esistenti nel detto monastero e tutti i presenti ivi del convento di esso monastero, con volontà, concordia e consenso unanime insieme con la predetta donna badessa nominarono, stabilirono, crearono ed ordinarono come legittimo amministratore loro, della chiesa e del detto monastero, agente, fattore, procuratore e nunzio speciale, Ivano del signor Scagno, presente e spontaneamente accettante, per dare, consegnare e concedere, a nome del detto monastero e del suo convento, a Petrono di Rinaldo Bone, per sé e suoi eredi, la terra del detto monastero, della chiesa e del convento, posta nel distretto di Matelica, in località detta Cretaiolo entro i seguenti confini: primo lato lo stesso Petrono; secondo lato Levono (?) di Aiudo; terzo lato la moglie, i figli di Giacomello de Fantolini e i figli di Giacomo di Valentino, quarto lato la via; terreno da avere, tenere e possedere come a lui e poi ai suoi successori piacerà farne in perpetuo con tutte e singole le cose che sono contenute entro i detti ed altri confini, con accesso e uscite propri fino alla via pubblica e con ogni diritto, potere, uso o requisizione che spettasse o spetterà al monastero riguardo a queste cose. E ciò a motivo del fatto che il detto Petrono aveva fatto la muratura di una canna (=misura) di muro con canne e cemento di buona e sufficiente edilizia, muro fabbricato per la chiesa del detto monastero, valutato di valore quanto il detto terreno e più. L’amministratore Ivano in ciò rinuncia ad ogni eccezione di inganno, condizione di causa giusta o ingiusta, calcolo a metà del giusto valore e prezzo di detta terra ed a tutti gli altri diritti ed (e)ccezioni ed azioni che competono o competeranno al detto monastero ed ogni ausilio di leggi e norme canoniche riguardo alla costruzione del detto muro nella detta chiesa. L’amministratore conservò la tenuta di questa cosa a nome del detto Petrono, fino a quando egli non ne prenderà il possesso corporale e la tenuta in qualunque modo. Gli diede licenza e pieno potere rinunciando spontaneamente a qualsiasi norma, legge o costituzione di qualsiasi giudice o rettore e fece ciò a nome e per conto dello stesso monastero e del suo convento, per sé e per i successori. E promise con solenne stipula e fece convenzione a nome del detto monastero con Petrono per sè e per i suoi successori, riguardo alla cosa e al diritto di difendere, risolvere presso qualsiasi tribunale ecclesiastico o secolare, contro ogni gruppo o persona o comunità, quanto sopra, inoltre di rifondere le spese, i salari e gli avvocati dall’inizio alla conclusione della vertenza, sotto pena del doppio dell’estimo di detta cosa, con il valore che avrà nel tempo, se sarà migliorata. E con solenne stipula, tra di loro scambievolmente, promisero di non agire contro, né venire in contrasto per alcuna ragione e causa, sotto promessa ed obbligazione dei beni e delle cose del detto convento e ripagare i danni, le spese e gli interessi. Tutte e singole le cose dette prima resteranno decise e stabili, pagandosi o non pagandosi la penalità, comunque sia, restano. Eccetera.

Io Bonaventura di Mastro Benvenuto notaio pubblico fui presente a tutto quanto sopra e, richiesto, sottoscrissi e pubblicai.

 

1301 marzo 24

Viene nominato il procuratore del monastero matelicese e della badessa Mattia  di S.M.M. per incassare il pagamento di un prato, venduto al comune di Matelica.

 

In Dei nomine. Amen.  Anno Domini MCCCI indictione XIIII, tempore domini Bonifatii pape VIII die XIIII martii, in terra  adtum Mahtelice in monesterio Sancte Marie Madalene, presentibus dompno Htomaxio (!) capellano ecclesie Sancte Marie de Cerreto, Guarinutio Coradi Guidarelli, conventu so(pra)dicti m(one)sterii, testibus deputatis vocatis; domina Mahtia abadissa monesterii Sante Marie Madalene, una cum sorore sua Isabetta, Gratiadee, Mahtiole,  Eugenie, Bartolomea, Datadeo, Ma(n)sueta, Simonetta, Vittoria, Felipputia, Gera, Agatte, Deutame, Lucia, Angelica, Cicilia, Isaia, Clarella, Margarita, Daniella, sorores et monace ipsius monestereii(!) et conventus dicti monestereii totum (!) ad sonum campane congregatum, ut moris est, nemine disscordante, ipsa domina abadissa, de licentia et voluntatem diciti(!) conventus et una cum eis, fecit, costituit et ordinavit fratrem Jacopoputium(!) conversum su(pra)dicti monesterii, suum et dicti monesterii verum, legitimum sindicum, actorem, factorem et nu(n)tium spetialem ad acipiendum et recipiendum a cammerario communis Mahtelice, sive a sindico dicti communis qui nunc est et in futurum erit et a Buto Tomaxii sive a qualibet persona qui eset poxitum super predittis, totam quantitatem pecunie sive bladii quod vel quam monesterium supradittum Sante Marie Madalene abere debet a commune Mahtelice vel ab interpoxita persona promi(ss)ione pro dicto commune, ad accipiendum dictam quantitatem pecunie sive bladii totam vel partem et ad quietandum remittendum et ad solvere cammerarium sive sindicum dicti communis et Butum Tomaxi et omnes alias personas que fuerint quietande et ad solvere de predict(o) commune de totum quod ipse frater Jacoputius sindicus dicti monesterii receperit et in omni eo quod per eum fuerit rep(er)tum, nomine et vice ditti monesterii et conventus eiusdem; promicte(n)s dicta domina Mahtia abadissa et conven(tus) totu(s) dicti monestrerii nemine discordante quid(quid) per dictum sindicum factum, dittum, quietare missum, operatum et factum fuerit in predittis omni ca(usa) preditta et colibet predittorum, ratum senper perpetuo abere et tenere et in alico punto nec capitulo contra facere vel venire sub pena et obligatio(ne) bonorum et rerum dicti monesterii et ipsius conventi quam (penam) totiens dare et solvere promisit et convenit, cotiens fuerit contrafattum vel etiam contraventum et danna et suntus reficere sindicum.

Et ego Ventura Massei notarius plubicus iis omnibus interfui de predittis roga(tus) scribere scripsi et plubicavi.

 

1301.03.24: Procura a riscuotere un credito

Nel nome dei Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1301, indizione quattordicesima, al tempo del papa Bonifacio VIII, il giorno 24 marzo, redatto a Matelica nel monastero di Santa Maria Maddalena, alla presenza di Tomassio cappellano della chiesa di Santa Maria di Cerreto, Guarinuccio di Corrado Guidarelli, con il convento del sopradetto monastero, come testimoni richiesti e chiamati; donna Mattia badessa del monastero di Santa Maria Maddalena insieme con le suore Isabetta, Graziadea, Mattiola, Eugenia, Bartolomea, Datadeo, Mansueta, Simonetta, Vittoria, Filippuccia, Gera, Agata, Diotama, Lucia, Angelica, Cecilia, Isaia, Clavella, Margherita, Daniela, suore e monache dello stesso monastero e del convento del detto monastero, dopo che al suono della campana, come d’uso, si erano riunite, senza  alcuna discordanza, la stessa badessa con la licenza ed il consenso del detto convento ed insieme con loro, stabilì ed ordinò frate Giacomuccio della comunità del sopradetto monastero come amministratore vero e legittimo, agente, fattore e nunzio speciale del convento di esso monastero e dello stesso monastero, per ricevere  e prendere dal camerario (cassiere) del comune di Matelica o dall’amministratore del detto comune che è, e sarà in carica, e da Buto di Tomassio o da qualsiasi altra persona che è posta sopra ai predetti,  tutta la somma di denaro o di generi che il detto monastero di Santa Maria Maddalena deve avere dal comune di Matelica o da interposta persona, per la promessa per il detto comune, a prendere la detta somma di denaro o di generi, tutta o in parte, ed a rilasciare quietanza, remissione e ad assolvere  il camerario o l’amministratore e  Buto di Tomassio e tutte le altre persone che dovranno ricevere quietanza per il pagamento da parte del predetto comune, di tutto quello che lo stesso frate Giacomuccio amministratore del detto monastero riceverà e in ogni cosa che per mezzo di lui sarà trovata, a nome e per conto del detto monastero e del suo convento. La predetta donna Mattia badessa insieme con tutto il convento del detto monastero, promette di considerare deciso per sempre in perpetuo e di mantenere tutto ciò che viene fatto, detto, messo, quietanzato, operato e realizzato da parte del detto amministratore nelle cose dette sopra ed in ciascuna di esse, e di non contrastare o mettersi contro ad esse in alcun punto o capitolo, sotto penalità ed obbligazione dei beni e delle cose del detto monastero e del suo convento. Promise e accordò che avrebbe dato e pagato questa penalità tutte le volte che avessero agito contro o anche contravvenuto, e avrebbe ripagato l’amministratore, i danni e le spese.

Ed io Ventura Massei notaio pubblico fui presente a tutto ciò e, richiesto di scrivere, scrissi e pubblicai.

 

1311 gennaio 29

Vengono nominati i procuratori del monastero matelicese e della badessa Mattia  di S.M.M. per fare appello contro un precetto del vescovo di Camerino.

 

In Dei nomine. Amen. Anno Domini MCCCXI indictione VIIII tempore domini Clementis pape quinti, die XXVIIII mensis ianuarii; actum in ecclesia monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica, camerinensis diecesis, presentibus Nutio Nalli domine Savie; Francisco et Nutio Salimben(e) Atti de Monte Milone et nunc habitatoris terre Mathelice, testibus de hiis omnibus rogatis et vicatis. Nobilis mulier et domina domina (!) Mathia abbatissa monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica, camerinensis diecesis, una cum Francesca, Mathiola, domina Al(c)egrima(!), Barbara, Philipputia, Cecilia, Eugenia, Tuctasanta, Isaia, Manfredutia, Gera, Agatha, Marta, Lucia, Thomassutia, Sperandeo, Rosa, Zutia, Mita, Annese, Angelica, et Iacobutia, Bartholomea, monialibus ipsius monasterii ad sonum campane, mandato ipsius domine abbatisse in ecclesia ipsius monasterii, more solito, congregatis; et ipse moniales omnes, earum nemine discordante, una cum ipsa domina abbatissa ad invicem auctorante(!) fecerunt, constituerunt, creaverunt ac etiam legitime ordinaverunt nobilem virum Guarinutium Guarini de Mathelica et fratrem Jacobutium conversum dicti monasterii absentes, tamquam presentes, et quemlibet eorum in solidum, ita quod non sit melior condictio occupantis et quod unus ipsorum inceperit, alter possit readsummere(!), prosequi et finire, earum et dicti monasterii suos vero et legitimos sindicos, procuratores, actores et factores et nuntios spetiales vel si quo alio nomine de iure melius, et censeri possunt ad representandum se pro ipsis et ipsarum nomine coram venerabili patre et domino domino Berardo camerinensi episcopo et appellationem . . . . eundum et ad appellandum a litteris eis trasmissis et preceptis nuper factis per dictum dominum episcopum seu ipsius offitiales, aut per alterum ipsorum quocumque modo vel causa, ad sanctissimum patrem et dominum nostrum summum pontificem seu ad alium ipsius vicem habentem, seu etiam ad quemcumque alium in curia romana iurisdictionem habentem et ad dictam appellationem prosequendum, ad libellum dandum et recipiendum, litem contestandum de calupnia seu de veritate in ipsarum anima iurandum, exceptiones opponendum, replicandum . . . .  et reduplicandum si opus fuerit, iudices eligendum, vel albitros . . . .  escusandum suspectos dandum, ponendum et respondendum, testes, istrumenta, alias probationes legitimas inducendum, testes partis adverse iurare videndum, opponendum contra testes et dicta reprobandum et ad fatiendum ipsos deponere et ad videndum ipsorum testium apertura, copiam actorum recipiendum et concludendum in causa et ad unum procuratorem vel plures  istituendum, nomine ipsarum dominarum et dicti monasterii et generaliter, spetialiter et  particulariter ad omnia et singula fatiendum et exercendum que in predictis et quolibet predictorum extiterint necessaria et oportuna et que ipse facere et exercere possent, si personaliter addessent, et que merita causarum exigunt et requirunt; promictentes se ratum  et firmum perpetuis temporibus habituras quicquid per dictos (syn)dicos seu alteri ipsorum vel substituendum ab ipsis, factum et gestum fuerit in predictis et quolibet predictorum, sub ypoteca et obligatione bonorum dicti monasterii et ipsos et quemlibet ipsorum seu substituendum ab ipsis relevare ab omni honere satisdationis de iudictio sisti et iudicato solvendo. Qua pena soluta vel non, predicta rata et firma permaneant.

Et ego Nallus Zoni notarius publicus supradictis omnibus interfui et rogatus scripsi et publicavi meique singni munimine roboravi.

 

1311.01.29: Procura per fare appello contro un precetto vescovile

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1311, indizione ottava, al tempo del papa Clemente V il giorno 29 del mese di gennaio, redatto nella chiesa del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, diocesi di Camerino, alla presenza di Nuzio Nalli di donna Savia, Francesco e (M)uzio di Salimbene Atti da Monte Milone abitante ora della terra di Matelica, come testimoni richiesti, a tutto ciò chiamati; la nobile signora  Mattia badessa del monastero di Santa Maria Maddalena di Matelica, diocesi di Camerino, insieme con Francesca, Mattiola, donna Al(t)egrima, Barbara, Filippuccia, Cecilia, Eugenia, Tuttasanta, Isaia, Manfreduccia, Gera, Agata, Marta, Lucia, Tomassuccia, Sperandea, Rosa, Zutia, Mita, Agnese, Angelica e Giacomuccia, Bartolomea, monache dello stesso monastero, dopo che per ordine della stessa badessa si erano riunite nella chiesa dello stesso monastero, al modo solito, tutte le dette monache, senza alcuna dissensiente, insieme con la stessa donna badessa e reciprocamente stabilirono, decisero, crearono ed ordinarono legalmente il nobil’uomo Guarinuccio di Guarino di Matelica e frate Giacomuccio converso del detto monastero, assenti, come fossero presenti, e ciascuno di loro in solido, di modo che non sia migliore la condizione di uno che è agente rispetto a quella di uno che non lo è, e tutto quello che uno di essi ha cominciato, l’altro possa prenderlo, proseguirlo e finirlo nella qualità di legittimi amministratori, procuratori, agenti, fattori e nunzi speciali, o con qualsiasi altro nome si può meglio esprimere e pensare giuridicamente, per presentarsi a posto di loro stesse, a nome loro, di fronte al venerabile padre e signore don Berardo vescovo di Camerino ed esprimere l’appello e appellare riguardo alla lettera loro trasmessa e agli ordini fatti da parte del detto vescovo di Camerino o dei suoi officiali o da alcuno di essi, in qualunque modo o causa, presso il santo padre, signor nostro sommo pontefice o ad altra persona che fa le sue veci, o presso chiunque altro abbia giurisdizione della curia romana, inoltre a proseguire il detto appello, a dare il libello e riceverlo, a contestare la lite sulla calunnia o sulla verità, a giurare sulla loro anima, ad opporre eccezioni, a replicare e controreplicare, se necessario, ad eleggere i giudici od arbitri, a escusare, a porre sospetti, a introdurre i testimoni, i documenti, le altre prove legali, a veder giurare i testimoni della parte avversa, a contrapporsi ai testimoni, a rifiutare le cose dette ed a farli deporre e a vedere l’apertura dei testimoni, ricevere la copia degli atti e concludere nella causa ed a stabilire uno o più procuratori a nome delle stesse donne e del detto monastero, e in generale a fare ed esercitare tutte quelle cose che riguardo a ciascuna delle cose dette sopra, risulteranno necessarie ed opportune e che loro stesse potrebbero fare ed esercitare se fossero presenti direttamente, cose che i meriti delle cause richiedono ed esigono. Promettono che considereranno stabilito e decisto per tutti i tempi tutto ciò che viene fatto e gestito da parte degli stessi amministratori o di uno di loro o di un loro sostituto, riguardo a ciascuna delle cose dette sopra, sotto l’ipoteca e l’obbligazione dei beni del detto monastero. Inoltre liberano questi amministratori e i loro sostituti da ogni onore di soddisfare, senza procedere in giudizio, attenendosi al giudicato. Le cose dette prima, pagata o non pagata la penalità, restino decise e stabili.

Ed io Nallo Zoni notaio pubblico fui presente a tutte le cose dette sopra e, richiesto di scrivere, scrissi e pubblicai e rafforzai con il mettere il mio sigillo.

 

1312 luglio 8

La badessa Mattia del monastero S.M.M. riceve quietanza per aver pagato In ogni miglior modo l’acquisto di una campana da rifondere.

 

In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem MCCCXII (indictione X, tempore) domini Clementis Pape V die VIII mensis iulii. Actum Mathelice in ecclesia monesterii Sancte Marie Madalene, presentibus Iohannutio Simonicti et Acto Junte de Fab(riano) testibus ad hoc rogatis et vocatis; dompnus Pace Mathioli de Mathelica  tamquam procurator et legitime ad hoc constitutus a domino Jacobo Biccerii cappellano et rectore ecclesie Sancti Salvatoris Valle Acorani disstrictus Mathelice, nomine et vice dicti domini Jacobi fuit confessus et contentus habuisse et recepisse a domina Mathia abbatissa supradicti monesterii dante et solvente pro dicto monesterio et conventu pro pretio et nomine pretii LX libbras metalli unius campane fracte C.  s(olidos) ravennates et anconetanas, renuntians exceptio(ni) non habitos et non receptos dictos denarios et omni legum auxilio promictens dictam quantitatem ulterius non petere nec peti facere se(cus) si ex aliqua ratione vel causa pro se vel pro aliqua persona, dicto monesterio aliqua lix neque questio oriretur, promixit nomine dicti domini Jacobi, a principio litis usque ad finem cause legitime defendere omnibus suis sumptibus et expensis et de dicta quantitatem fecit finem, quietationem et assolutionem omni modo et iure quibus melius dici potest et promixit firmum et ratum haec omnia suprascripta et non venire contra sub pena XXV librarum ravennatum.

Et ego Franciscus magistre Mathi(!) de Mathelica notarius publicus predictis omnibus interfui et rogatus subscripsi et publicavi.

 

1312.07.08: Pagamento di una campana

Nel nome del Signore. Amen. Nel suo anno 1312 indizione decima a tempo del papa Clemente V, il giorno 8 del mese di luglio; redatto a Matelica nella chiesa del monastero di Santa Maria Maddalena, alla presenza di Giovannuccio di Simonetto e di Attone di Giunta da Fabriano come testimoni richiesti a ciò chiamati; il Signor Pace di Mattiolo da Matelica come procuratore legittimamente stabilito a questo, da don Giacomo di Biccerio cappellano e rettore della chiesa di San Salvatore di Valle Ancorano, distretto di Matelica, a nome e per conto del detto don Giacomo dichiarò e fu soddisfatto di aver avuto e ricevuto dalla abbadessa del sopraddetto monastero, donna Mattia che dà e paga per il detto monastero e convento come prezzo e per conto del prezzo di sessanta libbre del metallo di una campana rotta, la somma di cento soldi ravennati e anconetani, con  rinuncia all’eccezione del denaro non avuto o non ricevuto e a ogni ausilio delle leggi, prometendo di non chiedere ulteriormente né di far chiedere la detta somma. Nonostante qualsiasi ragione o causa per sè o per altra persona, affinché non sorgesse alcuna lite o questione al detto monastero, promise, a nome del detto don Giacomo, di difendere legalmente dall’inizio della lite fino alla fine della causa, a sue spese e fece quietanza finale e assolutoria per ogni modo e diritto come meglio si può dire. Promise di tenere decise e stabilite tutte queste cose scritte sopra e di non contrastarle sotto penalità di 25 libbre ravennati.

Ed io Francesco di mastro Matt(e)o da Matelica notaio pubblico fui presente a tutte le cose sopradette e richiestone sottoscrissi e pubblicai.

 

<Durante la digitazione la dettatura di questo testo è stata insicura>

 

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TRADUZIONE DELLE PERGAMENE DI MATELICA RIGUARDANTI LA BEATA MATTIA

PERGAMENE DEL MONASTERO DI MATELICA  ELENCO E TRADUZIONI  anni 1227- 1399

Carlo Tomassini e digitazione di Vesprini Albino

Nei“Quaderni dell’Archivio storico arcivescovile di Femo” anno 1998  n. 26 abbiamo dato informazione di alcune pergamene del monastero matelicese di S. Maria Maddalena (=S. M. M.). Ecco l’elenco  e le traduzioni di quelle avute in foto da P. Picciafuoco U. dall’anno 1325 al 1399

 

1227 settembre 12 Ricevuta di dote matrimoniale di Susanna

 

1233 aprile 11 Nuova costruzione nel monastero. Indulgenza del vescovo.

 

1233 settembre 9 Donazione di Alberico Finaguerra e della dote di Usularia.

 

1233 settembre 9 Donazione di Buon Frate all’abbadessa Beatrice e al monastero di Cupo Romano.

 

1237 gennaio 11 Consacrazione di donna Rosa nel monastero di S. Maria Maddalena.

 

1237 aprile 20 Accordo per i beni monastici di donna Rosa dall’eredità del padre Ranno.

 

1237 maggio  Donna Rosa fa rivalsa per l’eredità paterna e materna.

 

1237 settembre 2 Il notaio Benincasa vende un terreno ad Attone Petri.

 

1238 maggio 27 Benentenni del fu Bonasera permuta una casa con di Attone Petri.

 

1243 giugno 29 Giovanni di Pietro Sassolini e la moglie Letizia saldano ogni debito residuo a Venuto  di Berta Rigi.

 

1243 settembre 12 Patto di non far pace se non insieme tra Giovanni Finaguerra e Rainaldo contro Benvenuto.

 

1247 marzo 9 Spartizione di molini e diritti tra Attone e Lazzarello.

 

1247 maggio 23 Vendita di terra e molino da Giacomo di Valentino a Ugolino Albrici.

 

1247 ottobre 10 Accordo fra Ventura Carelli e Giovanni di Pietro per una tunica.

 

1254 febbraio 27 Vendita di vari terreni di Matteo ed Agnese a Iacopo Tertii.

 

1254 ottobre 20 Professione di donna Crescimbene al monastero di S. M. M.

 

1254 ottobre 28 Professione di Bartolo del fu Attone Tornaguerra religioso a S.M. M.

 

1256 dicembre 23  Le persone di S. Francesco di Acquaviva si donanoa  S. M. M.

 

1257 gennaio 25Guglielmo vescovo Camerinese aggiudica i beni di S. Francesco a S. M. M.

 

1258 ottobre 24 Annuncio del banditore comunale.

 

1268 maggio 15 Vendita di maestro Filippo Bonaventura a Rainuccio Attoni.

 

1270 dicembre 31 Guido vescovo di Camerino fa costruire a distanza da S. M. M.

 

1271 giugno 2 Testamento di Rainaldo di Gualtiero.

 

1271 giugno 16  Testamento di Rainalduccio del fu Rainaldo con legati pii.

 

1271 luglio 3 Promessa di esecuzione testamentaria.

 

1271 luglio 30 Pietro di Giacomo e Napolione Ranieri danno terra per costruire un monastero.

 

1271 agosto 10 Oblazione religiosa della giovane Mattia a S. M. M.

 

1271 settembre 14 Guido vescovo di Camerino fa trasferire il monastero di S. Agata.

 

1271 dicembre 8 Consegna di citazione vescovile.

 

1272 giugno 1 Fra Andrea viene nominato procuratore generale del monastero di S. Maria

Maddalena per la soluzione di vertenze.

 

1272 aprile 19 Venutula del fu Vitale dona sé stessa e i suoi beni al monastero di S. M. M.

 

1273 aprile 21 Indulto per offerte al monastero per la costruzione di una cisterna.

 

1274  (1273?)  aprile 19 Richiesta all’abbadessa di S. M. M. da parte di Frate Rainaldo per poter vivere monasticamente sul monte Gembo.

 

1274 agosto 18 Consegna di lettera del vicario pontificio.

 

1274 settembre 15 Lettera del vicario pontificio per la posa della prima pietra del nuovo convento di S. Agata.

 

1274 ottobre 7 Il vescovo Arnolfo di Numana concede indulgenza ai benefattori del convento di S. Agata.

 

1275 febbraio 11 Divieto di costruire nelle vicinanze del monastero di S. Maria Maddalena riconfermato dal vicario generale del Papa mastro Bernardo.

 

1277 maggio 30 Vitaliano Albrici vende a Fantesimo Rainaldo un terreno.

 

1278 febbraio 16 Oblazione di Alluminata e  suore di S. Agata al monastero di S. M. M.

 

1278 marzo 7 Oblazione di religiose del monastero di S. Agata al monastero di S. M. M.

 

1278 luglio 17 Il sostituto del vescovo di Camerino vieta, sotto pena di scomunica, alle badesse dei monasteri di S. Agata e S. Maria Maddalena di procedere alla unione.

 

1278 luglio 17 Appello contro il precetto del sostituto del vescovo di Camerino.

 

1278 luglio 22 Accoglimento dell’appello presentato dai monasteri di S. Agata e S. Maria Maddalena al sostituto del vescovo di Camerino.

 

1278  Donna Billa dona i suoi beni al monastero di S. Maria Maddalena.

 

1278 ottobre 16 Vitaliano Albrici vende un terreno ad Andriolo Iacobi Sinibaldi.

 

1278 dicembre 2 Dote residua dovuta da Angeluccia del monastero di S. M. M.

 

1279 luglio 3 Donna Ricca dona una dote al monastero di S. M. M.

 

1280 settembre 4 Procura a Girardo Mattei di Matelica nella causa contro Mardonio Giacobelli ed altri  presso il giudice generale della Marca.

 

1282 luglio 14 Lettera di Guido di Villanova cappellano e nunzio papale.

 

1282 luglio 30 Colletta per spese dl nunzio papale.

 

1283 febbraio 1 Citazione fatta da Rainerio di Montefiascone a Napolione Rainieri.

 

1283 febbraio 2 Citazione a testimoniare dinanzi al giudice generale della Marca.

 

1283 febbraio 10 Convenzione per i molini.

 

1283 dicembre 4 Convenzione per un vallato dei molini.

 

1284 marzo 13 Testamento di donna Ventura con legati pii.

 

1284 giugno 10 Procuratore monastico il converso Fra Giacomo da Colle Stefano.

 

1284 luglio 11 Lettera del vicario pontificio della Marca.

 

1285 agosto 21 Procura per comporre una lite.

 

1286 febbraio 28 Indulto del vescovo di Camerino.

 

1286 settembre 12 Procura per una vertenza e autorizzazione a contrarre un mutuo.

 

1286 settembre 13 Indulto del vescovo di Camerino.

 

1286 novembre 14 Delibera del comune di Matelica sulla occupazione di suolo pubblico.

 

1286 novembre 20 Procura per dilazionare alcuni pagamenti.

 

1287 aprile 19 Ordinanza del giudice della Marca.

 

1287 aprile 27 Il balivo del giudice della Marca notifica l’ordinanza del 19 aprile.

 

1287 settembre 26 Procura per vertenza con i Frati di S. Agostino.

 

1287 dicembre 10 Procura per vertenza col vescovo di Camerino.

 

1288 ottobre 22 Il giudice comunale Bonaccorso da Montecchio ordina il completamento di una porta del monastero di S. M. M.  a Iagnino di mastro Percivalle della Romandiola.

 

1289 aprile 18  Giovanni Corradi giudice ordina a Iagnino di ultimare la porta di S. M. M.

 

1290 febbraio 23  Nicolò IV incarica il vescovo di Pesaro di dirimere una vertenza tra l’abate De Rotis ed il monastero di S. M. M.

 

1290 agosto 30 e settembre 8 e 11 Udienza giudiziaria.

 

1290 settembre 21, 26, 28 e ott. 5 Udienza giudiziaria per  le monache di Fano.

 

1290 settembre 26  Il procuratore Lonardello presenta una richiesta al giudice.

 

1290 settembre 28 Accursio vescovo di Pesaro dichiara contumace Offreduccio di Tomasso di Matelica procuratore del monastero di S. M. M.

 

1290 ottobre 2 Don Matteo rettore di S. Donato dichiara avvenuta l’assegnazione dei beni al monastero di Fano secondo la sentenza del 28 settembre.

 

1290 ottobre 5 Don Matteo dichiara eseguita la sentenza del vescovo di Pesaro.

 

1290 ottobre 7 Appello al papa Nicolò IV da parte del monastero di S. M. M.

 

1291 settembre 27 e 29 Il vicario papale ordina al monastero di Matelica di desistere dal  turbare il possesso delle terre assegnate al monastero di Fano.

 

1291 settembre 29 Notifica dell’ordinanza del vicario papale al monastero di S. M. M.

 

1292 febbraio 2 (1° atto) Il monastero cede a Petrono Rainaldi Bone un terreno.

 

1292 febbraio 2  (2° atto) Il monastero cede a Petrono Rainaldi in terreno.

 

1293 novembre 5 Benencasa di Pietro Brunelli fa ricevuta a Venuto di Venuto Beni della dote di Margherita di Venuto sposa di Benencasa.

 

1300 ottobre 27 Testamento di Benentendi del fu Accurimbona di Atto Simoni.

 

1301 marzo 24  Fra Iacopuccio procuratore di S. M. M. per la riscossione di somme.

 

1311 gennaio 29 Procura per appello al papa.

 

1312 luglio 8 Quietanza di pagamento per il prezzo di una campana.

 

1325 ottobre 20   (1° atto)  Donna Allorita fa oblazione monastica.

 

1325 ottobre 20  (2° atto) Donna Allorita fa oblazione monastica.

 

1331 febbraio 28 Affitto di molini.

 

1332 giugno 15 Il generale degli Eremitani concede indulgenze al monastero  di  S. M. M.

 

1335 aprile 17 Procura conferita a mastro Andreuccio Corraduzi di Osimo.

 

1335 settembre 14 Il monastero di S. M. M. vende un terreno a frate Guido converso.

 

1336 agosto 26 Nomina di un sostituto rappresentante del monastero di S. M. M.

 

1345 febbraio 19 – 26 Comparsa in giudizio.

 

1348 agosto 4 Testamento di Lucetta Ranucci.

 

1348    (inizio mancante)  Esecuzione del testamento di Nallo.

 

1348  (data mancante) Posizione giudiziaria di Lippi e convocazione dei testimoni.

 

1352 aprile 15 Il monastero di S. M. M. effettua vendite per il pagamento di debiti.

 

1355 ottobre 18 Lucio Ugolini di Matelica vende un terreno a Matteo detto  Funario.

 

1363 marzo 6 Il monastero di S. Angelo vende un terreno  a Cola Cagni Martini.

 

1363 maggio 24 Il vicario generale degli Eremitani concede indulgenza a S. M. M.

 

1367 gennaio 14 Vendita di casa con orto.

 

1375 giugno 21 Donazione di terreno con vigna al monastero di S. Maria Maddalena fatta da Mattiolo Petri Massarie da Matelica.

 

1375 luglio 15 Consegna di una lettera del 4 luglio 1375.

 

1375 luglio 17 Nomina procuratore del monastero di S. Maria Maddalena.

 

1376 maggio 10 Donazione fatta da Vannetta Gualtieri Atti Ricci da Matelica.

 

1387 febbraio 25 Il giudice autorizza il monastero alla donazione di Vannetta.

 

1380 aprile 30 Donna Catarina del fu Bindo Petri permuta terreno con Pacia Andreucci.

 

1383 agosto 28 Donazione fatta da Bartolomeo Pucci Venturelli da Matelica.

 

1383 settembre 2 Copia del testamento di Angelo Cicchi Levi.

 

1391 settembre 25 Donazione di Venanzo Rafini  all’amministratore del di S. M. M.

 

1391 settembre 28 Esecuzione del testamento di Bitto Ruffini da Matelica.

 

1399 novembre 24 Testamento di Andrea Lippi Attucci da Matelica.

 

 

 

 

1227 settembre 12 a Matelica.

Nel nome di Dio. Amen. Nel suo anno 1227 indizione xv giorno dodici del mese di settembre (entrante) e tempo dell’Imperatore Federico II imperatore dei romani. Redatto nel castello di Matelica davanti alla casa di Tertio Erri, alla presenza di Angelo Attoni, Monaldo Massei, Accurrimbona Bracconi e Ugolino Viviani, testimoni chiamati. Andrea, figlio del fu Rainaldo da Clugiano dichiarò e fu soddisfatto di avere veramente ricevuto 30 libre che ricevette da Tertio Erri come dote di sua figlia Susanna moglie del predetto rinunciando a qualsiasi cavillo giuridico di contestazione del ricevuto. Lo stesso Andrea impegnò sé e gli eredi al patto che era obbligo restituire tale somma qualora il matrimonio si venisse a sciogliere per la morte o per il divorzio tra lui e Susanna a condizione che non fossero la loro nati figli giunti ad essere venticinquenni (s’intende maggiorenni) e ciò sotto penalità, in caso di inadempienza di pagare il doppio della dote e tutte le spese di lite. Notaio imperiale Pietro Albrici.

 

1233 aprile 11 a Matelica

Filippo vescovo di Camerino per grazia di Dio, rivolge il saluto nel Signore a tutti i fedeli cristiani del clero e del laicato stabiliti nella Diocesi di Camerino. Come disse l’Apostolo: tutti staremo davanti al tribunale di Cristo e riceveremo secondo come abbiamo agito nella vita corporale o in bene o in male. Pertanto dobbiamo prevenire il giorno dell’eterno giudizio con opere di misericordia e con il pensiero delle realtà eterne, dobbiamo seminare nella vita terrena quel che potremo raccogliere in cielo con frutto moltiplicato dal Signore che ce lo renderà. Teniamo con fiducia la ferma speranza che se chi poco semina mieterà pure poco, chi semina nel ben dire e ben fare mieterà pure la vita eterna. Dato che l’abbadessa, diletta in Cristo, e le consorella esistenti presso il castello di Matelica sopra la piana dell’Isola adiacente al fiume Gino, hanno cominciato lodevolmente a costruire il nuovo monastero e la chiesina (oratorio) ad onore di Dio e della beata aria Maddalena e di tutti i santi e non hanno mezzi di ultimare del tutto tale opera, preghiamo voi tutti comunitariamente, vi esortiamo vivamente e disponiamo per la remissione dei peccati che quando verranno gli incaricati delle stesse suore a chiedervi elemosine dai beni donati a voi dal Signore, vogliate aiutarle, cosicché, per queste ed altre opere buone ispirate dal Signore, possiate meritare i premi della vita eterna. Peraltro noi (vescovo) fiduciosi nella misericordia del Signore e nei meriti dei santi Venanzio, Ansovino, Vittorino e degli altri santi,  concediamo quaranta giorni di conforto dalla penitenza imposta nel Signore, a favore di tutti coloro che porgeranno aiuto caritatevole alla stessa costruzione delle suore o ai loro incaricati. Dato a Matelica il giorno 11 aprile.

 

1233 settembre 9 a Matelica davanti al monastero

Nel nome di Dio. Amen. L’anno del Signore 1233, giorno 9 settembre a tempo di Papa  Gregorio e dell’imperatore dei romani Federico, indizione VI. Il signor Albrico, figlio del fu Finaguerra, di suo diritto diede, consegnò e concesse alla chiesa e al monastero delle donne di Cupo Romano presso l’Isola o a donna Beatrice abbadessa di esso monastero un terreno sito in Cupo Romano dove esiste tale monastero, terreno a confine con la via, con Rainaldo Saraceni, con il fiume, con Bruno Frate, facendo eccezione per il torrente con le “rote” dei figli di Stefo e di Rainaldo Saraceni. Donava in perpetuo questa terra al confinante monastero e chiesa assieme ai beni di Buono Frate, con tutte le pertinenze, in perpetuo con piena garanzia di non contrastare mai questa donazione. Inoltre stabiliva l’abbadessa (Beatrice) come sua amministratrice di 27 libre ravennati e anconetane. Questa somma faceva parte delle 40 libre di donna Usulalia quale dote di lei destinata a esser data come somma al monastero. Si impegnava pienamente con penalità e risarcimento spese. Redatto in località Cupo Romano davanti alla porta dello stesso monastero alla presenza dei testimoni richiesti: il signor Giberto; il signor Gentile; il signor Masseo Lazani; il signor Rainaldo; il signor Albrico Mori. Notaio apostolico, Pietro.

 

1233 settembre 9 a Matelica nel monastero

Nel Nome di Dio. Amen. L’anno del Signore 1233 giorno 9 settembre a tempo di Papa Gregorio e di Federico imperatore dei romani, indizione VI. Buonfrate figlio del fu Rainaldo Albrici diede per diritto suo, consegnò e concesse alla chiesa o monastero delle donne di Cupo Romano presso l’Isola e a donna Beatrice abbadessa di tale chiesa e ricevente a none della stessa chiesa o monastero un terreno con vigna in parte e con corso d’acqua in località Piagge confinante con la via, con il monastero, con la terra del di Ugolino Albrici, con il vallato dei molini, rote e con il signor Albrico Finaguerra. Donava insieme ogni diritto, pertinenza e lo faceva per rimedio dei suoi peccati per l’anima sua e dei suoi parenti defunti dando tutte le garanzie di non contrastare mai questa donazione, anzi di assicurarla pagando ogni penalità, e spesa. Redatto nella casa o nel predetto monastero alla presenza dei testimoni richiesti e chiamati: il signor Gentile, il signor Masseo  Lazani, il signor Gualtiero Alberti, il signor Rainaldo Massei. Notaio rogante Pietro, notaio della Sede Apostolica.

 

1237 gennaio 11  a Matelica nel monastero.

Nel nome di nostro Signore Gesù Cristo, anno 1237, indizione decima, giorno 11 gennaio, al tempo del Papa Gregorio e dell’imperatore Federico, alla presenza dei testimoni scritti sotto. Donna Rosa figlia del fu signor Ranno Alberto Gualtieri di propria spontanea buona volontà e per la redenzione delle anime dei genitori, delle sue sorelle e dell’anima propria dedicò se stessa ed i suoi beni (a Dio) ed entrò nel monastero e chiesa di S. Maria Maddalena. La detta signora promise obbedienza e riverenza a Fra Pietro, ministro dei Frati Minori ed alle consorelle e fu accolta a nome della stessa chiesa, con l’impegno che mai in alcun tempo sarebbe uscita da tale chiesa per andare o servire in altro luogo religioso per occasione di stare e rimanere, ma sempre sarebbe restata in tale luogo e rinunciò al mondo. Promise di mantenere la castità e l’unità e la necessità e lo fece a Dio per l’amore che ha verso nostro Signore Gesù Cristo, verso la Vergine Maria e Maria Maddalena. Mentre Fra Pietro predetto diceva: “Vuoi tu essere resa a Dio, a questo luogo di S. Vergine Maria e S. Maria Maddalena permanendo e stando davanti all’altare si S. Maria Maddalena ?”. Lei disse: “Lo voglio “. Lo stesso Fra Pietro e le consorelle la ricevettero a nome e in funzione della detta chiesa e la vestirono per mezzo dei panni dell’altare e del bacio della pace presso l’altare. E la stessa Rosa dopo queste cose donò e cedette ogni diritto ed ogni ragione ed azione che aveva in confronto al signor Masseo ed il signor Gentile Nazari di quattrocento libre che questi stessi erano tenuti a darle dalla vendita del podere paterno e materno, inoltre di centocinquantasei libre che donna Beatrice e la stessa donna Rosa avevano prima consegnato, come pure la stessa donna Rosa consegnò e diede al predetto monastero, o luogo, ogni suo bene oltre a ciò, quel che fosse di suo avere. Promise di mantenere stabile e definitiva questa sua consegna e donazione di non contrastarla in nessuna occasione, né riserva. Erano presenti il signor Bartolo Gentili, il signor Rainaldo giudice, Morico della Rocca, il signor Benintendi, il signor Bentivogio e molti altri testimoni richiesti, nella predetta chiesa. Fui presente io notaio Albertino che per mandato della stessa Rosa e delle consorelle scrissi l’atto e lo resi di pubblica forma.

 

1237 aprile 20

Nel nome di Dio. Amen. L’anno del Signore 1237, aprile 20, a tempo di Papa Gregorio e di Federico imperatore dei romani, re di Sicilia e di Gerusalemme, indizione X. Il signor Masseo ed il signor Gentile Lazari da una parte e Attone Venimbene notaio amministratore del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica dall’altra parte, a nome del collegio e per conto della comunità del monastero deposero, si comune accordo e volontà, presso il signor Morico di Rocca libre duecento ravennati e anconetane, prezzo della vendita di donna Rosa dai beni del defunto Ranno fatta ai figli di Lazario, con questo patto e con questa condizione posta, che qualunque cosa avrà espresso Frate Pietro, Ministro dei Frati Minori, la predetta donna con le consorelle sue e il sindaco della predetta comunità facciano la ricevuta di quietanza e transazione ai figli di Lazario e staranno tra di loro al detto di lui.E se capitasse che il detto Fra Pietro non venisse, o (non) decidesse da ora fino alla metà di maggio prossimo, Don Filippo vescovo di Camerino debba decidere e se capitasse che gli uomini predetti non decidessero, il denaro predetto di duecento libre sia restituito dal signor Morico ai predetti figli di Lazario. E qualora il vescovo dicesse che il predetto denaro fosse da restituire, il signor Morico lo dia, senza frapporre condizioni, alla signora predetta. Parimenti riguardo al testamento di donna (I)bilde, tutto ciò che uno dei predetti (ministro o vescovo) dichiarasse o sentenziasse, con più o meno considerazione, promisero tra di loro vicendevolmente che lo considereranno e lo terranno fermo (deciso) e lo promisero con solenne stipula sotto pena di duecento libre ravennati e promisero di rimborsare o restituire ogni danno di lite e le spese fatte per ciò o sostenute per ciò in qualunque modo mancassero, con solenne stipula tra di loro. E dopo che le cose predette fossero o non fossero pagate, tutto quanto stabilito promisero che resterà deciso. Si riserva ogni diritto al monastero per il fatto del monte, cioè per i dieci (o più) mogiuri (o modioli) e per quello che ha del manso di Martino Iunii e moglie, inoltre della chiusa (da molino) di Atto Deoni e del molino di Geometaria, cose che lasciò alla signora Rosa. Redatto nel detto monastero, presenti come testimoni: il signor Albrico Finaguerra; Rainaldo di Monte Melone; il signor Suppolino; il signor Albrico Mori; il signor Blasio e Giovanni di Albrico Guarnieri. Acto di Deone, avvocato, richiesto, scrisse come notaio apostolico.

 

1237 maggio   (Inizio mancante)

Sono presenti le monache donna Isulana, donna Chiara, …Lucia, Agnese e Catalina con altre che insieme concordemente (elessero) il loro amministratore contro Masseo e il signor Gentile Lazarii, di fronte a Fra Pietro da Vercelli e di fronte al vescovo di Camerino Filippo per contestare la lite, per giurare nell’accusa e per fare tutto, con transazione, compromesso, ascolto della sentenza, appello, se necessario, che agisca, riceva e replichi come loro stesse potrebbero agire e replicare riguardo all’eredità famigliare di donna Rosa dal padre, signor Ranno e dalla madre donna Beatrice specialmente per 555 libre e per tutti gli altri beni spettanti a lei. Questa procura sarà stabile, non contraddetta per nessuna circostanza dalla abbadessa e dalle monache, senza limiti per condizione di foro ecclesiastico, per atti senza causa, per dolo o timore, con ogni ausilio legale, restituzione, e tutto quanto potesse essere a loro vantaggio o per le persone con loro correlate. Queste cose promisero sotto penalità di 200 libre, pagata o non pagata la penalità, restano stabili. Redatto nel monastero di S. Maria Maddalena alla presenza dei testimoni: signor Albrico Finaguerra, il signor Fianguerra, il signor Morico da Rocca, il signor Suppolino, il signor Albrico Mori, Giovanni Albrici, il signor Blasio.  Io notaio apostolico Atto di Deone avvocato fui presente a queste cose e richiesto dalla detta abbadessa e consorelle scrissi quanto si legge sopra e lo pubblicai.

 

1237 settembre 2

Nel nome del Signore. Amen. L’anno del Signore n1237, indizione X, giorno 2 settembre, a tempo del Papa Gregorio e dell’Imperatore Federico. A Matelica, davanti alla casa di Gentile di Attone Strovegli, sono presenti i testimoni: il signor Morico da Rocca; Matteo di Attone Petri Albi e Salimbene Ranni. Il notaio Benencasa Alessandri di suo diritto vendé, assegnò e concesse ad Attone di Pietro Tebaldi un terreno arativo sito nel distretto di Matelica in località Casoie, a confine con Sorello, genero di Attolino, figli di Paganuccio e l’acquirente, in pieno dominio e uso comprese le pertinenze, al prezzo di quattro libre e sei soldi che vengono pagati nell’atto senza la possibilità di rivalse e contestazioni, sotto penalità del doppio rimanendo stabile il contratto.  Roga l’atto il notaio imperiale Bentevegna Alberti.

 

1238 maggio 27

Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno del Signore 1238, il giorno 27 maggio (cinque giorni al termine del mese) a tempo del Papa Gregorio e di Federico imperatore, indizione XI. Il signor Benentenni figlio del fu Bonasera fa una permuta (o concambio) con Attone di Pietro Tebaldi. Benentenni consegna ad Attone ed eredi una casa sita nel castello di Matelica a confine con Androna, i figli di Paganuccio, Accurro Bonasera con superficie di sedime e pertinenze, uscite sulla via e diritti. Riceve da Attone un’altra casa nel castello di Matelica confinante con Matteo di Attone Blanci, con Androna, con Bonaccorso di Attone Cristiani e moglie, con Bonora Beneraini. Nella permuta Attone aggiunge alla casa data la somma di quattro libre che Benentenni dichiara di aver ricevuto rinunciando ad ogni rivalsa o contraddizione, sotto penalità del doppio, con rimborso delle spese di lite, permanendo valido il contratto.  Redatto a Matelica nella “stazione” (sede) del notaio Benencasa alla presenza dei seguenti testimoni: Accurro Bonasera; Tomasio Blasii; Mercato Petri da Cerreto e Scagnarello di Albrico Tebaldi.  Notaio imperiale Benencasa.

 

1243 giugno 29

Nel nome di Dio. Amen. L’anno del Signore 1243 indizione I, giorno 29 giugno (due giorni al termine) al tempo dell’impero di Federico secondo.

Venuto di Berta Rigi fa quietanza e transazione con Giovanni di Pietro Sassolini e con la moglie Letizia per tredici soldi e quattro denari che lo stesso venuto ricevette riguardo alla promessa rimasta insoluta per un campo o manso, ora definitivamente compensato, senza possibilità di rivalsa o di contraddizione, sotto penalità di venti libre, permanendo valida la quietanza. Redatto a Matelica nella casa del giudice Amicalo alla presenza dei seguenti testimoni; Benintenni; Amicalo; Accone Pegilli; Severino Azze; Attone di Accursio Franconi e Attone Deruni e altri. Roga l’atto il notaio imperiale Benenuntio.

 

1243 settembre 12

Nell’anno del Signore 1243 a tempo di Federico imperatore romano, indizione I, il giorno 12 settembre Giovanni di Pietro Sassolini fece promessa con Finaguerra di Albrico e con il signor Rainaldo Gualtieri con l’impegno che non avrebbe fatto pace né accordo con Benvenuto  Bertenise senza che intervenissero gli stessi Finaguerra e Rainaldo che erano in lite con Benvenuto, a costo di morire e sotto pena di cento soldi. Reciprocamente anche i due alleati Fianguerra e Rainaldo si impegnavano con lo stesso Giovanni a non far pace né accordo con Benvenuto senza di lui. Redatto a Matelica in casa del pievano Matteo, alla presenza dei testimoni: Pietro Severini; Actolinello di Attone e Guintarello banditore.  Notaio Iacobo.

 

1247 marzo 9

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1247, indizione V. A tempo di Papa Innocenzo, il giorno 9 marzo, nella pieve del castello di Matelica alla presenza dei testimoni chiamati per questo atto, il signor Giacomo Attolini; Ugolino Simeoni e Servedare. Questa è la divisione e spartizione che fece Atto del signor Gentile Lazani tra lui e Lazzanello del signor Giacomo Massei Laczani riguardo ai molini siti nel distretto di Matelica e tra di loro in comune. Queste sono le due porzioni. Una porzione comprende i tre molini siti a Villa Vabiano presso i beni Lanzuni nella catasta (dell’acqua) che è sopra con i canali, le macine, il pavimento, il vallato, la chiusa e con le pertinenze comuni  ai molini per scendere e discendere con accessi e uscite e con tutti i diritti pertinenti ad essi ma con l’esplicita condizione che chi verrà in possesso di tutta questa parte della divisione in atto non potrà impossessarsi né comperare né permutare con i molini vicini e in più resterà in debito con il condividente per la somma di libre sette che dovrà pagare per maggior valore entro il 15 maggio. Questa porzione fu assegnata in proprietà ad Attone. L’altra porzione comprendeva in molino e mezzo nella stessa località, nella catasta che è di sotto alla precedente, con le relative pertinenze e diritti e con l’impegno che il possessore non potrà rialzare il livello da capo né danneggiare gli altri molini. In questa seconda porzione sono comprese tre delle cinque parti del molino della catasta dei molini, quello del fu Pietro Migliorati a confine con il torrente, con Pietro Iaconelli,  per quanto spettante(canali, macine, pavimento, chiusa, vallato, “letricini”, accessori e diritti). Questa seconda porzione venne in proprietà a Lazzanello. Il patto impegnava i condividenti sotto pena di cinquanta libre e rimborso delle spese di lite. Notaio imperiale Salimbene.

 

1247 maggio 23

Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno del Signore 1247, indizione V, il giorno 23 (VIII uscente)del mese di maggio a tempo dell’imperatore romano Federico secondo.   Redatto a Matelica davanti alla casa di Pietro Venerie di fronte ai testimoni Suppolino, Raniero del signor Pietro, Attone di Giovanni ed altri.  Giacomo figlio del fu Valentino di suo diritto vendette, consegnò e concesse a Ugolino Albrici la quarta parte di un terreno indiviso o di una rota (molino) sita nel distretto di Matelica vicino all’Isola con questi confini: il torrente, la chiesa di S. Maria Maddalena, eventuali altri. La vendita comprendeva accessi, uscite verso la via pubblica, i diritti, gli usi e quanto spettante. Il prezzo pagato era di sei soldi. Rinunciava ad ogni contestazione per questa vendita o consegna, sotto penalità e con rimborso delle spese di lite, permanendo valido il contratto.  Notaio imperiale Alberto di Pietro.

 

1247 ottobre 10

Nel nome di Dio. Amen. L’anno del Signore 1247, indizione V, il giorno 10 ottobre, a tempo di Papa Innocenzo.  Redatto a Matelica davanti alla casa del signor Masseo, Venura Carelli Aldevannino promette solennemente di pagare una certa somma (illeggibile) a Giovanni di Pietro Sassolini (di cui all’atto precedente del settembre 1243) e pone come termine di scadenza il prossimo Natale, sotto penalità di pagare il doppio, con ipoteca dei suoi beni, e ciò riguarda il prezzo di una tunica con cappuccio di panno fiorentino che lo stesso Giovanni (creditore) gli aveva venduto.  Notaio Benvenuto.

 

1254 febbraio 27

Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno del Signore 1254, indizione XII, a tempo di Papa Innocenzo, fu redatto nel Comitato di Camerino a Villa Masiani, nella Cassina Massoli, il giorno penultimo di febbraio alla presenza dei testimoni: Bonvillano Benvenuti, Benvenuto Andrea, Scagnitto Iacobi, Benvenuto Severini, Porriano Bonelli Sollis, Bentivene Paganuccio e altri.  Agnese figlia del fu Vitale Attoni Tebaldi e Matteo figlio di assoli Agresti, marito della stessa Agnese, con il consenso del padre Massolo Agresti e della moglie assieme vendettero e consegnarono in proprietà a Iacopo (Giacomo) Tertii, i terreni in parte con vigne siti in più località di Matelica (?). Un terreno era sito nel Piano di Matelica a confine con la via, con Giacomo di Giovanni, con lo stesso Iacobo. Un latro terreno era sito al Vado (= Guado) dei Militi a confine con il Vallato dei molini, con Michele Guidi, con i figli di Accursio Attolini. Altro terreno in località Querceto di Manfredo, a confine con Morico Paganucci, con maestro Pietro Paganucci ed altri, esattamente la metà dei diritti, come proprietà di Atto Tebaldi nonno della stessa Agnese. In località Querceto come sopra un altro terreno confinante con i figli di Albrico Tebaldi, con Giunta Attolini. Altro terreno a canneto era sito vicino al Fossato Gudenzili a confine con il Fossato stesso, con il signor Alberto Attoni Guarneri. Vicino al Fossato un altro terreno in Villa Casoie con vigna a confine con l’acquirente Iacobo ed ivi inoltre una terra vignata a confine con Benencasa Alessandri e con i figli del signor Sorello. Altro terreno in località Valle, a confine con Matteo Rainaldi e sua moglie donna Place e con terra dell’acquirente. Altro terreno in località Monacesca a confine con Bencivenga Paganucci e con Giunta Attolini. La vendita comprendeva ogni diritto, pertinenza, accesso, uso al prezzo di 31 libre. L’acquirente Iacobo consegnava subito in pagamento 20 libre; decidendo per la somma restante il venditore dichiarò che l’aveva già ricevuta. La vendita resterà stabile sotto penalità del doppio e del rimborso delle spese di lite, permanendo valido il contratto. Questi beni erano la dote di Agnese e il suocero di lei, Massolo obbligò e pignorò le 31 libre a favore di Agnese e di Bonvillano Benvenuti, con il consenso di tutti. Dato il fatto che la dote di Agnese ammontava a 41 libre, oltre alle 31 predette, fu consegnato il campo di terra arativa sita a Villa Masiani, in località Valla Bazzoni a confine con la via, con i figli del signor Salvo Bernardi e con il Fossato, campo che peraltro veniva stimato del valore di cento libre di prezzo. I coniugi Matteo e Agnese insieme lo vendettero allo stesso Iacobo che si impegnava a pagare. Il venditore Massolo assicurava la piena validità della vendita, rinunciando ad ogni controversia sotto penalità, rinunciava espressamente alla lettera dell’imperatore romano Adriano e al senatoconsulto relativo e ad ogni cavillo di legge. Il notaio chiese ai coniugi che asserivano di avere più di 14 anni di far giuramento sul Vangelo e pur minorenni dei 25 anni si impegnavano a rispettare il contratto di vendita.  Notaio Giacomo Sorelli.

 

1254 ottobre 20

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1254, il giorno 20 (XII exeunte) del mese di ottobre, a tempo di Papa Innocenzo, indizione XII. Redatto presso il monastero delle donne di S. Maria Maddalena del Piano di Matelica sopra l’Isola, alla presenza dei testimoni richiesti: Pietro Pertenevole, suo figlio Pietro e Morico di Pietro Rustichelli e altri. Donna Crescimbene figlia del fu Matteo di Albrico Iordani, soprannominata Paola  di sua spontanea volontà e per la redenzione della sua anima e dei suoi parenti donò e dedicò sé stessa ed i propri beni entrando nel monastero o chiesa di S. Maria Maddalena e promise obbedienza e riverenza al sindaco del monastero, maestro Albertino Lombardo ed alle suore, a nome della stessa chiesa, che in nessun tempo si sarebbe allontanata andando e servendo a qualche luogo religioso in occasione di starvi o rimanervi, ma di voler rimanere nello stesso luogo. Rinunciò al mondo e promise di mantenere la castità, l’unità e la necessità. Lo volle fare a Dio per l’amore che  ha verso nostro Signore Gesù Cristo e verso la Maria Vergine e verso Maria Maddalena, nel mentre il predetto Albertino diceva: “Vuoi tu essere resa a Dio, a questo luogo di S. Maria Vergine e di S. Maria Maddalena ?” e lei rispondeva: “Lo voglio”. Allora il sindaco Albertino e le consorelle l’accolsero a nome e per conto della stessa chiesa e la vestirono dei panni dell’altare e per mezzo del bacio della pace presso l’altare. Lei, donna Paola, dopo ciò donò e cedette ogni suo diritto, bene, azione o possesso che aveva, dandolo allo stesso monastero, in particolare diede una casa sita nel castello di S. Severino a confine con Lazano del signor Giacomo, con Guarnerio del signor Gentile e con la via. Lei diede anche il campo in località detta Strada, vicino ai beni del figlio di Benvenuto Bendenari e di Ligorio. Diede ogni altro suo bene al monastero, suo luogo, con l’impegno di non contravvenire alla donazione.                (Redazione della pergamena nell’anno 1261)   Notaio pubblico Pietro Nicolai. Lo stesso notaio per ordine del podestà del Comune di Matelica, Bucaro di S. aria del Monte, scrisse di nuovo la pergamena dell’atto, su richiesta del sindaco generale (amministratore) del monastero di S. Maria Maddalena e del convento, giurando il podestà Bucaro che l’atto scritto precedentemente non si ritrovava né presso il sindaco Finaguerra del signor Albrico, né presso il monastero né presso altri. Se tuttavia venisse a ritrovarsi tale atto originario scritto dallo stesso Notaio, doveva essere a lui restituito. Il nuovo atto è scritto dallo stesso notaio nell’anno 1261 il giorno 26 agosto a tempo di Manfredo re di Sicilia al quarto anno, indizione IV, all’interno della “sanna”  (transenna) della pieve di Matelica dove vengono redatte le carte dei diritti (o proprietà) alla presenza dei testimoni richiesti: Giacomo del Buon Frate, il signor Scanno di Rainaldo, il signor Pietro di Attone Graulini, il signor benteni Iacobi, Iohanni e Giacomo di Giovanni ed altri.

 

1254 ottobre 28

Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno del Signore 1254 giorno 28 ottobre (quarto dalla fine del mese) a tempo del Papa Innocenzo, indizione XII, in Matelica davanti alla casa di Alberto Lombardi alla presenza dei testimoni: il signor Morico Uguictioni, Rainaldo di Attone Albrici, Venturello Brune, Gianni di Attone Martini e Vitale Venuti e altri convocati. Bartolo figlio del fu Attone Tornaguerra di sua spontanea buona volontà per la redenzione dell’anima sua e di quella dei suoi parenti, donò sé stesso ed i suoi beni e entrò nel monastero o chiesa di S. Maria Maddalena. Bartolo promise obbedienza e riverenza a maestro Albertino Lombardi come sindaco del monastero ed alle sorelle ricevuti a nome della stessa chiesa (promettendo) che mai nel tempo sarebbe andato via da tale chiesa per servire a qualche altro luogo religioso con l’occasione di andarvi o starvi, ma di voler sempre rimanere nello stesso luogo (= convento). Rinunziò al mondo e promise di mantenere la castità e l’unità e la necessità. Lo fece per Dio per l’amore che ha verso nostro Signore Gesù Cristo e verso Maria Vergine e di S. Maria Maddalena, nel mentre Albertino diceva: “Vuoi tu essere reso a Dio, a questo luogo di S. Maria Vergine e di S. Maria Maddalena ?” lui rispose:”Lo voglio”. Lo stesso Albertino lo accolse a nome e per conto della stessa chiesa. Dopo ciò Bartolo diede e cedette allo stesso sindaco Albertino, ricevente per il monastero predetto, la terra e vigna sita nel distretto di S. Severino in località Cave, a confine con i figli di Benvenuto Bertonfili, con il signor Bonacurte, con Pietro Tornaguerra e con Benvenuto Andree. Donò insieme ogni suo diritto, possesso e bene  promettendo di mantenere la donazione. Il notaio Pietro Nicolai era presente per ordine di Bucaro di Santa Maria del Monte, podestà del comune di Matelica scrisse di nuovo l’atto presente su richiesta del sindaco generale del monastero di S. Maria Maddalena signor Finaguerra del signor Albrico poiché tale istrumento non si ritrovava presso i predetti. Se però in futuro si ritrovasse dovrà essere riconsegnato al notaio stesso.  La nuova redazione dell’atto avvenne nell’anno 1261, il giorno 26 agosto, al tempo del regno di Manfredo re di Sicilia, anno quarto, indizione IV presso la transenna (“sanna”) del comune di Matelica ove si danno gli atti di diritti o proprietà alla presenza dei seguenti testimoni: il signor Iacopo del Buon Frate, il signor Scanno Rainaldi, il signor Pietro di Attone Graulini, il signor Beninte Iacobo di Giovanni e Giacomo di Giovanni ed altri.

 

1256 dicembre 23

<Due testi: Le persone del convento di S. Francesco di Acquaviva si donano con i beni loro compresa la chiesa al monastero di S. Maria Maddalena. Per tradurre tale donazione occorre tenere presenti due diverse redazioni dell’atto, con diversità di impegni: testo A e testo b. Testo A: Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1256, indizione XIV, al tempo del Papa Alessandro quarto, il giorno nono di dicembre uscente cioè il 23 (antivigilia di Natale) presso la chiesa di S. Francesco (o di Claudio) di Acquaviva, un tempo luogo (=convento) dei Frati Minori, nel distretto del castello di Matelica sono presenti come testimoni richiesti e chiamati (per l’atto): Abbrazzulo e Morico di Pietro Salvi e Pietro Nicolai.  Le persone che formano la famiglia (o familiari) della chiesa predetta e del luogo di S. Francesco di Acquaviva si offrono per andare a vivere a S. Maria Maddalena. Nell’elenco di queste persone alcune fecero l’atto il giorno 23 altre il giorno 24 (= vigilia di Natale).  Nell’antivigilia si donarono Francesca Petri chiamata Bladetta, Agnese di donna Venuta chiamata Berta, Benigna di Lenguazio chiamata Persa, lo stesso Lenguatio Petri e Ugolino da Rocca o Tancredi. Il giorno della vigilia si donarono Umile figlia del maestro Bruno chiamata Bruna, Marina e Lavernuzio. Il primo gruppo aveva dichiarato di vivere nel convento di Acquaviva senza una regola e senza un vincolo (di obbedienza). Ora tutti costoro vogliono essere sotto la regola e l’ordine di S. benedetto e servire Dio nel monastero delle donne di S. Maria Maddalena in perpetuo, di loro pura libera e spontanea volontà, senza forzature o timori, pienamente donando sé stessi e i loro beni.   (Nella formula A si ribadisce di voler rimanere nel convento del monastero e si esplicita l’obbedienza all’abbadessa del monastero come consorelle e familiari nell’osservanza della regola di S. Benedetto ivi osservata.)  \\ A ricevere la loro dedizione c’era il sacerdote (presbitero)  don Zaccheo a nome dello stesso monastero e convento di S. Maria Maddalena per la sua qualità di Sindaco.  La donazione riguardava tutti i beni mobili ed immobili, i diritti, gli usi, i possessi,  le cose godute di diritto e di fatto di qualsiasi tipo, presenti o future anche quelle tenute da altri per loro, in particolare donavano al sacerdote don Zaccheo, per il monastero, il convento (luogo) e chiesa di S. Francesco o Claudio) di Acquaviva che, nel distretto di Matelica, era a confine per due lati con la via, sul terzo lato oltre alla via anche i beni di Paganello Attoni Massei e dei suoi consoci. Don Zaccheo ne avrebbe preso dominio diretto, materiale di piena autorità.   (Nella redazione A si precisa “per diritto loro proprio cedettero tali beni a don Zaccheo che prometteva loro la parte e la sorte di tutte le cose e dei beni del Monastero e convento di S. Maria Maddalena dove avrebbero avuto pane ed acqua come le altre persone del monastero e convento, in piena parità di regola e di obbedienza alla Badessa.)  Notaio pubblico: Grazia.  Testo B: Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1256 indizione XIV, al tempo del Papa Alessandro IV nel giorno 9 dalla fine di Dicembre (23 dicembre) nel distretto del castello di Matelica presso la chiesa di S. Francesco o S. Claudio di Acquaviva un tempo luogo dei Frati Minori alla presenza di Abbrazzulo e Morico di Pietro Salvi e Pietro di Nicola, come testimoni richiesti e chiamati: Francesca di Pietro detta Bladetta, Agnese di donna venuta detta Berta,  Benigna di Lenguatio detta Persa, lo stesso Lenguatio di Pietro e ugolino dalla Rocca o Tancredi, famigli della stessa chiesa e luogo di S. Francesco d’Acquaviva, abitanti nella chiesa predetta o luogo, senza una regola né alcun vincolo d’obbedienza, volendo essere sotto la regola e l’ordine  di S. Benedetto e mettersi al servizio del Signore nel monastero delle donne di S. Maria Maddalena di Matelica e proponendo di restare nel monastero di S. Maria Maddalena di loro pieno, libera e spontanea volontà, non spinti da forza né da inganno donarono e offrirono sé stessi ed i propri beni al predetto  monastero e convento di S. Maria Maddalena e a don Zaccheo presbitero sindaco che li accoglie a nome dello stesso monastero e accetta tutti i loro beni stabili, mobili, semoventi, diritti, azioni, richieste, ragioni utili dirette e miste e contrarie di loro competenza di diritto e di fatto, quel che hanno, tengono, possiedono o quasi anche tramite altra persona a loro nome, o come tali o mediante altra persona in loro funzione e a nome loro  dovunque questi beni sono o possono trovarsi e specialmente il detto luogo e chiesa di S. Francesco o S. Claudio di Acquaviva con siti , selve e orti ed altra pertinenza sito nel distretto di Matelica, entro i seguenti confini: 1° e 2°, la via; 3° la via e paganello di Attone Massei con i suoi consorti tenendoli sino a che il monastero di S. Maria Maddalena  non ne prende diretto dominio per loro autorità e licenza senza contraddirlo. Tutto quanto sopra detto fu da loro attribuito, dato e concesso per amore di Dio, per la remissione dei peccati loro e dei parenti. Il giorno successivo (24 dicembre) fanno la cessione Umile di mastro Pietro detto Brune, Marina e Lavernutio  famigli del luogo e chiesa di S. Francesco o S. Claudio di Acquaviva nelle mani di Zaccheo predetto che accetta a nome del monastero e convento di S. Maria Maddalena, come fecero prima Francesca, Agnese, Benigna, Ugolino e Legnatio.  Donarono, concessero, fecero tutte e singole le cose sopra dette per la redenzione delle loro anime e i n modo che don Zaccheo come Sindaco del detto monastero, incaricato a nome e in funzione del detto monastero e del convento per tutte le cose dette prima e dette nel seguito per mezzo loro e dei loro successori, ricevette le loro persone come famiglie compartecipi del predetto monastero e del convento promettendo loro di aver parte e sorte di tutte le cose e dei beni dello stesso monastero, di aver pane e acqua nello stesso monastero come hanno gli altri della famiglia dello stesso monastero e del convento. Le donne sopra dette nelle mani di don Zaccheo presbitero che le riceve per l’abbadessa dello stesso monastero promisero e fecero voto di obbedienza e riverenza e di osservare la regola di S. Benedetto quale è osservata in detto monastero.  Alla presenza dei testimoni, a Matelica il giorno 8 dalla fine di dicembre (24 dicembre) Umile di mastro Pietro detta Bruna e Marina e Lavernuccio della famiglia del luogo sopradetto e della chiesa di S. Francesco d’Acquaviva fecero donazione e cessione al sopradetto don Zaccheo sindaco del monastero stipulante per lo stesso monastero e per il suo convento esattamente come avevano fatto Francesca, Agnese, Benigna, Ugolino e Lenguatio per il fatto che il sopradetto don Zaccheo sindaco, a nome ed in funzione del monastero e del convento, come sopra, fece promessa ed accordo con Umile. Marina, e Lavernutio come aveva concordato con Francesca, Agnese, Benigna, Ugolino e Lenguatio  in tutto e per tutto come nel capitolo detto sopra.  Ed io Grazia pubblico notaio fui presente a tutto ciò e scrissi come si legge sopra e resi pubblico (sigillo notarile).

 

1257 gennaio 25

Nel nome di Dio. Amen. Noi Guglielmo vescovo di Camerino per grazia divina ed apostolica, in qualità di arbitro, giudice, uditore e compositore amicale per elezione fatta da Lazano del signor Giacomo sindaco della abbadessa e del convento del monstero di S. Maria Maddalena da una parte e da mastro Admannito di Pietro, sindaco dell’abate e del convento del monastero da Roti e della abbadessa e convento del monastero di S. Francesco d’Acquaviva dall’altra parte; in merito alle questioni di contrasto e controversie che vertevano e potessero vertere tra di loro a motivo dello stesso monastero di S. Francesco d’Acquaviva con i suoi beni ed inoltre delle persone di esso monastero, come più chiaramente è espresso nel compromesso fatto e redatto tramite noi di mano del notaio Offreduccio a favore della pace e della concordia;  ora stabiliamo con decisione, e facciamo arbitrato e composizione amicale dopo aver invocato la grazia di Dio onnipotente, sentenziando che Lenguatio e la figlia con tutti i beni loro e Ugolino della Rocca con le terre e le vigne  che diede al monastero di S. Francesco, passino e vadano nel monastero di S. Maria Maddalena. Gli altri beni e persone che erano nel monastero di S. Francesco da Acquaviva, sin dal momento che si mosse la lite tra il monastero de Rotis ed il monastero di S. Maria Maddalena circa il monastero di Acquaviva, rimangano nel luogo di S. Francesco di Acquaviva, liberamente, pacificamente e serenamente. Inoltre diamo lodo ed arbitrato che l’abbadessa ed il convento del monastero di S. Maria Maddalena per mezzo del sindaco legalmente stabilito per questo scopo, faccia libera, totale quietanza e remissione a donna Elia abbadessa di S. Francesco d’ Acquaviva e al suo convento di ogni promessa fatta a lei e al detto monastero in qualunque modo,  o al suo sindaco o ad altri riguardo ai beni del detto monastero d’Acquaviva ed anche delle persone di esso, in conformità alla saggezza di donna Elia e del suo convento. Se poi venissero a trovarsi documenti riguardanti questa cose, siano nulli, cancellati e vani come sin da ora li cancelliamo, li annulliamo, e li riduciamo senza valore probatorio.   Parimenti diamo lodo ed arbitrato che l’abbadessa ed il convento del monastero di Acquaviva e l’abate ed il convento de Rotis, facciano documento di donazione, quietanza e remissione in conformità alla saggezza dell’abbadessa e delle donne di S. Maria Maddalena riguardo a Lenguatio e alla sua figlia ed ai loro beni e riguardo ad Ugolino della Rocca ed ai suoi beni in vigne e terre, ciò per mezzo di un sindaco a ciò legalmente stabilito. Parimenti diamo lodo ed arbitrato che tutti i beni che erano in casa di Lenguatio sin dall’inizio della lite debbono riconsegnarsi a tale casa, quelli che erano delle donne di Acquaviva siano ancora delle stesse e siano loro riconsegnati, così quelli che erano di Lenguatio e della figlia vadano assegnati al monastero di S. Maria Maddalena senza alcuna contraddizione.  Diamo lodo ed arbitrato decidendo ogni singola cosa come scritto sopra e comandiamo che si adempia inviolabilmente dall’una e dall’altra parte, sotto pena espressa nel compromesso, pena da applicare ed esigere ogni volta che si fa questione su quanto sopra detto o su qualche aspetto. Comunque, scontata o no la pena, il lodo ed arbitrato da noi dato resti sempre valido e vincolante.  Emanato nel palazzo di S. Vittore delle Chiuse alla presenza dell’abate di Grotta S. Vittore, don Giovanni da Bettonio, don Gualtiero canonico di Fabriano, don Vacumbene, mastro Benvenuto di Giovan Guidoni e molti altri testimoni nell’anno del Signore 1257, indizione XV, il settimo giorno dalla fine di gennaio (25 gennaio) al tempo del Papa Alessandro IV. Scrissi io Offreduccio notaio d’autorità imperiale.

 

1258 ottobre 24

Al tempo di Papa Alessandro, presenti come testimoni maestro Giovanni Albrici e PietroAttorri Rigi, Micarello banditore comunale di Matelica rende atto di aver fatto nella piazza, a voce alta, il bando (avviso) per mandato del giudice comunale Iacobo (giacomo) Sorelli, che chiunque voleva difendere Pietro Benvenuti e suoi beni, entro cinque giorni si presentasse al fine di far stabilire la data di termine per rispondere alle tre petizioni avverse espresse da Giacomo Terzi e da Francone Gennari.  Notaio, comandato dal giudice, scrisse Salimbene.

 

1268 maggio 15

Nel nome di Dio. Amen. Anno 1258, indizione XI, giorno 15 maggio a Fabriano nella casa di Pellegrino Pauli alla presenza di testimoni richiesti e chiamati: Pellegrino Deutesalve Albrici da Genga e Giovanni Albertucci. Il maestro Filippo di Bonaventura di Matelica per suo diritto vendette, consegnò, diede in perpetuo a Rainuccio Attoni Cambereni e suoi eredi un terreno arativo sito nel distretto di Matelica nella Villa San Severino a confine con la via pubblica, con Salimbene Albrici, con Bartolo Monaldi e con Accursio Bucarelli.  Il prezzo stabilito e pagato erano cento soldi, con la rinuncia di ogni atto in contrasto per la cessione della proprietà del terreno con tutte le sue pertinenze, sotto penalità del doppio del valore e rimborso delle spese di lite.  Notaio imperiale Mantia.

 

1270 dicembre 31

Guido vescovo di Camerino per grazia divina ed apostolica saluta nel Signore le dilette in Cristo, abbadessa e conventuali del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica, nostra diocesi. Di fronte alla richiesta giusta e dignitosa a noi presentata, come suggerisce il valore dell’equità e come esige la forza della ragione, noi per sollecitudine della nostra funzione vogliamo che abbia il dovuto effetto, pertanto, o dilette (figlie in Cristo, ascoltando le vostre domande e considerato un dovere l’indulgere a voi in modo che non si possa costruire né trasferire di nuovo alcun monastero né chiostro né chiesina di religiosi o religiose entro lo spazio di sessanta “canne” di misura vigente nell’ambito del comitato di Camerino , a distanza d’aria all’intorno dal confine del vostro monastero, tutt’intorno anche dove la disposizione del luogo non permetterebbe in altro luogo. Stabiliamo così che sia distrutto tutto ciò che, dopo la concessione presente, sia stato edificato o fatto in contrasto con la disposizione di quanto ordiniamo e indulgiamo qui. A nessuna persona mai sia lecito violare questo documento di indulgenza né contrastarlo con temerario ardire. Se però qualcuno userà la presunzione di tentarlo, sappia di incorrere nel nostro sdegno. Abbiamo comandato di rafforzare questo documento con la convalida del nostro sigillo per dare maggiore fede e certezza ad esso. Dato a Camerino, l’ultimo giorno di dicembre, in tempo di sede cavante a Roma, indizione tredicesima.

 

1271 giugno 2

Nel nome di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. Amen. Nell’anno 1271 dalla nascita del Signore, indizione XIV, a tempo di sede apostolica vacante, il giorno 2 del mese di Giugno, a Matelica fu redatto nella casa dal sig. Rainaldo del sig. Masseo chiamato anche Rainaldo del sig. Gualtiero, alla presenza dei testimoni richiesti ed a ciò chiamati: il sig. rev. Morico di Giovanni chierico, il sig. rev. Giovanni Mistriani, il sig. Vengnate Severini, Salimbene del sig. Sinibaldo, Ivano del sig. Scagno, Napolione Rainerii, Ruggero del sig. Rainaldo del sig. Gualtiero chiamato anche Rainaldo del sig. Masseo faceva il suo testamento in cui tra l’altro lasciava a donna Floretta sua nipote come figlia del suo defunto figlio Masseo, la somma di dieci libre come sua parte ereditaria di spettanza, con accettazione della concessione di un versamento annuale di 20 soldi fino a completare il pagamento di dieci libre. Lo stesso Rainaldo stabilì come suo erede suo figlio Rainalduccio. Se peraltro costui avesse a morire senza figli maggiorenni di 25 anni, l’eredità era destinata a Lazano del sig. Gicomo che era autorizzato a vendere tutti i beni di Rainaldo che erano nel distretto di Matelica, ma non in quello di S. Severino a da tale vendita aggiunge alle precedenti dieci libre per Floretta, altre 50 (cinquanta) libre.  Floretta era monaca consacrata a S. Maria Maddalena. Dopo la morte di costei le 50 libre siano destinate a costruire una chiesa o casa a lode di Dio pro anima del testatore. Notaio Fantesino del sig. Rainaldo giudice ordinario.

 

1271 giugno 16

Nel nome di Dio Padre Figlio e Spirito Santo. Amen. Nell’anno dalla natività del Signore 1271 indizione XIV, in tempo di sede apostolica vacante del pastore, il giorno sedici giugno a Matelica nella casa di Laczano del signor Giacomo alla presenza dei testimoni chiamati e richiesti: signor Bonacurte di Massei Laczani, Ivano del signor Scagno, Pietro del signor Giacomo, Napolione Rainerii, Laczano del signor Giacomo, Salimbene del signor Sinibaldo, Accurrimbona Nonvallia, Matteo Renzi, Salvo Rainaldi ed altri molti  si fece questo atto. Rainalduccio figlio del fu signor Rainaldo del signor Masseo Laczani, debole di corpo, sano di mente provvide al suo testamento nuncupativo senza scritti, nel quale lasciò anzitutto 40 soldi ravennati e anconetani per la sua anima da distribuire secondo la legge canonica. Lasciò 7 libre ravennati e anconetane come legato e fidecommesso di sua sepoltura per la remissione dei peccati suoi e del padre e della madre. Lasciò 36 soldi per restituzione o pagamento di quanto ricevuto ingiustamente e indebitamente da qualcuno di cui non ricorda il nome. Lasciò come legato o fidecommesso della chiesa di S. Maria del Piano o di Savenano, 20 soldi ravennati  e anconetani per la fabbrica e restauri della stessa chiesa. Lasciò e comandò di dare a pagare tutti i debiti di usura e di mortorio della sepoltura non pagati, del padre e madre suoi, come da loro testamento o da atti e testimoni. Lasciò come legato o fidecommesso a Floretta sua nipote vita natural durante un mantello ed una tunica ogni anno per sue necessità. Lasciò come legato per cantare le messe per la redenzione della sua anima   e per la remissione dei suoi peccati 40 soldi ravennati e anconetani. Lasciò come legato a Napolione Rainerii e a Pietro del signor Giacomo 20 libre. Lasciò come legato a Sibilia, sorella sua, una casa sita in Matelica, a confine con Pietro del sig. Giacomo, la via, il signor Finaguerra del signor Albrico e la ripa o fosso del comune matelicese, inoltre la vigna in Savenano a confine con la via, Sinibaldo Massei Sinibaldi, la via e la figlia di Giacomo Bene e fossato. Lasciò come legato a Laczano del signor Giacomo tutti i beni, diritti e azioni che il testatore o taluno per lui ha in qualsiasi modo presso il castello di San Severino o suo territorio confermando allo stesso Laczano la consegna fattane per mezzo del padre Rainaldo del signor Massei. Lasciò parimenti a Rialta moglie di Accurimbona  Nonvollie 30 soldi. Ordinò che ogni precedente disposizione fosse eseguita entro quattro anni, cioè un quarto ogni anno. Per ogni altro bene erede universale sua sorella carnale Sibilia con ogni diritto.  Notaio Fantesino giudice figlio del signor Rainaldo.

 

1271 luglio 3

Nel nome di Dio Padre Figlio e Spirito Santo. Amen. Anno dalla natività del Signore 1271, indizione VIV, a tempo di sede apostolica vacante del pastore, il giorno 3 del mese di luglio, alla presenza dei testimoni richiesti e chiamati a Matelica nella casa del fu signor Rainaldo del signor Masseo tra molti altri c’erano il signor Finaguerra del signor Albrico, il mastro Giacomo Palmuzi, Palmulo del signor Benvenuto, Salimbene del signor Sinibaldo, Laczano del signor Giacomo, Ugolino Fantesini, Ivano del signor Scagno quando donna Sibilia figlia del signor Rainaldo del signor Masseo Laczani con il consenso esplicito del marito Ivano del signor Scagno prese impegno nei confronti di Floretta figlia del signor Masseo del signor Rainaldo (nipote) di dare ogni anno a lei un paio di panni di gactinello cioè una tunica ed un mantello di misura a lei adatta, come da legato testamentale del fratello carnale di Sibilia stessa, Rainalduccio del signor Rainaldo e ciò sotto penalità del doppio del valore degli stessi abiti, con spese a suo carico, restando valido il contratto, senza eccezione come il senatoconsulto di Velleio o altro.  Notaio il giudice ordinario Fantesino del signor Rainaldo.

 

1271 luglio 30

Nel nome di Dio. Amen. Copia dell’atto del defunto notaio mastro Matteo del signor Bentivoglio dell’anno 1271, indizione XIV, a tempo di sede romana vacante del pastore, il giorno 30 luglio, nella pieve di Matelica, presenti come testi, tra altri, il signor Matteo Petruzi, il signor Fantesino Rainaldi, il signor Giacomo Plebani. Questo il contenuto: Pietro del signor Giacomo e Napolione Ranieri di fronte al venerabile padre Guido vescovo di camerino e l’abate di Sant’Angelo donarono e consegnarono a Fra’ Rainaldo Topini religioso accettante la donazione per sé ed i confratelli anche in futuro,  un appezzamento di terra di quattro modioli con selva e montagna posto sul Monte Gemmo in località Trocche a confine con le terre dei donatori e con Nicola Guidi. Fra’ Rainaldo ed i confratelli successori possono godere tale superficie  o anche di più per costruirvi un monastero ed eremo e la chiesa di Santa Margherita a lode di Dio e della Beata Vergine Maria. Donano per l’anima propria e dei parenti loro. La trascrizione dell’atto è fatta dal notaio pubblico Bonacasa Benvegnati, fedelmente, su richiesta del giudice e vicario del comune matelicese, Ugolino del signor Leti da Osimo podestà matelicese nonché per ordine del Consiglio Generale. Copiato l’anno 1280, indizione VIII, a tempo di sede romana vacante del pastore, il giorno 26 novembre, nella casa del comune con i testimoni Giacomo Plebani, Ivano Rocamboni Zugnetta banditore e Matteo figlio del notaio Raniero e di altri.

 

1271 agosto 10

Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno dalla sua natività 1271, indizione XIV, il giorno 10 agosto, essendo vacante la chiesa romana (per la morte) del Papa Clemente IV di felice memoria, fatto a Matelica nel monastero di S. Maria Maddalena, di fronte a don Morico di Giovanni, ora cappellano del detto monastero, al chierico Matteo di Giovanni e a Casarello di Donato Guarini da San Severino, quali testimoni richiesti e a ciò chiamati, Mattia figlia del fu Guarnerio (figlio) del signor Gentile Lazani, offrì sé stessa ed i suoi beni a Dio ed a S. Maria Maddalena e al suo monastero posto nel borgo del castello e comune di Matelica, nella mani di suor Amodea (Amadea) monaca di detto monastero che accoglie e stipula solennemente l’atto a nome ed in funzione dello stesso monastero.  Mattia offrì tanto i beni mobili, quanto i beni immobili e semoventi, tanto i beni urbani che rurali, mulini, boschi domestici e silvestri, prati e pascoli e possessioni, in particolare e in generale, ogni altro suo bene, possesso, diritto reale e personale, di qualsiasi luogo, provenienza, tempo modo e qualità spettanti ora e in futuro a lei, (li dona) per la salvezza della sua anima in remissione dei suoi peccati, dando e cedendo tutto quanto detto, in diritto di proprietà, di utilità, di dominio diretto, da possedere e tenere, in modo che da ora il predetto monastero abbia, tenga, possieda i predetti beni, cose, possessioni,  e quant’altro sopra detto e di ciò faccia quel che piacerà al monastero, all’abbadessa (presente) ed alle succeditrici o altri per loro, piacerà fare dei beni da ora, sempre, in perpetuo, con le adiacenze ed i confini superiori ed inferiori avuti, presenti, passati e futuri con tutte e singole le cose che ci sono o che ci saranno sopra, dentro o sotto, per intero, con ogni diritto, azione ed uso o richiesta, tutto quanto appartiene e spetta a Mattia da quei e per quei beni come detto sopra pertinenti e spettanti per la remissione dei suoi peccati e per la redenzione della sua anima.  Mattia stabilì di possedere queste cose, terreni e beni nel frattempo sempre a titolo precario a nome del detto monastero fino a quando (esso) n prenderà di sua autorità, una o più volte, il possesso corporale di persona o tramite altro, soprattutto tramite il sindaco dello stesso monastero. Mattia diede libera licenza e pieno potere che a suo nome il monastero o altri per esso possa fare tutto quanto detto sopra anche per richiesta della Curia o di un giudice. Mattia promise legalmente e solennemente ad Omodea di fornirle la difesa legale per il monastero stipulante solennemente e legittimamente e di non opporsi mai o agir contro per qualsiasi occasione ed eccezione in qualcosa di quanto sopra scritto, sotto penalità del doppio del valore d’estimo di detti beni e cose anche se acquisteranno maggiore valutazione nel tempo o saranno migliorate. Rinuncia in questo contratto alle eccezioni o condizioni di causa giusta o ingiusta, di inganno o fatto come pure a tutti gli aiuti e benefici che alla stessa Mattia competono o competessero per atti da invalidare o cambiare alcunché delle cose predette. Mattia si impegna per sé ed eredi a risarcire ogni spesa con interesse, paga e danno per tutto quanto sopra promesso solennemente e legalmente sotto penalità alla predetta Omodea per il detto monastero dando credito al giuramento dell’amministratore del monastero o per tassa di un giudice o rettore. Io notaio imperiale Matteo, presente, rogato, scrivente pubblicati tutto quanto sopra scritto.

 

1271 settembre 14

Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno dalla sua natività 1271, indizione XIV, il giorno 14 settembre, a tempo di sede romana vacante del pastore, nella pieve di Matelica di fronte ai testimoni richiesti e chiamati: Federico Attuzio del signor Alberto; il signor Giacomo del Plebano; il signor ventura di mastro Attone, il signor Bernardo ed altri. Il venerabile padre don Guido vescovo camerinese alla presenza del notaio Offreduccio e dei testimoni diede autorizzazione ad Anselmuccio amministratore e rappresentante dell’abbadessa e del convento e delle suore del monastero o chiesa di S. Agata di Matelica, sito vicino alla via che va a Santa Anatolia di mutare il luogo (convento) da dove era sito con facoltà di costruire di nuovo la chiesa entro la cerchia di Matelica nel terreno che hanno i figli di Matteo ed inoltre di celebrare ivi la messa e gli altri atti liturgici con un altare portatile e di fare come autorizzate nel precedente “luogo”. Diede ordine al pievano di Matelica di fare le sue veci nel prelevare la prima pietra che era nel “luogo” precedente e porla nella nuova costruzione facendo conosce le indulgenze già concesse per il precedente “luogo”, ora valide per il nuovo. Scrisse l’atto il notaio imperiale Offreduccio.

 

1271 dicembre 8

Nel nome di Dio. Amen. Questa è la copia della lettera del venerabile padre don Guido vescovo di Camerino alle suore del “luogo” di S. Agata. Guido vescovo di Camerino per grazia di Dio e della sede apostolica saluta le sorelle in cristo suore del “luogo” di S. Agata di Matelica. Abbiamo accolto la querela di Fra’ Giacomo amministratore del monastero di S. Maria Maddalena per il fatto che costruite il nuovo “luogo” a Matelica con danno non lieve del monastero querelante. Pertanto dopo ricevuta questa lettera, entro il terzo giorno per mezzo del vostro amministratore dovete comparire alla nostra presenza per giustificare, altrimenti procederemo contro di voi secondo legge. La precedente lettera fu presentata da mastro Suppone notaio ed amministratore del monastero di S. Maria Maddalena a donna Latina abbadessa del monastero di S. Agata da parte del reverendo vescovo nell’anno 1271, indizione XIV, a tempo di sede romana vacante del pastore, il giorno 8 dicembre a Matelica presso la casa del figlio di Guarino del signor Uguccione alla presenza dei testimoni Masseo Guarnucci, Matteo Petri, Accurimbona di Attone e Benvenuto Camide.  Notaio rogante Rainaldo di donna Berta. (altra grafia) Il 31 dicembre è stata data scadenza per  dopo l’ottava dell’Epifania a suor Latina abbadessa del monastero di S. Agata di Matelica per dare risposta al “libello” (accusa) ricevuta da Fra’ Giacomo amministratore del monastero di S. Maria Maddalena.

 

1272 giugno 1

Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno dalla sua natività 1272, indizione XV, a tempo di Papa Gregorio X, il giorno primo del mese di giugno redatto davanti alla porta del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica erano presenti i testimoni richiesti e chiamati: Petruzzolo Sartore, Pietro Attorri Filippi e Giovanni Compagnoni da S. Angelo. La prioressa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica, donna Allumenata, con il consenso unanime delle consorelle monache ivi esistenti, espresso  collegialmente in capitolo,  stabilirono e ordinarono come amministratore, rappresentante e messaggero speciale del loro monastero di tutti i beni e cose dell’eredità di Mattiola figlia del fu Guarnerio del signor Gentile Lazani e a tenerne  corporalmente il possesso, usarli, fruirne e agire in modo ordinario e straordinario contro Mattiola di fronte ad ogni Curia in particolare di fronte al giudice e vicario generale del Papa nella Marca, mastro Guglielmo e per chiedere a costui che la stessa Mattiola sia dal vicario stesso costretta a tornare nel predetto monastero per abitarvi e servire Dio in esso  come è tenuta e deve e promise al tempo della offerta da lei fatta  nel monastero predetto e a viversi come monaca regolare dello stesso monastero. Che il vicario ammonisca e costringa con coercizione canonica e giuridica Mattiola  a tornare nel monastero stesso  ed all’abbadessa o prioressa o rettrice e alle monache per viverci insieme con loro come conviene ed esigono le sanzioni canoniche, per servire ivi nostro Signore Gesù Cristo. Inoltre l’amministratore chiede a Ivano del signor Scagno o di sua moglie, donna Sibilia sono tenuti a dover dare un paio di panni di gattinello, a  Floretta o Rosa figlia del fu Masseo del signor Rainaldo, e di agire, difendere ed esercitare ogni altra cosa, in occasione e motivo di quanto detto prima necessario ed utile al monastero come meglio l’amministratore potrà decidere, anche con lo stabilire un altro o più amministratori, nello stesso tempo o in diversi tempi per fare le cose predette. Promettono per sé e per i successori a nome e per conto del monastero e del convento di S. Maria Maddalena di tenere come deciso e stabile quello che sarà fatto al riguardo dall’amministratore o dagli amministratori con ipoteca dei beni e cose del monastero. Io notaio Matteo d’autorità imperiale, richiesto dalla prioressa e suore e monache sottoscrissi e pubblicai quanto scritto sopra.

 

1273 aprile 19

Nel nome del >Signore. Amen. L’anno dalla sua natività 1273, indizione prima, il giorno 19 aprile, al tempo del Papa Gregorio X, a Matelica nel monastero di S. Maria Maddalena, alla presenza di don Morico di Giovanni, il signor Finaguerra del signor Albrico, frate Vitale, frate Lenguatio, frate Andrea conversi dello stesso monastero, come testimoni a ciò richiesti e chiamati. Venutula figlia del fu Vitale di cristiano che è chiamata anche Angeluccia di proprio diritto offrì sé stessa ed i suoi beni a Dio ed alla beata Maria Maddalena del monastero delle donne di Matelica, a donna Mattia abbadessa del detto luogo o monastero la quale ha ricevuto e stipulato a nome e per conto dello stesso monastero e convento. Venutula cedette e diede tutti i suoi beni mobili ed immobili, o semoventi, diritti e accessioni reali e personali, utili e dirette, miste e contrarie, che lei stessa ebbe un tempo, ha ora o potrebbe avere in qualunque modo o causa nel castello di Matelica e suo distretto e in ogni altro luogo; e i beni che un’altra persona per lei e da lei ha, tiene e possiede, e specialmente i beni, le case e i terreni che sono pertinenti alla stessa Venutula dalla successione di suo padre Vitale e di sua madre signora Benvenisti figlia del fu Albrico Carelli, da testamento o senza testamento, o diversamente, in modo che la predetta donna abbadessa e sue succeditrici e le altre persone per essa, abbiano, tengano e posseggano tutti i beni e ne facciano come vogliono con tutto quello che c’è o ci deve essere in integro e con ogni diritto e azione, in uso o requisizione per sé da quelle cose o per quelle cose pertinenti e spettanti. Lo fa per amore di Dio e per il bene dell’anima sua e per la remissione dei suoi peccati e dei suoi parenti. Tutti questi beni, case e terreni, in tutto Venutula stabilì di averne possesso a titolo precario ed a nome di detta donna abbadessa o del monastero fino a quando esso ne prenderà possesso corporale e diede licenza e pieno potere di prenderlo di propria autorità e di tenerlo da ora; e promise per sé, per i suoi eredi e successori alla stessa donna abbadessa per sé e per le succeditrici e per il detto monastero solennemente stipulante per queste cose non muovere lite né controversia, ma legalmente difendere i beni, le case, i terreni da ogni uomo comunità a favore di donna abbadessa e sue succeditrici, autorizzare, disbrigare e rifondere ogni danno e spesa, salari con interesse e tutto quel che la donna abbadessa e sue succeditrici o lo stesso monastero faranno e sosterranno in giudizio o fuori nell’andare, ritornare, stare o per altro luogo e causa al fine dei predetti beni o di qualcuno di questi integralmente ripagare e risarcire né agire mai contro le cose dette sopra o contro qualcuna di esse, da sé o per mezzo di altra persona a motivo di età minore o altra qualsiasi ragione od occasione, sotto penalità del doppio dell’estimo di detti beni, case o terreni, come nel tempo avranno valore e promessi dalla detta Venutula alla stessa donna abbadessa e per il detto monastero. Tutte queste cose ed ogni singola di quanto scritto sopra in ogni punto e capitolo scritti sopra restino sempre in perpetua stabilità comunque, pagata o non pagata la penalità,  e sotto ipoteca ed obbligazione dei suoi beni. Io Matteo notaio imperiale fui presente a tutte queste cose e sottoscrissi tutto quanto si legge sopra e lo pubblicai.

 

1273 aprile 21

Il vicario generale del Papa nelle realtà spirituali nella Marca anconetana, nella Massa Trabaria  e nella città di Urbino, Tommaso preposto di Fano scrive ai suoi sudditi per senso di solidarietà verso le persone religiose. Le donne religiose dell’abbadessa e del convento del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica hanno cominciato a fare una cisterna di acqua nel loro monastero per la grande utilità e necessità e non possono per la povertà portare a termine tale opera non avendo beni sufficienti per cui esortiamo voi ad aiutarle caritatevolmente con elemosine per la remissione dei peccati in modo tale che possano ultimare e voi possiate con questo ed altre opere buone giungere alla felicità eterna. Noi con fiducia nella misericordia di Cristo, per i meriti suoi, della gloriosa Beata Vergine Maria, dei beati Apostoli Pietro e Paolo, della beata Maria Maddalena e degli altri santi, avvalendoci dell’autorità del Papa come vicario concediamo cento giorni della penitenza imposta a coloro che presteranno aiuto a loro. Data a Iesi il 21 aprile dell’anno del Signore 1273, indizione prima, a tempo di Papa Gregorio X, con nostro sigillo.

 

1274 aprile 19

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno dalla sua nascita 1273, indizione prima, il giorno 19 aprile, al tempo del Papa Gregorio X, a Matelica, nell’oratorio di S. Maria Maddalena di Matelica, di fronte ai testimoni chiamati e richiesti: don Accursio pievano della pieve di Matelica, frate Landolfo Iacomelli e frate Accurrimbona Severini Boni dell’Ordine dei Predicatori, mastro Aldobrandino vicario del comune di Matelica, il signor Fantegino Rainaldi, il signor Finaguerra del signor Albrico, Federico del signor Alberto, Albertuccio Bucari, Ivano del signor Scagno Bratte e Zovitta. Frate Rainaldo Topino chiese e umilmente supplicò l’abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica affinché si degnasse concedere allo stesso Frate Rainaldo, per speciale grazia, e dare l’autorizzazione con pieno potere ed autorità di usare il luogo del monte Gembo nel distretto matelicano dove si dice Trocche, per servire ivi Dio e far penitenza, per rimanervi a dimorare nel servizio a Gesù Cristo, nella vita e nella regola religiosa tenuta da S. Benedetto. L’abbadessa gli rispose dicendo che avrebbe richiesto la decisione ed il consenso delle sue suore e monache e, come d’uso, fece suonare subito la campana per riunire il capitolo nel convento. In questo, fatta la proposta e l’approvazione, di deliberò favorevolmente secondo la richiesta a lode dello stesso Frate Rainaldo amministratore. Inoltre l’abbadessa donna Mattia con il consenso e la volontà delle consorelle e delle monache dello stesso monastero, cioè con il consenso e la volontà delle seguenti suore: Alluminata, Omodea, Cristina, Giustina, Guiduccia, Agnese, Margarita, Benvenuta, Isabetta, Andreina, Catalina, Diotama, Francesca, Giacoma, Barbara, Lucia, Daniela, Berardesca, cristiana, Cecilia, Auria, Giacomella, Giovanna, Rosa, Mattiola, Caradonna, Mansueta, Lavinia, Anastasia, Tomassa, e Frate Lenguatio converso dello stesso monastero, fece l’assoluzione, la dimissione e liberò il predetto Frate Rainaldo da ogni vincolo di sua riverenza, obbedienza, da ogni sottomissione, promessa e obbligazione che lo stesso frate Rainaldo avesse fatto allo stesso monastero e all’abbadessa e comunque fosse vincolato, sottoposto, scritto, annesso o fosse tenuto, obbligato personalmente, realmente verso il monastero predetto e l’abbadessa predetta. La stessa abbadessa diede, con il consenso di tutte le predette consorelle e monache, licenza, potere pieno e autorità al frate Rainaldo di rimanere di servire Dio in unione spirituale, di far penitenza nel monte Gembo, distretto di Matelica, nel luogo detto Trocche, sotto la vita e la regola religiosa tenuta da S. Benedetto, in modo congruo e decente. In tal modo egli sia sin da ora esente e non vincolato realmente e personalmente in ogni cosa da qualunque precedente legame con il monastero e l’abbadessa predetti. Il frate acquisiva e acquisirà  realmente e personalmente l’annessione al luogo detto Trocche. L’abbadessa, con il consenso e la volontà delle sue predette suore e monache, come detto sopra, stabilì e ordinò Frate Vitale converso dello stesso monastero come legittimo amministratore, procuratore, a nome suo, del monastero delle monache e suore, per liberare lo stesso Frate Rainaldo da ogni vincolo, come detto sopra, per rinunciare ad ogni diritto, azione, ragione che il monastero stesso e la sua abbadessa ebbero, hanno o avrebbero, nel passato, nel presente e nel futuro nei confronti di Frate Rainaldo e del luogo od oratorio e chiesa delle Trocche, per qualsiasi nome ed occasione di residenza, costruzione, opera o edificio che lo stesso Frate Rainaldo ha fatto, fa o farà anche tramite altra persona  parimenti per ogni acquisizione da parte del frate nel luogo Trocche. Inoltre lo rende autonomo per ogni donazione fattagli o fattibile da Pietro Iacobi e da Napolione Raineri e dal comune di Matelica o da altre persone dalle terre di montagna, selve e qualunque altro bene, promettendo il monastero che considera sin da ora definitivamente stabilito quello che l’amministratore Fra’ Vitale avrebbe deciso. Così lo stesso Fra’ Vitale fece ogni azione, esecuzione, promessa, contratto per obbligare solennemente e legalmente il detto monastero nei rapporti con Frate Rainaldo predetto. Scrive l’atto il notaio imperiale Matteo. <Una copia di quest’atto in data 11 giugno 1289 fu fatta nel comune di Matelica alla presenza di testimoni.>

 

1274 agosto 18

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno suo 1274, indizione II, a tempo di Papa Gregorio X, il giorno 18 agosto, redatto a Matelica, davanti alla porta del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica alla presenza del signor Giovanni Divizie, il signor Ventura di mastro Attone testimoni chiamati. Don Accursio pievano della pieve di Matelica per vigore della lettere a per autorità del cappellano del Papa maestro Bernardo arcidiacono narbonense vicario generale nelle realtà spirituali nella Marca di Ancona richiese, ammonì e sotto pena di scomunica  diede ordine a Mattia abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica, a Fra’ Giacomo amministratore di tale monastero ed a tutte le monache del luogo  a prestar giuramento personale e dire la verità circa le notizie richiesta dalla lettera. L’abbadessa e il sindaco e nome loro e del monastero e di tutto il convento, con voce unanime fecero appello per il fatto che dicendo di voler dire la verità senza giuramento, sono pronte a fare il possibile affinché la ragazza in questione entro il quarto giorno compaia personalmente alla presenza dello stesso vicario papale ed obbedisca ai suoi comandi. La lettera ha questo contenuto. Maestro Bernardo arcidiacono narbonense, cappellano vicario generale  nelle cose spirituali  della Marca anconetana.” Massa Trabaria e città di Urbino saluta il prudente don Accursio pievano matelicese.La vostra minaccia di scomunica contro l’abbadessa e convento del monastero di S. Maria Maddalena nell’occasione che tengono Venutola di Vitale di cui è tutore Pietro di Amate da Matelica era stata da noi sospesa a motivo del fatto che alla minaccia si è presentato a noi per lamentarsi. Noi vogliamo procedere in forma giuridica e d’autorità, con questa lettera, ti facciamo ingiunzione affinché, letta la presente, sotto penalità di scomunica,  vi rechiate di persona al monastero per domandare alle monache e all’abbadessa di prestar giuramento e dire in verità se la ragazza era stata trattenuta e dominata dall’abbadessa e dalle monache in monastero al tempo del litigio che le donne e l’abbadessa ebbero con il tutore per tale problema. Per iscritto dateci informazione riguardo alle cose predette affinché noi possiamo procedere al riguardo secondo ragione.  Lettera scritta a Cingoli il 16 agosto, nell’anno terzo del pontificato di Papa Gregorio X.  Il pievano matelicese Accursio interrogò l’abbadessa del monastero e Frà Giacomo loro amministratore, se la ragazza in argomento fosse stata in monastero all’epoca del litigio e come fosse uscita dal monastero e dove si trovasse al presente.L’abbadessa rispose che Venutola era restata in monastero per undici mesi sino al giorno 5 dello scorso marzo. Interrogata su come era uscita rispose che l’aveva fatta uscire per consiglio di Frà Giacomo pievano di Pieve Favera e di altri “sapienti” del monastero. Interrogata dove si trovasse ora, disse che era in un monastero del ducato, monastero di S. Maria Maddalena.  Scrissi il presente atto io notaio imperiale Bonacasa Benvegnati, per ordine del detto pievano e pubblicai.

 

1274 settembre 15

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1274, a tempo di Papa Gregorio X, indizione seconda, il giorno 15 settembre, nella pieve del castello di Matelica alla presenza dei testimoni chiamati: Ugolino del signor Monaldesco e Giacomo Ugolini Augustole si fece la consegna. Sinibaldo Massei amministratore del monastero di S. Agata di Matelica come agente di esso consegnava a don Accursio pievano di Matelica una lettera sigillata a cera del vicario generale (papale) nelle realtà spirituali della Marca, don Bernardo arcidiacono narbonense. Eccone il contenuto. Mastro Bernardo arcidiacono narbonense cappellano del Papa vicario generale della Marca anconetana, della massa Trabaria e della città e diocesi di Urbino saluta il pievano don Accursio e gli ordina di prendere la prima pietra a suo tempo benedetta dal vescovo nel convento del monastero di S. Agata, consegnatagli dalla badessa e di stabilirla nel nuovo “luogo” (convento) che le donne stesse stanno erigendo con lo stesso titolo. Data a Cingoli 5 settembre, anno terzo del pontificato di Gregorio X. Presente alla consegna il notaio imperiale Giacomo del signor Actolino.

 

1274 ottobre 7

Nel vescovo di Numana Arnolfo saluta quanti leggeranno la sua lettera. Il fervore religioso dell’abbadessa e delle monache del monastero di S. Agata di Matelica diocesi di Camerino sotto la quale sono al servizio del Signore Gesù Cristo ed i meriti della loro devozione ci inducono ad agevolarle con speciale favore, esaudendo le loro richieste in una terza domenica di qualsiasi mese ed anno o nel giorno della festa della beata Agata visiteranno il monastero costruito nuovamente a lode di Dio e delle beata, concediamo per la misericordia di Dio onnipotente e per i meriti della B. Maria Vergine il condono della penitenza di un anno per i peccati veniali e di quaranta giorni dei mortali.

Data a Numana il 7 ottobre, indizione seconda.

 

1275 febbraio 11

Lettera di mastro Bernardo, arcidiacono narbonense, cappellano e vicario generale (del Papa) nelle realtà spirituali della Marca anconetana, della massa Trabaria e della città e diocesi di Urbino, all’abbadessa ed al convento del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica. “Avete presentato richiesta a noi per il fatto che il vescovo di Camerino Guido, di felice memoria, vi aveva concesso il privilegio che nessun monastero o chiostro od oratorio potesse costruirsi di nuovo nello spazio di sessanta “canne” attorno al vostro monastero secondo la misura esatta del comitato camerinese, da misurare in linea d’aria, chiedete che vi confermiamo ciò. Con la presente esaudiamo la richiesta vostra, confermandola di nostra autorità e con sigillo nostro. Data a Montecchio l’anno 1275, il giorno 11 febbraio, indizione terza, nell’anno terzo del pontificato di Gregorio X.

 

1277 maggio 30

Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno 1277, indizione V, a tempo di sede vacante della chiesa romana, il giorno 30 maggio a Matelica davanti alla casa di Raniero del signor Viveno, alla presenza dei testimoni Salimbene del signor Sinibaldo, Bencasa Ventura e altri si fece una vendita. Vitaliano Albrici del signor Sinibaldo vendette a Fantesino Rainaldi che rappresentava il signor Matteo del signor Sinibaldo, un terreno indiviso con vigna e l’alberata a confine con il fossato, con Salimbene del signor Sinibaldo, con il signor Berentillo e il predetto Matteo la sua proprietà stabilmente con ogni diritto che aveva nella terra confinante con il fossato, il predetto signor Berentillo e altri, con ogni pertinenza di accesso fino alla via pubblica al prezzo di cinque libre ravennati e anconetane, pagate all’atto concedendo al signor Berentillo,o al rappresentante signor Matteo ogni valore ulteriore con patto che eviti ogni lite sotto penalità del doppio del prezzo e del risarcimento delle eventuali spese di causa, restando valido il contratto sotto ipoteca dei beni. Il predetto Vitaliano di aspetto giovanile dichiarò di essere maggiorenne oltre i 25 anni senza giuramento. Notaio Francesco di Matteo Pietro di autorità imperiale. (Segue atto 1278 ottobre 16)

 

1278 febbraio 16

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1278, indizione VI al tempo del Papa Nicolò III, il giorno 16 febbraio, redatto nel monastero o chiesa di S. Agata di Matelica, alla presenza del signor Ventura, mastro Compagnone, Ivano del signor Scagno, Boccabreza Bartuli, Pietro del signor Giacomo e Napolione di Raniero, testimoni a ciò chiamati.  Donna Alluminata o Latina abbadessa o prioressa del luogo e delle suore di S. Agata di Matelica, e suor Benvenuta monaca di detto luogo di S. Agata, dettero, donarono, consegnarono e sottomisero sé stesse e il detto luogo con i beni le cose e i terreni pertinenti al monastero di S. Maria Maddalena e a frate Giacomo amministratore di questo monastero, il quale le accoglie a nome e per conto di questo stesso monastero di S. Maria Maddalena di Matelica. Esse promisero all’amministratore che le riceve, a nome dell’abbadessa Mattia di esso monastero di S. Maria Maddalena, povertà e castità e di osservare gli istituti regolari del detto monastero. La predetta donna abbadessa possa stabilire le predette monache e suore nel detto luogo di S. Agata e rimuoverle dato che le dette suore di S. Agata  vedono e riconoscono che esse non possono vivere decorosamente in tale luogo e per questo si donarono e si consegnano al monastero predetto per la redenzione dell’anima dai loro peccati. Frate Giacomo amministratore del detto monastero di S. Maria Maddalena accolse le dette suore sotto la regola di esso monastero, con le case, gli edifici, la piazza e il terreno del monastero di S. Agata e con tutti gli altri diritti, azioni, e tutto quello che il luogo loro e le stesse suore insieme o singolarmente hanno o possono avere in ogni modo o causa. Donna Alluminata si riserva la tenuta, il possesso, la proprietà di un pezzo di terra posta nel distretto di Matelica, a Villa Camerani, a confine con il signor Fantegino e con la via. La stessa Alluminata in vita e in morte può fare e lasciare questa particella a sua volontà, dando e concedendo a frate Giacomo amministratore del monastero di S. Maria Maddalena, libera licenza e pieno potere, di propria autorità, di prendere la tenuta ed il possesso delle cose predette di S. Agata e di fare di questo tutto quello che vorranno, promettendo mdi tenere stabile e deciso per sempre e non agire o fare contro in nessun modo, né occasione, né eccezione, obbligando in ciò i beni di S. Agata. Io Bonaventura Benennanti pubblico notaio richiesto presente a tutte le cose scritte, ho sottoscritto e pubblicato.

 

1278 marzo 7

(inizio mancante)  …. fosso del comune, i beni dei figli del fu mastro Matteo, la via con le case, gli edifici……………… contenute entro i confini predetti. Cedettero insieme tutti gli altri diritti e azioni che  il loro luogo e le dette suore congiuntamente o separatamente hanno o potessero avere in qualunque luogo o causa. Revocano ogni loro procuratore, amministratore agente specialmente Salimbene Compagnoni e Sinibaldo Massei per parte di esso luogo e suore di S. Agata, in causa contro il monastero di S. Maria Maddalena. Rinunciano all’interlocutoria o interlocutori e quanto presentato fino al tempo presente contro il monastero di S. Maria Maddalena nell’occasione del muro dell’edificio che veniva costruito in esso luogo e sito in contrasto con la norma di distanza  del privilegio del monastero di S. Maria Maddalena. Stabiliscono che esse possedevano le terre predette, il “casareno”, la casa e gli edifici a nome del detto monastero di S. Maria Maddalena e della donna Mattia. Danno licenza e pieno potere alla stessa donna Mattia ricevente per il detto monastero di prendere possesso di propria autorità di tali beni e di farne quel che volesse. Promettono di mantenere stabile e fermo quest’atto in perpetuo e di rifondere danni e spese obbligando i beni del loro luogo di S. Agata, di non agire in contrario, né contrastare le cose predette né alcuna di esse, né direttamente né tramite altri, sotto la predetta penalità. Il contratto rimane stabile, ratificato, pagata o non pagata la penalità.

Notaio di autorità imperiale Morico da Fabriano richiesto di scrivere rese pubblico l’atto.

 

1278 marzo 7

Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno 1278, indizione VI, al tempo del Papa Nicolò III, il giorno 7 marzo, redatto a Matelica con i testimoni Valentino del signor Iacobo da Gubbio, il signor Federico del signor Alberto, don Accursio pievano della pieve di Matelica e il signor Finaguerra del signor Albricio e Corradino di Bartolo. Iacobuccia (Giacomuccia) di mastro Gentile, Amadea, Umile, Cecilia, Lucia e Angeluccia suore e monache e converse del monastero o del luogo di S. Agata da Matelica, concordemente e all’unanimità sottoposero al monastero di S. Maria Maddalena della stessa terra (Matelica) ed all’abbadessa donna Mattia sé stesse e lo stesso luogo (abitato dalle religiose) con i beni ad esso luogo pertinenti. L’abbadessa Mattia le accoglie a nome del predetto monastero di S. Maria Maddalena. Le suore promisero obbedienza, riverenza, povertà e castità e di osservare la regolare disciplina del predetto monastero. Promisero anche che la predetta abbadessa potesse porre le monache e suore nel detto luogo di S. Agata e che potesse rimuoverle. Le dette suore di S. Agata vedono e conoscono di non poter vivere decorosamente nel detto luogo di S. Agata in cui abitano, considerano che il sito contrasta  con il privilegio di S. Maria Maddalena (per la distanza) e non potendo vivere nella regolarità dentro il luogo di S. Agata donarono e cedettero per la redenzione dei loro peccati, la piazza e il territorio presso il castello di Matelica, con le case e gli edifici e con tutte e singole le cose contenute entro i confini della strada, del fosso del comune, i beni dei figli del fu mastro Matteo e della via. Cedettero insieme tutti gli altri diritti e azioni (giuridiche) che tale loro luogo e le stesse suore congiuntamente o separatamente hanno o potranno avere in qualunque modo o causa. Revocarono ogni procura destituendo ogni agente o amministratore, in particolare Salimbene di Compagnone e Sinibaldo di Masseo per parte di detto luogo e delle suore di S. Agata, già in causa contro il monastero di S. Maria Maddalena. Rinunciarono all’interlocutoria ed agli  interlocutori, se fossero stati presentati sino al tempo presente contro il monastero di S. Maria Maddalena, in occasione del muro dell’edificio che veniva costruito in esso luogo e sito in contrasto con la distanza di privilegio del monastero di S. Maria Maddalena. Stabilirono che esse possedevano il territorio predetto, il casareno, la casa e gli edifici a nome del detto monastero (S. Maria Maddalena)e della detta donna Mattia. Diedero licenza e piena podestà alla predetta donna Mattia ricevente per detto monastero di prendere possesso di propria autorità di tali beni e di farne quel che avrebbe voluto. Promisero di mantenere stabile e sicuro questo atto in perpetuo e di rifondere danni e spese sotto obbligazione dei beni del loro “luogo” di S. Agata, di non agire contro, né contrastare alle cose predette né ad alcuna di esse, sotto la pena già detta, e in ogni caso con o senza pagamento della penalità il contratto permaneva ratificato.  Io Morico da Fabriano notaio di autorità imperiale, presente e richiesto di scrivere, scrissi e resi pubblico l’atto.

 

1278 luglio 17

Nel nome di Dio. Amen. L’anno 1278, indizione VI, al tempo del Papa Nicolò  il giorno di domenica 17 luglio, redatto presso la casa del monastero di S. Maria Maddalena del castello di Matelica, mentre sono presenti come testimoni il signor don Sabbatino di Attone, Giacomo Bonitino e altri si faceva questo atto. L’amministratore del monastero di S. Maria Maddalena Ivano del signor Scagno a nome e per conto dello stesso monastero dichiarando che il monastero è  gravato dal quanto contenuto nella lettera scritta sotto  il ricorso in appello contro  la seguente lettera che era di danno al monastero che rappresentava. Eccone il contenuto della lettera. Don Scagno pievano di Tolentino diocesi di Camerino, canonico e vicegerente dell’arcidiacono e del capitolo della chiesa maggiore (cattedrale) di Camerino saluta nel Signore suora Mattia abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica e le altre religiose monache di tale “luogo”. Dalla relazione presentata a noi sappiamo che voi di vostra autorità avete voluto fare l’unione della chiesa di S. Maria del predetto monastero con quella di S. Agata di Matelica. Ciò desta la nota meraviglia per il fatto che l’unirle non è affatto di vostra competenza. Pertanto ordiniamo a voi e a chiunque legga la presente lettera, per l’autorità che abbiamo  del nostro ufficio dalla chiesa di Camerino di desistere da tale unione e di rispettare in ciò la competenza del vescovo, almeno sino a quando non sarà tornato il vescovo, tutto sia riportato allo stato precedente. Se deciderete in modo diverso incorrerete nella scomunica, che potrà essere tolta dal vescovo. Riportate la situazione (delle due chiese) a come era precedentemente, altrimenti procederemo contro di voi. Data a Camerino il 16 luglio, indizione VI. In contrario potete presentare appello alla nostra presenza entro cinque giorni dopo ricevuta la presente tramite il vostro amministratore. Il notaio imperiale Giunta Albertuzzi scrisse questo appello.

 

1278 luglio 17

Nel nome di Dio. Amen. Nel suo anno 1278, indizione VI, a tempo di Papa Nicolò III, giorno 17 luglio domenica. Redatto presso la casa del monastero di S. Maria Maddalena del castello di Matelica mentre sono presenti don Sabbatino di Attone, Giacomo di Bonitino ed altri testimoni. Ivano del signor Scagno, sindaco del monastero di S. Maria Maddalena del castello di Matelica a nome e per conto dello stesso monastero e a favore dello stesso monastero, dichiarando che egli ed il detto monastero si considerano gravati dal contenuto della lettere scritta di seguito a motivo dell’aggravio inflitto o da infliggere a lui e al detto monastero con l’occasione della stessa lettera vivamente fece appello.  Il contenuto di questa lettera è tale.  Don Scagno pievano di Tolentino canonico camerinese e vicegerente dell’arcidiacono e del capitolo della chiesa maggiore (o cattedrale) di Camerino saluta nel Signore suora Mattia abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica e alle altre religiose monache di detto luogo. Abbiamo notizia di pubblica diffusione che voi avete cominciato l’unione delle chiese di S. Maria Maddalena del monastero sopra detto con quella di S. Agata della detta terra d’autorità (vostra) propria. Siamo meravigliati dell’unione che fate delle predette (chiese) poiché ciò non spetta a voi e in nessun modo vi appartiene. Pertanto con l’ordine della presente lettera a voi e a ciascuno di voi ordiniamo per l’autorità che esercitiamo per la chiesa camerinese, facendo che non voi procediate in nessun modo nel fare la stessa unione, poiché spetta al vescovo camerinese nella sua diocesi, soprattutto in attesa del ritorno dello stesso vescovo. Sotto penalità di scomunica che vogliamo minacciare a voi ed a ciascuno di voi per lo stesso fatto se pensate di fare diversamente, se in qualcosa avete proceduto, riportatelo alla situazione precedente.

La penalità è da togliere ad arbitrio dello stesso vescovo. Diversamente procederemo contro di voi secondo giustizia. Data a Camerino il giorno 16 luglio entrante, indizione VI. Se in verità vi dichiarate gravate dalle cose dette prima provvedete a far giungere il vostro amministratore alla nostra presenza affinché riceva da noi riguardo a ciò il completamento della giustizia. Io Giunta Albertucci notaio pubblico di autorità della maestà imperiale fui presente a questo appello richiesto dal detto Ivano sottoscrissi e pubblicai.

 

1278 luglio 22

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1278, indizione VI, a tempo di Papa Nicolò III, il giorno 22 luglio, nella città di Camerino, davanti alla chiesa maggiore (cattedrale) alla presenza di mastro Bonaventura Benecari notario e di Santisidoro

Bonvicini, richiesti come  testimoni, si fece il presente atto. Mastro Ivano del signor Scagno amministratore e difensore di suor Alluminata abbadessa del monastero si S. Agata e difensore del monastero di S. Maria Maddalena con procura amministrativa, a nome dell’abbadessa e del monastero dei quali era rappresentante, si presentò di fronte e don Scagno pievano di Tolentino e vice gerente dell’arcidiacono e del capitolo della chiesa maggiore di Camerino, secondo quanto richiesto dalla lettera inviata da don Scagno all’abbadessa e al predetto monastero. Il pievano revocò e sospese la sua lettera e gli ordini dati contro di loro, salvo il diritto di lite tra le parti. Rogava l’atto il notaio imperiale Nicola del signor Bentevenia.

 

1278 agosto ?

Billa concesse e diede ad Ivano del signor Scagno di Matelica, amministratore del monastero (di S. Maria Maddalena) ogni diritto e proprietà dei suoi beni e di quelli dell’eredità di suo padre Accursulo e della dote della stessa Billa data con atto notarile a Guccio di Giacomo Mazuca da Fabriano sposo di lei Billa cioè 10 libre ravennati e anconetane che Accursulo suo padre o Zuccio suo fratello aveva di fatto pagato a Guccio di Giacomo Mazuca predetto. Si impegnava a non contrastare mai questa donazione od offerta al monastero, neanche su richiesta di lei neppure col consenso dell’abbadessa. Billa stabiliva Ivano del signor Scagno come rappresentante legittimo, agente, fattore e messaggero speciale allo scopo di esigere dal predetto Guccio di Giacomo le dieci libre della dote anche ponendo causa presso la curia di Fabriano o in ogni altro modo con piena competenza senza alcuna possibilità di essere contrastata. Notaio pubblico Tomaso di Scagno.

 

1278 ottobre 16

Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno 1278, indizione VI, il giorno 16 ottobre al tempo di Papa Nicolò III, a Matelica, davanti alla chiesa di S. Maddalena alla presenza dei testimoni Raso Gualfredi e Benante Gentili Blasi ed altri chiamati per questa vendita, il signor Vitaliano Albrici del signor Sinibaldo vendette e consegnò in proprietà ad Andriolo Iacobi Sinibaldi un terreno arativo e boschivo con pertinenze e accesso sino alla via pubblica nel distretto di Matelica in località Colle a confine con Morico Brici di Gallio, con i figli di Cretarello, con Brunetto Nere, al prezzo pagato di cinquantuno soldi ravennati e anconetani con rinuncia ad ogni rivalsa, amichevolmente, sotto penalità del doppio e ipoteca dei beni, rimanendo valido il contratto. Vitaliano appariva molto giovane e dichiarò di avere più di 25 anni come maggiorenne, senza giuramento. Notaio Francesco del signor Pietro d’autorità imperiale. Segue la nota Frà Giacomo, alla presenza di altro frate testimone (nome frammentato=…….illo)  produsse questo documento come prova al Vicario il giorno 19. )

 

1278 dicembre 2

Nel nome di Dio. Amen. Nel suo anno 1278, indizione VI, al tempo del Papa Nicolò III, il giorno 2 dicembre. Redatto a Matelica davanti al monastero di S, Maria Maddalena mentre so no presenti Matteo di Francone, Cagno di Rinaldo, Martino di Paolo e altri testimoni. Frate Andrea amministratore del monastero di S. Maria Maddalena con il   consenso e la volontà dell’abbadessa consenziente di proprio diritto e proprietà diede, concesse a Vivono un terreno                                              (parte mancante)    che il detto Vivono (deve) avere da Angeluccia monaca del detto monastero erede di Andrea di mastro Pietro Boni per la dote e residuo dotale che il detto Vivono deve avere dal sopradetto mastro di Pietro Boni e suoi eredi come la sua signora Alarica a voce e la figlia del detto Vivono e per il residuo dotale che per essa ebbe dal detto Vivono per la detta donna Alarica e la figlia di detto Vivono e che da detta Angeluccia  per sua parte e ogni eredità è tenuta avere. Dà a Vivono libera licenza e pieno potere di tenuta delle terra, entrarvi, possederla, infeudarla e conservarla come piacerà a lui o a chi gli piacerà darla. Il sindaco con il consenso dell’abbadessa promette che questa terra non è vincolata a nessuno e non sarà concessa ad altri neanche in uso e qualora apparisse che si concedesse lo stesso Sindaco e l’abbadessa Mattia la conservano in dono e si impegnano a ripagare ogni danno di lite, spese e salari con interesse che il detto compratore farà e sosterrà riguardo a ciò con impegno solenne senza bisogno di far giuramento scritto. Il sindaco rinuncia ad ogni ausilio di beneficio o decreto o diritto con cui possa mettersi contro per qualsiasi modo e causa. Il sindaco con il consenso e la volontà dell’abbadessa promise di mantenere e osservare quanto sopra per il detto Vivono e altro concessionario suo sotto penalità di due libre ravennate ed anconetane e sotto ipoteca dei beni di detto monastero.  Le cose scritte sopra rimangono sempre stabili pagate o non pagate le penalità. E promise di rifondere le spese e mantenere tutte queste cose in perpetuo. Io Ventura Massei notaio pubblico fui presente a tutte queste cose e richiesto di scrivere sottoscritti e pubblicai.

 

1279 luglio 3

Nel nome di Dio. Amen. Copia di un atto notarile nei quaderni di mastro Matteo del signo Bentivoglio notaio defunto. L’anno 1279, indizione VII, a tempo di Papa Nicolò III, il giorno 3 luglio nella chiesa di S. Maria Maddalena di Matelica mentre erano presenti come testimoni Frà Alessandro lettore fermano dell’Ordine di Predicatori, Frà Giacomo da Camerino dello stesso ordine, Frà Pietro Egisi, Fra’ Vitale Benvenuti ed il signor Giacomo da Gubbio. Eccone il contenuto. Donna Ricca figlia del fu Curtufone da “Pudio” fece dono puro, libero, semplice a donna Mattia abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena stipulante a nome e per conto di tale monastero della sua dote di 100 (cento) libre ravennati e anconetane, con riserva di usufrutto vita naturale durante. Dopo la morte della donatrice l’usufrutto sia del monastero predetto. Dà e concede allo stesso ogni diritto ed azione che ha dei beni del signor Berretillo suo marito, in occasione della dote e l’abbadessa è resa procuratrice e messa in diritto di agire dopo la morte di costei per ricercare e ricevere la detta dote contro il signor Berretillo ed i suoi beni e abbia potere di fare. La donatrice ha fatto questo per la sua anima e per rimedio dei peccati suoi e dei suoi genitori. Promise che questa donazione non l’avrebbe revocata per nessuna causa d’ingratitudine o qualsiasi altro modo, sotto penalità del doppio della dote e inoltre giurò sui Santi Vangeli di Dio di mantenere stabile e deciso tutto quanto sopra detto e di non fare azione contraria sotto la penalità già detta e con l’obbligo di ripagare le cose dette, i danni e le spese con interessi. La copia del presente atto fu fatta dal notaio pubblico Bonacasa Benvegnati per ordine del giudice e vicario del comune di Matelica, signor Ugolino del signor Leti della città di Osimo e per ordine di Giacomello del signor Claudio da Osimo, con il mandato del Consiglio generale e speciale del predetto comune, nell’anno 1280 il giorno 26 novembre, a tempo di sede romana vacante, a Matelica nella “trasanna” del comune presenti come testimoni don Giacomo Plebani, Giacomo Benincasa, Ivano di Giacoponi e Francesco di mastro Pietro. Il giorno 19 luglio fu presentato di fronte al vescovo da Frà Giacomo, presente Frà Guglielmo.

 

1280 settembre 4

Nel nome del Signore. Amen. L’anno 1280, indizione VIII, a tempo di sede romana vacante del pastore, il giorno 4 settembre, nell’edificio del comune di Matelica sono presenti come testimoni  Andreolo Attoni del signor Gentile, mastro Francesco notaio, Attuzio Curtesoni ed altri. Ivano del signor Scagno amministratore del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica stabiliva come messaggero e procuratore del monastero Girardo Mattei di Matelica con l’impegno speciale di presentarsi con ogni facoltà di fronte a don Toma giudice generale nella Marca nella causa contro Nardonio Giacobelli e Rainalduccio Rainaldi Maiani di San Severino per ottenere con precetto cinquanta libre ravennati e anconetane. Notaio pubblico Bonaventura di Giovanni.

 

1282 luglio 14

Copia della lettera del cappellano del Papa don Guido da Villanova, con sigillo di cera rossa recante l’immagine della Madonna con il Bambino in braccio e sopra due angeli. V’era anche l’immagine dello stesso cappellano con la scritta: Sigillo di Guido da Villanova cappellano del Papa. Eccone il contenuto. Guido da Villanova cappellano del Papa e nunzio rende noto di aver ricevuto da Accursio pievano della pieve di Matelica tre fiorini d’oro per la sua permanenza di un giorno a Matelica. Dà ordine al pievano di ripartire detta somma tra gli ecclesiastici del castello e del territorio di Matelica, del castello e del territorio di S. Anatolia, del monastero di S. Angelo infra hostia, tra le chiede di Fonte Boni e di S. Maria de Galio, entro il termine di dieci giorni, dividendo in parti eguali alle rendite e con potere di scomunica e interdetto a discrezione del pievano. Inserita la seguente lettere apostolica.  Martino Vescovo servo dei servi di Dio a quanti riceveranno questa lettera l’apostolica benedizione (arcivescovi, vescovi, abati, priori, decani, arcidiaconi, arcipreti, pievani ed agli altri prelati, ai loro vicari, gerenti, agli ecclesiastici, religiose, ai capitoli delle chiese, ai conventi esenti e non esenti senza cura di anime dei vari ordini, premostratensi, camaldolesi di Vallombrosa, di S. Benedetto e di S. Agostino, inoltre ai maestri e precettori templari ed ospitalieri di S. Giovanni gerosolimitano e della B. Maria, dei teutonici). Il nostro diletto figlio maestro Guida da Villanova cappellano e nunzio nostro, latore della presente lettera merita per l’impegno e l’attenzione la nostra fiducia negli incarichi per alcuni negozi della chiesa romana. Con il presente scritto chiediamo a voi tutti esortandoci con autorità apostolica ad accoglierlo e trattarlo bene per riverenza alla sede apostolica, quando venisse fra voi, compensando la cifra di 30 soldi turanensi per ciascun giorno per le sue necessità e la sicurezza nell’esplicare le sue funzioni, andando, dimorando e tornando; secondo quanto “di provvigione” vi chiediamo o vi chiederà il suo messaggero. Fate che possiamo rendervi merito, altrimenti considereremo valida la sentenza che lui o altri per lui userà contro i ribelli, fino alla soddisfazione dovuta, senza possibilità di appello e ciò nonostante particolari indulti di legati o nunzi apostolici o lettere apostoliche, privilegi, indulgenze verso chiunque e comunque concessi in contrario. Dato a Orvieto il 1 giugno dell’anno secondo del nostro pontificato.  <La lettera del cappellano munita di sigillo era datata a Matelica il giorno di martedì 14 luglio, indizione X.>

 

1282 luglio 30

Nel nome di Dio. Amen. Don Rainaldo Rampi a don Vitaliano Albricuzi Poiti incaricati della colletta tra chierici ed ecclesiastici o religiosi imposero alle donne di S. Maria maddalena e all’amministratore Fra’ Giacomo sei soldi ravennati e anconetani, con minaccia di scomunica se non versassero entro dieci giorni. Fra’ Giacomo a nome e per conto del monastero e del convento si dichiarò ingiustamente gravato e interpose appello al Papa e al suo camerario e uditori o altri giudici competenti perché mai i monasteri delle donne usarono far versamenti di collette insieme ai chierici e don Guido non ebbe intenzione di farlo con i monasteri delle donne. L’appello fu fatto a Matelica davanti alla pieve il 30 luglio 1282 presenti come testimoni Tomasio monaco del Rotis, Volriano del signor Giacomo da Gubbio e altri, con il notaio pubblico rogante Rigo Servitori.

 

1283 gennaio 30

Nel nome di Dio. Amen. Copia di lettera.  Rainerio del signor Alioni da Monte Fiascone, giudice generale nella Marca scrive ai balivi di curia Gregorio e Graziolo con l’ordine di fare la citazione a tutti coloro che sono nominati per testimoniare da E(n)rico amministratore del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica con l’ingiunzione di presentarsi di fronte allo stesso giudice entro il terzo giorno riguardo all’accusa mossa contro Napolione Raineri ed il suo servo Paulunco, altrimenti si procederà contro di loro.

Data a Tolentino li 30 gennaio, indizione XI.  Ecco i convocati: Giovannuccio Compagnoni, Rubeo (Rosso) Benditti, Nicola Ugolini, Giovannuccio Petri, Priziano Vitali. Citazione fatta come da relazione del 2 febbraio 1283 a Matelica davanti alla casa di mastro Ruggero (Irone ?) di fronte ai testimoni Pietro da S.Angelo, Vegnato Iacobi e altri. Notaio Ventura Massei richiesta da Gaziolo.

 

1283 febbraio 1 e 2

Nel nome di Dio. Amen. Copia di lettera. Rainerio da Monte Fiascone giudice generale nella Marca scrive a Paolo servo (famigliare) di Napolione Rainerii da Matelica. Ti ordiniamo entro il terzo giorno dal ricevimento della presente lettera di presentarti obbligatoriamente di fronte a noi per giustificarti dell’accusa fatta contro di te da don E(n)rigo Guarneri, altrimenti procederemo secondo giustizia. Data a Tolentino il primo febbraio, indizione XI. Il balivo della curia Graziolo riferì al notaio rogante Ventura Massei di aver fatto la citazione predetta a Paolo il giorno di martedì 2 febbraio 1283. Scritta a Matelica davanti alla casa dei figli di Bucaro alla presenza dei testimoni mastro Benvenuto, Borlario Bonacase di Benvegnato e altri.

 

1283

Nel nome di Dio. Amen. L’anno 1283, indizione XI, a tempo di Papa Martino IV, il giorno 10 febbraio, nel distretto di Matelica, presso i mulini Rote del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica e presso la chiusa dei mulini de Porta, alla presenza dei testimoni chiamati signor Giacomo Plebani, Covitto di donna Altasere, Frà Stefano da Colle Stefano, Fra’ Vitale, conversi dello stesso monastero, Pietro da S. Angelo, Clorilto Attona Ivaldi, Giovannuccio Compagnoni ed altri si faceva la convenzione. Attuzio del signor Salimbene per sé e per Mattiolo Bucari e donna Clarissena figlia del fu Scagno per sé e per suo figlio Guarinuccio da una parte e dall’altra Frà Pietro Egidi amministratore e converso dello stesso monastero, come da procura scritta, per la determinazione dell’acqua del fiume Gino che scorre attraverso la chiusa di Attuzio. Di donna Clarissena e di Mattiolo Bucari, chiusa che sta sotto ai mulini del monastero, allo scopo di evitare ogni ulteriore lite né ci siano inconvenienti per i mulini delle due parti che si accordano sotto penalità di cinquanta libre ravennati e anconetane per i contraenti, restando valido questo patto. Si conviene che per regolare la quantità di flusso delle acque nei mulini sottostanti a quelli del monastero si rispetti il segno di ferro posto su una colonna e cioè quel ferro deve restare sempre scoperto dalla superficie delle acqua fluenti per mezzo del “recessorio” della chiusa con “stracolo” dove ora esiste e rimane sino alla “stanga” di Salvone, segnata nella chiusa verso il vallato dei molini del monastero. In tale modo l’acqua è sufficiente ai contraenti e fluisce egualmente fino a detta “stanga” (traversa di legno) senza danni.  Qualora l’acqua salisse sopra al limite stabilito provvederebbero a regolarla. Notaio pubblico Ventura Massei.

 

1283 febbraio 12

Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno 1283, indizione XI, a tempo di Papa Martino IV, il giorno 12 febbraio, nel monastero di S. Maria Maddalena di Matelica sono presenti come testimoni il signor Finaguerra del signor Albrico, Tinglo (Tigno) del signor Albertino, Zovitta Attoni Rubei e Giovanni Petri Tarduzi quando si fa questa convenzione. Da una parte l’amministratore del monastero di S. Maria Maddalena Frà Giacomo da Colle Stefano dall’altra parte Napolione Raineri si accordano per la lite e questione riguardante la terra Rote e Acquimine sita nel fiume Gino. Stabilirono come arbitri Salimbene Bonagiunte presente e Benecasa Ventura assente per un lodo che amichevolmente sarebbe stato accettato dalle due parti in questione salvo l’ordine giuridico, anche nel caso che ciascuna delle due parti  dovesse fare atto di vendita o di permuta per qualche superficie della terra di Rote e Acquimine. I confini sarebbero stati posti per mezzo di Albricuccio Ugolini e di Pietro Bentevenga. L’accordo doveva restare stabile come da lodo o sentenza arbitrale, con penalità di cento libre ravennati e anconetane a chi di loro la contrastasse, sotto ipoteca dei beni.  Notaio pubblico Atto(ne) del signor Giacomo.

 

1283 dicembre 4

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del signore 1283, indizione XI, a tempo di Papa Martino IV, il giorno 4 dicembre nel castello di Matelica davanti alla casa di Mattiolo Bucari sono presenti come testimoni Giovanni Commanoli Giordani, Benencasa Venture,  Sclacro Datali Bernardi e altri quando si fa questa concessione.  L’amministratore del monastero di S. Maria Maddalena di Mateliva, Frà Giacomo converso a nome del suo monastero e del convento dello stesso monastero concede a Boncore Buzerti e a Mattiolo figli del fu Bucaro un corso di acqua che passa per il vallato dei mulini di essi figli di Bucaro presso la terra del monastero, sopra e sotto il confine di mastro Bernardo con facoltà di deviare e contenere l’acqua nel corso del vallato che ora è quel che contiene la terra del monastero, evitando però ogni inconveniente per i mulini del monastero posti nel fiume Gino vicino alla terra del monastero. Il vallato del fiume doveva essere mantenuto così come era e doveva essere custodito e riattato a spese loro, senza alcun danno. Inoltre non doveva far tagliare le piante o alberi che erano nella terra del monastero. Concede quanto sopra in perpetuo con ogni pertinenza ed accesso alle vie pubbliche. Per chi delle due parti mancasse agli impegni, la penalità era stabilita a cinquanta libre ravennati e anconetane con risarcimento delle spese, sotto ipoteca dei beni.  Notaio ser Bartolomeo Scagni.

 

1284 marzo 13

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1284, indizione XII, il giorno 13 marzo a tempo di Papa Martino IV, a Matelica nella casa della testatrice erano presenti come testimoni chiamati: Cagno Salvi Orselli, Bonagrazia Gennari, Bonconforto Iacobo Bruni, Attuzio Attoni Raini, Cenamuzio Danieli, Salimbene Ciceri, Rigozio Ascarano, Vanne da Firenze. Fece testamento donna Ventura vedova di Raniero Albertucci, malata nel corpo, sana di mente, per non far sorgere in seguito qualche lite  sui suoi beni. Lasciava in testamento 20 soldi da spendere secondo i canoni e le consuetudini della diocesi di Camerino. Lasciava per la sua anima 20 soldi ravennati e anconetani da spendere secondo la volontà della fidecommessa stabilita di seguito, in occasione del funere. Lasciava 20 soldi per quando sarà restaurata la chiesa di S. Paolo. Lasciava 5 soldi per riparare la chiesa di S. Antonio. Lasciava al cappellano di S. Paolo, per offerte e decime alla di lei morte 12 soldi.  Per eventuale maltolto altri cinque soldi. Lasciava per fare cantare le messe 12 soldi, affidati all’esecuzione testamentaria. Lasciava a Vanne da Firenze come legato 6 soldi. Stabiliva come erede degli altri suoi beni mobili ed immobili e dei diritti la figlia sua domma Massaria. Sceglieva la sepoltura nella chiesa di S. Antonio di Matelica. Come fideicommessa (esecutrice) stabiliva la stessa donna massaria. Questa era la sua ultima volontà da far valere come testamento o almeno come codicillo.  Notaio imperiale Peregrino Rubei.

 

1284 giugno 10

Nel nome di Dio. Amen. L’anno del Signore 1284, indizione XII, a tempo del Papa Martino IV, il giorno 10 giugno, sono presenti come testimoni chiamati nel monastero di S. Maria Maddalena Lazano del signor Giacomo, Verliuzio del signor Giacomo, Fra’ Vitale, Fra’ Giacomuccio e altri per la seguente procura. Donna Mattia abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica con unanime volontà delle monache del monastero cioè delle consorelle Cristina, Agnese, Andrea, Luzia, Berardesca, Margarita, Isabetta, Catelli, Daniela, donna Cristina, Amadea, Agata, Daniela, Gicomuccia, Barbara, Aurea, Cecilia, Graziadeo, Giacomella, Mattiola, Aluminata, Vittoria, Filippuccia stabilì come procuratore del monastero, il suo converso Frà Giacono da Colle Stefano, amministratore, agente, fattore, nunzio speciale nella questione e causa contro Federico del signor Alberto, Adelarduzio suo figlio, il signor Matteo del signor Giovanni a motivo dei diritti di una chiesa di S. Maria de Vablano (Vibiano) e contro Corraduccio Bartoli e gli eredi di Rainalduccio del signor Alberto e in generale per le cause del monastero presso la curia del marchese e dei suoi ufficiali e presso qualunque altra curia, con tutte le competenze di procuratore sotto pena e ipoteca dei beni dello stesso monastero.  Notaio pubblico Ventura Massi.

 

1284 luglio 11

Nel nome di Dio. Copia di lettera. Maestro Stefano canonico della chiesa di S. Petro Turrice, vicario generale nelle realtà spirituali della Marca anconetana scrive a don Rainaldo rettore della chiesa di S. Marcello di Matelica. Ordina di sequestrare i frutti o rendite della chiesa di S. Maria de Vablano (Vibiano) del distretto di Matelica e di tenerli lui fino a nuovo ordine dato il fatto che c’è questione aspra per la spartizione di essi tra l’amministratore del monastero di S. Maria Maddalena da una parte e dell’altra parte Federico del signor Alberto con il figlio Adelarduccio assieme al signor Matteo di Giovanni per la metà della chiesa e c’è pericolo che i contendenti giungano ad atti di rissa con armi. Data a Tolentino il giorno 11 luglio, indizione XII.  \ La lettera fu presentata  don Rainaldo da Fra’ Andrea amministratore del predetto monastero a Matelica presso l’abitazione di Giacomuccio Compagnoni alla presenza dei testimoni: Vitaliano, Venutolo di Morico Bernardi e di Giovanni Accurrimbone Gincleri il giorno 13 luglio 1284 a tempo di Papa Martino IV, indizione XII.  Notaio Bartolomeo Scagni.

 

1285 agosto 21

Nel nome del Signore. Amen. L’anno 1285, a tempo di Papa Onorio IV, il giorno 21 agosto nella chiesa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica, mentre sono presenti frate Raniero di mastro Gicomo Accursi Blance, Vituzione Attolini e Andreolo di Ivano del signor Scagno testimoni a ciò richiesti e chiamati. Suor Mattia abbadessa di esso  monastero delle donne di S. Maria Maddalena con consenso unanime dello stesso convento del monastero, suor Agnese, suor Cristina, suor Margarita, suor Isabetta, suora Andrea, suor Diotama, Suor Aurea, suor Lucia, suor Daniela, suor Bernardesca, suor Cristiana, suor Giacomella, suor Giovanna, suor Mattiola, suor Vittoria, suor Catalina, suor Filippa, suor Isaia, suor Alluminata, suor Amadea, suor Graziadei, suor Simonetta, suor Gidiuccia. Suor cecilia, decisero di stabilire come loro amministratori, procuratori, messaggeri speciali in forma solidale il converso e famiglio del monastero Fra’ Vitale e Verbuzio del signor Giacono da Gubbio con tutte le competenze per trattare un compromesso con Fra’ Nicola vicario del vescovo di Camerino che amichevolmente deciderà delle questioni insorte tra il monastero da una parte e dall’altra parte Ivano del signor Scagno rappresentante della moglie Sibilia, figlia del fu Rainaldo, in particolare per la richiesta presentata da Ivano al monastero di ricevere 57 libre ravennati e anconetane a nome della moglie. Il monastero accoglierà le loro decisioni senza contrasti. Notaio pubblico Bonaventura di Giovanni.

 

1286 febbraio 28

Rambotto per divina misericordia vescovo di Camerino a tutti i fedeli cristiani che vedranno questa lettera, salute nel Signore. Se consideriamo secondo il detto del Sapiente, che il tempo è da seminare con i meriti e dobbiamo raccogliere la mietitura di ciò che abbiamo in terra seminato con frutto moltiplicato in cielo, dobbiamo aprire il cuore caritatevole verso tutti i bisognosi, ma ancor più spiritualmente e più abbondantemente verso coloro che spontaneamente si sottopongono alla povertà di spirito.  Le dilette in Cristo monache e abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica nella diocesi di Camerino, disprezzando i piaceri mondani, scelsero di servire Dio aggiungendo una volontaria povertà ed hanno bisogno che i fedeli cristiani offrano piamente a loro l’aiuto caritatevole. Esortiamo e preghiamo tutti voi nel Signore, a remissione dei vostri peccati, disponendo che eroghiate loro sussidi caritatevoli in modo che la vostra sovvenzione dia loro un sussidio e voi, a motivo di questa o di altre opere buone che farete ispirati dal Signore,  possiate giungere alla gioia dell’eterna felicità. Desideriamo che la predetta chiesa della Beatissima sia frequentata degnamente ed a tale scopo rilasciamo per la misericordia di Dio e dei beati apostoli Pietro e paolo, l’indulgenza di cento giorni sulla penitenza imposta nella confessione a coloro che pentiti si recheranno per devozione alla chiesa predetta in qualsiasi domenica fino alla festa di Pasqua inclusa la sua ottava, non oltre, e faranno opere di caritatevole aiuto. Data a Camerino li 28 febbraio 1286 (con sigillo pendente).

 

1286 settembre 12

Nel nome di Dio. Amen. L’anno 1286, indizione XIV, a tempo di Papa Onorio IV, il giorno 12 settembre, nel monastero delle donne di S. Maria Maddalena del castello di Matelica sono presenti come testimoni Giacomo Benvenuti da Sefro, Francesco Marcloni e Domenico Petri Faide quando donna mattia abbadessa del monastero predetto con unanime volontà delle monache e suore del monastro Cristina, Agnese, Giacoma, Margarita, Catarina, Alluminata, Daniela, Graziadea, Diotama, Lucia, Vittoria, Cecilia, Cristiana, Aurea, Giacomuccia, Cecilia, Giustina, Andrea, Ogenia, donna Filippa, Isaia, Simonetta, Filippuccia, Amodea, Mattia, Gidiuccia, , Benvenuta, Isabetta e Sperandea stabilì Fra’ Giacomo Ugolini come amministratore, agente, procuratore e messaggero speciale del monastero e del suo convento con la procura a ricevere o la remissione e la quietanza definitiva del reverendo padre don Rambotto vescovo di Camerino riguardante la condanna a cinquanta libre ravennati e anconetane fatta dallo stesso vescovo contro il predetto monastero in occasione della devastazione fatta del monastero di S. Agata e inoltre con il mandato di presentarsi a don Gentila da Muralto canonico o a Mosca Savinelli a motivo del mutuo di 50 libre fino all’inizio dell’ottobre prossimo. Egli doveva dichiarare di fronte al vescovo tale debito e ricevere dal vescovo il precetto per tale somma. Se entro il termine stabilito non fosse stata pagata la somma predetta il monastero doveva essere sottoposto (si sottoponeva) alla scomunica e all’interdetto ecclesiastico contro l’abbadessa e contro le suore. Ogni decisione del procuratore rimaneva stabilita sotto ipoteca dei beni del monastero.  Notaio pubblico Atto(ne) del signor Giacomo.

 

1286 settembre 13

Nel nome del Signore. Amen. L’anno del Signore 1286, a tempo di Papa Onorio IV, a Camerino nella cappella del palazzo dell’episcopato, il giorno 13 settembre sono presenti come testimoni chiamati Don Gualtiero priore di S. Sebastiano di Camerino, don Pietro priore di S. Giacomo di Muralto, mastro Offreduccio di donna Amata, Corrado di Giovanni e Corraducccio di Domestico, quando il vescovo di Camerino Rambotto a nome dell’episcopato per sé ed i suoi successori fece remissione, fine e quietanza definitiva valevole in perpetuo a Frà Giacomo Ugolini sindaco del monastero si S. Maria Maddalena di Matelica , agente a nome di esso monastero della somma di 100 libre di condanna fatta allo stesso monastero o suo sindaco Giacomuccio del signor Finaguerra in occasione della violazione e della scomparsa avvenuta del monastero di S. Agata sito presso il fosso di Matelica presso lo stesso monastero di S. Maria Maddalena ad opera dei famiglia, degli agenti e coadiutori di questo monastero. Il vescovo cancellava e annullava ogni condanna, sentenza e processo fattone contro questo monastero e contro il suo sindaco Giacomuccio o contro altro rappresentante. Annullava anche ogni promessa per mezzo di Giacomuccio al signor Finaguerra, amministratore, in particolare il precetto fattogli di pagare 50 libre scritto da mano del notaio mastro Nicola da Osimo. Il vescovo fece tutto ciò per il fatto che ricevette dallo stesso amministratore per conto del monastero predetto e suo convento, a tacitazione di tutte le spese calcolate nella scomparsa di S. Agata la somma di cinquanta libre ravennati e anconetane che il vescovo ebbe. Pertanto tutto veniva quietato con dichiarazione rilasciata all’amministratore Gicomuccio, valida in perpetuo sotto penalità del doppio con ipoteca dei beni dell’episcopato.  Notaio pubblico Riccerio, ora notaio del vescovo.

 

1286 settembre 13

Rambotto vescovo di Camerino, per divina misericordia, saluta nel Signore le donne religiose, l’abbadessa ed il convento del monastero di S. Maria Maddalena da Matelica.  Di fronte ad una richiesta giusta, tanto la forza dell’equità quanto l’ordine razionale esigono che ciò per la sollecitudine del nostro ufficio giunga al dovuto effetto. Pertanto, o dilette (figlie) in Cristo, ascoltando la vostra domanda confermiamo l’unione, l’obbligazione, la sottomissione, la promessa, la donazione o cessione fatta per mezzo della prioressa o abbadessa e monache del luogo di S. Agata sito presso Matelica, dopo aver considerato la vicinanza e la povertà del predetto luogo di S. Agata, in cui le monache ivi dimoranti non potevano osservare la regolare continenza (vita religiosa), come risulta più chiaramente dal documento redatto dal notaio Morico da Fabriano il cui contenuto consideriamo da inserire qui parola per parola per maggior certezza e stabilità. Conosciamo con pienezza di scienza la sottomissione, la donazione, la cessione, la promessa, l’unione e ogni altro impegno deciso nell’atto scritto da mastro Morico da Fabriano da parte dell’abbadessa o prioressa del detto luogo di S. Agata e da parte delle monache del detto luogo alla detta abbadessa o del sindaco del detto monastero, confermiamo tutto ciò e se in tale atto si trovasse qualche difetto, suppliamo con la nostra ordinaria autorità e uniamo i luoghi predetti delle religiose.  Non sia lecito a nessuna persona violare  questo nostro atto di unione e di conferma né contrastarlo con temerario ardire. Se qualcuno userà la presunzione di tentarlo sappia che incorre nell’indignazione dell’onnipotente, della Beata Vergine Maria, dei beati apostoli Pietro e Paolo, dei santi Venanzio martire ed Ansovino confessore.  Su nostro ordine il notaio Riccerio, nostro notaio scrive e rende pubblica la presente lettera e la convalida con l’apporvi il nostro sigillo per maggior fede e certezza. Fatto e dato a Camerino nella cappella del palazzo dell’episcopato nell’anno del Signore 1286, indizione XIV, a tempo del Papa Onorio IV, il giorno 13 settembre alla presenza di don Pietro priore di S. Giacomo di Muralto, don Gualtiero priore di S. Sebastiano, mastro Offreduccio notaio, Corrado di Giovannuccio e Corrado di Domestico, testimoni chiamati all’atto. Ed io Riccerio da Camerino, pubblico notaio, ora notaio del detto vescovo, presente a tutto ciò, su richiesta del vescovo scrissi per sua autorità, scrissi e resi pubblico l’atto e vi posi il mio nome e sigillo consueto.

 

1286 novembre 14

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1286, indizione XIV, a tempo del Papa Onorio IV, il giorno 14 novembre, nel palazzo del comune di Matelica, dopo riunito per voce del banditore al suono della campana il consiglio generale speciale di credenza (economato) del Capitano delle Arti e del consiglieri, al solito modo, il signor Gualtiero da Macerata, giudice e vicario del comune di Matelica propose di trattare il da farsi riguardo al terreno o spazio delle donne del monastero di S. Maria Maddalena occupato dal comune per il muro comunale fatto di nuovo e riguardo al danno arrecato al monastero per il prato ed altro. Egli chiese si desse un buon consulto. Parlò Corraduccio Bartoli, alzandosi nell’arengo, propose una colletta di 40 libre ravennati ed anconetane di cui 30 per il terreno dovuto alle donne del monastero e 10 per il danno dato in occasione del muro comunale e per altri danni, e così pagare. Nella delibera del presente consiglio, dopo che il predetto giudice pose ai voti con l’alzarsi (a favore) e sedere (contro) piacque a tutti porre 40 libre nella dativa dell’anno corrente o nel dazio per il decoro e pagare come sopra al monastero.  Il notaio Mazio, con testimoni Corraduccio Bartoli, mastro Francesco di mastro Pietro, gioannuccio di Giacomo e Francesco B(on)afede, scrisse per ordine del giudice.

 

1286 novembre 20. \\   Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1286, indizione XIV, a tempo del Papa Onorio IV, il giorno 20 novembre nel monastero di S. Maria Maddalena di Matelica erano presenti come testimoni Albrico di Giacomo Bruti, il mugnaio Matteo e Giovanni da Foligno quando l’abbadessa del monastero, donna Mattia con volontà unanime delle monache e suore e consorelle presenti Cristina, Agnese, Giacoma, Margarita, Catarina, Alluminata, Daniella, Graziadeo, Diotama, Lucia, Vittoria, Cecilia, Cristiana, Aurea, Giacomuccia, Cecilia, Giustina, Andrea, Eugenia, donna Filippa, Isaia, Simonetta, Filippuccia, Amadea, Mattia, Guiduccia, Benvenuta, Isabetta e Sperandia, riunite in capitolo stabilì assieme al convento il signor Enrico Guarneri accettante come legittimo amministratore, procuratore, messaggero speciale per presentarsi di fronte al reverendo padre e vescovo di Camerino, Rambotto per ottenere una proroga della scadenza di pagamento di tredici libre ravennati e anconetane, residuo del debito della condanna di cinquanta libre fatta al monastero dallo stesso Rambotto in occasione della devastazione del monastero di S. Agata. Tale proroga che iniziava dal giorno di S. Andrea sarebbe stata dilazionata a nuova scadenza secondo la volontà del vescovo che sarebbe stata comunicata a motivo del mutuo, sia a don Gentile da Muralto, sia a Mosca Savinelli. Si sottomettevano al dover, in caso di inadempienza, sottostare alla scomunica per lui per l’abbadessa e per le suore e all’interdetto ecclesiastico per il monastero loro.  Alla fine avrebbe ricevuto la quietanza e la liberazione del pagamento. Quanto avrebbe deciso il procuratore sarebbe stato stabilmente rispettato dal monastero, sotto ipoteca dei beni.  Notaio pubblico Salimbene del signor Sinibaldo.

 

1287 aprile 19

Nel nome di Dio. Amen. Copia di una lettera. Bernardo di Assisi giudice generale nella Marca scrive per parte del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica a Matteo di Attone Bonatti,  a Benintenni Clementi, a Giacomo di Compagnone Bonatti, a Rainaldo Migliori, a Benvenuto di Compagnone Bonatti, a Giacomo di Ventura Bonatti, a Rainaldo Bonatti, a Benedetto di Accursio Paganelli, a Compagnone Petroceni e ai figli di Ugolino Accursi de Blanca di Matelica.  Ho ricevuto l’esposto contro di loro che lavorano e coltivano alcuni terreni posseduti un tempo da Beretillo o dal signor Matteo del signor Sinibaldo di Matelica. Ora li possiede legittimamente il monastero di S. Maria Maddalena. Ordiniamo a ciascuno di voi, sotto pena ad arbitrio nostro e della curia che dovete pagare integralmente i frutti di tali terreni al monastero predetto. Se volete contrapporvi presentatevi entro tre giorni dal ricevimento di questa lettera alla nostra presenza per rispondere a quanto sopra esposto e aver giustizia. Altrimenti procederemo contro di voi.  Data a Montolmo il giorno 19 aprile, indizione XV.  Questa lettera di citazione fu notificata dal balivo della curia Gregorio, eccetto Matteo di Attone Bonatti ed i figli di Ugolino Accursi che per essere minorenni sono dispensati.  Il balivo ne fece relazione al notaio pubblico Ventura Massei nel 1287 indizione XV, a tempo di sede romana vacante del pastore, il giorno 27 aprile a Matelica davanti alla casa del figlio di Rainaldo Cacciaconti alla presenza del testimoni Simone Severini, ser Vannetto, Salimbene, Giacomuccio di Rainaldi Bonatti.

 

1287 settembre 26

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1287, indizione XV, quando la chiesa romana era vacante del pastore, il giorno 26 settembre a Matelica nel monastero di S. Maria Maddalena erano presenti come testimoni mastro Percivalle un tempo da Cesena, Giovanni duo figlio e Verbuzio del signor Giacomo. Dopo riunito il capitolo di tale monastero donna Mattia abbadessa della donne del monastero stesso con la volontà unanime delle consorelle viventi in monastero, Agnese, Margarita, Isabetta, Cristina, Daniela, Lucia, Andrea, Catarina, Diotama, donna Cristiana, Giacomucci, Giovanna, Mattiola, Vittoria, Isaia, Alluminata ed altre monache e suore, stabilì come legittimi amministratori, procuratori, agenti, difensori e messaggeri speciali il signor Enrico da San Severino e Fra’ Giacomuccio converso dello stesso monastero per presentarsi di fronte al reverendo padre vescovo di Camerino don Rambotto e alla sua curia e di fronte ai giudici generali “temporali” della chiesa romana per le questioni vertenti tra il monastero da una parte e dall’altra parte i Frati di S. Agostino a motivo dei beni del signor Ma(tt)eo (o Masseo) del signor Sinibaldo e don Vitaliano Albrici. Essi hanno tutte le competenze giuridiche e quanto sarà da loro stabilito sarà valido per il monastero, sotto ipoteca.  Notaio Leva di Bonagiunta da Matelica.

 

1287 dicembre 10

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1287, indizione XV, quando la chiesa romana era vacante del pastore, il giorno 10 dicembre, nel castello di Matelica nella chiesa di S. Maria Maddalena, sono presenti come testimoni richiesti: Giacomuccio di Accursio Altemilie, mastro (Ra)nallo Carsolino e Sune Vitale. Dopo riunito il capitolo del monastero delle donne di S. Maria Maddalena di Matelica assieme all’abbadessa Matelda fu espressa la volontà unanime dalle sue consorelle e dalle suore, dai frati e dai conversi presenti in capitolo, cioè Cristina, Agnese, Margarita, Cristiana, Andrea, Catarina, Diotama, Isabetta, Lucia, Daniela, donna Cristina, Alluminata, Giacobuccia, Amadea, Filippuccia, Agata, Cecilia, Giustina, Gidiuccia e di tutte le altre monache e suore viventi nel suo monastero e stabilirono insieme suore e frati concordemente che Frà Giacomo del signor Scagno e Fra’ Giacomuccio conversi del loro monastero e Annibale del signor Scagno di Camerino come amministratori, delegati, agenti, difensori, procuratori e messaggeri speciali per presentarsi a nome del convento e del monastero di fronte al reverendo don Rambotto, vescovo di Camerino, alla curia e all’uditore vicario come pure di fronte al ogni giudice “temporale”e spirituale per la causa con suor Francesca figlia del fu signor Burgarelli con tutte le competenze giuridiche, ritenendo stabile quanto decideranno, sotto ipoteca dei beni monastici.  Notaio pubblico Tommaso Scagni.

 

1288 ottobre 22

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1288, indizione prima, a tempo del Papa Nicolò IV, il giorno venerdì 22 ottobre nel palazzo del comune di Matelica sono presenti come testimoni Francesco Attolini e Faccibene Marzari quando il giudice e vicario del comune di Matelica il signor Bonaccorso di Montecchio (ora Treia) fece precetto di bando per Iagnino di mastro Percivalle della Romandiola con pena di 100 soldi ravennati e anconetani allo scopo che abbia a completare la porta entro tre mesi che promise di fare a Giacomuccio del signor Finaguerra per conto del monastero di S. Maria Maddalena.  Le ante della porta dovevano essere come quelle della porta del “luogo” (convento) dei Frati Minori di Morro. L’attuale amministratore del detto monastero Frà Giacomo darà il necessario per fare l’opera a Iagnino secondo l’atto scritto da mastro Rigo Servi e ciò su richiesta dello stesso amministratore. Inoltre il giudice Pancrazio incaricò Benvenuto Bellafonte a controllare che Ignino esegua  quanto sopra espresso.  Scrisse per ordine del giudice il notaio pubblico Monaldo Baculi.

 

1289 aprile 18

Nel nome di Dio. Amen. L’anno 1289, indizione seconda, a tempo del Papa Nicolò IV, il giorno 18 aprile nel palazzo del comune di Matelica sono presenti mastro Attone del signor Giacomo e Giliolo Casaio, testimoni.,quando il giudice e vicario del comune di matelica, il signor Giovanni Corradi da Foligno, in esecuzione del precetto fatto dal predecessore giudice di Matelica, signor Bonaccorso di Montecchio (ora Treia) fece precetto a Iagno (Iagnino) di mastro Percivalle per bando di cento soldi ravennati e anconetani con scadenza a metà maggio per portare a termine  e perfezione la porta del monastero di S. Maria Maddalena secondo il contratto tra lo stesso Iagno (Iagnino) e l’incaricato del monastero Giacomuccio del signor Finaguerra, atto scritto dal notaio Rigo Servi. Ciò a richiesta dell’attuale amministratore del monastero Fra Giacomo. Il notaio pubblico Monaldo Baculi scrisse su mandato del giudice.

 

1290 febbraio 23

Copia di lettera  Nicolò vescovo, servo dei servi di Dio, saluta il venerabile fratello vescovo di Pesaro con l’apostolica benedizione. Hanno presentato a noi querela l’abbadessa ed il convento di S. Maria Maddalena di Fano dell’ordine di S. Benedetto contro l’abate de Rotis e contro l’abbadessa di S. Maria Maddalena di Matelica dell’ordine predetto, diocesi di Camerino a motivo delle offese ricevute da loro riguardo ad alcune somme di denaro e ad altri beni terreni e possessi. Incarichiamo te, o fratello, con mandato apostolico di convocare le parti ed udire la causa, senza possibilità di appello, in modo da ultimarla e da far eseguire la sentenza che fari con censura ecclesiastica. Se i testimoni che saranno chiamati si ritirassero per timore o per odio, senza appello, con simile censura inducili a dar testimonianza veritiera. Data a Roma presso S. Maria maggiore il 24 febbraio del terzo anno del nostro pontificato. La lettera fu presentata al venerabile vescovo di Pesaro don Accursio nel palazzo del suo episcopato da don Benvenuto rettore della chiesa di S. Bartolo  di Fano alla presenza dei testimoni Ugolino rettore della chiesa di S. Giovanni de Foldugo, Francesco sacrista della chiesa pesarese, Samperolo famiglio del sopradetto vescovo.  Il rescritto pontificio era con bolla (sigillo) pendente recante le immagini di S. Pietro e Paolo, l’anno 1209  <=errore> > Notaio imperiale Gerardo di Federico Teutonico di Matelica.

 

1290 agosto 30

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno dalla natività 1290, indizione terza, a tempo del Papa Nicolò IV, il giorno 30 agosto il venerabile vescovo di Pesaro don Accursio incaricato di giudicare la causa del monastero di S. Maria Maddalena di Fano contro il monastero de Rotis e contro quello di S. Maria Maddalena di Matelica. Eran presenti i procuratori Ugolino rettore della chiesa di S. Giovanni dei figli di Ugone per l’abbadessa Giovanna di Fano da una parte dall’altra Offreduccio di Tomasso Bonagiunte di Matelica per l’abbadessa di Matelica. Il vescovo giudice assegna con la loro volontà la scadenza di otto giorni per presentare la risposta del monastero di Matelica. Erano presenti come testimoni  Fra’ Grazia di Matelica, don Matteo di Rieti vicario del detto vescovo ed il signor Toma Florani di Matelica. Il giorno 8 settembre (domenica) di fronte allo stesso vescovo giudicante era presente il procuratore di S. Maria Maddalena di Fano, Ugolino e non era presente il procuratore di S. Maria Maddalena di Matelica. Offreduccio. Considerata la contumacia, mentre il procuratore avverso l’assegnazione dei beni  chiesti, il vescovo, per essere equilibrato, prorogò la scadenza al lunedì prima dell’ora terza (mezzogiorno). Lunedì 9 settembre Offreduccio si presentò dichiarandosi pronto a sostenere le ragioni del monastero di Matelica che rappresentava per la giustizia.  Eccone il contenuto dell’accusa. Di fronte a voi venerabile vescovo di Pesaro, giudice delegato dal Papa, il procuratore di S. Maria maddalena di Fano, Lunardello Ranieri di Pesaro agisce contro il procuratoredi S. Maria Maddalena di Matelica Offreduccio di Tomasso per riavere alcuni terreni qui elencati e l’abbadessa di Fano Giovanna portò con sé nel monastero di Acquaviva di Matelica quando vi fu presa come monaca. L’abbadessa di Fano poi ha preso (assunto) il monastero di Acquaviva con l’autorizzazione dell’abbadessa e delle consorelle di Acquaviva, ora vuole che le siano restituiti al monastero di S. Maria Maddalena di Fano con aggiunta i frutti e con risarcimento delle spese, salvi i suoi diritti. Si tratta di una vigna sita nel territorio di Matelica in località Subbiano a confine con la via, con i figli di Pietro Bize, e con altra via. Inoltre altra vigna nella stessa località a confine con la via, con Monaldo Bonomi da Pugito, con i figli di Tursolo, con Rubeo di Bone Benamate. Inoltre un campo in Casanova a confine con la via, con Salimbene Petri da Vinano e con Gualtiero. Il procuratore di S. Maria Maddalena di Matelica ricevette il testo dell’accusa. Il giudice don Accursio vescovo stabilì ai procuratori come scadenza per comparire con la risposta tra dieci giorni e se fosse giorno festivo, compaiano il giorno seguente, non festivo, ciò sotto minaccia di scomunica. Presenti come testimoni don Matteo vicario del predetto vescovo, e Bonacquisto da Matelica e altri. Notaio Gerardo Federici di Matelica figlio di Teutonico prima notaio imperiale ora notaio del vescovo di Pesaro.

 

1290 settembre 21, 26, 28; ottobre

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1290, indizione terza, a tempo del Papa Nicolò IV, il giorno 21 settembre di fronte al venerabile Accursio, vescovo di Pesaro e giudice delegato dal Papa per questa causa, si presentò Lonardello procuratore del monastero, dell’abbadessa e del convento di S. Maria Maddalena di Fano per agire contro l’abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica e chiese che si procedesse data la contumacia del procuratore matelicese con l’assegnazione dei beni richieti. Di seguiro il 26 settembre lo stesso procuratore Lonardello presentò questa richiesta: “Di fronte a voi venerabile Accursio vescovo di Pesaro e giudice delegato dal Papa per la causa tra i monastero di S. Maria Maddalena, quello di Fano con l’abbadessa Giovanna contro quello di Matelica, il procuratore Lonardello (come sopra)  chiede che si pronunci la sentenza contro il monastero di Matelica perché dopo la scadenza perentoria è contumace  ed i beni da lui richiesti vengano dati al monastero di Fano “. Di seguito il 28 settembre. Noi Accursio per grazia divina vescovo di Pesaro e giudice delegato nella causa vertente tra l’abbadessa e convento del monastero di S. Maria Maddalena di Fano da una parte e dall’altra parte l’abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica , dato il fatto che Offreduccio di Tomasso di Matelica procuratore del monastero matelicese, dopo l’ingiunzione a comparire non si è presentato né direttamente né tramite altro responsabile per rispondere alle richieste di Lonardello procuratore del monastero fanese, nonostante la scadenza stabilita e prorogata, noi dichiariamo contumace e perché non si avvantaggi della sua disobbedienza, con l’autorità ricevuta decretiamo che il predetto Lonardello sia messo in possesso dei beni, allo scopo di salvaguardarli e cioè di una vigna in territorio matelicese, località Subbiano, inoltre altra vigna nella stessa località, a confine con la via, con Monaldo Bonomi da Pusito, con i figli di Torsolo e con Rubeo (Rosso) di Bone Bonamate, inoltre di un campo in località  Casanova di Matelica a confine con la via, con Salimbene di Pietro da Vinano e con Gualtiero, come beni rivendicati. Il procuratore Offreduccio viene condannato a pagare le spese fatte dal predetto Lonardello.  Scritto nel chiostro dell’episcopato di Pesaro alla presenza dei testimoni don Matteo del signor Paolo Oddoni di Rieti, vicario del predetto vescovo, Federico di Cunte Galiani da Fano, piacentino cuoco del predetto vescovo e Guglielmo Cuntoli da Sersulta (Seratta).  Il vescovo stabilì come esecutore don Matteo Vettorina da Matelica presbitero e rettore della chiesa di S. Donato di Monte Vetularum, diocesi di Pesaro.  Il giorno 5 ottobre nel palazzo dell’episcopato di Pesaro alla presenza di don Matteo del signor Gentile da Matelica e di don Matteo da Rieti, vicario del predetto vescovo, fece relazione don Matteo di Matelica, rettore di S. Donato dicendo di aver dato possesso dei beni come da sentenza all’abbadessa del monastero di Fano Giovanna.  Notaio imperiale e vescovile il matelicese Gerardo Federici figliolo del Teutonico.

 

1290 ottobre 2

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1290, indizione terza, a tempo del Papa Nicolò IV, il giorno 2 ottobre, nel distretto di Matelica e nei luoghi espressi di seguito erano presenti come testimoni il notaio mastro Francesco di mastro Pietro, il medico mastro Simone di Egidio e Guccio Francisci, quando don Matteo rettore della chiesa di S. Donato di Monte Vetulalum per mandato scritto di don Accursio, vescovo di Pesaro e giudice delegato, diede in tenuta e possesso materiale a donna Giovanna, abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Fano, una vigna nel distretto di Matelica in località Subbiano a confine con la via, inoltre altra vigna nella stessa località a confine con la via, con Monaldo Bonomi da Pugito, con i figli di Torsello e con Rubeo (Rosso) BoneBenamate, inoltre un campo in località matelicese Casanova a confine con la via, con Salimbene di Pietro da Vinano e con Gentile Gualtieri, allo scopo di tutela. Ciò in rivalsa sul monastero delle donne di S. Maria Maddalena di Matelica. Il gesto della presa corporale di possesso era il toccare le zolle, i rami e simili. Inoltre come messaggero speciale del vescovo, giudice delegato, don Matteo predetto ordinò sotto pena di scomunica, di non molestare donna Giovanna per tali possessi.  Notaio pubblico Monaldo Biaculi di Matelica.

 

1290 ottobre 7

Nel nome di Dio. Amen. L’anno 1290, indizione terza, a tempo del Papa Nicolò IV, il giorno 7 ottobre, nel palazzo dell’episcopato di Pesaro erano presenti come testimoni  don Matteo Pauli Oddoni da Rieti, vicario del predetto vescovo, don Corrado arcidiacono di Pesaro e Bartolomeo di Vivitanova, quando Gratolo, della signora Altadonna di Matelica, come procuratore del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica, presentò al venerabile vescovo di Pesaro don Accursio, delegato dal Papa, il seguente appello. “Di fronte a voi venerabile don Accursio (come sopra) io Gratolo di Altadonna procuratore del detto monastero e convento presento appello al Papa Nicolò IV, ed ai suoi uditori di camera contro la sentenza da voi emanata a danno del monastero di S. Maria Maddalena  di Matelica ed a favore di Giovanna abbadessa  come riferiscono del monastero di Fano con la consegna della vigna e della terra come scritto nella sentenza. E l’appello è dovuto al fatto che la stessa donna Giovanna rinunciò e disse alle donne dl monastero di Matelica, in particolare alla monaca donna Bartolomea che lei non voleva presentarsi in causa di fronte a voi vescovo delegato né personalmente né tramite procura per tale questione. Disse che non era necessario, non c’era pregiudizio per il monastero matelicese, a lei non necessitava. Inoltre c’è il fatto che donna Mattia, abbadessa matelicese, non poté presentarsi di fronte a voi entro il termine stabilito a causa della malattia e della infermità e per altre cause giuste e legittime e che si riserva di esporre a richiesta. Con il presente appello al Papa chiedo che no n si deve cambiare in nulla la situazione esistente.  Il vescovo disse che l’appello non era ammissibile perché non presentabile per rispetto verso la sede apostolica.  Notaio imperiale d vescovile il matelicese Gerardo di Federico.

 

1291 settembre 27, 29

Nel nome di Dio. Amen. Copia di lettera con sigillo di don Bernardo Ferrario vicario. Mastro Bernardo Ferrario, canonico di Val(enza) vicario generale nelle realtà spirituali della Marca di Ancona scrive alle donne, all’abbadessa ed al convento del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica. Per parte dell’abbadessa e del convento del monastero di S. Maria Maddalena di Fano è stato presentato a noi l’esposto che lamenta molestie di agitazione e perturbazione per il possesso e per i frutti di alcuni terreni che dopo la vostra contumacia in giudizio hanno avuto in tutela. Con il presente precetto ordiniamo a voi di desistere da tali molestie, sotto pena di scomunica e lasciate libero possesso con raccolta dei frutti di tali terre al monastero di S. Maria di Fano. Se vi sentite danneggiate entro tre giorni presentatevi di fronte a noi che rappresentiamo il monastero di Fano, altrimenti procederemo secondo giustizia.  Da Macerata 27 settembre, indizione IV.  \\  Questa lettera fu presentata e data all’abbadessa di Matelica per mezzo di mastro Simone Egidi procuratore del predetto monastero di Fano, nell’anno 1291, indizione IV, a tempo di Papa Nicolò IV, nella chiesa del predetto monastero matelicese, il penultimo giorno di settembre dell’anno 1291, alla presenza dei testimoni Frà Enrico converso del monastero stesso e Albrinculo Acquistoli e Giovannuccio Benvenuti da Sefro.  Notaio pubblico Monaldo Bizuculi da Matelica.

 

1292 febbraio 2   <1° atto>

Nel nome di Dio. Amen. L’anno 1292, indizione quinta, a tempo di Papa Nicolò IV, il giorno 2 febbraio, nel castello di Matelica, nella chiesa di S. Maria Maddalena, alla presenza dei testimoni richiesti Benenuzio di Tardo (Sintardo) Entendi, Salimbene  Fulcarelli e Lenuccio (Lenutio) Venture si fece l’atto con cui Ivano del signor Scagno, amministratore del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica a nome dell’abbadessa Mattia e del convento del monastero coma da mandato scritto del notaio Bonaventura diede in proprietà stabilmente a Petrono Rainaldi un terreno del monastero predetto sito in località Cretaiolo a confine con Petrono, con Loveno Aiudi, con la moglie e figli di Giamello detto Fantilino, e con i figli di Giacomo Vallorini (Valentini) e con la via, con le rispettive pertinenze e diritti. Tale cessione di terreno è dovuta al fatto che Petrono eseguì la muratura di una canna di muro della cinta e della chiesa del monastero, con materiale cementizio buono e sufficiente, senza porre questione alcuna e con ogni diritto senza rivarlse sotto penalità del doppio della stima del terreno e sotto ipoteca dei beni del monastero.  Notaio pubblico Bonaventura di mastro Benvenuto.

 

1292 febbraio 2    <2° atto>

Nel nome di Dio. Amen. L’anno 1292 ,indizione V,  a tempo del Papa Nicolò IV, il giorno 2 febbraio, nel castello di Matelica, nella chiesa del monastero di S. Maria Maddalena  alla presenza dei testimoni richiesti Benvenuto di Sintaldo Entendi, Salimbene Fulcarelli e Levutio Venture si fece questa procura. Donna Mattia abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica con l’unanime volontà delle sue suore, di conversi e famigli suoi, cioè Giacoma, Isabetta, Daniela, Giovanna, Vittoria, Diotama, Filippuccia, Barbara, Eugenia, Isaia, Gidiuccia, Graziadidio, Agata, Cecilia, Giustina, Aurea, Aviadei, Tuttasante e frate Guido e frate Salimbene e di tutte le monache e conversi di comune accordo, stabilì come legittimo amministratore, agente, fattore, economo, rappresentante e nunzio speciale Ivano del signor Scagno con la facoltà di dare e cedere a nome del monastero, della chiesa e del suo convento, a Petrono Rainaldi Bone un loro terreno sito nel distretto di Matelica in località Cretaiolo a confine con lo stesso Petrono, con Levono Aiuti, con la moglie e figli di Giacomello de Fantolini, con i figli di Giacomo Valentini e con la via, come prezzo e compenso per una “canna” o pertica di muro necessario alla loro chiesa a completo pagamento. Garantiscono la stabilità della concessione sotto pena del valore doppio e sotto ipoteca dei beni monastici.  Notaio pubblico Bonaventura di mastro Benvenuto.

 

1293 novembre 5

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno dalla natività 1293, indizione quinta, in tempo di sede romana vacante del pastore per la morte del Papa Nicolò IV, il giorno 5 novembre, davanti al castello di Matelica nella casa del sottoscritto notaio Corbo erano presenti come testimoni il signor Vitale Petriani, Giacopone di Venuto Gozi e Vitale di Petruccio Caposerra ed altri chiamati. Quando Benencasa di Pietro Brunelli dichiarò di aver ricevuto da Venuto di Venuto Petri Bone come dote per lo sposalizio contratto tra Bonencasa e Margherita figlia del predetto Venuto e futura moglie di Benencasa la somma di 45 libre ravennati e anconetane in denari contati e cento (100) soldi ravennati e anconetani in “robe” di tal valore stimato da comuni amici, con esclusione di inganno. Lo sposo Benencasa ricevendo per sé ed eredi tale somma si impegnava a restituire tale dote se il matrimonio si fosse dissolto o diviso per morte, divorzio o altre cause ragionevoli, inoltre se da loro non fossero procreati figli provenienti all’età legale di 25 anni. Il contratto valeva sotto penalità del valore doppio e come pegno lo sposo Benencasa vincolava tutti i suoi beni mobili ed immobili presenti e futuri, con tutto il loro fruttato, sino alla somma da risarcire per lo scioglimento del matrimonio e ciò nonostante qualsiasi legge civile o municipale in contrario, con risarcimento. Notaio pubblico Corbo del signor Giovanni.

 

1300 ottobre 27

(Copia di atto del notaio defunto Francesco Salimbene)  Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1300, indizione XIII, a tempo del Papa Bonifacio VIII fece testamento il giorno 27 ottobre Benentendi del fu Accurrimbona di Atto Simoni, sano di mente e di corpo. Lasciò pr la sua anima 5 soldi ravennati e anconetani da spendere secondo la legge canonica; lasciò 10 soldi  per la sua sepoltura se meglio capiterà nel castello di Matelica. Lasciò 20 soldi da dare ai  poveri venerabili del castello di Matelica. Lasciò per messe da cantare 18 soldi. Lasciò a ciascuna “incarcerata” del castello di Matelica sette ducati. Lasciò per la restituzione del maltolto 11 soldi. Per le decime della chiesa di S. Angelo de Ocrusi 5 soldi. Per l’anima della madre 15 soldi di cui 5 per maltolto, 5  per la fraternità dei chierici. Lasciò per i Frati di S. Francesco 2 soldi per una penitenza omessa. Lasciò a Tomaso Silvestri per danni due soldi. Lasciò a Bartolomeo di Attone Barunei 20 soldi in restituzione. Lasciò a Tintio Bartoli da Foligno 10 soldi avuti in prestito. Lasciò a Donna Benvenisa, moglie del fu Giovannuccio Mollari, 20 soldi che gli doveva rendere per un mutuo. Stabilì come suoi fideicommissari per dare tali somme Albricuccio e Bartolomeo. Lasciò sua moglie per la dote avuta 50 libre. Lasciò dei suoi beni a lei, oltre la dote, altre 10 libre e tutti i suoi panni di lino e di lana. Lasciò sua moglie Margherita usufruttuaria dei suoi beni con l’uso della sua abitazione finché vi vorrà stare onestamente insieme con i loro figli. Stabilì come erede universale la figlia Annesuccia con una riserva e cioè nel caso in cui sua moglie fosse incinta o partorisse un figlio maschio, in tale caso Annesuccia riceverà 60 libre, mentre l’eredità passerebbe al maschio. Se partorisse una femmina diventerebbe coerede alla pari. Nell’ipotesi di morte dei figli propri e senza eredi, o che siano ancora minorenni rispetto ai 25 anni, stabilì di lasciare cento soldi ad Albricuccio di Atto Castellane ed altrettanti a Bartolomeo di Attone Borunci e che diano per l’anima dei loro genitori dieci libre. Eredi degli altri beni  sua nipote Lucia e la sorella Planca.   Testamento scritto in casa del notaio (Francesco) alla presenza dei testimoni Albriculo di Attone Bulci, Matteo Pullie, Salimbene di Giovanni e Bonaventura Stuerini, Francesco Iacobi, Pietro Inistriani, Gicomuccio Silvestri.  La copia del testamento è di mano del notaio pubblico Matteo di mastro Giunta per ordine del consiglio generale e speciale del comune di Matelica.

 

1301 marzo 24

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1301, indizione XIV, al tempo mdi Bonifacio VIII (Papa), il giorno 24 marzo, redatto a Matelica, nel monastero di S. Maria Maddalena mentre erano presenti Don Tomasso, cappellano della chiesa di S. Maria di Cerreto, Guarinuccio Coradi Guidarelli, converso del predetto monastero, come testimoni chiamati incaricati, domma Mattia abbadessa del monastero di S. Maria maddalena, assieme alle consorelle Isabetta, Graziadea, Mattiola, Eugenia, Bartolomea, Datadeo, mansueta, Simonetta, Vittoria, Filippuccia, Gera, Agata, Diotama, Lucia, Angelica, Cecilia, Isaia, Clavella, Margherita, Daniela suore e monache del monastero e del suo convento, tutto riunito al suono della campana, come d’uso, e senza alcun dissenso, la stessa donna abbadessa per licenza e volontà del convento assieme a loro deliberò, stabilì e ordinò Frà Iacopuccio come vero, legittimo sindaco, operatore, fattore e nunzio speciale del convento del monastero e dello stesso monastero allo scopo di prendere e ricevere dal “cameriere” (economo) del comune di Matelica o dal sindaco attuale o futuro di questo comune e da Buto di Tomasso o da altra persona che abbia specifica competenza, la quantità di denaro, o di “blado”, per intero o in parte come il monastero deve avere dal comune di Matelica o da persona interposta con la promessa per il comune di acquisire tale somma di denaro o “blado” in tutto o in parte e far quietanza, remissione e assolvere il “camerario” o il sindaco del comune e Buto di Tomasso e le altre persone tutte che debbono avere quietanza e solvenza del comune, per tutto quello che avrà ricevuto Fra’ Iacoputio (Iacopuccio) sindaco del monastero stesso e per tutto quanto egli riceverà a nome e per contro dello stesso monastero e del suo convento. La stessa donna abbadessa e tutto il convento dello stesso monastero, senza alcun dissenso, promisero che tutto quanto sarà fatto, detto, messo in quietanza, realizzato nelle cose  e per qualsiasi motivo predetto, sarebbe stato considerato in perpetuo e tenuto per sempre e non verrebbe contraddetto, né si agirà contro, sotto obbligazione e pena dei beni e delle cose dello stesso monastero e del suo convento, con l’impegno di dare e pagare la pena ogni qualvolta si avrà a contravvenire o agire in contrario e di rimborsare danni e spese.  Io notaio Ventura di Masseo, presente a tutto quanto sopra scritto, a richiesta scrissi e pubblicai.

 

1311 gennaio 29

Nel nome di Dio. Amen. L’anno 1311, indizione nona, a tempo del Papa Clemente V, il giorno 29 gennaio, nella chiesa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica della diocesi di Camerino alla presenza dei testimoni richiesti Nuccio Nalli di donna Savia, Francesco e Nuccio Salimbeni di Atto da Monte Milone ora abitante della terra di Matelica si fece questa procura. La nobile donna e signora Mattia abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica della diocesi di Camerino insieme con Francesca, Mattiola, donna Alcegrima, Barbara, Filippuccia, Cecilia, Eugenia, Tuttasanta, Isaia, Manfreduccia, Gera, Agata, Marta, Lucia, Tomassuccia, Sperandio, Rosa, Zutia, Mita, Agnese, Angelica, Giacomuccia e Bartolomea, tutte monache del suo monastero da lei riunite e di concorde volontà stabilirono come loro veri, legittimi amministratori, rappresentanti, agenti, fattori e messaggeri speciali con pari potere il nobile Guarinuccio Guarini e Fra’ Giacobuccio e con facoltà di ciascuno a posto dell’altro e ciò per presentarsi di fronte al venerabile padre e vescovo di Camerino don Berardo per porre appello al Papa  o alla curia romana contro la lettera di precetto fatta recentemente dallo stesso vescovo o dai suoi officiali. Ai procuratori è data ogni facoltà con ipoteca dei beni monastici.  Notaio pubblico Nallo Zoni.

 

1312 luglio 8

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1312 indizione decima, a tempo del Papa Clemente V il giorno 8 luglio, a Matelica nella chiesa del monastero di S. Maria Maddalena erano presenti come testimoni Giovannuccio Simonetti e Atto Giunte da Fabriano quando il signor Pace Mattioli da Matelica in qualità di rappresentante (procuratore) incaricato da don Giacomo Bicceri, cappellano e rettore della chiesa di S. Salvatore di Valle Acorani del distretto di Matelica, rilasciava ricevuta e quietanza del pagamento di 40 libre come prezzo del metallo di una campana rotta, 100 soldi ravennati e anconetani, denaro contato, senza altro da avere da donna Mattia, abbadessa del monastero e del suo convento di S. Maria Maddalena. Se il procuratore Pace avesse fatto rivalsa c’era per lui la penalità di 25 libre. Notaio pubblico Francesco di mastro Matteo di Matelica.

 

1325 – 1399 Non segnalati nel Quaderni ASAF 1998 n. 26

 

1325  ottobre 20

<1° atto>  \\  Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1325, indizione ottava a tempo del Papa Giovanni XXII, il giorno 20 ottobre, a Matelica nella chiesa del monastero di S. Maria Maddalena sono presenti come testimoni richiesti: Giovannuccio Simonetti, Mattiolo di Nicola Ugolini, Venanzo Verluzi e Cicco di Benencasa Brunelli quando donna Allorita, figlia del fu Salimbene Compagnoni, vedova di Gianni di Bartolomeo Ammoniti di Matelica, in piena serenità e libertà, spontaneamente e irrevocabilmente fece donazione per amore di Dio onnipotente e di sua madre la Vergine Maria e della beata Maria Maddalena per la sua anima ed in remissione dei peccati di lei e dei genitori, alla nobile donna signora Francesca degnissima abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena, che accettò a nome del capitolo del monastero e del suo convento, la dote di Allorita, cioè due terreni siti nel distretto di Matelica in contrada Caprosiani. Il primo appezzamento confinava con la via, con i figli di Vegnazio del signor Martino, con Bartolomeo Billi, con i figli di Benenante Gregogi e con Guido Micheli. Il secondo appezzamento confinava con la via, con i figli di Benenente Gregori di Benenente Dentaguide e nipoti, con Bartolomeo Billi, e con i figli di Vegnazio del signor Martino. Le dava ed assegnava anche ogni diritto, ragione ed uso sui beni del defunto marito Giovanni comprese 111 (centoundici) libre di eredità che riceveva come dote. Le donava anche l’eredità paterna che le spettava da Salimbene suo defunto genitore e parimenti l’eredità materna della defunta genitrice Guarnita, in ogni miglior modo di diritto. Faceva di tutto una donazione stabile, senza possibilità di rivalse, sotto penalità del doppio del valore. Per le sue necessità faceva riserva come vitalizio di tenere 100 libre  ed anche la terza parte di tutti i frutti provenienti dai predetti terreni. A maggior sicurezza faceva il solenne giuramento toccando i Vangeli.  Notaio pubblico imperiale Benenuzio Ugolinucci da Matelica.

 

1325 ottobre 20   <2° atto>

Nel nome di Dio. Amen. L’anno 1325, indizione ottava, a tempo del Papa Giovanni XXII, il giorno 20 ottobre, a Matelica, nella chiesa del monastero di S. Maria Maddalena, cono presenti, come testimoni richiesti Giovannuccio Simonetti, Mattiolo di Nicola Ugole, Venanzio Verliuzi e Cicco di Benencasa Brunelli, quando la signora Allorita, figlia del fu Salimbene Compagnoni, e vedova del defunto Gianni di Bartolomeo Ammoniti di Matelica, di fronte alla nobile e religiosa donna signora Grancesca degnissima abbadessa del monastero di S, Maria Maddalena di Matelica della diocesi di Camerino dopo aver fatto donazione e consegna dei suoi beni e della sua dote alla abbadessa che li ricevette a nome del capitolo del monastero del suo convento come risulta scritto dallo stesso notaio Bentenuzio, volle liberamente divenire monaca non per dolore o timore, ma per consapevole e spontanea volontà meditando nel suo cuore e pensando a Dio onnipotente , alla sua madre la Vergine Maria ed alla beata Maria Maddalena. Volle “militare”  nel monastero di S. Maria Maddalena di Matelica con abito monacale. Si presentò di fronte all’abbadessa predetta con le mani giunte chiedendo all’abbadessa che si degnasse di riceverla e di accettarla monca del detto monastero. E l’abbadessa non volendo resistere a tanto bene  l’accolse monaca del detto monastero a pane e acqua per farla partecipe dei beni di esso. Allorita promise all’abbadessa di mantenere obbedienza e la riverenza, la povertà e la castità e inoltre diede sé stessa Allorita al monastero di S. Maria Maddalena e all’abbadessa che la riceve e fa con lei il patto a nome del capitolo del monastero e del suo convento. Promette di mantenere stabilmente tali offerta e dedizione solenne. Anche Allorita che era maggiore di 30 anni promise di mantenere irrevocabilmente nel suo cuore rinunciando al tempo di indulto di un anno di diritto e ragione di probandato e l’abbadessa accolse tale rinuncia e accettò di non farle fare l’anno di probandato per accertare (provare) i suoi comportamenti.Allorita si impegnò con giuramento toccando le sacre scritture per maggiore fermezza di vincolo.  Notaio pubblico imperiale Bentenuzio Ugolinucci di Matelica.

 

1331 febbraio 28

Nel nome di Dio. Amen. Anno 1331, indizione XIV, a tempo di Papa Giovanni XXII, l’ultimo giorno di febbraio, L’imperiale notaio Atto di Giovanni redige l’atto nel balcone davanti alla porta del palazzo del monastero di S. Maria Maddalena, alla presenza dei seguenti testimoni: Nantulo Blanchi, frate Guido converso del predetto monastero, Matteo Vissani, Venanzo di Giovanni Marchi e Venanzo Verliuti, richiesti e chiamati per l’atto.  La nobile e religiosa donna Francesca abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica, a nome suo, a nome del monastero ed anche delle consorelle e monache dello stesso monastero, diede in locazione e conduzione a nolo o a pensione o a cottimo una parte del terreno monastico a Cola di mastro Matteo Raineri, terreno posto in contrada delle Rote, vicino al fiume Gino e al possedimento dello stesso monastero, ai piedi dell’Isoletta che è in tale possedimento. Cola, per contratto fatto per mano del notaio Hentendutio Verlinucci tiene ed usa i mulini del comune di Matelica insieme con altri suoi soci e cottimisti e per tutto il tempo che dura tale uso viene autorizzato dal monastero di S. Maria Maddalena a porre, costruire la chiusa, all’inizio mo capo del vallato, per far passare l’acqua nella chiusa e vallato e facilmente portarla ai mulini che un tempo furono dello stesso monastero e ciò al prezzo di nolo o pensione (affitto del terreno) di nove libre di moneta in uso che vengono pagate direttamente di fronte al notaio con l’impegno di non addurre pretesti contro l’avvenuto pagamento né contro l’utilizzazione del terreno concesso per la chiusa o vallato, sotto penalità per il monastero con i suoi beni. Anche l’affittuario Cola è sottoposto alla penalità nel caso che alla scadenza del contratto rifiutasse di rilasciare e restituire libero e vuoto il terreno concessogli o facesse lite, penalità di 25 (venticinque) libre con ulteriore rimborso di spese per danni o cause.

 

1332 giugno 15

Fra’ Guglielmo priore generale dei Frati Eremitani dell’Ordine di S. Agostino scrive alla grande nobiltà, onorata prosapia della religiosa donna Francesca, abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica ed a tutte le sue consorelle monache. Salute e preghiere nel Signore. Per effetto di pia devozione che avete verso il nostro Ordine, come informato dalla veridica relazione dei nostri frati, volendo con grato ricambio corrispondervi nelle cose spirituali in forza del presente documento rendo alla pari partecipi voi tutte, le anime dei vostri genitori e di tutti i defunti della vostra casa, di tutte le messe , le preghiere, le indulgenze, le predicazioni, i digiuni, le veglie, le astinenze, i lavori e degli altri beni che la benignità del Salvatore si degnerà praticare per mezzo dei frati di tutto il nostro Ordine. Aggiungo la speciale grazia per cui quando nel nostro capitolo generale si darà notizia della morte di qualcuna di voi, avverrà per voi quel che è solito avvenire in comune per i nostri frati defunti. A testimonianza faccio apporre al presente atto il sigillo della nostra confraternita. Da Venezia 15 giugno 1332, nel capitolo ivi celebrato.

 

1335 aprile 17

Nel nome di Dio. Amen. Anno del Signore 1335, indizione quarta, a tempo di Papa Benedetto XII, il 17 aprile, il notaio redige l’atto a Recanati, davanti al banco della giustizia nella sala della curia generale, alla presenza di mastro Giovanni Guglielmi da Piacenza, mastro Benvenuto da Penne e Nicoluccio di Andrea Miliazi da Macerata, notaio del banco dei testimoni civili. Mastro Florano Mattei di Apiro stabilì legittimamente e comandò mastro Andreuccio Corraduzi di Osimo presente e accettante come vero rappresentante, agente, promotore e messaggero speciale o come validamente si riconosce nel diritto, per la difesa e azione civile e penale nella causa che ha e spera di avere con il comune, comunità e abitanti di Montecchio (ora Treia) e in generale con qualsiasi altra persona ecclesiastica e secolare presso la curia del signor Marchese e dei suoi ufficiali, in qualunque altra curia temporale o spirituale per tutti gli atti di competenza giudiziaria come vengono praticati (se ne elencano vari) con l’autorizzazione a stabilire e sostituire uno o più rappresentanti legali ed a fare o far fare ad altri ogni atto utile e opportuno, dando ad altri il suo potere e la facoltà di agire a nome suo. Mastro Florano si obbliga a tutto ciò con l’ipoteca dei suoi beni, facendo promessa di fronte al notaio.  Notaio imperiale Andrea Filippucci da Montecchio, rogante il pubblico atto.

 

1335 settembre 14

(Testo trovato nei regesti Vogel – Biblioteca Benedettucci 5cII-5 atto n°935)

Nella chiesa del monastero di S. Maria Maddalena sono presenti i testimoni Cicco Casuzi Bencase. Muzio Corraducci Arnalli. Il proprietario Corrado Mattei Rinaldi fa atto di vendita a frate Guido converso e sindaco del monastero di S. Maria Maddalena per cedere il terreno con bosco e piante nel Monte Gemmi In contrada Canavine a confine con la via, con il fossato e con i beni di Corraduccio Mattei Petri ricevendo il pagamento di soldi venti.  Notaio è Guarda Iuani.

 

1336 agosto 26

Nell’anno del Signore 1336, indizione quarta, il 26 agosto a tempo del Papa Benedetto XII, il notaio redige l’anno nella città di Macerata, nella piazza della città, davanti alla casa di Nicola da Matelica, alla presenza dei mastri Francesco Attuzi e Alessandruccio di mastro Alessandro maceratese, in base al mandato concesso a mastro Florano Mattei con atto del notaio Andrea Filippuzi da Montecchio di stabilire uno o più rappresentanti legali suoi sostituti, il rappresentante Androzio Corraducci a nome dello stesso mastro Florano stabilì come sostituto rappresentante ser Angelo Franceschi da Monte Rubbiano presente e accettante, con tutte le facoltà e poteri di chi sostituisce.  Notaio Nicoletto Iacobini Benvenuti da Ripatransone.

 

1345 febbraio 19 – 26

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1345, indizione XIII, a tempo di Papa Clemente VI, il giorno 19 del mese di febbraio, Luzio Ugollini da Matelica comparve e si presentò personalmente di fronte al sapiente e prudentissimo uomo signor Cataldo del signor Compagni, giudice delle cause civili del comune di Visso sedente in tribunale nel palazzo vecchio di detto comune, per detto giorno, alla presenza di Riscio Car(isscii)….. da Visso, testimoni. Il giorno 20 dello stesso mese di febbraio, di fronte al giudice………. Luzio scomparve, erano testimoni lo stesso Riscio e vanne Cambi.  Il giorno 21, stesse mese, Luzio comparve di fronte al sapiente e prudente uomo signor Giovanni da Amatrice vicario del podestà del comune di Visso, in tribunale nel palazzo vecchio del comune, al banco di giustizia alla presenza di Riscio Carisci e di Cicco Pucci testimoni.  Il giorno 22, stesso mese,  comparve parimenti Luzio di fronte al predetto signor Giovanni, alla presenza dei testimoni Paolo e Mancino familiare del vicario stesso.

Il giorno 23 dello stesso mese, comparve ancora Luzio di fronte al vicario, alla presenza dei testimoni ser Matteo notaio dei malefici e Nallo Petrucci da Visso.

Il giorno 24 (seguente) Luzio era di fronte al giudice Cataldo alla presenza dei testimoni Apizarello di Cecco e cecco Tome da Visso.  Il giorno 25 di febbraio, Luzio di fronte al giudice Cataldo alla presenza dei testimoni Cecco di Petro (Banliore) e Nallo Cambi da Visso.

 

1348 agosto 4

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1348, indizione prima, al tempo del Papa ,Clemente VI. Testamento di Lucetta Ranucci che lasciava 10 soldi per la sua anima; lasciava da distribuire a clero e poveri e per la cera 15 libre ed altre 35 libre  per eventuale maltolto e per cose incerte. Lasciava 100 vestiti e 100 libre per i poveri. Lasciava 15 libre per far celebrare mille messe per la sua anima. Lasciava per un  calice d’oro 18 libre al luogo o convento di S. Francesco (di Matelica) e al luogo di S. Francesco di Osimo lasciava un duplice assieme di panni. Lasciava un legato di 100 libre alla sorella Catarina ed altrettante alla sorella Guarnita.. Stabiliva come esecutori testamentari il fratello Guido, la sorella Catarina e frate Gualfredo Levucci. Lasciava 40 soldi alla monaca Vannetta in S. Maria Maddalena. Lasciava 25 libre a Giacomo del signor Lippatio, avendole ricevute dalla moglie dello stesso Lippatio. Stabiliva per ogni altro suo bene come eredi i fratelli Corrado e Guido. Il testamento era scritto dal notaio Hentenducio Ugolinucci il giorno 4 agosto 1348 in casa dei figli di Ranuccio Burgarutii alla presenza dei testimoni Nuccio Ugolinucci, Cicco di Pietro Cagni, Antonio Francissi, Vannuccio Vanni, Marino Cicchi, del balestriere Bartolomuccio di Giovanni, Angelo Vannucci e Marino Giacometti.  Lasciava anche tutti i suoi panni per coperture di altari al luogo di S. Francesco di Matelica.  \\  Il 15 maggio 1350 il testamento veniva trascritto in copia fedele dal notaio Nisio Massi su autorizzazione del giudice della terra di Matelica signor Matteo da Fabriano, uomo prudente, e per decisione pubblica del rispettabile podestà di Matelica, nobile uomo Feltranino da Cingoli, alla presenza dei testimoni Angelo Benentendi Mattioli e Angeluccio di Pietro Levuccio, nel palazzo del comune di Matelica.

 

1348

(lacerazione all’inizio)    Nell’ultima volontà testamentaria di Nallo, tra gli altri legati o lasciti da soddisfare, era scritto che una casa sua fosse venduta per amore di Dio ed a vantaggio dell’anima sua e di quelle dei genitori. Ma l’esecuzione di tale lascito non è avvenuta nel tempo stabilito dalla legge per cui interviene l’esecutore testamentario demandato dal vescovo Francesco di Camerino come suo vicario, per essere Nallo della sua Diocesi. Don Ilario è il vicario vescovile nella terra di Matelica. La casa da vendere è sita nel borgo di S. Maria Maddalena di Matelica a confine con la via, con i beni degli eredi di Guiduccio Guadagni, degli eredi di Cicco Mattioli Ugolini, di Bertoluzio Mattei. E viene venduta con tutte le sue pertinenze al prezzo di 6 fiorini di oro puro e ben pesato. L’acquirente è Catalina  (=Catarina). Nella vendita il vicario agisce a nome di Lippa e degli eredi di lei. Si pattuisce di non sollevare controversie, sotto penalità. In ogni caso le eventuali liti sarebbero state ricevute dal vicario don Ilario a sue esclusive spese, liberandone l’acquirente, sotto pena del doppio del predetto prezzo. La consegna della casa viene fatta nelle mani della moglie (di Matteo Petri) Lippa e di Catalina.  Notaio Nisio Massi da Matelica d’autorità imperiale.  In fine è aggiunto che il giorno 11 settembre Lippa ebbe a far produrre e presentare questo documento di fronte al signor Angelo di Sassoferrato, giudice della terra di Matelica per mezzo del podestà di Matelica, il nobiluomo Nunzio Corraducci.

 

1348

(Dopo un precedente atto stracciato di cui restano poche parole tra le quali compare il nome di Lippa che giura di difendere la giustizia, è posto il sigillo notarile con scitta la lettera “A” cui fa seguito il seguente atto.  \\\……….di fronte a voi, sapiente uomo signor Angelo da Sassoferrato, giudice e assessore della terra di Matelica, sono espresse le posizioni giudiziarie di Lippa, vedova di Pietro Matteucci con il suo rappresentante legale Guiduccio Angeli contro Pietro Mancati con cui è in lite per comprovare i suoi diritti.

1  = Nallo Mancati Savarelli nell’anno del Signore 1318, mese di Agosto, quando era          malato e in fin di vita, prima che morisse, diede disposizione di ultima volontà dei suoi beni e tra le altre cose stabilì e volle che la sua casa sita a Matelica a confine con Cicco Nicole e Guiduccio Guadagni e altri, fosse venduta ed il ricavato fosse dato in elemosina per amore di Dio a vantaggio dell’anima sua e di quelle dei geniitori.  \2\  = Nallo nella sua ultima volontà stabilì suoi eredi Andriolo e Pietro suoi fratelli.   \3\  = Nallo morì senza altra volontà testamentaria.  \4\  = Andriolo e Pietro misero mano sull’eredità.  \5\  = Don Ilano (o Ilario), vicario a Matelica, del vescovo di Camerino Francesco, in esecuzione della volontà di Nallo (riguardante la casa) la vendette a Lippa al prezzo di 6 fiorini. \6 \ = Don Ilano (o Ilario) ricevette tale somma da Lippa.  \7\  = Si fece l’atto di vendita, prezzo e pagamento per mano del notaio Nisio Massi.  \8\  = Don Ilario è ufficialmente vicario del vescovo predetto, nella terra di Matelica.  \9\ = Nisio notaio esercitava ed esercita tale arte notarile nella terra di Matelica.  \10\ = Tali fatti sono conosciuti e noti.  Di conseguenza Lippa si riserva di provare quanto è sufficiente e presenta come testimoni: Cicco Giovannucci Petri, Vagnarello Mattioli, Vanne Petrachi, Vanne di Cicco Mattei, Massio Turelli, Andriolo Mancati, Pietro mancati, Bastiano Generade, Attuzio di Francesco Atti, Antonio Francissi, Carluccio Puzi, Lippo Alessandri. Nello stesso luogo il giorno 11 settembre, alla presenza dei testimoni predetti, il banditore (balivo) pubblico del comune di Matelica, su istanza di Lippa e del suo rappresentante Guiduccio fece relazione al notaio e al sopra detto vicario di aver fatto ieri sera la citazione e richiesta la comparsa dei testimoni sopra detti convocandoli per l’ora terza di oggi di fronte al detto giudice per testimoniare riguardo alle predette posizioni di causa mossa dal procuratore di Lippa contro il predetto Pietro. Riferisce inoltre al giudice e al notaio di aver ieri sera convocato Pietro (Ma)nchati (!) per oggi, prima dell’ora terza,  per rispondere alle predette posizioni e assistere al giuramento dei testimoni, altrimenti, nonostante la sua assenza il giudice farà giurare validamente i testimoni. Lo stesso giorno, per la stessa causa, il procuratore di Lippa chiese al giudice di far giurare i testimoni convenuti e di esaminarli. Per quelli non venuti che fossero costretti a venire. Il giudice sedendo al tribunale diede ordine e mandato al balivo Cicco di andare nelle abitazioni di tali testi  comandando che comparissero sotto pena di 10 soldi ciascuno di fronte allo stesso giudice e la pena fosse eseguita. Lo stesso giorno per la stessa causa tutti i testimoni vennero di fronte al giudice e fecero il giuramento sul Vangelo, toccando personalmente le scritture di dichiarare la verità, per ciascuna delle due parti in causa senza timori né interesse alcuno.  Lo stesso giorno, per la stessa causa, l’accusato Pietro prestò lo stesso giuramento di fronte al giudice promettendo di dire la verità alle domande del procuratore di Lippa su quanto crede o non crede (delle posizioni espresse).

 

1352 aprile 15.

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1352, indizione V, a tempo del Papa Clemente VI, il giorno 15 aprile fu scritto questo atto alla presenza dei testimoni richiesti Colucci Cichi Damiani, Filippuccio Attucci da Matelica e Attuzio d’Albacina.  Il monastero di S. Maria Maddalena di Matelica riconoscendosi oberato da debiti soprattutto per la ricostruzione della chiesa di S. Maria Maddalena e delle case del monastero e per l’acquisto di un terreno al prezzo di 26 fiorini da Francesco Pucciarelli canonico di Matelica  e dalla madre di lui, con rogito del notaio Antonio Angelucci, terreno sito in Matelica  in contrada fiume Gino, presso lo stesso fiume,  a confine con altro terreno di proprietà del monastero, con il vallato dei mulini del comune matelicese e con altri. La reverenda e religiosa donna Catarina Ranucci Borgaruti da Matelica assieme con le monache riunite in capitolo decide di soddisfare i debiti con una vendita e con una permuta. Autorizza l’amministratore del monastero a vendere due terreni del monastero siti a Matelica, un terreno sito in contrada Selva Stefani, a confine il il terreno di S. Angelo, con il fossato, con Flodovino di Grazia e moglie, l’altro terreno sito in contrada Piano del Ponte Exbarre, a confine con la via, con i beni dello stesso monastero e con Petrarello Mattioli. Il prezzo verrà concordato dall’amministratore. La permuta di terreno era con Vagnarello Cichi Vegnati da Matelica a cui il monastero dava il terreno sito in contrada Caprasuani, a confine con la via, con Matteo Gentilucci e con il terreno del monastero de Rotis. In cambio il monastero di S. Maria Maddalena riceveva da Vagnarello un terreno sito in contrada Fornaci a confine con la via e con il terreno di questo monastero ed inoltre il terreno sito in contrada Casareno, a confine con le via,  con i beni di Natale Atti e di Cagnutio Benenati.  Le monache con cui si celebrava il capitolo erano le suore Datadeo Corraducci, suor Cristina Ugolinucci, suor Monacella, suor Santa, suor Lucia, suor Tomassuccia, suor Catutia, suor Cicca, suor Zutia, tutte monache di esso monastero assieme con la signora abbadessa donna Catarina. Esse scelsero ed autorizzarono come loro rappresentante legale, amministratore, agente, messaggero e promotore il signor Angeluccio Petri Lenucci da Matelica, uomo prudente, incaricandolo di ottenere dal vescovo don Francesco di Camerino la necessaria autorizzazione alla vendita ed alla permuta dei terreni poco fertili in cambio di altri migliori, tenuto conto inoltre dei debiti che non si potevano soddisfare in mancanza di denaro, con l’impegno di rispettare ogni contratto sotto penalità e ipoteca dei beni del monastero.  Notaio Giovanni Ziuti di mastro Corbo da Matelica.

 

1355 ottobre 18

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1355, indizione VIII, a tempo del Papa Innocenzo, il giorno 18 ottobre fu scritto l’atto nel castello di S. Anatolia, sulla pubblica Via, davanti alla chiesa dei SS. Giovanni e Andrea, alla presenza dei testimoni richiesti Guadagno Bartolucci Montellioni da Fabriano, abitante a Sant’Anatolia, Matteo Bartolucci Nicola, Angeluccio Francisci Massarie da Sant’Anatolia ed altri.  Lucio Ugolini Salimbene da Matelica, abitante a Sant’Anatolia, rappresentante legale di donna Annesuccia del signor Ghisleri da Matelica e moglie di Girardino Zuzi da Matelica, per la procura conferitagli con atto scritto del notaio Paolo Zuzi Attoni da Camerino e con il consenso del marito della stessa Annesuccia, vende e consegna a Matteo soprannominato Funario da Matelica un terreno sito in Matelica, località Fredarie a confine con il fossato, con i beni di Morico Latinuccie. Il prezzo pagato di fronte al notaio erano dodici fiorini e mezzo, con rinuncia ad ogni lite.  Notaio Matteo Ennati da Matelica.

 

1363 marzo 6

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1363, indizione prima, a tempo del Papa Urbano V.  Il 6 marzo si fece l’atto nel distretto di Sant’Anatolia in località “Sferza”, nella terra del monastero di S. Angelo infra hostia esistente in tale località, presso il fiume Gino, alla presenza dei testimoni richiesti: Albrico Lippi Alessandri da Matelica, Vanne Rigucci e Bartolomeo Benenati da Sant’Anatolia. Il monastero di S. Angelo predetto, con il suo abate signor Frà Antonio, ha fatto molte spese soprattutto per cause presso la curia romana e presso la curia del legato papale don Egidii Sabbioni, per conferme, privilegi e strutture. Mancando soldi sufficienti il capitolo dello stesso monastero decide di vendere un terreno sito a Matelica, in contrada “Serre” a confine con la via vicinale, con i beni degli eredi Morichetto Pucci, del monastero di S. Margherita, con gli eredi di Cola Petrucci Beccari. L’amministratore e rappresentante don Damiano Bartolucci da Sant’Anatolia è stato nominato dallo stesso monastero con rogito del notaio Vita Francisci da Sant’Anatolia e con il potere conferitogli fece l’atto di vendita, consenzienti i signori Fra Antonio in qualità di abate, Frà Andriolo di mastro Nucci, monaco. L’acquirente era Cola Cagni Martini da Matelica che paga la somma richiesta di sei fiorini d’oro alla presenza del notaio Atto Francissi. La vendita registrata da questo notaio è stata trascritta in copia notarile, da Nofrio Santucci Sebastiani di Matelica su autorizzazione pubblica di Giovanni Guiducci, Coluccio Francucci, priori della terra di Matelica, a tempo del Papa Bonifacio IX, con i testimoni Angelo Paoli Amatucci e Vanne Ramondacci e con l’ascolto del notaio ser Giovanni di ser Nisio il 12 gennaio 1392.

 

1363 maggio 24

Fra’ Giovanni da Monte Santa Maria in Georgio, vicario generale nel capitolo della provincia della Marca anconetana, dell’Ordine  dei Frati Eremitani di S. Agostino, alle carissime devote: a donna Catarina abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica ed alle altre monache del monastero, salute e preghiere nel Signore Gesù Cristo. Per l’affetto di pia devozione che avete verso il nostro Ordine, come sono informato dalla veridica relazione dei nostri frati,  volendovi corrispondersi con grato ricambio nelle cose spirituali, in forza del presente documento rendo alla pari partecipi voi tutte e le anime di tutte le persone della casa della sopradetta Catarina (dei meriti) di tutte le messe, preghiere, indulgenze, predicazioni, digiuni, veglie, astinenze, lavori e degli altri beni che la benignità del Salvatore si degnerà praticare per mezzo dei frati della nostra provincia.  Aggiungo la speciale grazia con cui quando nel nostro capitolo provinciale si darà notizia  della morte di qualcuna di voi, avverrà per voi quel che è solito avvenire in comune per i nostri frati defunti. A testimonianza faccio appendere al presente documento il sigillo della nostra provincia.  Dato a Ripatransone dell’anno del Signore 1363 giorno 24 del mese di maggio.

 

1367 gennaio 14

L’anno 1367, gennaio 14, a tempo di Papa Urbano V, indizione V, a Matelica, nella chiesa di S. Maria Nova fuori Porta Vecchia, alla presenza di Andrea Entenuti, di Angeluccio di Bartoluccio da Matelica e di Frà Bartolino Giovannuzi da San Severino, converso del monastero di S. Margherita, viene riunito il capitolo ed il collegio della chiesa di S. Maria Nova dell’Ordine di S. Benedetto, Ordine del monastero di Montefano di Fabriano, per convocazione fattane dal priore e maggiore Frà Marco Sopranzi da Cingoli il quale assieme con Frà Nicola Vivoli da Serra San Quirico, Frà Matteo Gentili da Belforte, Frà Nicola Santoni da Cingoli, frati del predetto ordine, danno il mandato di sindaco e procuratore ad Accomandutio Stefani da Matelica per vendere, ricevere il prezzo e consegnare in proprietà agli acquirenti una casa con orto e i beni che furono di Fra’ Biagio Grazie da Matelica, un tempo frate di tale chiesa. La casa in vendita è sita a Matelica nel borgo di S. Maria Maddalena, vicino alla via, a Verduzia Entenuti, ai figli di Paolo Venturelli.  Notaio Giovanni Guiduzi Angeli.

 

1375   giugno 21

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1375, indizione 13, a tempo del Papa Gregorio XI, il giorno 21 di giugno, si redige l’atto a Matelica nel monaastero di S. Maria Maddalena, a confine per due lati con il muro del comune, alla presenza di Mattiolo Bonanni, Antonio (Nupro) Iacobi e lucio Ranni Andrioli da Matelica, testimoni richiesti.  Fa donazione Mattiolo Petri Massarie matelicese, di sua spontanea e libera volontà dona per i molti servizi e favori ricevuti alla badessa, nobile donna Catarina Rainucci del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica un pezzo di terreno con vigna e campi nel distretto di Matelica in contrada Ponte Exbarre a confine per due lati con le vie, e con il fosso del comune, con i figli si Salvetto, con ogni potere e autorizzazione sul terreno e sulle pertinenze, rinunciando ad ogni questione futura, sotto penalità del doppio del valore, con giuramento.  Notaio: Nuccio Mattei Nucci.

 

1375 luglio 15

Il 15 luglio 1375, indizione XIII, a tempo del Papa Gregorio XI, si redige l’atto di consegna di una lettera del vicario del vescovo camerte, a matelica, nella loggia della pieve, presso la chiesa dei SS. Bartolomeo e Adriano, vicino alla piazza  del comune, alla presenza di Antonio Salimbene e Angeluccio di Vanne Compagnucci, testimoni richiesti.  L’amministratore del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica che era stato incaricato rappresentante legale del monastero stesso con atto scritto del notaio ser Giovanni Guiducci, era servo di Andrea da Gualdo, ora abitante a Matelica, e presentò personalmente a Stefano Vannucci e a Mastarello Morichetti di Matelica la lettera scritta su carta con bollo di cera rossa della curia vescovile camerte, con impressa una immagine poco nitida e non identificata. ra presente alla consegna il notaio imperiale Nuccio Mattei Nucci che rese pubblica la lettera trascrivendola.

Lettera <inserita> 4 luglio 1375  Il canonico camerte Francesco, vicario generale del vescovo Gioioso, padre in Cristo della diocesi  di Camerino, saluta Stefano Vernuti di Matelica. Abbiamo ricevuto la querela con cui il rappresentante ed amministratore delle religiose donne del capitolo e della comunità del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica contro te Stefano (Vernuti), lavoratore di un terreno sito nel distretto di Matelica nel Colle Coni a confine con Vanne Bartoli Malf(errani) e con Francesco soprannominato Cappinelli, terreno donato al monastero predetto da Vaneta di Valterio Acti Ricci per la salvezza dell’anima sua e per la remissione dei suoi peccati come riferisce la querela che ti accusa di non dare al monastero la parte del raccolto e di rifiutarti di consegnarlo, per cui è richiesto il nostro intervento di legge, dato il danno non piccolo ed il pericolo per le anime. In forza della presente lettera, come editto completo e definitivo, ti ammoniamo ed esortiamo nel Signore, con minaccia di stretta scomunica, ordinando che consegni la parte del raccolto all’amministratore del monastero con cui farai composizione per la presente questione. Se hai una giusta causa la presenti, altrimenti procederemo con la scomunica.  Data a Camerino li 4 luglio.

 

1375 luglio 17

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1375, indizione XIII, a tempo del Papa Gregorio XI, il giorno 17 luglio, si fece questo atto a Matelica nella chiesa di S. Maria Maddalena, a confine con la vie ed il muro del comune, alla presenza di Massio di Cecco Damiani, Cola Vanni e Lucio Vanni da Matelica, testimoni richiesti.  L’abbadessa donna catarina aveva riunito il capitolo del convento delle donne del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica ed insieme con le sue monache che erano Datadeo Corraducci, Luca Cicchi, Catuccia Paoli, Lippa Cicchi, Nese Gentili e Alena di Giovanni, con pieno consenso di tutte, stabiliva come amministratori e rappresentanti legali del predetto monastero, agenti, promotori e messaggeri suoi, gli uomini ser bartolo di ser Atto Decanmi e mastro Venanzo da camerino perhé agissero nella causa contro Stefano Vernuti, in particolare contro Bianco Bertelucci da Gualdo abitante a Matelica e Massiarello Morichette da Matelica e contro chiunque altro, di fronte alla curia vescovile di Camerino e di fronte ad ogni altro giudice di competenza, per parte del monastero, con tutte le competenze correlate, anche con potere di scegliere altri rappresentanti o sostituirli, senza poter muovere lite con essi agenti, sotto penalità.  Notaio Nuccio Mattei Nucci da Matelica, giudice imperiale

 

1376 maggio 10

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1376, indizione XIII, al tempo del Papa Gregorio XI, il giorno 10 maggio, si scrisse l’atto a Matelica, presso il monastero si S. Maria Maddalena, nella chiesa di esso monastero,  alla presenza dei testimoni richiesti: Matteo Pucci Bartelemucci di Ventura, Bartolo Vagnarelli Cicchi Vegnati, Massiarello Morichetti di Giovanni Muzi Mattei e Paolo Crissioli Iacomelli da Matelica Donazione fatta da Vannetta Gualtieri Atti Ricci da Matelica per amore di Dio e a vantaggio dell’anima sua e dei genitori. Vannetta donava alla rispettabile donna Catarina, abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica, per lo stesso monastero,  una sua casa sita a Matelica in contrada S. Agostino a confine con la via, con i beni di Massiarello Bene Scarlini e di Bonaventura Nucci Ciancinsi, inoltre un terreno con vigna, in territorio di Matelica, in contrada Serre, a confine con i beni dei figli di Morichetto e con quelli di Attuzio Francisci. Rinunciava ad ogni privilegio di legge e prometteva la stabilità della donazione, senza liti, sotto penalità del doppio del valore dei beni donati.  Rogava l’atto il notaio imperiale Atto Francisci da Matelica.

 

1387 febbraio 25

Nel nome di Dio. Amen. Il giorno 25 febbraio 1387, al tempo di Papa Urbano VI, nel palazzo del comune, alla presenza di Angelo Cicchi e Bartolo Vanni, come testimoni, il giudice della terra di Matelica, uomo sapiente Zacobo da Feltre, in tribunale concesse autorizzazione a Bartolino Barleri sindaco delle monache di prendere possesso del terreno. Notaio Angelo Guidiucci.

 

1380 aprile 30

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1380, indizione terza, a tempo del Papa Urbano VI, il giorno ultimo del mese di aprile, si fece questo atto a Matelica nella casa di ser Bindo Petri, casa della moglie, in contrada Piazza presso le vie e i beni di Turano Cagni, alla presenza dei testimoni richiesti Gentile Colucci Bartolucci, Benedetto Sonni, Bartolo Andioli ed Adriano di Giovanni da Matelica.

Donna Catarina figlia del fu Cotesino, moglie di ser Bindo Petri da Matelica,  spontaneamente e liberamente, rinunciando ad ogni beneficio di legge, con il consenso del marito alla presenza del notaio fece una permuta di proprietà con Pacia Andreucci per un terreno sito a Matelica in contrada Serre. Riceveva (da Pacia) un terreno sito a Matelica in contrada Collicchi a confine con Angelo Nalli e con le terre della chiesa di S. Antonio.

Ciascuna delle contraenti cedeva usi e pertinenze con l’impegno di non muovere lite, sotto penalità del doppio, rimanendo valido per sempre il contratto, fecero giuramento sui Vangeli toccando le scritture.  Era notaio Giovanni Guiducci Angeli da Matelica, d’autorità imperiale.

 

1383 agosto 28

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1383, indizione VII, al tempo del Papa Urbano VI, il giorno 28 agosto fu scritto il presente atto a Matelica nel monastero di S. Maria Maddalena, a confine con le vie ed il muro del comune alla presenza dei testimoni richiesti Andrea Salvetti, Massio Bartoli Salimbene e Pace Andreucci da Matelica.  Donazione fatta spontaneamente da Bartolomeo Paoli Pucci Venturelli da Matelica, per i favori ricevuti, alla nobil donna Catarina Rainucci abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena, per un terreno in territorio matelicese, in contrada Camoiano, a confine con Verlutio Vanni Mattei, con impegno di difendere questa donazione contro chiunque e di mantenerla stabile per sé ed eredi sotto penalità del doppio, con giuramento sul Vangelo.  Notaio imperiale Nuccio Mattei Nucci.

 

1383 settembre 2

Nel nome di Dio. Amen. Testamento di Angelo Cicchi Levi, sano di mente per grazia di Cristo, benché malato nel corpo. Tra le altre cose lasciava due soldi per l’anima, secondo la norma canonica. Lasciava cinque soldi per eventuale maltolto. Altri lasciti non trascritti. Stabiliv come secutori testamentari Pietro e Coluccio Cicchi Levi, suoi fratelli e Vagnolo Mattioli Levi. Lasciava alla moglie Florutia, vitto, vestiti e abitazione fino a che restasse casta e onesta e volesse vivere con i figli e gli eredi in reciproca collaborazione. Alla stessa Florutia lasciava una clamide (mantello). Altri lasciti non trascritti. Eredi universali erano stabiliti i figli del testatore Leva e Giovanni, in parti eguali. Se essi fossero morti senza propri figli che fossero giunti all’eta di venticinque anni chi sopravviveva riceveva l’eredità dell’altro e morendo entrambi senza figli in età legale sopravvenivano in parti eguali Pietro Cicchi Levi e Coluccio Cicchi Levi predetti fratelli.  Il testamento fu scritto dal notaio Nicola Muzi da Matelica in casa dello stesso Angelo testatore, in Matelica, alla presenza dei testimoni Vannuccio di Antonio Vannucci, Giovanni di Paoluccio Simoni, Giovanni Ciccarelli, Cristofano di Cola Canini, Paolo Cicchi e Luca di Masio Accurroli, in data 2 settembre 1383, indizione sesta,  al tempo del Papa Urbano Vi. La casa del testatore era in contrada Perocconi a confine con la via e con i beni di Pietro Salimbeni.

 

1391 settembre 25

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1391, indizione XIV, al tempo del Papa Bonifacio IX, fu scritto il presente atto il giorno 25 settembre a Matelica alla presenza dei testimoni richiesti e convenuti davanti alla casa di Vagnarello Francuccio presso la casa dell’erede di Nigio Massi. Oltre al predetto Vagnarello Francuccio c’era Coluccio Paoli da Matelica. Donazione fatta liberamente da Venanzo Rofini da Matelica a favore di Angelo nalli da Matelica ricevente come amministratore, rappresentante e gestore degli affari del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica e del suo capitolo e convento, di un terreno arativo sito nel territorio matelicese, in contrada serre, vicino alle proprietà di S. Margherita, di Cola Nastri, dei figli di Morichetto. Il terreno donato da Venanzo al monstero era stato tenuto da Cola Cagni da Matelica per contratto scritto dal notaio ser Nicola Muzi da Matelica. Nella presente donazione erano stati considerati anche i raccolti ricevuti per mezzo di Bitto Rosini erede del fratello morto che aveva lasciato la sua eredità allo stesso monastero. La donazione doveva valere, senza liti, sotto penalità di cento fiorini d’oro, con giuramento fatto sul Vangelo, toccando le scritture.  Notaio Giovanni Peregrini da Gualdo.

 

1391 settembre 28

Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1391, indizione XIV, al tempo del Santo Padre Papa Bonifacio IX, il giorno 28 settembre, si fece questo atto a Matelica nelle case della chiesa dei santi Bartolomeo e Adriano della pieve, case un tempo del defunto pievano don Antonio, nella loggia presso l’orto, in contrada S. Antonio, da tre lati a confine con la via e con la casa di Angelo De Branca, alla presenza degli onorevoli uomini, do Cataldo Giorgi, rettore della chiesa di S. Antonio, Florano Cicchi matelicese, e Frà Ventura Dani d’Arezzo, abate rettore della chiea di Santa Catarina di Sant’Anatolia, come testimoni richiesti. In esecuzione al testamento di Bitto Ruffini matelicese, rogato dal notaio ser Giovanni Guiducci, tra gli altri lasciti fatti risulta erede universale la chiesa, il monastero o luogo delle donne di S. Maria Maddalena di Matelica. Al vescovo Nutio di Camerino per antica consuetudine spetta  come porzione canonica la quarta parte, per cui il dottore in legge Nicola di mastro Filippo di Sassoferrato, esecutore testamentario stabilito dal vescovo camerinese, con speciale mandato rogato  da me notaio Paolo riceveva dall’amministratore del monastero la somma di sette fiorini d’oro dei quali quattro al peso d’uso a Matelica e tre fiorini di peso grave e con questo compenso ogni diritto sui beni dell’eredità del predetto Bitto, compresa la canonica porzione della quarta parte, restavano di proprieà del monastero predetto, senza differenze.  Notaio Paolo Petrucci da Dignano notaio e ufficiale anche di parte vescovile.

 

1399 novembre 24

Nel nome di Dio. Testamento di Andrea Lippi Attucci da Matelica, sano di mente e di buona memori, benché malato di corpo. Lasciava le somme dovute per norma canonica e 10 soldi (di denari) per eventuale maltolto. Lasciava due cri del peso di una libra e mezzo ciascuno in occasione della sua sepoltura, uno alla chiesa della pieve ove aveva il sepolcro e l’altro alla chiesa di S. Andrea. Disponeva per le candele da dare ai sacerdoti ed inoltre un fiorino per ogni chierico (partecipante al funere). Lasciava da celebrare le sante messe gregoriane a don Francesco Lalli, con legato di un fiorino d’oro. Lasciava per decima alla chiesa di S. Andrea una coppa di grano. Lasciava due fiorini d’oro  e sedici monete anconetane come sussidio a un messale per cantare nella chiesa di S. Andrea. Lasciava ad Angelo Massi tre (monete) anconetane, come gli doveva. Stabiliva come esecutori testamentari Matteo Marcelli e Stefano Attoni insieme con pari autorità nell’eseguire con ogni spesa necessaria i legati da lui disposti. A ciascuno degli esecutori testamentari lasciava quaranta soldi. Alla moglie Avvenente, in restituzione della dote, lasciava due fiorini d’oro ed i beni avuti, cioè tre sacconi di tela, un paio di lenzuola e tutti i panni di lana e di lino e un caldaretto di rame e anche, a suo piacere, una cassa. Come legato destinava a lei tre quarte di grano e frumento che sono in casa sua e sul raccolto futuro per lei una salma e mezza di grano. Come legato per le donne Coluccia, Santa e Vanna, figlie di Cola Venture, un terreno sito in territorio matelicese, contrada Rotundi, a confine con i beni dei figli di Vanne Bonaventure e con le vie. Lasciava inoltre alla chiesa della pieve un fiorino d’oro. Lasciava a Coluccia di Cola una cassa. Stabiliva per tutti gli altri suoi beni, come erede universale sua figlia Filippa. E questa era la sua ultima volontà da far valere.  Il testamento fu scritto a Matelica nella casa del testatore, nel borgo S. Francesco, a confine con la via, con la proprietà di Cola Paolucci, e degli eredi di Antonio Mattioli, l’anno 1399, indizione settima, al tempo del Papa Bonifacio IX, il giorno 24 novembre alla presenza dei testimoni chiamati dal testatore: Massio e Marino Petri Attucci, Angelo Agnarelli Vannucci, Grazia Gentilini, Santa Vagnarelli Vannucci, Andrea Mattioli Marchi e Francesco Adriani Masi da Matelica.  Rogava il testamento Giovanni Guiducci Angelini.

 

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MATELICA – PERGAMENE RIGUARDANTI LA BEATA MATTIA DAL 1227 AL 1312

PERGAMENE MONASTICHE PERTINENTI  ALLA Beata Mattia (o Matelda)  da Matelica

<Trascrizione di Carlo Tomassini da foto  e Digitazione di Vesprini Albino>

In altro doc. la traduzione italiana

1227 settembre 12   In nomine Domini. Amen. Anno eiusdem MCCXXVII, indictione XV, die XII mensis sectembris intrantis, imperante  domino Federico secundo Romanorum imperatore. Actum in castro Mathelice, ante domum Tertii Erri, presentibus Angelo Actonis, Munaldo Massei, Accurrimbona Bracconis et Ugolino Viviani testibus vocatis. Andreas filius quondam Rainaldi de Clugiano fuit confessus et contentus se in veritate recepisse et recepit XXX libras ravennates et anconetanas a Tertio Erri nomine dotis et pro dote filie sue Susanne uxoris ipsius, renuncians non habite et non recepte, atque solute dotis et pecunie exceptioni et omni legum auxilio. Quam dotem et pecuniam promisit dictus Andreas pro se suisque heredibus ipsi Tercio pro se suisque  heredibus stipulanti integram restituere sine aliqua diminutione et sine aliqua occasione vel exceptione postquam matrimonium contractum inter ipsum Andream et prefatam Susannam morte vel divortio aut quocumque modo fuerit dissolutum sine filiis communibus ex eis natis pervenientibus ad etatem XXV annorum, sub pena dupli dicte dotis, sub obligatione suorum bonorum et expensans et salaria litis reficere sub iam dicta pena et ea soluta, vel non, dicta omnia semper rata sint et firma. Ego Petrus Albrici auctoritate imperiali notarius his omnibus interfui et ut supra legitur rogatus subscripsi.

 

1233a settembre 8       In Dei nomine. Amen. Anni Domini MCCXXXIII die VIII septembris intrantis, tempore Gregorii pape et Frederici Romanorum imperatoris, indictione VI. Dominus Albricus filius quondam Finaguerre, iure proprio dedit, tradidit et concessit atque cessit ecclesie sive monasterio dominarum de Cupu Rumano prope Isula, vel domine Biatrice abbatisse dicti monasterii suisque suisque(!) in perpetuum pectiam  unam terre positam in Cupu Rumano ubi manet et stat dictum monasterium infra hec latera: a primo via, a secundo Rainaldus Saraceni, a tertio flumen et Bonus Frater excepta partem rote iusta flumen  filiorum Stafi et Rainaldi Saraceni, a quarto dicta ecclesia, illud quod fuit Boni Fratris cum predictis finibus et si qui alii sunt ei et cum omnibus et singulis super se, vel intra se et infra se habitis, in integrum et omne ius ipsius rei omnemque actionem et rationem realem et personalem, utilem et directam, sibi ex ea vel pro ea re, aliquo modo, pertinens vel pertinente, sibi contulit atque dedit  et concessit, contituens eam in rem suam procuratricem, pro XXVII libras ravennates et anconetanas de XL libras de dote domine Usulalie quas dictus dominus Albricus debebat et tenebatur dare dicte ecclesie predicta Usulalia quam rem se ei(us) nomine constituit possidere donec in possessionem intraverit corporaliter in quam intrandi et retinendi deinceps licentiam et aucoritatetm sibi dedit et concessit promictens per se suosque heredes predicte domine Biatrice suisque successoribus dictam rem cum omni iure suis ab omni persona hominum et universitate semper legitime defendere, auctorizare atque disbrigare suis omnibus pignoribus et advocati in ingressum litis et omne damnum litis expensas et salaria que et quas fecerit vel sustinuerit propter hoc, quoquo modo, integre reficere ac resarcire promisit. Nec contra predicta vel aliquod predictorum per se, vel alium aliquando facere vel venire occasione minoris pretii et id quod plus esse vel valere pure, libere et simpliciter inter vivos donavit. Que omnia predicta et singula, in singulis capitulis suparadictis non observaverit vel aliqua occasione presumpserit contravenire vel facere, pene nomine dupla dicte rei quo tempore magis fuerit meliorata per se, suosque heredes, dicte domine Biatrice, suisque successoribus dare et solvere promisit, qua soluta vel non dampnis omnibus restitutis omnia predicta firma permaneant. Actum  in Cupu Rumano, ante ostium predicti monasterii presentibus domino Giberto, domino Gentile, et Masseo Lazani; domino Rainaldo et domino Albrico Mori, testibus vocatis et rogatis. <sigillo notarile> .  Ego Petrus apostolice sedis notarius his omnibus interfui ut supra legitur, rogatus subscripsi.

1233b settembre 9    In Dei nomine. Amen. Anni Domini MCCXXXIII die VIIII septembris intrantis, tempore Gregorii pape et Frederici  Romanorum imperatoris, indictione VI. Bonus Frater filius quondam Rainaldi Albrici, iure proprio dedit, tradidit et concessit ecclesie sive monasterio dominarum de Cupo Rumano prope Isula et domine Biatrice abbatisse dicte ecclesie recipiente pro dicta ecclesia, terram vineatam et sine vinea et acquimine in loco posita qui dicitur Plagie infra hec latera, a primo via, a secondo  . . . monasterium terra que fuit Ugolini Albrici, a tertio vallatu molendinorum rote, a quarto dominus Albricus Finaguerre cum predictis finibus et si qui alii sunt ei, et cum omnibus et singulis super se, intra se, (et infra se habitis) in integrum et omne ius ipsius rei, omnemque actionem et rationem realem et personalem, utilem et di(rectam), sibi ex ea vel pro ea re, vel rebus aliquo modo pertinens, vel pertinente, sibi dedit et concessit constituens e(am in rem suam) procuratricem pro remedio peccatorum suorum et pro animabus paretum et aliorum suorum mortuorum. Quam rem se eius nomine constituit possidere, donec in possessionem intraverit corporaliter, in quam intrandi et(?) retine(ndi) deinceps licentiam et auctoritatem sibi dedit et concessit, promittens pro se suisque heredibus et successoribus predicte ecclesie, sive dicte abbatisse suisque succesoribus dictam rem com omni iure ipsius ab omni persona hominum et unversitate semper legitime defendere, auctorizare atque disbrigare suis omnibus (pignoribus) et advocatis ante ingressum litis et omne dampnum litis, expensas et salaria que et quas fecerit, vel substinuerit propter hoc, quoquo modo, integre reficere ac resarcire promisit, nec contra predicta, vel aliquid predictorum per se, vel alium aliquando facere vel venire, aliqua occasione vel exceptione sub pena dupli dicte rei, quo tempore magis fuerit meliorata per se suosque heredes et successores pre(dicte ecclesie sive) abbatisse suisque successoribus dare et solvere promisit. Qua soluta vel non, dampnis omnibus restitutis, omnia predicta firma permanenant. Actum in casa sive in predicto monasterio, presentibus domino Gentili et domino Masseo Lazani; domino Rainaldi Mori; domino Albrico Finaguerre; domino Gualterio Alberti; domino Rainaldo Massei, testibus vocatis et rogatis. (sigillo notarile) . Ego Petrus apostolice sedis notarius his omnibus interfui ut supra legitur rogatus subscripsi.  <Nota che segue, nella stessa pergamena, un atto del giorno antecedente 8 settembre 1233 nel quale il concedente  è Albrico.>

 

1237a gennaio 11  In nomine Domini nostri Iesu Christi MCCXXXVII, indictione X, die XI intrante Ienuario tempore Gregorii pape et Federici imperatoris. Coram testibus     infrascriptis: domima Rosa filia condam domini Ranni Alberti Gualterii, propria spontanea sua bona voluntate et pro redemctione animarum parentum et sororum suarum et pro sua anima, dedicavit se et sua et  ingressa est monasterium et ecclesie S. Marie Madalene et dictam dominam promisit obedientiam et reverentiam fratri Petro ministro Fratrum Minorum et suis sororibus recipienti pro ipsa ecclesia, quod nunquam aliquo tempore discederet a dicta ecclesia eundo et serviendo ad aliquem locum religiosum hoccasione standi vel permanendi, sed semper in eodem loquo permanendo, et renunciavit mundo et promisit  castitatem et unitatem retinere et necessitatem retinere, et Deo fecit pro amore quam abet erga dominum nostrum Iesum Christum et Marie Virginis et Marie Madalene; dicendo dictus frater Petrus: “Vis tu esse reddita Deo huic loquo Sancte Marie Virginis et Sancte Marie Madalene permanendo et stando ante altare Sancte Marie Madalene “ et ipsa dixit “Volo”. Et ipse frater Petrus et sue sorores receperunt eam nomine et vice dicte ecclesie et investiverunt eam per pannos altaris et per hosculum pacis ad altare; et dicta domina Rosa post hec dedit et cessit omne ius et omnen racionem et actionem, quod et quam abebat; contra dominum Masseum et dominum Gentilem Nazarii de quatuor centum libris quas ipsi dare ei tenebantur de vendittione mansi patris et matris sui et de CLV  <DLV?> libris, quas domina Biatrice et ipsa domina Rosa antea concesserant dicto monasterio et dedit et concessit ipsa domina Rosa dicto loquo sive monasterio omnia alia sua bona preter ista sive ultra supradicta  (…..) tudine <multitudine?>  esset; quam dacionem et  concessionem promisit firmam et ratam abere et non contravenire aliqua hoccasione vel exceptione. Ibi vero dominus Bartolus Gentilis, dominus Rainaldus iudex, Moricus de Rocca et dominus Benintendi, dominus Petrus Palmucii, Bonus Frater, frater Filippus, dominus Bentevogius et multi alii rogati teste similiter in dicta ecclesia. Ego Albertinus notarius interfui et ex mandato dicte domine Rose et suarum sororum scripsci et publicavi et in publicam formam redegi.

 

1237b aprile 20  In Dei nomine. Amen. Anno Domini MCCXXXVII die XI exeuntis aprilis, tempore Gregorii pape et Federici romanorum imperatoris Sicilie et (Ierusalem) regis, indictione X, dominus Masseus et dominus Gentilis Lazarii ex una parte et Actone Venimbene notarius sindicus mona(ste)rii Sancte Marie Madalene de Matelica nomine universitati et collegii et pro ipsa universitate dicti monasterii ex altera deposue(runt) de communi concordia et voluntate apud dominum Moricum de Rocca ducentos libras ravennates et anconitanas de pretio vendictionis domine Rose fac(te) filii Lazarii de bonis quondam Ranni hoc modo et pacto et ac conditione posita quod quiquid frater Petrus minister Fratum Minorum dixerit quod predicta domina cum suis sororibus et sindicus dicte universitatis fatiant cartam filiis Lazarii quietationis et transactionis factam inter predictos, stabunt ad eius dictum et si (contigeret) dictus frater Petrus non veniret vel diceret hinc ad medium madium proximum dominus Filippus episcopus camerinensis debeat dicere et si contigeret quod vi(ri) predicti non diceret dicta pecunia scilicet CC libras dominus Moricus deberet restituere dictis filiis Lazarii et si episcopus diceret deberet restituere dictam pecuniam dominus Moricus dicte domine omni occasione posposita. Item de testamento domine (I)bilde quiquid predicti diceret vel laudaret plus rationi vel minus rationi promiserunt ad invicem firma habere atque tenere sub pena CC librarum ravennatarum inter se solemni stipulatione promiserunt et omne damnum litis et expensas per quod et quas fecerit vel sustinerit pro (hoc) quoquo modo reficere et restituere promiserunt solemni stipulatione inter se et predicta soluta  vel non, dicta omnia firma habere tenere promiserunt omni iure reservato monasterio facto montis silicet X (…) modioli et illud quod habet de manso (Mar)tini Iunii et uxori et de clusura Deoni Acti et molendino Gemetarie que demisit domine Rose. Actum in monasterio dicto presentibus domino Albrico Finaguerre, Rainaldo Montis Melonis, domino Subpolino, domino Albrico Mori et domino Blasio et Johanne Albrici Guarnerii testibus.  Evo (!?Ego) Acto Deoni avocati apostolice sedis notarius his omnibus interfui et ut supra legitur rogatus scripsi.

 

1237c    Frammento di procura…<manca l’ inizio>…..dominae Isulanae et dominae Clarae………………………………………………………..Lucie, Annese, et Cataline fecerunt co………………………………………………………………………..presentem eorum sindicum, actorem, factorem, pe(ti)torem et procuratorem et suficienter responsabil(em) ad agendum contra dominum Masseum et dominum Gentilem Lazarii coram frate Petro vercellensem vel coram domino  Filippo camerinensi episcopo, ad litem contestandam et ad jurandum de calupnia et ad omnia fatienda et ad transigendum et ad compromittendum et ad sen(tentiam) (a)udiendam et appellandam si necess(e fu)erit, hoc modo ut possit abere, excipere et replicare <uti> ipsamet facere possent vel replicarent de tota hereditate que fuit quondam patris sui domini Ranni et matris sue domine Biatrice et spetialiter de quinquecentum LV libris et generaliter de omnibus aliis bonis que ei posset…….. venire vel competere occasione predictorum. Quam sindacariam promiserunt per se suasque……… non contravenire sed firma habere atque tenere nec nullam restitutionem aliquam….<=aliqu>anto a dicta abbatissa et sororibus, foro ecclesiastico condictioni sine causa, dolo vel metu restitutionem in integrum, omnique legali auxilio quod eis possent prodesse et aliis personis habentibus causam hab eis possint obesse et hec sub pena CC librarum promiserunt et pena soluta vel non soluta stipulata promissa omnia supradicta firma permaneant. Actum in monasterio Sancte Marie Madalene, presentibus domino Albrico Finaguere, domino Subpolino, domino Albrico Mori, Iohanne Albrici et domino Blasio testibus. Ego Acto Deoni avocati apostolice sedis notarius his omnibus interfui et ut supra legitur rogatus a dicta abbatissa et sororibus scripsi et publicavi.

 

1237d settembre 2  <Sigillo notarile a forma di croce>    In nomine Domini. Amen. Anno eiusdem MCCXXXVII indictione X, die II septembtis intrantis, tempore Gregorii pape et Frederici imperatoris, Mathelic(e), ante domum Gentilis Actonis Strovilis , presentibus testibus domino Morico de Rocca, Mattheo Actonis Petri Albi, et Salimbene Ranni, Benencasa Alexandri notarius iure proprio vendidit et tradidit atque concessit Actoni Petri Tebaldi petiam unam terre aratorie, posite in districtu Matelice in loco quod dicitur Casoie, intra hec latera: a primo Sorellus; a secundo Greneri Actolini; a tertio filii Paganutii; a quarto emptor, ad habendum, tenendum ac possidendum et quicquid sibi et suis heredibus deinceps placuerit, perpetuo, faciendum, cum superioribus et inferioribus finibus predictis, vel si qui alii sint ei accessibus et egressibus suis usque in viam publicam et cum omnibus et singulis super se, et infra se seu intra habitis, in integrum omnique iure et actione, usus seu requisitione, sibi ex ea vel pro ea re  aliquo modo pertinente sive expectante, pretio quatuor  libra(rum) et sex solid(os) ravennat(es) et anconetan(os), quod totum confessus fuit coram suprascriptis testibus et me notario, sibi integre fore solutum et numeratum, renuntians non numerata et non soluta sibi atque non habiti pretii exceptioni  et omni legum auxilio.  Quam re se eius nomine constituit possidere donec corporaliter eius rei acceperit possessionem: Quam accipiendi sua auctoritate et retinendi deinceps licentiam omnimodam  sibi contulit atque dedit, promittens per se suosque heredes ipsi emptori pro se suisque heredibus stipulanti, litem nec controversiam movere, sed dictam rem ab omni homine et universitate legitime defendere ei et eius heredibus et cui dederint auctorizare atque disbrigare, omneque dampnum litis et expensas reficere, nec contra predicta vel aliquod predictorum per se vel alium sive alios aliquo mdo facere vel venire occasione minoris pretii, nec alia quacumque sub pena dupli extra(=supra?) dicte rei ut pro tempore plus valuerit et fuerit meliorata. Qua soluta vel non soluta, suprascripta omnia et singula rata sint et firma.  Ego Bentevegna Alberti auctoritate imperiali notarius his omnibus interfui ut supra scripta omnia et singula (rei?) legitur rogatus scripsi.( Nota nche nella stessa pergamena segue altro atto con  data 27 maggio 1238)

 

1238 maggio 27  (Sigillo notarile all’inizio come nel precedente atto)    In nomine Domini. Amen. Anno eiusdem MCCXXXVIII, die V madii exeuntis, tempore Gregorii pape et Frederici imperatoris, indictione XI.  Ego quidem dominus Benetenni filius quondam Bonasere ad proprietatem iure permutationis sive cambii do et trado tibi Actoni Petri Tebaldi tuisque heredibus domum unam positam in castro Matelice, infra hec latera: primo et secundo Androna; tertio filii Paganutii; quarto Accurri Bonasere et si qua alia sunt latera cum solo et omni superfitie ipsius domus cum accessibus et egressibus suis usque in viam publicam et cum omnibus et singulis que super se et infra se habet in integrum ad habendum, tenendum ac possidendum et quicquid tibi tuisque heredibus placuerit faciendum et omne ius ipsius rei omnemque actionem et rationem realem et personalem  utilem et directam tibi do et cedo constituens te in rem tuam procuratorem pro una alia domo posita in castro Matelice infra hec latera: primo Matheus Actonis Blanci; secundo Androna, (tertio) Bonaccursus Actonis Christiani, pro uxore sua, quarto Bonora Beneraini, quam domum mihi eodem iure tradidisti et pro quattuor libr(is) ravennat(ibus) et Anconet(anis) quas mihi ad ipsam domum iunxisti, quam domum mihi a te traditam esse confiteor ed dictas quatuor libras numeratas atque solutas esse renuntians non tradite domus et non numerate et non solute pecunie exceptioni exceptioni(!) doli, omnique legum auxilio et si plus valeret id plus tibi pure ac irrevocabiliter inter vivos dono. Quam rem me tuo nomine precario constituo possidere donec corporalem ipsius rei intraveris possessionem. Quam intrandi licentiam tibi tua auctoriate confero atque do, promictens per me, meosque heredes atque successores tibi tuisque heredibus et successoribus dictam rem cum omni iure ipsius ab omni homine legitime defendere auctorizare atque disbrigare meis omnibus pignoribus expensis et advocatis nec contra facere vel venire aliquam occasionem vel exceptionem. Si vero per me, meosque heredes predicta omnia non observavero vel aliqua occasione presu(m)psero contravenire pene nomine duplum dicte rei tibi tuisque heredibus dare promicto et omne dampnum litis et expensas propter ea contingentes, reficere penaque soluta, vel non soluta, hec omnia firma permaneant. Actum Matelice in statione Benencase notarii, presentibus Accurri Bonasere, Tomasio Blasii, Mercato Petri de Cerrito et Scagnarello Albrici Tebaldi testibus. Ego Benencasa aucoritate imperiali notarii rogatus scripsi, subscripsi.

 

1243a giugno 29    In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem MCCXLIII, indictione prima, die II exeunte iunio, im(perante) domino Federico s(ecundo) Romanorum imperatori,  Venutus Berte Rigi pro se suosque heredes quietavit et remisit et pactum fecit trasferendo ulterius nomine traxaccionis Iohanni Petri  Sassolini et uxori sua Letitia quicquid posset eis  petere in eorum manso occasione promissionis quam ipsi ei fecerit de dictorum manso et carta quam ipsi fecerit ei sit cassa et vana et dictam promissione(m) et cartas remissione et cartas quam dictus Iohannes vel ali(u)s pro i(pso) fecerit vel tenentur facere et uxori sua Letiatia; quam quietationem et refutationem fecit pro XIII sol. IIII den: ravenn: et anconet: quas dictus Venutus confessus fuit se ab eis recepissent, renuntians non numerati et non soluti sibi dictos omni excepti(oni) ed decept(ioni) et omni legum auxilio, quos sibi posset pro (dictis?) reis (!) oblessent (!) et promisit de dolo et fraude et colludio(!) falcidia et de concessione alicui factam, promictens dictus Venutus pro suosque heredes ipsi Iohanni et domine Letitie pro se suosque heredes, omnia suprascripta adtendere et observare et non contravenire occasione aliqua sive exceptioni sub pena XX lib(ras) ravennat. Ancon. et pena soluta, vel non, suprascripta firma sint et rata. Actum in Matelica in domo Amicol(i) iudicis presentibus Benetendi, Amicol(u)s  et Accone Pegilli et Severino Acze et Actone Accursi Franconis et Actone Deruni  et aliis pluribus testibus ad hoc vocatis.  Ego Benenamtius (Benenuntius?) auctoritate imperiale notarius rogatus scripsi.(Sigillo notarile al margine destro)

 

1243b settembre 12   Anno Domini MCCXLIII, tempore domini Frederici Romanorum imperatoris, indictione I, die XII septembris intrantis, Iohannes Petri Sassolini solempniter promisit domino Finaguerra Albrici stipulationem recipienti pro se et domino Rainaldo Gualterii pactum  neque finem, compositionem neque transactionem aliquam cum Benvenuto Berterise sine ipsis non facere dei lite et causa quam cum eo habet vel ei morire posset sub pena C. solid(os) ravennat(es) et anconetan(os) eo quod dominus Finaguerra pro se et domino Rainaldo Gulaterii promisit eidem Iohanni eum iuvare de dicta causa, iusta eorum posse, bona fide et per semetipsos  compositionem neque pactum neque finem cum eodem Benvenute Berce non facere sine ipso Iohanne Petri, sub eadem pena; qua soluta, ven non, dicta firma sint et rata. Actum Mathelice in domo donni Mattei plebanis, presentibus Petro Severini, Actolinello Actonis et Quintarello banditore, testibus. Et ego Iacobus notariu rogatus scripsi. (sigillo notarile; Segue nella stessa pergamena l’atto del 10 ottobre 1247)

 

1246 (?)  aprile  11  un anno tra  1230 / 1246     Philippus Dei gratia Camerinensis episcopus, universis Christifidelibus, tam clericis, quam laicis, per Camerinensem dioecesim constitutis, salutem  in Domino. Quoniam, ut ait apostolus, omnes stabimus ante tribunal Christi recepturi, prout in corpore gessimus, sive bonum fuerit, sive malum, oportet nos diem missionis extreme misericordie operibus prevenire ac eternorum intuitu seminare in terris, quod, reddente Domino, cum multiplicato fructu, recolligere valeamus in coelis; firmam spem fiduciamque tenentes quod qui parce seminat, parce et metet; et qui seminat in benedictionibus, de benedictionibus et metet vitam eternam. Cum igitur dilecte in Christe soror abbatissa et sorores prope castrum Mathelice super planum Insule, iuxta flumen Gini, existentes ad honorem Dei et beate Marie Magdalene et omnium sanctorum quoddam oratorium et monasterium laudabiliter construere inceperint de novo et ad tanti operis consumationem proprie non suppetant facultates, universitatem vestram rogamus et monemus attente ac in remissionem vobis iniungimus peccatorum, quatenus de bonis vobis a Deo collatis, cum nuntii earundem sororum ad vos venerint elemosinas petituri, sic eisdem subvenire curetis, quod per hec et alia bona que Domino feceritis inspirante, eterne vite possitis premia promereri. Nos autem de Dei omnipotentis Misericordia et Beatissime Virginis Marie nec non sanctorum Venantii, Ansuini, Victorini et aliorom sanctorum meritis confidentes, omnibus qui eisdem nuntiis seu ipsi operi manum porrexerint caritatis, quadraginta dies de iniuncta sibi penitentia in Domino relaxamus.  Datum Matelice, die XI mensis aprilis intrantis.  (Edita dal TALAMONTI, Cronistoria . . .  VII, pp. 153.153, anche ACQUCOTTA Documenti Matelica II, 58 e altri parzialmente )

 

1247a marzo 9  In Dei nomine. Amen. Anno Domini millesimo CCXLVII, indictione V, tempore domini Innocentii pape, die VIIII martii, in plebe castri Matelice, presentibus domino  Iacopo Adtolini, Ugolino Simeonis et Servedore, testibus dei hiis vocatis (rogatis): Hec est divisio seu partes quas (fa)cit  Acto domini Gentilis Laczani inter se et Laczanellum domini Iacobi Massei Laczani de molendinis positis in districtu Matelice inter eos communibus, in una quarum ponit tria molendina posita in villa Vabiani que vocatur ad . . . .  Lanzuni in superiori catasta cum canalibus, macinis, plancito, let. . . .  vallato, clusa et generaliter et specialiter communibus ad ipsa molendina per(tin)entibus adscendendo et descendendo cum introitibus et exitibus suis, et cum  (?omni) . . . iure, usu, actione ad ipsa molendina pertinentibus sive expectantibus (de) iure vel de facto, hoc facto et conditione adiecta quod quicumque ipsorum (habe)bit  vel capiet istam partem non debeat nec possit emere in molend . . .  in alia parte positis, nec permutare nec aliquod aliut(!) ius adquirere (in to)to, nec in parte et dare et solvere teneatur habenti, vel cap(ere) partem (alio)rum molendinorum in al(ia) parte positis, VII libr(as) ravennat(es) et anconetan(as) hinc ad (idu)s madii proxime venturas, pro superfluo pretii seu valoris quod valent plus mo(lendi)na in ipsa parte posita. Que pars obvenit dicto Actoni. In alia parte ponit  (un)um molendinum et medium posita in eadem contrada, in catasta subter superius nominata (molendina) cum omnibus ad ipsa molendina pertinentibus et cum recessorio supra ipsa molendina posit(o) : . .hoc pacto et conventione quod quicumque habebit vel capiet vel in cuius parte venit dictum molen(dinum) et medium non possit nec debeat ipsa molendina elevare et altiare (!) a ca(pite) ne dannum fatiat aliis molendinis in alia parte positis, supra ea positis. Item . . . . in ipsa parte tres partes de quinque partibus unius molendi(ni) positi in catasta  molen(dino)rum quondam Petri Meliorati, intra hec latera a primo flumen, a secundo Petrus Iacanelli cum  (cana)libus, macinis, plancito, clusa, vallato, letricinis et generaliter et spetialiter omni(bus) et singulis ad ipsa molendina pertinentibus et cum omni iure, usu, actione ad ipsa (mol)endina pertinentibus, sive expectantibus de iure vel de facto. Que pars obvenit Laczano dicto. <la foto è taglia il margine destro>  Quam divisionem seu partes et omnia superius dicta vicissim so(lemni) stipulatione . . .  alteri per eos et eorum heredes et bonorum successores tam rei, quam (?iuris)  promiserunt, convenerunt adtendere et observare et ipsam divisionem seu partes ratas et fre. . .re et in nullo contra facere vel venire aliqua occasione exceptione sive causa . . .  vel alium de iure vel de facto, sub pena L. Libr(as)n ravennat(es) et anconetan(as) et sub obligatione omnium . . .  bonorum ipsorum: Quam penam  totiens dare et solvere promiserunt vicissim pars ob(servans) parti observanti, totiens contrafaceret vel veniret seu venire adtentaret  (iu)re vel de facto per se vel alium, et danna et expensas, salaria et interesse quae et quas . . .  vel sustineret in iuditio et extra propter hoc, quoquo modo, integre reficere nec  pene prestatio tollat vel removeat aliarum penarum prestationem et pena et . . . .  prestita et prestitis, vel non, et danna et expensans, salaria et interesse omnibus resti. . .  omnia suprascripta firma perdurent.   (Sigillo notarile). Ego Salimbebe auctoritate imperiali notarius peduictis omnibus interfui rogatus subscripsi et publicavi.

 

1247b maggio 23      In nomine Domini. Amen. Anno eiusdem MCCXLVII, indictione V, die VIIII exeunte mensis madii, tempore domini Frederici secundi Romanorum imperatoris. Actum in Mathelica, ante domun Petri Venerie coram domino Suppolino, Raineiro domini Petri; Actone Iohannis et aliis testibuis.  Iacobus filius quondam Valentini (iure) proprio vendidit tradidit adque cessit Ugolino Albrici quartam partem pro indiviso unius petie terre sive rote, posite in districtu Mathelice, iuxta Isulam, infra hec latera: a primo et a secundo flumen; a tertio et a quarto ecclesia sancte Marie Maddalene, vel si qui alii sint ei confines, cum accessibus et egressibus suis, usque in viam publicam et cum omnibus et singulis que super se infra se, seu intra se  in in(!) integrum contenitur cum omni iure et actione usu seu requisitione sibi ex ea re vel pro ea re aliquo modo pertinente, sive expectante, pretio VI solid. Ravennat. et anconet. Quod totum pretium coram me notario infrascripto et testibus suprascriptis confessus fuit se ab eo accepisse, sibique integre  numeratum traditum adque solutum fore non spe future solutionis, immo bene elaxe et si plus valeret ei pure et libere et simpliciter inter vivos donavit, renuntians exceptioni non numerate, non solute dicti pretii exceptioni doli et acceptioni in factum et deceptioni ultra dimidiam iusti pretii et omni legum auxilio. Quam rem se eius nomine constituit precario possidere donec corporalem ipsius rei acceperit adque intraverit possessionem; quam accipiendi intrandi sua auctoritate et possidendi deinceps sibi licentiam omnimodam contulit adque dedit ad habendum, tenendum tenendum (!) ac possidendum et quidquid sibi suisque heredibus deinceps placuerit perpetuo facinedum. Et promisit dictus venditor pro se suisque heredibus ipsi emptori pro se suisque heredibus stipulanti, litem nec controversiam movere sed dictam rem ei et eius nomine heredibus ab omni homine et universitate legitime defendere semper et ubique autorizare adque disbrigare; et omnia dapna expensas salaria cum interesse que et quas et quod fecerit, vel sustinuerit dictus emptor vel eius heredes in iuditio vel extra (?contingentia) . . .nda dictus venditor suis omnibus expensis pingnoribus et advocatis salariis adque recoltis ad ingressum litis usque ad finem cause integre reficere adque resarcire promisist; nec contra predicta vel aliquod de predictis per se, vel per alium aliquando facere vel venire aliqua occasione vel exceptione sub pena dupli dicte rei extra . . . .  pro tempore quo plus valuerit vel quo magis fuerit meliorat(a) et  quotiescumque immo capitulo  et pucto seu in modica re contra factum fuerit, totiens pena peti possit solepni pena promissa e pena unius prestatio  non tollat aliarum penarum  prestatione et pena et penis et damnis omnibus restitutis predicta omnia rata sint et firma.  (sigillo notarile)  Ego Albertus Petri aul(e)  imperialis notarius predictis omnibus interfui et ut supra legitur rogatus subscripsi et publicavi.

 

1247c ottobre 10    In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem MCCXLVII, indictiobe V, die X intrantis octobris, tempore domini Innocentii pape. Actum in Mathelica . . .  ante domum domini Massei, Ventura Carelli Aldrevrannino <c’è un foro> (=? per se suosque)   heredes solenniter promisit et convenit dare et solvere Iohanni Petri Sassolini, vel cui concess . . .  . . . .  Ravennat. Et Anconetan. Hinc ad festum Nativitatis  Domini proximum sub pena . . . . dupli . . . . . .  et obligatione suorum (bonorum); que constituit se eius nomine precario possidere ut (possit) se eius nomine precario ut possit se sua auctoritate de predictis semper intervenire et conservare sub predictis (pro)  pretio unius tunice et caputii pannis florentini, quam et quod eidem dedit et tradidit adque vendidit dictus Iohannes coram testibus (sed) renuntians exceptioni doli et omni legum (canone). Ego Benvenutus notarius rogatus subscripsi  (Sigillo notarile)

 

1254a febbraio 27  In nomine Domini. Anno Domini millesimo CC quinquagesimo quarto, indictione duodecima, tempore domini Innocentii pape. Actum fuit hoc in comitatu Camerini, in villa Masiani, in Cassina Massoli A(gresti) die II februarii exeuntis, presentibus Bonvillano Benvenuti; Benvenuto Andree,  Scangnicto Iacobi; Benvenuto Severini; Porriano Bonelli Sollis;  Ben(c)iveni Paganucii, testibus vocatis et aliis pluribus. Annese (filia) quondam Vitalis Actonis Tebaldi et Matheus filius Massoli Agresti, vir dicte An(ne)se  presente, volente et consentiente Massulo Agresti, patre dicti Massei (=Mathei) et s(oceri) dicte Annese  vendiderunt et tradiderunt ad proprium  Iacopo Tertii et suis (heredibus) stipul(anti) terras  cum vinea et sine vinea in pluribus locis positas in districtu  (Matelice) una pec(tia) quarum terrarum est posita in Plano Matelice intra hec latera: a primo via; a secundo  Iacobus Iohannis; a tertio et quarto ipse Iacobus emptor; alia pec(tia) terre est posita ad Vadum Militum intra hec latera: a primo Vallatus molendinorum; a secundo Michele Guidi; a tertio filii Accursi Attolini. Item in Querqueto Manfredi intra hec latera: a primo et secundo Moricus Paganucci et . . . czi; a tertio Magister Petrus Paganucii, silicet ius quod habuit Acto Tebaldi avus  dicte Annese intra dicta latera pro medietate; item in eodem loco, intra hec latera: a primo filii Albrici Tebaldi; a secundo Ionta Attolini. Item terram et cannetum posit(a) iuxta Fossatum Gudenzili, intra hec latera: a primo dictus Fossatus; a secundo dominus Albertus Attonis Guarnerii.  Item in eodem loco terram et vineam intra hec latera: a primo et secundo emptor; a tertio Ionta Attolini. Item in Villa Casoie intra hec latera: a primo via; a seconda Ionta Attolini, a tertio emptor.  Item in eodem loco terram et vingnale posita intra hec latera: a primo Benencasa Alexandri; a secundo filii domini Sorelli.  Item terram positam in Vallem intra hec latera: a primo et secundo Matheus Rainaldi pro uxore sua domina Placeni; a tertio ipse emptor.  Item terram positam in Monacesca intra hec latera: a primo Benciveni (P)aganucii; a secundo dominus Albertus Actonis Guarnerii; a tertio Ionta Attolini; et si dicte terre haberent alia latera vel confines, ad habendum, tenendum, ac etiam possidendum et quicquid sibi suisque heredibus deinceps placuerit perpetuo fatiendum cum superioribus et  inferioribus finibus predictis et si qua alia latera sint eisdem latera vel confines cum accessibus et exitibus suis , usque  in vias publicas cum omnibus et singulis super se, seu intra se habitis vel habendis (universis) cum omnique iure, actione, usu, seu requisitione sibi ex eis vel pro eis rebus  aliquo modo pertinente sive expectantes de iure vel de facto pro pretio triginta unius librarum ravennatu(um) et anconetan(arum). De quo pretio dictus Iacobus emptor dedit et solvit dictis venditoribus coram me notario infrascripto et superscriptis testibus viginti libras ravennatates et anconetanas. Aliam vero residuam quantitatem dicti pretii predicti venditores fuerunt confessi et contenti coram me notario infrascripto et superscriptis testibus  se (a) dicto emptore habuisse et recepisse sibique integrum numeratum atque solutum solum esse,  renunciantes exceptioni non numerati et non soluti sibi dicti pretii, sive den(arii) et exceptioni doli. Quas res se eius nomine costituerunt possidere donec ipsarum rerum corporalem acceperit atque intraverit tenutam et possessionem. Quam accipiendi, intrandi et retinendi, sua auctoritate licentiam omnimodam sibi contulerunt atque dederunt promittentes dicti venditores per se suosque heredes et successores et quilibet eorum in solidum ipsi emptori et suis heredibus stipulanti suprascriptas res cum omni iure ipsorum legitime defendere, auctorizare ac disbrigare ab omni quoque homine universitate suis expensis omnibus pingn(o)ribus, advocatis; et nec contra predicta vel aliquod predictorum per se, vel alium sive alios, aliquando facere vel venire aliqua occasione vel exceptione minoris pretii, vel minoris etatis, nec alia quacumque, sub pena dupli dictarum te(rrarum) ut pro tempore plus valuerit et meliorate fuerint, legitime ac solepniter stipulata et promissa. Item predicti vendi(tores) . . . promiserunt et convenerunt solepniter dicto Iacobo emptori tradere et dare vacuam tenutam et possesionem dictarum rerum sub dicta iam pena; et cum dicte res vendite e(ss)ent dotales ipsius  Annesem  dictus Massolus socer ipsius Annese volendo consulere et satisfacere ipsi Annese ne fraudet sua dotem et ad petitionem dicti Iacobi emptoris obligavit et suppignoravit ipsi Annesem et Bonvillano Benvenuti recipienti procuratorio nomine dicte Annesem et de voluntate ipsius et pro ipsa Annesem tam pro dictis XXXI libris et  med(iu)m, quam pro alia summa dicte dotis. Que dos capit inter totam summam  ipsius dotis XLI librar(um) ravennat(um) et anconet(arum)  unum campum terre  aratorie  posite in Villa Masiani  iam dicta in loco qui dicitur Vallis Bazzoni intra hec latera: a primo via; a secundo  filii domini Salvi Bernardi et fossatus Campum;  ipse Massolus coram me notario infrascripto et suprascriptis testibus asseruit valere centum libras ravennates et anconetanas. Quem campum dictus Matheus vir dicte Annese et ipsa Annese venditores et quilibet eorum in solidum et omnia alia eorum bona presentia et futura et que in antea acquirere potuerint dicto Iacobo emptori obligaverunt et suppignoraverunt pro omnibus et singulis subscriptis firmiter adten(den)tis et observandis in qua obligatione dicti campi et aliorum suorum bonorum et in quibus omnibus et singulis suprascriptis dictus Massolus pater dicti Mathei et socer dicte Annese consentivit; et ius que in ipsis et rebus habebat ipse Massolus sibi Iacobo emptori obligavit pro predictis omnibus et singulis suprascriptis firmiter adtentendis et observandis et pro suprascripto pretio. Que quidem omnia et singula supradicta et scripta  dicti Matheus et Annese venditores et quilibet eorum in solidum et dictus Massolus pro se suosque heredes pro . . .  se suisque, ipsi Iacobo emptori et suis heredibus sti(pulanti) legitime adtendere et observare et in nullo contrafacere vel venire aliqua occasione vel exceptione minoris pretii vel minoris etatis nec alia quacumque sub iam dicta pena; omnemque dapnum litis expensas, salaria ac interesse pro predictis contingentes vel contingentia integre reficere et resarcire promiserunt eodem sub dicta iam pena; et pena soluta, vel non, omnia et singula suprascripta firma sint et rata, et nec unius pene prestatio tollat vel removeat aliarum penarum prestationem, et si pro modica vel minima re committatur, cum quolibet puncto vel capitulo. Et si dicte res plus dicto precio valerent et pro tempore fuerint meliorati idque plus valerent pure libere et simpliciter et irrevocabiliter inter vivos, eidem donaverunt tamquam amico et bene merito et pro bono servitio quod hab eodem receperant; sine aliqua repetendi lege; constituentes ipsum  iure su(u)m procuratorem; renunciantes dicti venditores et dictus Massolus in hoc contractu actioni ressissorie exceptioni metus et vis actioni in factum et beneficio (iure) constitutionis de fideiussoribus et benefitio nove constitutionis de duobus vel pluribus re(is?) promictendis vel cedendis (?) et (epistule  divi) Adriani et dicte Annese renunciavit benefitio senatus(consultus) vel . . .  orata a me notario infrascripto quid sint et quid dicant circa beneficia. Item  renunciaverunt omni a legum auxilio et cetterorum suffragio, insuper (tam) Matheus et Annese sua uxor, quam quilibet eorum erat minor XXV (annorum) asserendo se quilibet eorum maiorem esse XIIII annis iuraverunt ad Sancta Dei Evangelia corporaliter tacta dictam venditionem et omnia et singula suprascripta  firma et rata habere atque tenere et non contravenire occasione mi(noris) etatis nec alia quacumque. Et ego Iacobus Sorelli publicus notarius hiis omnibus interfui et ut supra le(gitur) rogatus scripsi et in publicam formam redegi et subscripsi.  (Sigillo notarile)

 

1254b ottobre 20     In Dei nomine. Amen Anno Domini MCCLIIII, die XII octubris exeuntis, tempore domini Innocentii pape, indictione XII. Actum ad monasterium dominarum Sancte Marie Maddalene de plano Mathelice, super Isula;  presentibus  Petro Pertenevele; Petro suo filio, et Morico Petri Rustikelli, testibus vocatis et rogatis et aliis pluribus. Domina Crissimbene filia quondam Mathei Albrici Iordani que Paula vocatur, propria expontanea sua bona voluntate et pro redentione anime sue (et sororum =suorum) parentum suorum dedicavit se et sua  et ingressa est monasterium et (ecclesiam) Sancte Marie Maddalene et domina promisit obedientiam et (reve)rentiam magistro Albertino (Lom)bardo sindico dicti monsterii et suis sororibus (reci)pienti pro ipsa ecclesia quod numquam aliquo tempore discederet a dicta ecclesia eundo et serviendo ad aliquem locum religiosum, occasione standi vel remanendi; sed semper in eodem loco permanendo;  et renunciavit mundo et promisit castitatem et unitatem retinere et necessitatem retinere; et Deo  fecit pro amore quem habet erga Dominum nostrum Iesum Christum et Marie Virginis et Marie Maddalene, dicendo ispse Albertinus sindicus: “Vis tu esse reddita Deo huic loco Sancte Marie Virginis et Sancte Marie Maddalene? “  Et ipsa dixit: “ Volo .” Et ipse Albertinus sindicus et sue sorores receperunt eam nomine et vice dicte ecclesie et investiverunt eam per pannos altaris et per osculum pacis ad altare et dicta domina Paula post hec dedit et cessit omne ius et omnem rationem et actionem quod et quam habebat ipsi monasterio et specialiter domum positam in castro Sancti Severini, infra hec latera: a primo Lazanus domini Iacobi; a secundo Guarnerius domini Gentilis; a tertio et quarto via et campum positum in loco qui dicitur Strada a duobus lateribus filii Benvenuti Bendenari, a tertio Rigorius et generaliter omnia alia sua bona que habet et tenet ipsa vel aliquis pro ea ubicumque est et inveniri potest, dicto monasterio dedit et concessit ipsa domina Crissimbene, que Paula vocatur, dicto loco sive monasterio. Quam dationem et concessionem promisit firmam et ratam habere et non contravenire aliqua occasione vel exceptione.  (Sigillo notarile) Ego Petrus Nicolai publicus notarius hiis omnibus interfui ut supra legitur, rogatus mandato Bucari de Sancta Maria de Monte, potestat(estatis) communis Matelice et aius auctoritate rescripsi et in publicam formam redegi, nil addens vel minue(n)s  fraudolenter, sed ut inveni in rogito seu protollo(!) scripto manu mei dicti notarii, item, per ordinem rescripsi ad petitionem domini Finaguerre domini Albrici sindici generalis dicti monasterii Sancte Marie Maddalene et conventus (eius)dem et iura(tis) coram dicto Bucaro pot(estate et me) predicto notario quod (instrumentum) iam factum de predictis non erat apud ipsum sindicum nec apud eundem monasterium neque apud aliquam personam de conscientia et voluntate ipsius sindici et abbatisse monasterii supradicti, sed immo de predictum  et ammissum erant et si aliquo tempore pervenerit ad manus eius sindici eiusque successoris ipso ins(tromen)to non utetur in Curia seu extra, sed immo ipsum reddet et re(stituet)  mihi predicto notario sub anno domini MCCLXI, die XII, a(u)gusti exeuntis regnante domino Manfredo inclito Cicilie rege, regni eius anno IIII, indictione IIII, intra Sanna (=trasanna) plebis Mathelice ubi iura redduntur; presentibus domino Iacobo Bonifratris; domino S(cangn)o domini Raina(ldi); domino  Petro Actonis Graulini; domino Beninteni Iacobi Iohan(nis) et Iacobo Iohannis et aliis multis testibus vocatis et rogatis:

 

1254c ottobre 28     In Dei nomine. Amen. Anno Domini MCCLIIII, die IIII octubris exeuntis, tempore domini Innocentii pape, indictione XII, in Matelica, ante domum Alberti Lombardi; presentibus Morico  Uguictionis; Rainaldo Actonis Albrici; Venturello Brune et Iohanne Actonis Martini et Vitale Venuti et aliis testibus vocatis et rogatis. Bartolus filius  quondam Actonis Tornanguerre propria et expontanea sua bona voluntate, pro redentione anime sue et animarum suorum parentum suorum, dedicavit se et sua et ingresssus est Monasterium et ecclesie Sancte Marie Maddalene; et dictus Bartolus promisit obedientiam et reverentiam magistro Albertino Lombardo si(n)dico dicti monasterii et suis sororibus recipienti pro ipsa ecclesia, quod nunquam aliquo tempore discederet a dicta ecclesia eundo et serviendo ad aliquem locum religiosum, occasione intrandi et permanendi et semper in eodem loco permanendo; et renuntiavit mundo et promisit castitatem et unitatem retinere et necessitatem retinere et  Deo fecit pro amore quam habeat erga Dominum nostrum Iesum Christum et Marie Virginis et Marie Maddalene, dicendo ipse Albertinus: “ Vis tu esse redditus Deo huic loco Sancte Marie Virginis et Sancte Marie Madalene?” Et ipse dixit: “ Volo.”  Et ipse Albertinus  recepit eum nomine et vice dicte ecclesie; et dictus Bartolus postea hoc dedit et cessit ipsi Albertino sindico pro dicto monasterio recipienti terram et vineam positam in districtu Sancti Severini in loco qui dicitur Cave, infra hec latera: a primo filii Benvenuti Berton (=?Berte)  filii; a secundo dominus Bonacurte; a tertio Petrus Tornanguerra; a quarto Benvenutus Andree et alibi dedit et cessit ipsi Albertino nomine dicti monasterii recipiente, omne ius et omnem rationem et actionem quod et quam habebat ipsi monasterio, ipse vel aliquis pro eo et ab eo ubicumque est et inveniri potest; quam  dationem et concessio(nem et omnia) et singula supradicta promisit firmam et ratam ratam(!) habere et non contravenire aliqua occasione vel exceptione. Ego Petrus Nicolai publicus notarius his omnibus interfui, ut supra legitur, rogatus et mandato Bucari de Sancta Maria de Monte potest(atis) communis Matelice et eius auctoritate rescripsi et in publicam formam redegi, nihil addens vel minuens fraudolenteer sed ut inveni in rogito seu protocollo scripto manu mei dicti notarii, ita per ordinem et scripsi ad peticionem domini Finaguerre domini Albrici sindici generalis dicti monasterii Sancte Marie Maddalene et conventus eiusdem; et iuratis coram dicto Bucaro potestate et me predicto notario quod ipsum stromentum iam factum  de predictis non erat apud ipsum sindicum, nec apud eundem monasterium, neque apud aliqua personam de consientia(!) et voluntate ipsius sindici et abbatisse monasterii supradicti, sed immo de predictum et ammissum erat, et si aliquo tempore pervenerit ad manus eius sindici eiusque successoris ipso stromento  non utetur in Curia vel extra, sed immo ipsum reddet et restituet mihi predicto notario sub anno Domini MCCLXI, die VI, a(u)gusti exentis (!) regnante domino Manfredo inclito Cicilie rege, regni eius anno IIII, indictione IIII, intra Sanna (=Trasanna) communis Matelice (ubi iu)ra redduntur; presentibus domino Iacobo Bonifratris; domino Scamno Rainaldi; domino Petro Actonis Graulini; domino Beninte Iacobi Iohannis et Iacobo Iohannis et aliis multis testibus vocatis et rogatis.

 

1256 dicembre 23  Nota che sono qui trascritte due diverse  redazioni mettendo in  corsivo le diversità, citando la  seconda redazione con  K: e qualora in questa alcune parole dell’altra redazione manchino è usato il trattino in basso: k._.  In Dei nomine Amen. Anno eiusdem MCCLVI, indictione XIIII,  tempore domini Alexandri pape quarti, die VIIII decembris exeuntis. Actum in districtu castri Mathelice apud ecclesiam  Sancti Francisci, seu Claudii ( k._ ) de Aquaviva olim locum Fratrum Minorum, presentibus A(d)braczulo et Morico Petri Salvi(s) et Petro Nicolai, testibus vocatis et rogatis. Francisca Petri que alias vocatur (k:vocabatur ) Bladecta; Adnese domine Venute que alias Berta vocatur; dictus Lenguatius Petri; Ugolinus de Rocca, seu Tancredi ( k_ ) familiares dicte ecclesie et loci Sancti Francisci de Aquaviva degentes in ipsa ecclesia locove absque regula et ligamine (aliquo) ( k:obedientie ) volendo sub beati Benedicti ordine et regula esse et Domino famulari, in monasterio dominarum Sancte Marie Maddalene de ( k: a )  Mathelica ( camerinensis diecesis et ipsum monasterium S. Marie Maddalene ) ingredi propone  . . . . .  . . . .  in dicto monasterio perpetuo manere ( k:_ ) eorum pura ( k:plana ) libera et spon(tanea voluntate non) vi, non dolo inducti ( k:_ ), dederunt et obtulerunt se et sua predicto monasterio et conventui ( k:S. Marie Mad. et conventui ipsius monasterii )  et donno Zackeo presbitero syndico supradicti monasterii pro ipso monasterio et conventui Sancte Marie Maddalene ( k:_ ) recipienti ( k: et conventu dantes, cedentes, concedentes, pure proprio predicto donno Zackeo recipienti et stipulanti solempniter pro iam dicto monasterio et conventu )  omnia ipsorum bina stabilia, mobilia, seseque moventia, iura, actiones, rationes ( k:_ ) petitiones et rationes utiles et directas mixtas adque contrarias eisque competentes vel competituras de iure vel de facto et que ipsi habent, tenent et possident vel quasi, vel aliam persona pro eis et ipsorum nomine ubicumque sunt et inveniri possunt, et specialiter dictum locum et eccledsiam Sancti Francisci se(u) Claudii  de Aquaviva cum omnibus eius sitiis, silvis, ortis et aliis ad dictum locum seu eccleisam pertinentibus positis ( k: in loco et ecclesia S. Franc. de Aquaviva posito )in districtu Mathelice, infra hec latera: a (!) secundo vi(a); a tertio via et Paganellus Actonis Massei cum suis consortibus, vel si qua alia latera habet vel coinfines constituentes ( k: et in dicte ecclesie seu loco rebus possessionibus iuribus et actionibus ubicumque sunt et inveniri possunt generaliter et specialiter de iurevel facto contituentes ) se nomine dicti monasterii Sancte Mair Maddalene et conventus precario possidere quousque possessionem vel quasi omnium  supradictorum ( k:_ )acceperit corporale, quam accipiendi ^ ipsius auctoritsate propria absque licentiam et contradictione alicuius ( k:_ ) licentiam ( k:et liberam potestatem ) tribuerunt adque dederunt gener(aliter) ( cesserunt ) omnia et concesserunt pro Dei  amore et remissione ipsorum peccatorum suorumque parentum ( k: ut dictum est pro redentione ipsorum animarum et eo quod dictus donnus Zackeus syndicus dicti moinasterii ad omnia suprascripta et infra specialiter ordinatus nomine et vice supradicti monasterii et conventus per se suosque successores recepit eos easve in familiares et consorores memorati monasterii et conventus promittens eisdem partem et sortem omnium rereum et bonorum ipsius monasterii et panem et aquam in ipso monasterio ut habent alii de familia ipsius monasterii vel conventu et supradicte mulieres in manibus dicti domini Zachei presbiteri promiserunt et voverunt, recipientis pro Abbatissa dicti monasterii eiusque nomine obedientiam et reverentiam et observare Regulam Beati Benedicti que in dicto monasterio observatur ).  Item presentibus dictis testibus in Mathelica die VIII decembris exeuntis Umilis magistri Petri qui alias Bruna vocatur, Marina et Lavernutius familiare dicti loci et ecclesie Sancti Francisci seu Claudii ( k:_ )de Aquaviva dederunt, fecerunt et cesserunt supradicto donno Zackeo presbitero syndico predicti monasterii Sancte Marie Maddalene pro ipso monasterio et conventui stipulanti in omnibus et per omnia ut supra dicta Francesca, Adnese, Benigna, Ugolinus et Legnatiu s fecerunt ( k: et concesserunt  pro eo quod supradictus donnus Zacheus syndicus supradicti monasterii nomine et vice ipsius monasterii et conventus promisit et fecit eisdem Umili, Marine et Lavernutio sicut promisit fecit et convenit supradictisFrancesce, Adnese, Benigne, Ugolino et Lenguatio in omnibus et per omnia inqualibet capitulo supradicto).  Et ego Gratia notarius publicus his omnibus interfui et ut supra legitur rogatus scripsi et publicavi.(Sigillo notarile)

 

1258 ottobre 24 (?)     In Dei nomine. Amen. Anno millesimoCCLVIII, indictiove prima, tempore domini Alexandri pape, die  XXXIIII(?) mensis octubris, presentibus magitro Iohanne Albrici et Petro Actonis Rigi, testibus.  Rettulit Micarellus banditor communis Matelice  ad bancam dicti communis bandisse alta voce in platea communis dicti, mandato domini Jacobi Sorelli iudicis dicti communis quod quicumque volebat defendere Petrum Benvenuti et eius bona veni(ret) . . .  coram icto iudice hinc ad V dies proximo futuro ultimo termono ad simgnando unum ter(minum) pro tribus responsis petiotioni quam fatiunt contra eum (dem?) Iacobus Tertii et Franconus Gennarii. (Sigillo notarile) Ego Salimbene notarius mandatu dicti iudicis ex relatione dicti banditoris subscripsi.

 

1268 maggio 15    In nomine Domini. Amen. Anno eiusdem millesimoCCLXVIII, indictione XI, die XV madii, tempore domini Clementis pape XIV. Actum   Fabriani in domo Pelegrini Pauli coram ipso Pelegrino; Deutesalve Albrici de Genga et Iohanne Albertutii, testibus de hiis rogatis et vocatis.  Majster  Filipus Bonaventure de Matelica iure proprio et in perpetuum vendidit, tradidit atque dedit Rainutio Actonis Cambereni et suis heredibus stipul(anti) petiam unam terre aratorie posite in distritu Matelice in Villa Sancti Severini, intra hec latera: a primo via pubblica; a secundo S(a)limbene Albrici; a tertio Bartolo Munaldi, et a quarto Accurrolus Bucarelli; et alia sua latera; ad habendum, tenendum, possidendum ac quicquid sibi et suis heredibus placuerit perpeuo faciendum, cum omnibus et singulis infra predicta latera contentis, accessibus et egressibus suis, usque in via pubblica et cum omni iure et actione usu et requisitione sibi ex ea re vel pro ea re pertinenti vel specatanti de consuetudine vel de iure, pro pretio C. Sol(idos)  ravennat(es) et anconetan(os), quod totum pretium coram dictis testibus et me notario dedit e numeravit, renuncians non recepti ac non numerati et non solut(i)  pretii exceptioni, omnique alii exceptioni et iuris auxilio: Quam rem se ipsius emptoris precario nomine contituit possidere, donec ipsius rei possessionem intraverit corporalem. Quam intrandi licentiam deinceps sibi sua auctoritatem concessit sine alicuius contradictione persone, promictens dictus venditor per se suosque heredes ipsi emmtori pro se suisque heredibus stipulan(anti) supradicta rem ab omni homine ac universitate legitime defendere, autorizare ac disbrigare ipsam rem exobligare si foret alteri obligata suis omnibus advocatis, pignoribus et expensis omneque dapnum et litem sumptus proinde in iuitio et extra proventu(ram) et proventuros ipsi emptori tipulant(i) et eius heredibus integre reficere; et supradictam venditionem et omnia et singula supra contempta perpetuo osser(v)are et rata et firma perpetuo habere atque tenere; nec contra predicta vel aliquid predictorum per se nec alterum aliquo tenpore facere vel venire exceptione aliqua sive causa sub pena dupli extimationis dicte rei vendite, promissa et stipulata; et ea pena soluta vel non supradicta omnia et singula rata et firma perpetuo perseverent. Et ego Mantia imperiali auctoritate notarius hiis omnibus interfui rogatus scripsi et publicavi.   (Sigillo notarile in  mezzo)

 

1270 dicembre 31  Guido Dei et apostolica gratia Camerinensis episcopus licet indignus dilectis in Christo sibi abbatisse et conventui monasterii sancte Marie Magdalene de Matelica, nostre diocesis, salutem in Domino. Cum a nobis petitur quod est iustum et honestum tam vigor equitatis suadet quam ordo exigit rationis ut id per sollicitudinem nostri officii ad debitum perducatur effectum; eapropter, dilecte in Ch(r)isto, vestris postulationuibus inclinati ita vobis duximus indulgendum quod nullius religionis monasterium aut claustrum seu oratorium religiosorum  seu religiosarum personarum hedificari vel construi nec transferri possit de n(ovo) intra spatium sexaginta cannarum . . . .  (foro) . . . Comitatus Camerinensis a vestro monasterio mensuratorum per area et(iam) ubi alias recte non permittereret loci dispositio mensurari circa omnes fines monasterii vestri statuen(t)es ut quicquid contra huiusmodi ordinationis  et nostre indulgentie tenorem factum vel edificatum fuerit post concessionem presentium, destruatur. Nulli ergo omnino hominum liceat hanc paginam nostre indulgentie infringere vel ei ausu temerario contrahire(!). Si quis autrem hoc actemptare presumpserit, indignationem nostram se noverit incursurum. Ed ad huius rei fidem et certitudinem pleniorem hanc presentem paginam nostri sigilli munimine iussimus roborari.  Datum Camerini ultima die decembris, Romane Sedis pastore vacante, XIIII(?)  indictione. (macchia sulle unità).

 

1271a giugno 2    In nomine Dei Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen. A natitivitate Domini anno eiusdem millesimo ducentessimo sepuagessimo primo, indictione XIIII, apostolica sede vacante pastore, die II mensis iunii intrantis. Actum Matelice in domo domini Rainaldi domini Massei qui alias dominus Rainaldus domini Gualterii vocatur, presentibus dompno Morico Iohannis Clerico, dompno Iohanne Mistriani, dompno Vengnate Severini, Salinbene domini Sinibaldi, Yuano domini Scangni, Nepoliono Rainerii, Rugerio domini Rainaldi, Albertutio Ugolini et aliis pluribus testibus de hiis rogatis et ad infrascripta vocatis.  Dominus Rainaldus domini Gualterii qui alias dominus Rainaldus domini Massei vocatur eger corpore,  sanus tamen mente, suum testamentum nuncupativum sine scriptis facere procurvit. In quo quidem testamento inter alia que in ipso testamento reliquid, distribuit, dixit et fecit, idem dominus Rainaldus reliquid iure institutionis Florepte nepoti sue et filie condam Massei condam filii sui, X libras pro parte sibi contingenti ex bonis suis et in hiis eam sibi heredem instituit et iuxit eam esse tacitam et contentam sua parte hereditatis et bonorum dicti domini Rainaldi, ita dandas eidem in hunc modum, scilicet quod omni anno dentur sibi ex dictis  X  libris  XX soldi ravennates  et anconetani quousque compleatur dicta quantitas. In omnibus autem aliis suis bonis mobilibus et immobilibus, iuribus et actionibus Rainaldutium filium ipsius domini Rainaldi sibi heredem istituit, iubens et mandans atque rogans eumdem Rainaldutium quod quandocumque decesserit sine filiis legitimis de suo corpore natis, non pervenientibus ad etatem viginti quinque annorum, ut ex dicta hereditate bonis et rebus suis, res restituat det et tradat Laczano domini Iacobi omnia bona, res et possessiones, iura et actiones quas et que habet et possidet quoquo modo vel causa infra sua latera, ipse vel alius pro eo apud castrum Sancti Severini et in eius Curia vel districtu infra sua latera in quibus ipsum Laczanum ipsi Rainaldutio substituit. Omnia alia vero bona ipsius domini Rainaldi que ipse vel alius pro eo et ab eo habet, tenet et possidet in Matelica et eius districtu vendatur et vendi iuxit prefatus dominus Rainaldus ex quorum pretio dari iuxit et reliquid tam iure institutionis et substitutionis (generaliter) omni alio iure quo melius valere posset Florepte dicte. Et eidem reliquid quinquaginta libras ravennates et anconetanas, ut ex dictis quinquaginta libris et X libris superius legatis eidem habeat ipsa Florepta suas necessitates et victum et vestitum in vita sua, post mortem autem ipsius Florepte factam in monasterio dominarum Sancte Marie Madalene, ubi se ipsa  Florepta dedicavit Deo, muretur ex dictis quinquaginta libris una ecclesia, sive domus ad laudem Dei pro remedio et salute anime dicti domini Rainaldi.  Et ego Fantesinus domini Rainaldi notarius publicus et alias iudex iudex ordinarius predictis omnibus que supra leguntur interfui et ipsis a predicto testatore rogatus ea omnia scripsi et publicavi. (Sigillo notarile)

 

1271b giugno 16   In nomine Dei Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen. A nativitate Domini anno eiusdem millesimo duecentessimo . . .<foro=septu>agessimo  primo, indictione XIV, apostoli(ca  se)de  vacante pastore, die  decima sexta mensis iunii intrantis. Actum Matelice in domo Laczani domimi Iacobi, presentibus dompno Bonacurte domini Massei Laczani, Yuano domini Scagni, Petro domini Iacobi, Nepoliono Rainerii, Laczano domini Iacobi, Salimbene domini Sinibaldi, Accurrimbona Nonvollia, Matheo Rentii, Salvo Rainaldi et aliis pluribus testibus de hiis rogatis et ad infrascripta vocatis. Rainaldutius filius condam domini Rainaldi domini Massei Laczani eger corpore, sanus tamen mente, suum testamentum nuncupativum sine scriptis facere procuravit. In quo quidem testamento: primo pro anima sua, iure testamenti, reliquid XL  s(olidos) ravenn(ates) et aconet(anos) secundum canones distribuendos, item reliquid iure legati vel fideicommissi ad eius sepulturam VII libras ravennates et anconetanas pro remissione peccatorum suorum  et patris et matris sue et pro restitutione et satisfactione XXXVI soldorum quos iniuste ac indebite accepit vel exegit a  quibusdam quorum nomina non recordatur. Item reliquid iure legati vel fideicommissi ecclesie sancte Marie de Plano vel Savenano XX solidos  ravennates et anconetanos pro fabricatione et reconciliatione ipsius ecclesie; item reliquid et dari iuxit et solvi omnia omnia (!) debita usuraria et mortuaria sepolture non soluta patris sui et matris eius sicud apparebunt per testamentum paternum et maternum vel aliter in strumentis et testibus. Item reliquid iure legati vel fideicommissi Florepte nepoti sue temporibus vite ipsius Florepte unum mantellum et unam tunicam omni anno eidem Florepte pro suis necessitatibus habendis Item reliquid eodem iure pro Missis cantandis pro eius anime redemptione et remissione peccatorum  XL  soldos ravennates et anconetanos. Item reliquid  iure legati vel fideicommissi Nepoliono Rainerii et Petro domini Iacobi XX libras ravennates et anconetanas. Item reliquid eodem iure Sibilie sorori ipsius Rainaldutii domum positam in Matelica infra hec latera: a primo Petrus domini Iacobi; a secundo via; a tertio dominus Finaguerra domini Albrici; a quarto ripa vel fossus communis Mathelice et terram et vineam positam i Savenano, infra hec latera: a primo latere via; a secundo latere Sinibaldus Massei Sinibaldi;  a tertio  via; a quarto filie Iacobi Bene et fossatus. Item reliquid iure legati vel fideicommissi Laczano domini Iacobi omnia bona iura et actiones que vel quas ipse dominus Rainaldutius vel alii pro eo et ab eo habe(n)t vel habere possent quoquo modo vel causa apud castrum Santi Severini vel in eius territorio, curia et districtu. Et confirmavit, acceptavit et ratifiavit dationem inde factam seu relictum de predictis bonis et rebus  iam dicto Laczano per dominum Rainaldum domini Massei condam patrem ipsius Rainaldutii testatoris in ipsius domini Rainaldi testamento vel ultima voluntate. Item reliquid eodem iure Dialte uxori Accurrimbone Nonvollie XXX soldos ravennates et anconetanos. Item precepit, voluit atque dixit quod omnia supradicta debita legata vel fideicommissa persolvantur hinc ad quatuor annos proxime venturos, ita tamen quod omni anno persolvatur quarta pars predictorum debitorum, legatorum vel fideicommissariorum: In omnibus autem aliis suis bonis mobilibus et immobilibus, iuribus et actionibus realibus et personalibus utilibus et directis, undecumque sibi competentibus predictis Rainaldutius testator, Sibiliam filiam condam predicti domini Rainaldi patris sui et sororem carnalem ipsius Rainaldutii, sibi Rainaldutio heredem instituit quomodocumque melius de iure sibi Sibilie valere potest et posset; hanc sua ultimam voluntantem adserunt esse velle quam valere iunxit et voluit predictus Rainaldutius testator iure testamenti nuncupativi et si non valeret  iure testamenti; et si non valeret iure testamenti  nuncupativi, saltem valeat et valere eam iuxit iure codicillorum, vel cuiuslibet alterius ultime voluntatis.   Et ego Fantesinus domini Rainaldi notarius publicus et alias iudex ordinarius predictis omnibus que supra leguntur interfui et de ipsis a predicto testatore rogatus ea omnia ipsius rogatu, scripsi et publicavi.  (Sigillo notarile.  Alla fine alcune paole tra altre illeggibili si possono riferire all’immissione in proprietà )_. . . . introduci  . . . . proprietas . . . ._

 

1271c luglio  3   In nomine  Dei Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen. A nativitate Domini anno eiusdem millesimo ducentessimo septuagessimo primo, indictione XIV, apostolica sede vacante pastore, die III mensis iulii int(rantis).  Actum Matelice in domo condam domini Rainaldi domini Massei, presentibus domino Finaguerra domini Albrici, magistro Iacopo Palmutii, Palmulo dopni Benvenuti, Salinbene domini Sinibaldi, Laczano domini Iacobi, Ugolino Fantesini, Yuano domini Scangni  et aliis pluribus testibus de hiis rogatis et ad infrascripta vocatis: Domina Sibilia filia condam domini Rainaldi domini Massei Laczani cum consensu et voluntate Yuani domini Scangni, viri sui, per se suosque heredes et bo(no)rum successores, tam rei quam iuris, solepni stipulatione promisit et convenit Florecte filie condam Massei domini Rainaldi omni anno temporibus vite ipsius Florepte dare et prestare eidem Florepte unum par pannorum de gactinello scilicet unam tunicam et unum mantellum ad dorsum ipsius Florepte decentem: Quod par pannorum vel quam tunicam et mantellum Rainaldutius filius quondam dicti domini Rainaldi et frater carnalis ipsius domine Sibilie sibi Florepte reliquerat in ipsius Rainaldutii testamenti(!) vel ultima voluntate. Que omnia et singula supradicta prefata Sibilia actendere et observare promisit iam dicte Florepte sub pena dupli dictorum pannorum vel tunice et mantelli. Et dampna, expensas, salaria cum interesse reficere. Que et quas in iuditio vel extra (fecerit) vel substinuerit pro dictis integre reficere ac resarcire sub iam dicta pena. Qua pena soluta ven non soluta, predicta omnia nichilominus perpetuo firma perdurent; renunt(ians) dicta Florepta in predicto contractu senatuique consultui Velleiano conditioni sine causa et ex iniusta causa doli et in factum, omnibusque aliis exceptionibus auxiliis et benefic(ii)s ipsi domine Sibilie competentibus vel competituris pro predictis vel aliquo predictorum infringendis vel corrumpendis in totum vel in partem modo aliquo seu causa.  Et ego Fantesinus domini Rainaldi notarius publicus et alias iudex ordinarius predictis omnibus que supra leguntur interfui e de ipsis apud dictis contrahentibus rogatus ea omnia scripsi et publicavi.  (Sigillo notarile)

 

1271d luglio 30    (Copia)    In Dei nomine. Amen  Hoc est exemplum cuiusdam rogiti sive protocolli inventi et experti inter rogita magistri Mathey dompni Bentevolii condam notarii sub anno Domini MCCLXXI, indictione quartadecima, romana sede pastore vacante, die XXX. iulii.  Actum in plebe Mathelice, coram dompno Matheo Petrutii, domino Fantesino Rainaldi, domino Iacobo Plebani et aliis testibus. Cuius tenor talis est sic incipientis.  Petrus domini Iacobi et Napolionis Rainerii coram venerabili patre domino Guidone episcopo Camerinensi et abbate Sancti Angeli, donaverunt inter vivos, dederunt, tradiderunt et cesserunt fratri Rainaldo Topini religioso recipienti suo nomine suorumque confratrum presentium et futurorum quatuor modiolos territorii et silve sive montanee ipsorum Petri et Napolioni posito in Monte Gemni in loco qui dicitur Troscce  infra (hec) latera: a tribus dicti datores et a quarto Nicola Guidi et plus et magis secundum quod ipsis fratri Raynaldo suisque successoribus de ipsa montanea silva et territorio adopre et laborare seu uti et frui placuerit pro contruendo, murando ed edificando ibidem monasterium et romitorium et Ecclesiam  Sacnte Margarite, ad ad laudem  et honorem Dei omnipotentis et beate et gloriose Virginis Sancte Marie, ut Deus misereatur  animabus ipsorum Petri et Napolioni suorumque parentum et remittat eis peccata ipsorum.

(copia 1280 novembre 26)   Et ego Bonacosa Benvengnati notarius publicus, ut vidi, legi et inveni in quaternis sive inter rogita magistri Mathei dompni Bentevolii condam notarii ita per ordinem hic transcripsi et exemplavi nihil adens  fraudolenter, data et concessa mihi auctoritatem de his transcribendis et exemplandis et in publicam formam redigendis a domino Hugulino domini Leti de Auximo, iudice et vicario Communis Mathelice per nobilem virum dominum Iacobelllum domini Claudii de Civitate Auximi potestate dicte terre; nec non a Consilio Generali et spetiali communis dicti, sub anno Domini MCCLXXX, indictione VIII, romana sede pastore vacante; die 26 novembris. Actum Mathelice in domo communis presentibus domino Iacobo Plebani, Yuano (Iac)oboni, Zuguecta banditore et Matheo Rayneri notarii, qui rogatus est de predicta auctoritate mihi concessa et aliis pluribus testibus de hiis vocatis.

 

1271e agosto 10     <Oblazione monastica della giovane Mattia o Matelda    La beata>     In nomine Dei. Amen. Anno eiusdem a nativitate millesimo ducentesimo  septugesimo primo, indictione XIIII, die X augusti, ecclesia romana vacante felicis recordationis domini Clementis pape quarti, actum Mathelice in monaterio Sancte Marie Magdalene ante altare Sancte Marie Magdalene, coram domino Morico Iohannis  cappellano nunc dicti monasterii, Mattheo Iohannis clerico et Cosarello Donati Guarini de Sancto Severino, testibus de iis rogatis et vocatis, Mathia, filia quondam Guarnerii domini Gentilis Lazani, obtulit se et sua Deo et Sancte Marie Magdalene et eius monasterio, posito in burgo castri et communis Mathelice, in manibus sororis Homidee monialis dicti monasterii, nomine et vice ipsius monasterii recipienti et solempniter stipulanto pro monasterio supra dicto, tam mobilia quam (in)mobilia, seseque moventia et tam predia urbana, quam rustica et molendina atque silvas domesticas et silvestres, prata et pascua spetialiter et generaliter omnia alia sua bona, possessiones et iura realia et personalia ubicunque, undecunque,  quomodocunque, quandocunque, et qualitercunque sibi competentia vel competitura, pro redemptione anime sue et remissione suorum peccatorum; dando et cedendo predicta iure proprietatis et utilis vel directi domini atque iure possessionis et detentionis, ita ut a modo predictum monasterium predicta bona, res et possessiones etcetera supradicta, habeat, teneat et possideat ac de eius fatiat quidquid ei monasterio et abbatisse dicti monasterii suisque successoribus vel aliis  pro eis deinceps semper et perpetuo facere placuerit, com lateribus seu finibus superioribus et inferioribus habitis, presentibus, preteritis et futuris com omnibus et singulis supra se, infra se, habitis, vel habendis in integrum, omnique iure et actione usu vel requisitione sibi Mathie, ex heis vel pro heis bonis et rebus pertinentibus sive expectantibus, pro remissione suorum peccatorum et anime sue redemptione ut superius est narratum. Que bona res et possessione dicta Mathia interea et semper constituit se precario et nomine dicti monasterii possidere, donec semel et pluries sua auctoritate, corporalem acciperit possessionem per se vel alium et maxime sindicum ipsius monasterii; quam accipiendi et retinendi ipsi monasterio vel alii pro eo dicta Mathia liberam licentiam dedit et plenariam potestatem et quod possit facere sua auctoritate predicta et quo(d) libet predictorum, iam dictum monasterium vel alius pro eo sive Curie vel iudicis requisitione; et promisit solempniter et legitime, dicta Mathia prestare et facere dicte Homodee legitimam defensionem pro predicto monasterio solempniter et legitime stipulanti, nec contra predicta vel aliquod predictorum, per se vel alium, aliquando facere vel venire aliqua occasione vel exceptione; sub pena dupli extimationis dictorum bonorum et rerum, ut pro tempore quo plus valuerint vel meliorate fuerint, renuntians in hoc contractu conditioni sine causa et ex iniusta causa, exceptioni doli et in factum omnibusque aliis exceptionibus, auxilliis et benefitiis que ipse Mathie competunt vel competere possunt, pro corrumpendis vel irritandis predictis vel aliquo predictorum; hiis omnibus a dicta Mathia per se suosque heredes solempni stipulationi promissis sepe dicte Homodee pro dicto monasterio solempniter stipulanti sub dicta pena et dampna et expensas salaria sacramento sive alicuius iudicis vel rectoris tassatione. Et ego Matheus imperiali auctoritate notarius hiis omnibus interfui et ut supra legitur rogatus a dictis contrahentibus ea omnia subscripsi et publicavi.

 

1271f settembre 14   (In nomi)ne Domini. Amen. Anno eiusdem a nativitate millesimo LXXI, indictione XIIII, die XIIII, intrante settembri, romana sede pastore vacante, in plebe Matelice, coram Federico et Actutio domini Alberti; domino Iacobo Plebani; domin(i)  Ventura Magistri Actonis, dompno Ber(na)rdo et pluribus aliis testibus de inde vo(catis) et rogatis. Venerabilis pater dominus Guido Camerinensis episcopus coram me Ofredutio notario et testibus suprascriptis dedit licentiam Anselmutio syndico . . . abbatisse et conventui sive sororum monasterii sive ( ecclesie) Sancte Agathe de Mathelica siti iuxta (viam) que vadit ad Sanctam Anatoliam, presenti, recipienti nomine et vice dicte abbatisse et conventui dicti loci et ipsis abbatisse et sororibus absentibus transmutandi dictum locum de loco ubi stat et quod possit dictum locum et ecclesiam  rehedificare de novo intra circulos Matelice in territorio quod habent ibi filii magistri Mattei et dicere Missam et alia offitia in eodem loco cum altari viatico et omnia facere sicut primo loco concessum erat per eum, committendo insuper plebano Matelice vicem suam ut accipiat primarium lapidem quod erat in primo loco et ipsum ponat in novo loco hedificando; et quod denuntiet indulgentias dicto loco primo et sororibus per eumdem concessas habere in s(ecun)do  loco sicut habebat in primo.   (Sigillo notarile)  Et ego Offredutius imperiali auctoritate notarius predictis interfui et rogatus scripsi et publicavi.

 

1271g   <27 novembre> e dicembre  8   (Data dellaconsegna. Testo difettoso perché La foto taglia il testo a fine riga, lato destro dove qui sono messe le barrette)    In Dei nomine. Amen. Hec est copia quarumdam litterarum descrittarum a  venerabili patre domino Guido Camerinensi episcopo, sororibus loci Sante Agathe; tenor quarum talis est. Guido Dei et apostolica gratia Camerinensis  episcopus, licet indignus, dilectis in Christo sibi sororibus loci / Sancte Agathe de Mathelica, salutem in Domino. Querelam a fratre Iacobo syndico monasterii / Sancte Marie Maddalene eiusedem terre recepimus continentem quod vos quemdam locum infra / . . .  Mathelice edificare facitis de novo in preiuditium ipsius monasterii non modicum : : : / : . (?gravamen). Quare tradamus(!) vobis quatenus tertia (macchia) . . . . post harum presentationem per legitimum  /  sindicum compareatis coram nobis dicto sin(dico) super predictis de iustitia  (respondere?) aliter  ex tunc contra te procedemus iustitia mediante, data Camerini (IIII) die exeuntis / . . . .Que quidem lictere late et presentate a magistro Suppo notario sindico dicti monasterii Sancte Marie Maddalene domine Latine abatisse dicti monasterii Sacte Agathe pro parte venerabilis patris domini Guid(i) Camerinensis  episcopi, sub anno Domini MCCL(XXI)/ indictione XIIII, romana eccleis pastore vaca(n)te  die VIII decembris intrantis in / (castro) Matelice ad domum filii Guar(r)ini domini Uguctionis, presentibus Masseo Guarnutii / Matheo Patri, Adcurrimboni Actonis et Be(n)venuto Camide (?) testibus.  (Sigillo notarile)  Ego Rainaldus domine Berte notarius publicus supradicte (presentiavi?)/ interfui et presens fui et rogatus predicti sindici predicta omnia et /  (scripsi?) et publicavi nichil addens nec minuens fraudolenter. (Cambia la grafia)  Die ultima decembris (dando terminum?) sorori Latine abbatisse / monasterii Sancte Agathe de Matelica, hinc ad  : : : /  diem post octavam Epifanie proxime venturam ad  . . . /  . . .  libello accepto a fratre Iacobo Syndico monasterii sancte Marie  Magadalene.

 

1272 giugno 1             In nomine Domini. Amen. Anno eiusdem a nativitate MCCLXXII, indictione XV, die prima i<un>i tempore, domini Gregorii pape decimi. Actum ante portam monasterii Sancte Marie Magdalene de Mathelica coram Petruczolo Sartore, Petro Actonis Philippi, et Ioanne Compangnonis de Sancto Angelo testibus de hiis rogatis, et vocatis domina Allumenata prioressa monasterii Sancte Marie Magdalene de Mathelica cum consensu et voluntate omnium suarum consororum ibidem existentium et monalium dicti monasterii, et ipse moniales earumque conlegium et capitulum constituerunt et ordinaverunt fratrem Andream conversum dicti monasterii earum et dicti monasterii sindicum, procuratorem, et nuntium specialem ad accipiendum nomine et vice dicti monasterii tenutam et possessionem omnium bonorum, rerum, et hereditatis Mathiole filie quondam Guarnerii domini Gentilis Lazani, et ad tenendum ipsam possessionem corpore, et ad utendum, et fruendum ea, et ad agendum extra ordinem et ordinarie contra ipsam Mathiolam coram omni curia, et specialiter coram domino et magistro Guilelmo iudice vicario domini  pape in Marchia generali, et ad petendum coram eodem contra dictam Mathiolam, ut ipsa Mathiola per supradictum vicarium cogatur redire ad dictum monasterium, et ad habitandum, et Deo serviendum in eo ut tenetur et debet atque promisit tempore dedicationis et offertionis sue, quam fecit in monasterio predicto, et ad ducendum ibidem vitam suam ut regularis et monialis eiusdem monasterii, et ad petendum coram dicto vicario, ut idem vicarius predictam Mathiolam moneat et cogat cohertione canonica et jurili redire ad predictum monasterium, suamque retricem vel abbatissam seu priorissam atque suas consorores, et ad agendum in eo, et cum eis, ut convenit, et precipiunt canonice sanctiones, et ad serviendum in eo domini Iesu Christo, et ad petendum ab Yvano domini Scagni, vel eius uxore domina Sibilia unum par pannorum de gacanello, quod Florette vel Rose filie quondam Massei domini Rainaldi dare tenetur et debet, et ad omnia alia et singula fatienda et exercenda tam in agendo, quam in defendendo que in predictis et quolibet predictorum, seu occasione eorum et circa et extra predicta necessaria, vel utilia fuerint, et ipsi sindico placuerint et expedire videbuntur, et ad costituendum alium sindicum vel procuratorem  unum vel plures uno tempore vel diversis temporibus ad predicta agenda, vel alterum predictorum sollempniter promittentes per se suosque successores, nomine et vice dicti monasterii et conventus eiusdem habere ratum et firmun quicquid in predictis per predictun sindicum factum fuerit et promissum sub obbligatione et ypoteca bonorun et rerum dicti monasterii. Et ego Matheus imperiali auctoritate notarius rogatus a predictis interfui et ut supra legitur rogatus a predictis prioressa et sororibus et monialibus ea omnia subscripsi et publicavi.

 

1273a aprile 19           In nomine Domini. Amen. Anno eiusdem a nativitate millesimo ducentesimo (septua)gesimo tertio, indictione prima, die XVIIII (aprilis tempore) domini Gregorii pape decimi Mathelice in monasterio Sancte Marie Magdalene coram dominio  Morico Iohannis, domino Finaguerra domini Albrici, magistro Suppo Nicole, frate Vitale, frate Lenguatio, fratreque Andrea conversis eiusdem monasterii testibus de hiis rogatis et vocatis. Venutula filia quondam Vitalis Christiani que alias vocatur Angelutia iure proprio cessit et dedit offrendo se et sua Deo et Beate Marie Magdalene monasterii monasterii (!) dominarum de Mathelica domine Mathie abbatisse dicti loci vel monasterii nomine et vice ipsius monasterii et conventus eiusdem recipienti et solempniter stip(ulanti) omnnia sua bona mobilia et immobilia seseque moventia iure et accessiones reales et personales utiles et directas mixtas atque con(tra)rias que et quas ipsa Venutula condam habuit nunc habet vel in antea habere posset quoquo modo vel causa in castro Mathelice et eius districtus et ubique locorum vel alius pro ea et ab ea habet tenet et possidet et spetiali(ter) bona et res et possessiones ad ipsam Venutulam pertinentes ex successione dicti patris sui Vitalis et domine Benvenisti filie quondam Albrici Carelli matris sue ex testamento sive ab intestato seu aliter ut a modo predicta domina abbatissa sueque in posterum successores et predictun monasterium et alie persone pro eo predicta omnia habeant teneant et possideant ac de eis fatiant quicquid sibi eorumque successoribus deinceps perpetuo facere placuierit omnibus et singulis super se infra se (seu) intra se habitis vel habendis in integrum omnique iure et (act)ione usu seu requisitione sibi ex hiis rebus vel pro hiis rebus pertinenti(bus) sive exspectanti(bus) pro amore Dei et remedio anime sue et remissione suorum peccatorum suorumque parentum. Que bona res et possessiones in totum constituit se dicta Venutula precario et nomine dicte domine abbatisse vel monasterii possidere donec ipsorum corporalem acceperit possessionem quam accipiendi auctoritate sua et retinendi deinceps sibi licentiam dedit et plenariam potestatem et promisit ea omnia per se suosque heredes et successores ipsi domine abbatisse pro se suisque successoribus et dicto monasterio sollemmpniter stipulanti litem nec controversiam movere set dicta bona res et possessiones ab omni homine et universitate legitime defendere si domine abbatisse et sui successoribus auctoriczare atque disbrigare et omnia dampna et expensas salaria cum interesse que et quas et que et quod dicta domina abbatissa et sui successores et ipsum monasterium fecerint vel sustinuerint in iuditio et extra in eundo et redeundo seu stando vel alio loco vel causa pro predictis bonis rebus et possessionibus integre reficere ac resarcire nec contra predicta vel aliquid de predictis per se vel alium aliquando facere et venire occasione sub pena dupli extimationis dictorum bonorum rerum et possessionum ut pro tempore quo plus valuerint vel meliorata fuerint a dicta Venutula ipsi domine abbatisse et pro dicto monasterio sollempniter stipulata et promissa et ea soluta vel non predicta omnia et singula supra scripta in omnibus et singulis capitulis et pu(n)ctis suprascriptis, nichilhominus suam semper optineant perpetuam firmitatem et sub ypoteca et obligatione suorum bonorum. Et ego Matheus imperiali auctoritate notarius hiis omnibus interfui et ut supra legitur ea omnia rogatus subscripsi et publicavi.

 

1273b aprile 21           Thomas fanensis prepositus domini pape vicarius in Anconitana Marchia, Massa Trabaria et civitate Urbini super spiritualibus generalis universis Christifidelibus per Anconitanam Marchiam, Massam Trabariam et civitatem Urbini constitutis presentes licteras inspecturis salutem in Domino. Comunicat pietatis obtentus personis religiosis desteram nostram exibere propitiam et eis remedium solaminis impertiri, cum igitur religiose domine abbatisse et conventus monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica inceperint facere fieri propter magnam utilitatem et necessitatem aque unam cisternam in monasterio suo et ipsum opus propter paupertatem perficere non possint nec ad id proprie suppetant facultates universitatem vestram monemus et hortamur atte(n)te vobis in remissionem peccaminum iniungentes quatenus de bonis adeo vobis collatis elymosinas et grata caritatis subsidia erogetis, ita quod per subventi<one>am vestram dictum opus valeat consumari et vos per hec et alia bona qu(e) Domino inspirante feceritis ad eterna possitis gaudia pervenire. Nos igitur de Christi misericordia gloriose Marie semper Virginis eius Matris, beatorum Petri et Pauli apostolorum et Beate Maria Madalene ac aliorum sanctorum meritis confisi et eorum patrocinio communiti auctoritate domini pape qua fungimur universis et singulis  qui de personis vel rebus quotiens eis manum porrexerint adiutricem, centum dies de iniunta eis penitentia misericorditer in Domino relaxamus. In cuius rei testimonium presentes licteras fieri et nostri sigilli appensione muniri. Datum Esii XXI aprilis anno Domini MCCLXXIII indictione prima tempore domini Gregori pape X.

 

1274a agosto  16 e 18    In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem MCCLXXIIII, indictione II, tempore domini Gregorii Pape X,  <die XVIII> augusti intrantis. Actum Mathelice ante portam monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica, presentibus domino Iohanne Divitie, dompna Ventura magistri Actonis testibus de hiis vocatis. Dominus Adcursus plebanus plebis Mathelice et vigore licterarum et auctoritate venerabilis domini magistri Bernardi nerbonensis archidiaconi cappellani domini pape vicarii generalis in Marchia Anconitata in spiritualibus rogavit monuit sub excomunicationis pena precepit domine Mathie abbatisse monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica fratri Iacobo syndico dicti monasterii et omnibus monialibus loci eiusdem ut exiberent corporaliter sacramentum et dicere veritatem super his que in licteris continentur a quo precetto tam abbatissa quam dictus syndicus  vice et nomine ipsorum monasterii et totius conventus una voce adpellaverunt pro eo quod dicunt se velle dicere veritatem sine sacramento et parate sunt iussta  posse ita facere quod puella de qua questio vertitur usque ad quartam diem personaliter compareat coram domino vicario supradicto et ipsius obbedire mandato. Forma autem licterarum hec et talis est. Magister Bernardus archidiaconus nerbonensis domini pape cappellanus Marchie Anconitane, Masse Trabarie, civitatis  ac diocesis Urbini in spiritualibus vicarius generalis  provido viro domino Adcurso plebano plebis de Mathelica salutem in Domino. Nuper ad denuntiationem  excommunicationis illate per vos contra abbatissam et conventum monasterii Sancte Marie Madalene occasione detentionis Venutula Vitalis cuius (tutor) est Petrus Amate de Mathelica de nostro cessastis mandato eo quod sententia ipsius excommunicationis nostre sub conditione lata fuerat et non pure super quo idem tutor nu(n)c in nostra presentia constitutus querimoniam mangnam fecit sentiens se propter hoc gravari; nos autem volentes in predictis procedere ut iuris est, tenore presentium vobis qua fungimur auctoritate mandamus iniungendo sub excommunicationis pena quatenus visis presentibus ad dictum monasterium personaliter ascenteris  recetto a predictis abbatissa et monialibus corporali iuramento queratis ab eis si memoratam puellam tempore litigii quod fuit occasione dicte puelle inter dictum tutorem et dictas abba(ti)ssam et moniales possederunt et tenuerunt vel eam  non dexierunt de eo possidere resscripturum nobis (dictum) earundem et quidquid fecerint in predictis ut super premissa negotia procedere valeamus secundum tramitem rationis. Datum Cinguli XVI augusti pontificatus domini Gregorii pape X, anno tertio.    Dominus Adcursus plebanus plebis Mathelice interrogavit supradictam dominam abbatissam et fratrem Iacobum syndicum dicti monasterii si puella, si puella (!) de qua questio ventilatur fuit tempore litigii et quo modo dixcessit (!) de ipso monasterio et ubi est nu(n)c; ad que dicta domina abbassa (!) respondens dixit quod dicta Venutula fuit in dicto monasterio V die intrante martio prossime preterito et exttiterat per XI mensex precedentes prossimum ma(r)tium preteritum; interrogata quo modo dixcessit dicta puella de ipso monasterio dixit quod fecerit eam excedere de consilio fratris Iacobi, plebani plebis Faverii et aliorum sapient(um) ipsius monasterii: (item) interrogata ubi est nunc dixit quod est in quodam monasterio de ducatu quod vocatur monasterium monasterium monasterium (!!!) Sancte Marie Madalene.  Et ego Bonacosa Benvegnati imperiali auctoritate notarius predictis interfui et de mandato dicti plebani scripsi et publicavi et in tertio rigulo complend(o) desyngnavi fratris Iacobi.

 

1274b settembre 5 e 15    In Dei nomine. Amen. Anno Domini MCCLXXIIII, tempore domini Gregorii pape X, indictione secunda, die XV septembris, actum in plebe castri Mathelice, presentibus Ugolino domini Monaldisci et Iacobo Ugolini Agustule testibus rogatis.  Sinibaldus Massei syndicus monasterii Sancte Agathe de Mathelica, nomine ac vice dicti monasterii et conventus eiusdem representavit et dedit donno Accurso plebano plebis Mathelice quasdam litteras sigillatas sigillo cereo domini Bernardi archydiaconi nerbonensis, vicario super spiritualibus in Marchia generalis, ex parte dicti domini, quarum temor talis est.    Magister  Bernardus archydiaconus nerbonensis, domini pape cappellanus Marchie Anconitane, Masse Trabarie et civitatis ac diocesis Urbini super spiritualibus vicarius generalis, dompno Accurso plebano plebis Matelice, salutem in Domino. Mandamus tibi quatenus primarium lapidem benedictum per bone memorie  condam Camerinensem episcopum quem vobis abbatiss(e) et conventu(s) monasterii Sancte Agathe assignavit in loco novo dictarum dominarum quem faciunt et facere intendunt sub eodem vocabulo inmittatis. Datum Cinguli V septembris, pontificatus domini Gregorii pape decimi anno tertio.  Et ego Iacobus domini Actolini auctoritate imperiali notarius supradictis omnibus interfui et a prefato Sinibaldo syndico rogatus ea omnia scripsi et publicavi.

 

1274c  (?) ottobre 7  Universis presentes licteras inspecturis, Arnulfus Dei gratia episcopus Human(us) salutem in Domino. Religionis favor (di)lectarum in Christo  **** abbatisse et monialium monasterii Sancte Agathe de Matelica Camerinensis diocesis sub qua deserviunt iugiter Domino Iesu Christo, ipsarum quoniam devotionis merita nos inducunt ut eas et earum monasterium speciali gratia prosequentes que dingne poscunt ut ad exauditionis gratiam admictamus, suis itaque devotis precibus inclinati, omnibus et singulis qui qualibet tertia dominica cuiuslibet mensis  de singulis annis, nec non die festi Beate Agathe ad dictum monasterium quod  in laudem Dei et dicte sancte noviter edifcatur, accesserint reverenter et illis etiam qui manum sibi porrexerint adiutricem vere videlicet penitentibus et confessis de omnipotentis Dei misercordia  et meritis Beate Marie Virginis confidentes annum de  venialibus et quadraginta dies de criminalibus de iniunctis ipsis penitencia  misericorditer in Domino relaxamus. Datum Humane VII die intrantis octobris, indictione  secunda.

 

1275 febbraio 11          <Privilegio edilizio dal vicario pontificio della Marca>   Magister Bernardus archidiaconus narbonensis domini pape cappellanus Marchie Anconitane, Masse Trabarie ac civitatis et diocesis Urbini super spiritualibus vicarius generalis dilectis in Christo sibi *****  abbatisse et conventui monasterii Sancte Marie Magdalene de Mathelica camerinensis diocesis salutem in Domino. Exhibita nobis vestra petitio continebat quod cum bone memorie dominus condam Guido camerinensis episcopus nobis indulcxerit ut nullus religionis mona(sterium) aut clau(str)um seu oratorium religiosor(um)…. (edifi)cari vel construi possit de novo <?infra \c’è foro>> spatium sexaginta cannarum ad cannam iustam comitatus camerinensis a vestro monasterio mensuratarum per area confirmare vobis indulce<nd>um  huiusmodi curaremus. Nos igitur petitione huiusmodi admittentes indulceum (c.s.) ipsum vobis tenore presentium  prout rite ac iuste factum est auctoritate qua fungimur confirmamus. In cuius rei testimonium presentes licteras vobis exinde fieri fecimus sigilli nostri appensione munitas.  Datum aput Montecculum anno domini MCCLXXV die XI februarii, III indictionis pontificatus domini Gregorii papi decimi anno tertio.

 

1277 maggio 30   In nomine Domini. Amen. Anno eiusdem millesimo CCLXXVII, indictione V, tempore quo ecclesia romana pastore vacabat, die secunda madii exeuntis. Actum Mathelice, ante domum Raynerii domini Viveni, presentibus testibus Salimbe(ne) domini Sinibaldi, Bencasa Venture et alii(!) pluribus testibus de hiis rogatis et vocatis. Vitalianus Albrici domini Sinibaldi per se (suosque) heredes solemni stipulatione iure proprio et ad proprium vendidit, dedit et tradidit domino Fantegino Rainaldi, recipienti et stipulanti pro domino Matheo domini Synibaldi suisque heredibus, medietatetm pro indiviso terre et vinee posite intra Arvorata infra hec latera: aprimo Fossatus, a secundo Selimbe(ne) domini Synibaldi, a tertio domino Berentilllus sive dominus Matheus dictus, et omne ius et actionem quod et quam habet et habere posset in terra posita in dicto loco, infra hec latera: a primo Fossatus, a secundo dictus dominus S   (foro)  Berretillus vel si qui alii sint et confines ad habendum, tenendum ac possidendum et quidquid sibi et suis heredibus deinceps placuerit, perpetuo fatiendum cum accessibus et egressibus suis, usque in viam publicam et cum omnibus et singulis que super se et infra se seu inter se habet et cum omni iure sibi pertinenti pro pretio quinque librarum ravennatum et aconetanarum. Quod pretium totum fuit confessus et contentus se ab eo habuisse et recepisse, renuntians eceptioni et deceptioni non habiti et non recepti dicti pretii et omne alii legum et iuris auxilio et id quod dicte res vendite valerent plus . . .(dicto?) . pretio id plus ei dedit et donavit pro dicto domino Berretillo sive domino Matheo recipienti. Quam terram et vineam et ius predictum se suo nomine constituit possidere dans ei licentiam et potestatem sua propria auctoritate intrandi et retinendi possessionem dictorum rerum promictens dictus Vitalianus per se suosque heredes ipsi emptori pro dicto domini Matheo solemniter stipulanti de predictis rebus vendidtis litem nec controversiam movere nec moveri facere per se nec per alios aliqua occasione vel exceptione set ipsas venditas cum omni iure ipsarum ab omni persona et universitate legitime defendere autori(sa)re ac disbrigare et damna et su(n)tus propterea contingentes vel contingentia reficere et resarcire, promisit et convenit eidem sub pena dupli dicti pretii et meliorationis dictarum rerum et obligatione suorum bonorum nec contra predicta vel aliquod predictorum  per se vel alium aliquando facere vel (ve)nire sub pena iam dicta. Qua pena soluta predicta omnia et singula supradicta . . . (macchia) .manente contractu semper sui roboris obtineant perpetui firmitatem . . (insuper?). . .dictus Vitalianus quia minor XXV annis videbatur corporis aspectu, adseruit per se per dictum esse maiorem XXV annis nullo alio prestito iuramento. (sigillo notarile)   Ego Franaciscus magistri Petri auctoritate imperiali notarius predictis omnibus interfui ut supra legitur, rogatus subscripsi et publicavi. <Nella stessa pergamena c’è altro atto in data 16 ottobre 1278>

 

1278a febbraio 16         <Unione chiesta  dalle monache di Sant’Agata>  In Dei nomine. Amen. Anno Domini MCCXXVIII, indictione VI, tempore domini Nicolai pape tertii die XVI februarii intrantis. Actum in monasterio sive ecclesia Sancte Agathe de Mathelica presentibus domino Ventura, magistro Compagnono, Yuano domini Scangni, Boccabreza Barthuli, Petro domini Iacobi de Napuliono Rainerii testibus. Domina Alluminata sive Latina abbatissa seu priorissa loci et sororum Sancte Agathe de Mathelica et soror Benvenuta monialis dicti loci Sancte Agathe  dederunt donaverunt cesserunt et submiserunt se et dictum locum cun bonis rebus et possessionibus eis pertinentibus monasterio Sancte Marie Madalene et fratri Iacobo syndico ipsius monasterii, recipienti nomine et vice ipsius monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica et promiserunt ipsi syndico recipienti pro domina Mathia abbatissa predicti  monasterii Sancte Marie Madalene obedientiam et reverentiam paupertatem et castitatem, et observare regularia istituta predicti monasterii et (quod) predicta domina abbatissa possit ponere  mon(i)ales cum dicte sorores in dicto loco Sancte Agathe cum dicte sorores Sancte Agathe et removere cum dicte sorores Sancte Agathe videant et cognoscant se non posse honeste vivere in ipso loco hoc ideo dederunt et concesserunt dicto monasterio pro redentione peccatorum suorum et quia ipse frater Iacobus syndicus dicti monasterii Sancte Marie Madale(ne) recepit predictas sorores sub regula dicti monasterii cum domibus et hedifitiis  plateam et territorium dicti monasterii Sancte Agathe et cum omnibus aliis iuribus et actionibus que ubicunque dictus locus et ipse sporores coniuntim et divisim habent vel habere possunt modocunque vel causa reservato sibi Alluminata fructus tenutam et possessionem et proprietatem unius peti terre posit(e) in districtu Mathelice in Villa Camerani iusta dominum Fanteginum et viam que de ipsa terra ipsa Alluminata in  vita et morte possit facere vel relinquere ad suam voluntatem dando et concedendo predicto frati Iacobo syndico dicti monasterii Sancte Marie Madalene liberam licentiam et plenariam potestatem auctoritate propria accipiendi tenutam et possessionem dictarum rerum et de eis fatiendi quicquid eis videbitur promictentes rate et firma perpetuo habere atque tenere et in nullo contra facere vel venire aliqua occasione vel exceptione sub oblig(atione) bonorum dicti loci Sancte Agathe. (sigillum tabellarii) Ego Bonaventura Benenanti notarius publicus predictis omnibus interfui et a predictis contrahentibus rogatus ea omnia scripsi et publicavi.

 

1278b marzo 7   <Frammento:  Testo completo nella sentenza 13 settembre 1286>                      …………. a secundo fossus communis, a tertio filii…………………………………………………………………………………………. via cum domibus,edificiis………………………………………………………………………………………………………………………………………….. predictos continentur confines et cu<m> omnibus aliis iuribus et actionibus que ubicumque dictus locus et ipse sorores coniunctim et  divisim habent vel habere possent modocumque vel causa revocantes seu cassantes  omnem syndicum seu procuratorem specialiter Salimbene Compagnoni et Sinibaldum Massei pro parte dicti loci et sororum Sancte Agathe contra dictum  monasterium Sancte Marie Madalene et renuntiantes interlocutorie et interlocutoriis si que usque ad presens tempus late sunt contra dictum monasterium Sancte Marie Madalene predicto loco occasione muri et edifitii quod edificabantur in dicto loco et situ contra formam privilegiorum dicti monastrii Sancte Marie Madalene  constituentes se nomine dicti monasterii et dicte domine Mathie possidere predictum territorium et casarenum et domus et edifitia et dederunt licentiam et plenariam potestatem predicte domine Mathie recipienti pro dicto monasterio auctoritate propria accipiendi possessionem dictorum bonorum et de eisdem fatiendi quod eisdem et firma habere perpetuo et dampna et expensas reficere sub obligatione bonorum dicti loci Sancte Ag(at)he et non contra facere vel venire contra predicta vel aliquod predictorum per se  alium sub dicta (pena) qua soluta vel non manente contractu. Et ego Masseus de Fabriano imperiali auctoritate notarius hiis interfui rogatus scribere scripsi et publicavi.

 

1278c luglio 15     <Appello  contro il precetto capitolare>  In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem MCCLXXVIII indictione VI tempore domini Nicolai pape tertii die dominico XVII iulii. Ac(tum) fuit in monasterio Sancte Agathe de Mathelica presentibus Iacobo Bonvicini et Nicolao Divitie testibus. Illuminata condam abbatissa monasterii Sancte Agathe de Mathelica sentiens se gravatam ab infrascriptarum licterarum continentia et ab omni gravamine ei illato et inferendo eorumque licterarum occasione viva voce appellavit. Qua(ru)m licterarum tenor talis est.  Dominus Scangnus plebanus Tolentini canonicus camerinensis et eiusdem capituli causarum auditor sorori Alluminate abbatisse Sancte Agathe de Mathelica salutem in Domino. Ad aures nostras pervenit quod tu cum tuis sororibus tunc in locum cum suis iuribus et cum monasterio dominarum de Mathelica unisti in preiuditium camerinensis episcopatus non modicum et gravamen. Quare mandamus tibi sub pena excommunicationis firmiter iniungentes quatenus tertia <die> post harum pre(sentatione) personaliter et perhibenter  compareas coram nobis super hec pare(re) mandatis nostris. Datum Camerini XVI decima die XV (!?) iulii VI indictione.  <sigillum tabellarii> Ego Iunta Albertutii notarius publicus imperialis magestatis auctoritate huic appellationi interfui a dicta Illuminata rogatus subscripsi et publicavi.

 

1278c luglio 17                 <Appello contro il precetto dell’Uditore capitolare>  In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem MCCLXXVIII, indictione VI, (tempore) domini Nicolae pape tertii die dominico XVII iulii. Actum  fuit sive iuxta domum monasterii Sancte Marie Magdalene de (ca)stro Mathelica presentibus domino Sabbatino Actonis, Iacobo Bonitini et aliis (testi)bus. Yuannus domini Scangni syndicus monasterii Sancte Marie Magdalene de castro Mathelica nomine et vice ipsius monasterii et pro ipso monasterio sentiens se  et dictum monasterium gravatum a continentia ipsarum licterarum infrascriptarum  <ripetuto!> ab ipsa continentia ipsarum licterarum infrascriptarum viva voce (appel)lavit. Quarum licterarum tenor talis est.  Scangnus plebanus (Tol)entini camer(inensis) canonicus et vicemgerens domini archidiaconi et capituli maioris ecclesie camerinensis sorori Mathie abbatisse monasterii Sancte Marie Magdalene de Mathelica et aliis religiosis monialibus dicti loci salutem in Domino. (Publice) relatione pandente nobis quod vos unionem ecclesiarum Sancte Marie supradicte monasterii et Sancte Agate in dicta terra propria in(is)tis auctoritate unire et unionem fare (!) de predicti de quo miramur (cum) hoc ad vos con spectet vel pertinet ullo modo. Quo circa vobis….(et) unicuique (vestrum) presentium serie auctoritate qua fungimur pro Camerinensi ecclesia precipiendo mandamus (quatenus) in ipsa unione nullatenus procedatis fatienda….. vos, cum pertineat ad episcopum camerinensem in sua diocesi maxime usque ad redditum ipsius episcopi sub excommunicationis pena quam vos et unamquamque vestrum incurrere volumus ipso facto si secus duxitis fatiendum et si in aliquo processistis in statum pristinum reducatis et sub pena ipsius domini episcopi arbitrio auferenda. Alioquin contra vos ut iustum fuerit procedemus.  Datum Camerini die XVI iulii intra(nte) iulio VI (indictione). Si vero de predictis gravatas asseritis V die post assegnationem presentium legitimum syndicum coram nostra presentia trasmictere (curetis) super predictis a nobis recepturum iustitie complementum.  Ego Iunta Albertutii notarius publicus imperialis magestatis acuctoritate huic appellationi presens interfui a dicto Yuano rogatus subscripsi et publicavi.

 

1278d  luglio  22  In Dei nomine. Amen. Anno Domini MCCLXXVIII, indictiove VI, tempore domini Nicolay pape tertii, die XII iulii.  Hec acta sunt in civitate Camerini, ante maiorem ecclesiam presentibus magistro Bonaventura Benelcarii notarii et Santisidorio Bonvecini de hiis testibus.  Magister Yuanus domini Scangni sindicus et procurator sororis Aluminate abbatisse monasterii Sancte Agathe et sindicus et procurator monasterii Sancte Marie Mathalene, procuratorio et sindicatorio nomine pro supradictis abbtissa et monasterio presentavit se coram domino Scangno plebano Tolentini et vicemgerente domini Archidiaconi et Capituli maioris ecclesie Camerin(ensis) iuxta formam et tenorem licterarum trasmissarum per ipsum dominum plebanum monasterio supradicto et dicte abbatisse, qui trassit a dicto domino plebano licentiatus et insuper dictus dominus plebanus revocavit susspensit literas et precepta que et quas in predictis mandaverit et contra predictum monasterium et dictam abbatissam salvo quod si voluerint partes conqueri et ius petere (crimina) eo quod non preiudicet iuri alicuis ipsorum partium.   Et ego Nicolaus domini Bentevenie imperiali auctoritate notarius ut supra legitur, rogatus scripsi et publicavi.

 

1278e  ottobre 16  In nomine Domini. Amen. Anno eiusdem millesimoCCLXXVIII, indictione VI, die XVI obtubris, tempore domini Nicolay pape III. Actum Mathelice ante ecclesiam Sancte Marie, presentibus testibus Rasa Gualfredi et Benanti Gentilis Blasii et aliis pluribus de hiis rogatis et vocatis. Dompnus Vitalianus Albrici domini Synibaldi per se suosque heredes solemni stipulatione iure proprio et ad proprium vendidit, dedit et tradidit Andriolo Iacobi Synibaldi pro se suisque heredibus solemniter stipulanti terram aratoriam et silvatam positam in districtu Mathelice, in loco qui dicitur Colle infra hec latera: a primo Moricus Brici de Gallio; a secundoi filii Cretarelli; a tertio Brunictus Nere, vel si qui alii sint eius confines, ad habendum, tenendum ac possidendum et quidquid sibi et suis heredibus deinceps placuerit perpetuo fatiendum cum accessibus et egressibus suis usque in viam publicam et cum omnibus et singulis que inter predictos continentur confines, pro pretio quinquaginta et unius soldorum ravennatum et anconetanorum. Quod pretium fuit confessus et contentus se habuisse et recepisse, renuntians ecceptioni non habiti, non recepti dicti pretii et omni alii legum et iuris auxilio, et id plus quam dicte res vendite valerent dicto pretio ad plus ei donavit et dedit tamquam amico benemerito, promittens dictus venditor per se suosque heredes ipsi emptori pro se suisque heredibus solemniter stipulanti de predictis rebus litem nec controversiam movere nec non moveri facere per se nec per alios aliqua occasione vel ecceptione, sed ipsas res venditas ab omni persona et universitate legitime defendere et auctorizare promisit et convenit eidem sub pena dupli dicti pretii et melioriorationis dictarum rerum ut pro tempore quo plus valuerit, et sub ypoteca et obligatione suorum bonorum; quas res venditas se se suo nomine constituit possidere donec ipsarum rerum possessionem acceperit corporalem. Quam accipiendi, intrandi et retinendi deinceps licentiam et potestatem ei contulit atque dedit, nec contra predicta, vel aliquod predictorum per se vel alios, aliquando facere vel venire sub dicta iam pena: qua pena soluta, predicta omnia et syngula supradicta rata, manente contractu semper sui roboris obtienant perpetui firmitatetm. Insuper dictus dompnus Vitalianus quia minor videbatur corporis (et as)pectu XXV annis, asseruit se, per dictum, esse maiorem XXV annis (nullo alio) prestitto iuramento.  (Sigillo notarile)  Ego Franciscus magistri Petri notarius auctoritate imperiali notarius predictis interfui et rogatus subscripsi et publicavi.  (C’è postilla, ma all’inizioun foro sulla pergamena fa perdere una parola)   . . . . . . .  die XVIIII productum per fratrem . . .  (I)acobum coram vicario, presente   fratre . . . . .llo.

 

1278f dicembre 2      (In) Dei nomine. Amen. Anno eiusdem MCCLXXVIII, indictione VI, tempore domini Nicolai pape III, die II decembris. Actum Mahtelice ante monesterium Sanct Maria Madalene presentibus Mahteo Francorum, Cangno Raynaldi, Martino Pauli et aliis testibus. Frater Andreas syndicus monesterii Sancte Marie Madalene una cum consensu et voluntate abatisse diti monasterii et ipsa abatissa consentiente iure proprio et ad proprium dedit cesit concesit adque……  Vivono Debresa quandam terre…..<parte mancante>   … cum erit de finis……..cures…….quosdam dictus Vivonus abere……. ab Angelutia monaca dicti monasterii eredes Andree magistri Petri Boni pro dote et pro residuo dotis quam dictus Vivonus abere tenetur a supra dito magistro Petri Boni et suis eredibus prout ore sua domina Alarica et filia diti Vivonis et pro residuo dotis quam pro ea abuit a dito Vivone pro dita domina Alarica et filia diti Vivonis et quam dita Angelutia pro sua parte et ereditat(e omni) abere tenetur dando ei Vivono liberam licentiam et plenariam potestatem tenute dic(te) tere intrandi possidendi feutandi ac retinendi ut sibi aut cui concesserit placuerit…… que ad ditum tempus promitens ditus sindicus et dicta Aba(ti)ssa (con)sentiente quod dita tera alicui non est obligata…… ceduta nec alicui dabitur nec concedetur….. in finem diti tere usui quod si apareret alicui esse data…… nec concederetur alicui per aliquam dicti.  …… ipse sindicus et domina Mahtia abbatissa dicti monasterii cum in dono conservare et (omne) que damnum litis et expensas salaria et interesse que quas fecerit vel sustinuerit ditus entor pro predictis ipse sindicus integre reficere ac resarcire promisit semper credito suo sacramento sine libelli petitione renuntians ipse sindicus omnibus  beneficii decretis et decretorum et aliis iuribus quibus ipse oponere posset coco modo et causa que omnia iam ditus sindicus cum consentia <?!> et voluntate dite domine Abatisse atendere et oservare promisit dicto Vivono et cui concesserit sub pena II libre ravennat(es), et anconet(as) bonorum et ipoteca diti monasterii qua pena soluta et non, predicta omnia semper (rata) et firma abere. Adque tum promisit et omnia……. et suntum reficere faciendum  etiam perpetuo. <sigillum tabellarii> Et ego Ventura Massei notarius publicus is omnibus interfui et de is omnibus a supra ditis rogatus scribere subscripsi et publicavi.

 

1278g circa: frammento di data incerta   . . sue et Ivano domini Scanni sindico dicti monasterii recipienti et  stipulanti (bis)  pro ipso monasterio, dedit, cessit adque mandavit dicto sindico recipienti pro ipso monasterio et nomine et vice dicti monasterii omne ius omneque actionem, rationem realem et personalem utilem et directam, civilem pretoriam adque mixtas que et quod ipsa Billa nunc habet, olim habuit et in futurum habere posset ipsa vel alter . . . . .  bonis rebus ipsius et hereditate dicti Accursuli sui patris : . . et occasione (dotis?) ipsius Bille date et promisse Guctio Iacobi (Gu)czu(i)e(?) de Fabriano sponso ipsius Bille, spetialiter nomine et occasione X libras ravennates et anconetanas et ipsis X libr(i)s quas ego Accursulus suus pater vel Zuczius suus frater dederat et solverat ipsi Guczo Iacobi vel alteri pro eo de summa et quantitate dotis ipsius Bille, ut scriptum reperitur manu cuiuscumque notarii. Quam oblationem dictam  omnem dationem offert(am?) et concessionem et omnia suprascripta promisit semper perpetuo rata, firma ac secura habere adque tenere et in nullo contra fafacere(!) vel venire de iure vel de facto occasione ingratitudinis seu qualibet alia causa; etiam ipsa Billa presente, volente, mandante et consentiente dicta domina abbatissa constituit et ordinavit Ivanum domini Scangni de Matelica presenti et in se suscipienti su(u)m . . . dicti monasterii procuratorem, actorem, factorem et nunctium specialem ad querendum et etiam habendum a dicto Zuczio dictas X libras et omnia alia suas res a quolibet detinenti persona in curia communis Fabriani seu qualibet alia curia ad libellum dandum et recipiendum terminum petendum litem terminandam, testand(o) et generaliter ad omnia alia que merita causarum exigerint incipienda; anima ipsius de columpnia (!) iurandum adque quietandum ad solutionem predictorum debitorum recipiendum ad quietationem de dictis (debitis?)  fatiendam ad sensum sui sapientis et generaliter ad omnia alia et singula fatienda et exercenda que in predictis circa predicta necessaria fuerint et . . .etuendi  promixiones dicta Billa ratum firmum habere ad retinere quidquid per dictam procuratorem  in predictis supra predictis et quolibet predictorum sub pena et obligatione suorum bonorum; iurans insuper predicta Billa solenniter  omni honere suas ad dationes dictum procuratorem promixit nihi(!) notario infrascripto stipulanti nomine quorum quorum(!) interit de iuditio sisti et iudicato solvendo etc.   Et ego Thomas Scangni notarius publicus predictis omnibus interfui, rogatus a dicta Billa scripsi et publicavi.

 

1279 luglio 3           <Copia del 26 nov. 1280>   In Dei nomine. Amen. Hoc est exemplum rogiti sive protocolli inventi sive existenti in quaternis magistri Mathei dopni Bentevolii condam notarii sub anno Domini MCCLXXVIIII, indictione VII, tempore domini Nicolay pape III, die III iulii, in ecclesia Sancte Marie Madalene de Mathelica, coram fratrem (!) Alesandro lectore firmano de ordine Fratrum Predicatorum fratre Iacobo de Cammerino de eodem ordine, fratre Petro Egidi, fratre Vitale Benve(nu)ti et domino Iacobo de Ugubio testibus. Cuis tenor talis est, sic incipientis.  Domina Ricca  filia condam Curtufonni de Pudio, pure, libere, simpliciter inter vivos et inrevocabiliter donavit domine Mathie abbatisse monasterii Sancte Marie Madalene, nomine et vice ipsius monasterii, solenniter et legitime stipulanti, dotem suam que fuir C librorum ravennat. et anconet., reservato sibi usus fructus in vita sua dicte dotis; in obitu sit ipsius monasterii, dans et cedens eidem omne ius et actionem quod et quam habet in bonis domini Berretilli sui viri, occasione dotis dicte; ponens eandem in locum suum, fatiens eandem procuratricem ut in rem suam ut post mortem ipsius possit agere et experiri et repetere dictam dotem adversus dominum Berretillum et eius bona et(cetera), ut ipsa facere posset. Et hoc ideo fecit pro anima sua et pro remedio suorum peccatorum et suorum parentum; et promisit eam donationem non revocare aliqua ingratitudinis causa nec alia quacumque sub pena dupli dotis etc. Insuper iuravit ad sancta Dei Evangelia predicta habere rata et firma et no n venire contra sub pena iam dicta et damna et suntus cum interesse reficere etc. <Sigillum tabellarii>  Et ego Bonacasa Benvegnati notarius publicus ut (….vid)i legi et inveni in qua<terno> vel in quaternis magistri Mathei dompni Bentivolii condam notarii, ita per ordinem transscripssci  et exempavi nil addens nec minuens fraudulenter preter puntum vel sillabam que instrumentum non falsant, et in publicam formam redegi, data et concessa michi auct(ioritate) de his exemplandis et publicandis a domino Ugolino domini Leti de civitate Auximi iudice et vicario comunis Mathelice per nobilem virum Iacobellum domini Claudii de civitate predicta nec non de consilio generali et spetiali communis Mathelice sub anno domini MCCLXXX, inditione VIII, romana sede pastor vacante, die XXVI novembris. Actum Mathelice in trasanna communis, presentibus domino Iacobo Plebani, Iacobo Benecase, Iuano Iacobonis et Francisco magistri Petri et aliis pluribus testibus etc.       Die XVIIII iulii prodit(a) per fratrem Iacobum coram (vicario) presente fratre Guillelmo.

 

1280 settembre  4   In nomine Domini. Amen. Anno eius MCCLXXX;  viii indictione, apostolica sede vacante pastore; die IV sectembris intrantis, in domo communis Mathelice, presentibus Andreolo Actonis domini Gentilis, magistro Francisco notario et Actutio Curtesonni testibus et aliis pluribus. Yuanus domini Scangni sindicus monasterii Sancte Marie Magdalene de Mathelica fecit, cosntituit et ordinavit et sustituit Girardum Macthei  de Mathelica, presente(m) et recipiente(m), suum et dicti monasterii legitimum procuratorem et nuntium specialem ad presentandum se pro eis coram domino Thoma iudice in Marchia generali contra Mardonum Iacomelli et Rainaldutium Rainaldi Maiani de Sancto Severino ad petendum et exigendum et precectum  L. libras ravennates et anconetanas, ex ractioni mandari et ad acquerendam tenutam contra ipsos et quemlibet ipsorum in solidum, ad fatiendam ipsam bandiri, recipient(i) in solu(tis) ad terminum prorogandum et ad omnia et singula fatienda que ipse sindicus in predictis et circa et extra predicta facere et exercere posset; promictens dictus sindicus mihi notario infrascripto nomine et vice quorum interest quidquid factum fuerit per ipsum prcuratorem firmum et ratum habere sub pena et obligatione suorum et dicti monasteri  etc.  Et ego Bonavemtura Iohannis notarius publicus rogatus subscripsi et publicavi subscri(pta).

 

1282a luglio 30   In Dei nomine. Amen. Hec est copia sive exemplum qu(a)rumdam licterarum minutarum scigillo venerabilis patris dompni Guidoni de Nova Villa domini Pape cappellani; que lictere scingillate erant cum cera rubra. In quo quidem scigillo erat inmago Beate Virginis tenentis Filium in brachiis et super dictam inmaginem  erant due(!) angeli et desuper erat inmago ipsius cappellani. Lictere cuius scigilli sic legun(tur): Scigillum Guidonis de Nova Villa dompni Pape cappellani.  Quarum tenor talis est.  Nos Guido de Nova Villa domini pape cappellanus et nuntius notum facimus universis quod nos ab Acc(ur)so plebano plebis Mathelice habuimus et recepimus tres florenos auri pro procuratione unius diei qua nos morari oportuit in castro predicto. Unde eidem plebano committimus quod quantitatem huiusmodi dividat inter personas ecclesiasticas castri et districtus Mathelice, castri e districtus Sancte Natolie, monasterii Sancti Angeli infra Hosti(a), ecclesiam Fontis Boni et  Sancte Marie de Galio et secundum facultates earum exigat equaliter ab eisdem cum dampnis et moderatis expensis, et si aliqui competenti aucoritate nostra moniti infra terminum X dierum eis ab eodem plebano assignandum partes sibi solvere distulerint, imponemdas nos ex tunc ut ex nunc, in scripturis presentibus ipsos excommunicationis sententiis innodamus et eorum ecclesias ecclesiastico supponimus interdicto aggravatione  et relaxione predictarum sententiarum secundum quod sue discretioni videbitur committentes.  Forma vero licterarum apostolicarum de verbo ad verbum inferius (dantur) inserta que talis est.   Martinus episcopus, servus servorum Dei, venerabilibus fratribus archiepiscopis et episcopis ac dilectis filiis abbatibus, prioribus, decanis, archidiaconis, archipresbyteris, plebanis et aliis ecclesiarum prelatis et eorum vicariis gerentibus ac ecclesiasticis personis religiosis et aliis ecclesiarum  capitulis et conventibus exemptis e non exemptis  (?mona)ster(is) sine animarum premostratensium, camaldulensium, Vallisumbrose santi Benedicti et Augustini et aliorum Ordinum, nec non magistris et preceptoribus militie Templi, et Ospitaliariis Sancti Ihoannis Ierosolimitani et Beate Marie Teutonicorum ad quos lictere iste pervenerint, salutem et apostolicam benedictionem.  Cum dilectum filium magistrum Guidonem de Nova Villa cappellanum et nuntium nostrum latorem presentium de cuius industria et circumspetione confidimus pro quibusdam Ecclesie Romane negotiis transmictamus, universitatem vestram rogamus et hortamur auctoritate per aposctolica vobis scripta mandantes quatenus dictm nuntium cum per partes vestras transitum faceret ob reveverentiam (!) Apostolice Sedis et nostram beningne recipientes et honeste tractantes eundem sibi pro quolibet die in XXX solidos turonenses pro suis necessariis et de securo conductu nec non in fuctionibus oportunis si sue in via decesserint vel defecerint, cum super hiis ex parte nostra per ipsum vel eius spetialem nuntium fueritis requisiti in eundo, morando et redeundo liberaliter providere curetis, ita quod devotionem vestram exinde commodari merito debeamus, alioquim sententiam quo ipse per se vel per alium rite tulerit in rebelles ratam  habebimus et fatiemus auctore Domino, usque ad satisfactionem condignam, appellatione remota, inviolabiliter observari non obstante si aliquibus est ab eadem Sede indultum quod legatis vel nuntiis Sedis ipsius aliquam procurationem exhibere vel in ipsam contribuere nisi ad eos declinaverint minime temeantur(!) seu quod interdici suspendi vel excommunicari non possit per licteras apostolicas que de indulto huius modi totoque tenore ipsius plenam et expressam non fecerint mentionem, seu aliquibus privilegiis vel indulgentiis quibuscumque personis locis vel ordinibus sub qua vis forma verborum ab eadem sede concessis de quibus totisque tenoribus in Apostolicis licteris similis mentio sit habenda et presens mandatum nostrum quomodolibet valeat impediri. Datum apud Urbeveterem (kalendas) iunii, pontificatus nostri anno secundo. In cuius rei testimonium sigillum nostrum presentibus duximus apponendum. Datum Mathelice, die martis XIIII mensis iulii, X indictione.

 

1282b  luglio  30    In Dei nomine. Amen. Dompnus Raynaldus Ranni et dompnus Vitalianus Albricutii po(s)iti(?) ad dividendum et imponendum collectam seu procurationem inter clericos ed ecclesiaticas personas seu religiosas ut scriptum superius continentur, imposuerunt monasterio dominarum Sancte Marie Madalene de Mathelica et fratri Iacobo eius scyndico de collecta superius nominata sex soldos ravennates et anconetanos et petierunt dicto fratri Iacobo pro dicto monasterio  eis ab eo daro dictos sex soldos et preceperunt eidem sub pena excommunicationis eis dare a dicto fratri Iacobo dictam pecuniam infra X dies proxime venturos. Qui frater Iacobus nomine et vice dicti monasterii et conventus eiusdem sentiens se et dictum monasterium gravatum et iniuste gravari de predictis, a predictis omnibus in lite (et) appellavit et apostolos instante ac instantissime sibi dari petivit, appellans et appellando ad dominum papam et dominum camerarium domini pape suosque auditores et ad omne alium iudicem competentem. Cause gravaminum sunt iste, silicet quia monasteria dominarum non consueverunt cum clericis vel sine clericis in talibus conferre collectis, sive procurationibus. Item quod non fuit  intentio supradicti domini Guidonis ut in dictis conlectis seu procurationibus monasterium dominarum conferre deberent, facta fuit hec appellatio  sub anno Domini MCCLXXXII, indictione X, tempore domini Martini pape IIII, die penultima iulii per syndicum memoratum,  Mathelice, ante plebem Mathelice, presentibus dompno Thomagio monaco de Rotis, Vorliano domini Iacobi de Ugubio testibus de hiis vocatis et rogatis.   (Sigillo notarile)  Et ego  Rigus  Servitoris, notarius publicus predicte appellationi interfui et cu(m) rogatum dicti syndici et omnia alia que suprascripta sunt subscripsi, transcripsi exemplavi et redegi in publica monumenta sub anno predicto et publicationibus supradictis.

 

1283a  gennaio 31 e febbraio 1 e 2 <da febbraio 1>   In Dei nomine. Amen. Hec est copia quarundam literarum  tenor quarum talis est. Raynerius de Monte Flasc(o)ne iudex in Marchia generalis Paulo famulo Ne(a)polionis Raynerii de Mathelica, salutem. Mandamus tibi quatenus tertia die post harum presentatione(m) compareas perentorie coram nobis excusaturum te ab  accusatione de te facta per dompnum Rigum Guarnerii, alioquin contra te prout iustum fuerit procedemus. Data Tolentini die calennaris februarii; XI  indictione.        Que quidem litere Gratiolus bay(u)lus curie (r)etulit mihi notario infrascripto se citasse Pau(lum) supradictum ut iret se excusaturum tertio die secundum formam dittarum literarum. Facta fuit hec relatio mihi notario infrascripto per Gratiolum bayulum curie. Que desit et  (r)etulit eum citasse sub anno Domini MCCLXXXIII, inditione XI, tempore domini Martini pape IIII, die martis II februarii. Atum Mat(helice) ante domum filiorum Bucari presentibus magistro Benvenuto, Barlario Bonacose  Benvegnati et aliis testibus. (sigillo notarile)  Et ego Ventura Massei notarius publicus is omnibus interfui et a ditto  bayulo de ditta relatione rogatus scribere, scripsi et publicavi. <qui gennaio 1>      In Dei nomine. Amen. Hec est copia quarumdam literarum tenor quarum talis est.   Raynerius domini Alioni de Monte Flascone iudex in Marchia generalis, Greg(or)io et Gratiolo bayulis  curie salutem vobis et cuilibet vestrum. Distritte precipiendo mandamus et committimus quattinus omnes illos quos dompnus Herigus sindicus monasterii sancte Maire Madalene vel alius pro ipso monasterio vobis iusserit nominandos, citare curetis ut tertia die post vestram citationem compareant perentorie et personaliter coram nobis super accusatione per ipsum sindicum fatta contra Napolionum Raynerii et Pauluncum eius famulum peribituri testimonium veritatis et partem ut i(n) iusso termino veniant videre testium iuramenta aliquin contra ipsos et in iussa causa exigentem iustitiam procedemus. Data Tolentini, ultima die Ianuarii, XI inditione.   <ora febbraio 2>   Qui Gratiolus bayulus curie retulit mihi notario infrascripto se citasse infrascriptos homines ut irent peribituri testimonium veritatis secundum formam supradittarum licterarum. Qui testes sunt isti: Ioha(n)nuntius Compangnonis, Rubeus Benditti, Nicola Ugolini, Iacobutius Petri, Pritianus Vitalis, ut irent peribituri testimonium veritatis ex parte dicti iudicis et ad petitionem sindici monasterii supradicti. Facta fuit hec relatio mihi notario infrascripto per ditum bayulum ut scriptum est sub anno Domini MCCLXXXIII, inditione XI, tempore domini Martini pape IIII, die II februarii. Adtum Mathelice ante domum magistri Rugerii, (presentibus) Petro de Sancto  Angelo, Venguato Iacobi et aliis testibus.   (sigillo notarile)  Et ego Ventura Massei notarius publicus is omnibus interfui et de preditis a dicto Gratiolo bayulo curie rogatus scribere, scripsi et publicavi.

 

1283b febbraio 10   In Dei nomine. Amen. Anno Domini MCCLXXXIII, indictione XI, tempore domini Martini pape quarti, die X februarii intrantis. Adtum in distritu Mahtelice (!) silicet iuxta molendina Rote de monasterio Sante Marie Madalene et iuxta clusa molendin(orum) de Porta, presentibus domino Iacobo plebani, Covitto domine Altase(re), Fratri Iacobo de Colle Stefano, Fratri Vitale, conversis ditti mo(ne)sterii, Petro de Santo Angelo, Cliralto  Attona Iualdi, I(o)hannutio Compangnoni et aliis puribus testibus de predittis rogatis, vocatis et clamatis. Attutius domini Salimbene et domina Clarissenna  figlia condam Scangni, pro se et filio suo Guarinutio et idem Adtutius pro se et Mathiolo Bucari et ipsius nomine ex parte una; et Fratre(!) Petrus Egidii sindicus et conversus ipsius mo(na)sterii Sante Marie Madalene de Mahtelica de co costititit(!) manu mei notarii infrascripti sindicario nomine ditti monasterii et conventus eiusdem, ex altera  determinatione aque fluminis Gini fluentis per clu(sam) predittorum Attutii, domine Clarisenne et Mahtiolo(!) Bucari que est suter (!) molendina ditti monasterii ut obit non possit deincep(s) inter eos aliqua questio exo(re), nec predittis molendinis ipsius monasterii que sunt desuper nec molendinis alterius partis aliquod preiuditium generare talia patta et conventiones inter se fecerunt de eorum communi concordia et voluntante(m) vuoledicet (!) quod ab uno paso lege et colunna recessurii cluse molendinorum dicti Attutii domine Clarisenne et Mattioli et consortium ipsorum a ditto paso exstracolum recessorii ditte cluse ubi nunc est et manet usque ad stangam Salvonis singnata que stat in ditta clusa versus vallatum molendinorum preditti monasterii ipsa clusa sit egualis ita quod aqua egualiter usque ad dittam stangam desuper fluere ita quod non fatiat aliquod (pre)iuditium molendinis superius ditti monasterii et quod aqua non screscat vel ascendat supra terminum aque olim missum inter eos. Qui terminus stat suter molendina eiusdem monasterii silicet in vallatum et si accederet quod potius ascendet supra terminum fitatum (!) in colunnalini sengolennello quod preiuditium Attutius et domina Clarissena Senalii domini qui pro tempore essent ine(!) eorum molendinis dittis inferioribus de Porta debeant et teneantur tantum mergere clusam in loco supraditto et intra terminos dittos silicet ab uno paso extra colunna recessurii usque ad stangam singnandam ut supra dictus est et in loco supraditto quod ipsa aqua ultra terminum aque et ferrum in isso termino conficatum stante(m) in vallato molendinorum ditti monasterii non copereat, immo semper sit bene discopertum et hoc debant et promiserunt facere ad requisitionem sui ditti Velmitii monasterii supraditti et ad eorum requisitionem quod si non facerent sundittum monasterium ditti et cuius nuntii seu mollarii facere et emendare posint intra terminos supradittos et eis licentiam dederunt ex hunc sine religione ipsius cluse ita quod ferrum in ditta colunna et terminum singnatum senper(!) remaneat discopertum et dittum Atutius pro se et Matioli et domina Clarissena tam suo nomine quam nomine Guarinutii sui filii terminum c(o)lunne Medulli et ferrum iura singnatum stantem in vallato monasterii supraditti de eorum voluntate confirmaverunt et adfirmaverunt ex nunc et ratficaverunt(!) et cum preditto Fratri Petro sindico stipulanti pro monasterio senper ratum et firmum ahbere(!) promiserunt preditta omnia et singula tam dittum Attutius pro se et Mahtiolo ditto et domina Clarisenna pro se et eius filio Guarenutio per eos eorumque heredes et successores quam dittus sindicus nomine ditti monasterii inter se solenniter ad invicem stipulantes promiserunt et convenerunt rata et firma habere adque tenere senper et nullo punto nec titulo contra facere vel venire per se nec per alios aliqua ocagione vel exceptione sub pena quinquaguinta librarum ravennat(um) et anconetano(arum) vicissim inter eos et versa vice solenni stipulatione promissa et sub obligatione et ipoteca bonorum et rerum ditti monasterii et dittorum contraentium. Qua pena soluta vel non preditta omnia et singula rat(a) et firma a parte non osservante preditta sustinueret coco modo vel causa de omnibus supradittis reficere ac restituere ab ingresu ditis(!) usque ad finem quilibet et eos reficere promisit sub pena super(ius) nominata L librarum et cetera. (Sigillo notarile)   Et ego Ventura Masei notarius publicus interfui e(!) de omnibus ut supra dittum est a dictis contraentiibus rogatus scribere scripsi et publicavi.

 

1283c febbraio 12   In nomine Domini. Amen. Anno eiusdem MCCLXXXIII, intictione XI, tempore domini Martini pape IIII, die XII intrante februario. Actum in monasterio Sancte Marie Madalene de Mathelica, presentibus domino Finaguerra domini Albrici, Tingno domini Albertini, Zovicta Actonis Ruibei et Iohanne Petri Tardutii testibus ad hec vocatis. Frater Iacobus de Colde Stefano sindicus monasterii Sancte Marie Madalene, sindacario nomine ipsius monasterii ex parte una et Neopionus Rainerii ex altera de lite et questione vertenti inter eos et que verti posset in posterum bnomine et occasione terra Rote et Acquimine positum in flumine Gini iusta dictum flumen et monastrium supradictum de eorum comuni concordia  et voluntate promiserunt et com promiserunt in Salimbenem Boneiunte presentem et in Benecasam Venture absentem tamquam in arbitros seu arbitratores et amicos comunes et amicabiles compositores ab eis comuniter et concorditer electos uti inter eos possint laudare precipere ac senteptiare postquam terminatum et senaitatum fuerit per Albricutium Ugolini et Petrum Bentevengne stando, sedendo, die feriata vel non una parte presente et altera absente dum tamen citata et requisita in hunc modum videlicet quod predicti arbitri possint laudare precipere et senteptiare iuris ordine servato vel non inter predictos sindicum et Nepolionum vel quod idem Nepolionus debeat vendere alienare cambi(a)re et cartam proprietates(!) facere pro dicto sindico vel alio sindico dicti monaterii de parte quam habet in terra predicta seu Rota vel Acquimine, pretio vel cambio statuendo per ispos arbitros vel qui idem sindicus debeat vendere alienare vel cambi(a)re et cartas proprietatis facere dicto Nepoliono de  parte quam habet dictum monsterium in terra Rota vel Acquimine predicto pretio vel cambio statuendo et declarando per ipsos arbitros, promictentes dicte partes alter alteri vicissim et versa vice et e converso ratum et firmum abere adque tenere quidiquid per (pre)dictos arbitros dictum laudatum et senteptiatum fuerit per arbitros supradictos sive quod dicant quod idem Nepolionus vendat seu cambiet sindico monasterii supradicti partem quam habet in terra Rota seu Acquimine predictos vel quod predicti arbitri dicant quod sindicus monasterii suopradicti vendat preditto Nepoliono seu cambiet partem quam habet dictum monasterium in dicta terra Rota sive Acquimine predictos et quod possint contra(venienti?) partium punire et et (!) in posses(sionem) mictere pro re seu quantitate que adiudicata fuerit per ipsos arbitros sub pena C librarum ravennatum et anconetanarum in singulis capitulis commictenda  et sub obligatione bonorum ipsorum rato manente contractu. (Sigillo notarile)     Et ego Acto domini Iacobi notarius publicus supradictis omnibus interfui rogatus scripsi et publicavi.

 

1283d dicembre 4   In Dei nomine. Amen. Anno Domini MCCLXXXIII, indictione XI, tempore domini Martini pape quarti, die IIII decembris intrantis; in cas(tro) Mathelice ante domum Mathioli Bucari presentibus Iohanne Cammannoli Iordani, Benincasa Venture, Sclacro Datoli Bernardi et . . . . S. . .   Fra(ter) Iacobus syndicus monasterii Sancte Marie Madalene de Ma(thelica) et conventus eiusdem nomine et vice dicti monasterii et conventus eius(dem) monasterii et syndicario nomine eiusdem, dedit et concessit ad Boncorem  Buczerti et Mathiolo filiis condam Bucari cursum aque que vadit per vallatum molendinorum ipsorum filiorum Bucari iuxta terram dicti monasterii desuper et desubt(us) et Magistrum B(ernardum) et alia sua latera veriora mittendi deviandi et tenendi dictam aquam per dictum cursum et vallatum qui nunc est quantum tenet terra dicti monasterii ita quod non prestent et fatient aliquod impedimentum molendinis dicti monasterii positis in flumine Gini iuxta terram dicti monasterii et retinere vallatum sive cursum aque, predictum vallatum sicut nunc est et defendere et manutenere dictum vallatum omnibus eorum sumptibus et expensis a flumine dicto ita quod non offendat molendinum vallatum (quantum?)  et terram dicti monasterii et quod non debeat incidere vel incidi facere per se vel alios aliquas arbores stantes in terra dicti monasterii site intra dicta latera ad habendum, tenendum et possidendum et quicquid eis et eorum heredibus placuerit deinceps placuerit perpetuo fatiendum cum accessibus et egressibus suis usque in vias publicas et (tales) promissiones una pars alteri adtendere et observare et non venire contra, aliqua occasione vel exceptione sub pena L librarum ravennatum et anconetanarum, omneque dampnum, litem expensas reficere pars non observanti parti observanti, sub dicta pena et obligatione bonorum ipsorum, etcetera.  Ser Barthelomeus Scangni notarius predicta scripsi et publicavi.  (Sigillo notarile)

 

1284a  marzo 13  In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem millesimo ducentessimo octuagessimo quarto, indictione XII, die (XIII) martii, intrantis, tempore domini Martini pape quarti, actum Mathelice in domo infrascripte testat(ricis), presentibus testibus Cangno Salvi Orselli, Bonagratia Ienuarii, Bonconforto Iacobi Bruni, Actutio Actonis Raini, Cenamutio Danielis, Salimbene Ciceris, Rigotio Ascarano, Vanni de Florentia, testibus de hiis rogatis et vocatis. Domina Venuta uxor quondam Raynerii Albertutii infirma corpore, sana tamen mente, nolens decedere intestata, ne de suis bonis questio in posterum horiatur, presens testamentum nuncupativum sine scriptis facere procuravit. In quo quidem testamento, in primis reliquid nomine testamenti XX soldos expendendos secundum iura canonum et consu(etu)dinem Camerinensis diocesis.  Item reliquid pro eius anima X soldos ravennates et anconetanos expendendos tempore sue se(!) sepolture secundum voluntatem infrascripte fideicommissarie. Item reliquid pro actanda ecclesia Santi Pauli XX soldos cum actabitur. Item reliquid Sancto Antonio de Mathelica pro eius  reactatione V soldos. Item reliquid cappellano ecclesie Santi Pauli qui fuerit tempore sue mortis s(oldos) XII pro satisfatione offertarum et decimarum. Item pro malis ablatis incertis V s(oldos). Item reliquid pro Missis cantandis XII soldos expendendos ad sensum et voluntatem sue fideicommissarie. Item  reliquid iure legati Rosutie Thomasii sue nepoti centum soldos ravennat(es) et anconitan(os). Item reliquid domine Berte sue sorori XL soldos ravennat(es)  iure legati. Item reliquid Bonagratie Ienuarii suprascripti iure legati X soldos. Item reliquid dicto Vanni de Florentia s(oldos) VI iure legati. In aliis vero bonis suis mobilibus et inmobilibus iuribus et actionibus propriis et ecclesiasticis suam filiam dominam Massariam heredem instituit. Que dicta domina Venuta elegit suam sepolturam apud ecclesiam Santi Antonii de Mathelica et suam fideicommissariam instituit dictam dominam Massariam ad omnia singula facienda videlicet ad dandum legata et fideicommissa et satisfaciendi et hanc suam voluntatem ultimam asseruit esse velle. Que si non valeret iure testamenti nuncupativi, saltem eam valere iussit iure codicillorum, vel alterius cuiuslibet ultime voluntatis. (Sigillo notarile)  Et ego Pareginus Rubei auctoritate imperiali notarius publicus predictis omnibus interfui et ut supra legitur mandato et voluntate supradicte testa(tricis) rogatus subscripsi et publicavi.

 

1284b giugno 10        <Procura per controversie sulla chiesa di S. Maria>  In Dei nomine. Amen. Anno Domini MCCLXXXIIII, indizione XII, tempore domini Martini pape quarti, die X g(i)unii. Actum Mahtelice in monesterio Sancte Marie Madalene, presentibus Lazano domini Iacobi, Verliutio domini Iacobi, frate Vitale, frate Iacobutio et aliis testibus. Domina Hmattia abadissa monesterii Sancte Marie Madalene de Mahtelica una cum consensu et voluntate monacarum et munalium  dicti monesterii silicet Cristina, Annese, Andrea, Lutia, Berardesca, Margarita, Isabetta, Catellia, Danniella, domina Cristina, Amadeo, Agata, Danniella, Iacobutia, Barbara, Area, Cicilia, Gratiadeo, Iacomella, Hmattiola, Alumminata, Victoria, Filopputia, ipsasque homnes volentes et consentientes fecit costituit sustituit ordinavit adque creavit fratrem Iacobum de Colle Stefano conversus dicti monesterii presentem et in se susipientem suum et dicti monesterii lecitimum sindicum et procuratorem attorem fattorem e nuntium specialem in lite et questione quam dictus monesterius habet et abere exsperat cum Federico domini Alberti Adelardutio suo filio dompno Mahteo dompni Ioahoannis, occasione unius ecclesie de Santa Maria de Vablano et iuribus  dicte eclegie et cum Coradutio Bartuli et cum eheredes Rainaldutii domini Alberti et generaliter  cum omnibus abentes litem cum dicto monesterio et qui in antea abere potuerunt coram curia domini marchionis suorumque offitialium et coram quacumque alia curia et ubicumque fuerit oportunum ad libellum dandum et recipiendum litem contestandam de callunia iurandum in anima dicti monesterii testes istrumenta introducendum  adprobandum et replicandum ad faciendum unum procuratorem vel plures in locum suum ad terminandum et determinandum et terminum vel terminos recipiendum et ad impetrandum literas vel privilegia ad apellandum et prosequendum si fueri oportunum in qualibet curia et expecialiter in curia domini pape et generaliter ad omnia alia agenda facienda et exsercenda que in predictis omni(bus) predittis et colibet predittorum fuerint necessaria  et oportunum promitens dicta abadissa et conventus eius dicti monesterii quidquid per predictum sindicum vel per alium in suo loco ponentem factum fuerit in predictis omnibus predittis e colibet predictorum fuerint necessaria et oportunum promitens dicta abadissa et conventus eius dicti monasterii quidquid per predictum sindicum vel per alium in suo loco ponentem factum fuerit in predictis omnibus preditis et colibet predictorum  ratum et firmun abere adque tenere sub pena et ipoteca bonorum et rerum dicti monesterii.   <Sigillum tabellarii> Et ego Ventura Massei notarius publicus is omnibus interfui et de supradictis omnibus ut supra dictum est rogatus scribere scripsi et publicavi.

 

1284b luglio 11 e 13   In Dei nomine. Amen. Hec est copia quarumdam licterarum sic incipientium. Magiter Stephanus cannonicus ecclesie Sancti Petri de Turricem Marchie Ancontane in spiritualibus vicarius generalis discreto viro dompno Rainaldo rectori ecclesie Sancti Marcellli de Mathelica, salutem in Domino. Cum inter syndicum monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica sindycario nomine ipsius, ex parte una, et Fridericum domini Alberti ed Adelardutium eius filium ac dompnum Matheum Iohannis super medietatem ecclesie Sante Marie de Vabbiano, districtus Mathelice, et eius po(s)sessinibus ex altera, coram nobis questio ventiletur et dubitaretur veris(i)militer ne occasione fructuum ipsarum possessionum partes predicte ad rixas et arma deveniant, vobis tenore presentium sub excommunicationis pena, auctor(itate) qua fungimur ,districte precipiendo mandamus quatenus omnes fructus ipsarum possessionum intrantes ad vestras manus percipientes ipsos teneatis fideliter in se. . . . donec a nobis aliuut(!) receperitis (etiam) manda . . . contradictores et rebelles si qui fuerint per censuram ecclesiasticam compellendo. Datum Tollentini XI die mensis iulii, XII indictione.     Que quidem lictere presentate fuerunt predicto dompno Raynaldo per fratrem Andream syndicum dicti monasterii in castro Mathelice, iuxta domum Iacobutii Compagnonis presentibus dompno Vitaliano Venuto Morici Bernardi et Iohanne Accurrimbone Gingleri (?) sub anno Domini MCCLXXXIIII, indictione XII, die XIII iulii intrantis, tempore domini Martini pape quarti. Ego Bartholomeus Scangni notarius predictis omnibus interfui et ut supra legitur rogatus a dicto Fratre Andera(!) ea omnia scripsi e publicavi. (Sigillo notarile)

 

1285 agosto 21    In nomine Domini. Amen. Anno eiusdem millesino CCLXXXV <foro>……..tempore domini Honorii pape IIII, die XXI mensis augusti in ecclesia monesterii Sancte Marie Magdalene de Mathelica presentibus fratre Rainerio magistri Iacobi, Accursi Blance, Vitutio Actolini et Andreolo Yuani domini Scangni testibus de hiis vocatis. Soror Mathia abbatixa monesterii dominarum Sancte Marie Magdalene supradicti, consensu et voluntate  omnium infra scriptarum dominarum conventus ipsius monesterii  nemine disdicente videlicet sororis Annese, sororis Christine, sororis Margarite, sororis Ysabet, sororis Andree, sororis Deutame, sororis Auree, sororis Lucie, sororis Danielis, sororis Berardessce, sororis Christiane, sororis Iacomelle, sororis Iohanne, sorotis Matheole, sororis Victorie, sororis Cathaline, sororis Philippe, sororis Ysaie, sororis Alluminate  <foro recuperato dalla copia di Vogel> <sororis Amadee, sororis> Gratiadei, sororis Symonicte, sororis Guiductie et sororis Cecilie, et ipse sorores unamimiter cum etc fecerunt, constituerunt, ac etiam ordinaverunt fratrem Vitalem conversum et familiarem ipsius monesterii et Verbutium domini Iacobi de Ugubbio presentes et quemlibet eorum in sollidum eius et dicti co(nventus legitimos) syndicos, procuratores et nuntios speciales ita tamen quod condictio unius occupantis ad promictendum et compromictendum in fratrem Nicholaum vicarium domini episcopi camerinensi tamquam in arbitrum et arbitratorem et  amicabilem compositorem de omni lite, questione, et causa vertente vel que verti poxet inter ipsum monesterium ex una parte agentem et respondentem et Yuanum domini Scangni procuratorem domine Sybilie filie condam domini Rainaldi sue uxoris ex altera agentem et respondentem et maxime de quinquaginta VII libris ravennat. et anconet. quas (igitur) dictus Yuanus intendit petere a dicto monesterio tamquam procuratore dicte sue uxoris et generaliter de omnia alia lite questione et causa que inter eos verti posset usque in diem presentem <ad> libellum dandum recipiendum, litem contestandum de calumpnia iurandum in earum anima et cuiuslibet (a)lterius generis sacramentum prestandum, exceptiones opponendum, replicationes et declinationes iudicii positiones faciendum et respondendum positionibus adverse partis, testes et instrumenta inducendum aperturam testium videndum, allegandum, constituendum unum vel plures procuratores nomine dicti conventus et ipsorum syndicorum in predictis et quolibet eorumdem et generaliter ad omnia et alia singula facienda et exercenda que conventus ille facere vel exercere poxet sollepniter promictens dicta iam domina abbatissa consensu conventus predicti et ipse conventus mihi notario infrascripto nomine et vice cuius interest sollepniter stipulanti habere ratum et firmum habere atque tenere perpetuo et in nullo contrafacere vel venire occasione aliqua vel exceptione sub ypoteca pena et obligatione bonorum dicti monesterii quidquid per dictos syndicos vel procuratores ob eis substituendos vel alterum ipsorum factum et exercitatum fuerit in premixis et qualibet eorumdem.  <Sigilluma tabellarii> Et ego Bonaventura Iohannis publicus notarius de predictis omnibus interfui rogatus ea omnia subscripsi et publicavi scripsi et quidem supra cadit ubi signatum est meis manibus scrissi.

 

1286a febbraio 28       <Indulto spirituale per le monache in povertà>  Ramboctus miseratione divina Camerinensis episcopus universis Christifidelibus presentes licteras inspecturis salutem in Domino. Si iuxstam sententiam sapientis intellig(atur) tempus seminan(dum) disscernimus et metendum seminare debemus in terris quodam multiplicato fructu recolligere debeamus in celis et licet secundum hoc omnibus indigentibus aperire teneamur viscera caritatis, illis tamen spiritualius et habundantius qui spiritu sponte subeunt honera paupertatis. Cum igitur dilecte in Christo filie Abbatissa et moniales monasterii Sancte Marie Madalene de Matelica Camerinensis diocesis que, spretis mundanis inlecebris, elegerunt Domino famulari cum adiectione voluntarie paupertatis egeant a Christifidelibus sibi pia caritatis subsidia exiberi, universitatem vestram rogamus et ortamur in Domino in remissionem vobis peccaminum iniungentes quatenus eis ad hoc grata caritatis subsidia erogetis ut per subventionem vestram in aliquo subveniatur eisdem et vos per hoc et alia bona que Domino spirante feceritis ad eterna possitis feli(citatis) gaudia pervenire. Nos (en)nim cupientes ut ecclesia antedicta que ipsius Beatissime est insignita vocabulo congruis honoribus frequentetur, omnibus vere penitentibus et confessis qui ad dictam ecclesiam qualibet die dominico usque ad festivitatem Pascatis Resurrectionis octavam durantem, causa devotionis, accesserint et eis manus porrexerint caritatis de omnipotentis Dei misericordia, beatorum Petri et Pauli apostolurum eis centum dies de iniunta sibi penitentia in Domino misericorditer relaxamus. In cuius rei testimonium et certitudinem pleniorem presentes iuximus nostri sigilli appensione muniri presentibus autem post dictam octavam Pascatis annuatim presentibus minime valutaris.  Datum Camerini die ultima februarii sub anno Domini millesimo CCLXXXVI, indictione XIIII.

 

1286b settembre 12    In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem MCCLXXXVI, indictione XIIII , tempore domini Honorii Pape IIII, die XII intrantris septembris actum in monasterio dominarum Sancte Marie Madalene de castro Mathelice, presentibus Iacobo Be<n>venuti de Sefre, Francisco Marclonis et Dominico Petri Fainde testibus, domina Macthia abadissa monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica, de consensu, presentia et voluntate Cristine, Annese, Iacobe, Margarite, Catarine, Adlummenate, Danielle, Gratiadeo, Deutame, Lucie, Vectorie, Cicilie, Cristiane, Aurie, Iacopucze, Cicilie, Iustine, Andree, Ogenia, domine Philippe, Ysaie, Simonecte, Philippucze, Amodee, Mactie, Guiducze, Bevenute, Ysabette et Sperandee monalium et sororum dicti monasterii et conventus eiusdem, fecit, constituit et hordinavit fratrem Iacobum Ugolini presentem et recipientem, suum et predicti monasterii legittimum sindicum, actorem et procuratorem et nuntium spetialem ad recipiendum pro eis et eorum nomine et nomine et vice monasterii ante dicti et pro ipso monasterio finem et quietationem et remissionem perpetuo valituram, a reverendo patre domino Rambocto Camerinensi episcopo de condemn(atione) L libris ravenn. et ancon. Facta per ipsum dominum episcopum de dicto monasterio nomine et occasione deguastationis quam ipsum monasterium fecit de monasterio Sancte Agathe et ad pr(esentan)dum domino Gentili de Muralto canonico vel Mussca Savinelli, ex causa mutui vel depositi L libr(arum) ravenn. et ancon.  Hinc ad kalendas octubris proxime venturas et ad dictum debitum confitendum coram dicto domino episcopo et ad preceptum de dicta quantitate recipiendum a dicto domino Rambocto Camerinensi episcopo et ad supponendum se et ipsas abatissam et sorores excommunicationis sententie per ipsum facende contra sindicum, abatissam et sorores et ad supponendum monasterium ecclesiastico interdicto, si de dicta quantitate non soddisfecerint in termino memorato, et generaliter ad omnia et singula facienda et exsercenda que in predictis et circa predicta viderit oportuna (promictens) quidquid per dictum dominum sindicum factum fuerit in predictis et quolibet predictorum se ratum habiturum et gratum sub ypoteca et obligatione bonorum et rerum dicti monasterii. Et ego Acto domini Iacobi notarius publicus rogatus scripsi et publicavi.

 

1286c settembre 13      In nomine Domini. Amen. Anno Domini millesimoCCLXXXVI tempore domini Honorii pape quarti, est <!> die XIII mensis setembris, presentibus domino Gualterio priore Sancti Sebastiani de Camerino, domino Petro priore Sancti Iacobi de Muralto, magistro Ofredutio domine Agate, Corrado Iohannis et Corradutio Domestici, testibus de hiis vocatis et rogatis; venerabilis pater dominus Ramboctus camerinensis episcopus per se suosque in posterum successores, nomine et vice Camerinensis episcopatus, fecit finem, quietationem et remissionem perpetuo valituram frati Iacobo Ugolini sindico monesterii Sancte Marie Madalene de Mathelica, stipulanti et recipienti vice et nomine dicti monesterii de condempnatione centum <lilbr.> factam de ipso monasterio seu eius sindico Iacoputio domini Finaguerre, nomine et occasione violentie et excessus facti per ipsum monasterium et eius familiares fautores et coadiutores contra monasterium Sancte Agathe site iuxta fossum  Mathelice, prope ipsum monastrium Sancte Marie Madalene, cassando et cancellando, idem dominus episcopus, omnem condempnationem, sententiam et processum factam et factum contra dictum monasterium et ipsum Iacoputium eius sindicum vel quemcunque alium nomine dicti monasterii Sancte Marie Madalene et omnem promissionem si vel alteri recipienti nomine suo factam de ipsa quantitate vel parte ipsius, nomine ipsius monasterii, et spetialiter promissionem factam per Iacoputium domini Finaguerra sindicum dicti monasterii, et spetialiter preceptum quod idem Iacoputius recepit de dicta quantitate L librarum solvenda scriptum manu magistri Nicolai de Auximo notarius et hoc ideo fecit dictus dominus episcopus pro eo quod habuit et recepit a dicto sindico dante et solvente nomine et vice dicti monasterii Sancte Marie Magdalene et conventus eiusdem et omnium suntorum dicti monasterii in excessu predicto quinquaginta libras ravennanarum et a(n)conetarum bonorum renuntians dictus dominus episcopus exceptione non habitorum et  non receptorum dictorum denariorum occasione predicta et omni iuris et legum auxilio quam quidem  quietationem et refutationem et omnia et singula supra et infra scripta promisit dictus dominus episcopus per se suosque in posterum successores predicto fratri Iacobo sindico dicti monasterii Sancte Marie Magdalene, recipienti vice et nomine ipsius monasterii et conventus eiusdem et dicti Iacoputii domini <= dicti?> monasterii sindici vel ulterius sindici seu fautoribus monasterii predicti sub pena dupli dicte quantitatis et obligatione et ypoteca bonorum dicti episcopatus.  Et ego Riccerius notarius publicus et nunc notarius dicti domini episcopi de predictis a dicto domino episcopo rogatus scripsi et publicavi meumque solitum fregium et nomen abposui.

 

1286d settembre 13  con inserito un atto 1278 marzo 7    <Unione di due monasteri>  Ramboctus miseratione divina Camerin(ensis) episcopus, religiosis mulieribus Abbatisse et conventui monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica salutem in Domino. Cum a nobis petitur, quod est iustum, tam vigor equitatis quam ordo exigit rationis ut item per solecitudinem nostri offitii ad debitum perducatur effectum. Eapropter, dilecte in Christo, vestris piis supplicationibus inclinati, unionem, obligationem,  sumissionem, promissionem,  dationem seu concessionem factam per priorissam seu abbatissam vel moniales loci Sancte Agathe siti prope Mathelicam, considerata vicinitate et paupertate predicti loci Sancte Agathe, in quo moniales ibidem stantes observare non poterant continentiam regularem, prout instrumentis inde confectis manu Morici de Fabriano notarii plenius continetur, cuius tenorem  ad maiorem certitudinem  et firmitatem  de verbo ad verbum duximus inserendum.       In nomine Domini. Amen. Anno aiusdem millesimo ducenteximo septuageximo octavo, indictione sexta, tempore domini Nicole pape tertii, die septima martii, actum Mathelice in monasterio Sancte Marie Madalene presentibus Frederico domini Alberti, domino Accurso Plebano plebis Mathelice, Verleutio domini Iacobi di Eugubio et domino Finaguerra domini Albricii et Corradutio Bartoli testibus;   Iacoputia magistri Gentilis, Amadea, Humilis, Cicilia, Lucia, et Angelutia sorores vel moniales ac converse monasteri sive loci Sancte Agathe de Mathelica, unanimiter et concorditer submiserunt se et eumdem locum cum bonis ad ipsum locum pertinentibus monasterio Sante Marie Madalene de eadem terra et domine Mathie abbadisse eiusdem monasterii Sancte Marie recipienti nomine ipsius monasterii Sancte Marie et promiserunt ipsi abbatisse predicti monastrii Sancte Marie Madalene obedientiam et reverentiam, paupertatem et castitatem et oservare regularia inst(it)uta predicti monasterii et quod predicta domina abatissa possit ponere moniales et sorores in dicto loco Sancte Agathe et removere. Cum dicte sorores Sancte Agathe videant et cognoscant se non posse honeste vivere in dicto loco Sancte Agathe in quo morantur, cum sit contra formam privilegiorum Sancte Marie Madalene et cum non possint in dicto loco Sancte Agathe regulariter vivere, dederunt et concesserunt pro redemptione peccatorum suorum dicte domine Mathie abbatisse ibidem presenti et recipienti nomine et vice dicti monasterii Sancte Marie Madalene et conventus eiusdem, plateam et territorium prope castrum Mathelice, a primo via, a secundo fossus Communis, a tertio filii quondam magistri Mathei et a quarto via cum domibus, edificiis et  cum omnibus et singulis que infra predictos continentur confines et cum omnibus aliis juribus et actionibus que ubicunque dictus locus et ipse sorores conjunctim vel divisim  habent vel habere possent modocunque vel causa, revocantes seu cassantes omnem sindicum seu procuratorem et specialiter Salimbene Compagnionis et Sinibaldum Massei pro parte dicti loci et sororum Sancte Agathe factum contra dictum monasterium Sancte Marie Madalene, et renuntiantes interlocutorie et interlocutoris, si que usque ad presens tempus late sunt contra dictum monasterium Sancte Marie Madalene, occasione muri et edifitii  quod edificabatur in dicto loco et situ contra formam privilegiorum dicti monasterii Sancte Marie Madalene, constituentes se nomine dicti monasterii et dicte domine Mathie  possidere predictum territorium et casarenum et domus et edifitia; et dederunt licentiam et plenariam potestatem predicte domine Mathie  recipienti pro dicto monasterio auctoritate propria accipiendi possessionem dictorum bonorum et de heisdem faciendi quod eis videbitur, promittentes rata et firma habere perpetuo et damna et expensas reficere sub obligatione bonorum dicti loci Sancte Agathe et non contrafacere vel venire contra predicta vel aliquod predictorum per se vel alium sub dicta pena, qua soluta vel non, rato manente contractu. Et ego Moricus de Fabriano, imperiali auctoritate notarius, hiis interfui, rogatus scribere scripsi et publicavi, quam submissionem, dationem, concessionem, promissionem et unionem et omem aliam per abbatissam seu priorissam dicti loci Sancte Agathe vel moniales loci eiusdem abbatisse seu sindico dicti monasterii Sancte Marie Madalene factam, prout repetitur manu dicti magistri Morici de Fabriano, ex certa scentia confirmamus, et si quis in dicta unione, submissione, datione, seu concessione reperitur defectus, nostra ordinaria auctoritate subplemus et loca predicta unimus.  Nulli ergo omnino hominum liceat hanc paginam nostre unionis et confirmationis infringere vel ei auso temerario contraire. Si quis autem hoc adtentare presunserit, indignationem omnipotentis Dei, et Beate Marie Virginis et beatorum Apostolorum Petri et Pauli et sanctorum Venantii martyris et Ansoini confessoris se noverit incursurum; in cuius rei testimonium et certitudinem pleniorem presentes litteras per Riccerium notarium nostrum scribi et publicari mandavemus (!) et nostri sigilli appensione muniri. Actum et datum Camerini in cappella palatii episcopatus sub annis Domini MCCLXXXVI, inditione XIV, tempore domini Honorii pape IV, die XIII mensis setembris, presentibus domino Petro priore S. Iacobi de Muralto, domino Gualterio priore S. Sebastiani, magistro Ofredutio notario, Corrado Iohannutii, et Corrado Domestici, testibus de hiis vocatis et rogatis. Et ego Riccerius de Camerino notarius publicus ac nunc notarius  dicti domini episcopi, predictis omnibus presens interfui et a dicto domino episcopo rogatus et eius auctoritate scripsi et publicavi meumque solitum signum ac nomen abposui.

 

1286e novembre 14      In Dei nomine. Amen. Anni domini MCCLXXXVI, inditione XIV, tempore domini (Honorii) pape IIII die XIIII novembris in palatio communis Matelice actum fuit hoc consilio generali spetiali credentie capitanei artium et eorum consilariis ad vocem preconis et sono campane in palatio ipsius communis more solito congregato. In quo quidem consilio dominus Gualterius de Macerata iudex et vicarius eius(dem) communis Matelice proposuit et dixit quid sit fati(en)dum de facto dominarum monasterii Sancte Marie Madalene scilicet de territorio seu exsplagtio eis acceptum pro communi et pro muro communis de novo facto et de dampno eis illatum tam de blado quam de aliis occasione predicta unde super hiis <possent> sibi salubrem consilium exgiberi. Corradutius Barthuli adsurgens in dicto consilio et arogando consulit ad predicta et dixit quod ponatur ad presenti conlecta XL libras rav. et anc. pro territorio accepto ipsi dominabus dicti monasterii Sancte Marie Madalene et pro dampno dato eis occasione muri communis s(cilicet) XXX libras pro territorio et X pro dampnis datis eis occasione predicta et quod dictam quantitatem detur eis pro dicto territorio et ex plaztio eis accepto et dampno eis dato. In reformatione eius consilii facta (petitio) per ipsum iudicem de levando et sedendo placuit toti consilio ut dictam quantitatem XL libr. Ponantur in presenti dativa sive datio per adsectationes communis et quod (dentur) dominabus dicti monasterii vel earum syndico pro territorio eis acceptum et pro dampno eis dato occasione muri communis. Presentibus Corradutio Bartuli, magistro Francisco magistri Petri, Iohannucio Iacobi et Francisco B(encafidei) <int.Bonefidei?> testibus de hiis. Ego Maczius notarius hiis omnibus interfui a dicto iudice et consilio rogatus scripsi et publicavi.

 

1286f novembre 20          In Dei nomine. Amen. In anno Domini millesimo CCLXXXVI, indictione XIIII tempore domini Honorii pape IIII, die XX mensis novembris, actum in monasterio Sancte Marie Madalene de Mathelica presentibus Albrico Iacobi Bruti, Matheo molenario et Iohanne de Fulgineo testibus ad hoc et de hiis vocatis et rogatis domina Mathia abbatissa monasterii Sancte Marie Madalene de Matelica cum consensu et voluntate Cristine, Annese, Iacobe, Margarite, Catarine, Allumminate, Danielle, Gratiadee, Deutame, Lucie, Vectorie, Cicilie, Christiane, Aurie, Iacoputie, Cicilie, Iustine, Andree, Eugenie, domine Philippe, Isaie, Simonette, Philipputie, Amadee, Mathie, Guidutie, Benvenute, Isabette et Sperandee monialium et sororum vel consororum dicti monasterii nomine ac vice dicti monasterii et capituli et conventus ibidem more solito congregati eiusdem ipsum capitulum totum et conventus fecit et constituit et ordinavit vel ordinaverunt fecerunt ac constituerunt concorditer dompnum Erricum Guarnerii presentem et recipientem suum vel earum et dicti monasterii legitimum sindicum actorem et procuratorem et nuntium spetialem ad presentandum se et comparendum pro eis  et eorum nomine et vice dicti monasterii et pro ipso monasterio et conventu eiusdem coram reverendo viro et patre domino Rambocto camerinensi episcopo ad petendum et recipiendum ac postulandum terminum solvendi XIII libras ravennates et anconitanas quos solvere debent et dare tenentur pro residuo debiti et condam(nationis) L libras raven. et ancon. facta per ipsum dominum episcopum de dicto monasterio et contra dictum monasterium nomine et occasione deguastationis monasterii Sancte Agathe facte per ipsum monasterium Sancte Marie predictum in festo proxime venturo Sancti Andree in longiorem terminum et ipsum terminum prorogari ad sensum et voluntatem ac mandatum ipsius domini episcopi et ad (confitendum) et promictendum solvere ipsum debitum in termino per eumdem dominum episcopum statuendum tam domino Gentili de Muralto quam Musce Savinelli qualiter solvere promiserant sindicus ipsius monasterii Sancte predicte Marie vel alter(i) sicut fuerit oportunum et placuerit ipsi domino episcopo alis creditoribus prelibatis ex causa depositi vel mutui et ad subponendum dictam abbatissam et consorores excommunicationis sententie per ipsum ferende contra sindicum abbatissam et sorores et ad subponendum monasterium prelibatum ecclesiastico interdicto si dictam quantitatem non solveret vel non solvet in termino prelibato et ad quietationem finem liberationem et absolutionem perpetue valituram recipiendam et ad omnia et singula fatienda et exercenda que in predictis et circa et extra predicta et infra predicta seu occasione eorum generaliter et specialiter que viderit expedire et fuerit oportuna promittens vel promittentes mihi notario infrascripto pro omnibus quorum interest vel interit solempniter stipulanti quicquid per dictum sindicum factum fuerit et promissum in predictis et  circa et extra et infra predicta et qualibet predictorum et occasione eorum se ratum et firmum habere sub hipotecha rerum et bonorum dicti monasterii.  Et ego Salimbene domini Sinibaldi publicus notarius predictis omnibus interfui rogatus ut supra legitur scripsi et publicavi. <apud sigillum tabellarii ista alia ascriptio est> Fiat instrumentum de punto ad puntum secundum instrumentum scriptum manu magistri voti mutuato nomine domini Gentilis etiam Dominico Francisci.

 

1287a settembre 26    In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem MCCLXXXVII, inditione XV, romana ecclesia vacante pastore,  die XXVI septembris, actum Mathelice in monasterio Sancte Marie Madalene presentibus magistro Percivalo olim de Cesena, Ioanne eius filio et Verbutio domini Iacobi testibus de hiis vocatis et rogatis. Congregato capitulo monasterii Sancte Marie Madalene de castro Mathelice, Camerinensis Dioecesis. In qui quidem capitulo domina Mathia abbatissa dominarum supradicti monasterii una cum expresso consensu et voluntate omnium suarum consororum in dicto monasterio existentium, scilibet Annese, Margarite, Isabecte, Cristine, Danielis, Lucie, Andre, Catalie, Deutame, domine Cristiane, Iacobutie, Iohanne, Macthiole, Victorie, Isaie, Alluminate, et aliarum monialum et sororum in dicto monasterio existentium et ipse sorores omnes unanimiter et concorditer fecerunt, constituerunt et ordinaverunt dompnum Erricum  de Sancto Severino et fratrem Iacobutium conversum dicti <=dictarum?> et dicti monasterii legitimos sindicos et procuratores actores et defensores et nuntios spetiales ad presentandum se pro eis et ipsarum nomine et nomine et vice dicti monasterii et conventus eiusdem coram venerabili patre domino Rambocto Camerinensi episcopo eiusque curia coram iudice spirituali in Marchia pro romana et coram iudicibus generalibus dicte ecclesie temporalibus et coram quoque alio iudice competenti spetialiter et generaliter tam temporali quam spirituali pro causis litibus et questionibus quas ipse domine et dictum monasterium habet et habere sperant cum Fratribus Sancti Augustini occasione bonorum domini Mathei domini Sinibaldi, cum dompno Vitaliano Albricitii occasione dictorum bonorum dicti domini Mathei eorumque procuratoribus spetialiter et generaliter cum omnibus aliis hominibus et personis ubique locorum cum quibus predicta domina abbatissa et dicte domine et monasterium supradictum litem et questionem haberent vel habebunt in antea ex quacunque de causa ad agendum et defendendum ad libellum da(ce)ndum et recipiendum terminum et terminos ponendum litem et lites contestandum de calunia iurandum testes et probationes et instrumenta introducendum testes et probationes averse partis et respondendum exceptionibus et replicationes opponendo ad comunicandum et compromictendo quietandum et remictendum de calunia iurandum in anima predictarum dominarum et  ad exscusandum se (nomine) ipsarum dominarum et nomine dicti monasterii ab accusis et denuntiationibus factis et faciendis dictis domin(a)bus vel alicui ipsarum et dicto monasterio vel alicui pro dicto monasterio et dampdum fideiussionem et ad promictendum ips(a)s et quamlibet ips(a)rum conservandum indempnes sub dicta pena bonorum dicti monasterii sententiam sive sententias audiendum appellandum et prosequendum si opus fuerit et generaliter et omnia alia et singula fatiendum et exercendum que in predictis circa et extra predicta et qualibet predictorum necessaria vel utilia fuerint  et dictis sindicis et procuratoribus facere et exercere videbunt et placebit et que merita causarum requirunt solleniter promictentes predicta domina abbatissa et predicte sorores nomine et vice dicti monasterii et conventus eiusdem se se (!) ratum et firmum habere et tenere quidquid per predictos sindicos et procuratores vel alterum ipsorum factum et dictum fuerit in predictis circa et extra predicta et quolibet predictorum tum sub ypoteca et obligatione bonorum et rerum dicti monasterii volendo ipsos et quamlibet ips(a)rum reservare ab honore sati(s)dationis promiserunt mihi notario infrascripto pro eis quorum intererit solemniter stipulant(i) de iuditio sisti et indicatum solvend(um).  Et ego Leva Beneiunte de Mathelica notarius predictis omnibus interfui rogatus supra scripta omnia subscripsi et publicavi.

 

1287b dicembre 10     In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem MCCLXXXXVII, indictione XV, romana ecclesia pastore vacante,  die X intrantis decembris, actum in castro Mathelice in ecclesia Sancte Marie Madalene de Mathelica, Iacobutio Artusi Altemilie (magistro) <foro.?=Ray>..naldo Salino et fratre Vitale testibus ad hoc vocatis et rogatis. Congregato capitulo monesterii dominarum Sancte Marie Madalene de dicto castro una cum expresso consensu et voluntate omnium suaruam consororum et fratrium(!) et conversorum (in dicto) capitulo existentium scilicet Iustine, Angnese, (Margarite), Andree, Cataline, Deutame, Ysabet, Lucie, (Daniele), domine Crestine, Alluminate, et Iacobutie, Amadei, Philipputie, Agate, Scicil(i)e, Iustine, Guidutie, monalium dicti monasterii et conversorum et familiorum eiusdem monesterii et omnium aliarum monalium et sororum in dicto moneterio existentium et ipse sorores omnes et confratres supradicti monesterii unanimiter et concorditer fecerunt constituerunt ordinaverunt et creaverunt fratrem Iacobum domini Scamnis et fratre(m) Iacobutium conversos dicti monesterii presentes et Anibali<=em> (domini) Scangni de Camerino absentem earum et supradicti monasterii sindicos legatos actores et defensores procuratores et nunctios (spetiales) et quam melius de iure censeri possunt ad representandum se pro eis et eorum nomine et nomine et vice dicti monasterii et conventus eiusdem coram reverendussimo viro et domino Rambocto episcopo Cam(erinensi) eiusque curia et auditor(i) vicario ipsius dicti episcopi et generaliter coram quolibet alio iudice tam temporali quam spirituali in causa seu causis quam et quas dictum monesterium et ipse sorores habent et habere possunt et habere sperant cum sorore Francesca filia condam domini Burgarelli vel cum eius procuratore actore factore et qualibet alia persona tam temporali quam spirituali ad respondendum prefate Francesce vel suo procuratori et omnibus aliis personis temporaliter vel spiritualiter coram supra venerabili patre domino Rambocto eiusque curia tam temporalibus quam spiritualibus tam ecclesiaticis quam seculari(bu)s tam civilibus quam criminalibus ad libellum dandum et recipiendum termino seu terminis ponendis et recipiendis et ordinand(um) et prorogand(um) litem seu lites contestand(um) de calumpnia putandam sive de veritate dicenda exceptationes opponendum  positiones faciend(um) et positionibus adverse partis respondendum testes et instrumenta et iura dicti monesterii introducendum iuramenta adverse partis vidend(um) haudiend(um) et reprobandum si opus fuerit protestat(iones) faciendum suffectos dandum  ……. seu sententias dandum, audiendum et recusandum ad appellandum a quolibet alio gravamine ipsi monesterio illa(to) vel inserendo vel sibi sindico nomine dicti monesterii et ad (omnem) appellationem prosequendum et commictendum impetrand(um) et contra(dicendum) et generaliter et omnia alia fatiend(um) et singula ex(ercendum) que in predictis et circa predicta et qualibet predictorum necessaria fuerint oportuna et que merita causarum dessiderant et requirunt et que ipsa domina abbatissa capitulum et conventum ipsius et predicte sorores et conversi nomine dicti monesterii facere et exercere possent  solempniter promictentes prefata abbadissa et predicte sorores et conventus eius omne se ratum et firmum habere adque tenere quidquid per dictum sindicum vel procuratorem factum fuerit de predictis et quolibet predictorum sub ypoteca et obligatione bonorum et rerum predicti monesterii.  Et ego Yhomas Scangni notarius publicus predictis omnibus interfui ut supra legitur rogatus scripsi et publicavi.

 

1288 ottobre 22    In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem millesimo CCLXXXVIII indictione prima tempore domini Nicolay pape quarti die veneris XXII mensis octubris actum fuit in palatio communis Mathelice presentibus Francisco Actolini et Faczabene Merzario testibus ad hoc <vocatis>. Dominus Bonaccursus de Monticulo iudex et vicarius communis Mathelice precepit Ianguino magistri Percivalis de Romaynola ad bonum C solidos raven. et ancon, quod hinc ad tres menses proximos venturos quod fatiat et compleat portam quam facere pomixit Iacobutio domini Fyna(guerra) recipientis pro dominabus monesterii Sancte Marie Madalene et facere dictam portam de antis ad modum porte locum fratrum minorum de Murro et predictam dictus iudex precepit ad istantiam et petitionem fratris Iacobi de dicto monesterio et pro dicto monesterio dummodo dictus syndicus det necessaria dicto Iangnio ad dictum opus faciendum secundum promissionem factam inter eos ut (invenitur) manu magistri Rigi Servitoris. Item eo die loco et testibus Pancatius iudex precepit Benvenuto Bellefantis…….. dictum bonum quod fatiet et curet quod dictus Iangnius ad ten<dat>  observet predicta superius contenta.  Et ego Munaldus Baculi notarius publicus et nunc dictis communis mandato supra dicti iudicis subscripsi et publicavi.

 

1289 aprile 18     In Dei nomine.Amen. Anno eiusdem millesino CCLXXXVIIII indictione secunda tempore domini Nicolay pape quarti die XVIII mensis aprilis actum in palatio communis Mathelice presentibus (magistro) Actone domini Iacobi e Giliolo (Casaio) testibus, dominus Iohannes Corradi de Fulgineo iudex et vicarius communis Mathelice exequendo preceptum factum per dominum Bonaccursum de Monticulo olim iudicem dicti castri Mathelice predecessorem eius precepit Iangnio magistri Percivallis ad banum C solid. ravan. et ancon. quod hinc <ad medium> madium madium (!) proximum venturum debeat complere et perficere portam nonasterii Sancte Marie Madalene secundum pacta et conventiones factas inter predictum Ianium et Iacobutium domini Fyneguerre nomine dicti monasterii et constat scriptum manu Rigi Servitoris notarii. Et predicta facta fuerunt ad petitionem fratris Iacobi syndicis dicto monasterio syndicario nomine dicti monasterii.  Et ego Munaldus Baculi notarius publicus et nunc dicti communis mandato dicti iudicis scripsi et publicavi.

 

1290a febbraio 24  Hoc est exemplum quarumdam licterarum tenor quarum talis est. Nicholaus episcopus servus servorum Dei venerabili Fratri   ***** episcopo Pesauriensi salutem et apostolicam benedictionem. Conqueste fuerunt nobis  ***** abbatissa et conventus monasterii Sancte Marie Magdalene de Fano ordinis Sancti Benedicti quod  ***** a(bbas) de Rotis et  *****  abbatissa Sancte Marie Magdalene de Mathelica monasteriorum eorumque conventus predicti ordinis, Camerinensis diocesis, super quibusdam pecuniarum summis, terris, possessionibus et rebus aliis iniuriarunt eisdem; ideoque fraternitati tue per apostolica scripta <mandamus> quatinus partibus convocatis audias causam et appellatione remota debito fine decidas, fatiens quod describeris per censuram ecclesiasticam firmiter observari. Testes autem qui fuerint nominati si se gra(vi) odio vel timore subtraxerint censura simili appellatione cessante compellas veritati testimonium perhibere.  Datum Rome apud Sanctam Mariam Maiorem VI kalendas martii, pontificatus nostri anno tertio.      Que quidem lictere presentate fuerunt venerabili patri domino Accursio, Dei et apostolica gratia, Pesauriensi episcopo in palatio eiusdem episcopatus per dopnum Benvenutum rectorem ecclesie Santi Bartheli (Bartholomei?)  in Fano sindicum et procuratorem dicti monasterii de Fano, presentibus dopno Hugolino rectore ecclesie Santi Iohannis de Foldugo; Francisco sacrista episcopatus Pesauriensis; Sanperolo familiare dicti episcopi. Que quidem lictere sive rescriptum bullatum erat cum bulla plumbea pendenti cum quadam cordula in qua bulla erant due(!) inmagines silicet Petri et Pauli sub annis Domini millesimo ducentesimo nono (=nonagesimo)  Et ego Gerardus Frederici Theotonici de Mathelica imperiali auctoritate notarius hiis omnibus interfui rogatus subscripsi et publicavi.  (Segno notarile)

 

1290b agosto 30; anche settembre 8 e 11   (In nomine Domini). Amen. Anno eiusdem a Nativitate millesimo ducentesimo nonagesimo indictione tertia tempore domini Nicolay pape quarti, die II menisis a(ugusti) <exeuntis> coram venerabili patri domino Accursio, divina gratia Pesauriensi episcopo, a (summo) pontifice . . . . .   questione vertenti inter dominam **** abbatissima monasterii Sancte Marie Magdalene . . . .   seu ipsum monasterium vel ipsius monasterii . . . . . . et dominam Iohannam (abbatissam)  . . . monasterii Sancte  Marie Magdalene de Fano dompnum (Hugolinus) presbiter et rector ecclesie Sancti Iohannis filiorum Hugonis  de Fano, sindicus et procurator monasterii Sancte Marie Magdalene de Fano, syndicario et procuratorio nomine ispius monasterii ex una parte, et Uffredutius Thomei Bonazunte de Mathelica syndicus et procurator monasterii Sancte Marie Magdalene de Mathelica, sindicario nomine ipsius monasterii de Mathelica constituti occasione ipsius . . . dictus dominus episcopus de eorum voluntate eisdem terminum statuit hinc ad VIII dies intrante ante se . . .  . . . Hufredutio predicto ad respondendum libello et dicto dompno Hugolino . . . . . . . . .  in palatio episcopatus Pesauriensis dicto domino episcopo pro . . . . . .  . . . . .   presentibus Frater Gratie  de Mathelica, domino Mattheo de Reate, vicario dicti (episcopi) et dominus Thoma Florani  de Mathelica, testibus  . . . . . . <settembre 8>     Eadem die VIII mensis septembris coram dicto venerabili patri domino Accur(sio) Pesauriensi episcopo, dictus . . . . .  (Hugo)linus sindicus dicti monasterii Sancte Marie  Magdalene de Fano syndicario  et ( procuratorio) nomine  . . . . .  et domine . . . . abbatisse  . . . . conventus . . . . se in termino constituto  . . .  in questione vertenti inter dictam abbatissam  de Fano et abbatissam dicti monasterii de Mathelica contra Offredutium sindicum et procuratorem dicti monasterii Sancte  Marie Magdalene de Mathelica . . . .  ipsius contumatiam et petendo contra eum syndicario nomine procedi sicut iura volunt, videlicet (quod(?) immictantur ) in possessionem in libello bonorum petitorum; cui dicto dompno . . . .   dictus dominus episcopus equitate suadente statuit seu prorogavit terminum hinc ad diem lune ante tertiam ad comparendum coram eo.   <Settembre 11>      Dictus Hufredutius syndicario nomine dicti monasterii Sancte Maire Magdalene de  Mathelica se presentavit coram domino episcopo contra dictam abbatissam monasterii Sancte Marie Magdalene de Fano vel eius procuratorem dicens quod paratus erat dicere dicte abbatisse vel suo procuratori (quantum ?) vellet de iustitia respondere in causa que vertitur inter eos. Forma libelli porrecti dicto Hufredutio recipienti eum ut sindicus et procurator dicti monasterii Sancte Marie Magdalene de Mathelica syndicario et procuratorio nomine ipsius monasterii vel eius conventus, die lun(e), XI mensis septembris, tenor eius talis est.    Coram vobis venerabili patri domino Accursio episcopo Pesauriensi a summo pontifice delegato, Lunardellus Raynerii de Pesauro syndicus et procurator abbatisse monialium et conventus Sancte Marie Magdalene de Fano, syndicario nomine predicte abbatisse dicti monasterii agens contra  Offredutium Thomassi de Mathelica syndicum et procuratorem abbatisse et monialium Sancte Marie Magdalene de Matelica, quod cum eum ipsa abbatissa una cum suis consororibus iniuste teneat et possideat quasdam possessiones infrascriptas quas secum detulit dicta domina abbatissa de Fano in monasterio Aquevive de Mathelica unde cum dicta et tempore quo fuit adsunta in monicam in dicto monasterio Acquevive de Mathelica, unde cum dicta abbatissa de Fano predictam abbatiam adsupserit de licentia et voluntate abbatisse et monialium predicti monasterii Aque vive de Mathelica, idcirco petit syndicario nomine dicte abbatisse et conventui de Fano, res infrascriptas sibi nomine dicti monasterii de Fano restitui cum fructibus ex eis perceptis et expensis litis factis et faciendis omni iure quo melius potest, salvo semper sibi iure addendi et minuendi ac atiam mutandi usque ad finem cause, ut iura volunt (?) Res autem sunt iste: una vinea posita in territoriis Mathelice in loco quod dicitur Subbiano infra hec latera: a primo via, a secundo filii Petri Bize, a tertio et a capite via. Item unam aliam vineam positam in dicto fundo Subbiano a primo latere, a secundo Munaldus Bonomi de Pu(s)ito, a tertio filii Tursali, a quarto Rubeus Bone Benamatis. Item unum campum in Casanova: a primo latere via, a secundo Salibene Petri de Vinano, a tertio Gualterii, salvis semper verioribus confinibus.  Die XIa  mensis septembris dictus dominus episcopus statuit statuit(!) terminum Hufredutio predicto presenti ad comparendum legitime cum mandato et ad respondendum dicto libello et dicto Lunardello ad comparendum legitime cum mandato et procendum in dicta questione hinc ad X dies proximos et utrique parti hoc precepit sub pena excommunicationis et si dies  litigii in diem caderit feriatam, compareant sequenti non feriata. Actum in palatio episcopatus Pesauriensis presentibus domino Matheo vicario dicti domini episcopi et Bonaquisto de Mathelica et pluribus aliis testibus. Et ego Geradus de Mathelica Frederici filius Theotonici, imperiali auctoritate notarius, et tunc domini episcopi notarius, premissis omnibus interfui et ea rogatus scribere, scripsi  me(o)que signo et nomine roboravi.

 

1290c settembre 21, anche 26 e 28   In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem a Nativitate millesimo ducentesimo nonagesimo, indictione tertia, tempore domini Nicolai pape, die XXI mensis septembris. Coram venerabili patri domino Accursio divina gratia Pesauriensi episcopo, a summo pontifice delegat(o), Lunardellus Raynerii de Pesauri syndicus et procurator monasterii Sancte Marie Magdalene de  Fano et abbatisse et conventus (i)psius ( sindicus) monasterii Syndicario et procuratorio nomine ipius monasterii se presentavit contra dominam  ****  abbatissam monasterii Sancte Marie Magdalene de Mathelica vel eius procurat(ore) dicens quod parata erat in dicta causa procedere eo no(n) veniente nec aliquis pro ea eius contumatiam accusavit et petiit in posses(sionem) micti rerum in libello cont(e)ptarum ut iuris ordo postulat et requirit.   <settembre 26>  Eodem anno, die vero XXVI septembris C. veniens dictus Lunardellus syndicus et procurator dicti monasterii de Fano, syndicario et procuratorio nomine eiusdem monasterii abbatisse et conventus eiusdem coram dicto domino episcopo suam petitionem fecit hoc modo.     Coram vobis venerabili patre domino Accursio divina gratia Pesauriensi episcopo a summo pontifice delegato in causa vertenti inter dominam Iohannam abbatissam monasterii Sancte Marie Magdalene de Fano et conventum monasterii Sancte Marie Magdalene de Mathelica, petit Lunardellus Raynerii Syndicario nomine domine Iohanne abbatisse et conventus monasterii Sancte Marie Magdalene de Fano pronuntiari per vos dictam abbatissam de Mathelica et conventus ip(s)ius monasterii contumaces et poni in tenutam et possessionem rerum in libello continentium causa rei servande, cum dicta domina ***** abbatissa dicti monasterii de Mathelica neque per se, neque per alium ydoneum resposale(!) coram vobis comparuerit ad contestan(dam) litem super libello suprascripto sibi termino perhentorio adssignato. <settembre 28>  Die XXVIII mensis septembris. Nos Accursius Dei gratia  episcopus Pesaur(iensis) a summo pontifice delegato in quaestione vertenti inter abbatissam et conventum monasterii Sancte Marie Magdalene de Fano ex parte una, et dominam ****  abbatissam  monasterii Sancte Marie Magdalene de Mathelica ex altera, quia Efredutius  Thomasii de Mathelica syndicus predicti monasterii de Mathelica, in termino sibi dato, nomine dicti monasterii non comparuit per se nec per aliquem legitimum respo(n)salem coram nobis responsaurus de iustitia Lunardello syndico et procuratori monasterii predicti de Fano. Et ipse Offredutius in termino statuto nec etiam post terminum exspectatum diutius nostro se conspectu voluerit presentare idcirco nos ipsum Effredutium predicti monasterii syndicum de Mathelica syndicario nomine et ipsum monasterium pronuntiamus contumacem et ne de sua inobedientia videatur comodum reportare inde auctoritate qua fungimur decernimus dictum Leonardellum nomine dicti monasterii de Fano cui est procurator sive syndicus in possessionem micti causa rey servande unius vinee posite in territorio Mathelice in loco quod dicitur Subbiano intra hec latera: a primo via, a secundo filii Petri Bizzi(?), a tertio et a capite via. Item unius alie vine(e) posite in dicto fundo Subbiani, a primo latere via, a secundo Munaldus Bonomi de Pusito, a tertio filii Torsoli(?), a quarto Rubeus Bone Thomatis(?) et unius campi in loco quod dicitur  Casanova in territorio eiusdem castri: a primo latere via, a secundo Salimbene Petri de Vinano, a tertio <Ientilis> Gualterii,  quas quidem possessiones dictus Leonardellus syndicario nomine dicti monasterii de Fano vendicare intendit ab Offredutio syndico et syndicario nomine dicti monasterii de Mathelica, sicut ex forma petitionis dicti Leonardelli nobis porrecte colligitur evidenter et ipsum Offredutium tamquam syndicum et procuratorem, procuratorio nomine seu syndicario nomine dicti monasterii Sancte Marie Magdalene de Mathelica in expensis legitur  factis a dicto Lunardello ratione contumatie supradicte duximus  contempnandum.  Actum in claustro (epi)scopatus Pesaur(iensis) presentibus dominis Mattheo domini Pauli Oddonis de Reate vicario dicti domini episcopi, Frederico Cunte Galiani de Fano,  Plazentino Coco dicti domini episcopi, Gulihelmo Cuntoli de Sersulta,  et  me Gerardo infrascripto notario de predictis rogatus.   Ad que omnia exequenda predictus dominus episcopus constituit dopnum Matheum Vectorem de Mathelica presbiterum et rectorem ecclesie Sancti Donati de Monte Vetularum, Pesauriensis diocesis, absentem nunctium et execurorem specialem vel eius auctoritate possit  in dictum Leonardellum sive dicta dominam abbatissam de Fano vel alium loco ipsius predictis testibus infrascriptis. Die Va  intrante mense octubris in palatio episcopatus episcopatus(!) Pesauriensis, presentibus dompno Mattheo vicario domini Gentilis de Mathelica, domino Matheo de Reate, vicario dicti domini episcopi et aliis pluribus testibus, dompnus Matheus de Mathelica (r)ector ecclesie Santi Donati de Monte Vetularum retulit se dedisse tenutam et corporalem possessionem dedisse domine Iohanne abbatisse dicti monasterii de Fano omnium possessionum in sententia contentarum. Et ego Gerardus de Mathelica Federici Theotonici filius, imperiali(s)  notarius et dicti domini episcopi notarius, premissis omnibus interfui et ea rogatus scribere subscripsi me(o)que signo et nomine roboravi. (Sigillo notarile) <Nota che i confini delle terre sono indicati in  modo vario negli atti pertinenti>.

 

1290d ottobre 2  In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem millesimo CCLXXXX, indictione tertia, tempore domini Nicolay pape quarti, die secunda mensis octubris.  Actum in districtu Mathelice in locis infrascriptis, presentibus magistro Francisco magistri Petri not(arii), magistro Symono Egidii medico; et Gutio Francisci;  testibus ad hoc.  Dompnus Matheus rector ecclesie Sancti Donati de Monte Vetularum ex mandato sibi facto per licteras domini Accursi episcopi Pesauriensis domini pape delegati in hac, parte induxit et corporaliter mixit dominam Iohannam abatissam monasterii Sancte Marie Madalene de Fano in tenutam et possessionem unius vinee posite in districtu Mathelice in loco qui dicitur Subbianus infra hec laterea: a primo via; a secundo filii Petri Bicze; a tertio et a capite via; et unius alie vinee posite in dicto fundo Subbiani: a primo latere via; a secundo Munaldus Bon(om)i de Pugito; a tertio filii Torselli; a quarto Rubeus Bonacti(?) et unius camppi(!) positi in loco qui dicitur Casanova in territorio eiusdem castri Mathelice, a primo latere via, a secundo Salimbene Petri de Vinano, et a tertio Jentilis Gualterii, causa rei servande; contra monasterium dominarum Sancte Marie Madalene de Mathelica; de clebis(!) dicte terre, de ramis dictarum vinearum et arborum in ipsis stantibus, suis manibus imponendo. Insuper dictus dompnus Matheus mandavit pro parte dicti delegati quod nullus homo nec aliqua persona in possessionibus predictis dictam dominam Iohannam molestare presumat, nec etiam contradicat eidem vel suo procuratori. Et si quis contra fecerit, ex nunc in scriptis excomunicavit eum vel eam excomunicatum reddidit sententialiter in scriptis.  (Sigillo notarile)  Et ego Munaldus Biaculi de Mathelica notarius publicus predictis omnibus interffui(!) rogatus a dicto dompno Matheo subscripsi et publicavi.

 

1290e ottobre 7  In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem a Nativitate millesimo ducentesimo nonagesimo indictione III, tempore domini Nicolay pape quarti, die VII octubris, in palatio episcopatus Pesauriensis, presentibus domino Matheo Pauli Oddonis de Reate vicario domini episcopi Pesauriensis, domino Corrado archidiacono pesauriensi et Bratholomeo de Civitate Nova, forma appellationis facte coram venerabili patri domino Accursio divina gratia Pesauriensi episcopo a summo pontifice delegato, per Gratolum domine Altedopne de Matelica sindicum et procuratorem monasterii Sancte Marie Magdalene de Matelica, tenor cuis talis est.  Coram vobis reverendo viro et venerabili patri domino Accursio episcopo Pesauriensi iudice in hac parte a summo pontifice delegato, ego Gratolus Altedonne de Mathelica sindicus monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica, sindicario nomine dicti monasterii et conventus eiusdem sentiens ipsum et me eius nomine gravatum et iniuste gravari posse in posterum a sententia per vos utcumque et comodocumque lata contra prefatum monasterium et conventum eiusdem pro domina Iohanna abbatissa ut dicitur monasterii Sancte Marie Magdalene de Fano, seu pro ipso monasterio in restitutione terre et vinee posite in districtu castri Mathelice infra sua latera et sicut in sua per vos lata dicitur contineri, cum ipsa domina Iohanna renuntiaverit et dixerit dominabus monasterii suprascripti de Mathelica et spetialiter domine Bartholomee monache eiusdem monasterii et pro eo recipienti per se nec per sindicum pro ipsa questione coram vobis domino episcopo comparere et quod non erat necesse nec fatiebat ei necesse monasterio Mathelicano preiudicium idem quia propter vallitudinem et egritudinem domine MATHIE abbatisse monasterii supradicti non potuit coram vobis in termino comparere, et propter alias plurimas causas iustas et legitimas quas protestor et reservo suo loco et tempore proponendas(?) et idcico ab ea ab ea (!) sententia et omni gravamine in eo contento nomine quo supra ad summum pontificem donnum Nicolaum papam quartum et suosque auditores camere ipsius in hiis scriptis personaliter appello appellans mihi cum instantia mihi dari peto, protestans quod appellatione precedente contra ipsum monasterium suaque littera nil debeat innovari. Quam quidem appellationem dictus dominus dixit non esse admictendam sed eidem detulit ob reverentiam sedis Apostolice scilicet non esset aliquotiens deferenda.  Et ego Gerardus de Mathelica Frederici filius, imperialis notarius et domini episcopi notarius, hiis omnibus interfui et ea  rogatus scribere suscripsi  meoque sigillo et nomine roboravi.

 

1291 settembre 27 e 29   In Dei nomine. Amen. Hoc est exemplum sive copia quarumdam licterarum sigillatarum sygillo domini Bernardi Ferrarii in Anconitana Marchia super spiritualibus vicarius generalis tenor quarum talis est.   Magister Bernardus Ferrarius can(onicus) Valentinus in Anconitana Marchia in spiritualibus vicarius generalis religiosis dominabus abbatisse et convenctui monaterii Sancte Marie Madalene de Mathelica, salutem in Domino. Pro parte abbatisse et convenctus monasterii Sancte Marie Madalene de Fano fuit coram nobis  expositum cum querela quod vos predictas abbatissam et convenctum monasterii Sancte Marie Madalene de Fano in possessis et fructibus quarumdam terrarum et vinearum in quarum possessione ipsa abbatissa et convenctus seu eorum syndicus pro eisdem propter contumatiam vestram causa rei servande fuerunt posite et inducte, inquietatis perturbatis seu etiam molestatis et inquietari et perturbari per alios facitis et mandatis. Quare vobis et vestrum cuilibet sub ecommunicationis pena districte precipimus et mandamus quatenus ab inquietatione et perturbatione predictas destituatis (omni modo) permictentes easdem abbatissam et convenctum monasterii Sancte Marie Madalene de Fano fructus dictarum possessionum libere percipere ac possesssiones ipsas libere possidere et si ex huiusmodi nostro mandato senseritis vos gravari III die post presentes sententias compareatis legitime et perentorie coram nobis syndico dictarum abbatisse et convenctus super premissis de iustituia responde(atis?),  alioquin contra vos, si secus feceritis, procedemus quantum iustitia suadebit. Datum Macerate die XXVIIa  setembris, quarta indictione.     Que quidem lictere suprascripte presentate assignate et dimisse fuerunt predictis abbatisse et convenctui dicti monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica per magistrum Simonem Egidii procuratorem dictarum abbatisse et convenctus monasterii Sancte Marie Madalene de Fano procuratorio nomine ipsarum secundum formam ipsarum licterarum,  sub anno Domini millesimo CCLXXXXI, indictione quarta, tempore sanctissimi  patris domini Niccolay pape quarti, die penultimo mensis setembris, in ecclesia dicti monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica, presentibus Frat(re) Herigo converso dicti monasterii, Albrinculo Acquistoli et Iohannutio Bevenuti  de Sefre testibus.  Et ego Munaldus Biziculi de Mathelica notarius publicus pedicte presentationi interfui rogatus subscripsi et publicavi.

 

1292a febbraio 2                 <Pagamento in beni immobiliari>   In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem MCCLXXXXII, indictione V, tempore domini Niccholai pape quarti die secunda mensis februarii. Actum (in)  castro Mathelice, in ecclesia Sancte Marie Madalene coram Benenutio (Sin)tardi Entendi Salimbene Fulcarelli et Levutio Venture, testibus ad hoc vocatis et rogatis, Yvanus domini Scangni sindicus monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica nomine et vice ipsius monasterii et conventus eiusdem, sindicario nomine eiusdem monasterii et conventus de quo syndicatu mihi Bonaventure notario infrascripto plene constituit evidenti et occulata fide et presente, consensiente et volente domina Matthia abbatissa et conventus dicti monasterii Sancte Marie Madalene per se in posterum suosque successores in dicto monasterio dedit et tradidit  cessit atque mandavit Petrono Rainaldi Bone pro se suisque heredibus solempniter stipulanti iure proprio et ad proprium et in perpetuum terram dicti monasterii positam in districtu Mathelice in loco qui dicitur Cretaiolum iusta hec latera, a primo ipse Petronus, a secundo Lovenus Aiudi, a tertio uxor et filii Iacopelli dicti (Fanti)linis et filii Iacobi Vallorini, a quarto via; ad habendum, tenendum et possidendum (omne) et quodquod sibi et suis heredibus deinceps placuerit perpetuo faciendum  cum omnibus et syngulis que infra predictos continentur confines vel alios si qui forent cum accessibus et egressibus suis usque in vias publicas e cum om(ni) iure (auctoritate) usu seu requisitione sibi et dicto monasterio et huic rei competenti et competitura pro eo quod dictus Petronus fecerat muraverat unam cannam muri de cantis et communis bonam et sufficientem in fabrica muri et ecclesie dicti monasterii volens quantum dictam terram valet et ultra remittens idem Yvanus syndicus in hoc facto exceptioni in eadem ecclesia (ibi) constructi dicti muri et excepti(oni) doli in factum <ac>…tioni, condictioni sive causa et ex inniusta causa et deceptione va(loris) dimidium iusti precii et valoris dicte terre et omnibus aliis  iuribus et exceptionibus et actionibus dicto monasterio competentibus et competituris in predictis et omni legum et iuris cannonic(i) auxilio (quam) rem idem Sindicus nomine dicti Petroni constituit possidere donec eidem rei possessionem acceperit corporalem seu apprehendere quandocunque. In quam intrandum sua auctoritate quandocunque ei placuerit sibi licentiam et potestatem omnimodam contulit atque dedit absque alicuius iudicis vel rectoris licentia et auctoritate lege vel statuta seu constitutione aliqua non obstante quibus dictus Syndicus sponte remis(it). Quam rem prefatus syndicus nomine et vice ipsius monasteriii et conventus eiusdem per se suosque in posterum successores tam rei quan iuris eidem Petrono pro se suisque heredibus solempniter sipulanti promisit et convenit nomine dicti monasterii semper perpetuo legit(ime ) defendere, auctorizare atque disbri(g)are in qualibet foro iudicio ecclesiastico et seculari et contra omne collegium, personam et universitatem, expensis salariis et advocatis eiusdem monasterii ab initio litis usquae ad finem cause sub pena dupli extimationis dicte rei pro tempore quo plus valuerit vel melliorat(a) fuerit vicissim inter eos et (versa) vice solempni stipulatione promissa et obligatione bonorum et rerum dicti monasterii nec contra predicta vel alios aliquando facere vel venire aliqua ratione vel causa et omnia dampna et expensas ac interesse reficere. Qua pena soluta vel non predicata omnia et singula firma et rata semper nochilominus perseverent, etcetera; dicti muri etc.  Et ego Bonaventura magistri Benvenuti notarius publicus predictis omnibus interfui rogatus subscripsi et publicavi.

 

1292b febbraio 2             <Procura per presa di possesso>   In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem MCCLXXXXII, indictione V, tempore domini Niccholay pape quarti et die seconda mensis februarii. Actum in castro Mathelice in ecclesia monasterii Sancte Marie Madalene coram Benvenuto Syntaldi (Sinibaldi?) Entendi Salimbene Fulcarelli et Levutio Venture testibus ad hec vocatis et rogatis. Domina Mathia  abbatissa monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica una cum consensu et voluntate sororum suarum conversorum ac familiarium suorum convocatis et congregatis de mandato dicte domine abbatisse in predicto monasterio scilicet Iacoba, Isabet, Daniela, Iohanna, Victoria, Dietama, Philipputia, Barbara, Heugenia, Isaya, Guidutia, Gratiadei, Agata, Cicilia, Iustina, Aurea, et Aniadei et Tuttasanta et fratrer Guido et Frater Salimbene et monialibus et conversis omnibus aliis in ipso monasterio existentibus in dicto monasterio ibidem presentibus dicti monasterii et ipse conventus totus cum eorum concordia et voluntate at consensu una cum prefata domina abbatissa fecerunt, constituerunt, creaverunt atque ordinaverunt Yvanum domini Scangni, presenti et (in se) sponte subscipiente ipsorum et dicti monasterii et ecclesie legitimum syndicum Ycon(omum) actorem factorem procuratorem et numptium specialem specialiter ad dandum tradendum et concedendum nomine dicti monasterii, ecclelie et conventus eiusdem Petrono Rainal(di) Bone, pro se et suis heredibus terram dicti  monasterii ecclesie et conventus positum in districtu Mathelice in loco qui dicitur Cretaiolum infra hec latera: a primo ipse Petronus; a secundo Levonus Adiudi; a tertio uxor et filii Iacopelli de Fantolinis et filii Iacobi Valentini et a quarto via, precio et nomine precii unius canne muri de cantis domis (et?) cemento quare idem Petronus fecerat et fieri fecerit in fabbrica et mellioramento ecclesie dicti monasterii et ad quietandum dictum Petronium de dicta canna muri et legitimam defentionem faciendam et promittendam et  (penam ?)  promictendam et de qua pertica muri dictum monasterium indiget pro fabbrica muri dicte ecclesie et ….l….na et res ipsius monasterii obligandum pro defensione dicte terre et venditione ipsius nomine et vice prefati monasteri ecclesie et conventus eiusdem per quosque in posterum successores et generaliter ad omnia alia et singula faciendum et exercendum que in predictis et circa predicta et qualibet predictorum fuerint necessaria et oportuna pro ……..es dicta domina abbatissa et ipse conventus totus solempniter per se suosque in posterum successores in dicto monasterio ratum et firmum habere atque tenere et non contrafacere vel venire….. quo in perpetuum aliqua ratione vel causa seu exceptione iuris vel facti sub pena per dictum syndicum promictendam et sub ypotheca et obligatione bonorum (et) rerum eiusdem monasterii ecclesie et conventus, etc. Et ego Bonaventura magistri Benvenuti notarius publicus predictis omnibus interfui et a predictis rogatus subscripsi et publicavi.

 

1293 novembre 5   In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem a Nativitate millesimoCCLXXXXIII, indictione V, tempore quo Ecclesia Romana pastore vacabat, morte domini Nicholay pape quarti, die quincta mensis novembris, ante Mathelicam in domo mei notarii infrascipti presentibus dompno Vitale Petriani, Iacobono Venuti Gozi et Vitale Petrutii Capudserre  testibus ad hoc vocatis et rogatis et aliis puribus.  Benencasa Petri Brunelli coram dictis testibus et me notario infrascripto vera et non spe future numerationis et solutionis fuit confessus et contemptus ac etiam manifestus habuisse et recepisse a Venuto Venuti Petri Bone in dotem pro dote et nomine dotis pro matrimonio contracto inter dominum Benencasam et Margaritam fialiam dicti Venuti sponsam dicti Benencase et futuram uxorem ipsius, quinquaginta libras ravennates et anconitanas, scilicet  XLV libras ravennates et anconitanas in pecunia numerata et centum soldos ravennates et anconitanos in rubis extimatis communibus amicis ipsorum, renuntians dictus Benencasa in hoc contractu exceptionis non habite et non percepte dicte dotis denariorum et rubbarum, exceptioni et deceptioni doli decretum et decretalium subfragio et omni ali(o) legum auxilio. Quam dotem totam et integram sine diminutione aliqua dictus Benencasa per se suosque heredes et bonorum suorum tam re quam iuris in posterum (subcessores)  omni exceptione et conditione iuris et facti obmissis per solepnem stipulationem promixit et convenit eidem Venuto pro suisque heredibus stipulanti reddere et restituere cum effectu in dictum matrimonium ritet(!) dictos Benencasam et Margaritam contractum dissolveretur vel divideretur morte vel divortio vel alia iusta et rationabili causa  sine filiis vel filiabus legitimis ex eis et ipsorum corpore co(m)muniter natis et procreatis non pervenientibus ad etatem legitimam XXV annorum sub pena dupli dicte dotis legitime ac solepniter stipulata et promissa pro qua quidem dote reddenda et restituenda et pro quibus omnibus et singulis supradictis firmiter adtemptendis et observandis tam pro (potestate?)  quam pro penis dampnis et expensis et interesse dictus Benencasa obligavit eidem Venuto pro se suisque heredibus stipulanti iuri et usu boni pignoris ad fructandum omnia sua bona mobilia et imobilia presentia et futura ad habendum tenendum fructandum vendendum et obligandum et pro se ipso iusto pretio retinendum donec eidem Venuto de dicta quantitate dampnis et expensis eidem fuerit integre satisfactum advenienti dicta conditione dicti matrimonii dissoluti. Que bona dictus Benecasa advenienti dicta conditioni dicti matrimoni dissoluti constituit se nomine dicti Venuti possidere donec ipsorum bonorum corporalem acceperit adque intraverit tenutam et possessionem.  Quam accipiendi, intrandi, et retinendi advenienti dicta conditione eidem licentiam omnimodam contulit adque dedit legibus civilibus vel muncipalibus aliquibus non obstantibus quibus dictus Benencasa expresse renuntiavit et si quos fructus dictus Venutus perceperit ex dictis bonis promixit in posterum non computare set(!) eidem  ex nunc prout ex tunc dedit et donavit tamquam amico et consanguineo et benemerito sine aliqua repetendi lege et dampna et sumptus cum interesse propterea contingentes vel contingentia in iuditio et extra integre reficere ac etiam resarcire promixit eidem sub dictam iam pena et obligatione suorum bonorum. Qua pena soluta vel non, predicta omnia et singula suprascripta nichilhominus perpetua rata sint et firma in quolibet capitulo et puncto.     Et ego Corbus domini Iohannis notarius publicus predictis omnibus ut supra legitur interfui rogatus subscripsi et publicavi.

 

1300 ottobre 27   In Dei nomine. Amen. Hoc est exemplum cuiusdam rogiti sivi protocolli inventi seu reperti in libris rogitorum quondam Francisci Salimbeni notarii premortui inter alia rogita seu protocolla Francisci prefati. Cuius quidem rogiti sive protocolli talis est tenor.  In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem millesimo CCC, indictione XIII, tempore domini Bonifacii pape VIII,  Benetendi quondam Accurrimbone Acti Sy(meonis) per Dei gratiam sanus mente et corpore, timens tamen de mortis periculo suum nuncupativum testamentum in hunc modum facere procuravit sine scriptis. In quo quidem testamento primo pro eius anima reliquid iure testamenti expendendos secundum iura canonica quinque s(oldos) ravennates et anconetanos. Item reliquid reliquid(!) sue sepulture si m(elius) contigerit in castro Mathelice decem s(oldos). Item reliquid viginti s(oldos) ravenates et anconetanos dandos inter pauperes ve(nerandos) castri Mathelice. Item reliquid pro Missis canendis pro eius anima decem et octo solidos ravennates et anconetanos. Item reliquid cuilibet encarcerate castri Mathelice VI duc(atos). Item reliquid pro restitutione male ablatorum intratorum undecim s(olidos). Item pra satisfactione decimarum ecclesie Santi Angeli de Ocrusi quinque s(olidos). Item reliquid pro anima matris sue expendend(os) quindecim s(olidos) videlicet pro male ablato incerto V  s(olidos)  et fraternitati clericorum V  s(olidos) . Item loco Fratrum Sancti Francisci  II s(olidos) et fratribus Sancti Augutini II s(olidos) et cuidam paurer(i) XII denarios. Item reliquid pro eius anima II s(olidos) pro penitentia quam facere recusavit. Item reliquid Thomasio Silvestri pro dampnis datis qu(e) sibi dedit II  s(olidos). Item reliquid Bartholomeo Actonis Barunci viginti s(olidos) ravennates quos sibi dare et restituere tenetur. Item reliquid Tintio Bartholi de Fulgineo decem s(olidos) quos sibi dare tenetur, ex causa mutui. Item reliquid d(omine) Bonvenisi uxori quondam Iohannuctii Mollarii viginti s(olidos) quos sibi reddere tenetur ex causa mutui: Adque omnia danda pro eius anima suos fideicommissarios fecit infrascriptos Albricutium et Bartholomeum. Item reliquid d(omine) Margarite sue uxori pro restitutione sue dotis quinquaginta libras ravennates et anconetanas, quas ab ea habuit in dotem. Item reliquid de suis bonis supra suam dotem decem libras ravennates et anconetanas et omnes suos pannos lini et lane de d(o)rso. Item reliquid di ctam dominam Margaritam usufructuariam de suis bonis et usum et habitationem domus sue donec pure caste et honeste stare voluerit in domo sua cum infrascriptis suis filiis. In omnibua aliis suis bonis mobilibus et immobilibus sibi heredem instituit Adnesuciam suam filiam excepto hoc pacto quod si dicta eius uxor esset gravida et pareret filium masclum dictam Adnesucia eius filia habeat sexaginta libras ravennates at anconitanas. Et in aliis suis bonis sibi heredem instituit filium masclum quem peruerit(!). Et si esset femina sibi cum dicta Adnesucia sibi heredem in equali portione. Et si dicti sui filii mori contingerint sine filiis legitimis de eorum corporibus natis, non pervenientibus ad etatem legitimam XXV annorum iussit et voluit quod Albricutius Acti Castellane et Bartholomeus Actonis Barunzii habeat pro quolibet de suis bonis centum s(olidos) ravennates et anconetanos. Et quod dentur pro anima parentum suorum decem libras. In aliis suis bonis eis heredem substituit Luciam suam nepotem et Plance eius sororem. Et sua ultima voluntas et suum ultimum testamentum quod et quam valere voluit iussit iure testamenti nuncupativi saltim(!) valere iussit iure codicillorum vel alterius ultime voluntatis. Die XXVII mensis octubris. Actum in domo mei notarii presentibus Albriculo Actonis Bulci, Matheo Pullie, Salimbene Iohannis, et Bonaventura Stuerini, Francisco Iacobi, Petri Inistriani, Iacobutio Silvestri.   (Sigillo notarile) Et Ego Matheus magistri Iunte, notarius publicus predictum rogitum sive protocollum prout in dictis libris sive quaternis Rogitorum seu Protocollorum quondam Francisci suprascripti inveni premortui inveni(!),  nullo conscienter ad(d)ito vel minuto preter forte puncto sive silaba per  errorem, ita hic per ordinem mandato et auctoritate ac licentia in data tradita et concessa per consilium generale et speciale communis Mathelice trascribendi et in formam publicam redigendi Rogita et Protocolla magistri Francisci suprascripti notarii premortui fideliter transcripsi exemplavi et in publicam formam redegi meumque singnum apposui cosuetum.

 

1301 marzo 24    In Dei nomine. Amen. Anno Domini MCCCI indictione XIIII tempore domini Bonifatii pape VIII die XXIIII martii in terra adtum Mathelice in monesterio Sante Marie Madalene presentibus dompno Htomaxio capellamo ecclesie Sancte Marie de Cerreto, Guarinutio Coradi Guidarelli, conventu so(pra)ditti m(on)esterii, testibus de(putatis) vocatis. Domina Mahtia abadissa monesterii Sancte Marie Madalene una cum sorore sua Isabetta, Gratiadee, Mahtiole, Eugenie, Bartolmea, Datadeo, Ma(n)sueta, Simonetta, Victoria, Felepputia, Gera, Agatte, Deutame, Lucia ….. Angelica, Cicilia, Isaia, Clavella, Margarita, Daniella, soro(r)es et monace ipsius monesterii et conventus eius(dem) dicti monesterii, totum ad sonum campane congregatum ut moris est nemine discordante ipsa domina abadissa de licentia et voluntatem dicti conventus et una cum eis fecit constituit et ordinavit fratrem Iacoputium conventus su(pra)dicti monesterii suum et dicti monesterii verum legitimum sindicum et autorem, factorem et nu(n)tium spetialem ad acipiendum et recipiendum a cammerario communis Mahtelice sive a sindico dicti communis qui nu(n)c est et in futurum erit et a Buto Tomasii sive a qualibet persona qui eset poxitum super predictis, totam quantitatem pecunie sive bladi quod vel quam monesterium sopradittum Sancte Marie Madalene abere debet a commune Mahtelice vel a interpoxta persona, promi(ssione) pro dicto commune ad accipiendam dictam quantitatem pecunie sive bladi totam vel partem et ad quietandum remittendum et ad solvere cammerarium sive syndicum dicti communis et Butum Tomasi et omnes alias personas que fuerint quietande et ad solvere de preditt(o) commune de totum   quod ipse fratrer Iacoputius sindicus dicti monesterii receperit et in omni eo quod per eum fuerit rep(er)tum  nomine et vice ditti monesterii et conventus eiusdem promite(n)s ditta domina Mahtia abadissa et conven(tus) totu(s) ditti monesterii nemine discordante (quid)quit per dittum sindicum factum, dittum quietare missum, operatum et factum fuerit in predictis omni ca(usa) preditta et colibet predittorum, ratum semper perpetuo abere et tenere et in alico punto nec capitulo contra facere vel venire sub pena et obligatio(ne) bonorum et rerum dicti monesterii et ipsius conventi quam (penan) totiens dare et solvere promisit et convenit cotiens fuerit contrafactum vel etiam contraventum et danna et suntu reficere.  <sigillum tabellarii>  Et ego Ventura Massei notarius publicus is omnibus interfui de predittis (et) rogatus scribere scripsi et publicavi.

 

1311 gennaio 29     In Dei nomine. Amen. Anno Domini MCCCXI, indictione VIIII, tempore domini Clementis pape quinti, die XXVIIII mensis ianuarii. Actum in ecclesia monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica Camerinensis diocesis, presentibus Nutio Nalli domine Savie; Francisco et Nutio Salimben(e) Acti de Monte Milone et nunc habitatoris terre Mathelice testibus de iis omnibus rogatis et vocatis. Nobilis mulier et domina Mathia abbatissa monasterii Sancte Marie Madalene de Mathelica Camerinensis diocesis una cum Francesca, Mathiola, domina Al(t)egrima, Barbara, Philipputia, Cecilia, Eugenia, Tuctasanta, Isaya, Manfredutia, Gera, Agatha, Marta, Lucia, Thomassutia, Speraendeo, Rosa, Zutia, Mita, Annese, Angelica, et Iacobutia Bartholomea monialibus ipsius monasterii ad sonum campane mandato ipsius domine abbatisse in ecclesia ipsius monasterii more solito congregatis  et ipse moniales omnes earum nemine  discordante una cum ipsa domina abbatissa ad invicem auctorantes fecerun constituerunt creaverunt ac etiam legitime ordinaverunt nobilem virum Guarinutium Guarini de Mathelica et fratrem Iacobutium conversum dicti monasterii absentes tanquam presentes et quemlibet eorum in solidum ita quod non sit melior condictio occupantis et quod unus ipsorum inceperit alter possit readsummere prosequi et finire earum et dicti monasterii suos veros et legitimos sindicos procuratores actores et factores et nuntios spetiales vel si quo alio nomine de iure melius dici et censeri possunt ad representandum se pro ipsis et ipsarum nomine coram venerabili patre et domino Barardo Camerinensi episcopo et appellationem …(c’è un foro)… endum et ad appellandum a licteris eis trasmissis et preceptis nuper factis per dictum dominum episcopum seu ipsius offitiales aut per alterum ipsorum quocumque modo vel causa, ad sanctissimum patrem  et dominum nostrum summun pontificem seu ad alium ipsius vicem habentem seu etiam ad quemcunque alium in curia romana iurisdictionem habentem et ad dictam  appelationem prosequendum, ad libellum dandum et recipiendum litem contestandum de calumpnia seu de veritate in ipsarum anima iurandum exceptiones opponendum replicandum…. et reduplicandum si opus fuerit iudices eligendum vel albritros escludendum, suspectos dandum ponendum et respondendum testes instrumenta alias probationes legitimas inducendum, testes partis adverse iurare videndum opponendum contra testes et dicta reprobandum et ad fatiendum ipsos deponere et ad videndum ipsorum testium apertura copiam actorum recipiendum et concludendum in causa et ad unum procuratorem vel plures instituendum nomine ipsarum dominarum et dicti monasterii et generaliter, spetialiter et particulariter ad omnia et singula fatiendum et exercendum que in predictis et quolibet predictorum extiterint necessarie et oportuna et que ipse facere et exercere possenti si personaliter adessent et que merita causarum exigunt et requirunt; promictentes se ratum et firmum perpetuis temporibus habitaturas quicquid per dictos (syn)dicos seu alteri ipsorum sed substituendum ab ipsis factum et gestum fuerit in predictis et quolibet predictorum sub ypoteca et obligatione bonorum dicti monasterii et ipsos et quemlibet ipsorum seu substituendum ab ipsis relevare ab omni honere satisfationis de iudictio sisti et iudicato solvendo. Qua pena soluta vel non, predicta rata et firma permaneant. <sigillum tabellarii> Et ego Nallus Zani notarius publicus supradictis omnibus interfui et rogatus scripsi et publicavi meique singni munimine roboravi.

 

1312 luglio 8     In Dei nomine. Amen. Anno eiusdem millesimo CCCXII  <indictione X tempore> domini Clementis pape V, die VIII, mensi iulii. Actum Mathelice in ecclesia monesterii Sancte Marie Madalene, presentibus Iohanutio Simonicti et Acto Iunte de Fabr(iano) testibus ad hoc rogatis e vocatis dompnus Pace Pathioli de Mathelica tamquam procurator et legitime ad hoc constitutus a domino Iacobo Biccerii cappellano et rectore ecclesie Sancti Salvatoris Valle Acorani districtus Mathelice nomine et vice dicti domini Iacobi fuit  confessus et contentus habuisse et recepisse a domina Mathia abbatissa supradicti monesterii dante et solvente pro dicto monesterio et conventu pro pretio et nomine pretii LX libras ravennates et anconitanas renuntians exceptio(ni) non habitos et non receptos dictos denarios et omni legum auxilio promictens dictam quantitatem ulterius non petere nec peti facere se(cus) si ex aliqua ratione vel causa pro se vel pro aliqua persona dicto monesterio aliqua lix neque questio oriretur, promixit nomine dicti domini Iacobi a principio litis usque ad finem cause legitime defendere omnibus suis sumptibus et expensis et de dicta quantitate fecit finem quietationem et assolutionem omni modo et iure quibus melius dici potest et promixit firmum et ratum haec omnia suprascripta et non venire contra sub pena XXV librarum  ravennatum. <sigillum tabellarii> Et ego Franciscus magistri Mathii de Mathelica notarius publicus predictis omnibus interfui et rogatus subscripsi et publicavi.

 

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CROCETTI GIUSEPPE FA UN ELENCO DELLE PERGAMENE DEL COMUNE DI SANTA VITTORIA IN MATENANO FM

CROCETTI GIUSEPPE

Santa Vittoria In Matenano. Elenco delle pergamene del Comune: 1113 -1807

Il dattiloscritto è edito nel periodico ” Quaderni dell’Archivio Storico Arcivescovile di Fermo ” anno 1988 numero 5 pp. 96-115 con premessa e note.

Il fondo diplomatico dell’Archivio Comunale di Santa Vittoria in Matenano fu riordinato tra la fine del secolo XIX e gli inizi del XX. Tutto il materiale fu selezionato in due serie di quattro gruppi ciascuna.

   SERIE I – Contiene pergamene dal secolo XI al secolo XIV.

I – Conferimenti di cariche e cittadinanza (11 pergamene);

II – Bolle pontificie, nomine, privilegi, rogiti di incastellamento, istituzioni varie (41 pergamene);

III – Sentenze della Curia Generale (8 pergamene);

IV – Compravendite e permute di immobili, prestiti di denaro e quietanze (41 pergamene);

   SERIE II – Comprende e raccoglie pergamene dal sec. XV al sec. XIX.

I – Bolle e Brevi pontifici (19 documenti);

II –  Privilegi, monitori, assoluzioni (18 pergamene);

III – Atti relativi ad istituzioni di culto (16 pergamene);

IV – Amministrazione, vendite, fiere (9 pergamene)

Nota la numerazione erronea: reiterati (circa venticinque) e fuori sequenza (circa cinquantacinque)

Bibliografia:

  1. COLUCCI, “Antichità Picene”, Tomo XXIX, “Codice Diplomatico della Terra di Santa Vittoria”, pp. 1-175; Tomo XXXI, “Supplemento al Codice Diplomatico della Terra di Santa Vittoria”, pp. 1-72.
  2. AA. VV., “Guida della Provincia di Ascoli Piceno”, Ascoli P. 1865, p. 486.
  3. CASTELLI, “L’Istruzione nella Provincia di Ascoli Piceno”!, Ascoli Piceno 1899, p. 787.
  4. LUZZATTO, Archivi Marchigiani, in “Atti e Memorie della R. Deputazione di Storia Patria per le Provincie delle Marche”, nuova serie, Vol. VII, Ancona 1912, pp. 415-437.
  5. LODOLINI, “Gli Archivi storici dei Comuni delle Marche”, Roma I960, p. 86.
  6. NEPI – G. SETTIMI, “Santa Vittoria in Matenano”, Camerino 1977, pp. IX-X.

Intorno al 1976, mani ignote hanno sottratto dall’Archivio mal custodito diverse pergamene; alcune delle quali sono state ritrovate e messe sotto sequestro, come oggetto di reato per gli atti processuali.

\  Si scrivono:  Data –   Numerazione dal Vogel. Per non numerati = – Regesto del Vogel, tradotto dal latino, integrato dall’inventario della Soprintendenza di Ancona

1113 aprile   N°213 – Berardo, abate farfense, concede in enfiteusi ad Adalberto di Azzolino terre del monastero, site in contrada Fossatello, Castagneto, Colle Legoni, Colle Ramperti e Valle, presso il Roncone.

1152   N°212 – Berardo, abate farfense, assegna al monastero di Santa Vittoria alcune possidenze per il mantenimento dei monaci.

1183   N°211 – Pandolfo, abate farfense, dà in enfiteusi a Berardo di Dura Via terre del monastero, site in territorio di Montelparo.

1192 maggio  N°210 – Pandolfo, abate di Farfa, dà in enfiteusi a Gentile di Rinaldo terre del monastero, site in località Montecchio, presso S. Salvatore in Aso.

1198 giugno     N°209 – Alberto, figlio di Gualtiero, dona al monastero di Santa Vittoria suo figlio e tutti i suoi beni.

1203 maggio    N°208 – Rinaldo di Gualtiero di MiIone dona al monastero alcune sue terre, site a Torre di Casule, Fabale e Antoniano.

1204 dicembre     N°207 – Trattato di armistizio tra Gentile, abate farfense, gli Ascolani e gli Offidani.

1213 agosto 30   N°= Transazione fra l’Abate di Farfa e la Comunità di Santa Vittoria da una parte e i figli di Milone dall’altra in cui si stabilisce che i vassalli di questi ultimi, dimoranti in Santa Vittoria, abbiano la libertà di cui già godevano i vassalli dell’abazia e il diritto di far comunanza come gli altri.

1218 agosto   N°205 – Retrocessione di terre e selve, site nel Castello di Monte Rodaldo, già concesse dall’abate Berardo.

1219 giugno 8   N°204 – Esame testimoniale sui diritti del monastero diSanta Vittoria sulla Chiesa di S. Maria in Muris di Belmonte, contro il monastero di S. Pietro Vecchio.

1222 aprile 3   N°203 – Il Priore di Santa Vittoria dà in enfiteusi terra sodiva, sita “in Vico S.Trinitatis ubi dicitur Lamas”.

1223 maggio 21  N°50 – Il nobile Sig. Gualtiero di Galeramo si fa castellano di Santa Vittoria con tutti i suoi vassalli del Poggio di Pietra e di Ponteruolo, ricevuto dal Sindaco Valente di Malaparte.

1223    N°194 – Promessa di pagare 10 libbre romane.

1229    N°= – Marco, Matteo, Iacopo, Monte, Crescenzo, Bianca e Claudio di … si fanno castellani di Santa Vittoria con tutti i loro vassalli di Monterodaldo.

1229 maggio 2  N°=  – Monaldo di Bragmando e Giraldo di Berardo si fanno castellani di Santa Vittoria con tutti i loro vassalli di Monterodaldo e Poggio di Pietra.

1230    N°202  –  I monaci diSanta Vittoria danno in enfiteusi a terza generazione un terreno sito in contrada Colle Carsello, “in Vico S. Trinitatis”.

1236 ottobre 5     N°200, 201  – Odorisio abate farfense concede e conferma al monastero di Santa Vittoria beni e rendite per il sostentamento dei monaci ivi residenti.

1237 novembre 10    N°44 – Acquisto di una casa per adibirla a pubblico palazzo comunale.

1238 luglio 12   N°198 – Vendita di un terreno, sito “in loco qui dicitur Collis Carselli”, fatta da Gualtiero di Benedetto alla chiesa di Santa Vittoria.

1238 agosto10   N°199 – Rinaldo di Nicola vende a Rinaldo, Priore di Santa Vittoria, 4 stari di terra in contrada Val Saboni, per 9 lire volterrane

1239 gennaio 23         N°62 – Leonardo e Don Giovanni, figli del Sig. MiIone, si fanno castellani di Santa Vittoria ed accordano la libertà ai loro vassalli di Monte S. Giovanni.

1241   N°197 – Transazione tra il monastero di Santa Vittoria e Rainaldo di Morico per una possessione  “in plano S .Maximi”.

1244 aprile 15  N°196 – Filippo, vescovo di Fermo, aggiudica al monastero di Santa Vittoria la persona ed i beni di Bernardo di Albertuccio.

1248 gennaio 12   N° = Il Card. Legato Rainiero concede alla Comunità di Santa Vittoria di ricevere come cittadini tutte le famiglie che si sono trasferite da 20 anni nel Comune. Si permette agli abitanti di Montelparo di costruire nel castello la chiesa di S. Severino, già rurale.

1250 luglio 16    N°46  –  Il Card. Pietro Capoccio commuta il canone che si pagava dalla Comunità di Santa Vittoria all’abate di Farfa in natura, in un censo di 25 libbre in contanti.

1250     N°48  –  Il Card. Legato, Pietro Capoccio concede al Podestà di Santa Vittoria il diritto di nominare tutori e curatori.

1250 agosto16    N°59 –  Privilegio concesso dal Card. Capoccio di poter ammettere alla cittadinanza tutti quelli che si presentavano per abitare in Santa Vittoria.

1252 dicembre 7   N°193  –  Jacopo di Ruggero e Gualtiero di Senebaldo da Montelparo confessano che tutti di casa loro debbono avere le loro sepolture nel monastero di Santa Vittoria.

1257 luglio 4   N°45  –  Anibaldo, Rettore della Marca, dichiara che la Terra di Santa Vittoria non era obbligata a pagare alcun Censo per antica fedeltà e consuetudine.

1257 maggio 23    N° 168  –  Diversi istrumenti che riguardano le cappellanie di S. Maria in Roncone, S. Maria di Montorso, S. Benedetto e S. Severino di Montelparo.

1257 maggio 21  N°191 192  –  Giacomo, abate di Farfa, dà agli abitanti di Montelparo il permesso di rifabbricare le chiese e di potervi seppellire i loro morti.

1258 settembre 18   N°49  –  Annullamento di un’alleanza stipulata con alcuni ribelli Fermani.

1261 aprile 10   N°50  –  La città di Fermo promette un indennizzo al Comune di Santa Vittoria per la podesteria accordata dal Re Manfredi al Signore Falerone da Falerone.

1261 maggio 17  N°51  –  Sindacato per appellare contro un’ordinanza del Sig. Falerone da Falerone.

1261 giugno 26     N°52   Istrumento di sindacato per l’acquisto di un terreno.

1261 luglio 12 N°53  –  Il Comune di Santa Vittoria chiede alla Città di Fermo l’adempimento delle promesse in materia di danni arrecati da l’ex Podestà, Sig. Fallerone da Fallerone.

1261 ottobre 18    N°=   Il Comune di Santa Vittoria contrae con alcuni privati un mutuo di 80 libre.

1261   N°61  – Il Podestà ed il Consiglio delle Comunità di Santa Vittoria nominano un Sindaco per l’acquisto  di un terreno.

1263 aprile 20   N°=   M° Bartolomeo Cicarello, Sindaco del Comune della Terra di Santa Vittoria, riceve diverse persone come castellani di detta Terra, (pergamena lunghissima)

1267    N°190  –  Enfiteusi a Force.

1268 febbraio 16-18     N°55  –  Rogiti per l’incastellamento di alcune persone.

1268 dicembre   17    N°54  –  Quietanza per la compera di un terreno, rilasciata al Comune di Santa Vittoria.

1268     N°56  –  Quietanza per un mutuo di 125 libre.

1270 novembre   16   N°47  –  Il monastero di Santa Vittoria vende un terreno al Comune.

1270 agosto 10   N°57  –  Quietanza rilasciata al Comune per l’acquisto di un terreno.

1270 ottobre 23    N°58  –  Atto di compravendita di un terreno.

1272 gen.15 == N°= Ordine di pagamento di 46 libre, rilasciato al Camerario del Comune.

1272 giugno 15   N°219  –  Transazione col Vescovo di Fermo; la Comunità promette di dare 100 ravennati al Pievano di S. Marco e 125 per indennizzo di Podesteria al Card. Matteo Rossi.

1273 gennaio 6   N°=  Quietanza rilasciata ai Camerario del Comune per il pagamento di una diaria per ambasciata.

1273 dicembre 8   N° 221  –  Transazione fra il Comune di Santa Vittoria e l’Abazia Farfense da una parte ed il Convento di S. Giovanni dall’altra, in cui il Sindaco del Comune e dell’Abazia promette di pagare 300 libre al Convento.

1273        N°=   Il Podestà di Santa Vittoria compera un terreno per conto di un minorenne.

1275 giugno 9  N°137  –  Dei beni di un oblato di Monte San Martino.

1276     N°183  –  Idem.

1277 agosto 14   N°=   Quietanza per la diaria di una ambasciata.

1278     N°186  Dei beni in un oblato.

1278 maggio 23  N°185  –  Quietanza relativa al pagamento di 15 libre dell'”Affictus Curiae”.

1279 ottobre  14    N°184  –  Concessione di una prebenda nella chiesa di S. Cecilia di Montefalcone.

1280 gen.10   N°=  –  Quietanza relativa al pagamento dell‘ ”Affictus Curiae”.

1280     N°181  –  Supplica per una assoluzione.

1280 luglio 15   N°183  –  Il Capitolo dei monaci di Santa Vittoria nominano due Camerlenghi per l’amministrazione dei beni dei monastero.

1280 novembre  6    N°182  –  Obbligazioni del Cappellano della Chiesa della SS.ma Trinità.

1281 gennaio 9    N°=  –  Quietanza relativa al pagamento dell’ “Affictus Curiae”.

1282 maggio 12    N°=  –  Idem.

1283 maggio 1 == N°=  –  Idem.

1284 aprile 7     N°180  –  Il Priore di Santa Vittoria conferisce la prebenda di S. Pietro in Porta di Montefalcone, soggetta al monastero.

1284 giugno  7  N°=  –  Quietanza relativa al pagamento dello “Affictus Curiae”.

1285      N°=   Idem.

1285 dicembre   9   N°179  –  Giacomo, figlio di Papa da Moscuso, vende a Giacomo e Saladino di Gentile da Belvedere alcune possidenze, site in Monteleone e Torre di Casole.

1286   N°=  –  Quietanza relativa al pagamento dello “Affictus Curiae”.

1286      N°97  –  Breve del papa Onorio IV per le ferie della vendemmia.

1286      N°178  –  Giacomo, abate farfense, costituisce Sindaco-procuratore Nicola di Castiglione per la lite con Cosa di Santa Vittoria, nipote dell’abate Morico, suo predecessore.

1286 novembre  12    N°= –  Onorio IV deputa Angelo, Priore della chiesa di Foligno, quale giudice in appello del Comune di Santa Vittoria, contro l’Arcidiacono della Chiesa Ascolana.

1286 dicembre  17 N°177  –  Giacomo, abate di Farfa, dà facoltà al Priore del monastero di Santa Vittoria di assolvere varie persone per appropriazioni commesse a danno del suo monastero.

1287 agosto 22   N°175  –  Tomasso di Riccardo da Moscuso e Saladino di Gentile da Belvedere vendono a Giacomuccio di Pietro di Monte Leone il fruttato di certe terre per dieci anni, con la corrisposta di una salma di grano.

1287 gennaio  21   N°176  –  Giacomo, abate farfense, concede al monastero di Santa Vittoria tutte le possidenze e le pertinenze del Castello Aldoni e Colle Alto, per il canone di un ravennate.

1279 giugno 4   N°174  –  Il Priore diSanta Vittoria affitta per dieci anni alcuni appezzamenti in territorio di Monte Leone.

1289 giugno 22   N°220  –  Sentenza contro il lusso delle donne, incedenti per le pubbliche vie con vesti a strascico.

1289 agosto  9    N°= – Nicolò IV affida al Rettore della Marca, Giovanni Colonna, la soluzione di una vertenza tra il Comune di Santa Vittoria e Leonardo de Archionibus.

1290   N°=   Quietanza relativa allo “Affictus Curiae”.

1290 novembre  23  N°171  –  Sentenza in favore di alcuni conversi del monastero di Santa Vittoria, accusati di danneggiamenti.

1291    N°= –   Quietanza relativa allo “Affictus Curiae”.

1291 gennaio 23  N°222  –  Nicolò IV concede alla Comunità di Santa Vittoria di potersi eleggere liberamente il Podestà e gli Officiali.

1291 gennaio 23  N°=  Copia dei privilegio di Nicolò IV, redatta il 21 aprile 1370.

1291 gennaio  23   N°=   Copia del privilegio di Nicolò IV del 19 aprile 1429, da copia del 26 aprile 1422.

1292 aprile  14    N°=  –  Breve del Rettore della Marca che dichiara di aver ricevuto dal Comune di Santa Vittoria l’annuo Censo di 81 libre, imposto per le libertà concesse al Comune e specialmente per il diritto di eleggersi il Podestà.

1292 maggio  2   N°=  Frammento molto rovinato della quietanza del Tesoriere della Marca per il suddetto Censo.

1292  maggio  2  N°=  Quietanza relativa allo “Affictus Curiae”.

1293    N°=  Quietanza del Tesoriere della Marca relativa al pagamento del Censo di 81 libre.

1293   N°=  Quietanza relativa allo “Affictus Curiae”.

1293   N°169   Monitorio per le possidenze della chiesa di S. Maria di Montorso, territorio di Monterinaldo.

1293 giugno 6   N°170 –  L’abate farfense costituisce Berardo quale Sindaco e Procuratore per la causa contro il Comune di Force avanti il Priore di Rotella, giudice delegato.

1294    N°168  –  Diversi Istrumenti che riguardano le cappellanie di S. Maria di Roncone, S. Maria di Montorso, S. Benedetto e S. Severino di Montelparo.

1294   N°=  Quietanza relativa al Censo di 81 libre.

1294 febbraio 27  –  N°215  Acquisto di un terreno per la costruzione delle mura di difesa del castello di Santa Vittoria.

1294 dicembre 2  N°167  –  Il Priore del monastero di Santa Vittoria invia procuratori al Podestà e Priori di Fermo per presentare l’ordine del Rettore della Marca perché gli prestino aiuto a ricuperare il monastero di S. Angelo in Barbolano, usurpato dal Vicario del Vescovo di Fermo.

1295     N°=   Quietanza relativa al Censo di 81 libre.

1296 ottobre 5  N°166  –  Appellazione di due Ebrei contro una condanna fatta contro di loro perché avevano praticato l’usura.

1297   N°=    Quietanza relativa allo “Affictus Curiae”.

1298 aprile 28  –  N°215    Presa di possesso da parte del Sindaco del Comune di Santa Vittoria “de Plano Fililli et Lamis Crituli”.

1298 luglio 9  –  N°214  Transazione per condanna e pena per aver dato ricetto ad un bandito.

1298     N°218  –  Quietanza relativa allo “Affictus Curiae”.

1298    N°=   Dattilo, ebreo, riceve da alcuni privati, come fideiussori del Comune di Santa Vittoria, 20 salme di grano.

1299 aprile  14   N°=   Ricevuta di pagamento del censo per il privilegio di eleggere il Podestà.

1299    N°=  Bolla del papa Bonificio VIII con la quale si confermano al Comune di Santa Vittoria alcuni privilegi.

1299 novembre   18  N°217  –  Il giudice del Comune di Fermo dichiara legittime le rappresaglie fatte da Rinaldo di Odorisio per conto della comunità di Santa Vittoria.

1300    N°57  –  Rogito portante una divisione di beni immobili e vassalli in Casteldelci.

1302    N°165  –  Giovanna di Giberto si fa oblata, ossia si consacra al servizio divino.

1303 giugno 17   N°70  –  Morello Grassi, ebreo, stipula un contratto di mutuo con Raimondino di Romaldo da Ripatransone.

1303 settembre  6   N°=   Bonifacio VIII concede privilegi alle Comunità della Marca d’Ancona.

1304  agosto 23  N°113 –   Promessa di restituzione di numerario (danni dall’acqua).

1308  settembre  9     N°=   Istrumento di quietanza.

1309 aprile 4     N°109   Quietanza camerale per il censo relativo al privilegio della libera elezione del Podestà.

1309 luglio17   N°73  –  Istrumento di Sindacato per il prestito di 332 libre.

1309 luglio 30   N°=   Deposito di 300 libre Ravennati.

1310 agosto 25     N°164   Transazione dei Monaci con la Comunità di Santa Vittoria concernente i molini, le volte dell’Aso verso Force, Le Lame da Rocone a S. Cecilia.

1311 ottobre  12  –  N°36    Istrumento di compravendita di un terreno.

1311  dicembre   17   N°93  Mutuo di 600 libre.

1311 dicembre   29  –  N°=    Il Comune, si fa anticipare un mutuo di 25 libre dal giudeo Dattilo.

1312 maggio 14  –  N°162    Fra’ Nicolò, Priore di Farfa, conferma al monastero di Santa Vittoria la facoltà di eleggersi due camerlenghi.

1312 maggio 16  –  N°=   Quietanza per 802 libre e 500 fiorini rilasciata da Dattilo, giudeo.

1312 maggio 14  –  N°163   Gregorio, abate di Farfa, stabilisce che nel monastero di Santa Vittoria vi devono essere due camerlenghi.

1312     N°10   Deposito di 600 libre, fatto per la Comunità di Sant’Elpidio (copia del 10 maggio 1314).

1314 maggio 14  –  N°67    Il Rettore della Marca assolve la Comunità di Santa Vittoria dalla multa di 1000 marche d’argento a cui era stata, condannata per l’aiuto offerto nello assedio di Fano.

1314 dicembre    N°15  –  Contratto di mutuo.

1314 dicembre   17    N°103    –  Quietanza per 500 fiorini da Morello Grassi.

1315 febbraio 26  N°6  –  Compravendita di un terreno per farvi un fosso.

1315 maggio 2  –  N°=   Assoluzione da condanna pecuniaria per non avere il Comune spedito i cavalli al Rettore per fare la visita alla Terra di Santa Vittoria.

1315 dicembre   31    N°24   Quietanza rilasciata dal Comune di Sant’Elpidio.

1316    N°=   Conferma e prosecuzione dell’affitto di Monaldo, figlio di Rapagnano.

1316 agost  1  –  N°=   Atto di apposizione di termini sul terreno acquistato in Contr. Fillilo.

1316 novembre    N°133  – Decreto di revoca del Giudice delle appellazioni in Macerata contro altro Decreto del Giudice de’ Malefici della Prov. della Marca contro Corrado e Monaldisco.

1316   N°166  –  Lettera del papa Giovanni XXII con la quale i cittadini di Santa Vittoria sono invitati a rimanere fedeli alla S. Romana Chiesa.

1317 dicembre  7   N°=   Quietanza rilasciata da Abraam di ser Mosè, giudeo.

1319 gennaio 18  N°=   Il vescovo Bongiovanni, Amministratore di Farfa, approva l’erezione dell’Ospedale di S. Giacomo e S. Anatolia per i poveri infermi di Santa Vittoria da parte del Comune, con diritto di nomina del Rettore, sotto certi patti.

1319  febbraio 26    N°=   Il Priore di Santa Vittoria approva e conferma la nomina di Fra Angelo di Uguccione, monaco, quale custode dell’Ospedale suddetto.

1319 luglio10    N°35  –  Quietanza di 15 libre prese in prestito da Guglielmuzzo, ebreo.

1319  agosto18     N°78 –  Mutuo di 600 libre.

1319 ottobre 26    == N°=   Prestito di 10 libre anconetane.

1320 maggio12  == N°=         Mutuo al Comune per 120 libre da Abraam di ser Mosè, ebreo.

1320 agosto 28   N°=       Quietanza.

1320 settembre  22   N°=     Giovanni XXII elogia la fedeltà dimostratagli dalla popolazione diSanta Vittoria e promette ricompense.

1321 marzo 15   N°160   –  Scomunica di un prete di Montelparo per aver fabbricato di propria autorità una chiesa, o cappella.

1321 marzo 26   N°161  –  Lite con D. Giovanni di Gualteriolo, cappellano di S. Pietro de Catelliano in territorio di Montelparo.

1321 agosto20    N°=   Sindacato per ricevere a mutuo 78 libre da Guglielmuzzo di Manuele, ebreo di Santa Vittoria.

1322 aprile 6   N°159 –  Seguito della lite con D. Giovanni di Gualteriolo cappellano in Montelparo.

1322 agosto28    N°=     Prestito per 260 libre concesso da Morello Grassi.

1323     N°158  –  Seguito della lite con il suddetto D. Giovanni da Montelparo.

1323 giugno 14   N°=   Sindacato per mutuo.

1323 ottobre  6   N°=     Contratto di deposito per 38 libre.

1323 dicembre  13   N°=    Salmonetto di Dattilo, ebreo, concede al Comune un mutuo di 81 libre.

1324     N°157  –  Mandato di procura.

1324 ottobre  10    N°111  –  Cassazione di sentenza in appello.

1326    N°95   Quietanza.

1326 novembre   2    N°96     Si conferma la giurisdizione diocesana, concessa da Urbano IV agli Abati Farfensi.

1326 settembre  27   N°155  –  Appello contro un’ordinanza di Mons. Dongiovanni, vescovo Veglense e Amministratore dell’Abbazia di Farfa.

1326 marzo  5     N°156  –  Il Capitolo dei monaci di Santa Vittoria si appella presso il Rettore della Marca in spiritualibus, contro alcune imposizioni fatte dal suddetto Amministratore Farfense.

1326 febbraio 7   N°=   Transazione della Comunità di Santa Vittoria con Amelio di Lautrec, Rettore, e Ugone, Tesoriere della Marca, perché siano pagate solo 1000 libre, invece di 10.000, per condanna riportata dal Comune che non aveva permesso all’Armata Pontificia di penetrare entro le mura.

1327 giugno 11    N°154  –  II Capitolo dei monaci di Santa Vittoria stabilisce che il numero dei monaci del monastero non superi la decina.

1328   N°94  –  Transazione per multe e contravvenzioni.

1329    N°93  –  Riguarda i figli e la moglie di Morello Grassi.

1329  marzo 29   N°=    Giovanni XXII esorta la Comunità di Santa Vittoria a dare aiuto  al Rettore della Marca contro i ribelli e contro il Bavaro.

1329    N°105  –  Si costituisce un procuratore alla vedova ed ai figli di Dattilo, ebreo.

1330 ottobre  8   N°92  –  Sentenza assolutoria per una accusa.

1330     N°=    Certificato di prima tonsura clericale.

1331    N°42  –  Ricevuta del Tesoriere Generale.

1331    N°43  –   V. Valeriani Segretario.

1331 mar. 5   N°64  –  Copia di sentenza di assoluzione.

1331   dicembre   27   N°=   Sindacato per Mutuo da Salmonetto di Manuele, ebreo.

1332  dicembre   19   N°153      Giovanni, abate di Farfa, conferisce una prebenda di S. Angelo di Monte Falcone.

1333     N°41  –  Ricevuta dal Tesoriere Generale.

1334     N°40  –  Ricevuta dal Tesoriere Generale.

1334 aprile 13    N°110  –  Giovanni XXII elogia la fedeltà e l’attaccamento dei Vittoriesi alla S. Sede, raccomanda questa comunità al Vice Rettore.

1335 gennaio 13   N°=       Mutuo di 250 libre con Manuele, ebreo di Force.

1335 gennaio 13   N°=       Mutuo con Manuele di Vitale, ebreo.

1335-1336   N°=     Scritture varie riguardanti lo stipendio del Sig. Pietro di Tornamira, connestabile di  S. Chiesa.

1336 maggio  12   N°=     Quietanza

1338 aprile 7     N°152    L’Abate Farfense conferma i privilegi concessi al monastero di Santa Vittoria.

1338 aprile 12   N°=   Consiglio per contrarre un mutuo di 250 libre con Salmonetto di Manuele di Abraam, ebreo.

1338      N°30  –   Ricevuta.

1339    N°38  –  Ricevuta.

1339   N°150  –  Procura.

1342 settembre 18   N°148  –  Donazione di una casa fatta al monastero di Santa Vittoria.

1344      N°37  –  Ricevuta.

1346      N°36  –  Ricevuta del Vice Tesoriere Generale.

1346      N°=    Sentenza a favore del figlio di Morello Grassi contro Amorocto Puctii di Gualtiero da Mogliano.

1346 agosto 31     N°86  –  Sindacato per mutuo di 24 libre con Salmonetto, ebreo.

1347 dicembre   4    N°145  –  Tommaso di Angeluccio di Santa Vittoria dona al monastero la sua porzione del terreno sito alle Montanare.

1347 mag. 6   N°146  –  Permuta di usufrutto di un pezzo di terra tra il monastero di Santa Vittoria e la Sig. Cherustia di Tommaso.

1347 settembre 28     N°147  –  Transazione tra il monastero di Santa Vittoria e Paolo di Matteo e Nicola Alato per la eredità di Tomassuccio di Bongiovanni di Giraldo.

1348      N°143  –  Quietanza.

1348 aprile 10   N°144  –  Bertrando, Card. di S. Marco, Legato Apostolico, approva che non siano più di dieci monaci nel monastero di Santa Vittoria.

1355 dicembre   5    N°=    Atto di sindacato in Consiglio Generale.

1356     N°35  –   Ricevuta.

1357    N°34  –   Ricevuta del Tesoriere Generale.

1358    N°=  –   Ricevuta.

1358      N°=  –   Il Legato del Papa Alnorino, abate di Cluny, assolve i cittadini di Santa Vittoria dalle pene incorse in occasione dell’avventura di Gentile da Mogliano e da qualunque taglia.

1363 luglio  8   N°=    Testamento di Donna Guarnita, moglie del fu Morello Grassi (copia del 17 febb. 1365).

1364       N°32  –  Ricevuta del tesoriere generale.

1364 giugno 11     N°226  –   Sentenza in favore dei figli di Morello Grassi contro Amoretto di Puccio di Gualtiero da Mogliano.

1365 giugno  3  N°=    Sentenza definitiva favorevole ai figli di Morello Grassi, contro il suddetto Amorotto.

1365 febbraio 17   N°=   Copia del Testamento della Sig. Guarnita, moglie di Morello Grassi.

1365  maggio  1   N°142  –  Donna Jacobina, moglie del M° Francesco di Giacomo Cosa offre se stessa ed i suoi beni a Dio ed al monastero di Santa Vittoria, con proprio testamento.

1366     N°1  –  Condanna di certi particolari di Monte S. Martino.

1367     N°30  –  Ricevuta per taglia.

1367        N°31  –  Ricevuta dalla Camera Apostolica.

1367 novembre   29    N°18  –  Arnoldo di Morello Grassi costituisce suo procuratore Andrea da Sarnano.

1368 aprile  3    N°141  –  Pena pagata da un religioso del monastero di Santa Vittoria per aver commesso vari delitti.

1368 luglio  2   N°=   Arnoldo del fu Morello Grassi costituisce vari procuratori speciali ad litem.

1369       N°29  –  Ricevuta.

1370       N°25  –  Ricevuta.

1370       N°26  –  1° Paga.

1370       N°27  –  Ricevuta.

1370       N°28  –  Ricevuta.

1371 dicembre   8   N°5  –  Atto di compravendita di un terreno.

1372         N°23  –  Ricevuta dai la Camera Apostolica.

1372 novembre   9    N°106  –  Gregorio XI concede a Gerardo, abate di Farfa, di vendere i beni dei fuorusciti.

1372 novembre   9    N°107  –  Gregorio XI concede a Gerardo» abate di Farfa, la facoltà di assolvere e richiamare i banditi e di cassare i processi.

1372       N°140  –  Codicillo del Sig. Vardi di Sapo.

1373 novembre  10    N°=    Lettera del Rettore della Marca al Giudice del Presidiato Farfense.

1373 gennaio 20 N°133  –  Gerardo, Abate di Farfa e Commissario Apostolico rimette alla Comunità di  Santa Vittoria tutti i malefizi commessi fino al 4 dicembre 1355 nel qual giorno, espulso il Tiranno tornò in obbedienza alla S. Sede.

1373   N°21  –  Ricevuta.

1373    N°22  –  Ricevuta.

1374   N°19  –  Ricevuta.

1374   N°20  –  Ricevuta.

1375     N°18  –  Ricevuta.

1377 febbraio 1   N°109  –  Gregorio XI esorta i cittadini di Santa Vittoria alla fedeltà verso la S. Romana Chiesa.

1377 luglio  19    N°118  –  Gregorio XI esorta alla fedeltà e ai Comuni del Fermano comanda siano somministrate a buon prezzo vettovaglie ad Antonio de Vecchi, vescovo di Fermo, che andava a recuperare le terre della sua Diocesi.

1378     N°24  –  Ricevuta della Camera Apostolica.

1378 maggio  9   N°108  –  Urbano VI concede il Privilegio per cui tutte le cause degli abitanti di Santa Vittoria in prima istanza non possano esser portate ad altro tribunale, se non a quello del Podestà del Comune.

1378 maggio 9  N°111  –  Urbano VI conferma alla Comunità di Santa Vittoria di potersi eleggere liberamente il  Podestà e gli Officiali.

1378 maggio 9   N°114  –  Urbano VI condona al Comune diSanta Vittoria tutte le .contribuzioni, taglie, sussidi e pesi, imposti e da imporsi ai rilasciati e condannati.

1378       N°115  –  Idem.

1378 maggio  9   N°117  –  Urbano VI comanda di pagare le pene e le multe di 20 soldi e meno; proibisce le appellazioni in simili casi dalle sentenze del Podestà di Santa Vittoria.

1378 agosto  9  N°120  –  Urbano VI concede il perdono di tutti i delitti, cassa i processi contro la Comunità e la esime da molte contribuzioni, in compenso ai danni inferti ai nemici della Chiesa e perché meglio si provveda alla fortificazione dei castello.

1380 dicembre   13    N°4  –  Atto testimoniale in causa civile (copia del 16.4.1382).

1381 novembre   25    N°7  –  Il Card. Andrea, Vicario generale della Marca, accorda ai Vittoriesi di scontare sull’imposta la somma di 130 fiorini, impiegata per lo stipendio della guerra contro il ribelle Boffo da Massa.

1384 febbraio  4     N°3  –  Vendita di un terreno ad Arnoldo, figlio di Morello Grassi.

1384    N°139  –  Debito di un particolare di Monte Monaco.

1385 dicembre   4    N°6  –  Riduzione della taglia della somma di 450 fiorini d’oro a quella di 350.

1387     N°17  –  Ricevuta.

1387 agosto  27    N°138  –  Differenza tra le chiese di S. Maria e S. Nicolò di Monte Brandone.

1388 aprile 14    N°137  –  Procura del Comune di Monte Brandone per terminare le liti insorte tra i chierici delle chiese di S. Maria e S. Nicolò.

1390 luglio  20    N°=  – Bonifacio IX, alla morte del Card. Andrea Legato della Marca, annuncia l’imminente invio del successore perché sia ben accetto ed utile.

1391     N°15  –  Ricevuta.

1391    N°16  –  Ricevuta.

1393 ottobre  28      N°=   Bonifacio IX ringrazia i Vittoriesi, lodandone la fedeltà ed annuncia l’arrivo del fratello Giovannello che reca soccorso all’altro fratello del Papa Andrea Tomacelli.

1393        N°14  –  Ricevuta.

1393 dicembre   2   N°=   Bonifacio IX loda la fedeltà dei Vittoriesi e li esorta a continuare in essa.

1401       N°12  –  Ricevuta.

1401     N°13  –  Ricevuta.

1406 ottobre  26   N°=   Si confermano gli antichi diritti della Comunità di Santa Vittoria di sindacare i propri Officiali.

1407 maggio  15    N°=   Ludovico Migliorati conferma a Santa Vittoria i privilegi concessi da Urbano VI in materia processuale per la prima istanza processuale.

1410       N°11  –  Ricevuta.

1411       N°10  –  Ricevuta.

1412 maggio     N°135  –  Esecuzione del testamento di Ursulina di Domenico di Gentile.

1412 maggio     N°136  –  Esecuzione del testamento do Orsolina moglie di Cola di Pietro Malisca.

1413 maggio 15  N°=   Ludovico Migliorati rinnova il privilegio di Urbano VI del 1378, riguardante le prime istanze.

1413 maggio  20   N°=    Idem.

1415 novembre 16  N°13  –  Elezione del Priore dopo una lunga vacanza.

1415 novembre   13  N°133  –  Vendita di un orto in contrada S.Ippolito per 13 ducati d’oro, fatta da Sante di Paolo al monastero di Santa Vittoria.

1415      N°134  –  Enfiteusi nel territorio di Patrignone.

1419 giugno 7    N°=   Martino, vescovo di Macerata e Legato della Marca, su istanza, concede la riduzione delle taglie dovute alla Camera Apostolica.

1422 aprile 26    N°=   Il Card. Legato della Marca conferma al Comune i privilegi inerenti i processi di prima istanza.

1428 giugno  20    N°129  –  Procura per vendere i beni di D. Paolino di S. Vittoria, già abate di Campofilone.

1428      N°130  –  Vendita di una vigna in contrada Rovare, o Roare.

1428        N°131  –  Procura.

1430 ottobre 1   N°128   Procura per lite, fatta dal Capitolo del monastero di Santa Vittoria per alcune questioni avanti al Podestà di Santa Vittoria e la Curia del Presidato Farfense.

1438 febbraio  7      N°127  –  Testimoniale di buoni costumi: il Priore di Santa Vittoria permette al monaco Fra Francesco di ser Antonio di recarsi in una Università per istruirsi e gli rilascia le lettere dimissoriali.

1439       N°= Concordato tra il Comune di Santa Vittoria e quello di Montelparo.

1445 ottobre  4   N°=   Capitoli tra la Comunità di Santa Vittoria ed il Legato Pontificio dopo la caduta dello Sforza, con la conferma di tutti gli antichi diritti e privilegi.

1453 gennaio     N°126  –  L’abate Farfense concede in enfiteusi a terza generazione un terreno in territorio di Monte Falcone.

1466 novembre   4    N°54   Diploma spedito dal Priore del monastero di Santa Vittoria al Rettore della Chiesa di S. Croce in Santa Vittoria, inerente il Beneficio di S. Croce.

1467 maggio 15    N°=    Accordo per la fissazione dei confini tra Santa Vittoria e Montelparo.

1478 marzo  21  –  Il vescovo di Jesi promuove all’Ordine Sacro del Presbiterato Angelo di Benedetto da Santa Vittoria.

1482   N°125  –  Enfiteusi.

1490 marzo 10   N°121  –  Breve di Innocenzo Vili con cui si dispone che venga eletto Podestà di Santa Vittoria D. Domenico de Augustinis da Monte Fortino.

1494 novembre  4    N°=    Istrumento relativo allo sfruttamento delle selve tra M. S. Martino e Santa Vittoria (cartacea cc.-4).

1502 novembre  20     N°=   Riformanza statutaria con cui si dispone che non si possono vendere terreni ai forestieri, con approvazione del Luogotenente del Rettore del 2.1.1503.

1504 marzo 1    N°=    Il Card. Raffaele Albani, Camerario, conferma privilegi e statuti, rimette alla Comunità un terzo delle taglie per il primo anno del pontificato di Giulio II.

1504 giugno  10    N°=    Lettera inibitoria del vescovo Matteo, Giudice  e Commissario, relativa a controversie del Comune.

1504 luglio 3    N°=    Istrumento relativo ad una causa del Comune avanti alla Curia della Marca  (cartacea cc.2).

1515 luglio 17   N°98   Leone X conferma gli indulti di Sisto IV ed Alessandro VI: cioè che le appellazioni non siano ammesse prima che sia pagata la quarta parte delle multe.

1515   N°99  Monitorio per gli oneri di Messe.

1515    N°100   –  Legato fatto da Lucia del fu Simone di Fonta da Santa Vittoria, moglie di ser Jacopo di Francesco da Montelparo, al Convento di S. Francesco di Santa Vittoria.

1518    N°124  –  Permesso di vendere certi terreni per impiegare il valore a rifabbricare la tribuna della chiesa di Santa Vittoria, rovinata dal fulmine.

1519 febbraio  28      N°104  –  Breve con il quale Leone X conferma alla Comunità di Santa Vittoria il Privilegio di definire nella Terra le cause di prima e seconda istanza.

1536 ottobre  6    N°=    Monitorio contro certi ebrei, accusati di usura.

1544     N°123    Monitorio per far restituire al pubblico di Santa Vittoria le scritture, libri pubblici ed armi che si trovano in mano dei particolari.

1553 ottobre  10   N°227  –  Francesco Melis di Santa Vittoria è creato Conte Palatino e Cavaliere Aurato.

1554 settembre    N°=   Il Card. Ranuccio di S. Angelo concede al monastero di Santa Vittoria di eseguire una permuta.

1560    N°122  –  Permesso di permutare una possessione concesso dall’abate farfense al monastero di Santa Vittoria.

1562 gennaio  30    N°=  Priore e Capitolo del monastero di Santa Vittoria confermano la nomina a Rettore dei SS. Filippo e Giacomo il chierico Stefano di Diamante, fatta dai Priori delle Comunità.

1564 marzo 1     N°=    Il Card. Ranuccio di S. Angelo concede la facoltà di vendere alcuni beni al Priore del monastero di S. Angelo in Montelparo al Priore del monastero di Santa Vittoria.

1565 gennaio  13    N°228  –  Laurea dottorale di Plinio Melis.

1568 marzo 17    N°=    Disposizioni in materia di tributi inerenti le località di varie provincie degli Stati Ecclesiastici. (Copia notarile del 7.1.1570).

1584       N°42   Si accorda di poter eseguire una permuta al Sindaco di Santa Vittoria.

1590       N°229  –  Diploma di Antonio Melis Cavaliere Gerosolimitano.

1598 marzo 12     N°=   Breve di Clemente VIII che accorda a Domenico Squarcia ed al nipote Camillo di eseguire permute con i beni della chiesa di S. Pietro in Gaianello.

1615 dicembre   29   N°103    Breve di Paolo V che concede indulgenza per la chiesa di S. Maria delia Valle in Santa Vittoria.

1625    N°=    altro Breve di Paolo V che concede indulgenza per la chiesa di S. Maria delia Valle in Santa Vittoria.

1626 settembre 16   N°230   –  Bolla di Urbano VIII che nomina Giovanni Gaspare Melis Vescovo di Anagni e lo immette nel possesso s .p. d. (5 esemplari).

1626 settembre  19    N°=   Breve di Urbano VIII che partecipa a Giovanni Gaspare Melis la nomina a vescovo di Anagni.

1626 novembre   15    N°=   Breve di Urbano VIII che dispone i tempi per la presa di possesso di G. Gaspare Melis del Vescovato di Anagni.

1627 marzo 11   N°=   Breve di Urbano Vili che partecipa a Giovanni Melis la proroga di cui sopra.

1627 ottobre  13   N°=   Breve di Urbano VIII che proroga la spedizione delle bolle di nomina per G. Gaspare Melis a vescovo di Anagni.

1633 gennaio  1   N°=  Bolla di Urbano VIII che nomina Francesco Melis Preposto nella Cattedrale di Anagni.

1633 novembre   26    N°=   Breve di Urbano VIII che nomina Giov. Gaspare Melis Governatore provvisorio di campagna e Marittima.

1633 maggio  13   N°223  –  Chirografo pontificio per la concessione di due fiere per il 20 giugno e 23 dicembre.

1634    N°=   Facoltà di assolvere dalle sentenze “in criminalibus”.

1634 agosto  30    N°=    Monitorio con cui si accoglie un appello della Curia di Fermo relativo alle gabelle.

1636 maggio  20    N°=   Breve di Urbano VII! che consente a Giovanni Gaspare Melis, vescovo di Anagni, di disporre per testamento delle rendite provenienti da benefici ecclesiastici e dalla Mensa Vescovile, detratto quanto dovuto alla Rev. Camera Apostolica.

1636 dicembre 3    N°=     Il Card. Barberini, Abate Commendatario di Farfa, incarica il Priore di Santa Vittoria a dar possesso del Beneficio di S. Caterina e S. Bernardino a Giov. Battista Leonardi di Milano.

1640 aprile  20   N°224  –  Chirografo del Card. Antonio Barberini con il quale trasferisce la fiera del 23 dicembre al 9 dicembre.

1640 aprile  30    N°=   Monitorio relativo ad una causa in appello tra il Comune di Santa Vittoria e Monterubbiano.

1650 giugno  13    N°232  –  Diploma del Card. Antonio Barberini, Abate Commendatario di Nonantola, che nomina Francesco De Melis Vicario Generale di quella Abazia.

1654 aprile 13   N°239  –  Breve di Innocenzo X che nomina Francesco De Melis Luogotenente a Loreto.

1654    N°9  –  Bolla riguardante Mons. Francesco De Melis.

1658   N°234  –  Francesco De Melis è eletto Governatore di Subiaco.

1664 giugno 4   N°=  –  Monitorio relativo alla spesa delle Messe emesso nella controversia tra il Convento di S. Francesco di Santa Vittoria e la famiglia Francalancia.

1665 luglio 21    N°2  –  Monitorio diretto a salvaguardare i fondi del Convento di S. Francesco di Santa Vittoria dalle pretese della famiglia Francalancia.

1666 luglio 20    N°=        Monitorio portante estinzione di un Censo in favore della Collegiata di Santa Vittoria; notizia del Monte di Pietà di Santa Vittoria.

1678     N°235  –  Diploma di Giovanni Gaspare Melis Cavaliere di S. Maurizio e Lazzaro.

1681 giugno  6    N°=   Censo istituito da Francesco Barafalli contro Giuseppe ed Elisabetta Gabrielli.

1689mag.10   N°82  –  Privilegio di erezione della Cappellata di S. Maria della Quercia nella chiesa della Madonna del Monte.

1715 luglio  15   N°225  –  Breve per la Fiera dei 18 settembre.

1716      N°=   Monitorio per il pagamento dell’imposizione sui focolari ai forestieri proprietari di case in Santa Vittoria.

1718 agosto  27   N°101   Monitorio del Card. Imperiali in materia fiscale contro i forestieri che posseggono case in Santa Vittoria

1718 settembre  13   N°=  Lettera dell’Arciv. di Fermo che partecipa lo spostamento della Fiera di S. Tommaso (cartacea cc.2).

1721     N°102  Lettere inibitorie per Domenico Del Duca.

1762 marzo  24  N°14  Breve di Clemente XIII, relativo alla Chiesa Collegiata di Santa Vittoria.

1779 marzo  7   N°=  Monitorio del Buon Governo su istanza della Comunità di Santa Vittoria.

1784 luglio  13   N°=  Monitorio del Buon Governo su istanza del Comune di Santa Vittoria.

1800         N°=  Elenco e descrizione dei beni della Comunità di Santa Vittoria che il “Motu Proprio” di  Pio VII ha trasferito alla Rev.da Camera Apostolica (cartaceo): il Maglio, due mulini, uno al Tenna ed uno all’Aso con folla.

1804 agosto 4   N°=  Lettera apostolica di Pio VII diretta al Vicario Generale dell’Arcivescovo di Fermo per concessioni al Chierico Zeffirino di Domenico Marini.

1807 maggio  30   N°=   Lettera Apostolica di Pio VII diretta al Vicario Generale dell’Arcivescovo di Fermo per una concessione in favore del Can. Serafino Monti.

1807 maggio  30  N°=  Lettera apostolica di Pio VII diretta al canonico Serafino Monti che partecipa la concessione di privilegi.

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