A SERVIGLIANO il dipinto di GIACOMO DI COLA raffigurante S. ANTONIO ABATE
Affresco votivo, già coperto con strato di calce, (167 x 100) ora ripulito
Datazione: Seconda metà del sec. XV, datato 1468
Segnatura: HOC OPUS FIERI FECIT KATARINA ANDREUTII PRO VOTU ET JACOBUS ME PINSIT + .I.CCCC.68
Collocazione: a Servigliano, nella chiesa di S. Maria del Piano: retro sacrestia
Proprietà: Comune di Servigliano.
La segnatura trascritta è posta alla base del dipinto. Non solo l’anno 1468 è molto precisa, è coeva ad altre opere, e anche la figura del Santo manifesta chiari rapporti col il Sant’Antonio Abate di Fra’ Marino Angeli presso l’Oratorio Farfense sul “cappellone” a Santa Vittoria in Matenano; e tenuto conto che Servigliano è comune confinante con Santa Vittoria in Matenano, è facile concludere che il “Jacobus me pinsit”, sia da identificarsi con il pittore Giacomo di Cola da Santa Vittoria in Matenano. Negli atti e nelle ricevute tra persone ben note dello stesso paese, di solito, si tralascia di scrivere il luogo di residenza o di provenienza; mentre con i forestieri, normalmente, si trascrivono sempre dati precisi e circostanziati.
Nell’affresco firmato colpiscono, perché rimarchevoli, alcuni aspetti tecnici che riguardano la preferenza per il rosso, il modo un po’ grossolano di disegnare ed evidenziare le pieghe dei vestiti, il disegno graffito dell’aureola, l’uso del rosa acceso sulle guance. Tutto sommato, però, il pittore si configura come un volenteroso apprendista, che si potrebbe mettere in relazione anche con il maestro autore degli altri affreschi che, dopo tanti secoli, sono tornati alla luce, a Servigliano, sulle pareti dei due localetti, siti dietro la monumentale sacrestia della chiesa conventuale di Santa Maria del Piano.
Intorno alla chiesa di S. Maria del Piano si hanno le seguenti notizie: fu costruita nel 1411 al centro di un’ampia pianura sul versante destro del fiume Tenna, in un luogo solitario, perché in quel tempo il Castello di Servigliano, con la pieve di S. Marco, era costruito sul più alto colle del suo territorio, a monte della frazione Curetta. Nel 1414 il vescovo di Fermo concede indulgenze per chi lascia offerte per la Chiesa di S. Maria in Piano, “nuovamente fondata ed eretta”. Nel 1457 il papa Callisto III concede l’indulgenza di sette anni per la festa (e la fiera) di S. Maria del Piano. Nel 1578 il Comune di Servigliano concede la chiesa e il circostante terreno ai Frati Minori dell’Osservanza, ai quali, come mezzo di sostentamento, sono anche concessi tutti i diritti sul prato adiacente e sui “posti e posteggi” delle celebri “Fiere del lu Pià”, che vi ci tenevano ogni anno in occasione delle feste dell’Annunziata (25-26 marzo) e della Natività di S. Maria SS.ma (8-9 settembre).
La chiesa prese la forma attuale, con la ricostruzione anche dell’ampliamento dell’annesso convento, nel 1748. L’area della prima chiesa occupava lo spazio dell’attuale presbiterio e della sacrestia; nel rinnovamento questa fu arredata con artistici armadi nel 1760. Ai lati della sacrestia, ad est ed ovest, si formarono due piccoli ambienti incalcinati, mettendo nel più completo abbandono i suddetti affreschi.
I Frati Minori dell’Osservanza, per le leggi eversive del governo regio dei Savoia, su ordine del Commissario Valerio, lasciarono chiesa e convento nel 1869. Successivamente, nel 1883, dalla amministrazione del demanio dello Stato dei Savoia furono ceduti al Comune di Servigliano per adibirli a Scuole Pubbliche e in seguito ad Asilo d’Infanzia, con obbligo, per il Comune, di mantenere aperta al culto l’annessa chiesa, e di provvedere per la sua officiatura.
Il dipinto, insieme ai segni devastatori del tempo, presenta anche numerose martellature qua e là, per far aderire l’intonaco di copertura, che è stato rimosso. Il restauro, fatto a cura della Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici della Marche si è limitato a colmare le lacune, a fissare alcune parti dell’intonaco, tendente al distacco dalla parete, alla ripulitura dell’intera superficie affrescata. I colori sono vivi; vi predomina il rosso combinato con il giallo ocra, con leggeri contrasti di un verde pisello nei risvolti del mantello.
L’affresco di S. Antonio abate, su fondo verdastro (167 x 100), delimitato da cornice realizzata con serie di archetti gotici, rappresenta la tradizionale figura di questo santo Abate, seduto in trono, in prospettiva frontale, con la destra alzata per benedire e la sinistra appoggiata al bastone viatorio degli Antoniani, ed è munito di campanella. Indossa un ampio mantello con cocolla sopra la veste in giallo d’ocra; sul davanti scende quella striscia di panno rosso che in gergo monastico è detta “pazienza”, ed anche “scapolare”, oppure “paternità”. Il capo è cinto dall’aureola, costituita da una superficie di fondo color beige, delimitata da tre circonferenze concentriche, graffite; la fascia esterna più chiara è rimarcata da puntini rossi. Lo sguardo profondo dell’abate è fisso verso l’infinito, la fronte spaziosa è solcata da rughe che, sul setto nasale, disegnano una specie di “U”. La barba lunga, fluente, filiforme e bipartita dona un aspetto venerando all’insieme dell’immagine. Il disegno della mano destra benedicente è poco leggibile per caduta di largo strato di intonaco; intatta si presenta la mano sinistra che si allunga sopra il ginocchio, mentre tra il pollice e l’indice è appoggiato, con leggere inclinazione, il bastone viatorio con la campanella. Al disegno di questa mano si può far riferimento nel discorso attributivo di altri dipinti, presentemente anonimi, ma che potrebbero assegnarsi a Giacomo di Cola.
Il dipinto sarà pietra di paragone per dare l’avvio alla formazione di un ristretto catalogo di opere, esistenti in alcune chiese dell’entroterra fermano.
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SERVIGLIANO
COLA DA S. VITTOIA – attribuzione
MAESTA’ – CROCIFISSIONE – PIETA’
Affreschi in stato frammentario
Datazione: Seconda metà del sec. XV, circa il 1457.
Collocazione: Servigliano, chiesa di S. Maria del Piano, locali di sacrestia.
Proprietà: Comune di Servigliano.
Attribuzione: Giacomo di Cola da Santa Vittoria in Matenano
Una tradizione locale dice che questa “Maestà” dipinta nella chiesa di S. Maria del Piano, essendo oggetto di grande venerazione popolare, tagliato il muro, fu incastrata sul lato sinistro della retro-facciata, intorno alla metà del secolo XVIII.
Guide turistiche locali la indicano genericamente come “affresco attribuito a Panfilo da Spoleto”, ma, al confronto con le poche opere certe di questo fantomatico artista, l’attribuzione è da respingere.
La figura della Vergine è dipinta in prospettiva, seduta su di un trono gotico, mentre sorregge il Bambino sulla sua sinistra. Le immagini emergono nette nel contrasto di colori robusti; la tinta molto scura della preparazione di fondo, il giallo d’ocra del trono, il rosa delle carni, il verde cupo della veste e del manto con risvolti chiari in verde pisello, e un indefinibile colore per la veste del Bambino. In alto si vede un coro di Angeli musici: a sinistra di chi guarda stanno i cantori che si accompagnano con strumenti a corda: viola e mandola; a destra quelli che attendono all’organo: organista e tiramantici. Tutti insieme, nel brio delle posizioni e delle vesti, nelle combinazioni del verde chiaro e del rosa, danno un tono di vivacità alla scena caratterizzata dall’atteggiamento statico dei personaggi maggiori.
Il capo della Madonna, circondato da una aureola con corona, è coperto da un velo scuro che, alle spalle, prende la forma di ampio mantello dai risvolti verdognoli. L’aspetto del volto è maestoso: gli occhi fissi nel vuoto dell’infinito, segnano una nota stilistica personale del pittore, unitamente allo sviluppo aperto ed allungato del collo, e alla profusione del rosa che imporpora le gote della madre e del Bambino. Il modo di rappresentare le mani, le combinazioni cromatiche delle vesti, il modo un po’ impacciato nel ritrarre le pieghe delle vesti degli angeli musici, indicano abbastanza chiaramente che il pittore di questa “Maestà” potrebbe essere il medesimo che ha dipinto le scene della “Crocifissione” a Servigliano ed a Magliano di Tenna. Qualcosa di simile anche sulle pareti dentro la santa Casa di Loreto.
A Servigliano, nella chiesa di Santa Maria del Piano, altre scene della “Natività” e della “Crocifissione” sono affrescate nel retro-sacrestia di destra, verso oriente. Quella della “Pietà” o “Cristo nel sepolcro”, contornato dagli strumenti della sua passione, è affrescata in una lunetta del retro-sacrestia di destra.
I resti della “Natività” sono di entità minima, per cui ci si limita a farne soltanto una doverosa segnalazione.
Più significativa la scena della “Crocifissione” che, nonostante lo stato frammentario, permette una buona lettura per interessanti confronti stilistici. L’affresco è stato realizzato entro un contorno di arco gotico trilobato, sopra altro affresco preesistente. Sul fondo, in rosso mattone, si staglia la croce sulla quale è inchiodato il Crocifisso, raffigurato in grandezza naturale. Purtroppo il volto di Cristo è andato perduto per caduta dell’intonaco, ma resta la parte superiore del capo, adorno di una ricca corona di capelli, rappresentato in modo analogo a quello della “Crocifissione” di Magliano di Tenna. Gli “Angeli della Passione” si librano nell’aria con calici in mano per raccogliere il sangue che goccia dalle ferite delle mani e del costato. All’altezza dei piedi del Cristo, si vede la testa della Maddalena che, nella scena originaria, era stata rappresentata in ginocchio ai piedi della croce. Sulla sinistra, in piedi, la figura aureolata di S. Giovanni Evangelista in veste gialla e manto rosso. Sul lato opposto, la figura della Madre Addolorata è stata coperta dal muro trasversale.
Il “Cristo nel sepolcro” è stato raffigurato ignudo, col capo reclinato sulla spalla destra e le braccia incrociate sul davanti. Nel fondo color rosso mattone della lunetta, si vedono rappresentati vari strumenti della Passione: la scala con i chiodi e le tenaglie, i flagelli, la lancia e la canna con spugna.
Ci sia consentito aggiungere che ci sembra che possano essere attribuite a questo pittore alcune “scene evangeliche” che esistono nell’Oratorio Farfense di Montegiorgio, oltre le più note “storie” relative alla “Invenzione della Santa Croce” e che un opportuno restauro consenta una lettura attributiva veramente pertinente.
Per la datazione degli affreschi di Servigliano si apre una ipotesi ben circostanziata. Nel 1457 il papa Callisto III concesse l’indulgenza di sette anni per la festa di S. Maria del Piano. Generalmente simili richieste e concessioni avevano luogo per raccogliere fondi destinati alla costruzione del sacro edificio, o per celebrare con maggior concorso di popolo il suo rinnovato decoro con dipinti di vario genere.
Pertanto ci sembra di poter proporre l’anno 1457 come probabile datazione degli affreschi di S. Maria del Piano (Natività – Crocifissione – Pietà) i quali, pur precedendo di oltre un decennio l’affresco votivo di S. Antonio Abate (1468), manifestano una medesima area culturale, ancorata in schemi disegnativi, ed espressa dal genere popolaresco più vicino allo stile di Giovanni di Corraduccio, che non a quello del folignate Bartolomeo di Tommaso. Questi, nonostante la loro frammentarietà, offrono anche significative indicazioni per evidenziare anche alcune convergenze con l’arte e lo stile di Fra’ Marino Angeli: vedi, per esempio, la corona di spine, i capelli, il perizoma del Cristo, gli angeli che raccolgono nei calici il sangue che esce dalle ferite delle mani e del costato. Pertanto, volendo proporre un nome che faccia riferimento alla personalità di questo artista, presente in S. Maria del Piano e in altre chiese del Fermano, diverso da Giacomo di Cola da S. Vittoria, stanti alcune affinità con il monaco-pittore, non ci resta che indicare, fino a prova contraria, il pittore Cola da Santa Vittoria in Matenano, padre del suddetto Giacomo.
\\\ Testo derivato da uno scritto di Giuseppe Crocetti